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Arcidiocesi di Lecce

XI SINODO DIOCESANO

A.D. 1994-2000

1° dopo il Concilio Vaticano II

La Chiesa di Dio, che è in Lecce, per una nuova evangelizzazione nel terzo millennio

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DECRETO DI PROMULGAZIONE

DEL SINODO DIOCESANO

Il Sinodo Diocesano, da me annunziato il 3 gennaio 1994, inaugurato da

S.S. Giovanni Paolo II il 18 settembre 1994 nella sua storica Visita a Lecce e

convocato, a distanza di 163 anni dall’ultimo Sinodo leccese, il 17 aprile 1998,

in una solenne Eucaristia celebrata in Piazza Duomo con grande concorso di

popolo, è giunto felicemente al suo traguardo.

Rendiamo fervida lode a Dio che, nella sua infinita misericordia, ha voluto

donare alla Chiesa di Lecce, come ebbe a dirci Giovanni Paolo II, uno

straordinario «momento di grazia (kairòs)», sollecitando tutti noi a metterci

«con umiltà e disponibilità» in ascolto dello Spirito, al fine di verificare «la

qualità della nostra testimonianza cristiana», di «scoprire motivi e ambiti di un

rinnovato cammino di fedeltà a Cristo» e di ricevere «uno stimolo efficace per

una sempre generosa dedizione al servizio di Dio e dei fratelli».

Ringrazio di cuore il Vicario per il Sinodo S.E. Mons. Semeraro e il Vicario

Generale Mons. Mannarini, la Presidenza, la Segreteria Generale e tutti i

membri del Sinodo, che, con assidua e gioiosa partecipazione, hanno

realizzato «un’intensa esperienza di cenacolo» e hanno segnato

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una significativa «tappa di crescita nella comunione» 1 vissuta nella

preghiera comune, nel dialogo, nel confronto e nelle proposte.

Il 5 novembre 1999, nel vespro vigiliare della solennità anniversaria della

Dedicazione della Chiesa Cattedrale, ho accolto, con vivo apprezzamento, il

risultato dell’impegnativo lavoro sinodale, espresso nel documento intitolato

Propositiones.

Compiuta l’opera di attento discernimento sulla «comune ricerca di ciò che

lo Spirito chiede nel momento presente»2 alla Chiesa di Lecce,

Esorto i fedeli tutti ad accogliere con fiduciosa speranza il SINODO

DIOCESANO come una nuova grazia dello Spirito, per edificare la Chiesa di

Lecce in vista della nuova evangelizzazione nel Terzo millennio.

                                                                                                               1 Discorso di Giovanni Paolo II a Lecce, 18 settembre 1994, Bollettino Diocesano 1994, n. 8, p. 18, 28-29. 2 Congregazione per i Vescovi, Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, Istruzione sui Sinodi Diocesani, I, 2, 19 marzo 1997.

sentito il parere del Consiglio episcopale,

nell’esercizio della mia potestà legislativa,

a norma dei cann. 7, 8, 466 del C.J.C.,

nel giorno ventiquattro marzo dell’Anno Santo 2000

nel vespro vigiliare dell’Annunciazione del Signore

alla presenza del Popolo di Dio,

convocato in Assemblea eucaristica diocesana,

invocando l’intercessione della Beata Vergine Maria,

dei Santi Patroni Oronzo, Fortunato e Giusto

e del Beato Filippo Smaldone,

sottoscrivo e promulgo

IL SINODO DIOCESANO

primo dopo il Concilio Vaticano II.

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Per l’attuazione del Sinodo, dispongo quanto segue:

• Il Sinodo entrerà in vigore nella Domenica di Pasqua, Risurrezione del

Signore, il 23 aprile 2000.

• La Costituzione sinodale dovrà essere conosciuta, studiata e

osservata dalla intera Chiesa diocesana, clero, religiosi/e, fedeli laici.

Essa sia conservata in tutti gli Archivi delle Parrocchie e delle

Istituzioni ecclesiastiche.

• Gli orientamenti e le indicazioni sinodali sono vincolanti per le scelte

progettuali e programmatiche pastorali ad ogni livello della comunità

ecclesiale. Le norme sinodali costituiscono il diritto particolare della

Chiesa di Lecce e hanno valore in tutto il territorio diocesano.

• Agli organismi della Curia arcivescovile è affidato il compito di

promuovere e ordinare l’attuazione programmatica del Sinodo, sentito

il parere del Consiglio Pastorale diocesano.

• L’autentica interpretazione del Sinodo Diocesano spetta al Vescovo.

Lecce, Vigilia dell’Annunciazione del Signore

24 marzo dell’Anno Santo 2000

† Cosmo Francesco Ruppi

Arcivescovo

Il Cancelliere Arcivescovile

Mons. Oronzo De Simone

Prot. A/2, pag. 179, n. 27, Sez. II, n. 6238

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PRESENTAZIONE

LA COSTITUZIONE SINODALE,

LETTERA DELLO SPIRITO ALLA CHIESA DI LECCE

Quando il 3 gennaio 1994 annunciai ufficialmente il Sinodo

diocesano, molti pensarono che si trattasse di una nuova celebrazione

liturgica, non percependo, invece, che si trattava di un evento di portata

storica, che ci avrebbe guidato nel cammino degli ultimi anni del secolo

e che avrebbe indirizzato il cammino dei prossimi decenni.

