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DELEGA FUNZIONI E CITAZIONE RESPONSABILE CIVILE 227
ARGOMENTO
DELEGA DI FUNZIONI E CITAZIONE DEL RESPONSABILE CIVILEPER INFORTUNIO SUL LAVORO
1. Inquadramento della tematica
Nel caso che segue vengono analizzate le questioni relative alla valenza che
puo assumere la delega di funzioni in diritto penale.
Il tema, abbastanza controverso, spinge ad una serie di riflessioni di non
poco conto, tenendo in considerazione il fatto che, ormai, le dinamiche del
mondo del lavoro, specialmente con riferimento all’organizzazione delle medie
e delle grandi imprese, utilizzano tale sistema per gestire al meglio i processi
produttivi, ormai scevri dall’essere individuali.
In particolare, sotto il profilo del diritto sostanziale, si analizza l’istituto
della delega di funzioni. Specificamente viene fatto il punto su tutte le in-
combenze che gravano sui datori di lavoro durante lo svolgimento dell’atti-
vita lavorativa, individuando tutte le possibilita ed i relativi limiti che ven-
gono in rilievo allorche questi deleghino l’adempimento degli obblighi che
la legge loro impone.Il profilo processuale vaglia i meccanismi che sono alla base della citazione
del responsabile civile. Tale discorso processuale si innesta perfettamente su
quello sostanziale poiche si analizzano le possibilita che esistono nel processo
penale di poter citare il civilmente responsabile, allorche questi abbia delegato
altri ad ottemperare agli obblighi in materia di sicurezza durante l’esercizio
dell’attivita lavorativa.
2. Guida al caso pratico
2.1. Inquadramento sistematico-normativo
2.1.1. La delega di funzioni - Profili teorici
Il parere di seguito analizzato presuppone delle conoscenze rispetto alla de-
lega di funzioni ed al suo ambito di applicazione.
La moderna organizzazione del lavoro ha imposto al legislatore, in considera-
zione dei rischi che sono connessi all’esercizio di determinate attivita, di indivi-
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duare dei soggetti cui affidare il compito di tutelare tutti coloro che partecipano
al processo produttivo, facendololi assurgere a garanti dell’integrita fisica dei
prestatori di lavoro tant’e che, laddove tale integrita dovesse essere stata lesa o
messa in pericolo, la lesione viene loro ad essere addebitata, quantunque natu-
ralisticamente non l’abbiano essi provocata, utilizzando lo schematismo proprio
del reato omissivo improprio di cui all’articolo 40, II comma del codice penale.
In forza di tale norma, non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di
evitare equivale a cagionarlo. Di conseguenza, se ad esempio un datore di la-
voro, il diretto destinatario dell’obbligo giuridico di impedire l’evento, non
avesse evitato la morte di un suo dipendente durante l’esercizio dell’attivita la-
vorativa, quantunque questa dovesse essere stata causata da un infortunio, se la
vedrebbe addebitata, venendo chiamato a rispondere del reato di omicidio col-
poso omissivo improprio, nascente dal disposto combinato dell’articolo 40, II
comma e quello di cui all’articolo 589 codice penale.
E chiaro che la scelta del legislatore non poteva non cadere su coloro che, al-
l’interno delle imprese, sono posti ai vertici, quali ad esempio gli imprenditori, i
datori di lavoro e gli amministratori.
E parimenti vero, pero, che, stante la complessita della struttura delle persone
giuridiche e delle imprese che esercitano attivita commerciale, costoro, per far
fronte alle esigenze di gestione delle aziende ormai sempre piu elefantiache, uti-
lizzano lo strumento della ripartizione delle funzioni tramite l’istituto della de-
lega.
Bisogna, allora, chiedersi quali siano i presupposti che deve rivestire una de-
lega perche possa dirsi, effettivamente, idonea a trasferire tali obblighi giuridici.Si e soliti fare una distinzione tra la delega di funzioni, nell’accezione stretta
del termine, e quella di esecuzione.
Ricorre la prima allorche si attribuisca un potere del tutto autonomo al sog-
getto delegato, quantunque originariamente non sia il titolare, mentre ricorre la
seconda laddove si affidi ad un dipendente compiti meramente attuativi delle
proprie decisioni, conservando pienamente la qualita giuridica di garante, di
guisa che, laddove il dipendente, investito della funzione meramente esecutiva,
non dovesse ottemperare alla medesima, l’eventuale illecito, quantomeno per
non aver adempiuto l’obbligo di sorveglianza, penalmente sanzionato, potra es-
sere addebitato in base al disposto dell’articolo 40, II comma del codice penale
all’originale titolare.
Al di la del dibattito dottrinale, relativo al se, effettivamente, la delega possa
essere considerata uno strumento per trasferire del tutto gli obblighi giuridici, in
ossequio al principio piu generale dell’autonomia contrattuale, o se invece non
potrebbe mai operare in quanto un atto di autonomia privata non sarebbe in
grado mai di porsi in contrasto con un profilo normativo, specialmente se le re-
gole contenute in una legge hanno carattere imperativo, bisogna tener presente
che devono ricorrere determinati presupposti perche possa dirsi, concreta-
mente, la medesima delega poter operare.
Analizziamoli partitamente:
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— in primis, occorre che ci si trovi di fronte a una azienda di dimensioni note-
voli, di guisa che si possa considerare legittimo il ricorso alla medesima delega
altrimenti, chiaramente, la stessa sarebbe semplicemente preordinata a sottrarsi
alle penale responsabilita;
— in secondo luogo, occorre che il soggetto destinatario della delega abbia le
capacita tecniche per poter effettivamente farsi carico dell’obbligo; in altri ter-
mini, costui deve avere una concreta capacita tecnica, nonche un background
tale, in termini di qualita professionale e di specifiche competenze, da poter ef-
fettivamente essere in grado di ottemperare agli obblighi;
— in terzo luogo, e necessario che il soggetto originariamente titolare dell’ob-
bligo giuridico metta a disposizione le risorse finanziarie per far sı che chi debba
ottemperare, a seguito della delega di funzione, possa adempiere agli obblighi
previsti dalla legge e trasferiti a lui dal titolare;
— infine, relativamente alla forma che deve rivestire la delega, affinche possa
essere considerata valida ed efficace, bisogna tener presente che non c’e pacifi-
cita di opinioni circa la necessita che essa debba rivestire la forma scritta. Infatti,
a fronte di un orientamento secondo cui non sono ammesse ne deleghe impli-
cite ne tantomeno orali, vi e un altro orientamento il quale ritiene che la forma
scritta non sia requisito necessario di validita ed efficacia della delega allorche il
trasferimento di funzioni sia ricavabile dalla concreta distribuzione di compiti e
poteri all’interno dell’azienda. E pertanto ammissibile che il trasferimento delle
funzioni sia dimostrato anche tramite una prova diversa da quella documentale,
utilizzando il sistema probatorio che il codice di rito mette a disposizione, che
non ammette alcuna presunzione di maggiore efficacia di taluni mezzi di prova
(come quello documentale) rispetto ad altri. Cio detto, e il datore di lavoro a es-
sere comunque onerato della prova circa il fatto storico dell’avvenuto conferi-
mento della delega e circa i contenuti e i limiti della delega stessa.
2.1.2. La citazione del responsabile civile - Profili teorici
Al fine di poter compiutamente redigere l’atto giudiziario che segue, e neces-
sario approfondire le questioni che involgono la citazione del responsabile ci-
vile.
La possibilita che egli sia citato in giudizio e disciplinata dal disposto dell’arti-
colo 83 del codice di procedura penale, il quale espressamente, sotto la relativa
rubrica, stabilisce che:
‘‘[I] Il responsabile civile per il fatto dell’imputato puo essere citato nel pro-
cesso penale a richiesta della parte civile e, nel caso previsto dall’articolo 77
comma 4, a richiesta del pubblico ministero. L’imputato puo essere citato come
responsabile civile per il fatto dei coimputati per il caso in cui venga prosciolto o
sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere.
[II] La richiesta deve essere proposta al piu tardi per il dibattimento.
[III] La citazione e ordinata con decreto dal giudice che procede. Il decreto
contiene:
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a) le generalita o la denominazione della parte civile, con l’indicazione del di-
fensore e le generalita del responsabile civile, se e una persona fisica, ovvero la
denominazione dell’associazione o dell’ente chiamato a rispondere e le genera-
lita del suo legale rappresentante;b) l’indicazione delle domande che si fanno valere contro il responsabile ci-
vile;
c) l’invito a costituirsi nei modi previsti dall’articolo 84;
d) la data e le sottoscrizioni del giudice e dell’ausiliario che lo assiste.
[IV] Copia del decreto e notificata, a cura della parte civile, al responsabile ci-
vile, al pubblico ministero e all’imputato. Nel caso previsto dall’articolo 77
comma 4, la copia del decreto e notificata al responsabile civile e all’imputato a
cura del pubblico ministero. L’originale dell’atto con la relazione di notificazione
e depositato nella cancelleria del giudice che procede.
[V] La citazione del responsabile civile e nulla se per omissione o per erronea
indicazione di qualche elemento essenziale il responsabile civile non e stato po-
sto in condizione di esercitare i suoi diritti nell’udienza preliminare o nel giudi-
zio. La nullita della notificazione rende nulla la citazione.
[VI] La citazione del responsabile civile perde efficacia se la costituzione di
parte civile e revocata o se e ordinata l’esclusione della parte civile’’.
Dal dettato normativo si evince che il responsabile civile e colui che a norma
delle leggi civili, deve rispondere civilmente, per il fatto dell’imputato, del danno
cagionato da un illecito penale (ad es. i genitori per i figli minori).
La responsabilita di tale soggetto e di natura civile e non penale.
Fra le varie ipotesi contemplate dalla normativa attuale, alcune sono previste
dal codice civile altre, invece, da leggi speciali.
