Arriano - Opere Vol.1

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LE STORIE DI ARRIANO DI ALESSANDRO fàatt’ MARCO MASTRQFINI EDIZIONE ORIGINALE SPETTANTE ALLA COLLANA c fb€élicai» im eftotné PA yiNCENZO POGGIOLI SU LA SPEDIZIONE TRADOTTE IN ITALIANO m ofotp ita 4820*

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Transcript of Arriano - Opere Vol.1

LE STORIE

D I A R R I A N O

DI A L E S S A N D R O

fàatt’

MARCO MASTRQFINI

EDIZIONE ORIGINALE

SPETTANTE ALLA COLLANA

cfb€élicai» im eftotné

PA yiNCENZO POGGIOLI

SU LA SPEDIZIONE

TRADOTTE IN ITA L IA N O

m ofotpita

4820*

A SUA EMINENZA REVERENDISSIMI

IL C A R D IN A L E

V esco vo d i O s t ia e V e z z e t r i

D e c a n o d e i S a c r o Co ll e g io

s V ic e Ca n c e i u e r o d i S . Ch ie s a

ECC. ECC.

Presento all9 Eminenza Vostra

nell9 idioma d9 Italia la storia di un

raro Conquistatore, e questa delineata

da un Greco Filosofo. Alessandro di

Macedonia e il primo, Arriano di Ni-

comedia e Valtro. Non e questa un

tessuto di sante gesta, qual più con- verrebbesi a Voi tra la porpora sacra :

ma Voi fra tanta dignità sapete nom-

meno con guardo estimatore misurare

gli Alessandri che trionfano, e rag« giungere il savio che ne filosofa.

Sebbene, il Personaggio qui de­

scritto non e poi tutto fuori di linea

per giungere a Voi. Dio dimesticava

per esso V Asia all9 Europa, e ne ac- comunava quasi i linguaggi , perche

fatto in fine di quelle un regno sotto

de9Cesari, i Santi Libri grecamente

tradotti o scritti fossero bentosto ca­

piti dovunque ; e perche piegatasi Ro­

ma agli Evangelii, tutte, quasi con

una mossa, le genti vi si piegasse-

70. Così Dio mirava in Alessandro

all9 Edifizio Santo, nel quale sì bene

Voi risplendete.

Jl gusto che Voi avete squisito

per le lettere amene, se risentesi al

volgare che io Vi reco j dovrò cono­

scere che io vi sono raccomandato ;

giacche non meno delle arti belle,,Voi

ne pregiate V industre cultore.

Dell9 Eminenza V. Rina

Soma j . Lugl io j8 n o .

ùm ilissim o, Devòtissimo, OUligatiisim# Serv»

‘ffiaaico TTÌaaiU

IL TRADUTTORE

SU DI ARRIANO

F u costui di Nicomedia, capitale delia Bitinia nell’ Asia Minore. Ebbe parenti illu­stri , agio , propensione, e talenti per le let­tere, come per gli onori. Ascoltò Epittèto, filosofo Stoico, e ne divenne filosofo anch* egli ; e scrisse più opere di filosofica indole, perite in gran p a r te , sopra vvanzandoci quattro dei dodici lib ri del Commentario alle dispute del raro Maestro. Amò nel tempo stesso le me­morie de' fatti an tich i, e la eleganza, che tanto piace, del dire ; e ne fu chiaro ugual­mente . Compose di storico argomento sette li­bri su la Spedizione di Alessandro, ed uno su le cose dell’ India, Solito congiungersi, come ottavo, a que’ sette per la convenienza delle materie. Ora tali s c r it t i ,e tanto puri sul fi­losofo , e sul Conquistatore lo pareggiarono all’ altro Greco purissimo, famoso per le ope­re intorno ai due C iri, come per quella su i Detti memorabili di Socrate : talché Arriano fu riguardato, e riguardasi, come un secondo

Senofonte. A lai si attribuirono un tempo i due peripli, o descrizioni geografiche, 1*una sul mar Rosso, e l 'a l t ra sul mar Nero: ma ora son tenute più fresche di origine.

Arriano, già illustre io patria , venne in Roma, e vi fiorì ne’ tempi di Adriano, di An­tonino e“di Marc’ Aurelio, pregiatone per la erudizione sua , ed onoratone perfino col con­solato . E vi è chi crede essere lui stato quel­lo che negli ultimi anni di Adriano, respinse gli Alani, reggendo la Cappadocia. E ciò è quanto sappiam dire sull* Autore. Ora dicia­mo su le

TRADUZIONI DELLE STORIE DI ARRIANO

Paolo Vergerio, dotto ed eloquente uomo dell’ età sua, ci diè latine le storie di A rria­no : ma perciocché egli le traslatava per co­modità di Sigismondo imperadore, non molto esercitato in questo idioma, diede una ver­sione men purgata e bella per occhi e ru d iti. Ond’ è che Alfmiso re di Aragona, ricco di ogni sapere, volle che altra se ne formasse degna del Grande Alessandro; e la cura se la ebbe Bartolommeo Facio, Genovese illustre, • molto pregiato presso quel monarca. Egli

era ben tale da pareggiarsi alla impresa , e con lo studio di tre anni compiè sul greco originale una nuova traduzione latina elegan­tissima , emendati gli abbagli occorsi in quel­la del Vergerlo : ma non fu pubblicata se non dopo la morte di Esso, e di Alfonso ; come s* intende da preliminari di quella. La edi­zione fattane in Pesaro presenta Tanno t 5o8.

Bonaventura Vulcanio Brugese vide che poteasi ancora migliorare la impresa, e la mi­gliorò. Veramente Bartolommeo Facio ora ag­giunge , ora toglie, ora estenua, ora avviva y ed ora ( e forse fu colpa degli esemplari su* quali studiava) traduce con senso, che il sen­so non è di Arriano. L'opera del Vulcanio si ha! per le stampe di Errico Stefano sotto Tan­no 157S senza data di luogo. Niccola Blan- card v1 aggiunse le sue cure e la riprodusse Tanno 1668 in Amsterdam, con otto libri di osservazioni.

Anche T Italia ebbe le storie di Arriano sei? idioma suo per opera di Pietro Lauro

Modanese; pubblicate fin dall’anno i 544 *a Venezia pel Tramezzini, e poscia altrove . E ben è da pregiar quel lavoro, ma scade in questo, che sebben dicasi originato dal Cre-

co , nel titolo stesso, fu nondimeno eseguito quasi tu tto , su la versione di Facto, e senza riscontro alcuno col testo, come intendesi, fat­t i i paragoni debiti, dandone fin 1* indizio le postille marginali: tanto che alle varietà di Facio sono aggiunte pur le altre che importa lo stesso latino, quando non sia raffrontato coll* originale. Or ciò ha fatto che nell* ordi­nare la mia versione io abbia tenuto conto del Vulcanio, e talvolta di Facio, ma non mai di Pier Lauro. Io scrivea questa nell* anno *8 i 3 , quando era dell'Europa, ciocché del- 1* Asia ne' giorni di Alessandro. Ond* è che ta l volta moveasi a scintillarvi per entro pur 1* ani­mo mio, che io richiamava alla calma, che Dio mi concedeva larghissima, e rarissima in tanta procella. .

1*L E S T O R I E

D I A R R I A N OSU LA SPEDIZIONE D I ALESSANDRO

L I B R O P R I M O

P R O E M I O

1 (Q uante cose ci han dette conformi intorno Alessandro di Filippo i due, Tolommeo fi­

glinolo di Lago, ed Anstobolo figliuolo di Aristobolo, tante io ne ridirò come in tutto verissime : ma quan­te non tono conformi, le sceglierò io queste, secondo che mi parran più credibili, e più degne insieme di ricordanza. Si scrisse, è vero, altrimente da altri di Alessandro; anzi ninn v’è sul quale o da più si scrivesse, o con più discordanza: nondimeno su tale argomento a me parvero più credibili que’dne; Ari- stobolo perchè avea con Alessandro militato, e To- lomraeo perchè oltre l’avervi militato, fu monarca ancora , e turpissima stata gli sarebbe la menzogne (1) : molto più che ambedue ne scrissero dopo morto Alessandro, quando sì la necessità mancava che il premio per dirne alcuna cosa altrimente che fosse ope­rata . Per altro ho riferite cose eziandio scritte da altri perchè sembratemi proprie da riferirsi, nè ri­provabili in tutto, come affermate solamente (2) sa di Alessandro. Che «e alcuno «i meravigli che in mez-

X

(1) I-a veracità fn reputata Jtmpre ano de’ p i i bei pregi dei padri "dei po­poli fino ad essere divenuta proverbiale la formoli parola da re per indicare la immancabilitì consueta di questa. K so tale riflesso appunto scrive A m a­no , che sarebbe stata per Tolommeo obbrobriosissima la menzogna.

(a) C ioi senza le ao to riti che le giustificassero.

a L I B R Ozo a tanti scrittori di Alessandro cadesse pur a me nel pensiero di scriverne; costui legga, quante sono, le storce che altri cen diedero, e poi venendo alla mia si meravigli.

2 Narrasi che Filippo morisse trovandosi Pitodimo (l) arconte di Atene, e che Alessandro figliuolo suo, grande allor di venti anni, ereditatone il regno pas­sasse nel Peloponneso, ove raccolti a consiglio quanti v’ erano (2) Greci popoli, chiese da loro il comando come dato al padre lo aveano su la spedizione contro de’ Persiani, e che chiestolo se lo ebbe da tutti, tol­tine i Lacedemoni i quali rispondevano portare le patrie consuetudini eh’ eglino soprastassero non che seguitassero gli altri. Narrasi ancora che Atene fa­ceva intanto delle innovazioni; ma che sopraffatti que* cittadini al giungere primo di Alessandro, cederono • lui tanto, onde sublimarlo, quanto ceduto non avea­no ai padre: e che di quivi si ridusse in Macedonia per apparecchiarvi la impresa contro dell’ Asia; e per iscorrere a primavera di su la Tracia infino ai Tri- balli e agl’ Illirici i quali udiva che sommoveansi, nè pareagli bene lasciarli così non domi del tutto; es­sendo questi confinanti, e lui sul moversi per ispedi- eione tanto lontana dalla patria.

3 Partito dunque da A m fi poli si gittò su la Tracia appunto nella banda ove sono i Traci detti Autono­mi (3) a sinistra della quale sorge la città di Filip­p i, e il monte Orbelo. Passato il fiume Neo giunse, dicono, il decimo giorno al monte Emo. Or qui lun­go lo stretto della via per onde salesi al monte gli furono incontro dalle alture di esso molti mercadanti e gli Autonomi colle armi per impedire all’ esercito di farsi più avanti pe’ luoghi pe’ quali era il transi­to. Radunati de’carri, li teneano, postisegli avanti, come trincea per combattervi se mai fosser pressati; e macchinavano insieme di precipitarli dalle balze più ecosoese del monte addosso la falange de’Macedoni se

/1) Cicerone chiama qnesto Pitarato.(1) Cioè nel Peloponneso.<}) Indipendenti, che davano legge a se stessi, non la riccveano.

P R I M O 3lo ascendevano. Imperocché faceanopénsìesochequan-i to più li carri che dirupavano verrebbono a meschiar- ei nel folto della falange, tanto più la disfarebbero colla violenza della caduta . Per 1’ opposito Alessan­dro divisava come avanzarla sicurissima sul monte. Veduto però che non v’ era altro passo, deliberato di cimentarvela, intima ai soldati di questa che pre­cipitando dall9 alto i carri si disgiungano e lascino che trascorrano infra loro se la capacità della via lo concede : e se no, si chinino e pieghino a terra, unen­do cautissimamente l’ uno all’altro lo scudo, onde i carri spinti in lor' danno, vi passino sopra saltando per l’ impeto, e senza offenderli. £ così fu come avea concepito, ed ordinato it monarca : imperocché quà la falange si divise, e là picciolo fu il danno, roto­latisi i carri su gli scudi, tanto che niuno soccom­bette per essi. Inanimiti i Macedoni per essere illesi dai carri coi più ch’ altro temeano, montarono, vo­ciferando, incontro al nemico. Era a destra il passo più facile; ed Alessandro fe precedervi al resto della falange gli arcieri con ordine di saettare i Traci do­vunque si presentavano : intanto preso egli stesso il comando menava alla sinistra i soldati muniti di scu­do, e gli Agriani. Ripressero gli arcieri co’dardii Traci i quali si spingevano innanzi; e la falange ve­nuta alle mani cacciò non difficilmente di posto uo­mini nudi, e barbari malearmati: tanto che non a- spettarono Alessandro che sopravveniva dalla sinistra, ma gettando le arme fuggirono, come poterono; su pe’ monti. Perirono di essi mille cinquecento, ma po­chi per la velocità e perizia loro de’ luoghi caddero vivi nelle mani. Furono però prese quante donne li seguitavano, e li fanciulli e tutta la preda : ed Ales­sandro mandò poscia la preda addietro in città ma­rittime, datala in custodia a Filota e Lisania .

4 Intanto Alessandro stesso avanzandosi fin per la cima dell'Emo verso i Triballi giunge al fiume Li- gino, lontano se vengasi per la via di quel monte tre marce dal Danubio . Sirmo il re de’ T riballi, udito da gran tempo il venir di Alessandro , ave-

4 L I B R Oane spedito le mogli e i figli verso il Danubio con ordine che passassero per esso ad una delle isolette del fiume Peuca nominata, nella quale appunto pel venire di Alessandro eransi di già riparati anche i Traci confinanti dei Triballi. Finalmente Sirmo, esso re stesso, co’ suoi vi si ritirò. Se non che gran quan­tità di Triballi fuggissene poi di su pel fiume ad al­tra delle isole sue, evacuata da Alessandro il gior­no avanti : ma non sì tosto ei seppe che approdati vi erano, retrocedendo, andò su loro, e trovali già ne­gli alloggiamenti : e così trovati si ordinarono per combattere nella selva presso del fiume. Allora Ales­sandro stringe e schiera ed avanza la falange, facen­do precorrere sagittarj e frombolieri i quali tempe­stassero con- le fìonde e con gli archi i barbari per chiamarli, se poteasi in qualche maniera, all’ aper-' to. Come furono questi sotto il tiro de’sagittarj, fe­ritine, corsero per farsi tosto alle mani con essi pri­vi di altr’armi. Ridottili così fuori del bosco, Ales­sandro comanda a Pilota che prenda la cavalleria della Macedonia superiore e gl’ investa a destra don­de erano proceduti più innanzi nella incursione, e fa che Eraclide e Sopoli spronino la cavalleria di Bot- tiea e di Amfipoli su la sinistra. Egli poi schierato il resto della cavalleria dinanzi delia falange marcia con essi contra del centro. Finché si lanciarono quin­ci e quindi dei dardi non ebbero i Triballi la peg­gio: ma non sì tosto ristretta diè gagliardamente 6n loro la falange e di qua e di là piombando le caval­lerie li pressarono non più colle frecce ma coi caval­l i; allora sì ricorsero per la selva al fiume. Ne pe­rirono in quella fuga tremila, ma pochi sen presero vivi perchè la selva innanzi del fiume era folta , e per­chè sopravvenendo la nott<e tolse ai Macedoni di perse­guitarli più ancora. Tolommeo narra che morirono de* Macedoni undici cavalieri, e circa quaranta fanti.

5 . Il terzo giorno dopo la battaglia Alessandro ven­ne al Danubio, massimo tra’ fiumi di Europa. Scor­re questo su terra moltissima, e rattiene bellicosis­simi popoli, Celti in gran parte là , dove prende le

P R I M O 5origini 806 • Ultimi tra que’ popoli sono i Qoadi e li Marcomanni: poi li Iazigi, ramo di Sarmati, poi li Geti micidiali, poi li piò de’Sarmati, e poi li Sciti là nella foce ove per cinqui? sue bocche entra nel Pon­to Eusino. Giunto al Danubio Alessandro vi trova delle navi lunghe venute a lui da Bizanzio per l’Eu- ^ino a ritroso del fiume ; ed empiutele di sagittarj e di soldati grevi naviga inverso dell’ isola ov’eransi ri' parati Traci e Triballi, e tentavi a forza uno sbar­co. Opponevansi i barbari dovunque si accostavan le navi : e queste eran poche nè con molta milizia, e 1’ isola era per lo più dirotta e precipitosa, e rapido correavi a basso il fiume e pericoloso, come rinchiu­so in letto angusto. Pertanto Alessandro, ritirate di quivi le navi, risolvè passare il Danubio contro dei Geti situati di là da quel fiume. Imperocché videne su le rive raccoltisi come per impedirlo se approda- vnci, fino a quattro mila cavalli e più che dieci inila fanti; e ciò vedendo appunto, preselo il desiderio di fare quel transito. Adunque egli ascende in nave, e riempiute di paglia le pelli sotto cui si attendavano, e radunate quante poteansi barche di quelle scavate in un tronco solo, copiosissime in que’ luoghi perchè osate dai littorani del Danubio per la pesca del fiu­me, o quando sono gli uni agli altri spediti, e da molti per predare ancora ; fe passare con esse le mi- lizie, che potè per tal modo. Così trascesero con A- lessandro mille cinquecento cavalli, e quattro mila fanti, e trascesero nella notte là dove folte sorgeano le messi; talché furono più occulti nel mettersi a ter­ra . Su l’alba Alessandro eutra fra le messi ordinando ai fanti che abbassate le aste, e calcandone il gra­no, si avanzino fino a’ campi non coltivati,. Seguiro­no i cavalieri la falange finché questa procedè tra le messi : ma uscitane appena ; Alessandro stesso menò quelli sul destro corno con ordine che Nicànore mar­ciasse con la Falange in quadro. Non ressero i Geti nemmen all’urto primo de’cavalieri : imperocché pa- rea loro impercettibile l’auimosità di Alessandro nel­l’avere con tanta facilità passato in una notte, e

6 L I B R Osenza ponti, il Danubio, grandissimo intra i Homi; altronde tremenda era 1» unione delia falange; e pre­potente l’impeto della cavalleria. Su le prime adun­que fuggironsi nella città lontana da loro quanto una parasanga del Danubio (1): quando però videro che il sovrano menava in gran diligenza la falange lun­ghesso il fiume perchè non fosse circondata da’Geti medesimi i quali le aveano tese le insidie, e che ve­niva intanto di fronte la cavalleria ; lasciarono di nuovo la città perchè mal fortificata, recando seco mogli e figli su i cavalli, secondo che ne poterono. Dirigevansi essi in deserti rimotissimi dal Danubio ; quando Alessandro ne occupa la città con quanto ci avevano lasciato di preda. Poi data la preda a Me­leagro e a Filippo perchè la trasportassero, egli ab­batte la città e sagrifica su le rive del fiume a Giove liberatore, ad Ercole, e al Danubio medesimo, per­chè non aveagli conteso il passo ; e nel giorno stesso riconduce salvi tutti i suoi negli alloggiamenti.

6. Qui vennero ad Alessandro ambasciatori dagli altri popoli del Danubio i quali viveansi con leggi proprie, da Sirmo re de’ Triballi, e da’Celti adiacen­ti al golfo Jonio. Sorgeano sopra tutti i Celti per gran corpo, e magnificamente sentivano di se stessi, e tutti diceano venire desiderosi dell’amicizia di Alessandro. Concedette il monarca e la ebbe quest’a­micizia : quando chiese ai Celti quale principalmen­te delle cose umane gli spaventasse. Egli concepiva che il nome suo fosse colla grandezza sua giunto fi* no a loro e più oltre; e che perciò direbhono che questo temeano più che tutto. Ma ne udì risposta diversa assai da quella che auguravasi. Imperocché vedendo questi di aver paesi, lontani da que’di A- lessandro anzi non praticabili, e lui diretto altrove; risposero di temere che cadesse il cielo su loro. Non­dimeno pur chiamali, come fatti se gli aveva, allea­ti ed amici, e li rimanda; dicendo solamente su loro

(i) Nome di una misura di staili varia secondo i vari! lu o g h i. T ra’ Persiani la parasanga era di trenta sud)» vuol dire di tre miglia e tre q u a rti.

P R I M O 7che eran superbi. Quindi si mosse versò gli Agriani e li Peonj, e gli giunsero de’ messaggi eoo avviso che crasi a lui ribellato Clito figliuolo di Bardileo, se­guitato da Glaucia re dei Taulanzi. Annunziavano insieme che gli Autariati lo assalirebbono tra la mar­cia; ond’è che decise bentosto rimettersi in via. Langaro, re degli Agriani, come lui che amato avea mamfestissimamente Alessandro e spediti gli avea messaggieri particolari ne’ tempi ancora di Filippo, ora stavagli appresso con soldati, cinti di scudo, quanti aveane più belli e meglio armati. Costui co­me s’ avvide che Alessandro interrogava quali e quan­ti fossero gli Autariati, disse che non sen dovea te­ner conto per essere i men bellicosi, e che gli assa­lirebbe egli stesso ne’loro paesi, perchè avessero ivi anzi che fare su le lor cose. Spediscevelo Alessandro; ed egli piomba fra loro, e depredavi, e trasporta; sicché gli Autariati: ebbero interna la briga. Onora­tone Langaro am piissima mente da Alessandro, sen ebbe anche i doni che grandissimi si stimano presso i re di Macedonia; fino a promettergli Cina la sorel­la sua per moglie, come fosse Alessandro a Pella ri­tornato. Ma Langaro andatosene in patria infermas­si, e morì.

7. Avanzatosi Alessandro al fiume Erigono dirigesi alla città di Pellio. Avea già Clito occupata questa come fortissima in tutto il paesp. Giuntovi, ed ac­campatosi in riva del fiume Eordiaco, delibera di assalirne nel giorno appresso le mura. Occupava Cli­to colle milizie i monti intorno della città come sel­vosi ed opportuni per soprastare da ogni lato ai Ma­cedoni se davano a questa l’ assalto: ma Glaucia il re de’Taulanzi non eragli ancora da presso. Ales­sandro già moveasele contra, quando i nemici fatto sagrifizio di tre fanciulli, e di altrettante fanciulle, e di tre negri montoni, corsero come per essere olle mani co’Macedoni. Ma cimentatisi, lasciarono affat­to i posti dianzi occupati quantunque fortissimi, tan­to che vi si trovaron le vittime che vi giacevano an­cora. Cacciolli Alessandro in qael giorno tutti nella

8 L I B R Ocittà; di guisa che accampatosi dinanzi le mora, de­liberava imprigionar veli con altre mura intorno : quand’ ecco nel dì seguente presentasi Glaucia r e de'Taulanzi. Diffidossi allora Alessandro di prende­re la città colle forze che aveva. Imperocché vi si erano concentrati molti, e guerrieri; e molti g li piomberebbero sopra con Glaucia se ne continuava l’assedio. Pertanto spedisce Pilota pe’ frumenti eoa i carriaggi tra scorta sufficiente di cavalieri. M a Glancia saputone l’andata, movegli incontro, ed oc­cupa i monti intorno del campo sul quale volea co­lui foraggiare. Alessandro avvisato come i suoi car- riaggi e cavalieri pericolavano se la notte li raggiun­geva; prende egli stesso militari con scudo e con ar­co, gli Agriani, e quattrocento a cavallo, e volaneio soccorso, lasciando il resto dell’esercito a fronte della città, perchè se partivane tutto, non corresse­ro dall’interno di essa per unirsi con Glaucia. La­sciò Glaucia quelle alture udito il venir di Alessan­dro, e così Filota si ricondusse illeso agli alloggia^ menti.

8. Nondimeno Clito e Glaucia concepivano ancora di aver colto Alessandro pel disagio del luogo; per­chè tenean essi i monti più elevati con molti caval­li , con molti sagittarj, e frombolieri ; e quei della c it tà , pur essi gii piomberebbero sopra, se partiva- si . Altronde i siti pe’ quali avrebbe Alessandro a passare vedeansi angusti e selvosi, e quindi limita-* vali il fiume, quindi un altissimo monte , e a piè del monte un precipizio ; tantoché non aveaci via per la marcia di quattro insieme con gli scudi. Or qui Alessandro ordina la falange in cento venti fila, e soprappone duecento cavalli per ogni corno; ed in­tima che stieoo taciti tutti e pronti ai comandi : e prima dà il segno ai soldati che alzino diritte le a- ste, poi che le tendano come in atto di assalto e ne volgano le punte ora a destra, ora a sinistra. In­tanto egli movea velocemente la falange più innanzi, e variamente ne’ corni varj. Così dandole e ridan­dole in poco tempo molte figure, e fatto ia fine

f R I M 0 §di essa come un cuneo a sinistra, la portò su’ nemi­ci. Ammiratisi questi fin da principio sa la spedi­tezza e su l’ordine delle operazioni, non aspettaro­no già la milizia di Alessandro che attaccavali, ma lasciano i primi colli. Allora domanda il monarca a’Macedoni che alzino il grido della battaglia, e percuotano colle aste gli scudi . Costernatine tanto pia li Taulanzi, ritiraronsi verso la città frettolosi. Frattanto vedendo Alessandro , che alquanti nemici ma non molti occupavano il colle sol quale era passato , comanda alle guardie del corpo ed agli a- snici del seguito suo, che preso lo scado , vi accor­rano , appunto dal fiume, a cavallo: e giuntivi, seil nemico persisteva sul colle occupato , smontassero metà d’essi da Cavallo e combattessero a piede, mi­sti tra’ cavalieri. Que’nemici però vedute le mosse di Alessandro abbandonano il colle, e ripiegansi ai monti. Preso il colle cogli amici, Alessandro chia­ma a se gli Agriani, e gli arcieri, due mila in tat­to : e comanda che passino il fiume i soldati mu­niti di sondo, e dopo essi le schiere de’Macedoni: e che passatolo, sporgano infra loro gli scudi; affinchè più grande la moltitudine apparisse dei tragittati: ed egli stando in osservazione spiava di su dal col­le i moti degl’ inimici. Or questi vedendo passar la milizia ne andarono pe’ monti come per investirne l’ ultima a moversi. £ già le si avvicinavano, quando accorse il monarca egli stesso con quei che lo cir­condavano, e quella alzò lietissime grida come pel tragitto già compito del fiume. Venendo tutti con­tro di essi, diedero volta i nemici e fuggirono. Con­dusse per tale impresa Alessandro gli Agriani, e gli arcieri in fretta sul fiume, e varcalo égli stesso pri­ma che tutti: e piantate sul lido le macchine, come vedea piombar 1’ inimico su gli ultimi, facealo nella più gran distanza dardeggiare quanto più si potea con esse, intanto che gli arcieri rientrati nel fiume doveano saettarlo dal mezzo di questo. Non ardì la milizia di Glaucia mettersi entro il nembo de’ col­pi ; e li Macedoni passarono il fiume illesi ; tan-

io L I B R Oio che ninno di loro soccombette in quella ritirata ;

9. Quindi a tre giorni avvedutosi Alessandro che Glaucia e Clito, datisi a credere, lui essersene anda­to per la paura, teneansi accampati malamente, sen- xa regola di gnardie che invigilassero, senza ricin­to di steccati e di fosse, anzi con le milizie, in li­nea troppo lunga nè utile , ripassa occulto ancora fra la notte il fiume co’ soldati muniti di scudo, eoa gli Agriani, con gli arcieri, e col corpo di Perdic- ca e di Ceno, ordinando che il resto della milizialo seguitasse. Come vide il buon punto per dare l’as­salto, spediscevi a darlo gli Agriani e gli arcieri , •enz’aspettare che i suoi tutti si riunissero. E piom­bando questi inaspettati su loro, e dirigendosi la falange ad attaccarli colle ali sue veementissima- mente, dove eran più deboli, qual ne uccidono tra le tende, e qual ne incolgono facilissimo che fuggi­va. Tanto che molti furono ivi nel campo sorpresi e morti, molti nel ritirarsene disordinati e treman­ti , nè pochi ne furono pigliati vivi. Gl’ inseguirono i Macedoni fino ai monti de’ Taulanzi; ma quanti fuggirono senza le armi fur salvi. Si riparò Clito in' principio nella città, poi messala in fiamme, partì verso Glaucia alla volta dei Taulanzi.

10. In questo tempo alcuni esuli, fuggiti già da Tebe, rientrativi tra la cotte, ed istigati da alquanti di que’ cittadini a far cose nuove, sorprendono ed uccidono, fuori della rocca Cadmea a cui presede­vano , Aminta e Timolao i qnali non sospettavano nulla di ostile . Poi recatisi all’ adunanza infiamma­vano il popolo a ribellarsi da Alessandro ed uscire dal giogo una volta de’Macedoni, pretestando la li- bertade, antico e bel titolo. Or pareano questi tanto più plausibili alla moltitudine, quantochè sosteneano che Alessandro era morto tra gl’ Illirj. E frequen­te era su questo il discorso, e più e più si dissemina­va; perchè colui si stava lontano da tempo non pic­ciolo senza esserne venuta mai nuova. Tanto che non conoscendo com’ eran le cose, ne ideavano, co­me avviene in tali casi, quelle che più loro pia-

P R I M O 11cevano. Alessandro udite le vicende di Tebe non credette che fossero da trascurarsi; perchè sospettava da gran tempo di Atene, nè vedea picciolezze nell’au­dacia Tebana se prendeano parte alla novità gli Spartani, ed altri del Peloponneso alienatisi già da lu i , e gli Etoli, mal fermi ànch’ essi. Pertanto pas­sando la Eordea, la Elimioti, e le rupi Stimfèe, e Parie, giunge nel settimo giorno a Pellene della Tes­saglia . Di là procedendo ancora piomba tra sei gior­ni su la Beozia: tanto che li Tebani non seppero ch’egli aveva oltrepassato Pyle (l) innanzi che fosse ad Onchesto con tutto l’esercito. Allora gli autori della rivolta dissero che era venuta l’armata da An- tipatro della Macedonia, asseverando tuttavia che A- lessandro era morto, e corrucciandosi con chiunque annunziava che avanzavasi in persona egli stesso; mentre non era che l’ Alessandro figlio di Aeropo. Ma l’Alessandro vero movendosi da Onchesto proce­dette nel di seguente fin sotto Tebe presso al bosco di Jolao. Accampatosi quivi dava tempo affinchè se ravvedeansi, gl’ inviassero i Tebani una legazione. Ma quei tanto furono alieni da premettere alcun atto per la riconciliazione , che sboccando dalla città la cavalleria con de’soldati leggieri fecero scaramuccia fin presso dell’esercito colle guardie avanzate; ucci­dendovi alquanti, non però molti Macedoni. Ales­sandro spedi per frenarne la scorreria sagittarj e sol­dati leggieri ; e questi non difficilmente la frenarono proceduta com’era fin presso dell’esercito. Nel dì seguente pre^a l’armata intera ne circondò tutte in­nanzi le porte per le quali si viene ad Eleutera e nell’Attica; non la condusse però, nemmeno allora, fino alle mura, ma posela a campo non lontana dal forte Gadmeo; sicché la guarnigione intendesse che stavate vicino il soccorso de’Macedoni. Cinto i Te­bani quel forte con vallo doppio vi faceano la guardia,

(i) Nome generale di castelli. di c ittì frontiere, e di stretti pe' qnali passa- vasi da una in altra provincia o regno. Cosi fa chiamato col nome di Pyle nn castello ne’ confini della Cilicia e della Cappadocia passandosi per ivi dalla Cilicia iella Cappadocia: cosi pur si ebbero Pylac Cilicianac, perchè passava- si per esse dalla Cilicia nella Siri^.

12 L I B R Operchè niun potesse da fuori ajutare quei d’entro, hè' quei d’entro potessero danneggiare i Tebani se mai' questi si portassero su’aemici esterni. Alessandro il quale voleva ancora che venissero a9 Tebani i risul­tati piuttosto dell9 amicizia ché de9 cimenti, tempo- reggiava accampato in vista di quella rocca. Intan­to que’cittadini i quali vcdeano qual fosse il me­glio, risolverono di andarne ad Alessandro, e cerca­re a Tebe un perdono della rivolta. Ma gli esuli e quanti avevano gli esuli richiamato, e specialmente i primarj de’Beozj fra loro, convinti che don avreb­bero parte affatto alla clemenza di Alessandro, con­citavano il popolo per ogni maniera alla guerra. Non pertanto non assaliva Alessandro la c ittà .

il.' Ma Perdicca incaricato, come scrive Tolora- meo, di guardare colle sue milizie l’esercito, tro­vandosi non molto lontano dal vallo nemico, vi si condusse egli il primo, senz’attendere nemmeno il se­gno della battaglia dal monarca. Giuntovi rovescia il vailo; ed attaccavi il presidio Tebano. Seguene l’esempio Aminta figliuolo di Andromeno; come que­gli che avea le destinazioni stesse di Perdicca: e ve­dutolo già dentro quelli steccati; marciavi ancor esso colie sue truppe. Ciò mirando, accorsevi anche Ales­sandro col resto dell’esercito, affinchè questi non pe­ricolassero , lasciati soli contro a9 Tebani, Fe segno alli arcieri ed agli Agriani d’internarsi tra gli stec­cati , ed ei te One di fuori le schiere ed i soldati cin­ti di scudo, lutanto Perdicca forzandosi di penetra­re nel secondo degli steccati, è ferito, e ne cade: e riportato malconcio negli alloggiamenti, a stento vi risanò. Ma le sue milizie insieme con gli arcieri spediti ila Alessandro ridussero i Tebani nella via cava la qual mena al tempio di Ercole incalzandoli sempre su di essa, finché ritiraronsi i Tebani presso del tempio . Colà voltata faccia alzaron le grida ; talché se ne misero itr fuga i Macedoni. Allora cad­de Euribota un Cretese capo degli arcieri, e settan­ta di questi con esso : gli altri fuggirono verso le schiere Macedoni, e verso i regii soldati cinti di

P R I M O 13vendo. Alessandro veduti i suoi che fuggivano, e ve» duti i Tebani usciti di regola nell’ inseguirli ; piom­bò su loro colla falange in buon ordine, e li respia- se fin dentro le porte. Riuscì quella fuga tanto ter­ribile, che respiati per le porte in città, non fece­ro in tempo a rinchiuderle. Così tatti i Macedoni i quali soprastavano loro si cacciaron con essi tra le mura, ivi prive di difensori, compartiti ne’tanti cor-

Ì)i di guardie avanzate. Giunti al forte Cadmeo, ta­nni co’soldati stessi del forte scesero di qaivi se­

guendo il tempio di Amfione nell* altra parte della città; ma tal altri saliti più innanzi corsero al foro seguendo le mura occupate già dagli entrati co’fug­gitivi. Tennero fronte alcun tempo i Tebani schie­rati presso il tempio di Amfione : non sì tosto però giungevano manifestamente sn loro qua e là d’ognin­torno i Macedoni ed Alessandro; allora, i Tebani a cavallo, fuggirono, sparsi per la città, nella cam­pagna, e quelli a piede, salvaronsi come poterono. Or qui per la collera non i Macedoni soli, ma i Fo- cesi, ma i Plateesi, anzi pur altri Beozj fecero sen­za modo strage dei Tebani che più non li respinge­vano: e là cacciaronsi nelle case loro e ve gli ucci­sero; e qua gli uccisero che volgeansi alle armi, e là fin supplichevoli presso dei tempj: nè pietà v’ ebba -non per le donne, non pe’fanciulli. Tanta Greca ca­lamità sbalordì nommen gli altri Greci, che quelli i quali parteciparono al fatto, per la potenza della città presa, e per la prestezza del prenderla, fuori .della opinione de’vinti e de’vincitori.

12. Veramente la disfatta degli Ateniesi nella Si­cilia non diede per la grandezza della perdita colpo minore ad Atene (1); ma l’essere stato distratto l’e­sercito lungi dal territorio, l’essere stato di soldati ausiliarj più che proprj, .e l’essere ai cittadini ri­masta Atene onde resistere eo'le armi ai Lacedemo­ni, agli alleati, ed al re potentissimo, nè fece sentire sì vivamente la sciagura ad essi che la sopportavano.

(1) SÌ vegga Tacidide nel libro testo e settim o.

14 L I B R Onè sparsene sorpresa eguale nel resto della Grecia Così navale fa la percossa, degli Ateniesi ne’fiumi a d Ego: nè Atene fu raumiliata se non coll’abbattimen­to delle lunghe mura, colla cessione di molte navi, e colla privazione della primazìa ; del resto conservò la forma originale di stato, e dopo non molto ripre­se l’antica potenza (1); fino a rifabbricare le mura lunghe, a dominare novamente pe’ inari, e ridurre a salvarsi da pericoli estremi i Lacedemoni, allora a lei 6Ì spaventevoli, e proceduti poco men che a di­struggerla . La disgrazia de’ Lacedemoni a Leuttra ed a Mantinea li stupefece anzi pel danno inaugura­to , che per la enormità della perdita : e la vittoria de’ Beozj e degli Arcadi contro di Sparta sbigottì le i , e i popoli allora suoi partigiani, anzi per 1% in­solenza dello spettacolo che per la realtà del peri­colo . La espugnazione poi della città di Platea (a) non riuscì così grave, perchè pochi vi furono presi, essendosene i più fuggiti prima ad Atene. Melo e Scione, cittadelle isolane, arrecarono, invase, piut­tosto vergogna a chi le invadea, che meraviglia grande a tutta la Grecia. Ma la rapida, la incon­sideratissima rivoluzione di Tebe, la presa fattane in picciolÌ8simo tempo, senza travaglio, l’alta stra­ge eccitatavi quale si eccita da nazionali, i quali vendicano vecchie nemicizie, e la depredazion totale di lei sì grande allora in armi, e sì potente fra le potentissime in Grecia, fu non senza ragione im­putata all’ ira del cielo. Imperocché s'avea Tebe pre­parata già da gran tempo tal pena pel tradimento fatto da suoi cittadini ai Greci nella guerra coi Me­d i, per la invasione eseguita in tempo di tregua, e per lo sterminio totale di Platea, |>er l’ eccidio, non consueto tra’ Greci, di quelli eh eransi dati agli Spartani, per la devastazione del luogo nel quale

(i) Tncid. lib. 8. c. 14.f i) C ittì tjella R eozia, lontana settanta stad' da Tebe secondo Tncidide lib.

1. cap. p i im o . Era contraria a questa ; perà fu a<»Iita e presa da'Tebani ma presto li respinse cap. cil. Nella gueira del Peloponneso contro di Atene Pla­tea tenne al partito di Atene « ne fu assediata. Cap. j , e sopraffatta l ’ anno quatto di c j » (aerra lib. ) . cap. 3.

P R I M O 15«chieratisi i Greci rispinsero da tutta la nazione il pericolo, e finalmente perchè avevano co’ loro voti deciso il desolamento di Atene quando si propose questo tra'confederati Spartani. Narrano che fosse la calamità di Tebe pronunziata da molti segni ce­lesti, negligentati al suo tempo: ma la ricordanza in fine di essi fe ravvisarli come presag) dell’avve­n u to . Autorizzati per Alessandro i socj dell’impresa a decidere le sorti di Tebe vollero che il forte Ca- dmeo si custodisse* ma la città si spianasse, che se ne dividessero fra di essi tutte le terre non sacre, e si rendessero schiavi fanciulli e donne quanti ne ri- maneano, tolto quegli e quelle di ordine sacerdotale e g li ospiti di Filippo, di Alessandro, é de’Mace­doni. In riverenza però di Pindaro poeta Alessandro volle che illesa ne fosse la casa e la discendenza. Oltracciò deliberarono gli alleati che si riedificasse Orcomeno e Platea.

l 3. Divulgatosi per la Grecia l’ infortunio di Te­be , gli Arcadi usciti per soccorrerla condannarono di morte quegli stessi che spediti gli aveano; e gli Elei riammisero in Elide gli esuli da essa, perchè divenu­ti famigliari di Alessandro. Gli Etoli mandata da ciascuna delle lor genti una legazione, implorarono la regia clemenza , giacché pur essi tentate aveano delle novità fautrici di quelle che si annunziavaa di Tebe. Celebravano gli Ateniesi un tale de’ loro mi- aterj più grandi; ma nel venire ad essi alquanti Te­bani dal pianto della Patria interruppero sbalorditi i mister) medesimi , e ridussero in- città quel che aveano su le campagne. Il popolo congregatosi per ordine di Demade scelse, e deputò dieci Ateniesi noti come i più cari ad Alessandro : doveano questi a lui testificare come Atene gioiva, ch’ei tornava illeso dagl’Illirj e dai Triballi, ciocché non era più in tempo; e-che punita avea Tebe delle innovazioni sue. Rispose Alessandro cortesemente a’Deputati; del resto chiese con sua lettera al popolo che gli si con­segnassero Demostene, Licurgo, Iperide, Polieutto, Carete, Caridemo, EEalte, Diotimo, e Morocle; au­

to r i , ei dicetra » delle sciagure di Ateae in Cher*> nea ( i) , come di tutte le manoanoe, negli ultimi tempi di Filippo, contro Filippo «tesso ed Alessan­dro: ausi autori della rivolta di Tebe oommeno -che i novatori stessi fra gli Tebani. Gli Ateniesi non consegnarono gli uomini dimandati e spedirono d ì nuovo ad Alessandro affinchè perdonasse pur questi, ed Alessandro li perdonò sia per la riverenza d i Atene, sia per l’impegno suo verso la spedinone del> l’Asia, non volendo che si lasciasse nulla di sospot»» to infra i Greci. £ soltanto intimò che Caridemo, unico fra tutti i richiesti e non consegnati , fuggisse, e faggi Carid«mo nell’Asia « Dario Monarca. Tor­nato dopo ciò nella Macedonia fece a Giove Olim» pico il sagrificio, istituito già da Archelao, e li giuochi Olimpici in Eghe. Ed altri dicono che cele­brò dei spettacoli pnche alle Muse, intanto sparger­si fama che la statua di Orfeo Trace figlio di Oefc- grò versava nella Pieride (2) sudore continuo . Spo- neano ciò gl’ indovini chi nell’ una e chi nell’ altra maniera: ma Aristandro, Telmisseo, buon vate, in­vitavano Alessandra a belle speranze : diesalo un in­dizio che poeti e cantori assai travaglierebbono nel poetare e cantare di Alessandro, e delle sue gesta.

14. Entrava la primavera qnando egli affidate ad Antipatro le cose di Macedonia e di Grecia movesi dall’ Ellesponto menando seco non molto più che tren­ta mila tra fanti, e sagittarj, e soldati leggieri , e più che cinque mila a cavallo. Direttosi coll’ arma­ta lungo il lago Gercinite verso Amfipoli fino alle bocche del fiume Strimone, e valicatele, passa il monte Pangeo nella parte per la quale si viene ad Abdèra (3) , e Maronea, Greche città marittime . D i là procedendo fino all’ Ebbro (4) passalo pur fa*

(1) C ittì di Beozia: F ilippo Padre di Alessandro vi disfece gli Ateniesi e i Tebani ; e quella vittoria decise della preminenza di F ilippo e della suggezioa della G recia.

(1) Regione nella M acedonia. i(!) Patria di D em ocrito, ora detta Asperosa . Alessandro menava le sne mi­

lizie su i lidi costeggiati dalla sua flotta perchè quelle e questa si giovassero a vicenda. Vedi Supplementi a C un is lib. a.

(4) Fium e da altri detto Erro ovvero E u ro .

16 L I B R O

P R I M O 17tihnente: e quindi per la region Petica perviene al finme Melana. Tragitta par questo e giunge a Se­rto finalmente il ventesimo giorno da che partito era di crfsa.

Venato ad Eleante (() sagrifica a Protesilao su la tomba appunto di lui, perché di Protesilao si ere- dea che fosse sceso nell’ Asia il primo fra’ Greci che portarono con Agamennone guerra a Troja. Era ^ in ­tento del sagrifìcio che la discesa riuscisse ora a lui più propizia che a Protesilao. Qui Parmenione rice­ve l’ordine di far passare il più de’ fanti, e la ca­valleria da Sesto ad Abido (2)’, e vi passarono con cento sessanta triremi, e con molte altre navi da ca­rico. E voce di molti che Alessandro navigasse da Eieunte al porto degli Achei, governando intanto egli «tesso la regia nave; e che nel transito dell’Ellespon-* to giunto in mezzo immolasse un toro a Nettuno ed. alle Nereidi, versandone intanto in libagione il san­gue da nn’ aurea caraffa nel mare. Narrano che egli primo saltasse colle armi dalla nave in su’ lidi del- l ’Asia, e che similmente ergesse altari a Giove di­scensore, a Minerva ed Ercole, nel luogo onde fece vela dall' Europa j ed in quello ove si mise nell’Asia : che venuto ad Ilio ivi sagrificasse a Minerva Iliaca, e dedicate nel tempio le arme sue ne prendesse al­tre ivi sacre, e durevoli ancora dalla impresa di Tro­ja ; recate poscia dagli scudieri suoi dinanzi a lui nelle battaglie. La fama tiene ancora che egli sagri» ficasse a Priamo su l’ara di Giove E reto onde rimo­vere T ira di Priamo dalla stirpe di Neottolemo dalla quale discendea pure Alessandro (3). Che intanto che egli andavasene ad Ilio, Menezio il comandante delle navi lo inghirlandò con aurea corona, e poi con al­tra lo inghirlandarono Care Ateniese venuto dal Si­geo , ed altri ancora qual Greco, e qual di que’ luo­ghi . Evvi pur chi dice che Alessandro cingesse pur

Armano . a(1) C ittì d’ E uropi Terso le boccile dell’ Ellesponto lontina quindici miglia

da Sesto verso l ’ A ustro.(x) Abido è nell’ Asia dirimpetto a Sesto.W Dal canto della m adre.

iB L I B R Odi un serto la tomba di Achille, felicitandolo, comJe voce, che sortito avesse in Omero il suo lodatore per la memoria dei posteri. Veramente non era, Achille per tal verso da essere meno invidiato; im­perocché sebbene Alessandro a lui non cedesse per mun’ altra delle avventurate sue cose, pur le impre­se di Ini non furono tramandate, con quanto deco­ro doveasi fra’ mortali, giacché niuno ciò fece nè in prosa nè in versi; nè fu Alessandro cantato almeno coll’armonia, quale se l’ebbero Gerone, Gelone, Te- rone, e tanti altri che niente lo somigliarono. Co­sicché meno assai si conoscono i bei fatti di lui che non i picciolissimi degli antichi; come la spedizione dei dieci mila con Ciro contro di Artaserse, i pati- menti di Clearco e de’ sorpresi con esso, e la riti­rata di quelli medesimi fatta per Senofonte, sono pe’scritti appunto di Senofonte (1) assai più famose che non Alessandro e di Alessandro le imprese; quan­tunque Alessandro marciato non fosse come alleato di a ltri, nè vincesse, nel fuggire un gran r e , o quelli che impedivangli la ritirata sopra del mare; e quantunque non abbiaci altro uomo niuno il qua­le presentasse tante e tanto gran gesta in terra d i Greci o di barbari.

Perciò protesto, ch’io dato mi sono a scriver la storia, non disdicendomi, io penso, dichiarare tra gli nomini il grande Alessandro (2). Ma chiunqueio mi sia che così di me giudico, non fa d’uopo cheio qui ponga il mio nome (perchè non ignoto fra gli uomini) nè quale sia la mia stirpe e la patria, nè se vi ebbi io mai magistrature . Scrivo solamen­te che ho patria, e stirpe, e grado, e lettere e que­ste fin da giovinetto; e perciò non immeritamente

(1) Esiste ancora il libro di Senofonte il quale tratta della spedizione di Ci­ro il minore e della ritirata de’ G r e c i e p o tr i vedersi nell’ anello TV. della nontra collana al toni. i .

(2) A rriano vede forse troppo l’ Eroe in Alessandro; quando Seneca nel lib ra de Benefizi non vede in In i , che nn capriccioso ed nno sto lto , fortunato in questo che fu preoccupato dalla m o rte , perché non presentasse a ll' universo ben altro spettacolo da quello che presentato gli avea fin a llo ra . Ed io ho dimandato più volte a me stesso se era forse meglio che gli antichi tacessero profondamente di ogni conquistato».

P R I M O 19tengo me per nno de’primi nella greca lingua oorae Alessandro lo era nelle armi.

l 5 . Alessandro da Ilio venne ad Arisbe ove do­po il transito dell’Ellesponto accampavano tutte le sue milizie. Si avanzò nel giorno appresso a Perco- t a , e nell’ altro passando Lampsaco pose il campo presso del fiume Prosazzio, il quale giù volgendosi pe’monti Idei sbocca nel mare fra l’Ellesponto e 1’ Eusino. Di là passando la città di Golèna giunge ad ^rmòto. Aveva Alessandro innanzi l’esercito spe­diti degli esploratori; e duce ne era Aminta figlio 'di Arrabeo il quale avea seco una banda detta de­gli amici (l) allora, venuta da Apollonia, sotto gli ordini di Socrate nato da Satòne, e quattro compa­gnie , dette di precursori. Gammin facendo manda Pegòro suo amico, figlio di Licagoro con milizie perchè prendano Priamo città subordinatagli già da­gli abitanti. Erano i duci de’Persiani Arsame, Reo- mitre, Petine, Nifate, e con essi Mitridate Satrapo della Lidia e della Jonia, ed Arsite, presidenti al­la Frigia verso l’Ellesponto ; e questi accampavano presso di Zelia con la cavalleria barbara, e co’mer- cenarj di Grecia. Consultatisi questi su le cose pre­senti, dopo l’ annunzio dello sbarco di Alessandro, Mennone da Rodi esorta vali a non andar con peri­colo contro ai Macedoni, molto più forti di loro per la fanteria; tanto più che v’era Alessandro in per­sona , mentre Dario con loro non e ra . Piuttosto ne andassero, annientassero, calpestandoli, con la ca­valleria tutti i frumenti in erba, e bruciassero in que’ luoghi ogni prodotto, non risparmiando nemme­no Je proprie città. Non resterebbevi allora Ales­sandro pe’ disagi di tutto il bisognevole. Per 1* op- posito dicesi che Arsite in qnel colloquio di Persia-

fi) Nel testo STCtl^UV Tifi/ corpo distinto e prediletto nelle trop­pe di Alessandro. Vi appartei.cano i personaggi piò riguatdevoli, Macedoni ed - 'leati d’ ogni nazione. E ciò rende incostante la imerpetrazione della voce

S T X fg O V . Sembra che tali guerrieri fossero come gli am ici, i compagni, i fa m itu ir i, i coetanei, e quasi V alter idem col sovrano. Per ordinario sono * cavallo .

ni rispondesse che non permetterebbe l’incendio nep-i pare di ana delle case de’popoli a lui subordinaci, e che li Persiani ad Arsite aderissero, perchè so­spettavano che Meninone volesse mandare in lungo la guerra afHn di godersi gli onori che dal re gli s i davano.. 16. Intanto Alessandro si avanza coll’ esercito o r ­

dinato al fiume Cranico: menava doppia falange d i armati e la cavalleria nelle ale, facendo che le ba­gaglio lo seguitassero. Condottiero Egeloco degli e- eploratori delle armi nemiche avea seco de’ soldati * Cavallo con le aste, e cinquecento armati alla leg­giera . Non era il monarca lontano gran cosa dal fiu­me quando gli esploratori, correndo, lo avvisano, che l’ inimico stavasi nell’ altra riva pronto a rice­verlo . Or qui Alessandro schiera tutto l’esercito co­me per combattere, ma fattosegli avanti, a lui dice Parmenione: a me par meglio, o Sire, accamparsi ql presente come possiamo qui su la sponda del fiu-. m e. Già non penso che i nemici tanto inferiori a ijo» nella Janteria avran cuore di pernottarci vicini, e con ciò lasceran che l'esercito faccia in su C alba il suo transito facilissimamente : imperocché avremo noi prima compito questo, che essi di ordinqrcisi a fronte : laddove ora sembrami, che non senza peri­colo ne onderemo a lt impresa. Già non può condursi largo, quant’ è , di fronte Ì esercito a traverso dei fium e, troppo, come vedi, profondo, e con ripe al­tissime , e precipitose. V i approderemo, s i , ma di-, sprdinati, e per punte , debolissima guisa ! e nell’ ap­prodare avrem sopra la cavalleria nemica in buon ordine. E se tal mancanza prima ne sarà dannosa per lo presente ; dannosissima ci fia poscia per la decision finale della guerra. Ed Alessandro replica­va: conosco o Parmenione tai cose : ma io vergo­gnami , che dopo aver noi varcato con tanta fa c ili­tà £ Ellesponto, ora un picciolo rio (così chiamava, invilendolo, il G-ranico ) ci rattenga dal passarvi, co­munque possiamo. Già non convienesi questo nè col­la gloria della Macedonia » nè colla mia sveltezza

sq L I B R O

P R I M O a ifra pericoli. A nzi vedo che animeransi i Persiani , come pari combatterci, se or non soffrano cosa pari ai loro terrori. £ ciò detto mandai Parmenione a reggere il corno sinistro, ed egli mettesi al destro. A diritta del quale fa pur messo Fiiota figlio di Par- menione, per comandare la cavalleria detta degli a* mici, gli arcieri, ed i lanciateri Agriani, e con Fi- Iota anche Aminta di Arrabeo, il quale avea con sé li cavalieri muniti di aste, li Peonj, e la truppa di Socrate: succedevano loro gli alleati con gli scudi sotto gli ordini di Nicànore figlio di Parmenione, indi la milizia di Perdicca generato da Orronte, ap­presso quella di Geno di Polemocrate, poi quella di Cratero di Alessandro^ e poi quella di Aminta di Andromeno, e quella infine preseduta da Filippo di Aminta. Nel corno sinistro fu schierata la prima là cavalleria Tessala sotto Calante di Arpalo ; quindi li cavalieri confederati sottoposti a Filippo di Mene­lao , e quindi i Traci comandati da Agatone. Segui­tava dopo questi la milizia pedestre, quella di Cra- fcero, quella di Meleagro, e quella di Filippo fino al mezzo di tutta 1’ ordinanza.

17. Erano i Persiani ventimila a cavallo, e pòco men che altrettanto i forestieri mercenarj a p ied i. Gontrapponeansi questi al fiume colla cavalleria schie­rata in ordini lunghi su le rive e colla fanteria die­tro per essere i luoghi appresso le rive più alti: te- neano però più folte le squadre equestri ivi su Iti sponda, incontro della qualé (ed era alla sinistra lo­ro ) vedevano Alessandro, cospicuo per lo splendori delle armi, e per la pompa meravigliosa di quanti gli erano intorno. Tuttavia soprastette l’una e l’al­tra armata alcun tempo in su’ lidi apprendendo i de­stini futuri, e silenzio era altissimo infra loro. Il Persiano aspettava i Macedoni, se metteansi al tran­sito, onde assalirli nel riuscirne: Alessandro però saltando a cavallo e concitando quei, che gli erano intorno a seguirlo, e farla da valentuomini, coman­da che awiisi tra le acque Aminta di Arrabed co’ precursori a cavallo « co’ Peonj e co’fanti che ava?

va , ma vada innanzi loro Tolomtneo di Filippo còlle} truppe di Socrate, capisquadra per sorte in qnel gior-> no di tutta la cavalleria. Frattanto egli coll’ ala de­stra fra ’l suon delle trombe e i gridi che acclama-' vano a Marte, scende al transito, stendendo le mi­lizie, sempre oblique all’urto della corrente, perchè li Persiani non lo attaccassero di fronte nell’ uscire ; ma egli operasse quanto più potea con tutte su d i essi. Quand’ecco i Persiani dall’alto insorgono verso la parte per la quale Socrate ed Amiata venivano i primi a riva . £ chi lanciava dardi dal ciglio del lido su di essi nel fiume, e chi scendendo nel fiume dove il lido agevola vasi : ond’ eravi un contrasto di cav&* lieri, gli uni volendo terra, gli altri negandola. Lan-< ciavansi dardi a nembi da’Persiani; laddove i Macè­doni combatteano colle aste. M a, troppo inferiori di nqmero, furono nel primo assalto danneggiali i Ma­cedoni, resistendo mal fermi di luogo, e dal basso del fiume : quando il nemico, specialmente il forte della cavalleria Persiana si elevava, schierato, so per le spoude: ivi cimentavansi .i figli, e coi figli Memnone stesso. Attaccatisi co’Persiani furono da­vanti di essi trucidati i primi de’Macedoni, divenuti fortissimi, salvo quelli che si ripiegarono verso di Alessandro che avanzavasi. Imperocché già era Ales­sandro vicinissimo, col destro suo corno. Pertanto egli avventasi il primo tra’Persiani dove era il gros­so della cavalleria, e schierati li comandanti ebbevi attorno di lui pugna vivissima passando intanto le truppe Macedoni le une appresso le altre, nè difH- cilmente, il fiume. Era la battaglia a cavallo, e somigliava piuttosto ad una appiedi| Combatteano, stretti cavalli con cavalli, ed uomini con uomini, li Macedoni a respingere i Persiani dalle rive ed in­calzarli entro il campo: e li Persiani a precludere ai Macedoni la discesa dal fiume anzi nel fiume- a rivolgerli. Frattanto prevalsero i soldati di Alessan­dro per ben altro valore e perizia, e perchè usavan le aste e con manichi forbiti e di corniale incontro dei dardi. Or qui nel menarla, si smezza l’asta fid

22 L I B R O

P R I M O a lAlessandro, ed Alessandro ne chiede nn’altra da Are-1 te regio staffiere : ma rotta si era a lui pure pel vivo contendervi, ed usa vaia non ingloriosamente così di­mezzata ancora. Egli la presenta qual e ra , come si­gnificando al re che ne cercasse un’a ltra . Diedeglie- la allora Dibarato da Corinto 1’ uno degli amici che gli erano intorno. E presala, e visto Mitridate ge­nero di Dario, venuto molto ' innanzi degli altri a cavallo, quasi propugnacolo d’ essi; corre anch’ egli avanti degli a ltri, e feritolo coll’ asta nella faccia lo balza a terra . Quand’ ecco Rosàce sta su di Alessan­dro , e percotelo colla scure in sul capo. Ben ruppe egli parte della celata, ma non fu che di essa la ferita; laddove Alessandro atterra pur lui conficcan­dogli l’asta attraverso l’usbergo nel petto. Stende» già Spitridate a neh’ egli dietro di Alessandro la spa­da; ma Clito di Doride lo previene, e lo colpisce con ferro pari nell’omero, e spiccane il braccio.

18. Intanto passando di continuo il fiume, quanti potevano de’suoi cavalieri, sopravvenivano ad Ales­sandro. E li Persiani feriti d’ ogn’ intorno colle aste, essi e i cavalli, premuti insieme dalla cavalleria, e danneggiati più ancora da’soldati leggieri sparsi nel mezzo di essa, cominciano a piegare, primieramen­te , dove Alessandro avea già pericolato. Non sì to­sto il centro cedette, sono rotte di qua e di la pur le ale della cavalleria; talché pienissima ne fu la fuga. Perirono de’Persiani solamente mille a caval­lo; perchè non furono a lungo inseguiti, essendosi Alessandro rivolto contro de forestieri mercenarj. Teneansi questi fermi nel posto ove furono schierati in principio , piuttosto per istupore del caso impen­sato che per costanza di animo. Conducendovi però la falange e spedendo d’ogn’intorno la cavalleria perchè si gittasse nel mezzo di loro, tra poco li so­praffece, e tutti. Niuno ebbe scampo da noi, se non forse occultandosi tra’cadaveri; ma due mila ne fu­rono presi prigionieri. Perirono i capi stessi de’ Per­siani Nifate e Petine, Spitridate Satrapo della Li­dia, Mitrobaaane presidente de’ Cappadoci, Mitridate

il genero di Dario, Arbupale figlio di Dario d’Ar-* taserse, Farnace fratello della moglie di Dario, ect Ornare dace de’ forestieri. Arsite fuggì dalla batta» glia nella Frigia ma poi vi si uccise, coni’ è fama, di sua mano, sembrando egli causa della disfatta de’ Persiani. All’opposito morirono tra’Macedoni nel primo conflitto circa venticinque di que’degli amici» e furono ad essi erette delle statue, formate per or­dine di Alessandro da Lisippo, l’unico già scelto infra gli a ltr i, anche a fare un Alessandro: manca­rono dagli altri sessanta a cavallo, e trenta a pie­de . Nel prossimo giorno seppellì questi colle arme « e con gli altri onori, ina privilegiò li genitori, e figli loro con esenzioni da’ pesi locali, come da’ servigj per­sonali, e dai tributi per la possidenza. Prese cura grandissima de’feriti, andando a ciascuno egli stes­so , visitandone le ferite, chiedendo come le riceves­sero, e lasciando che dicessero e magnificassero la opere loro. Diede sepoltura ancora ai Duci Persia­ni ed a’Greci Mercenarj estinti nel combattere pe’ ne» mici . Ma quanti ne fece prigionieri, tanti ne mandò tra’ferri nella Macedonia, perchè Greci essendo ave- ano contro il voto comune de’Greci militato pe’bar­bari contro la Grecia. Trasmise trecento intere ar­mature ad Atene perchè ivi fossero un monumento nel tempio di Minerva colla iscrizione: ALESSAN­DRO DI FILIPPO, E LI GRECI SENZA I LA­CEDEMONI , LE AVEANO DAI BARBARI DELL’ASIA.

19. Mise Calante per Satrapo dove eralo Arsi­te : ed ordina ndo che dessero a lui li tributi che da­vano a Dario, concedette che tornassero alle case loro tutti i barbari, scesi dai monti , i quali si ar- rendeano. Liberò da ogni colpa i Zeliti perchè vio­lentati avevano risoluto di guerreggiare pe’barbari. Mandò Parmenione a pigliare Dascilio; e Parmenio- ne lo prende sgombro già da ogni guarnigione. Egli si avanza verso di Sardi (1), e quando ne fu lonta-

(1) Capitile della l idia > g ii regia di Creso e quindi città arcivescovile lon­tana 36 m iglia d* T iatira a tettcntrioqe, e 16 da Filadelfia a m ezzogiorno.

L I B R O

P R I M O o5ho settanta stadj gli vennero incontro Mitrene il ca­

rtellano, e li primarj tra’Sardiani. Questi diedero a lai la città, e Mitrene la fortezza co9danari. Ales­sandro porta il campo alle rive dell’Ermo, fiume di* scosto venti stacij da Sardi, e di là spedisce a Sar­di Aminta di Andromene affinchè ne ricevesse il ca­stello. Menò seco Mitrene, onorandolo: condiscese che li Sardiani e gli altri della Lidia vivessero col­le leggi antiche della Lidia; e li congedò liberi di se stessi. Poscia egli venne al castello presidiato già da’ Persiani, e fortissimo parvegli il luogo, come al­tissimo e dirotto, e ciato da triplice muro . Entra­togli nel pensiero di ergere ivi un tempio con aa altare a Giove Olimpio, ricercavane il sito piò acr concio, quando improvvisamente in bel tempo leva­ci un nembo e tuoni aspri, e pioggia rovesciasi dal cielo ov’ era la reggia de’ L idj. Or qaeBto parve ad Alessandro il luogo significato divinamente per al- aarvi il tempio di Giove, e qui comandò che si al- gasse. Lasciò la cura della fortezza Sardiana a Pau- sania l’uno de’compagni, ma quella di raccogliere gabelle e tributi a N icia, e quella della Lidia e dell’altra Signoria di Spitridate ad Asandro figlio di Filota, dandogli cavalleria e soldati leggieri > quanto parvegli bisognarne allo stato presente. Man­da poi Galante, ed Alessandro di Aeropo nella pro­vincia di Mennone con que’del Peloponneso e col più degli altri alleati, toltone gli Argivi, i quali furo­no lasciati alla guardia di Sardi.

20. Frattanto divulgatisi i casi della battaglia e- questre, i soldati mercenarj custodi di Efeso, prese due triremi Efesine, fuggirono, e con essi Aminta di Antioco il quale aveva già lasciato la Macedonia per lasciarvi Alessandro, e per contraggenio da lui: non perchè avuti avesse da lui dispiaceri; ma per­chè sdegnava che aver mai ne potesse. Venuto Ales­sandro in quattro giorni ad Efeso, richiamavi gli eéuli, uscitine già per pubblico bando, e toltovi il comando de’pochi, vi pon quello del popolo; ed in* lima che a Diana presentisi quanto ai barbari si trii

&S L I B R OLutava 1 Rilevato il popolo appena dal terrore de* p©J chi surse per uccidere que’ che avevano chiamato Meninone in Efeso, quei che ci avevaao saccheggia­to il tempio di Diana , e nel tempio prostrata l a •tatua di Filippo, o distrutta nel foro la tomba d i Eropito liberatore un tempo della città. Cavarono dal luogo santo e lapidarono Sirface e Felagante suo figlio come i figli dei fratelli di Sirface. Quando A - lessandro vietò che più oltre s’inquisisse e penasse ; vedendo che il popolo lasciato a se stesso, uccidereb­be non che i colpevoli, altri ancor senza colpa, per nimicizia, o ruberia. Così Alessandro se commendasi per altre, commendasi principalmente per l ’opere d’allora in Efeso.

21. Intanto vennero legati de’Maguesj e de’Trallj' affin di sommettere ad Alessandro le loro città: ed Alessandro mandavi Parmenione con due mila cin­quecento pedoni esteri, ed altrettanti Macedoni e dugento ausiliarj a cavallo . Spedisce con forze non miaori Alcimalo di Agatocle, perchè vi soprastasse, alle città Eolie e Ioniche tenute ancora da’ barbari j con ordine di abbattere dovunque il comando de’po­chi, restituirvi quello del popolo, e le leggi proprio di ciascuno, e levarvi il tributo che a’barbari si pagava. Egli rimastosi in Efeso appresta e manda a Diana un sagrifìzio in pompa eoo tutto l’esercito, schierato in arme, come per le battaglie. Nel dì se­guente prende il resto de’ fanti, gli arcieri, gli A- griani, la cavalleria Trace, la coorte regia de’corn- pagni, e tre altre, e marcia contro Mileto. Giuntovi occupa la città chiamata esteriorederelitta già dal­le milizie, e vi si accampa, e delibera controvalla­re la città interiore . Egesistrato al quale erano fi­dato il comando, avea già scritto ad Alessandro di renderla. Rianimato però per essergli non molto di­scosto un esercito di Dario; avea deliberato difen­dergliela. Ma Nicànore duce della flotta Greca pre­venne i Persiani; e tre giorni avanti che questi si accostassero a Mileto, giunse ed entra con cento •«ssanta navi nel porto dell isola di Ladea la qual

P R I M O 97giace presso a Mileto. Saputo l’ingresso di Nicàno­re in Lade, i capitani delle navi Persiane troppo lenti nel giungere, si tennero appiè del monte Mi- cale. Imperocché Alessandro non solo avea preoccu­pato Lade colla flotta, ma ci avea pur trasportato quattro mila fra Traci ed altri forestieri; per esse-, re le navi de’barbari presso a quattrocento. Parme- nione istigava Alessandro a battaglia navale sì per­chè speravane vincitori i greci, e sì perchè divini segni così gli dettavano; essendosi veduta da pop­pa delle navi di Alessandro un’ aquila riposare in •ni lido: altronde grandissimo ne sarebbe 1’ utile in tu tto fi resto se la vinceano, ma non grande il di­scapito se la perdeano; giacché resterebbero i Per­siani , com’ erano, i padroni del mare : dicea voler salire egli stesso in su le navi e partecipare ai peri­coli . Risposegli Alessandro però che egli errava nel suo consiglio, e nella interpetrazione non verisimile del segno celeste. Combatterebbero senza ninna ra­gione con poche navi contro le tanto più numerose, essi inesperti di mare contra la flotta espertissima de’ Fenicj, e de’Cipriotti : lui non voler contrapporre la perizia e l’ardir Macedonico ai barbari e su luo­go non stabile ; imperocché Tesser vinti in quell’ a- gione marittima non popo pregiudicherebbe alia fa­ma posseduta da loro nelle armi; specialmente che i Greci elevati dalla notizia della disfatta impren­derebbero delle innovazioni. Su tali riflessi disse che sarebbe fuor di tempo quel conflitto navale: ch'egli sponea così l’augurio: vale a dire che l’aquila ri- ferivasi a lui Veramente; ma parergli che quando mostravasi posata in sul lido, avea significato piut­tosto che esso da terra impadronirebbeei della flotta de’ Persiani.

22. In questo mentre Glancippo, gravissimo uo­mo in* Mileto, spedito ad Alessandro dal popolo e da’forestieri mercenari a’quali era principalmente affidata quella città, disse che vorrebbono i Milesj te­nere aperte le mura e li porti ad Alessandro ed al Persiano. Ed Alessandro intimagli che torni di volo

s8 L I B R O» Mileto, e v’annunzj che si apparècchiao per l’a l ­ba a combattere. Egli applicatevi le macchine, e q u a rovesciato in breve un tratto di mura, là squarcia­tone più ancora, condace 1’ esercito perchè vi sor­passi dove erano spianate o rotte; standosi intanto i Persiani a Micale, e per poco non vedendo 1’ as ­sedio de’ compagni ed amici loro. Nicànore osserva­ti da Lade gli assalti di Alessandro naviga remi­gando lido lido, fino al porto Milesio , e collocato dove l’imboccatura di questo era più angusta, le sue triremi assai prossime, colle prore verso del m are, impediva il porto alla fiotta de’ Persiani , ed il soccorso di essi a Mileto. Allora e cittadini e sol­dati mercenar), venendo d’ogn’intorno i Macedoni su loro, chi si mise in mare, su gli scudi supini, e si condusse ad un’ isola ivi prossima e senza nome , e chi salì su picciole barche per fuggire in mezzo alle galee Macedoniche e ne fu preso nelle fauci dei porto : il gran numero però nella città soccombette . Presa già questa, Alessandro naviga egli stesso con­tro i refugiati nell’ Isola facendo portare delle scale in su le prore delle triremi onde ascendere dalle navi su le rive scoscese come su le mura. Come pe­rò videveli risoluti di cimentarsi, ne impietosì, pa­rendogli £di e generosi: e diè pace ad essi con pat­to che per lui militassero. Erano que’mercenarj tre­cento e di Grecia . Rilasciò per altro e concedè che liberi fossero i Milesii non periti nella espugnazion della patria . Moveasi di giorno la flotta Persiana da Micale incontro la Greca, sperando di tirarla a combattere; e nella notte a Micale si riconduceva, stazione non bnona, perchè aveansi a cercare Tacque dalle bocche indi lontane del fiume Meandro. Guar^ dava Alessandro colle navi il porto di Mileto sicché i barbari non ne forzasser la entrata; nel tempo stesso però spedendo a Micale Filota con cavalleria e tre schiere di fanti comanda che impediscavi la discesa di essi . Così li Persiani mancando di acque e di ogni altra cosa, fuorichè non erano assediati selle barche, navigavano verso di Samo? donde tor-

P R I M O 29naudo pieni di viveri incontra di Mileto, schiera- cono sa l’alto mare il più delle navi innanzi del porto, e di là sfidavano i Macedoni ad uscire. Cin­que di esse navi correano intanto ad un porto in­termedio alla flotta e all’altra isola, su la speranza di sorprendere vuote le barche di Alessandro, lm-. perocché sentito aveano che le milizie marittime se n’erano sbandate, a gran distanza, chi per far le­gna , e pe’trasporti de’viveri, e chi dato a preda­re ; e certamente una parte di esse era lontana. Ve­dute venire le cinque barche, Alessandro ne empie dieci delle sue co’soldati, che avea pronti, e le spe­disce in gran fretta con ordine che investano quel' le portando prora contro prora. Allora que’ delle cinque navi mirando fuori della espettazione, che i Macedoni andavano ansi verso di loro, diedero vol­ta , e corsero a raggiungere il resto della flotta Per­siana . La nave de’Jassei, come non ispeditasi al cor­rere. fu presa fuggendo insieme con gli uomini; le altre quattro a tempo vi si ripararono. Così parti­rono da Mileto i Persiani senz’avervi nulla operato.

23. Allora Alessandro deliberò di sciogliere la ma flotta sì pel disagio de’danari, e sì perchè non vedeala pari alla Persiana, nè voleva arrischiare nemmeno in parte l’esercito suo. Vedeva altronde come tenendo esso 1' Asia colle truppe di terra non abbisognava delle navali: e come pigliate a’Persia­ni le città di riviera dismetterebbero ancor essi la flotta; giacché non avrebbero più nè dove fornirla di nuovi remiganti, nè dove in Asia accostarla: e qui riandava in cor suo come l’aquila aveagli signi­ficato, che da terra vincerebbe le navi. Fatto ciò marciò verso la Caria, sentendosi che erasi congre­gata in Alicarnasso (1) non poca soldatesca barbara e forestiera. Pigliate, cammin facendo, tutte le città fra Mileto ed Alicarnasso, pose il campo a cinque ttadj da Alicarnasso come per l’ assedio diuturno di

f i) C ittì m arittim a, on tempo reg ia . e poi vescovile; ed or» ridotta ad nn piccolo villaggio. E rimata nel seno Ceramico » cosi detto dalla c itt ì di Ce­rarne i o n golfi di S. Pietro.

3o L I B R Dquesta. Imperocché la natura del sito la rende pei* se forte, e dove parea mal sicura, aveaci acconcia? molto innanzi ogni cosa Memnone stesso ivi presen­te , come dichiarato da Dario capo dell5 Asia infe­riore e di tutte le forze navali. Gomprendea la cit­tà molti forestieri di soldo, e molti Persiani , e sta­vano in porto delle triremi perchè grandissima sa­rebbe la utilità de’marina) nelle operazioni. Avvi* cinatosi il primo giorno Alessandro alle mura verso la porta la quale conduce a Milassa, fecesi dalla città una sortita, e colla sortita un leggiero attac­co . Non difficilmente però le milizie di Alessandro corse all’ incontro arrestarono e respinsero in cictà la tempesta. Non molti giorni appresso il monarca pigliati li soldati cinti di scudo, pigliata la caval­leria de9 regi amici, la fanteria di Aminta, di Per­dicca, di Meleagro, e di più gli Agriani e gli ar­cieri, girò d’intorno la città nella parte verso di Mindo osservando se fossero di quivi le mura più fa­cili da espugnarle, e se poteasi con subita scorreria sorprendere Mindo stesso. Certamente l’ aver Min­do, non poco lo avrebbe giovato nel Tassodio di Ali- carnasso; e già data gli era dalle offerte di alquan­ti Mindesi purché di notte ed occulto vi andasse. Egli dunque ne andò secondo il concerto di mezza notte fin presso alle mura : ma poiché quei d’ entro non gli davano cosa niuna, nè egli tenea seco mac­chine o scale, venuto a prendere la città per tradi­mento e non per assalto ; approssimò più ancora le milizie Macedoni con ordine che scavasser le mura. Abbatterono quelle una torre, nè la torre cadendo sguarnì subito il muro. Ma facendo resistenza fortis­sima i Mindesi, e molti, venuti già per mare in soc­corso da Alicarnas80, impedirono che Alessandro pi­gliasse Mindo su l’istante, e di assalto. Così torna­to senza il frutto pel quale era corso, attese di nuo­vo all'assedio di Alicarnasso. E su le prime per fa­cilitare il transito delle macchine colle quali pensa­va di batter le mura, e delle altre con le quali si dovcano tirar dardi su i difensori di esse, diedesia

P R I M O i rriempire la fossi scavata da essi innanzi della città, larga al più trenta cubiti, ed alta quindici. Non fa dimoile a riempirsi la fossa, e già le torri eransi mosse innanzi. Sboccarono que’di Alicarnasso tra la notte per ardere queste come le altre macchine già ridotte a'suoi luoghi, o non lontane da essi: ma li Macedoni che ne erano in guardia, e gli altri che svegliati su l’atto accorsero per l’ajuto, li risospin­sero senza difficoltà tra le mura. Alcuni però d’essi in numero di cento settanta vi soccomberono con Neotto- lemo di Arrabeo, fratello di Aminta, e già rifugiatosi con altri presso di Dario. In opposito ne furono ad Alessandro spenti sedici, e feriti trecento, non essen­dosi quanto altre volte, guardati dai colpi, per esse- re la irruzione di notte.

24. Dopo non molti giorni due Macedoni, sol­dati grevi di Perdicca, alloggiando e bevendo ingio­ine magnificavano con parole, ciascuno, se stesso e le sue gesta ; finché venuti, già caldi dal vino, a contendere di gloria infra Loro, corsero, di proprio volere, armati al muro nella sommità la quale guar­da specialmente Milassa, piuttosto per dimostrarvi ognuno la sua fortezza, che per eccitarvi battaglia pericolosa a’ nemici. Alcuni della città vedendoli co­me cran due, e come ne venivano temerarj alle mu­r a , uscirono contro di essi. Ma li due qua uccidono, e là saettano, secondo che altri è vicino olontanoj non ostante lo svantaggio del sito e del numero, sboccando, e dardeggiando li nemici dall’ alto. In­tanto soprarrivano altri dall’ esercito di Perdicca, ed altri da Alicarnasso; e fassene battaglia grandissima presso le mura. Ma poi gli usciti dalle porte vi fu­rono ricacciati addentro da’Macedoni. Anzi poco mancò che si prendesse pur la città; imperocché non facendosi allora guardia diligente alle mura, ed es­sendo state abbattute due torri ed il tratto di mura infra queste; non era malagevole passarle s« l’ eser­cito intero vi si accingeva ; tanto più che la terza torre,intronata già, potea pur essa, scavandovi ne’fon- damenti, gettarsi a terra, e senza ritardo . Riediti-

32 L I B R Ocarono quei d’entro in luogo del cadalo, altro ma* ro, di mattoni e curvo in forma di luna, direi sen­za travaglio per la copia de9 lavoranti. Or a questo muro accostò sì le macchine Alessandro; ma nel gior­no seguente fecesi nuova sortita per incendiarle ; ed incendiossene, parte di graticcio prossima al muro, e parte di una torre di legno. 11 resto era preservato da l'ilota e da Ellanico incaricati della cura di esse. Come però tra la escursione videro i Persiani Ales­sandro, gettando quanti le portavano le faci, e mol­t i anche le armi, rifuggirono dentro le mura. Ebbe­ro quivi nel primo tempo la meglio per la condizio­ne del luogo elevato tirando dardi non solo di fronte su le macchine ; ma di fianco, dblle torri sopravanzate al muro abbattuto, e per poco non da tergo ancora contro quanti si avanzavano al novo muro. Portò dopo non molti giorni Alessandro un’altra volta le macchine incontro al muro interiore di mattoni, co­mandandovi egli stesso *, ed un’ altra 'volta accorse il popolo fuori della c ittà , chi verso< il muro spianato dov’era Alessandro medesimo a combattere, e chi verso le tre porte dove i Macedoni non aspettavano affatto niente di simile ; e molti lanciarono su le mac­chine e fiaccole e cose altrettali da por fuoco, e su­scitar degl’ incendj. Ma riagendo pur quei di Ales­sandro validissimamente in contrario gli astrinsero non difficilmente pe’gran sassi avventati colle macchi­ne dalle to rri, e pel nembo dei dardi a volger le spalle, e ricorrere nella città. Fecesi qui allora stra­ge tanto men piccola, quanto erane venuta fuora più gente e con audacia più grande: e chi morì fattosi alle mani co’Macedoni, e chi presso al muro fracas­sato, pel transito angusto a tanta moltitudine, e pe’ rottami, incomodi a trascendervi. Si oppose a quelli usciti per le tre porte Tolommeo, regia guar­dia del corpo, il quale comandava le truppe di Ad- deo, e di Timandro come pure de*soldati leggieri, ed anch’ egli non diffìcilmente fe ripiegar gl’ inimici. Accadde a questi di più nella ritirata che, fuggendo pel ponte angusto posto sopra la fossa, il ponte si

P R I M O 33conqaassasse per la m oltitudine: ond’ è che precipi­tandone assai nella fossa chi fini schiacciato da’suoi, e chi saettato d i sopra da’ M acedoni. Ma la strage più grande occorse in su le porte medesime; perchè aerrate innanzi tempo per timore che vi penetrasse i l Macedone mescolato con chi fuggiva, tolsero di r ien tra re A m olti com pagn i, trucidati poi misera­m ente da’ nemici avanti le m ura . E poco sarebbe m ancato a prendere fino la c ittà se Alessandro non richiam ava le t ro p p e , voglioso ancora di sa lva r la , a d un segno che desse di a rre n d e rs i . Morirono mil­le dell’ a rm ata di Alicarnasso e quaran ta incirca di q ue i d ’ Alessandro, e t ra questi Tolommeo ( 1) , guar­d ia del co rp o , Glcarco duce degli a rc ie r i , e Abdeo capo d i m il le ; ed a ltr i non ignobili t ra ’M acedoni.

25. Riunitisi a llora Memnoue ed Orontobàto capi de’ Persiani e conoscendo dallo stato delle co­se d i non poter continuare molto a luogo l’assedio; anz i vedendo le mura parte rovinate e parte rovino* se ; e molti so ldati, morti nelle so rt i te , o sconci per le fe r i te , a com battere; considerato tu t to , appicca­rono fuoco verso la seconda vigilia della notte a lla to rre di legno fabbricata da essi incontra le mac­chine de’ nem ici, come pur lo appiccarono a i porti­c i , serbatoj delle a rm e , ed alle case prossime alle m u ra . Avvolgevansi alle fiamme delle case pur le fiamme che vi si slanciavan copiose d a lla torre^ e d a ’ portici pel vento stesso che ve le p o r ta v a . Allo­r a qual d i loro si ritirò nella rocca dell’ isola, e

quale in Salm acida, un forte così nom ina to . Ales­sandro avuto l’ avviso per a lquan ti fuggiti dal fatto m edesim o, e vedendo di per se l ’ incendio g rav e , spedì quantunque di mezza notte entro la c ittà le sue truppe con ordine d i uccidere quelli che incen­diavano anco ra , ma di risparm iare quan ti teneansi

A riuano . 3

(i) Questo Tolomme? qui senza agg iun ti, non è Tolommeo di S d c u ro , il quale mori nella battaglia presso del fiume Is»o, come si legge nel S. n . del libro seguente: nemmeno è quel Tolommeo che scrisse la storia di Alessandro, rd il quale poscia fu re . Di lui si parla manifestamente nel $. i j . del libra che segae> nel t . j j . del libro IV , e altrove.

34 L I B R Onelle Ior case . Fattasi 1’ alba , e vedute le forte** ze prese da* Persiani, e da’ Mercenarj ricusò di asse­diarle pensando che avrebbe a starvi non picciolo tempo intorno per la condizione de9luoghi, e che poco rileverebbero per lui quando egli ne distrug­gesse la- città . Pertanto data sepoltura ai soldati mor­ti in quella notte, e dato ordine ai coininissarj del­le macchine di trasportarle inverso dei TralU, fa spianare Alicarnasso: e posto Toloa»,meo eoa tremi­la pedoni forestieri e dugento^cavalieri in guardia di questo tratto come del resto della Caria, egli va nella Frigia. Stabilì per altro che Ad* figlia di Eca- tomnoj e moglie d’ Idrieo s’avesse il Satrapato di tutta la Garin. Aveva Idrieo, quantunque fratello, presa Ada per isposa consentaneamente alle leggi de’ Cari , ed aveala morendo lasciata arbitra degli affari, potendo in Asia regnare pur le donne per ie costituzioni di Semiramide : ma Pessòdaro aveanela cacciata arrogandosi egli il comando ; e di quei dì presedeva alla Caria, speditovi dal sovrano, Oron- tobate genero di esso. Ada riteaea solamente Alio- da l’ una delle città munitissime della Caria; e quest’Alinda offerse ad Alessandro, visitandolo ed affigliandoselo nel primo giugner di lui su la Caria. Ed Alessandro rimise a lei la cura di Alinda , non sdegnandone il nome di figli»; e quando ebbe di­sfatto Alicarnasso, e preso il resto della C&ria, die- dela tutta ad Ada perchè vi dominasse (1).

26. Aveaci nell’esercito Macedone non pochi, ammogliatisi di fresco innanzi la spedizione: ora parve ad Alessandro, che non fosse da non conside­rarsi lo stato di questi, e li rimandò dalla Caria, a passare il verno con le donne loro nella Macedonia, fattine comandanti Tolommeo di Seleuco, l ’uno delle regie guardie del corpo , e Ceno figlio di Polemo- crate, e Meleagro di Neottolemo , capitani già per grado, ma sposi novelli anch’essi; ed incaricatili inoltre che quando sarebbono per tornare e «me­

l i) Sa di Ad* vedi i supplementi di Freinsemio 1 Quinto Curzio lib. 2. pag.3J. e }6. secondo la nostra versione.

P R I M O 35narne i compagni spediti con loro vi reclutassero il più che poteano di fanti, e di cavalieri. Guadagnò questo fatto, quanto altro mai,la benevolenza de'Ma­cedoni ad Alessandro. Egli spedì pure Gleandro di Polemocrate a raccogliere milizie nel Peloponneso. Invia trattanto in Sardi Parmenione, creatolo capo de’cavalieri amici» e comanda che da Sardi vada nella Frigia con la cavalleria Tessala ed altra pure degli alleati, e con i carriaggi ; ed egli vassene nel­la Licia e nella Panfilia per occupare le spiagge ma­rittime onde rendere la fiotta inutile a’ nemici. £ sa le prime, cammin facendo, piglia col giungerle so­p ra , Jparna luogo premunito di esteri ìnercenarj; e questi ne uscirono, capitolando, dalla furtezza. Po­scia entrando nella Licia guadagna per trattato i Telmissesi : indi passando il fiume Zanto riceve per dedizione Pinara, e la città di Zanto, e Patara con trent’ altri luoghi minori. Fatto ciò s’inoltra nel cuor del verno a Miliada, regione così chiamata della Frigia maggiore, ma subordinata allora dal gran Dario a pagare i tributi nella Licia. Qui ven­nero da'Faseliti ad Alessandro oratori per chieder­ne pace, e per coronarlo con aureo diadema: e mol­ti pur vennero, deputati dalla Licia inferiore per trattare di accordi; ed Alessandro comanda ai Fa* seliti ed ai Licj che dieno le città alle persone ch’e­gli vi spedirebbe; e le città si diedero tutte. Poco dopo andato nella Faselide espugna con essi un ca­stello, fabbricatovi dai Pisidj. Uscivano da questo i barbari, e molto ne danneggiavano i Faseliti,i qua­li aveano lavorate le terre. Trovandosi lui ancor» nella Faselide lo avvisano ch’egli era insidiato da Alessandro figlio di Aeropo, altronde suo familia­re , e capo della cavalleria de’ Tessali. Era questo Alessandro fratello d’Eromene, e di Arrabeo com­partecipi nel tramare la morte di Filippo : ed il mo­narca avealo già lasciato stare quantunque colpevo­le , perchè succeduta appena quella morte, era ve­nuto a lui con gli altri amiei primarj, e cinto di lorica, lo avea scortato alla reggia: poi lo tenne

36 L I B R Otra’suoi onorandolo, e mandandolo duce delle utili* eie nella Tracia: finché lo fe comandante della c»*- valleria Tessala, quando dal comando pur di ess4 fu mandato Galante nel Satrapato. £ così racconta­si di quelle insidie.

2.J. Poiché Dario nel rifugiarsi di A minta pres­to di lui ricevè da questo Alessandro lettere e prò-

?etti, mandò su la regione marittima Asisine, uà ersiaqo fido tra gli altri suoi. Mandatalo apparen­

temente ad Atizio satrapo delia Frig ia, ma per ab­boccarsi in realtà con questo Alessandro, e promet­tere che se gli uccideva Alessandro di Filippo, por­rebbe lui re della Macedonia, e darebbegli ancora mille talenti di oro. E così Asisine preso da Par- menione rispondea su le cause del suo venire. Par- menione spedì ben tosto Asisine in ferri ad Alessan­dro ; ed Alessandro ne udì le risposte medesime. Adunati gli amici propose ciocché fosse da fare (lì un tale Alessandro. Parve a questi che non avesseil re fatto beae a commettere cavalleria sì pode­rosa ad un uomo non fido, e che ora dovea senza dimora espedirsi da lui prima che si proporzionasse più ancora, a far movimento coi Tessali. Spaventa- vali inoltre un prestigio celeste. Imperocché prose­guendo ancora l’assedio di Alicarnasso , e dormen­do Alessandro di mezzo giorno; una rondine volata­gli sul capo vi stridè grandemente e poi si rigirò qua e là sul letto cantandovi irrequietissima fuori dell' uso . Preso dalla stanchezza mal poteva Ales­sandro riaversi dal sonno: vinto però dalla molestia della voce scacciò, ma non gravemente, con la mano la rondine: e la rondine battuta, tanto fu a- liena dall’andarsene, che gl’insistè sul capo, nè par- tissene prima che egli si fosse in tutto riscosso. Non prese Alessandro in non cale l’ augurio della rondi­ne ; ma lo comunicò con Aristandro , l’indovino suo Telmissese: e quell’indovino rispose che significava le insidie fatte a lui da un degli amici, e che si­gnificava insieme che si scoprirebbono : essere la ron­dine un uccello nadrito fra gli uomini, degli uomi-

P R I M O 3 7ni amico, e garrulo più che ogni altro. Il monarca paragonati i detti dell'indovino con quei del Per­miano, spedisce a Parmenione, Amfotèro figlio di Alessandro e fratello di Gratero, e con esso alcuni Pergesi per guide nel viaggio. Amfotèro vestitosi alia paesana secondo quei luoghi affinché non fosse conosciuto tra via giunse di nascosto a Parmenione. Non portava egli lettere ; non essendo piaciuto ad Alessandro scriverne su cose tali; ma disse a voce le commissioni. Così questo Alessandro fu preso 9 messo in carcere.

28. Levandosi poscia il monarca dalla Faselide •pedi parte delle milizie a Perge pe’ monti su di una via, battuta innanzi dai Traci, ardua sì, ma non lunga; ed egli v’ andò presso del mare so per le spiagge. Non viaggiasi per queste se non quando «pirauo i venti di Settentrione ; perchè se quelli pre­dominano di mezzo giorno si rende impossibile il camminarvi. Ma levatisi allora in luogo degli austra­li fortissimi, i venti boreali non senza favore divino secondo Alessandro , e li suoi , ne diedero pronto il transito e facile. Avanzandosi lui di là da Perge gli si fecero t r a ’l viaggio incontro gli ambasciadori ple­nipotenziari degli Aspeudj,i quali rendevano la lo­ro città; ma supplicavano che non introducessevi guarnigione. Furono compiaciuti su questa; ma co­mandati insieme, di dare cinquanta talenti per sòl­do dell’esercito, e quanti cavalli alimentavano per tributo di Dario; ed essi concordatisi-che darebbo- no questi non che l’argento , partirono. Dopo ciò Alessandro viensene a Side: discendono i Siditi da Coma della Eolia ; e narravano di se questa vicen­da: vuol dire, che quando partirono i primi da Co­ma per quei luoghi, e vi scesero per abitarli, di­menticarono improvvisamente la greca lingua, pro­rompendo in barbare voci, originarie loro , non usa* te prima nè proprie de’barbari intorno. Divennero da quell’ epoca i Siditi un barbaro popolo ; non pe­rò su la forma dei confinanti. Alessandro, lasciato un presidio in Side ? si avanzò verso Sillio , luogo

38 L I B R Oforte, guardato da forestieri mercenarj e da altri d i que*luoghi: non potè però pigliare anche Sillio col giungervi repentino. Poi gli è detto tra via che quei d’Aspendio non voleano adempier niuno de* patti , nè consegnare i cavalli, nè contare l’ argento: anzi che, ridotta ogni cosa dalle campagne in città, ne chiu'Jeano ai commissarj le porte, e ne ristoravano, dov’ erano fiacche, le mura . Udito ciò ripiegasi ver­so di Aspendio. E fondata Aspendio in gran parte su di un’ altnra straripevole e forte, scorrendovi ap­piè le acque dell’Eurimedonte : pe’declivj però di essa altura eranvi non poche abitazioni, ricinte solo da un muro non grande. Come seppero che Ales­sandro avanzavasi, abbandonarono questo muro e queste abitazioni quanti vi si rinchiudevano, convin­ti che non si potean difendere, e si concentrarono dove la città più sorgea. Giunto Alessandro colle milizie entra il muro derelitto ; e si accampano per le case disabitate dagli Aspendiani. Quando questi videro venuto il monarca fuori della speranza, e la soldatesca per tutto intorno di loro, inviarono ora­tori per supplicarlo che si concordasse co’ patti di prima. Ed egli osservando il luogo assai forte, nè tenendosi apparecchiato pe’ lunghi assedj, capitolò con essi, non però puntualmente come dianzi; per­ciocché volle che gli dessero ostaggi i primarj infra loro, che gli dessero i cavalli prescritti l’altra vol­ta , e non più cinquanta ma cento talenti: che ub­bidissero al Satrapo che egli nominerebbe: e pagas­sero ai Macedoni, non ad altri i tributi che solea- no: e discutesser ne’ tribunali l’accusa di ritenersi a forza le terre de’ confinanti. Concederono questi ogni cosa ; ed Alessandro p a r tì .

29. Giunto a Perge, marciò verso la Frigia. Egli dovea passare per Telmisso. I cittadini di questa erano barbari, Pisidiani di origine: altissimo è il luogo dove abitano, e precipitoso per ogn’ intorno, e durissima la via che vi conduce: perchè la mon­tagna cala dalla città fin sopra la strada ; anzi nel­la strada finisce ; e sorgete dirimpetto un’ altra mon-

P R I M O 39fogna non meno dirupata. Ond’è che queste monMi gne sorgono come una porta sopra la strada : e chi tien queste può con poca milizia renderne insupera­bile il passo. Ora accorsi qui appunto tutti i Tel- missesi le presidiavano entrambe. Alessandro, osser­vato ciò, comandò li Macedoni che ponessero ivi il campo come poteano. Imperocché divisava che i Tel- missesi non si starebbero tutti in que’ luoghi quando vedessero lui fra le tende, e che li più tornerebbero nella città, la qnale era vicinissima, -lasciato nn cor­po di guardia in su’ monti. Ora appunto addivenne com’esso immaginava. Il popolo se ne ritirò, non rimanendovi che un corpo di guardia. Allora egli presi gli arcieri, i lanciatori, e tutti i soldati più espediti, menali ad affrontarli. Non si tennero que­sti al nembo delle percosse, ma lasciarono il posto. Ed egli passò lo stretto, e si accampò dinanzi di Tel- misso. Qui gli giunsero ambasciadori da’ Selgesi an- ch’essi Pisidiani, barbari, bellicosi, domiciliati in grande città: gli aveano mandati a lui per ottenerne l’amicizia, perché erano antichi nemici d’afme co’Tel- mis8esi. Alessandro si confederò con essi; e da quel- l’epoca li ebbe sempre in tutto fedeli : vedendo però che non potea prendere Telmisso in tempo breve an- dossene in Salagasso: città pur essa non picciola, e di Pisidiani, ma tra i bravi in arme bravissimi lo aspettavano questi sul colle dinanzi la città preoccu­pato da loro, perchè forte da resistervi nommen che le mura. Per 1’ opposi co Alessandro schiera così le sue truppe. Colloca quelle con gli scudi nel corno destro ove presedeva egli stesso; affilando prossime verso la sinistra quelle de’ fanti ausiliari tutte sottoil comando de’capitani a’quali toccava comandarle in quel giorno. Mise a reggere l’ala sinistra A minta di Arrabeo: alla dritta di quest’ala stavano innanzi tutti gli arcieri, e gli Agriani, ma nella parte op­posta di essa stavansi i lanciatori Traci guidati da Sitalce; non potendo la cavalleria dar utile alcuno in quel disagio di luoghi. Per 1* opposito anche i Tei­na issesi corsi in ajqto combattevano con que' Pisidìa-

/j.o li I B R On i . Già le milizie di Alessandro avanzatesi alla par* te del monte tenuta da’Pisidiani trovavansi nei luo - go più precipitoso ad ascendervi: quando levatisi dati­le insidie piombarono su l’una e 1’ altr’ ala i barba* ri dov’ era ad essi più facile e più disastroso a’ nem i­ci il procedere. Aveano già fugato gli arcieri com e i primi a salire ed i meno coperti di arme : e gli A - griani teneansi immobili ancora; perchè già seguiva prossima ad essi la falange de' Macedoni e già dinan­zi della falange Alessandro stesso vedevasi. Ma quan­do poi si venne a corpo a corpo e li barbari si sca­gliavano nudi su i nostri eh’erano tutto arme, n ne cadeano feriti per ogni parte; allora si pigliaron la fuga. Pur non morirono di loro se non cinquecento; perchè leggieri, e periti de’ luoghi, non difficilmente si dileguavano. Laddove i Macedoni e per la grò» vezza delle armi e per la ignoranza delle vie non era­no troppo arditi nel perseguitarli. Alessandro - però tenendosi dietro a quelli che vi fuggivano ne pigliò la città colla forza. Perì de’suoi Cleandro il condot­tiero, e circa altri venti.