La Visita del Papa a Lecce, con l’inaugurazione del cammino

sinodale, fatta nel pomeriggio del 18 settembre 1994, ci offrì subito

indicazioni e linee operative importanti, ma soprattutto ci fece

comprendere che il Sinodo era un vero dono dello Spirito, da accogliere

con intelligenza e con fede, perché avrebbe recato un profondo

rinnovamento alle persone e alla comunità diocesana.

Sono passati pochi anni da tali eventi ed ora, terminata la fase

celebrativa, siamo al momento più importante del nostro cammino:

quello della consegna degli Atti sinodali alla Chiesa di Lecce.

Il Sinodo, nella sua espressione più alta di Costituzione sinodale,

viene così consegnato al Popolo di Dio, perché se ne serva per orien-

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tare il suo cammino e realizzare quella svolta di comunione che era

negli intenti di chi, questo Sinodo, non solo ha concepito e voluto, ma

ha seguito con permanente attenzione e fervida, umilissima preghiera.

Sei anni di lavoro hanno caratterizzato la stagione del Sinodo!

Centinaia e centinaia di fedeli, chierici, religiosi e laici si sono

impegnati nella riflessione, nella discussione e nell’approvazione di una

serie di proposte e di indicazioni operative.

Molte mani, molte intelligenze e molti cuori, primi fra tutti quelli

di S.E. Mons. Semeraro e di Mons. Mannarini, hanno dedicato passione

e fede, per raccogliere la mole di proposizioni e quanto sembrava

necessario per diventare indicazione operativa, cammino sinodale futuro,

vero e proprio.

Ora il documento finale, denominato Costituzione sinodale, viene

consegnato alla Chiesa di Lecce e, con la approvazione e promulgazione,

pone la parola fine all’XI Sinodo diocesano leccese, primo Sinodo dopo

il Vaticano II.

Con la promulgazione di questo documento, però, il Sinodo non

finisce, ma comincia ora: si chiude, cioè, la sua celebrazione, ma il

Sinodo, quello vero, quello che da evento diventa storia, programma di

vita, stile di azione, indirizzo per la nuova evangelizzazione, per avviare

una svolta radicale per il futuro della nostra diocesi, comincia ora, nel

momento in cui esso finisce.

Il Sinodo, cioè, da evento – come ci dice il Papa – diviene kairòs,

dono di grazia, Lettera dello Spirito alla Chiesa di Lecce, che varca la

soglia del terzo millennio.

Molte domande ci siamo fatti durante il corso di questi anni; molti

interrogativi sono nati nel nostro cuore; molte speranze, molte

trepidazioni abbiamo avvertito nel fondo della nostra coscienza di fedeli

e di pastori: dove andiamo? Quale svolta dobbiamo dare alla nostra vita?

Quali indirizzi operativi cogliere dai segni dei tempi, comparsi sempre

più furiosamente nel nostro orizzonte? Quali piste da seguire per

realizzare appieno il disegno dello Spirito? Quali strade dobbiamo

percorrere per avviare la nuova evangelizzazione, obiettivo prioritario e

urgente fissato da Giovanni Paolo II per la Chiesa universale?

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Più volte ho tentato di rispondere a queste domande con le mie

Lettere pastorali, le celebrazioni liturgiche ed ecclesiali, gli incontri, i

dialoghi, i colloqui personali, lo stesso stile di vita che insieme,

pacatamente, si è cercato di realizzare…

Ora, tutte le risposte sono sintetizzate, capitolo per capitolo, punto

per punto, in queste pagine, ove si indica quello che è necessario per

dare una svolta radicale alla nostra vita e al cammino delle nostre

comunità.

Nella Costituzione sinodale, tranne alcuni punti di non lieve

significato, generalmente non vi sono precetti o canoni, ma indicazioni

pastorali, indirizzi operativi che, se accolti e seguiti con intelligenza e

passione, sono in grado di dare una svolta decisiva e profonda alla

nostra azione pastorale, alla vita delle comunità parrocchiali e della

stessa vita diocesana.

A parte, infatti, i costanti riferimenti al Concilio Vaticano II,

all’insegnamento del Papa, del Vescovo e della CEI, in queste pagine vi

è il frutto del nostro cammino sinodale, il sunto essenziale di quanto è

stato richiesto e proposto e da me approvato.

La Costituzione sinodale è un libro nel quale il Legislatore

diocesano, dopo aver personalmente valutato e soppesato concetti e

parole, ha sentito il dovere di fissare, per la storia futura, quanto è

necessario conoscere per sintonizzare la propria vita, i propri cammini

su quelli della Chiesa universale.

Insieme ai documenti conciliari, questo libro è quanto mai

importante per la nostra diocesi, fino a quando non verrà riformato,

aggiornato e rinnovato.

