Armonia e contrappunto, appunti università di Padova.

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Anno Accademico 2004-2005 Università di Padova Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Elementi di Armonia e Contrappunto Appunti sulla modalità dall’antica Grecia al secolo XVI (integrazione alle letture assegnate) Fascicolo 2 a cura di Giovanni Zanovello e-mail: [email protected]

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Armonia, musica

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Anno Accademico 2004-2005Università di Padova

Facoltà di Lettere e FilosofiaCorso di Elementi di Armonia e Contrappunto

Appunti sulla modalitàdall’antica Grecia al secolo XVI

(integrazione alle letture assegnate)

Fascicolo 2

a cura di Giovanni Zanovelloe-mail: [email protected]

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La modalità nell’Occidente cristiano (secc. V-XVI)

1. «Comporre» fino al secolo XVI

Accostandoci alla teoria e ai brani musicali dei secoli fino al XVI, è necessario tener

conto d’alcune circostanze storiografiche.

Nella mentalità del tempo, la musica era percepita come processo temporale più

che come entità con coordinate spaziali. Oggi diciamo, per esempio, «qui la sonata

modula», intendendo per «qui» una data battuta che spesso visualizziamo in un certo

punto della pagina della partitura. Fino ad almeno il secolo XV, il «qui» avrebbe avuto

poco senso; semmai si sarebbe detto «adesso», più adatto a marcare un punto di un

evento che si svolge nel tempo. Per di più, in quei secoli non esisteva il rapporto che di

norma oggi riscontriamo tra spartito ed esecuzione. Gran parte della musica che gli

uomini e le donne udirono non fu probabilmente mai scritta. Pochi repertori

richiedevano la scrittura, al punto che questa si poteva utilizzare come una

discriminante di genere musicale. Il riflesso della distinzione tra «composizione» e

musica non scritta (tra musica che «scriviamo» e musica che «eseguiamo») è evidente

nei termini utilizzati da Johannes Tinctoris nel 1477 per definire il contrappunto. Da un

lato un sostantivo (res) e quindi quasi un’oggettivazione della musica, dall’altra un

verbo (cantare) per indicare la musica come evento che si svolge nel tempo.

Il contrappunto, sia semplice che diminuito, si fa in due modi, cioè per scritto o alla

mente. Il contrappunto che si fa per scritto si chiama comunemente resfacta.

Quello, invece, che facciamo assieme alla mente lo chiamiamo semplicemente

contrappunto, e coloro che lo eseguono lo chiamano in volgare «cantare sopra il

libro»1.

Differenze importanti esistevano anche per il comporre come attività. Fino alla

seconda metà del secolo XV non esisteva il compositore come figura professionale. A

comporre erano cantori, ecclesiastici, funzionari, nobili. (Le categorie spesso si

accavallavano: molti cantori erano ecclesiastici, ecc.). Il concetto di «composizione

musicale» come lo intendiamo oggi si formò, secondo studi recenti, nel secolo XV,

forse per analogia con il concetto di opus derivante dagli studi umanistici e letterari2.

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2. Teoria e pratica musicale

Continuando, di fatto, la tradizione ellenistica, molti tra gli scrittori di teoria

musicale s’inserirono in una tradizione accademica più interessata a problemi

filosofici che alla realtà musicale coeva. La distanza (quasi acredine!) tra studiosi ed

esecutori è evidente nel noto e icastico epigramma:

Grande è la distanza tra i musici [teorici] e i cantori:

Gli uni definiscono l’essenza della musica, gli altri la imparano empiricamente.

Infatti chi fa ciò che non sa è definito bestia3.

Nel corso dei secoli, teoria e pratica musicale coesistettero in parallelo, ora

avvicinandosi ora allontanandosi, senza mai veramente incontrarsi se non in tempi a

noi vicini. La pratica musicale si svolgeva a molti livelli: anche ai più alti, tuttavia,

non coincideva mai completamente, per quanto possiamo rilevare, con le

prescrizioni dei trattati.