Fra le piu importanti si ricordano quella relativa alla responsabilita cui e chia-
mata la persona tenuta alla sorveglianza dell’incapace per il danno da questi ca-
gionato in base al disposto dell’articolo 2047 del codice civile;
— quella dei padroni e dei committenti, dei danni cagionati dai loro preposti
ex articolo 2049 codice civile;
— quella a carico del proprietario, per i danni cagionati dal conducente di vei-
coli senza guida di rotaie, stante il disposto dell’articolo 2054 il codice civile;
— quella a carico della compagnia assicurativa per la responsabilita da circo-
lazione stradale in base al disposto della legge 990 del 1969.
Il responsabile civile e parte eventuale del processo penale in quanto la sua
partecipazione non e essenziale come quella dell’imputato.
La presenza nel processo presuppone quella della parte civile, la quale eser-
cita nei confronti del responsabile civile l’azione civile per il risarcimento del
danno. Il responsabile civile puo essere citato in giudizio ad opera della parte ci-
vile, del P.M., ovvero puo intervenire volontariamente, sino all’apertura del di-
battimento, se vi e costituzione di parte civile. Pertanto il responsabile civile e
‘‘parte’’ fin dal momento in cui e stato citato o e intervenuto volontariamente;
ma e una parte ‘‘eventuale’’ del processo penale perche la sua presenza richiede
che, in primo luogo, il danneggiato si sia costituito parte civile e, in secondo
DELEGA FUNZIONI E CITAZIONE RESPONSABILE CIVILE 231
luogo, che il responsabile civile sia stato citato o sia intervenuto volontariamente.
Soltanto a queste condizioni il giudice penale nella sentenza decidera sulla re-
sponsabilita civile per fatto altrui. La posizione del responsabile civile e, inoltre,
accessoria a quella dell’imputato e della parte civile, non puo esistere prima che
quest’ultima si costituisca, ne puo persistere dopo l’uscita dal processo della
parte civile. Infatti, il responsabile civile e il soggetto passivo della pretesa so-
stanziale azionata dalla parte civile, sicche senza questa pretesa non puo aversi
citazione (vocatio in judicium), ne intervento volontario del responsabile civile.
Allorche la parte civile esca dalla scena processuale, anche il responsabile ci-
vile non ha piu motivo per restarvi, per cui la sua citazione e il suo intervento
perdono efficacia.
Il responsabile civile deve costituirsi per il tramite di un procuratore speciale.
2.2. Giurisprudenza
2.2.1. La delega di funzioni
z Cass. pen., Sez. IV, 6 dicembre 2007, n. 6277, Diritto & Giustizia, 2008. In
tema di infortuni sul lavoro, pur nell’ipotesi in cui venga nominato un titolare
del servizio di prevenzione, a rispondere dell’incidente sono, oltre a questo, il
datore e il dirigente addetto alla sicurezza, in quanto e la stessa formulazione
della legge che consente di ritenere che il legislatore abbia voluto rendere i diri-
genti e i preposti destinatari delle norme antinfortunistiche ‘‘iure proprio’’, pre-
scindendo dall’eventuale delega.
z Cass. pen., Sez. IV, 3 ottobre 2007, n. 44791, Guida al diritto, 2008, 3, 80.
L’art. 2087 c.c. ha una funzione integratrice della normativa che prevede le sin-
gole misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, con la conseguenza
che la responsabilita del datore di lavoro, o delle altre persone alle quali sono at-
tribuite funzioni di protezione dell’incolumita dei lavoratori, non e esclusa dall’i-
nesistenza di una norma specifica di cautela. Trattasi di previsione che non ha,
comunque, carattere di irragionevolezza in quanto consente di prevedere un’ef-
ficace tutela contro gli infortuni derivanti da lavorazioni che l’innovazione tecno-
logica non consente di ritenere disciplinate da norme di prevenzione specifica.
z Cass. pen., Sez. III, 10 luglio 2007, n. 37397, CED Cass. pen., 2007. Il di-
rettore didattico di scuola elementare ed il preside di scuola media, da conside-
rare, ex art. 1, comma 2, d.lg. n. 626 del 1994, datori di lavoro rispetto agli inse-
gnanti e al personale della scuola stessa, rispondono dell’inosservanza delle
norme antinfortunistiche e, in particolare, degli obblighi di attuazione delle mi-
sure tecniche ed organizzative adeguate a ridurre al minimo i rischi connessi al-
l’uso delle attrezzature di lavoro. Risponde altresı di tali inosservanze, in rela-
zione all’utilizzazione di locale e attrezzatura non adeguati, il sindaco che, tenuto
per legge alla fornitura e alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli edi-
fici scolastici, abbia omesso di rilasciare il parere di cui all’art. 3, comma 3, l.
n. 23 del 1996, circa l’adeguatezza del locale ovvero di assumere il formale impe-
gno ad adeguare lo stesso contestualmente all’impianto delle attrezzature. (Fatti-
specie relativa ad infortunio occorso ad alunno, colpito da una porta di palla-
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mano che egli ed alcuni suoi compagni stavano spostando verso il fondo della
palestra, durante una lezione di educazione motoria, ove l’inadeguatezza era
rappresentata dalla sopravvenuta mobilita della porta stessa, in precedenza im-
piantata al pavimento con bulloni poi rimossi).z Cass. pen., Sez. IV, 6 luglio 2007, n. 37610, Diritto & Giustizia, 2007. Se in
una grande azienda esiste una delega di funzioni in tema di sicurezza, il datore
non puo automaticamente ritenersi ‘‘salvo’’ in caso di incidenti sul lavoro che con-
figurano responsabilita penali. A chi sta al vertice della catena di comando, infatti,
spettano comunque le decisioni piu importanti e, soprattutto, i poteri di controllo.z Trib. Grosseto, 25 maggio 2007, n. 382, Il merito, 2007, 11, 73. Nell’ipotesi
di infortunio sul lavoro determinato dalla mancata adozione delle cautele neces-
sarie alla tutela dell’incolumita personale dei lavoratori, nella specie per inosser-
vanza delle norme antinfortunistiche, non puo riconnettersi alcun elemento
causale, neanche in misura concorrente, alla condotta del lavoratore infortuna-
tosi che, sia pure per imperizia, negligenza o disattenzione abbia occasionato l’e-
vento lesivo. Infatti, nella materia in esame il principio che le difese, strutturali
delle macchine e organizzative del lavoro, devono essere tali da escludere ogget-
tivamente la possibilita che il lavoratore, per malore o disattenzione, ma anche
per propria negligenza, si possa trovare in una condizione di rischio; questi deve
essere difeso anche da se stesso. Per di piu cio e particolarmente vero laddove il
lavoratore, come nel caso in esame, sia stato assegnato a quella macchina o a
quel settore da tempo relativamente breve e con un addestramento ed una sor-
veglianza sommaria da parte di un collega di lavoro. In tale contesto, va, dun-
que, affermata la responsabilita esclusiva del datore di lavoro per violazione del-
l’art. 2087 c.c., nonche della specifica normativa di settore; tale colpa, peraltro,
concorre con quella di chi, come nella fattispecie, ha alienato un macchinario
non conforme ai requisiti di sicurezza imposti dalle norme vigenti.
z Cass. pen., Sez. IV, 11 aprile 2007, n. 24850, Guida al diritto, 2007, 39, 77.
Poiche le norme di prevenzione antinfortunistica mirano a tutelare il lavoratore
anche in ordine a incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza
e imperizia, la responsabilita del datore di lavoro e, in generale, del destinatario
dell’obbligo di adottare le misure di prevenzione, puo essere esclusa, per causa
sopravvenuta, solo in presenza di un comportamento del lavoratore che presenti
i caratteri dell’eccezionalita, dell’abnormita, dell’esorbitanza rispetto al procedi-
mento lavorativo e alle precise direttive organizzative ricevute, che sia del tutto
imprevedibile o inopinabile. Peraltro, in ogni caso, nell’ipotesi di infortunio sul
lavoro originato dall’assenza o inidoneita delle misure di prevenzione, nessuna
efficacia causale, per escludere la responsabilita del datore di lavoro, puo essere
attribuita al comportamento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione
all’evento, quando questo sia da ricondurre, comunque, alla mancanza o insuffi-
cienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio
il rischio di siffatto comportamento.
z Cass. pen., Sez. IV, 23 marzo 2007, n. 21587, Resp. civ. e prev., 2007, 10,
2199. Il datore di lavoro e esonerato da responsabilita per esclusione dell’impu-
DELEGA FUNZIONI E CITAZIONE RESPONSABILE CIVILE 233
tazione oggettiva dell’evento solo quando il comportamento del lavoratore e le
conseguenze che ne discendono presentino i caratteri dell’eccezionalita, dell’ab-
normita, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive or-
ganizzative ricevute.
z Cass. pen., Sez. IV, 15 marzo 2007, n. 19372, Guida al diritto, 2007, 28, 72.