3o. Quindi egli ne andò contra gli altri Pisidiani, e qual prese de'loro castelli colle armi, e quale per accordi. Di là viene in Frigia presso la palude chia­mata Ascania. Generasi in questa palude natural­mente il sale, e di esso valgonsi i paesani, niente in ciò bisognosi del mare. Giunge nel quinto giorno a Gelene. Sorgea quivi una fortezza d’ ogn' intorno precipitosa; e stavanci a guardia pel satrapo della Frigia, mille Garj, e cento Greci mercenarj. Or questi deputarono ad Alessandro dichiarandogli che se non giungla loro il soccorso pel giorno ad essi destinato (e diceano qual era questo giorno) rende­rebbero la fortezza. Parve ad Alessandro più utile questo partito, che quello di assediare una rocca, arduissima da ogni lato; e lasciò finalmente in Gele­ne mille cinquecento di guardia. Tenutovisi dieci giorni e nominatovi Satrapo della Frigia Antigono di Filippo, e sostituito a lui Balacro di Aminta per capo de’ soldati ausiliarj; marciò verso Gordio; e

P R I M O 41•eróse a Parmenione che gli venisse ivi incontro col­le sue milizie ; e colle sue milizie vennevi Parmenio- ae. Eque’sposi novi rimandati nella Macedonia ven­nero a Gordio pur eglino, e con essi anche la mili­zia raccolta di fresco condottagli da Tolommeo di Se­lenco, da Ceno di Polemocrate, da Meleagro di Neottolemo, e numerosa di mille Macedoni a piedi e trecento a cavallo: vi erano insieme dugento ca­valieri Tessali e cento cinquanta Eliesi comandati da Elcia pure Eliese. Gordio è città della Frigia adjacente all’ Ellesponto ; e giace in riva del Sanga­rio . E di questo fiume scaturiscono le acque nella Frigia ma poi correndo infra i Traci delja Bitinia «boccano nell’ Eusino. A questa città vennero amba- sciadori da Atene per chiedere ad Alessandro che ri­concedesse a lei gli Ateniesi i quali militando co’ Per­miani caddero prigionieri di lui presso al Granico ; e .tenednsi allora in ferri nella Macedonia con altri due mila. Nondimeno partirono senza frutto dell’opera; parendo ad Alessandro cosa malsicura, durante la guerra Persiana, diminuire , comunque il terrore di tutti i Greci i quali non aveano sdegnato di guer­reggiare pe’ barbari contro la Grecia medesima . Sog­giunse però che gli rispedissero ambasciadori per es­si, quaado egli avesse portati a buon fine gli affari presenti.

Fine del Libro Prim o.

L E S T O R I !

D I A R R I A N O

SU LA SPEDIZIONE D I ALESSANDRO

LIBRO SECONDO

l. J L fa che Meninone fu creato oapo delle flotte « di tutta la spiaggia dal re Dario, egli su la idea di ripiegare la guerra nella Macedonia e nella Grecia prese l’ Isola di Scio datagli per tradimento. Di là navigando verso di Lesbo siccome quei di Mitilene ( i) non gli aderivano; ridussevi al partito suo le al­tre città; e ridottevele venne presso di Miritene. Cinta questa città da mare a mare con doppio val­lo, e formati qua e là cinque campi di milizie, e ra , nè già diffìcilmente, arbitro dell’ isola intera . Di più bloccava con parte delle navi il porto, e ristret­tene le altre a Sigrio, Promontorio di Lesbo, dove principalmente è il transito de9 legni da carico pro­cedenti da Scio, da Geresto, e da Malea, teneavi soggetta la navigazione affinchè non andasse pel mare bene alcuno a quel popolo. In mezzo a tante prov­videnze infermossi Memnone, e morì. Tale acciden­te , in tal tempo, turbò, quant9altro mai, le regie cose. Non pertanto insisteano bravamente all’ assedio Autofradate, e Farnabazo figlio di Ortabazo, al qua­le come a nipote suo di sorella, avea Memnoue af­fidato nel morire il suo potere, fintantoché Dario «tesso ne destinasse. Così li Mitilenesi rinchiusi per terra , e sopravvegliati dalle molte navi per mare

(t) Mitilene fecondo Strabone e Plinio era la c itt ì principale dell’ isola di I>»bo : la «pule talvolt» ri trova denominata ancora da questa c i t t ì . A nsi al presente l 'iso la si denomina M ete lino .

S E C O N D O 43mandarono a Farnabazo, e si pattuì: cfie ripartisse­ro gli esteri mandati loro da Alessandro come ad alleati ; che i Mitilenesi abbattessero i monumenti ( l ) eretti per l'alleanza con Alessandro, e si colle­gassero a Dario, a norma della pace fa tta per An- talcida con esso Dario: e che potessero in città rien­trare gli esuli loro , per metà del numero che ne usci. Su tali coadizioni fecesi pace da’ Mitileuesi co’Persiani. Farnabazo, ed Autofradate venuti una -#olta in città, vi cacciarono addentro una guarni­gione, comandata da Licomede Rodio; e soprappo- «ero a Mitilene- per Tiranno, Diogene, uno degli esuli suoi. Vi emunsero danari; togliendoli con vio­lenza privata, o multandone il pubblico.

2. Fatto ciò Farnabazo naviga verso la Licia in­sieme co’forestieri mercenarj; ed Autofradate vasse- ne in verso le isole. Intanto Dario spedisce Timon- da di Mentore affinchè chiegga da Farnabazo e co­mandi li forestieri già comandati da Meninone; e Farnabazo consegnali e naviga verso di Autofrada­te che stavasi nella flotta. Ricongiuntisi appena man­darono alle isole Cicladi dieci navi con Datarne Per­siano che le conducesse; ed essi avviaronsi con cen­to a Tenedo. Andatine al porto detto ioreale, man­dano dicendo a quegl’ isolani che atterrino i monu­menti, spositivi della concordia loro con Alessandro e coi Greci, e tornino a Dario secondo la pace con­venuta già per Antalcida. Ben pregiavano questi as­sai più la benevolenza inverso di Alessandro, e de’ Greci; ma di presente parea loro impossibile ogni scampo, se non cedevano ai Persiani; perchè Ege- loco incaricato da Alessandro di raccogliere di nuo­vo una flotta, non aveala raccolta ancora sì grande, che ne sperassero id breve un soccorso. E così pie- garonei a Farnabazo per terrore più cfce di buon grado. Intanto Protea di Andronico avea per ordine di -Antipatro adunate dall’Enbea, e dal Peloponneso

(1) Tavole o colonnette pubbliche ov’ erano de«cmti i p itt i dell* a llean ti.

Flirao le chiama' stelat ritenendo la vere (reca V T ì\X & S •

44. L I B. R Odelle navi lunghe per difendere in qualche modo l e isole e la Grecia medesima, se i Barbari vi naviga­vano, come dicevasi. Ora adendo Protea che D a ta ­nte si stava con dieci navi a Sifno egli va di notte con quindici a Galcide città su l’Euripo (1). Acco­statosi nell’aurora all’isola Gitno (a), vi dimorò tuttoil giorno per udirvi notizie più chiare su le dieci na* v i , e perchè poi fra le tenebre ei piombe ria tanto più spaventevole su’ Fenici. Chiaritosi che Datarne teneasi colle dieci navi a Sifno, parte essendo già notte, e presso l’alba lo investe inaspettatamente, e prendegli otto navi nonmeno che i militari. Data­rne però sottrattosi con due galee fin dal principio dell’assalto si riparò presso dell’altra flotta.

3. Alessandro venuto a Gordio, ed ascesone alla cittadella, reggia un tempo di Gordio, e di Mida figlio di lui, sentì desiderio di vedere il carro di Gordio, ed il nodo nel giogo di esso carro. Il di­scorso de’confinanti su questo dicea comunissimamen­te , che Gordio era un antico di Frigia, ma povero; che avea poca terra da lavorare, e due paja di bo­vi; e che si valse di un pajo perarare, e dell’altro per carreggiare: che arando esso una volta un’aqui­la venne sul giogo, e posovvisi fino all’ora di scio­gliere i bovi: che sorpreso dallo spettacolo corse a comunicarlo ai vati Telmissesi, gran savi nell’inter­pretare i segni divini, essendo fra loro l’arte d’ in­terpretarli dono ereditario negli uomini, nelle mo­gli , e ne’ fanciulli : che avvicinatosi ad un abitato de’ Telmissesi ebbe incontro una verginella uscita a prender dell’acqua, e le narrò l’evento dell’aqnila: e che la donzella, indovinatrice anch’ essa di stirpe,lo esortò di andare alla terra di lei, e sagrificarvi al Giove sommo : che questa pregatane da lu i, lo seguisse e gli esponesse le maniere del sagrificio: che cosi Gordio sagrificò come la vergiue dinotava, e poi si congiunse a lei per matrimonio, e ne ebbero un

(i) Stretto di male che fepara l ’ Eubea o Negroponte dall’ A tt ic a . CALCIDK età sull’ Enbea.

(a) L 'u u a delle Cicladi nel mare Egeo ve»» la spiaggia dell*A ttira .

S E C O N D O 45£glio ; e Mida ne fa il nome : che divenuto ornai que­sto , giovane, bello, e valoroso ; intanto i Frigj fu­rono premuti da sedizioni domestiche : ed nn oracolo* annunziò, che un carro porterebbe ad essi il monar­ca il quale cheterebbene le discordie : che consultan­dosi essi ancora su ciò, venne Sfida co’ genitori, sa di na carro, fra l'adunanza loro: e che confrontato l’oracolo, ravvisarono in lui l’ uomo presagito, il quale verrebbe sul carro, e preserlo per sovrano : che Mida fe cessare la loro sedizione, e sospese nella fortezza il carro del padre in rendimento di grazie a Giove, re sommo, per l’aquila inviatagli. Ma sa questo carro dicevasi eziandio, che chiunque scio- glierebbevi il nodo del giogo, sarebbe, cosi portan­do i destini, monarca dell’Asia. Era poi quel nodo di scorze di corniate; nè vedeasi del nesso principioo termine. Alessandro riconosciutolo inestricabile, nè volendolo tuttavia lasciar senza scioglierlo, affinchè ciò non eccitasse alcun moto nella moltitudine (1), tagliò, come narrano alcuni, il viluppo colla spada; e disse, che avevaio sciolto . Aristobolo però scrivft che Alessandro cavato il perno che unisce il giogo al timone ( era questo perno un legnetto, che passa­va da parte a parte il timone, e reggea tutto il no* do) cavasse insieme il giogo fuori del timone. Io quanto a me non so confermare come Alessandro o- perasse intorno quel nodo: per altro Alessandro e i suoi partironsi dall’intorno del carro; come fosse già compiato l’oracolo sa lo scioglimento del nodo : e ciò significarono quella notte i tuoni , e le coruscazioni nel cielo; ond’è che egli sagrificò nel giorno appres­so agli iddii li quali aveano manifestati questi segni, e co segni la soluzione adempita del nodo.

4- Nel giorno seguente Alessandro marcia ad Ancira (2) di Galazia ove giungegli una legazione

(1) Meglio Curzio : ne in amen verttreiur irritum ineocptum. Lib. j . parag. J. secondo U numerazione del nostro volgare.

(1) Cirri principale della Galazia 1 è fondata so di nn* altura ne’ confini stessi « I l a Faflagonia. Ora è detta Angovri. Presso questa c i t tà , vicino al monte Stella fu g ii vinto M andare da Pompeo il grande.

46 L I B R Ode’ Paflagoni per sottomettere a lui la nazione, é concludere con esso un trattato. Supplicavano prin­cipalmente, che non volesse mettersi coll’esercito sa le terre loro , ed Alessandro ordinò che ubbidissero a Galante Satrapo della Frigia. Quindi avanzandosi prende la Cappadocia di qua dall’Ali, e gran par­te ancora di là da questo fiume. Ponevi Sabitta per Satrapo, ed avviasi verso le bocche della Cilicia. Giunto al luogo, che già fu campo di Ciro con Se­nofonte, ia veder quelle bocche munite con presidio poderoso, lascia nel eampo Parmenione colla fanteria più greve per armatura, e pigliati nella prima vigi­lia gli arcieri, gli Agriani, e li soldati cinti di scu­do va di notte per sorprendere quel presidio, che non aspeltavalo. Non rimase occulto nell’ avvicinar­si; pur gli giovò l’audacia ugualmente: perchè que* soldati accortisi che veniva Alessandro medesimo, abbandonarono la guardia, e fuggirono. Così fattasi l’ alba del nuovo giorno egli trapassando quelle gole uscì nella Cilicia. Quivi gli è detto che Arsame, in­tento dianzi a conservarne Tarso (l) per li Persiani, ora pensava di lasciarla, udito quel transito*, ma che i Tarsesi temeano di lui che si mettesse a pre­darla prima di andarsene. A tal nuova il monarca v’accorre in fretta con milizie a cavallo, e con altre speditissime a piede. Tanto che Arsame sentendo il venir suo fuggì frettoloso da Tarso, senza farvi al? cun danno, alla volta di Dario. Alessandro cadde malato, come scrive Aristobolo, per la stanchezza: altri però dicono che vinto dal sudore e dai trava­glio saltasse, e notasse nel fiume Cidno per voglia Hi rinfrescarvisi. Passa questo fiume 'nel mezzo di Tarso: e gelide, e limpide ne sono le acque, perchè scaturendo dal monte Tauro, via via giù discorrono per luoghi purissimi. Così Alessandro fu preso, di­cono, da spasimo, da febbri veementi, e da vigilia continua^ talché i medici non credeano, che ne cam-

(0 Griii cittì della Cilicia nell’Asia minoie presso l’imboccatura del fiume Cidno j Lmct» per esser ratiù di l aolo Apostolo.

S E C O N D O 47ftrebbè. Ma Filippo, medico Acarnano, compagno del monarca, e molto valutato da lui nell*arte sua, uè privo soprattutto di credito ira le milizie, pro­pose purgarlo eoo una bevaoda, ed ei comandò che ne lo purgasse; e già il medico l i preparava; quan­do fu data ad Alessaadro una lettera di Parmenio­ne, onde fosse cauto su Filippo: aver sentito che questi era subornato dall’oro di Dario a togliere di vita Alessandro coll’uso de’iarmaci. Dicono che A- lessandro leggesse l’epistola, e che tenendola ancora in mano preudesse la tazza ov’ era la bevanda , e porgesse da leggerla a Filippo, la epistola: che men­tre Alessandro bevea, leggeva Filippo lo scritto da Parmenione: ma che Filippo diè bentosto a conosce­re ia ionocenza sua nell’apparecchio; giacché nien­te si conturbò sa la letterd, e raccomandò sola­mente (e gli si reclamasse comunque) che ubbidisse a lui pienamente, ed ubbidendogli guarirebbe. Così essere lui stato purificato, e sanato; ed avere insieme dimostrato a Filippo, come gli fosse amico sincero, ed agli altri quanto fosse costante a non sospettare di loro, e quanto coraggioso a morire.

5 . Dopo ciò date a Parmenione le truppe ausilia- rie a piede, i Greci mercenarj, li Traci de’ quali era duce Scitalce, e la cavalleria Tessala, mandalo alle altre gole de’ monti li quali separano la Cilicia dall’ ABsiria, affinchè ne preoccupasse, e guardasseneil passo. Egli movendosi poi da Tarso venne il pri­mo giorno ad Anchialo, città fondata, com* è tradi- cion degli Assirj, da Sardanapalo. Certamente dal circuito, e dai fondamenti delle mura assai si scor­ge, che fu questa edificata grande, e giunse a gran­de potenza. £ra presso le mura la tomba di Sarda- aapalo, e su la tomba Sardanapalo in atto di mena­re le mani 1’ una su l’altra qual chi menale per ap- ploudere. Legge.ivisi una epigrafe, scritta con lette­re assirie, e poeticamente, come gli Assiri dicono, in questa sentenza: SAHDANAFALO FIGLIO D i AN AC1NDARASSO FOJNDÒ ANCHIALO. E TAR­SO IN UN GIORNO; TU O PEREGRINO MAN-

48 L I B R OG IÀ , BEI, SOLLAZZATI; PERCHÈ NON SI PAREGGIANO LE ALTRE OPERE UMANE A QUESTE. E sa ciò propriamente dar parea colle inani l’applauso che esse fanno battendosi, e dicono che quel SOLLAZZATI era vi espresso eoa Assiri» forinola indecentissima. Da Aochialo venne a Solo , e perchè era città Persiana di genio, imposevi guar* Bigione, ed una multa di dugento talenti di argeo- to. Pigliate qui cinque bande di pedoni Macedoni, tutti gli arcieri, e gli Agriani, marciò contro i mon­tanari della Cilicia : e ridottili tra sette giorni, par­te colla forza, parte coi trattati, fece ritorno a So­lo; ove conobbe che Tolommeo ed Asandro aveano vinto Orontobate il quale difendeva la fortezza di Alicarnasso, e tenea Mindo, e Caulo, e Tera, e Callipoli; agginngendovisi Co e Triopio, Scriveano che.era stato superato in una grande battaglia, e che de’ soldati di lui ne erano morti settecento fanti e cinquanta a cavallo, e rimasti mille prigionieri. A- lessandro in Solo fece sagrifizio ad Esculapio, e an­datosi in pompa egli, e tutto l’esercito, e portate le faci, e dativi spettacoli ginnastici, e musicali, con­cedette in fine ai Solesi la libertà popolare.

6. Quindi ravviatosi a Tarso, manda la cavalleria con Filota pel campo Aleio ai lidi del fiume Pira- mo, ed egli viene colla fanteria, e colla regia guar­dia a Megarso, e sagrifìcavi a Minerva Megarside. Di là passa a Mallo, e vi rende funebri onori ad Amfiloco', come ad un Eroe: trovatavi sedizione la dissipa, e condonavi il tributo che pagiavasi a Da­rio , perchè erano questi una colonia discesa da Ar­go, e da Argo credea discendere anch’esso per gli Eraclidi. Dimorando ancora in Mallo gli riferiscono che Dario stavasi a campo in Soco con tutte le mi­lizie . E questo un luogo dell’ Assiria, lontano al più due marce dagli stretti per onde si entra nell’ Assi* ria. Pertanto adunati gli amici, partecipa loro i ri­scontri che avea su Dario, e su l’armata di lui. Bea gli fecero questi premura affinchè movesseli senza ritardo : ed egli li encomia per allora e congeda : ma

S E C O N D O 49nel giorno appresso gli avvia coatro Dario, e li Per* «ani. Passati nel dì seguente gli stretti, accampasi alla città di Miriaudro. Ebbevi nella notte burrasca fiera, ed acque dal cielo, e vento impetuoso; e ciò rattenne Alessandro ne’padiglioni. Dario intanto te- neasi coll’esercito in sui campo, scelto in una pia­nura apertissima dell’Assiria, acconcia a tante sue truppe, e proficua al movervisi della cavalleria. Ed Aminta di Antioco, quel disertore di Alessandro, consigliavalo a non lo abbandonar qu%sto campo; an­ch’egli, per esserne il sito capace della moltitudine de’ Persiani, e di tutto l’ingombro di guerra ; e Da­rio vi perseverava . Ma poi rendutasi la dimora di Alessandro troppo lunga in Tarso pe’suoi mali, e non breve in Solo quando fe sagrifici, e feste, e scor­rerie su’Montanari della Cilicia ; Dario venne meno alle sue risoluzioni. Egli fu indotto, nè già ripu­gnandovi , ad immaginare ciocché gli era accettissi­mo. Sollevato da quelli cLe attorniano i re per adu­larli (e sempre con danno loro), pensò che Alessan­dro non volesse passare più innan/à, sconcertato già dalla nuova del venir suo. Glidiceano, chi dall’nn» chi dall’ altra parte invanendolo, che egli schiacce­rebbe colla cavalleria sola i Macedoni. Aminta as­severava tuttavia che Alessandro verrebbe dovunque udiva che trovavasi Dario, e raccomandava che si rimanesse in quel campo. Vinsero nondimeno i con­sigli men sani, come più lusinghevoli al primo a- gcoltarli. Ma Dio forse lo ridusse in luogo dove non gli era molto utile nè la cavalleria, nè la moltitu­dine degli uomini, delle frecce, dei dardi, anzi dove non potè nemmen far vedere la esuperanza dell’ eser­cito suo. Con ciò dava pianissima la vittoria ad A- lessandro e ai suoi; giacche doveano i Persiani esse­re spogliati dell’ impero dell’Asia dai Macedoni ; co­me dai Persiani n’erano stati già spogliati i Medi » e dai Medi prima gli Assirj.

7. Dario superata la montagna presso gli stretti AaaiAMo. 4

5o L I B R Ochiamati Amanici ( l ) veniva alla Tolta di Isso, e «1 trovò senz’ accorgersene dietro di Alessandro. Piglia- to Isso, uccise, straziandoli, tutti i Macedoni rima­stivi per malattie : e nel giorno seguente procedette fido alle rive del fiume Pinaro. Alessandro all’udire che Dario stavagli addietro. non sapendo risolversi a crederlo, fe salire in una trireme, e rimandò ta­luni amici verso di Isso per esplorarvi se fosse ciò che diceasi. £ questi navigando su la trireme pote­rono ben tosto, per essere quel mare sinuoso, cono­scere ohe i Persiani accampavano nei luoghi indica­ti , e riferirono ad Alessandro, che Dario era nelle sue mani-. Pertanto Alessandro convocati capitani di fanti, e di Cavalieri, Macedoni ed alleati, invitali a consolarti, perchè savj fin allora ne*cimenti sarebbo- no ornai per essere i vincitori. I l nume, diceva, il nume è scorta all*esercito nostro: ed egli mise a Dario in pensiero di ridursi dai luoghi tanto spa­ziosi ai tanto angusti. Così sarebbero questi acconci ad ordinarvi la nostra fa lange, ma disconcissimi alla moltitudine nemica per la battaglia. Non ci pareg­giano, aggiungeva, non ci pareggiano in vigore di corpo nè di animo. Verremo alle mani noi Macedo­n i} incalliti già fra gli stenti di guerra nei perico­li , co" Persiani, e co’ Medi già da tanto tempo sner­vati dalle delizie, « soprattutto noi genj liberi con nomini schiavi. Quanti son poi Greci contro Greci, non han già tu tti per una causa stessa le armi: si cimentano quelli con Dario per un prezzo, e non grande: ma i Greci nostri guerreggiano volontarj, « per la Grecia . I Traci, i Peonj, gC Illirj, gli Agria­n i , quegli esteri nostri, quei sì fo r ti , quei si bellico­si di tutta V Europa gareggeranno con quei codardi , con quei nienti dell'Asia. E finalmente Alessan­dro , .. Alessandro è duce contro di Dario .

8. Tali cose diceva onde guadagnar la giornata; e qui dichiarava quanto ne sarebbero grandi li pre»

(>) Cosi detti diti moine Amano 1 vi si p u s t dalla C ilk ia rella fioria, ed a vicenda; sono noti col nome ui ttrc ito dì Scandirono, o sii di AIcssmi-«Jrc’t i .

S E C O N D O 51roj. Supereremo con questa, ripigliava 9 non ì satra­pi , non la cavalleria di Dario schierati là presso al Granico, non que suoi ventimila forestieri mercena­r i } ma tutto il meglio de'Persiani, e da Medi, tuttii sudditi loro nell'Asia; e lo stesso grande Re loro qui presente. Non ci rimarrà dopo questa battaglia altro a fa r e , perchè c impadroniamo interamente deli'Asia, e diamo il termine una volta a tante no­stre fa tic h e . Oltracciò ricordava le nobili imprese fatte da tutti in comune ; e se ricordavane alcuna fatta dai privati con ardire, e con gloria, chiama' vane l’autore stesso a nome, e senza indignazione quanto potea degli altri, lo encomiava perchè non ertasi tolto ai pericoli nelle battaglie. E dicesi che scorresse a menzionar Senofonte, e li suoi dieci mila quantunque niente paragonabili con essi per moltitu­dine, o per altro vantaggio. Non erano con quelli nè cavalli Tessali, nè Beozj, nè Peloponnesiaci, nè Macedoni, nè Traci, nè quant’altra cavalleria fcro- vavasi con esso loro : non erano con quelli nè sagit- ta r j, nè frombolieri se non pochi Rodiani, e Crete­si: anzi erano stati ricongiunti tumultuariamente nel pericolo stesso da Senofonte : eppur questi dinanzi a Babilonia- misero in fuga il re con tutte le sue mi­lizie, e vinsero viaggiando verso l’Eusinò tutti i po­poli i quali si attraversavano loro, e , vintili, si ri­tirarono. Aggiunse inoltre quant’ altre cose convie- nesi che un buon comandante avverta ai buoni mi­litari per animarli innanzi al pericolo. E que’ mili­tari da ogni parte abbracciavano, magnificavano, istigavano il principe loro che li menasse ornai sul nemico. Alessandro allora comanda che cibinsi, e premette alcuni pochi sagittarj, e cavalieri, che tor­nino a quei stretti,esplorando indietro la strada, ed egli poi marciavi fra la notte, a rioccuparli con tut­te le milizie. Impadronitosi circa la mezza notte un* altra volta del passo, riposò pel resto della notte con tutto l’esercito, poste guardie osservantissime su le alture.

9. Nata l’aurora calò da quegli stretti secondo il

5a L I B R Oprocedere della via ; ristretto por egli colla front» deli armata finché il luogo fu angusto: ma non si tosto il luogo si aperse in più spazio ; allargò pur egli ia fronte della falange con più e più schiere quali a destra verso i monti, e quali a sinistra ver» so il mare. Veniva la cavalleria regolatamente die­tro de’fanti. Avanzatosi alfine a latitudine più gran­de mise l’esercito in ordine di battaglia. Pose in­nanzi tutti nel corno destro verso i monti il corpo de fanti, e li soldati ciuti di scudo a’quali preselle* va Nicànore di Parmenione: pose dopo questa la mi­lizia di Geno, e poi quella di Perdicca; talché sfa­vasi questa dopo il mezzo dell’ala per chi comanda­va il corno destro. Per l’opposito la prima nel cor­no sinistro era la soldatesca di Aminta , indi quella di Tolommeo, e successivamente l’altra di Meleagro. Gratero ebbe a reggere la fanteria del corno mini­stro ; ma Parmenione soprastava a tutto il complesso di questo corno, con ordine di non lasciar la mari­na affinché non fosse chiuso intorno dai barbari ; giacché chiuso lui sopraffarebbero col numero anche tutta la falaoge.

io. l)ano all’ annunziarsegli che Alessandro anda­va ne a lui per la bittnglia, fa passare di là dal fiu­me Pinaro trenta mila cavalieri, e con essi venti mila di fanteria leggiera per ischierare senza esser­ne infestato le altre milizie . Nello schierare le quali contrappose primieramente alla falange Macedone trentamila di grave armatura , tutti Greci mercena* r j , coordinando ili qua e di là di questi sessanta mi­la Cardaci, aneli’ essi di grave armatura, perché il luogo tanti e non più permettea, che fossero presen­tati come in falange. Collocò ventimila alla parte del monte a sinistra de’ suoi di rincontro all’ala de­stra di Alessandro; e di questi *e ne stendeano «leu* ni fin verso le spalle \di Alessandro: perchè la mon­tagna dov’erano collocati cedeva, rientrando in se stessa, e faceva seno come nel mare, e tornando in fuori dopo la curvatura, costituiva nelle falde in quel ritorno di monte i Persiani a tergo di Alessan-

S E C O N D O 53dro. Dietro la falange de’greci mercenarj, e de’bar* bari sopraggi unti vi, stava ma senza utile alcuno al­tra turba di milizie leggiere e grevi, compartita per nazioni ; tanto che fu detto che 1’ esercito di Dario era almeno di seicento mila soldati.

i l . Nel procedere innanzi appena Alessandro ebbe luogo alquanto più ampio, fe venire la cavalleria detta de coetanei am ic i, la Tessala, e la Macedo­ne , e la dispose insieme nel corno destro; mandan­do l’ altra degli alleati, o raccolta nel Peloponneso a Parmenione pel corno sinistro. Per l’opposito Da­rio dopo schierate le sue milizie richiama col segno datone la cavalleria, mandata di là dal fiume, ap­punto per fare con sicurezza quello schieramento; e ne squadrona il più gran numero nel corno destro contro Parmenione verso la murina, acconcia, piò che gli altri s iti , da cavalcarvi; spedendo il resto nel corno sinistro verso la montagna : ma poi veden­do che un tal resto era ivi inutile per le angustie de’luoghi, fe passare pur questo per la più gran par­te all’ala sua destra. Intanto esso re Dario teneasi nel mezso dell’esercito, come ordina una legge Per­siana, su io spirito della quale scrisse già Senofonteil figliuolo di Grillò. Or qui vedendo Alessandro tra­sferita la cavalleria Persiana quasi tutta verso la marina contro la sinistra sua , nè lui tenere ivi se non la cavalleria Peloponnesiaca, ed altra de’confe­derati ; fa corrervi in fretta ancora la Tessala : or- di nando che passasse non dinanzi, ma dietro l’ eser­cito , onde essere occulta, non osservata in quel tran­sito . Nel corno destro però mise alla testa della ca­valleria li precursori de’quali era duce Protomaco, e li Feonj governati da Aristore; facendo insieme, che ai fanti precedessero gli arcieri preseduti da An­tioco: E dispose gli Agriani retti da Attalo, ed al­quanti cavalli, ed arcieri verso la curvatura fatta dal monte il quale restavagli a tergo . Così la destra dell’ esercito suo sporgeasi ordinata in due punte, l’una contro D ario, e li nemici situati di là dal fiu- n e , tatti Persiani; e i’filtra coatro i nemici situati

54 L I B R Onel monte, che gli era alle spalle. Nella sinistra; stavano innanzi a tutta la fanteria gli arcieri di Gre­ta , e quelli della Tracia comandati da Sitalce ; e p ri­ma di loro stavasi la cavalleria data a quest’ ala : mali mercenarj forestieri erano preordinati a ta t t i . Non parendogli però la fanteria folta abbastanza nella sa» destra; giacché vedea che di quivi li Persiani trop­po lo sopraffarebbono, comanda che vengano di na­scosto alla destra dal mezzo due bande di quelle de­gli am ici, l’Antebusia retta da Peride di Menesteo ». e la Lagea guidata da Pantòrdano di Gleaodro. Anzi tirò pure alla sua destra su la fronte gli arcieri e parte degli Agriani, e de’Greci mercenar), e così stese la milizia di là dal corno de’ Persiani. Imperoc­ché siccome le truppe Persiane schierate ne’ declivj del monte vi si tendano senza discenderne, e sicco­me fattavi per ordin suo una irruzione di Agriani, e di alquanti arcieri, e discaccia te vele facilmente, se ne erano fuggite su le cime dell’altura; così risol­vette valersi per ampliar la falaoge anche di questi suoi militari apparecchiati già contro quelle, conten­to di lasciar contro di esse trecento cavalli.

12. Disposte così le milizie, Alessandro venne per qualche tempo avanzandole e posandole tanto che pareane che l’ attacco sarebbe assai tardo; imperoc­ché Dario non gli menava incontro i barbari come gli avea già schierali, ma teneasi con loro in su la ripa del fiume, precipitosa in gran parte, e ripara­ta da lui con palizzate, dove parea più facile da sorpassarvi. Ben era questo un preludio per que’ di Alessandro che Dario in cor suo riputava6Ì già pri­gioniero. Se non che ridotte ornai le armate vicine; Alessandro, cavalcando per tutto tra’suoi gli esorta­va a farla da valentuomini. £ chiamando lui tutti onoratamente a nome e generali e capisquadra, e qualunque de’mercenarj più distinti per grado o va­lore; si fa da tutte le parti una voce, che non si tard i, ma volisi al nemico. Ed ei portovvegli schie­rati e pur lenti in principio, quantunque già fosse in vista di D ario , affinchè per la fretta non si scoa*

S E C O N D O 55certasse alcuna parte della falange : ma giunti appe­na a tiro di dardi, quelli eh’erano intorno di Ales­sandro, ed Alessandro medesimo, che era nel corno destro saltarono i p rim i, correndo, sul fiume per isbalordire i Persiani colla veemenza del transito; e per averne col farsi tosto alle mani il meno dei dan­ni da’saettieri. E succedette appunto com’egli s’au­gurava . Imperocché ridottasi la battaglia alle mani, voltarono bentosto faccia i Persiani della sinistra ; talché Alessandro e quei che lo circondavano vince­vano da questa parte luminosissimamente. Ma li Gre­ci stipendiati da Dario si avventarono su la falange sua dove principalmente si vedea più sbandata : e sbandata e sconnessa era questa nella destra; perchè Alessandro saltato con ardore nel fiume e fattosi alle mani co’ nemici avea già cacciati i Persiani a lui con­trapposti: ma li Macedoni, di mezzo non potevano mantenere la fronte della falange in una linea me­desima per non essersi messi con pari zelo alla im­presa, e per essersi in più di un luogo trovati al passo di ripe precipitose. Pertanto aveaci a destra un’azione vivissima di Greci che rincalzavano tra ’l fiume i Macedoni e rivendicavano la vittoria a’suoi che fuggivano, e di Macedoni che non voleano star senza parte ne’ vantaggi ornai visibili di Alessandro, nè che la gloria svanisse della falange, celebrata al­lo ra , come invincibile. Di più s’era tra Macedoni e Greci accesa una gara di onor nazionale. Cadde co­me un bravo in questa contesa Tolommeo di Seleu- co , e con esso pur caddero cento venti altri non di­spregevoli tra* Macedoni. Frattanto le schiere del cor­no destro mirati in fuga i Persiani opposti ad esse, e ripiegatesi verso la parte travagliata dei loro me­desimi contro i mercenarj di D ario , scacciarono que­sti dal fiume. Così sopravvenendo pe’luoghi, dove l ’esercito Persiano era già disgregato, presero a fian­co li forestieri; e li trucidarono. Fra tale azione la cavalleria Persiana messa incontro la Tessala non si limitava già col fiume, ma passatolo bravamente, fulmina vasi addosso le squadre stesse dei Testali.

56 L I B R <*Adunque arse quivi uaa battaglia equestre fierissima } non ismovendosene i Persiani, prima che si avvedes­sero che Dario era in foga e li mercenarj suoi ro t t i e tracidati dalia falange. Allora sì che la fuga d i­venne visibile da ogni lato. Soffrirono nella r it ira ta i cavalli Persiani portando cavalieri armati greve* m ente , e li cavalieri pur vi soffrirono per l ’angustia delle vie retrocedendo a gran moltitudine, in mezzo a l terrore e al disordine; schiacciati l’uno dall’a ltro compagno nommeao che infestati dai nemici che l i perseguitavano; e soprastavaho i Tessali precipito­sissimi su Torme loro. Adunque non fu minore nel­la fuga l’ eccidio de*fanti che de'cavalieri.

i 3. Dario appena vide il suo corno sinistro co­sternato da Alessandro, e rotto e sciolto dal resto dell’ esercito ; fuggì bentosto come potè sul carro in­sieme co’primi de’suoi. £ ben trovò sul carro lo scampo finche gli avvenne di correre di piano in pia­no;'ma capitato poscia in luoghi profondi e d’altro mal essere, lascia il carro e lo scudo, e levatosi il re ­gio serto abbandona sul carro anche l’arco ; e salito a cavallo segue a fuggire. Sopravvenuta però tra non molto la notte lo involò dalle mani di Alessandro: costui tornando, mentr’era pur giorno, all’esercito suo, ne prese il carro e nel carro lo scudo e l’arco ed il regio serto. Ben aveva egli dato a Dario la caccia, ma tardi, perchè quando in principio la fa­lange gli si disordinava, ebbe a rivolgersi: oud’è che non si mise ad incalzarlo prima che vedesse respiati dal fiume i forestieri mercenarj, e la cavalleria Per* siana. Morirono tra’ Persiani Arsane, Reomitre, ed Antize, comandanti già della cavalleria presso al Grauico: morì pure Sabace satrapo di Egitto, e Bu- bace personaggio infra loro gravissimo: la turba poi peritavi fu pressoché di cento migliaia, e di queste almen dieci di cavalieri. Di guisa che Tolommeo figliuolo di Lago, l ’ uno de’ compagni allora di Ales­sandro nell’ inseguir Dario , scrive che inseguendolo essi in forma di falange, questa marciò su i cada­veri. Dopo ciò furono pigliati a prim’ impeto gli al-

S E C O N D O 5rloggiamenti , e negli alloggiamenti la madre, la mo­glie, la sorella di Dario, e due figlie, ed il tenero pargoletto di lui; restando insieme prigioniere intor­no di esse le consorti di altri rispettabili ma non molti. Gli altri Persiani aveano mandate le loro mo­gli e bagaglie in Damasco, dove por Dario aveva mandato il più dei danari, e quanto segue un grati re che m ilita , per lo splendido suo trattamento. Quindi non furono presi nell’esercito più di tremila talenti: ma tra non molto fu il resto dei danari oc­cupato in Damasco da Parmenione, speditovi appun­to per questo. Tale fu l’esito di quella battaglia, nel mese di Gennajo ( i ) sendo Nicostrato l’arconte di Atene.

14. Nel giorno appresso Alessandro, percosso co­ni’ era in nn femore, visitò li feriti, e raccolse i morti ; dando a questi sepoltura magnifica coll'esercito schie­rato pomposissimamente, come per la battaglia. En­comiò con parole e premiò con doni ciascuno secon­do il merito delle nobili azioni fatte nel combatte­re , sia che egli le avesse vedute, sia che udite per fama concorde. Nominò Satrapo della Gilicia Bala- cro di Nicànore, 1’ uno delle regie guardie del cor­po. In luogo di esso poi scelse per guardia sua Me- nite di Dionigi: e mise Poliperconte di Simeo a reg­gere lè truppe rette già da Tolommeo di Seleuco morto nella battaglia. Rendette a quei di Solo gli ostaggi, e condonò loro cinquanta talen ti, residuo della tassa ond’erano stati multati. Frattanto non trascurò nè la madre di D ario , nè la moglie, nè i figli. E taluni che hanno scritto di Alessandro nar­rano che nella notte in che tornò da 11’inseguii lo, ve­nuto alla tenda di D ario, scelta già da Alessandro medesimo, v’ udisse non lungi ululati di femine, e romor non dissimile : che dimandasse per ciò quali femine eran queste e come alloggiate, ivi tanto vi­cine ; e che un tale gli rispondesse : o Sire la m adre,

(0 Non discorda <?a C a n io , r)ie U dice arvem ifi in tempo» th è humus ri- febat gelu lib. ). parag. 14. iccondo U nostra versione.

la moglie, l i fig li di D ario , piangono lu i come estin~ t o , fin dall’ ora che f u annunziato loro che tu h a i V arco, ed il serto reale di l u i , e che poi te ne fu , recato ancora lo scudo r che Alessandro io udir ciò spedisse Leon nato l’uno degli amici suoi perchè di­cesse alle donne che Dario viveva: che quelle armi e quel serto aveali lasciati egli stesso fuggendo so­pra del carro, e che Alessandro tenea di lui ciò so­lamente : che Leonnato entrato nella renda loro di­cesse appunto questo su D ario , e dicesse che Ales­sandro concedea loro il servigio e culto reale, e che regine s’ intitolassero ancora; giacché egli non facea guerra per nimicizia con Dario, ma faceala per buon dritto su l'imperio dell’Asia. £ così narrano Tolora- meo ed Aristobolo. La fama tiene eziandio che Ales­sandro stesso andasse nel giorno di poi col solo Efe- etione suo amico a quel padiglione, e chela madre di Dario non distinguendo qual fosse il monarca infra loro, simili tutti due ne’ vestimenti, fecesi incontro ad Efestione come venerandolo, perchè pareale un più grande all’aspetto: che fattosele indietro Efestione; e dimostratole per alcuno del seguito di Alessandro il vero Alessandro; colei vergognata dell’abbaglio era sul ritirarsene quando Alessandro le disse, che non era fa l lo il suo, giacché era quegli ancora un Alessandro (1). Io qui do tali cose nè per vere nè per incredibili in tatto. Che se elle stanno così re­almente ; io lodo Alessandro per la pietà sua verso le donne e per la fiducia ed onorificenza verso l’a ­mico; e se agli scrittori di lui par verisimile che Alessandro così operasse e dicesse; io lodo Alessan­dro per questo ancora .

15. Dario fuggì quella notte con pochi : ma poi nel giorno raccolti i Persiani e li mercenari forestie­ri salvatisi dalla battaglia, avendo quattro mila in tu tto , corse in gran fretta alla città di Tapsaco , ed all’Eufrate per mettere quanto prima questo fiume

58 L I B R O

(i) Curzio lib. p in g . ) i . Non errasti, inquìt, mater. Kam et hic Ale­xander est.

S E C O N D O 59tra Alessandro e se stesso. Intanto Aminta di An­tioco, Timòde di Mentore, Aristomède di Fereo, e Bianore Acarnano disertando con ottomila soldati lo­ro , vennero ben tosto com’erano disposti pe’monti, a Tripoli della Fenicia. D i là fuggirono a Cipro su tante di quelle navi colle qnali erano venuti da Le­sbo, quante ora si giudicava no bastare al trasporto , pigliatele nell’arsenale ov*erano state ridotte da po­co, e ritiratele in mare, e bruciate nell’arsenale me­desimo le rimanenti affinchè non dessero agli altri comodità spedita di perseguitaceli. Da Cipro navi­garono all’Egitto, dove Ambita, tentando indi a po­co delle novità, fu vittima dei paesani. Farnabazo ed Autofradate stettero alcun tempo a Scio, ma po­stavi guarnigione, e spedite alquante barche a Coo e ad Alicarnasso; passarono a Sifno portati da cen­to navi, le migliori al corso de’ m ari. Qui giunse a loro su di una trireme Agide re di Sparta per chie­derne denari per la guerra, e forze navali e pede­s tri, quante più sen poteàno, affin di mandarle nel Pe­loponneso. Quando recasi ad essi la nuova della bat­taglia , seguita presso di Isso. Sbalorditi dal raccon­to , Farnabazo torna a Scio con dodici triremi e mille cinquecento forestieri mercenarj temendo che gl'iso­lani si trasmutassero appunto per quella nuova A- gide avuti da Autofradate trenta talenti di argento e dieci trirem i, mandale 60tt0 Tppia capitano ad A- gesilao suo fratello appiè del Tenaro (1) con fargli annunziare che paghi del tutto i nocchieri e navighi quanto prima a Creta per istabilirvi gli affari di es­sa . Egli si rimase qualche tempo in quelle isole: ma poi si condusse ad Autofradate in Alicarnasso.

16. Alessandro creò Menòr^e Cerdima (2) Satrapo della Celesiria; dandogli per guardarla un corpo della cavalleria de’confederati ; ed egli mosse alla volta della Fenicia. Tra la marcia venne ad incon-

(1) Promontorio del Peloponneso: d’ onde va il seno Laconico da qn<-!Io di Mc;sene : era lontano d i Sparti presso a 4J miglia. Resta nella contrada, oia detta Maina.

(2) Curzio nel parag. 1. del Jjb. 4- dice che fu r&rir.cnieue.

trarlo Stratone figlio di Gerostrato re dell'isola d i Arado (i)* e de’ vicini di essa. Andava G erostra to , come altri re di Fenicia, e di Cipro, so le navi sue con Autofradate; e Stratone presentatosi ad Alessan­dro lo coronò con un diadema d’oro; e gli sottomi­se l’ isola di A rado , e Maràto città continentale, grande e doviziosa, posta incontro di Arado , e l a città di Marianne, e quant’ altro era della signoria de’suoi, btavasi Alessandro ancora in Maràto; quan­do ecco gli ambasciadori di Dario. Venivano questi con lettera di D ario, ma per supplicarlo in voce an ­cora, che restituisse a lui madre, consorte, e figli. Esponea la lettera, che eravi g ià stata amicizia ed alleanza tra Filippo ed Artaserse : che salito poi sul trono Arse figlio di A rtaserse , Filippo il primo s i mise ad offenderlo, senz esserne stato offeso punto da' Persiani : che dall ora che Dario f u re non g l i aveva Alessandro mandato alcuno per confermare con esso l'am istà precedente, e la lega: che Dario era ito pe* suoi territorj difendendoti , per conservarvi r imperio paterno : ma che la battaglia si decise coni era piaciuto a taluno de*numi: che ora egli re ridomandava a lu i re la moglie , la madre, i f ig li suoi che ne erano prigionieri, e veniva per essere r amico ed il confederato di Alessandro : chi e dea per* ta n to , che mandasse g li ambasciadori suoi con M e­nisco ed Arsima ambasciadori andati dalla Persia , affinchè in nome di Alessandro ne ricevessero i pegni di fiducia , e g li dessero .

ì j . Alessandro riscrisse, e spedì Tersippo co’Mes- si Persiani imponendo a lai che consegnasse a Dario la lettera ma non interloquisse di affare ninno; era la lettera *, I vostri maggiori senza esserne offesi ven­nero nella Macedonia e nella G recia, e ci malme­narono. D i che volendo vendicarmi io creato coman­dante de Greci passai nell'A sia , stimolatovi ancora da te perchè hai soccorso i Perintii , offensori già di mio padre. E d Oco mandò m ilizie nella Tracia dove

6tì L I B R O

(i) Isoletta dell* Fenicia: è piccolissima, e vicinissima al l ido .

S B C O N D O 6 tnoi dominiamo . I l mio Padre morì per g l' insidiato* r i , preparatigli da vo i, come ve ne siete gloriati con tu t t i per lettere ( l ) . E tu , data con Bagòa la morte ad À rse , ed occupatone il trono ingiustamen­te , non secondo le le g g i, rna con oltraggio della Persia, tu spedivi anche lettere improprie contro dì 'me f r a li Greci sul modo con cui m i dovessero f a r guerra : e tu mandavi danari ai Lacedem oni, e ad ey’tri della Grecia ; quantunque non g li accettasse niuna c ittà da Sparta in J u o r i . E cor rotti g li am i- c i miei da'tuoi commissarj tentarono turbar la pace % che aveva io data alla Grecia . Quindi io portai cond­irà te la guerra che tu rn avevi incom inciata. Ora dopo vinti in battaglia prim a i tuoi comandanti, e l i tuoi sa trap i, e poi te cogli eserciti tuoi tengo per dono de' num i le tue te rre . Prendo cura di quanti schierati già teco nè periti nella battaglia fuggiro ­no a me per lo scampo : nè g ià si stanno co’ m ie i , loro malgrado: ma guerreggiano per me volontarj. Pertanto essendo io l' arbitro di tu tta V A sia vieni in persona a m e . Che se tem i di subire, venendo , alcun dispiacere ; mandami un qualche amico tuo che prendati tu tte le sicurezze. ren u to che sarai t chiedi, ed abbili, la madre tu a , la m oglie, i f ig li % e s'altro brami. Sarà tuo quanto chiedi. D el resto quando a me m andi, mandavi cóme al monarca del­l 'A s ia . Non iscrivere come all'eguale tu o : e ciò che d im andi, me lo esponi come all 'arbitro di ogni tua cosa. A ltrim ente risolverò su te come su chi mi ol- treg g ia . Che se non cedi ancora sul regno, riserban- doti a f a r nuovo paragone delle armi ; non fu g g ir ­m i : perchè io , dovunque tu s ia , io verrò per inve­s tir ti. £ tali cose scrisse a Dario.

18. Alfine cerziorato, com'era stato preso tutto il danaro mandato da Dario per Cofeno di Artabnzo in Damasco e tutta la regia suppellettile insieme co* Persiani, che ne eran la guardia, ordina a Parme-

(1) C n tiio 1 i h . 4. j . ftiilippnm vero parenlem meim qui1 ignorai a i iis in- Urfectum esse ques mgeiitu pecuaiae i fe sollicilaverant veti r i i

62 L I B R Onione, che riporti la preda in Damasco medesima # e ve la custodisca. E dettaglisi che erano presi a n ­eli’ essi fa portare dinanzi a se gli ambasciadori G reci, venuti a D ario , prima della battaglia. E ra ­no questi Euticle Spartano, Tessalisco figlio d’Isme- n io, e Dionisodoro vincitore ne’ giochi Olimpici, am ­bedue Tebani; ed Ificrate Ateniese, figlio d’ lucra ­te , e duce di schiere. Fattisi dinanzi al monarca ; assolvè bentosto Tessalisco, e Dionisodoro come Te­bani; parte per commiserazione in verso di Tebe, e parte perchè pareangli degni di perdono, se deva­stata Tebe dai Macedoni, essi cercavano , come po- teano, un soccorso per se e per la Patria dai Per­siani, e da Dario. Pertanto rivolto a miti pensieri ordinò che partissero ambedue, TessaKsco in riguar­do ancora della stirpe sua nobilissima infra i Teba­n i , e Dionisodoro, perchè vittorioso già ne’giuochi Olimpiaci: rilasciò pur Ificrate per la regia amicizia verso di A tene, e per memoria della gloria del pa­dre di esso Ificrate, ed ebbelo presso di se, finché visse, in grande onore, e morto poi per infermità ne fece riportare le ossa in Atene a’ parenti: ma ri­tenne in principio, non però nella 'carcere, Euticle perchè spartano, vuol dire di una città cospicua, e di quei dì sua nimica, e trovato senza merito alcu­no suo proprio, almen riguardevole onde perdonar­lo: ma poi riuscitegli prospere le grandi cose, con­gedò pur lui libero di sestesso.

ìg . Movendosi dà Maràto prende Biblo ( i ) , ren- dutasi a pa tti, e Sidone, chiamatovi da’eittadini di lei per odio contro de’Persian^, e di Dario. Quindi si avanza alla volta di Tiro, e tra via glie ne ven­gono incontro gli ambasciadori, speditigli dal comu­ne, come avessero i Tiri deciso ubbidire Alessandro sa di ogni comando: ed egli loda T iro , e lodane gli ambasciadori, essendovi dei primarj di T iro , ed il figlio stesso del ré loro intanto che questo re loro ( Azelmico ne era il nome) navigava su la flotta con

(>) Città <lcJ!a Fenicia marittima ora d is tra iti .

S E C O N D O 63Autofradate : impone che tornino a Tiro e v’annun- zino, che egli vuole venire a farvi sagrifizio ad Er­cole. Certamente aveaci in Tiro un tempio non del­l ’ Èrcole Argivo figliuolo di Alcmena, ma di un Er­cole, l’antichità del quale sostiensi pe’ monumenti. Imperocché si onorava Ercole in Tiro molte genera­zioni prima che Cadmo venisse dalla Fenicia e pren­desse Tebe, e gli risultasse in Semele una figlia. Da Semele provenne Bacco il figlio di Giove; e Bacco fu terzo da Cadmo; perchè fu dopo Làbdaco, e Làbd- aco era figlio di Polidoro, e Polidoro di Cadmo: e l’ Èrcole argivo fioriva almen dopo di Edipo il fi­glio di L aio . Gli Egiziani anch’essi onorano un Er­cole diverso da quello de’ Tirj, e de’Greci. Ma E- rodoto scrive che gli Egiziani contano Ercole tra i dodici Iddii; come gli Ateniesi adorano un altro Bac­co figlio di Proserpina, e di Giove, e l’ inno misti­co a questo Bacco si cauta, non a quello di Tebe. Pertanto io penso che l’Èrcole di Tiro sia quello appunto che si venera dai Spagnuoli in Tartesso,ove sono le colonne dette di Ercole: perchè fu Tartesso fondata da'Fenici, e con Fenicio rito fecesi il tem* pio, ed ora si fan sacrificj all’Èrcole di quel luogo. £(1 Ecateo scrittore di Favole fa intenderci che men­to ha che far colle Spagne quel Gerione con tra cui fu spedito da Euristeo l’ Èrcole Argivo, affin di to­gliere d i sue mani le vacche, e condurle a Micene: ■e dice che m a i questo Ercole fu Bpedito ad alcuna Eritea «he siasi isola di fuori del mare grande ( l) : ma che Gerione era un re di terra ferma ne’contor­ni di Ambracia, e di Amliloco, e che Ercole di qui­vi tolse 1« vacche, nè tenne pur questa per leggiera fatica. Ed io su questo so ancora quanto quella ter­ra sia lieta di pascoli, e come vi si nudran bovi bellissimi, e che Aristeo s’ ebbe fama pe’ bovi di quel luogo ; nè credo inverisimile che il re di essa terra

del mare grande. F ’ questo il Mediter­raneo > e non l’ oceano • Anche nel linguaggio delle scritture il Mediterraneo 2 9 mare magmtm .

*4 L I B R Oportasse il nome di Gerione; come inverisi mi le io credo che Euristeo sapesse pur il nome di un re d i Spagnuoli, ultimi nell’Europa, o se pasceano in q a e l luogo nitide vacche. Se non forse alcuno v’ iutram et- te Giunone quasi essa intimasse per mezzo di E u r i ­steo tai cose ad Ercole, e così vuol colla favola ris­coprire la incredibilità del racconto. Ora a que- ft’Ercole Tirio disse Alessandro di voler sa grifi care .

Riferitosi ciò dagli Ambasciadori d cisero i T irj di compiere gli altri comandi di Alessandro ; ma d i non ricevere in città nè Persiani nò Macedoni ; r i ­putando la risoluzione, decentissima da risponderla nel tempo presente, e la meno pericolosa quanto al- l ’esito della guerra, incerto ancora. Alessandro per altro uditane la risposta, ne incollerisce, e riman­da gli ambasciadori di Tiro ; e convocati gli amici» i Geoerali, i capi di coorti, e di squadre dice:

20. A m ic i , compagni, non è sicuro per n o i, f in ­ché il nemico domina i m ari, andar nell’E g itto ', a perseguitare Dario finché lasceremo Tiro indecisa , e C E g i t to , e Cipro in mano ai Persiani. E non i ciò sicuro principalmente in rispetto della G recia , non che per altro : affinchè non vi riportino con ispe- dizione più grande ta guerra , se mentre marciamo noi colle armi contro Babilonia e D ario , essi ra- cquistano i littorali ; tanto più che Sparta ci f a guerra dichiarata ; ed A tene ci si tien congiunta per paura , anzi che per am ore. Ma presa 'T iro , a noi si darà quanta è la Fenicia , ed a noi passe­ranno , com’ è verisimile, pur le navi Fenicie, che sono le più numerose e potenti nella fio tta Persia-

1 na . G ià non soffriranno i remiganti n i le m ilizie d i esse navi di correre il m are , e cimentarsi per al­tr i mentre noi terremo le loro c ittà . Dopo questo Cipro o renderaccisi aneli ella senzà ren itenza ’, o la pig/ierem fac ilm en te , navigandovi. P oten ti allora di due flo tte , della Macedone , e della F en,d a s * fiancheggiati insieme da que' di C ipro , sarem ve­ramente i padroni del m are , e ci diverrà pianissi­ma la spedizione in E g it to . E ridotto V E g itto ; non

S E C O N D O 6Stresterì per noi db temere su la Crrecià à la pa tria . Così levato a’ Persiani il. mare , e le terre di qua dall' E ufra te marceremo a Babilonia con sicurezza della patria e con luce p iù grande d i gloria .

21. Cosi disse e li persuase, nè difficilmente. Rin­fiammò poi lui per F assalto di Tiro anche un se* gno celeste: imperocché* parato essendogli quella notte in sogno di andarne alle mnra; Ercole avealo preso per la destra e portato nella città. Su che po> «eia Aristandro Ulterpetrò che Tiro si prenderebbe ina eoa travaglio, perchè travagliose pur furono le imprese di £rcole: e certo ben ardua se ne conce* piva la espugnazione . Era Tiro stessa un’ isoletta , « fòrte d ’-ogn’ intorno per alte mora; e le cose di mare pareapo in qualoke modo allora più propizie « ’suoi cittadini, giacché essi aveano assai navi, ed i Persiani dominavano le onde . Egli a vincere in un» tu tti gli ostacoli, destinò di far terrapieno dal con­tinente fino alla città . Quivi lo stretto del mare b un tal luogo impaludato, limacoioso, e guadoso pres* so del continente , ma cupo almeno diciotto piedi presso della c ittà : laddove più abbassasi la profon­dità del passo. Eravi nondimeno grande la copi» de’sassi, e de’ legni che a ’sassi soprastendevano i e vi si piantavano le palizzate non difficilmente, cofn« in un fondo lezzoso, anzi il lezzo stesso faceasi le­game ai «assi, ond’essere consistenti. Molta era 1» insistenza de’Macedoni all’opera e molta quella di Alessandro, il quale vi ordinava presenzialmente ogni cosa, e qua raccendeva, là sublimava colle pa­role chiunque avessevi fatte fatiche più utili, e di coraggio più nobile. Finché si fe terrapieno presso del continente avanzavasi il lavoro non difficilmen­te , perchè basso era il fondo che empitasi, e perchfe niuno vi si opponeva. Venuti però vicini a luoghi più profondi come alla c ittà , saettati di su dalle nm* ra alte, erano danneggiati perchè guerniti anzi per lavorare che per combattere. E sopravvenendo an­cora di qna e di là su le navi i T ir j , come arbitri del m are, difficoltarono più e più volte ai Macedoni

A m m a n o . 6

6 5 L I B R O

la continnauone del terrapieno. Pertanto i Macedo­ni alzarono sa questo, dove piò si sporgeva nel m a­re , due torri con sopra le macchine. Pelli e tende furono un riparo dai tiri igniferi fatti dalle mura* come un’assicurazione, per chi lavorava, dalle saet­te ; e quei Tirj che navigavano ed infestavano l’ope­ra furono non difficilmente respinti co’dardi scagliati di su dalle to r r i . All’ incontro i Tirj così fecero. Empierono una barca oneraria di sarmenti aridi, e di altri combustibili: e per comprendervi il più che poteano, di materie, e di faci, piantarono su la pro­ra due alberi , e li cinsero intorno con siepe larghis­sima : poi vi Tannarono pece, e zolfo, e cose altret­tali da mettere i grandi incendj: raccomandarono a ciascuno dei due alberi due antenne ed alle anten­ne appiccarono vasi con materie che tirate o versate avvalorano la fiamma ; e raccolsero verso la poppa ogni nautico attrezzo, affinchè la prora*si elevasse in alto, spintavi dal contrappeso ( l ) . Quindi colto il vento che spirasse verso quel terrapieno legano la barca colle trirem i, e ve la conducono. Avvicinatisi dov’era il lavoro, e le torri, misero fuoco alle ma­terie della barca, e la sospinsero, tirandola quanto più poteano colle triremi, alla punta del terrapieno; e quelli che erano sn la barca incendiata ne saltaro­no a nuoto ; nè difficilmente. Allora gran fiamma si avventò su le torri, e le antenne rottesi versarono sul fuoco tutte le materie apparecchiate per accre­scerlo . Iatanto quei delle triremi non lontani e fer­mi bu le ancore, scagliavano nembo di strali su le torri perchè non fossero senza pericolo quanti vi por­tavano mezzi onde spegner l'incendio. Comprese le torri dal fuoco accorsero molti dalla città su piccioli legni, e sopravvenendo chi di qua chi di là schian­tarono non difficilmente la palizzata ond’era intorno tenuto quel sentiero entro mare, e bruciarono pur le altre macchine, non investite dalle fiamme della

(i) Cnrt. lik. 4. p ira ;, i r . Navem magnitudine eximiem, taxi* arenarne a pappi cneratam , ila ut multum prora exinerent, bitumine ac iitlfhure illuam rcmit concitavennl.

S E C O N D O 6 pl»arca. Diedesi allora Alessandro a ricondurre dal continente quel sentiero, ma più spazioso onde al- Barri più torri; ed impose insieme agli artefici di fabbricare altre macchine. Ciò fatto prese i soldati cinti di scudo, e gli Agriani e venne a Sidone per adunarvi quanto avea di triremi; parendogli che im­praticabile sarebbe l’assedio di Tiro finché Tiro saw rebbe dominatrice del mare.

22. Intanto Gerostrato re di Arado, ed Eoilo ré di Biblo al sentire, ciascuno, le sue città sottomesse ad Alessandro lasciarono Autofradate e la flotta di questo; e vennero colle navi loro ad Alessandro, e con essi pur vennero le triremi de’Sidonj; tantoché ai stettero con lui circa ottanta navi Fenicie. Giun­se di que’giorni da Rodi la trireme detta peripolo e con essa altre nove : tre ne giunsero da Solo e da Mallo, dieci dalla Licia, ed una di cinquanta remi dalla Macedonia, e Proteo di Andronico la coman­dava. Non molto dopo vennero in Sidone anche i re di Cipro con circa cento venti navi, perchè sentita avevana la disfatta di Dario presso di Isso, ed at- terrivali ancora l’ essere la Fenicia tutta divenuta già di Alessandro. Or egli fe grazia a tutti questi sul passato perchè pareano avere unite le navi loro colle Persiane ansi necessitati che volontarj. Mentre si costruivano per lui le macchine , e si apprestava­no le barche per navigarvi e combattervi, scorse con alquanti squadroni di cavalleria con gli Agriani, con gli arcieri, e co’soldati cinti di scudo nell’Ara­bia al monte detto Antilibano: e fattovi conquiste dove a forza, dove per condizioni, si rendette den* tro undici giorni a Sidone; ove trovò l’Alessandro figlio di Polemocrate venuto dal Peloponneso, e con esse quattro mila Greci mercenarj. Appena ebbe pronta la flotta fece ascendervi tanti soldati con lo scudo, quanti gli pareano bastare a combatter per m a re , se combattere vi si dovea col menar delle mani più che colla incursion delle navi : e scioglien­do da Sidone andò verso Tiro in buon ordine. Egli teneva il corno destro il quale era verso l’alto mare.

e con esso par lo tene&no i re di Cipro, e de ll* Fenicia, toltone Pnitagora: giacché Pnitagora, e Cra» tero conducevano l’ aia sinistra di tutta l’a rm a ta . Su le prime avevano i Tirj destinato dar battagli» in mare se in mare veniva Alessandro ad assalirli. Vedendo allora p*rò fuori di ogni opinione con lu i tante navi, giacché non era si prima udito, che ave» pur quelle de’ Fenicj e de’Ciprj; e vedendole in or» dine di battaglia, giacché poco innanzi di approssi­marsi alla città si erano fermate in m are, ed o ra ae venivano con quell’ordine a grand’ impeto perchè aon contrastate*, ciò vedendo i Tirj lasciarono ogn’ide» di combattimento navale, e «barrarono e presidiaro­no colle trirem i, quante ve ne rapivano, la bocca dei porti lo ro , affinchè non entrasse in alcuno Far­inata nemica. Adunque non uscendogli i Tirj incon­tro , Alessandro naviga verso della c ittà; ma diffidasi forcante 4l .porto verso Sidone perchè picciola ne era la imboccatura, •« perchè serrato vedeasene il tran* «ito con triremi ehe, oppongano la prora. Standosene' però tre di esse più in fuori nella imboccatura; i Fenicj si scagliano contra loro pur colle prore op­poste, e le battono e Ife affondano: ma gli nomini i quali v’erano trovarono non di/Ecilmente lo scam­po su la .terra che «rane amica. Dopo questo Alea» sandro ritira non lungi dal terrapieno fatto la sna fletta presso del lido dove parea sicura dai venti.

u3 . Nel giorno appresso comanda che quei di Ci­pro assedino feotto gli ordini di Andromaco la città verso il porto ove si viene da Sidone; ma colloca li Penici di là del terrapieno verso il porto dal quale si parte per l’Egitto , e verso il quale era il padi­glione di Alessandro. Aveva egli già pe’ tanti arte­fici raccolti da Cipro e dalla Fenicia, montate assai maochine quali sul terrapieno, quali su le barche one­rarie trasportate da Sidone, e quali su le triremi non si spedite nel moversi. Pertanto com’ ebbe pron­ta ogni cosa, inoltrò le macchine sopra del terra­pieno; e su le navi che si accostavano e tentavano qua e là le m ura. Avevano i Tirj alzate delle torti

68 L I B R O

S E C O N D O 69n i piò alto delle mura dalla parre del tempieri* per combattere dall’interno di quelle: e se le mac* chine mai presenta vapsi altrove, le tempestavano co» gli s tra li, lanciando colpi incendiar] so le navi; on­de spaventare i Macedoni dall’ avvicinarsi. Erano poi le mura verso del terrapieno alte pe’Macedoni alinea cento cinquanta piedi, e larghe proporzionatamente, e formate a gran sassi, uniti eoo gesso. Nè era fa­cile andare ano alla città da questa parte nemmeno colle navi onerarie nè colle triremi le quali accosta­vano le macchine alle mura; perchè gran quantità di sassi sprofondati nel mare impediva che si avan- lassero. Risolvette Alessandro di ritogliere questi sassi ; ma penoso ne era ..il lavoro come fatto su dal* le navi, e non da una terra ferma: soprattutto spia» gendosi i Tii j entro navi coperte fia presso alle an­core delle triremi nemiche tagliavano- le foni delle ancore, e rendeano alle triremi arduissimo ravvici­narsi . Alessandro ricoperse anch’egli con modo egua­le molte triremi a trenta remi, e misele oblique da>- vanti delle ancore afHn di reprimere le incursioni delle navi de’Tirj; ma tuffandosi questi, come i pa­loni baj (1) tra le acque, vi troncavano ancora quel* le funi. Allora i Macedoni gittarono le ancore lega­te alle catene anzi che alle gomene, tanto che nien­te più vi poteano que'palombaj. Così figliavano prf* legami loro que’sassi da’ mucchi, e li ritraevano dal­le acque; poi scagliandoli colle macohioe per l’aria li faceano ricadere in alto mare affinchè non potes­sero piò nuocere gittati un’altra volta innanzi di essi'. Purgato il corso da que’ ritardi andavano le ' navi non difficilmente alle m ura .

34- Imbarazzati i Tirj per ogni verso risolvettero fare una irruzione contro le navi Ciprie stazionata

(1) Sono gli Urinatoret dei latini : nel p te o XOÀOfl(3 uTCU colembiti, éolU de colombai: dalla qnal voce parmi tratta per all ultore lontanissima, <petWi di palombari: voce derivativa» e senza il significato della sua derivazione. )Weno riprovabile sarebbe stata meli a di colombari : la voce grec* e latina 4 p i i consentanea, esprimendo il calar A tt'ac^na» 0 il a n s o col q u i* vi c** U>».

f o L I B R O«davanti al porto che guarda Sidone. Aveano essi ti- rate già da gran tempo delle tende su la imbocca­tura di questo porto perchè non vi si vedesse l’ im­barco delle milizie. Adunque sul mezzogiorno quan­do i marinaj si stavano sbandati pe’loro bisogni v ed Alessandro erasi ritirato al padiglione da quella delle sue flotte posta dall’altra parte di T iro, empiono tre quinqueremi , altrettante quatriremi, e sette tr i ­remi di soldati i più scelti, meglio armati, e più co­raggiosi pe’combattimenti navali. Vansene da prin­cipio su ciascuna senza fragore di rem i, anzi i remi portando senza brio di gridi e d’inviti. Non sì tosto però si rivolsero contro i Giprj, ed erano lì lì per esser veduti; allora sì che ne andarono tra clamori e conforti e suono incessante di rem i. In quel gior­no Alessandro era ito al suo padiglione ma senza tratteaervisi il tempo consueto erane per avventura .tornato indi a poco alla flotta. Sopravvenuti inaspet­tatamente alle navi, o vuote affatto, o riempiute tu­multuariamente a que’gridi e quella irruzione, af­fondarono nel primo attacco la quinquereme del re Pnitagora, quella di Androcle di Amatusio, e quel­la di Pasicrate di Turieeo, e ne fracassarono altre con sospingerle ai l i d i . Alessandro, conosciuta la sortita delle triremi, comanda ohe molte delle navi le quali eran seco, si schierino, armate com'erano, dinanzi la bocca del porto sicché non sortissero le altre dei T i r j . Quindi esso piglia le quinqueremi che avea seco, e circa cinque triremi, quante ne erano venute a lui piene in quella fretta, e costeggia ia- torno la città per giungere su quelli che ne erano usciti. Gli altri Tirj allora vedendo dalle mura i ne­mici io corso, ed Alessandro su le navi, chiamaro­no i compagni per la ritirata con più e più segui non potendo sentirsene le voci pel romore e per l'im­pegno nell’azione. Si avvidero alfine di Alessandro, e del sèguito, e diedero volta e fuggirono verso del porto : ma poche solamente fecero in tempo, perchè le più colte dal nemico divennero inabili al mare; ed una quinquereme ed una trireme loro fu presi*

S E C O N D O r i•ppnnto nell’ ingresso del porto, ma senza grande oc* cisiune; imperocché li soldati che v*erano sopra,,vi­stele cadute prigioniere, si gettarono a nuoto, e scam­parono non diffìcilmente nel porto.

2,5. Divenute ornai le navi inutili a Tiro, i Maoe-» doni vi accostarono le macchine, ma quelle che vi fu­rono accostate sopra, del terrapieno non vi causarono nulla di rilevante; appunto per la solidità del maro in quel la to . E siccome niente pur fecero anche gli a ltr i avvicinativÌ8Ì con -navi portatrici di macchine dalla parte verso Sidone; quindi Alessandro volteg­g ia per tutto intorno le mura dalla parte del vento N o to , e dell’ Egitto, e tentale con ogni prova. Or ne fu qui primieramente intronato buon tratto, ed in parte ancora disciolto e rovesciato. Gettati allo­r a su tutto il tratto rovesciato i ponti, s’ accinge a trascendervi; ma i Tirj ve ne risospinsero non dif­fìcilmente i Macedoni. Da indi a tre giorni, aspet­tata una calma de’ venti, e confortati li capitani all% impresa, fa portare alla città le macchine su le na­vi. E prima battè gran parte di muro; poi quando gliene parve la rottura divenuta spaziosa abbastan» za fe ritirare le navi portatrici delle macchine, ed avanzarne altre due che gli recavano i ponti da «ten­dere su quella ro ttura. Presero l’una di queste i sol­dati cinti di scudo de’ quali era capo Admeto, e l ’al­tra i soldati di Ceno chiamati i raen forti; ed ei si mise con quei dello scudo per ascendere il muro do­vunque gli riusciva. Quanto alle triremi ne spedì talune verso i due porti affinchè ne forzassero, se poteano l’ entrata, quando i Tirj si fossero rivolti contro di essi nelle mura: ma volle che tutte le al­tre le quali portavano i dardi i quali si scagliavano colle macchine, e quelle che portavano gli arcieri ne’ varj banchi, navigassero attorno la città, e1 ve- nisservi dove potevano, e se no , si fermassero a tiro giusto di colpi, affinchè li Tirj investiti da tutte le parti non sapessero infine che fare su tanto perico­lo. Approssimatesi le navi ohe erano con Alessandro, .e gittati da esse i ponti su }e mura j ecco i soldati

72 L I B R Ocinti di scado salirvi ardeatissimaraente facendo!» Admeto da valentuomo. Seguivali Alessandro coope­ratore anch’-esso vivissimo, e spettatore di ogni bel- l’opera, fatta per valore dagli altri nel pericolo. Or qui dove era egli, si occupò la prima volta i l m uro, e se ne scacciarono i difensori, nè difficilmen­te , perchè appunto qui ebbero i Macedoni la prima volta una via solida nè più cinta, e chiosa per in­tero. Admeto, salito il primo le mura, mentre esor­tava ancor gli a ltri a salirle , fa colto da ona lan­c ia , e morì quivi appunto. Intanto Alessandro per­venne co’suoi sd le mora, e prese le torri e quan­to era fra le torri, andò sa le mura stesse alla reg­g ia , parendogli di colà più facile in città la disce­sa. Intanto so la flotta di là li Fenicj forzano il porto, che assediavano, vetfso l’Egitto, è staccatine i serragli, vi fracassano le barche che vi erano, dan­do sopra le più lontane dal lido e sbattendo a terra le altre ; di qua li Ciprj espugnano l’ altro porto ver- •o Sidone, perchè nemmeno ricinto da’serragli, e • ’internano per esso nella c ittà . Li Tirj vedute pro­ve le mora, le abbandonano: e raccoltisi al luogo .detto Agenorio fann’alto contro ai Macedoni, quan­do scagliandosi Alessandro Su loro co*soldati cinti di «cudo, qoal ne uccide che resiste, « quale ne inse­gue che fogge. £ grande ne fu la strage perchè già le miliaie di Geno, e già quelle vennte dai porti te- ceano la c ittà . V ’ infuriavano i Macedoni seprattut- to , esaspèrati per"il tempo perduto nell’ assedio, e perchè que’cittadini dopo avere sorpresi alquanti di loro che inoltravano navigando da Sidone gli aveano tra tti ed accisi su le mura in vista dell’esercito, e gettati finalmente nel mare. Perirono in quella espu­gnatone ottomila T irj, ma non morì de’Macedoni «e non Admeto, il primo che brillandovi di corag­gio , prendesse le m ura, e con esso pur caddero ven­ti dei soldati con gli scudi: e tutto l’assedio nou co­stò che la perdita di trecento. Li Tirj che si erano ■riparati nel tempio di Ercole (ed erano principal­m ente i magistrati, Azenùco il monarca, ed alquanti

S E C O N D O ffrCartaginesi, ministri di «ante cose, venati regalar- mente alla oiwà madre per onorarvi Ercole ) ebbero tatti da Alessandro il perdono : gli a ltri li fe tutti schiavi, e trentamila furono questi sopravanzati ven­dati ta tti , esteri e cittadini. Qbindi offerse ad fir* cole nn sagrifizio, e mandoglielo in gala coller mili- sie armate; mentre le navi a neh’ esse ne festeggia­vano . Fe nel loco santo giuochi ginnastici ed illu­m inatone . Mis« come sacra nel tempio la macchio» colla quale fu rotto il muro e misevi pur la nave detta l'È rcole presa• da lui nel couflitto di mare, fattavi aria iscrizione sia da lui sia da a ltr i, la qua» le io qui non ripeto perchè non inchiude nulla di memorando. E così 'fa presa Tiro nel mese di Gin- gno, essendo Aniceto l’arconte di Atene.

26. Mentre Alessandro ttavasi ancora Bell’assedio di T iro, giunsero messaggieri di Dario i quali an- auoziavano che egli darebbe dieci Alila talenti a ri­scatto della madre, della moglie, e de’ figli: e sa* rebbe di Alessandro tutta la regione la quale sten- desi dall’Eufrate al mare di Grecia: anzi che se Alessandro pigliavasi in moglie la figlia di Dario, sarebbe l’ amico e l’alleato a» D ario . Manifestate tali -cose nell’adunanza degli amici è fama che Par- snenione dicesse ad Alessandro, che egli se fosse A- lessandro se ne appagherebbe, dando no fine alla guerra senza cimentarsi più oltre: e che Alessandro a 11’incentro gli soggiungesse, che anch*egli se fosse Parmenione appunto così farebbe: ma perciocché e- gli era Alessandro avea dato a Dario la risposta «he data gli aveva ; e fu questa : che non si abbiso­gnava d i Dario pe-danari, e che non prendeasi d i una regione la parte per l'in tero quando erariè g ià tu t ta sua la popolazione e le rendite ; che se volea per isposa la fig lia di D ario , sposerebbela, e senta le concessioni d ì Dario : consigliatalo di venire a lui- f e . voleva in lu i ritrovare condiscendenza. JDario com’ ebbe ciò udito, deposta ogni speranza di accor­d i , apparecchiava nuovamente la guerra. Intanto Alesi»adto risolvette fare una spedizione nell’Egitto.

74 L I B R O27. Aveano già ceduto ad esso gli altri luoghi

«della Siria chiamata Palestina: nè tuttavia cedeva a lui 1’ Eunuco (Batide ne era il nome) rettore della città di Gaza. Costui raccolti soldati mercenarj di Arabia; trasportato da gran tempo in città frumen- to per assedio diuturno} e fidando su questa corno inespugnabile per se stessa , avea destinato di non ammettervi l'inimico. E lontana Gaza dal mare cir­ca venti stadj ; ma la via vi sale arenosa e profon­da ; ed il mare è tutto limaccioso nelle adjacenze . Era città grande, su le cime di un colle alto, e fortissime mura la circondavano. E l’ultima che si abiti nell'ingresso della solitudine per chi viene dal­la Fenicia nell’Egitto ( l ) . Alessandro, giuntovi ap­pena, mise il campo dalla parte ove il muro gii •embrava più facile, e fe ricomporre le macchine. Dichiaravano i fabbri di queste che arduissima sa­rebbe la espugnazion delle mura per la elevazione del colle. In opposito pareva ad Alessandro che tan­to più dovesse effettuarla quanto era più ardua . 'Im ­perocché l’ardimento spaventerebbe colla sublimità sua vivamente i. nemici; laddove il non prendere quella città gli saria di gran biasimo presso di Da­rio , e de’G reci. Parvegli dunque di formare un ar­gine intorno della città per alzare da questo le mac­chine come da un piano alle mura (3): e perchè le mura sembravan più facili dalla parte australe; ivi principalmente attese a far l’argine. Finché giudi­cato, reso alto abbastanza; i Macedoni vi misero sopra le macchine e le inoltrarono come per trascen­dere le mura. Frattanto, incoronato, Alessandro sa- grifica va ; operando ornai su la vittima prima secon-

( ■) Quindi Torqnato Tasso nella sua Gerns. can. 17 disse;Gaxa è città della Giudea nql fin*Su quella via che ’n ver Pelusio mena:Posta in riva del mare, et ha vicine Immense solitudini d’arena.

Questa Gaza perà non è più 1* an tica , ma altra costrutta in Dn 111030 vicino nel tempo de’ M accabei. l a G aia antica è quella della quale Sansone si pose in collo le p o rte , e le recò nel monte vicino , e quella insieme nella quale morì sotto le rovine del tempio. Ora Gaza non è che picciola cosa.

il) Curzio 1. ] . Jggerem quo maenium alùtudinem aequaret extruxit.

S E C O N D O 7$do il costarne ; quand’ ecco sopravvola all altare un uccel di rapina e gli lascia sul capo un sasso che tenea con gli artigli • Il monarca interroga^ Aristan- dro l’ indovinatore che voglia mai dire 1 augurio: e l’indovinatore, vuol dire soggiunse o R e che pren­derai la città : ma che t i dei guardare da essa in quel giorno . Ciò udito, si tenne Alessandro alcun tempo nelle macchine fuori dei colpi : ma poi fatta­ci una eruzion violenta dalla città siccome gli Ara- Li portavano fuoco alle macchine, e saettavano dal­l ’alto i Macedoni che replicavan dal basso, e sicco­me li cacciavano dall’ argine lavorato ; egli allora , ■ia ohe volontario discredesse ad Aristandro, sia che sorpreso dal fatto ne dimenticasse le voci, pigliò li soldati cinti di scudo, e volò per soccorrere i Ma­cedoni dove erano maggiormente pressati. Certamen­te egli contenne i suoi perchè non fossero^ espulsi con turpissima fuga dall’argine; ma fu ferito^ esso stesso nell’omero con un colpo di catapulta giù perlo scudo e l’usbergo. Per altro ravvisando Aristan­dro per veridico su la ferita, si rallegrò, che su la fede pur di Aristandro piglierebbe la città : poi cu­rò ma con disagio la ferita. Intanto gli si trasmet­tono e gli giungon per mare le macchine colle qua­li avea presa Tiro: e comanda che formisi per tut­to intorno delle mura un piano di terra (1), largo due stadj ed alto dugento cinquanta piedi . Avute e disposte su questo le macchine batterono a gran col­pi le mura; e perciocché si erano sotto di esse mu­ra fatti degli scavi levandone senza darlo a vedere la te rra , veniv&no meno appunto su que’ vuoti e ca­devano da più parti (2). Insistevano frattanto vivis­simamente i Macedoni con nembi di strali, onde re­spingere gli assediati dalle torri loro. Ben impedi­rono questi per tre volte la invasione della c ittà , rimanendovi morti o feriti in gran numero: ma nel­la quarta presentando Alessandro da ogni parte la

_ (1) Sari vero ? Forse il racconto eccede : ed a me par meraviglioso, che A ru­ffiano che era un F ilosofo, Io accm i tranquillamente.

(a) Curzio J. ]. Ultima pestìi urbis fu it cunkulo suòrutus murut.

76 L I B R Ofalange, e qua diroccando le mora giti minate d i •otto , là percotendole e intronandole colle macchi­ne ; rendè non difficile il metter le scale sa quei roN fam i. E messevele, ecco sorger gara vivissima tra’Ma- cedoni, emuli di gloria a prendere il primo le ma* n : e primo le prese Neottolemo l’ ano de*compagni della stirpe degli Eacidi: e dopo lai salirono più o pi» schiere co'loro capitani. Penetrati appena alcu­ni Macedoni tra le mora ruppero qua e là le porto» quante ne incontrarono, e r i accolsero tutto 1’ eser­c ito . I Gaaesi, veduta già presa la città, si concen­trarono e combatterono,morendo tu tti , ivi appunto, dove s*erano ordinati per combattere Alessandro ffeee schiavi i figli e le mogli loro? ftià ripopolò la città colle genti intorno, e se ne Valse f come di od presidio, per la guerra .

I l fine del Libro Secondo

L E S T O R I E

D I A R R I A N OSU LA SPEDIZIONE DI ALESSANDRO

LIBRO TERZO

1. 1 Gassa Aleaaandro procedette verso l’ Egit­to , al quale a*era indirizzato fin da principio: e nel aettimo giorno venne a Peluaio ( ì) di Egitto, ove trovò stazionata la atta flotta la quale navigava dal­la Fenicia , intenta «neh’ essa all’ Egitto . Mazace Persiano era il Satrapo messo da Dario su l 'E g itto . Or questi, Udito come piegò >la battaglia di Isso » come Dario ne fuggì Con fuga turpissima, e come già la Fenicia, la Siria, e buon tratto di Arabia era de’ Macedoni ; ‘altronde non avendo easo un* ar­mata Persiana, ricevette gentilmente Alessandro nel» le sue cittadi e provincia. Il quale introdusse*guar- nigione^in Peluaio, comandò alla flotta di navigare ani fiume fino a Metnfi, ed egli si diresse verso di EHopoli, lasciandosi a destra il fiume, che era il Nilo: tra via prese tutti gli abitati, dandogliai gli abitatori, e venne pel deaerto ad Eliopoli. D i là 3 passato il fiume giunse a Memfi ove fece sacrificio ad Api come ad altri numi, e dilettò con giochi ginnastici e musiche, essendovi accorsi dalla Grecia maestri celebratissimi. Da Memfi navigò, seguendo il fiume, verso il mare , e trasportando su’ legni i aoldati ejnti di acudo, gli arcieri, gli Agriani, e lo squadrone regio de’ compagni a cavallo. Giunto a

(i) bocci piò orientale del N i lo , e e itr ì dello stesso nome f im o » nella Moria: Curzio icrive anch’egli lib. ?. Septimo die postquam a Gaza m overai, in regionem Aegypti juam nunc ctutro Alexandri voctuU etc.

78 L I B R OCanòpo, e navigata intorno la palude Mareotide 4 venne dove ora «orge Alessandria, città denominata da Alessandro ( l ) . Parve a lai questo luogo bollis­simo da crearvi una Città la quale floridissima di­verrebbe . Adunque preselo il desiderio di farvela, ed egli stesso delineò dov’ era da formarsi il foro, dove i temp], quanti ne volea , pe’ numi Greci e per Iside Egiziana, e dove il ricinto delle mura. Sagri- ficò per tale imprendimelo ; e lieti ne apparver gli augurj: e su ciò si tramanda questo o simil raccon­to , non indegno, io penso di fede cioè ; volendo Alessandro lasciar distinto egli stesso agli artefici ove dovessero alzare le mura, nè avendo questi come con­trassegnare la te rra , uno di loro disse che si adu­nasse la farina la quale portavasi da'soldati ne’vasi proprj, e che se ne spargesse, dove Alessandro ad­diterebbe; e così fu centrassegnato il circuito cho egli dava alle mura . Su ciò gl’ indovini , e princi­palmente Aristandro Telmissese, il quale diceasi che gli avesse presagite molte verità , prenunziarono ad Alessandro che quella città ridonderebbe de’ frutti della te rra , come di altri ben i.

2. Intanto, navigando, venne Egiloco ancora al- r Egitto, e disse ad Alessandro che quei di Tene- d o , congiuntisi già di mal animo co’Persiani, sen e- rano distaccati, e datisi a lui: che que’di Scio avea­no rivendicata la propria città colla forzo, da quel­li che vi soprastavano per ordine di Autofradate, e di Farnabazo: che ivi era stato sorpreso e ritenuto Farnabazo medesimo, come era stato ritenuto Ari- stonico tiranno de’ Metinnesi (2) capitato con cinque navi piratiche nel porto di Scio senza conoscere che fosse già de’Macedoni, anzi ridotto a credere per gli artifizj delle guardie medesime del porto , che ivi stesse la flotta di Farnabazo . Esponeva che i pirati erano stati uccisi tutti da essi, ma che egli

( ■) C ari. Elegit urtì toc un» ubi nunc est Alexandria, appellatiti aem trahent ex nomine auctorii.

(i) M etinna, secondo Strabane * c ittì de* Lesb) discosta sessanta stadi dai lidi dell’ A sia, famosa pe’ bnoni vini e pe'natali di Arionc poeta. C o n io narra il cato di S intonico nel lib. 4 parag. i* .

t è r z o ? ’qora. portava Aristonico, ed insieme Apollonide di Scio, e Fisino e Megareo, e quanti aveano coopera­ta contro lui la ribellione dell’isola, e poi l’ isola malmenata colla tirannide: che era stato spogliato C aritè , che la tenea, di Mitilene, ed eransi ricevu­te a patti le altre città di Lesbo: che egli avea mandato Ainfotèro all’isola di C O (l) munito di sessanta navi, invitatovi dagl’isolani medesimi, e che poi navigando di colà trovò questa in poter di Ani* fotèro > Egiloco menava seco tutti gli altri prigionie­ri : ma Farnabazo erasi involato in C 0 dalle guar­die^ senza che se ne avvedessero. Alessandro rimandò li tiranni delle città nelle città medesime perchè queste destinassero di essi a lor voglia, ma fe con­durre Apollonide ed il seguito suo tra guardie di­ligentissime ad Elefantina, città dell’Egitto.

3. Intanto desiderò di andare ad Ammone nella L ib ia , per interrogare su di alcuna cosa lo Dio ; tenendosene 1’ oracolo per sicurissimo ; anzi essendo stato già consultato da Perseo e da Ercole, dal pri­mo quando era mandato da Polidete contro la Gor­gone , e dall’ altro quando avanzavasi alla Libia coa­tra di Antèo, ed all’ Egitto contra di Busiride. Or voleva Alessandro emulare Perseo ed Ercole, come intrinseco alla stirpe dell’ uno e dell’a ltro : giacché egli rimandava la origine sua ad Ammone ; come le favole rimandano a Giove quella di Perseo e di Er­cole . Egli ne andava ad Ammone per intendere , o per divulgare almeno di averle intese, con più sicu­rezza le cose sue. Fino al Paretonio viaggiò lungo il mare su spiaggia deserta, non però priva di acque , per mille secento stadj, come aiferma Aristobolo. D i là si ripiegò, verso luoghi mediterranei ov’ era 1’ oracolo di Ammone : la strada ne è deserta , sab­biosissima e senz’ acqua: ma le acque in copia gli piovvero dal cielo; ed egli le ascrisse ai numi, co­

li) Ora Lang«: Isolctta adiacente alla Caria. Non è molto lontana da A li- c a rn u to ; e fu patria Hi A pelle, onde Ovidio srriste lib. j . de arte am andi:

Si Venerem Cous nunquam pinxisset Apella JUa sub aequoreit mtrsa laturet aquit.

8© L I B R On e ai nomi iscritte por questo: Vuol d ire : se spi* ra per que’ luoghi un vento di mezzogiorno traspor­ta tante arene su la strada; che spariscono affatto lq tracce d i essa: tanto che non più si discerne ove si dee camminare sa le arene come sul mare. Impe­rocché non stan per segnali della via nè monti m ai, uè arbori, nè rilievi stabili ed altijda’quali argomenti­no t viandanti il corso loro come i nocchieri dalle stei* l e . Pertanto la milizia di Alessandro frodava alla ven­te rà ; e li condottieri stessi erano inaerti del sentiero. Or qui Tolommeo figlio di Lago,scrive che due dra* goni, dato uno strido, si misero innanzi all’eserci­to : che Alessandro ordinò che si marciasse dietro lorp e si confidasse noi portento, e che questi inse­gnarono la strado» nell’andare e nel tornar dall’ora» colo. Per altro A ribobolo ( e vi consuona il raccon­to dei più) tiene, che le guide di Alessandro furo* no due corvi, i quali volavano innan'/i all’ esercito. Ben io potrei asseverare che concorse in ciò ( giac­che par verisimile) un qualche segno divino: ma 1» qualità ce ne han tolta quei che lo han raccontato in questo o quel modo.

4. Il luogo ov’è il tempio di Aminone è tutto in­torno solitudine, arene, inopia di acque : pjure esso luogo di mezzo, picciolo in se stesso, giacché dove più si d ila ta , dilatasi a quaranta stadj appena, è tutto ripieno di arbori dimestiche, di olive, di pai» ■ e ; ed e 1* unico il quale spargasi di rugiada ne’con- torni. Pullula da esso una fonte ma niente alle fon­t i somiglia che pullulano dalla terra . Fredda è l’ac­qua di messo giorno a gustarla e' tanto più fredda quanto è più acceso chi gustala: ma poi via via di- vien c^lda col declinare del sole, e più e più ancora, dall’ occaso fino alla mesca notte, nella quale è cal­dissima : passata la mezza notte si rattiepidisce a gra* d i , e fresca divenuta su l’ alba torna freddissima bei mezzo giorno: e così -tutti i giorni si varia. Ivi spontaneo cresce un sai fossile : e di questo portasi nell’ Egitto da alcuni Sacerdoti di Aminone ; per­ciocché andando in Egitto lo pongono ia cestelli

T E R Z O 8 t■intesoti di palme, e lo tecaao in dono ai monarchio tal a l t r i . Lunghi, tal volta tre d it i , ne sono i grumoli, e limpidi come cristalli ; e questo come più pnro dei «ali del mare unno nel sagrificare gli Egi» aiani, e quanti trattano senza negligenza le cos« de’Numi. Alessandro, ammirato il luogo, interroga l ’oracolo; è sentitene cose, com’ei dicea, di suo con­tento, ripartì per l’Egitto, dando indietro come scri­ve Aristobolo per la via medesima, o per l’altra di­ritta a Meni fi, come scrive Tolommeo figlio di Lago.

5 . In Memfi giunsero a lui molte ambascerie della Grecia i e niuna ne rimandò non appagata nelle ri­chieste: ivi pur gli giunsero nuove reclute, vuol dire quattro.cento mercenarj Greci, spediti da Aptipatro, sotto gli ordini di Monete figlio di Egisandro, e cin- -queceuto cavalieri dalla Tracia, retti da' Asclipio- doro, figlio di Eunico. Fecevi a Giove re sagriftaio e pompa coll’esercito in arm e, e certami di Ginna­stica, e mnsica. Poi diè forma alle cose di Egitto, e nominatine due governatori Doloaspe e Petise egi­ziani, compartì fra loro tutto quel popolo: ma ri­cusandosi Petise alla incumbenza sua, le ebbe tutte il compagno. Degli amici suoi, mise per capo del presidio Pantaleone di Pidno in Memfi, e Polemone Pelleo figlio di Megacle in Pelusio. Volle che Lici- da Etòlo comandasse ai forestieri, e che di questi fosse lo scriba Eugnosto, altro amico suo, figlio di Zenofanto, standosi a sopravvegliarli Eschilo, ed Efippo di Calcedone. Diede la cura della Libia fini­timi! ad Apollonio figlio di Carino, e quella dell’A­rabia presso la città di Eròo, a Cleomene Ecnau- crazio ; ingiungendo a questo che lasciasse ai presi­denti ( l) loro larvi le leggi secondo l’antica usanza, ma vi riscotesse il tributo, com’ erano stati subor­dinati a pagarglielo. Dichiarò generali capitani delle truppe lasciate in Egitto Peucesta figlio di Mar­i t a t o , e Balacro figlio di Aminta, fattone Polemo- ne di Tiramene ammiraglio delle navi. Creò guardia

A rai a no . 6(0 Principi secondo la versione Utina di F ac io .

82 L I B R Odel corpo invece di Balacro, Leennato di Onaso, perchè Annìba era morto di malattia: come por mor­to essendo Antioco il dace dogli arcieri surrogò sa di essi Ombrione di Greta. Similmente in luogo di que- •to Balacro, ora Egiziano, il quale era ne il capo , mise Calano a reggere la fanteria ausiliaria. Dicesi che ripartisse tra molti il governo dell’Egitto, per­chè pieno della meraviglia su la natura e fortifica­zioni di esso riputava malsicuro fidarlo tutto ad ua solo . Ed a me pare che i Romani abbiano impara­to da Alessandro a guardare 1’ Egitto , e mandarvi un che reggalo, dall’ordine de’cavalieri, e non de’se­natori ( i) .

6. All’apparire della primavera Alessandro dopo avere gettati i ponti pel transito del Nilo, e delle diramazioni sue presso di Memfi partì da questa città verso della Fenicia. Arrivato a Tiro vi trova giunta la flotta, e replica sagrifìzj ad Ercole, e certami di Gimnastica e Musica. Qui lo raggiunge la nave, no­tissima ne’ pubblici usi, degli Ateniesi la quale por» tavagli ambasciadori Diofanto ed Achille, e con essa pure venivano tutte le navi compagne della legazio­ne. Ottennero questi le cose per le quali erano stati spediti ; ed egli rendette ancora ad Atene tutti gli Ateniesi fatti prigionieri presso del Granico. E det­togli , che faceansi delle innovazioni nel Peloponne­so , vi spedisce Amfotèro per soccorrerne i popoli, costanti per lui, durante la guerra Persiana, e ri­trosi ai Lacedemoni. Ve lo mandò generale con cen­to navi fatte apparecchiare di nuovo a quei di Feni­cia e di Cipro; ed egli s’inoltrò, verso Tapsaco (2) ed il fiume Eufrate. Deputò Cirano Berroeo su’ tr i ­buti della Fenicia, e Filossèno a raccogliere que 'dek l ’ Asia di qua dal monte Tauro. In luogo poi di que­sti mise alla cura delle monete le quali portava se­co , Arpalo M acata, rivenuto di fresco dall’ esilio.

(i) Certe nozioni primordiali le jomministra 1» considerazione stessa delle co»e ; non che siavi bisogno di un Alessandro a farle conoscere.

U) C ittì presso la sponda opti4cnt»le dell’ Enfiate nella Mesopotamia l ’cpn- 6»i dell'Arabia deserta.

T E R Z O 83Bra costai perete fedele, fuggito regnando Filippo; come per la causa atessa faggi Tolommeo figlio di JLago, e Nearco figlio di Androtino, ed Erigio e Laomedonte fratelli, figli di Larìco; giacché nati £rauo de’sospetti tra Filippo ed Alessandro, appena quegli prese per moglie Euridice, in dispregio di Olimpiade madre di questo. Restituitisi poi, morto Filippo, presso lui quanti erano per sua cagione fug­g i t i , creò Tolommeo guardia del corpo, Arpalo te­soriere, perchè mal sano per le arm e, Erigio capo della cavalleria confederata, Laomedonte sao fratel­lo soprastante ai prigionieri barbari, come idoneo a scrivere in due barbare lingue; e Nearco satrapo della Licia e de’ paesi i quali confinano, insino al monte Tauro. Arpalo poco innanzi della battaglia, data presso dell’ Isso, era fuggito, sedottone, con Taurisco uomo scellerato. Andò Taurisco ad Ales­sandro Epirota nell’ Italia , ed ivi morì: per l ’oppo- sito Arpalo erasi raccolto a Megara ; ma Alessandrolo risolvette a tornare, assicuratolo, che non si fa­rebbe minor copto di esso in vista della fuga ; e cer­to non si fece minor conto di lui quando tornò, ma fu incaricato del tesoro. Deputò Satrapo della Lidia Monandro l’ uno de’coetanei amici, e compagni, so­stituendo Clearco in luogo di lui su i forestieri, de’ quali era duce: e finalmente nominò Asclepiodòro di Eunico Satrapo della Siria in luogo di Arimna perchè Arimna gli era sembrato averi?* fatta da re nell’apprestare le cose ordinategli per l’ esercito quan­do Alessandro s’ inoltrava alla volta di Egitto.

7. Pervenuto a Tapsaeo nel Giugno essendo Ari­stofane l’arconte di Atene ; trovò tirato un doppio ponte al passo del fiume ; perchè Mazeo incaricato da Dario della guardia del fiqv e avea finora ivi guar­dato questo con circa tremila di cavalleria, due mila de’quali erano mcrcenarj di Grecia (1). E siccome non era il ponte tirato fino alla riva opposta (2), i

(1) Carzio lib. 4. parag. j j . Maxeo R .a tter i sex millia data, quibus hostem frantila amai] areeret.

(a) Ciò* quell» alla quale g iingera / ileiiandro la quale m la riva ulteriore iisp« to a M azeo.

84 L I B R OMacedoni temerono che Mazeo s’ostinasse a difender­lo ; e fermaronsi. Costui però sentito il giungere di Alessandro fuggì con tutti i soldati; e lui fuggito, furono continuati i ponti fine su l 'a ltro lido , e vi passarono Alessandro e 1*esercito. Quindi lasciandosi itila sinistra il fiume Eufrate ed i monti dell’ Arme­nia si avanza per -la regione detta Mesopotamia ; non però su la via retta dall* Eufrate a Babilonia ; per­chè marciando per altra via riusciva più agevole, ia tutto il prendere ne’ varj luoghi i pascoli, e quanto bisognava , nè il caldo bruciava sì vivamente l’ eser­cito. Sorpresi tra la marcia alcuni militari allenta» natisi dall’ armata di Dario per esplorare, indicava­no che Dario si stava in riva del Tigri pe* impedi­re Alessandro se facessi a passarlo, e che tenea sol­datesca più numerosa di quella con cui combattè nel­la Cilicia, Si affrettò, ciò udendo, Alessandro verso del T igri: ma, giuntovi, nè vi trova D ario, nè mi­lizie da Dario lasciatevi. Adunque trapassalo ma eoa travaglio per la rapidità della corrente quantunque niuno gli si opponesse. Dopo ciò dava riposo all’e- •ercito, quando ecco impallidire per ecclissi grandis­simo la Luna; ed Alessandro alla luna sagrifica, al •ole, ed alla terra , de’ quali si dice che siano que’ la­vori ( l) . Parve ad Aristandro che quel patimento della luna fosse propizio segno pe’ Macedoni, e. per Alessandro; che sarebbevi la battaglia appunto ia quel mese, e che le vittime pronunziavano ad obsì la vittoria,

8. Levatosi dal Tigri si avanzò per l’Assiria ia guisa che aveva «Ila sinistra i monti de’ Sogdiani, ed alla destra il Tigri medesimo. Il quarto giorno do­po quel transito i precursori gli riferiscono che ve- deasi per le campagne la cavalleria nemica, ma che non poteasene intendere la moltitudine. Egli riordi­na l’esercito , e si avanza come per la battaglia :

(i) C n n io lib. 4. patag. 19- prima ft-re vigìlia htna deficitns primnm nito- Tcm sideris sui condidit etc. V a g ^ iu n ^ che i capitani sparsero fra le tru p p e ; ehe il sole de' Persiani era la trina de Vreci, e che quante volte la luna v i ti icctisia premuoia a que'popoli strabe em ina.