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Teoria modale e musica monodica

1. Fasi evolutive

secc. V-VI Trattatisti introdussero i contenuti della teoria greca nel

mondo tardo-antico e medievale:

(tre secoli di «silenzio»)

secc. IX-X Sintesi carolingia: Hucbald di Saint-Amand; Alia musica

sec. XI Trattatisti italiani e approccio pratico: Guido d’Arezzo,

Dialogus de musica; scuola di Reichenau e speculazione

teorica

secc. XIII-XIV Integrazione del sistema delle sillabe esacordali con la teoria

dei modi

2. Dall’epoca tardo-antica al secolo VIII

Tra i secoli V e VIII occorsero diversi fenomeni storici che nel lungo periodo

influenzarono la definizione del sistema modale in epoca carolingia. Schematicamente:

• Un gruppo di trattatisti latini con diretta esperienza della cultura greca introdusse i

concetti di base della teoria musicale ellenistica nel mondo tardo-antico e

medievale. I più importanti furono Marziano Capella (V sec.), Cassiodoro (+ c.

580), Isidoro di Siviglia (+ 636), Boezio (+ c. 524). Quest’ultimo, in particolare,

divenne l’auctoritas musicale durante tutti i secoli del Medioevo. A lui si deve

l’importazione di concetti fondamentali come quello di tetracordo, di specie

d’ottava con relativi nomi greci, di definizione di quarta e quinta come consonanze

perfette, oltre ad un sistema di denominazioni alfabetiche per indicare i suoni.

• Durante il periodo per il quale non ci sono pervenuti trattati di teoria, la musica

pratica continuò evidentemente ad esistere; in particolare, si formò parte del

repertorio che rappresenterà la base del cosiddetto canto gregoriano.

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• Tra i secoli VIII e IX si diffuse grazie alla mediazione bizantina un sistema modale

d’origine orientale: l’oktoechos. Il sistema constava di quattro coppie di modi, e

divenne cruciale in Europa per ordinare il repertorio esistente. Nell’adattamento

occidentale i modi, detti «liturgici», sono il Protus, Deuterus, Tritus e Tetrardus, in

versione autentica o plagale. L’azione di classificazione e ordinamento dei brani

musicali appare con evidenza nei libri liturgici, soprattutto nei Tonari, che

presentano le antifone categorizzate per tono o modo. All’interno dei

raggruppamenti modali, dei sottogruppi (differentiae) facilitavano il collegamento

delle antifone ai toni salmodici. Naturalmente alcuni brani composti prima

dell’introduzione di questo sistema dovettero essere rimaneggiati più o meno

pesantemente per adattarli alle nuove esigenze: per secoli i teorici continuarono a

discutere sull’assegnazione di brani particolarmente dubbi ad un gruppo anziché ad

un altro.

2. La sintesi carolingia (secc. IX-X)

Carlo Magno promosse con forza l’unificazione della liturgia nei territori soggetti

all’impero. Gli intellettuali vicini all’Imperatore si occuparono direttamente della

musica, elaborando una sintesi cruciale per gli sviluppi futuri della teoria musicale

occidentale. Figura centrale di questo movimento fu Hucbald di Saint-Amand (c. 850-

930), autore di un trattato De Musica. In questo trattato giunge ad una prima, brillante

sintesi delle teorie ellenistiche trasmesse da Boezio con l’oktoechos. Si occupò inoltre

di rivedere la doppia ottava boeziana dividendola in tetracordi, dei quali esplorò gradi e

qualità modali. Infine, rivide il concetto greco di «modulazione attraverso il sistema»,

adattandolo a specifiche esigenze del suo tempo, ovvero come escamotage per

giustificare teoricamente la presenza del sib in alcuni brani del repertorio.