Per i lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto, il dovere di sicurezza
grava, come in qualsiasi altra ipotesi, sul datore di lavoro, che, di regola, e l’ap-
paltatore, destinatario delle disposizioni antinfortunistiche, qualora abbia as-
sunto il rischio inerente all’esecuzione dei lavori e la responsabilita di organiz-
zare il cantiere con propri mezzi e con personale da lui assunto. In caso di infor-
tunio e peraltro possibile la configurabilita della responsabilita anche del com-
mittente. Questi, infatti, in termini generali, e corresponsabile qualora l’evento si
colleghi casualmente anche alla sua colposa omissione e cio avviene, ad esem-
pio, quando abbia consentito l’inizio dei lavori in presenza di situazioni di fatto
pericolose. Inoltre, il committente puo essere chiamato a rispondere dell’infortu-
nio qualora l’omessa adozione delle misure di prevenzione prescritte sia imme-
diatamente percepibile cosicche il committente medesimo sia in grado di accor-
gersi dell’inadeguatezza delle stesse senza particolari indagini; mentre, in questa
evenienza, a escludere la responsabilita del committente, non sarebbe suffi-
ciente che questi abbia impartito le direttive da seguire a tale scopo, essendo co-
munque necessario che ne abbia controllato, con prudente e continua diligenza,
la puntuale osservanza.
z Cass. pen., Sez. IV, 27 febbraio 2007, n. 27710, Guida al diritto, 2007,
37, 91. A norma dell’art. 2087 c.c., spetta al datore di lavoro di adottare, nell’e-
sercizio dell’impresa, tutte le misure che, in relazione all’attivita di lavoro pre-
stata, si rendano necessarie a tutela dell’integrita fisica del dipendente e, in
particolare, di mettere a disposizione del lavoratore attrezzature e mezzi mec-
canici perfettamente efficienti e muniti di efficaci e funzionanti misure di pro-
tezione.
z Cass. pen., Sez. IV, 27 febbraio 2007, n. 27710, Guida al diritto, 2007,
37, 91. La normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l’incolumita del la-
voratore non soltanto dai rischi derivanti da accidenti o fatalita, ma anche da
quelli che conseguono a comportamenti avventati, negligenti o imprudenti dello
stesso lavoratore, purche connessi alla normale attivita lavorativa, cioe non ano-
mali o esorbitanti dal procedimento di lavoro; di guisa che, allorche sia stata ac-
certata una violazione, da parte del datore di lavoro, di una norma antinfortuni-
stica, perche una condotta del dipendente possa assumere il valore di causa so-
pravvenuta concomitante, ovvero anche da sola sufficiente a causare l’evento,
deve essere anomala e imprevedibile in quanto del tutto estranea al processo
produttivo o alle mansioni affidate al lavoratore. In questa prospettiva, compito
del giudice di merito e quello di accertare se il lavoratore abbia tenuto, in occa-
sione dell’infortunio ‘‘sub iudice’’, una condotta nella quale siano ravvisabili gli
estremi della colpa in conseguenza dell’adozione, da parte dello stesso, di moda-
lita di lavoro del tutto anomale ed estranee ai normali schemi lavorativi per la
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mancata osservanza di precise norme antinfortunistiche, ovvero per altri fatti
eccezionali, di tale che essa si sia inserita nel rapporto causale in modo tale da
escludere, ovvero attenuare, la colpa concorrente del soggetto che si pone come
garante del rispetto della normativa antinfortunistica. Da cio conseguendo, per-
tanto, che il nesso causale tra la condotta colposa del datore di lavoro, per la
mancata predisposizione di misure di prevenzione, e l’evento dannoso non e in-
terrotto dal comportamento negligente, disattento, imprudente o avventato del
lavoratore, per cui, nei limiti della prevedibilita, di simili comportamenti, non
sussiste colpa concorrente dell’infortunato.z Cass. pen., Sez. IV, 29 gennaio 2007, n. 16422, Guida al diritto, 2007,
22, 64. Poiche le norme di prevenzione antinfortunistica mirano a tutelare il la-
voratore anche in ordine a incidenti che possano derivare da sua negligenza,
imprudenza e imperizia, un comportamento anomalo del lavoratore puo acqui-
sire valore di causa sopravvenuta da sola sufficiente a cagionare l’evento, tanto
da escludere la responsabilita del datore di lavoro e, in generale, del destinatario
dell’obbligo di adottare le misure di prevenzione, solo quando esso sia assoluta-
mente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in
un comportamento del tutto esorbitante e imprevedibile rispetto al lavoro posto
in essere, ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile intervento e prevedibile
scelta del lavoratore; tale risultato, invece, non e collegabile al comportamento,
ancorche avventato, disattento, imprudente, negligente del lavoratore, posto in
essere nel contesto dell’attivita lavorativa svolta, esso, in tal caso, non essendo
affatto eccezionale e imprevedibile. Peraltro, in ogni caso, nell’ipotesi di infortu-
nio sul lavoro originato dall’assenza o inidoneita delle misure di prevenzione,
nessuna efficacia causale, per escludere la responsabilita del datore di lavoro,
puo essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato che abbia
dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre, comunque, alla
mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a
neutralizzare proprio il rischo di siffatto comportamento. (Nella fattispecie, la
Cassazione, proprio partendo da queste premesse in diritto, ha ritenuto corretta
la decisione del giudice di merito che, con ricostruzione dei fatti convincente,
aveva escluso che la condotta dell’operaio infortunato avesse integrato alcunche
di esorbitante o di imprevedibile, tale da poter rilevare ai fini dell’interruzione
del nesso causale, avendo ravvisato questo, sempre con argomentazioni incen-
surabili e giuridicamente corrette, nelle inosservanze colpose ascritte all’impu-
tato; in particolare, quella di non essersi preoccupato assolutamente della sicu-
rezza e incolumita fisica del lavoratore, omettendo di predisporre, ai fini del la-
voro da eseguire, alcuna opera provvisionale e venendo meno all’obbligo di in-
formazione nei confronti del dipendente sulla specifica pericolosita del luogo di
lavoro).
2.2.2. La citazione del responsabile civile
z Cass. pen., Sez. IV, 23 novembre 2006, n. 2628, Guida al diritto, 2007, 16,
10.1. La disposizione di cui all’art. 83 comma 2 c.p.p., secondo la quale la richie-
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sta di citazione del responsabile civile deve essere proposta ‘‘al piu tardi per il
dibattimento’’, non implica affatto che tale parte debba essere citata per la prima
udienza. La disposizione, infatti, vuole assicurare che il responsabile civile possa
partecipare a tutte le fasi del dibattimento, che costituisce il nucleo centrale del
giudizio, con parita delle armi rispetto alle altre parti. Ne consegue cosı che non
e affatto escluso che la citazione avvenga per un’udienza successiva alla prima,
purche, in tale eventualita, le udienze iniziali siano solo prodromiche, di differi-
mento, e non impediscano al responsabile civile di svolgere il proprio ruolo nel
dibattimento sin dalla prima fase di costituzione delle parti.
z Cass. pen., Sez. VI, 26 settembre 2006, n. 38698, Riv. pen., 2007, 4, 396.
In tema di corruzione, l’ente pubblico cui appartenga il soggetto che ha com-
messo il reato puo eventualmente costituirsi parte civile nel relativo processo, in
quanto danneggiato del reato stesso, ma non puo essere citato nella veste di re-
sponsabile civile per i danni subiti da terzi; il che manifestamente non da luogo
ad ipotesi di contrasto tra l’art. 83 c.p.p., nella parte in cui non consente tale ci-
tazione, e gli artt. 3 e 24 cost.
z Cass. pen., Sez. I, 30 maggio 2006, n. 22890, Cass. pen., 2007, 4, 1727, Riv.
pen., 2007, 2, 173, CED Cass. pen. 2006. Il proprietario dell’autovettura da altri
utilizzata per un tentativo di omicidio non risponde in solido con l’autore del
fatto criminoso per i danni arrecati, secondo quanto disposto dall’art. 2054,
comma 3, c.c., perche, ai fini della presunzione di responsabilita del proprietario,
e necessario che ricorra nella condotta del conducente il presupposto della cir-
colazione, intesa come uso del veicolo in quanto mezzo di locomozione e non
strumento di offesa, e tale presupposto manca nella condotta di uso del veicolo
in modo non conforme alla sua destinazione naturale.
z Cass. pen., Sez. V, 8 febbraio 2006, n. 6700, CED Cass. pen., 2006,
234004. In tema di risarcimento del danno da reato, la responsabilita indiretta
del committente e configurabile anche quando le persone che si sono rese re-
sponsabili dell’illecito siano soltanto inserite, temporaneamente ed occasional-
mente, nella organizzazione aziendale ed abbiano agito, in quel contesto, per
conto e sotto la vigilanza dell’imprenditore. (Fattispecie nella quale la Corte ha
ritenuto sussistente il rapporto di commissione, sia pure solo occasionale, fra la
Rai e l’imputata del reato diffamazione commesso durante una trasmissione te-
levisiva, mettendo in evidenza che l’imputata non si era prestata ad una sem-
plice intervista ma alla costruzione di un vero e proprio spettacolo nel quale era
l’interprete della propria storia. Ha quindi ritenuto fondata la domanda risarcito-
ria nei confronti del responsabile civile).
z Cass. pen., Sez. V, 8 febbraio 2006, n. 6700, D&G - Dir. e giust., 2006,
24, 43. Nel procedimento penale puo essere citato quale responsabile civile solo
chi debba rispondere civilmente per il fatto dell’imputato, e non chi debba ri-
spondere di un fatto proprio diverso da quello addebitato all’imputato. Ne con-
segue che non puo essere citato quale responsabile civile, per un reato com-
messo attraverso una trasmissione televisiva, l’editore, in applicazione analogica
dell’art. 11 l. 47/1948.
CASI SCELTI DI DIRITTO PENALE236
z Cass. pen., Sez. IV, 14 ottobre 2005, n. 44663, CED Cass. pen., 2005,
232620. In tema di azione civile esercitata nel processo penale, deve ritenersi
che la morte dell’imputato, intervenuta prima del passaggio in giudicato della
sentenza, comporta la cessazione, unitamente al rapporto processuale penale,
anche di quello civile inserito nel processo penale: la esistenza e permanenza in
vita dell’imputato, difatti, funge da presupposto processuale della sentenza e
della sussistenza del rapporto processuale, anche civilistico. (Ha precisato la
Corte che tale conseguenza si determina anche nei confronti del responsabile ci-
vile, atteso che la posizione di questo e intimamente connessa e collegata a
quella dell’imputato).
z Cass. pen., Sez. IV, 21 giugno 2005, n. 39388, CED Cass. pen., 2005,
233476. La legittimazione passiva del responsabile civile sussiste solo se nel pro-
cesso penale e presente un imputato del cui operato debba rispondere per legge,
dovendo escludersi che risponda anche del fatto altrui in base ad un titolo con-
trattuale. (Fattispecie in cui era stato citato come responsabile civile l’Anas, in
qualita di ente committente, in un processo per omicidio colposo a carico di im-
putati che erano dipendenti della societa appaltatrice dei lavori).