T E R Z O 85quanti’ ecco altri precursori in gran fretta i quali osservata meglio ogni cosa, dicevano che non vi era» no più che mille in quella cavalleria. Pertanto prò* ao lo squadrone regio, nno di quei degli am ici, e li PeOoj tra’ precursori volò contro di essa, coman- dando che il resto dell’esercito lo seguitasse pian pia­no. I cavalieri Persiani, veduto Alessandro e li suoi correre velocissimi su laro, fuggirono senza farsi alle m an i. Alessandro gl’ inseguì ; ma li più s’ invola ro­so : tuttavia ne uccisero alcuni pochi, e ne presero altri vivi con tatti i cavalli afHacchitisi a correre. Appresero da questi che Dario era non lontano e con armata poderosa ; perchè erano venuti a soccor­rerlo gl’ indiani, confinanti de*Battriani, li Battria- ni stessi e Soddiani guidati tutti da Besso, satrapo della Battriana. Venivano dietro questi i Saci, po­polo degli Sciti di Asia. Non erano questi subordi­nati a Besso ; ma venivano per l’ alleanza con Dario « e Mab&ce ne era il capitano, e traevan d’arco sa dai cavalli. Barsaete, loro Satrapo, conducea gli Aracòsj; come por gl’ indiani chiamati montanari. Satibarzane il Satrapo degli Arii v’ era con essi; e v’era Frataferne coi Parti, eogl’ Ircani, coi Topìri, ta tti a cavallo. Atrocrate recavai Medi, ed ai Medi erano coordinati i Cadusj, gli A lbani, i Sacesìni. Condobàte, Aribairzàne, Ossine avevano apprestato i littorani del mare di Persia. Gli Ussj e li Susiani presentavano per capitano Ossante il figlio di Abo­lito . Bupàre comandava ai Babilonesi; e coi Babi­lonesi erano schierati i Sitacini, e qoel ramo di Ca- r j , svelto a forca dalle lor terre. Oronte e Mitrau­ste presedeva agli Armeni ed Ariàce ai Cappadoci. Mazeo menava quei della Gelesiria, e que’ che sono intra i fiumi della Siria. È fama che l’esercita di 'Dario comprendesse quaranta mila a cavallo, ed un milione a piedi: che avesse dugento carri falcati, ma pochi elefanti, cioè quindici al più, tutti degl’in ­diani i quali vivevano di qua' dall’ indo.

Con tanta milizia teneasi D a tió a campo in Gaa-

86 L I B R Opamèle presso al fiume Bumàdo (1), in distansa <Ji eecento stadj dalla città di Arbèla su di uaa esten­sione ia tutto piana, e aperta. Imperocché, sia pu>* re che vi fossero delle diseguaglianze, i Persiani l’a­vevano da buon tempo innanzi accomodata al cor­rervi de’cavalli e dei Carri ; giacche alcuni aveano rimostrato a Dario che egli nel combattimento d i Isso ebbe la peggio, appunto pel disagio de 'luoghij e Dario sen era senza difficoltà persuaso.- 9. Alessandro uditi tali rapporti concordi dagli esploratori Persiani arrestati; si fermò quattro gior­ni dov’era; e ristorò l’esercito dal viaggio. £ qui cinse il campo con fossa e steccato, perchè avea de­stinato lasciarvi ogn’ ingombro di guerra, e li solda­ti impotenti» ed egli andarne coi buoni, non con al­tro , che eolie arm e, a combattere. Alfine, presa l ’esercito, marciò tra la notte cirea la seconda vi­g ilia , per farsi col nascer del giorno su’barbari, Dario all’annunziarglisi ch’ei viene, schiera le mi» lizie per la battaglia : ed Alessandro menavaie schie­rate ancora. Già non distavano gli eserciti che per sessanta stadj l’ uno dall’altro: e già quel di Ales­sandro era venuto su le colline. D i là vede i barba­ri , e ferma la falange, e convoca da essa gli A m i­c i , i generali, e li capi de’cavalieri, come i coman­danti dalle truppe alleate e mercenarie, e consulta •e debba procedere all’ attacco, come i più consiglia­vano, o accamparsi appunto in quel luogo come vo- lea Parmenione, ed esplorare diligentemente tu tto , se aveaci cosa d’imbarazzo o sospetto, se fosse,o. tri­boli occulti, e comprendere meglio le posizioni del­l ’inimico. Prevalse il partito di Parmenione, e si accamparono, ordinati com’erano per la battaglia. Allora pigliati con se li soldati leggieri, e li cava­lieri coetanei, ed amici, va, e gira intorno, per co­noscere il paese ove dovevano operare. Tornato rir convoca i capi stessi : e dice :

(1) Questo fiume nel libro sesto 6. 8. ? chiamato Jfumelo; come Sumelo è f’ iamat-' da Curzio nel libro quarto i. i f . Lo scambio par Dato dall» toc*

per la be ile mutazione del A in A .

T E R Z O 8rJVb4 portare i l pregio che sieno da. luì stim olati

al combattere, quando da vecchio tempo g li stimola10 Uesso loro valore, e le opere luminose colle q u a -

11 kan tan te volte brillato. Solamente esorlavq tu t ­t i ; capi di coorti, di squadroni, di distaccamenti * di fa lange (1) , ad arringare ciascuno la m ilizia sua 4 condotta in quel giorno a combattere non per la Ce- Jesiria, non per la Fenicia, o l 'E g it to , come per addietro, ma per l'A sia intera ", giacché deciderebbesi in quel giorno finalmente chi dovesse comandare. N i avrebbero già bisogno di dare ad essa m ilizia ( eh alo ha proprio) con lungo discorso l'im pulso alle bel* le operazioni; ma dovrebbero solo am m onirla, corno osservasse ciascuno, quanto è da se , l'ordine tra pe­ricoli, il silenzio nelle marce da silenzio, come par­lasse con franca voce quando era bello parlarvi, « come alzasse, quando alzar lo doveva, l'urlo spa- ventatore della battaglia . Esortava inoltre essi capi ad ubbidire solleciti ai comandi, e solleciti traman­darli tra le schière, memori che la trascuranza di­sordina , come la diligenza fe l ic i ta i grandi a ffari.

io. Così brevemente esortandoli ed esortatone, pie­no di bella oonfidensa su i capitani, ordina che diaa cibo e riposo all’esercito. Dicono che Parmenione venisse tra la notte a lui nella regia tenda, e lo isti­gasse ad assalire i Persiani; giacché l’ assalto riuscì* rebbe spaventosissimo tra le tenebre a chi non lo aspettava » nè teneavisi apparecchiato (2) : ma dicono che fu sentito rispondere, che bisognava ad Alessan­dro una vittoria p a te n te e senza eccezioni, non una vituperosa e fu r t iv a . £ tale grandiloquenza non com­parve già fasto in Ini, ma sublimità di animo ne’pe- ricoli. Anai a me sembra che egli fòsse in ciò pru­dentissimo; imperocché li casi inopinati e varj nel combattere fra la notte, siasi un duco ben appareo chiato o n o , spesso han fatto mancar la vittoria a l

(0 Nome generale di milizia appiede: ma spesso i nome proprio tra 'M act» deni di an corpo di sedici mila e treccrto ortanraquattro soldati appiede.. (i) Corxio lib. 4. ptrag . 49. Parmenio furto, non pratlio opus tu e t tn t t ia f t iutempen* m ete opprimi posse hostesjptet

più forte.» e l’ hanno data al più debole-contro k sp©-* ram a di ambedue ( l ) . Lo stesso Alessandro» lau to esercitato nel militare, tenea li combattimenti not­turni come pericolosi. A nei per suo giudizio una h i t - taglia tenebrosa e clandestina spingerebbe Da*io quantunque vinto di nuovo a non confessare sestetso duce men buono e di men buone milizie. £ se av­veniva a lui qualche disastro impensato, trovandoti il paese intorno , tutto noto e propizio agli avversa- r j , ma ignoto e malevolo a’ suoi tra nemici, de’q u a ­li buon numero ne era prigioniero, vi sarebbero s ta ­ti attaccati per tutto fra la notte non dico se erano perditori, ma vincitori ancora, se smisurata non e r i la vittoria. Ora io lodo Alessandro su tali avvertea- me nommeno ohe su la grandiosità del cor suo. D a ­rio e l’ esercito vegliarono, com’ erano in arm e, tutta la notte, perchè non avevano un campo trincerato abbastanza, e perchè temeano in essa un assalto. Ma se cosa mai danneggiò gli affari Persiani, fu quel sì lungo stare sa l ’ arme, come un terrore, qual pre­cede i grandi pericoli, messosi nel cuor di ' molti , jjon d’ improvviso, ma per antichi pensieri.

i l . Tale fu poi l’ ordinanza data per Dario all’e­sercito , e trovata quindi scritta , come dice Aristo- bolo. Teneano l’ala sinistra i cavalieri B attrian i,e con loro i D a i, e gli Aracosj: Venivano appresso li Persiani, fanti e cavalieri mescolatamente; indi li Susiani, e dopo i Susiani i Gadusj. Con tal ordine stava l’ ala sinistra fino al mezzo di tutta Tarmata. Vedeansi alla destra quei della Celesiria e della Me- sopotamja, come ancora i Medi, e poi li Parti e li Saciy indi i Topiri e gl’ lrcani, e successivamente g li Albani ed i Sacesini ; e questi si estendeano an­cia’essi fino al mezzo dell’arm ata. Nel mezzo eravi Dario monarca, e v erano schierati i parenti (2) di

(0 Qbesro raziocinio di Arriano forse condanna anzi eh? giustifichi Al««an- 4ro . Certamente la moltitudine dell’ inimico e la lezione datagli nelle disfitte precedenti poreano farlo apprendere come più forte • M a Arriano vuole loda* r e , e i lodatori spesso travedono.

(1) Nel testo son detti C V y y t v t l i TU Ì u ( . Care. lib. ]. p i-rag. 7. li chiama cognati ; stri vendo. Ibaat, exigue mteryaUe fuot cogMUt

88 L I B R O

T E R Z O 89««so ,i Persi dm Melofori (1), gl’ Indiani, i Carj det­t i Anaspasti (2), ed i M ard i, «aettieri. Segnivano ordinatamente gli Ussj, i Babilonesi, i littorani del golfip Persico, e li Sit&ceni. Notàvansi premessi al corno sinistro rimpetto a l destro di Alessandro i ca­valieri Sciti, come a ltr i, mille in circa dei Battria- a i , e cento carri falcati : ma cinquanta carri e gli elefanti circondavano la regia guardia equestre di D ario . Quanto al corno destro eranvi preordinati i cavalieri Armeni e Cappàdoci, e cinquanta carri fal­cati . Li Greci mercenarj erano schierati di qua e di là di Dario e del seguito suo a fronte della falango Macedone come gli unici , valevoli a contrappesarla.

12. In opposito l’ armata di Alessandro era così compartita. Stavano a destra i cavalieri detti coeta­nei ed am ici, e primi eran quelli della squadra re­g ia , comandati da d i t o , .figlio di Dropide: succe­devano quelli comandati da Glaucia, indi gradata­mente quei d’Aristòoe, que’ di Spòlide figlio di Er- modòro, e que’ di Eràclito figlio di Antioco. Atter- gavanti ad essi que’di Demetrio figlio di Altemèno e poi que’di Meleagro, vedendosi in ultimo lo squa­drone di Egèloco figlio d’Tpòstrato; e tutto insieme un tal corpo di cavalieri amici ubbidiva a Filòta di Parmenione. Congiungevasi a questi la falange Ma­cedone , ed in essa era caposehiera, prima una, in ­di altra serie di soldati portanti lo scudo, preseduti tutti da Nicànore di Parmenione. Seguitano via via la soldatesca di Geno figlio di Polemocrate, quella di Perdicca figlio di Oronte, quella di Meleagro fi­glio di Neottoiemo, quindi l’ altra di Poliperconte fi­glio di Simmia, e quella finalmente di Aminta figlio di Filippo, ma governata da Simmia , trovandosi Anpiota nella Macedonia, speditovi a reclutare. Sta* tra nel corno sinistro della falange la milizia di Cra- tèro figlio di Alessandro, anzi Cratero stesso coman-

regit appellant, Aecem et quinque millia hominum • M a non parendo verisimi- le tanta moltitudine di parenti ; Brissonio ha pensato che od tal n o n e sia ti­tolo di ono re , anziché <ti parentado.

(0 Cioè che portavano nelle aste pomi di oro*(ai Vuol d ire , cacciaci dalle antiche loro sedi*

go L I B R Odava ai fanti della sinistra , e vi stavano pur Con* giunti de’cavalli ausiliarj sotto di Erigio, figlio di Larìco ; ed a mano manca loro i cavalli Tessali con­dotti da Filippo di Menelao ; e di tutto il corno si­nistro era capo Parmenione il figlio di F ilo ta , il quale tenea d’ intorno a se li cavalieri Farsalici che erano i più forti e più numerosi tra tutti quelli della Tessaglia.

In tal modo dispose Alessandro la falange fin dal­la fronte : indi le aggiunse anche nuova moltitudine t onde rendere la falange medesima Capate di una seconda fronte. Imperciocché prescrisse ai capitani della moltitudine aggiunta, che se vedevano i loro attorniarsi dai Persiani, si voltassero in dietro a r i­batterli , o si ripiegassero ai fianchi, dilatando o stringendo la falange sécoado il bisogno ( l ) . Nel corno destro stava prossima alla squadra regia de’ca- valieri metà di Agriani retta da Attalo: seguitava­no ad essi gli arcieri Macedoni con Brisone duce loro, e quindi i veterani chiamati fo restier i «otto la scorta di Gleandro. Innanzi agli Agriani ed agli arcieri splendeano i precursori a cavallo ed i Peooj guidati da Arete e da Aristone: per altro avanti a tutti erano preordinati i mercenarj a cavallo, e Me­n ile li governava. Prima della squadra regia e de­gli altri cavalieri amici era collocata l’altra metà degli Agriani e degli arcieri , ed i lanciato» posti sotto di Balacro. Erano questi schierati contro i car­r i falcati. Impose a Menide e a’suoi che se i nemi­ci cavalcassero intorno all’ala loro , si piegassero e gli assalissero di fianco. E così fu composto per A- lessandro il corno destro. Stavano nel corno sinistro ordinati in forma di una curva i Traci de’quali era capo Si talee, indi i cavalieri alleati, con Cerano Duce, poi li cavalieri Odrisj affidati ad Agatone fi­glio di Tnrimna y e tutti questi erane preceduti dal­la cavalleria estera de’mercenarj, dipendenti da An­

to C anio lib. 4. p a n ;, j i . Jdooqtie aderti versntìlem posuu Ut qui aitimi ttabant, ne circumirentur, verti tamen, el in frantem tircumogi posscnt .

T E R Z O 91dromaco figlio di Gerone. Finalmente la fanteria Trace fa messa in guardia de’carriaggi, e con ciò prese ordine tutta l’armata di Alessandro numerosa di sette mila a cavallo, e circa quaranta mila ap­piedo.

l 3. Come gli eserciti furono insieme si videro Da­r io , quei che gli erano intorno, i Persiani M elofo- r i , gl’ indiani, gli Albani, i Cari detti A riaspasti, e gli arcieri Mardi rimanere a fronte di Alessandro e della sua squadra reale. Si mosse Alessandro col suo corno destro e più verso la destra ancora (1) . Non stettero, ma procederono incontro i Persiani, avanzandosi di molto a sinistra, tanto ohe la caval­leria Scitica ornai toccava le milizie, preordinate da Alessandro al suo corno: nondimeno Alessandro e- stendevasi ancora a destra e già già montava su’luo- ghi appianati da’Persiani. Entrato allora Dario ia timore che se i Macedoni s’ inoltravano a’luoghi non piani gli restassero inutili i la r r i falcali, ordina al­le primo squadre della sinistra che girino i cavalli alla destra donde veniva Alessandro, affinchè non estendesse più a lungo il suo corno. Ciò fatto Ales­sandro spedisce sa loro Menide co’suoi mercenari s cavallo. Galopparono per contrariarli i cavalieri Sci­ti ed i Battriani coordinati agli Sciti. Alessandro sopramraanda contro gli Sciti Areta co’Peonj, eco* mercenarj ; cd i barbari si ripiegarono . Se non che li dnci Battriani, già venati alle prese co’Peonj e cogli esteri fan che tornino dalla fuga al nemico, e che, accendasi ana zuffa a cavallo. Caddero non pochi di que’di Alessandro sopraffatti dal numero de’barbari, e sì perchè gli Sciti, ed i loro cavalli erano meglio guerniti per la difesa. Pnre i Mace­doni ne sostennero l’ impeto, e slanciandosi a forza sa loro , gli disordinarono . Quand’ ecco i barbari mettere in corso i carri falcati affin di sconciare ad Alessandro la falange . Ma furono in ciò soprattutto

(■) Ciò* del corpo ov’ e n D ario, e non contro <1 corno destro di Cario, ri (naie combatteva contro Parmenione.

deiosi. Imperocché non sì tosto que’carri preser lè mòsse, gli Agriani e li saettieri condotti da Baia- ero i quali stavano avanti de'cavalieri amici, qua versavan su di essi nembo di strali , là davano di piglio alle re4>QÌs ° ne trabalzavano gli nomini, e circondavano e trucidavano i cavalli . Taluni però de’carri trascorsero fra schiera e schiera ; perchè queste, secondo il comando avutone, si dividevano dove giungevano i ca rri, e con ciò trapassavano inof­fesi, rimanendone inoffesa pur essa la milizia assa­lita ( i) ; ma infine caddero in potere dei duei del­la cavalleria di Alessandro e dei soldati armati di scudo.

14. Appena Dario ebbe portato innanzi tutto il suo centro; Alessandro incarica Areta d’ investire quei che giravano, cavalcando, attorno del suo cor­no destro per invilupparlo, ed egli frattanto esten­deva i suoi nel suo corno. Giunti i suoi in ajuto della sua destra, e rotte I9 prime file de’ barbari e- g li si voltò dov’era l’apertura; e ridotte in forma di cuneo le squadre de’ cavalieri amici e la falange ivi ordinata , si spiccò dorando e gridando alla vol­ta di Dario medesimo . L4 mischia per poco tempo fu r affar delle mani. Ma quando la cavalleria la quale stava eoa Alessandro, ed Alessandro medesimo

{punsero ferocissimi, e qua urtavano, là davano col- e aste in faccia de’ Persiani; quando sopravvenne

•IT assalto anche la falange Macedonica , folta ed or­renda per le picche;-quando apparvero tutti in una vista i pericoli.acerbi a Dario , atterrito già da grati tempo; allora Dario stesso il primo diede volta, e fuggì. Sì erano sbigottiti pur essi i Persiani i quali cavalcavano attorno alla destra di Alessandro; attac­cati tempestosissimamenJte da Areta. Ond’è che gran­dissima fu in questa p^rte la fuga; e li Macedoni v’ incaica vano e vi trucidavano. Simmia e la soldate­sca sua non potè correre con Alessandro dietro ai

fi) Cnreìo lib. 4. Hit ilaqite ordifiatis praecipit ut sì falcatos citrrus cttm /remiti* barbari vmitteteat, ipsi laxalis ordtuibus imyetum occurrentium silentio excipcrent. ^

gs L I B R O

T E R Z OPersiani che fuggivano» ma la trattenne e combat­tè ì perchè gli fu detto che la sinistra de’ Macedoni era in pericolo. Certamente ivi sfondate le filo* al­quanti Indiani e taluni di cavalleria Persiana avea- no penetrato fino alle bagaglio Macedoni, ed eravi ardentissima l’azione. Imperocché li Persiani getta- vansi audacissimamente sul presidio, privo per io più di arme , perchè non aspettava, che alcuni pochi tra­versassero la falange che era doppia, e venissero ad investirlo. Ed investitolo, i prigionieri barbari che v’erano, levaronsi anch’essi addosso ai Macedoni. I duci dei soldati aggiunti alla prima falange, saputo a tempo il fatto, rivoltarono com’erano istruiti la milizia, e presero alle spalle i Persiani, e ne uccise>- ro molti attorno delle bagaglio, intanto che altri de» violano, e fuggivano.

I Soldati a cavallo del corno destro de’Persiani) ignari tuttavia della fuga di JJario, eransi girati at*> torno all'ala sinistra di Alessandro, ed attaccavano Parmenione di fianco. Or qui vacillando su le prime le cose Macedoni ; Parmenione spedisce in fretta ad avvertire Alessandro sul travaglio grande della sua soldatesca, e come vi bisogni un ajuto. Alessandro, ciò adito, ceftsò dall’inseguire più oltre, e ripiega­tosi co’ squadroni de’ cavalieri amici, corse verso l’ala destra de’ barbari. Ma imbattutosi nel venire su quel­la cavalleria aemica che fuggiva, composta-di Par* t i , di qualche Indiano, e per lo più di Persiani for­tissimi piombò su loro, e sorsene un impegno eque* «tre, il più vivo della giornata. Imperocché li bar­bari aveano dato volta, ordinati com’erano io corpo di arm ata, e trovatisi a fronte, e corsi su quei di Alessandro non isfavano a tirar frecce, nè a rigira­re i cavalli secondo gli usi de’cavalieri, ma sforaan» dosi l’uno di atterrare affatto l’a ltro , quasi fosse l’ unico mezzo di scampo, ferivano ed erano feriti implacàbilmente, come se pugnassero per la salute propria, non per 1’ altrui vittoria. Adunque caddero qui sessanta de’cavalieri amici-, ed Efegtinne, e Ce­no, e Menide stessi ne furono feriti. Nondimeno

$4 L I B R OAlessandro prevalse anche sopra di questi, datisi fcut~ t i , quanti in lui s’ imbatterono, ad interminabile foga,

lò . Era Alessandro ornai prossimo per attaccare il corno destro de’barbari; ma la cavalleria Tessala, battutasi valbrosissimamente, non gli avea lasciato altro da fare; perchè sopravvenepdo lu i, già faggio vano i barbari. Adunque rivoltatosi corse di nuovo alla caccia di D ario , e vi si tenne, finché fu gior­no. Intanto Parmenione incalzava pur esso la parte di milizia che avcalo combattuto. Alessandro passa­to il fiume Lieo (1) fece alto , e diede breve ristoro agli uomini ed ai cavalli; e Parmenione prese ai bar­bari campo, bagaglie, elefanti, e cammelli. Ales­sandro rifrescata fipo a mezza notte la cavalleria, ripigliò sollecito la marcia verso di A rbela , quasi come per sorprendervi Dario , i snoi danari, ed il regio corredo : e vi giunse nel giorno seguente dopo •vere incalzato i fuggitivi per secento stadj in circa, Non trovò già Dario in Arbèla { perocché ne era fuggito senza riposo: ma ne ebbe i danari, e di nuo­vo lo scudo, e l’ arco. Perirono ad Alessandro circa cent’ nomini e mille cavalli sfiniti dalle ferite o dal correre, e quasi metà di questi erano della regia schiera degli amici: ma diceansi uccisi trecento mi­la , e -fatti prigionieri assai più dei barbari, e presi gli elefanti e tutti i carri non disfatti pel combatti­mento. Tale fu l’ esito di questa battaglia nel mese di Luglio, essendo Aristofane l’arconte di Atene . Così nel mese appunto nel quale si vide l’ecclissi della luna si compiè la divinazion di Aristandro, quella cioè che Alessandra avrebbe altra battaglia e v ittoria.

16. Dario fuggì da questa battaglia verso i monti dell’Armenia nella Media: lo seguivano de’Persiani i regj congiunti, e non molti Meìofori: m a, tra l’an­dare si riunirono a lai circa due mila forestieri iner­

ii) Q ne'to L ieo , giacchi altri ve ne sono itolo nesso n o m e , è fiume del- I* Assiri* il quale sbocca sul Tig r i . Secondo Strabono, divide 1' Aturia} O tOr me altri dicono t Assiri» propriamente detta <UI1* A rbclitid t.

T E R Z O , g5cetiarj comandati da Parone Foceo, e da Glauco T Etòlo. Egli si riparò nella Media concependo che Alessandro marcerebbe dal campo di battaglia verso di Susa e di Babilonia; perchè il paese v’era tutto abitato e non diffìcile il transito pe carriaggi; e per­chè Babilonia e Susa pareano un premio della guer­ra : laddove il moversi in verso la Media era mala­gevole pe'grandi eserciti. Non s’ ingannò Dario ia

'ciò; perchè Alessandro si spiccò da Arbèla addirit­tura per Babilonia. Kidottoviei ornai non lontano» avanzavasi con l’ esercito ordinato: quand’ecco uscir­ne per incontrarlo, popolo, sacerdoti, m agistrati, ognuno con doni, e sottomettergli la città , la for­tezza, i tesori. Venuto in quella metropoli impose ai cittadini di riedificare i templi abbattuti da Ser­se, e spezialmente quello di Belo, Nume riveritis­simo tra’ Babilonesi. Costituì Mazeo per Satrapo di Babilonia, Apollodòro di Amfipoli per capitano de’ soldati lasciati con Mazeo, ed Asolepiodoro figlio di Filone per collettore de’ tributi: e mandò Satrapo nell’Armenia quel Mitrene il quale avea consegnata ad Alessandro la fortezza di Sardi. Poi consultò li Caldei ( i) e praticò come pareane ad essi circa le sagre cose di Babilonia, sagrificando soprattutto per insinuazion loro a Belo.

17. Quindi si avviò verso Susa, e , cammin facen­do , ebbe incontro il figlio del Satrapo di essa, ed un messaggiero con lettere di Filossèno, spedito in quella Città da Alessandro immediatamente dopo la battaglia. Scriveasi nella lettera che i Susiani si e- rano d a t i , e che il tesoro era salvo in tutto per Alessandro. Passò con venti giorni da Babilonia in Susa, e passatovi prese (ed era il danaro) cinquan- ta mila talenti di argento, e l’ altro regio corredo. Jvi furono ripigliate ancora assai cose, quali Serse aveasele portate, rivenendo dalla Grecia. Vi erano tra queste le statue in bronzo di Armodio e di Ari*

(i> C a n io Iib. f . f> J Caliaei sidcntm molui et statai tamponim vices o- 1 tendtre .

96 L I B R Ortogitone, ed e} le rimandò poscia in A tene, ove ai trovano ancora nel Ceramico, appunto nella parte per la quale si ascende in c ittà , dirimpetto all’alta­re della madre degli D ei, non lontano da quello di Eudanèmo . E sa chiunque iniziato ai misteri Eleu­sini che 1’ altare di Endaoemo si trova nel portico. Quindi fatti co’ riti della p a tr ia , sagrili»], illumina- sioni, e giuochi, lasciato Abulide Persiano per Sa* trapo della Susiana, Mazaro, amico suo, per castel­lano di Susa, ed Archelao figlio di Teodòro per ge­nerale; s’inoltrò contro de’ Persiani. Spedì verso il mare Meoète presidente della S iria, della Fenicia, della Cilicia, e diedegli da portarvi tremila talen­t i di argento, affinchè ne mandasse, quanti ne bi­sognavano, ad Antipatro per la guerra Spartana, Qui gli giunse Annota di Adromene co9 soldati che riportava dalla Macedonia : ed egli ne mise i cava­lieri tra’cavalieri amici, e compartì li.fanti di schie­ra in schiera secondo le nazioni. Suddivise, ciocché prima non e ra , ogni schiera di sessantaquattro ca­valieri in due bande; e ne scelse in forza de’meriti e ne creò comandanti due cavalieri del numero de' compagni ed amici.

18. Levatosi da Susa trascese il fiume Pasitigri (1) e si gettò nelle terre degli Ussj : e quei che abita­vano le pianure ed ubbidivano «1 satrapo della Per­sia si diedero ancora ad Alessandro : ma gli Ussj detti delle montagne non dipendevano dai Persiani, • mandarono dicendo ad A lessandro che non permet­terebbero ch’ei passasse coll’armata all’ incontro dei Persiani, se non riceveano quanto soleano ricevere pel transito dai monarchi della Persia ; ed ei riman­dò gli ambasciadori affinchè i popoli loro ne andas­sero pure a quegli stretti, occupati i quali, credeansi gli arbitri del transilo nella Persia, onde riceverne

(1) C o n io nel lib. J. parar, io. confuse affatto II Pasitigri col Tigri : nondi* meno il Pasitini è molto più orientale coire apparisce dalla narrazione stessa di A rriano . K* ben vero che dove il Tigri presso di Apamea si congiunge tu tto co ll 'E u fra te , in quel tratto le acque riunite presero ancora il nome di Pasitigri: ma nel caso presente si allude al Pasitigri, fiume più orientale; Biacchi g li Usa rimanevano a ll’ oriente di questo.

t e r z oquivi le «ottime ordinate. I ntanto pigliate le regie

fuardie del corpo, i soldati cioti di scudo ed altrioo ad otto m ila , andò tra la uotte per altre parti

che per le conosciute, conducendovelo i Susiani . Cam­minati sentieri aspri e difficili, si mise in un giorno ne’ paesi di q u e g l i Ussj: e fattavi gran preda, ed uc­cisivi molti che ei giacca no ancora ne'letti; altri fug­girono per le montagne, ed egli corse agli stretti dove parea che si adunerebbero in massa per esiger­vi la multa prescritta. Avea già spedito Cratero a prendere le alture nelle quali prevede» che sareb» bonsi ritirati i nemici sopraffatti dalla forza. .Intan­to egli a gran fretta, va, s’ impadronisce de’ pausi, e scende da posti assai favorevoli in ordine di bat­taglia su i barbari. E questi, costernati dalla rapi­dità sua come dal vedere se stessi inferiori ne’ luoghi «u’qi^ili tanto confidavano, fuggirono, non venuero alle mani: ma taluni ebbero morte dal seguito di Alessandro, molti dalle vie , tutte straripevoli, e mol­tissimi dalla milizia di Cratero nella quale s’imbat­terono , mentre si ritiravano *u pe’ monti. Conciati in tal modo da Alessandro, ottennero a stento, e sup­plicando, di ritenere i proprj paesi, e pagargliene un annuo tributo. Scrive Tolommeo figlio di Lago che A- lessandro concedè loro che abitassero le natie contrade per inchiesta fattagliene dalla madre di Dario : ma il tributo imposto loro furono cento cavalli, cinque­cento giumenti, e trenta mila pecore; perchè gli Ussj non aveano nè danari, nè terre da lavoro, £d erano pastori in gran p a rte . Dopo ciò manda con Parme- nione i carriaggi, la cavalleria Tessala, gli ausilia* r i i , i mercenarj esteri e quanti v’erano di armatura greve affinché vadano in Persia per la strada pro­pria ai trasporti. Esso intanto prende la fanteria Ma­cedone, il corpo de’ cavalieri amici, i precursori a cavallo, gli Agriani,-e gli Arcieri, e marcia per la via de’monti.

19. Giunto all’ ingresso della Persia, trovalo sbar­rato di muro, e trovaci Ariobarzane il satrnpo di quella con quattromila fanti, e settecento cavalli per

Aaauno. 7

Contenderne il p a n o . Egli dunque per allora si fer­ma , e si accampa ; ma nel giorno appresso ordina 1« milizie, ed assalta il muro: se non che punitogli ap­pena insuperabile per l’ arduità del luogo, e perchè i suoi, vi pigliavano ferite in gran numero colpiti dall’alto, e dalle macchine; torna al suo campo. Esibirono i prigionieri di ineaarlo ed introdurvelo per altra parte . Egli udendone la via stretta e sca- b ra , lascia nelle trincee Cratero colla sua soldatesca, con quella di Meleagro,con pochi arcieri, e con cin­quecento a cavallo, e comandagli che assalga le mura appena si accorge (e se ne accorgerebbe dai segni delle trombe) ch’ei riviene, e si fa sopra al campo Persiano. Quindi tra la notte entra in murcia, e cam­minati cento stadj, prende li soldati cinti di scudo, quelli di Perdicca, come a ltr i , li più espediti fra gli a rcieri, gli Àgriani, il regio corpo degli amici a cavallo, ed insieme una tetrarchia ( ' ) di altri ca­valieri, e con essi aggirasi, e va su Torme d e 'p ri­gionieri al passo conteso; facendo intanto inoltrare Aminta, Filòta, e Ceno col resto dell’esercito per la pianura, e comandando, che si gettasse il ponte ■u l fiume che doveasi traversare per venir nella Per­sia. Egli continuò la sua via scabra e malagevole, per lo più con gran fretta : ed avanti che fosse gior­no avea disfatto ai barbari il primo corpo di guar­die avanzate, e buona parte del secondo: i più del terzo s’ involarono, ritirandosi come poteano, spaven­tati ne’ monti, e non già nel campo di Ariobarzane. Così presso l’alba assalì senza che ne avessero nem­meno sentore i nemici fra le trincere . Egli volava alle fosse, e le trombe davano il segno a Cratero, e Cratero portava l’ attacco al muro. Confusi per ogni verso i nemici non che venire alle mani, fuggirono; ma lo scampo era chiuso d’ogni intorno, di qua so­prastando Alessandro, di là sdpravvenendo Cratero. Con ciò furono i più necessitati di volgersi alle mura

fi) Corpo di settima quattro , o cento secondo Facie, latino traduttore di A triano.

$8 L I B R O

t e r z o ^«el fuggirà; ma già erano le mara in poter dei Ma- -cedoni; perchè Alessandro prevedendo ciocché avven­ne, avea lasciato ivi Tolommeo con tremila fanti. Adunque i più de’ barbari trovarono tra le mani de’ Macedoni la morte : altri fuggendo si gettarono per lo spavento tra ’ dirupi, e perirono: ed Ariobar- sane si riparò eoa pochi di cavalleria nelle monta- g ne •

20. Alessandro marcia di nuovo io verso del fiu- m e, e vi trova stabilito il ponte, e passalo co'suoi speditamente . D i là corse anoora su’ Persiani per an­cia di giungere prima che i depositar] del danaro aelo depredassero. Così prese del danaro in Pasargada ne’ tesori del primo dei Giri : fe Satrapo della Persia Fraorte figlio di Reomitre: « misene in fiamme la reggia , quantunque Parmenione lo consigliasse a con­servarla per questa, come per altre cause, vuol dire perchè non era bel pregio rovinare gli acquisti fa tti, « perchè i popoli d’Asia non si affezionerebbero mol­to a lu i, quasi volesse non rimanervi signore, ma «olo partirne vittorioso. In opposito ei replicava che volea contraccambiar i Persiani perchè andati nella Grecia vi distrussero Atene, e v*incendiarono i tem­pli j e far vendetta su quant’ altro aveano operato con­tro de’ Greci. Ma io non credo che Alessandro in ciò la facesse da savio, aè che fosse questo un vendicarsi de’ Persiani di altri secoli Zi). Ciò fatto procedette verso la Media, dove era Dario, secondo che ne udi­va. Certamente Dario avea disegnato, se Alessandro reeavasi in Susa ed in Babilonia, di fermarsi nella Media, aspettandovi finché ne insorgessero i popoli intorao; e se veniva ad inseguirlo di ritirarsi per l ’ interno della Par tiene, e della Ircania fìao a Bat- t ro , desolando intanto tutto il paese per impossibi­litare ad esso più oltre il viaggio. Perciò mandate alle porte chiamate Caspie le donne » il resto del suo

(t) Secondo Quinto Curzio lib. j . parag. 12. fu questa la ree!a città di Per- lep o li . E ’ cliiaro clic questo nome i greco> e ben altro debbe es.erc stato il nome razionale. Egli d ice, che orane* incaluerant mero: itaque sur gin t te- muienti ad incendcndam urbem, cui armati pepercerant.

lo o L I B R Ocorredo, e li carriaggi, sfavasi ia Ecbattane coll’a r ­mata che avea potuto raccogliere nelle sue circostan­te . A4 fìssa ndro ciò udendo procedette verso la Media. Così sboccò su i Paritàci, e gli sottomise, e ne creò Satrapo Ossoatre il figlio di Abulito, cioè del Satra­po antecedente di Susa. Poi sentendo tra v ia , che Dario aveva risoluto di tornargli incontro, e riten­tare la sorte delle arm i, per essergli venuti in soc­corso i Cadusj e gli Sciti, comanda che li carriaggi» le guardie di essi, ed egn’altro apparecchio lo se­guitassero; ed egli prende l’ esercito, io ordina per combattere, e fra dodici giorni lo interna nella Me­dia . Ivi conobbe che nè gli Sciti nè i «Cadusj erano venuti a D ario, nè Dario avea forre per combatte­re , intento solo a fuggire. Perciò si espedì molto più nella marcia .

21. Ridottosi lontano di sole tre marce da Ecbaf- tane gli si fece dinanzi Bastane , figlio di Oco, cioè del re di Persia predecessore di Dario; e gli disse che Dario fuggiva già da cinque giorni con sette mila talenti tratti dalla Media, e con una arm ata di tremila a cavallo, e sei mila appiede . Venuto finalmente in Ecbattane concedè che tornassero ad ­dietro verso il mare, li cavalieri Tessali ed altri an- siliarj, pagatili interamente dello stipendio prescrit­t o , e regalatili di due mila talenti. Non disdisse per altro a niun d’ essi di restar se voleano a mili­tare , purché registrassero il nome, e non pochi lo registrarono. Epocillo figlio di Polièdo ebbe ordine di accompagnarli al mare con altra scorta di milizia equestre per sopravvegliarli ; perchè i Tessali resti­tuivano quivi li cavalli. Scrisse a Menète affinchè provvedesse, che giunti, fossero da quei di mare trasportati su le triremi nella E ubea. Incaricò Par­menione di riporre nella fortezza di Ecbattane i da­nari portati dalla Persia, e di fidarli ad Arpalo; giacche egli avea lasciato ivi Arpalo per tesoriero e sei mila Macedoni, ed alquanti cavalieri ed ami­ci per guardia del tesoro. Impose per altro a Par­menione di prendere dopo ciò li soldati forestieri, li

T E R Z O io iT rac i, « tutta la cavalleria, toltone quella de’ regj spiici , e di recarti pe* confini de’ Cadusj nella Irca- nia . Scrisse a Clito capitano della regia banda de’ca­valieri, rimasto infermo in Susa, che quando fosse giunto in Ecbattane pigliasse i Macedoni, lasciativi per difesa del tesoro, e marciasse con essi alla vol­ta dei P a rti , tra’ quali verrebbe ancor egli. Frat­tanto Alessandro movesi all'incontro di Dario con regio seguito di cavalieri amici, co’ precursori, co* mercenarj a cavallo de’quali era capo Erigio, con la falange Macedone, toltane la parte posta a cura del tesoro, e con gli arcieri e gli Agriani. E per quanto gli restassero indietro de’ soldati, sfiniti dalla gran marcia, e gli morissero de’cavallit procedette, e giunse l’undecimo giorno a Rage. E lontana que­sta dalle porte Caspie quanto una marcia, affrettan­dola come Alessandro: e Dario le avea già trapas­sate queste porte. Molti però di quelli i quali fug­givano con lu i , distaccandosene via via tornarono alle proprie case ; e non pochi ancora se ne diedero ad Alessandro. Diffidatosi allora questi di raggiun­gere mai colui, si trattenne per cinque giorni, e ri­storò l’ esercito, e creò Satrapo della Media Ossida­te quantunque Persiano; come arrestato già da Da­rio e detenuto in Susa ; ciocché gli era di merito presso dell’ emolo.

22. Avanzatosi quindi verso de’ Parti accampò nel primo porno appiè delle porte Caspie, e nel seguen­te vi s internò fin dove era l’abitato. Donde spedi Ceno co’ cavalieri ed alquanti appiede a raccoglier frumento col quale provederne piò ancora l'eserci­to ; udendo che più oltre v’era deserto. Intanto ven­ne a lui dal campo di Dario Bagisiàne, Babilonese cospicuo; e con esso Antibèlo, uno de’figli di Ma­cco. Riferirono questi, che Nabarzane capo di mille a cavallo di quelli fuggiti con D ario , e che Besso il Satrapo dei Battriani e Brasa il Satrapo degli Ara­cosi e dei Drangi teneano Dario in arresto . Ales­sandro a tal nuova marciò tanto più frettoloso coi •oli A m ic i« e precursori a cavallo* e coi fanti pià

io2 L I B R Ogagliardi e leggieri senz’ aspettare nemmeno che Cedo a lui ritornasse: e mise Gratero su gli altri con or- dioe di seguirlo a viaggi non lunghi. Quei che por­tava seco avean l’arme ed il foraggio per due gior­ni. Camminata tutta la notte ed il giorm seguente- fino ai meriggio, riposò brevemente l’esercito: poi viaggiando tutta la notte si presentò su lo spuntare dei raggi mattutini al campo dal qaale era venuta indietro Bagistane . In quel campo r ’erano ancor* de’ nemici : ma su Dario intese che era condotto pri­gioniero entro di un carro: che il comando era pas­sato da Dario in Besso ; e che Besso riconoscevasi Generalissimo dai cavalieri Battriani, e da tutti gli a ltri barbari fuggiti con Dario; fuorichè da Arta* Lazo e suoi figli, e dai mercenarj di Grecia: che questi si erano conservati fedeli a Dario, ma senza le forze per escludergli quella sciagura : e che ora deviati dalla strada pubblica andavano pe’ monti, ond’ essere immacolati dalle azioni di Besso: che li prenditori di Dario aveano divisato di consegnarlo ad Alessandro se Alessandro li perseguitava, e prov­vedere ciaseuno al suo bene: ma di raccogliere, se udivano che retrocedeva, quant’ armata potevano, e di salvare in comune l’impero: e finalmente che sul fatto era stato nominato capo Besso per la prossimi­tà sua con D ario, e perchè l’ opera si eseguiva nei suo satra paté .

23. Parve ad Alessandro, ciò udendo, che doves­sero incontinente seguitarsi. £ quantunque fossero già stanchi pel travaglio continuo del viaggio ed uomi­ni e cavalli, pur fece inoltrarli : e trascorsa gran via nella notte e nel giorno appresso fino al meriggio, pervenne ad un villaggio, dove s* erano il giorno avan­ti fermati quei che portavansi D ario . Ma sentitovi che i barbari aveano preso il partito di marciar tra la not­te , esaminò sei paesani conoscevano via più breve onde i-aggiungerli : e conoscerla risposero, ma deserta , per­chè priva di acque. Nondimeno ordina che vel con­ducano : e siccome vedea che i fanti non terrebbero piede a lui che andava cavalcando e con fre tta , fa

T E R Z O io 3scendete cinquecento da’cavalli, e salirvi, armati com’ erano, altri sceltissimi di fanteria capitani e soldati. Comanda che Nicànore capo de’militari cinti di scado, ed Attalo degli Agriani, gli conducano per la via già tenata da Besso i soldati che ora lasciava, più leggieri di arme, e che gli altri pedoni vengano appresso in ordinanza. Quindi egli verso sera entra in oammino, e procede correndo : passati fra la notte quattrocento stadj, su l’alba s'incontra coi barbari che andavano disordinati e senz’ armi : tanto che po­chi di loro si mossero per contrapporsi mentre li più, veduto appena Alessandro, fuggirono senza nemmen venire alle mani. Cudutone però qualcuno, fuggirò* no anche gli altri datisi a resistere. Besso, ed altri con lu i, si portavano tuttavia Dario su di un carro{ ma raggiunti ornai da Alessandro; Satibarzane e Bar- zaente trafiggono D ario, e lo abbandonano: quindi essi dansi alla fuga con seicento a cavallo} e quel re spirò poco appresso per le ferite, prima di essere veduto da Alessandro ( l ) .

24. Rimandò Alessandro il cadavere di Dario ai Persiani, cd ordinò che lo seppellissero nelle urne reali, come i re precedenti. Fece un Parto (Ammi- nato ne era il nome ) Satrapo dei Parti e degl’ Irea- ni ; ed era questi un di quelli che nniti a Mazeo gli aveano dato l’ Egitto. A lui fu aggiunto Tlipolemo uno de’cavalieri amici, figlio di Pitofane per curar* le cose degl’Ircani e dei Parti. Era il giugno, ed in Atene era Arconte Aristofane; e così finiva Dario, nomo, quant’altri mai, senza valore, e senza talen­ti in guerra, del resto non inclemente co'sudditi, o forse senza i poteri di esserlo; perchè appunto nel tempo che ascese alla reggia, ebbe addosso le armi di Macedonia e di Grecia. Così jion potè, nemmeno vo­lendolo , fare ingiuria ai sudditi, venuto più ch’essi in pericolo. Vivendo passò di sciagura in sciagura senza intermissione fin dai priacipj del regno. lin ­

eo Quinto C urilo nfl lib. y. parag. ?). scrive : tela injiciunt in regem , Ihultitque confostum vulnerihus relinquunt : ma nel paraj. appresso dice: AÌ0~ Zander an spiranti adhuc tupervenerit, jncertum est •

io4 L I B R Operocché gli accadde ben tosto la disfatta de 'satra­pi e della cavalleria lungo il Granico: poi subitogli mancò la Ionia, la Eolide, l’una e l’altra Frig ia , la Lidia, e la Caria senza Alicarnasso: ma tra po­co Alicarnasso ancora gii fu tolta ; e quindi tutta la maremma fin > alla Cilicia. E quivi ricevè la rotta in Isso, per la quale sentì prigionierie figli, e mo­glie, e madre, e ne perdette in fine la Fenicia, e l’Egitto. Appresso in Arbèla fuggì vilissima mento et>so il primo; facendosi svanire un amplissimo eser* cito, forte per ogni guisa di barbari. Dopo ciò fug­gitivo, errante, lontano dal trono, ridotto agli estre­mi Hai suoi medesimi, sovrano in un tempo e pri­gioniero, incatenato, e disonorato, e tradito infine dai più intimi , miseramente perì. Tali sono le av* venture di Dario vivo: morto ebbe esequie reali, > figli nudriti realmente sotto le istituzioni di Alessan-* dro, ed in Alessandro un genero. Egli cessò di vi­vere circa l’anno suo cinquantesimo.

2.5 . Alessandro ripigliate le milizie lasciate indie­tro nell’ inseguir D ario , procedette alia Ircania . Gia­ce la Ircania a sinistra della via che mena alla Bat- triana ; e da questa la scompartono monti elevati e frequenti; ma scorre coi suo territorio fino al gran mare che è ivi. Egli vi si portava per sottomettere i Pagri, e perchè udito avea che de’ Pagri ne’ monti si erano riparati i forestieri i quali militavano per D ario. Tripartito 1' esercito, egli ne menava la par­te più espedita, e più numerosa per la via più bre- ve, ma più disagevole: intanto mandava fra i Tapuri Cratèro colla soldatesca sua, e con quella di Amin­ta , e v’erano pur degli arcieri» come pochi ancora a cavallo: ma dirigeva Erigio co'forestieri e col re­sto della cavalleria per la via comune, sebbene più lunga, affinchè trasportasse con se carriaggi, somie­r i , ed ogn’ ingombro. Superate le prime montagne si accampò: quindi pigliati i soldati cinti di scudo, i più espediti della falange Macedonica, ed alquan­ti arcieri, mettesi per una strada aspra e difficile, lasciandovi corpi di guardie dovunque sembravagl»

T E R Z O i oS'pericolosa) onde i barbariche teneanole alture, non piombassero sa la milizia che veniva appresso . Passò gli stretti con gli arcieri, e si alloggiò nel piano in riva di nn fiume non grande. Qui venne a lui Nabarzane, capitano già di mille presso Dario; e Fradaferne Satrapo della Ircania e dei P a r t i , e quili Persiani già più cospicui presso del monarca, e si sottomisero. Alessandro soprastette quattro giorni io quel campo, e ricevè le milizie lasciate indietro nel viaggio. Erano queste in parte passate sicurissime* ma su la retroguardia Agriana erano calati i barba­r i dalle montagne; quantunque vinti poi nell’ attac­co si ritirassero. Levatosi di qui procedette all’ Ir­cania fino a Zadracarta, città di essa, ove si ricon­giunsero con lui li soldati di Gratèro. Non si erano questi imbattuti colle milizie estere di Dario; avea- no però sottoposta tutta la regione trascorsa, parto colla forza, parte per la dedizione degli abitanti. Arrivò quivi ancb’Erigio coi carriaggi e loro porta­tori; e poco appresso venne Artabazo co’figli Cofe, Aribarzane, ed Arsame, e con essi una legazione delle milizie estere di Dario ed Autofradate il Sa­trapo dei Tapùri: Alessandro riconcedette ad Auto­fradate la sua satrapia ; tenne seco onorificamente Ar­tabazo, e figli per la preminenza loro tra’ Persiani e per la fedeltà verso di Dario : ma rispose ai lega­ti Greci che lo supplicavano di fare accordo con essi per tutti, che mai non lo farebbe con ‘ loro , ingiù- scissimi fino a combattere pe' barbari affronte de Gre­c i , e contro il voto della Grecia medesima: venis­sero, si rendessero tu t t i , abbandonandosi agli arbi­t r i di Alessandro ; o cercassero come poteano uno scampo : e questi ebbero pur voce per dire che ab* bandonavano a lu i sestessi e con sestessi anche g li altri : ma chiedeano che mandasse con essi un capo% sicché venissero salvi a lu i mille corn erano, e cinJ quecento: ed Alessandro mandò con loro Androni- co figlio di Agerro ed Artabazo.

26. Poi continuò la marcia verso i Mardi coi sol­dati cinti di scado, con gli arcieri, eoo gli Agriani,

io6 L I B R Ocon la milizia di Ceno, e di Aminta , con metà de* Cavalieri am ici, e co' saettieri a cavallo de’quali avea già formate le squadre. Nel procedere buon tratto tul paese de’Mardi ne uccise molti che fuggivano, «d alquanti che davausi a rèsistere; facendovi pur molti prigionieri. Già non v’era chi ne’ tempi antece­denti avesse portata ivi la guerra, perchè i luoghi «raa aspri, e povere le genti, e per la povertà bel­licose. Così non temendo che Alessandro, massima­mente che già era oltrepassato, volesse mai penetra­re infra loro, furono sorpresi che non se ne guarda­vano . Si ripararono molti su le montagne che ivi sono altissime e ripidissime, speranzati che non verrebbe •u queste il nemico, ma poi, vedutolo avanzarvisi, mandarono gli ambasciatori, e diedero sestessi, e ie terre loro. Alessandro lasciò di molestarli, e mise Autofradate per Satrapo di essi Mardi come dei Ta- pùri. Quindi tornato agli alloggiamenti da’ quali si era mosso all’incontro de’ Mardi vi trovò giunti li Greci mercenarj e Callistratida e Pausippo: e Mo- nimo, e Anomanto, e Dropide Ateniese, ambascia- dori di Sparta a Dario. Arrestò questi ambasciado­ri e li custodì; ma rilasciò quelli de’Sinopesi; per- chè non aveano i Sinopesi legame col comune dei Greci; e sudditi com’erano dei Persiani, non sem­bravano aver fatta cosa indegna nel mandare amba- •ciadori al re loro. Rilasciò parimente Eraclide l’am- iasciador di Cartagine: e tutti i Greci i quali mi­litavano col Persiano innanzi della pace, e dell’ al­leanza tra la Grecia e la Macedonia; ma volle che tutti gli altri servissero, soldati, sotto Je sue ban­diere; dando loro per capo Andronico, appunto co­lui che gli aveva condotti, riconosciuto già per uo­mo non vano nell’averli salvati.

27. Ciò fatto venne a Zeudracarta ( l) gran città della Ircania, e reggia insieme della nazione. Trat- tenutovisi quindici giorni , e fattivi secondo il rito •agrifizj e spettacoli, marciò per la Partìene. D i là

(•) Nel num. 25. di questo libro fu chiifliata Z aducatta.

T E R Z O ì e fpassato su’ confini dell’Ariana venne a Sosia città dr essa, ove a Ini si recò Satibarzane il Satrapo degli A r j . Alessandro lo conservò Satrapo di questi, « mandò eoa esso Anasippo amico suo, con quaranta lanciatori a cavallo , perchè li compartisse in guar­dia de’ luoghi, onde gli Arj non fossero danneggiati nel transito dell’esercito. Intanto sopravvennti alcu­ni Persiani riferivano che Besso ammaotavasi alla Persiana e tenea su ritta la tiara : che facevasi in -vece nominare Artaserse; e dicea di essere il monar­ca dell’ Asia : che avea con se li Persiani ricoveratisi nella B attriana, e molti de’ Battriani medesimi : ed, «spettava che venissero a lui gli Sciti, suoi confederati. Alessandro concentrate le forze marciò sa la Battria- a a , e là venne ancora dalla Media Filippo di Me­nelao , conducendo con se li mercenarj a cavallo de’quali era capo, e li Tessali, rimasti volontarj, el i forestieri di Andromaco: ma Nicànore, figlio di Parmenione, e duce delle milizie con gli scudi era già morto per malattia (1). Procedendo Alessandro verso di Battro gli riferiscono che Satibarsutne il Sa­trapo degli Arj aveva ucciso Aaassippo e li suoi lan­ciatoci a cavallo; che dava le arme agli Arj e li adunava in Artacoana, città nella quale era la reg­gia di quel popolo. Da questa avea risolato di an- dare (giacché udita avea la marcia di Alessandro ) e di congiungere l’ esercito suo con quello di Besso per piombare su’Macedoni, se la opportunità se ne dava .

28. A tale annunzio non andò già oltre verso di Battro, ma corse contro Satibarzane e gli Arj col corpo equestre degli amici e compagni, coi lancia- tori a cavallo, con gli A griani, e con le milizie di Aminta e di Geno, lasciando ivi le altre sotto gli or­dini di Gratèro. Passati in due giorni secento stadj venne ad Artacoana. Satibarzane, uditone che arri­vava, sbalordito dal volo del suo camminare, sparì

(1) C an io lib. <5. p m g . 16. lgitur Bactrianam regionem petebant. Sed N l- canojr Parmenitnit JUius subita morta «orrepiuj, magno desiderio sui affcccrat «uncMf.

io 8 L I B R Ocon degli Ari a cavallo, abbandonato via via d» molti tra la fuga, a misura che apprendevano che Alessandro si approssimava. Giunto inquisì qua e là con sollecitudine viva quanti' conobbe che gli erano partigiani, e che s’ erano allora levati dalle loro po­polazioni, e quale ne uccise, e quale ne ridusse in schia­vitù . Poi dichiarato Arsàce Persiano Satrapo degli Arj, esso marciò contro i Zaranghi insieme coi soldati la­sciati a Gratèro, i quali già si erano a lui riuniti ; e venne dove era il comando dei Zaranghi. Barzaente che allora lo possedeva, Barzaente che era l’uno di quelli che si scagliavano a Dario mentre fuggiva; al sentire che avvicinavasi, erasi ritirato fra gl’ Indiani di qua dal fiume Indo: ma coloro lo arrestarono e lo rimandarono ad Alessandro. Così fu ucciso da questo in pena della sua fellonia contro Dario.

29. Qui conobbe Alessandro che ancora la sua vita era minacciata da Filota figlio di Parmenione ( l ) . Scrivono Tolommeo ed Aristobolo che egli aveane avuto indizio da prima nell’Egitto ma che non gli era paruto credibile per causa dell’ antica benevolen­za e della stima sua verso Parmenione, anzi per la fiducia ancora che avea su Filota . Tolommeo figlio di Lago narra che Filota fu portato ed accusato vi­vissimamente tra i Macedoni da Alessandro: che Fi» Iota erasi purgato dalla imputazione; ma che poi fattisi innanzi gli accusatori strinsero esso e li parti­giani suoi con argomenti non oscuri, e principalmen­te con quello che Filota avea lor detto di aver udi­to di alcune insidie, tese contro di Alessandro, ed intanto era convinto di avergliele taciute, quantun­que andasse due volte ogni giorno al padiglione di lui: che dopo ciò Filota e quanti aveano congiurato con esso furono trucidati (2) dai Macedoni: che quan­to Parmenione fu spedito Polidamante l’ uno degli amici con lettere di Alessandro a Oleandro, a Sitai*

(1) Cnrxio icrive a lungo di nn tal fatto net lib. S. Vedine il parag. I I . • tegnenti.

li) Cutzio dice lib. 6. in line : Omnct ergo 4 Nitomaco nominatoi more pa­ino» dato tigno, i turi* obrnerunt.

T E R Z O 109ce , a Menide, capitani nella Media, coordinati tatti all’esercito comandato da Parmenione; e che fu uc­ciso da questi, sia perchè non parca verisimile ad Alessandro che Parmenione non fosse mescolato nella congiura dei figlio ; sia perchè se non eravi mescola­to , rendevasi pericoloso che più sopravvivesse, tol­togli il figlio, un generale di tanta digaità presso del monarca e delle armate Macedoni, e forestiere, dirette da lui tante volte in parte, o più che in par­te , « con tanto decoro.

30. Raccontano che di que* tempi furono menati ia giudizio anche Aminta di Andromene, e Polentone, ed Attalo, e Simmia fratelli di Aminta come rei pur essi della congiura controdi Alessandro per l'am ici­zia e fedeltà loro verso Filòta. E parea la complicità credibilissima; perchè Polèmone l’nno dei fratelli di Aminta era fuggito tra'nemici nell’ arresto di Filota. Nondimeno Aminta co’fratelli sostenne in mezzo a "Ma­cedoni il giudizio, e difesovisi bravissimamente, fa prosciolto da ogni incolpazione. Uscito appena dall’ a­dunanza chiese licenza di andare al fratello affine di ricondurlo ad Alessandro. Concederono i.Macedoni questa licenza, ed egli partitosi lo stesso giorno ri­condusse Polèmone. Ond’ è che Aminta risplendette puro assai più che prima dalla re ità . Saettato nondi­meno poco appresso nell’ assalto di un picciolo luogo, ne morì dalla ferita; tanto che l’ essere assoluto non gli valse, se non a chiudere con fama buona i suoi giorni ( l) .

3 1. Alessandro mise Efestione di Amìntore, e Cli­to di Dropide per capi del reai seguito degli amici a cavallo, e divise in due corpi questa guardia com­pagna; perciocché non voleva già nemmeno che Fi­lota fosse capo egli solo di tanta milizia equestre che altronde era il fiore di tutta la cavalleria per meri­to , e per digaità . Quindi vietisene ai popoli chia­mati anticamente Agriaspi, e poi denominati BENE-

t i ) Forse i l grande Alessandro non piaceva pift on nomo de! qoale «ve» fapuro tanto sospettare, e lo avventurò con quell’ anima stessa» che lapcadi* «truggere l’A sia, e m o n ta rn e .

FIC1 ( i ) perchè coadiuvarono Giro figlio di Cambi­le nella spedizione n a coatro gli Sciti. Anch’egli onorò questa gente perchè i loro maggiori si erano prestati per Giro: e vedutala reggersi non come i barbari di qae’ luoghi, ma praticare il giusto come le nazioni migliori di Grecia; la rendette a se stes- «a, liberandola, e le diè del territorio vicino quan­to glie ne dimandava, nè molto nè dimandava. Fat­tovi sagrifizio ad Apollo arrestò Demetrio l’uno del­la guardia del corpo, sospettandolo complice di Fi- iota; e sostituì nel luogo suo per guardia del corpo Tolommeo, figlio di Lago . Dopo ciò procedette alla volta di Battro e di Besso, e ridusse, in passando i Drangfai e Dragòghi. Gongiunse a questi gli Aracè- s j, e creò Satrapo su tutti Menòne; e di là venuto fra gl’ Indiani confinanti con gli Aracosj piombò sa tutte queste genti fra la molta neve, fra la penuria di tntto , e con lo «tento delle milizie. Poi sentendo che li Arj gli erano stati ribellati di nuovo da Sati­barzane andato fra loro con due mila cavalli, avu­ti da Besso; spedì quivi Artabazo Persiano, ed Eri­g io , e Carano, regj amici, « prescrisse a Fratafer- jie Satrapo dei Parti di cooperare con essi. Fecesi gran battaglia tra qoe’di Erigio e Carano; e quelli di Satibarzane : nè piegarono i barbari prima che Satibarzane scagliatosi addosso di Erigio ne morisse trafitto dall’ asta . Allora sì pigliarono dirottissima fuga.

32. In questo mezzo Alessandro procede fino al monte Caucaso, e vi eresse una città , denominata Alessandria. Fattovi sagrifizio a quanti numi lo do- vea per legge superò qael monte. Stabilì Proesse Persiano per Satrapo di que’ luoghi, e vi lasciò Nt- lossèno, amico suo, figlio di Satiro con soldatesca perchè v’ invigilasse. Il Caucaso,come scrive Ariste- bolo, sorge in altezza quanto ogni altro monte del­

ti) E Ù fg y ( T & $ . E’ questo il termine Greco e non il nazionale che era quello di C iosangi. Freinsemio vorrebbe che in vece di A^iu*pi focsero detti A ru sp i dalla città di Ariaspc collocata aochc da Tolommeo nella Drangiaaa •

irò L I B R O

T E R Z O n il'A sia; ed allora in quella parte era nudo per no' gran tratto: dico per un gran tra tto , perchè lun­ghissimo si distende quel monte . Di guisa che vo­gliono che siano di esso qn seguito il T auro, mon­te che separa la Cilicia e la Pamfilia, ed altri gran monti contraddistinti con nomi varj ne’ varj luoghi secondo i popoli di ciascuno. In questo Caucaso (ed Aristobolo cel racconta) non generasi altrò che Ter- minto e Silfio: pur vi abbondano gli uomini, gli ar­menti, le pecore; perchè le ultime del.Silfio si dilet­tano; e se ne ricevono di lontano l’odore, v’ accor­rono, e ne tosano i fiori, e poi ne scavano e man­giano fin le radici. Per questo in Cirene dove assai pregiasi il Silfio tengono quelle gregge rimotissime dai luoghi fecondi di esso, o di siepe li circondano, affinchè, avvicinatesi, non vi s’ infornino.

33. Besso avendo seco i Persiani, partecipi dell’ar­resto di D ario, e sette mila Battriani , e li Dai di qua dal fiume Tanai, diede il guasto per tutto ap­piè del Caucaso per mettere fra se ed Alessandro, 'deserto e penuria, e così torgli di scorrere più ol­tre . Tuttavia non si avansò costui niente men lungi; fra gli «tenti, s ì, della molta neve, e fra la inopia di tutto il bisognevole; ma pur si avanzò. Besso al- l ’ intendere com'era non lontano, trascese il fiumé Osso, e bruciate le navi eoa che avealo tragittato, si ritirò a Nautaca nella Sogdiana. Seguitavano lui Spitamase ed Ossiarte colla cavalleria Sogdian?, •li Dai di qu& dal T anai. Li cavalieri Battriani ap­pena videro Besso deliberato a fuggire, si divisero qua e là verso le case loro. Alessandro venuto % Drapsaca riposò l’esercito, e procedette ad Aorno e Battro, città l’ana e l’a ltra , le più cospicue del*> la Battriana. E pigliatele a forza, lasciò guarnigio­ne nel castello di Aorno sotto gli ordini di Arche­lao , l’uno de’cavalieri compagni ed amici, e figlio di Androcle . Si diedero allora senza difficoltà gli altri B attriani, ed el diè loro per Satrapo Artaba­so Persiano, e mosse alla volta del fiume Osso. Scen­de questo dalla montagna Caucasea, vasto ia sas

U « L I B R Opiena più' che gli altri dell’ Asia toccati da Alessan­dro e dal seguito suo, eccettuatine i fiumi In d ia n i , che grandissimi aoqo infra tu tti; e si scarica in fi­ne nel gran mar della Ircania. Voleva Alessandro passarlo, ma difficile il transito glie ne parve: pe­rocché largo ne è il letto circa tei stadj, e profon­do assai più che pari larghezza non porta , ed a rer noso : e sì rapida ne è la corrente, che neo difficil­mente sconfigge dal suolo, e trae seco quanto vi si p ianta, altronde mal fisso in mezzo alle arene. Mo- leitavalo $he non vi erano materie intorno» e trop­po pareagli l’indugio se portavane di lontano per estendervi un ponte. Adunque adunando di quelle pelli sotto le quali si attendavano li soldati, fecele riempire di aridissimo strame, e legare e cucire at« tentissiraamente, sicché l’ acqua non le penetrasse: e riempiute e cncite bastarono a tragittare in cinque giorni l’armata. Prima però di tragittarla ne trascelse i Macedoni più anziani e già imbelli, come i Tessali rimasti volontarj, e li rimandò nella patria. £ spe­dì Stasanore, amico suo, fra gli Arj ad arrestarvi Arsace il Satrapo che pareagli male animato, e pren­dervi il posto eoo.

34. Valicato il fiume Osso, marciò sollecito versoil luogo ove diceasi, che stava Besso coll’ esercito; quando gli giungono messaggieri di Spitamene e di Ifataferne, ed annunziano che questi due se manda­tasi ad essi un capitano e poca milizia , arrestereb­bero e consegnerebbero Besso, custodito già come fosso io loro balìa, ma non incatenato. Alessandro adito ciò ristora l’esercito, e quindi procede, ma con più agio assai di p rim a. Intanto manda Tolom- meo di Lago con tre coorti de’ cavalieri amici, e compagni, co’ lanciatori a cavallo, con la fanteria già di Filota, con mille cinti di scudo, con tutti gli A griani, e metà degli arcieri, prescrivendogli che marci sollecito a Spitamene e Dataferne. Marciò To- lommeo come gli era prescritto: e compiendo in quat­tro giorni dieci marce, giunse al luogo dov’erasi alloggiato il giorno avanti Spitamene con la sua sol-

T E R Z O n 3ciatesca. E conobbe, che Spicamene e Dataferne noù aveano proposito fermo sa la consegna di Besso. A- dunque lasciati i soldati appiedo affinché gli tenga­no dietro in buon ordine, corre con gli aieri a ca­vallo ad un tal villaggio , dove restavasi Besso coTt pochi, allontanatisene qnei di Spitamene per non in­correr 1’ infamia di consegnarlo. Compartiti i cavalli intorno di quel villaggio il quale avea mura e por­t e , fe bandire a quei d’entro come sarebbero intatti se gli davano Besso; e quei riceverono lui coll’eser­cito . Allora Tolommeo prese Besso e retrocedè; spe­dendo insieme ad Alessandro, per intenderne coni» g lie lo dovesse portare dinanzi. Comandò quel mo­narca che gliel menasse nudo, con Catena al còllo, e situato a destra per una via per la quale verreb­b e pur egli coll’esercito; e così appunto si fece. A- lessandro in veder Besso, ferma il cocchio, e chie- dene perchè mai arrestasse prima , indi si portasse inceppato, ed uccidesse infine D ario, suo re , suo con­giunto, suo benefattore; e colui replicava ch’era pa­rato a lui come ad altri del reai seguito, di così fa­re per essere salvi presso di Alessandro. Allora Ales­sandro comandò che lo flagellassero, e che il bandi­tore divulgasse intanto le perfidie da Ini rimprovera­tegli . Così battuto fu rimandato in Battro per esservi ucciso. E ciò scrive Tolommeo su BessO; nondimeno Aristobolo narra che quei di Spitamene e Dataferne portarono Besso a Tolommeo; e che poi fu tratto nu­do ed incatenato ad Alessandro.

35. Or qui Alessandro supplendo con cavalli di que’luoghi Ja sua cavalleria venuta meno in gran numero nell’ascendere di su pel Caucaso ( l ) , e nel viaggiare di qua e di là dell’ Osso, marciò verso Ma- racanda, città reale della Sogdiana ; e quindi verso del T anai. E questo fiume^ per quanto scrive Aristobo-

Ar&iano . 8(■) Questo i propriamente il monte Parapamiso scambiato d i’ Macedoni col

Caacr.se vero il quale è diversissimo e molto lontano ; stendendosi il Caucaso da settentrione all'oriente dell’ Eusino e della Colchidc, e qui parlandosi di nn fiume orientale cjie sbocca nH mare dell’ T rcinia, o«ia C u o io . Eraronene fin da' suoi di rimproverava tale scambio ai G rec i. Vedi Arriano sccsro lib. J- paragr. 3.

114 L I B R Olo, chiamato Orsante con altro nome, dai barbari intorno : e di questo ancora le acque sorgono dal Caucaso, e finiscono nel mare dell’ Ircania . Evvi an­che un altro Tanai, e di questo parla Erodoto lo storico quando scrive che l'o ttavo fium e degli S c it i èil Tanai, che nasce da una gran palude, e giù scorre, e si getta in altra maggiore, chiamata M eotide . E questo Tanai fissano alcuni per confine d’Asia e di Europa, e derivano insieme la palude Meotide da’pe­netrali del mare Eusino; sicché il Tanai che gettasi in questa divide l’Asia dall’Europa, come 1’ Europa è separata dall’ Affrica pel mare intermedio a Gade, ed alla Numidia che giacele a fronte. Secondo quel­li medesimi l’Asia dall’altra parte è distinta dall’Af­frica pel fiume Nilo .

In verso quel primo Tanai sbandatisi alcuni Ma­cedoni per foraggiare furono trucidati dai barbari,i quali dopo il fatto si ripararono su di una monta­gna asprissima, e spezzata per ogn’intorno. Erano trenta- mila di moltitudine: nondimeno Alessandro andò su loro colla parte più svelta dell’esercito. As­salirono i Macedoni più volte il monte : e nelle pri­me vi furono tempestati e risospinti dai barbari: e molti ancora feriti. Alessandro stesso vi fu trafitto da banda a banda in una gamba con un dardo ; re- etandovene in parte la punta internata e rotta ( l ) . Ma quando espugnò quel luogo , molti de’ barbari fu­rono trucidati dai Macedoni, e molti perirono tra­balzandosi da que’ dirupi; per guisa che di tanta moltitudine non iscamparono che otto mila.

(0 Curzio lib. f . parag. 1?.Quos dum eisidet rei inter promptissimos dimi- tans sagitta ictus est, quae medio crure fixa rtìiquerat spiculum.

Fine del h ih ro Terzo.

L E S T O R I E

DI A R R I A N OSU LA SPEDIZIONE D I ALESSANDRO

Ii5

LIBRO QUARTO

1 U o p o non molti giorni vennero ad Alessandro ambasciadori dagli Sciti dell’Asia che Abj (1) si di­mandano, indipendenti per la povertà nommeno che per la giustìzia, per la quale encomia vali Omero, ne’suoi canti più che tutti i mortali, e dagli Sciti di Europa; nella qnale soggiorna il più gran popolo di es6Ì. Mandò compagni loro quando partirono al­cuni amici suoi colle apparenze di concordar l’ami­cizia secondo l'ambasceria, ma più veramente affin­ché b informassero dei luoghi, del numero, delle leg­gi degli Sciti, e con quali armi scendesrero a com­battere. Egli pensava di fondare e di chiamare col nome di sestesso, in riva del Tanai una città: per­chè parevagli il luogo propizio per darle incremen­ti cospicui, come acconcio per apparecchiarvi, se oc­correva, le spedizioni contro gli Sciti, e per guar­darvi il territorio dalle incursioni dei barbari situati di là dal fiume. Parevagli poiché grande via via di­verrebbe e per la copia degli abitanti e per la glo­ria del nome.

2. Intanto i barbari, vicini al fiume, presero ed uccisero nelle loro città le guarnigioni Macedoniche,

(i) Omero parla deeli Abj nel libro secondo della Iliade* Abios pad signifi­care nomo povero» uomo ricco, uomo robnsto, uomo non violentato» uomo che non violenta } e questi semi possono convenire tutti al popolo del quale si tratta» avuto rigmrdo al poco che Arriano addita di esso. E* però cuiioso di vedere come con una voce medesima si vogliano dinotare popoli iodipeo- denti, o s e n a i mezzi della vita .

n 6 L I B R Oe fortificarono le città medesime ond’ esservi più si­curi . Aderironsi ad essi nella ribellione molti Sod- diani, eccitativi da quelli che aveano arrestato Bes­so . £ questi aveano con simil guisa rivolti in favor loro anche de’Battriani, sia che temessero di Ales­sandro, sia che pretestassero che Alessandro aveva intimato ai capi della provincia di venire tutti ad un congresso in Zariaspa, città grande, e non cer­tamente per bene alcuno. Alessandro, ciò udito, or­dina alla fanteria che faccia in proporzione delle sue schiere, tante scale, quante ad ogni schiera se ne prescrivevano; ed egli frattanto (giacché sette di- ceansi le città dove i barbari correrebbono a difen­dersi) movesi verso la più vicina di esse ai suo" cam­po , la quale nominavasi Gaza. Spedì Cratero a Ci­ro poli la più grande infra tutte, e nella quale s’era- no i più raccolti de’barbari; e lo incaricò di accam- parvisi vicinissimo, di ricingerla tutta con fosso e steccati, • costruir macchine, quante ne abbisogna­vano; sicché quei d’entro ripiegata l'attenzione ver­so Cratero, non potessono recar soccorso alle altre città. Egli giunto a Gaza, appena potè farlo, die­de il segno di applicar le scale, e di assalire intor­no le mura, altronde di terra, e non alte. Intanto concordi a quell"assalto e frombolieri, ed arcieri] e lanciatori, vibravano colpi ; e colpi uscivano pur dal­le macchine su i difensori delle mura. Prive così ben­tosto di difensori le mura, bentosto ancora furono coperte di scale, e salite. I Macedoni uccisero in cit­tà per ordine di Alessandro gli adulti, ma pigliaro-, no in preda donne, fanciulli, e tutt’altro. Di là marciò subitamente verBO la seconda città dopo quel­la. Trovatala similissima nel fabbricato, la espugnò nel giorno stesso, e con trattamento eguale de’ vin­ti . Poi venne, alla terza, che prese a prim’ impeto nel giorno seguente.

3. Occupando egli così la milizia appiede, fece in­tanto precedere la cavalleria su le due città più vi-' cine con ordine di guardarne gli abitanti; sicché non risapessero la presa- delle altre ed il giungere no'n

Q U A R T O u rlontano di Alessandro, nè fuggissero, e si rendesse-' xo difficili da perseguitarli. Accadde com’esso imma­ginava; e riuscì del tutto opportuna la spedizione. Imperocché li barbari delle città non pigliate anco­ra , veduto elevarsi il fumo dalla città dirimpetto che andava a fuoco: e veduto più d’uno fuggirne e ma­nifestarne in se stesso appunto colla fuga la disgra­zia; uscirono, veloci quanto poterono, a gran mol­titudini dalle mura, ma scontratisi colle squadre del­la cavalleria che gli appostava, ne furono quasi tutti la vittima . Così prese tra due giorni e devastate cin­que delle città, si diresse a Ciropoli (1), che ne era la più riguardevole. Avea questa come fondata da Ciro più alte intorno le mura ; e concentratovisi il numero più grande e più bellicoso de’ barbari ; non parea facile ugualmente espugnarla. Nondimeno av­vicinò le macchine, disegnando di batterne le mura, di aprirvi la breccia, e cacciar visi. Ma poi veduta nel fiume che traversale scarsa allora come ne’ tor­renti, nè giugnere l’acqua fino ad esse, e lasciare un passo ds introducisi ; pigliò la milizia, guardia del corpo, quella cinta di scudi, o di arco, e gli Agria­ni: e prima, appunto per l’alveo, penetrò non vedu­to , con pochi di loro la città, standosi i barbari in^ tenti contro le macchine e quelli che vi combatteva­no; poi rovesciate da entro le porte che aveanci in quella parte, v’ intromise facilmente anche gli a ltr i . Avvedutisi i barbari che la città era presa, volta- ronsi tutti contro di Alessandro, e destossene batta­glia ardentissima. Alessandro ebbe tra capo e collo un colpo veementissimo di sasso: eCratero, ed altri duci furono colti dalle saette. Finalmente essendo ornai cacciati dal foro i barbari, erano intanto pre­se dagli assalitori le mura prive d* ogni difesa. Mo­rirono nella prima invasione circa otto mila : gli altri

(i)Tolom m eolachiam aC irescata Kugg(T%CtTCl } come chi dicesse l’ ulti­

m a C ir i ; ciocchi si conferma da Straboae nel lib . n . T & K UgCt,

r a v ov Ttf K u p a XTIPH& : Cìr* r ultima di quell* che Ciro frb tii- cd , cioè presso il lassane.

118 L I B R O(giacché te ne erano adunati in tatto diciotto mila) ripararonsi nella fortezza. Alessandro li cinse, e ve li assediò tutto nn giorno; e ben tosto si diedero pier la mancanza delle acqae . Finalmente, andatovi, eb­be la settima città secondo Tolommeo per cessione ; e secondo Aristobolo per assalto anch’essa, fino ad uccidervi quanti vi sorprese. Tolommeo scrive che Alessandro distribuì fra l’esercito i prigionieri, e fe- celi custodire fino al partir suo da quella regione; affinché non si restasse, libero di se stesso, niun de’ ribelli.

4. Intanto venne alle ripe del Tanai l’esercito de-

fli Scici dell’Asia perchè aveano udito, che molti bar- ari di là dal fiume, eransi ritolti ad Alessandro, e

perchè se il moto era grande, voleano anch’essi in­vestire i Macedoni; tanto più che diceasi che Spia­mene assediava co’ suoi la guarnigione lasciata nel forte di Paracada . Per l'opposito Alessandro avea mandato Androinaco, Menedemo, e Carano con ses­santa de’cavalieri amici, ed ottocento de’ mercenarj a cavallo, de'quali era duce Carano, e con mille cinquecento pur de’ mercenarj appiede; ed avea con­giunto a quei tre per interpetre Fa ranche, Licio di nazioae, ma perito della lingua de’barbari, e , per quanto vedeasi, buono assai da cooperare con essi. Égli poi fabbricata in venti giorni la città che avea disegnata, ed accasativi de’ mercenari Greci, e de' confinanti barbari i quali vollero parteciparvi, ed alquanti dell'armata Macedonica, invalidi a più com­battere , faceva giusta il suo stile sagrifizj ai numi, e giuochi equestri e ginnici ( i ) . Veduto però che gli Sciti non ritraevansi da quelle ripe, anzi che vi­bravano dardi fin di là dal fiume , che ivi non era largo, e braveggiavano con fasto barbarico, in di­spregio pur di Alessandro, quasi non avesse core da misurarsi con essi, o se avesselo, conoscerebbe a pro­

ti) Ginnico: vore greca passata ai latini: v a le , di esercizio, di ginnastica, come il ro rso , l i lotta ecc. I due addettivi ginnico, o ginnastico si leggono in aua'rlie dizionario , ma la Crosci ne tace> sebbene registri il sostantivo Ginnastica.

va il divario tra gli Sciti e gli altri dell’Asia ; ne avvampò, ne riarse dall’ ira, e fece apparecchiar del- lfr pelli risolato di passare e combatterli. Offerì sa- grifizj pel transito; ma propizj non apparirono. Egli ricevè ciò di mal animo; tuttavia sofferse, ed aspet­tò . Ma non partendosi ancora gli Sciti porse pel tran­sito di nuovo un sagrifizio; e di nuovo Aristandro, 1’ indovino, annunziava che significavasi per essq un pericolo. Allora egli soggiunse : che era meglio cor­rere ai rischi estremi, che dopo avere domata ornai tutta l’Asia, rendersi come già Dario il padre di Serse, ludibrio degli Sciti. Ma per quanto Alessan­dro bramasse di ascoltarne lieti augurj; Aristandro disse che non gli esporrebbe se non quelli del cielo . Adunque Alessandro stando già le pelli pronte al tragitto, e stando l’ esercito in arme presso del fiu- me, ordinò che le macchine tirassero dardi su gli Sciti i quali cavalcavano per l’altra riva. Ne furo­no con ciò feriti alquanti : anzi uno trafitto a tra­verso dello scudo e dell’usbergo, cadde di cavallo. Sbalorditi i barbari pe’dardi che venivano sì da lon­tano, e perchè moriva ad essi ua valentuomo; si scostarono alquanto dalla ripa .

5. Vedutili perturbati, Alessandro postosi avanti, passa il fiume a suono di trombe; tenendogli dietro 1’ esercito . E messi a terra per i primi gli arcieri ed i frombolieri, fa che tirino di arco e di fionda, sic­ché non tornino i Sciti all’incontro della Falange che tragittava , innanzi che giugnesse in sul lido tut­ta la sua cavalleria. Riunitivisi alfine tutti, mandò prima su gli Sciti un corpo di cavalleria forestiera, e quattro squadre di soldati con le Sarisse ( l). Gli aspettarono i Sciti: poi girando intorno di essi colla cavalleria affrontavano in molti i pochi, e facili se ne fuggivano . Adunque Alessandro distacca in ver­so gli Sciti anche gli Arcieri, gli Agriani, e la mi­lizia leggiera di Balacro, mescolandoli alla cavalle-

(i) Aste Iunglie in tempo più antico di sedici cubiti» e poi di quattordici: erano l 'u n a delle arme delia falange Macedonica.

Q U A R T O 1 J 9

120 L I B R Or ia . Fattisi par questi a combattere, spedi sul ne* mico tre squadroni del corpo degli amici, e quanti saettavano da cavallo : poi movendosi egli stesso col testo de’ cavalieri corse dirittissimo all’attacco. Non poterono allora gli Sciti girare come prima attorno la cavalleria, perchè nel tempo stesso fulminavali la milizia a cavallo, e la milizia appiede non lasciava fa­re ad essi quelle sì facili evoluzioni ; ond’è che si die­dero a manifestissima fuga . Ne morirono mille e tra questi Satràce, uno de’ loro capitani, restandone pri? gionieri cento cinquanta. Ma poi correndo, ardendo, sfinendosi nell9 incalzarli , tutta l’armata assetò. Lo stesso Alessandro f ra ’l correre bevè l’acqua come la ebbe in que’ luoghi: ed essendo malvagissima, glie ne sciolse il ventre in un subito e frequente profluvio. Così non fu continuato a perseguitare gli Sciti, i quali sarebbero, io credo, periti tutti, se Alessandro non iofermavasi, e caduto in pericolo estremo, non era ri­portato indietro agli alloggiamenti : e così fu veri­ficato il vaticinio di ArÌ6trandro.

6, Poco appresso vennero ambasciadori dal re de­gli Sciti per iscolparsi con Alessandro su l’accadu­to, perchè non eragli fatto dal comune del popolo ma da pochi, usciti a guisa di ladroni, per la pre­da : ed in prova esibivasi pronto a fare quanto co­mandasse^. Alessandro rispose a lui con amichevoli modi, perchè se non mostrava dar fede, pareagli do­ver correre a vendicarsene, e la vendetta altronde non era opportuna a que’ tempi. I Macedoni asse­diati nel castello di Maracanda, essendovi ancora as­saliti da Spitamene e da’suoi, ne sboccarono fuori, e glie ne uccisero alquanti, e ne rispinsero gli altri » ed essi rientrarono illesi. Finalmente udendo Spita­mene che avanzavasi la milizia spedita da Alessan­dro; sciolse l’assedio » e si ritirò verso la città so­vrana della Sogdiana. Gli diedero Farunche, e gli altri la caccia per tutto verso i confini della Sogdia» Ha, inseguendolo nella ritirata ; quando entrarono •consigliatamente fra gli Sciti Nomadi, Or qui Spi­tamene pigliando anche secento d’ essi a cavallo ardì

Q U A R T O ib ieoi soccorso loro di volger la frontto ai Macedoni eh* gli venivano sopra. Ordinatosi nel piano in una so­litudine Scitica non volle nè aspettarveli , nè mar­ciarne all’assalto; ma girandosi a cavallo intorno le milizie pedestri le infestava coi dardi : e se i caval­li di Farunche si affilavano verso loi ; fuggivane spe­ditissimo. imperocché in quel tempo egli avea ca­valleria più vegeta e svelta ; laddove quella di An- dromaco era infiacchita per le marce continuate, e per la penuria de’ pascoli; e gli Sciti le erano sem­pre addosso fortissimamente, o che ella si fermasse »o che si avanzasse . Così rimastine feriti molti, e ta­luno anche morto; i Macedoni si schierarono in qua­dro, e si ritirarono alla riva del fiume Politimèto( l ) , perchè v’era una selva, la fanteria vi si ren­deva ad essi più utile, e men facile a] nemico il tempestarli co’dardi. Garàno l’uno de’capi della ca­valleria tentò, senza dirne punto ad Andromaco,di passare il fiume, onde meglio assicuricela. Tenne­gli dietro 1» fanteria non per comando, ma intimo­rita ; entrando il fiume tutta in disordine pe’ lidi stra- ripevoli . 1 barbari, conosciuto l’error de’Macedoni; si avventarono, cavalcando, da ogni parte contro quel transito; e qua erano addosso di chi era passato e dava indietro ; là stavano -a fronte di chi passava , elo rovesciavan fra le aoque: altri saettavan di fian­co, ed altri premeano a tergo chi mettevasi ancora a far quel tragitto. Intracchiusi così per tutto da difHcoltadi andavano i Macedoni a scampo in una isola non grande di quelle contenute dal fiume. Ma gli Sciti e Spitamene colla cavalleria li circondaro­no e saettarono, uccidendogli tu tti, anche i pochi che ne ebbero nelle mani. Aristobolo scrive che il più di quella milizia perì per le insidie degli Sciti; perocché postisi ad agguato in un albereto, le piom­barono improvvisamente addosso appunto in sul fatto :

(1) Politimèto : «inetto ? il greto nome T l0A vT t//,t}T 0C clie significa pre­ziosa : il nome che gli davano que’ paesani avrà significato altre ttan to . Secon- •do alcune carte geografiche si vede sboccare direttamente nel max Caspio ; m» «el parag. seguente A m an o jciìvc che svanisce £w le arene.

122 L I B R Oche qui Faronche, imperito com'era di guerra, e spedito da Alessandro anzi a parlamentare i barba­ri che a combatterli come capo, volle cedere il co­mando agli altri inviati con esso, come Macedoni ed amici del re : ma che Andromaco e Menedeino e Ca­rano lo ricusarono, sì per non mostrare di far da sestessi cosa alcuna contro gli ordini di Alessandro, e sì perchè noi voleano in tanto pericolo, percioc­ché bsn vedeano che avendo reo termine, non sareb­bero disgraziati quanto un privato, ma come per aver mal guidato tutto l’affare : che in mezzo a tan­ta turbolenza e disordine piombando i barbari su loro li trucidarono tu tt i , sicché non iscamparono più di quaranta a cavallo e trecento a piedi.

7. Alla nuova di tutto questo, addoloratosi Ales­sandro su la calamità de’soldati, deliberò di mar­ciare ben tosto contro Spitamene, e contro la bar­bara milizia di lui. Pertanto pigliata metà de’ cava­lieri amici, a pigliati tutti i soldati cinti di scudo » gli arcieri, gli Agriani, e la parte più espedita del­la falange, incamminasi verso Maracanda , dove, co­me avea sentito, era toriato Spitamene, e vi asse­diava quei della fortezza. £ percorsi mille cinque­cento stadj in tre giorni, su l’alba del quarto veni- vasene alla città. Conosciuto ciò, non lo aspettarono Spitamene e i suoi; ma lasciarono Maracanda, e fug­girono . Diedesi Alessandro ad incalzarli, e giunto al luogo ov' era stata la battaglia, seppellì li cada­veri alla meglio, e seguitò li fuggitivi fino alla so­litudine. Poi ripiegandosi devastò la regione, e v’uc­cise i barbari ritiratisi nelle parti più forti, perchè di essi ancora diceasi che fossero piombati su de’Ma- cedoni. Così ne andò per tutta la regione corsa e bagnata dal Politimèto, perchè dove questo fiume si perde, da indi innanzi la regione è diserta: per- desi poi, quantunque ampio nella corrente, giù fra le arene; come ad egual modo in que’luoghi svani­scono altri fiumi grandi e perenni; 1' Epardo il qual corre le terre de’Mardi, l’Ario dal quale gli Arii sono denominati, e l’Etimandro che passa fra gli

Q U A R T O 123Evergeti: e tutti questi son tali, che ninno d’essi è minore del Penèo ( l ) , fiume della Tessaglia, il qua­le giù per Tempe scendendo gettasi al mare : anzi il Politimèto è ben più grande .ancora di esso Penèo.

8. Alessandro dopo ciò venne a Zariaspa, e vi stette finché passasse il rigore dell’ inverno. Quivi tornarono intanto a lui Frataferne che era il Satra­po de’Parti, e Stasanore che era stato spedito ad arrestare Arsace fra gli Arj. Gli conducevano que­sti in catene Arsace, e Barzane ch’era il Satrapo dato da Besso ai Parti , ed alcun9 altri ribellatisi anch’essi con Besso. £ qui pur vennero dalla mari­na £pocillo, e Melamnida, e Tolommeo capitano de* Traci, i quali aveano scortato al mare, de’soldati confederati, e li danari mandativi con Menete. So­praggiunsero ancora Asandro, e Nearco con truppe mercenarie di Greci, e Besso il satrapo della Siria, ed Asclipiodoro prefetto de'mari arrivavano anch’es­si con soldatesche. Poi convocando quivi un consi­glio d’infra quelli che v’erano, presentò loro Besso; ed accusatolo della perfidia sua contro di D ario, fe* cegli mozzare le orecchie in punta e le nari; man­dandolo in fine ad Ecbattana affinchè fossevi condan­nato a morte da un consiglio di Medi e di Persia­ni. ìo già non lodo una tanta punizione di Besso; anzi barbaro credo quell’ isformarlo : e dico che Ales­sandro vi e indusse per imitare il fasto Medo e Per­siano, e lo stile de’re barbari, vario, inverso de’sud* d iti. £ nemmeno lodo per alcuna maniera che esso il quale era un Eraclido prendesse la veste de’Medi per la Macedonica e sua , e che non si vergognasse mutare ciò che portava già vincitore sul capo col turbante de’ Persiani, vuol dire del popolo vinto (2) ,■Io niente di tutto ciò commendo; anzi porgo non

(1) Ora Salamprìa. Nasce dal monte P indo, riceve in sestesso altri fiumi e sbocca nel golfo Termaico, ora di Tessalonica.

(2) Resterebbe da vedere se Ercole capo degli Eraclidi vestisse come i Greci del tempo di Ercole; e renerebbe da esaminare se il cortffnistatoie di nn gran­de impero possa discordare se ria pericolo dagli usi e vesti del popolo che rap­presenta. tl nostro A rri.no consideratore di certe incidenze infinitesimali fo te* salir col pensiero a tali licerche. -

124 L I B R Oche altre, le ateaae grandi azioni di Alessandro ia documento, che ninno, e sia pur forte di corpo , sia più che chiaro di sangue, e prosperissimo in' arma anche più d’Alessandro, niuno, non se abbia, navi­gando, girata intorno (come costui disegnava fare), e conquistata l’Affrica oltre l’Asia, o non se abbia oltre l’Asia, e l’ Affrica, ottenuta insieme l’Europa, sarà da tutto ciò giovato punto a render sestesso felice, se noo sappia essere moderato in mezzo di operazioni quantunque segnalatissime nell’apparenza. E qui non credo fuor di proposito dir i mali di d i ­to figliuolo di Dropide, 6 quanta parte ci avesse A- lessandro, sebbene posteriori alquanto di tempo.

9. Raccontano che ci avesse tra’Macedoni un gior­no consagrato a Bacco, e che Alessandro a Bacco aagrificasse ogn’anno in quel giorno, ma che, tra­scurato un anno questo D io , aagrificasse ai Numi gemelli; talché da indi in poi si destinasse per essi vittima ed imbandigione. Ora in tal anno ( che già in ciò facevaia Alessandro da barbaro) continuando­si il bere, vennesi intanto a discutere, come la ge­nerazione di que’due si togliesse a Tindaro, ed a Giove s’ imputasse. Quando taluni per adulare il monarca ( e tali uomini han sempre sconcertato nè mai cesseranno di sconcertare le cose dei re) disse­ro che nè Polluce nè Castore poteansi punto para­gonare ad Alessandro ed alle gesta di esso : e vi fu chi tra ’l bere non risparmiò nemmen Ercole nel pa­ragone; aggiungendo che la invidia è l’ostacolo on­de i vivi non riscuotano i debiti encomj da’contem­poranei. Ma Clito indispettito chiaramente di prima dal passar di Alessandro ai costumi de’ barbari, e dalle maniere de’suoi celebratori, istigato in quel ponto dal vino ancora, non tollerò che si prestasse al re l’ossequio inossequioso con profanare gli D ii, nè con vilipendere i fatti de’vecchj Eroi; quando i fatti di Alessandro non erano nè sì grandi nè sì me­ravigliosi come decantavasi; non essendo l’ opera di lui solo, ma de’Macedoni, per la più parte. Ales­sandro non resse a tal dire: nè commendo io già

Q U A R T O ia 5quel dire di d ito ; anzi giudico che basti ad ano tacere fra tanta ebbrietà, senz’ adulare vilmente co­me gli altri. Menzionandosi poi da alouni per piar cere ancora ad Alessandro, le opere di Filippo sen­za equità niuna come non grandi nè meravigliose; d i to levato già di menté prese, dicono, a difende­re questo, deprimere l’altro e le gesta di esso. An­zi dando in altri eccessi pel vino, rinfacciò calda­mente ad Alessandro che sul Granico vi fu salvato da lui nella battaglia equestre co’Persiani; di guisa che stese baldanzosamente la destra, e questa f u 3 disse, questa o Alessandro che t i scampava . Or qui non potendo Alessandro più comportare nè la bria­chezza , nè la insolenza di Clito, gli corse furibondo a dosso : ma sebbene ei ne fosse da tutti rattenuto : non però cessava 1* altro d’ inveire. Diè un grido il monarca per chiamare i soldati cogli scudi; ma non essendone udito, disse eh’egli era nel caso di Dario, quando era menato prigioniero da Besso e da’segua- ci di lu i, giacché non avea di re che il nome solo . Non poterono allora più tenerlo gli amici ; ma dato un salto, e tolta secondo alcuni l’asta, e secondo altri pur la sarissa ad una guardia del corpo fulmi­nò Clito, e lo uccise. Aristobolo non dichiara onde ■orse in mezzo al bere la petulanza : scrive però che la colpa fu di d i to solo; perchè egli, quando il re corse fremendo per ucciderlo, condotto a forza per la porta di là dal mur >, e della fossa della fortez­za, non seppe tenersi dove era, presso di Tolommeo figliuolo di Lago e guardia del corpo, ma rivenne « si offerse dicendo, ecco C li to , al re che non chia­mava che Clito, ed in quel dire colpito dal regio ferro perì.

io. Or io lamentomi altamente di d ito per gli oltraggi verso del suo re; ma mi fa pur dolore il mal essere di Alessandro, perchè in un tempo die- desi a conoscere schiavo di due gran vizj, dell’ ira­condia , e dell’ ubbriachezza ; quando conveniva che un savio neppure ad un soggiacesse. Lodo però que­sto principe che bentosto ravvisò l’opera indegna ; e

126 L I B R Otaluni i quali scrissero di lui dicono, che fissato nel muro il calce dell’asta, egli volea scagliarsene con­tro la punta, sembrandogli inonorata la vita dopo ucciso un amico tra i furori del vino : il più però degli storici non dice questo; ma sibbene che egli andatosi a letto ri giacque sospirando e richiaman­do il suo d ito per nome, e di Clito la sorella e sua nudrice insieme , Lanica la figlia di Dropide, per­chè egli adulto così bel compenso le dava d’esserne allevato ! Ella veduto avea li suoi figli morti nel combatter per esso, ed ora esso stesso le uccideva il fratello. Ei non lasciava in tale stato di chiamar­si il carnefice degli amici, standosi per tre tjì senza mangiare e bere, e senza curare con altre usate ma­niere il 6uo corpo ( i) . Alcuni indovini vedeano in tutto ciò là indignazione di Bacco, perchè aveane il re tralasciati i sagrifizj . Oiid’è eh’ei cibato a stento, e curato a persuasion degli amici il suo cor­po, rese i debiti onori allo Dio; perocché non di­spiaceva ad Alessandro che si ripetesse il disastro anzi dall’ira del cielo che dalla pravità del suo cuo­re. Moltissimo però stimo Alessandro in questo che non godè protervo del male, nè lo sostenne difen­dendolo con più reità d’allora che il fece, ma con­fessò che avea mancato, essendo uomo ancor egli.

i l . Altri narrano che Anassarco filosofo chiamato e venuto ad Alessandro per placarlo , trovatolo sdra­iato e dolente, dicesse, ridendo, eh’ei non sapea perchè i savj antichi rappresentavano la giustizia se­duta presso di Giove: questo è perchè si reputi giu­sto quanto viene da Giove : e che le opere così di un re grande si debbono tener giuste prima dal re medesimo, e poi dagli altri mortali. Aggiungono che colui con que’ detti disacerbasse allora il sovrano. Io per altro giudico che Anassarco mettesse in Alessan­dro un male grande, più dell’altro ond’era colpevo­le , se diedegli per sentenza filosofica, che non deb-

(O Curzio lib. t . parag. J. Rex triduum jacuit inclusiti, quem ut armigeri corporisque custode? ad morìcndum obstinttum esse cegnoverunt, universi in Ubernaculum irrumpunt.