Un’altra cruciale acquisizione fu l’integrazione delle specie d’ottava d’origine

greca, trasmesse da Boezio, con i modi ecclesiastici derivati dall’oktoechos. Questa è

documentata in un anonimo trattato del IX secolo che il suo primo curatore moderno,

Gerbert, chiamò Alia musica.4

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Modi ecclesiastici e specie d’ottava in Alia musicaI la2-la3 modo ipodoricoII si2-si3 modo ipofrigioIII do3-do4 modo ipolidioIV re3-re4 modo doricoV mi3-mi4 modo frigioVI fa3-fa4 modo lidioVII sol3-sol4 modo misolidioVIII la3-la4 modo ipermisolidio

3. Le sintesi del secolo XI

Nel secolo XI si giunse ad un successivo grado d’elaborazione della teoria modale. I

centri propulsori di quest’indagine si collocano in Italia e in Germania. Nella prima, il

monaco Guido d’Arezzo pubblicò diverse opere teoriche, tra le quali spicca il

Micrologus (c. 1026). Negli stessi anni, un anonimo monaco lombardo componeva il

Dialogus de musica. Entrambi gli autori si distinguono dalla gran parte della letteratura

teorica per il loro approccio pratico. Per esempio, si servirono di lettere latine (anziché

nomi greci) per indicare le note. Non fiorirono, poi, i loro trattati con citazioni boeziane,

ma presentarono la teoria modale come un semplice sistema per risolvere problemi

pratici più che come un insieme di problemi concettuali destinati ad approfondimenti

potenzialmente infiniti. Sintesi e didattica sembrano il fine di questi scrittori, più che

l’esplorazione e l’analisi teorica.

L’indagine di Guido d’Arezzo si concentrò sulle funzioni modali segmentali e

sovrasegmentali, quelle riferite cioè ad una sola nota o frase: la finalis, la initialis, il

tenor. Alla finalis, Guido attribuiva l’importantissima funzione di fondamento di una

melodia:

Al grado che termina una frase, il resto dei gradi [della frase] dovrebbero certamente

accordarsi, attraverso le già citate sei consonanze. Al grado che termina una canzone, il suo

inizio e i finali e anche gli inizi di tutte le sue sezioni intermedie [distinctionum] hanno il

dovere di aderire.5

Nel capitolo 13 del Micrologus, Guido attribuì alla finalis valore normativo anche

rispetto alla gamma di un brano, i cui estremi si dovevano porre a determinate distanze

da essa.

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In un altro polo di speculazione sui modi nel secolo XI (Reichenau, in Germania)

si approfondì l’analisi delle funzioni sovrasegmentali e più astratte non solo con fini

pratici, ma con finalità analitiche. Oltre alla finalis, si indagarono importanti funzioni

secondarie quali la initialis (soprattutto nel caso di antifone e responsori, come si è visto

per brani raccolti nei tonari) ma anche le formule dei versetti nei toni salmodici per le

antifone. Tra i trattatisti di questa scuola vanno ricordati Johannes Cotto, autore di un

De musica (fine sec. XI) e Hermannus contractus (+1054), anche lui autore di un

trattato De musica.

4. Le innovazioni dei secoli XIII-XIV

Nella seconda metà del XIII secolo si completò l’integrazione tra il sistema pratico

degli esacordi utilizzato dai cantori per la solmisazione e la teoria dei modi. L’uno e

l’altra erano convissuti in modo distinto fino a quel momento; talvolta trattati nello

stesso testo, ma sempre in capitoli e contesti differenti. Le lontane radici di

quest’unione vanno forse cercate nella teoria guidoniana delle «affinità», o

nell’espansione delle sedes troporum operata da Hermannus contractus. Tuttavia, nelle

opere dei due teorici non si ritrova un passo che colleghi effettivamente i due sistemi.