z Cass. pen., Sez. IV, 13 aprile 2005, n. 23724, CED Cassazione, 2005,
RV231735. E manifestamente infondata la q.l.c. dell’art. 83 c.p.p. nella parte in
cui non prevede la possibilita per il medico ospedaliero imputato di reato com-
messo per colpa professionale, nel caso di costituzione di parte civile, di chia-
mare nel processo quale responsabile civile l’azienda ospedaliera di apparte-
nenza, poiche — in ragione del rapporto contrattuale sussistente tra la vittima e
tale ente gestore del servizio sanitario, ed in ragione altresı della distinzione tra
gli obblighi del sanitario e quelli dell’ospedale nei confronti del malato — si
versa in un’ipotesi di non operativita dell’art. 185 c.p. con riferimento alla re-
sponsabilita per fatto del terzo (ha precisato la Corte che la responsabilita della
Asl e diretta ed autonoma rispetto a quella del sanitario, in forza del contratto
d’opera professionale concluso con il paziente che viene curato nella struttura
ospedaliera).z C. cost., 29 settembre 2004, n. 300, Giur. cost., 2004, 5. E manifestamente
infondata, in riferimento agli art. 3, 24 e 97 cost., la q.l.c. dell’art. 83 c.p.p., nella
parte in cui non riconosce all’imputato la facolta di chiedere la citazione del re-
sponsabile civile allorche si tratti di responsabile civile ‘‘ex lege’’ in base alle
norme in materia di infortuni sul lavoro e di previdenza sociale, ovvero in forza
dell’art. 28 cost. Premesso che la responsabilita civile dello Stato e degli enti
pubblici per i fatti dei dipendenti, prevista dall’art. 28 cost., assolve ad una fun-
zione di tutela nei confronti del solo danneggiato, e non anche del danneggiante,
e prescindendo dalla soluzione del quesito se ai responsabili civili ‘‘ex lege’’ deri-
vanti dalla normativa in tema di infortuni sul lavoro e di malattie professionali
possa essere riconosciuta la qualificazione di responsabili civili ai sensi dell’art.
185 c.p., dalla disciplina generale dell’assicurazione obbligatoria contro gli infor-
tuni sul lavoro e le malattie professionali non si desume l’esistenza di un rap-
porto interno di ‘‘garanzia’’ tra l’imputato-danneggiante e l’istituto assicuratore,
DELEGA FUNZIONI E CITAZIONE RESPONSABILE CIVILE 237
omologo a quello esistente tra assicuratore e danneggiante-imputato nella disci-
plina dell’assicurazione obbligatoria della responsabilita civile derivante dalla
circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, giacche gli artt. 10 e 11 d.P.R. 30
giugno 1965 n. 1124 riconoscono piuttosto all’istituto assicuratore, che abbia cor-
risposto le indennita previste dalla legge (e non, dunque, il risarcimento del
danno), il diritto di regresso contro le persone civilmente responsabili, ivi com-
preso il datore di lavoro quando il fatto integri un reato perseguibile d’ufficio.
PROFILI APPLICATIVI
3. Testo della sentenza
z Cass. pen., Sez. IV, 1 aprile 2007, n. 25481. Nei procedimenti per reati
colposi, la sostituzione o l’aggiunta di un particolare profilo di colpa, sia pure
specifica, al profilo di colpa originariamente contestato, non vale a realizzare di-
versita o immutazione del fatto ai fini dell’obbligo di contestazione suppletiva di
cui all’art. 516 c.p.p. e dell’eventuale ravvisabilita, in carenza di valida contesta-
zione, del difetto di correlazione tra imputazione e sentenza ai sensi dell’art. 521
c.p.p.
Fatto-Diritto
C.G. e F.A.F. ricorrono contro la sentenza della Corte d’appello di Milano che
l’11.1.2005 ha confermato nei loro confronti, assolvendo un terzo imputato, la con-
danna emessa in primo grado per avere, il 1 dicembre 1999, colposamente causato
lesioni personali gravissime a C.N. perche, per imprudenza e negligenza, in parti-
colare violando il d.lgs. n. 626 del 1994, artt. 21, 22 e 35 e d.P.R. n. 547 del 1955,
art. 115, nelle rispettive qualita di consocio preposto e di titolare e legale rappre-
sentante della soc. FCR s.n.c. e di fatto datore di lavoro della persona offesa, impie-
gato nei locali della societa, omettevano di provvedere perche quest’ultimo, dipen-
dente di altra impresa ed inviato alla FCR come addetto ad operazioni di facchi-
naggio in genere, ricevesse idonea informazione sui rischi cui era esposto, e mette-
vano (o consentivano che altri mettessero) a disposizione di questi una pressa
inidonea ai fini della sicurezza dei lavoratori, perche sprovvista di dispositivi atti
ad evitare che le mani o altri parti dei corpo fossero offese da organi mobili du-
rante le fasi di lavorazione.
La Corte d’appello, dopo aver riportato lo svolgimento del processo, il contenuto
della sentenza di primo grado, quello dei motivi d’appello, espone i motivi della de-
cisione. Descrive in primo luogo il funzionamento, le anomalie rilevate, la situa-
zione della macchina al momento dell’infortunio. In particolare, per quel che qui in-
teressa, precisa che il quadro comando elettrico di cui era dotata prevedeva due ve-
locita selezionabili; scambio stampo (detto anche lumaca) e lepre; era previsto che
la macchina fosse azionata pigiando contemporaneamente due pulsanti del quadro
CASI SCELTI DI DIRITTO PENALE238
comando; la lavorazione secondo normativa antinfortunistica sarebbe dovuta avve-
nire in modo che il cancelletto rimaneva aperto, sul quadro veniva selezionata la
velocita cambio stampo, pigiando entrambi i pulsanti lo stantuffo si muoveva molto
lentamente, lasciando andare i pulsanti lo stantuffo si fermava, l’operatore staffava
le parti dello stampo, pigiando i due pulsanti faceva avanzare lo stantuffo, lo fer-
mava, effettuava successivamente via via regolazioni dello stampo fino alla esatta
sistemazione, selezionava la velocita lepre, il cancelletto si chiudeva e il lavoratore
azionava la macchina che a quel momento si muoveva velocemente. l. anomalie ri-
levate dal consulente del P.M. erano quattro, due sole delle quali rilevanti in questa
sede: la pressa poteva essere messa in funzione premendo un solo pulsante e non
entrambi; essa funzionava nella modalita veloce, lepre, anche quando si poneva la
macchina nella fase cambio stampo, e cioe a cancello di protezione aperto. Il con-
sulente ha concluso che parte dei malfunzionamenti erano dovuti a un contatto
anomalo della cavetteria del quadro di comando, che non si palesava sempre come
guasto ma andava e veniva in modo casuale, non rendendo il guasto palese e non
permettendo quindi l’intervento; altre malformazioni erano invece da addebitarsi
alla carenza dei dispositivi di protezione. Nel dibattimento il consulente ha chiarito
che i malfunzionamenti di natura elettrica erano probabilmente dipendenti da un
contatto anomalo; gli altri malfunzionamenti erano di carattere strutturale, ‘‘la
chiusura, la possibilita che la pressa si chiuda a cancello aperto, in assenza d’aria
e una carenza della macchina’’; anche il malfunzionamento del secondo pulsante
era casuale, ma il consulente aveva potuto constatarlo non appena messa in fun-
zione la macchina. Rileva poi che, essendo pacifico che al momento del primo so-
pralluogo la macchina era bloccata, ed avendo il tecnico Asl precisato che al mo-
mento del suo intervento la macchina non era in funzione, la difesa ha ritenuto non
provato che le anomalie riscontrate dal consulente fossero presenti anche al mo-
mento dell’infortunio.Afferma che resistenza delle due anomalie rilevanti per l’infortunio e stata am-
messa dal teste G. durante il controesame (del quale indica la pagina); che appena
riavviata la pressa, il consulente ha immediatamente rilevato le anomalie; che dalla
relazione dell’Ing. l. risulta che la macchina era carente e nei 1999 era stato fatto
un intervento per circa l. 7 milioni; che l’imputato F. ha dichiarato che dopo l’infor-
tunio e stato rifatto l’intero impianto per una spesa di circa l. 50 milioni; che, valu-
tando congiuntamente tutti tali elementi, va ritenuto che ai momento dell’infortunio
entrambe le anomalie fossero presenti.
Rileva, a proposito della tesi del caso fortuito, che il consulente, oltre a quanto
gia riportato a proposito della casualita dei malfunzionamenti, ha precisato che
una manutenzione programmata avrebbe reso possibile l’accertamento delle ano-
malie, che la Corte ha ritenuto presenti anche in passato, che erano abbastanza
evidenti, alla luce delle dichiarazioni di G.; che l’operazione di staffatura compor-
tava l’introduzione delle mani nella pressa; che era quindi necessario un monito-
raggio costante delle misure di sicurezza essenziali (azionamento tramite due mani;
velocita sempre lenta durante lo staffaggio), monitoraggio non effettuato, per cui va
escluso il caso fortuito, consistente in avvenimento imprevisto e imprevedibile che
DELEGA FUNZIONI E CITAZIONE RESPONSABILE CIVILE 239
non possa farsi risalire nemmeno a titolo di colpa all’attivita psichica dell’agente.
In ordine alle questioni sulla correlazione tra contestazione e decisione, afferma
che, indipendentemente dalla osservazione del tribunale, secondo cui il mancato
funzionamento dei dispositivi di sicurezza equivaleva alla loro mancanza, agli im-
putati e stato contestato il d.lgs. n. 626 del 1994, art. 35, comma 4, che prevede che
le attrezzature siano oggetto di idonea manutenzione e disposte in maniera da ri-
durre i rischi; che in ogni caso, ai sensi dell’art. 597 c.p.p., potrebbe essere rilevato
il profilo di colpa riguardante l’omessa manutenzione dell’impianto perche del tema
si e ampiamente discusso in dibattimento di primo grado e gli imputati hanno
avuto modo di difendersi. Descrive poi le modalita con le quali si e verificato l’infor-
tunio, rilevando divergenze sulla situazione della macchina al momento (se in stand
by o completamente priva di corrente); ed espone tre possibili ricostruzioni dell’in-
fortunio con le relative conseguenze giuridiche:
— la macchina e partita per un contatto elettrico. La Corte ritiene che la mac-
china si trovasse in stand by perche C.G., che sostiene il contrario, da un lato si e
contraddetto e dall’altro non ha spiegato perche avrebbe dovuto spegnere la mac-
china utilizzando il pulsante di emergenza in un lavoro di routine. Se la macchina e
partita per un malfunzionamento elettrico, si e mossa in modalita lepre, e se e poi
bloccata per un corto circuito (tanto che per liberare il braccio di C.N. e stato neces-
sario ridare corrente), si imponeva un costante e assiduo monitoraggio, soprattutto
tenuto conto che sı trattava di una macchina vecchia acquistata usata. Tale monito-
raggio non c’e stato, come si deduce dalla differenza tra quanto speso prima dell’in-
fortunio e quanto speso dopo per la messa a norma dell’impianto elettrico;
— il pistone e partito meccanicamente. L’ipotesi e affrontata solo per comple-
tezza: se fosse vero che la macchina era completamente priva di corrente, il movi-
mento si sarebbe verificato meccanicamente.
