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  • Art. 649.

    Non punibilit e querela della persona offesa, per fatti commessi a danno di congiunti

    [1] Non punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti da questo titolo in danno:

    1) del coniuge non legalmente separato;

    2) di un ascendente o discendente o di un affine in linea retta, ovvero dell'adottante o dell'adottato;

    3) di un fratello o di una sorella che con lui convivano.

    [2] I fatti preveduti da questo titolo sono punibili a querela della persona offesa se commessi a danno del coniuge legalmente separato, ovvero del fratello o della sorella che non convivano coll'autore del fatto, ovvero dello zio o del nipote o dell'affine in secondo grado con lui conviventi.

    [3] Le disposizioni di questo articolo non sia applicano ai delitti preveduti dagli articoli 628, 629 e 630 e ad ogni altro delitto contro il patrimonio che sia commesso con violenza alle persone.

    Riferimenti normativi: 5, 47, 59, 119, 307, 540, 564, 612, 628, 629, 630, 635, 648 bis e 648 ter; art. 3 Cost.; art. 14 prel.; artt. 74, 78 e 128 c.c.; art. 708 c.c.; artt. 199 e 530 c.p.p.; art. 77, l. 4.5.1983, n. 184. Bibliografia:

    Bibliografia: Carmona, Tutela penale del patrimonio individuale e collettivo, Bologna, 1996, 218 ss.; De Marsico, Delitti contro il patrimonio, Napoli, 1951; Fiandaca, Musco, Diritto penale, Parte spec., II, 2, I delitti contro il patrimonio, Bologna, 2002; Lamberti, L'esimente dei rapporti

    di famiglia nei delitti contro il patrimonio, Salerno, 1982; Mantovani, Diritto penale, Parte spec., II, Delitti contro il patrimonio, Padova, 2002; Marini, Delitti contro il patrimonio, Torino, 1999; Militello, Patrimonio (delitti contro il), in Digesto pen., IX, Torino, 1995; Pecorella, Patrimonio

    (delitti contro il), in NN.D.I., XII, Torino, 1965; Pisapia, I rapporti di famiglia come causa di non punibilit, in Studi di diritto penale, Padova, 1956; Id., I delitti contro la famiglia, Torino, 1953.

    SOMMARIO 1. I rapporti familiari rilevanti . 2. Criteri di accertamento . 3. La convivenza . 4. Coniuge e convivente more uxorio . 5. Limiti delle deroghe al regime comune . 6. Rilevanza personale dei rapporti familiari . 7. Rilevanza dell'errore . 8. Inammissibilit dell'analogia .

    1. I rapporti familiari rilevanti

    Un trattamento di favore viene riservato, peraltro con limitazioni di vario genere, al soggetto attivo dei delitti contro il patrimonio distribuiti nel titolo XIII del II libro del codice quando sia legato al soggetto passivo da uno dei vincoli di parentela, di affinit o di matrimonio, elencati nel 1 e nel 2 co.

    Questi prevedono, in deroga alla disciplina comune, un regime differenziato suggerito dalla diversa intensit del legame familiare (C., Sez. II, 5.4.2002): la non punibilit del coniuge non legalmente separato, degli ascendenti e discendenti, dell'adottante e dell'adottato, nonch dei fratelli o delle sorelle purch conviventi con il soggetto passivo; la procedibilit a querela, quando il delitto sia perseguibile d'ufficio, a favore del coniuge legalmente separato, del fratello o della sorella non conviventi con il soggetto passivo, nonch degli zii, dei nipoti e degli affini in secondo grado con lui conviventi.