L’integrazione avvenne alla metà del sec. XIII, quando Hieronymus de Moravia

(✝ post 1271, autore di un Tractatus de musica) descrisse i modi di Protus e Deuterus

situando la loro altezza nel sistema esacordale. Qualche decennio più tardi, nello

Speculum musice di Jacques de Liège (✝ post 1330) e nell’anonimo Tractatus de natura

et distinctione tonorum musice (fine sec. XIV) l’unione era completata con un’analoga

descrizione degli altri modi (tabella 6). Dalla tabella 66 si nota anche la possibilità di

trasportare i modi e l’esistenza di un modo con il sib fisso (protus «di sol», cioè con la

finalis che cadeva sulla nota che oggi indichiamo con questo nome: nella tabella è

indicato con g). Il cambiamento è importante concettualmente. Nel protus «di sol», la

sillaba di solmisazione fa corrispondeva all’odierno sib2 e la finalis re all’odierno sol2;

di conseguenza, l’esacordo molle fa2-sol2-la2-sib2-do3–re3 era divenuta una sedes

tonorum contenente i modi di protus, e sib non era più un accidente transitorio. Allo

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stesso modo, l’esacordo naturale do2-re2-mi2-fa2-sol2–la2 era la sedes tonorum

comprendente i modi regolari di protus «di re».

N.B.: Le lettere sulla destra distinguono gli esempi dai trattati di Hieronymus de Moravia (A),

Jacobus de Liège (B), Anonimo XIV sec. (C)

Tra i secoli XV e XVI il sistema prese piede con la definizione del cantus durus (che

impiegava il b durus, cioè il si naturale), mollis (caratterizzato dal b mollis, si bemolle),

e fictus (con sia il si che il mi bemolle).

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Come si vede nello schema7, una volta aperta la strada con l’accettazione del sib, il

passo successivo consistette nell’aggiunta del nuovo grado di mib (cantus fictus:

percepito come creazione artificiale. Contrasto tra musica ficta e musica vera). Questo a

sua volta generò l’accidente lab per evitare il tritono con mib.

Vale infine la pena di ricordare un compositore e intellettuale che ebbe grande

influenza sulle teorie dei secoli successivi: Marchetto da Padova. Tra le acquisizioni

esposte nel Lucidarium (1318), l’ordinamento funzionale delle specie di IV e V e il loro

impiego come base della struttura modale della scala. Gli ambiti e le categorie modali

dipendono dal modo in cui la melodia di un certo brano occupa le note disponibili

dell’ottava modale:

Perfetto: riempie la sua ottava modale sopra e sotto, in misura diversa a seconda dellanatura autentica o plagaleImperfetto: quando non riempie la sua ottava modale sopra [autentico] o sotto [plagale]Piuccheperfetto: quando si eccede l’ottava modale sopra o sottoMisto: quando autentico e plagale si muovono nella direzione «sbagliata»Commisto: Presenza di IV o V estranee a quelle del modo della melodia

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Note

1 «… tam simplex quam diminutus contrapunctus dupliciter fit, hoc est aut scripto aut mente …Contrapuntctus qui scripto fit communiter resfacta nominatur … At istum quem mentaliterconficimus absolute contrapunctum vocamus, et hunc qui faciunt super librum cantarevulgariter dicuntur» JOHANNES TINCTORIS, Liber de arte contrapuncti, in Operatheoretica, a cura di Albert Seay, vol II, s.l., 1975 («Corpus scriptorum de musica», XXII).Citato in MARGARET BENT, Resfacta and Cantare Super Librum, «Journal of the AmericanMusicological Society», XXXVI, 1983, pp. 371-391 spec. 372.

2 Si veda ROB C. WEGMAN, From Maker to Composer: Improvisation and Musical Authorshipin the Low Countries, 1450-1500, «Journal of the American Musicological Society», IL,1996, pp. 409-479.

3 «Musicorum et cantorum magna est distantia: | Isti dicunt, illi sciunt quae componit Musica. |Nam qui facit quod non sapit diffinitur bestia». Citato in GIULIO CATTIN, La monodia nelMedioevo, Torino, EdT, 19912, p. 187 («Storia della musica a cura della Società Italiana diMusicologia», 2).

4 Alia musica, a cura di J. Chailley, Parigi, 1965.5 Micrologus, cap. 11, citato in POWERS, Mode, 784-785.6 POWERS, Mode, 791.7 POWERS, Mode, 795-796.