In proposito il consulente ha considerato l’ipotesi molto improbabile e nemmeno
gli imputati hanno affermato di aver dovuto far sistemare dopo l’infortunio ele-
menti meccanici della macchina. In ogni caso la colpa sarebbe ancora maggiore,
perche la macchina sarebbe potuta entrare in funzione in una condizione di appa-
rente e assoluta sicurezza;
— la macchina si e mossa perche la azionata da C.N.
Nel momento in cui egli ha sentito il movimento del pistone la mano e stata
schiacciata, non poteva fare nulla per ritirare il braccio; anche se egli avesse ri-
messo in funzione la macchina schiacciando un solo pulsante, non verrebbe meno
la colpa, perche se l’avesse fatto involontariamente la colpa sarebbe evidente per le
condizioni della macchina; se l’avesse fatto volontariamente avrebbe confidato che
la macchina lavorasse in modalita cambio stampo. In ogni caso non sı sarebbe
trattato di un comportamento imprevedibile, perche normale evoluzione del lavoro
di C.N.
Conclude affermando la responsabilita di C.G. e F. e perche (per quel che qui ri-
leva):
— la macchina era in cattive condizioni di manutenzione per i dispositivi di sicu-
rezza e costituiva un rischio obiettivo;
CASI SCELTI DI DIRITTO PENALE240
— la persona offesa non era stata informata dello specifico rischio;
— sussiste il nesso causale tra le violazioni antinfortunistiche contestate e l’infor-
tunio;
— non rileva che si sia trattato dell’unico infortunio dal 1978;
— C.G. era amministratore della societa insieme a F.; la suddivisione dei compiti
era frutto soltanto di accordi verbali; egli aveva il contatto diretto con la produzione
e quindi avrebbe dovuto vigilare particolarmente sulla macchina; era lui a dare le
direttive.
In ordine al diniego delle attenuanti generiche, alla misura della pena, e alla su-
bordinazione della sospensione condizionale al pagamento della provvisionale, la
Corte ha osservato che l’impresa era di piccole dimensioni e C.G. vi lavorava per-
sonalmente, ma tali circostanze non fanno venir meno il grado di colpa particolar-
mente elevato. Va valutato negativamente non tanto il fatto che gli imputati non ab-
biano risarcito il danno integralmente, bensı che a distanza di oltre sei anni dai fatti
non hanno compiuto il minimo sforzo, pagando una somma per quanto modesta;
non possono invocare come scusante l’atteggiamento della loro compagnia di assi-
curazione, che ha chiesto e ottenuto l’estromissione dal giudizio contestando di do-
vere alcunche.C.G. propone quattro motivi di ricorso.
Con il primo lamenta la manifesta illogicita della motivazione. La Corte ha
escluso che alcune anomalie indicate dal consulente del P.M. abbiano avuto atti-
nenza con l’infortunio, essendo questo avvenuto durante la fase di cambio stampo
alla quale non sarebbe stato possibile provvedere con il cancello chiuso, ma ha er-
rato nel ritenere che le anomalie costituite dal potere la pressa essere messa in fun-
zione premendo un solo pulsante e non entrambi, nonche dal funzionare la pressa
in modalita veloce pur ponendo la macchina nella fase di cambio stampo, giustifi-
casse la condanna. Non rileva che le anomalie siano state riscontrate dal CT subito,
al momento in cui la macchina e stata riavviata, perche cio non significa che esse
fossero palesi e gli imputati pur conoscendole non le avessero eliminate, perche in
tal caso il consulente del P.M. avrebbe concluso diversamente circa le cause del
malfunzionamento della pressa, indicando cioe che il macchinario era regolarmente
in grado sia di funzionare con un solo pulsante sia di funzionare in modalita veloce
pur trovandosi in modalita cambio stampo. Invece, le conclusioni sono state di-
verse, ed e piu logico dedurre che le anomalie si siano verificate immediatamente
all’avvio della macchina, ma si siano poi ripetute con una frequenza casuale ed im-
prevedibile, sicche non immediatamente percepibile.
E inoltre erroneo, e risultato di interpretazione parziale, affermare che il teste G.
ha confermato la sussistenza delle anomalie e la conoscenza delle stesse. G., infatti,
ha detto che la macchina funzionava con due pulsanti; che poteva funzionare con
uno solo se l’altro fosse stato bloccato; che sino alla sera prima dell’incidente fun-
zionava premendo due pulsanti; che era possibile che la macchina funzionasse in
modalita veloce, con il cancello di protezione aperto, solo se si fossero schiacciati
contemporaneamente i due pulsanti; che precedentemente la macchina non era
mai entrata in funzione spontaneamente; che non era possibile lavorare con una
DELEGA FUNZIONI E CITAZIONE RESPONSABILE CIVILE 241
mano vicina al piano di battitura della pressa e l’altra sul pannello di comando;
che non si poteva staffare uno stampo e contemporaneamente premere un pulsante
del quadro comandi; che quando si cambiava uno stampo la macchina doveva es-
sere spenta; che durante le operazioni di cambio stampo, successivamente allo
stampaggio, si doveva accendere e spegnere reiteratamente la pressa perche lo
stampo staffato nella parte mobile collimasse con quello nella parte fissa; che la
ditta Negroni aveva effettuato manutenzioni esclusivamente di carattere mecca-
nico.E pertanto erroneo ritenere che le anomalie fondassero la responsabilita del ri-
corrente perche le argomentazioni dei giudici sul mancato monitoraggio di alcune
delle misure di sicurezza essenziali (impossibilita di azionare la pressa con una
sola mano e velocita sempre lenta durante il cambio dello stampo) sarebbero state
valide se le operazioni durante le quali se e verificato l’incidente fossero state di or-
dinaria lavorazione del pezzo, ma non quelle di cambio stampo, durante il quale la
macchina deve essere spenta e l’operatore deve solo limitarsi a staffare gli stampi,
attivare la pressa, controllare l’allineamento e preparare la macchina per la lavora-
zione senza necessita o possibilita di azionare la pressa premendo il pulsante e la-
vorare sul piano di battuta. L’eventuale sussistenza delle anomalie indicate, quindi,
non ha rilevanza perche, essendo avvenuto l’infortunio in fase di cambio stampo,
quando la pressa non doveva essere in movimento, la possibilita di azionarla con
un solo pulsante o dı farla muovere in modalita veloce e del tutto ininfluente sull’e-
sistenza della responsabilita del ricorrente.
Il secondo motivo lamenta inosservanza o erronea applicazione dell’esimente
di cui all’art. 45 c.p.. Non si puo ritenere, come ha fatto la Corte, che il fatto che
il consulente ha rilevato immediatamente le anomalie all’avvio della macchina;
che G. ha ammesso (ma non l’ha fatto) resistenza delle due anomalie al momento
dell’infortunio; che vi sia notevole divario tra l’importo speso per la manuten-
zione della macchina prima dell’infortunio e quanto speso per mettere a norma
l’impianto elettrico della pressa dopo l’infortunio possano superare le conclusioni
dello stesso consulente del P.M. nella sua relazione, ove si sostiene che l’even-
tuale malfunzionamento va imputato ad un contatto anomalo nella cavetteria del
quadro comando, anomalo perche interveniva casualmente e non rendeva il gua-
sto palese. Tale dato di fatto integra gli estremi del caso fortuito, trattandosi di
evento non prevedibile: sarebbe contraddittorio sostenere che il non aver riscon-
trato ed eliminato l’esistenza del contatto anomalo nella cavetteria possa fondare
la responsabilita degli imputati. Infatti il significato degli aggettivi usati dal con-
sulente presuppone che dell’evento non si potesse avere conoscenza certa e pre-
ventiva (se un evento e casuale e anomalo non si puo sapere preventivamente del
suo verificarsi ed eliminarne preventivamente le conseguenze). Andava in conse-
guenza applicata l’esimente di cui all’art. 45 c.p.p., salvo che non si ritenga l’esi-
stenza dı un illimitato, irrazionale e antigiuridico obbligo di totale, continua e as-
soluta vigilanza in capo al datore di lavoro. Le norme di protezione non configu-
rano ipotesi di responsabilita oggettiva, come rilevato dalla sezione lavoro della
Corte di Cassazione. Non sono comprensibili le ragioni per cui il ricorrente non
CASI SCELTI DI DIRITTO PENALE242
e stato assolto per non aver commesso il fatto, gli sono state negate le attenuanti
generiche e la sospensione condizionale della pena sia stata subordinata al pa-
gamento di una provvisionale. Notoriamente anche per fatti piu gravi (omicidio
colposo) non vengono mai inflitte pene superiori a quattro mesi di reclusione con
automatica concessione dei doppi benefici senza subordinazione della sospen-
sione condizionale al versamento di una provvisionale entro sei mesi. Il mancato
risarcimento del danno non e previsto come circostanza aggravante od ostativa
alla concessione delle generiche, salvo che si stravolgano le istituzioni giuridiche
e processuali, tanto piu se si considera che le lamentele della parte civile in or-
dine alla mancanza di risarcimento non erano giustificate per non essersi questa
attivata in sede civile per ottenere il risarcimento in modo che fosse consentito al
responsabile civile di chiamare in causa l’istituto assicurativo tenuto a manlevare
la societa della percezione da parte della persona offesa di rendita vitalizia da
parte dell’INAIL, e perche la persona offesa attualmente lavora, e se si considera
che il ricorrente e stato costretto a porre in liquidazione la societa e cedere la
propria casa familiare non per evitare di risarcire il danno, ma per reperire il
denaro per far fronte al mutuo ipotecario che gravava sull’ex casa coniugale che
ha ceduto alla moglie in sede di separazione.