    Il regime privilegiato viene giustificato perch sarebbe presunta una cointeressenza patrimoniale, in via assoluta nelle situazioni catalogate nel 1 co., relativa nelle altre (Nuvolone,

  • Coabitazione, convivenza e relazioni domestiche, in RIDP, 1940, 310); ma pi frequentemente con l'opportunit di evitare un intervento punitivo che potrebbe turbare rapporti familiari normalmente caratterizzati da una comunanza di interessi non solo patrimoniali, rinunziandovi secondo i casi per scelta legislativa oppure per volont del familiare offeso (Fiandaca, Musco,

    Diritto penale, Parte spec., II, 2, I delitti contro il patrimonio, Bologna, 2002, 38 s.; Pagliaro, Principi di diritto penale, Parte spec., III, Delitti contro il patrimonio, Milano, 2003, 26 s., che tra le ragioni giustificanti segnala anche la minore gravit cos del fatto come della colpevolezza). Peraltro, quando quei rapporti non debbano essere qualificati dalla convivenza sufficiente la loro formale esistenza (del rapporto coniugale, ad esempio, ancorch definitivamente compromesso da una lunga separazione di fatto) per concedere un privilegio spesso ingiustificato ( ingiustificata, ad esempio, l'impunit dell'usura o della circonvenzione di incapace quando tra il soggetto attivo e quello passivo intercorra una rapporto di affinit in linea retta).

    perci auspicabile la generalizzazione della perseguibilit a querela, riservando alla persona offesa (e quindi, di regola, alla comunit familiare) la valutazione circa l'opportunit della repressione penale. Questa soluzione suggerita de lege ferenda dall'art. 86 dello schema elaborato dalla Commissione Pagliaro (Per un nuovo codice penale - Schema di disegno di legge delega al governo, a cura di Pisani, Padova, 1993).

    Poich il regime di favore scatta solo quando il reato sia stato commesso "in danno o a danno" (le due formule, peraltro equivalenti, sono utilizzate rispettivamente nel 1 e 2 co.)del familiare, il rapporto deve sussistere al momento del fatto non solo per identificare il soggetto legittimato a proporre la querela, se influente soltanto sulla procedibilit, ma anche per escludere la punibilit, a nulla rilevando la sua eventuale sopravvenienza al momento del giudizio (Militello, Patrimonio

    (delitti contro il), in Digesto pen., IX, Torino, 1995, 301; contra Pecorella, Patrimonio (delitti contro il), in NN.D.I., XII, Torino, 1965, 645, sul presupposto che la ratio della non punibilit si riconnetterebbe al momento dell'intervento punitivo dello Stato). Ovviamente, quando il familiare sia perseguibile a querela, e questa sia stata proposta, i mutamenti sopravvenuti (ad esempio, la riconciliazione tra coniugi legalmente separati al momento del fatto) potranno suggerirne la remissione, determinando conseguentemente l'estinzione del reato.

    Il regime di favore presuppone che il familiare sia l'unico soggetto passivo del reato. perci inoperante quando portatore dell'interesse tutelato sia anche un estraneo (come nel furto di cosa appartenente anche ad un terzo) oppure quando il familiare sia soltanto soggetto passivo dell'azione o danneggiato (Mantovani, Diritto penale, Parte spec., II, Delitti contro il patrimonio, Padova, 2002, 66; Marini, Delitti contro il patrimonio, Torino, 1999, 41 s.; Pagliaro, 31; Sgubbi, Patrimonio (reati contro il), in ED, XXXII, Milano, 1982, 380 s.; Siniscalco, Circonvenzione di

    incapaci, in ED, VII, Milano, 1960, 57; Pisapia, I rapporti di famiglia come causa di non punibilit, in Studi di diritto penale, Padova, 1956, 180 s., giudica invece decisiva per l'esclusione della punibilit anche l'incidenza del danno). applicabile quando un soggetto estraneo sia soltanto danneggiato dal reato; perci ne pu fruire nella circonvenzione di persone incapaci colui che abbia indotto il familiare incapace a compiere un atto produttivo di effetti giuridici dannosi per un terzo, sempre che si aderisca all'opinione prevalente secondo cui l'interesse tutelato sarebbe riferibile soltanto all'incapace.

    Per accertare la possibilit di applicare l'art. 649 necessario in ogni caso identificare l'interesse tutelato dalle singole norme contenute nel titolo dedicato ai delitti contro il patrimonio e verificare se in concreto sia riferibile o non al solo familiare; ricordando che non decisivo il dato estrinseco della collocazione della norma all'interno di quel titolo (Sgubbi, 381 ss.), tanto pi che nel tempo in esso sono state insediate nuove figure di reato, come il riciclaggio, la cui sistemazione nella topografia del codice non sembra corretta.

