Arona-La Città Stregata

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  • 8/18/2019 Arona-La Città Stregata

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    La città stregata

    di Danilo Arona

    La città stregata è, ancora una volta, Genova. Chi non ci è nato, ci vive o ci ha vissuto,

    può capirne sino a un certo punto. Genova produce una magia che ti entra dentro e siinstalla come un benefico virus. Quelli, come il sottoscritto, che hanno avuto la fortunadi esserci nei primi anni ’70 sono in grado di constatarlo a ogni ritorno: il virus si riattivae si perdono le dimensioni del tempo, trascinati nei carrugi e negli odori, nelle botteghee nelle zone d’ombra.

    La magia di Genova non è soltanto metaforica ma autentica. Il suo assolutoambasciatore si chiama Alex Marco Pepè, amico ormai più che ventennale che mi hafatto persino l’onore di trasformarsi in personaggio (non tanto) di fiction in un romanzoche s’intitolava Black Magic Woman , horror sulla fine dei giorni per buona parteambientato a Genova e in Liguria e coerentemente edito dai gloriosi fratelli Frilli,appunto genovesi. Difficile sintetizzare in poche parole lo stato dell’arte di Alex; aricopiare la scheda di copertina, “esperto di occultismo e di tradizioni magico popolari,ricercatore del brivido e organizzatore di eventi” di certo non basta. Alex – a Genova e altrove lo sanno tutti – èsensitivo autentico, al punto tale che per molto tempo ha collaborato con le forze dell’ordine su loro esplicitarichiesta. Autentico tra i pochissimi che meritano l’aggettivo, Alex “vede” e “sente” laddove io e voi, comuni mortaliche magari condividono passioni per Altri Mondi, non sentiamo e non vediamo un emerito piffero. Ma Alex è pure unprezioso e singolare saggista, di quelli che stanno sulla Terra per conservare e trasmettere ai posteri le più bellestorie del folclore popolare, un patrimonio culturale che in Italia è immenso e di cui pochi appaiono essere i vericustodi. La sua ultima opera, immensa e all’apparenza definitiva, s’intitola, appunto, Genova stregata – Fantasmi,diavoli e leggende millenarie , edita da De Ferrari, e testimonia l’incredibile ricchezza e lo spessore antropologico

    dell’immaginario gotico favolistico di Genova e dintorni, un immaginario sempre al confine tra cronaca delparanormale quando non cronaca vera.

    Proprio a questo proposito, tra le decine di “storie” riportate, ne ho scelto una che “storia” non è. Ma qui cedo laparola ad Alex:

    La storia che andrò a narrarvi non è una leggenda storica né una fantasia metropolitana, ma un fatto realmenteaccaduto del quale sono stato testimone e che non trova spiegazione in campo razionale. In Via Casoni, omettovolutamente il numero del civico, accadde attorno agli anni Novanta del secolo passato, un evento moltosconcertante. Una famiglia composta da mamma, papà e figlio si era da poco trasferita a Genova e stabilita in unappartamento al piano terreno di via Casoni nel quartiere di San Fruttuoso. L’abbiamo già detto, spesso i

    trasferi menti posson o essere traumatici e nel nuovo do micilio raramente ci si sente mai a prop rio agio, in particolar modo considerando che a volte può accadere qualcosa di singolare e inspiegabile. I genitori avevano avvertitoimmediatamente che qualcosa stava cominciando a turbare il loro equilibrio familiare, ma ebbero la certezza chequalcosa non andava quando il carattere del loro bambino cominciò a mutare. Tranquilli, non stiamo parlando di

    possessione demoniaca, ma di qualcosa comunque di molto inquietante. Come dicevamo, il bambino cominciava amostrare delle particolari stranezze, cose che sovente capitano ai bimbi come quello di parlare ad amici immaginari,ma quando queste fantasie risultano terribilmente realistiche ci si interroga su quanto sta accadendo. Dopo un

    pomeriggio passato ad osservare il bambino giocare nel cortile di casa con l’amichetto immaginario, la madre decisedi approfondire la natura di tale innaturale amicizia. Il bambino, che allora aveva cinque anni, confidò alla mammache tutto il pomeriggio aveva giocato con un’amica molto simpatica con la quale si era divertito moltissimo. In un

    primo tempo la madre si preoccupò di quanto le veniva narrato dal bimbo, ma poi la razionalità prevalse, aiutandola1/

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    a rendendosi conto che suo figlio non era poi così diverso dagli altri bambini della sua età. Tutto procedevatranquillamente quando nella casa iniziarono a verificarsi inspiegabili fenomeni fisici. Le consuete luci impazzite, letende svolazzanti, i giocattoli che si spostavano da soli come mossi da energia propria, disponendosi nella cameradel bambino con una inquietante logica. Ma il bello doveva ancora arrivare. Una sera la madre osservò suo figliodare la buona notte all’amichetta fantasma indicando come sua ubicazione il frigorifero della cucina. A quel punto losconcerto della famiglia raggiunse il massimo. La coppia decise di indagare sul passato della dimora. I vicini,dapprima riluttanti nel fornire informazioni sulle persone che in precedenza aveva occupato l’appartamento,cedettero all’insistenza della coppia e rivelarono dei particolari veramente inquietanti. Molti anni prima in

    quell’alloggio si era verificata una tragedia. Una giovane madre che da sola aveva partorito una bambina, spintadalla paura e dalla vergogna, aveva messo la propria creatura nel congelatore causandone il decesso. I coniugi,terrorizzati da quanto appreso, ma scettici per tanto orrore, non ebbero più dubbi quando fu loro mostrato anchel’articolo del quotidiano che aveva riportato la notizia. Appresi la storia da una giornalista del “Corriere Mercantile” di Genova che conosceva i due coniugi e che mi chiese anche di effettuare un sopralluogo nell’appartamento al fine di valutare eventuali pericoli di infestazione. Durante l’ispezione non rilevai particolari energie nocive per la famiglia,tuttavia consigliai loro di far benedire l’appartamento in quanto le preghiere di un sacerdote sarebbero servite a dar

    pace alla “presenza”. Così fecero, ma nonostante tutto decisero di abbandonare la casa e trovarono un’altrasistemazione.

    Genova è magica, fidatevi. Lo testimoniano anche altri autori che si chiamano Bruno Morchio, Nadia Morbelli e direcente Alessandro Defilippi, che trasmettono la “genovesità” come aura impalpabile e avvolgente, indimenticabile enostalgica. In una parola, un fantasma.

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