Il terzo motivo lamenta l’inosservanza o erronea applicazione delle disposi-
zioni delle leggi speciali richiamate in contestazione e la carenza di motivazione
sull’argomento. Il ricorrente sı occupava solo della produzione mentre F. (come
risulta dalle sue dichiarazioni, da quelle dei testi e dai documenti) amministrava
l’azienda e rivestiva l’incarico di responsabile della sicurezza. La previsione con-
tenuta negli articoli delle leggi speciali e indirizzata al responsabile della sicu-
rezza o comunque al datore di lavoro, per cui solo chi ricopre tale carica puo
violare tali disposizioni. Il compito di informare i dipendenti dei rischi e provve-
dere a vigilare sull’uso dei presidi infortunistici spettava a F., mentre la Corte
d’appello ha senza motivazione affermato; che C.G. era amministratore insieme
a F.; che la suddivisione dei compiti era frutto soltanto di accordi verbali; che
avendo il contatto diretto con la produzione il ricorrente era colui che piu
avrebbe dovuto vigilare sulle macchine; che era pacificamente lui a dare direttive
a C.N. Non puo giustificare la condanna la presunzione secondo cui, essendo la
ditta ove si e verificato l’incidente artigianale e dı piccole dimensioni, la suddivi-
sione dei compiti tra i soci era fittizia, poiche cio e contraddetto dalle testimo-
nianze e dalla documentazione.
Il quarto motivo lamenta la violazione di legge con riferimento agli artt. 521 e
522 c.p.p. La Corte d’appello non ha considerato che il malfunzionamento della
macchina e dipeso dal contatto anomalo della cavetteria, emerso dalla consulenza
del PM, ignoto al ricorrente, posto nell’impossibilita di sottoporre a manutenzione
il quadro elettrico di una macchina che aveva sempre funzionato, o dato l’impres-
sione di funzionare regolarmente.Sostenere, come fa la Corte, che una macchina che presenta le anomalie eviden-
ziate sia inidonea perche il malfunzionamento dei dispositivi di sicurezza si risolve
in mancanza degli stessi; che il profilo di colpa sarebbe stato contestato agli impu-
DELEGA FUNZIONI E CITAZIONE RESPONSABILE CIVILE 243
tati; che sia rilevante il fatto che gli imputati abbiano tenuto una condotta grave-
mente negligente, sottoponendo a manutenzione le macchine solo quando non fun-
zionavano piu e solo per rimetterle in funzione per riprendere la produzione, equi-
vale per il ricorrente a ipotizzare una responsabilita oggettiva, consistente nel solo
fatto di non aver previsto l’eventualita che in astratto si sarebbe potuto verificare
un sinistro imputabile a un casuale malfunzionamento dell’impianto elettrico. Nem-
meno puo pensarsi che tale condotta sarebbe sanzionabile perche costituente un
aumento del rischio della possibilita del verificarsi di un determinato evento (e ri-
portata sul punto giurisprudenza di merito). La Corte d’appello, per giustificare
l’asserita infondatezza della contestazione operata dalla difesa in ordine alla viola-
zione dei principio di correlazione, non puo affermare che potrebbe comunque rile-
vare ai sensi dell’art. 597 c.p.p. il profilo di colpa relativo all’omessa manutenzione
dell’impianto, in quanto di tale tema si sarebbe ampiamente discusso del dibatti-
mento di primo grado e su di esso gli imputati si sarebbero potuti difendere, perche
mai in nessuna occasione e stata contestata agli imputati la circostanza di aver
omesso di aver sottoposto a manutenzione la pressa, ma solo l’esistenza di insuffi-
cienti misure di protezione. La Corte d’appello, inoltre, per giustificare l’afferma-
zione di responsabilita ha ipotizzato a carico del ricorrente la violazione degli ob-
blighi di cui al d.P.R. n. 547 del 1955, art. 5 e d.lgs. n. 626 del 1994, art. 7 che mai
hanno costituito oggetto del dibattimento.
Del tutto simile e il ricorso di F., i tre motivi del quale sono identici ai motivi uno,
due e quattro proposti da C.G., salvi alcuni minimi adattamenti alle diverse posi-
zioni personali (in particolare F. ha ceduto le quote sociali e ha alienato la casa fa-
miliare non per evitare di risarcire il danno ma per poter pagare le costosissime
cure cui si e dovuto sottoporre a causa della grave malattia che l’aveva colpito; non
e da parte sua ripetuto il rilievo inserito da C.G. alla fine del ricorso, a proposito
dell’esame in dibattimento di alcune disposizioni antinfortunio). I due ricorsi sa-
ranno in conseguenza trattati congiuntamente.
I ricorsi sono infondati.Il primo motivo e, in gran parte, sostanzialmente eccentrico rispetto alle motiva-
zioni della Corte d’appello. Se e vero che questa dedica ampio spazio alle dichiara-
zioni del consulente e a quelle del teste, e anche vero che al termine dell’analisi dei
dati processuali prospetta tutte le possibili dinamiche attraverso le quali e ipotiz-
zarle si sia verificato l’infortunio, e in ordine a tutte le soluzioni possibili (che la
macchina fosse priva di corrente, che fosse in stand-by, che fosse stata manovrata
dall’infortunato) ravvisa motivatamente la colpa dei ricorrenti.
Peraltro la difesa propone una ricostruzione del fatto diversa da quella risultante
dal provvedimento impugnato, ovvero una diversa valutazione della prova a propo-
sito del posizionamento della macchina ai momento di sostituzione dello stampo: la
Corte afferma essersi accertato che tale operazione va effettuata in modalita cam-
bio-stampo; il ricorrente afferma che al momento dell’infortunio la macchina era in
movimento. Che fosse in movimento e ovvio, perche altrimenti le lesioni non si sa-
rebbero verificate: ma la Corte afferma che il movimento e dipeso da un malfunzio-
namento della macchina; il ricorrente — sostanzialmente — da un uso anomalo
CASI SCELTI DI DIRITTO PENALE244
che della macchina avrebbe fatto la persona offesa. A proposito della ricostruzione
del fatto e della valutazione della prova va ricordato che ‘‘nel momento del controllo
della motivazione, la Corte di Cassazione non deve stabilire se la decisione di me-
rito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, ne deve condividerne la giustifica-
zione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il
senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilita di apprezzamento: cio in
quanto l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) non consente alla Corte di una diversa let-
tura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perche e estra-
neo al giudizio di legittimita il controllo sulla correttezza della motivazione in rap-
porto ai dati processuali’’ (Cass., Sez. IV, n. 4842 del 2 dicembre 2003 Rv. 229369);
e che ‘‘il giudice di legittimita, investito di un ricorso che proponga una diversa va-
lutazione degli elementi di prova (cosiddetto travisamento del fatto), non puo optare
per la soluzione che ritiene piu adeguata alla ricostruzione dei fatti, valutando l’at-
tendibilita dei testi e le conclusioni dei periti e consulenti tecnici, potendo solo verifi-
care, negli stretti limiti della censura dedotta, se un mezzo di prova esista e se il ri-
sultato della prova sia quello indicato dal giudice di merito, sempre che questa veri-
fica non si risolva in una valutazione della prova’’ (Cass., Sez. IV, n. 36769 del 9
giugno 2004 Rv. 229690). l. Corte d’appello ha adeguatamente dato conto della rico-
struzione dei fatti operata, ha citato a proposito della deposizione G. la pagina
della trascrizione da cui ha tratto il riferimento, ha riportato (pag. 19) la valuta-
zione del Tribunale sul suo comportamento processuale. Il ricorrente non ha de-
nunciato un travisamento del fatto o della prova, lamentando invece ‘‘che l’afferma-
zione’’ della Corte d’appello ‘‘e del tutto erronea e frutto di una parziale interpreta-
zione della testimonianza’’, richiedendo in sostanza una verifica preclusa in sede di
legittimita. Ignorata e stata, dal ricorrente, la motivazione riguardante la carenza
di informazioni a C.N.
Il motivo e quindi infondato.
Anche il secondo motivo e infondato. La Corte d’appello ha adeguatamente espo-
sto le ragioni per le quali ha escluso il caso fortuito, affermando che il malfunzio-
namento della macchina e dipeso dalla omissione di adeguata manutenzione, omis-
sione in cui si e concretata la colpa. In proposito va ricordato che ‘‘allorche non
possa essere esclusa la colpa nella condotta dell’agente, l’evento, ancorche non pre-
visto, ne prevedibile, non puo essere ascritto al caso fortuito, in quanto ricollegabile
pur sempre ad un comportamento colposo (Cass., Sez. IV, n. 8161 del 20 febbraio
1990 Rv. 184563). La Corte d’appello rileva che il consulente ha precisato che una
manutenzione programmata avrebbe reso possibile l’accertamento delle anomalie
della cavetteria del quadro comando, e rileva altresı che la manutenzione (imposta
d’altra parte dal d.lgs. n. 626 del 1994, art. 35, comma 4) non risulta esser stata ef-
fettuata. In costanza della dovuta manutenzione, quindi, l’evento sarebbe stato pre-
vedibile e prevenibile.