  • La Corte costituzionale (C. Cost., 19.7.2000, n. 302) ha escluso l'operativit dell'art. 649 per i delitti previsti dagli artt. 648 bis e 648 ter, nonostante la loro collocazione all'interno del titolo XIII del libro II del codice penale, perch entrambi sono posti soprattutto a tutela di interessi pubblici, mentre relegata in secondo piano la tutela del patrimonio individuale.

    2. Criteri di accertamento

    L'accertamento dello status familiae, di cui stata esclusa la rilevanza in giurisprudenza quando costituisca il risultato di un reato come la circonvenzione di incapace (C., Sez. III, 16.1.1960) deve essere compiuto utilizzando soprattutto la disciplina civilistica, senza trascurare i correttivi imposti ai fini dell'applicazione della legge penale.

    In particolare, per delimitare la categoria degli ascendenti e discendenti si pu evitare di prendere posizione sulla querelle civilistica se la parentela contemplata dagli artt. 74 ss. c.c. sia limitata a quella legittima; e se conseguentemente quella naturale si instauri esclusivamente tra genitore e figlio. Per il diritto penale il problema risolto dall'art. 540, 1 co., che equipara esplicitamente la filiazione naturale a quella legittima (in particolare quando la parentela sia rilevante per l'esclusione della punibilit).

    Sebbene l'equiparazione sembri circoscritta, a prima vista, al rapporto genitore-figlio senza coinvolgere quindi n gli ascendenti del genitore naturale n i discendenti del figlio (in questo senso C., Sez. I, 27.12.1937; contra T. Verbania, 30.1.1959), in realt una pi attenta lettura, anche sistematica, del testo legislativo induce a ritenere che la formula generica rapporto di parentela comprenda la parentela naturale senza alcuna limitazione; in sintonia del resto con l'intenzione dei compilatori del codice Rocco che, a differenza del codice Zanardelli (art. 337), non hanno testualmente indicato anche gli ascendenti illegittimi, bens gli ascendenti in genere, tra i potenziali soggetti attivi del delitto di incesto (art. 564) soltanto perch stata giudicata superflua un'estensione letterale gi assicurata dall'ampia formula dell'art. 540 (che vale anche quando il rapporto di parentela sia elemento costitutivo del reato).

    Quanto agli affini , a favore dei quali stabilita la non punibilit se in linea retta e la perseguibilit a querela se in secondo grado e conviventi con il soggetto passivo, l'art. 307, 4 co., li espelle dopo la morte del coniuge dalla categoria penalistica dei prossimi congiunti se manchino figli. L'esclusione, tuttavia, non pu ritenersi implicitamente ribadita dall'art. 649 soltanto per l'assenza di indizi in contrario (in questo senso Marini, 39; contra Bianchedi, La qualit di congiunto in s e nelle varie disposizioni del codice penale, RP, 1934, I, 281 s.; Pisapia, I delitti contro la famiglia, Torino, 1953, 365), tanto pi che l'art. 78, 3 co., c.c. esigerebbe una deroga espressa.

    L'esclusione non potrebbe neppure essere fondata sul rilievo che la morte del coniuge farebbe venir meno quella comunanza di interessi patrimoniali che giustifica il regime privilegiato (C., Sez. III, 16.1.1967, che perci ha dichiarato perseguibile d'ufficio la circonvenzione d'incapace commessa, nella situazione considerata, a danno di un cognato). L'art. 649 racchiude una previsione autonoma rispetto all'art. 307, 4 co.; e, a differenza di questo, subordina la rilevanza del rapporto di affinit, almeno per gli affini in secondo grado, alla convivenza, che implica proprio una comunione di interessi. Per ragioni analoghe non sembra debba considerarsi irrilevante il rapporto di affinit quando sia sopravvenuta la separazione dei coniugi.