Q U A R T O 127-bono i monarchi scegliere premurosamente ciò, che è giusto, per farlo; ma che giusto è tutto, quanto dai monarchi è mai fatto. £ quindi è poi ch’egli ambì com’è fama di essere adorato, tenendosi anzi figlio di Ammone, che di Filippo. Nondimeno a me pare che per ispingerlo a questo non vi abbisognas­sero le adulazioni di alcuno tra’suoi, nè le altre so­fistiche di Anassarco, o di Agide , Poeta di Argo i quali gli erano appresso: imperocché già egli era in­namorato delle maniere Mede e Persiane fino a tra­smutare l’ abito, e la gala del regio apparecchio. Non approvava tai cose, austero com’era nei modi, Gallistene da Olinto, discepolo di Aristotele: nè io su ciò da Calliste^e mi diparto. Giudico però chea lui non convenisse il dire, se pure è vero, che A les­sandro e le gesta d i esso erano minori d i se , e del­lo scrivere suo : che egli non era colà venuto per es­serne glorìficaio , ma per glorificare quel principe tra' mortali: che V essere divino di Alessandro non teneasi g ià per le favo le sparse da Olimpia su la generazione di l u i , ma piu ttosto per quello eh' ei ne avea scritto e d ivu lga to . £ vi è pure chi riferi­sce che interrogato un giorno Gallistene da Filota, qual pensava che fosse il più onorato dagli Atenie­si , rispondesse, che Armodio ed A ris tog iton e , per­ché aveano ucciso l'uno de 'tiran n i, e fin ita con esso la tirannide: e che dimandato indi ancora, in qual parte di Grecia, chi uccidesse un tiranno potrebbe secondo lui fuggire e scampare, soggiungesse: che certo nell' A tt ic a , se non a ltrove . Perocché quei del- V A tt ic a a proteggere i f ig li di Ercole aveano fa tta guerra ad Euristeo quando tiranneggiava la G recia .

12. Quanto all’adorazione poi di Alessandro la fa­ma così narra che Gallistene la contrariasse : vuol dire, si era convenuto t r a ’l re, tra’savj, e tra "1 fior de’ Grandi Medi e Persiani, eh’eran seco, d’ intro­durre su di essa il discorso mentre fossero a bere. Anassarco il primo prese a dire, che era molto più giusto venerare qual nume Alessandro che Bacco ed Ercole non sì per le tan te e rare gesta di lu i t quanto

•128 L I B R Oper essere Bacco un Tebano, punto non a t tin e n te a M acedoni, ed Ercole un Argivo niente pur ei l e ­ga to con loro, fuorichè colla stirpe d i Alessandro che era un Eraclido. Inoltre essere assai più deco­roso che i Macedoni sublimassero con onori divini i l ré lo ro . G ià non v era dubbio che qual D io lo ado­rerebbero qudndo ei fosse partito dagli uomini. Quan­to era poi meglio glorificarlo ancor v ivo che dopo la morte senza utile niuno di lu i? Frattanto che A- Dftssarco dicea queste o simili cose, ve lo comment- davano quei eh’erano a parte del disegno, e volea<- no allóra allora dar principio alle adorazioni f ma li Macedoni contrarj al discorso (ed eran par molti) tacevano. Allorquando sottentrando Gallistene, o Anassarco, disse, io reputo Alessandro non indegno di niunp degli onori che all'uomo si proporzionano. Sono però d istin ti g l i onori degli uomini da quelli de’ numi per molte cose come pe* tem pli e pe* simo - lacri che si fondano , o si ergono. Santifichiamo i tem pli pe numi ; e vi sagrifichiamo, e libiamo . . Tri­butiamo g l’’inni alla d ivin ità , g li elogi ai m o r ta l i , ma senza g l i ossequj d i chi adora; perocché si ba­ciano g li uomini salutandoli ; m a g li D e i , posti tan­to sopra di n o i , non possiamo nemmeno toccarli ; e per questo adorando l i celebriamo. S i f a n danze ancora a lor laude, è Peàni si cantano. N è dee ma* ravigliarci se diversa è la gloria pe* numi diversi, e varia principalm ente , e d istin ta dalla divina è quel­la per g l i Eroi . N on è giusto por g l i uomini in cima con esuperanza di onori, e degradare i numi ùd umiliazione non degna , compartendo g l i onori loro ai mortali . G ià non soffrirebbe Alessandro in un suddito i regj onori, ed avesseli pure dal sentenziare non giusto delle mani e dei voti d i un adunanza . Ora è molto più giusto che g l i D e i si corrucci no co* mortali che introducon sestessi a un culto divino; o che postivi da a l tr i , se lo comportano. Ben è A les ­sandro ottimissimo infra g l i o t t im i, assai più che monarca tra*monarchi, e degnissimo duce dei du c i; ma con g l i uomini è quel paragone. E tu più ch'altri s

Q U A R T O 1290 Anassarco , tu che conversi con esso per la sa­p ien za e la erudizionet tu dovevi ridir ta li cose, e preeludere le contrarie. N on t i s i conveniva f a r ta ­le proposta', ma dovevi p iu tto s to ricordare che non avevi presente, nè consigliavi Cambise o S erse , ma i l f ig lio d i F ilip p o , un rampollo della stirpe di A - chille e d i E rco le , uno infine l i cui genitori pas­sarono da Argo nella M acedonia, e la ressero colle legg i 3 non colla prepotenza. E p o i , nemmen E r­to le finché f u vivo ebbe i l culto de' num i, nè mor­to pure lo ebbe prim a che D elfo dovergli si, dichia­rasse c o lf oracolo suo. Che se tu necessari credessi1 modi de* barbari, perchè in barbare terre pieciola cosa con g l i uomini', p re g o ti , o A lessandro, a ri- sguardare la nazione nostra ; dappoiché tu in grazia d ì essa im prendesti questa spedizione , io d ic o , per congiungere V A s ia alla Q recia. E considera se tor­nato , un di nell' E u ro p a , debbi tu violentare a ta * le adorazione i G reci che cultissimi sono; o se tra­lasciandone e s s i , debbi volgere la indecenza, tu tta a' Macedoni tu o i: o se vorrai da ultim o d is tin ti i r i t i ossequio, ed essere da' G rec i, e da' Macedoni r ive r ito all umana e qual G reco , m a barbaricamen­te da' barbari so li. Se di C iro , figliuolo di Cambi­se , dicesi che esso il prim o de m ortali fo sse ado­ra to , e che da lui venisse in ciò la tan ta um ilia ­zione de'M edi e de' Persiani ; dev i riflettere insie­me che g l i S c iti poveri coni erano, e senza leggi > renderono a questo Ciro g l i umani' pensieri ; che al­tri S c i t i g li renderono .a D ario , che g l i A te n ie s i ,* g l i Spartani a S erse , che Clearco e Senofonte co' suoi D iecim ila ad A rtaserse , e che tu stesso , o A lessan dro , tu schivo di adorarlo, a D ario g l i rendesti.

i 3. Riuscivano i detti ( l) di Callistene gravissir mi ad Alessandro, ma conformissimi al cuor de’Ma- cedoni. Ond’ è eh’ ei manda ad insistere presso que-

Aaaiano. 9(1) Vedili anrbe in Cnrz»o rei lib. 8. parag. 19. Epli joegini'ge nel parag,

tegnente. Acquis aurihus Caliisthenes valuti vindnx publicae libertaiU audió^ bau#.

i 3© L I B R O• t i , e rammemorare ad essi 1’ adorazione . Se non che dato fine al parlare, ecco i Persiani più riguar- devoli repentinamente si alzano, e lo adorano. Or parendo a Leon nato, regio amico, che un d’ essi adorasse non degnamente; rise dell’ atto vile. Sene corruccio per allora ; ma pacificoglisi poi nuovamen­te il sovrano ( t) . Scrivesi ancora eh’ ei porse in giro il bere con aurea tazza a' principali co’ quali avea già concertato il culto suo : che il primo che vi be­ve, sorse e lo adorò, e ne fu da esso baciato : che ciò pur si fece da tutti finché, recata la tazza a e s i ­liatene , sorse pur egli, e bevve, ma si accostò pel bacio senz’adorare : che Alessandro, parlando a sor­te con Efestione, non erasi avveduto se fornito aves­se il rito richiesto ; che Demetrio figliuolo di Pito- natto 1’ uno degli amici del rq , venendo il filosofo al bacio , disse che venivaci s«nz’ avere adorato , e che su tal dire Alessandro lo escluse, replicando l'al­tro : io vado , e perdasi i l bacio . Or io non appro­vo affatto in ciò quanto portava all’ infamia di A- lessandro, nè gli aspri modi di Gallistene: dico ba­stare che chi non isdegna d’ esser coi re , prenda un modesto contegno, e ne prosperi quanto si può gl’ interessi ; e giudico che quel filosofo non a torto incorresse la indignazione sovrana per la lioenza in­tempestiva del dire, e per la stolidità dell’ arrogan­za. £ però conchiudo che senza difficoltà diedesi o- recchio alle dinunzie, che egli avea parte co’ giova­ni congiurati, o che istigati alla congiura gli aveva(2). Fu poi questa così.

14. Avea Filippo già destioato che i figli de’ Ma­cedoni incarica, fatti adulti, fossero scelti per guar­dia sovrana ; doveano questi tenersi a’ servigi- della reai persona, e custodirla quando dormiva . Pari­mente questi riceveano da’ custodi, e presentavano

(1) Curzio dice il fatto su Poliperconte in tal modo. Palipcrcon qui cuiabat Super regem unum ex hit (degli adoratori ) mento conlinffntem humum per lu - dibrium coepit hortari ut vthementius id quoterei ad terram > elicuitque iram jglexandri : vuol dire : quel Persiano nell* adorare toccA » ba tti col mento la te rra ; c Poliperconte prese ad anim arlo, che piò forte ancora ve lo battesse.

(i) Questa fu svelata al re in Battro: vedi appresso parag. a), di questo lib ro ,

Q U A R T O i 3 iil cavallo al re quando volea cavalcare, e ve lo •oprapponevano essi stessi alla persiana , e lo segui* tavano, partecipi de' suoi diletti nelle cacce. Di questo numero era Ermolao, figlio di Sopolide, gio­vine dedito, per quanto appariva, alla filosofìa ed a Callistene: e di lui riporta un'antica fama che, andando tra la caccia un cinghiale alla volta di A- lessandro, egli frettoloso lo saettò, talché cadde trafitto. Il re lasciato indietro nel colpo, ed irri­tatone, fe battere tra la collera il feritore, veden­dolo gli a ltr i , e gli ritolse il cavallo. Punto il gio­vine dalla ingiuria disse a Sostrato di Aminta , suo coetaneo ed amico, che non dovea più vivere se non la vendicava: e Sostrato, amico che ne era, si mi­se non difficilmente a parte dell’ opera ; e da lui vi furono pur messi Antipatro figlio di Asclepiodoro, di quello che era Satrapo nella Siria, Epimene fi­glio di Arseo, Anticle di Teocrito, e Filota di Car-* side il Trace. La uotte in che toccò la guardia ad Antipatro era quella destinata appunto ad uccidere il re, con assalirlo nel sonno.' O ra, dicono, che ia questa egli di voler suo tennesi a bere fino al gior­no . Per 1’ opposito Aristobolo scrive che una don­na di Siria, investita dal nume, diedesi a seguitar* Alessandro, e che Alessandro e il seguito sno ne ri­sero da principio: ma perciocché di poi costei nel- 1’ estro divino gli dicea cose tutte vere, Alessandro non più la ebbe in dispregio, anzi le concedette 1’ ingresso, quando il volesse, o di giorno o di not­te , e più volte lo volle mentr’ ei dormiva. Or que­sta allora, mentr’ ei si ritirava dal bere, gli venne incontro mossa da impulso divino, e lo pregò di tornare a bere nel rimanente ancora della notte. Il re , pigliando questo come un avviso de’ numi, tor- nossene alle bevande , e così venne meno il disegno de’ traditori.

i 5. Nel giorno appresso Epimène di Arseo svelò la macchina a Caricle di Menandro, delizia del- 1’ amor suo, e Caricle la ridisse ad Euriloco fratel­lo di Epimene . Euriloco portatosi al regio padiglio-

132 L I B R One notificò tutto 1* affare a Tolommeo di Lago, gaar-> dia del corpo, e questi al re finalmente, il qual fe­ce arrestare tutti i denunziati da Euriloco. Messi costoro a’tormenti non tacquero della trama, nè di altri che v’erano a parte. Anzi dissero, ( ed Ari- atobolo lo attesta , e Tolommeo vi consente ) che Callistene gli avea sollevati al grande attentato. Li più però non scrivono di questo modo, ma solo che Alessandro credette senza ritrosie la reitade in Gal­listene, perchè il filosofo odiava lui, e perchè go- dea la dimestichezza di Ermolao. Altri scrivono'an­cora che Ermolao presentato ai Macedoni confessasse di aver congiurato, perchè non doveva un libero genio più soffrire chè Alessandro gl' insultasse : che qui r i ­disse tu tto per ordine e la morte ingiusta d i F ilo ta , e la più ingiusta ancora di Parm enione , e di a ltr i che allora perirono, la uccisione f a t t a d i Clito tra i calo­ri del vino, il suo vestire a maniera de'M edi, V ado­razione decre ta ta , nè ritolta , e quel tanto inebbriar- si e dormirsela : che questi erano i m a li , a’ quali più non reggendo, volea liberare una volta sestesso e i Macedoni: ma che allora esso, e gli altri con es­so arrestati, furono lapidaci dagli astanti. Quanto a Palliatene, Aristobolo die», che fu portato in catene }n giro coll*esercito, e che morì di malattia ; ma To­lommeo dice che morì torturato ed appeao. Così storici fedelissimi, compagni allora di Alessandro, non concordano in cose pubblicissime, o certo ad es­si non occulte come avvenissero. Anzi su queste al­tri aggiungono molt’ altro ancora, e non conforme: a me però basta quanto ne ho scritto. Io le ho po­ste in serie co' fatti di Alessandro su Clito, perchè non aliene da essi, nè succedute molto di poi.

16. Intanto rivenne ad Alessandro un’ ambasceria dagli Sciti di Europa insieme co’messaggieri da lui spediti ai medesimi, perchè erane già morto il mo­narca al quale andavano, e vi regnava il fratello. Era la somma dell’ambasceria che que’ popoli fa- rebbono quanto si comandasse per Alessandro ; e gli recavano a nome del nuovo re doni di altissimo

Q U A R T O i 33pregio infra loro; e glie ne offerivano sposa la figlia, come vincolo di amicizia e di alleanza fer­missima . Che se egli non gradiva sposa tina reai donzella di Scizia, il re suo padre mariterebbe agli amici più intrinseci di Alessandro le figlie de’ principi, e de’ gran magistrati del suo regno. Aggiungevano : che verrebbe, se voleva, egli stes­so per udirne in persona i comandi. In questo tempo venne pur Faremàne re de’ Corasme'ni con mille cinquecento a cavallo : dicea di confinare con que’ di Coleo, e colle Amazoni, ed esibivasi di essergli guida, e fornirlo de’ bisogni dell’ e- sercito, se voleva andar tra que’ popoli, e sotto* mettere tutti fin su le spiaggie dell’ Eusino. A- lessandro rispose a’ primi benignissime cose, e con* venevoli a’ tempi, non però bisognargli Scitiche nozze: encomiò 1’ altro, e sei fece amico, ed al- leato , ma gli espresse che non eragli opportuno an* dare allora verso il Ponto. Quindi postolo sotto Artabazo Persiano al quale Alessandro avea subor* dinata la fiattriana, e gli altri Satrapi intorno, lo rimandò tra ’l suo popolo. Gli disse ; che allora lo impegnavano le Indie ; che domate qu es te , avrebbe tu tta l ' A s i a : ed avu ta la , tornerebbe alla G recia , e da questa ne andrebbe per V Ellesponto e la Propon- tide con tu tte le f o r z e di terra e d i mare nel Pon­to . Riservasse dunque Foramene per quel tem po , quanto promettea di presente.

17. Egli andò poi nuovamente al,fiume Osso, de­liberato di mettersi nella Soddiana, perchè gli si di* ceva, che ivi molti si erano ritirati su luoghi forti » e ricusavano ubbidire al Satrapo, destinatovi da A- lessandro. Preso campo in riva del fiume Osso, ec­co non lungi dalla regia tenda nascere una sorgen­te di acqua , ed una vicina a questa di olio. Udito il portento Tolommeo di Lago, reai guardia del corpo, rapportollo ad Alessandro, ed Alessandro fe sagrifizio su la visione come i sacri vati divisavano; onde Aristandro dichiarò che la fonte di olio era si- guificazion di travagli, ma di travagli che menano

134 L I B R Oalla vittoria. Allora Alessandro lascia Poliperconte Attalo, Gorgia , e Meleagro nella Battriana, eoa ordine che vi sopravveglino, e vi precludano le in­novazioni de’ barbari, e vi abbattano quelli che re* sistevano ancora; ed ei tragittasi nella Sqddiana con parte d’ esercito. Divisala in cinque corpi ne diede il comando di tre ad Efestione: e Geno, ed Artabazo presedevano al quarto. Ei marciava col quinto per quella regione alla volta di Maracanda ; e gli altri andavano, come poteasi, conquidendo i barbari concentratisi in luoghi forti, o ricuperando­li spontaneamente a patti. Alfine, dopo avere scorso il più del paese, riunitesi le milizie a Maracanda; Alessandro spedisce Efestione a rimettere gli abi­tanti per le città della Soddiana: e manda Geno ed Artabazo tra gli Sciti perchè, secondo che gli rife­rivano, avea Spitamene cercato tra gli Sciti lo scam­po. Egli poi trasportandosi col resto delle milizie per la Soddiana, pigliò senza stento quanto teneasi àncora da’ rivoltosi.

18. Intanto che Alessandro insistea su tai cose, Spitamene e con esso alquanti Soddiani fuorusciti, riparatisi nelle terre degli Sciti, accozzarono secen- to Massageti a cavallo, e corsero ad uno de’ castelli contrapposti alla Battriana. Sorpresovi il Castellano che affatto non aspettava nemici, e con esso la guar­nigione , uccisero questa , e guardarono 1’ altro in catene. Incoraggiti da tal successo accostaronsi tra pochi giorni ai Zariaspi, con la risoluzione d’ inva­derne la città. E già faceano gran prede, e ne tra- - sportavano. Ma trovandosi in quella città taluni , lasciativi per malattia, non però molti, de’cavalieri amici, e con essi Pitone di Sosicle, ivi sopranten» dente a quei che v ' erano del reai servigio, ed Ari- •tonico sonatore di cetera; e già, risanati, trattan­do questi armi e cavalli; come udirono ia incur­sione, riunirono ottanta de’ mercenarj a cavallo, che erano in presidio de’ Zariaspi, ed alcuni delia regia corte, e piombarono su' Massageti. Fulminatisi ad­dosso degli Sciti che niente ne sospettavano ritolse-

Q U A R T O i 35ro a prim’ impeto tutta la preda, Decidendovi non pochi di quelli che la portavano. Ma poi tornando fuor di ordine , come liberi dal comando di a ltr i , Spitamene e gli Sciti li colsero tra le insidie, ed uccisero sette de’ regii amici, e settanta de' merce- narj a cavallo . Ivi cadde anche Aristonico , quel delia cetera, ma da valoroso, più che i sonatori non sogliano; e Pitone, ferito, rimase prigioniero. Cor­se (i) a tal nuova Cratero contro ai Massageti: e que­sti, uditolo che veniva, fuggirono incontanente ver­so il deserto . Gl’ inseguì 1' altro , é non lungi dal deserto *’ imbattè eoo efeei , e con circa altri mille Massageti a cavallo. Arsavi battaglia vivissima » la vinsero i Macedoni, morendovi cento cinquanta de­gli Sciti a cavallo : gli altri iavolaroosi, nè difficil­mente » pel deserto, impraticabile a più seguitarli.

19. In questo mezzo Alessandro levò Artabazo che gliel dimandava pe’ molti suoi anni, dal satrapato de’ Battriani, e posevi Aminta figlio di Niccola. Poi lascia nella Soddiana Ceno eon le sue milizie e con quelle di Meleagro, e lasciavi quattrocento del cor­po de’ cavalieri amici , quanti saettavano cavalcan­do , e li Soddiani, e Battriani, già comandati da A- minta, con ordine che dipendessero tutti da Ceno e

ella regione,, se mai vi

si raggirasse fra tale stagione . Spitamene co’ suoi , veduto ogni luogo occupato con presidj Macedoni , e divenuta la sua fuga affatto malagevole ; s’indiriz­zò contro Ceno e la sua gente, perchè in quella parte ei potrebbe combattere meglio ancora. Venuto a G aba, paese forte Soddiano , confinante co’ Sciti Massageti invogliò senza difficoltà tremila a caval­lo di questi a coadiuvarlo contro la Soddiana: « non è già difficile sospingerli da guerra in guerra, per-* che pieni son di miseria, nè tengono città , nè sedi stabili, onde restino per le amate lor cose . C cdo , saputo, che venivano a lu i , movesi per incontrarli

(0 Citriio lib. 8. parig . i. Cfleriter ari Craterum hujus cladis fama perlaté t ì t , qui cum òmni equilatu superrtait. Vi è fe rd divario nè* la tcood «

passassero ivi V1 inverno per guardia d e per insidiarvi e prendervi Spitamene

i36 L I B R Ocoll’armata'. Sortene battaglia vira, ma la vittoria fu de’ Macedoni . Caddero io quell’ azione più che ottocento de’ barbari a cavallo, e circa venticinque , aneli’ essi a cavallo, e dodici appiede de’ seguaci di Ceno. I Soddiani sopravanzati a Spitamene, e mol­ti pure de’ Battriani lo abbandonarono tra la fuga, e vennero a Ceno, e si resero . 1 Massageti Sciti , avuto il mal termine , saccheggiano le bagaglie di questi, già compagni loro nel combattere , e ripa­ratisi con Spitamene tra’ deserti. Ma adito poi che Alessandro lanciavasi ad inseguirli fino in qae’ luo­ghi, troncano la testa di Spitamene, e glie la man­dano per deviarlo eoo tal fatto da loro.

20. Intanto tornarono ad Alessandro in Nautaca Ceno, e Cratero, come Frataferne e Stasanore , Sa­trapo l’ uno de’Farti, e l’ altro degli Ari; perchè ne aveano adempiti già tutti i comandi . Egli teneva l ’ esercito in calma a Nautaca, perchè era il colmo d'inverno : tuttavia mandò Frataferne tra i Mardi e i Tapùri affinchè glie ne riportasse Fradate il Sa­trapo , il quale richiamatone più volte, non- avealor ascoltato . Dispacciò per satrapi , Stasanore fra i Drangi, e Atropàte tra i Medi; perchè Esodàte che era tra’ Medi pareagli male animato . Inviò Stamène a Babilonia su la nuova che eravi morto Mazeo che vi comandava; e spedì Sopoli, Epocillo, e Menida nella Macedonia affinchè gli menassero soldatesca da que’ luoghi. Egli poi ricomparendo ornai la prima* vera avanzasi verso la gran P ie tra della Soddiana , ove diceansi ricoverati molti di quel popolo, la mo­glie, e le figlie di Ossiarte Battriano trasmessevi, come à sito insuperabile, da lui medesimo, ribella­tosi da’Macedoni. Sembrava ad Alessandro che pre­sa questa Pietra non rimarrebbe altro scampo ai Soddiani, vogliosi di sommoversi. Fattolesi però da vicino trova che era scraripevole da ogni parte per 1’ assalto : che aveanci portato frumento per assedio diuturno; e che la molta neve sopraccaduta ne dif­ficoltava ancora l’andarvi a’Macedoni, e dava a’bar­bari copiose le acque. Nondimeno ei risolvè di

Q U A R T O i $ f«■salirla , ponto insieme da stimoli di rabbia e di onore per le arroganze dette da* barbari . Imperoc­ché avendoli Alessandro invitati a colloquio, e prò* mettendo a tutti salve le persone , e libero il ritor- no alle patrie, se cedeano quel luogo; essi, sghi­gnandone barbaricamente , io esortavano a cercarsi prima alate milizie per isoidarneli ; giacché altri- meote di niun vi temevano. Pertanto ei promette a suono di banditore un premio di dodici talenti al primo che salgavi ; uno al secondo , uno al terzo di somme- via via men grandi , e così dipoi, talché 1’ ultimo salitore otterrebberte trecento darichi; e 1* promessa accalorò più ancora i Macedoni animativi già per se stessi. Adunque congregatisi ( e trecento furono) quei che avean cura di rompicapi per l’al­to negli assedj , e fornitisi de’ ferrei pali co' quali piantavan le tende , affine di conficcarli dove si ve­desse o ghiaccio, o sito affatto senza neve, e lega­tili eoo funi tenacissime, vansene tra la notte alla parte più precipitosa, e però men guardata di quel­la pietra. E conficcando i pali su la terra nuda, o sul ghiaccio meno frangibile, tirano se stessi quà e là su per l'altura. Ne perirono in tal viaggio tren­ta , nè più sen trovarono, onde seppellirli, i cada­veri, precipitati giù fra le nevi. Gli altri guada­gnate con ascendere fino all' alba le cime del mon­te , « diedero a sventolarvi de’ veli a vista del cam­po Macedone, com’era loro prescritto. Allora Ales­sandro fa chiamare il banditore ed intimare ai bar­bari , primi di guardia, che si rendano e non tar­dino , che già si erano trovati gli uomini delle ali e che già stavano su la sommità dei monte ; ed in­tanto additavano la milizia , che vi soprastava. Stu­pefatti i barbari dallo spettacolo incompremibile , ed immaginatasi tale milizia assai numerosa e ben armata, si resero; tanto l’aspetto di pochi Macedo­ni gl’ intimorì !

2i. Furono ivi prete le mogli e le figlie dimoiti, e con esse la moglie e le figlie di Ossiarte . Or ci avea tra queste di Ossiarte una donzella (e Rossano

138 L I B R Oerane il nome) florida appunto da marito: e dl60« no quei che militarono con Alessandro che in Asia dopo la sposa di Dario era la più bella a vedere : <;he vedutala, Alessandro ne ardesse? di amore ; ma che ardendone , lungi dal profanarla ■ prigioniera , non isdegnò di torsela in moglie: ciocché io lodo * anzi che io biasimi. Quanto alla donna di Dario, te­nuta per la più bella fra le Asiane, esso o non sentì desiderj, o li dominò, quantunque nel brio degli anni e della sorte , quando gli uomini insolentisco­no: preso da verecondia, la risparmiò con modera­zione grande, e per appetenza non dispregevole di fama buona . Dicesi insieme che poco dopo la bat­taglia avvenuta in Isso fVa Dario e lu i, corresse a Dario 1’ eunuco custode della sua moglie ; che Dario al primo vederlo dimandò se viveano le figlie, i fi­gli, la moglie, e la madre: che uditele vive, e no­minate regine, e servite appunto come presso di lui* richiese ancora se immacolata gli si mantenea la consorte: che saputala immacolata, interrogò di bel nuovo , se fossele fatto nulla di violento da Alessandro per infamargliela; e l'eunuco replicò con giuramento:o S ir e , la tua moglie è quale appunto la lasciavi : ed Alessandro è i l p iù buono e più continente de' mor­ta l i . Che allora Dario sollevasse le mani al cielo, e così pregasse: Num e al quale si aspetta regolare le vicende de' monarchi f r a g l i uomini , tu che me lo davi , tu conservami i l regno de* M e d i , e de’ Per* s ian i. Ma se ne* decreti tuo i io più non sono i l re dell' A s ia } deh ! non trasferire ad a ltr i che ad A - lessandro la mia p o ten za . Così neppur da’ nemici trascuransi le onorate azioni I Ossiarte udito prigio­nieri i figli, e la cura che Alessandro prendea di Rossane, animatosene venne, e stette presso lui con dignità conveniente a pari avventura.

22. Finite le operazioni della Soddiana, e piglia­tovi quel dirupo, il re marciò tra i Paratachi, per­ché diceasi che molti barbari teneano ivi ancora un luogp forte ed un* altra pietra ; che la pietra chia- mavasi di Coriqpe. Erasi ia questa rifuggito Corie-

Q U A U T O i 3gn e stesso o non pochi altri principi! stesa Venti sta-1 dj in alto e sessanta nel circuito vedeasi dirottissi­ma da ogni lato: non vi conducea se non una stra­d a , ed angusta, nè agevole, come fattavi in onta del luogo ; talché riusciva a pena ascendervi ad ano ad ubo, quando ancora niuno vi si opponesse : final­mente òingeala abbasso intorno intorno una valle vo­raginosa in modo, che dovea molto innanzi riempie­re questa chi volea co’ soldati moversi dal piano al- r assalto. Nondimeno Alessandro si accinse all9 opera, pensando dover essergli ogoi luogo accessibile ed e- spugnabile; tanto era innanzi per ardimento, e for­tuna! Adunque tagliando degli abeti ( perocché al­tissimi ve ne erano ed in copia intorno del monte ) fecene lavorar delle scale onde i soldati, nè già v’e** ra altro mezzo, calassero nella voragine. Tra gior­no lavorava mezzo esercito, e vi soprastava il re stes­so : lavorava tra la notte 1’ altro mezzo esercito sud­diviso in tre parti, e vi presedeano, secondo gli or­dini a vicenda, Perdicca, Leonnato, o Tolommeo di Lago, guardie del corpo. Ma sebbenetravagliassevi tutta 1’ armata, non procedeasi più che venti cubiti nel lavoro diurno, e poco meno in quel della notte. Tanto era il luogo rovinoso, incommodo il lavorar­vi ! Calando colle scale tra la voragine conficcavano, dove era più angusta, de* travicelli con distanza pro­porzionata al peso e concatenazione delle cose da so- prappqrvi, e vi soprapposero de’ graticci a forma di ponte, e ve li collegarono, e portaronvi sopra della terra , onde dare dal piano all’ esercito il transito verso quella pietra . Se ne beffarono i barbari su la prime , come d’ impresa affatto non riuscibile . M& quando poi giunsero i dardi su loro, nè poteano i dardi loro giungere dall’ alto ad impedire i Mace­doni, i quali s’ avean fatto come un tetto, onde la­vorarvi di sotto senza offesa; sbigottito allora Corie- ne da quanto facevasi, mandò pregando Alessandro che gl’ inviasse Ossiarte, e glie lo inviò. Pervenuto Ossiarte a lui lo esortò di rendere se stesso e quel luogo; non essendovi cosa insuperabile ad Alessaa-

• 14° L I B R Odro ed a’ soldati aaoi. Che ee rolgeasi alla buoos fede ed amicizia di quel principe; egli potea lodar­gliene sovranamente ia osservanza e la integrità, soprattutto coll9 esempio e prova di ae medesimo . Persuaso Goriene da que’ detti, venne ad Alessandro egli ed alcuni suoi familiari. Diè quegli rispo­ste benevole , ansi pegni di amicizia a Goriene, e ritennelo presso di se; ma fece tornare alcuni de* compagni tra gli assediati per ordinare che cedesse­ro; e cederono. Allora Alessandro pigliati cinque­cento de’ suoi con gli scudi ascese a vedere il ca­stello. Fu poi tanto lontano da ogni segno d’ incle­menza verso Goriene, che gli amdò di ndovo quel posto; e concedè che comandasse a quanti comanda­va per addietro. Avea l’ esercito Macedone sofferto nell’ inverno per la molta neve caduta tra l’assedio, e penuriava insieme de’ viveri ; ond’ è che Goriene glie ne somministrò per due mesi. Egli diede grano e vino di que’ che serbavansi entro la pietra : e die­de ancora carni salate di tenda in tenda: e datone, diceva che non avea consumato nemmeno il decimo di quanto era preparato per 1' assedio. C06Ì ceduto avendo anzi di buon volere che a forza, divenne più pregevole ancora ad Alessandro.

23. Compiute tali cose Alessandro si diresse a Bat­tro: ma spedì Cratero con secento de’cavalieri ami­ci , e con la fanteria sua, con quella di Polipercon- te, di Attalo, e di Alceta contro Catene ed Austane, i quali soli rimaneanci de’ ribelli nella Puntacene. Attaccatasi grande battaglia con essi, vinse Cratero . Catene morì combattendo; ed Austane fu preso e por­tato ad Alessandro (1). Perirono del seguito loro cen­to, venti a cavallo, e circa mille cinquecento appie- de. Fatto ciò, ne andò Cratero ancora a Battro : e qui furono svelate al monarca le macchinazioni di Callistene e de’giovani. Ma declinando ornai la pri­mavera , lasciò nella Battriana Aminta con diecimila

(i) '"’ijraio lib. #. pariRr. t7 . Cratenim ad perseguendum Auslanem et Cate­ti em sui ab ipso de/eceroni, m isit. Quorum Ausianes captui est, Catenes in praelio occisus.

Q U A R T O 141fanti e tremila cinquecento a cavallo, e marciò col­l ’ esercito verso gl’ Indiani. Passato il Caucaso (1), giunse in dieci giorni ad Alessandria, città da lui fondata tra’ Parapamisadi la prima volta che venne a Battro.: e parendogli che non avessevi ben gover­nato , levò dal comando quello eh’ eravi stato già destinato ; e postovi Nicànore, 1’ uno degli amici suoi, ne accrebbe la popolazione con altri de’ confinanti, e con gl’ invalidi dell’ armata. Mise Tiriaspe per satrapo deUa regione de’ Parapamisadi, e dell’ altra fino al fiume Cofène. Giunto alla città di Nicea, e fattovi sagrifizio a Minerva, prese il cammino alla volta appunto del Cofèiie; facendo precedere un mes- saggiero per avvertire Tassilo ed altri di qua di questo fiume affinchè gli uscissero incontro secon­do che si approssimasse a loro: ed incontro ne usci­rono Tassilo ed altri, recapdogli doni pregiatissimi fra gl’indiani, e dicendo insieme che a lui darebbo- no gli elefanti che aveano; ed erano venticinque.

24. Poi divise l'esercito, e spedì verso del fiume In­do nella Peucelaotide Efestione, e Perdicca colle mili­zie di Gorgia, di Clito, e di Meleagro, con metà do* cavalieri amici, e con tutti i cavalieri mercenarj; dan­do ordine che riducessero, dovunque passavano, tulio in loro potere colla forza, o per patti; e che giunti in riva dell’ indo vi apparecchiassero quanto bisognava per tragittarlo. Marciarono con essi anche Tassilo ed altri rettori di popoli ; e pervenuti all’ Indo eseguirono quant’ era prescritto da Alessandro. Aste il capo della Peucelaotide facendo de’movimenti rovinò sestesso e la città dov’ erasi riparato . Imperocché le milizie di Efe­stione assediarono e presero questa in trenta giorni, e così quegli fu ucciso, e la città fu sottomessa al go­verno di rfangeo. Costui fuggendo per addietro le ire di Aste avea cercato uno «campo presso Tassilo; e ciò gli avea guadagnata la fiducia di Alessandro.

2Ó. Nel tempo stesso inoltravasi Alessandro ai pae­si degli Aspj, de 'Turej, degli Arasàci menando eoa

(1) Quia P ira p im iso ; vedi la nota al ». j j . del lib re ). •

se le milizie munite di scudo, la parte de’ cavalieri amici non data ad Efestione, le schiere chiamate de­gli Assèteri, gli arcieri, gli Agriani, ed altri che tiravano frecce cavalcando. Andatone lungo il fiume Ghoe per vie montuose ed aspre, passò pur esso con fatica. Poi dato ordine al grosso della fanteria chelo seguisse pian piano, egli accelerò la marcia con tutta la cavalleria, e con ottocento di fanteria Ma­cedone fatti salire anch’ essi a cavallo sebbene conlo scudo da finte, perchè gli diceano che i barbari i quali abitavano que’ luoghi, eransi ritirati au pe' monti, e nelle città più forti, onde resistere. E mossosi contro la prima città che trovò fabbricata lungo la strada, fece, attaccandoli, ripiegarvisi e rinchiudervìsi i soldati che v* erano schierati di fuo- ra ; ma egli fu ferito in un omero attraverso della corazza ; non però grande ne fu la ferita, perchè la corazza stessa impedì che vi si profondasse. Anche Tolommeo di Lago eLeonaato v’ebbero il colpo loro. Adunque ei si pose a campo presso le mura, là do­ve pareano queste meno diffìcili. Doppio ne era il giro; ma, nata la «uova alba, egli internò senza stento i Macedoni nel primo, perchè malfatto : resi­sterono i barbari alcun poco nel secondo, ma quan­do poi furono messe le scale, e li difensori furono intorno il bersaglio di un nembo di strali; più non sostennero, e fuggirono per le porte verso de’ mon­t i . Ma taluni appunto in quella fuga perirono: e li Macedoni ne posero a morte quanti ne imprigionava­no, esasperati che il re loro fosse stato da essi fe­rito; e tnttavia la più parte s’involò tra’ monti per­chè non lontani dalla c ittà . Il monarca distrusse que­sta , e procedette ad Andràca, città pur essa . Ma dataglisi a patti e pigliatala; lasciò Cratero con al­tri duci di fanteria perchè sottomettessero oolla for­za le altre città che ripugnavano al giungervi loro,

perchè vi ordinassero la regione, come tornava il meglio per le circostanze presenti. Egli poi condu­cendo i soldati coi scudi, gli arcieri, gli Agriani, la milizia tli Ceno, e di Attalo, il Reai corpo di ca-

tfyn L I B R O

Q U A R T O 14.3valleria, quattro bande di altri cavalieri amici, e metà di quelli che saettavano cavalcando , marciò verso il fiume Evaspla là dove stavasi il capo degli Aspj : e con gran viaggio in due giorni giunse & quel lpogo , I barbari , sentitone che avvicinava s i, incendiarono la 1 città, e fuggirono. Gl*inseguì l’ini­mico fino ai monti ; e molta fu la strage di essi pri­ma che si allontanassero in luoghi impraticabili . Tolommeo figliuolo di Lago videne presso di un col­le il capo Indiano con moltitudine cinta di scudo, e quantunque esso Tolommeo si trovasse con assai me­no gente, spronoglisi incontra: ma riuscendo l’altu­ra difficile da trascorrerla, lascia ed affida il caval­lo ad nao dei scudieri perchè gliel conduca, e po­stosi appiedo , va quanto può veloce su l’ Indiano . Costui vedutolo ornai vicino si scagliò pur egli co’ suoi per affrontarlo : gli diè coll’alabarda per la lo­rica al petto , ma la lorica stessa tenne il colpo : quand’ecco l’altro trafigge da banda a banda il fe­more all’Tndiano, e lo rovescia, e lo spoglia . 1 bar­bari che lo seguivano , mirando a terra il duce lo­ro , più non restarono) ma gli altri che osservavano di su da’ monti che erano tolto il cadavere, infuria­tine, corsero, e combatterono snl colle vivissimamen­te per (esso. Era già quivi Alessandro co’ fanti che avea fatti scendere di cavallo; e questi piombarono su loro, e li respinsero, ma eoo fatica su’ monti.

26. Dopo questo Alessandro venne alla città no­minata Arigeo, ma la trovò incendiata , e deserta dagli abitanti. E q u i , dopo averne eseguiti tutti i comandi, si ricondusse a lui Cratero coll’ esercito. Adunque impose a costui di restaurar la città, co­me benissimo situata, perchè si abitasse, e di ripo­polarla con de’ confinanti volontarj e con gl’ invalidi dell’ armata; ed egli marciò là dove djceasi fuggito il più di que’ barbari. Giunto ad un monte, posene il campo alle radici. Frattanto Tolommeo figlio di Lago spedito a foraggiare, inoltrasi con pochi, per esplorare, molto da lungi, e riferisce che vedeansi più fuochi negli alloggiamenti nemici che ne’ loro.

144 L I B R ONon credette Alessandro a tal moltitudine di fuochi ; ben conoscendo però che ivi era un complesso di barbari, lascia porzion dell’ esercito appiè dei mon­te , dov’ era il campo, e ne mena seco quella che parevagli bastare secondo i racconti . Cbme poi vi­de vicini i fuochi, la suddivise in tre parti. £ di nna diede il comando a Leon nato regia guardia del -corpo , congiungendogli ancora le truppe di Balacro e di Attalo: Tolommeo di lago ebbe a reggere la feconda , come pnre un terzo dei regj guerrieri con gli scudi, e le milizie di Filippo e di Filota, due mila arcieri , gli Agriani , e metà de’ cavalieri; ed egli stesso marciò colla tersa parte dove i barbari si trovavano con più numero. Avvedutisi questi (giac­ché teneano le alture) del giugnere del nemico, em- pironsi di bella speranza su la moltitudine loro, come di dispreizo pe’ Macedoni che sembravano pp* chi; e calarono in campo. Fecesi grande battaglia, ed Alessandro vinsevi; nè già con stento. Tolommeo non trovavasi in luogo pari a fronte de’ barbari, perchè questi, preso un colle, eransi schierati con linea assai larga su la pendice : ond’ è eh’ ei si tras­se in parte la più facile da combattervi, nè già ri­cinse tutto il colle; ma ne lasciò libero un tratto, per onde fuggissero, se volevano, i barbari. Anche tra questi sorse mischia gravissima per la difficoltà del sito, e perchè gl’ Indiani , non che siano come loro, Superano moltissimo in valore i popoli intorno: nondimeno anch’ essi furono cacciati pe’ Macedoni dal monte. Adoperarono altrettanto le milizie di Leonnato , le quali formavano la terza parte di quell’ armata, e vinsero ugnalmente i loro compe­titori. Scrive Tolommeo che furono presi in tutto quaranta mila uomini, e più che dugento trenta mi- gliaja di bovi : e che tra’ bovi Alessandro scelse e volle trasmetterne a' lavorar la Macedonia i più belli a vedere; perchè troppa glie ne parea la speciosità delle fattezze e dplla mole .

27. Di là ne andò verso gli Ass.ic<»ni, perchè gli ai diceva essersi apparecchiati a combattere, e te-

Q U A R T O 145aere due mila a cavallo, trentamila appiede, e tren­ta elefanti. £ Cratero, riedificata la città per la rie- dificazion della quale era stato lasciato, aveagli già riportate le milizie grevi, e le macchine per gli aa- •edj, se mai dovessero farsene. Marciando il monar­ca al suo scopo con il corpo de’cavalieri amici, eoa que’che saettavano cavalcando, con le milizie di Ge­no e di Poliperconte, coi mille degli Agriani, e eoa gli arcieri, passò le terre dei Gurei, e trascese il fiume, anch’esso detto Gureo, ma con difficoltà, per l ’alveo profondo di esso, e perchè la corrente eran* impetuosa , e perchè i sassi rotondi che aveanci, riu­scivano nel transito sdrucciolevoli. I barbari, cono­sciuto il giunger di lui non ebbero fiducia su di una battaglia campale: ma scompartitisi idearono difen­dere e salvare, come poteano, le città loro. Adun­que Alessandro sul bel primo corse a Massàga la più grande delle città de’ contorni. Avvicinatosene allo stura; appena i barbari ne videro accampato l’eser­cito, confidando su i mercenarj loro che erano set­temila dell’ india interiore, corsero per assalirveli. Scorgeva il re che pugnerebbesi troppo da vicino allo mura, e bramò portameli più da lontano, affinchè •e fossero fugati (e ben prevedeva che lo sarebbo- no) non vi si riparassero iu un subito, e avesservi facile scampo . Pertanto vistili che accorrevano , fa che i Macedoni voltino faccia, e ritirinsi ad un col­le , distante al più sette stadj dal fiume Gureo, do­ve ideava di porre il campo. Animatisene quelli, qua­si questi fuggissero, ne venivano correndo e sena or­dine: ma non sì tosto furono sotto il tiro dell’ arco, il re , come avea disegnato, rivolgevi, e fa correre anch’esso la sua milizia su loro. Piombarono i pri­mi su i barbari gli Agriani, gli arcieri, e i lancia- tori a cavallo ; quando giunse Alessandro con la fa­lange ordinata. Sbalorditi gl’indiani dal fatto im­pensato, e già venuti alle mani piegarono, e fuggi­rono alla città: ne morirono circa dugento, e gli altri si rinchiusero tra le mura. Alessandro v’accostò 1$ falange, ma ne fu dall’alto saetta-

A f t M A N O . 1 0

146 L I B R Oto , non però gravemente, nel malleolo. V’accostò nel giorno seguente le macchine, e ne mise una p ar­te a terra senza travaglio. Forzarono per questa l’ in ­gresso i Macedoni, ma contrastavalo magnanimamen­te l’indiano, intanto che per quel giorno Alessan­dro richiamò le milizie. Fu nel giorno appresso rad ­doppiato l’assalto, e sopraddotta una torre di legno alle mura. Ond’ è che i lanciatori saettando colpi da questa e dalle macchine, repressero molto gl’in ­diani; non però poterono nemmeno questo giorno cac­ciarsi fra le mura. Nel terzo giorno ravvicinò la fa­lange , e calò dalla torre un ponte su le mura dov’e- rano state rotte, e mandavaci per esso i soldati con10 scudo, i quali gli aveano egualmente presa Tiro: ma sospingendovisi per l'ardore, troppi ad un tem­po, ricevette peso sproporzionato, e cede, rovinando con esso i Macedoni. Veduto il successo, altri dei barbari alzato un grido li tempestavano dalle mura co’sassi; co'dardi, con quanto aveano alle mani o poterono allora afferrare) ed altri saltando fuora da porticelle ( che ce ne avea qua e 111 fra torre e torre )11 coprirono di ferite, appunto in tanto disordine. 11 re spedì bentosto Alceta colle sue truppe a raccoglierei feriti, e richiamare al campo quanti combattevano ancora. Nel quarto giorno stese parimente con altra macchina altro ponte sul muro. Vi contrastettero i barbari fortissimamente, finché fu vivo il comandan­te del luogo: morto però lui per un colpo venuto da lina macchina, essendo ornai mancati parecchi di lo­ro per l’assedio continuo, e molti essendo feriti né validi all’armi, inviarono ad Alessandro; il quale ebbe caro di salvare quei bravi. Egli s’ accordò con

f;l’ Indiani di soldo, a condizione, che dovessero im­itare per esso in forma di on altro esercito : e que­

sti uscirono colle armi, e si misero da parte in un colle contrapposto al campo Macedone. Ideavano fug­girsene tra la notte, e rendersi ciascuno alla sua gente, insofferenti di portare le armi, essi Indiani, contro gl'indiani. Avvertitone il Grande Alessandro circondò tra la notte il colle eoa tutto l’esercito, vi

Q U A R T O 147prese iù mezzo quella moltitudine; e gli fu tutta «agrificio. Quindi invase colle arme in pugno la città diserta di difensori, e feoevi prigionieri la madre e la figlia di Associno. Perirono ad Alessandro in tut­to quell’assedio venticinque militari.

28. Quindi spedì Geno a Baeira (1) sai pensiero che que1 cittadini, udita la presa degli Assaceni, si renderebbero; ma spedì Attalo, Alceta, e Demetrio r uno de* prefetti dei cavalieri ad Ora città pur essa, con ordine che la circonvallassero, premendola con assedio fino al suo arrivo: Sboccarono, egli è vero, da entro addosso di Alceta ; ma li Macedoni senza difficoltà ve li respinsero, e ve li tennero a forza fra la circonvallazione. Non ottenne così Geno il regio intento su que’ di Bazira ; imperocché raiHdati sul luogo, altissimo e munito di ottime mura intorno, non davano niun segno di concordarsi; ond’è che vi accorse Alessandro medesimo. Prima però marciò ver­so di Ora, perchè avea risaputo, che erano per en­trarvi di soppiatto alquanti de’ barbari intorno, spe­diti appunto per questo da Abbisàro. Anzi volle che anche Geno ne andasse a lui colle truppe dopo che avesse fondato un castello ben forte rim petto a Ba­zira, e lasciata in esso guarnigione abbastanza, sic­ché quelli della città non si giovassero impunemen­te del territorio. Ma questi veduto che Geno s’ era partito col più de9 Macedoni, tennero in non cale gli altri come non hastevoli a misurarsi con essi , ed uscirono in campo. Appiccatasi cruda battaglia, ri­masero estinti circa cinquecento, e prigionieri più che settanta de’barbari: gli altri ricoverarouti alla città, privati del territorio più rigorosamente anco­ra da quei del castello. Noa riuscì poi molesto ad Alessandro l’ assedio di O r a : ma dato l’assalto alle mura, bentosto la espugnò ; pigliandovi quanti ele­fanti vi erano. A tal nuova diffidatisi quei di Bazi­ra delle cose loro, se ne involarono, fuggendo nel

(1) Cnriio lib. *. p a n e . «rive Sezìr/t. Superato deinde Chnaspe amne(è il C h o c di Airiuno) Cacaon in obsidione urbis opulcntae (Uczinm incoia0vocantl retiquil.

i4« L I B R Omezzo della notte alla gran p ie t r a , come pare face-* vano gli altri barbari i quali tutti lasciavano le loro città e correano ad essa p ie tra , chiamata Aorno ih que’ luoghi. Certamente ivi è questa una gran cosa j e la fama ridice che Ercole il figlio di Giove, non valse nemmen egli ad espugnare quel luogo ( l ) . Io poi non ho come stabilire qual degli Ercoli andasse nell’ Indie, se quel di Tebe, o di Tiro, o se l’altro di Egitto: anzi penso dire con verità, che niuno mai ve ne andasse. Imperocché gli uomini nelle cose dif­ficili esagerano la difficoltà , finché ardue siano ad Ercole stesso. E quindi vo’ credere che a magnificare piò che vi si fece, si parlasse pur d’Ercole in rispet­to di questa p ie tra . Dicono che il giro di essa è dq- gento stadj, undici l’altezza , dove mén sorge , ed pnica la via per ascendervi, fattavi ad arte, e ma­lagevole : che su le cime evvi acqua pura e copiosa, plie versasi da una fonte come dalle fonti 1’ acqqa suol correre: ch’evvi selva, e terra huooa da colti­vare , quanto ne basta a mille uomini. Alessandro in udir tali cose arse dal desiderio di espugnare quel monte niente meno che per la favola divulgatane di Ercole (a).

29. Fece di Ora e Massaga due città di presidia per la regione: e spianò (3) le mura di Bazira: Efe- srione e Perdicca spianarono d’ordin suo quelle di Orobate, e lasciatavi una guarnigione si avviarono «Ha volta dell’lodo. Giuntivi, eseguirono quanto era stato prescritto loro per gittare il ponte su questo fiume . Intanto Alessandro costituì Nicànore 1’ uno de’cavalieri amici, per satrapo delle terre di qua dall’indo. S’ incamminò poi da principio verso il fin-

(1) Cnrzio lib. 0. para*. Quorum incoine armati petratti Aor non eccu- fnvrrunt . Hanc ah Bercuie fruitra ohsessam esse terrae que motu coactum Esistere fama vulgaverat. Anche Strabo ne nel lib- i j- parla di questo asse­dio *ano di E rco le .

(i) E ’ curioso di vedere questo Alessandro tutto intento ad espugnare le ci­me delle m o rta g n f . Forte le vedea confinar colle nuvole, ed augnravasi tro­varvi un passaggi» agli altri mondi, de’ quali tanti ne ideava.

(?) Cosi interpreta Facio. Il nuovo traduttore là intenderei anzi che le ■ ra ra si rifecero.- e tale par evrre il ;en-o del verbo (reco secondo i lessici s u il senso di Facio par quello del testo.

t t ie ,è ricévette a patti la città di Peuciliote, che era non lontana da questo, e misevi un presidio Ma* Cedone, e Filippo per comandante. Prese ancora al» tre cittadelle edificate in riva della borrente mentre Cofeo, éd Assagete, i capi della provincia, andava­no seguitandolo. Giunto ad £mbolima città vicina al gran sasso di Aorno vi lasciò Gratero con metà dell’ esercito, affinchè vi recasse il più che potea di viveri, e quanto bisogna nelle grandi permanenze. Imperocchéi voleva che i Macedoni di qua si moves­sero, e rifinissero con assedio diuturno quei di Aor- iio, se non li espugnava a prim’impeto. Intanto egli prende gli aroieri, gli Agriani, le truppe di Geno, fc sceltisi dal resto deila falange i più spediti e me­glio armati, dugento degli amici, e Cento de’ saefc- tieri a cavallo marcia al monte. Alloggiò per quel giorno in luogo che parevagli buono: nell'altro pro­cedendo Un poco più oltre, accampò di bel nuovo presso al gran masso. £ qui venuti alcuni de’confi­nanti gli si diedero, e dissero che lo guiderebbero essi alla parte più acconcia per combattervi, e dal­la quale non gli sarebbe difficile lo espugnare quel luogo. Pertanto ei manda con loro Tolommeo di La­go , regia guardia del corpo cinto Vagli Agriani, da altri soldati spediti, e dal fiore di quelli che porta* Iran lo scudo) ordinando, che sormontatovi, presi­diasse ben bene quel posto, e dessene il segno. An- dò, s’ inerpicò, prese, non visto da’ barbari, il sito jlo circondò di fossa e steccato, e mise in alto una face in parte visibile ad Alessandro: e questi osser­vatala inoltrò nel giorno appresso la truppa sua per l’assalto : ma contrastatovi da’ nemici e dal sito non potè far più di tanto. I barbari, veduto com’ era l’assalto impraticabile per Alessandro, si volsero ad investir Tolommeo. Fecesi battaglia acerba di essi e dei Macedoni . Erano i primi tutto ardore pei* ischiantar lo steccato, gli altri per difenderlo. Ma scontratavi i barbari la peggio , venuta la notte si ritirarono. Alessandro, scelto uno degl’indiani fug* gitisi a lui, fedele, e perito.de’luoghi, lo spedì tr*

Q U A R T O 1 4 9

i 5o L I B R Ola notte a Tolommeo con 4ettera ove scriveva : cita egli darebbe l’assalto, ma che dandolo, intanto esso Tolommeo non che appagarsi di guardare il suo po­sto, piombasse dall’alto su i barbari; affinchè inve­stiti da due parti combattessero, incerti almeno. £ fatto giorno levò dal campo e portò le milizie là do­ve era salito Tolommeo sebza esserne veduto, pen­sando che se potea per indi riunirsi a forza con To­lommeo, non gli sarebbe l’ impresa dall’ ora in poi disastrosa. Or fu appunto così: perocché forzandonei Macedoni l’ andarvi, i barbari ne li respingevano, con battaglia ostrinata fra loro lino al meriggio. Non cessando però li Macedoni di sottentrare gli uni agli altri a riposo de’ primi, restarono, già piegando i l giorno, quantunque a stento , padroni del transito » e si congiunsero con gli altri di Tolommeo. Si mos­sero così congiunti, di nuovo per assalir la gran Pietra : ma fu difficile ancora l’andarvi ; ed intantoil giorno finì. Su l’alba comanda ai soldati che ta­glino ciascuno cento pali, e tagliatili prende a tira­re , dandovi esso il principio, un argine terrapieno dalla cima del colle, dove accampavano, verso la pietra, fintantoché potessero giunger* su i difensorii colpi degli archi, e gli altri lanciati dalle mac­chine ( i) . Dava mano a quell’ opera tutto 1’ eserci­to: e lo stesso monarca erane spettatore, ed enco­miava o sgridava chiunque avanzavasi per ardore,o per codardìa v’ impigriva. Nel primo giorno l’ e­sercito fece intorno ad uno stadio di argine terrapie­no: nel giorno appresso i frombolieri e le macchine scagliando colpi da quello fattone fin allora , impe­dirono le incursioni degl'indiani contro gli uomini che lo continuavano : e così con tre giorni interi fu quel luogo cinto di argine . Nel quarto non molti Macedoni presero un colle, picciolo s ì, ma pari d’al­tezza alla Pietra ; ed Alessandro senza indugio pro­seguì l’argine, volendo estenderlo fino al colte occu-

(0 Qnc<to argine era come b iv i strada (pitale la quale saliva verso la cima > cominciando dal posto dov’era Tolom m eo.

Q U A R T O i 5 ipato. Sbalorditi gl’indiani all* audacia inimmaginabi­le di avete i Macedoni forzato il colle, e già ve­dendo che 1’ argine vi si tii'ava, sospesero le resisten­te , e spedirono dicendo ad Alessandro che ce.dereb- booo il luogo, se amipettevali a patti. In realtà pe­rò disegnavano passar quel giorno in trattati, e poi la notte disperdersi ciascuno verso le sue genti. In­formatone il grande Alessandro diè loro tutto il tem­po, anzi levò d’ogn'intorno tutti i presidj, e stette aspettando che principiassero ad involarsi. Quindi pigliati circa settecento tra guardie del corpo, e sol­dati con gli scudi ascese il primo su la Pietra per la parte già derelitta : e li Macedoni vi ascesero ti- randovisi 1" un l’altro chi d’ una chi d’ altra manie­ra . Or questi volgendosi, ad un segno, su’ barbari che si ritiravano, ne uccisero noti pochi tra la fuga; mentre altri per la paura ne cadevano tra’ dirupi, e morivano. In tal guisa ebbe Alessandro la pietra inespugnabile ad Ercole: fecevi sagrifizio, e messa­vi guarnigione , diedene la reggenza a Sisicotto il quale da molto innanzi erasi trafugato dogi’Indiani a Besso in Battro ; ed avea, poi, fedelissimo sem­pre, militato per Alessandro d’allora che questi pre­se la Battriana.

3o. Dalla rupe s’ incamminò verso gli Assacenii perocché gli era detto che il fratello di Assacano , cogli elefanti, e che molti barbari eransi ritirati ai monti. Venuto alla città di Dirta non trovò niuno nell’interno, o ne’ contorni di essa. Nel giorno ap­presso spedì Nearco ed Antioco, capi l’uno e l’ al­tro di mille con gli scudi: ma diede da portarsi a Nearco gli Agriani alla leggiera, e ad Antioco i suoi mille, e altri due tanti. Andavano questi ad esami­nare i luoghi, ed arrestare se peteasi de’ barbari} ond’ avere altri lumi su la regione; e piuccbè tutto su ^li elefanti, ed egli frattanto moveasi alla volta dell Indo, precedendolo a gran tratto l’esercito per aprire le strade in que’siti, altronde impraticabili. Prese quivi alcuni pochi de’barbari, e ne udì che gl’ Indiani di quelle terre erano fuggiti a Barisada,

152 L I B R Oe che aveano lasciati gli elefanti ne’ pascoli in riv& dell’lodo. Adunque comandò che guidassero lai ap­punto doy*erano. Vivono tra quelle genti (ed Ales­sandro teneane con se lautamente ) molti i quali fan caccia di elefanti-; e per questo allora fece a neh’ esso tal caccia. Nell’ essere inseguiti, due elefanti si gitta- rono fra’ dirupi, e perirono: gli altri sopportarono d’essere cavalcati, e furono posti all’armata. Tro­vati presso del fiume, e tagliatigliene dall’esercito, legni da costruzione, ne fe delle navi; e queste lo portarono a seconda delle acque fino al iponte che gli aveano già fabbricato Efestione e Perdicca ( i ) .

(i) C nriio lib. *. p in g . j*. Bine ad flttmen Iiu k tm ... pervenit, omniaque, ut praeceperat, ad trojicundum p r e p a ra la a i Befestiene reperti.

I l fin» del Libro Q uarto.

L E S T O R I E

D I A R R I A N OSU LA SPEDIZIONE D I ALESSANDRO

153

LIBRO QUINTO

„ N . U e terre scorse da Alessandro tra i fiumi Cofène ed Indo dicono che siavi la città di Nissa, la­voro di Bacco, e che questi ve la fondasse quando sottomise le Indie. Non però so comprendere qual sia questo Bacco, e quando, e donde portasse le ar­mi nelle Indie; s’egli fosse il Tebano mossosi da Te­be , o da Tmolo della Lidia, e come andando fra tante nazioni bellicose ed incognite a’ Greci, altra non ne soggiogasse che la Indiana. Se non che non sono da esaminare tanto per sottile le cose novelleg- giate in antico su’Numi: mentre cose non credute,io penso, nemmeno da chi novelleggiavale, pajono non affatto incredibili per ciò ch’evvisi aggiunto di Di­vino. Nei giungere Alessandro a Nissa, quel popo­lo , manda ad esso Acufi, suo capo, e trenta de’ più riguardevoli per supplicarlo che volesse lasciare la •ua cittade a quel D io . Entrarono gli oratori la re­gia tenda : e trovatolo a sedere , polveroso com’ era dal viaggio, con l’ elmo, con l'asta, e col resto del- l ’ armatura, sbigottirono al vederlo, e gli cadder pro­strati a piede, tacendovi profondissimamente. Ma poi quando di sua mano li rialsò, e fece lor cuore, A- cufi prese a dire :

2. Sire , * N issei t i priegano a lasciare la patria loro libera > indipendente, a riverenza di Bacco : im ­perocché questo D io tornando dalle Indie soggiogate ai mari di Grecia fondò con g l ’ invalidi suoi ch’eran

Ì 54 L I B R Oper esso a ltre ttan ti Bacchi questa c i t ta , perchè fo t* * se ai posteri monumento de’ suoi g i r i , e delle v i t t o ­rie . Cosi tu fon dasti l' Alessandria del Caucaso , « di E g it to , e tant a l tr e , e ne onderai pur fa cen d o / perchè dei tramandare più memorie d im prese , c h e non Bacco . Q uesti da N issa nudrice sua denom inò pu r N issa la pa tria nostra , e N issea la regione t ed i l monte prossimo alla c ittà denominavate femo­re (l) perchè secondo le Javole egli nel Jemore creb ­be di G io v e . D a quell epoca abitiamo in N i s s a , liberi , datori noi stessi a noi d i h ( .g i, e leggi v i abl/iam di belV ordine. E che Bacco ce la edificasse, valgati ancora quest' indizio : che germoglia tra n o i J’ eli e r a , la quale altrove non germoglia nelle Indie.

3 . Riusciva l’udir tali cose accettissimo ad Ales­sandro, desideroso che trovassero fede i novellaraea- ti su i giri di Bacco, • su 1’ essere Nissa opera di lui; perchè esso era già venuto dove Bacco, e pene­trerebbe ancora più addentro ; nè ricuserebbero i Ma­cedoni di partecipare i nuovi suoi stenti per emula­re le gesta del Nume. Pertanto concedè che Nissa persistesse libera, e signora delle sue leggi : e sen­titone , quali fossero queste leggi, e come teneasenoil governo dagli ottimati, vi appiause: dimandò che inviassero con lui trecento a cavallo, scegliendosene di più cento tra quegli arbitri ( che trecento erano) del comando. È fama eh’ ei si scegliesse anche Acufi, quantunque destinato lo avesse rettore di tutta la provinciaNissea; che Acufì udendo ciò ne sorridesse, e che richiestone della causa rispondesse, e com e,o S ir e , una c i t tà , se la privi di cento ta li valent'uo­m ini , come sarà più bene amministrata ? Se t i sono a cuore i N is se i , prenditi i trecento a cavallo, e più ancora se ne vu o i , ma pe* cento o ttim ati che in tim i di sceg lierti, deh ! consenti che i l doppio t i si rechi £ a ltr i men riguardevoli . Cosi tu rivenen­dovi , rivedrai la c it tà nel? ordine stesso . Ciò dicen-

(i) Nel testo : ciòi meron, leggendo, e non isp ira n d o . Vedi C n -

zio lib. 8. paragr. }}.

Q U I N T O 155ciò, e ben parea dir saviamente, persuase Alessan­d ro ; ed impose che gli mandassero i trecento a ca­vallo , nè più chiese i cento ottimati, nè altri per essi: par Acufì volle inviargli un s h o figlio , ed uno della sorella di questo. Intanto preselo un desiderio d i vedere il luogo dove i Nissei decantavano cLe foa- aero i monumenti di Bacco, e di salire al monte^e- more col corpo de" cavalieri amici e col reai corpo de’ fanti, e mir. rvi com’era pieno di ellere , di al­lo r i , di ogni pianta ; co me ombreggialo; e come «corso da belve di ogni genere. Dicono che i Mace­doni rivedessero con piacere le ellere, non vedute più da tanto tempo , perchè non allignano queste nell’ ìndia ( l ) , nemmeno dove crescon le viti; che bentosto tesserono con quella de’ serti e sen corona­rono , cantando, come sapeano, inni a Bacco, ed in­vocandoselo con gli altri titoli suoi: che Alessandro ivi fece sagrifizio al Nume, e banchettò con gli amici. £ .taluni scrissero, se questo è pur verisimi­le , che molti Macedoni non dispregevoli del seguito suo cinti allora di ellera , compresi dal nume e del nurne insofferenti, scorsero come Baccanti; ma su tali racconti ognun come vuole, creda o discreda. Im­perocché non io consento affatto ad Eratostene di Cirene, il quale scrive che quanto fu da' Macedoni attribuito al nume, tutto fu sopressaltato vanamente per lusingare Alessandro ; e dice che i Macedoni ve­duta tra’ Parapamisàdi una spelonca, ed intesane una tal favola nazionale, oppur fintala, divulgarono., che quella era la spelonca dove fu legato Prometeo, e dove l’aquila veniva per divorarne le viscere : e che Ercole ivi giunto uccise 1’ aquila, e sciolse Prome­teo: che i Macedoni han preso un tal monte che stendesi dal Ponto verso le terre orientali tra’Para- pamisàdi, e lo han col dir loro trasportato nelle In­die, denominandolo Caucaso, quando non è che il

(i) Anche Teofrasto in Plinio lib. 11. c. 54. ditte th è l’ elitra non si ge­nera nell Il'ala: ma Plinio scrive che re ’ suoi tempi vi era n a ta . Quanto al-r u i i i r I* .c,' a 11 50,0 Aristobolo per testimonio, cfc« nucejier© nel- 1 ind ia : ( l i altri lo negavano.

I 5rf ì i i B ì t OPa rapa miro, e ciò per glorificare Alessandri, quasi fosse ai Caucaso pervenuto: che argomentarono la venuta di Ercole nelle Indie perchè videro in quei luoghi de" bovi contrassegnati col marchio iufocato di una clava. Or discrede Er&toitene come simili a questi i racconti su i giri di Bacco: a me però pa­re che io non debba deciderne.

4- Giunto il Monarca all'indo ti troV* il ponte fabbricato da Efestione, molte barche piccole, eoa due di trenta remi, e li doni provenienti dall’ In­diano Tassilo, cioè dugento talenti in argento, tre ­mila bovi, più che dieci mila pecorej e trenta ele­fanti , ansi aveagli pur mandati come ansiliarj set­tecento Indiani a cavallo , e consegnata gli avevit Tassila, città grandissima tra i due fiumi l’ indo e l’ Idaspe. Ivi porse sagrificj a tutti i numi ai quali soleva , e fe giuochi equestri e ginnici in riva dell’In­do, e le sante cose glie ne additarono lieto il pas- saggio. Che sia questo il più grande de’fiumi d’Aei* e d’Europa , toltone il Gange fiume anch’ esso In­diano; che siane la sorgente di qua dal Parapamiso o Caucaso; che vada a gittarsi nel gran mare Meri­dionale delle Indie; che s’ abbia due imbofxature , limacciose entrambe, come le cinque del Danubio; che faccia anch’esso nelle sue terre un Delta ( l ) , similissimo al Delta di Egitto; che finalmente que­sto in lingua nazionale si chiami Potala ; affatto nod se ne dubita, e quindi l'ho scritto ancor io. Impe­rocché l’ Idaspe, l’Acesine, l’Idraote, e T ifasi, fin- mi anch’ essi Indiani , superano molto in grandezza gli altri dell’ Asia: tutti però sono minori dell’ln* do , quanto 1* Indo è minore del Gange. E Ctesia, ( se di Ctesia ci basta, l’autorità ) dice che dove 1’ Indo è più stretto, ne sono le rive distanti di quaranta stadj, ma che di cento ne sono distanti dove è più largo. Or su questo i ornai spuntando l’aurora, il re passò coll’ esercito tra i popoli delle Indie, Io qui non ho descritto nè le leggi delle quali

(i) Vuol dite un A simbolo del D G reco, e rappreseUanza d:l triangolo.

Q U 1 N T O 15r■i valgono, nè gli animali mostruosi che il paes* producevi, se pure ve ne produce, nè i pesci, nè i cetacei quanti mai sono dell' Indo , dfcH’Liaspe , del Gange, e degli altri fiumi Indiani; non le formiche che vi lavorano l’ qro ( i) , non i grifi che ne sono i cu­stodi, nè quant’ altro sen parla, ansi finto per dilet­tare, che a dirne il vero; perchè niuno tra noi sin* cererebbe ciocch’ è da quanto a’ inventa di assurdo intorno a que’ luoghi. Nondimeno Alessandro e i suoi militari scoprirono tante delle cose che se ne men­tivano, e «coprirono dovunque vennero, nè vennero tra’ pochi di essi, che gl* Indiani erano senza 1’ uso dell’oro, e delle delizie nel vivere, ma grandi di corpo come i più grandi dell'Asia , alti cinque cubiti o poco meno, oscuri di colore più che gli a ltr i , eccetto gli Etiopi, ma valorosi in arme più che tutti i popoli allora dell’ Asia , per non dire de’ Persiani antichi co*quali Ciro il figlio di Cambise investì li Medi, e tolse loro il comando dell’ Oriente , e sottomise volontarie, o per forza, tante nazioni . Certamenteio non ho cose inconcusse onde gli uni agli altri pa­ragonare: imperocché li Persiani in quell’ epoca vi- veano , è vero, poveri, su terre ingrate, e con leg­gi prossime a quelle di Sparta j non però so dicitu­ra re appunto, donde si derivasse la disfatta che sof­frirono nella Scizia, se dall’ essere stati ridotti io luoghi troppo angusti , o da altro sbaglio di Ciro ,o se perchè nelle armi valeano raen degli Sciti. Ma su gl’ Indiani scriverò con libro a parte (2) quanto di .più liquido per la storia ce ne han tramandato i compagni di Alessandro, e Nearco il quale navigò pel gran mare intorno alle Indie, e poi Megàstene ed Eratostene, uomini , ambedue rispettabili : scri­verò quali ne siano le leggi, e se vi nascano strani animali, e la navigazione che vi si fa nel mar che di fuora le abbraccia . Ora qui solo ne adombro quanto parinone bastare per le imprese di Alessandro.

(i) Sn queste founiche vedi il libro ottavo (. u .{i)_ E* questo il libro o ttavo: librq il quale forma un tutto da «e. ma che

noi dimeno per le materie che vi si tra t tan o , è riguardato come parziale ed ottavo della spedizione di Alessandro» scritta da A rriano .

i 58 L I B R O5 . Chiude l'Asia dall’Asia il Tauro ( l ) , monte il

quale incomincia dall’altura di Micale, dirimpetto all’isola di Samo, e spezza la Panfilia e la Cilicia , e giunge all’Armenia, e dall’Armenia alla Media di là dai Parti e dai Corasmj, finché ciroa la Bat- triana concatenasi «1 Parapamiso , monte chiamato dai Macedoni, guerrieri di Alessandro, col nomedi Caucaso per magnificare , dicesi, le glorie di lui, come andato fosse Alessandro fino di là dal Canea* so guerreggiando, e vincendo. Forse come il Tauro si continua fino a questo, così questo si continua fino al Caucaso degli Sciti) e su tal riflesso pur iodi so~ pra l’ho chiamato Caucaso, e così lo nominerò per innanzi (2). E termina questo Caucaso col grande Oeeano dell’Oriente e dell’Indie. Quindi tutti i fiu­mi riguarderoii dell’Asia scaturendo dal Tauro, e dal Caucaso, altri piegano a settentrione, e si get­tano nella palude Meotide, o nel mare detto d’Irea* a ia , che è l'uno de'seni del grande Oceano (3); ed altri piagano a mezzogiorno, come J’Eufrate, il T i­gri , l'indo, ridaspe, l'Acesine, e Tifasi, e quanti ae sono iutermedj a questi ed al Gange, e sbocca­no nell'Oceano, o giunti in luoghi palustri s'invola­no, e sotterra, al guardo, come 1’Eufrate se ne in­vola (4) ■ Or dove il Tauro e il Caucaso trascorrono l'Asia da Ponente verso Levante se ne formano le due parti grandissime la meridionale, o rivolta ai venti australi, e la settentrionale, e dominata dagli Aquiloni. La meridionale poi suddividesi ia altre quattro parti, e la piò grande forma le Indie, come

(1) Cnrt. Caucasi Jors’cm Aslam perpetuo J*go d ividit. Taurus seamdae tnagnìtudinis mons etmmittitur Caucaso. A Cappadocia se attollens Ciliciam praeterit. Lib. 7. p an g . t i .

(1) Non vedo perché «egnerdo questa ragione Arriano non chiami anche il Tauro Parapamiso e con ciò Caucaso, vuoi dire non vedo perché non abbia chiamato mito Caucaso. La sua ragione ci porterebbe a poter chiamar l’ Eu­ropa col nome di Asia , perché all’ Aria è congiunta.

(j) Questo mare non ha comunicazione , almeno visibile con altri mari : tanto ì lungi che possa divulgarsi come uno de’ seni dell’ oceano. Nel parag. io . di questo libro medesimo Arriano fa dire ad Alessandro che egli crede congiunto il golfo Persico al mare orientale, e questo alla Ircania.

(4) Ciò potrà intendersi avvenire prima che V Knfrate sbocchi nel mare ; perché la sua foce nel folfo Persico è manifesta. Lo stesso Arriano parla di questa nello stritto particolare tu le cose dell’in d ia . Vedi libr. >. $. 38.

Q U I N T O 159scrivono Eratoatene e M'jgastene, il quale conversò, secondo ch'ei dice, con Siburzio, Satrapo degli Ara- cosj, e visitò più volte Sandra conte re d’ indiani: la più piccola è quella tra 1*Eufrate e il mar nostro: e le altre due chiuse dall’ Eufrate e dall’indo, ap­pena son degne, anche prese insieme, di essere all’in­d ia paragonate. Termina l’ India all’oriente, cioè d a ’ paesi onde spirano i venti pel sol che si leva, ed a* meozodì coli’Ooeano; a tramontana col Caucaso fin dove al Tauro congiuntesi ; e verso ponente edi l vento Iàpige (1) col fiume Indo infino al mare. Piana n’è la più gran parte, pe’fiumi, congettura- s i, che vi ammassan la terra; come in altri luoghi altre pianure non lontane dai mari sono per lo più l ’opera de’fiumi che vi sorpassano; dond’è che luo­ghi e fiumi ebbero da veccbj tempi un nome mede­simo. Così diciam le campagne dell9 Ermo, fiume,il qual sorge ne’ monti della madre Dindimene, e scorre via via per l’Asia al mare presso di Smirne, città dell’Eolide: così un altro fu detto il piano di Caistro nella Lidia da quel Lidio fiume; un altro il campo di Caico nella Misia, ed uno di Meandro nel­la Caria fino a Mileto, città della Ionia. Gli Stori­ci Erodoto ed Ecateo ( se pur altri non fu che Eca- teo lo scrittore delle cose Egiziane) ambedue con­cordi , chiamano 1’ Egitto un dono del fiume , ed Erodoto dichiaraci che così sia con argomenti non disprpgevoli ; tanto che forse quella regione ebbe no­me dal fiume. Certamente che Egitto si chiamasse il fiume , che ora Nilo si chiama dai paesani e dagli esteri, abbastanza cel significa Omero il qual dice che Menelao collocò le navi presto £ imboccatura di E g itto f i ume . Se dunque tali fiumi, e non grandi, possono, ciascuno da se, riunire nell’ andarsene al mare molta terra, quando portano legno e loto dal­le alture ove nascono ; non sarà nemmen da discre­dere che ciò 'avvenga nell’ Itodia, piana in tanto buen tratto, e dove il piano ha tanto sedimento

(■) Cioi quel vento die procedendo «eguirebbc I* dirtiìon della P u ( l i i .

da’ fiumi. Certamente 1’Ermo, il Caistro, il Caico,il Meandro, e quanti fiumi d’Asia varisene al mare inferno (1), anche a prenderli insieme, non sono da paragonarsi ad alcuno de'fiumi Indiani, per non di­re al G-ange che ne è il più grande, ed al quale non può contrapporsi nò il Nilo dell’ Egitto , nè il Danubio il quale «corre l’Europa: ansi al quale non andrebbero pari nemmen tutti que’ primi se coll’In­do si congiungessero ; sebbene questo, grande fin dal­le origini, riceve nell’alveo suo (conservando sem­pre il suo nome) ben quindici fiumi, i più vasti del­l ’Asia, e si scarica in mare. E tanto ne sia detta per ora : il resto alla trattacion me lo serbo propria delle Indie.

6. Nè Aristobolo, nè Tolommeo, a ' quali princi­palmente io mi attengo, ci han detto, come fu co­struito per Alessandro il ponte su l’Iodo; nè io pos­so per me stesso arguire incontrastabilmente se vel facesse con barche, come Serse su l’Ellesponto, « Dario sul Bosforo e l’Istro; o se con archi non in ­terrotti. Certo a me ne pare, che colle - barche velo facesse : imperocché nè la profondità dell’ acqua ammetteavi i lavori di un ponte, nè in sì breve tem­po ultimata sarebbesi un’ opera tanto malagevole. E •e con barche si congiunse il passò ; io non so nem­meno comprendere se bastarono queste a darlo, or­dinate , stese , e legate l’una appo 1’ altra con funi, come secondo Erodoto, a darlo bastarono su 1" Elle­sponto ; o se congegnossene un ponte come nel biso­gno congegnasi da’ Komani, su T Istro, sul- Reno Cel­tico, su 1*Eufrate, e sul Tigri. Certamente speditisi cima, per quanto io vedo, è l’arte Romana in far ponti di barche, e piacemi qui descriverla , degnis­sima che sen parli. Datone il segno, si lasciano, do­ve è il passo, le navi, perchè s'inoltrino inverso lo scopo, non già per la via brevissima, ma come rin­culando da poppa: l’ aodare della fiumana, ben è chiaro, così le trasporta ; ma la forza le sostiene

1 6 0 L I B R O

(i) Mediterraneo: perchè a questo d dirigono i fiumi indicati/

Q U I N T O 161«to’ remi, finche sian poste ai luoghi destinati. Allo­ra calasi dalla prora di ognuna un graticcio pirami­dale pieno di sassi scelti onde tenerle contr’acqua. Fermatane cosi l’una, si colloca pur 1’ altra eoa la prora opposta alla corrente in distanza, proporzio­nata a reggere ciò che dee soprapporvisi : e ben to­sto per concatenarle si soprappongono dall’ una all'al­tra travi per dirittura con tavole in croce. la tal modo procede il lavoro su tutte le navi, necessarie* basare il tragitto : dall’ una e dall’altra estremità del quale si stendono e fissansi a riva ampie scale onde fis­sarvi tutta la mole, e dare più sicuro il transito a ca­valli e carri. In poco tempo si fa tutto, nè in farlo mancavi metodo quantunque in mezzo a grande tu­multo. Nè le istigazioni, nè le rampogne che dansi su di ogni nave per le mancanze, impedisce l’udienza dei comandi, o la sollecitudine nell’eseguirli. Cosi da vecchio tempo van tali cose fra’ Romani. Non però so d ire , nè già lo dissero quelli che con lui militavano , come Alessandro tirasse il passo in su l’ Indo : ben vo’ credere che simile vel tirasse ad al­cuna delle maniere anzidette. Ma se fu diversa; quella appunto per sua si rimanga.

7. Passato il fiume, Alessandro eagrifica di bel nuovo ai Numi, come soleva. Poi move l’esercito, e Viene a Tassila città grande e felice, e potentis­sima fra tutte in mezzo ai due fiumi l’ Indo e 1’ I- daspe. Amichevoli ve lo accolsero Tassilo che eraneil capo, ed il popolo; ed Alessandro diè loro por­zione delle terre fioitime, come glien dimandarono. Qui giunsero a lui gli ambasciadori di Ambisàro, sovrano di montanari Indiani, ed erane il fratello stesso di Ambisàro, ed altri de’più rigoardevoli: vi giunsero similmente a ltr i , e portavano doni a nome di Dossareo presidente. Alessandro fece in Tassila

?li usati suoi sagrifizj, e giaochi equestri e ginnici.oi nominato FUippo Macata Satrapo di que1 luoghi,

e lasciata fra’ Tassili guarnigione, e gl’infermi ina­bili a combattere, s’ incamminò verso l’ Jdaspe. Im­perocché gli diceano che di là da questo fiume eravi

Aa&iano , 11

i6a L I B R OPoro in-arme, deliberato di traversarvelo, e dia»* •alirlo «e lo trapassava (i).^Appena verificato ciò; rimanda Geno all’ Indo amachè riduca in parti le navi apprestatevi per tragittarlo, e glie le porti all’ldaspp; eri all’ ldaspe infino furono appunto por­tate su i carri le più piccole divise in due parti, ed in tre quelle di trenta remi: e nell’ldaspe videsi ri­composto quel nautico apparecchio. Intanto Alessan­dro restituitosi già co’ soldati a Tassila, ora si ria- vantava all’ ldaspe , avendo pur seco cinque mila Indiani guidati da Tassilo e da altri soprastanti. Egli mise campo in una riva del fiume, e Poro si vedeva nell'altra con tutte le milizie e co'squadroni degli elefanti. Costui teneasi egli stesso in guardia dirim­petto al campo di Alessandro; e pensava a chiudere gli altri passi più facili del fiume con ispedirvi pre- sidj e duci. Alessandro, osservato ciò , concluse do­ver movere pur esso le milizie a più parti, onde far dnbbio il nemico. Pertanto, divisele in più corpi , ne menava egli stesso qua e là devastando, o spian­do dove il fiume gli restasse più agevole: anzi ora incaricando questo ora quel duce,inviava ancor essi a più e più luoghi. Fe portare da tutto il contorno di qua dnl fiume de’frumenti nel campo , onde mo- e tra re a Poro, eh’ egli aveva destinato tenersi lungo quella riva finché la corrente si diminuisse nell’in­verno, e gli concedesse più e più passaggi. E le bar­che che navigavano da luogo a luogo , e le pelli pie­ne di strame , ed il lido qua coperto di fanti e là di cavalli non lasciavano che il nemico ripesasse , o che scelto un piano di difesa affatto lo terminasse. Principalmente che allora tutti i fiumi Indiani ne andavano multo gonfi, torbidi, e veloci ; per essere la parte dell’anno quando dopo il solistizio estivoil sole retrocede, nella quale cadono nelle Indie ia copia le acque dal cielo , e le nevi del Caucaso (do­ve nascono molti de’ suoi fiumi) si sciolgono, e ne

f i) Con'") lib. 8. p an (. & ulteriore ripa A ra i confederai transiti» Prohibitotrus tarici» .

Q U I N T O i 6.5ingrossano fuor di modo le piene . Laddove nell'’ in­verno questi ei raumiliano , e piccioli appariscono e limpidi a vedere , e facili io qualche luogo a gua­darsi, eoltooe l’indo, il Gange, e forse alcun altro. Cos^TIdaspe appunto poteva guadarsi nell’ inverno, ed Alessandro dicera apertissimi «mente che lo aspet­terebbe questo tempo , se prima gli era chiuso il tragitto. Niente di meno insidiava la occasione, per afferrarla , e passare in un subito senza darlo a co­noscere. Egli sentiva che non potrebbe far questo presso la riva dove Poro accampava, perchè v’ era­no molti elefanti, e perchè le milizie numerose, tut­te in ordine e ben armate piomberebbono su’Mace­doni oel transito. E tenea certo che i cavalli nè trascenderebbero alla riva opposta dove stavano pron­ti gli elefanti a spaventar coll' aspetto e colla voce, nè si terrebbero fermi su le pelli entro 1’ alveo nel luogo del transito , ma balzerebbero indocili tra le acque, al primo vederli di là dal fiume .Perciòme­ditava una discesa furtiva ; e così la eseguì.

'8 . Di notte presentava in più punti del lido molti cavalli, e levava gran voci,anzi gli urli stes­si della battaglia. V'apparecchiava insieme quanto è d’ uopo al tragitto , e faceavisi strepito d’ogui ma­niera. Accorrea Poro ai fragori con gli Elefanti *, ed Alessandro teneasegli a fronte sempre ad un modo. Replicatasi la vicenda più e più volte senz’altro che voci ed urli di guerra; Poro più non si mosse verso le incursioni della cavalleria: ma concepitele come terrori vani , egli teneasi fermo negli alloggiamenti; e vegliavano per lui degli esploratori via via lungo» la sponda. Quando Alessandro ebbe ridotto Poro a non temerlo per imprese notturne ; divisò questo con­siglio . Là dove il fiume più si piegava, cresceane la ripa (l) ad un’ altura, ingombra d’ ogni guisa di alberi, e presso questa aveaci tra Tonde un’ isolet-

(1) La quale rertava verso Al«<an<Jro. C o n io lib. ft. para5. 44. Ernt insù* la in fiumine amplior caeter'u, sylvcstrit eadem et tegendis insidiis opta: fona qttoqiK praealta hand procui ripa quam tenebat ipse Alexander non pc~ dtics modo 1 sed etiam cum equis viro* poterai abteonderc • ,

164 L I B R Ota , selvosa, deserta, nè mai da piè d*nomo premù- ta . Egli dunque notata a fronte dell’ altura l’ iso- Ietta, boscosa dall’ nno e dall’ altro lato , ed a tta a nascondere le operazioni di ano sbarco, deliberò trasmettere per essa i soldati. Riraanea l’altura e l ’ isoletta lontana dal gran campo cento cinquanta stadj. Egli tenea guardie compartite per tutta la ri­va proporzionatamente, onde le une vedessero le al­tre, e io comprendessero facilmente, se mai nulla annanziavnsi loro di nuovo . Ornai da più notti non faceansi che grida e fuochi. Risolutosi di accingersi al transito , apparecchiavano apertissima mente nel campo, quanto eravi necessario. In questo campo era stato lasciato Cratero con le milizie equ^strisue, con quelle degli Aracosj, e de' Parapamisadi, con la falange Macedonica, con le truppe di Alcèra, e di Poliperconte , e co’cinque mila Indiani diretti da quei lor capi , i quali erano presidenti de’ paesi di qua dall'indo. Era insieme prescritto a Cratèro di non passare il fiume se prima non avesse nuova che Poro e l’esercito suo stava a combattere con Ales­sandro, o che lo fuggiva, lasciatagli ls vittoria. S e Poro ( aveagli detto Alessandro ) se Poro v ien su me con parte dell’ esercito , lasciata V altra e g l i elefanti nel campo ; tu allora , com è giusto , guar­da il tuo posto : ma se egli viene su me con tu t t i g l i e le fa n ti , lasciate a ltre truppe nel campo; tu t i sollecita a llora , e passa : perchè g l i elefanti soli so­no i l tt avaglio de’ ca va lli nel transito : i l resto del- Ì esercito si rimanga. E questi erano gli ordini dati a Cratèro. Nello spazio tra l’isola e il grao campo dov’ era Cratèro avea collocato Meleagro , Attalo, e Gorgia co’ mercenarj a piedi e a cavallo, e co­mandato loro di passare , in corpi separati, appena vedessero gl’ Iadiani entrati in battaglia. Egli poi ècelte per se le schiere de’ cavalieri amici, la ca­valleria di Efestione , quella di Perdicca , e di De­metrio , quella de’ Battriani, de* Soddiani, degli Sciti, li Dai che saettavano cavalcando, li soldati della falange con lo scado, le truppe di Clito? e di

Q U I N T O i 65Ceno, gli arcieri e gli Agriani; li condusse occulto* niente in qualche distanza dal lido , affinchè recan­dogli alla altura ed all' isola non desse a conoscereil luogo dal quale ideava fare il tragitto . Venuta la notte furono ivi empiute di strame e ricucite con gran diligenza le pelli, recatevi buon tempo innanzi ; e caddero copiose acque dal cieto. Così l'apparecchio e T impresa divenne più ancora inosservabile ; so­praffacendo lo scroscio della pioggia e de* tuoni ogni .suono di a n n i, o comandi. Sfolte ancora delle bar­che , divise in parti, erano già state ivi portate, o ricomposte senza farlo conoscere, ed occultate tra la selva , e tra queste ci aveano pur quelle di trenta rem i. Su l'alba cessò il vento e la pioggia , e già la sua cavalleria montata su le pelli, e le navi con la fanteria , quanta ve ne capiva , trapassavano lua? go T isola senza esserne scoperti dalle vedette di Po­ro, prima d' allora, quando erano ornai poco lontani dalla riva . Egli trapassavala in una barca di tren­ta remi e con esso ne andava Seleuco, colui che po­scia fu re, Tolommeo, Perdicca, e Lisimaco,guar­die del corpo, e metà, de’ soldati con gli scudi, an­dandosi l’altra metà su le altre barche a trenta re­mi . Come l'armata passò l’isola s’affilò scoperta- mente alla riva . Mirato ciò gli esploratori corsero a Poro, ciascuno eoa tutta la velocità del ano car vallo .

g. Intanto Alessandro co’ suoi si mise a terrail primo, e riuniti quelli delle altre barche di tren­ta remi, schierò, come approdavano i cavalieri i quali doveano per ordin suo venirsene a riva innan­zi di tutti ; e così schieratili, prese a marciare. Per imperizia però de’ luoghi non era egli amontato ani continente ma su di nn’ isola , grande pur essa, e tanto meno apparente per isola, quanto che separa­ta dalla terra per un picciolo tratto appena di ac­qua fluviale. Or come quest' acqua <-n cresciuta per la pioggia dirotta e lunga della notte; non ritrova­vano i cavalieri il guado, e temeano che per trai smetterai a riva abbiaognaaaevi tanta fatica, quanto

166 L I B R O'la precedente . Se non che trovatolo poscia, lo tra* passavano ma con stento; perchè l’ acqua dov’ era più profonda superava le mammelle de’ fanti , ed i ea valli ne tenea no fuori appena la testa . Finito pur questo transito, Alessandro condusse al corno destroil reai suo corpo a cavallo come il fior più scelto degli altri corpi equestri, mettendo innanzi di tutti la parte la quale saettava cavalcando . Alte milizie

-equestri congiunse di fanteria primieramente ii sol­dati, regj con lo scudo, comandati da Seieuco, poi la regia coorte , e quindi gli altri soldati armati di scudo co’ duci a’ quali ne toccava il governo : e fi­nalmente ai lati di essi fanti collocò gli arcieri , gli Agriani, ed i lancia tori . Compartite così le milizie impose che la pedestre, numerosa quasi di s^i mila,lo seguisse con passo di marcia in buon ordine , ed egli corse colla sola equestre , forte di cinquemila , fattile riunire da Tourene che erane il capo, ia fretta gli arcieri ; parendogli poter giungere con es­sa all’ intento. Egli si avvisnva , uscendogli Poro in­contro con tutta l’armata, di caricarlo e batterlo noa difficilmente, o di resistergli almeno colla sua caval­leria, finché gli arrivassero ‘per l’ impresa anche i fanli. Che se gl’ Indiani sbalorditi dall’ ardire por- tentoso del transito davansi alla fuga, destinava al­lora di seguitarli, nè da lontano, affinchè uccisone buon numero nèlla ritirata , poco restassegli a fare.

io. Amtobolo dice phe il figlio di Poro era pre­corso al riparo con sessanta carri innanzi che Ales­sandro oltrepassasse in ultimo ia isoletta , e che a- vrebbegli potuto impedire uno sbarco, difficile ad es­so , anche senza gli oppositori; se gl'indiani balza­vano da’ carri, e piombavano su’ primi che lo ten­tavano. Che colui ne andò oltre coi carri , e così Alessandro pigliò terra senza pericoli; e pigliatala gli spedì contro li saettieri a cavallo; talché gl’ in­diani, ricevendo bentosto delle ferite, se ne misero in fuga. Altri però, dicono, che in quella discesa il figlio di Foro accor.no con gl’indiani diè battaglia ad Alessandro ed alla sua cavalleria : che venne coi-

Q U I N T O 167la parte più grande dell’ esercito ; e che da esso fa colpito Alessandro, e morto aacora B u cefa lo ,i 1 ca« vallo prediletto del medesimo. Ma Tolommeo di La* g'o, al quale io mi coaformo, scrive diversamente} vuol dire , che Poro spedì veramente il s d o figlio non però con soli sessauta carri; perchè non è veri- simile che con questi soli ve lo spedisse udito il tra­gitto di Alessandro, o di parte dell’ esercito di là dall’ Idaspe Sessanta carri eran troppi per far le scoperte, nè sbrigati abbastanza per una ritirata, 9 certo niente proporzionati a precludere i nemici da passare, o dar la caccia ai passati. Egli dice che il figlio di Poro accorse con due mila a cavallo e cen­to venti carri; che avendolo Alessandro prevenuto, anzi già fatto il passaggio dall' isola ultima , gli mandò contro per i primi i saettieri a cavallo,e poi si mosse egli stesso colla cavalleria ; conghietturando che s’inoltrasse anche Poro con tutto l’esercito, 9 che quella sua cavalleria già schierata in battaglia, non fossene che l’avanguardia . Che saputo appena con sicurezza il numero degl’ Indiani, corse ad.at­taccarli co’ suoi cavalieri, e che quelli si misero ia fuga nel vedere che venivano a squadroni, e non tut­ti di fronte , ad una fila. Che perirono di questi tre­cento a cavallo , che soccombette il figlio stesso di Poro, e che li carri, divenuti in quel luogo, gravi per la ritirata ed intrattabili pel fango, furono pre­si insieme coi cavalli. Che Poro all’annunzio dato­gli pe' suoi cavalieri fuggitivi, che Alessandro era passato col nerbo dell’ esercito, e che il suo figlio era morto ia battaglia, cadde in gran dubbio sul partito da prendere , massimamente che vedeansi di­rimpetto accinte a passare anche le milizie lasciate nel gran catnpo con Cratèro. Che alfine risolvette marciare con tutto l’ esercito contro di Alessandro per investire ad un tempo la parte più poderosa edil sovrano stesso dè’ Macedoni : ma lasciò negli al-1 oggi»menti pochi elefanti, e non molta milizia per dar terrore in sul lido alla cavalleria di Cratèro . Che pertanto egli presa tutta la cavalleria, forte di

168 L I B R Oquattromila, tutti i carri che erano trecento, dugei»- to elefanti, e trenta mila , quanti gliene servivano», di fanteria, si mosse. all* incontro di Alessandro : Che giunto per altro appena in luogo, il quale pa­revagli senza fango , ànsi tutto pei strati delle ara­ne piano , e consistente agli slanci e rivolte dei ca- valli, schierò quivi l’esercito ; e prima gli elefanti, discosti l’ uno dall’ altro non meno di cento piedi, affine di tenergli alla testa delle sue milizie pede­stri , e darne insieme terrore alla equestre di Ales­sandro: e ciò principalmente perchè, egli non con­cepiva che alcuno ardisse d’ internarsi fra gli spazj intermedj a questi animali, non coi cavalli che ne sarebbero spaventati, e meno a piede; imperocché nell’adito stesso sarebbero tutti attraversati dal saet­tare dei soldati grevi, o calpestati dalle bestie che si volgerebbon su loro . Quindi schierò la fanteria non già nella linea degli elefanti, ma in altra im­mediatamente appresso, tanto che per poco non en­trava le distanze fra 1* ano e l’altro di questi; e te* nea pur de’ fanti ai corni su gli elefanti ()) . Di­spose ai lati delle milizie appiedi quelle a cavallo , come innanzi di queste dispose i carri . E tale era 1’ ordinanza di Foro.

] l. Quando Alessandro vide gl’ Indiani già pron­ti in schiera fermò li cavalieri affin di ricevere l’ar­mata appiede la quale si avanzava senza dimora. E poiché questa si fu, correndo, a lui ricongiunta , non la portò già subito innanzi per esporla stanca s anelante, ai nenrici vegeti e freschi, ma le girò d’in­torno co’ suoi cavalli ,e le diè tempo e requie, tan­to che si rianimasse '. Poi risguardata la disposizion de’ nemici non volle già murciare addirittura dove stavansi i primi gli elefanti, e dietro gli elefanti negli aditi tra l’ uno e l’altro tanta fanteria; peroc­ché, ne temette appunto i mali che Poro gli appa­

io Vnol dire sa le torri poste m (iti elefanti, come interpreta F a r io . Cur­zio libro 8. parag. 46. dice clie gli elefanti furono disposti fra i g u errie r i . èellapc dispositae inter armatot specicm turrium procul fec tra n t.