L’ultima parte del motivo, invero non richiamato nella relativa rubrica (ragion
per cui non e chiaro di quale disposizione di legge si lamenti la violazione), non
tiene conto del fatto che la Corte d’appello, oltre a redigere autonoma motivazione
per confermare la statuizione di primo grado, ha altresı richiamato in motivi espo-
DELEGA FUNZIONI E CITAZIONE RESPONSABILE CIVILE 245
sti in proposito in tale pronuncia. Complessivamente quindi (tenuto conto che la
sentenza di primo e secondo grado, come noto, si integrano a vicenda quando le
due decisioni abbiano utilizzato criteri omogenei e seguito un apparato logico argo-
mentativo uniforme, Cass., Sez. III, n. 10163 del 1 febbraio 2002, Rv. 221116), il re-
gime sanzionatorio e stato logicamente ed adeguatamente giustificato rilevando il
quadro ‘‘a dir poco sconcertante’’ delle condizioni di lavoro dei dipendenti, il com-
portamento successivo al reato, la mancanza di qualsiasi offerta risarcitoria, il
grado della colpa particolarmente elevato. L’art. 165 c.p. prevede che la sospen-
sione condizionale della pena sia subordinata, tra l’altro, al risarcimento del danno
o al pagamento della provvisionale, e l’applicazione della clausola e stata anch’essa
giustificata, avendo sia la Corte che il Tribunale richiamato l’atteggiamento degli
imputati circa il risarcimento. Gli argomenti esposti dal ricorrente in proposito
sono o palesemente inesatti (a proposito del trasformare in aggravante il mancato
risarcimento del danno) o solo suggestivi.
Il terzo motivo (proprio del solo C.G.) e infondato. La Corte d’appello ha escluso
che il fatto non potesse essere addebitato anche a C.G. sostenendo che egli era am-
ministratore insieme a F.; che la divisione dei compiti era frutto soltanto di accordi
verbali; che egli aveva il contatto diretto con la produzione e quindi era colui che
piu avrebbe dovuto vigilare sulla macchina; che era lui a dare le direttive. La moti-
vazione e quindi data con tre argomenti; C.G. era amministratore insieme a F.; a
suddivisione dei compiti era solo verbale; per posizione all’interno dell’attivita lavo-
rativa dell’azienda era C.G. quello che avrebbe piu di altri dovuto occuparsi della
sicurezza. Circa la carica ricoperta da C.G. e la suddivisione dei compiti il ricor-
rente altro non fa che apoditticamente sostenere che dai testi e dalla documenta-
zione prodotta e dimostrato il contrario (senza richiamare in proposito ne una spe-
cifica testimonianza ne uno specifico documento, e cosı contravvenendo al principio
della autosufficienza del ricorso; v. in proposito Cass., Sez. I, n. 16223 del 2 maggio
2006 Rv. 233781 ‘‘nell’ambito della riforma dei motivi di ricorso per cassazione con
la novella dell’art. 606 c.p.p. ad opera della l. n. 46 del 2006, la possibilita di de-
durre il vizio di motivazione con riferimento agli ‘altri atti del processo specifica-
mente indicati nei motivi di gravarne’ comporta, in forza del principio della cosid-
detta autosufficienza del ricorso, che siano ivi puntualmente illustrate le risultanze
processuali ritenute rilevanti, pena altrimenti l’impossibilita per la Corte di Cassa-
zione di procedere all’esame diretto degli atti’’).Occorre poi sottolineare che la sentenza e motivata anche attraverso altri argo-
menti, e risulta ampiamente che C.G. si occupava della produzione (la circostanza
e ammessa anche dal ricorrente); che con questa aveva contatto diretto (tanto che
fa lui ad intervenire subito dopo l’infortunio); che dava le disposizioni a C.N. Le os-
servazioni della sentenza su tali punti sono state del tutto ignorate dal ricorrente,
che nulla ha controbattuto in proposito (salvo affermare, con generici richiami a
documentazione e testi, la mancanza di motivazione da parte della Corte d’appello),
insistendo invece esclusivamente sull’esistenza della delega.
Egli anzi ha ribadito che si occupava unicamente della produzione mentre F. cu-
rava i rapporti con l’esterno, amministrava l’azienda (ed era responsabile per la si-
CASI SCELTI DI DIRITTO PENALE246
curezza), Cass., Sez. IV, n. 38425 del 19 giugno 2006 Rv. 235184 condivisibilmente
rileva che, pur in caso di delega, e ‘‘fermo comunque l’obbligo per il datore di la-
voro di vigilare e dı controllare che il delegato usi, poi, concretamente la delega, se-
condo quanto la legge prescrive’’; i riferimenti della sentenza impugnata alla atti-
vita concretamente svolta da C.G. all’interno della societa evidenziano come egli
pure fosse destinatario dell’obbligo di provvedere alla sicurezza dei lavoratori, pro-
prio perche in contatto continuo con i macchinari dei quali poteva constatare la
mancanza di adeguata manutenzione, mancanza di cui doveva quantomeno riferire
al responsabile della sicurezza, ammesso che non dovesse provvedervi direttamente
in assenza dell’intervento di F.Il quarto motivo (terzo per F.) e pure infondato. E stato condivisibilmente affer-
mato (Cass., Sez. IV, n. 2393 del 17 nocembre 2005 Rv. 232973) che ‘‘nei procedi-
menti per reati colposi, la sostituzione o l’aggiunta di un particolare profilo di
colpa, sia pure specifica, al profilo di colpa originariamente contestato, non vale a
realizzare diversita o immutazione del fatto ai fini dell’obbligo di contestazione
suppletiva di cui all’art. 516 c.p.p. e dell’eventuale ravvisabilita, in carenza di va-
lida contestazione, del difetto di correlazione tra imputazione e sentenza ai sensi
dell’art. 521 c.p.p.’’. In tale decisione la Corte ha escluso il ricorrere di violazione
di legge nell’ipotesi di condanna per mancato rispetto di norme cautelari, riguar-
dando la contestazione plurimi profili di negligenza e di colpa. Prima ancora que-
sta sezione (Cass., Sez. IV, n. 38818 del 4 maggio 2005 Rv. 232427) aveva preci-
sato sullo stesso tema che ‘‘il riferimento alla colpa generica evidenzia che la con-
testazione riguarda la condotta dell’imputato globalmente considerata in riferi-
mento all’evento verificatosi, sicche questi e posto in grado di difendersi
relativamente a tutti gli aspetti del comportamento tenuto in occasione di tale
evento, di cui e chiamato a rispondere’’. Essendo stata, nel caso qui in esame,
contestata anche la colpa generica, l’infondatezza del motivo e fuori discussione
anche a prescindere dal riferimento al d.lgs. n. 626 del 1994, art. 35, comma 4, se-
condo il quale ‘‘il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche le attrez-
zature di lavoro siano: a) installate in conformita alle istruzioni del fabbricante; b)
utilizzate correttamente; c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel
tempo la rispondenza ai requisiti di cui all’art. 36 e siano corredate, ove necessa-
rio, da apposite istruzioni d’uso’’. Solo per completezza si fa notare che la cen-
sura a richiamo al d.P.R. n. 547 del 1955, art. 5 e d.lgs. n. 626 del 1994, art. 7,
fatto dalla Corte d’appello, non rileva in questa sede, poiche la Corte ha richia-
mato tali disposizioni con riferimento all’obbligo di informazione per l’ipotesi che
C.N. fosse lavoratore autonomo rispetto alla FCR (tema questo che non compare
nei ricorsi).
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese pro-
cessuali.
Cosı deciso in Roma, il 3 aprile 2007.
Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2007.
DELEGA FUNZIONI E CITAZIONE RESPONSABILE CIVILE 247
4. Parere
z Fatto storico
Tizio viene assunto presso un’azienda, con regolare contratto di lavoro, in
qualita di operaio magazziniere. Purtroppo egli resta vittima di un incidente, in
quanto cade da una scala mentre, nell’esercizio delle mansioni cui era adibito,
stava riponendo su uno scaffale taluni oggetti, e si procura delle lesioni perso-
nali gravissime.
Caio, datore di lavoro, si vede contestato tale reato in relazione alla posizione
di garanzia che riveste, e, per tale ragione, si reca da un avvocato per sapere se
effettivamente debba considerarsi penalmente responsabile. Chiarisce che
aveva messo a disposizione di Tizio tutta l’attrezzatura di sicurezza prevista
dalla normativa antinfortunistica, lo aveva formato ed informato dei rischi con-
nessi alla sua attivita, e che, soprattutto, rispetto al momento dell’incidente in
questione, egli era assente, avendo delegato allo svolgimento delle sue man-
sioni, in modo orale ma alla presenza di alcuni testimoni, Mevio, altro presta-
tore di lavoro, persona tecnicamente capace e dotata delle necessarie cognizioni
tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, che aveva accettato lo
specifico incarico.
z Parere di diritto sostanzialeIl candidato in qualita di legale dello stesso Caio, rediga parere motivato sulla
vicenda.
z SVOLGIMENTO
Il caso in esame involge la classica problematica relativa all’addebito al datore
di lavoro per gli infortuni occorsi al prestatore di lavoro. E ovvio che Caio, es-
sendo datore di lavoro, e responsabile dell’integrita fisica di Tizio, di guisa che
potra, sicuramente, essere chiamato a rispondere del fatto perche, avendo una
posizione di garanzia, aveva l’obbligo giuridico di impedire l’evento che, essen-
dosi realizzato, gli viene addebitato, stante il disposto dell’articolo 40, II comma,
del codice penale.
Tale norma stabilisce il principio secondo il quale non impedire un evento,
che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo. In tal modo, il
soggetto viene chiamato a rispondere dell’evento che si e realizzato in base al di-
sposto combinato dell’articolo 40, II comma, codice penale con la singola fatti-
specie incriminatrice di parte speciale a struttura di evento.Ci si trova, in questo caso, di fronte ad un reato omissivo improprio. La parti-
colarita di tale fattispecie e che essa nasce da una clausola generale, cioe quella
di cui all’articolo 40, II comma, codice penale, piu la singola fattispecie di parte
speciale caratterizzata dalla presenza di un evento che, stante l’obbligo giuridico
di impedirlo, se si verifica, viene ad essere addebitato al soggetto garante cosı
come se l’avesse egli commesso. Relativamente alla specifica fattispecie in
esame, in ordine al legame che corre fra l’omissione e l’evento, ci si trova di
fronte ad un esempio di causalita normativa ipotetica e non, anche, di carattere
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naturalistico, in quanto le lesioni personali occorse a Tizio, sul piano naturale,
sono state cagionato da un fattore esterno, che va ravvisato nell’essere precipi-
tato al suolo cadendo dalla scala. Pur tuttavia, al soggetto garante viene addebi-
tato l’evento, perche ha violato la norma che, se in ipotesi avesse rispettato,
avrebbe impedito lo stesso evento.