    Contra Pagliaro, 30.

    La convivenza non richiesta - ben vero - per gli affini in linea retta, ai quali garantita senza limiti l'impunit; la soluzione appare inopportuna e tuttavia l'impunit, sempre inopportunamente, viene assicurata agli stessi anche dopo la separazione legale dei coniugi da cui dipende il vincolo di affinit, che pure fa cessare nei confronti di costoro l'esclusione della punibilit.

  • 3. La convivenza

    Alla convivenza subordinata la rilevanza di alcuni rapporti familiari giudicati da soli insufficienti a implicare quella comunanza di interessi che motiva i privilegi concessi dall'art. 649.

    Nei confronti dei fratelli e delle sorelle, beneficiari altrimenti della deroga al regime comune della procedibilit, contribuisce a fondare la non punibilit; nei confronti degli affini in secondo grado, degli zii e dei nipoti, altrimenti incondizionatamente perseguibili, contribuisce a subordinare la procedibilit alla querela.

    La convivenza implica una relazione stabile di vita comune che, pur non potendo essere fissata entro rigidi schemi, non sicuramente confondibile con il fatto materiale della coabitazione (C., Sez. II, 16.3.1966), a maggior ragione se temporanea o occasionale (C., Sez. II, 25.6.1980). La coabitazione pu avere soltanto un valore sintomatico della convivenza (C., Sez. II, 6.7.1979), della quale tuttavia non neppure un presupposto necessario (C., Sez. II, 5.2.1974); sicuramente pu mancare, per ragioni contingenti, al momento del fatto (ad esempio, in conseguenza una assenza per ragioni di lavoro). Richiede comunque un rapporto non occasionale di vita domestica, qualificato da comunanza di sentimenti e di interessi ( C., Sez. II, 27.5.1966; C., Sez. II, 20.12.1963; C., Sez. II, 14.3.1962).

    Anche in dottrina si nega concordemente che possa esaurirsi nella coabitazione (Antolisei, Manuale di diritto penale, Parte spec., I, Milano, 2002, 465); la quale pu tradursi in convivenza soltanto se qualificata da un rapporto di interdipendenza economica (Nuvolone, 312) o da un rapporto di permanente comunione di abitudini e affetti (De Marsico, Delitti contro il patrimonio, Napoli, 1951, 228).

    4. Coniuge e convivente more uxorio

    Al coniuge riservato un diverso trattamento, non punibilit o procedibilit a querela, secondo che al momento del fatto sia o non legalmente separato. La separazione di fatto invece irragionevolmente priva di qualsiasi rilevanza; il dato testuale si limita infatti a differenziare il regime di favore in base alla separazione legale, che si perfeziona solo quando sia stata omologata la separazione consensuale o sia divenuta irrevocabile la sentenza che pronunzia quella giudiziale (C., Sez. II, 10.11.1969, che perci ha dichiarato la non punibilit del coniuge per il fatto commesso durante la separazione provvisoriamente disposta a norma dell'art. 708 c.c.).

    Il privilegio concesso al coniuge legalmente separato (perseguibilit a querela) non estensibile ai fatti commessi in danno del coniuge divorziato, mancando il necessario presupposto, il vincolo matrimoniale. Sebbene la sentenza di divorzio non elimini del tutto la vis matrimonii sul piano dei rapporti patrimoniali, la non assimilazione nell'ambito dell'art. 649 del coniuge divorziato a quello legalmente separato stata giudicata non contrastante con l'art. 3 Cost. perch non irragionevole n discriminatoria (C. Cost., ord. 18.7.1998, n. 299).

    Nel catalogo dei soggetti privilegiati il codice Rocco non ha incluso il convivente more uxorio . L'esclusione, contestabile soprattutto nel momento attuale (Marini, Famiglia di fatto e disciplina dettata con l'art. 649, in GiC, 1988, I, 1944), anche perch a determinati fini il convivente stato gi equiparato al coniuge legalmente separato (art. 199, 3 co., c.p.p.), appare ingiustificata per i fatti commessi in costanza di convivenza; ma destinata a sopravvivere, almeno de lege lata.