Q U I N T O 169recchiava con quella ordinanza. Sfa eogoscintosi pi$ forte di cavalleria, corse coi più di questa, per at­taccarli egli stesso, al corno, sinistro, mandando in­tanto al destro Geno , la sua cavalleria, e quella di Demetrio con dichiarazione d’ infestare alle spalle i barbari, quando i barbari, vedutasi a fianco la ca­valleria di Alessandro, le porterebbero incontro la loro. Seleuoo, Antigono, Taurone conduceano la truppa appiede , incaricati di non porla in azione , se non quando vedessero sparso il disordine dalla sua cavalleria, tra’ cavalli e fanti nemici. Cosi giunto appena a tiro, invia li saettieri a cavallo, mille ia tutto, sul corno sinistro a turbarne le schiere col tempestare de’ colpi o de’ cavalli : ed egli pure stac­casi velocissimo col corpo de* cavalieri amici verso la sinistra de' barbari, affin di assalirveli sconcerta­ti , avanti che la cavalleria loro si ordinasse a pro­teggerli . Quand’ ecco le milizie equestri Indiano adunarsi, e correre da ogni parte a respingerlo. Tenne Ceno , com’ era il comando, dietro di -esse; e così furono astrette a presentare doppia fronte,la più forte ad Alessandro, e l’altra a Ceno. Or «que­sto confuse fin sol principio le schiere e i cuori de­gl’indiani: ed Alessandro, vedutone il buon punto, nello stesso volgersi loro a due fronti investì la parte che a lui riguardava . Non aspettò questa l’urto,m a si ricoverò, come all’ombra di un muro amico,pres­so gli elefanti. Allora quelli che vi erano sopra mossero gli elefanti contro la cavalleria di Alessan­dro. Ma venendo intanto anch’ essa la fanteria Ma* cedone contro gli elefanti saettava , e pressava da ogni parte le fiere e le guide. Non somigliava il conflitto a niuno de’ precedenti. Dovunque si avven­tavano , rompevano gli elefanti la fanteria Macedo­ne, quantunque foltissima. Or qui le milizie eque­stri de’ barbari vedendo la procella su’ Macedoni a piede, rivoltesi di bel nuovo, spronarono anch’esse contro gli.altri a cavallo. Ma superate ancora da questi , maggiori in forza e perizia , cercarono un* altra volta lo. scampo presso gli elefanti. Bicongia»*

\ ? o L I B R Ogenitali così la cavalleria di Alessandro per le vi­cende nel combattere , e non per comando, tutta ia un corpo; dovunque piombava, rompeva e straziava le squadre Indiane. Kidotti con ciò gli elefanti alle strette; ne ebbero danno senza divario, Greci e barbari, schiacciati nel volgersi o nell’ assalire; e grande fu lo strazio di cavalleria p^r tale angustia di sito. I rettori degli elefanti furono in buon nu­mero trafitti dalle saette: e gli elefanti stessi quale ferito, quale stanco, quale senza rettore, non più tennero luogo distinto: ma frenetici in tanto male corsero ugualmente su gli amici, e su’ nemici, ur­tando per tutto ad un modo, conculcando, e truci­dando. Allora i Macedoni , preso, come voleano,il largò , davano loco ngli elefanti quando venivano , ma quando si ripiegavano mettevansi a dardeggiar­li . Così gl’ Indiani, che erano presso di essi, ne era­no assai più malmenati. Finalmente quando le be­stie furono spossate,quando non più moveansi ad as­salire con impeto; anzi ne retrocedevano, strasci­nando i piedi, lente lente quasi come barche spinte a ritroso; Alessandro stese intorno a tutta quell’ar­mata la sua cavalleria , dando il segno ai fanti che accostassero scudo a scudo , e corressero a rinfrancar quel ricinto. Con ciò furono tagliati a pezzi tutti gl’ indiani a cavallo, toltine pochi;e rimaneano tut­tavia tagliati anche i fanti, soprastando loro da ogni parte i Macedoni; ond’ è che gli a ltri, dove la ca­valleria di Alessandro davaoe 1 adito, si volsero tut­ti alla fuga.

12. Nel tempo stesso Cratèro e gli altri capitani lasciati di qua dall’ Idaspe veduta appena la vittoria decidersi per il re loro, tragittarono il fiume; e su­bentrando , freschi ai compagni etanchi , fecero anch’ essi, perseguitandoli, strage non minore d’In­diani nella ritirata. Caddero poco meno che ven­timila della fanteria, e tremila della cavalleria di questi. Tutti i carri furono conquassati : • morirono due figli di Poro, Spitarce il presidente degl’ Indiani di quella regione, e tutti ia fine i «mandanti di

Q TJ I N T O i f ielefanti , di ca rri, e di milizie appiedi e a cavallo: e gli elefanti non periti nella battaglia, furono tutti presi. Per l’opposito appena mancarono ad Alessan­dro ottanta dei seimila appiede che furono con esso nel principiar della mischia, e dieci de’saettieri a cavallo, cioè di quelli che vennero i primi alle mani, circa venti del corpo de9 cavalieri amici , e dugento dell’ altra cavalleria. Poro dimostratosi grande nella giornata, non solo come comandante, ma come bra­vo soldato , quando vide la sua cavalleria in- pezzi , gli elefanti parte uccisi, parte erranti e malconci e seoza guida, e la fanteria caduta per la più gran parte trofeo di morte non diede già esso il primo 1’ esempio'a’ suoi di fuggire, come avea fatto Da­rio quei re sì potente , ma finché apparvero schiere Indiane sul campo, vi persistette a combattere. Se non che trafitto poscia nell’ omero destro, la sola parte che tenesse scoperta, difeso in tutte le altre dal- l’armatura, egli tanto esuberante di forza, e tanto proporzionato a maneggiarla, come poi si conobbe nel vederlo, diede egli allóra la volta all’ elefante » e partì . L’ emolo vincitore, trovatolo sì grande e sì generoso nel combattere , desiderò di salvarlo ; e su Je prime gli spedì Tassile . E quest’ Indiano corso­gli a cavallo incontro fin dove concepiva di star sal­vo dall’ Elefante, esclamò che si arrestasse ; giac­ché non v* era scampo , ed udisse i sensi di Ales­sandro . Diè Poro indietro, veduto in Tassile il vec­chio nimico suo movendosi come per saettarlo ; e forse che lo uccideva , se bentosto non cavalcavagli da lontano. Non si disaffezionò nemmeno per que­sto Alessandro a Poro ; ma gli diresse altri a vicen­da, e Meroe fra questi, un Indiano, antichissimo amico di lu i, per quanto aveane risaputo. £ Poro, uditolo, e vinto ornai dalla sete, fermò l’Elefante, e ne scese. Ma non sì tosto egli bevve e si rinfre­scò, Meroe lo mena ad Alessandro. Il Monarca In­diano andava; ed Alessandro, fattone certo, uscì ca­valcando dinanzi l’armata con alquanti de’ cavalie­ri amici per incoptrarlo. Poi contenne il cavallo t

i f a L I B R O«d ammirò-la' «tatara alta sopra cinque cubiti, e In bellezza di Poro, e come 1’ aria non vedeaglisi a n ­cora di vieto, ma veniva ad un r e , dopo avere con esso combattuto del regno , qual viene il valentuo- mo al valentuomo. Quando Alessandro,fattosi il p ri­mo a parlare, lo invita a dire ciocché vuole che g li si faccia: e Poro, è fama che rispondesse di essere come un re tra tta to : e l’altro dilettato dalla diman­da replicava ; o Poro : lo avrai tu questo per conto mio : ma vogli tu chiedere per tuo riguardo cosa che t i piaccia : e colui soggiungeva, che nella sua d i ­manda era tu t to . Compiaciutosi Alessandro di que­sto anche più, rendette a Foro il comando de’ suoi Indiani, ansi il regno ne estese altrettanto più che per lo passato ( i ) . Così egli trattò regalmente l’no- id o magnanimo ; e dall’ ora in poi se lo ebbe sem­pre fedele . E questo fu 1’ esito della battaglia di Alessandro con Poro e con gl’ Indiani di là dall’Ida- spe nel mese di Marzo, essendo Egemone l’arconte di Atene.

l 3. Alessandro eresse due città, 1* nna dove erasi mosso a passare l’ Idaspe, l ’altra clave gli occorse la battaglia: e l’ultima la denominò V ittoria (2) dalla vittoria avuta su gl'indiani, chiamando l’altra B u ­cefalo in memoria di Bucefalo suo cavallo, il quale gli era morto non già per alcana ferita, ma sopraf­fatto dalla stanchezza e dagli anni ; imperocché que­sto portava ornai l’anno trentesimo quando gli si spos­sò . Per addietro avea divisi travagli e pericoli assai con Alessandro, il solo da cui lasciasse cavalcarsi. Grande di mole, e generoso di spiriti, ricusava ogni altro cavaliero sul dorso. Egli avea per contrassegno la impronta di una testa di bove, donde è fama che derivasse quel suo nome, sebbene altri dicano che lo derivasse da questo che esso, tutto pel nero, avea sa la testa un bianco, contornato appunto come la testa

(1) C onio nel lib. 8. parag. 49. Confirmatum centra spem omnium io ami- corum numerum recepii, mox donavit ampliare regno > quant tenuti •

(2) In Greco Nicco .

Q U I N T O 173di un bove. Questo cavallo‘fu involato nella terra degli Ussj a è Alessandro ; ed Alessandro fe bandirvi che ucciderebbegli tutti, se noi riportavano; e fu ri­portato. Tanto era l’amore di Alessandro per il ca­vallo, e tanto per Alessandro il terrore de’ popoli. Or sia tale cavallo pregiato pur da me col grande Alessandro.

14* Alfine dati i convenevoli onori ai morti in bat­taglia, e sagrifìzj ai numi per la vittoria, dati spet­tacoli equestri e ginnici nel luogo dove avea tragit­tato in principio i’idaspe coll’ esercito, lascia Cratè- ro con parte delle milizie a continuare e murare la città cominciate, ed esso marcia su gl’ indiani, con­finanti con Poro. Si chiamavano questi Glaucanici se­condo Aristobolo, e Glausi secondo Tolommeo, aè io mi affanno sui nome, quale se lo avessero propria­mente. Entrò que’paesi con metà de’ cavalieri amici, col fiore de’ fanti scelti da ogni corpo, con tutti i saettieri a cavallo, con gli Agriani, con gli arcieri; e tutti gli si diedero a patti. Così ricevette trentaset- te c ittà , le più piccole delle quali non aveano meno di cinque mila abitanti, quando molte ne aveano so­pra diecimila : ricevette ancora molti castelli, nom- meno che le c ittà , popolati : e volle che Poro domi­nasse ih questa regione. Quindi riconciliò Polo e Tas­sile , e rimandò l’ultimo alla propria sede. Intanto giunsero ambasciadori i quali dichiaravano Alessan­dro, l’arbitro di Abisare e de’ suoi stati. Abisare innanzi la battaglia di Alessandro con Poro ideava di unire coll’ultimo le sue forze, ed ora mandava al primo tali ambasciadori, e tra questi il fratello con doni, e con quaranta elefanti. Giunsero ancora gli oratori degl’indiani indipendenti, e quelli similmente di un altro Poro , sovrastante par esso d’indiani. Alessandro intimò bentosto che Abisare venisse in perr sona, minacciando, se non veniva, che vedrebbean» dar lui coll’ esercito dove non piacerebbegli. Nel tem­po stesso arrivò Frataferne il satrapo de’ Parti e dell’ Ircania co’ Traci lasciati presso di lui: e mes- •aggieri di Sifiico, satrapo degli Assaceni annunzia-

i r 4 L I B R Orono degli Assaceni che ucciso il Ior capo erausi ri­bellati da Alessandro. Egli spedì Filippo e Tiriespe con truppe per sottometterli e riordinarli, e f ra t ­tanto marciò, verso l’Acesine.

l 5. E questo 1’ unico de’ fiumi indiani del quale Tolommeo figlio di Lago ci abbia descritta la gran ­dezza. Dice che dove Alessandro vi tragittò l'eser­cito su barche e pelli, rapida ne va la corrente tra pietre grandi ed angolose urtando, bollendo, rorao- reggiandovi, e che si stende da largo quindici sta­dj: che il transito riuscì propizio su le pelli, ma che affogaroQsi non pochi di que’ su le barche, dandone molte ne’ macigni, e rompendosi. Seguendo questo racconto può vedersi che non han troppo alterata la grandezza del fiume Indo quei che lo han giudicato ampio quaranta stadj nella larghezza inedia, e quin­dici dove più si ristringe, e stringendosi cresce di altezza : e credono che questo fiume a tal modo si estenda in più luoghi. Avrà poi, sembrami, . Ales­sandro scelto il passo più largo dell’ Acesine afflo di avervi n\eno impetuose le acque. Fattone il tragitto lasciò Geno colle sue truppe sul lido a proteggereil transito delle milizie le quali restavano addietro e dòveano trasportargli il grano,e quanto bisogna­va dalle Indie finora sottomesse. Rimandò Poro ai suoi stati affinchè vi scegliesse gli uomini più belli­cosi , e prendessevi gli elefanti che aveva, e ritor­nasse con essi. Frattanto egli risolvette perseguita- re col più snello dell’ esercito l’ altro Poro invola­tosi, diceaai, dalle terre alle quali comandava, e malvagio; imperocché costui, finché vi fu guerra col primo Poro, umiliava ad Alessandro settesso e le sue cose, non sì per amore di lui r come per odio dell’ altro , ma quando intese andato ad Alessandro pur esso, anzi aggrandito di signoria, fattone allora pauroso, fuggì non tanto pel Macedone, quanto per l ’ altro , nominato come lui, con tutte le milizie, che seppe indurre a seguirlo. Or levatosi in traccia di questo giunse all’ Idraòte , altro fiume Indiano, minore di velocità, non di larghezza, all* Acesine;

Q U I N T O t 75lasciando, prima di giungervi) de’ presidj, dovun­que, ne’ luoghi più acconci, affinché li soldati di Cratèro e di Geno venissero a lui senza pericolo a foraggiassero il più dei paese. Allora spedì di quivi Efestione con due falangi'di fanti, con metà degli arcieri, col sno corpo di cavalleria, e con quello di Demetrio nella provincia di Poro fuggitivo affin di metterne ai comandi dell’ altro Poro il suo popolo, come tutti gli altri Indiani, i quali vivevansi liberi sa le rive dell' Idraòte. Egli passò l ' Idraòte, non però diffìcilmente, come l’Acesine .

16. Inoltrandosi di là dall’ Idraòte gli si davano per lo più i popoli a patti; ma gli umiliava colia forza se gli uscivano incontro colle armi, o fuggiva­no. Intanto riferiscono ad Alessandro che alouni al­tri Indiani liberi e quelli chiamati Gatei si apparec­chiavano a combatterlo, se penetrava le terre loro, e consociare alla causa comune tutti i confinanti > quanti ve n’ erano, liberi parimente. Sangàlaerala città dove ideavano contrapporglisi, e questa ben for­te: e li Gatei passavano per intraprendenti, e for­tissimi nelle armi. Diceasi che con essi pur la sen­tivano gli 0 8*idrachi e i Malli, altri popoli delle Indie: che poco addietro erano andati Poro ed Abi­tare coll’ esercito, anzi aveano suscitate molte altre popolazioni dell’ Indie per debellarli, ma che non giugnendo a niun frutto, degno di tanto apparec­chio, erano ripartiti. Alessandro a tali racconti mar­ciò ben tosta su i Gatei, e pervenne in due giorni dal fiume Idraòte a Pimprama; città d’indiani, det­ti Adraisti, i quali gli si diedero a patti. Vi riposò nel giorno appresso l’ esercito, e nel terzo dall’ ar­rivo procedette verso Sangàla.

17. I Gatei ed altri che a lor confinavano, unitisi insieme stavano avanti di essa, schierati, su di un colle scosceso, ma non tutto: circondatolo coi ca rri, quasi con triplice barriera, vi si teneano addentro, come fra le trinciere. Alessandro, considerato il nu­mero de’ barbari e la natura del luogo, si acconciò coitile pareagli più richiedere la circostanza. Spedì

176 L I B R Obentosto i saettieri a cavallo con ordine di tirarv i da lontano, e volteggiarvi d’ intorno, affinchè gl’in ­diani non facessero di quivi ninna sortita, innanzi che egli avesse disposto tutto 1’ esercito, e si a tter­rissero fin tra’ r ip ari, prima della battaglia. F ra t­tanto egli mise nel corno destro il corpo di cavalle­ria solito precedere i monarchi, e quello di Giito, e successivamente i soldati con gli scudi, e poi gli Agriani. Mise nel corno sinistro Perdicca e sotto lui la sua cavalleria, e le schiere degli Asseteri; final­mente suddivise , e collocò gli arcieri a fianco del- l’ uno e dell’ altro corno. Nel dar così forma all’e­sercito gli sopravvennero fanti e cavalli di retroguar­dia , ed egli compartì li cavalli, e trasselì avanti ne* corni, e rendè co’faHti più folta la falange. Do­po ciò presa la cavalleria del corno destro marciò verso la sinistra de’carri; parendogli quivi il cammi­no più facile, e meno densa la siepe de’carri. Nòn iscorsero gl’ Indiani fuori di questa, anzi saliti su i carri lo saettavano dall’alto. Veduto allora che non era questo nn affare di cavalleria, si mise a terra, e fecesi avanti colla falange. Non gli fu arduo scac­ciare ebn essa gl’ Indiani dal primo ricinto' de' carri ; •e non che ritiratisi nel secondo vi resistevano più facilmente, perchè vi stavano elevati e più densi in cerchio minore, nè i Macedoni si avventavano, come prima, da gran sito su loro. Di poi però separaro­no i Macedoni anche i primi carri di qoesto ricin­to, e s’inoltrarono per quelle aperture, come venne lor fatto, ma sena5ordine. Contuttociò violentarono ® sopraffecero in tal posto ancora gl’ Indiani. Allora non tennero questi più fermo; ma< ripararonsi, fug­gendo quanto poterono, nella città. Collocò per quel giorno Alessandro e stese la falange quanto potè d’in­torno alle mura, troppo più ampie che cingere ve le potesse. Ne’ spazj liberi dalla falange era non lungi dalle mura una lacuna, ma non profonda, ed ei mi­se intorno alla lacuna schiere a cavallo, immaginan­dosi che i nemici sbigottiti dalla disfatta precedente lascerebbero tra la notte pur la città *. come addi-

Q U I N T O 177Tenne. U s c i t in e i p iò d i lo ro c i r c a l a seco n d a v ig i ­l i a c a p i ta ro n o p resso l ’ a v a n g u a r d ia a c a v a l lo . B e a n e fu ro n o i p r im i t r u c id a t i ; m a g l i a l t r i , a v v e d u tis i c h e la la c u n a e r a c i r c o n d a ta , r i fu g g iro n s i a l l a c i t t à . P e r t a n t o A le s sa n d ro fece d o p p io s te c c a to incorno d i - e s s a , fin d ove l a p a lu d e non lo im p e d iv a , e l a p a r lu d e a n c o ra fu g u a r d a t a p iù g r a n d e m e n te . C iò f a t ­t o , e g l i a v v ic in a re d e l ib e ra v a le m a c c h in e , e b a t t e r l e m u r a ; q u a n d o fu g g i t is i a d esso a lc u n i d e l l a c i t t à g l i s v e la n o , che g l i a l t r i pensavano in v o la rse n e q u e l ­l a n o tte p e r la p a lu d e , l à dove non e r a s te c c a to < A l lo r a e g l i so p ra m m ise a q u e i luogo T o lo m m e o d i .L ago e con esso t r e m i la co n g l i s c u d i , tu t t i g l i A - g r i a n i , ed un c o rp o d i a r c i e r i , d im o s tra n d o g l i fino i l p a s s o , ch e s a re b b e a p a r e r suo fo rz a to d a i b a r b a r i . Q u a n d o s e n t i , g l i d i c e a , che lo f o r z a n o , tu . co tu o i im p e d is c i loro che v i s* in o ltr in o . N e l te m p o s te sso f a ' darcene co lle tro m b e i l segno. JE v o i , a l tr i d u c i m a g n a ­n im i , vo i d a to i l s e g n o , accorrete co’ vo str i in ord ina ti- z a a m o lt ip l ic a re i l te r r o r e , dove le trom be v ' in v ita n o , Jo s te sso n o n v i m a n c h e rò . Su t a l i d ic h ia ra z io n i T o ­lo m m e o racco lse i l p iù d e ’ c a r r i a b b a n d o n a t i n e lla p r i - m a lu g a , e l i d ispose v ia v ia p e r t r a v e r s o , affinchè m o l­t i a p p a r is s e ro t r a l a n o tte g l i o s taco li a c h i f u g g i v a . S im ilm e n te c o m an d ò c h e si perfez ionasse q u a e là t r a ’l m u ro e lo s ta g n o lo s te c c a to , t a g l i a to g i à , m a non f is s a to ; e le m iliz ie lo p e rfez io n a ro n o t r a l a n o t t e . E r a n e ornai l a q u a r t a v ig i l i a , q u a n d o i b a r b a r i se­co n d o l ’ avv iso a p p u n to d a to n e a d A le s s a n d ro , sp a la n ­c a te le p o r te p e r o nde passasi l a l a c u n a , si m ise ro a c o r r e r e verso d i e s s a . N o n co rse ro o ccu lt i p e rò nè a l l e g u a r d i e nè a T o lom ra«o che vi s o p ra v v e g l ia v a . C o n - c io ss iach è l£ t ro m b e g l ie n e d ie d e ro im m a n t in e n te i l s e g n o , e d e g l i m a rc iò c o l le sch ie re in a rm e co n tro d e ’ p r o f u g h i . G ià si t ro v a v a n o q u e s t i a p e t to ch i li c a r r i , c h i lo s tecca to p ia n ta to v i non a g u a r i . V e n u to p e rò d o p o lo s q u i l la r e d e l la t r o m b a T o lo m m eo su l o r o , e t ru c id a n d o n e a m ano a m an o ch e s fu g g iv an o t r a i c a r ­r i , d i nuovo a l la c i t t à s i r iv o ls e ro . N e p e r i ro n o in q u e l l a fu g a c in q u e c e n to .

A r r ia n o . 12

178 L I B R O18. I n ta n to ecco P o ro co l r e s to d e g l i e le fa n t i e c i n ­

q u e m ila I n d ia n i ; ecco A le s s a n d ro , c o n g e g n a te l e m a c c h in e , a p p ro s s im a r le a l le m u r a , se n o n c h e p r i ­m a che q u e s te fossero b a t tu t e i M a c e d o n i p r e s e ro a f o rz a la c i t t à , s c a v a n d o n e ab b asso le m n ra s tesse c h e e r a n o d i m a t t o n i , e p o g g ia n d o v i d ’ o g n ’ in to rn o l e s c a le . P e r i r o n o in q u e l la in v as io n e d ic ia s se t te m i l a I n d i a n i , e se ne e b b e ro n e lle m a n i p iù c h e s e t t a n t a m i l a , co m e p u r v i si e b b e ro t r e c e n to c a r r i , e c i n ­q u e c e n to c a v a l i e r i . N e l l ’ e se rc i to G re c o g l i e s t i n t i , d u ra n te l ’ a s s e d io , fu ro n o a lq u a n to m eno ch e c e n t o ; m a i f e r i t i , non che s ta r s i a t a l n u m e r o , c r e b b e r o p iù che a m il le e d u g e n to , co m p res iv i li c a p i ta n i t r a ’ q u a l i L is im a c o , g u a r d ia d e l re g io c o rp o . A le s s a n d ro s e p p e l l i t i , com ’ u s a v a , g l i e s t i n t i , sped isce E u m e n elo s c r ib a con t re c e n to c a v a l ie r i a d u e c i t t à , r ib e l l a - ' t e s i in s iem e con S a n g à l a , p e r a n n u n z ia rv i la p re s a d i q u e s ta a i c a p i d i e s se , e ch e d an d o s i e r ic e v e n ­d o v i am ic h e v o lm e n te i l r e lo r o , non in c o r r e r e b b e ro a ffa tto in cose d is p ia c e v o l i , co m e in co rs i non v’ e r a n o t u t t i g l ’ I n d ia n i In d ip e n d e n t i , d a t i s i sp o n ta n e a m e n te . M a q u e l l i , u d i ta g ià p r im a t a l p r e s a , e ra n se n e s p a ­v e n ta t i e f u g g i t i , la sc ian d o le c i t t à d e s e r t e . A t a l nuova i l g r a n d e A le ssan d ro l i p e rseg u itò b rav iss im a ­m e n te ; m a p e rc h è t a r d i a lq u a n to ; i p iù ne e r a n o g ià in sa lvo : q u a n t i p e rò ne so rp re se r im a s t i a d d ie t r o p e r d e b o lezza , t u t t i ( e c in q u e c e n to fu ro n o ! ) l i fe- oe v i t t im a s u a . F in a lm e n te sp en s ie ra to s i d i p iù c o r ­r e r e in t r a c c ia d e ’ f u g g i t iv i , r e t ro c e d e t te a S a n g à la e l a s te rm in ò , d o n a n d o n e i l t e r r i to r io a d In d ia n i , l i ­b e r i u n a v o l ta , ed o ra se rv i l ib e r a m e n te .

19. Q u in d i m a n d a P o ro c o lle sue m i l iz ie a p re s i ­d i a r e l e c i t t à che si e r a n o d a t e , ed e g l i m a rc ia a l la v o l ta d e l l ’ l f a s i , p e r so t to m e t te rn e i p o p o li d e l la riva u l t e r i o r e . Im p e ro c c h é n o n ved ea te rm in e d i g u e r r a , finché g l i r im a n e a n o n e m ic i . G l i si d icea che vive­v an o iv i in t e r r e b e a te u o m in i e g r e g i n e lla c o ltu ra d e ’ c a m p i e n e l l9 a r m i , d o c ilis s im i a l le l e g g i , e r e t ­t i d a O t t im a t i m o d e ra t is s im i n e l c o m a n d a re ; che ivi p iù c h e a l t ro v e n e l l ’ In d ie a b b o n d a v a n o , e m agg io-

Q U I N T O 179r e g g ia v a n o g l i e le fa n t i p e r m ole e f o r t e z z a . A izza» v an o ta l i r a c c o n t i i l m o n a rc a ; m a le m il iz ie ae n e a b b a t te a n o vedendo lo t r a s c o r r e r e d i t r a v a g l io ia t r a ­v a g l io , e d i p e r ic o lo in p e r ic o lo . £ g ià ae ne leva- v a n d isco rs i p e l c am p o q u a d ’ uom in i che c o m p ia n - g t a n o i l caso lo ro com e più m o d e s t i , e là d i so l­d a t i fe rm i d i non s e g u i ta r lo p iò o l t r e , n em m en o se l i conducesse i l r e m ed esim o . A le ssan d ro sa p u to l ’ a b 1 b a t t im e n to e l a tu r b o le n z a , convocò p r im a c h e p ià s i estendesse , i d u c i d e lle s c h ie r e , e disse:

20 . M a c e d o n i , c o m p a g n i d ’ a r m e , non io p iù vedo i n vo i V a n tic o ardore p e r s e g u irm i a i c i m e n t i . P e r ­t a n t o io v i ho q u i c o n vo ca ti o p e rc h è io persuada v o i e p ro c e d ia m o , o p erchè vo i m e p e r s u a d ia te , e s i r e tr o c e d a . S e m a te r ia v i son d i dolore le f a t i c h e f in q u i s o s te n u te , e d io stesso che v i f u i c o n d o tt ie ro ; n o n r ileva ornai che v i r a g io n i . M a se p e r le v o s tr i

f a t i c h e vo s tra è d iv e n u ta la J o n ia , C E lle s p o n to , l* u n a e l ' a ltra F r i g i a , la C a p p a d o c ia , la P a fla g o - n i a , la “L i d i a , la C a r ia , la L i c i a , la P a m f i l ia , la F e n i c i a , f E g i t t o , la L ib ia G re c a , e p a r te d e l l 'A ­rab ia , e la S ir ia c h ia m a ta C a v a , e q u e lla ch e M e - xo p o ta m ia s i a d d im a n d a ; se vostra è la g e n te de ’ B a ­b i lo n e s i , d e ’ S u s i a n i , de P e r s ia n i ,' d e ' M e d i , q u e lla c h e a M e d i e P e r s ia n i soggiacevano o n o n sogg iace ­vano , q u e lle d i là d a lle p o r te C a s p ie , d i là d a l C au ­caso , e f i n q u e lle d i là d a l T a n a i , l i B a t t r i a n i , g l Ar­c a n i , e d e ll ' I rc a n ia i l m a re ; se abb iam o c o n fin a ti n e ' d e se r ti g l i S c i t i , e l ' i n d o , l ' I d a s p e , V A c e s in e ,l Id ra o te scorrono p r ig io n ie r i co lle acque tr a ’ v o s tr i d o m in j ; o r co m e e s i ta te vo i d i a g g iu n g e re a i reg n i d e lla M a ced o n ia n o stra a nche l ' I fa s ic , e c iocché d i l à d a ll ' I f a s i c i s i a p p r e s e n ta ì O p a v e n ta te f o r s e c h e n o n c i a m m e t ta n o i barbari ? O r d i te q u a li ? se p a r ­t e ced era n d i lo r g r a d o , p a r te l i sc h ia n te re m o tra la

f uS a>, p a r te p e r la f u g a c i abbandoneranno libere le te r re lo r o , e p a r te s i leg h era n n o con a l le a t i d a t is i g i à se rv i a n o i l ib e r a m e n te . G ià io n o n p e n so c h e v i sieno p e l va len tu o m o f a t i c h e d i t e r m i n e , se non q u a n d o riescono in b e i f a t t i d i g l o r i a . C h e se m i t i

1 8 0 v L I B R Och ie d a q u a l f i a d u n q u e i l f i n d e lla g u e rra ; s a p p i a t e c h e non m o lto c i A m a n e da q u in d i a l G a n g e , e d a l m a r £ o r ie n te . A q u es to ( g ia c c h é i l g ra n m a re t u t ­to c ir c o n d a ) a q u e s to , io ve lo p r e s a g is c o , s i s c o r ­g e rà co n g iu n to i l mare. £ Irc a n ia : e d io p o tr ò m o ­s tra re a i M a ced o n i ed a g li a l t r i c o m p a g n i c h e i l sen o P ers ico co m u n ica co l m a re d e lle I n d i e , e c h e a l m are d e lle In d ie e z ia n d io p e r v ie n e la I r c a n ia . C o r ­rerà la n o s tra f i o t t a i m a ri in to r n o in to rn o d a l s e n o P e rs ic o fin o a lle co lonne d ì E rco le . E q u a n to è d a l l e co lo n n e e n tr o la L ib ia ( l ) t u t t o sa rà nostro ', e c o s ì n o s tra sa rà l ' A s i a t u t t a ’, e te rm in era n n o l ' i m p e r i o n o stro i te r m in i da D io m e ss i a l la t e r r a . M a se n o i d ia m v o lta ; la scerem o a se s te ss i m o l t i p o p o l i b e llic o s i d i là ^ d a ll ' I j ’a s i f i n o a l m a r dt O r ie n te : e m o l t i dopo q u e s t i fin o a l l ' I r c a n ia verso s e t t e n t r io n e , e non lo n ta n i d a essi g l i S c i t i . O n d ' è ch e se r e tro ­c e d a s i ; dobb iam te m e re che i p o p o li i q u a li re s ta n o d a so g g io g a re sveg lin o a r ib e llio n e i so tto m e ss i , e n o n f e r m i ancora a b b a s ta n za . E d a llo ra o g i t t a t i fa r a n n o i tr a v a g l i n o s tr i s i lu n g h i', o c i f a r e m d a ca p o a tra v a g lia re e c im e n ta rc i . P e rse v e ra n za o M a ­ced o n i , o c o m p a g n i ! A c h i s te n ta e r isch ia s i p e r le g ra n d i a z io n i è do lce la v i ta perchè v ir tu o s a , e d o l­ce n o n m en o è la m o r te p e rch è c o ro n a ta da g lo r ia im m o r ta le . N o i sa p e te vo i f o r s e ch e q u e l nostro g r a n p ro g e n ito re se re s ta v a s i in T ir in e o o in A r g o , se n e l P elo p o n n eso o in T e b e , m a i sa re b b e s i, m o r ta le co- m e r a , a ta n ta c e leb r ità su b lim a to d i essere D io f a t ­to , o c red u to ? E n em m en o d i S a c c o , n u m e aneli es­so e p iù g ra n d e d i E r c o le , brevi fu r o n o o p o ch e le

f a t i c h e . F in o r a vo i a v e te o ltr e p a ssà ta N i s s a : e l 'A - o r n o , q u e l m o n te in e sp u g n a b ile a d E r c o le ; quella n a rra le vostre v i t to r ie : a g g iu n g e te , s ì , d e h ! ag g iu n ­g e te a g l i a c q u is t i g ià f a t t i q u e l ch e r im a n e , vuol d ir e i l poco a l m o lto d e ll’ A s i a . O r d i t e : avre i m a i f a t t o n u lla d i m arav ig lio so e d i g ra n d e se r im a s to m i f o s s i n e lla M a ced o n ia p a g o d i gu a rd a re se n za

(i) V Affrica.

a f fa n n i lo s t a i o , e co n ten en d o i T ra c i ch e c i co n fin a ­n o , g V I l l i r i c i , i T r ib a ll i , e d a l t r i m a la f fe t t i a l G r e • co n o m e ? S e io che v i conduco a tr a v a g li e c im e n ­t i , 10 , s e n z a e sp o rm ic i m a i , v i c i c o n d u c e ss i , f o r s e n o n a to r to d is a n im a t i ornai v i sareste ; dovendo v o i lo g o r a r v i , e s o l i , e p e rch è a l t r i co lgane i l f r u t ­t o . M a io so n q u i f r a g l i s t e n t i , e f r a ” p e r ic o li : co ­m u n i sono l i p r e m j p e r t u t t i : vostre sono le te rre e l i s a t r a p a t i . P e r ora g ra n p a r te d e i d a n a r i s i d eri­v a n e lle vo s tre m a n i : m a q u a n d o avrem corsa t u t t a ( A s i a , a llo ra , p e r D i o , non p u re v i a p p a g h e rò , m a sopra ffa rò q u a l i che s ieno , le sp e ra n ze che c ia scuno y a v e te . R im a n d e r ò c h i vu o le , n e lla p a tr ia ; o chei o ve lo r icondurrò : m a q u e ll i che restano l i renderò n o m m e n o d e g n i £ in v id ia a c h i p a r te .

21. A v ev a A le ssa n d ro d e t t e q u es te o s im il i c o se , e l ’ a d u n a n z a ta c e a n e p ro fo n d a m e n te , n in n o osando c o n t r a d d i r e a d d i r i t t u r a a l so v ra n o , m a non vo lendo n e m m e n o c o n s e n t i rg l i . £ q u a n tu n q u e e g l i insistesse p iù volte p e rc h è d icesse c h iu u q u e conosceva i l con­t r a r i a ; p u r d u rò q u e l la ta c i tu r n i t à non p o c o . F in a l ­m e n te G eno d i F o l ip e r c o n te , fa t to s i c o r e , so g g iu n se :

S i r e , p o ic h é se ’ d isp o sto a non co m a n d a re d i t u t ­t o p o te re la m a r c ia , a n z i d ic i v o le r t i condurre i t u o i se t u p e r s u a d i e s s i , e se essi t e , d i n o n v io ­l e n ta r l i ; io p rendo a p a r la re n o n p e r n o i c a p i ta n i , o n o ra ti in fr a g l i a l t r i , e g ià co ro n a ti in g ra n p a r ­t e d e 'p r e m j d e lle f a t i c h e , e p r o n t i n eg l' in c a r ic h i n o s tr i a s e g u ir t i d o v u n q u e , m a p e r £ e s e r c i to : nò cose t i p a r lerò q u a li p ia c c io n o a q u es to , m a q u a l i g io v a n o t e d i p r e s e n te , e t i a ss icurano p e r V a v v e n i­r e . C o n ced a m i V e tà m ia ch e io n o n t i a sc o n d a » ciocché p o rm e n e i l m e g lio , co n ced a m elo la d ig n i tà ch e m i h a i t u d a ta in fr a g l i a l t r i , e C a rd ir m io m e l conceda , q u e l scevro da e sc u sa z io n i n e ll’ a f ­

f r o n t a r e tra v a g li , e p e r ic o li . Q u a n to tu , S o vra n C o­m a n d a n te , e g l i a l t r i che s i m ossero teco d a lla p a ­t r i a , a v e te e se g u ite im p rese p iù g r a n d i e p iù n u ­m erose ; t a n to m i sem bra p iù convenevo le c h e d ia t»

Q U I N T O 181

f i n e u n a v o lta a f a t i c h e , e c i m e n t i . T u v e d i , o S'i-r r e } à i t a n t i M a c e d o n i, d i t a n t i G re c i che p r e s e r o te co la m a r c ia , com e p o c h i ora q u i n e s ia m o . T u d a lla B a t t r ia n a { e f u buona c o s a ) r im a n d a v i in p a ­t r ia i T e s s a l i , perchè n o n p iù scorgevi in essi b r io p e r tr a v a g lia r e . G l i a l t r i G rec i o d ivennero ( n è g i à t u t t i d i buon g rado ) a b ita to r i d e lle c i t t à da t e f a b ­b r ica te ; o co n tin u a n d o i r i s c h j , e g l i s te n t i c o l l e m i l i z i e M a c e d o n i , q u a li periro n o n e lle b a t ta g l ie , q u a li f e r i t i v i j ’in a b i l i ta r o n o , e f u r o n o la s c ia t i q u a e là p e r V A s i a , e q u a l i ( e n e f u la p iù g ra n p a r ­t e ) d i m a la t t ia s i c o n su m a ro n o . C osi n e r im a n g o ­n o p o c h i d i t a n t i , e q u e s t i n o n com e p r im a v ig o ro ­s i n e ’ corp i ; e certo a ssa i p iù s c a d u ti d i c u o re . O r q u e s t i sen tono t u t t i i l desid erio de p a r e n t i , s e p u r

h a n n o , d e lle m o g l i , de f i g l i , d e lla p a t r i a : e b e n to n o d a p erd o n a re se bram ano la sc ia rs i r iv e d e re , q u a l i f ic a t i com e sono d a t e , e g r a n d i f a t t i d i p ic ­c o l i , e r ic c h i d i p o ver i . P e r ta n to ora t u n o n c o n ­d u r l i ca n tra v o g lia ; ch e m a n ca n d o a d essi q u e s ta , m a i p iù l i tro v e re s ti s im i l i a ses te ss i n e l c im e n ta r ­s i , e c o m b a tte re . T u p o i , se t i p ia c e , riconducen ­do c i in casa r iv e d i la m adre t u a , r ico m p o n i le cose d i G re c ia co lla m a n o ch e v i r ip o r ta v i t to r ie ta n te , « si va rie ; e q u i n d i , se v u o i , t i m o v i con nuova sp e ­d iz io n e verso le In d ie o r ie n ta li , o verso i l P o n to M u s s in o , o verso C a r ta g in e e la p a r te d i L ib ia d i là da C a r ta g in e ; ch e ben p o tr a i com piere a llo ra t a i g e s ta , e t i s e g u ira n n o i M a c e d o n i , m a i g io v a n i p e ’ v e c c h j , e i v e g e t i p e i s ta n c h i , q u e lli in so m m a c h e n o n t e m o n o , in e s p e r t i c h e ne s o n o , la g u e r r a , a n z i la desiderano p e r q u a n to ne sperano n e ll ' avve­n i r e . E q u e s t i , com è v e r is im ile , d i ta n to m ig lio r a n im o t i se g u ira n n o , q u a n to che ved ra n n o i com pa­g n i a n t ic h i de r is c h j e d e lle f a t i c h e tu e to r n a t i z/1 p a tr ia r icch i d i p o v e r i , e g lo r io s i d ’ ig n o b il i . S i r e , b e lla è p iù e h ' a l tr a cosa la m o d era zio n e n e l le pro ­sp e r i tà . C e r ta m e n te t u duce ta le e d i ta n to eserci­to non h a i ch e te m e r de" n e m ic i : m a in im m a g i-

1 8 3 L I B R O

Q U I N T O 18.5nobili sono, i però non reparabili i m oti della aorte l) .

2 2 . A cco m p ag n av an o i l d i r e d i C en o con fre m ito d i assenso i c i r c o s ta n t i ; e l e la g r im e c h e g r o n d a v a ­n o a m o lt i d ic h ia r a v a n o a n c o ra p iù 1’ av v e rs io n e a* p e r ic o l i u l t e r i o r i , e l’ affe tto d i r i t r o c e d e r e . A le ssan ­d r o d isg u s ta to d a l d i r f r a n c o d i G e n o , e d a l la svo­g l i a t e z z a d e g l i a l t r i d u c i ne sciolse p e r a l lo r a l ’ a - d u n a n z a : m a r ic o n v o c a ta la p ien d ’ i r a n e l g io rn o ap p re sso v ’ a n n u n z iò ch e e g li era f e r m o d i a n d a ­re in n a n z i , e che n o n a s tr in g e v a a seg u ir lo n iu n d e* M a ced o n i : sarebbevi c h i seg u isse lo d i buon g ra ­d o . T o rn a sse , q u a n to a lu ì , ch iu n q u e lo bramava» n e l la p a t r i a , e v i raccon tasse ch e a v e a n o , p e r to r ­n a r v i , a b bandona to il re loro tr a ’ n e m ic i . £ c iò d e t ­to s i r i t i r ò n e lla r e g i a te n d a senza p e rm e t te re p e r t r e g io r n i che p e n e tra s se la n iu n d e g l i a m ic i ; a s p e t ­t a n d o v i , se a c c a d e v a , com e spesso accad o n o n e g l i e s e r c i t i , m u ta z io n e ch e a lu i rendesse p iù d o c ili i M a c e d o n i . N o n d im e n o p e rs e v e ra v a cupo te r r ib i le s i ­len z io t r a 1’ a r m a t a , e sco p p ia v an e in d ig n a z io n m a ­n i fe s ta c o n tro d i l u i , non ch e a lu i si r ip ie g a s s e ro . I n ta le s ta to e g l i , secondo T o lo m m e o , fece sag rif iz io a n c o ra p e i t r a n s i to , m a in fe l ic i n e fu ro n o le s ig n i ­ficaz ion i. O n d ’ è c h e c o sp ira n d o g li tu t to a l r i t o r n o , f a t t i s i r ic h ia m a re g l i a m ic i p iù p r o v e t t i , e p iù a c ­c o n c i , d iv u lg ò p e r essi a i so ld a ti che e ^ l i a v e a r iso ­l u to d i r i t ro c e d e re . I n a lz a ro n o a l t r i a l i an n u n z io le v o c i com e u n a m o lt i tu d in e co n fn sa le in a lz a p e r g iu b ­b i l o ; la p a r t e p iù g r a n d e si sciolse in l a g r im e : e m o l t i a l l a r e g ia t e n d a sen co rse ro fe l ic i ta n d o v i A le s ­s a n d ro con g l i a u g u r j p iù b e l l i p e rc h è , e g l i in v in c i ­b i le a t u t t i , la sc ia to si fosse v in ce re d a lo ro sola-* m e n te .

23. Q u i n d i , c o m p a r te n d o 1’ e se rc i to , fece e r ig e ­r e d o d ic i a l t a r i , e m in e n t i d i a l t e z z a , e d a m p j d i

(1) Cnriio riferisce 11 discorso elegantissimo di Cena re) lib. t , parag. I> Secondo Curzio Alessandro aveva avuto il raro talento di rendere i rapi poveri di ta tto nel vincere ta t to : Ceno gli distei Omnium victora , omnium inope» tumut.

184 L I B R O Q U I N T Ola rg h e z z a , p iù c h e to r r i d i g u e r r a , p e r g r a t i t u d in e a i

-N u m i ch e lo avessero c o n d o t to tr io n fa n d o f i n o a .q u e i lu o g h i , e p e r m o n u m en to a i p o s te r i d e l le g e s ta sue (1 ) . E d if ic a t i l i , v i sag rif icò so p ra secondo le le g g i : e p r e ­sen tò g iu o c h i e q u e s t r i e g in n ic i . P o i c o n c e d e t te a P o r o tu t to i l paese d i q u a d a l fium e I fa s i ; ed e g l i «i rav v iò verso l’ I d r a ò te : e p a s sa to lo , r iv e n n e a l - T A c e s i n e , ove tro v ò c o m p iu ta la c i t t à d e l l a cu i fo n ­d a z io n e e r a in c a r ic a to E fe s tio n e . P o se v i^ a d a b i t a r e i c o n f in an ti che v o l l e r o , ed i m e rc e n a r j in v a l id i a l l e a r m e ; e d e g l i fece a p p a re c c h j p e r n a v ig a re i l g r a n m a r e ( 2 ) . l o t a n t o v en n e ro a d esso A rs a c e i l p r e f e t ­to d e 9p aes i c o n t ig u i a q u e l l i d i A b i s a r e , i l f r a t e l l o e d a l t r i a m ic i d i A b is a re co n d o n i , p rez iosiss im i f r a g l ’ I n d i a n i , e con t r e n t a e le fa n t i m a n d a t i d a q u e l -sovrano c h e in fe rm o non p o te a v e n ire io p e r s o n a . C o n c o rd a v a n o su q u e s to a n c h e g l i a m b a s c ia d o r i sp e ­d i t i d a A le ssa n d ro a d A b is a r e . P e r ta n to sen za d i f ­f ic o ltà lo c r e d e t t e : e n om inò A b is a re s a t r a p o d e l l a su a p r o v in c ia , su b o rd in a n d o A rsa c e a l u i . P re s c r is ­s e i t r ib u t i c h e n e p a g h e re b b e ro : fece nuov i s a g r i - Jizi su l 9A c e s in e , e t r a g i t t a t o l o , v en n e a l l ’ l d a s p e , d o v e r is to rò co lle m iliz ie le d u e c i t t à V i t t o r i a e B u ­c e fa lo d a i d a n n i sofferti p e r le p io g g e ; e p ro v ìd e a n c o r a su d i a l t r e cose c o n v e n ie n te m e n te a i l u o g h i .

F in e d e l L ib r o q u in to .

(1) Alessandro in questo luogo secondo 'Curzio lib.' 9. parag. 9- mmiment* quoque cnstrorum jussit extendi, cubiliaque amplioris formae, quam prò cor- porum habitu rchnquì, ut speciem omnium ougeret, posteritali fall»* miruca- ìum praeparans. Cioè pretese far credei e con que’ segni che i corpi de’ suoi militari erano come giganteschi; ed egli era cosi piccolo!

<2) Qui propriamente l'pceano orientale, cominciando <U fiume In d o , C procedendo a mezzo g iorno , e a ll'occaso : vedi lib. seg. ( . i f

i95

L E S T O R I E

DI ARRIANOS U L A S P E D I Z I O N E D I A L E S S A N D R O

L I B R O S E S T O

1, J L J o p o ch e A le s s a n d ro e b b e a p p a re c c h ia te su le Vive d e l l ’ I d a s p e a s sa i b a rc h e d a t r e n t a re m i, o m e ­t à p iù g r a n d i , e m o lte p e l t r a s p o r to d e i c a v a l l i , e q u a n t ’ a l t r o o c c o rre » p e l m o v e rs i d e l l ' e se rc ito s a i f iu m e ; d e l ib e rò n a v ig a rv i fino a l l ’ o c e a n o . O r s icco ­m e e g l i a v e a p e r a d d ie t r o v e d u t i d e ’ c o c o d r i l l i nel»- l e a c q u e d e l l ’ i n d o , T o n ic o d e ’ fium i dove se ne g e ­n e r i n o , ecce tto i l N i l o ; e s iccom e v e d u te p a r a v e a d e l le fav e , q u a l i p ro d u c e te l ’E g i t to solo, n e l le s p ia g g e d e l l ’ A c e s in e , fium e c h e n e l l ’ In d o sb o ccare g l i s i d i ­c e v a ; c o n c e p ì d i a v e re f in a lm en te l e o r ig in i ritrova-* t e d e l N i lo ; q u a s i q u e s to fium e sca tu r isse d i q u iv i in a lc u n lu o g o d e l le I n d i e , e t ra v e rsa sse g r a n soli­tu d in i e v i p e rd e sse i l n o m e d i I n d o , e dove r ic o ­m in c ia a s c o r re re f r a te r r e a b i t a t e fosse d a g l i E t io ­p i d i q u e ’ lu o g h i c h ia m a to N i l o , o v vero E g i t t o , cch m e E g i t t o c h ia m a lo O m ero co l n o m e d e l la p ro v in c ia , e t a l e n e a n d a sse in fine n e l m e d i te r r a n e o . O n d ’ è c h e sc r iv en d o a d O l im p ia d e , l e sc risse in f r a le a l ­t r e cose d e l le I n d i e , che s e m b ra v a g l i d i a v e re ez ian ­d io s c o p e r te le s o rg e n t i d e l N i l o ; m a su p icco li e l i e v i ind iz j p e r t a n t a c o n g e t t u r a . M a po ich é m eg lio ve r if icò le cose d e l fiume I n d o , c o n o b b e d a ’ p a e sa n i c h e l’ Id a s p e n e l l ’ A c e s in e , e 1’ A ces in e n e l l ’ In d o g e t t a n o le a c q u e e i l n o m e , e ch e l ’ in d o si s c a r ic a co n d u e b o c c h e n e l l ’ ocean o , sen z a c h e p u n to l ’E ìgitto

1 8 6 L I B R Og l i a p p a r f e n g a . E d a l lo r a can c e llò dall* e p is to la a l l a m a d re q u e ’ co n ce tt i su l N i lo ( i ) : e vo len d o n a ­v ig a re d i sa p e ’ fiorili a l l ’ o c e a n o , recesi a p p a r e c c h ia ­r e l a flo tta ; e l i F en ic j, l i G ip rj, l i C a r j , g l i E g iz j , le g n a c i d e l l ’ e s e rc i to , su p p liro n o a g l i u s i d e ’ re m i- g a n t i .

2. I n 'q n e s t o m ezzo m o r ì G e n o , fede liss im o in f r a g l i a m ic i d i A lessan d ro , e lo esequ iò co n fu n e b r i o n o r i , m a g n if ic i p e r la c i rc o s ta n z a : q u in d i a d u n a n ­d o g i i a m ic i , e t u t t i g l i a m b a s c ia d o r i I n d ia n i v e ­n u t i a d e s so , d ic h ia rò F o ro m o n a rc a d e l l ’ l a d i a d a lu i p r e s a , ov’ e ra n o s e t te naz ion i, e piò c h e d u e m i ­la c i t t à . C o m p iu to ciò, d iv ise l a m il iz ia in t a l m odo . F e c e s a l i r e in b a rc a e p re se con se l i so ld a ti c in t i d i s c u d o , t u t t i l i s a e t t i e r i , g l i A g r ia n i , e l a c a v a l ­l e r i a l a q u a l p re c e d e i m o n a rc h i . C r a tè r o co n d u ce ­v a lu n g o la r iv a d e s t r a d e l l ' Id a sp e p a r t e d e l le m i­l iz ie a p ie d e e a ca v a llo m e n tre E fe s tio n e a v a n z a - v as i p e r la s in is t ra c o l la p a r t e p iù g r a n d e e p iù fo r te d e l l ’ e s e r c i to , e con t u t t i g l i E le fa n t i ch e e r a ­n o g ià d u g e n to : l ’ a n o e l ’ a l t r o a v e a n o rd in e d i t r o ­v a r s i i l p iù p re s to n e l la r e g g ia d i S o p i to . M a F i ­l ip p o i l S a t r a p o d e ’ p aesi d i q u a d a l l ’ In d o d o v ev a in d u g ia r s i co suoi t r e g io rn i f r a ’ B a t t r i a n i ; e p o i v e n ire d i r e t r o g u a r d ia . R im a n d ò l i c a v a l ie r i d i N is sa a l l a p a t r i a l o r o ; N e a rc o e b b e i l co m a n d o d e l la flot­t a ; e l a r e g ia t r i r e m e fu d a ta in c u r a a d O n es ic r i- to , i l q u a le , in ciò c h e scrisse d i A le ssa n d ro , m e n t ì p u r q u e s to , ch e essendo e g l i g o v e rn a to re sem p lice d i u n a so la , d ices i c o m a n d a n te d i t u t t e le n a v i . E r a ­n o po i le n av i più g r a n d i , secondo T o lo m m e o , cu i seg u o p r in c ip a lm e n te , o t t a n t a g a le e d a t r e n t a r e m i : m a t r a q u e s te e q u e l le ch e p o r ta v a n o i c a v a l l i , e le a l t r e d a c a r i c o , o n a te a s c o r re re i f iu m i , a n t ic h e e r e c e n t i , av easen e un com plesso q u a s i d i d u e m ila . O r ta le e ta n to com plesso a p p a r e c c h ia to , in t r o d o t te p re sso l ’ a lb a le m i l iz ie n e lle b a r c h e , fece g iu s ta

li) G io ita m e n e . Ora si a che i cocodrilli soro in molti altri luoghi.. l ’ Asia li ha nel G ange, ed in Ceilan; I 'A frica nel fiume N egro , e l ’ Ame­rica Delie A ntille , nel fiume delie A/nazoni, e altrove.

S E S T O 1 8 7T o s a to sag rif ìc j a i N u m i , e d a l fium e Id a sp e , com a v o le a n o g l ’ ind o v in i. P o i m o n ta to in b a rc a , eg li etec-00 l ib ò d a l l a p r o r a con a u r e a c a ra ffa in sul fiume * in v o c a n d o c o l l Id a* p e l ’ A c e s in e , i l m a g g io re d e ’ fiu­m i ch e g l i si u n is c a , non l u n g i , com e u d ì a , d a q u e l lu o g o ; e con essi in v o can d o a n c h e l ’ i n d o n e l cu i seno q u e s t i du e si m e tto n o f in a lm e n te . I n d i l ib a u d o a d E rc o le suo p r o g e n i to r e , a d A m m o n e , e a q u a n t i n u m i so lea p e r costum e, i n t i m ò , ch e le t r o m b e des ­se ro i l seg n o d i s c io g l ie r e , e d a to lo , sc io lse ro o rd i ­n a ta m e n te . Im p e ro c c h é e r a p re s c r i t to con q u a le in ­te r v a l lo d o v ean o c o m p a r t i r s i le nav i d a c a r i c o , e co n q u a le le p o r ta t r i c i d e * c a v a ll i o d e l le m i l i z i e , s icch é non isb a tte s se ro l ’ u n a su l ’ a l t r a , m ovendosi a l l a v e n tp r a ; nè p e rm e t te v a s i c h e le p iù sne lle p r e ­c o rre sse ro le co m p a g n e . N o n so m ig liav a n e llo s t re ­p i to suo la re m ig a z io n e a n iu n ’a l t r a , non p e r l e t a n t e n av i ch e n e e r a n o m osse a d u n t e m p o , non p e r le voci d e ’ c a p i ta n i ch e la in t im a v a n o , o sospen­d e v a n o . V ’ un iv an o a n c h ’ essi le g r id a i r e m ig a n t i se m ai l a c o r re n te l i r i s t r i n g e v a . L e sp o n d e e le v a te s o p ra le n a v i in p iù l u o g h i , ra c c o g lie v a n o com e in seno a n g u s to i l f r a g o r e , e lo m o l t ip l ic a v a n o , r iv e r ­b e ra n d o lo l ’ u n a a l l ’ a l t r a ; e d a r iv e r b e r a r lo p u r co n c o rre v a n o le se lve ch e q u a e l à s’ in a lz a v a n o sa l ’ u n a e l ’ a l t r a r i v a . S b a lo rd iv a in s iem e i l oo re de* b a r b a r i lo sp e ttaco lo d e ’ c a v a l l i su le n a v i , non ve­d u t iv i a l t r a v o lta m a i n e lle In d ie , d ove n o n e r a m e ­m o r ia n iu n a d i sp ed iz io n i n a v a l i f a t t e d a B acco ; t a n to c h e q u e l l i ch e e ra n o p re s e n t i a l p a r t i r d e l l ’ a r ­m a ta lu n g o te m p o l ’a c c o m p a g n a ro n o . E com e ta n to suono o r im b o m b o si a v a n zav a v ia v ia in m ezzo d ’i n ­d ia n i d a t is i a d A le s s a n d ro , scen d ev an o a n c o r essi su1 l i d i , e lo s e g u i ta v a n o c a n ta n d o in b a r b a r i c a g u i ­s a ; ch è a m ic i sono p iù ch e a l t r i d e l c a n t o , com e d e l l a d a n z a , d a l te m p o c h e B acco e le g e n t i d i esso fa rn e t ic a ro n o ne lle In d ie con s a l t i e c a ro le .

3. E così n a v ig a v a , q u a n d o n e l te rz o g io rn o p e r-1 ven n e d i r im p e t to a i t r a t t i d e l le sp ia g g e n e ’ q u a ­l i E fe s t io n e e G r a tè r o d o v e a n o secondo i l co m an d o

18 8 L I B R Oa c c a m p a r s i . T ra t te n o to v is i d u e g io r n i finche g iu n s e F i l ip p o co lle sue m i l iz ie , sp e d ì q u e s to e l a g e n te d i lu i con o rd in e c h e m a rc ia sse ro lu n g o l a sp o n d a d e l - l ’ A c e s in e , m osse d i b e l nuovo i d u e C r a tè r o e d E f e - s t io n e , p resc r iv en d o a d essi i l v ia g g io ch e a v e a n o & f a r e , ed e g l i co n tin u ò l a n a v ig a z io n e su l ' I d a s p e , c u i non e b b e m a i m eno l a r g o d i v e n t i s ta d j . D o ­v u n q u e c a la v a a t e r r a , o r ic e v e v a a p a t t i , se d a ­va n«i g l ’ in d ia n i in to rn o l ’ I d a s p e , o l i s o t to m e tte v a c o l la fo rza , se re s is te v a n o . A c c e le rò p e r a l t r o la n a ­v ig az io n e i n f r a i M a l l i e g l i O s s id a c r i , p e rc h è n u ­m erosiss im i e be llicos iss im i in f r a g l i a l t r i ; e p e rc h è g l i e r a d e t to ch e av e a n o a p p a r t a to l e m o g li e l a p ro le n e lle c i t t à p iù m u n i t e , r iso lu t i d i u sc ire a c o m ­b a t t e r l o ; e m o lto p iù p e rc h è v o lea non t r o v a r l i p ro v ­v e d u t i , m a s o rp re n d e r l i f r a l ' a p p a re c c h io e i l d iso r ­d i n e . P e r t a n to r ip re so d a io d i i l c a m m in o , g iu n g e t r a c in q u e g io rn i a l l a con fluen te d e l l ’ Id a sp e e d e l- l ’ A c e s in e . S tr in g o n s i d ove si c o n g iu n g o n o i f iu m i, e d i d u e n e fo rm an o u n so lo ; e s tr in g e n d o s i a f f re t ta n o e r ip e rc o to n s i , e fa n n ’ on d e , e v o rtic i , e ro m o re , sen ­s ib il iss im o p u r d a lo n ta n o : cose tu t t e p re a c c e n n a te d a ’ p a e sa n i a d A le ssan d ro , e d a A le ssa n d ro a l l ’ e se r ­c i t o . C om a p e rò l ’ a r m a t a fu v ic in a a l la confluen te n e se n t ì f r a g o r e s ì cupo che i n o c c h ie r i sospesero i l co rso non p e r c o m a n d o , m a p e rc h è i c o m a n d a n t i m e d e s im i a t to n i t i v i a m m u to l iv a n o . A v a n z a t is i però fio p resso a l lo s t r e t to , q u e s t i in t im a n o c h e d ia s i fo r­t e a i r e m i , e s i v a d a , a ffinché le n a v i che vi s’ im ­b a t to n o non s iano t r a v o l t e d a ’ v o r t i c i , m a l i v in c a ­n o , e p a s s in o . L e b a rc h e ro to n d e sp in te e a g g i r a t e d a l l a c o r r e n t e , p re s to d a l la c o r r e n te m e d e s im a fu ­ro n o d i r iz z a te senz’ a l t r o sconcio se non q u e l lo d i esse rv i p e r t u r b a t i q u e ’ ch e v’ e ra n o d e n t r o : non a n ­d a ro n o p e rò così scev re d a d a n u o le b a r c h e lu n g h e n o n e lev a te u g u a lm e n te in m ezzo a ’ f lu tt i che gonfia ­v a n o e m u g g h ia v a n o , e t r a q u e s te le b ire m i ch e n o n a v e a n o i r e m i in fe r io r i a b b a s ta n z a fu o ra d e l l ’ a c q u a ; p e rc h è p ie g a n d o s i esse p e ’ v o r t i c i , rom p eav is i l a p a r ­t e d e ’ r e m i ch e e r a s o t t ’ a c q u a , p r im a c h e fossevi

S E S T O 189l ’ a g io d i r i a l z a m e l i . C osì m o lte d e l le b a rc h e rim a» se ro m a lm e n a te , e d u e n e p e r i ro n o , u r ta te s i f r a lo ro ; so ccom bendov i p o r m o lt i d i q u e l l i che v’e ra n o . D o - ve l ’ a lv e o p e rò «i rn l lb rg a v a n o n e r a o e la c o r re n te t a n t o m o le s ta , nè i v o r t ic i t r a s p o r ta v a n o con p a r i v io le n z a . P e r ta n to A le ssa n d ro a p p ro d ò la f l o t t a , « m ise in 6alvo q u a n t i p u r v’ e ra n o , n e l la r iv a d e s tra , in u n seno c o p e r to d a l l a o o r re n te , buono p e r s taz io ­n e d i n a v i , a n z i fa c i le d a in t ro d u rv e le c o n q u a ssa te a n c o r a , p e rc h è u n a ru p e iv i d e c l in a , o p p o r tu n is s i ­m a , i l f iu m e . Q u iv i r i s a r c ì le m a lc o n c e : e f a t to n a v ig a r e N e a rc o s ino a i confin i d e i M a ll i , e g l i sco rse p e r le t e r r e d e ’ b a r b a r i , i q u a l i non e ra n s i a lu i d a t i . Im p e d ì ch e soccorressero i M a ll i , e si r ico n d u sse v e rso la f l o t t a .

4 . E r a n o g ià iv i p e rv e n u t i E f e s t io n e , G r a t è r o , e F i l ip p o co lle p ro p r ie m iliz ie . E g l i d u n q u e t r a g i t t ò g l i e l e f a n t i , le t r u p p e d i P o lip e rc o n te , i s a e t t ie r i e q u e ­s t r i , e F i l ip p o co’ suoi d i là d a l l ’ I d a s p e , m e tte n d o tu t t i a i c o m an d i d i G ra tè ro . S p ed ì N e a rc o co lla flot­t a o rd in a n d o g l i d i p re c e d e re l’ eserc ito p e r l a n a v i ­g az io n e d i t r e g i o r n i . P o i d iv ise i l re s to d e lle m i ' l iz ie in t r e p a r t i : e volle che E fes tio n e a n d a sse c in ­q u e m a rc e in n a n z i affinché s’ im b a tte sse ro in esso, e n e fossero p r e s i , i b a r b a r i ; i q u a l i non a s p e t ta n d o che il r e g iu g n esse co’ suoi, fug g iv an o so llec i tam en te a p a r t i ' p iù r im o te . E T o lo m m eo d i L a g o r ic e v u ta a n c h ’ esso p a r te d i e s e r c i to , d o v ea s e g u i ta r lo in di* s ta n z a d i t r e m arce a p p u n to , p e rc h è Unissero in lu i q u a n t i fu g g iv a n o a d d i e t r o . P re sc r isse p e rò ch e q u a n ­t i p r e c e d e v a n o , g iu n t i a l l a confluente d e l l ’ A c e s in e , e d e l l ’ I d r a ò t e , a sp e t ta s s e ro , finché v i a r r iv a s se p u r e g l i , e c o n cen tra sse le fo rze d i G ra tè ro e d i T o lo m - m e o . F r a t t a n t o e g l i , p reso con se l i so ld a ti con g l i s c u d i , g l i a r c i e r i , g l i A g r i a n i , l e t r u p p e d i Pito-» n e d e t te d e g l i A sse te r i , i s a e t r ie r i a c a v a l lo , e m e tà d e l la r e a i g u a r d i a e q u e s tre d e g l i A m i c ì t m a rc iò su t e r r e p r iv e d i a c q u a verso d e ’ M a l l i , popo lo d ’ I n d ia ­n i , m a d ’ in d ia n i l i b e r i . A ccam pò n e l p r im o g io rn o p re sso d i u n f iu m ice llo , lo n ta n o d i c a n to s ta d j dal*

190 L I B R 0l ’A cesine. R ifo c il la to v is i e g li , e l ’e se rc ito , e te n t ì to r e lo m a non m o lto , in riposo , in t im ò c h e c ia scu n o em p ie sse d i a c q u a o g n i vaso c h e a v e v a . Scorsi co s i co l r e s to p u r d i q u e l g io r n o , e con tu t ta l a n o tte in to rn o a q u a t t ro c e n to s t a d i , g iu n se in s iem e co l n o r o g io r n o a d u n a c i t t à , n e l la q u a le si e ra n o r ic o v e ra t i m o l t i d e ’ M alli . N o n p en san d o m a i q u e s t i , c h e A le s s a n d ro venisse p e r te r r e m a n c a n t i d i a c q u e su d i essi , s ta ­v a n o in g r a n p a r t e fu o r i d e l le m u r a , e sena ’ a r m i . A l t r o n d e A le ssa n d ro n e l l ’ a t to c h e d a v a a co n o sce re c h e e g l i e r a co ll’ e se rc ito dove n o n p a r e a lo ro c r e ­d ib i le p e ro h è diffìcile , p iom bò su d i essi c h e m a i no n se lo av e a n o a s p e t t a to , e n e uccise i p iù se n z a r e s i s te n z a , p e rch è d is a rm a t i . E re sp in t i g l i a l t r i f r a le m u r a , le c irco n d ò c o lla c a v a l l e r i a , co inè con u n v a l lo ; non essendog li g iu n ta a n c o ra la f a n te r ia . A l ­f in e , g iu n ta g l i q u e s ta a p p e n a , s p e d ì P e rd ic c a co l suo c o rp o d i c a v a l l e r i a , con q u e l lo d i d i t o , e e o a g l i A g r ia n i a d a l t r a c i t t à d e ’ M a ll i ove s’ e ra n o r i ­fu g g i t i m o lt i d i q u e ’ lu o g h i , con o rd in e d i g u a r d a r - v e l i , e non a l t r o , so la m e n te p e rc h è n iu n o uè uscis ­t e , n è ra p p o r ta s s e a l t ro v e i l suo a r r iv o ; e d e g l i f r a t t a n to so rse a d a s s a l i r e le m o r a . L e a b b a n d o n a ­ro n o i b a r b a r i com e q u e l l i che a lu n g o n o n le d i ­f e n d e re b b e ro , e ssendone n e lla in v as io n e m o r t i m o lt i , e m o lt i f e r i t i e spossati a c o m b a tte re . R id o t t i s i n e l la c i t t a d e l la , l a so s ten n e ro a lc u n te m p o , com e d a luogo p r o p iz io , nè fac ile a t r a s c e n d e r lo . M a facendose le • o p ra d a o g n i p a r te i M a c e d o n i v ig o ro s is s im a m e n te , c p re se n ta n d o s i q u a e l à lo stesso A le s sa n d ro a l la im p r e s a , fu p ig l ia ta a fo rz a c o l la s t r a g e d i q u a n t iv e r a n o , che e r a n d u e m i l a . P e rd ic c a a r r i v a to a l l a c i t t à dov ’ e r a s p e d i to , l a tro v ò d e s e r t a : in s a p e re p e rò ch e g l i a b i t a o t i ne e ra n o u sc it i d i f r e s c o , volò d i su b ito su T o r m e lo ro . S e g u ito d a s o ld a t i l e g g ie r i con q u a n to a v e a n o d i v e lo c i tà , l i ra g g iu n s e ed u c ­c ise t u t t i , sa lvo q u e l l i c h e e ra n o p re c o rs i e f u g g i t i t r a le p a lu d i . ■

. 5 . A le s s a n d ro , c ib a to , e r in f re sc a to l ’ e se rc i to r i ­p re se l a m a r c ia in to rn o a l l a p r im a v ig i l i a : e d

i n o l t r a to l i buon t r a t t o n e l la n o tte , p e rv e n n e .a g io rn o in r iv a d e l l ’ I d r a ò t e . Iv i sep p e che m o lt i de’ M a ll i n e av ean o g i à fa t to i l t r a g i t t o : o n d e la n c ia to s i a g l i a l t r i c h e e r a n p e r f a r l o , p resso i l luogo a p p u n to d e l t r a n s i to , n e d is tru sse g r a n p a r t e ; po i v a lican d o e g l i stesso p e r iv i a l l ’ a l t r a sponda si m ise a p e r s e g u i ta re q u e l l i c h e v ’ e r a n passa ti. E m o lt i ne u c c ise , e m o lt i n e im p r ig io n ò : m a la p a r te p iò n u m ero sa c e rc ò scam ­p o in s i to , f o r te d i p e r se s te s so , e r ic in to d i m u ra . O n d ’ e g l i a p p e n a g iu n ta g l i l a c a v a l le r ia sp e d ì su lo­r o P i to n e con la sua so ld a tesca e d u e sq u a d ro n i d i c a v a l i e r i . P i to n e c o r s e , a s s a l ì , p re se i l lu o g o , e v i r e n d è sch iav i t u t t i i r e fu g ia t i , i q u a l i non e ra n o p e ­r i t i n e l l ’ a ssa lto ; e b en to s to si r ico n d u sse a l suo c a m ­p o . In fo rm a to A le s sa n d ro d i po i che a lq u a n t i M a l l i e r a n s i r i t i r a t i in u n a c i t t à d e 9 f i r a c m a n i , vi s9 in c a m ­m i n a ; e g iu n to vi a p p l ic a g r a n fa n t i in to rn o in to rn o . Q u e l l i a l v ed e re scav a rs i le m u r a e sè p re m u t i d a l g r a n d in a r e d e i d a r d i , le a b b a n d o n a n o , e van sen e a re s is te re su l la c i t t a d e l la . G o rrean o su ale o rm e lo ro a lc u n i poch i M aced o n i, q u a n d o e g l in o v o lta n o facc ia , e g l 9investono , e re sp in g o n o , e ne u cc id o n o v e n tic in ­q u e . A l lo r a A le ssa n d ro fe p o g g ia re le sca le d a o gù i p a r t e a l l a c i t t a d e l l a , e m in a rn e ab b a sso le m u r a . C a d u ta pfer lo scavo u n a to r re , e c o n q u a ssa to in p a r ­t e c iò ch e e r a ia te rm e d io a q u e s ta e a d a l t r a to r r e , d iv e n n e q u iv i la c i t t a d e l l a m en a r d u a d a co m b a t­t e r l a ; ed A le ssa n d ro esso stesso i l p r im o ascese , e d ie d e s i a v e d e re a r b i t r o d e l m u r o . P ie n i d i v e rg o ­g n a a t a l v is ta i M a c e d o n i , ch i q u a ch i l à , vi s i r a m p ic a r o n o ; e d eb b esen e l a fo r te z z a f in a lm e n te . M a ta lu n i d e g l ’ In d ia n i d ie d e ro le c a se a l le fiam m e, e , d a l le fiam m e c o m p re s i , a r s e ro essi s te s s i : i p iù l a s c ia ta av ean o c o l le a rm i l a v i t a . T a n to che c in ­q u e m i la ne fu rono i m o r t i , nè p e r t a n t a v i r i l i t à d i c o re si e b b e ch e pochi p r ig io n ie r i .

6 . I l r e s i t r a t t e n n e q u iv i un g i o r n o , e r i s to r a ta v i l ’ a r m a t a , s i av anzò n e l seg u en te c o n tro d i a l t r i M a l l i . T r o v a te n e le c i t t à d e r e l i t t e seppe che i p o ­p o l i e r a n s i fu g g i t i p e ’ d e s e r t i . D i è r e q u ie tra g io rn o

S E S T O 191

) g s L I B R Oa ’ s o l d a t i , 'e n e l l ’ a l t r o sp e d ì a d d i e t r o , v e rso i l fiu ­m e , P i to n e e D e m e t r i o , i l d u c e e q u e s t r e , c ia s c u n o c o lle sue t r o p p e , e con su p p le m e n to p u r d ’ a l t r e l e g ­g ie r e , q u a n te n ’e ra n o n ecessa r ie a l l ’ im p re s a . C o m m ise lo ro c h e m a rc ia sse ro lu n g o l a r i v a , e se t r o v a v a n o d e ’ r e f u g ia t i n e l le se lve ( ch e m o lte ve n ' e r a n o p re s s o l a r i v a ) g l i uccidessero t a t t i se non si d a v a n o ; e m o l t i n e t r o v a r o n o , e ne u c c ise ro . Esso stesso p o i , M a g n o A le s s a n d r o , a n d ò verso l a c i t t à più g r a n d e d e i M a l ­l i , d o v e , g l i si d ic e a n o , r ic o v e ra t i m o l t i a n c o ra d i a l t r e c i t t à . G l ’ I n d i a n i , a d i to n e , c h e v en iv a g l ie l’ a - v ean o s g o m b e r a ta ; e t r a g i t t a t i s i d i là d e l l ’ I d r a ò te * te n e a n v is i s c h ie ra t i su le r iv e c h e e r a n o b en a l t e , p e r d i s p u ta rg l ie n e i l t r a n s i to se lo t e n ta v a . A p p e n a s e n t ì c i ò , p resc risse c h e la f a n te r ia lo seguisse i n o r d in a n z a , e p re c o rs e con tu t t a l a c a v a l le r ia v e rso i l fiume , a p p u n to l à dove si d ic e a n o c o n tra p p o s t i l i M a l l i . G iu n to , e v is t i i n e m ic i sc h ie ra t i su la r i v a u l t e r io r e , b e n to s to s i m is e , q u a l v e n iv a , a l t r a g i t t o c o l la so la c a v a l l e r i a . Q u e s t i m ir a to lo in m ezzo g i à d e l fiume s i r i t i r a r o n o so l le c i t i d a l la r iv a in c o rp o e con o r d in e ; ed e g l i tu t ta v ia l i p e rse g u i tò c o lla c a ­v a l l e r i a s o la . G l ’ I n d ia n i che e ra n o c in q u a n ta m i l a , co n s id e ra to lo solo c o l la c a v a l l e r i a , v o lta ro n o fa c c ia c o n c u o r d i c o m b a t te re fo r t i s s im a m e n te . Esso p e rò c h e n e scorse l a m o l t i tu d in e , ed a v e a lo n ta n i i so l­d a t i a p p je d e , c a v a lc a v a le i n to r n o , e fnceav i so p ra d e l le s c o r r e r i e , sen za v e n ire a b a t t a g l i a . Q u a n d o ecco g iu n g e re g l i A g r i a n i , a l t r i c o rp i sce ltiss im i ch e eg li m e n a v a con se d i m i l iz ia le g g ie r a , e g l i a r c i e r i ; ed ecco g ià v is ib ile nè lo n ta n a l a f a la n g e d e9 f a n t i . G l ’In ­d ia n i a t a n t i m a l i che ven ivano su l o r o , vo lsero le • p a l l e , e fu g g i ro n o , e co rse ro a l l a c i t t à v ic in a , mu- n i t i s s im a .p e r n a t o r a . G l ’ in se g n i l ’ a l t r o : e n e ucci­de in b u o n n u m e r o , fifichè fu ro n o in c i t t à r i p a r a t i . A l lo r a c inse a p r im a g iu n ta la c i t t à co lla c a v a l le r ia ; p o i v e n u tig l i i f a n t i , g l i a ccam p ò d ' i n to r n o le m o ra n e l g io rn o s te sso . Im p e ro c c h é non r im an eac i d i q u e ­s to ta n to c h e bas tasse a d tm a ssa l to ; e f a n t i e c a ­v a l l i e ra n o s ta n c h is s im i: q u e l l i p e l m a r c ia r e lu n g o ,

S E 8 T O 1 9 3e q u e s ti p e r l ’ in se g u ire c o n t in u o , e g l i u n i e g l i a l* t r i n ie n te d i m eno p e l t r a n s i to d e l f ium e.

7. N e l g io rn o a p p re s so , d iv is a in d u e p a r t i la sol­d a te s c a , e f id a tan e l ’ u n a a P e r d i c c a , e g l i a n d ò , c a ­p o d e l l ’ a l t r a , a d a s s a l i r e le m u r a . N o n so s ten n e ro g l ’ in d ia n i lo s c o n tro ; e la sc ia te le m u r a d e l l a c i t t à , v o la ro n o a n c h ’ essi p e r lo scam p o n e l la c i t t a d e l l a . A le ssa n d ro co ’ s u o i , sp e z z a ta u n a p o r t a , s’ in te rn ò p r im a assa i n e l la c i t t à ; la d d o v e q u e ’ d i P e rd ic c a t a r ­d a r o n o : p e ro cch é n è sa liv a n o co s ì f a c i lm e n te le mu* r a , nè i p iù le sc a la v a n o ; c re d e n d o le g ià p re se n e i m i r a r l e vuo te d i d i f e n s o r i . H a q u a n d o v idesi l a c i t ­ta d e l la co l n e m ic o , e s c h ie ra to v i b u o n n u m e ro a v a n - t i p e r so s te n e r la ; ecco v o lg e rs i a l lo r a t a t t i a d e sp u ­g n a r l a , ch i scav an d o n e a p p iè le m u r a , e c h i le sca ­le a p p o g g ia n d o v i . P u r e s iccom e q u e i c h e p o r ta v a n o le sca le g l i se m b ra v a n o l e n t i ; A le ssa n d ro ne lev a u n a d i m a n o a d uno d e ’ p o r t a t o r i , e ve l’ a p p l i c a , e «alisce-i v i e g l i stesso a l l ’ o m b ra d e l lo scu d o : r a m p ic a v a g l is i a p p re s s o P e u c e s ta , r e c a n d o lo scudo s a g r o , p ig l ia to d a l r e n e l tem p io d i P a l la d e I l i a c a , e fa t to se lo dal-> 1’ o ra in p o i r e c a r e s e m p re d in a n z i n e lle b a t t a g l i e . A lz a v a s i dopo lu i p e r la s c a la m ed es im a L e o n a a to , r e g ia g u a r d ia d e l c o r p o , m e n tre p e r un’ a l t r a m on- ta v a A b r e a , m i l i t a r e d e l la m ezza c o o r te . G i à il( r e to c c a v a ia so m m ità d e l m u ro , q u a n d o fe rm a to v i lo scu d o , l à c a c c ia , e q u a u c c id e , e d i s g o m b e r a . I n t i ­m o r i t i p e r l a r e g i a v i ta i so ld a t i con g l i scud i si sp in - se ro a fu r ia p e r la s tessa sca la ; e si r u p p e . C osì q u e l ­l i che e ra n o g ià g ià p e rv e n u t i , p r e c ip i t a r o n o , t r o n ­ca n d o s i a n c h e p e r a l t r i ' l a v ia d a s o rm o n ta re .

G r a n d e g g ia v a A le s sa n d ro so le m u r a , n è a r d i r » u n nem ico d i a p p ro s s im a rg l is i : b en e r a p e rò to l to d i m i r a co’ d a r d i d a q u e i d e lle to r r i v ic in e , e d a a l t r i d e l la c i t t à n e m m e n o essi l o n t a n i , p e r c h è s a e t ta v a n o d a u n a rg in e te r r a p ie n o presso q u e l m u ro . E l ’ in c r e ­d ib i le a r d i r e , e le sp len d en tiss im e a r m i t ro p p o d a ­v a n o a d iv e d e re c h e e r a i n t a s o i l m o n a r c a . I n t a lo s ta to co n sid e rav a che r e s ta n d o i v i , p e r i r e b b e sen za fe rv i n u l la d i g lo r io so : che s a l ta n d o giù f r a ’l r i d a -

A r r i a n o , l 3

j g 4 L I B R Oto d e ’ m a r i i s tu p id i re b b e fo rse i b a r b a r i p e r l a s o r ­p re s a , e se n o , m o r i re b b e , non sen za esserne i n v i ­d ia to n e l c im en to d i o p e ra g r a n d e , e d e g n a d e l la r i ­c o rd a n z a d e ’ poste ri ; e f r a t a l i co n s id e raz io n i g iù n e l ­l a fo r te z z a b a lz ò . P o s ta to s i q u in d i fe rm o a l m u ro u c ­cise con la s p a d a a lc u n i v e n u t i a d a t t a c c a r l o , e l o stesso d u ce In d ia n o che au d a c is s im o g l i si a v v e n ta v a ; p o i r ip re sse con un sasso uno c h e in o l t r a v a s i , e p o ­sc ia an c h e u n a l t r o p u r con un sasso : f inché d i n u o ­vo f e r ì c o lla s p a d a nno che tro p p o g l i s i a c co s tav a . O tid ’ é c h e sch iv i ornai d i a p p r e s s a t e g l i i b a r b a r i lo c in s e r o , e p re s e ro a te m p e s ta r lo , c ia scu n o con c iò c h e a v e v a , o c a p i t a v a g l i n e l lé m a n i . Q u a n d ’ ecco g iù s a l t a r e , e c o m b a t te re p e r i l r e , P e u c e s ta , ed A b re a q u e l lo d e l la m ezza o o o r t e , e L e o n n a to ; i so li c h e e r a n o s a l i t i su l m o ro p r im a che si spezzasse la s c a l a . E d A b re a c a d d e iv i a p p u n to c o lto d a u n a f re c c ia n e l s e m b ia n te . A le s sa n d ro a n c h ’ e g l i fu con u n a f r e c c ia t r a f i t to p e r 1’ u sb e rg o n e l p e t to so p ra l a m a m m e lla ; t a n to che sc riv e T o lo m m e o che g o rg o g l ia v a sa la fe ­r i t a s a n g u e e f i a to . F in c h é q u e s ta fu c a l d a , e g l i , q u a n tu n q u e m a lc o n c io , r e s i s te t te : m a poi d i la g a n d o ­ne fu o ra e fia to e s a n g u e , venne t r a le v e r t ig in i m e­no a sestesso , e cascò q u iv i d i fucc ia su lo scu d o . T e n n e g l is i a l lo r a P e u c e s ta a l l ’ un d e ’ l a t i d im e n a n d o s i q u a e là con la p e rso n a p e r d ife n d e r lo con lo scu d o sac ro to l to d a I l i o , m e n tr e L e o n n a to g u a rd a v a lo d a l ­l ’ a l t r a p a r t e . Se non c h e , f e r i t i p u r e s s i , i l r e fu r id o t to presso che a p e rd e re co l s a n g u e la v i t a . A l ­tro n d e o ras i la e sp u g n a z io n e re n d u ta d isa s tro sa a i M a c e d o n i ; p e rc h è v edu to i l r e su le m u r a , in v e s t i to d ’ o g n i n t o r n o d a i d a r d i , e g i t ta r s e n e con un s a l t o , f r a l a f o r te z z a , v ed u te s i r o t t e le s c a le , p re s i d a t i ­m o re e d a so llec itu d in e ch e perisse n e llo sco n s ig lia to p e r i c o lo , c o n g e g n a v a n o ch i 1* u n a c h i l ’ a l t r a m a c ­c h in a p e r s a l i r e a l le m u r a , com e' a lu o g h i in acces­s ib i l i . £ q u e s t i p ia n ta v a n o su d i esse ( c h e e r a n d i t e r r a ) d e ’ p a l i , e v i si a g g ra p p a v a n o e r a m p ic a v a n o a s t e n to , e q u e l l i m o n ta v a n o g l i u n i su g l i a l t r i : e q u a n t i g iu n g e v a n o p r im i su le m u r a , s a l ta v a n o t u t t i

S E S T O i g 5l a m e n t a n d o , e g r i d a n d o , g iù n e l r i c i n t o , dove vede-» v a s i s teso A le s sa n d ro . E g i à b o ll iv a c i in to rn o b a t t a ­g l i a f i e r a , te n e n d o g li in to rn o i M aced o n i g l i scud i l ’ uno a p p o l ’a l t r o . I n t a n to a l t r i rom p o n o le s b a r r e d e l l a p o r t ic in a p o s ta f r a le d u e t o r r i , a l t r i n d v a n o a p p n a to d i q u e s ta p re m o n o co lle sp a lle i l m uro , e10 sp in g o n o a d d e n t r o , e sp a la n c a n o p e r iv i l ’a d i to a l l a f o r t e z z a . F eces i a l l o r a d e g l ’ i n d i a n i uno s t r a z io , nò d o n n e si r i s p a rm ia ro n o , nè fa n c iu ll i ( l ) . Q u a n d ’ecco a lc u n i r ip o r ta n o su lo scudo i l r e m a lco n c io in g u i ­sa , c h e non ravv isavano se v iv e s s e . Scrivono c h e C r i - to d e m o m ed ico d i Goo d e l l a s t i r p e d i E sc u la p io g l i e s trae sse i l d a r d o d a l la fe r i ta c o n a l l a r g a r l a : m a s c r i ­v o n o a n c o ra c h e non essendovi p ro n to i l m e d ic o , P e r ­d ic c a stesso s la rg a s se la c o l la sp a d a p e r is tan za d i A les ­s a n d r o , e ne cavasse lo s t r a l e : c h e n e l c a v a r lo ne sgor-< g asse fu o ra i l s a n g n e in t a n ta c o p ia c h e i l f e r i to a e sven» ne d i n u o v o , m a ne llo sven im en to i l s a n g u e si r i s t a g n ò .

&. F u ro n o d e t t e a n c o ra m o lte a l t r e cose in to rn o q u e s ta s c ia g u r a : e l a f a m a c h e le eb b e d a i p r im i c h e le in v e n ta ro n o tu t ta v ia le r id ic e ; n è la f a l s i tà lo ro p r o p a g a ta t r a 'p o s t e r i a v r à f in e , se non p e r lo s c r iv e re n o s t r o . E c o m u n voce c h e A le ssa n d ro su b is ­se q u e s to in fo r tu n io t r a g l i O s s id ra c h i ; e p p u re lo in ­co rse t r a i M a l l i , p o po lo in d ip e n d e n te d e lle I n d i e , e d in u n a c i t t à d e ’M a l l i , e p e r o p e ra a p p u n to d e ? M al­l i c h e lan c iav an o f r e c c e . V e r a m e n te av ean o i M a ll i r iso lu to d i u n irs i a g l i O s s id ra c h i ; e così c o m b a t te r e11 G r e c o : m a co s tu i m a rc ia n d o a n c h e p e r t e r r e senz’a c ­q u a so p rav v en n e p r i m a , c h e g l i O ss id ra c h i a ju ta sse - r o i M a l l i , o q u e s t i g l i O s s id r a c h i . C osì p u re è co* m u n voce c h e accad esse p resso d i A rb e la la b i t t a - g l i a u l t im a t r a A le s sa n d ro e D a r i o , d a l la q u a le co ­s tu i fu g g i sen za d e s is te rn e se non q u a n d o fu p reso d a ’ se g n a c i d i B e s s o , ed ucc iso poi p e r l’ a v v ic in a rs i d i A le s s a n d ro ; com e d ices i a c c a d u ta l a b a t t a g l i a a n ­te c e d e n te su le r iv e d e l l ’ I s s o , e la p r im a d i t u t t e ,

( i) Curzio scrive rjaintn al muro , che ilnlcbris pvrfregcre mnmm ■ e guan­to alla strage anch 'egli dice: non stnibus, non foem inu, non in /untiìms par- citur lib . 9. ». 17.

c h e fu m isch ia e q u e s t r e , p re sso a l G r a n i co . E d i o co n sen to ch e avven isse p resso a l G r a n ic o la m i s c h ia e q u e s t r e « e p o i s a le r iv e d e l l ’ Isso la nova t e n z o n e . L a d d o v e A rb e la è d isco s ta d a l lu o g o d e l l ’ u l t im o c o m ­b a t t im e n to d e i d a e r e s e c e n to , o c in q u e c e n to s t a d j a lm e n o , secondo ch e g l i s c r i t to r i n e d ico n o p iù o m e a g r a n d e l a lo n ta n a n z a . Im p e ro c c h é secondo T o - Jom m eo e d A ris to b o lo a c c a d d e q u e s to a l le r iv e d e l fium e B u m elo p re sso G a u g a m e l a , l a q u a le non è c i t ­t à , m a b o rg o * e n o n g r a n d e e non fa m o so , nè d i un nom e c a ro a d u d i r s i . £ d a c iò n a c q u e c h e A r b e ­l a p e r e sse re c i t t à s i a p p r o p r iò la g lo r ia d e l la g r a n ­d e b a t t a g l i a . C h e se ta l f a t to d ’ a rm e c h e t a n to a c ­c a d d e d i lo n ta n o dovesse v e ra m e n te d i r s i a c c a d u ­to in A r b e la ; p o tre m m o p e r e g u a l d i r i t t o d i r suc ­c e d u to nell’ I s tm o d i C o r in to i l con flitto n a v a le o c ­corso presso d i S a la m in a ; e d i r su cced u to p resso l ì ­g i na o d e l S u n io , l ’ a l t r o occo rso in A r te m is io d i N e - g r o p o n t e . C onsen tono t u t t i c h e P e u c e s ta p ro te g g e s se con lo scudo A le ssa n d ro in q u e l p e r ico lo ; non p e rò t u t t i c iò consen tono d i L e o n n a to , nè d i A b r e a , m i l i ­t a r e d e l la m ezza c o o r t e . I n o l t r e vi è c h i d ic e c h e A le s ­s a n d ro p ercosso d i b a s to n e sul cap o ne s to rd isse e c a ­d e s se ; e che r iz z a to se n e fosse t r a f i t to d a u n d a r d o p e r 1’ u sb e rg o n e l p e t t o . T o lo m m e o fa in te n d e rc i che e g l i fu p ia g a to d e l la so la p ia g a n e l p e t t o . I o p o i re ­p u to c h e la t r a s c u ra n z a p iù g ra n d e d e g l i s to r ic i d i A le ssa n d ro s ia q u e l la d i s c r iv e r e , che T o lo m m eo sa l ì l a sea la co n P e u c e s ta e A le s s a n d ro , e d ifese con lo scudo A le s sa n d ro g ià steso a t e r r a , ta lc h é n e e b b e i l nom e d i S a lv a to r e , q u a n d o T o lo m m eo m ed es im o n a r ­r a d i n o n essere s ta to p re s e n te a l l a im p r e s a , in te n ­t o , com e c a p o d i m i l iz ie , a c o m b a t te r e a l t r o v e con a l t r i b a r b a r i ( i ) . £ ciò s ia d e t to com e d i p a ssa g g io affinchè i p o s te r i non d ia n o n a r r a z io n i in c o n s id e ra te d i f a t t i , e d ’ in fo r tn n ) a l p a ro m e m o ra n d i .

9 . M e n t r e A le s sa n d ro ten ev as i in c a lm a e c a r a v a ­s i , g iu n s e , in n a n z i t u t t e , l a n o v a d e l la s a a m o r te a l

(1) ÒBtzio «neon avverti simile abbaglio preso dagli storici sn Tolom m eo'; lib . 9. f . i f .

1^6 L I B R O

c a m p o d a l q a a l e e g l i av e a m a rc ia to o o n tro d a ' M a l ­l i . E p r im a ne fu d o g l ia n z a in t u t t a T a r m a t a , l ’uno r id ic e n d o a l l ’ a l t r o l a c a la m i tà : p o i d a t a t r e g u a a i l a m e n t i , r im a se ro t u t t i s c o r a g g i t i , e so llec iti su ch i dovesse c o m a n d a r l i , p e rc h ò A le s sa n d ro e l i M aced o ­n i p a re a n o a v e r g iu d ic a t i m o lt i d e g n i d i u n t a n to o n o r e , e su l m odo con c u i sa re b b o n o r ic o n d o t t i s a l ­v i a l le p a t r i e , essi ch io s i in to rn o d a fium i im p r a t i ­c a b i l i ] e d a ta n te e - t a n to b e ll ico se n a z io n i ; d e l le q u a l i q u e l le ch e non s i e ra n o d a te a n c o r a , c o m b a t ­t e r e b b e ro , com ’e r a v e r i s im i le , a n ie n tis s im a m en te p e r l a l ib e r t à ; la d d o v e l e a l t r e sc o te re b b e ro i l g io g o , scosso d a g l i a n im i lo ro i l t e r r o r e d i A le s s a n d ro . A l lo r a d u n q u e p a rv e o g n i cosa in su p e ra b i le e d i ­s p e r a t a a d e s s i , p r iv i d e l c a p o lo r o . £ q u a n d o po i fu n u n z ia to lo ro c h e esso e r a in v i t a , lo c re d e ro n o a p p e n a , non p e rò c re d e ro n o m a i c h e v iv e re b b e . E se m a n d ò l e t t e r e p e r le q u a l i d ic h ia r a v a p ro ss im a l a sua v e n a ta a l l 'e s e r c i t o , i p i ù , tim o ro siss im i d e l c o n t r a r i o , le te n n e ro p e r i n c r e d i b i l i , e p e r f in te d a l le g u a r d i e d e l c o rp o , e d a ’ c a p i t a n i ..

C o n o sc iu to q u e s t o , A le s s a n d ro a p re c lu d e rv i o g n i in n o v a z io n e , a p p e n a p o t è , si fece c o n d u r re in r iv a d e l l ’ I d r a ò t e , p e r n a v ig a re a seco n d a d e l fium e v e r- so l’ e s e r c i to , a c c a m p a to p resso la con fluen te d e i l ’A - ce s in e e d e l l ’ I d r a ò te so tto g l i o rd in i d i E fe s t io n e , m e n t r e C le a rc o v i p re se d e v a a l l a f l o t t a . A v v ic in a ta ­si la r e g ia nav e a l l ’ a p m n ta , A le s s a n d ro fa to g l ie r e o g n i t e n d a d i so la p o p p a , ondi* esse re a t u t t i cosp i­cu o . A v e a e i n o n d im en o c h i d ifH d a v a s i , q u a s i non s i r ip o r ta s s e c h e i l c a d a v e re d i A le s s a n d ro ; m a q u a n ­d o la n av e fo a r i v a , q u a n d o A le s sa n d ro s te se le m a n i verso l a m o l t i tu d in e ; a l lo r a s ì ch e t u t t i a l z a ­ro n o le g r i d a , e c h i s p o rg e a le m a n i verso d e l c ie ­l o , e c h i v e rso d e l m o n a r c a , e c h i d a v a fin l a g r i ­m e in v o lo n ta r ie s u l non s p e ra to p o r t e n t o . I s o ld a t i d e g l i s c a d i av e a n o p o r t a t a la l e t t ig a p e r lu i n e l lo s c e n d e re d a l l a b a r c a , e d e g l i v o lle i l d e s t r i e r o . E n o n s ì to s to fecevisi v e d e re a c a v a l lo , su rse n e g r a n ­d e i l f r a g o r e per tu t t o 1’ e s e r c i t o , ta lc h é l e sp ia g g e

S E S T O 19 f

1 9 8 L I B R Oe le se lv e n e e c h e g g ia v a n o in t o r n o . A v a n z a n d o s i p o i v e rso d e l p a d ig l io n e scese d i c a v a l lo , a /fin d ’ e s s e re v e d u to a n c o ra d i c a m m i n a r e . £ c h i d a l l ’ u n a , c h i d a l l ’ a l t r a p a r t e g l i si a v v ic in a v a , e g o d e a to c c a rn e l e m a n i , i g i n o c c h i , o l e v e s t i : a l t r i e r a p a g o d i v e d e r lo d a p re s s o , f e l i c i t a r lo , e p a r t i r e : e d a l t r i g l i sp a rg e v a n o in to rn o g h i r l a n d e e f io r i , com e l ’ i n d i a n e d a v a in q u e l l a s ta g io n e . C le a rc o d i c e , c h e g l i a m ic i ch e lo s c o r ta v a n o si re n d e ro n o a lu i nojosi , q u a n to a l l ’ essersi e g l i m esso a ta n to p e r ic o lo , p r o ­p r i o d e* so ld a ti e non d e ’c o m a n d a n t i ; e d io c e r ta m e n ­t e c re d o ch e A le ssa n d ro s i no jasse d i q u e ’ d isc o rs i p e rc h è t ro v a v a e ss i v e r i , e sè d e g n o d e ’ r im p r o v e r i . M a t r a s p o r ta to d a l l 'a r d o r d i c o m b a t te re e d a i g e n j d i g lo r ia non sap e a r i s p a rm ia r s i i p e r i c o l i . E lo s tes ­so N e a rc o n a r r a che nn t a l v ecch io B eo z io d i c u i t a c e il n o m e a l v e d e r lo p u n to i l c o r e , e b u jo i l v o l ­t o , g l i si fece in n a n z i d ice n d o in su a l i n g u a : S ir e i v a le n tu o m in i im p r e n d o n o ; e so g g iu n g e n d o u n v e r ­so ja m b o c o lla s e n te n z a : m a c h i im p re n d e d e e p u r to l l e r a r e . C iocché a lu i p i a c q u e , e d a in d i in p o i g l i re n d è p iù c a ro q u e l B e o z io .

I n q u e s to te m p o v e n n e ro g l i a m b a s c ia d o r i d e i M a l ­l i r im a s t i v i , affiti d i r e n d e r e a d A le s s a n d ro l a g e n t e l ó r o : s im ilm e n te v e n n e ro i c a p i e r e t t o r i d e l le c i t t à d e g l i O s s id ra c h i , e con lo ro a l t r i c e n to c in q u a n ta d e ’ p iù r ig u a r d e v o l i , t u t t i i n d ip e n d e n t i . R e c a r o n o , com e p re lu d io d i p a c e , i p iù b e i d o n i d e lle I n d i e , p r o n t i a so t to m e tte re a n c h ’ essi l a n a z i o n e . D ic e a n o d i essere c o m p a t ib i l i se non e ra n o v e n a t i p r im a : sen ­s ib i l i con p iù d i r i t t o c h e g l i a l t r i p e r l a in d ip e n d e n ­z a e la l i b e r t à , i a q u a l e a v ev an o c u s to d i ta d a c h e B a c c o g iu n se n e lle In d ie fino a d A le s s a n d ro : m a so o r a A le s s a n d ro , n a to a n c h ’ e g l i d a ’ n o m i , v o lea d a r lo ro u n s a t r a p o , p ie g h e re b b o n s i a l S a t r a p o , e d a r e b - b o n o t r i b u t i ed o s ta g g i , co m e a In i n e p a re s s e . £ c o s tu i ch iese m il le d e ’ p r im a r i d e l l a n az io n e d a o s a r ­l i se v o lea com e o s ta g g i , o d a sp e n d e r l i com e so ld a ­t i , finché dom asse i l re s to d e l le I n d i e . E ss i d u n q u e m a n d a ro n o i m i l l e , s c e lt in e i p iù f o r t i e grandi a g -

S E S T O i g gg iu n g e n d o v i senza c h e fossero d im a n d a t i , c in q u e c e n ­to c a r r i c o ' l o r d ife n so r i ; ed A le ssa n d ro a c c e t tò l i c a r ­r i , r e s t i tu ì g l i o s ta g g i ; e m ise F i l ip p o p e r s a t r a p o de* M a l l i che so p ra v a n z a v a n o .