Ne deriva che, delle eventuali lesioni gravissime, Caio dovra rispondere in
base al disposto combinato dell’articolo 40, II comma, del codice penale piu la
singola fattispecie incriminatrice parte speciale, che in questo caso va ravvi-
sata nel reato di lesioni personali gravissime di cui all’articolo 586 codice pe-
nale.
Si faccia attenzione che l’analisi precedentemente esposta e valida sul piano
del fatto tipico del reato omissivo improprio solo se, e nella misura in cui, si
possa muovere un addebito al datore di lavoro per aver effettivamente violato
gli obblighi che, se avesse rispettato, avrebbero impedito l’evento, cioe le lesioni
personali gravissime subite da Tizio. Allora, il discorso si sposta e involge neces-
sariamente l’individuazione degli obblighi giuridici di cui e gravato il datore di
lavoro in quanto garante della sicurezza dei dipendenti, obblighi che, quindi, egli
deve rispettare, per evitare che gli possano essere addebitate responsabilita. In
ordine agli obblighi giuridici a cui e tenuto il datore di lavoro durante l’esecu-
zione della prestazione, essi sono tre doveri.
In primis, il dovere di prevenzione tecnica ed organizzativa, che gli impone
di fornire al lavoratore macchine, strumenti di lavoro privi di pericolo, alla
luce della migliore ricerca tecnologica. In secondo luogo, il dovere di preven-
zione informativa e formativa, rendendo edotti i lavoratori dei pericoli che
possono scaturire dall’uso scorretto delle macchine o degli strumenti di la-
voro; ed, infine, il dovere di controllare e vigilare che le norme antinfortuni-
stiche vengano scrupolosamente osservate, anche avvalendosi del potere di
delega.
Il che significa, quindi, che il datore di lavoro non potra mai eccepire che l’in-
fortunio si e verificato per un comportamento imprevedibile del lavoratore, al-
lorche gli si possa rimproverare di non aver adempiuto quei doveri, dianzi de-
scritti, impostigli dalla legge: ubi commoda, ubi incommoda.
La giurisprudenza ha, infatti, chiarito, rispetto a tale principio, che non si
puo nemmeno invocare il caso fortuito se il prestatore di lavoro, discostandosi
dalle istruzioni impartite, dovesse realizzare una condotta diversa da quella
che gli era stato richiesto espressamente di tenere. In proposito, e stato affer-
mato che: ‘‘Un comportamento anomalo del lavoratore, per acquisire il valore di
causa sopravvenuta da sola sufficiente a cagionare l’evento, deve essere assoluta-
mente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in
un comportamento esorbitante rispetto al lavoro che e proprio (come nel caso
che il lavoratore si dedichi ad un’altra macchina o ad un altro lavoro); un tale ri-
sultato non puo invece riconoscersi al comportamento, pur avventato, negligente
o disattento, che il lavoratore pone in essere mentre svolge il lavoro affidatogli,
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trattandosi di un comportamento connesso all’attivita lavorativa o da essa non
esorbitante e pertanto non imprevedibile’’ (Cass. pen., Sez. IV, 3 giugno 1999,
n. 12115).
In altre parole, il datore di lavoro non potra andare esente, invocando il com-
portamento anomalo del prestatore di lavoro; ma potra invocare che, avendo de-
legato, egli non era piu responsabile penalmente?
Al riguardo occorre tener presente che la giurisprudenza ha chiarito che l’atto
di delega deve essere espresso, inequivoco e certo, dovendo inoltre investire per-
sona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi
poteri decisionali e di intervento, che abbia accettato lo specifico incarico, in quanto
cio determina una dismissione da parte del datore di lavoro-specifico e principale,
ancorche non esclusivo, destinatario della norma di tali obblighi assegnatigli dalla
legge ed un loro contestuale trasferimento ad altri. (Cass. pen., Sez. IV, 25 agosto
2000, n. 9343).
Tutte queste condizioni ricorrono nel caso in esame, il che significa, quindi,
poter arrivare ad escludere la responsabilita del datore di lavoro, sempre che si
arrivi a poter affermare che la forma orale sia sufficiente per la delega.
Su tale aspetto, la giurisprudenza ha chiarito recentemente la questione stabi-
lendo che: ‘‘In materia di infortuni sul lavoro, ai fini della validita della delega di
funzioni con cui il datore di lavoro puo trasferire gli obblighi di prevenzione e sor-
veglianza, con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia, non e
essenziale la forma scritta, ne e richiesta la prova scritta della delega stessa. Infatti,
non e possibile limitare all’esistenza di un atto scritto la possibilita di dimostrare
l’avvenuto trasferimento delle funzioni, fermo restando che e piuttosto arduo che
una delega non documentata per iscritto possa essere specifica e individuare con
sufficiente precisione sia il soggetto delegato, sia le funzioni al medesimo attribuite
(in modo tale da consentire una puntuale ricostruzione dei suoi poteri-doveri e dei
relativi limiti). E pertanto ammissibile che il trasferimento delle funzioni sia dimo-
strato anche tramite una prova diversa da quella documentale, utilizzando il si-
stema probatorio che il codice di rito mette a disposizione, che non ammette alcuna
presunzione di maggiore efficacia di taluni mezzi di prova (come quello documen-
tale) rispetto ad altri. Cio detto, e il datore di lavoro a essere comunque onerato
della prova circa il fatto storico dell’awenuto conferimento della delega e circa i
contenuti e i limiti della delega stessa’’ (Cass. pen., Sez. IV, 7 febbraio 2007,
n. 12800).
Alla luce della precedente disamina, quindi, il datore di lavoro Caio non dovra
essere considerato penalmente responsabile per il fatto occorso.
5. Vademecum in tema di: Citazione del responsabile civile su richiesta
della parte civile
1. Indicazioni necessarie:
a) l’autorita giudiziaria procedente;
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b) il soggetto cui si chiede il risarcimento, indicando eventualmente, se
persona giuridica, la sede ed utilizzare l’espressione «in persona del legale rap-
presentante». Si tenga conto del fatto che, stante la pronuncia della Corte Costi-
tuzionale n. 112 del 16 aprile 1998, anche l’imputato, nell’ipotesi particolare di re-
sponsabilita civile, conseguente ad assicurazione obbligatoria in base al disposto
della l. 990 del 24 dicembre 1969, puo citare l’assicuratore quale responsabile ci-
vile;
c) i motivi che sono alla base della richiesta;2. il termine finale entro il quale proporre l’istanza e il dibattimento.
6. Atto
z Fatto storico
Tizio viene assunto presso un’azienda, con regolare contratto di lavoro, in
qualita di operaio magazziniere. Purtroppo egli resta vittima di un incidente, in
quanto cade da una scala mentre, nell’esercizio delle mansioni cui era adibito,
stava riponendo su uno scaffale taluni oggetti, e si procura delle lesioni perso-
nali gravissime.
Caio, datore di lavoro, si vede contestato tale reato in relazione alla posizione
di garanzia che riveste, e, per tale ragione, si reca da un avvocato per sapere se
effettivamente debba considerarsi penalmente responsabile. Chiarisce che
aveva messo a disposizione di Tizio tutta l’attrezzatura di sicurezza prevista
dalla normativa antinfortunistica, lo aveva formato ed informato dei rischi con-
nessi alla sua attivita, e che, soprattutto, rispetto al momento dell’incidente in
questione, egli era assente, avendo delegato allo svolgimento delle sue man-
sioni, in modo orale ma alla presenza di alcuni testimoni, Mevio, altro presta-
tore di lavoro, persona tecnicamente capace e dotata delle necessarie cognizioni
tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, che aveva accettato lo
specifico incarico.
z Atto giudiziario
Il candidato in qualita di legale dello stesso Tizio costituitosi parte civile nel
procedimento penale a carico di Mevio, rediga l’atto di citazione del responsabile
civile.
RICHIESTA, PROVENIENTE DALLA PARTE CIVILE,
DI CITAZIONE DEL RESPONSABILE CIVILE
All’On. . . . . . . . . . .
Il sottoscritto Avv. . . . . . . . . . . del Foro di . . . . . . . . . ., con studio in . . . . . . . . . ., alla
via . . . . . . . . . ., n. . . . . ., difensore e procuratore speciale, come da nomina in atti,
del sig. Tizio, nato a . . . . . . . . . . il . . . . . . . . . ., residente in . . . . . . . . . ., con domicilio
eletto in . . . . . . . . . . alla via . . . . . . . . . ., n. . . . . .,
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RILEVATO
— che il proprio assistito in data . . . . . . . . . . si e costituito parte civile nel proce-
dimento n. RGNR . . . . . . . . . ./. . . . . . . . . . Mod. 21 a carico del sig. Mevio per il reato
di cui all’art. 590 c.p., commesso in . . . . . . . . . . in data . . . . . . . . . ., fissato per l’u-
dienza del . . . . . . . . . .;
— che il sig. Caio deve considerarsi responsabile civile del reato per cui e pro-
cesso dal momento che e il datore di lavoro e che risulta responsabile civile ex
art. 2049 del cod. civile e che lo stesso, quindi, e obbligato in solido con l’impu-
tato al risarcimento dei danni morali e materiali scaturiti dal reato ai danni della
presente parte civile
CHIEDE
che, ai sensi e per gli effetti dell’art. 83 c.p.p., codesto Giudice disponga la cita-
zione nel processo, quale responsabile civile, del sig. Caio, nato a . . . . . . . . . . il
. . . . . . . . . . residente in . . . . . . . . . ., alla via . . . . . . . . . ., n. . . . . .
Con osservanza.
Luogo e data . . . . . . . . . .L’istante, Avv.. . . . . . . . . .
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