    Innanzitutto perch la lacuna non potrebbe essere colmata con l'analogia, inutilizzabile per allargare un regime di favore derogativo a regole generali (contra , T. Latina, 28.11.2003 che ha fondato la sua decisione anche sul presupposto che l'unica ratio motivante l'esclusione della punibilit dovrebbe essere ravvisata nella tutela non della famiglia in quanto tale, cos come rappresentata dall'art. 29 Cost., bens dei vincoli affettivi la cui durevolezza generi una stabile situazione di convivenza); inoltre perch la sua compatibilit con i princpi costituzionali e in

  • particolare con il principio di eguaglianza, anche per i fatti commessi durante la convivenza, stata dichiarata dalla Corte costituzionale ( C. Cost., 25.7.2000, n. 352; C. Cost., 7.4.1988, n. 423), soprattutto perch la convivenza more uxorio mancherebbe dei caratteri di stabilit e di certezza propri del vincolo coniugale, essendo basata sull'affectio quotidiana, liberamente ed in ogni istante revocabile.

    In caso di matrimonio putativo il regime di favore operante per il coniuge in buona fede fino alla dichiarazione di nullit (A. Firenze, 3.11.1988); fino a quel momento infatti produce nei suoi confronti gli stessi effetti del matrimonio valido (art. 128, 1 e 3 co., c.c.).

    5. Limiti delle deroghe al regime comune

    Il regime comune della punibilit e della procedibilit non derogato per i delitti preveduti dagli art. 628 (rapina), 629 (estorsione) e 630 (sequestro di persona a scopo di estorsione), nonch per ogni altro delitto contro il patrimonio commesso con violenza alle persone.

    Una valutazione complessiva delle esclusioni rivela l'intenzione del legislatore di mantenerlo fermo quando la norma incriminatrice tuteli anche la libert personale, offesa dalla violenza alla persona, o la libert morale, offesa dalla minaccia. In verit l'art. 649 ha un senso quando il delitto offenda soltanto un interesse patrimoniale, non anche un interesse diverso, ancorch dello stesso familiare.

    Il dato testuale tuttavia non esprime con sufficiente chiarezza tale intenzione. Trascura infatti di richiamare tra i delitti specificamente esclusi le corrispondenti figure di tentativo nonch, nella formula di chiusura, i delitti commessi mediante minaccia, che pure prevista dalle norme incriminatrici dei delitti contro il patrimonio in alternativa rispetto alla violenza alle persone.

    Ad un risultato conforme alla ratio legis giunge una parte della dottrina assegnando all'inciso violenza alle persone un significato pi ampio rispetto a quello letterale, comprensivo della minaccia (De Marsico, 226 s.; Mantovani, 65; Pagliaro, 32-33; Pisapia, Reati contro il patrimonio, Milano, 1953, 180 s.). Si dubita tuttavia della possibilit di una lettura estensiva del dato testuale (Fiandaca, Musco, 41 s.; Militello, 301) con conseguenze peraltro assurde, dal momento che la semplice minaccia in danno del familiare punibile.

    In giurisprudenza stato affermato che il legislatore con la formula di chiusura dell'art. 649 poich questa richiamando soltanto la violenza alle persone, avrebbe chiaramente manifestato l'intenzione di conservare il regime di favore per i delitti contro il patrimonio commessi mediante minaccia (C., Sez. II, 8.11.1963, che ha escluso la punibilit del genitore per un danneggiamento commesso mediante minaccia in danno della figlia). Questa interpretazione ne ha agevolato l'estensione al tentativo dei delitti esclusi con testuale riferimento alle disposizioni che li descrivono nella forma consumata (artt. 628, 629 e 630), essendo il delitto tentato titolo autonomo rispetto al corrispondente delitto consumato (C., Sez. II, 17.3.2005; C., Sez. II, 15.3.2005; C., Sez. II, 15.11.2002; C., Sez. II, 5.4.2002; C., Sez. II, 31.5.2001; C., Sez. II, 25.3.1998; C., Sez. II, 18.5.1995; C., Sez. II, 18.5.1990; contra C., Sez. II, 24.1.1995; C., Sez. II, 9.6.1988).