10. C o m p iu te q u es te c o s e , e f a t t e c o s t r u i r e , m e n ­t r e a v e a p u r a p e r t a la f e r i t a , m o lte n a v i , a l la fine v ’ im b a rc ò m il le se tte c e n to d e l r e a i se g u itp d e g l i a - m ic i a c a v a l l o , t a n t i s o ld a t i l e g g ie r i q u a n t i p « r a d ­d ie t ro , e d ie c i m ila f a n t i , e n av igò ta lu n poco su l ’I d r a ò t e , fin d o v e s i m esce a l l ’ A c e s in e , e p e rd e v i i l n o m e ; e po i n av ig ò p e r 1*A ces in e fin d ove q u es to sb o cca n e l l ’ I n d o . A l l ’ In d o te rm in a n o q u a t t r o fium i, g r a n d i e n a v ig a b i l i , n è t u t t i co l n o m e lo ro . V a 1*1- d aspe a l l ’ A c e s in e , e v i si s c a r i c a , n è p ro ced e p o i c h e so tto i l nom e d i A c e s in e . £ 1’ A c e s in e s’ incon ­t r a co ll’ I d r a ò te e se lo in c o r p o r a , e 8* in o l t r a com e A c e s in e t u t t a v i a . Q u in d i r icev e an c h e 1’ I fa s i e co l t i to lo p u r d i A c e s in e g iu n g e a l l ’ I n d o , a cu i cede le a c q u e e i l n o m e . D o p o c iò non d is c r e d o , ch e l ’ i n ­d o , p r im * c h e in fo rm a d i un D e l t a si d iv a r ic h i , c o r r a in u n l e t t o , l a r g o d i c en to s t a d j , e più forse; d o v e p ro p r ia m e n te im p a lu d a s i . £ g l i si t r a t t e n n e n e l la co n flu en te d e l l ’ i n d o e d e l l ’ A ces in e f inché g iu n se a lu i co ll’ a r m a ta P e rd ic c a i l q u a le d e b e l la v a in p a ssa n ­do i B a s t à n i , pop o lo l ib e ro d e l le I n d i e : e f r a t t a n t o g l i p e rv e n n e ro a l t r e n a v i d i t r e n ta r e m i , ed a l t r e d a c a r i c o , la v o ra te t u t t e in m ezzo d e i Z a t r i , I n d ia ­n i a n c h ’ e s s i , in d ip e n d e n t i . £ q u i a r r iv a ro n o a n c o ra g l i a m b a s c ia d o r i d e g l i O ssadj i q u a l i so t to m e tte v a n o i l pop o lo l o r o , I n d i a n o , e l ib e ro n o m m en o . S ta b i l ì p e r confine d e l suo s a t r a p a to a F i l ip p o la c o n c o rre n ­z a d e l l ’ in d o e dell* A ces in e : e lasc iò con esso t u t t i i T r a c i , e q u a n te m i l iz ie a b b iso g n a v a n o in p re s id io d e i suo i t e r r i t o r i . C om andò s im ilm e n te ch e dove i fium i s i u n iv a n o , s i ergesse n n a c i t t à , s p e ra n d o che d iv e r r e b b e g r a n d e , e fam o sa t r a i p o p o l i : e c h e u n p o r to in s iem e vi s i fo rm asse .

11. In q u es to te m p o venne O ss ia r te i l B a t t r i a u o p a d re d i R o san e sposa d i A le s s a n d r o ,e d A le s r a n d r o d ie d e g l i i l a a t r a p a to d e i P a r a p a m is a d i , d e g r a d a to n e

2 c o L I B B R OT i rie s t e , i l q u a le g l i si d ic e a che n o n b e n e v i c o m a n ­d asse . P o i fe p a ssa re C r a t è r o , g r a n p a r t e d e l l9 e se r ­c i t o , e g l i e le fa n t i a l l a r i v a s in is t r a d e l l ’ i n d o , per» c h e iv i l a v ia lu n g o i l fium e p a re a p iù a cco n c ia a l l e m i l iz ie g r e v i , e p e rc h è i p o p o li in to rn o non e r a n o d e l tu t t o a m ic i ; ed e g l i s eg u en d o l a c o r r e n te n av i ­g ò v e rso la r e g g ia d e i S o d d j . C o m an d ò che si f a b b r i ­casse iv i u n a c i t t à n u o v a con p o r to , e v i si r is a rc is ­s e ro le n a v i ohe e ra n o m a lm e n a te . D ic h ia rò O ss ia r ­t e e P i to n e s a t r a p i d e l paese d a l la confluente d e l l ’ In ­d o e d e l l ’ A ces in e fino a l m a r e : e d i t u t t a la sp iag ­g ia I n d i a n a . S p ed ì d i b e l n u o v o C r a tè r o co ll’ e se rc i ­t o f r a g l i A ra c o s j , e i D r a n g j ; ed e g l i co rse g iù n a ­v ig a n d o t e r s o le t e r r e d i M u s ic a n o , d e c a n ta te g l i co­m e le p iù bu o n e d e l le I n d i e , p e rc h è co lu i non e r a g i i v e n u to in c o n t ro , non a v e a g l iu m i l i a to sestesso e i l suo r e g n o , n o n a v e a g l i sp e d i t i a m b a sc ia d o r i p e r a v e rn e l ’ a m ic iz ia , n è m a n d a t i d on i com e a g r a n r e si c o n ­v e n g o n o , nè f a t t a r ic h ie s ta n iu n a . R iu s c ì q u e s ta s u a n a v ig a z io n e a seconda d e l fiume t a n to so lle c i ta c h e fu ne’ confin i d i M u s ic a n o , p r im a c h e M u sican o s a ­p esse che v e r r e b b e c i . P e r t a n to sp a v e n ta to n e v e n n e io. f r e t t a a d i n c o n t r a r lo , p o r ta n d o g l i i d on i p iù p re z io s i d e l le I n d i e , e t u t t i g l i E l e f a n t i ; u m il iò ses tesso , i suo i p o p o l i , e confessò d i a v e r m a n c a to . V a le a c iò m o l to presso d i A le ssa n d ro p e r in te r c e d e r e ; e fa- le ­v a to d i c o l p a . A le ssa n d ro n e m irò con p ia c e re la c a ­p i t a l e e i p a e s i , e concedè ch e seguisse a r e g n a rv i : m a im pose a G r a tè r o d i c o s tru ire in q u e l l a c a p i ta le u n a f o r t e z z a , e f u , p re se n te l u i , c o s t ru i ta , e p res i ­d i a t a , p e rc h è p a re a g l i o p p o r tu n is s im a a g u a r d a r v i , e c o m p r im e re i p o p o li i n to r n o . Q u in d i p re s i g l i a r ­c i e r i , g l i A g r i a n i , e la c a v a l le r ia l a q u a le n av igava , co n esso , n e a n d ò c o n tro d i O s s ic a n o , u n p r e f e t t o , così c h ia m a to d i q u e ’ln o g h i ; p e r c h è nè e r a s i - p re s e n ­t a to , nè a v e a g l i sp e d i t i a m b a s c ia d o r i a s o t to m e t te r e sestesso e le sue t e r r e . N e l p r im o g iu n g e re p re s e a fo rz a le d u e c i t t à p iù g r a n d i d i O s s ic a n o , ed O ss i- c à n o m edesim o in u n a d i e s se . N e ab b a n d o n ò la p r e ­d a a i so ld a t i^ e se a e condusse g l i e l e f a n t i . A l lo r a

S E S T O « e tn in n a p iù d e l le sue c i t t à si r iv o lse a l l a f o r z a ; a m re n d e v a n s i t u t t e a m a n o a m a n o che vi si p re s e n ta ­v a . C osì t u t t i g l ’ i n d i a n i e r a n o g ià n e l o o r lo ro v in ­t i d a A le s s a n d ro , e d a l l a fo r tu n a d i l u i . Q u in d i si r ip ie g ò c o n tro d i S a m b o , posto d a lu i p e r s a t r a p o d ’ in d ia n i m o n ta n a r i ; e d o r a fu g g ito a l l ’ u d i r e ch e A le s s a n d ro av e a la sc ia to M u s ic a n o , an z i f a t to lo p r in ­c ip e a n c o ra d e l la g e u te sna la q u a le e r a in guer* r a con M u s ic a n o . A v v ic in a to s i a S in d a m a n a m e t r o ­p o l i de* paesi d i S a m b o , g l ie ne fu ro n o 's p a la n c a ­t e le p o r te ; ed i f a m ig l ia r i d i S am b o v e n n e ro a d in c o n t r a r lo co ’d a n a r i e con g l i e l e f a n t i , d ic e n d o ch e n o n fu g g ìa S am b o com e nem ico d a A le ssa n d ro , m a eì p e r p a n r a d i M u sican o r i la sc ia to a sestesso . Q u in ­d i p re se u n ’ a l t r a c i t t à r i b e l l a t a s i , e pose a m o r te i B ra c m a n i a u to r i d e l ia r ib e l l io n e , i q u a l i sono filo­sofi d e lle I n d i e : m a d e l la filosofia l o r o , s e p p u re ne h a n n o , r a g io n e rò n e l m io t r a t t a to s u le In d ie ( l ) . I n t a n to e b b e n u o v a ch e M usicano e ra g l is i to l to d i o b b e d ie n z a , e sp e d ito g li c o n t r a P i to n e , i l S a t r a p o , fig lio d i A g e n o re co n so ld a te sca p r o p o r z io n a ta , e g l i p io m b ò eu la c i t t à d e l r e g n o d i l u i , e d ove sa c c h e g ­g iò e d is t ru s s e , e d ove io tro m ise g u a r n ig io n i , o p ia n ­tò fo r te z z e . F a t t o c iò s i r icondusse a l cam p o e d a l l a f lo t t a , d ove g l i fu p o r ta to M usicano c a d u to n e lle fo r ­z e d i P i t ó n e . A le ssa n d ro fece a p p e n d e r lo n e lle sue t e r r e , e com ’ esso p en d e ro n o a n c h e i B ra c m a n i ch e10 av ean o in f iam m ato ad in s o r g e r e . Q u i v en n e p u re11 S ig n o re de’ P a t t à l i , c io è d e l la t e r r a ch e io d iss i a b b r a c c ia ta d a l fium e In d o c o l la fo rm a d i u n D e l t a , m a g g io re d e l D e l t a E g iz ia n o : e d a n c h ’ esso q u e s to p r i n c i p e , so tto m ise i suo i p o p o l i , e d o g n i sua c o s a . A le ssa n d ro lo r im a n d ò n e ’suoi s t a t i con o rd in e d i a p ­p a r e c c h ia r v i q u a n to b iso g n a a r ic e v e rv i 1’ a r m a t a . ..

12. P o sc ia in v ia p e r le t e r r e d e g l i A ra c o s i e d e r Z a r a n c h i n e lla G a rm a n ia G ra tè ro a l l a te s ta d e i so ld a ti d i A t t a l o , d i q u e l l i d i M e le a g r o , d i q u e l l i d i A n tig o ^ n e , d i a lq u a n t i d e g l i a m ic i , e d e ’ M a c e d o n i in v a l id ia

(iY V q uo to il libro ottavo della (tona presente*

2 » 2 L I B R Od i r e t t i g ià d a l a i n e l la M a c e d o n ia , d a a d o g l i d a c o n ­d u r r e a n c o ra g l i e le fa n t i : m a pose E fe s t io n e su l ’a l t r a m i l iz ia la q u a le non n a v ig a v a co n esso lu i v e rso l ’o c e a ­n o . F e c e p a ssa re P i to n e cog li A g r i a n i , e co i s a e t t i e r i a c a v a l lo a l l ’a l t r a r iv a d e l l ’ i n d o , v u o l d i r e a q u e l l a su l a q u a le non m a rc ia v a E fe s t io n e , con o rd in e d i p o ­p o la r e le c i t t à nuove g i à f a b b r ic a te ; d i r i d u r r e p e r q u e * lu o g h i i n d o v e r e , se m o v e a n s i , g l ’ i n d i a n i , e r i ­c o n g iu n g e rs i a d esso in P a t t a l a . A n d a v a e g l i g i à d& t r e g io rn i su le a c q u e , a l lo r a q u a n d o g l i a n n u u z ia ro n o c h e i l c a p o d e ’P a t ta le s i r a c c o l to i l p iù d i essi f u g g i- v a s e n e , la sc ian d o d e s e r to i l p a e s e . A t a l nuova solle* c i tò m o lto p iù la n a v ig a z io n e , m a g iu n to a P a t t a l a n e t ro v ò l a c i t t à e l a c a m p a g n a v u o ta d i popo lo e d i c o l t i v a t o r i , ed e g l i sp e d ì su le t r a c c e d i essi le m i ­l iz ie p iù l e g g i e r e . S o rp re s in e a l c u n i , l i m a n d ò ben* to s to a p p re sso g l i a l t r i co n o rd in e d i c o n f o r ta r l i a t o r n a r e ; g iacch é re s ta v a s i l a c i t t à e la t e r r a lo ro p e r ­c h è l ’ a b i t a s s e r o , e la v o ra sse ro co m e p r i m a ; e m o l t i t o r n a r o n o . Im p o se a d E fes tione d i e rg e re u n a f o r t e z ­z a in P a t t à l a , e m an d ò m iliz ie a scav a re p o z z i , e r e n d e r e a b i ta b i le la t e r r a c irc o n v ic in a p r iv a d i f o n t i . M a fu rono lo r s o p ra ta lu n i de’ b a r b a r i i n t o r n o , e d u cc is in e a lq u a n t i n e l l ’a ssa lto im p ro v v is o ,e p e r d u t i p iù a n c o r a d e i l o r o , fu g g iro n o p e ’d e s e r t i . Si Com pierono n o n d im e n o i l a v o r i , sop rav v en en d o v i p e r c o o p e ra rv i a l t r e m il iz ie m a n d a te v i d a A le s sa n d ro a p p e n a sep p e l ’ a s sa l to d e ’ b a r b a r i . I n to r n o a ’ P a t t a l e s i d iv id es i l ’ in d o in d u e g r a n r a m i , i q u a l i s e rb a n o t u t t i d u e d ’ in d o i l n o m e fino a l m a r e , e q u i fece A le ssa n d ro a r s e n a l e , e r i c e t t i d i n a v i . P o i r iu s c e n d o g l i le co ­se a n o rm a d e i d e s i d e r j , si p ro p o se d i n a v ig a r e p e l r a ­m o d e s t ro d e l fium e fino a l l a im b o c c a tu r a . A d u n q u e m a n d a in n a n z i a l m a re L e o n n a to con m i l le c a v a l i e r i , e d o t to m ila d i a r m a tu r a g ra v e e l e g g i e r a , s icché r e ­ch isi c o lla f lo tta a l la iso la P a t t a l a . E d e g l i p ig l i a t e le b a rc h e p iù s n e l l e , l e , b i r e i n i , q u e l le d a t r e n t a r e ­m i , e t a l ’ a l t r e d a c a r i c o , scio lse su p e r 1’ a lv eo d e ­s t ro d e l fium e .

i 3. E s iccom e n o n c i av e a d e g l ’ in te n d e n t i essen-

S E S T O 2o3d o fu g g i t i d i c o là t a t t i i p aesan i ; l a n av ig a z io n e r io - sc i beo d is a s t ro s a . Im p e ro c c h é le v a ta s i u n a te m p e s ta n e l g io rn o d o p o la p a r t e n z a , e soffiando un v e n to op* p osto a l l a c o r r e n t e , facea m a n c a r t r a v o r t ic i le a c q u e a l f iu m e , e s b a t te r e le b a rc h e le a n e a l l e a l t r e , t a n to c h e le p iù n e so ffr irono , e ta lu n e a n c o ra d i q u e l le a t r e n t a re m i ne fu ro n o c o n q u a s s a te , seb b en e p o te ro n s i r i d u r r e a l l i d o , p r im a che a f fo n d a sse ro . N e fa b b r ic ò d u n q u e d e l le a l t r e ; m a sp e d i t i de* s o ld a t i p iù le g g ie ­r i n e l p iù in te r n o d e l l a s p ia g g ia p re s e d e g l ’ I n d ia n i ', c h e poi g l i fa ro n o s c o r ta in q n e l v i a g g i o . M a g iu n ­t i ove i l fium e si a l l a r g a , fino a d u g e n to s ta d j n e l la sua l a t i tu d in e p iù g r a n d e ; ecco u n v e n to fieriss im o d i fu o r i d a l m a r e : nè p o ten d o s i o rn a i t r a t t a r ? c h e a g r a n f a t ic a i r e m i , s i r i t i r a r o n o in un sen o in d ic a to d a l l e g u id e . M a q u i p o i s’ e b b e scia a r a d a l riflusso d e l l ’ o c e a n o , p e r c u i le n a v i in a r e n a r o n o . L a v ic e n ­d a com e ig n o ta non so rp re se poco q u e i d i A le s sa n ­d r o , m a più a n c o ra l i s b a l o r d ì , q u a n d o v e n a ta l ’ o r a l e a c q u e t o r n a r o n o , e le b a r c h e l e p iù f ì t te e m e g l io b a s a te su l f a n g o ( so rse ro sen za d a n n o ; ed i l le se g a l ­l e g g ia r o n o e r i n a v ig a ro n o ; la d d o v e le a l t r e r im a s te in s ito p iù a sc iu t to e m en fe rm e d i p o s iz io n e , a l nuovo in o n d a re d e l l ’ a c q u a u r ta ro n o in f r a lo ro o c o n t r a t e r ­r a ; e s i s f r a c e l la ro n o . I l r e f a t te le r i s a r c i r e , secon­d o l a c i r c o s ta n z a , sp e d ì d u e n av i d a c a r ic o p e r esp lo ­r a r e l a iso la a l l a q u a l e i p a e sa n i d a v a n o i l nom e d i C e l l u t a , e d a l l a q u a le d ic e a n o c h e e g l i d o v re b b e f a r c a p o p e r m e t t e r s i n e l l ’ O c e a n o . C o m e se n e n d ì c h e q u e s ta e r a g r a n d e , e ch e in s iem e c i a v e a s ta z io n i p e r n a v i , ed a c q u a i o c o p ia ; s i a d d ir iz z ò t n t t a la f lo t ta a l l ’ iso la: m a esso c o lle b a rc h e m ig l io r i p ro c e d e t te a r ic o n o sc e re se i l fium e l a s c ia v a , dove e n t r a in m a r e , c o m o d a la n av ig az io n e .. A l lo n ta n a to s i c i r c a d u g e n to s ta d j d a l l ’ i s o la , v id e nn* a l t r a is o la io m a r e , e b e n to s to a l l ’ iso la d e l f ium e s i r a v v iò .

14* A p p r o d a to A le ssa n d ro a l l e p u n te d e l l ' iso la p o r ­se sag r if iz io a i N u m i a i q u a l i g l i e r a s ta to c o m a n d a ­to d i p o r g e r lo , secondo c h e esso d icev a d a A m in o n e , e n e l g io rn o ap p re sso sc io lse a l l a v o l ta d e l l ’iso la d e j

m a ro G iu n to v i fe c e p o r iv i de* g a g r i f i z j m a con al-» t r o r i t o , e p e r a l t r i N u m i , d ic h ia r a t i a n c h ’ essi d a l* l ’ o ra c o lo d i A m m o n e . S u p e ra te le foc i d e l l ’ i n d o , co rse i l m a r e , a v e d e r e , e i d ic e v a , ae v i e r a n o a l t r e t e r r e a d esao m a r e v i c in e ; o , co m e c iò non o s t a n t eio c r e d o , p e rc h è ai d iv u lg a sse d i l u i , c h e a v e a n a ­v ig a to so l ’ o c e a n o , a n q o ra d i l à d a l le I n d i e . Sul m a ­r e u cc ise d e ’ to r i a N e t t u n o , e g l ie li lasc iò g iù t r a le o n d e , p e i facen d o l ib a g io n e a l lo D i o , g l i g e t tò p u r t r a l e o n d e in r e n d im e n to d i g r a z ie la c a ra ffa e d i l c r a t e r e d i o r o , e lo su p p lic ò c h e volesse c o n d u r ­g l i s a lv a la f lo t ta c h e id e a v a s p e d ire con N e a r c o fino a l g o lfo d i P e r s ia e d a l l e b o cche d e l l 'E u f r a t e e d e l T i g r i . F a t t o c iò si r ico n d u sse a P a t t à l a , d ove tro v ò f a b b r i c a t a la f o r t e z z a , e g io n to P i tó n e c o l l ’ e s e r c i to , d o p o a v e r e e s e g u i t i t u t t i g l i o r d i n i , co ’ q u a l i e r a • t a to s p e d i to . I n t a n t o in c a r ic a E fe s t io n e d i fo rm a re l ’ a r s e n a le e le s ta z io n i d e l le n a v i ; p e rc h è p en sav a d i l a s c ia r e u n a f lo t ta n o n p ic c o la p resso l a c i t t à d i P a t t à l a d o v e le a c q u e d e l l ’ I n d o si d i v id o n o . P o s c ia e g l i v a so le b a rc h e p e r l’ a l t r o ra m o d e l l ’ In d o v e r ­so i l g r a n m a r e p e r o s se rv a re dove i l fium e v i s i s c a r i c h i , la sc ia n d o lo p iù n a v ig a b i l e . Sono le d u e fa* c i d e l l ’ i n d o lo n ta n e i n f r a lo ro m i l le o t to c e n to sta* d j . N e l l ’ a n d a r e a l l a seco n d a d i q u e s te s i a v v e n n e a d u n a p a l u d e , g r a n d e a fo rm a d i u n seno d i m a r e , f o r m a ta d a l lo e sp a n d e rs i d e l f iu m e , o d a l le a c q u e , c h e v i scendono d ’ o g n ’ in to rn o ; e g i à m a r in i pesci v i s i v ed ean o p iù g r a n d i c h e i pesc i non sono d e l m a r e n o s t r o . A v a n z a to v i s i , q u i v i , a p p u n to d o v e i c o n d o t t ie r i g l i d im o s t r a v a n o , v e rso t e r r a la s c ia L e o n - n a t o co l p iù de* s o ld a t i e t u t t e le n a v i d a c a r i c o . Q u in d i e g l i co n le b i r e m i e con le b a rc h e a t r e n ta r e m i passa l a fo c e , e a co rre e n t ro m a r e ; e v ed e c h e q u e s ta è l a p iù p r a t i c a b i l e d e l le d u e b o cche d e l l ’i n ­d o . V e n u to a l l id o con a lc u n i c a v a l ie r i v i s’ in o l t rò lu n g o il m a r e lo spaz io d i t r e g i t e . C on sid e rò q u a n ­t o u t i l i fossero q u e ’ lu o g h i a c h i n a v ig a v a i n n a n z i , o rd in ò c h e v i cav asse ro d e ’ p o z z i , p e rc h è a p p u n to c h i n a v ig a v a , c i aveaae le a c q u e ; e r iv e n n e a l le n a v i ,

L I B R O

e q u in d i a P a t t i l a . D i q u a s p e d ì p e r l a s p ia g g ia p a r t e d i m iliz ie a la v o r a r e i p o z z i , p re sc r iv e n d o lo ­r o , c h e f o r m a t i l i , to rn a s s e ro a P a t t à l a , e d e g l i n a ­v ig ò d i nuovo v e rso la p a lu d e e fecev i u n a l t r o a r ­s e n a le e d a l t r e s ta z io n i d i n a v i . L a s c ia ta v i g u a r n i ­g i o n e , v i t r a s p o r tò f r u m e n to , b a s te v o le p e r q u a t t r o m e s i , e v i a p p a re c c h iò q u a n to b is o g n a v a p e r l a spe ­d iz io n e .

i 5. E r a d i q u e ’ d ì l a s ta g io n e d isa c c o n c ia a n a v i ­g a r e . Im p e ro c c h é sp irav an o p e r q tìe ’ lu o g h i i v e n t i p e r io d ic i d e l l ’ a n n o , non g i à co m e t r a n o i d a s e t te n ­t r io n e , m a d a m ezzo g io rn o su p e r l ’ o c e a n o ; e l’o ­c e a n o iv i d ic e a s i n a v ig a b i le d a l t r a m o n ta r e d e l le P l e ­i a d i , c h e in s ie m e è p r in c ip io d ’ in v e rn o * fino a l sol­s t iz io in v e rn a le * q u a n d o i l so le d à v o lta ; p e rc h è d i q a e ’ t e m p i , p e r le m o lte p io g g e * sp i ra n o d a t e r r a a u r e f r e sc h e e l e g g i e r e , bon iss im e p e r l a n a v ig az io ­n e , s ia co ’ r e m i , s ia c o lle v e le . P e r t a n to N e a rc o d e ­s t in a to c a p o d e l l a sp ed iz io n e m a r i t t im a , s t e t t e a s p e t ­ta n d o n e 1’ o r a p ro p iz ia ; ed e g l i le v a to s i d a ’ P a t t a l e s i n e a n d ò con t u t t a 1’ a r m a ta su a fino a l f ium e A r a - b i o . Q u i p re so m e tà d e 's o ld a t i con lo s c u d o , m e tà d e g l i a r c i e r i , le t r u p p e d e t te d e g l i A s s e te r i , i l c o r ­p o e q u e s t r e so li to p re c e d e re i s o v r a n i , u n a b a n d a d i c a v a l le r ia d i o g n i p r e f e t tu r a , t u t t i i s a e t t i e r i a c a v a l l o , e la sc ia to ad E fe s t io n e i l r e s to d e l le m iliz ie s’ a d d i r iz z ò d a s in i s t r a lu n g o i l m a re p e r isc a v a re l e a c q u e s icché ab b o n d a sse ro a l l a f l o t t a , c h e e r a p e r n a v ig a r e p iù o l t r e ; e d in s iem e p e r a s s a l i r e d ’ im p ro v ­v iso g l i O r i t i , p o po lo l ib e ro d a t a n to te m p o n e lla I n d i e , p e rc h è non av e a n o fin’ a l lo r a d a to n iu n seg n o d i a m ic iz ia nè a l u i , nè a l l ’ e se rc i to s u o . G i i A ra - b i t i , popo lo a n c h ’ esso in d ip e n d e n te ne’ c o n to rn i d e l f iu m e A r a b i o , non e s tim an d o s i v a le v o li a c o n t r a b b i ­l a n c ia r e A le s s a n d r o , nè v o len d o a l t r o n d e s o g g ia c e r ­g l i , a p p e n a in te se ro che v e n iv a , f u g g iro n o p e d e se r ­t i . E co lu i t r a p a s s a to l ’A r a b io , a n g u s to e po v ero fiu- m ic e l lo , e t ra sc o rso t r a l a n o t te bu o n t r a t t o d i que* d e s e r t i si tro v ò su l n a sce r d e l g io rn o p resso t e r r e a b i t a t e . D a t o com ando a ’ f a n t i d i s e g u i ta r lo i a o rd i -

S E S T O 2o5

® a n e a 3 c o m p a r t ì l e m il iz ie e q u e s t r i a t o r m e , s i c c h é p re n d e s s e ro sp az io p iù ch e p o te a n o , e si g e t tò su l a r e g io n e d e g l i O r i t i . Q u a n t i g l i re s is te ro n o fu r o n o s t r a z i a t i d a q u e s te { o rm e i m o lt i p e rò fu ro n o f a t t i p r i g i o n i e r i .

16. Q u in d i si a c c a m p ò presso d i u n fium ice llo ; q u a n d o p e rò fu ro n o a lu i r ic o n g iu n t i g l i a l t r i d i E f e ­s t i o n e , c o n tin u ò l a m a r c i a . G iu n to a l l ’ a b i t a to p i ù c o n s id e rev o le f r a g l i O r i t i , d e t to R a tn b a c ia , n e a p ­p ro v ò l a s i tu a z io n e , e p a r v e g l i che a r r ic c h i to d i u n a c o lo n ia , d iv e r r e b b e c i t t à g r a n d e e f e l i c e . L a s c ia to E fe ­s tio n e a f a r q n e s to , e g l i s’ in o l t rò con m e tà d e ’ sol­d a t i e o a lo s c n d o , co n m e tà d e g l i A g r i a n i , co l c o r ­p o e q u e s t r e so li to p r e c e d e te i s o v ra n i , e co* « a e t t ie r i a c a v a l lo , v e rso i confin i d e ’ G a d ro s j e d e g l i O r i t i ) d o v e , secondo c h e g l i d ic e v a n o , a n g u s to e r a n e i l t r a n ­s i t o , e v ’ e r a n q u e ’ p o p o l i , p r o n t i su le a r m e p e r co n ­t r a s t a r g l i e l o . E ss i e ra n o g ià c o m p a r t i t i n e ’ p o s t i , m a n o n s ì to s to u d iro n o che v e n iv a , la s c ia t i i p o s ti e l a

Su a r d i a , fu g g iro n o d a q u e l l i s t r e t t i . C osì l i c o m a n - a n t i d e g l i O r i t i v e n n e ro , e so tto m ise ro a d A lessan ­

d r o se s te ss i e d i l popo lo lo r o ; e d A le ssa n d ro im p o ­se che r ic h ia m a s s e ro , e ra v v ia s s e ro q u e s to lo r popo lo a l le a n t ic h e s e d i , p e ro c c h é n ie n te n e s o f f r i r e b b e . D i à lo ro A p o llo fa n e p e r S a t ra p o ; e la sc iò co n esso L eo n - n a t o , r e g ia g u a rd ia d e l c o r p o , i q u a l i ten esse ro in O ri t u t t i g l i A g r i a o i , p a r t e d i a r c ie r i e d i c a v a l ie r i ; e d a l t r i f a n t i , e c a v a l ie r i m e rc e n a r j d i G r e c i a : a s p e t ­ta s s e ro la flo tta finché n a v ig a to avesse in to rn o la r e ­g io n e , fo rm asse ro l a c i t t à cq’ novi co lo n i ; ed o rd i ­n asse ro s o p r a t tu t to g l i O r i t i , o nde u b b id isse ro a l Sa» t r a p o . I n t a n to e g l i p e r essersi a lu i g ià r iu n i to E fe ­s tio n e con le a l t r e m i l i z i e , p ro ced è c o n fo rze v a lid e tra* G a d ro s j i q u a l i h a n paesi p e r lo p iù d e s e r t i . A r i- a tobolo sc r iv e c h e in t a i d e s e r t i p aes i a l l ig n a n o p ia a - t e d i m i r r a , le p iù g r a n d i ch e o v u n q u e : e ch e i F e ­n i c i , i q u a l i seg u iv an o l ’ e se rc i to p e r tra f f ic o , r a c ­co lse ro d i t a l m i r r a la l a g r im a , a ssa i copiosa p e rc h è s t i l l a n te d a r a m i g r a n d i , nè racco ltav i m ai p e r l’ a d ­d i e t r o , e n e c a r ic a ro n o i g iu m e n t i . E sc r iv e a n c o ra

2o6 L I B R O

S E S T O 2 c yc h e a b b o n d a n t is s im e iv i s o n o , e g r a t i s s im e d i o do re le r a d ic i d e l n a r d o , e c h e p e r c i ò , l i F e n ic i ne r a m ­m a ssa ro n o : c h e l ' e s e rc i to ( t a n te ve ne sono ! ) ne ca l­p e s tò m o ltiss im e , e c a lp e s ta te sp ira ro n o f r a g r a n z a soav issim a i n to r n o , a g r a n d i i n te r v a l l i . Secondo lu i c i h a p n re a l t r i a lb e r i s im ili a l l a u ro n e l le f r o n d i ,i q u a l i nascono in s i t i in o n d a t i d a l flusso d e l m a r e , p o i q u a n d o i l m a re sen t o r n a , re s ta o s i n e l l ’ a s c iu t to . B a g n a n e a n c o r l’ o n d a co l g iu n g e re s u o , q u a n t i n e c re sc o n o in concavo lu o g o , n è ' po i r i t i r a s i d i q u iv i L’ o n d a , e p p u r non m a rc isc o n o . L e v a n s i essi fin t r e n ­t a c u b i t i in a l to , e p e r a v v e n tu ra a p p u n to in q u e l la s ta g io n e m e ttev an o i f io r i , s im iliss im i a l le b ia n c h e v io le , m a più d e liz io s i d i o d o r e . I v i « p u n ta d a u n a s p in a u n g e rm o g l io , sp inoso a n c h ’ esso , e t a n to te ­n a c e , che se im p lic a s i a l la veste d i u n c a v a l i e r o , in ­n an z i che r o m p e r s i , t r a e lo d i c a v a l lo . E se le p r i v i p a ssa n c o r re n d o se n e im p a c c ia n o i p e li a l l e s p i n e ; e c o t i vi son p re s i com e g l i u c c e l l i d a l v isc h io , o li p esc i d a l l ’ a m o . N o n è d iffic ile r e c id e re le sp ine co l f e r r o , e r e c i s e le , s t i l la n e d a l g a m b o nn u m o re p iù copioso che d a ’ fichi n e l la p r i m a v e r a , e p iù m o rd e n ­t e a n c o r a .

17. O r d a in d i A le ssa n d ro a n d ò f r a le t e r r e d e ’ G a - d ro s j p e r vie d i s a g ia te , p en u r io se , e p iù v o lte fino d e l l ’ a c q u a p e ’ s o ld a t i . E g l i f a n ecess ita to a v ia g g ia re b u o n t r a t t o Bella n o t t e , n lo n ta n o d a l m a r i , q u a n ­tu n q u e a ssa i d e s id e ra sse v ia g g ia rv i d a presso , p e r v is i ta rn e i p o r t i se v ’ e r a n o , e p r e p a r a r e in p assan d o q u a n to o c c o r re re b b e a l la f l o t t a , p o z z i , m e rc a t i , 0 r i c e t t i d i n a v i . Im p e ro c c h é le m a re m m e d e ’ G a d ro s j e ra n o d a p e r tu t to d e se r te . E g l i d u n q u e vi sp e d ì co n p o c h i c a v a l ie r i T o a n te d i M a n d ro d o ro p e r e sa ­m in a r e se a v eac i p o r t i , se a c q u e non lo n ta n e d a l m a re ,o ta l a l t r a cosa b iso g n e v o le . E cos tu i to rn a n d o a n n u n ­c iò ch e a v e a t ro v a t i su l lido p o ch i p e sc a to r i in te n u i c a s e t te , fo rm a te con p a r e t i d i c o n c h ig l ie , e co n t e t ­t i d i «p ine d i pesci ( 1 ) . c h e u savano sc a rsa l ’a c q u a ,

fi) Curzio nel libro nono al paragrafo X X X II. dice ; Tuiaria conchis et eaeleris purgamentis marii instruunt.

b o 8 L I B R Òc a c a ta a s te n to t r a le s a b b ie , e q u e s ta n e m m e n o d o l c e in t u t t o . C o m e d u n q u e A le s s a n d ro g iu n se in l u o g o d e l l a G a d ro s ia d o v e i l g r a n o in p ro p o rz io n e a b b o n ­d a v a , lo p re s e , lo c o m p a r t ì p e r s a l m e , lo v incolò c o l p ro p r io s ig i l l o , e feeelo t r a s p o r ta r e co’ g iu m e n t i a l . m a r e . M a in ta n to e h ’ e g l i a n d a v a a d u n a s t a z io n e p ro ss im a a l m a r e , i so ld a ti poco te n n e ro c o n to de* s ig i l l i , e le g u a r d ie stesse u sa ro n o d e l g r a n o > e n e d ie d e ro a q u a n t i so firivan l a fa m e . Q u e s to m a l e ta n to i n c a l z a v a , c h e p a r v e lo ro c h e do v esse ro v a lu ­t a r e un p e r ic o lo m a n ife s to e p r e s e n te , p iù d e l l ’ a l ­t r o in c e r to e lo n ta n o p e r A le s s a n d r o ; e d A le s s a n d ro co nosc iu ta l ’ u r g e n z a , co n d o n ò l 'o p e r a t o . Q u in d i e g l i r a c c o l to i l g r a n o ch e p o tè p e r l a r e g io n e t r a s c o rs a fe p o r ta r lo d a C r a t e C a l la z ia n o p e r l a f lo tta c h e n a ­v ig a v a co ll’ a r m a t a . Im p o se in s iem e a ’ n a z io n a l i , c h e racco g lie sse ro d a ’ p a e s i p iù in n a n z i i l f ru m e n to c h e p o te a n o , e lo m ac in asse ro e re c a s s e ro , e c h e reca»* se ro a n c h e f r u t t i d i p a lm e e peco re a v e n d e re p e r l a m i l iz ia , sp e d ì T e le f o , l ’ a m ic o s u o , con f a r i n a , m a non m o lta in a l t r o lu o g o ; ed e g l i p ro c e d e t te v e r s o l a r e g g i» d e ’ G a d r o s i , i l lu o g o d e l la q u a le c h ia m a - vasi P u r a , e v i p e rv e n n e n e l sessan tesim o g io r n o d e l la su a p a r te n z a d a O r i .

) 8. D ic o n o g l i .s to ric i d i A le s sa n d ro c h e t a t t i i di-» s ag i d e l l 'e s e r c i to in A s ia non sono d a p a ra g o n a re co n g l i a l t r i d i q u e s t i g io r n i . E g l i s’ in c a m m in ò p e r q u e ­s t i lu o g h i non p e rc h è ne ig n o ra s se l a difficoltà , m a p e rc h è a d i to a v e a , secondo che sc r iv e N e a rc o solo , ch e n iuno v ’ e r a fin a l lo r a p a ssa to sa lvo co ll’ e se rc i ­t o , se non S e m ira m id e nel f u g g i r e d a l le I n d i e . E d i- cean o i p aesan i ch e e r a n e s c a m p a ta , con v e n t i soli d e l l ’ a r m a t a , é ch e C iro i l f ig lio d i C a m b ise e r a n e s c a m p a to con se t te a p p e n a , q u a n d o v en n ev i p e r p io m ­b a re su le In d ie . Im p e ro c c h é so rp re s i d a l l a so li tu d i ­n e , e d a l la p e o u r ia vi ro v in a ro n o q u a s i t u t t a l ’ a r ­m a ta . E c c i ta ro n o t a l i r a c c o n t i A le s sa n d ro a g a r e g ­g ia r e con C iro e con S e m ir a m id e , e p e r q u e s to , se­co n d o N e a rc o si m ise p u r e g l i in ta i l u o g h i , com e a n c o ra p e r s u p p l i r e v ic ino a i b iso g n i d e l ia f i o t t a . M a

1’ a r d o r e d e ' r a g g i , e l a sc a rsé z z a d e l le a c q u e r if in ì g r a n p a r t e d i e s e r c i to , s o p r a t tu t to d i g iu m e n t i . V e ­n iv a n o m en o p e r l a p r o fo n d i tà d e l le a r e n e , e d e i c a l o r i , p e r lo p iù b r u c i a n t i , e d e l la s e te . Im p e ro c ­c h é c a p i t a t i su c u m o li a l t i d i s a b b ie a m m a ssa te v i s’im m e r g e v a n o , com e c a m m in a sse r su l f a n g o , o su l a n ev e non p e s ta a n c o r a . £ ca v a ll i e m u li assa i p iù v i soffrivano n e l s a l i r v i , o d isc e n d e rn e p e r la in e g u a ­g l ia n z a d e ’ pass i m a l fe rm i . N è poco noceva a l l ’ e - s e rc i to la lu n g h e z z a d e l le m a r c e ; ed a p r o lu n g a r le io d u c e v a la p e n u r ia s p ro p o rz io n a ta d e lle a c q u e . Se i l c a m m in o che av e a s i a f a re c o m p i ta s i t r a l a n o t t e , e su i ’ a lb a t ro v a v a n s i p resso le a c q u e ; non r e s ta ­vano ta n to m a lc o n c i : m a se a v a n z a ta s i i l g io rn o e l i s o rp re n d e a t r a v ia , p e rc h è t r o p p a ne e r a ia e s te n ­s io n e , a l lo r a s ì ne soccom bevano v i t t im a d e i g r a n d i c a lo r i e d e l la se te i m p la c à b i l e . £ p iù v o lte 1’ e cc i ­d io d e l le b e s t ie d a c a r ic o e ra v o lo n ta r io ; p e rc h è i so ld a t i v ed en d o s i m a n c a re i l g r a n o , m ac e lla v a n o c a ­v a l l i e m u l i , e sen c ib a v a n o , e po i li d ic e a n o m o r t i p e r i » s e t e , o p e l c a ld o . £ n iu n v’ e ra ohe s in c e ra s ­se il f a t to ; p e rc h è tu t t i avvo lgeansi in co lpe consi­m i l i . N o n ig n o ra v a A le s sa n d ro q u a n to p ra t ic a v n s i ; m a g l i p a r e a p iù s a lu tev o le m o s t ra re d i non s a p e ­r e , ch e m o s t ra r d i s a p e r e , e ta c e r s i .

19. A d u n q u e non e r a o rnai fa c i le t r a s p o r ta r e g l ' i n ­f e rm i d e l l ’ e s e r c i to , n è i la s c ia t i in d ie t ro p e r la s ta n ­ch ezza . Im p e ro c c h é ne e ra s e g u i ta ta sca rsezza d i g i u ­m e n t i ; ed essi stessi a v e a n o d is f a t t i i c a r r i , im p a s ­s ib i l i a t i r a r s i f r a t a n to m asso d i a re n e . A g g iu n g i ch e n e lle p r im e m a rc e e ra n o p e r ta le ostaco lo s ta t i c o s t r e t t i a te n e r e non le v ie le più b r e v i , m a le p iù c o m o d e a i c a r r i ; e p e r q u e s to m o l t i e r a n o s t a t i l a ­s c ia t i t r a ’l v ia g g io p e r ia m a l a t t i a , e m o lt i p e rc h è non p iù ne p o te a n o p e r la s t a n c h e z z a , o pe l c a ld o , nè p e r la s e te . C o s ì non c i av e a n è ch i l i t r a s p o r ­ta s s e , nè ch i l i c u ra s s e . £ l ’ a r m a t a a n d a v a . a g r a n f r e t t a ; e n e llo z e la re l a s a lu te p u b b l ic a t r a s c u ra s i d i necessità l a p r i v a t a . Se ta lu n i p e l t ro p p o v ia g g ia ­r e d i n o tte r im a n e a n o v in t i d a l sonno p e r i s t r a d a ,

A k r i a n o . 14

’ S E S T O 2og

aio L I B R Op o i r i s v e g l i a t i , a n d a v a n o p u rc h é av esse ro l e n a , su l e t r a c c e d e l l ’ e s e r c i t o } m a p o ch i lo r a g g iu n g e v a n o ; p e r c h é s’ in ab issav an o com e in on p e la g o t r a le a r e ­n e ; e vi p e r iv a n o . S o p ra v v e n n e a n c h e u n ’ a l t r a s c i a ­g u r a la q u a le m a lm en ò le m il iz ie n o m m e n o , c h e i c a v a l l i e i g iu m e n t i . C om e n e lle I n d i e ; a l lo s p i r a r e d e ’ v e n t i -p e r io d ic i p iove t r a ’ G a d r o s j , non g ià n e l l e p ia n u r e ) m a n e ’ m o n t i , p e rc h è iv i sono in c a lz a te d . i l v e n to le n u v o le , e d a n p io g g ia , nè s’ in a lz a n o s o p r a le c im e d i e s s i . A tte n d a v a S i l ’ e se rc ito p e r c o m o d i tà d e l le a c q u e p resso d i u n t o r r e n t e , c h e p o v e ro a l l o r a n e e r a , q u a n d o ecco c i r c a la seconda v ig i l ia d e l l a n o t te gon fia rsene la c o r re n te p e r p io g g ie non v i s t e , e sb o c c a rn e con t a l p i e n a , c h e d is t ru s se in g ra n p a r ­t e le d o n n e e i f a n c iu l l i d i s e g u i to , e d isp e rse i l b a ­g a g l io r e a le co’ g iu m e n t i ch e vi r im a n e v a n o ; sa lv a n e dosene a s t e n t o , i s o ld a t i co lle a r m i , e non t u t t e . A ta n ta c o p ia d i a c q u e i p iù ne b ev e tto n o s c a l d a t i , a s s e t a t i , se n z a p a u sa t r a ’l b e r e ; e ne p e r i r o n o . D a l l ’ o ra in po i A le s s a n d ro p e r o rd in a r io non p iù s i accam p ò v ic ino a l le a c q u e , m a lo n ta n o a lm en o v e n ­t i s ta d j , affinchè non co rre sse ro in fo lla a d is o rb i ­ta r v i e p e r i r n e so ld a ti e g iu m e n t i , nè m e tte sse ro i p iè t r a le fo n ti e le c o r r e n t i , e le tu rb a sse ro a l r e ­s to d e l l ’ a r m a t a .

20. £ q u i non p a rm i d a tace re i n o v a z io n e , g lo r io ­sa q u a n to a l t r a m iù , p e r e s s o , p r a t i c a ta in q u e s ta s o l i tu d in e , o , com e a l t r i sc r iv o n o , p r im a t r a ’ P a r a - p a m is a d i . A d u n q u e si d i c e , ch e l ’ e se rc ito m a rc iò p e r un t r a t t o ia m ezzo d i a r e n e e d i a u r e in fiam m a­t e , e che m a rc ia r v i d o v e tte p e r a v e rn e le a c q u e le q u a l i non e ra n o lo n ta n e d i s t r a d a : c h e i l re c o m p re ­so nom m eno d a l la s e te , v’ a u d ò p u r e g l i a p iede con fa t ic a e p e n a , affinchè g l i a l t r i soffrissero p iù d i buon a n im o com e s ieg u e n e lla c o m u n a n z a d e l d i s a g io ; che in ta n to a lc u n i so ld a ti l e g g e r i , d e v ia t is i d a l l 'e s e r c i to in c e rc a d e l l ’a c q u a , ne t ro v a ro n o in q u a lc h e cop ia in u n fo sso , sca tu re n d o v e n e u n a ven a p icc io la e m al­s a n a , e r a c c o l to n e , to rn a ro n o d i volo a l u i , com e a p o r t a r g l i un g r a n d o n o : c h e a v v ic in a t ig l i - v e r s a r o n o

S E S T O 311l ’ a c q u a n e l l ’ e lm o e g l ie l a o f f r i r o n o , e che eg li ltt r ic e v e t te e g l i encom iò ; m a r ic e v u ta la a p p e n a la e - s p a n d è su la t e r r a in v is ta d i t u t t i ; c h e p e r ta l a t to r ip r e s e ta n to s p i r i to l ’ a r m a t a ; che a l t r i c o n cp p ireb - h e ch e l ’ a c q u a v e r s a ta d a lu i fu b ev an d a d i t u t t i . O r a io lodo q u e s to t r o t to q u a n to a l t r o m a i , d i A les- a a n d ro , com e un sa g g io d e lla to l l e r a n z a , e d e g l i e - sem pj lum inosi d i un c a p u a n o a ’ s o ld a t i .

21 . I n q u e ’luogh i a c c a d d e p u r q u e s to a l l 'e s e r c i t o . L e sco rte infine d issero d i non r i c o r d a r più la v i a , s p a r i t a p e l soffiare d e l v e n to ; g iu c c h è diffusevisi p e r t a t t o a r e n e in co p ia ed e g u a lm e n te , non av e a n o p iù seg n i d a r ic o n o s c e r la ; nè lu n g o d i essa vi e ra n a lb e ­r i , nè a l tu r e e m in e n t i e c o s ta n t i r nè marcavi* no essii v ia g g i d i n o tte con r a p p o r to a g l i a s t r i , e d i g io r ­n o con r a p p o r to a l s o le , com e i nocch ie ri ciò fan co l­l e O r s e , i F e n ic i c o lla m in o r e , e g l i a l t r i c o lla m a g ­g i o r e . A g g iu n g o n o ch e iv i A le s sa n d ro concependo ch e aveasi, a p ie g a r e a s i n i s t r a , p re se con se t a lu n i c a v a l i e r i , e v i p r o c e d e t t e : m a che spossa tis i poi lo ­ro i c a v a l l i p e l c a ld o , t r a la s c iò li p iù d i e s s i , e t r a ­scorse con c in q u e in t u t t i , e scoperse i l m a re : ch e «cavando t r a le p ie tru z z o le d e lla s p ia g g ia si s c o n trò con a c q u a d o lce e l im p id a : e c o n fo r ta to s i d i q u e s t’a c ­q u a i l re s to d e l la m il iz ia ; v en n e in s e t te g io rn i a l m a r e : c h e d a in d i , sa p e n d o ornai le g u id e i l c a m m i­n o , s’ in d ir iz z a ro n o e n t ro t e r r a .

G iu n to a l l a r e g g ia de’ G a d ro s j v i riposò 1’ e se rc i to : e t r o v a to A pollof 'ane t r a s c u r a to in tu t t o pe’ suoi co ­m a n d i ; lo sp o g liò d e l la S a t r a p i a , so s ti tu e n d o g li T o - a n t e , i l q u a le m o rto po i d i m a la t t ia » e b b e Siaurzio p e r s u c c e s s o re . E r a a co6tui s ta ta d i fresco a ff id a ta la s a t r a p ia d e l l a G a r m a n ia ; e d o ra q u e l la g l i si d ie ­d e d e g l i A raco e j e d e ’ G a d r o s j . T l ip o le m a d i P ilo fa - n e o t te n n e l a G a r m a n ia ; a n z i a l l a C n rm an i» g ià s’ in o l t r a v a lo stesso m o n a r c a . I n ta n to u d ì che F i l ip ­p o , S a t ra p o n e lle I n d ie e r a s ta to v i t t im a d e l le in s i­d ie d e ’ m e r c e n a r j : m a ch e i M ace d o n i c h e facean o l a g u a r d ia d i lu i av e a n o uccisa p a r te d i essi u r i f a t ­t o , e p a r t e a r r e s ta n d o l i in s e g u i to . C o n o sc iu to ciò*

scrisse n e l le I n d ie a d E u d e tn o e T a s s i le a ffinchè p r e n ­desse ro c u r a d e ’ p aes i g o v e rn a t i g i à d a F i l i p p o , i n ­aino a t a n to che v i sp e d ire b b e i l S a t r a p o n u o v o . E n ­t r a to A le ssa n d ro n e l la G a rm a u ia v e n n e a lu i C r a t è - r o , e g l i condusse le a l t r e m i l i z i e , g l i e l e f a n t i , e d O r d o n e , a r r e s ta to c o m e r i b e l l e , e m o to re d i n u o v e c o se . Q u i p u r v en n e S ta sa n o re i l s a tra p o d e g l i A r j , e d e ’ Z a r a n g h i , e co n essi a n c o ra F a r is m a n e il f ig l io d i F r a t a f e r n e s a tra p o d e g l’ I r c a n i e d e ’ P a r t i . V e n ­n e ro i c a p i ta n i la sc ia t i co n P a rm e n io n e n e l l ’ a r m a t a d e l la M e d i a , e O le a n d r o , e S ita lce , e d E r a c o n e , e t u t t i co n m o lta m i l i z i a . G l e a n d r o , e S ita lce c a r ic h i d a p o p o li e s o ld a t i lo ro d e l le in co lp a z io n i d i a v e re s p o g l i a t i t e m p l i , s c o p e rc h ia t i a n t ic h i s e p o lc r i , e com ­m ess i a l t r i a t t e n t a t i in g iu s t i e d e p lo r a b i l i , fu ro n o d a lu i c o n d a n n a t i a m o r t e , affinchè tem essero p e r u g u a ­l i d e l i t t i , se n e f a c e a n o , e g u a l i p e n e , an ch e g l i a l ­t r i g io d ic i , e p r e f e t t i , e s a t r a p i . O r q u e s to c h e tò n e l la su b o rd in a z io n e i p o p o li d a t is i d i f o r z a , o sp o n ­ta n e a m e n te i q u a l i e ra n o ta n t i e t a n to in fra lo ro lo n ­t a n i ; im p e ro c c h é non si p o te a so tto A le ssa n d ro g o ­v e r n a r e ed o p p r im e re im p u n e m e n te . E ra c o n e si r i ­to lse p e r a l lo r a a l le im p u ta z io n i ; m a c o n v in to poco a p p re sso d a ’ S as ian i d i a v e r sa c c h e g g ia to il tem p io lo ro , so g g ia c q u e a n c h ’ esso a l l e p en e .

22 . S ta s a n o re e F r a t a f e r n e a l s a p e re che e g l i pas- eava t r a ’ G a d r o s j , p re v e d e n d o c h e l ’ e se rc i to in c o r r e ­r e b b e ne’ d is a s t r i ne’ q u a l i i n c o r s e , v e n n e r o , e con­dussero a d A le ssa n d ro m o l t i tu d in e d i g iu m e n t i e d i c a m e l i . O r v e n n e ro a p p ro p o a i to n o m m en essi ch e i g iu m e n t i , e i c a m e l i . E d eg li secondo c h e g l ie n v e ­n iv a n o , d isp en sav a c a m e li e g iu m e n t i t r a ’ c o m a n d a ­t i , q u a n d o secondo i l n u m e ro d e ’ c o m a n d a n t i , q u a n ­d o secondo i l n u m e ro d e l le s q u a d r e , o d e lle c e n tu ­r i e , o d e l le c o o r t i l o r o . A lc u n i sc riv o n o a n c o r a , nèio penso che sc r iv a n o i l v e r o , che e g l i co n g iu n g esse du e c a r r i , e ch e v i si a d a g ia s se co n g li a m ic i , e se ­d endosi t r a m e lo d ie l ie te v iag g iasse p e r la C a r m a - n i a , s eg u ito d a m iliz ie ch e in c o ro n a te b a l la v a n o e c a r o l a v a n o , e tro v a v a n o su le v ie c ib i e d e l iz ie , a p -

Ai a L I B R O

p a r e c c h ia te v i d a ’ C a r m a n i . È c iò d ic o n o c h e e g l i f a ­cesse p e r so m ig l ia re i t r i p a d j d i B acco i l q u a l e , e r a f a m a , ch e d e b e l la te le I n d i e , avesse tra sc o rso in t a l m o d o g r a n p a r t e d e l l ’A s ia : c h e ta le fe s teg g iam en to f a s o p ra n n o m in a to i l t r io n fo d i B a c c o , e c h e dal* l ’ o ra in po i tr io n f i p u r si c h ia m a ro n o t u t t e l e p o m ­p e m e n a te p e r v in te b a t t a g l i e . M a n è T o lo m m e o , n è A r i s to b o lo , n è a l t r i , a u to re v o l i a p p i e n o , sc r iv o n t a l cosa ; e d io co n te n to m i sc r iv e r la com e non d e g n a d i f e d e . A g g iu n g o p e r ò co n A ris to b o lo ch e e g l i n e l ­l a G a rm a n ia fece sag r if iz j d i r i n g r a z ia m e n to , e s p e t ­ta c o l i m u s ica li e g in n ic i p e r l e v i t to r ie d e lle I n d i e , e p e r 1’ e se rc i to u sc i to sa lvo d a ' G a d ro s j *, ch e r iso lu ­t o d i s c e g l ie re P e u c e s ta p e r s a t r a p o d e l la P e r s i d e ,10 c re ò re g ia g u a r d i a d e l c o r p o , p e r non d e f r a u d a ­r e p r im a n em m en o d i q u e s t ’ o n o r e , e p e g n o d i c o n ­f idenza lu i t a n to b e n e m e r i to p e r le o p e re sue t r a ’ M a l­l i . Secondo A r is to b o lo e ra n o fin a l lo r a s e t te le g u a r ­d ie d e l c o rp o : L e o n n a to f ig lio d i A n te o , E fe s tio n e d i A m i n t o r e , L is im a c o d i A g a to c le , e d A r is to n e d i P is e o t u t t i P e lle s i ( 1 ) ; P e rd ic c a f ig lio d i O ro n te d e l ­l a P re s t id e ( 2 ) , T o lo m m e o d i L a g o , e P i to n e fig lio d i G ra te o E o rd e i (3) ; e d o ra la o t ta v a g u a r d i a si e b b e in P eu ces ta , in q u e l lo , c h e a v e a p ro te t to co l lo scudo A le s s a n d ro . I n t a n t o N e a r c o a n d a to p e r m a r e in to rn o a g l i O r e i , a i G a d r o s j , e d a g l i I t t i o f a ­g i , p re se t e r r a n e l la s p ia g g ia a b i t a t a d e l l a G a rm a ­n i a , e d i là v en n e con a l q u a n t i , e d espose a d A le s ­s a n d r o q u a n to a v e a fa t to in q u e l l a n a v ig a z io n e p e l m a r e , e s te r io re a l le I n d i e . A le s s a n d ro lo r in v iò p e r ­chè nav ig asse a n c o ra fino a l l a S u s ia n a e d a l l e bo c ­c h e d e l T i g r i . M a co m e a n d ò 1» n av ig a z io n e d a l fium e I n d o , fino a l g o lfo P e r s ic o , éd a l l e bocche d e l T i g r i , s a r à d a m e r a c c o n ta to in l ib ro a p p a r to

(1) Di Pelle , patria di F ilip p o > e di Alessandro.(2) Provincia della Macedonia verso il mare Adriatico fra gli E lim io ti a

settentrione e l ' Epiro a mezzogiorno dal quale era diviso pe 'm onti Acroce-rauni.

(!) Detti ancora Eordeatl : dipartimento della Macedonia Occidentale verso11 fiume A o o . Secondo alcuni abitavano nella parte di Albani» medi terranea , detta poi Tnmoriza.

S E S T O ai3

2 i 4 l i b r o

su la ficorta eli N e a r c o m e d e s im o , d e l q u a le s u s s i s t a tino s c r i t to g re c o in to rn o d i A le s sa n d ro : c iocché i o f a rò d ip o i q u a n d o i l b u o n g e n io e l’ a n im o m io m i p o r r a n su l a im p r e s a .

23. O r q u i A le s sa n d ro im p o n e a d E fe s tio n e ch e v a ­d a co l più d e l l ’ e s e r c i to , c o 'g i u m e n t i e con g l i e l e ­f a n t i , lu n g o i l m a re d a l l a G e rm a n ia n e l la P e rs in ; p e r c h è d a v a s i q u e l v ia g g io n e ll’ in v e rn o ; e n e l l ’ i n ­v e rn o la m a re m m a d i P e rs ia é m i t e , e r ic c a d i t u t ­t o . I n ta n to r i m i m ia S ta san o re n e lla sua p r o v i n c i a , c d e g l i c o lla f i n t e r i a l e g g i e r a , co l r e a i se g u ito n c a ­v a l lo , e con p a r te d e ’ s a e t t i e r i m a rc i i c o n t r o d i P a - « ftrgada d e l la P e rs id e . G iu n to a ’ con lin i d i q u e s t a , t r o v i ch e non più e ra v i s a t r a p o F r a s a o r t e , m o r to d i m a l a t t i a fin d a l l ’ o r a c h e i l r e v ia g g ia v a p e r le J a - d i e , m a c h e O rs in e la r e g g e v a : non p e rc h é d e p u ta ­to v i d a A le ssa n d ro m a p e rc h è m an can d o v i o g n i p r e ­s id e , non is t im ò cosa in d e g n a d i c o n se rv a rg l i in b u o n o rd in e i P e r s ia n i . A t r o b a te S a t ra p o d e l l a M e d ia c o u - dus»»gli a P a s s a rg a d a p r ig io n ie ro B a ria sse M edo, p e r ­c h è c in to s i a l c ap o i l reg io d i a d e m a , in t i to la v a s i r e d e l la M e d ia e d e l la P e r s i a , e c o n esso i p a r t ig ia n i d e l c a m b ia m e n to e d e l la r i v o l t a ; ed A lessan d ro fe - c e l i t u t t i u c c id e re . S e n t ì p e rò d o lo re d e l l ’ a t t e n ta to f a t t o su la to m b a d i C i r o , f ig lio d i G a m b is e , t r o ­v a t a l a , c o m e d ic e A r i s to b o lo , r o t t a e s p o g l i a t a . E g l i s c r iv e c h e i a P a s s a rg a d a s ta v a i l M onum ento d i G i­r o n e l l ’ o r to r e g io : che ia to r n o a l m o n u m e n to u n bosco so rg e v a con p ia n te d i o g n i g u i s a : ch e ru sce l­l e t t i s e rp e g g ia v a n p e r l ’ o r t o , e c h e la t e r r a in n a f ­f ia ta n e sc h iu d e v a s i in e rb e r ig o g lio se : ch e q u e l se­p o lc ro la v o ra to con sassi q u a d r i l a t e r i ab b asso in for* m a d i un q u a d r a t o , ven iva p o i c re scen d o e ch iu d e n ­do si com e p icco la c a s a , d i sassi a n c h ’ essa , a l la q u a ­le d a v a l ' a d i to una p o r t i c i n a , p e n e t r a b i l e co n m o l­to d isag io d a un uom o s o l o , e non g r a n d e : ch e d en ­t r o la p icc io la ca sa e r a 1’ a u r e a u r n a co i c a d a v e re d i G iro , e c o l l ’ u rn a i l leLto tu t to d i o ro n e ’ p ied i ; c h e so tto a q u e s to e r a steso un ta p p e to b a b i l o n i o ; e «o tto a l ta p p e to un d r a p p o v illoso d i p o r p o r a . M a

S E S T O 2 1 $c h e s o p ra d i esso le t to e r a la c a n d ì r e g ia ( l ) ed a l ­t r e v e s t i , la v o ro d i B a b i lo n ia , e d i fe m o ra l i a l l a M e d a , e s o t ta n e a c o lo re d i g ia c in to ; e q u a l ve n ’ e r a b r i l l a n te d i p o rp o ra , e q u a l d ’ a l t r o lu m e : e c o l l a n e , e b r a n d i , ed o rn a m e n t i d i o ro e d i g e m m e p e r le o r e c c h ie , ed u n a m en sa in f in e : e c h e su ne l m e z z o d e l le t to posava 1’ u r n a , l a q u a le i l c a d a v e re c o n te n e v a d i G i r o . G he d e n t r o i l r e c in to a p p iè l a sc a la , p e r l a q u a le sa liscesi a l l ’ u r n a , e r a v i u n a m a- g io n c e l la pe’ M a g i i q u a l i c u s to d iv an o G iro infino d a C a m b ise fig lio d i e s s o , e r e d i ta n d o n e i f ig li d o p o i p n d r i l a c u s to d ia ; e d a q u e s t i i l re d a v a o g n i g io r ­n o una p e c o r a , e p o rz io n d e s t in a ta d i f a r in a e d i v in o , ed o g n i m ese u a c a v a l lo , affinchè sag rif icasse - r o a G i r o . A l sep o lc ro e ra n o s o p ra s c r i t t e le t te re P e r ­s ia n e c h e d a v a n o q u e s ta s e n te n z a : O U O M O : I O S O N O C I R O D I C A M B I S E : Q U E L L O C H E F O N ­D A I L ’ I M P E k O A ’ P E R S I A N I E S I G N O R E G ­G I A I L ’ A S I A . O R A N O N M ’ I N V I D I A R E Q U E ­S T O S E P O L C R O .

24. N o n d im e n o A le s sa n d ro i l q u a le v o lg ev a in p e n ­s ie ro d i e n t r a r e in q u e l la to m b a fin d a l l ’ o ra che p re se i P e r s i a n i , t r o v a n e in v o la ta o g n i c o s a ; eccet* tu a ta n e l’ n r n a ed il l e t to : ed i l c a d a v e re , lo a v e a - n o p ro fa n a to p u r e s so ; s c o p e rc h ia n d o l ’ u r n a , e t r a - b a lz a n d o n e lo . A n z i a v e a n o p u r t e n t a to r e n d e r 1’ u r ­n a m en g ra v e e p iù t r a s p o r t a b i l e , ta g l ia n d o e f r a ­c a s s a n d o : m a non r iu s c i t iv i , ed a b b a n d o n a ta la t u t t a m a lc o n c ia , se n ’ e r a n p a r t i t i . A r is to b o lo sc riv e d i es­s e re s ta to in c a r ic a to e g l i s tesso a r i p r i s t in a r e i l se ­p o lc ro d i C iro , e ch e le m e m b ra a n c o r sa lve d e l c a ­d a v e re d i lu i fu ro n o r ic o llo c a te n e l l ’ n r n a , e 1’ u r n a r i c o p e r c h i a t a , e r ip r o d o t t a in q u a n to e r a offesa : ch e i l le t to v i fu r ic in to d i s e r t i , e d in s o m m a , v i fu r im esso q u a n to e r a v i d i o r n a m e n t i , e tu t t o s im ile a g l i a n t i c h i ; e c h e f in a lm en te to lse la p o r t ic in a d e l p ic c io lo e d i l iz io , r i n tu r a a d o la c o n sassi e c a l c i n a , •

(1) Vestimento persiano fecondo che attesta P o lla re , e secondo che li conosce <h Senofonte.

2 1 6 L I B R O S E S T Osta m p a n d o v i so p ra i l re g io s ig i l lo . Q u in d i A le s s a n ­d r o fe r iu n i r e e p r e m e re co’ to r m e n t i i M a g i , c h e e r a n o c u s to d i d e l s e p o lc ro , affi ockè sve lassero g l i a Et­to r i d i t a n ta s c e l le ra g g in e ; m a n ie n te n è d i se s v e la ­ro n o n è d i a l t r i con tu t t i i to r m e n t i , n è p o te r o n o p e r a l t r o m ezzo esse r c o n v in t i c o m e c o m p l ic i , e f u - ro n l a s c i a t i . D i l à r iv e n n e a l la r e g g ia de* P e r s i a n i g i à f a t ta in c e n d ia re d a l u i : c iocché io d i c o , p e r c h è n è io a p p ro v o u n ta l f a t t o , n è lo a p p ro v ò p u r e A - le s sa n d ro stesso in q u e s to r i t o r n o . A ssai s i r e c la m ò d a ’ P e r s ia n i c o n tro d i O rs in e i l q u a le g l i av ea c o ­m a n d a t i d o p o la m o r te d i F r a s i o r t e , e fu c o n v in to d i a v e re s p o g l ia t i i te m p l i d e ’ n u m i , l e to m b e d e i r e ; e l a v i t a d i m o l t i sen za g iu s t i z i a . P e r t a n to A - le s sa n d ro d is s e ; e lo a p p e n d e r o n o . A l lo ra c r e ò s a ­t r a p o d e ’ P e r s ia n i P e u c e s ta su a r e g ia g u a r d i a d e l c o r p o , e te n u to d a lu i p e r f e d e l is s im a , sp e c ia lm e n ­t e p e r le g e s ta sue t r a ’ M a l l i , d o v e a v v e n tu rò la v i ­t a , e salvò ses te sso , e i l m o n a rc a . A l t ro n d e non e r * a l ie n o d a l le m a n ie re d i v ivere d e g l i A s ia n i ; c io c c h é fe b en c o n o s c e re , a p p e n a c r e a to s a tra p o d e ’ P e r s i a ­n i , vestendo e g l i s o Iq d i t u t t i i M aced o n i a b i to a l l a M e d a , im p a ra n d o l ’ id io m a d e l l a P e r s i a , e fo g g ia n ­do si in tu t t o a l la P e r s i a n a . E d A le s sa n d ro ve lo a p - p lau 8 e ; ed i P e r s ia n i e su l ta ro n o ch e avesse g l i usi lo* r o a n te p o s t i a q u e l l i d e l l a P a t r i a .

Il Fin0 del Libro sesto ;

S t l fL E S T O R I E

DI ARRIANOS U L A S P E D I Z I O N E D I A L E S S A N D R O

L I B R O S E T T I M O

l . V X i u n t o A le ssa n d ro a P a s a r g a d a e P e r s e p o l i , p r e s e lo i l d e s id e r io d i n a v ig a r e a seconda d e l l ’ E u ­f r a t e e d e i T i g r i fino a l g o lfo P e r s ic o , « d i m ir a r e iv i g l i sbocch i d i q u e ’ fium i n e l m a r e , co m e a l t r o v e m ir a to p u r a v e a lo shocco d e l l ’i n d o ; ed i l m a r e che lo r ic e v e . E t a l u n i sc rivono a n c o ra c h e g l i a n d a v a p e r l ’ a n i m o d i g i r a r n a v ig a n d o a t to rn o l ’ A r a b ia in g r a n p a r t e , e l ’ E t i o p i a , e l a L i b i a , e l a N u m i d i a , d i l à d a i m o n ti d i A t l a n t e fino a G a d e , n e l l ’ in te r n o d e l m a r e n o s t r o , o n d a s s e r o , d o p o d o m a ta l a L ib i a e C a r t a g i n e , c h ia m a to c o n p r o p r ie tà S ig n o re d e l l ’A s ia t u t t a . Im p e ro c c h é .g li a r b i t r i u n t e m p o tJe’ THedi e -de’ P e rs ia n i , possedendo a p p e n a p icc io la p a r t e <li q u e ­s t a , in d a rn o g r a n R e si c h ia m a v a n o . D i là ta lu n i d i ­cono che id e a v a c o n t in u a r e i l co rso fino *11’ S u s i n o , a l l a Sciz ia e d a l l a p a lu d e M eo tid e , ed a l t r i c h e fi­n o a l l a S ic i l ia e d a l c a p o l a p ig i a ( l ) , s t im o la to v i d a l l a c e l e b r i t à d e i R o m a n i , f a t t a « m a i g r a n d e . Io p e r m e nè posso con c e r te z z a d e c i d e r e , nè c u ro d ’in ­d o v in a re c iò c h e A le s sa n d ro s’ avesse in p ensie ro : b e n posso p e r a l t r o a s s ic u ra re c h e e g l i non c i a v e a v o lg a r i , n è v a n i c o n c e t t i , nè c h e ta to m a i si s a r e b ­b e p * r c o n q u is ta n in n a , non «e a l i ’ A s ia c o n g iu n g es- se l ’ E u r o p a , e d a l l ’ E u r o p a , l e iso le d e ’ B r i t a n n i ; e c h e se m p re c e r c a to a v r e b b e d i m a n o in m a n o i g n o ­

ti./ Questo promontorio > nell’ Traila, precisamente nella Puglia: e da esso prese nome il vento detto japyx dai Latini il quale i vento favorevole a chi naviga dall’ Italia alla G recia.

L I B R OCe c o s e , fino a p r e n d e r e b r ig a co n se m e d e s im o , q u a n d o p iù non 1' avesse con a l t r i . £ p e r c iò lodo i filosofi I n d i a n i , d e ’ q u a l i , d i c e s i , c l ie a l c u n i t r o v a t i a l l ’ a e re a p e r to in un o r to ove so lcano d i s p u t a r e } ve­d u to A le s s a n d ro e l ’ e se rc i to s u o , non a l t r o fe c e ro c h e b a t t e r e co ’ p iè l a t e r r a ; e c h e d im a n d a t i d a lu i p e r i n t e r p r e t e c h e m a i s ig n if ic a sse ro , d i s s e ro : O A l e s ­sandro o g n i u o m o h a d i t e r r a , q u a n ta è q u e lla s u c u i g r a v i t a . E t u se ’ u o m o , e s ìm ile a g l i a l t r i , se n o n in q u a n to cu r io so e m a le fico v a i ta n to p e l le g r i ­nando d a lla p a tr ia , p e r avere e d a r b r ig h e . S a r a i t u p u r e , e tr a non m o l to , v i t t i m a d e lla m o r t e , n è o ccu p era i te rra se n o n p e r la to m b a d e l tu o cada ­vere ! L o d ò A le s s a n d ro l a s e n te n z a , e c h i p ro n u n ­z ia v a ia ; e p p u r fece i l c o n t r a r i o . H a e g l i e r a l’A les ­s a n d ro c h e n e ll’ i s tm o a v e v a a m m i r a to D io g e n e d i S in o p e q u a n d o t ro v a to lo a l s o le , e postoglÌ6Ì a f ro n ­te in siem e co ’ s o ld a t i c in t i d i scudo 3 e co ’ f a n t i a m i ­c i lo in te r ro g ò se b iso g n a v a g li cosa n in n a , e c o lu i r e p l i c ò , n iu n a b is o g n a r g lie n e , e solo ch ied ere che e - g l i co’ s u o i g l i s i sgom brassero d in a n z i d a l s o l e . Così non e r a e g l i in tu t t o fu o r i d a l l ’ in te n d e re i l m e g l io ; m a l ’ a m o re lo so p ra ffacev a d e l la g l o r i a .

2. Q u a n d o g iu n se a T a s s i l a , e v idev i n u d i i filo-* sofi d e l le I n d i e , m e ra v ig l ia to d e l la to l le r a n z a lo r o , d e s id e rò d i a v e rn e a lcu n o in s u a c o m p a g n ia . M a D a m ia m o i l p iù a n z ia n o in f r a lo r o , e d a l q u a le d i ­p e n d e v a n o p u r g l i a l t r i , r i s p o s e , c h e n è onderebbe e s s o , nè concederebbe , ch e a n d a sse n iu n o d e 'su o i co n lu i : che esso e ra f ig l io d i G i o v e , q u a n to A le s s a n ­dro ; nè d a A le s sa n d ro vo lea cosa n iu n a , c o n te n t i s ­s im o d e lle su e cose : che tro p p o vedeva , c h e A le s ­sandro e i su o i aveano percorso ta n ta te r ra e ta n to m a r e , se n za n iu n J 'ru ltjo : nè m a i darebbero u n f i n e a t a n t a scorreria : che n o n d e s id e r a v a , m a n e m m e ­no te m e a co sa che e g li p o te sse a m p lia r g li o r e s tr in ­g e re ; b a s ta rg li a v ivere la te rra n e lle I n d i e , la q u a l dava i f r u t t i d e l le s ta g io n i : p e r la m o r te p o i le ve - rebbesi d a l corpo suo n o n d isc re to co m p a g n o . A le s ­s a n d r o , ra v v isa to lo p e r uom o d i l i b e r i g en j , n o n si

S E T T I M O 2 1 9m is e a fo rc a re I n i ; r iu sc ì p e r a l t r o a p e rsu a d e re Ca*' l a n o , ch e e r a l ’ u n o d i q u e ’ S a v j . M e g a s te n e p e rò sc r iv e d i q a e s to G a lan o c h e oon sa p e a c o m a n d a re a se s te s so ; e c h e g l i a l t r i filosofi, b ia s im a n d o lo , di* cpnno d i lu i -> che la sc ia va la f e l i c i t à ch e era p re s to d i lo r o , p e r serv ire a d a l tr o p a d ro n e c h e a D i o . O raio c iò s c r iv o , p e rch è n e lia s to r ia d i A le ssa n d ro a - v eas i o n n in a m e n te a p a r l a r d i G a la n o . A ffiacchitosi d i c o rp o n e lla P e r s i a , co s tu i c h e m a i p e r a d d ie t r o e r a s ta to m a la to , non sa p e a n e m m e a to l le r a r e d i es ­s e re t r a t t a t o a m a n ie r a d ’ in fe rm o . A d u n q u e d isse a d A le ssa n d ro c h e e r a i l bt*n suo m o r i r e in t a l e s ta - t o , p r im a d i r id u r s i a m a li c h e lo necess ita sse ro a v a r i a r e il m e to d o a n t ic o d i v i t a . O p p o n e a g lis i A les ­s a n d ro ca ld is s im a m e n + e : rea p o i , v edu to che p u n to n o n si a r r e n d e v a , e che te r r e b b e a l t r e v ie d i m o r i ­r e , se non lo seco n d av an o in q u e l la ch e a v e a r iso lu ­t a , d ied e o rd in e { e d e r a q u e s to i l v o le r d e l filoso­fo ) che g l i accen d esse ro un ro g o ; e l ’ in c a r ic o se lo e b b e i a g u a r d i a d e l c o r p o , T o lo m m e o fig lio d i L a ­g o . A lc u n i n a r ra n o c h e i l R e facesse a lu i p re c e d e ­t e in p o m p a c a v a l l i e u o m in i , q u a l i c o n a r m i , • q u a l i ch e p o r ta s s e ro p ro fu m i d ’ o g n i g u is a a l r o g o , o , com ’ a l t r i p u r d is s e , vasi d ’ o ro e d i a r g e n t o , e r e g i e v e s t i : a l filosofo po i non v a le v o le a c a m m in a ­r e p e l m a le fu p r e p a r a to u n c a v a llo : m a non po­te n d o n e m m e u c a v a lc a r e fu t r a s p o r t a t o , c o ro n a to a l l ’ i n d i a n a , su d i u n le t to d o n d e p u re a l l ’ in d ia n a e i c a n t a v a : e g l ’ in d ia n i d ic e a n o ch e r iso n av an o in q u e ’ c a n t i g l ’ in n i e l e la u d i d e ’ N u m i . £ q u e l c a v a llo s o l q u a le d o v ea re c a r s i e g l i s te ssa ( re g io c a v a l lo e d e l ­l a r a z z a d e ’ N i s e i ) d ie d e lo q u e s t o , p r im a di m o n ­t a r su la p i r a , in dono a L i s im a c o , l '-uno d e ’ d iv o ­t i d i l a i p e r l a s a p i e n z a . E d i vasi e d i t a p p e t i d e ­s t i n a t i p e r A le s s a n d ro , com e o r n a m e n t i d a essere g e t t a t i « u l a c a t a s t a , li d isp e n sò p u r essi a c h i l ’ u n o a c h i l ’ a l t r o n e l se g u ito suo . P o i s a l i to su la p i r a vi si d is tese d e c e n t is s i in a m e n te , v edendo lo tu t to l’e ­s e r c i to . L o sp e t ta c o lo d i un am ic o n o n p a rv e d e g n o a d A le ssan d ro che fosse d a l u i v e d a lo . B e n p e rò cau sò

2 2 0 L I B R Oq u e s to m e ra v ig l ia g r a n d e f ra g l i a l t r i , n o n m oven*- dos i a ffa tto i l filosofo t r a le f iam m e . N e a rc o d i c e , c h e d a to fuoco a l l a p i r a , q u e i ch e n ’ e ra n o i n c a r i ­c a t i ( c h e ta le e r a il v o le r d e l m o n a rc a ) d i e d e r o im m a n t in e n te f ia to a l le t r o m b e , e c h e l ’ e se rc i to t u t ­t o levò le g r i d a , com e q u a n d o in c a m m in a s i a l la b a t ­t a g l i a : e che g l i e le f a n t i vi fe c e r ten o re con i s t r i - d o a c a to e b e l l ic o so , co m e o n o ra n d o la v i t t i m a . £ q u e s te e p a r i cose s c r i t to r i d e g n i c i h a n t r a m a n d a ­t e su q u e l filosofo , n o n se n z a n t i le in tu t to p e r c h i c e rc a d ’ in te n d e r e q u a n ta esser può l a c o s t a n z a , • l a in f le ss ib il i tà n e l l ’ u o m o , ch e v uo l d i p r o p o s i to .

3 . I n ta n to A le s s a n d ro , m a n d a to A t r o p a t e a l la s a ­t r a p i a sua , v iensene a Susa ; ove p re n d e e d u c c id e A p o b n l i te e suo f ig l io , co m e r ib a ld i ne l g o v e r n a r e . A v e a n o i r e g j m in i s t r i com m esse m o lte in g iu s t iz ie n e ’ te m p l i , n e ' s e p o lc r i , n e l pop o lo d e lle p ro v in c ie d o m e d a A le ssa n d ro e a d essi co n fid a te ; im p e ro c c h é l a sp e d iz io n e d i lu i n e l le I n d ie d iv en iv a ornai t r o p ­p o lu n g a , e p a r e a c re d ib i le c b e e g l i non r iu s c i r e b ­b e d a ta n te g e n t i , e t a n t i e l e f a n t i , c o r re n d o d i l à d e l l ’ i n d o , d e l l ’ I d a s p e , d e l l ’ A c e s in e , e d e l l ’ l f a s i : e l a se r ie d e ’ m a l i o cco rsag li t r a ’ G a d ro s j a v e v a in so ­le n t i to a n c o ra p iù l i S a t r a p i , s icché s i beffassero d e l r i to r n o d i lu i . V i a g g iu n g i ch e A le s sa n d ro e ra s i o r n a i , d ic o n o , fa t to c o r r iv o a c r e d e r e i re c la m i co ­m e ve ri d e l t u t t o , e p u n i r g r a v e m e n t e i c o n v in t i d i c o lp e l e g g ie r e , p e rc h è ne a v e a n o , a p a r e r s u o , m a c ­c h in a te in c o r lo ro d e l le g r a n d i a n c o r a .

I n Susa fece i l m a tr im o n io suo e q u e l lo d e g l i a m i ­c i . E g l i a sè m a r i tò B a rs in e la p iù g r a n d e d e l le fi­g l ie d i D a r io , e secondo A r i s to b o lo , an c h e P a r i s a ­te l a g io v in e t ta d e l le f ig lie d i O c o ; e p p u re a v e a g ià to l t a ia m o g lie R o ssan e la f ig l ia d i O ss ia tro B a t t r i a - no . Sposò con E fe s t io n e D r i p e t i , a l t r a H g liu o le t ta d i D a r i o , e s o re l la in s iem e d e l la c o n so r te d i esso A* lessanti r o ; e c iò p e r vog lia d i a v e r e c u g in i d e ’ f ig li suoi li f ig li d i lu i . A C r a tè r o d ie d e A m à s tr in e , p ro ­le d i O ss ia r to f r a te l lo d i D a r i o , e d ied e a P e rd ic c a u n a fa n c iu l la d i A t rò p a to * S a tra p o d e l la M e d ia . T o -

S E T T I M O 221lo m m e o , g u a r d i a d e l c o r p o , ed E u m e n e , re g io s c r i ­b a , e b b e r o le fig lie d i A r ta b a z o : vuol d i r e i l p r im o e b b e A r t a c a m a , e 1* a l t r o A r t ò n i n e . L e g ò co n N e a r ­c o la f ig l ia d i S p i ta m e n e B a t t r i a n o : e leg ò e im il- m e n te fino a d o t t a n t a le p iù i l lu s t r i M ed e e P e rs ia ­n e con g l i a l t r i a m ic i su o i . L e nozze co’ r i t i t i ce ­le b r a r o n o d e l la P e r s i a . F u ro n o o r d in a ta m e n te co llo ­c a t i t a n t i se d il i p e ’ sposi: e d o p o i l c o n v ito v e n n e ro le d o n z e l le n u b i l i , e se d e ro n o c ia sc u n a p resso d e l suo : p o i q u e s t i p o rse ro a d esse la d e s t r a , e il b a ­c io , d a to v i p r in c ip io d a A le s s a n d ro ; p e ro c c h é s’avea- n o q u e ’ m a tr im o n j a c o m p ie r t n t t i ' c o n te m p o ra n e a ­m e n te a q u e llo d e l R e . T a le az io n e d i A le ssa n d ro p a r v e , q u a n to a l t r a m n i , p o p o la re e d a m ic h e v o le : g l i sposi p re s o n o , e reca ro n s i c ia scu n la sua d o n n a ; «d A le ssa n d ro d ied e a t u t t e la d o te . P o i fe r e g i s t r a ­r e i nom i d i t u t t i g l i a l t r i m a r i ta t i s i co n do n n e d e l ­l 'A s i a ; e sen e b b e ro più c h e d ie c i m i l a , e t u t t i n e fu ro n o d a lu i r e g a la t i .

4- Q u e s to p a rv e a d A le s sa n d ro i l b u o n p u n to d i to g l ie r e i d e b i t i a q u a n t i d e l l ’ e se rc i to ne a v e a n o ; ed im pose che c iascuno a sseg n asse la som m a d i cu i ten eas i d e b i to r e , o n d e r ic e v e r la . E su le p r im e poch i n o ta ro n o i l nom e l o r o , tem en d o che il R e sen v a ­lesse a d is t in g u e re i m i l i t a r i a ’ q u a l i non b a s ta v a lo s t ip e n d io , o p ro fu s i n e l t r a t t a m e n t o . P o i d e t to g l i c h e i p iù non isve lavano se stessi m a ta c e a n o c ia ­scu n o i c o n t r a t t i su o i , ne re d a rg u ì la diffidenza : d i ­c e n d o c h e n o n debbe u n m o n a rca essere se non i n ­g e n u o co l s u d d i to , nè i l su d d ito g iu d ic a r s e lo , se n o n p e r in g e n u o . E posti d e ’ b a n c h i n e l c a m p o e ne* b a n c h i d e l l ’ a r g e n t o , e ch i so p ra in te n d e s se , fe p a g a ­r e i d e b i t i secondo che c iascuno li d im o s t ra v a pe’ c o n t r a t t i , e sanza c h e nem m eno segnasse i l suo n o ­m e . Con ciò fu c re d u to A le ssa n d ro v e r id ic o ; e l ’ e s ­se re o c c u l t i r iu sc ì p e r essi p iù c a ro c h e l’ a v e r c a l ­m a d a i d e b i t i . E fa m a c h e q u e s ta l a rg iz io n e v a le s ­se v e n t im ila t a l e n t i . D isp e n sò p u re d e i d o u i a d a l ­t r i pel f ' r a d o , o p e r la v i r tù lo ro s e g n a la ta n e ’ p e ­r i c o l i . P re m iò con co rone d i o ro q u e i c h e no av e a n o

« s s L I B R Oi l m e r i t a p e r a z io n i m a g n a n im e ; t r a ’ q u a l i PencesC® i l p r im o , in d i L e n n n a to , p e rc h è lo a v e a n o p r o t e t t o c o n lo scucio; e L e o n n a to a n c o ra p e ’ suoi c im e n t i n e l le I n d i e , e p e r la v i t to r ia r ip o r ta t a presso d i O r i p '- rc h è s c h ie ra to s i con le m iliz ie la sc ia te a lu i c o n ­t r o g l i O r i t i ed i v ic in i c h e so m m o v ean s i , d ie d e b a t ­t a g l i a e l i sopraffece ; e p e rch è b r i l l a v a p e r a l t r e o p e re b e l l e , iv i f a t t e . D o p o q u e s t i co ronò p u r N e - a r e o p e r ia sua n a v ig a z io n e d a l le In d ie su p e l g r a n m a re : im p e ro c c h é g ià si e r a co s tu i r id o t to in S u sa a n eh ’ e s s o . P o i r ic e v è la co ro n a O o e s ic r i to il c a p i ta ­n o d e l la neve R e a le , e posc ia E fes tio n e e le a l t r e r e g ie g u a r d ie d e l c o rp o .

6. F r a t t a n t o v e n n e ro d e ’ S a t r a p i e co n d u sse ro d a l ­l e c i t t à nuove e d a l le c o n q u is ta te t r e n t a m ila g io v a ­n i , p a r i d i s t a tu r a e di, a n n i , a r m a t i e d is c ip l in a t i t u t t i a l l a M a c e d o n ic a ; c h ia m a t i p o i d a 'A l e s s a n d r o , successione s u a . D ic e s i c h e a l g iu n g e r d i q u e s t i , a s ­sa i n e fossero c o n tu r b a t i i M a c e d o n i , q u a s i A le ssa n ­d r o a d o p e ra sse o g n i cosa a non a v e r p iù b iso g n o d i essi . E 1' a b i to d i lu i f o g g ia to a l l a M e d a s e m b ra v a a v e d e r lo , i r r a g io n e v o le non p oco a ’ M aced o n i : e l e n o z z e f a t t e a l l a P e r s ia n a non a n d a v a n o a g e n io d e l ­l a m o l t i t u d in e , a n z i n e m m e n o d i a lc u n i che le a v e a ­n o co s ì c e l e b r a t e , sebben t a n to o n o ra t i n e l c e le b r a r ­l e com e i l m o n a rc a . R a t t i i s t a v a l i a n c o ra P e d c e s ta i l S a t r a p o d e ’ P e rs ia n i ; a n c h ’ esso o rnai tu t to P e rs ia n o n e l l ’ a b i t o , e n e l p a r l a r e , e c a ro a p p u n to a l R e p e l b a r b a r ic o suo p o r ta m e n to . ^ l i B a t t r i a n i , li S ogd ia - n i , g l i A r a c o s j , i Z a r a n c b i , g l i A r j , l i P a r t i , e l i P e r s i a n i , d e t t i E r a c i , in s e r i t i a l re g io seg u ito a c a ­v a llo p e rc h è d i s t in t i d i g r a d o , d i b e l l e z z a , o d i a l ­t r i p r e g i ; e l ’ a g g iu n ta d i u n a q u in ta p r e f e t tu r a e- q u e s t r e , uon tu t t a d i b a r b a r i , m a p u r f r a m in isoli ia - t iv e g l i co n a m p l ia r e il n u m e ro d i essa p r e f e t tu r a : e Coli i l figlio d i A r t a b a z o , ed A r t ib o l i ed ld a r n e f ig li d i M a z è o , e P r a d a s m a n e , e l i fig li d i F r a t a f e r n e S a t r a p o d e g l ’ I r c a n i e d e ’ P a r t i , ed I ta n e fig liuolo d i O ss ia r te f r a te l lo d i R o ssan e la r e g i a m o g l ie , e d E g o b ù re e M it ro b e o g e rm a n o d i e s s o , a s c r i t t i a l l a

S E T T I M O 2 2 3r e g i a c o o r t e , s o l i ta p re c e d e re i m o n a rc h i ; e so p ra t ­t u t t o T esse rn e f a t to c o n d o tt ie ro Id a s p e un B a t t r i a - n o ; e f in a lm en te le a s te d a te lo ro a l l a M aced o n ica i n lu o g o d e ’ la n c io t t i a l l 9 A s ia t ic a ; tu t to q u es to in d i ­s p e t t iv a i M a c e d o n i com e i l R e lo ro a ffa tto in co r suo fosse A s ia n o , e v i ten esse in d isp re g io le eoa» d i M a c e d o n ia , e i M a c e d o n i .

6 . A le ssa n d ro im p o se a d E fe s t io n e d i c o n d u rg l i i l p iù d e l la f a n te r i a verso d e l g o lfo P e r s ic o . E d e sso , v e n u ta g l i la f lo tta a l l e t e r r e d e l la S u s ia n a , ed im b a r ­c a t iv i li so ld a ti c in t i d i s c u d o , la c o o r te so l i ta p r e ­c e d e re i m o n a r c h i , ed a lq u a n t i d e l re g io se g u ito » c a v a l l o , n a v ig ò su l fiume E u lè o , verso d e l m a re m e­d e s im o . F a t to s i v ic in o , d o v e l9 E u lèo v i si s c a r i c a , la sc iò q u iv i i l p iù d e lle n a v i , sp e c ia lm e n te le m a l ­co n c e . Q u in d i esso passò c o lie p iù sp e d i te d a l fium e n e l m a r e v e rso le foci d e l T i g r i ; e le n a v i la sc ia ­t e , r ic o n d o t te s u l l9 E u lè o fino a l c a n a le c h e e ra v i a p e r to t r a q u e s to fiume ed i l T i g r i , fu ro n o a n c o r e l ­le n o a l T i g r i t r a s f e r i t e . E l 9 A ss ir ia c h iu sa in m ezzo d a i d u e fium i T i g r i ed E u f r a t e , o n d 9 è ohe M esopo- t a m ia ne è d e t t a d a 9 p aesan i : m a il p r im o sc o r re assa i p iù basso d e l l ’ a l t r o , o n d 9 è ch e d a q u e s to r i ­ceve p iù c a n a l i , com e p u re m o lt i a l t r i fium i r ic e v e . C osì c re sc iu to e g r a n d e f a t t o , n è p iù g u a d a b i le i a lu o g o a lc u n o , v a , s b o c c a , e s9 i m p e l a g a , senza m a i t r a r i p a r e , e d im in u irs e n e p e r esse rne le t e r r e a l l a to p iù a l t e , e sen za m a i d i r a m a r s i i n c a n a l i , o p e r a l ­t r i f iu m i , i q u a l i r iceve p iu t t o s to , e sen za m a i r e n ­d e r s i acconc io p e r in n a f f ia re . P e r l’o p p o s ito l ’E u f r a - te s c o rre e le v a to , e p a r i s e m p re co’ l a b r i a l la t e r r a ; ta lc h é v i son f a t t i m o lt i c a n a l i , q u a l i p e r e n n i , p e r ­c h è ne a b b ia le a c q u e il popolo i n to r n o , e q u a l i a t e m p o , e secondo il b isogno d ’ i r r i g a r le c a m p a g n e , non t ro p p o i r r i g a t e d a l le p io g g ie . C osì l a f iu m an a si r e s t r i g n e , e te rm in a s i con a c q u e non m o lte e p a ­l u s t r i . A le ssa n d ro c o s te g g ia n d o i l g o lfo P e r s i c o , in q u a n to 8 ten d esen e i l l id o d a l l9 E u lè o fino a l T i g r i , to r n ò poi n av ig a n d o pe l T i g r i a l c a m p o ov’ e r a E fe - s tio n e con tu t to l9 e s e r c i to . D i là n a v ig ò n o ta m e n te

2 2 4 L I B R Ofino a d O p i j c i t t à fo n d a ta in r i v a d e l T i g r i ; e n a ­v ig a n d o v i , f e to g l i e r e , sp ia n a n d o le p e r t u t t o , le c a ­t a r a t te (1 ) f a t t e n e l fium e d a 'P e r s i a n i p e rc h è n in n o v i s’ in o l t r a s s e d a l m a r e c o n f i o t t a , e n e o c c u p a s s e l a t e r r a . O r così e ra s i la v o ra to , p e r c h è non s a p e a - n o i P e r s ia n i d i n a u t ic a ; m a c e r to q u e l l e r e n d e a n o , q u a s i c o n t in u o , a ssa i m a la g e v o le l a n a v ig a z io n e s u l T i g r i . A le ssa n d ro d isse e h e n o n e r a n o q u e s t i i r i ­p i e g h i d i p o p o l i , p r e v a l e n t i n e l le a r m i ; nè f a c e n d o ­n e n iun c o n t o , p e rc h è i n d e g n i , com ’ e i r e a l m e n t e d im o s t r a v a , d e l la s t i m a , a b b a t t è sen za e s i ta rn e le P e r ­s ia n e in v e n z io n i .

7. 'G iu n to a d O p i convocò l i M aced o n i e disse l o ­r o , che asso lv ea d a l se rv ig io q u a n t i n o n v’ e ra n o p iù a c c o n c i , p e r v e c c h ie z z a , o s to rp io d i m e m b r a , e l i c o n g e d a v a p e r la p a t r i a : m a c h e d a r e b b e a ch i r i - m a n e a s i , t a n t o d a r e n d e r lo in v id ia b i le a q u e i cbe s i s ta v a n o in p a t r i a , e d a i s t i g a r l i a v o le r p a r t e c ip a ­r e a g l i 8te n t i e p e r ic o li l o r o . E g l i d isse così p e r c a t ­t iv a r s i i M a c e d o n i , ed i M ac e d o n i n o n se n z a r a g i o ­n e co n lu i s i sd e g n a ro n o p e rc h è d i t a l m o d o p a r l a ­v a Con t a t t o l ’ e s e r c i to , q u a s i o rnai l i tenesse t u t t i p e r i s p r e g e v o l i , e d in u t i l i a ffa tto a l l e a rm e ; t a n t o p iù ch e e ra n o g ià c o r r u c c ia t i p e r m o lte a l t r e c a u s e . £ più v o lte g l i av e a c o n tu r b a t i e q u e l suo v e s t ire a l l a P e r s i a n a , e q u e ’ b a r b a r i , c h ia m a t i successione s u a , m o n ta t i a l l a M a c e d o n ic a , e q u e g l i e s t e r i , co ­o r d in a t i , e m is t i a l r e a i se g u ito a c a v a l lo . A d u n q u e n o n s e p p e ro p iù so ffr ire in s i le n z io ; e ch ie se ro c h e desse a t u t t i i l c o n g e d o , e ch e e g l i se la c o m b a t te s ­se co l p a d re s u o , beffando lo co» c iò s u d i A m m o n e . A le s s a n d ro , im p e tu o so d i q u e ’ g i o r n i , e p e l se rv ig io c h e a v e a d e ’ b a r b a r i , n o n p iù b en ev o lo co m e p r im a verso d e ’ M a c e d o n i , scese in fu r ia a q u e l d ire , co ’ d u c i c h e lo c in g e v a n o , d a l lu o g o d o n d e p a r la v a , e c o m an d ò c h e si a r re s ta s s e ro i p iù d i s t in t i d e ’ s e d iz io ­s i , a c c e n n a n d o a i s o ld a t i c in t i d i s c u d o , e g l i s tesso

(1) K ip ir i q u i e U nell’ in te rno del fiume 1 perché le a c ide gon fiasse ro , e v u m ìscio U corrente •

S E T T I M O «25c o l la m a i n a n o , q u a l i fo s se ro . T re d ic i fu ro n o q u e s t i , e fe c o n d u r l i im m a n t in e n te a l la m o r t e . E q u a n d o g l i a l t r i s p a v e n ta t i n e a m m u to l i ro n o , to rn a n d o a l •u o p o s to , d is se .