    L'argomento fondato sulla natura autonoma del tentativo forse superabile; maggior forza persuasiva sembra avere invece quello fondato sul tenore letterale della formula di chiusura (Militello, 301). Il regime di favore comunque inoperante quando il delitto, pur offendendo un interesse patrimoniale del solo familiare, tuttavia sia commesso mediante minaccia in danno di un soggetto estraneo, che perci assume anch'egli la veste di soggetto passivo.

    Al contrario, quando soggetto passivo sia soltanto il familiare la minaccia a cagione della quale i delitti esclusi abbiano raggiunto la soglia del tentativo, non suscettiva di valutazione autonoma e pertanto non sar punibile neppure quando sia grave o aggravata ex art. 612, 2 co. (in questo senso v., con specifico riferimento al tentativo di estorsione, T. Ivrea, 13.12.2004, che ha fondato la decisione sulla natura complessa del reato che, essendo perci inscindibile, deve essere giudicato nella sua interezza).

  • La violenza alle persone, quella effettiva e non anche semplicemente presunta (come quella prevista dall'art. 634, 2 co.), attrae il delitto contro il patrimonio nell'orbita del regime comune non solo quando sia prevista in astratto come sua modalit di esecuzione, essenziale o circostanziale (art. 635, 2 co., n. 1), ma anche quando realizzi un delitto concorrente teleologicamente con quello contro il patrimonio. Dal regime privilegiato sono esclusi infatti i delitti contro il patrimonio commessi, quindi commessi in concreto con violenza alle persone, anche quando la descrizione normativa non la consideri n elemento essenziale n elemento circostanziale (Mantovani, 65;

    Militello, 300 s.).

    6. Rilevanza personale dei rapporti familiari

    Ai rapporti familiari tra soggetto attivo e soggetto passivo del fatto che subordinano alla querela la procedibilit deve essere riconosciuta un'efficacia soltanto personale, nel senso che soltanto i familiari possono beneficiare della deroga al regime comune. L'estensione del beneficio a favore dei concorrenti estranei sarebbe ingiustificabile; la deroga infatti motivata soltanto da una particolare condizione soggettiva, da un personale rapporto con il soggetto passivo.

    Per quelli che influiscono negativamente sulla punibilit la dottrina propone inquadramenti diversi, anche se con conseguenze tendenzialmente identiche (per una rassegna Lamberti, La natura giuridica dell'esimente preveduta nell'articolo 649 del codice penale, FP, 1968, 64; Militello, 302 s.; Pagliaro, 33 s.; Pisapia, I rapporti di famiglia come causa di non punibilit, in Studi di diritto penale, Padova, 1956, 156 s.).

    Escluso che possano fungere da cause di giustificazione, resta da stabilire se escludano il reato, ferma restando l'illiceit extrapenale del fatto (De Marsico, 226 s.); oppure soltanto le conseguenze sanzionatorie penali, senza influire n sul disvalore penale del fatto n sulla colpevolezza. questa la tesi prevalente in dottrina (Fiandaca, Musco, 42 s.; Mantovani, 65; Militello, 302 s.; Molari, Reato contro il patrimonio non punibile e delitto di calunnia, in RIDP, 1957, 200 s.; Pisapia, I rapporti, 174 s.; Romano, Cause di giustificazione, scusanti, cause di non