8. n l o n o n r ip ig l io i l d iscorso p e r cessare in v o i n ta n ta s m a n i a , o M a c e d o n i , verso la P a tr ia ; a n - n d a te n e se co si p i a c e v i , c h e io n o i d is d ic o . Io to r ­li no a p a r la re p e rc h è r a v v is ia te , q u a li e r a v a te , « n q u a l i m i v i p a r t i t e . E c o m in c io , co m e s i co n v ie - n ne da F i l ip p o i l m io g e n i to r e . F i l i p p o , t r o v a t iv i n e r r a n t i , b iso g n o s i , co p e r ti d i p e l l i , e p e r lo p iù n p a s to r i d i poche p ecore p e r le m o n ta g n e , e non b u a - li n i a re s is te r co lle a r m i a g l’ l U i r j , a i T r ib a ll i , • ry a q u e ’ c o n f in a n t i d i T r a c ia , v i d ied e p e r le is p id e n v e s t i a p o r ta r d e lle c la m id i , v i r id u sse d a i m o n t i a a lla p ia n u r a , e v i d is c ip lin ò d a co n tra s ta re a i n barbari in to rn o , f id a n d o su la d i fe s a non p iù de* » l u o g h i , m a d e lla vo s tra v i r t ù . V o i f e c e a b ita to r i n d i c i t t a d i i e le c i t ta d i ordinò con le g g i e d i s t i t u ­ii z io n i f e l ic i : e d i s u d d i t i e serv i r e n d e tte vo i s i ­ti g n o r i d i q u e * barbari s te s s i i q u a l i m a n o m e tte v a n o n u n te m p o vo i e le v o s tre c o s e . E g l i c o n g iu n se i l n p iù d e lla T ra c ia co lla M a ced o n ia > e d o c c u p a ti i » m ig lio r i d e ’ p a e s i m a r i t t im i , le aperse u n corn­ai m e r c io , e d i l suo popo lo p o tè con s ic u r e z z a lavo- n rare i m e ta l l i . E g l i v i so p ra p p o se a q u e T e s s a l i , a p e ’ q u a l i m o r iv a te d a l la p a u r a : v* u m il io l i F o ­ri c e s i ; e n e a v e s te f in o in G re c ia s tra d a agevo le e n la rg a i n vece d e lla s tr e t ta e d iffic ile . G l i A t e n i e s i , 9i i T e b a n i , in s id ia to r i p e rp e tu i d e lla M a c e d o n ia , ec~ » co li p e r esso l u i co lle a rm i d e lla M a ced o n ia r id o t ­ti t i ' , e n o n ch e n o i p a g a re t r ib u t i o d A t e n e , o ser ­ti v ire a T e b e , ecco T eb e ed A te n e da n o i cercar p a ­ti t r o c in io . E n tr ò n e l P e lo p o n n e so , e v i d iè regola '. 4 f i co ll ' essere c rea to g e n e ra lis s im o a sso lu to d i t u t t e la n a r m i G rech e n e lla sp e d iz io n e co n tro la P e r s ia , no. n f u la M a ced o n ia e s a l ta ta , a n z i ch$ e g li stesso . £ n ta l i so n o le b en e ficen ze p ro c e d u te d a l p a d re m io s u » v o i: g r a n d i c e r ta m e n te a considerarle i n se s te s ­ti s e , m a p ic c o le se a lle m ie le p a r a g o n a te .

A n o i a s o .

2 2 0 L I B R On I o , e r e d i ta t i d a l m io g e n i to r e p o c h i v a s i d i o r a

n e d i a r g e n to , m e n c h e s e s sa n ta t a l e n t i d i t e s o r o , t i m a p iù c h e c in q u e c e n to d i d e b ito : n o n p e r t a n t o n p ig l ia t in e a l t r i o t to c e n to i n p r e s t i to , m a r c ia n d o n f u o r i d i u n a te rra id o n e a a p p e n a a b en s o s t e n t a r ­li c i 3 v ' a p r i i b en to s to la v ia d e ll’ E lle s p o n to , q u a n ­ti tu n q u e i P e r s ia n i a llo ra s ig n o reg g ia sse ro i m a r i ; t i e v in t i i n u n a b a t ta g l ia e q u e s tre i S a tr a p i d i D a ­ti r io , a g g iu n s i a l vostro regno t u t t a la J o n i a , t u t ­ti ta la E o l i d e , V u n a e V a ltra F r i g i a , i L i d j , « n M i le to f in a lm e n te con a s s e d ia r lo . E q u a n t i a l t r i n p o p o li p o i s p o n ta n e i m i s i a rren d ero n o , a vo i l i n d ie d i da u s u f r u t t u a r l i . R id o n d a ro n o su vo i l i t a n ­fi t i b e n i dell* E g i t t o e d i C ir e n e , c o n q u is ta t i s e n z a n n e m m e n o c o m b a t te r e . I t a C e le s ir ia , la P a le s t i n a , n la M e so p o ta m ia sono vo s tra p o s s id e n z a : vo s tra è n B a b i lo n ia , B a t t r o , S u s a : vo stra la r ic c h e z za de* f i L i d j : v o s t r i i te so r i d e ’ P e r s ia n i: vo stro q u a n to è a d i b u o n o n e lla I n d i a , e n e i m a r che l a c in g e . V o i n n e s i e te i S a t r a p i , v o i l i g e n e r a l i , vo i l i c a p i ta ­ti n i . I o dopo t a n t i t r a v a g l i , e ehe n e ho m a i d i n p iù se non q u e s ta p o rp o ra , e q u e s to d ia d em a ? I o n n u l la co m e p r iv a to po sseg g o : e n iu n o p u ò d im o ­ti s tra re te so r i ch e m ie i s ia n o e non v o s tr i i n s ie m e , ti n è p e r , u t i l e vo stro c u s to d i t i . E d a q u a l f in e m a i n r ise rv a r li p e r m e so lo , se a n c h 5 io m a n g io i c ib i n c h e v o i m a n g ia te , e se co m e vo i prendo sonno ? n A n z i a m e p a r e d i n o n v a le rm i n e m m e n o de 'c ib i n u s a t i d a vo i n e lle d e l iz ie : c e r to io so che io ve­ti g l io p e rch è p la c id i vo i v e la d o rm ia te .

a E le co n q u is te le ho io f a t t e com a n d a n d o v i s e n ­ti p l i c e m e n te , s e n za s t e n t i , s e n z a f a t i c h e , colle f a ­ti t ic h e e s t e n t i v o s tr i so l ta n to ? E t c h i p o treb b e con­ti v incersi d i aver esso p e r m e p iù ch e io p e r lu i tra - n v a g lia to ? O r s u , c h iu n q u e d i v o i t i e n f e r i t e , sé n scopra e le m o s tr i , c h e io p u r le m ie m o strerò , ti V e d r e te se d in a n z i n e l corpo m io f u la s c ia ta par­ti t e , non t r a f i t t a d a c o lp i ; g ià n o n v’ è a rm a che ti m a n e g g ia s i o t i r a s i , d e lla q u a le io su m e l i segni n n o n p o r t i . Q u a n d o f u i sq u a rc ia to d a lla spada ,

S E T T I M O 2 2 7» quando co lto d a g li s t r a l i , o d a lle m a cch in e f u i m i - n n a t o . E sebbene percosso p iù v o lte con sa ss i o le~ n § n i p e r v o i , p e r la g lo r ia , p e r la r ic c h e z z a vo ­li s t r a , io v i conduco v i t to r io s i d a . p e r t u t t o , p e r n m a r e , p e r te r r a , p e r f i u m i , p e r m o n t i , e p e r p ia - n n i . C e le b r a i , p a r i a vo i f a t t o , le n o z z e ; e m o l t i n d e ' v o s tr i f i g l i , i c o n g iu n ti saranno de ' f i g l i m i e i . n S e d e b i t i a v e v a te , ve l i s o d d is fe c i , se n za in v e s t i - r, g a re com e ve l i a v e s te , in m e z z o a s t ip e n d j ta n - n to p i n g u i , e dopo ta n t i sa cchegg i d i p a e s i e sp u ­si g n a t i . I p iù d i vo i v’ a ve te le corone d i o r o , m o ­rì n u m e n ti im m o r ta l i d e lla vostra v i r t ù ; co m e d e lla n m ia s t im a . E se ta lu n i m orirono ; g lo r io sa n e f u la n m o r te , m a g n ific a la s e p o ltu r a ; ta lc h é p e r m o l t i n s ta n n o in p a tr ia le s ta tu e d i b ronzo , e p ie n i d i a n o - n re l i g e n i to r i , s c io l t i da o g n i s e r v ig io , e tr ib u to . n Im p ero cch é n iu n o f in q u i s o tto m e d u c è , m orì f u g - j) g e n d o : e d ora io d e liberava ravviare in p a t r i a , n q u a n t i d i v o i non p iù f a n n o p e r le a r m i, 6 r a w ia r v i- » c i t a l i , ch e in v id ia se ne a vessero g l i a l t r i c h e » iv i s o n o . M a p o ic h é t u t t i b ra m a te p a r t i r e , i t e , n p a r t i te v i t u t t i : m a n a rra te a lla P a tr ia vostra ch e n p a r te n d o v i a v e te d e r e l i t to , o solo co n fid a to a lla n g u a rd ia d e i v in t i barbari A le s s a n d r o , i l re v o s tr o , „ q u ello che h a so g g io g a to i P e r s ia n i , i M e d i , i B a t ­to t r i o n i , i S a c ir, g l i U s s j , g l i A t a c o s j , i O r a n g h i , » i P a r t i , i C o r a s m j, gC I r c a n i , fim o a l m a r C aspio ; n q u e llo ch e h a p a ssa to i l C aucaso f in o a lle p o r te n C a s p ie , e trascorso i l f i u m e O s s o , i l T a n a i , a n z i n i l f iu m e In d o non tr a g i t ta to f i n q u i da a l tr i ch e n d a B a c c o , a n z i V I d a s p e , l 'A c e s in e , l I d r a ò te , e » ch e avrebbe p u r V I f a s i v a l i c a to , se v o i a l u i non n m a n c a v a te ; q u e llo in so m m a ch e andò s u ll ' O cea - n no p e r / ’ u n a e C a ltra fo c e d e l l’ I n d o , ch e m a r- n d ò p e ' d e se r ti d e lla G a d r o s ia , dove n iu n p r im a 9) avea m a rc ia to con g l i e s e r c i t i , ch e p rese in p a s- n sa n d o v i la C a r m a n ia , e g l i O r i t i , e ch e a v e v a te n vo i r ic o n d o tto f in o a S u s a , e ssendog li g ià to r n a ta n la f l o t t a d a l m a re d e lle I n d ie a l m a re d e lla P e r ­i i s ia . C h e s ì ; ch e ta l i ra cco n ti sa ran g lo r io s i per.

„ vo i , g lo r io s i presso d e g li u o m i n i , c o m e p i e t o s i n verso d e ’ n u m i . P a r t i t e . n

9. C iò d e t to s’ invo lò d i q u e l lu o g o , e d i n t e r n a ­to s i n e l la r e g g i a , nè p re se c u r a d e l c o r p o , nè a i la sc iò p a r v e d e re d a g l i a m ic i io q u é l g io rn o o n e l - l ’ a l t r o . N e l te rz o g io rn o c h ia m a t i a se l i P e r s i a n i p iù r ig u a rd e v o l i d ispensò lo ro i c a p i t a n a t i , eo o l e g ­g e ch e g l i dessero i l b a c io q u e ’ so li i q u a l i a ' a v e a c o n g iu n t i d i s a n g u e . S b a lo rd i t i i M aced o n i d a l l a r e ­g i a c o n c lo n e , s i r im a se ro t a c i tu r n i dov’ e ra n o senzar che n iu n o , to l to g l i a m i c i , o le g u a r d ie d e l c o rp o , seg u ita sse i l m o n a rc a . M a li p iù nè s a p e a n o , r im a ­n e n d o c h e fa re o d i r e , nè v o leano p a r t i r e . C om e p e ­r ò sen tiro n o l’ a v v e n tu r a d e ’ P e r s ia n i e d e ’ M e d i , c h ei c a p i t a n a t i e r a n o c o m p a r t i t i a ’ P e rs ia n i ; c h e m il iz ia b a r b a r a e r a o rd in a ta in m odo d a , s u p p l i r e la su a ; c h e g ià c h ia m a vasi a l l a M a c e d o n ic a u n c o rp o e q u e ­s t r e P e rs ia n o d a p re c e d e re i l M o n a r c a ; c h e P e rs ia ­n a p u r c i av e a la s c h ie ra d e ’ f a n t i am ic i ( l ) , e g l i a l t r i A 8 8 e tè r i , P e rs ia n i i so ld a ti con lo s c u d o , P e r ­s ian a l a r e a l g u a r d ia d e g li am ic i a c a v a l lo , e P e r ­s ian o u n secondo co rp o eq u e s tre d a p re c e d e re i l M o ­n a r c a , non sep p e ro più c o n te n e r s i , m a co rse ro t u t t i v e rso la r e g g i a , e v i g e t ta ro n o in n a n z i la p o r ta le a r m i , com e u m il ia te a l m o n a r c a , ed essi s tan d o s i in p ie d i g r id a v a n o e d invocavano d i essere in t ro d o t t i p e rc h è vo leano c o n se g n a re g l i a u to r i d i q u e l tu m u l­t o , e li p r im i c h e a v ean c i s c h ia m a z z a to , nè s a re b - bonsi d i l à p a r t i t i , d i g io rn o o d i n o t t e , se A les ­s a n d ro non p la c a v a s i p e r q u a lc h e m odo su l o r o . C ioc ­c h é sap u to s i p e r A le s s a n d ro , u sc ì b e n to s to , e veden ­d o li così d ism e ss i , e sen te n d o v i i l p ia n g e r d i t a n t i , a n c h ’ e g l i ne l a g r i m ò . P o i ra t te n e n d o s i « g l i com e p e r p a r l a r e ; g l i a l t r i s tav an s i t u t t i a m odo a n c o ra d i supp lichevo li , q u a n d o C a l l in e un d i lo ro non igno ­b i le p e r g l i a n n i e p e r l a p re s id e n z a d e l r e g io se­

ti) Qui t! vede la voce CMTtgOf accoppiata al soldato a piede» la qualeper solito *i congiunge «I toldjiu a cavallo. Vedi la nota al t, ij. del libra primo.

228 L I B R O

S E T T I M O a 2(>g u i to a c a v a l l o , d isse : O r e , c iò ch e a ffligge i M ar ced o n i è ch e t i h a i t u g ià le g a to p e r sa n g u e p a rec ­c h i P e r s ia n i , e ch e t a l i P e r s ia n i , s i ch ia m a n o Con­g i u n t i d i A le s sa n d ro e lo b a c ia n o , quando n i u n d e M a c e d o n i ebbe onore s ì g r a n d e . E. q u i r ip ig l ia n ­d o A le ssa n d ro ciò n a s c e , d is s e , p e rc h è io vo i te n g o t u t t i p e r C o n g i u n t i l e da, ora in n a n z i cosi v i c h ia ­m erò . '

i o . A t a l d i r e G a ll in e fecesi a v a n t i e d ie d e g l i i l b a c i o , d an d o g lie lo a p p re s so o g n i a l t r o c h e i l v o l le . E c o s ì , r ip re s e l e a r m i , a lz a n d o c la m o r i ed e v v iv a , a l c a m p o s i r i to r n a r o n o . A le ssa n d ro p e r ta n to fece aagrifiz j g iu s ta 1’ o sa to a i n u m i , e te n n e conv ito p u b ­b l ic o , d o v e s e d e t te e s s o , e p ross im i a d esso i M a ­ced o n i , e p o i l i P e r s ia n i e g l i a l t r i d i a l t r e n az io ­n i , secondo i r ig u a r d i d e l g r a d o , e d e l v a l o r e . G e ­t t a r o n o d e l n a p p o stesso i l m o n a rc a e poi g l i a l t r i , e fece ro t u t t i n n a l ib a g io n e m e d e s im a , d a to v i p r in ­c ip io d a i v a t i G r e c i , è d a i M a g i , ed im p lo ra ro n o co n c o rd ia e d u n i tà d i s i g n o r i a , non che a l t r i b e n i , a l l a P e rs ia ed a l l a M a c e d o n ia . D ic a s i che novem ila fo ro o o i c o m m e n sa li , e o h e t u t t i fece ro la l ib a g io n e m e d e s im a , e ne c a n ta ro n g l i e v v iv a . D o p o c iò p a r - t i ro n s i d a lu i v o lo n ta r j ( e d ie c im ila fu ro n o ) q u c 'M a - c ed o n i i q u a l i p e r v e c c h iezza o p e r a l t r a in f e r m i tà n o n p iù v a lev an o a l le a r m i . D ie d e lo ro lo s t ip e n d io ■ c a d u t o , l ’ o c c o r re n te a l r i t o r n o , ed in o l t r e o n t a ­le n to a c ia scu n o p e r d o o o . V o l le p e r a l t r o c h e la* •c la sse rò presso d i lu i l i fig li a v u t i co n do n n e Asia* n e , p e rc h é non reca sse ro i a tu rb o le n z a in M a c e d o ­n i a , r ip o r ta n d o fig li e s t e r i d i m a d r i b a r b a r e , a l le m a d r i e f ig li t e n u t i d a essi n e l la p a t r i a . A lt ro n d e £ i c u re r e b b e d i a l le v a r l i a l la M a c e d o n ic a , d ’ i s t r u i r l i n e l le a rm e com e n e l r e s t o , d i r i c o n d u r l i , g i à g r a n ­d i f a t t i , e r e n d e r l i a i p a d r i l o r o . E così u con fo r­ta v a n e l p a r t i r e : m a se t a l i p a ro le p o te a n o v e n ir m e ­n o , n è po tea sen e sc o rg e r 1’ e v e n to t r a 1’ a v v e n ire ; d iè p e rò d e l l a b en evo lenza ed a m ic iz ia soa g ra n d is ­s im a verso d i ess i q u e s to p eg n o i n d u b i t a t o , c h e m an ­dò p e r lo ro d o ce e c u s to d e , C r a tè r e i l ano fed e liss i-

s 3o L I B R Os i n , che e g l i a m a v a q u a n to ee s te s so . F i n a l m e n t e d a to ad essi 1’ u l t im o a d d i o , e p ia n g e n d o a l p i a n t o lo ro , li co ngedò .

11. C r a tè r o eb b e o rd in e d i r i c o n d u r l i , e po i d i p re s e d e re su la M a c e d o n ia , su la T r a c i a , su la T e s ­s a g l i a , e su la l ib e r tà d e l la G r e c i a , affinchè A n t i ­p a t r o g l i m enasse a l t r i M aced o n i fre sch i e f io re n t i in fe c e d i q u e l l i ch e r im a n d a v a . £ p e rc h è C r a t è r o d i q u e i g io rn i e r a m a ls a n o , in v iò con lu i P o l ip e r - c o n te , com e lu o g o te n e n te , affinchè le m iliz ie c h e s e n e a n d a v a n o non avesse ro a d e s id e ra r e ch i le r e g ­g e s s e . Q u e i che vog liono i n t e n d e r l e , q u a n to sono p iù o c c u l te , e r ife r isc o n o le r e g ie mosse non a i fini ve ­r i , m a se m p re a i p iù r e i ( d o v e forse g l ' i n t e r p e t r i t e n d e r e b b e r o ) d iv u lg a ro n o s o rd a m e n te c h e A lessan ­d ro e ra s i infine la sc ia to v in c e re d a l le c a lu n n ie d e l l a M a d r e c o n tro d i A n t i p a t r o , e vo lea lo p e rc iò r im o ­v e re d a l l a M a c e d o n ia . F o rse però la c h ia m a ta d i A n ­t i p a t r o non volgeaei a d is o n o ra r lo , m a s ib b en e a p ro v ­v e d e re c h e pe ' dissitij non su rgesse a lfine in f r a lo r o a lc u n m a l e , i r r im e d ia b i le a n c h e d a l s o v ra n o . C e r t a ­m e n te non cessava nè 1’ u n o , nè 1’ a l t r a d i s c r iv e r e a d A le s sa n d ro : e costu i sc r iv ea l a c a p a rb ie tà d i O - l i i n p i a d e , la v e e m e n z a , e le b r ig h e non d e g n e d e l la r e a i sua g e n i t r i c e , in ta n to c h e A le ssa n d ro e b b e a d i ­r e che l a m a d re assa i c a r o g l i v e n d e v a i l r ic e t to d i q u e ’ d iec i m es i: a l t ro n d e essa s c r iv e v a , che A n t ip a ­t r o e r a in v a n i to d a l l a d ig n i t à e d a l c o r t e g g io , nò r i c o rd a v a nem m en o c h i a v e a lo s u b l im a to , ten en d o si in f r a t u t t i i G r e c i e M a c e d o n i d e g n o d e ’ p r im i ono ­r i . M a le in c o lp a z io n i c o n tro d i A n t ip a t r o p a re a n o r is o n a re più fo r te n e i c o re d i A le s s a n d ro , t im id is s i ­m o in to rn o d e l r e g n o . P u r non vi fu n iun d e t to o f a t to m a n ife s to d i In i d o n d e c o n c lu d e re , ch e e g l i non • r a più lo stesso verso d i A n t ip a t r o *** ( i ) .

12. I n t im o r i to p e r t a l p a r l a r e £ fe s t io n e si r ic o n ­c i l iò suo m a lg ra d o con E u m e n e c h e des id e ro so n e e r a . D ic e s i c h e A le ssa n d ro in q u e l v ia g g io v id e l e

(i) Qui mancano ateane pocke cose nel cesto.

S E T T I M O a 3 ic a m p a g n e d o v e le re g ie c a v a l le si p a a c e a n o , e ae-* g u e n d o E r o d o to , N isè e si c h iam av an o le c a m p a g n e * co m e le c a v a l le . D i q u e s te n u m erav an a i u n te m p o l e m ig l ia ja c e n to c in q u a n ta *, m a i l r e n o n ven t r o ­vò c h e c i n q u a n t a , p e r e sse rn e le a l t r e s ta te r a p i t e d i f u r t o . O r q u i r a c c o n t a s i , c h e A t r o p a te S a t r a p o d e l la M e d ia , g l i recasae c e n to d o n n e , t u t t e , co m ’ es­so d ic e v a , A m a z o n i , e d a r m a te a g u isa d i g u e r r i e r i a c a v a l lo , e c c e tto che p o r ta v a n o ia acu re in luogo dell* a s t a , e l a t a r g a in luogo d e l lo s c u d o . E v i è p u re ch i a c r iv e c h e q u ea te aveano . la m a m m e lla d e ­s t r a p iù p i c c o l a , e c h e t r a e v a n la fu o r i n e l c o m b a t ­t e r e . N o n d im e n o A le s sa n d ro le r im a n d ò d a l l ’ e se rc i ­to affinché P e r s i e M a c e d o n i non in so le n tis se r su lo ­r o ; e le in c a r ic ò d i d i r e a l l a p ro p r ia r e g i n a , c h e e g l i a le i n e a n d e re b b e p e r g e n e r a r e con e s s a . M a c iò non isc r iv es i nè d a A r i s to b o lo , nè d a T o lo m m e o , n è d a v e r un a l t r o , a u to re v o le in ta le a rg o m e n to : ed a m e se m b ra c h e a q u e i g io rn i p iù non so p rav v iv es ­t e la s t i rp e d e l le A m a z o n i . C e r ta m e n te Senofon te i l q u a le p re c e d e t te A le s s a n d ro , non fece m en z io n e d i e s s e , a v e n d o la f a t t a d e ' F a s i a n i , de’ C o lc h i , e d i t u t ­t e le n az io n i b a r b a r e , t r a s c o rs e d a ’ G r e c i p r im a d i g iu n g e r e a T r a p e l a n t e , e do p o ch e d a T r a p e z u n te p a r t i r o n o ; e p p u re se v i e r a n o , aa reb b o n s i s c o n tra t i c o lle A m a z o n i . P e r a l t r o non p a r m i c re d ib i le c h e a f fe t to m a i non c i avesse l a s t i r p e d i q u e s t e , c e le ­b r a t a d a t a l i e t a n t i v a l e n tu o m in i . L a fa m a tie n su d i E rc o le c h e a n d ò , s p e d i to , in f r a q u e l l e , e r ip o r tò n e l l a G r e c i a i l c in to d ’ I p p o l i t a l a r e g in a d i esse : e d iv u lg a c h e g l i A te n ie s i con T eseo d ie d e ro b a t t a g l i a e re sp in se ro q u es te d o n n e , ch e av ev an o a s sa l i ta l ’ E u ­r o p a . E l a b a t t a g l i a d e g l i A te n ie s i e d e lle A m a z o n i è d e s c r i t t a d a C im o u e n ie n te m en o c h e q u e l l a d e g l i A te n ie s i e d e ’ P e r s i a n i . I n o l t r e E ro d o to p iù v o l t e , • t u t t i g l i A te n ie s i i q u a l i c e le b ra ro n o g l i e s t in t i n e l ­l e b a t ta g l i» , p a r la n o in f r a le a l t r e , d e l la g u e r r a A* te n ie s e c o n tro le A m a z o n i . C h e ae A t r o p a te p re se n ­tò q u e l le g u e r r i e r e a p av a llo ; p r e s e n tò , c r e d o , a d A le s sa n d ro g u e r r i e r e d i a l t r o p o p o lo barbaro eaerr

c i ta te n e l c a v a l c a r e , e d a r m a te in fo rm a d i Ama*< B o n i .

i 3. I n E c b a t ta n e A le ssan d ro fece s a g r if ic io , q u a l e facev a io p e r le b e lle a v v e n tu re : d ie d e sp e ttaco li g i n ­n ic i e m u sica li ; e b a n c h e t tò con g l i a m ic i . F r a t t a n ­to E fe s t io n e c a d d e m a la to , e g ià i l s e t t im o g io r n o ▼ o l g e a d e l la m a l a t t i a . D ic o n o c h e A le ssan d ro ne e b ­b e la nuova in p ieno 6 ta d io , dove sa reb b o n o in q u e l g io rn o i g iu o c h i g in n i c i , e che su l a nuova c o r s e a l l ’ a m ic o , m a noi t ro v ò più v ivo . O r q u i ch i s c r iv e d ’ uno e ch i d ’ a l t r o m odo su i lu t to d i A le s s a n d ro : co n sen to n o t u t t i c h e i l suo d o lo re fu g ra n d is s im o ; v a r ia n o p e rò n e l d e l in e a rn e l e d im o s t ra z io n i , s e c o n ­d o che c ia scu n o e r a b e n e o m a le a n im a to verso d i E fe s t io n e o d i A le s s a n d ro . C o lo ro ch e ne sc risse ro i l m e n b e n e , sem b ran o in te n d e re c h e A le ssa n d ro faces ­se p e r e s a l t a l e sestesso le cose che fece n e l lu t t o p e r l ’ am ic o s u o , p re d i le t to in f r a t a t t i : a l t r i p e rò g l i e l e ascrivono a b ia s im o , com e non d e g n e di un r e , n ò d i A le s sa n d ro . V i è ch i d ice c h e g ra n p a r te d i q u e i g io rn o e g l i s te t te a b b a n d o n a to sol e a d a v e re d e l l ’a m i ­c o , n è volle m a i so l le v a rs e n e , p r im a d ’ esserne a fo r ­c a r i t i r a to d a ’ s u o i . T a lu n o vuole ch e si tenesse co s ì ro v e sc ia to su l c a d a v e r e , t u t t o i l g io rn o e t u t t a l a n o t t e : e v i è ch i d ic e ch e fece a p p e n d e re G la u c i ai l m ed ico , p e rc h è a v e a g l i d a to m e d ic in a non p ro p r ia ,o p e rc h è v id e lo e m p ir s i d i v ino ; e se i t r a s c u r ò . N o n c re d o però fu o r i d e l v e r is im ile che e g l i si rec idessei l c r i n e , e cose a l t r e t t a l i p ra t ic a s se in su l m o r t o , a d e sem pio d i A c h i l l e , o g g e t to d e l le c a ld e emula*- a io n i d i lu i fino d a g io v in e t to : lad d o v e affa tto n o n h o p e r c r e d ib i l e , c io cch é d a a l t r i s i a f f e rm a , ch e e g l i stesso gu idasse i l c a r r o fu n e b re , ov e i l c a d a v e re s i t r a s p o r t a v a . Sostiensi d a a l t r i ch e eg li in E c b a t ta n e f e rovesc ia re i l te m p io d i E s c u la p io : c iocché non a i c o s ta m i co n v ien e d i A le s s a n d r o , m a a q u e l l i d i n o b a r b a r o ; e c e r to a l l a in v e re c o n d ia d i Serse verso d e ’ N u m i , ed a l le c a te n e m a n d a te , d icono , d a lu i g iù n e l l1 E l le s p o n to , co m e p e r v e n d ic a rs i d i q u e l « a r e .

q3-2 L I B R O

- 14. N o n p e r ò veg g o affa tto d e l l ’ im p ro b a b i le i a «[nanto si a g g iu n g e : c h e A lessan d ro v ia g g ia n d o a l i a v o l ta d i B a b i lo n ia eb b e ia c o n t r a m o lte le g a z io n i d i G r e c i , a n c h e E p id n u r j : e c h e , s e c o n d a te n e le in c h ie ­s te , d iè lo ro d e i d o n i d a sospendere i a d E sc u la p io , s e b b e n e , e g l i d is se , non s iam i s ta to p rop iz io n e l s e r ­b a rm i l ’ a m ic o , a m e c a r o , q u a n to m e s tesso . D a m o lt i sc rivasi a n c o r a , che e g l i fe s e m p re o n o ra re E - f e s t io n e , com e u n E r o e ; m a p e r a l t r i si sc r iv e ch e e g l i m an d ò c o n su lta n d o A m m o n e , se g l i c o n c e d e a , n è g l i fu c o n c e d u to , d i o n o ra re con v it t im e l ’ a m i­c o , com e uno D i o . C o n c o rd a n o pprò t u t t i c h e A le s ­sa n d ro fino a l te rz o g io rn o do p o ia m o rte d e l v a le n ­tu o m o n è g u s tò c i b o , nè p re se a l t r a c u ra d i s e , m a g ia c q u e s i l a m e n ta n d o , o l u g u b r m e n t e silenzioso : c h e o rd in ò ch e g l i e rg e sse ro in B a b i lo n ia una p i r a , son­tu o sa d i d ie c i m ila t a l e n t i , o d i p iù f o r s e , co m e a l ­t r i h a n n o d e t t o ; c h e v o lle c h e sen facesse lu t to p e r t u t t a in to rn o la r e g io n e d e ’ b a r b a r i : che m o lti d e ’r e - g j am ic i a ra c c o n so la re i l m o n a r c a , d e d ic a ro n o se- stesèi e le a r m i lo ro a l l ’ e s t in to , d a to n e i l p r im o e - sem pio d a E u m e n e , d i s c o r d e , com e d ia n z i a b b ia la d e t t o , con q u e s to , e d ip o r ta to s i con A le ssa n d ro i a t a l m odo , affinchè no i c red esse g io ire d i q u e l la m o r­t e : che i l r e n o n su p p l ì m a i più n e l lu o g o d i E fe ­s tio n e a lc u n a l t r o p e r du ce d e l r e g io seg u ito d e g l i a m ic i , a c a v a l lo , a ffinchè t r a q u e s t i i l nom e non p e ­risse d i q u e l lo : e co n c iò fu c h ia m a to p u r d i pò i l a C h ìlia rc h ia d i E fe s t io n e , ed e r a p re c e d u to a n c o ra d a l l a in se g n a d a l lo stesso E fe s t io n e p r o c u r a ta g l i . D e s t in ò p e r o n o re d i lu i sp e t ta c o li g in n ic i e m usi­c a l i , in s ig n i p iù c h e t u t t i i p re c e d e n t i s ì p e r l a m a-1 g n if ìcen za d i e s s i , com e p e r l a m o lt i tu d in e d i q u e l ­l i che vi g a r e g g ia r o n o . D e ’ q u a l i n e racco lse fino » t r e m i la e d a in d i a poco to r n a r o n o , d i c e s i , a nuo ­vi c e r ta m i p e r l a fu n e b re p o m p a a n c o ra d i esso A-! l e s s a n d ro .

i 5. E ra s i g i i d a to g r a n te m p o a l lu t to ; e d a l lu t ­t o ornai si r i t r a e v a e g l i s tesso , a ju ta n d o v e lo s o p ra t ­tutto gli amici : quando fece una incursione n i Coi*

S E T T I M O 233

« • i , p opo li b e l l ic o s i , e co n fin an ti c o g l i U s a i . A b i t a » to r i che sono d i m o n t i , s i ten g o n o in p a e s i m u n i t i d i s i to , e se m il iz ia m a i v i s i a v v ic in a , v an sen e i n fo l la eu p e r le a l tu r e p iù a r d u e , o si d i le g u a n o c o ­m e o g n u n p u ò , r id u c e n d o a scabrosiss im e v i e , la m i ­l i z i a c h e l i p e r s e g u i ta ; finché p a r t i t a s i q u e s ta r iv e n ­g o n o , e vo lgonsi n u o v am en te a l le p r e d e , co lle q u a ­l i so s ten tan la v i ta . N o n d im e n o A le ssa n d ro sn idò q u e ­s ta g e n te d a q u e ’ lu o g h i , q u a n tu n q u e d ’ in v e rn o v i g u e r re g g ia s s e . M a n o n g l i o r r o r i d e l la s ta g io n e o d e ’ lu o g h i im p e d iro n o l u i , nè T o lo m m e o , d u c e d i a l ­t r a p a r te d i e sse rc ito ; t a n to c h e p e r A le ssa n d ro n o n e r a v i a z io n m i l i ta r e in s u p e ra b i le se la im p re n d e v a . D o p o c iò v en ivasene a l l a v o l ta d i B a b i lo n ia , q u a n ­d o ècco i d e p u ta t i d e l l ’ A ffr ica p e r o n o ra re lu i c o n lo d i e g h i r l a n d e , com e r e g n a n te d e l l ’ A s ia . £ p e r l a stessa c a g io n e v e n n e ro p u r d a l l a I t a l i a q u e l l i de* f i r u z z j , d e ’ L u c a n i , e d e ’ T i r r e n i , a n z i d ices i ch e ve­n issero p u re q u e l l i d e ’ C a r t a g i n e s i , d e g l i E t io p i , d e ­g l i S c iti d i E u r o p a , de i C e l t i , e d e g l ’ I b e r i p e r c h ie ­d e r n e l ’ a m ic iz ia , e c h e a l lo r a G r e c i e M aced o n i co ­n o b b e ro la p r im a v o lta i n o m i , e le m a n ie re d i q u e ­s t i . N a r r a s i a n c o ra che ta lu n i si re c a ro n o a lu i per-* ch è lo a v e a n o sce lto a r b i t r o d e l le co n tro v e rs ie i u f r a lo r o : e che in q u e l l ’ ep o ca se m b rò f in a lm e n te a d A - le s sa n d ro ed a* su o i , ch ’e i fosse r e v e ra m e n te d e l l a t e r r a e d e l m a r e . A r is to e d A s c le p i a d e , s c r i t to r i a n c h ’ essi d e lle cose d i A le s s a n d r o , fan s ap e re c h ei R o m a n i u g u a lm e n te sp ed iro n o a l u i : c h e eg li n e a sc o ltò l i m e s s a g g i , e che c o n s id e ra t i g l i u o m i n i , l e m a n ie r e , il g e n io p e r l a l i b e r t à , e p e l t r a v a g l i o , e d e sp lo ra to n e i l g o v e r n o , n e p re sa g is se p e r q u a lc h e m o d o la g r a n d e z z a ’ f u t u r a . L a q u a l cosa io q u i t r a ­sc rivo nè com e s ic u r a , nè com e in c re d ib i le in tu t to . C e r to d i ta le a m b a s c e r ia R o m a n a n è fa n p a ro la g l i s to r ic i d i R o m a , nè a l t r i c h e le cose c i esposero d i A le s s a n d r o , com e T o lo m m e o d i L a g o e d A r is to b o ­lo , a ’ q u a l i p r in c ip a lm e n te m i a t t e n g o . N è p a r ve* r is im ile ch e i R o m a n i , l ib e r is s im i a l lo r a d i s t a t o , d ir ig e s se ro le g a z io n i a d un so v ran o s t r a n ie ro , ed in

23j} L I B R O

S E T T I M O a 35to n ta d i s t a n z a : m o lto p iù c h e non ve g l ’ ind u ce va t i ­m o re o s p e r a n z a , ed in q u e l l ’ep o c a a rd e a n o p iù che. t u t t i d i sdegno c o n tro i l g r a d o , e d i i n o m e d e i De* • p o t i .

16. D o p o q u e s to sp e d ì E r a c l id e f ig lio d i A rg e o e o a f a b b r i m a r in a j n e l la I r c a n ia p e rc h é v i ta g l ia s se ro n e ’ m o n ti d e ’ le g n i d a c o s t ru i r e n av i lu n g h e a l l a G r e ­c a , c o p e r te o no ; p e ro cch é v inceva lo i l d e s id e r io d i c o n o sce re a n c h e i l m a r e C asp io e d I r c a n o , e q u a l m a r e co n esso c o m u n ic a , se i l P o n to E u s in o , o i l g r a n d e O cean o c h e d a l l ’ o r ie n te c in g e le I n d ie , c o ­m e d ian z i t ro v a to a v e a c h e i l g o lfo P e r s ic o , d e t to in s ie m e E r i t r e o j non è che un seno d i esso g r a n d e O c e a n o . C e r ta m e n te non e ra s i a n c o ra sc o p e r ta d e i C asp io m a re l ’ o r ig in e , q u a n tu n q u e v i a b i t i in to rn o g e n te non p o c a , e vi sbocch ino a d d e n tro fium i n a v i ­g a b i l i , e m o l t i . D a B a t t r o scendev i i l fium e Osso ,i i m a g g io re d i t u t t i n e l l ’ A s i a , to l t in e i fium i d e l- l ’ I n d i a , scendev i d a l l a S c iz ia 1’ O s s ia r t e , e d è f a m a c h e 1’ A ra sse a n c o ra vi si co n d u ca i i q u a le s c o r re l ’ A r m e n ia . E non q u e s t i fium i g ra n d is s im i . A ccen * p e rò m o lti a l t r i i q u a l i scendono in q u e s t i e t r a p a s ­sa n o fino a q u e l m a r e , n o t i t u t t i a l l a g e n te d i A le s ­s a n d ro a g g i r a ta s i p e r q u e ’ lu o g h i ; com e a l t r i a c c e - n e verÌ8 Ìim im ente d i l à d i q u e l m a r e i q u a l i fin i­scono t r a g l i S c i t i , N o m a d i d e t t i .

V a l i c a to i l T i g r i co ll’ e se rc i to m oveasi A le s s a n d r i a l l a v o lta d i B a b i lo n ia , q u a n d o ecco a lu i p re se n ­t a r s i i V a t i d e l la C a l d e a , r i d u r lo in d i s p a r t e , • p r e g a r lo a d e v ia re d a q u e l la c i t t à ; eoo d i r e c h e B e­lo il D io s ign if icava a d essi c h e lo a n d a rv i a q u e l t e m p o n o n sa re b b e i l m e g lio p e r l u i . N è r isp o n d e n ­d o lu i ch e i l verso d i E u r ip id e ,

B u o n v a te è q u e i ch e p re sa g isce i l b e n e , so g g iu n se ro g l i a l t r i : D e h ! n o n te n d e re o S i r e d a l- V occaso , n è p e n e tra r la m a rc ia n d o p e r i v i co ll* eser­c i to : p iu t to s to t e le g ir a in to r n o , ed e n tr a v i a l l ’ o - r i e n t e . M a n e m m e n q u es to e b b e effe tto p e l d is a g io d e ’ lu o g h i . Così lo t r a e v a i l suo d es tin o a q u e l la v i a , • a c u i p a ssa n d o a v re b b e a so c c o m b e n te . Se n o n c h e

a 36 L I B R Oi l s d o m ig l io re fo rse f a d i m a n c a re n e l co lm o d e l l » g l o r i a , e d e l l ’ affezione a l t r u i , p r im a d i s o g g ia c e r » » n in n a d e l le v icende p e r le q u a l i Solone a m m o n i C re s o a r i g u a r d a r n e l suo te rm in e l a v i ta d i u t u r n a , n è te n e re n iu a o p e r b e a to i n n a n z i a l g iu n g e r d i q u e l l o . N o n e r a g ià s ta ta poca s c ia g u ra p e r lu i l a m o r t e d i E fe s t io n e , ta n to ch e p a n n i c h e a v r e b b e l a v o lu to p iu t to s to p re c e d e re o h e so s te n e r la : com e c r e ­d o c h e A c h i l le a v re b b e a n z i vo lu to p re m o r i r e a P a ­t r o c lo , ch e r e t t a r e a v e n d ic a r lo . A g g iu n g i c h e Alea-* s a n d ro so sp e ttò c h e q u e ’ C a ld e i lo d issuadessero d a l ­l ' e n t r a r e a l lo r a in B a b i lo n ia n o n s ì per. a r t e d iv i -

' n a t o r j a , com e p e r u t i le l o r o . A v e a c i g ià n e l m e s ­s o d i B a b i lo n ia am p lis s im o u n te m p io d i B e l o , c o ­s t r u t t o co n m a tto n i c o t t i e b i tu m e i d is fa t to p o i e o a a l t r i s a n t i edifizj B a b ilo n e s i d a S e r s e , q u a n d o fu g g i ­t iv o to rn a v a s i d a l la G r e c ia . A le ssa n d ro a v e a d e s t i ­n a to d i r i f a b b r i c a r lo , secondo a l c u n i , p iù g r a n d e c h e n o n e r a , e secondo a l t r i n e ’ fo n d a m e n ti a n t ic h i j o r ­d in a n d o p e r t a l cau sa a’ c i t ta d in i d i le v a rn e v ia l o r o v i n e . E vo lg en d o si q u e i che n’ e ra n o in c a r ic a t i trop*> p o le n ta m e n te a q u e s t’ o p e ra ; e g l i id e a v a im p ie g a rev i tu t to l ’ e s e r c i to . E ra v i m o l ta c a m p a g n a e m o lt’ o ro » a d d e t to g ià d a ’ m o n a rc h i A ss ir j^ a . B ,elo; t a lc h é B e lo fin d a e ta d e a n tic h is s im a e b b e v i^ te m p io , e s a g r i f iz j . O r a q u e ’ V a t i n o n av en d o ove s p e n d e r l a , g o d ean s i t u t t a in ta n to la r e n d i ta d e l n u m e . A d u n q u e d ie d e ro so sp e tto a d A le s sa n d ro d i non v o le re c h e e g l i e n t r a s ­s e in B a b i l o n i a , affinchè non si te rm in a sse in b re v ei l te m p io * e ta n to u t i l e . l o r o . N o n d im e n o A ris to b o lo sc r iv e c h e v o lea d a r lo ro u d ien za q u a n to a l d i r ig e r ò a l t r im e n te i l v ia g g io p e r e n t r a r v i ; '‘ch e n e l ‘p r im o g io rn o a l lo g g iò presso 1’ E u f r a t e , , e n e l s e g u e n te t e ­n e n d o i l fium e a d e s t r a , c a m m in ò l id o lid o affin d i p a s s a r e a l l a p a r t e o c c id e n ta le d i B a b i lo n ia , e q u in ­d i ra v v ia rv is i m a rc ia n d o v e rso l ’ o r ie n te : c h e n o a p o tè p e rò p e l d is a g io d e ’ s i t i cusì p ro c e d e rv i co ll’ e - s e r c i to ; t ro v a n d o s i n e l v e n ire d a l l a b a n d a o c c id e n ta ­le verso l a o r i e n ta le d i B a b i lo n ia lu o g h i s t a g n a n t i *

S E T T I M O 237l im a c c io s i : e c h e p e r ta n to f e c e , s ì , m a con r ip u ­g n a n z a , c o n tro 1’ o r a c o lo .

17. A r is to b o lo in se r isce a n c h e un t a l a l t r o ra c c o n ­t ò : c ioè che A p o llo d o ro d i A nfipo li l ’ uno de* re g j a m ic i e cap o d e l le m iliz ie la s c ia te in B a b ilo n ia e o a M a z e o , fa t to s i in c o n tro d i A le ssa n d ro che to rn a v a d a l le I n d i e , e v edu to lo severiss im o c o n tro t u t t i i S a ­t r a p i d e l le a l t r e p ro v in c ie , scrisse a P i t t a g o r a , a r u ­s p ic e e f r a te l lo s u o , ch e volesse s p i a r e 'c o l l ’ a r t e su a le v icen d e d e l la v i ta f r a t e r n a , c h e P i t t a g o r a g l i r i ­sc r isse i n te r r o g a n d o lo , p e r t im o re d i ch i p r in c ip a l ­m e n te volesse c a u te la rs i co ll’ a rn s p iz io , e d e g l i r e ­p l ic ò c h e p e r t im o re d e l S ov rano e d i E fe s t io n e f c h e P i t t a g o r a im m o lò d a p r in c ip io u n a v i t t im a a scop ri­r e su d i E fe s t io n e , cy tro v ò m a n c a rv i p a r te d i feg a ­to : o n d ’ è c h e scrisse e sp e d ì le t te r a s ig i l l a ta in E c ­b a t t a n e a l f r a te l lo ove d ic h ia ra v a che non a v e a s i a te m e r e d i E fe s t io n e , p e rc h è poc’ a l t r o s a re b b e in f r a lo r o . A n z i A r is to b o lo a g g iu n g e c h e A p o llo d o ro e b b e l a l e t t e r a n e l g io rn o a v a n t i l a m o r te d i E f e s t io n e : ch e 1’ a ru sp ic e uccise po i 1’ a l t r a v i t t im a in to rn o dà A le s s a n d r o , nè t ro v a to v i f e g a to affa tto sc risse p u r q u e s to a l g e r m a n o , c h e no i t a c q u e , a n z i d isse a l so­v r a n o m edesim o , p e r d im o s t r a r g l i l a d ivoz ion sua c o n a m m o n ir lo c h e non lasc iasse in q u e ’ g io r n i so r ­p r e n d e r s i d a ’ p e r ic o l i . N a r r a insiem e ch e A le ssa n d ro n e lodò A p o l lo d o r o , e che v e n u to in d i a B a b i lo n ia , in te r ro g ò P i t t a g o r a su q u a l seg n o avesse c iò s c r i t to a l f r a t e l l o ; e n e a d ì che c iò scrisse p e rc h è n o n e r a fe g à to n e l la v i t t im a : e ra d d o m a n d a n d o lu i c iocché n e p e n s a s s e , d i s s e , che i l segno e r a g r a n d e ed in faus to : c h e A le s sa n d ro ta n to fu lu n g i d a l c o ru c c ia rg lis i , c h e a n z i d a iu d i in p o i lo te n n e più c a r o , p e rc h è r iv e ­l a to g l i a v e a senza in g a n n i c io cch ’ e r a . A r is to b o lo stesso n a r r a 'c h e u d ì q u e s to d a P i t t a g o r a : a n z i c h e f e p u r 1’ a ru sp iz io su P e rd ic c a ,, e su d i A n tig o n o p o i ; c h e ne e b b e i l s eg n o stesso p e r a m b e d u e , e P e r d ic ­c a p e r ì n e l c o m b a t te r e c o n tro d i T o lo m m e o , la d d o ­v e A n tigono p e r ì n e l la b a t t a g l i a d a ta in Isso c o n tro d i Seleuco e L i s im a c o . A n c h e d i G a la n o filosofo d e l-

l e I n d ie ai sc r iv e , con q u a lc h e s im ig liarte li a t a l i r a c c o n t i , che q u a n d o ae ne a n d a v a a l ro g o p e r a r ­d e r v i d ied e 1’ u l t im o b a c io a g l i am ic i , n è c o n s e n t ì c h e A le ssa n d ro p u re ei av an zasse a r i c e v e r lo , d i c e n ­d o g l i , c h e in B ab ilo n ia lo r i t r o v e r e b b e , e bacere i»» b e lo : che a l lo r a non si te n n e co n to d i t a l i p a r o l e , in a r ic o rd a te poi p e r là m o r te d i A le ssa n d ro io B a ­b i lo n ia , ai v ide c h e ne e ra n o la p r e d iz io n e .

18. V e n u to A le ssa n d ro in B a b i lo n i a , v i g iu n s e r o l e a m b a sc e r ìe d e ’ G r e c i . N o n è s c r i t to 1’ o g g e t to d i c ia s c u n a ; m a re p n to c h e le più e ra n o i n d i r i t t e p e r c o r o n a r l o , e lo d a r lo so le t a n t e v i t to r ie s u e , p r i n c i ­p a lm e n te nell* I n d i a , e p e r e s p r im e re i l g iu b b i lo c o ­m u n e su l fau s to r i to rn o d i lu i fu o r i d i q u e s t a . E g l i l e a m m ia e , le o n o rò , com e d o v e a s i , e le r in v iò ; d a n ­d o lo ro d a r i p o r t a r n e lla G r e c i a q u a n to Serse a v e a a i p o r t a to d i a ta c u e , d i s i m o la c r i , o d i v o tive cose i n B a b i lo n ia , in F a a s a rg a d a , in S u s a , o d o v u n q u e n e l ­l ’ A s ia . E cosi d icono c h e fu ro n o a n ’ a l t r a v o l ta r e ­c a te in A te n e le s ta tu e m e ta ll ich e d i A r m o d io , e d i A r i s to g i to n e , e così p u re la im m a g in e d i D ia n a C e r - c e a . S econdo A ria to b o lo A le ssa n d ro r ic e v e tte in B a ­b i lo n ia ta n to la f lo tta c h e v en n e d a l g o lfo P e r s ic o p e r 1’ E u f r a te 80tt0 g l i au sp ic j d i N e a r c o , q u a n to 1' a l t r a p o r ta ta g l i fino d a l la F e n ic ia . C o n d o tte g li da* F e n ic i d u e q u in q u e r e m i , t r e q u a d r i r e m i , d o d ic i t r i ­r e m i , e t r e n t a b a rc h e d a t r e n t a r e m i t tu t t e in p e s ­c i a T a p s a c o , c i t t à su 1’ E u f r a t e , e r ico m p o s te p o i q u i v i , n a v ig a ro n o infino a B a b i lo n i a . S c rive in s iem e c h e fece a n c h e un ’ a l t r a f lo tta n e l suolo B ab ilo n ese co l ta g l io d e ’ c ip r e s s i , a r b o r i d a co s tru z io n e ch e soli a b b o n d a n o n e l l ’ A ss ir ia , s c a rse g g ia n d o v i g l i a l t r i .* ch e v e n n e ro a lu i d a l la F e n ic ia e d a l re s to d e l la m a ­r i n a g l ’ in se rv ie n t i a l le n a v i e d a i r e m i , e m o lt i tu ­d in e d i q u e i c h e pescan l a p o r p o r a , o ch e n e l -m are com piono a l t r e o p e ra z io n i : e che fece in B a b i lo n ia u n p o r to c a p a c e d i m il le b a rc h e l u n g h e , ed a l p o r - t o a g g iu n se p u r 1' a r s e n a l e . S p ed ì M icca lo C lazo m e- n io co n c in q u e c e n to t a l e n t i n e l la S ir ia e n e l la F e n i ­c ia p e r a l l e t t a r v i d e ’ m a r in a i c o l p r e z z o , o p e r in -

938 L I B R O

S E T T I M O a $9gftgginrveli: perocché deliberava popolare la spiag- già del golfo Persico e le isole intorno, sembrando a lai la regione buona, quanto quella della Fenicia.

Apparecchiava una spedizione marittima contro la gente ben numerosa dell’Arabia, sol pretesto che so­la di tutti i popoli intorno non gli avea mandati ambasciadori, nè dato segni di creanza o di onor*; ina in realtà perchè questo principe era insaziabiio jseinpre di conquistare. È fama ancora che avendo udito degli Arabi che adoravano due solamente , ii Cielo perchè luogo degli astri, e del Sole, fonte di tanti beni e tanto manifesti per 1’ uomo, e Bacco se­condariamente, perchè tanto noto per la gloria del­la spedizione sua nelle Indie, non credette cosa io- degna a se , certamente non inferiore a Bacco ne’fat- ti della guerra, di farsi venerare per terzo Dio da quel popolo, debellandolo, e lasciandolo vivere, co­me gl’ Indiani, colle sue leggi. Commovealo ancore la bontà delia regione perchè udito avea che negli umidi luoghi la Casia vi si generava, che stillava dalle arbori la mirra e l’ incenso : che vi si recide­va il cinamomo da’ ramuscelli, e li prati davano di per sestessi il nardo. Quanto alia grandezza poi, gii ai diceva che la maremma dell’ Arabia non era mi­nore a quella delie Indie , che avea molte isole in­contro, e porti per tutto da stazionarvi la flotta, • luoghi attissimi per città popolose e fe lié t .

J9. E gii fu pur detto che rimpetto alla foce del- l ’ Eufrate sorgeano due isole, dalla quale non era lontana se non cento venti stadj la prima e più pio- ciola, sacra pel tempio di Diana, a cui s’ accasavano intorno gii abitanti, e copiosa d’ ogni guisa di piati­te , tra le quali pasceano capre selvagge e cervi ri­servati alla Dea , senza potersene far caccia , se noa per offerirgli a lei sola in sagrificio, ciocché non era unicamente disdetto . Sappiam da Aristobolo che A- lessandro fe chiamare Icaro quest’ isola con allusio­ne alla isola Icaro posta nell’ Egeo, dove è fama che l’ Icaro cadesse figlio di Dedalo, liquefacendtai la cera eolia quale aveasi acconciate le ali > perchà

a4o L I B R Otenutosi non basso, come il padre volea , ma snbli- me contro il buon senso nel volare, troppo le dispo­se al soie che ne scaldò la cera e disfecela; tanto che ne furono denominati l’ isola e il mare, Icaro l'una , ed Icario l’ altro . La seconda isola dirimpet­to dell9 Eufrate dicesi lontana dalla foce di esso quan­to correrebbe con vento propizio UDa nave in oa giorno ed una notte. E di questa, Tilo ne è il no­me, e grande il territorio, non aspro in gran parte , nè selvoso, anzi buono a dar frutti miti e maturi . £ tali cose disse ad Alessandro Archia che mandata con nave a treota remi da Ini per esplorare la na­vigazione intorno l’ Arabia andò fino a Tilo, ma non ardì procedere innanzi. Androstene, mandato anch’es- ao con nave consimile, osò par girarsi alcun poco intorno la penisola dell’ Arabia; ma più di tutti gli spediti s’ inoltrò Jerone da Solo il capitano di nave, ricevuta anch’egli una barca da trenta remi con or­dine di scorrere tutta intorno la penisola fino alla città di Eroo nel seno Arabico confinato dall’Egit­to . Ma quantunque navigato avesse intorno alla mag­gior parte dell’ A rabia, pur non ebbe il cuore d i solcare più a lungo il mare ; e tornatosene ad Ales­sandro, narrò che la grandezza della penisola era meravigliosa, e poco minore di quella delle Indie, e che sporgeasi lunghissima colla punta entro del mare. Videro pur questa nè lontana Nearco e com­pagni quando venivano navigando dalle Indie, pri­ma che si ripiegassero al golfo Persico, e per poco non corsero ad approdarvi , così pensandola Onesi- Crito il comandante di barca. Ma Nearco noi volle ~affin di poter costeggiare il golfo Persico, e dar con­to ad Alessandro della sua missione, l’ intento della quale era non di trascorrere l’ oceano ma cono­scere dell’ oceano le spiagge, i popoli , i porti, le acque, e i frutti buoni o re i. Or ciò fu causa che la flotta di Alessandro scampasse, giacché scampato non avrebbe, se inoltravasi di là dall’Arabia deser­ta , e giacché dicono che anche Jerone per questo retrocedesse.

S E T T I M O 24120. Intanto ehe si costruivano le triremi, e cava-

vasi ii porto di Babilonia, Alessandro navigò da questa per 1' Eufrate al fiume detto Pallacnpa, lon­tano ortocento stadj da quella capitale. Non esca già di sorgente, anzi ivi questo fiume è un fossato) ove si scarica in parte l’Eufrate. Imperocché scen­dendo l’Eufrate dall’Armenia, nè molto abbondando di acque nell’ inverno, vassene tra le sponde: ma ingrandisce e traripa e versasi poi per l’Assiria ve­nendo la primavera, e principalmente il solstizio del» la state, quando il sole retrocede. Scioltesi allortfc pe’ monti di Armenia le nevi, ne accrescono la cor­rente, intanto che gonfia e sorge, ed inonderebbe i campi se dandogli uno sbocco nel Pallaeopa non la deviassero in stagni e paludi via via fino alle terre vicine di Arabia, ove giunta spingesi al mare final­mente tra denso loto, o per ciechi meati non pochi. Squagliatesi le nevi, circa l’ occaso delle Plejadi, l ’Eufrate mena scarse le acque, eppur gran parte ne scarica pel Pallaeopa nelle paludi. Tanto che se non mettansi di nuovo ripari sul Pallaeopa affinché Tacque ne’ ripari battano, e pieghino, e vadan per l’alveo; ne sarebbe esaurito 1’ Eufrate , da non po­tere ino filarne l’ Assiria. Ond’ è che il Satrapo di Babilonia rintura con gran diligenza, occupandovi fin dieci mila uomini per tre mesi, il passo, non dif­ficile altronde a riaprirsi, dell’ Eufrate nel Pallaco- pa , perchè ivi la terra per le acque che vi s’ inter­nano, è molle troppo e fangosa, nè buona a river­berar la corrente.

21. Eccitarono tali racconti Alessandro a fare a l­cun bene all’Assiria, e deliberò di chiudere fermissi­mamente laddove l’Eufrate versasi nel Pallaeopa . A- dunque avanzatosi-trenta stadj, ebbe innanzi una ma­teria pietrosa la quale se tagliata si applicava allo scavo antico del Pallaeopa noa lascerebbe per la so­lidità sua trapelare le acque, e facilissimo sarebbe ritorcerle ne’ tempi suoi. Con tali disegni andò na­vigando nel Pallaeopa, e dal Pallaeopa nelle lagune finché venne alle terre di Arabia. Ove notatone il

AaniANo. 16

442 L I B R O•ito opportuno, eresse e ci ose di mara nna città nel» la quale pose ad abitare taluni merdenarj Greci rimlo bramarono, ed altri che per istorpio e vecchiezaa non più valeano alle armi. Frattanto diffamando gl» oracoli de'caldei, perchè non aveva, confessi pre­sagivano, sofferta cosa spiacevole in Babilonia, e già esso erane uscito; si Volse pieno di fiducia a navi­gare di nuovo verso le paludi, con lasciare la c ittà dalla sinistra. Imbrogliavasi parte della flotta in quei stretti perchè priva di uno che la guidasse, ed esao amandoglielo ; così la ridusse in sentiero.

22. Su questa navigazione narrasi presso a poco*? che in que’ stagni norgono assai tombe dei re del* r Assiria: e che Alessandro diresse per ivi la barca, facendola esso stesso da direttore, quando una buffa di vento gli «piccò dal èapo tutto il regio ingombro e ’l diadema che v’era , e l’ ingombro cadde come pesante tra le acque, avvolgendosi a seconda del vento il diadema in una canna nata allato di uno di quegli antichi sepolcri, talché ei prese questo come segno dei destini futuri: che quindi gittatosi tra le acque un tale affine di riprendere di su dalla canna il diadema, glie lo riportò, con tenerselo in te sta , non in roano, per iecansar di bagnarlo nuotando: ond’ è che molti degli storici di Alessandro scrivono che lo regalò di un talento per tanta prontezza : ma soggiungono che fece mozzargli il capo, perchè g l 'In ­dovini dichiaravano che non aveasi a lasciar salvo un capo che avea le regie insegne portato. Aristo- bolo dice non del talento ma de’ colpi dati a costui pel diadema recato su la testa-, e nota che egli era uno de’ nocchieri Fenici. Per contrario altri dicono che Seleuco riportasse quel serto , e che questo fu presagio della fine di Alessandro, e della grande monarchia di Seleuco; e di Seleuco a me non par dubbio, che egli preso il comando, si rendesse dopo morto Alessandro un re potentissimo e per l’animo, regio veramente , e pe’ molti popoli a* quali domi­nava .

23, Ricondottosi Alessandro io Babilonia > vi tro-

S E T T I M O 24$tò Peucesta il quale aveagli recati venti mila Per-1 sinni da’ loro paesi, e non pochi de9 vicini Cos9ei e Tapuri, come famosissimi in arme. Eravi pur giun­to Filossèno con un esercito dalla Garia, Menandro con altro dalla Lidia, Menide con equestri milizie; e Greche legazioni le quali presentaronsi coronate, e Lui coronarono con serti di oro, venute per ado­rarlo come un Dio; del quale però non era lontana la morte. Egli encomiò li Persiani del buon animo loro, come docilissimi in tatto a Peucesta, e Peuce­sta del governo che ne facea regolarissimo, e ne or­dinò la milizia in schiere alla Macedonica. Fissato­ne un decurione, un sottodecurione Macedone, e Ma­cedone pare un decastatere così chiamato dal soldo che ricevea minore del secondo e maggiore de’ mili- tari non graduati; metteva poi dodici Persiani, ed infine un altro Macedone, anch’esso decastatere. Tal­ché in ogni decuria ci avea dodici Persiani e quat­tro Macedoni uno che era capo di tu tti , e tre con stipendio più pingue degli a l t r i . Cingevano i Mace­doni le armi della patria; ma i Persiani avean l'ar­co o i lanciotti, legati ai polsi, lo tale soggiorno Alessandro ridusse più volte le navi a far gara l’una coll’altra: e molte furono le contese delle triremi e delle quadriremi che eran sul fiume, molti i certa­mi de’ rematori e de’capitani, e molte le corone de* vincitori.

Tornarono intanto gli oratori diretti da esso ad Ammone per interrogarlo come dovesse onorare Efe- etione, e glie ne riportarono che doveagli sacrifica re come ad un eroe. L’oracolo piacque, e da indi in poi venerò l’ amico, come gli Eroi. Pertanto scrisse a Gleomene, malvagio uomo, e reo di g r a n d i ingiu­stizie nell’ Egitto, una epistola, riprensibile io cre­do , non pe’ segni dativi di memoria e di amicizia in verso di Efestione; ma per molte altre cagioni. Or­dinava la epistola che in Alessandria di Egitto si e- dificassero come agli Eroi per Efestione un tempio nella città stessa, ed uno nell’ isola di Faro , appun­to dove nell’ isola stava la torre più grande e ma-

244 L I B R Ognifica; talché prendesse il nome da Efestione. Or- dinavasi inoltre che ne’ contratti, quali si stipolava­no pe’ mercadanti, il nome di Efestione si prefigges­se . Nè io biasimo questi ordini se non ia quanto troppo grandemente brigavasi di non grandi cose: piuttosto biasimo affatto questo che gli scriveva: Se troverò che abbi tu costituito nell* E g itto sacri r iti , e tem pli degni di E fe s tio n e , t i aggrazierò delle mancanze passate se ne h a i , nè se cadessi in altre d i p o i , ne sarai da me contristato . Certamente io non so come approvare che un re grande ciò scriva ad un malvagio, e capo insieme di un regno, e di un popolo riguardevole.

24. Se non che venivasi ornai la morte approssi­mando di Alessandro; preaccennata al dir di Ari- stobolo da questo principalmente. Aveva egli ordi­nate alla Macedonica le milizie venute dalla Persia con Feucesta, e dai mare con Filosseno, e Menan- dro; quando si ritirò per la sete alcun poco, lascian­do vuoto il regio trono. Ben v’eranodiqua e di là del trono d«’ letti co’ piè di argento ove si adagias­sero gli amici sovrani. Pure un uoin vile, prigionie­ro , com’ altri dicono, ma non carcerato, in vedere vuoto il reai seggio, e solo cinto dagli eunuchi, e vuoti que’ letti £er essere gli amici andati compagni al monarca, ri cacciò tra gli eunuchi, ascese a lto , e sedette sul trono. Nè lo astrinsero a scenderne, seguendo in ciò le leggi della Persia , ma si squar- ciaron le vesti, e si percossero petti e sembianti, come per infortunio gravissimo. Alessandro alla nuo­va ordinò che colui si mettesse a’ tormenti per in­tenderne se avesse ciò fatto per trama d’insidie: ma colui non rispose altro se non di averlo fatto perchè non era in sestesso. E per ciò tanto più diceano gl’in­dovini, non potergliene presagire alcun bene. Dopo non molti giorni fatti i effgnfizj consueti agl’ Iddìi per le buone avventure, e fattine pqr altri a sug­gerimento degli indovini, banchettò e bevve con gli amici fino a notte avanzata, date come è fama an­che all’esercito vittime e vino per coorti e centurie.

S E T T I M O 245Volendo poi secondo alcuni ritirarsi a prendere son- n o , gli ai fece avanti Medio, l’ uno allora de’suoi più fidi, e lo pregò di essere pure alla sua mensa, che dolcissima gli riuscirebbe.

Veramente le regie effemeridi contengono che «gli convivo e bevve presso di M edio, che poi rizzatosi e lavatosi dormì pure pressq di Medio, e dormitovi, rimangiò, presso del medesimo e bevette a notte i- noltrata ; finché toltosi dal simposio e lavatosi, e pre­so di nuovo nn tal poco di cibo, ivi ancora si cori- c3 perchè già febbricitava ; che recato in fine di quivi al luogo sagro vi fece i sagrificj che soleva ogni giorno, e poi si giacque fino a sera nell’ Andro- ne (1), che intanto annunziò la marcia e la naviga­zione, intimando a’capitani di allestirgli le fanterie pel quarto giorno, e pel quinto le milizie che seco navigherebbero: che di là condottosi in lettiga sul fiume, e passatosene in barca ad un orto deliziosis­simo dell’altra sponda vi si lavò, e posò : che lava­tosi nel giorno appresso un’ altra volta offerì gli usa­t i sagrificj: da’quali ridottosi in cam era, e datosi a parlare con Medio convocò per l’alba tutti i ca­pitani : quindi passato a cenare alcun poco ; e fattosi in camera riportare, vi giacque tutta la notte con febbre: eppure venuto il giorno, si lav ò e sagrificò di bel nuovo; e diede a Nearco, e agli altri capita­ni gli ordini per la navigazione la quale sarebbe in­di a tre giorni: che replicò nel giorno appresso la­vande e sagrificj, nè tuttavia la febbre si rimetteva, ma chiamati avendo i duci, dinunziava ad essi come volea tutto pronto per navigare ; finché lavatosi ver­so sera ne peggiorò : ohe nell’ altro giorno si fe por­tare nella casa prossima al bagno, e sagrificatovi se­condo 1’ usato, standone ancor peggio, nondimeno raccolse insieme i primi tra’ capitani per dare co­mandi su la navigazione : che nel nuovo giorno por' tatovi ripetè con stento i sagrificj, e non pertanto divisava co’ duci ii corso navale: che nel giorno ap­

i o Appartamento per gli nomini.

246 ^ L I B R Opresso però sentendosene male veramente, fatti i sa» grifìci consueti, diede ordine ai generali di restarsi ivi d intorno, ed ai duci de’ mille o de’ cinquecento di starsene alle porte: che da ultimo aggravatosi af­fatto fu riportato dall’orto alla reggia, ove riconob­be s ì , li duci che entravano, ma non parlava loro , mutolo in tutto , e premuto fortissimamente dalla feb­bre in quella notte e nel giorno. £ così sta scritto nelle regie effemeridi.

25. Frattanto desiderarono i soldati di vedere il re lo ro , altri per iscontrarlo vivo ancora, ed altri perché sburrandosene intorno la morte, sospettava­no , io credo, che si tenesse occulta dalle regie guar­die del corpo. Oad’ è che i più vinti dall’ affaauo e dal desiderio di lui fecero violenza per giungere a mirarlo: ma giuntivi lo trovarono privo già della voce: Egli nondimeno corrispondeva a tu tti , alzan­do a pena la testa , e dando cenni con gli occhi. Le regie effemeridi narrano ancora che Pitone, Attalo , Deinofonte , e Peucesta, anzi che Gleomene, Meai- d e , e Seleuco si tennero a notte nel tempio di Se- rapide, e ve lo consultarono se fosse il meglio per A- lessaudro l’essere portato nel tempio ed ivi curato, qual supplichevole, da esso D io, ma che lo Dio ri­spose non essere da portarvelo mentre era il meglio per lui lo starsi dov’ e ra , che gli amici ne riferiro­no la risposta ad Alessandro, e che egli poco di poi si morì; quasi questo fosse il suo meglio. Aristobo-lo e Tolommeo non scrivono cose molto lontane da queste: evvi però chi scrive ancora che interrogato Alessandro dagli amici a chi lasciasse il regno , ri­spondesse , che all’ ottim o lo lasciava : ma che pel regno (come altri aggiungono) glien farebbero un assai lugubre certam e.

lo so che 8crivon8Ì molte altre cose ancora intor­no la morte di lui: come che Antipatro mandò il veleno il quale gli diede la morte: che questo vele­no fu manipolato ad Antipatro da Aristotele, pan- roso ornai del re per causa di Gallistene, e fu por­tato per 1’ uso da Cassandfo figlio di Antipatro, e

S E T T I M O *47dentro uà’ unghia di malo, giacche par questo ei scri­ve, ma che J olla infine, regio coppiero, e fratello minore di Cassandre» fecelo sorbire ad Alessandro , che avealo poco innanzi amareggiato ( l ) . Altri vo­gliono che partecipasse all’opera anche Medio, come caldo di amore per Jolla ; perocché Medio ricondus­se il sovraoo al convito ove bevendo sentì gli spasi­mi pe’quali si ritirò. Diciamo che altri non si ver­gogna di scrivere, che avvedutosi Alessandro che ornai più non vivrebbe venne all’ Eufrate e vi si git- tò per isparire dalla vista degli uomini, e così ren­dere ai posteri credibile che egli avea da Giove la origine, e che era fra gli Dei ritornato: che Rossa- ne la moglie di lu i , non ignorò l’ uscir suo, e ne Iq intrattenne; ed egli lamentando le disse che invidia­va dunqae a lui nato da Giove , la / gloria della e- ternità'. Se non che tali cose le ho qui riferite non perchè degne di fede, ma perchè altri non giudi­casse che m’ erano ignote,.

26. Morì Alessandro nella Olimpiade centesima decimaquarta, essendo Egesia l’ Arconte di Atene: visse trenta due anni ed otto mesi come scrive Ari­stobolo , e regnò dodici aoni e gli otto m esi. Fu di corpo formoso, infaticabile, speditissimo : ebbe cuor virile, amico della g loria, de’ pericoli, e riverente delle cose divine, sobrio ne’ piaceri del corpo, era insaziabile in que 'dell’anima, quanto alla lode. A- cutissimo nel vedere tra le oscurità ciò che era da fa re , felicissimo nell’ intendere ciò che esser potreb­be da ciò che appariva, peritissimo di schierare, di armare , e formare eserciti, parca nato appunto a rialzare lo spirito de9 soldati, ad empirlo di belle •peranze, e dissiparne i timori col non temere esso il primo ne* cimenti. Metteasi alle imprese non ab­bastanza sicure pieno di fiducia, ma pieno insieme di abilità nel prevenire e sorprendere in ciò che vo> lea gl9 inimici, prima «he ne temessero. Fedelissimo

(1) Curzio incora dicc ne! lib. io . Pici»erto necatum essf ereditine pleriqaei fiiium Antipatri inter ministre» , Jollam aornine, putrii jussu iedit!».

”48' L I B R Onel mantenere, parea come immane da poterlo i n ­gannare : parco nello spendere pe’ suoi piaceri, pro ­fondeva poi nel beneficare gli amici. £ se talvolta eccedette per subitezza o p e r irà , se per vanità pie» gò ne’ costami de’ barbari ; non è da farne , credo , gran conto, valutandone la giovinezza, la prosperi­tà continuata, e li tanti che conversano, e conver­seranno, sempre a grande sciagura, li re per adu­larli , non per beneficarli. Ben però fra tutti gli an ­tichi monarchi fu sublime dote di lui pentirsi quan­do mancava; imperocché molti sebbene conosceansi rei di opera non degna, credeano, certo con torto giudizio, giustificarla, difendendola come benfatta. Laddove a parer mio l’ unico rimedio de’ mancamen­t i , è confessarli , e dichiarare con ciò che ne siamo pentiti ; perchè le offese riusciranno men gravi a’pa- sienti, se chi le fece , riconoscane il male, e dà buona speranza di non più commetterne, mostrandosi do­lente delle passate. Nemmeno poi mi sembra tanta la colpa che egli ripetesse la origine sua da Giove, quando forse non era questo che un mezzo a conci­liarsi la riverenza de’ sudditi. E non era , parm i, Alessandro, re men grande di Minosse, e di Eaco, e di Radamante, la stirpe de’ qua'i fu nel vecchio tempo derivata da Giove senza biasimo loro : così non era men grande ài Teseo, fatto discendere da Nettuno, nè di Jo n e , riputato cosa di Apolline. Il vestire alla Persiana un artifizio lo credo in verso de’ Barbari, per non sembrarne sovrano estraneo in tutto ; e per averne come uno schermo dall’ ard ire , e dalla insolenza de’ Macedonf. E per questo io pen­so che frammischiasse de'Persiani M elofori ( l) alle schiere appiedi come a ltri, pari di onore, ai corpi equestri. E quel bere, come dice Aristobolo, nonlo prolungava g ià , per la passione del vino, (giac­che di vino non usava gran fatto) ma per essere con* Yersevole con gli amici.

27. Pertanto chi ripreade Alessandro noi ripren­

d i Cioi che portavano pomi d’oro nelle aste.

S E T T I M O *49da allegandone solamente le cose men degne : ma raccolgane in nn cumoio tutte le opere, consideri chi egli s ia, di qual condizione, quanto piccolo, ia quante piccole cose occupato, ed in queste pure non Lene, e qual sia il personaggio che censura, a quan­ta prosperità pervenuto, come era senza contrasto il monarca de’due continenti (1), e spandeasi col nome da per tutto. Certamente non popolo allora ci avea, non città , non uomo presso cui non risonasse il no­me del grande Alessandro: ed io giudico che non senza lavoro de'numi nascesse allora un tal nomo, tanto agli altri dissimile. Di che mi son pure argo­mento gli oracoli, le visioni, i ségni il iy ersi avuti allora ne’ diversi luoghi, la ricordanza e la celebri­tà soprumana che di lui persevera ancora , come le risposte che dopo tanto tempo si dan tuttavia dagl’Id- dii per glorificazione di lui presso de’ Macedoni. E ae io non lo ho talvolta approvato nella mia storia, non però mi vergogno di essere l’ ammiratore del grande Alessandro, lo non le approvai talune opere per la ingenuità mia, e per l’ utile de’ m ortali, ia vista del quale io presi a stendere, non senza im­pulso de’ numi, questa scrittura.

Il Fine del Libro settim o .

fi) Cosi chiama 1* Europa e l’ Alia con I* Affrica allora nota .

LE S T O R I E

DI ARRIANOD E L L E C O S E D E L L ’ I N D I A

L I B R O O T T A V O (*)

1. D i qua dal fiume Indo verso 1’ occaso fino a l fiume Cofòne han sede gli Astaceni, e gli Assaceni, popoli certamente Indiani, non perà sì grandi d i corpo, nè sì buoni di animo come gli altri di là dal­l ’indo, nè bruni come i più delle Indie. In antico ubbidirono questi agli Assiri : ma da che i Medi sog­giacquero a’Persiani, anch’essi mandarono dalle ter­re loro a Giro figlio di Gambise i tributi da esso de» stinati. Per l’opposito i Nisei non derivano dagl’io - diani , ma sihbene da* m ilitari, venuti con Bacco* Greci forse, resi inabili alle armi nelle guerre fafr* te da lui nelle Indie, seppure con tai Greci non mi­se ad abitare i volontarj de’ luoghi intorno : Bacco ne chiamò Nisea la regione e Nisa la c ittà , dal monte Nisa; e quel monte ove alla città si avvici­na , ed alle falde del quale Nisa fu fabbricata è det­to Femore per la sciagura sostenuta da lui nel na­scere. I poeti finsero queste cose, ma sen paria ia -tutte le storie Greche e barbare. Negli Assaceni è Massaca, città grande, e nerbo della nazione , e Peu- cèla, città pur essa, e grande nè lontana dell’indo; ma non abitano gli Assacèni se non di qua dall’In- d o , all’occaso, fino al fiume Gofene : la terra poi di là dall’ Indo questa è l ’India , ed Indiane per me

(•) T.o scritto elie sieeue è qui chiamato libro ottavo re r le materie non a- liene dille precedenti: del resto dee riguardarsi, c ricnardtti come Ibro unico e separato, esponendovi!! principalmente le cote delle l id ie , anzi che <juelle •pciaicvi da Alessandro •

O T T A V O *5 i«ono di questa le genti. 11 Tauro, monte che coai chiamasi ancora nell’india , è confine di essa verso settentrione: comiucia il Tauro dal mare verso lo Pamfilia , la Licia , e la Cilicia , e si stende , tra­versando tutta l’ Asia, fino al mar di levante : ond’è che nella estensione sua, dove chiamasi monte Para- pamiso, dove monte Emodo, dove monte Em ao, c dove forse ancora con altri nomi ; e li Macedoni compagni di arine ad Alessandro, Caucaso lo chia­marono , quantunque diverso sia del Caucaso della Sci zia, e così crebbe la fama che Alessandro era scorso infino di là dal Caucaso. Verso l’occaso chiu­do le Indie il fiume Indo, il qual si getta nel gran­de Oceano con due bocche, non così vicine poste infra loro, come In cinque bocche del Danubio, ma come quelle del Nilo, le quali formano il Delta Egiziano ; giacché l’ Indo forma pur esso un Delta non minore ; detto Fatala in lingua Indiana. D a mezzogiorno poi come da levante lo stesso grande oceano è termine comune delle Indie.

2. Alessandro , i Macedoni, e buon numero de’Gre- ci videro la parte meridionale, il Delta delle Indie e le bocche dell’ indo: per altro non iscorsene Ales­sandro la parte orientale , la qual giace di 1& del fiume Ifasi. Pochi ci han descritto ciocché siavi fiqo a l Gange, dove del Gange si apran le foci, dove sorga Palimbrota , la massima città delle Indie al­la riva di questo fiume. Fra tutti il più credibile a me sembra Eratostene da Cirene perche fu scopo suo circoscriverne la estensione. Ora costui dice jche l’in­dia se scendiamo dai Tauro, ove sorge, e seguiamo il corso dell'indo infin dove sbocca nell’Oceano, si stende tredici mila stadj. A questo crede opposto, ma non eguale perchè di dieci mila stadj , il confine dal monte Tauro seguendo il mar di levante, anzi in quél mare si aporge con una punta lunga tremi­la stadj: e questa al dir suo è la larghezza dell’in ­dia . Dice poi che la lunghezza in quaqto va da po­nente a levante fino a Palimbrota, misurata da lui vfer esservi regia strada, comprende dieci milo «tadj,

253 L I B R Oina che nel reato più orientale non è certa , u g u a l­mente . Quanti però ne scrissero secondo la fum a , vogliono che no tal resto dell’ India, compresavi quella sua punta entro mare, scorra a dieci m ila •tadj anch’ esso. Così l’india in tutto è lunga alm en venti mila stadj. Ctesia di Guido ci dice l’ india e- goale al resto dell’Asia, non così dicendo Onesicri­to , che la pareggia soltanto al terzo di questa. Se­condo Nearco in quattro mesi viaggiasi per la p ia ­nura. Megastene tien per la larghezza dell* India la estensione sua dall’ oriente all’occaso, la qual per altri è lunghezza: e tien per lunghezza la estensio­ne da tramontana al mezzodì, la qual per a ltri è larghezza; e dice che ove questa sua lunghezza è più corta contiene sedici mila stadj , come pure che la larghezza ne contiene ventidue mila trecento, laddove più si ristringe .

3. Nelle Indie son tanti fiumi, quanti nell’ Asia intera non sono. I più grandi sono il Gange e l 'in ­do, e ciascuno de'due supera il Nilo di Egitto , e il Danubio della Scizia , e li supererebbe, ancorché riu ­niti l ’uno e l’altro in un letto: anzi a ine pare che degli ultimi due sia più grande anche 1’ Acesine, laddove ricevuti in se l’ Idaspe, l’ Idraòte, e Tifasi, portasi all’ indo; perocché con alveo vi si porta, lar­go di trenta stadj. Forse molti altri fiumi maggiori scendon per 1’ India: ma io niente posso accertare sul tratto di lei, posto di là dall’ Ifasi, giacché di là dall’lfasi non trascorse Alessandro. De’ due fiumi però che i massimi sono, Megastene, e qnanti altri ne parlano, scrivono che il Gange eccede moltissimo l ’indo. Perocché il Gange scaturendo già grande, raccoglie poi nell’ alveo suo la Gaina, l’Erannoboa, ed il Cossoano, fiumi tutti navigabili: quindi in se prende la Sona, il Sittocati, ed il Solomati, naviga­bili anch’ essi: e quindi il Gondocati, il Sambo, il Magone, l’ Agoramni, e l’Ornali: anzi in esso pur gettansi il Gommenasi, gran fiume, il Gacuti, e l’An- domati il qual viene giù da Mandiadini, gente In­diana . Inoltre nel Gange finiscono l’A misti presto

O T T A V O 253Ha città di Catadupi, l 'Ossi magi sopra Pazale, e r Erincso in mezzo de’Mathi, ramo d 'indiani: e di questi fiumi Megastene afferma che niuno è minor dei Meandro, laddove è più navigabile. 11 Gange, dove ne ha meno, tiene una larghezza di cento sta­dj: ma di tratto in tratto nemmen vedeei dov’ess* finisca, perchè l’ acqua impaluda ne’ luoghi bassi, do­ve niun colle sollevasi.

All’ Indo termina finalmente l’Idraote; perchè l’I-draote dopo avere in se ricevuti......... ne’ Cambisto-l i , l’ ifasi negli Astrobei, il Sarango da’Micei ed il Neudro dagli Attaceni sbocca nell’ Acesine, come nell’ Acesine sbocca eziandio fra gli Ossidrachi 1’ I- daspe dopo avere in se ricevuto il Sinaro negli Ari- spei ; e l’ A cesi ne si scarica in fine là nel paese de* Malli entro dell’ indo. Anche il Tutapo , gran fiu­me, pon foce nell’ Acesii?e. Ingrandito l’ Acesine da tanti fiumi, passa, facendolo provalere a tutti , coi nome suo fino all’ Indo. All’ Indo s’incorpora ancora nella Peucelaitide il Gofène, traendo seco le acque del Malamanto, del Soasto, e del Garoea; come vi si gettai] più sopra i fiumi P tareno,e Saparno, non. molto lontani fra lo ro , ed il fiume Soamo il quale scende da’ monti della Sabissa, e' correvi solitari» sempre, e non tocco da altre fiumane. Megastene di­ce navigabili i più di questi fiumi.

4. Non è pertanto incredibile che il Danubio e il Nilo insieme non possano paragonarsi all’ Indo nè al Gange. Certamente sappiamo che il Nilo non ri­ceve altri fiumi nel suo le tto , anzi dal suo letto di­rama de’canali scavati via via per l’ Egitto. 11 Da­nubio poi sgorgando piccolo nell’ origine sua riceve altri fiumi, ma non eguali per numero o per gran­dezza ai fiumi Indiani che vansene all’ Indo o nel Gange; essendone pochissimi navigabili. Degli ultimiio stesso ho veduto 1’ Eno ed il Sao, il primo ingol­farsi nel Danubio ne’confini de’Norici e de’ R eti, e l ’altro ingolfar visi tra’ Peonj: e Taurnno chiamasi il luogo dove congiungonsi. E se taluno ha veduto na­vigabili, altri fiumi che portaosi al Danubio, non

a54 L I B R OJie avrà cfedo, molti veduti. Che se altri brami svol­gere le cause dei tanti e tanto gran fiumi delle In ­die, svolgale pure; mentre io non iscrivo se non ciò che ne fu riferito. Megastene ricorda i nomi ezian­dio di molti altri fiumi, cbe fuori del Gange e del­l ’ indo fluiscono al mar di levante e di mezzogior­no; di talché, dicesi, che ciaquantotto eieno in ta t ­to i fiumi navigabili delle Indie. Per altro nemme­no Megastene ha girato, parerti, gran tratto delle In­die, ma certo più che le milizie compagne di Ales­sandro ; perocché scrive di essere stato presso di Saa- dracota, monarca grandissimo delle Indie, e presso di Poro, più potente ancora di lui.

Narra poi questo Megastene che nè gl’ indiani n- gli a ltr i, nè gli altri agl'indiani aveano portata mai guerra. Che aesoscri di Egitto dopo avere sottomes­sa colle armi gran parte dell’ Asia , giunto all’ Euro­p a , ne retrocedette: che lo Scita Indatirsi, sboccan­do dalla Scizia, debellò molti popoli d’ Asia, e cor­se e tenne perfino l’Egitto: che Semiramide, l’ Assi­ria regina, meditava una spedizione neif Indie, ma ne mori con essa innanzi tempo, il disegno: e che in fine Alessandro, l’ unico infra tu tti, vi condusse un esercito. Che poi prima di Alessandro anche Bac­co ve lo conducesse e vi prevalesse ; è voce assai gran­de; come è pur voce, quantunque men grande, che Ercole prima di Bacco vi penetrasse. E della spedi- sione di Bacco è pur qualche monumento la città di N isa , il monte Fem ore , l’edera che in esso germo­glia , lo andarsene degl’ Indiani a combattere fra timpani e cembali, e l’ uso che fanno, come le Bac­canti, di vesti punteggiate di macchie; laddove noa molti sono gl’ indizj della venuta di Ercole. Impe­rocché quel che dicesi, che Alessandro pigliasse a forza la rupe Aorno, non superata nemmeno da E r­cole, io mel credo un Macedonico esaltamento; qual fu pure il dar nome di Caucaso al Parapamiso il qual punto al Caucaso non appartiene; o il favoleg­giare che l’antro indicato loro tra’ Parapamisadi era quello appunto» ove il Titàno Prometeo giacque so-

O T T A V O 355•peso per la rapina del fuoco. Così veduti i Sibi « gente indiana, ammantaci con pelli, divulgarono che erano i Sibi un avanzo dell’armata di Ercole, tanto più che portan la clava, e con la clava mercano i bovi, ciocché pareva ad essi un riscontro con la maz- aa di quel guerriero. Ma ae tanto ai dee pur crede- re , convien dire che aia questi nn altro Ercole, non il Tebano, nè il T irio , nè 1’ Egizio, nè qualunque, nitro gran re di popolazioni citeriori, non lontane dall' India . E tale confutazione sia per queeto sol­tanto che non ci paja credibile, qnanto ci ei narra delle cose indiane di là dal fiume Ifasi; perocché sa le cose di qua di esso fiume non è da discredere io tutto a quelli che seguivano Alessandro. Megastene •crive eziandio sulL’lndiano fiume Sila che uscendo da una fonte, che Sila pur chiamasi, scorre pel pae­se de’Silei, cognominati anch’essi come il fiume e la fonte, c*n acque tali, che a niun corpo resisto­no, sicché niuno ve ne galleggia o vi naviga, ma tutti vi affondano. Ond’ è che sono queste infra tut­te , le acque più istabili, e più simili all’aere.

5. Piove tra la state nell’ India, specialmente nel monte Parapamiso, nell’ Einòdo, e nell’ Imaco , da* quali giù si travolgono grossi e torbidi fiumi: anzi allor piove ne’piani ancora, e per modo che ne im ­paludano . E 1’ esercito di Alessandro fuggi nel mez­zo della state dai lidi dell’ Acesine che traboccava le acque ne’ piani. Da ciò può conghietturarsi onde •ia l’eguale vicenda del Nilo; vuol dire è ben veri- eimile che nella state aoprabbondino le piogge su’mon- ti dell’ Etiopia, e che di poi per esse il Nilo goni), se ne intorbidi, e tra ri pi su* campi Egiziani. Certo in quella stagione egli corre, quale non correrebbe nè per le nevi che sciolgansi, nè pe’ venti periodici che col soffio loro ne rattenessero, percotendo, le onde . Aggiungi che il calor che vi domina, non con­sente che i monti dell' Etiopia aieno coperti dalle nevi} e non è fuori del verisimile che aieno inonda­ti dalle piogge, come i monti Indiani ; quando l’ E- tiopiche terre dall’Indiche non dissomigliano . Che

a56 L I B R Opiù, li fiumi Indiam danno i cocodrilli, i pesci, i cetacei appuato del Nilo, toltone l'ippopotamo ( i ) , quantunque al dir di Onesicrito, questo ancor vi si generi. E la forma dell’ Indiano non affatto da quel­la discorda dell’ Etiope . Ma gl’ Indiani del mezzo­giorno meglio ti figuran 1’ Etiope, bruoi il volto a vederli, e bruni la chioma; ma nè sì piatti in quel­l e , nè sì ricciuti nell’a l t ra , laddove negl’ indiani Boreali vedi piuttosto il taglio Egiziano.

6*. Megastene assegna cento diciotto popoli alle la» die; e consento anch’ io che sieno ben molti: non però so vedere perchè scrivane con tanta precisio­ne , e donde la ebbe, quando egli non girò le Ind ie se non in picciola parte, nè le genti hann’ ivi tu tto commercio infra loro. Nel vecchio tempo gl'indiani furono pastori come gli Sciti, i quali alieni dall’ a ­gricoltura ed erranti co’ loro carri, alloggiansi ora in una, ora in altra parte della Scizia, senz’abitare c ittà , nè riverire templi de’Numi. Così non avean essi non città, non santi ediiizj. Vestiti di pelli di fiere se ne uccideano, cibavanei della corteccia, o di non so che, polposo, il quale come in cima alle palme, ivi nasce negli alberi detti Tala con indiana parola, anzi cibavansi pure delle carni crude delle fiere se ne preodeano, prima che Bacco venisse nel­le Indie. Ma venutovi ed impadronitosene, vi fondò città e leggi civili, diedevi ai popoli il vino come alli Greci, e v'introdusse la seminazione ed i semi; sia che là non giungesse Triptolemo l’inviato da Ce­rere a far seminare per tutto la terra, sia che in­nanzi a Triptolemo un Bacco vi giungesse e recas- sevi i semi de’ frutti gentili. Dicesi che Bacco il pri­mo insegnò quivi ad aggiogare i bovi all’a ra tro , che rivolse i più degl’ indiani in agricoltori, di pastori che eraoo; che ii corredò di marziali stromenti, e gli addusse insieme a venerare gl’Iddii, come sestes-io , a suon di cembali e timpani; che v’ istituì la

(0 Cavallo di fiume. Specie di animale per meti anfibio, con quattro piedi non t tm u u u e , che-abita piti nell'acqua che su la (erra.

O T T A V O a 57-saltazione satìrica, detta Cordaca tra’Oreoi, l’ uso di nodrire per lo Dio la chioma, quello di avvolger^ •eia tra le bende, e di darsi fragranza con gli uà» guenti, di guisachè que’ popoli seguivano ad ir co* cembali e timpani alla battaglia anche ne’ tempi di Alessandro. Ordinatevi tali cose , qoando Bacco par­tì dalle Indie, vi mise re Sp8rtemba, 1’ amico suo, peritissimo dei riti di lui. Morto Spartemba dopo uà regno di cinquanta due anni, gli succe<iette il figlio Budia, che lo tenne per venti. DopO Bitdia lo rie»* vette Gradua il suo figlio; come poi per lungo tem-

{10 da*padri eziandio lo ereditarono i figli. Che se a regia stirpe finiva; sceglievano gl’ Indiaoi il mi*

gliore fra essi ; e re lo creavano.U Ercole venuto secondo la fama nelle Tndie, gl’in­

diani lo credono nn indigena, loro, e si venera, prin­cipalmente da’ Suraseni, ramo d’ indiani, nella re­gione de* quali sono le due grandi città Metòra, e Clisobora, e scorre il Jobàre; fiume navigabile. Me­gastene scrive (e ciò narrano pur gl’ ludiani) che questo Ercole da vasi 1* apparato che 1’ Ercole di Te­be : che esso ancora unitosi a molte mogli ebbe nelle Indie molti figli ma una figlia soia: che Pandea de­nominò la fanciulla, e Pandea pur disse la regione, dove ella nacque e la quale poi diede in governo alla fanciulla, consegnandole ancora cinque cento e- lefanti, quattro mila uomini a cavallo, e centotren­ta mila a piede; ciocchà pur dicono alquanti India­ni: che costui corso il mare e la terra, e purgatone ogni male, trovò in quel mare un ornamento mulie­b re , della cui specie anch’ oggi ne recan dalle Indie i Mercadanti che di là ci portan le merci, con tan­ta solerzia comperatevi: che li Greci un tempo ed ora li Romani più doviziosi e benestanti procuraro­no e procuran di avere a prezzo ancora più grande, 1« margarite (così le chiamano in lingua Indiana) di quel mare , Or ciò nacque perchè Ercole ravvi­sata la margarita trovata per cosa di vaghissimo or­nato, fe rintracciarne le simili in tutto 1’ Indico ma­re ; siochè l’ abbigliamento fossero della unigenita

A r r i a n o . 17

258 L I B R O■n a . Megaslène aggiunge che pescati colle reti 1» conchiglia della gemma; e che iatorno di essa stan­t i , quasi sciami, pel mare altrettante conchiglie : pe­rocché tengono queste no re o regina loro come le api. £ chi prendesse un tal capo ben tosto gli ri­durrebbe intorno tutte le altre; laddove se il capo fuggasi, nemmeno le altre si posson più prendere £ che qnei che le pigliano lasciano marcirne le carni) e poi ne volgono 1 osso in ornamenti: che nell9 In­dia trova nei margarite , preziose il triplo dell’ oro purissimo » il quale nell’ India medesima si cava : che <iel paese, dove regnò la figlia di Ercole, le femine trovansi nubili in età di sette anni, ma non viveuo il maschio piò di quaranta; «osa che dicesi pure da­gl' Indiani.

Dice ancora che Ercole generata avendo ben (ar­di la figlia, e sentendo ornai giungere il fin suo, nò trovando a coi maritarla degnamente ; egli stesso per lasciare alle Indie una schiatta di re , coperse e co­nobbe la fanciulla nel settimo anno di lei; ohe 1* rendette egli stesso in tal anno idonea alle nosse, e che fin dall’ ora ebbero un dono eguale da lui tutte le fanciulle delle terre sulle quali Fandèa dominava. A me però sembra che se £rcole potè lasciarsi a tan­to disordine, mostrò pur se stesso di assai corta vita ( i ) col mescersi alla tenerella. Imperocché se 1’ an- sidetta ivi è la stagion veramente della pubertà mu­liebre, ne segue, parm i, su la età virile che gli uo­mini vi muorano provettissimi a quaran tann i; per­chè la vecchiezza e colla vecchiezza la morte tanto viene più presto, quanto il fior più sollecita degli anni. Ond’è che ivi gli uomini a tre n ta n n i avran la prima vecchiesza, a venti saranno ad u lti , e circa i quindici nel vigor più grande della pubescensa; come per le donne spunta col settimo anno l’ aurora delle nozze. £ Megastène scrive che anche i frutti ivi maturano e passano più speditamente che altrove.

(t) Nel tetto r [JMX,po(itUT£(>9V i i P>& Umga vita : il testo par chiedete

MtfOjStVTtpOy onde averne u temo che ne abb ia» p roem ato .

O T T A V O *5gf . Gl* Indiani contano da Bacco fino ad Androco»

to cento cinquanta tre re , e seimila quaranta dueanni. In questi si ebbe tre volte ia lib e rtà .........(1)poi per trecento anni, e quindi percento venti. Di­cono ancora che Bacco precedette Ercole per quin­dici secoli, e che uiun altro portò ia guerra nelle Indie: e nemmen Ciro il figlio di Cambise, quantun­que la portasse Ciro contro gli Sciti, e sia stato o- perosisnmo infra tutti i monarchi deli’Asia. Ma che vennevi alfine Alessandro, e dovunque venne la sot­tomise colle arm i, ed avrebbela sottomessa anche tut­ta se l’ esercito suo volea seguitarlo. Del resto che nemmeno alcun Indiano fu mai spedito fuori della patria a far guerra; perchè la giustizia noi vuole. Intorno alle Indie si narra pur questo: vuol dire che gl’ Indiani noo ergono monumenti a chi muore; per­suasi che le virtù e gl’ inni, onde le virtù se ne lo­dano, propaghino abbastanza la memoria de’ mortali.

Non è poi facil cosa definire con numero certo le cittadi Indiane per la moltitudine loro. Quelle che in su i lidi sorgono de* mari o de’fiumi con form i te di legno, perchè fabbricate di mattoni non dureria- no gran tempo per 1’ acqua che diluvia dal cielo, o •bocca da*fiumi ed inonda; ma le altre edificate in luoghi propizj, eminenti, e sublimi veggonsi ordina­te con mattoni e cementi. La più grande è Palim- botra, città de* Gadrosj nella confluente dell’ Eran- noboa e del G ange, fiumi ambedue; ma l’ ultimo è il massimo, e l’altro è il terso de’ fiumi Indiani, e perciò maggiore anch’esso di a ltr i, ma non del Gan­ge ; nel quale anzi scarica ie acque. Megastene di­ce che la città , dove piò se ne «tende l’abitato, tie­ne l’ uno e l’altro lato lungo ottanta stadj, ma è lar­ga solo di quindici: che è cinta con fossa, ampia sei p letri, e profonda trenta cubiti, e di mura insie­me nelle «jjuali sono cinquecento settanta torri, e ses­santa quattro porte. L’altra gran rarità delle Indie è che tutti gl’ Iudiani son liberi e aiuo serve ; nel

(t) li testo <jni tem bn mancante.

<260 L I B R Oche con quel popolo somiglia il popolo di Sparts. Ma in Sparta gl’ ilòti sono mancipj; e vi servono; laddove nelle Indie nè l’ Indiano, nè altri vi è schiavo .

8. Dividonsi gl’ Indiani in bette ordini principal­mente . D i questi il piò piccolo in numero ma più riverito per grado e stima è quel de’ Sofisti. Liberi da opere manovali, e lìberi da travagli e pesi co­muni non hanno altra incumbenza da quella di por* gere sagrifiz) agl’Iddii pel pubblico degl’ indiani: e se un privato anch’ ei vuol far sagrifizj; debbo un qualche sofista sopraintendervi, quasi in altro modo non piacciano in cielo. Son essi gli unici che cono­scano nelle Indie la Divinazione, nè concedesi pra­ticarla se non a’sapienti. Vaticinano sul corso del­l ’anno, e so dee sorgere pubblico male: nè vaticina­no su’ casi de’ privati sia che là divinazione non di­scenda alle picciole cose, sia che noi pensino degno di lo ro . Se alcuno sbaglia per tre volte i presagj, dee, eenz’ altro m ale, tacere nell’ arte sua per sem­pre; e niun pnote obbligarlo a lasciare il silenzio, quando siavi condannato. Stann’ essi nudi questi sa­pienti, nell’inverno all’aperto sole, ma nella state, quando il sol cuoce, in luoghi bassi e freschi appiè de’grandi arbori: de’ quali (tanto ve ne son spazio­s i!) taluno al dir di Nearco getta un’ ombra larga di cinque plettri; sicché mille persone vi si posino. Mangiano i cibi delle stagioni, e la scorza degli ar­bori nutritiva, e dolce, nommen eh» i fratti delle palme .

9. Dopo quel de’ Sofisti vien l’ordine degli Agri­coltori , assai numeroso nelle Indie. Non han già que­sti le armi per la guerra , anzi alla guerra affatto non pensano, ma lavorano i campi, e porgono i tri­buti ai monarchi c alle città libere, quante ve ne sono. Quando i popoli insorgono l’ un contro l’a ltro , non lece toccare gli agricoltori, nè devastarne le ter­re : tanto che tranquillissimi arano, vendemmiano, potano, o metono, quantunque la guerra sia presso loro, e quei che la fanno vi si uocidano, come in-

O T T A V O 261coatra, a vioenda. Spettano alla terza classe nello Indie i mandriani, pastori e bifolchi, nè questi haa sede ferma ne’ villaggi o nelle città , ma la permu­tano, come i pascoli, e vivon pe’ monti: anch’ essi danno pn tributo de’ bestiami j e fan per que’luoghi la caccia de’volatili, e delle fiere. Quarti eieguono mercadanti ed artieri, tributar) t a t t i , ciascuno per l’ arte sua colla quale ministrano alx pubblico, se ne eccettui li fabbri di arme i quali son anzi dal pub­blico stipendiati. Inchiudonsi in tal quarto genere facitori di barche e barcaiuoli, quanti vanno con es­se navigando i fiumi. La quinta Glasse è quella de* Militari: prossimi questi di numero agli agricoltori, ma più brillanti e più liberi, non operano che nelle azioni sole di guerra: del resto altri fa le armi, ed altri tien pronti per loro i cavalli : e nel campo ev- vi pure chi assiste ai cavalli, chi forbisce le armi, chi mena gli elefanti 1 chi appresta i carri 0 li gui­da . Essi quando è guerra , guerreggiano ; ma in pa­ce vivonsi lieti coti pubblico soldo, ampio da sosten­tarvi comodamente anch’ a ltri. Hanno il iesto luogo gl’ Ispettori che chiamano, e questi osservano tutto dentro e fuori dell’abitato, e ne dan conto ai mo­narchi se a’ monarchi soggiacciono i popoli, o se li­beri sono, ai lor magistrati, Non debbono rapporta­re il falso, nè mai veran Indiano ebbe taccia di men­titore . I settimi finalmente deliberano su’ pubblici af­fari co’ sovrani, o co’ magistrati nelle repubbliche : sono questi pochi di numero, ma cospicui infra tutti per giustizia e per senno : è di loro si scelgono prin­cipi, legislatori, prefetti, tesorieri, duci di armato navali e te rrestri, e questori, e capi di Agricoltu­ra . Interdiconsi a vicenda i matrimonj tra quei di più classi come tra gli agricoltori e gli artefici; e niun puote professare due a r t i , nè passare da una in altra classe , mutandosi di agricoltore in pastor»0 di pastore in a rtie re . Solamente si concede giu- gnere da ogni classe, alla classe de* Sofisti : perchè non lievi ma penosissime sono le cure di questi Savj più eh? quelle di tu tti.

s 6 i L I B R Oio. G l'Indiani fan la caccia delle fiere come £

G reci; ina la caccia loro degli elefanti a niun’altro, •ornigli*, come oemmen gli elefanti somigliano agli altri bruti. Scelto on luogo piano, aprico, idoneo dti alloggiare una grande arm ata, lo cingono intor- no intorno di fossa larga cinque cubiti ( l) ed alt» quattro: ammassano all uno e all'altro lembo della fossa la terra che scavano , e ne formano come un doppio recinto. Poi miI recinto esteriore sbucan per •e delle nicchie, e vi lasciano de’spiragli pe 'quali giunge la luce, e vi osservano gli animali quando si accostano e passano la trinciera entro cui tengon- •i ad arte tre o quattro femmine elefanti, le più manso e maneggievoli. Non vi è su la fossa che nn transito per un ponte, il qual copresi con terra e •trame in copia; sicché nè il ponte sen veda, nè vi •i tema d'inganno: nemmeno i cacciatori danno a ve­dere sestessi internati ne’ lor penetrali. Gli Elefanti indomiti non si avvicinano di giorno all’abitato: ma tutta la notte girano e pascolano a torm e, seguendo il più generoso infra loro, appunto come le vacche seguono i tori. Ma vicini fatti al ricinto non sì to­sto v’odon la voce, e l ’ odore vi fiutano delle lor fla­mine; correndo vi s’ indirizzano : e tanto aggiransi intorno ia fossa finché imbattoosi al ponte, e trapas­sano. Gl’ insidiatori sentitone il transito, immanti­nente chi recide il ponte; e chi vola a’ villaggi vi­cini per annunziarvi gli elefanti rinchiusi. Alla nuo- va i popolani montano gli elefanti più bravi, e più dimesticati; e s’avviano al recinto, non però vi dan­no al giunger primo la caccia. Aspettano che là fa­me innanzi travagli, e la sete raumilii gli aspri pri­gionieri. E quando par loro che ne stieno a mal termine; ristabiliscono il ponte, ed entrano la trin ­cera . E sa le prime vi è dura pugna tra gli Ele­fanti domestici e i non domestici; ma poi gli ultimi,

*

(■) Nel tetto li leefge O^yvtSC orgia> voce ambigai la quale ora lignifica passo, ora sei piedi, ora t.c p a i, ora la et tensione da mino a mano , com­p ito v i arche il petto . Facio antico ed elefante tradotto» latino di Arriana Interpreti questa vece per subito.

O T T A V O a63affamati, scoraggiti, com’è varisimile « ne ton vinti. Allora i cacciatori scesi a terra inceppano la som­mità de'piedi ai vinti: e fan cenno agli Elefanti do­mestici che gl* investano colle percosse, finché so­praffatti ne stramazzino a terra.

11. In tale stato gl’ intorniano, gl’ incavezzano, li montano, prostrati ancora : e per non esserne scossi dal dorso nd soffrirne altro male, ne intagliano con ferro acato il collo intorna intorno, ed internano nel taglio la capezza, onde tenerne ferma testa e cervi­ce , perchè se indocili la travolgessero, ne sarebbe la ferita straziata dalla corda. Così tenuti, conoscon- si vinti al paragone, e lasciansi menare dagli ele­fanti domestici per la fané . Gli elefanti troppo fre­schi, o non baoni, concedesi che tornino alle sedi loro . Menati nell’ abitato quei che ton presi, vi so­no pasciuti con erbe e verdi germi : e se sconsolati ricusano il cibo, li circondano , li riconfortano con inni, eoo timpani, e con cembali , sonando e can­tando. Imperocché gli elefanti dan segno d 'in telli­genza più che ogni altro animale. E taluno d’essi ha presi e portati a seppellire gli nomini che era­no lor sopra, se morivauo io guerra} taluno gli ha difesi cadnti in terra; tal altro ha per loro in tale stato iqcontrata la morte : e chi si uccise ancora per pentimento e rammarico di aver tra la collera uc­ciso chi lo condaceva. Io stesto ho vednto nn ele­fante che tonava di cembalo, ed altri elefanti che ne danzavano al tuono. Aveva il primo due cemba­l i , acconci l’ ano per parte ai piè dinanzi, ed uno alla proboscide; e regolatamente batteane colla pro­boscide or l’ uno or 1 altro dei due che teneasi a’pie- d i. Intanto gli altri ballavano iotorno, ed alzando• piegando a vicenda i piè dinanzi, moveansi eoa armonico passo , come l'armonia del tuono indicava.

12. Gli Elefanti siéguono come il cavallo ed il bove, i trasporti di amore nella primavera, quando alle femmine loro si schiudono e soffiano alcuni spi­ragli presso le tempia. La femmina porta nell’ utero •edici mesi almeno, tua non più che diciotfo : par*

tì64 li I B R Otoriece come la cavalla un figlio solo, e lo'nutre e o a latte fino agli otto anni; perocché gli elefanti ne v i ­vono iofi.no a dugento. Beo è vero che i più p re - morono di malattia > ma la vecchiezza loro giunge fino a quegli anni (1): se infermarci di occlij; v'in­fondi latte di bove, e ne risanano: per gli a ltr i morbi porgi loro vin rosso, ma spargi e dimena car­ne porcina bruciata su le lor piaghe . Almeno così l ’ india li medica . ' Que’ popoli stimano il Tigre piti forte dell’ Elefante ; e Nearco scrive di aver veduta la pella di un tig re , e non il corpo, ma che gl’in ­diani gliel diceano grande, quanto il più grande ca­vallo , veloce e forte però senza paragone : che quan­do affrontasi coll’ elefante gli salta su la testa e lo strangola. Del resto, che quelle le quali noi vedia­mo e denominiamo Tigri non spno se non le Toe le più grandi con pelli macchiate.

Quanto alle formiche, quali se rivedi per alcuni che nascano nelle Indie, Nearco dice non averle ve­dute: che ne vide però molte pelli recate nel cam­po de’ Macedoni. Megastene tien per certissimo il racconto che le formiche scavino l’ oro, non per cer­care però quel metallo, ma per aprire de’ sotterra» nei dove rinchiudersi ; come le nostre formiche , tut­to che piccolissime, pur cavano alquanto di te r ra . Dice che quelle, riguardatane la grandezza, supe­rano le volpi : e cavan la terra la qual trovasi mi­sta d’auree particelle, e gl'indiani l ’oro ne accoz­zano . Egli così scrive per averlo sentito : ora sicco­me io non ho su questo niente d’ indubitato ; volea*

(■) I racconti di Arriano concordano colla storia naturale. TI Signor Bomarc nell’ articolo Elefanti scrive su di essi : All’elefante j ’ insegna facilmente a pie­gar le ginocchia per dare una facilità maggiore a quelli che vogliono salirviso p ra ..............Questo animale divenuto domestico sembra che abbia con noiil gusto per la musica: almeno si diletta del suono degl' istrumenti, impara facilmente a misurare il tempo, a moversi in cadenza, e ad unire a tempo alcune voci allo strepito dei tamburi ed al suono delle trombe. Ed assai più sotto aer.iunge: Qiiesti animali sono una cavalcatura sicurissima; né v i i pe­ncolo che inciampino m a i . Si dice che i Komani ne avevano addestrati alcuni a ballare su la corda . . . . la durata della vita di questi animali non i ben conosciuta ; dicono alcuni che vivano fino a cento venti ed anche fino a duecen­to a n n i ..............1 Negri fénno commercio cogli Europei di difese di elefanti,fanno scudo colla pelle di essi, ne amano la carne e la trovano eccellente> specialmente quando ha acquistato un forte odore di salvatico .

fieri làscio d i più parlarne. Nearco fa le meraviglie su i pappagalli delle Indie , perchè sono uccelli , « dan voce come la utnana. Ma io noi do come por­tentoso , perchè conosco l’uccello, avendone veduti m olti, <e taluni ancora intanto che volavano . Nem­meno dirò come l’ Indiche Scimmie sian g ran d i, co­me belle, e come- sian prese , perchè notissime co­se direi, toltane questa, che belle scimmie ci abbia ia qualche contrada. Nearco narra che ivi si dà la caccia anche a serpi macchiate e prestissime, che Pitone il figlio di Antigene ne prese una, lunga se­dici cubiti, ma che gl’indiani affermano che assai più langhe sono le più graodi di esse : che i Greci Medici non trovavano rimedio -ai morsi di quelle , ma intanto gl’ Indiani ve lo apprestavano . Aggiun­ge che Alessandro tenea per questo presso di se li' medici più insigni delle Indie, mandato il bando tra l ’esercito che chiunque fosse morsicato ne venisse al­la sub tenda: che que’ medici sanavano par gli a ltr i m ali; che di mali non sen creano molti nelle Indie per la tempera felice delle stagioui, ma sopravve­nendone de’straordinarj hanno ricorso ai sofisti i qua­li carano quanto è capace di cura, non senza cre­dito di lame divino .

l 3. Usano gl’ Indiani, «econdo Nearco, vesti di li­no, di quello ricavato dalle a rb o ri, del quale a l­trove ho ragionato. Candidissimo è questo lino infra ta tti, seppare il brano color di que’ popoli non ri­levane la vivacità del candore. Portano ona tunica la quale discende fino a mezza la gamba: ed alla tunica nn manto soprappongono che parte agli ome­ri avvoltesi e parte al capo. Non tatti ma i più a- giati infra loro portano orecchini di avorio. Tingo­no al dir di Nearco la b a rb a , e chi vuol che appa­risca bianchissima, chi fosca, chi rossa, chi purpu­rea , e chi verde infine . I più riguardevoli per di­fendersi da’ raggi estivi portano innanzi di se le om­brelle. Calzano a’piè scarpe di bianco corio, va­ghissime di lavoro, e con base varia ed e rta , onda apparirne più a lti .

O T T A V O «65

#66 L I B R ONon no* è la forma Indiana delle armatore. LÌ

fonti han l’arco , la ago quanto se* te sei. Appoggia­tolo in te r r a , lo sottendono col piè sinistro, e r i acconCiao gli stra li, lunghi poco inen di tre cobiti, tirandone moltissimo indietro la corda : nè scindo, nè usbergo, nè s* altro vi è di più solido, resiste al tra r degli archi Indiani. Alla sinistra han lo scudo di pèlle -vaccina piò stretto s ì , ma poco men lungo del­la persóna. Taluni in luogo degli archi han dei lan­ciotti. T atti han la spada larga s ì , ma non lunga più di tre cubiti : vi dan di piglio venendosi ( e di raro vi si viene ) a corpo a corpo ; e la movono eoa ambedue le mani al colpo, per aggravarlo. I Sol­dati a cavallo portano due lanciotti simili ai D aonj, ma scudo piò piccolo de’soldati a piede. 1 loro ca­valli non han sella, e non servono alle mosse di un freno , come è il freno de’ Greci o de’ Celti. Reca­no intorno la sommità della tocca strisce cucite di pelle bovina non concia, donde sorgono aculei non molto puntuti, ansi torti in dentro, di rame o fer­ro , o di avorio come da quelle de’ più ricchi, ma dentro la bocca recano come piccola yerghetta di ferro alla.quale si accomandan le redini. Ond’è che tirandosi le redini quella verghetta preme, e que-

fli aculei pungono, nè resta al cavallo altro che ub­idire .

14. SoaO gl’ Indiani smilzi, a lti , leggieri più che gli altri uomini : van su camelli » su cavalli, su gli asini; e i più agiati su gli elefanti: ma l’ andar so­vrano è là su gli elefanti, l’ andar secondario è l’es­sere tirato a quattro cavalli ,jSl terzo da’ camelli, e l’ultimo infiae ed ignobile affatto da un solo caval­lo . Le donne le più caste, che ivi non cederebbero a presso, si ammansano pòi per un elefante: nè ciò fare è biasimo per una Indiana 4 anzi laudasi che la sua bellezza meriti un elefante. Non danno nè rice­vono dote le donzelle nel maritarsi: perocché li pa­dri ne portano in pubblico luogo tutte le nubili ; ed ivi, ciascuno, se ne scelgon la sua, li vincitori nel­la lo tta , nel pugilato, o nel corso, o per altra vi-*

O T T A V O *67rile eecellenia. Gl* Indiani arano e ai cihaa di pa-* ne , toltone quelli della montagna, i quali si cibano di carne di fiere. Ma su le cose Indiane bastimi a- verne dichiarate queste , flome le più distinte tr% quante ce ne descrissero Nearco e Mtgastene, pre­giati autori, ansi non sieno se non come un episo­dio al dir mio : perocché non è questo indiritto a svolgere tutti gli usi indiani, ma debbe ora solamen­te far conoscere come Alessandro ritraesse dalle In­die l’esercito nella Persia.

l 5. Dopo che Alessandro ebbe pronte le navi ne* lidi dell’ Idaspe raccolse tutti i Fenici, i Ciprj, e gli Egiczj i quali lo aveano seguito nell’ altra spedizio­ne, e le riempì di loro, e di loro scelse i remigan­ti e i ministri piò periti di marinerìa . Trovaroflsi in oltre nell’armata non pochi isolani, e quei della Jonia e dell’ Ellesponto, tutti versati in ehnili cose. Furono costituiti duo» delle Triremi Efestiorte di A* m inta, Leonnato di Euno, Lisimaco di Agatocle , Asclepiodoro di Timandro, Arconte di Clinia, De­monico di Ateneo, Archia di Anassidòto, Ofelia di Sileno, e Timante di Pantiado i quali ta tti eran Pel- le i. Gli Amfipolitani, duci ancor essi, furono Near­co figlio di Androtimo Cretese il quale descrisse questa navigazione, Lampedonte di Larico , ed An- drostene figlio di Caliistrato dalla Orestide Cratero figlio di Alessandro, e Perdicca figlio di Oronte ; dagli Eordei Tolommeo figlio di Lngo, ed Aristòne figlio di Niseo ; da P idna , Metròne figlio di Epicar- m u, e Nicarchide figlio di Simo: inoltre Attalo figlio di Andromene, e Stimfeo e Peucesta di Alessandro Mioze ; Pitone di Crntea; Alcomeneo, e Leonnato di Antipatro, Egèo, e Pantauco di Niccòla, Aiarite • Millea*di Z o ilo Beroese. E questi erano Macedoni tu t t i . D i Greci v’ erano Medio Darisèo figlio di Osi" temide, Eumène Cardio, figlio di Geronimo, Crito- bolo Coo figlio di Platone, Tnante di Meoodoro, • Meandro di Maijdrogene, ambedue Magnesii, All* drone figlio di -Carbeleo da Teio ; Nicocle figlia^di ?asicrate da Cipro$ Sòiio e Nttadone figli di Poite-r

o68 L I B R Ogoreoda Salamioa ; e v’ era anche nn Persiano d a - co di trireme > e questo era Magòa di Farnucheo i Onesicrito Asti paleo governava la nave del M onar­ca : Evagora figlio di Eucleone da Corinto era lo scriba, e Nearco figlio di Androtimo era l’ am m ira­glio di tutta la fiotta. Era questi Cretese di lignag­gio: ma la sua casa era in Amfipoli presso dei fiu­me Strimòne.

Ordinate in tal modo le cose Alessandro fe sacri­ficio agli Dei della patria , ed altri suggeriti dagl’in ­dovini, a Nettuno» ad Amfitrite, alle Nereidi, ed all’oceano stesso, come all’ Idaspe dal quale parti­va , all’ Acesine ove imbocca l’ Idaspe, ed all’ Indo ove l’ uno e l’altro finiscono. Apparecchio spettaco­li ginnici e musicali; e còmpartì vittime di schiera in schiera per tutto l’ esercito. E quando tutto fu pronto per la partenza; Cratero andò per ordin suo, lungo una riva dell’ Idaspe con truppe a piedi e a cavallo, marciando Efestione su la riva opposta con esèrcito più numeroso e con gli elefanti, i quali era­no quasi duecento. Esso Alessandro poi menava se­co i soldati con lo scudo, li saettieri, ed il reai cor­po de’ cavalieri detti gli amici, ottomila in tutto. Cratero ed Efestione avean ordine di marciare innan­zi, ma di attendere sempre la flotta. Filippo, il Sa­trapo di quella regione fu spedito lungo i lidi del- l’ Acesine anch’ egli con molte migliaia ; perchè già la milizia compagna di Alessandro formava un cen­to ventimila , compresovi gli nomini tra tti dalle ma­remme } e già parecchi spediti a far leve erano tor­nati a lui con barbari ed a/me di ogni genere. Egli fattosi a navigare ne andò su l’ Idaspe, fin dove l’I- daspe all’ Acesine si congiunge. Solcava le acque con ottocento navi lunghe o tonde da carico, pel tra­sporto di cavalli e de’ viveri. Ma io già con altro attico scritto ho narrato com’egli navigò per que’fiu- m i , le genti che sottomise in mezzo di quella spe­dizione, il pericolo in che venne, e la ferita che ebbe tra’ M alli, e come Peucesta e Leonnato ve lo difesero caduto a terra: pertanto ora non esporrò

O T T A V O 369con lo scrìtto se non la navigazione di Nearco dal­la foce dell* Indo per l’ oceano lino al golfo Persico, detto da taluni anche Eritreo.

16. Di questa navigazione così scrive Nearco: A- lessandro sentì desiderio di correre il mare dalle la ­die alla Persia: inquietavalo però la lunghezza dei corso, come il poter capitare in terre deserte, im- portuose, o non provvedute abbastanza de’ prodotti delle stagioni, siochè la flotta glie ne perisse, e tal macchia, non lieve dopo le sue grandi azioni, an­nientasse tutta la sua felicità. Vinse in esso perà l’ambizione di far cose ognora nuove e straordina­rie : solamente dubitò chi scegliere non disegoale ai concetti di lu i , e come togliere ai soldati delle na­vi la panra di essere in quella spedizione mandati improvidiseimamente a manifesta rovina. Nearco nar­ra che fattosi Alessandro a parlare con lui sul tro­vare un capo alla flotta, a mano a mano che gli venivano in mente gli uni o gli a ltr i, quali teneali da parte come alieni da quei pericolo, quali coinè fiacchi di spirito, quali come pieni dell’ amor dell* patria , e che ad altri dava anche altre imputazio­ni: che per tanto Nearco esso stesso gli soggiunse: Sire io per Capo m i t i offero della tua f lo tta : ed% assistendomi il cielo , io condurrò salve le n avi, « salvi g li uom ini nella P ersia , se pure il mare ne è navigabile, e la impresa non impossibile per opera d’ uom o. 11 re non voleva ia parte dar vista di e- sporre alcuno degli amici a tanti travagli e perico­li; ma l’ amico non che ral tentarsene « v’ insistè tan­to più vivamente . Ond’ è che tanto piacque la insi­stenza ; che il re lo elesse per capo della spedi­zione .

17. Tranquillosdene allora l’ armata e quanti mi* nistrar vi doveano , sembrando loro , che se non po­teano restar salvi ; il re non porrebbe mai Nearco a rischio tanto evidente . Anzi la grandiosità del-» l ’apparecchio che poi sen fece, e l’ ornato delle na­vi , e le sollecitudini de’capi verso la milizia e 1« ciurme, furono tanti stimoli nuovi a dar loro corag-

sfo L I B R Ogio e buone speranze so ia impresa^ Giovò par mol­to ad inanimarli l’essere Alessandri stesso uscito dall’ una e dall’ altra bocca dell’ indo a navigare ia •ul mare, lo avere esso fatti sagrifizj a Nettuno, e agli altri equorei Nomi , e dati magnifici doni al mare medesimo; soprattutto però gli affidava la pro­sperità meravigliosa per ia quale non imprendeaosi da lui ae non cose che in bene ei terminassero. A- dunque cessate l’Etesie, venti periodici che ivi epi- ran tutta la estate dal mare verso la terra e vi gua­stano la navigazione, sciolsero dai lidi il ventesimo giorno del Mese di Agosto nell’anno di Cefisiodoro Arconte di Atene, se contiamo all’Ateniese, o se alla Macedonica e all*Asiatica, l’anno undecimo del regno di Alessandro } ma prima di sciogliere anche Nearco fe eagrificio^a Giove conservatore, e diede i giuochi ginnici.

18. Usciti nel primo giorno dal porto se ne allon­tanarono a seconda dell’ indo per cento stadj fino al grand* alveo che Stura si nomina : dimoratovi due giorni procederono il terzo per trenta altri stadj fi­no ad un altr’ alveo di fiume, salsugirìoso nelle ac­que, perchè il mare v’ insinua le sue, crescendo pel flusso, e ve ne lascia rifluendone ancora. Da questo luogo, che Caumana addimandasi, navigando altri venti stadj sempre a seconda del fiume, giunsero a Coreate, donde pur navigarono, ma non molto: per­chè scoprivasi a fronte un gran masso laddove l’in ­do sbocca nel mare ; e spezzatasi 1’ onda ne’ lid i, a- sprissimi per sestessi. Adunque ove il masso era più Cedevole, scavarono un canale, lungo cinque stadj, e vi passarono al sopraggiungere dei flusso le navi. D i poi continuando il corso per cento cinquanta •tadj capitarono a Grocàla, isola arenosa, e vi stet­tero anche il giorno seguente. Prossimi all’ isola so­no gl’ indiani, de’ quali ho pur fatta menzione nel­l’altro mio scritto più ampio, e li quali ckiamansi A rah j, dal nome appunto dell’ Arabio, fiume che vassene al mare, scorrendo per Je terre loro, anzi dividendole dalle terre degli O riti. D a Crocala ri-

O T T A V O 271presero il viaggio, avendo a destra il monte Irò , ed » sinistra un’ isola paludosa la quale sporgesi inverso del lido, e formavi no picciolo golfo. Passati per questo vennero ad an porto assai placido, coi Near* co .il porto lo denominò di Alessandro per l’ampiez­z a , e per la bontà. Lontana quanto due stadi, da questo asilo di navi ecci una isoletta chiamata Bibat- t a , ma tutto il paese è detto fiiangàda. £ questa iso> letta opponendosi al mare, questa forma quel porto. Qui continui e gagliardi spiravano i venti del mare; ond’ è che Nearco temendo che un qualche branco di barbari non si concertasse e volgesse a predare l’a r­m ata , cinse intorno quel lpogo con muro di sassi. Fu questa dimora di ventiquattro giorni, e Nearco scrive che i soldati si diedero in busca di sorci ma­rini e di ostriche, ivi chiamate Solene , ma grosse straordinariamente, se a quelle si paragonino de’ no­stri mari; e che intanto vi bevvero acqua salmastra.

19. Sedatosi il vento, tornarono in mare, e dopo sessanta stadj presero terra in un lido arenoso: in­contro sorgegli un’ isoletta , ( Doma ne è il nome ) deserta sì, ma che riparalo; e vi posarono. Non era­no acque nel lido, ma inoltratisi circa venti stadj entro te rra , ae trovarono delle eccellenti. Nel gior­no appresso navigarono fino a notte trecento stadj verso Saranga: e fermaronsi presso ad un lido che avea lontane le acque otto s£adj. Donde rimettendo­si in corso approdarono a Sacala, luogo deserto. D i quivi passati fra due scogli tanto vicini fra loro, che toccavansi co’ remi di qua e di là della na 'e , ed avanzatisi per trecento stadj furono ne’ Moronte- bari in porto ampio, cupo, tondo, non fortunoso, ma stretto di bocca, chiamato da’ paesani porto del­le Donne, perchè una donna signoreggiò la prima in que’ luoghi. Dopo il transito tra que’scogli tro- varonsi tra flutti e tra muggiti più grandi di inare; nondimeno assai parea loro gran cosa quel transito. Nel giorno appresso viaggiarono avendo a sinistra una isoletta ma così prossima ai lidi, che non parea quella staccata da questi se non per un fosso . Set»

L I B R Otanta furono i stadj viaggiati, e que’ lidi erano fol- ti di arbori, e quell’ isola ombrifera ovnnque. Sa l ’ alba uscirono dall’ isola ma per un alveo angusto , perchè le onde refluivano ancona: e proceduti bea cento venti stadj, entrarono nella foce del fiume A- rabio il porto che ivi trovasi, capace e ben fatto, ma sfornito di acque bevibili, perchè nella foce il maro col fiume confondesi. Ma corsi innanzi quaranta sta- dj a ritroso del fiume, e giunti ad un lago vi prò- videro l’acqua, e retrocederono al porto. Sovrasta a questo un’ isoletta a lta , deserta, abbondevole in­torno d’ ostriche e pesci d’ogni maniera. E fio qua si stendono ed abitano gli Arabj, ultimi delle Indie: piò oltre è degli O riti.

20. Levatisi dalla foce dell’ Arabio costeggiarono intorno gli Oriti: e dopo dugeato stadj si ancoraro­no (consentendolo il luogo) presso di una rupe ia Vagala. Or così stando in mare le navi, altri ne an­darono a far acqua. Nel giorno appresso entrati a prim’ alba in cammino, e continuatolo per trecento stad j, giunsero verso sera a Gabàna, e fermarono lo navi rimpetto di una-riva deserta ma in alto mare, per essere quella tutta interrotta e scogliosa: tanto più cauti .che in questa navigazione erano stati inve­stiti da un gran vento di mare, e ne erano perite due barche lunghe ed una da carico, sebben gli uo- mini se ne salvassero a nuoto, come non lontani da terra . Circa la mezza notte ripreso il viaggio avart- aarono finoaCocàla, lontana dugento stadj dal loco donde venivano. Or qui Nearco, ancorate in mare le navi, fe scendere , e ne attendò su la terra le mi­lizie, assai travagliate dal mare e desiderose di ri* poso; trincierandone gli alloggiamenti per cautelarsi da’ barbari. In questo luogo Leonnato incaricato da Alessandro degli Oriti avea vinti con segnalata azio­ne essi e quanti gli sostenevano, uccidendone seimi­la e tutti i capitani con perdervi appena quindici a cavallo, pochi appiecle, ed Appollofane Satrapo de' Gadrosj. Ma già. nell'altro mio scritto ho racconta­to un tal fatto e come Leonnato tra’ Macedoni ne

fti rimunerato da Alessandro con corona di oro. B qui pure dietro l’ordine di Alessandro teneansi pron­ti i grani per la flotta, e tra dieci giorni furono imbarcati. Ristorò Nearco le navi fin qui danneg­giate , e dati a Leonnato per fanti taluni de’ suoi, non buoni pe’ servigj di mare, ne trasse in mare al­tri di que’ di Leonnato.

a i . Partiti con propizio vento eorsero cinquecen­to stadj, e giunsero ad nn fiume pari ad un torren­te . Tomìro è il nome del fiuqse : trovasi nella im­boccatura uno stagno, e tra ’l guazzoso del lido, ca­panne anguste, abituri di uomini. Maravigliaronsi questi al vedere i naviganti, e si affilarono sul lido, pronti a ributtameli se vi sbarcavano. Eran secentQ di numero, e tutti con grossi pali, lunghi sei cubi­ti , aguzzati con arderli al fuoco, non con armarli di punte di fe rro . Nearco vedutili fermi e schiera­ti e con que’grossi lor pali valevoli da vicino, m& non terribili da lontano, fa movere alla volta loro le navi, finché si giungesse col tiro de’ dardi alla riva . Intanto dispone che a un segno dato saltino nuotando ad inseguirli tutti i soldati più spediti di persoua , o di arm e, o del nuoto, con ordine che chiunque giunga il primo a terra fermisi in acqua e v’aspetti i compagni, nè combattano se non riu­niti in squadra a tre fila. Dopo ciò corrano e gri­dino, e tempestino. Adunque datone il segno ecco quei che v’ erano destinati balzare in mare, uscir di nuoto, ordinarsi, squadronarsi, e correre tra l’ur­lo di guerra al nemico; mentre l’urlo pur della guer­ra innalzavano anch’essi altri dalle navi, e tira­vano strali dalle macchine. Spaventati i barbari dai lampi dell’armi e dalla rapidità dell’ assalto, e ber­sagliati insieme dai colpi degli archi e di altri istro- menti, si diedero seminudi com’ erano, immantinen­te alla fuga senza resistere affatto : ma quale ne fu ucciso, e qual preso, e quale svanì tra la fuga sui monti. Aveano i prigionieri corpo irsuto, e capel­latura ed unghie da fiera. Intanto che valeansi, di- oeano, delle unghie corno di ferro, a scindere e pre-

A rriano.

O T T A V O « 7 3

274 t i I B R Oparare i pesci ed i legni men dori : tagliavano le altre cose con selci acute, ignari del ferro , e ve­stivano pelli di belve o di gran pesci.

22. Nearco traòse a terra in questo luogo, e vi risarcì le navi malconce; ma nel sesto giorno ripre­se il viaggio , e navigati trecento stadj giunse ia terre (Malana ne è il nome) che erano le nltime de­gli O riti. Vestono gli O riti, lontani dal mare, co­me gl’indiani, e come gl’ indiani son prodi nella guerra: ma variano nella lingua e nelle leggi: la navigazione intorno gli Arabj, a prenderla dal suo principio fìnO all’Arahio, è lunga mille Stadj, ma mille e seicento dall’ Arabio fin dove sono gli Ori- t i . Nearco dice che finché navigò d’ intorno le In ­die , come ci avea fin qui navigato, le ombre non serbavano sempre un tenore: che quando inoltravasi in mare alla parte di mezzogiorno le ombre anch’es- ee a quella parte si dirigevano: ma che quando il sole formava il mezzo della giornata, tutto vedeasi privato affatto di ombre : che le stelle che prima ve- deansi in a lto , o si occultavano in tutto, o vedean- si prossime a terra ; e vedeanei ora tramontarne ora rinascerne altre , state per addietro sempre visibili . Nè a me pare inverisimile quanto scrive Nearco: imperocché in Siène di Egitto si addita un tal poz- bo che nel solstizio estivo sul mezzogiorno rimane privo di ogni ombra : anzi in Meroe nel tempo stes­so resta privo di ombra ogni corpo (i) . Ond’ è con­sentaneo che ancor gl’indiani come meridionali pro­vino anch’essi le uguali vicende , specialmente nel mare Indiano secondo che più si estende a mezzo­giorno. Ma ne basti il detto fin qui.

23. Agli Oriti sieguono i Gadrosj, ma più dentro te r ra , Alessandro pas6Ò coll'esercito per mezzo di essi, eoa tanta difHcoltà che vi sofferse in un tempo più mali che ia tutta ia guerra; come ho già di-

fi) Ora l tiotircimo d ie i co-ri o popoli rn* quali il sole trovasi perpendico­lare nel mezzogiorno non danno in Questo tempo a vedete ntun’ o m ira dipen­dente dai lor co rp i. A tale fenomeno soggiacciono ne' vati tempi i popoli compresi fra i dne trop ic i.

O T T A V O a 75e t in rato nell’altro mio scritto piò longo. Più sotto* a ’Gadrosj abita presso al mare la gente detta degl’i t ­tiofagi . Nearco navigò d* intorno di questa : scioglien-

-do nel primo giorno all’ ora di terza si raocolse do* po un corso di secento stadj a Bagisara. ì) quivi un porto assai buono, e Pasira, un ridotto di Fasireesi, dista dal mare sessanta stadj. Nel giorno appresso movendosi più per tempo ancora, costeggiarono un promontorio , alto , d irotto, e stesissimo in mare. Fermarono nel giorno «tesso le navi su l’ ancora, perchè il lido tanto rovinoso teneale lontane, m a scavaron dei pozzi, e vi ebbero acqua malsana, ma non poca. Andarono nel dì seguente per dugento sta­dj a Colta: donde levatisi all'alba vennero con altri secento a Calamisa, un abitato prossimo al mare. Eranvi intorno poche palme, ma co’frutti ancor ver­d i: e dal lido vedeasi a cento stadj un’isoletta, Car- nini chiamata. Quivi gli nomini di quell'abitato por­sero a Nearco doni ospitali di pesci e di pecore: delle quali la carne, come quella degli uccelli ma­r in i, sa pur essa di pesce, perchè di pesce si ciba­no; non essendovi erbe in que’ luoghi. Navigati nel giorno appresso dugento stadj, rimasero presso ad un lido ove sorge un villaggio, discosto trenta stadj dal mare. E Cisa è il nome del villaggio, Garbi è quello del lido. Quivi trovarono barche come di pescatori poveri, ma non i pescatori, fuggiti al vedere la flotta che si accostava. Quivi non era frumento, e già il frumento in gran parte era venuto meno all’ arma­ta . Adunque portaronsi delle capre, e viaggiarono.

24. Aggiratisi attorno di un promontorio alto e sporgente ben cento cinquanta stadj in mare, venne­ro ad un porto, sicuro dalle tempeste. Mosarna erail nome del porto, ed eranvi acque e pescatori. Di qui dice Nearco che navigò con essi per guida un Gadrosio, chiamato Idròce, ii quale promettea con­durli nella Garmania. La navigazione di quivi al se­no Persico ha meno di disagi, e più nome. Partiti tra la notte da Mosarna inoltrarono per settecento cinquanta stadj al lido Balòino: e da questo per quat*

276 L I B R Otrocent’altri al villaggio di Barna. Qai le palme a b ­bondano e gli o rti, e negli orti e mirti crescono e fiori de’ quali ai fanno ghirlande : e qui come in pri­mo Inogo videro piante innestate, ed uomini non a£- fatto selvaggi. Di poi proceduti per altri dugento stadj fino a Dendrobosa, ancorarono in mare le na­vi , ma rimessele circa la mezza notte in viaggio , pervennero dopo quattrocento stadj al porto di Co- fan to . Vi erano de’ pescatori con barche picciole e triste ; nè le moveano già tenendo e menando i remi alla G reca, ma rovesciavano con essi quinci e quin­di le acque sul fiume come chi zappa la terra . Som­ministrava questo porto buone le acque ed in copia. H a partitine circa la prima vigilia si spinsero otto- cento stadj più innanzi, infino a Giza. Erane il lido deserto e straripevole ; ond’ è che ancora tisi in ma­re , fecero su le navi la oena. D a questo luogo giun­sero dopo cinquecento stadj ad una. cittadella posta non luDgi dal mare sopra di un colle. Concepì Near­co che ivi si seminassero campi, e disse ad Archide, l’ uno de’ Macedoni celebri, Pellese, figlio di Anas- sidoto, e compagno suo di quel viaggio, che dovean sorprender quel popolo : perchè, richiestone, non da­rebbe spontaneo i grani; nè potessi pensare ad espu­gnarlo; il che ricerca assedj e tempo, ed essi già penuriavano. Che poi la terra ivi producesse de’gra- ni lo argomentava da’ pagliari che vedeansi non lun­gi dal lido. Concluso ciò per lo meglio, fa disporre (ed Archia doveali disporre) i legni come per navi­gare; ed egli rimasto con un legno solo vassene ad osservare la situazione . E conciossiachè venivano verso la c ittà , tutto amichevolé in vista, ne ebbe in dono frutti di palme, confezioni, e tonni cotti al forno per essere ii popolo, l’ ultimo di que’ veduti che viveano di pesce, quantunque noi mangiava se crudo. Egli significò di aver èaro il dono , ma gra­dire insieme di veder la città loro : e così quelli per­misero che v’ entrasse . Entratovi, lascia due saet- tieri di guardia alla picciola porta , e va con due a l tr i , e coll’ interpetrs al muro che era in quella

O T T A V O ajrjrparte , e dà il segno concertato a quei delle navi, perchè avutolo appena, eseguissero ciocch’ erasi pre« ordinato. A tal vista accostarono i Macedoni le na­vi , e ne saltarono solleciti in mare ; ond’ è che spa­ventatine i barbari corsero alle arm i. L'interpetre allora fece intendere che dessero il grano; e sareb­bero salvi. Negarono questi di averne» è si diedero a salir su le mura ; ma ne furono risospinti dagli ar­cieri di Nearco i*quali saettavano da bonissimo luo­go . Vedendosi dunque la città già presa, e già su1 essere saòcheggiata, raccomandansi a Nearco, che non la devasti, ma prenda il grano, e ritirisi. E Nearco fatte guardare per Archia le porte ed il mu­ro contiguo, manda chi epii sul frumento, perchè mostrisi tutto , senza occultarne. Or mostrarono i barbari assai di pesce rostito e macinato, ma bea poco di frumento e di orzo ; perocché teneano per pan comune quello di pesce, ma per vivanda quello di grano. M ostratogli tutto» providesi di frumento secondo la circostanza.

25. Quindi imbarcatosi venne ad on promontorio che Bagla chiamano» e tengono i paesani per sacro a l sole : ma levatosene circa la mezza notte corse ol­tre mille stadj fino all’ottimo porto di Talmena, e dipoi per altri quattrocento fino a Ganasida, città deserta. Ivi trovarono a sorte scavato un pozzo, 0 agresti palme natevi attorno: ond’è che recisene le cime sen fecero il c ibo, spintivi dall’ inopia in che erano del grano. Se non che malconci dalla fame ri­navigarono tutto un giorno ed una notte, e trova- ronsi presso di un lido deserto : ma Nearco tenne le navi su le ancore io alto mare per timore che i suoi ornai troppo disanimati, non lo abbandonassero, se smontavano a terra. Raccolte le ancore vogarono per settecento cinquanta stadj fino a Canate, guadoso e •fossato ne’ lid i. Adunque passarono per ottocento stadj fino ai Troesi ov5 erano piccoli e tristi villag­g i , derelitti dagli abitanti; trovarono frutti di pal­me e poco frumento : e sorpresivi sette cameli gli ma* celiarono e. mangiarono. Ravviatisi all’alba naviga*

278 L I B R Orono trecentò stadj, e toccarono a ì)aghesira; sog­giorno di pochi pastori. Entrati di nuovo in cammi­no remigarono tutto un giorno e tutta una notte, senza mai riposarsene: e così dopo ancora mille cen­to stadj in mezzo a mille disagi per la penuria de* viveri, uscirono da’ confini degli Ittiofagi. Gittarono però le ancore in m are, e non preser la spiaggia , perchè troppo era d irupata. '

26. In tutto, la navigazione intorno gl’ ittiofagi fa poco più lunga di dieci mila stadj: e que’ popoli son così detti dal pesce del quale si nudrono. Nondime­no pochi infra loro seguono la pesca: pochi fan bar­che, e procacciansi 1 arte onde seguirla. Imperoc­ché la gran copia di pesce la forniscono ad essi le acque che rifluiscono; e per questo fan delle reti , grandi per lo più due stadj, e le apprestano con scorze di palma, rinvolte a guisa di fili . Quando il mar si ritira e la terra che è sotto riapparisce, la parte che restane inaridita, resta quasi tutta senza pesce ancora : ma nella parte che è concava si riman- gon delle acque, e con le acque, pesci a dovizia grossi e minuti: sa questi allora stese le re ti, ne mangiano crudo il più molle, quale lo cavano dalle acque: ma l’ altro più polposo e più duro lo dissec­cano al sole, e disseccato lo macinano, lo polveriza- no, e ne fan pane, o pastelli ancora da cuocerne. In quel clim a, mangiano secco pesce anche i bestia­m i, perciocché , manca no i p ra ti, né la terra verdeg­gia di erbe. Vassi in più luoghi in cerca di granci, di ostriche, di conchiglie. Il sale vi si trova* spon­taneo , e dal sale fan- l’olio. Altri abita terre deser­te , prive di piante, e di frutta coltivate : e questi non vivono che di pesce. Pochi infra loro sementa­no picciolo tra tto , onde usarne il ricolto come vi­vande, col pesce che è pane.

27. Così poi si apprestan le case. I più agiati quando il mare spinge in secco le balene ne raocol- gon le ossa, e le usano come legname, formando dalle ossa più ampie le porte. I più poveri fan colle «pine di pesce i loro abituri. Ma di balene e p«sci

O T T A V O 379'troppo ve ne sono più grandi in quel mare fuori la te rra , che nel nostro alla terra intermedio.

Anzi Nearco scrive,, che nel partire da Ciza furo* no su l’alba vedute delle acque sollevarsi alte dal mare come portate dalle procelle (1) : che sbalordi­tine i suoi dimandarono ai capitani qual disastro mai fosse quello e da chi suscitato; e che sentitone, esse­re le acque baiente al cielo dal soffio delle balene le quali passavano il mare, lasciaronsi per lo spa­vento cadere di mano i remi : che fattosi egli stesso a confortarli, « raccendere comandò nel procedere a quella volta, di ordinare in linea le navi, come per la battaglia, e di vogare a furia con fracasso di grida e di remi : e che per tal modo rinvigoriti, dieronsi tutti com’ erano comandati a solcare le on­de : che quando furono presso a que’ mostri, allora propriamente fecero grande il fracasso col tuon con­fuso degliurli, delle trombe, e dei remi; tanto cheli mostri che vedeansi verso la prora, spaventati ca- laronsi a fondo. Riuscirono poco di poi verso la pop­p a , sbuffando di nuovo alle stelle immensi volumi di acqua ; ma già tra9 naviganti menavasi festa, per lo «campo impensato, e plaudivasi alla saviezza, ed alla magnanimità di Nearco. Talvolta qneste balene si fan prossime a terra , e v’ inarenano pel riflusso del­le acque; e tal altra vi sono balzate da fiere tem­peste. Così morendo vi si corrompono e marciscon- • i , e ne sopravanzan le ossa , adoperate in que’ luo­ghi nel fabbricare, le grandi de9 lati per trav i, le minori per tavole, e quelle delle mascelle per chiu­sure di porte; giacché per lo più le ossa dell* ma­scelle son venticinque cubiti larghe.

28. Dopo trascorse le spiaggia degl’ Ittiofagi, udi­rono parlare di un’isola disabitata e lontana dal con­tinente cento venti stadj. Nosala la chiamavano i

fi) Propejanpflte da tu rb in i, o trombe e sifoni. 11 Sig. de Bomare nel*)* Articolo su le Balene scrive: Tutti gli animali del genere delle balene hanno sopra il capo un# o due/orami per cui giitano in forma di zampillo o fontana l'acqua che auno ingoiata* Queite aperture dir si sogliono sfu - UlOji »

280 L I B R Ocirconviciai, e credeania sacra al sole ; di talché d ì o ­

d o avea cor di accostarvi*!', e spariva se vi si a c ­costava : e Nearco scrive che una nave sua eoa ca ­rico di Egiziani divenne pur essa invisibile noa lun­gi dall’isola , ma che i duci della navigazione rife­rivano accaduto ciò perchè quei della nave erano per ignoranza andati fin su la terra: che per questo, esso Nearco spedì una barca di trenta remi affinchè girasse lido lido intorno dell’ isola senza smontarvi , pronunziando intanto con altissime grida il nome del capitano, o quel di a ltr i , anch’ essi. ben noti : che veduto come niun vi sentiva, dirizzò la barca egli medesimo all’ isola , e fattavela approdare da9 noc­chieri che ne torneano, e sbarcatone , fe conoscere vana la novella che divulgata se ne era. Scrive si­milmente aver udito ancora che l’ isola era il sog­giorno di non so quale delle Nereidi; perocohà ta- ceasene il nome : che la ninfa, come altri giungeva nell’isolas mesceasi con esso, e trasmutatolo poi di uomo in pesce, lo affondava nel mare: che il sole «degnato perciò colla Nereide le intimò di lasciare la isola : e colei consentì che lascerebbela ; ma pre­gò quel nume di essere liberata dal mal talento pel quale scacciavaia ; e compiaciutane, e fatta pietosa rendè uomini nuovamente quelli, che di uomini a- vea pesci renduti, e che da qoesti erano derivati g l 'i t ­tiofagi infino ai tempi di Alessandro. Ma sebbeneio tenga per arduo lo smentire vecchie tradizioni s non approvo però che Nearco spendesse tempo e sa­pere su le anzidetto, altronde non molto difficili da confutarle. D i là dagl'ittiofagi verso terra abita­no i Gadrosj in luoghi arenosi e cattivi : e fu in que­sti che Alessandro e sue genti ebber tanto disagio, come nell’altro mio scritto ho narrato (1).

29. Venuta la flotta dagl' Ittiofagi nella Carmania tennesi a prima giunta in su l ' ancore perchè la ri­va sporgeasi dirottissima in mare. D i là mossosi' per costeggiarla non dovette già tenere il corso propria-

(1) Vedi lib. f. f. 17.

O T T A V O a8vmenta Terso 1' occaso, ma le sue prore guarda vana tra 1’ occaso e le orse: e più verso le orse, ciocché fa conoscere» perchè sia la Garmania più arborata e fruttifera , e più irrigua ed erbosa, che non le terre degl’ittiologi e degli O riti. Approdati a Ba- dinoro , luogo popolato della Garmania, pieno di |jra- n i, di viti eccellenti, e di piante gentili, tolto 1 uli­vo, poi navigarono per altri ottocento stadj finché vennero ad un porto deserto. Videro da questo un gran promontorio, esteso un buon tratto entro ma­r e , e lontano, per quanto concepivano, da loro per la navigazione di un giorno . I periti de’ luoghi d i­ceano che era un promontorio di Arabia, denomina­to Macèta ; e che di là soleansi portar nell’ Assiriail cinamomo, ed aromi consimili. Or tra questo pro­montorio tanto avanzato infra l’onde e tra la spiag­gia presso cui la flotta stette ancorata internavasi a parer mio come di Nearco, ed è ben verosimile, il mare detto Eritreo. Vedutolo, Onesicrito consiglia­va dirigersi a quel promontorio per non pericolare costeggiando in quel golfo: ma Nettrco soggiunse che egli era ben piccolo se non comprendeva il di­segno di Alessandro nello spedire la fiotta: non aver quel magnanimo messa in mare un’armata per la impossibilità di salvare tutti viaggiando sul conti­nente , ma sibbene per voglia di conoscere navigan­do le spiagge, i porti, le isole , i golfi, le città di Marémma, e le terre coltivate o deserte. Pertanto non dover essi ornai sul fine dei travagli, venir me­no all* impresa, molto più che allora non penuriava­no il vivere; e poteasi temere che quella lingua di te rra , come troppo stesa a mezzo giorno, fosse an­cora troppo investita dal sole, e senz’acqua e senz'uo­mini . Così prevalse Nearco : ed io ben credo che per tal consiglio salvasse la flotta; correndo fama che quella punta e la terra vicina sia tutta inaquo- •a e solinga; laddove essi, sciogliendo, navigarono lungo la spiaggia contigua.

3o. Corsi settecento stadj approdarono ad un lido detto Neottàna: ma ripartiti tu l’alba vennero dopo

un cento stadj presso al fiume Anami. Armozia chia­masi la regione, amichevole e ferace di ta t to , se non degli ulivi. Sbarcativi pieni di trasporto, si ri­storarono dal lungo travaglio mentre ricordavano i mali sofferti per mare, e la tanta penuria lungo le terre incoltissime degl’ Ittiofagi, anzi bruti che uo­mini . Taluni » sbandatisi dall’ esercito, s’ inoltrarono dai lidi entro terra in cerca gli uni degli altri. Or qui venne loro veduto un tale colla clamide, anzi con tutto l’altro apparecchio alla Greca, e che Gre­co ancora parlava : e miratolo, ne - lagrimarono ; sem­brando loro come un portento il rivedere dopo tan­ti mali un Greco, e la Greca lingua riudire. Fat­tisi ad interrogarlo, donde, e chi mai fosse; disse che erasi distaccato dall’ esercito di Alessandro, e che Alessandro e l’esercito non eran lontani. Ond’à che acclamando e festeggiando menano un tal uomo• Nearco, e ratifica ogni cosa, e come il sovrano e 1’ armata distavano per sole cinque marce dal ma­re . Ed esibitosi d’ indicare il prefetto della regio­ne , lo indicò, talché Nearco si consultò eoa questo su la maniera di andare al sovrano ; di poi si con­dusse alle navi. Al sorger dell’alba fe tirare a ter­ra le navi sul disegno di risarcirne le afflitte dalla navigazione, e di lasciare in quel luogo il più del­la milizia; e le cinse con doppio steccato, con ma­ro di loto, e con fossa profonda, e continua fin sa la spiaggia dalla riva del fiume, ov’erano state coni- dotte .

*3 l. Or lai così disponendo, il prefetto della 're­gione e li9 intendere come Alessandro era inquieto sul destino della flotta, concepì che avrebbene assai merito se primo gli annunziava la salvezza di essa e di Nearco, anzi che Nearco tra non molto sareb­be alla regia presenza. Pertanto per brevissima via venne, e gliel disse. Non credette Alessandro per allora ; ma pure gradì la nuova, come è ben verisi­mile:passavano dei giorni, nè trovava riscontro ne’tempi indicati, e perchè spediti prima alcuni e quindi alr.

s8a L I B R O

appresso però gli parve anche falsa perchè

O T T A V O 283t r i a Nearco, affinchè gliel menassero> ne andarono alquanto in cerca, ma nè rinvennero lui , nè torna­rono. Ond’ è che fece imprigionar quel prefetto co­me lai che aveagli date nuove non vere , ma dolore assai più profondo dopo un lampo vano di gioja , Certamente egli e ra , a vederlo, trafitto il cuore dal­l ’amarezza . In questo mentre alcuni di que’manda- t i verso Nearco con cavalli e cocchj per condurve-lo, s’ imbatterono tra via con esso, e con Archia a con cinque o sei del seguito loro, ma non raffigura­rono nè l’ uno nè l’altro; tanto pareano diversi da se stessi, capelluti, luridi, salsuginosi, aggrinzati, scoloriti per le veglie e per gli altri disagi. Addi- mandati da que’ di Nearco ove fosse Alessandro, ne additarono il sito, e, passarono; Arcliia per altro considerandoli, o Nearco , disse, io congetturo che que i t i vadan pur essi pel diserto', perchè son depu­ta ti a cercar di n o i, nè fa maraviglia che non ci ravvisino, malconci e contraffatti come siamo . D i­ciamo loro chi siamo , e chiediamo chi sieno e per­chè vadano. Piaciuto a Nearco il suggerimento, fe- cesi a dimandare dove ne andassero, ed udito, che in cerca di Nearco e fe lla sua flotta , i o , soggiun­se, io sono il Nearco che ricercate , e questi che meco vedete , Archia . S ia teci dunque voi g u id a , a n o i , darem conto noi stessi ad Alessandro della f lo t ta .

Z i, Così pigliatili in sul cocchio diedero in dier tro: taluni però desiderosi di anticipare la nuora precorsero, e dissero ad Alessandro che veniva Near* co ed Archia e cinque altri con esso : ma che non sapean più oltre intorno 1’ armata. Da tale discorso concludeva il re che Nearco ed Archia fossero pro­digiosamente salvi, non però della salvezza loro si rallegrava fin quanto lo addolorava la perdita di tutta la flotta. Non erasi tutto ciò detto ancora com* piutamenbe, quand’ ecco Nearco ed Archia. Non li riconobbe che a gran pena Alessandro, irti com’era­no ne’ capelli, e malconci negli abiti : ciocché gli confermò l’afflizione su le perdute navi. Poi stesa la

284 L I B R O«nano a Nearco e tiratoio a parte dagli amici e da* soldati cinti di scado, ae lagnino lonzamente. Rat- temperato finalmente il pianto disse : l essermi tu r i­tornato , o N earco , e questo tuo Archia , f a che io m en senta tu t t i i m iei m a li . D i', come le n avi, co­me V armata perirono / e Nearco , o R e , soggiun- geagli, salva è V armata , e salve le n a v i, e noi la salvezza loro veniamo ad annunzia rti. £ qui tanto più lagrimavane Alessandro , che mai disperato ne aveva : poi chiede ove fosser le navi, e gli si dico che erano tirate a te rra , e vi si risarcivano, presso la foce del fiume Anami ; ed egli esclamò protestan­do Giove della Grecia ed Aminone della Libia, che «ssai più dilettavalo questa nuova che il possesso a cui venne dell’ Asia ; giacché la sorte nell’ ottenerlo troppo era contrappcsata dal dispiacere delle mili­zie perdutevi .

33. Il prefetto della regione arrestato come per la insussistenza della nuova, al mirare presente Near­co, gli si prostese a’ piedi, ed io, disse, io preven­ni Alessandro su la vostra salvezza: miratene con­traccambio! Nearco supplicò che si rilasciasse % e fu rilasciato. Così certificato dell’ esercito salvo, Ales­sandro ne sagrifica a Giove Salvatore, ad Ercole, ad Apollo che sgombra i mali, a Nettuno, ed agli al­tr i Dei del mare, dà spettacoli ginnici, e musicali, e manda come un trionfo in g iro , nel quale trionfo pompeggiava Nearco tra’primi, e ie milizie gettava­no su lui fiori e ghirlande. Finito ciò dice a Near­co : g ià non voglio che tu più sia tra s ten ti e peri- coli. Un altro prenderà, fin da ora i l comando del­la f lo t ta , e condurrammela a Susa. E colui soggiun­geva : io voglio e debbo, o S ire , volere i tuoi vole­ri ; nondimeno se cerchi di fa r e il piacer m io , d eh , «ora disporre in ta l g u isa , ma conserva in me Vam­miraglio tuo finché io t i abbia condotte salve in Susa le navi : m avrai tu commessa un’impresa quan­do era nel suo penoso e difficile, ed ora che è nel suo fa c ile , ed ornai per dar gloria , ora m i sarà tol­ta , « mesta in aitr» mani?t Contentalo nella ia-

O T T A V O 285chiesta Alessandro, anzi vivissima ricpnoecenza glie­ne protesta ; e rimandalo, ma con picciola scorta, giacché passerebbe tra popoli amici. Non fu per Nearco senza travagli nemmeoo il suo ritorno al ma­re. Imperocché sparsisi i barbari pe’luoghi forti del­la Garmania, per la uccisione ordinata da Alessan­dro del Satrapo loro, e pel comando, istabile anco­ra , di Tiepolemo recentemente a lui surrogato , gli si presentavano qua e là due o tre volte il giorno a combatterlo, finché sena*averne mai requie perven­ne a grande fatica ia sul lido . Ivi fe sagrifìzio a Giove Salvatore dando insieme spettacoli ginnici . Finalmente adempiute le divine cose riprese la via del mare.

34. Costeggiata su le prime un’ isola aspra e de­serta , venne dopo un corso di trecento stadj ad un* a ltra , ampia e popolosa. Orgàna chiamavasi la de­serta; Oaracta era l’a ltra , ricca di viti, di palme, di messi. Stendessi questa ottocento stadj per lungo: e Mazène il quale vi presedeva si offerì volontaria­mente per guida delia navigazione, e navigò eoa Nearco infitto a Susa. Dissero che in quest’ isola vi •ra il sepolcro di colui che aveala dominata il pri­mo:'che Eritro erane il nome, dal quale Eritreo fu pur detto quel m are. Corsi circa duecento1 stadj lun­go quest’ isola rientrò di nuovo in altro porto di es­sa, donde un’ altr’ isola si scopriva lontana al più quaranta stadj, ma impenetrabile, diceano , come sa­cra a Nettuno. Partì su l ' alba l’ armata ; quand’ec- co un refluire sì grande di flutti, che tre navi die­dero in secco, e si arrenarono; e le a ltre , cavate­sene a stento, scamparono in aito mare. Galleggia­rono di bel nuovo le prime al tornare del flusso, e nel giorno appresso rnggiunser la flotta. Percorse questa altri quattrocento stadj, . e si ^accolse ad un’ isola lontana trecento dal continente. Riuscì su l'al­ba, e lasciatasi a man sinistra l’ isola deserta di Pi- lora , venne a Sidodone, città , picciola, e scarsa di tutto, se non di acque e di pesci, de’ quali per ne­cessità si nudriscono in terra tanto infeconda. For-

nitivisi di acqua, procederemo per trecento stadj a l capoTarseo, che assai si «porge sul maro. Vennero di quivi ( e trecento stadj fu la navigazione) a Ca- tea , un’ isoletta , romita e guadosa. E sacra , dico­no, a Mercurio ed a Venere; ed ogni anno i popoli intorno mandavano, dono santo a que’ numi, pecore e capre: allora perà vedeansi ornai divenute selvag- gie e pel tempo lungo e per la solitudine. E fio qui giunge la Garmania. Hanno i Persiani ciocché sie- gue dopo essa. Navigasi tremila settecento stadj at­torno a’ Garmani ; e vivono e militano alla maniera de’Persiani co’quali confinano.

35. Levatisi dall’ isola sacra, e già costeggiando la Persia, inoltraronsi ad Ila . Un luogA era questo coi! porto, formato da un* isoletta che giacegli in­contro: Caicaodro è il noma dell’ isoletta ; e quattro­cènto furono gli stadj della navigazione. Su l’ alba sciolsero nuovamente, e vennero presso di un’ isola abitata, ove pescasi al dir di Nearco la margarita* come nel mare delle Indie : continuarono per qua­ranta stadj il corso intorno il promontorio dell’isola, e vi presero porto finalmente. Di là giunsero appiè l ’ altissimo monte Oco, ov’ era buon porta e pescato­r i . Dipoi col viaggio di quattrocento cinquanta sta­dj si trassero ad Apostano. Avea quel porto altre barche non poche, ma lontano il villaggio sessanta stadj dal mare. Diedero la notte ne’ rem i, ed entra­rono un seno coronato di villaggi, finche navigati quattrocento stadj si fermarono appiè di un monte. Era il luogo pieno di palme, e di tutte le piante che crescono nel greco suolo. Passarono con sccento stadj a Oogana, luogo abitato, si tennero presso le fauci dell’Areone, anzi torrente che fiume: ma con disagio entrarono al porto perchè il riflusso del ma­re ne rendea stretto 1' ingresso con renderne scarse le acque intorno. Eppure dopo un corso di ottocen­to stadj capitarono di nuovo all’ imboccatura di ua fiume: Sitace ne era il nome ; e niente più commo­da la stazione, Così questa navigazione intorno la Persia fu sempre lungo piccioli fondi, o luoghi palu-

s8(> L I B R O

O T T A V O 28 7dosi, e spiagge dirotte. Or qui pigliarono molto fru­mento j fattovi portare dal re per fornirne l'arm ata. Si trattennero, in tutto, ventuno giorni, e tirando a terra le navi, ripararono le malconce, e curarono le altre .

£6. Fattisi di nuovo a remigare pervennero a Ie- ra tij città con abitanti. Fu ia navigazione lunga, settecento cinquanta stadj; e posaronsi dentro un ca­nale che dal fiume detto Jeratide, sbocca nel mare. Al tornare dell’ alba inoltrarono fino al rapidissimo fiume Padargo. E penisola in tutto la regione ed orti vi abbondano, e piante che menano coccole. Mesam- bria chiamasi questa: ma partirono e andarono per dugento stadj ed ebbero porto in Taoce presso al fiume Granide ; dalle fauci del quale rimane dugen­to stadj più in su la reggia de’ Persiani. Nearco fa intendere che in questa navigazione fu veduta una balena : che misurata per alquanti nocchieri che vi accorsero, era cinquanta cubiti lunga, e scagliosa* e grossa di un cubito nella cotenna ;* che sopra vi erano cresciute ed ostriche, o lopàdi ( l) ed alghe, che intorno vi si vedeano delfini in copia, più gran­di assai che i delfìni non sono de’mari dell’ india. Ripreso il corso lo proseguirono per dugento stadj, fino al comodo porto nei rapido fiume Rogòni. D i­poi con quattrocento stadj giunsero a Brizana, rapi­do fiume anch’es90. Quivi per le secche, perle rive dirotte, e pe’scogli che spuntan dal mare presero con disagio il porto ; pur lo presero al favore del flusso del m are;, mentre nel riflusso inarenavano i legni. Partiti col periodico ritorna del flusso, posa­rono nel fiume Arosi, grandissimo secondo Nea,cco, sopra quanti sboccano nel m are, tenuto in quella navigazione.

Z7. Fin qui soggiornano^ Persiani: sieguon indili Susiani, ma più sopra sono i Susiani indipenden­ti , Ussii chiam ati, i quali vivoao di rap ina; come in altro mio scritto ho narrato . Lunga quattromila

(1) Genere di ostriche.

288 L I B R Òquattrocento stadj nella sua spiaggia, presenta com’è fama la Persia, tre maniere di regiooe . Sabbiosa ed infruttifera per gli ardori è la prossima al mare , ma se vi ti avanzi a settentrione, bornissima in sua temperie la trovi, con erbe rigogliose e prati irrigui, e viti copiose, e frutti d'ogni genere, tolte Te oli' ve: ivi bellissimi gli orti nel fiorir vario: ivi limpi­di fiumi e lag h i, e quanti intorno de’ laghi e de* fiumi scherzano' uccelli, ivi pascoli per cavalli ed al> tri armenti: ivi selve infine e cacce di ogni genere. Ma se troppo a Settentrione ti avanzi ; fredda la rinvieni e nevosa. Nearco scrive che alcuni deputa­ti vennero dal Ponto Eusino in pochissimo tempo ad Alessandro il quale passava per la Persia *, che facen­done questo le sue meraviglie, dichiararono quelli la brevità del cammino. A' Susiani, secondo che si è detto, appartengono gli Ussj, come i Mardi, ladro­ni anch’ essi, attigui sono a Persiani, e li Gossei ai Medi . Or questi tutti furono mansuefatti da Ales­sandro, assaliti nell’ inverno, quando credeano im­praticabile la terra loro . Fondò delle città per essi, e di pastori li rendette aratori e cultori di te rre , onde uvesitero cose per le quali temere, nè più gli uni infestassero gli a l t r i .

38. Costeggiò quindi la flotta le spiaggie de9 Su­sian i, circa la quale dice Nearco, che non può eoa egual sicurezza ridire altro che i porti, e quanta ne sia la navigazione. Imperocché la spiaggia, pa­ludosa in gran parte , pendendo co’grandi scogli sui flutti , creava pericoli a chi dal mare cercavi il porto. Ond’ è che fu sua principal cura far pausa, appo la foce di un fiume appiè de’monti ancora del­la Persia, e quindi procedere innanzi, fornitosi per cinque giorni di acqua, la quale diceasi dalle guide che mancherebbe . Così portati per cinquecento stadj si raccolsero presso la bocca di Cataderbe, lago ric­co di pesci, rimpetto alla quale sorge la piccola iso­la di Margastana. Mossi all’ alba ne andarono le na­vi l’ una dopo l’altra su piccioli guadi tra le secche, indicate quinci e quindi con palizzate, come è per

O T T A V O 289«egni indicato l’ istmo tra l’ isola Lencade e l’ Acar-J nania sicché li naviganti non dieno ne’ scogli (1). Se non che il passo presso Leucade è sabbioso e presto lascia liberarsene le navi arrestatevisi; laddove l’al­tro è quinci e quindi profondo, fangoso, tenace, nò può l’arte redimere una nave se vi s’immerge. Pe­rocché li remi s’impiglian col fango, nè giovano; e l ’uomo il quale esce a soccorrerla, afiondavisi fino al petto. Viaggiati fra tale disagio seicento stadj, alfine sospeso il corso, si ristorarono ciascuno nella sua barca. Poi. tenendo l ’alto mare in quella notte stessa, e nel giorno seguente infino a sera, vennero dopo novecento stadj a posarsi alla foce dell’Eufra­te in Diridote , villaggio de’ Babilonesi, dal quale come da luogo mercantile i trafficanti derivati l’ in* censo, e quanti altri odori produce l’Arabia. La na­vigazione poi dalla bocca dell’ Eufrate a Babilonia è secondo Nearco, di tremila stadj e trecento.

Zg. Saputosi quivi che Alessandro erasi recato in Susa, diedero indietro, ed entrarono, aifin di rag­giungerlo, e navigarono sul fiume Pasitigri, tenendo a sinistra la Susiana . Così ripassano il lago là do* ▼ e sbocca il T ig r i , fiume il quale dall’ Armenia scor­rendo presso di N ino, città grande un tempo e fe­lice, chiude la regione, che per essere tra l’ alveo di esso e dell’ Eufrate , Mesopotamia (2) si chiama. Secento sono gli stadj da navigare avanzandosi dai lago al fiume là dove siede Agine, villaggio de’Susia- n r , e distante cinquecento stadj da Susa : ma lunga è la spiaggia Susiana due mila stadj fino alle boc­che del Pasitigri . Navigarono quindi su questo fiu­me a ritroso delle acque in mezzo a regione popo­lata e fiorente : ma trascorsi cento cinquanta stadj si raccolsero in porto ad aspettare gl’ inviati da Nearco per conoscere dove il re si trovasse . Intan­to Nearco sagrifica agli Dei salvatori e porge spet-

Amiiano. 19

(1) Scrivesi che o r i si passa d ii continente a quest’ isola sopra nn ponte di legno .

(a) Cioè posta in mezzo a due fium i.

•tgo L I B R Otacoii, e tutta l'arm ata festeggiane. Come però sep­pero che Alessandro avanzava» verso di loro, asce­sero più oltre navigando sai fiume; e posarono pres­so di un ponte fatto di sabito affinchè il re vi tra ­gittasse le milizie a Sasa. Pertanto in questo luogo si ricongiunsero. Alessandro fe sagrifizj perchè salvi eran uomini e navi, dando ancora degli spettacoli. E ra Nearco,' dovunque appariva, onorato con fiori e serti dall’ esercito. Quando Alessandro incoronò eoa serti di oro Nearco e Leonnato: quello per la flotta scampatagli e questo per la vittoria ottenuta su gli Oriti e su’barbari che agli Oriti confinano 4 E così venne a salvamento l’ armata dalle foci del- l’ Indo .

40. La regione a destra del Golfo Persico di là da Babilonia comprende in gran parte l’Arabia : sten* desi poi l ’Arabia fino al mar di Fenicia e della Pa­lestina nella S iria , e confioano con essa a ponente gli Egiziani lungo le spiagge del mare mediterra­neo. Ma il seno ( l) che dall’ Oceano si spinge all’E ­gitto assai dichiara nella comunicazio? di ambedue che può da Babilonia navigarsi fino a quel seno. Per gli ardori però come per la solitudine niuno mai compiè questa navigazione se non trasportato forse dall’ arbitrio de’flutti. E quei dell’armata di Cam- bise i quali dall’ Egitto vennero a salvamento in Sa­sa , e quelli spediti da Tolommeo di Lago a Seleuco Nicànore in Babilonia passarono per un Istmo di A- rabia, e corsero con otto interi giorni terre inaquo- se e deserte, anzi ne andavano su cammeli, e su cam­mei! portavano acqua, e marciavan di no tte , non reggendo all’aere aperto sotto i raggi del sole . Tan­to è lungi che le terre di 1& dall’ istmo, le quali si stendono dal golfo Arabico al mare della Persia sie- no abitate ; quando le terre ancora che ivi piegansi a Settentrione sono arenose e deserte. Ben è vero che taluni sciogliendo dai seno di Arabia il quale bagna

, (1) L’ Eritreo propriamente detto o mar rosso. Anche il golfo Fenico si tro- ?a chiamato mare eritreo , vedi t . i j . ma meno propriam ente.

O T T A V O ag il’ Egitto navigarono buon tratto intorno dell’Arabia onde giungere al mare che circonda li Suaiani eli Persi ; ma navigatovi fin quando ad essi bastò l’ acqua posta nelle barche, bentosto diedero indie­tro . Quelli che Alessandro spedì da Babilonia affin­chè navigassero più innanzi che poteano a destra del golfo Persico per conoscerne le spiaggie intorno os­servarono alquante delle isole incontrate nella navi­gazione; e talvolta scesero eziandio sul continente di Arabia. Ma niun v’ è che potesse mai superare, e girare dall’altra parte la gran lingua di te rra , ste­sa per quanto Nearco scoperse e dice, rimpetto del­la Garmania. Ed io giudico che se que’luoghi am­mettevano navigazione o pratica alcuna; la curiosità vivissima di Alessandro gli avrebbe col fatto tali ap- pnuto dimostrati. Annone sciolse da Cartagine, ed uscito fuori delle colonne di Ercole nell’oceano na­vigò trentacinque giorni interi verso 1’ oriente : ma quando piegò verso del mezzogiorno si vide tra mali non pochi ed incnrabili per le acque che mancava­no 3 e pel caldo che bruciava, piovendo come rivi di fuoco sul mare. Tuttavia Cirene quantunque fonda­ta nel più rimoto dell’ Affrica, trovasi con terreni irrigui, molli, erbosi, tra boschi e prati, e frutti e giumenti d’ogni guisa, fin dove il silfio (1) si gene­ra : ma dove non più di questo si genera , tutto è deserto ed arena. E questo libro tengasi da me scrit­to come relativo anch’esso a’fatti di Alessandro) fi­glio di Filippo il Macedone.

( i) Intorno al Silfio vedasi ciò che j c r i r r A tik n o nesso nel libro f . )*.

I L F I N E .

I N D I C E

D E L L E C O S E P I Ù N O T A B I L I

I l Numero Romano accenna il Libro » e 1' altro i paragrafi .

2(}3

A^ .b a s ta n i , Indiani liberi. VI. 10.Abusare, re indiano, t chiamato da Alessandro. V. 14. m andi doni ad Ales­

sandro. 2 ;.A cesine fin m e , sua grandezza. V. i f . Alessandro lo trag itta , i v i . Si con*

giunge col fiume Indo tra i M alli. V i l i . ).Achille, ina tom ba: è coronata da Alessandro. I. 14. Alessandro invidia *4 .

A ch ille , Omero che lo celebrò, iv i .Acufi, capo de’ Nisei : suo discorso ad Alessandro. V. 1.Alia , Donna di Caria, suoi ricorsi ad Alessandro. I . J J .Affrica» il N ilo la divide dall’ A sia. I I I . } j.A p iie , luogo de’ Sosiani VIII.Agriaspi onorati da Alessandro. III . 51.Agricoltori, loro onorificenza tra gl Indiani V il i . f.Alessandro si tiene per discendente di Ammone I I I . j . nozze di la i e degli

amici VII. J. sue mogli varie , iv i . Istoria di lai scritta da molti I . 1. tue guardie del corpo e loro nomi VI. 21. ruga i debiti de’ soldati M ace-

- doni V II. 4. suo bel discorso a’ medesimi che tumultuano VII. jt. va al tempio di Ammone in Libia I II . 5. va in Rattro IV .j j . va al fiume IndoIV. 50. vi fa un ponte V. 6. va al fiame Idaspe V. 7. 2 ; . stabilisce na­vigare per esso all’ Oceano VI. 1. Rompe le cateratte nel Tigri VII. (?. fonda una c itt ì dove l ’ Accsine sbocca nell’ indo VI. 10. passa 1’ AcesineV. 15. Esplora l ’ oceano nelle fauci dell’ Indo VI. 14. Suo viaggio per la Carmanla a guisa di Bacco in trionfo VI. 22. sua navigazione per l’ Eu­frate , e pel Tigri al golfo Persico V II. 1. Sua spedizione contro i T ri- halli e gl’ IUirj I . 2. e seg. contro i Geti j . contro i Tebani 10. va nell» Media per seguir Dario, III . 20. va nell’ Ircania 25. va in Battro contro Bes­so. 2 7. move contro Poro r e , V. 7. lo vince e gli restituisce il rcjtno V. 15. Alessandro nelle Indie non si avanzò di l ì del fiume Ifasi V il i . J. Da quei del Peloponneso £ creato sapremo comandante- contro i Persiani I . 1. suo combattimento con Dario presso il fiume Granirò I . 16. e seg. presso il fiume Isso II . 7. e seg. in Arbela I I I . 10. sua lettera .a D a iio , cause della guerta con Dario IT. 17. sua condotta con la famiglia di Da­rio I I . 14. Racconto delle opinioni di Alessandro su i Romani V II. IJ.

’jUetsandro il primo soggioga g l’ indiani V il i . 7. combatte solo in cima le mura contro gl’ indiani VI. 7. Raro esempio di astinenza dato ai soldati. 20. Ricevette piti ferite. V II. 8. K’ saettato in una gamba II I . } j. E ’ fe­rito in petto VI. 7. In una spalla IV . a j . con un sasso in testa IV. 3. Se fa ferito dal figlio di Poro V. 10.

Sae v i r tù , liberalità V II. 4. sua continenza I I . 14. ma fiducia verso gli amici I I . 4. D i per turpe una vittoria furtiva III . 10. suo dol«re nella perdita delle m ilizie, e gaudio per la salvezza della flotta V il i . J2. Dà convito pubblico a tutti i duci dell’ armata V II. 10. N on tollerava che i prefetti dei popoli li malmenassero VI. 21. Suoi v iz i . E’ proclive all’ ira V II. 7. a dar fede alle accuse }. incanirà i pericoli anzi da soldato che da capitano VI. 7. 9. sua insaziabilità di comandare ripresa dai Sofisti In­diani VII. 2. Amore smoderato della gloria VI. 9. Sue furie contro i M a­cedoni i quali chiedevano il concedo V II. 7. Uccide fin gli amici. Morte di Clito IV. iot di Parmenione I II . 2$.

294'Alessandra ti ammala pel bagno nel fiume Citino IT. 4. pel troppo bete VTT.

14. sua m orte , e datazione del regno z f . e seg.Alessandria, r i t t i fondata da Alessandro in Egitto ni. t . nel monte Canea**

f i . tal Tanai IV. 4. tra i Parapamisadi 1).Amazoni, loro descrizione, se vi fossero mai VII. 11.Aminta i accasato d’ insidie contro Alessandro, ed assolato 111. }o.Ammoae , suo tempo. I II . 4. oracolo di Ammone su di Efestione V II. 1 j .Arsami, fiume della Carmania V il i . 30.Anassarco filosòfo, consola Alessandro in la morte di C lito , IV. 11.Andrà città di G alazla . II. 4.-Antipatro ì messo da Alessandro a governare la Macedonia e la Grecia [I. 141

sue discordie con la madre di Alessandro, V II. 11. è accasato, iv i .Aomo , c i t t ì tra’ Battriani i presa . I II . 33.Aorno, ardua montagna Bell’ Ind ia : su* descrizione IV. 19. è assediata: £

rende. 19.Arabia, Alessandro comanda che si esplori. VII. 19. Seno di Arabia, ivi.Arabie fiume dell'ind ia VI. t{ . V III. «>.Arbela, quanto lontana dal luogo della battaglia ultima tra Alessandro c Da­

rio VI. ».Arriano scrive la vita di Alessandro, I. 14. è ammiratore di esso V II. 1".A rista n d ro , celebre indovino di Alessandro, I II . 1. suoi presagi su la sta tus

di Orfeo che suda I . 13. nella presa di Gaza II. 25.Aristobolo, scrive la vita a i Alessandro» I . 1. accompagna AJessandro nella

sua spedizione, iv i .Aristotile divenuto sospetto ad Alessandro per la motte di Callistene: è cre­

duto autore del veleno preparato per AlessanHio, VII. 2 ;.Artabaxo, caro ad Alessandro per te sua fedeltà verso Dario III . 25.Assiria, terminata dall’ Eufrate e dal Tigri VII. 6. abbonda di cipressi, le­

gname ivi quasi unico da costruzione V II. 18. Ivi sepolcri de 're fra le pai udi .1 2 .

Ateniesi, loro sconfitta in Sicilia, I . 12. loro legazione ad Alessandro dopo d ie ebbe presa Tebe I. 13. Ridomandano i loro cittadini fatti prigionieri da Alessandro al G ranico. 30. sono esauditi con altra legazione in T ir» IIL 6.

.B a b ilo n ia . Alessandro ti m arcia , e li rende I I I . 16. adora B elo , i v i .Bacca, sna venata nell’ Indie V. 1. V III, 6. vi fonda Nisa V. 1 . 'arri che

v’ inse^na, i v i .1tarsine, figlia di D ario , moglie di Alessandro, V II. ).Barzaente, sua perfidia contro D ario, e pena riportatane da Alessandro, I II .

2 *.B a li, prefetto di G a x a , sua resistenza ad Alessandro, IL 25.Kattro, r i t t i , è presa da Aletsandro I I I . 33.Besso tien prigioniero D ario , e ne usurpa il comando III . 22, Caduto in po­

ter di Alessandro è battuto III . 34. fa mozzargli le narici e le som m iti delle orecchie IV. 8. fa ucciderlo, iv i.

Bracmani Sapienti Indiani VI. 11. Ramo di essi ucciso da Alessandro. VI. i r .Bucefalo, famoso cavallo di Alessandro: è ferito dal figlio di Foro secondo

alcuni V. 10. ine d o ti . 13. N on si lasciava cavalcare se non da Ales­sandro, ivi. Bocciala, c itt ì fondata in suo on o re , av i.

C a la n o , filosofò Indiano slegne Alessandro, e ne i ripreso da’ suoi : strana votom i e maniera sua di morire V II. 2. presagio di lui su la morte di Alessandro. 17.

C o liti, sapienti, consultati da Alessandro in Babilonia : ristora i tempi loro I II . 16. Nel ritorno dall’ Indie lo dissuadono dall’ andate allora in Babilonia V II. i i . non gli ode 1 morte che nc «rederpoo provenuta ad Aletsandro a i.

B

to lt in e , sno decorso ad Alessandro per iscusare i M acedonitumultuari VII. f .Cailistene discepolo di A ristotele, reputa li scritti suoi più grandi delle im­

prese di Alessandro, IV. n . si oppone a d ’ adorazione di esso i l . è'acca-* sato d'insidiare Alessandro 14. s h o termine . i{ .

Carmania, regione; sua natura VITI. 19.Cornine, Iso la ; le pecore vi san di pesce, e perchè. »}.Cartaginesi, mandano lesati ad Alessandro. VII. i f .Caspio m are , fiumi che riceve VII. i<.C a lc i, Indiani , resistono ad A lceandro, V. 17.Caucaso, m o n te , tua descrizione ITI. 32.Ceno amico di Alessandro muore VI. 2. snoi onori funebri. i v i .Ciro il maggiore, sua reggia incendiata I I I . io . sepolcro ristorato VI. 2t"

sua adorazione IV. 12. VL 2}. ogni mese gli era sagri Acato un cava li* , iv i.

Grò il m inore, sa ; gesta scritte da Senofonte I. 14.Ciropoli c it t ì fabbricata da Ciro : Alessandro l ’ assedia e vi entra pel letto del

fiume IV.Cleandro e Sitalce uccisi per aver derubalo i tempi VI. 2r.Clito presso il Cranico stiva Alessandro I . lU.Clito è ucciso da Alessandro, IV . 10.Cratero amicissimo di Alessandro, dato per capo ai Macedoni che r ip a rla v a ­

no : è sostituito ad Antipatro per governare la M acedonia, la Tracia e la Tessaglia V II. 10. e seg. Combatte contro Catane ed Austane IV. 2).

CriUdemo medico di Alessandro, VI. 7.

D"D a n u b io . Cario vi fa un ponte V. 4-

Dario re di Persia : guerreggia con Alessandro » prenfle I s s o . I I . 7. vi acrida crudelmente i Macedoni che vi trova, ivi. Esercito ‘di Bario in Isso 10. lua fuga. 1). cause della sua sconfitta III . ». Mia famiglia fatta prigio­niera. I I . i l . rispetto osatole d.i Alessandro, IV. 21. Pario la richiede per legati ad Alessandro, II. 16. Altra legazione speditagli mentre Ales­sandro assediava T iro . 24. Nuovo esercito di Dario in Arbela H I . 8. co­me fu schierato 10. disfatta e fuga di Dario 14. i preio ed ucciso da* suoi 2). suo carattere 14.

Demetrio, spedito contro i M alli VI. f ., suo simolacto rimandato per Alessandroda Babilonia in Atene VII. i l .

Diasene di Sinope ì ammirato da Alessandro, VII. 1. sua liberti nel parlar­gli» ivi-

Discorso di Acufi capo de’ Nisei ad Alessandro, V. 1. di Cailistene contro d ì Alessandro sicché non si adori IV. 12. di Ceno figlio di Folemocrate ad Alessandro in favore de’ Macedoni V. 21. di Alessandro ai soldati presso di Isso prima di combattete con Dario I I . presso di T iro . 20. pressa di Arbela III . 9. quando i Macedoni in Asia schivavano ornai la mili­zia V. 20. quando tum ultuavano per tornare in Macedonia V II. ( .

Ditcorto di Parmenione ad Alessandro c sua risposta I. l i .Dote nuzia le , non li dava fra g l'ind ian i V III. 14.

E

In fes tio n e grande amico di Alessandro doma la Peucelaotide. IV . 24. Si iV concilia con Eumene VII. 12. Sua m ala ttia , m orte , afflizione d i Alessa * ■ d ro , onori funebri i j . e seg.

E lefanti, loro caccia V III. 10. na tu ra , e tà , ivi. Stimasi l’ esser tirato dagliElefanti 14.

Eratostene, scrisse la storia delle Indie V .4 . stia descrizione dell’ ìndia V il i . 2.Ercole, è più di uno I I . 19. In Tiro eravi un tempio di Ercole 10. Qual fi*

l 'È rco le clic penetrò nelle Indie IV. 28. Racconti intorno la ficLia Pa«- dea V il i . 6.

Eritreo, m are , da chi denominato V il i . 94.i t e i ie, venti periodici» donde spirino fra gl’ indiani T I. i j .

*95

a96Euleo , fiume V U . i.t u fra te , fiume. Esso ed il Tigti term inino 1 A nifi* T II . S. si naicofcfe

per luoghi palustri V. j . N a'ce da’ monti di Arm enia, e nell'estate h a corso più veemente V II. 20. Distanza di Babilonia dall'im boccatura del- l ’ Eufrate V il i . }S.

FF i . * - , padre di Alessandro ripudia Olimpiade e sposa Karidice I I I . S. Be­

f f ic i di F ilippo verso i Macedoni V II. 8. sua morte I . I.Filippa, medico di Alessandro accasato da Parmenione II. 4.f i Iota , figlio di Parmeniore : accusato di tradimento : suo fine I II . 39.Fiumi dell’ india assai crescono ne’ solstizi estivi V. 7. Fiumi dell’ india p i i

grandi de' fiumi del resto dell’ Asia J. Quanti sono i fiumi navigabili del- l 'In d ia V il i . ♦ .

Fonti nel tempio di Aminone, freddo di mezzodì e caldissimo a mezza so t­te I II . 4.

Ftnmche de11* In d ia , specie maggiore delle volpi V III. 12.

GC ^ a d r e ij , confinano cogli Oriti V i l i . 1J. lo to terreno deserto in gran par­

te , abbonda di mirra e nardo V I. t« . Pura ne i la reggia 17. Prima di Alessandro ninno vi condusse , e ne riportò salvo l ’esercito. 18.

G aza , sna situazione I I . 1 ;. Alessandro !a espugna, ivi. A ltra e n t i di questo nome nella Scizia IV. è distratta 2.

Gordio, città di Frigia I . 28. Reggia di M ida. I I . }. Nodo Gordiano sciolta da Alessandro, ivi.

Cranico fiume. Alessandro ivi disfi Dario I. i«. e seg.Greci y veduto il flusso del mare nell’ Indo ne sono sorpresi V I. I j .

I

I d a s p e , fiume, ti unisce alt’ Aeesine VI. }. strepito grandissimo delle acque loro riunite, ivi.

Idraòte entra nell’ Acesine, ed ambedue finiscono nel fiume Indo. VI. 10. quali fiumi riceva esso. Alessandro lo passa V. 15. Vi naviga VI. is .

Ind ia , qual sia propriamente V il i . 1. E ’ piana in gran p arte : cause della pianura V. f . suoi confini ivi. e V i l i . 2. Alessandro non andò all’ india Orientale V il i . 2. suoi fium i, vedi Fiumi. Numero de’ suoi popoli 6.

Indiani, tra’ quali venne Alessandro non avean l ’ uso dell’ oro, V. 4. loro statu­ra , ivi. si maravigliano nel vedere i cavalli portati su le navi VI. 2. Va­ne loro patticolariti VII. t . e segg. loro sapienti andavano nudi VII. 21

Indo, fiume il più grande d e ll 'A s ia , eccettuato il Gange V. 4. sua grandez­za descritta senza esagerazione V. i f . ha dei cocodrilli come il N ilo VI. 1. sbocca in mare diviso in due gran ram i. 12. quanto lontani fra loro 14.

Isto fiume, battaglia di Alessandro con Dario I I . 7. e seg. c vedi VI. 8.

L

I ja n g a r o , re degli Agriani I. 6.Leonnato, guardia del corpo VI. 22.I .m » , tratto da filamenti di arbore tra gl’ indiani VIII. !}.Luna, sua ecclisse, pigliata in presagio della vittoria di Alessandro contro di

D ario . I I I . 7-Lisippo, scultore insigne, è preferito da Alessandro a formar la statua di lu i :

altre incombenze I. 18. '

M®9f

J \J . accioni, lo to afflizione n la voce spana della morte di Alessandro. VT. 9.' Esultazione nel rivederlo sano, ivi. Mal sopportino in Alessandro i medi Permiani V II. }. Arcano nn giorno n e ro a Barro IV . 9. Tra* GadroO min* giaron de’ mnli per la fame VI. 18. Macedoni uccisi I I I . IV. 16. Di;bb' di seguire Alessandro più oltre nell’ india V. 19. Discorso di Ales­sandro in quell’ occasione 20. risposta di Ceno. a i . Chiedono di essere di­messi e lasciarlo. VII. 7- Bel discorso di Alessandro t . I Macedoni ne sono confusi 9. Non vuole che i figli nati da’ Macedoni con donne del- l’ Asia Tadino in M acedonia, e perchè. V II. 10. Acque- bevute tra la stanchezza ne rovina buona parte V i. 19.

M agi, custodi del sepolcro di C iro , loro negligenze VI. i f .M alli, popolo indipendente dell’ Indie. Alessandro va coatro loro VI. 4. e seg,'

estremo pericolo incorsovi 8. si rendono totalmente 9.Maracanda, reggia de’ Sogdiani I I I . .M o r i i , Fersiani, vinti da Alessandro 1*.Megastene, sctivc la storia dell'ìnd ia V. f . girò l’ india m a non gran p u ­

le V II. 4. scrive che gl’ Indiani non ebbero nè fecero mai guerra, ivi.Memnone, ammiraglio di Dario II. 1. prende Scio e Lesbo ; m a m o rte , ivi,Mileto assediata e presa da’ Macedoni I . 11. e seg.Mirra copiosa tra’ Gadros), VI. 16.Monumento lasciato da Aleslandro nel retrocedere dalle Indie V. a ] .Musicano re d’ india ti rende, li r ibe lla , e lo appiccano 11.

NN *' avigaxione di Alessandro pel fiume Idaspe all’ Oceano, V I. Navigazioni

quando comiaoda o no tra gl’ in d ian i, i j . N avi tra loro sbattute nel fiu­me Indo , i ) .

Vcarto scrive la storia dell* India, ▼ . 4. E ’ fatto capo della ipedizione del- l 'I r d i e per visitare l ’oceano, e vi naviga. VI. 2. V III. 16. e seg. ne- ri­torna cosi squallido che non si raffigura V il i . j i . E ’ coronato da Ales­sandro nel suo ritorno, V II. 4. Alessandro sagrifica per la flotta di Nearcft la quale era salva, V i l i . I soldati spargono fiori su N earco , ivi-

V icea , • Vittoria , c it t ì fondata da Alessandro sa l’ Idaspe per la v ittoria contro il re Poro V. 1;.

M io , sua natura V il i . j . un tempo fu chiamato Egitto V .f . Alessandro c o » getturA di averne scoperte le fo n ti , VI. 1.

X i ia , città dell’ india fondata da Bacco V. 1. A cuii, capo de’ Nisei viene ad Alessandro: sao discorso 2. Alessandro gli lascia lib e ri, iv i .

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O

J aratta , porto della Carm ania, V i l i . {4.Olimpiade, madre di Alessandro ripudiata da Filippo. ITT. 6. dissensioni di

essa eoa A ntipatro , ed accuse fattene ad Alessandro, VII. f i .Cnesicrito, governatore delta nave di Alessandro, VI. x. suo disparere da

Nearco nell’ inoltrarsi, V II. 19.O titi, popolo libero dell’ in d ia ; si arrendono, VI. i f . e seg.Orfeo: sua statua che suda; ciocché indichi ad Alessandro, I . 1;.Orsine, messo in croce per aver spogliati de' tem pi, VI. 24.Ossiarte, Padre di Mossane, viene ad Alessandro, VI. 11.• n o , gran final* dell’ A sia , I II . ; j . sbocca nei o u r C aspio, V II. 16

Alessandro lo posasse I IL j j . *

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j f a t to c o p a , fiume- derivato dall* E ufra te , T U . io . e seg. tandea , figlia di E rco le , mancata di sette anni , V i l i . 6. tam pam iso , m onte, è chiamato Caucaso d i ' M acedoni, e perchè V. }. tormentone, ino discorso ad Alessandro, I» 16. Accusi F ilippo il Deifico di

Alessandro, II. 4. B* ucciso da Alessandro, 1IL 19. fasittgri, fiume. I II . iV.Bblusio, c it t ì di E g itto , li rende, I I I . 1. ftneo-, fiume di T e s t a l a , IV. 7.StnUeca, guardia del corro di Alessandro, VI. 12. è ferirò gravemente nell’ as­

sedio di T ebe, I. 11.Persiani, Atene era na ta da essi rovesciata, III . 10. Feniani del temno di

Ciro valorosi. V . 4. Re persiani combattono in mezzo de 'l’esercito II. i t . lo to sconfitta sul G ran irò , I. 16. su ll'Isso . II. 7. e seg. p roso Arbe­l a , I I I 10. Amica sconfitta de’ Persiani nella Scizia, V . «.

Bèucesta, guardia del corpo di Alessandro, VI. xz. difènde Alessandro in pe­ricolo ewremo. 7. affetta maniere Persiane, t « viene odiato da’ Mace­doni V II. y.

Kndaro Poeta : sa i caia * stirpe salvata da Al ettaedro nell’ espugnazione f i Tebe I. 11.

Pittagora indovino; vaticini sn la mo^te di Alessandro e di Efestione V II. 17. Boro re d 'ìn d ia : Alessandro va a com batterlo: sue resistenze e disfatta V. 7.

e se;. Egli parve grande anche ai nemici, ia . Alessandro gli accresce il regno . i v i , lo riconcilia con Tassile 14. G li d ì tutto il paese di qua dall’ Ifasj j j .

A r o , altro capo d’ Indiani V. 14. Alessandro lo perseguita 15. si presenta il.

RR o m a n i : loro maniera di fare i ponti so i fiumi V. 4. Se mandassero in Asia

ainba'cladori ad Alessandro VII. t f .Mestane figlia di Ossiarte è fatta prigioniera IV. 21. sua bellezza, «vi. Ales­

sandro la. sposa » iv i .

sS a i fossile presso ir tempio di Aminone libico I I I . f . dal sale gP I ttio fag i

■ cavano olio VITI, a6.Bengala, c i t t ì de'Catei espugniti V. tff.Scili Europei ed Asiatici mandano ambaiciadori ad Alessandro. IV. 1. Sciti

Asiatici si ribellano, ivi. loro disprezzo verso Alessandro 4. loro disfatta nova supeiioritì e disfatta data ai Macedoni 6. Alessandro viene egli

stesso a combatterli 7. A ltra legazione degli Sriti E u ropei. 16.Seno/onte prima di Alessandro non fa menzione dell’ Amazoni VII» ia .Serse rongiiinge l ’Bllesponto con un ponte di navi V. <5. manda catene g ià

nell’ Ellesponto per incatenarlo.* sua empietà verso i Dei VII. 1).A rra iln , re di E g itto , invase gran parie d d t’ Asia, VIII. 4.S ila , fiume dell’ ìndia con acque rosi leggiere che mun corpo pud galleggiar­

vi , V III. 4.Silfio , erba a m i grata alle pecore, III . ; i .Xpitamene, balte i M acedoni, IV. 18. è b a ttu to : indi è tradito ed ucciso da '

su o i, e se ne manda il capo aif Alessandro, a. im o . Alessandro viene in ìjusa; vi celebra il suo matrimonio 0 degli ami­

c i , VII. j. Nearco dalla navigazione torna in Susa. 4,

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^ T a n a i: doppio fiume di questo nortie. IV . i . ano se p in l’ Asia dall'E uro* p a , ivi.

T a u ro , m nnre, sua descrizione V. J . d ilaniato da* soldati con a ln i no­m i, V il i . i.

Tassila , la più grande delle c itt ì fra l ’ Idaspe e l 'in d o fium i, V. 7. è poni­la , ivi.

T e le nella Greci 1 si r ibe lla , e viene npagnata I . io. e seg.Tigre , fiera più forte dell’ Elefante VITI. 11.'Tigri, fiume, più depresso dtll ’ E ufrate, sbocca nel golfo Persico, V II. <.T iro , c i t t ì , sua descrizione ed assedio I I . 19. e seg. presa i j .Tolommeo non si trovò con Peucesta a difendere Alessandro, V I. 8. E* in ­

caricato di provvedete l’ apparecchio per Calano filosofo che voleva mo­rire V II. 2-

, gente libera presso la Susiarn : eraqp senza l*nso della moneta** to t* l im i ; la madre di Dario ime: cede per essi 111. 2%.

Die 5«i*. iIm<

V I D I T y ro Kminentiss. et Reverendi». IX 9 .

CAROLO CARD. OPPIZZONIO

Aichicp. B ononhe

Joachimns Cai). Ambrosi

ffatrac Theol. Fub. t r o f . e t Exam. Syno<UJii

D ie 24. Sept. 1820.

V I D I T Pro Excelso Gubemio

D en im ca t Mandini S. T . D. P*rochoi cc Exaia. Syood.

Die i f . Sept. >820.

IM PR IM A T U R

Camillas Ceronetti Frov. C«n>