    punibilit, in RIDPP, 1990, 64; Vassalli, Cause di non punibilit, in ED, VI, Milano, 1960, 619); aderendo ad essa dovrebbero collocarsi sul piano processuale all'interno della multiforme categoria della cause personali di non punibilit (art. 530, 3 co., c.) e sul piano sostanziale tra le cause personali di esclusione della pena richiamate dall'art. 59 e, nella prospettiva concorsuale, dall'art. 119, 1 co. (Antolisei, 466 s. secondo Pagliaro, 36, le cause di non punibilit elencate nell'art. 649, 1 co., sarebbero cause di incapacit penale speciale che impedirebbero la imputazione del fatto di reato al familiare escludendo anche il suo obbligo di risarcire il danno non patrimoniale). Peraltro, esaminando una fattispecie di denunzia calunniosa per appropriazione indebita commessa in danno del coniuge non legalmente separato la giurisprudenza ha negato la configurabilit del delitto di calunnia ritenendo che questo non sia ipotizzabile quando ricorra "una causa di non punibilit intrinseca del fatto attribuito alla persona offesa, come tale confluente nella dimensione del fatto tipico" (C., Sez. VI, 16.1.2003).

    7. Rilevanza dell'errore

    L'errore che cada sui presupposti di fatto dei rapporti, tra soggetto attivo e soggetto passivo, che influiscono soltanto sulla procedibilit irrilevante, nel senso che possono esercitare tale influenza solo se oggettivamente esistenti e non anche quando siano ritenuti esistenti per errore.

    Quando operano come cause personali di non punibilit la loro rilevanza oggettiva non viene messa in discussione; l'art. 59, 1 co., offre una indicazione univoca.

  • Secondo l'opinione prevalente dovrebbe giovare, ex art. 59, 3 co., anche l'errore sui presupposti di fatto della scriminante (Pagliaro, 37-38; Pisapia, I rapporti, 177 s.; Vassalli, 623 s.; contra Romano, 68 e 71). La soluzione del problema comunque subordinata a quella della pi ampia questione circa la possibilit di ricondurre alla previsione dell'art. 59, 3 co., anche le cause impeditive della punibilit diverse dalle cause di giustificazione (sull'argomento v. Grosso, L'errore sulle scriminanti, Milano, 1961, 93 s.). Alla stessa conclusione, pur seguendo un diverso percorso argomentativo, giunge anche quella dottrina che considera i rapporti familiari cause di esclusione del reato fondando la non punibilit sull'art. 47, cio sulla mancanza dell'elemento soggettivo (De Marsico, 232).

    Secondo la giurisprudenza non potrebbe comunque giovare l'errore che cada sulle leggi civili che disciplinano gli status catalogati nell'art. 649 (C., Sez. II, 27.1.1964).

    Non potrebbe essere invocata come scusante, ex art. 5, l'erronea convinzione che la punibilit sia esclusa in virt di un rapporto familiare estraneo a quelli catalogati nel 1 co. dell'art. 649, almeno se si ritiene che questo contempli cause personali di non punibilit; l'errore infatti non verrebbe a cadere sul precetto.

    8. Inammissibilit dell'analogia

    La possibilit di una estensione analogica dei rapporti familiari influenti sulla punibilit o sulla procedibilit preclusa, indipendentemente dall'ammissibilit o non dell'analogia in bonam partem, dall'art. 14 prel. (Santamaria, Lineamenti di una teoria delle esimenti, Napoli, 1961, 236 s.; Vassalli, 623). Essi sono valorizzati infatti in deroga alla regola generale della punibilit dei soggetti imputabili e a quella della procedibilit d'ufficio; fanno perci eccezione a regole generali (contra Mantovani, 66, sul presupposto che le disposizioni dell'art. 649 non sarebbero eccezionali nell'ambito dell'unit di materia dei rapporti familiari).

    Il procedimento analogico stato invocato in passato soprattutto per estendere la non punibilit all'affiliante e all'affiliato (Mantovani, 66); ma su tale questione l'interesse venuto meno dopo l'abrogazione delle norme del codice civile sulla affiliazione (art. 77, l. 4.5.1983, n. 184).

    Sempre a cagione dell'impossibilit di ricorrere all'analogia sono sottratti all'eccezionale regime di favore, pur non essendo la limitazione razionalmente plausibile, i reati contro il patrimonio descritti da norme non contenute nel titolo codicistico dedicato ai delitti contro il patrimonio (Marini, 43; Pagliaro, 29, in termini dubitativi); o di natura contravvenzionale, come l'incauto acquisto (art. 712).