Più che liber sinodalis o liber pastoralis, è il Libro della Chiesa di

Lecce, scritto dallo Spirito Santo e noi, non solo dal Vescovo, ma

dall’intera comunità, perché – non dimentichiamolo mai – è il frutto del

cammino di tutto il Popolo di Dio.

In continuità con il Concilio Vaticano II e in attuazione del Codice

di diritto canonico, la presente Costituzione rappresenta l’atto legislativo

più importante del mio servizio episcopale: è sottoscritto e approvato dal

Vescovo, l’unico legislatore della Chiesa diocesana (can. 466),

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ma è frutto della comunione di tutti, il risultato di una sinodalità intensa

e prolungata, che ci ha fatto sperimentare il gusto e la gioia di riflettere

insieme, decidere, camminare insieme.

Esorto quindi i fratelli presbiteri e diaconi, soprattutto voi, che

avete responsabilità parrocchiali, i religiosi e i fedeli laici, a voler

conoscere e osservare quanto è contenuto in questo libro, nella speranza

che rifiorisca nella Chiesa di Lecce una nuova stagione di speranza e di

grazia.

Per dare a tutti la possibilità di conoscere, studiare e approfondire

il contenuto di questa Costituzione, prima che abbia effetto giuridico, ho

dichiarato e disposto che essa abbia valore obbligante a partire dalla

Pasqua di questo anno giubilare 2000.

La Vergine Santa, madre e maestra della Chiesa di Lecce, alla

quale da sempre ho rivolto i miei pensieri e i voti interiori del cuore, ci

accompagni nel tradurre in pratica le indicazioni e le proposte del

Sinodo diocesano, guidandoci sempre più verso la nuova

evangelizzazione e verso una più vigorosa testimonianza di carità.

A lode della Santissima Trinità e gloria di Gesù Cristo, vivo e vero,

ieri, oggi, sempre!

Lecce, Prima domenica di Quaresima

12 marzo dell’Anno Santo 2000

† Cosmo Francesco Ruppi

Arcivescovo

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PREMESSA

LA CHIESA DI LECCE

TRA MEMORIA E PROFEZIA

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S.S. Giovanni Paolo II

Lecce, 18 settembre 1994

Alla luce del passato, interpretare il presente

e progettare il futuro ecclesiale e civile

La fama di Lecce, culla d’arte e crocevia di civiltà, si diffonde ben

oltre i confini d’Italia.

Illustre centro dell’antico regno di Napoli, essa si distingue per

singolare splendore, tanto da essere definita la “Firenze del barocco”.

Importante città di studi, con una Università articolata in diverse

Facoltà, ha impresso notevole impulso alla vita culturale e civile di

tutto il territorio circostante. Ne è testimonianza l’insigne tradizione di

giuristi, che hanno ampiamente contribuito alla elaborazione dei codici

della legislazione italiana. A questo si aggiunge una vivace tradizione di

laboriosità e di imprenditorialità, che ha favorito lo sviluppo economico

della Città, incrementando gli scambi commerciali tra levante ed

occidente.

Il vostro vanto più alto, cari leccesi, resta tuttavia la tradizione di

intensa religiosità che ha caratterizzato la vita della Città,

modellandone nel corso dei secoli la stessa fisionomia esteriore. Qui

fiorirono nel passato numerosi monasteri maschili e femminili, grazie ai

quali è stato alimentato un singolare intreccio di fede e di cultura, di

carità e di santità, arricchito anche, grazie alla vicinanza geografica,

da significative tracce della spiritualità dell’Oriente cristiano. E’ un

patrimonio prezioso, di cui voi andate giustamente fieri. Esso si esprime

soprattutto in numerose figure di santi, tra i quali vorrei qui ricordare

San Bernardino Realino, San Giuseppe da Copertino e San Pompilio.

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Questa singolare ricchezza spirituale costituisce un dono e un

impegno; essa offre motivo per interpretare, alla luce del passato, il

presente e per progettare il futuro sia ecclesiale che civile.

Carissimi Fratelli e Sorelle! Nella vostra Città non mancano,

purtroppo, accanto ad aspetti altamente positivi, anche seri problemi,

con i quali siete chiamati quotidianamente a confrontarvi. Vi preoccupa

in particolare il crescente fenomeno della violenza e della criminalità

organizzata, che investe soprattutto i giovani, vittime non di rado anche

dei terribili lacci della droga.

E’ giusto riconoscere che non poco è stato fatto dallo Stato, dalla

Magistratura, dalle Forze dell’ordine, come anche dalla Chiesa e dalle

istanze sane della penisola salentina. Molto, tuttavia, resta ancora da

fare per ridare alla vostra terra l’immagine di un Salento tranquillo,

operoso, ospitale. E voi in questo senso vi state impegnando con

generosità. A ragione, però, rilevate anche che la principale causa

dell’aumento della criminalità è la sfiducia suscitata nelle giovani

generazioni dalla mancanza di lavoro e di concrete prospettive per

l’avvenire. Come chiudere gli occhi su tale evidenza? E come non

ascoltare il lamento di tante famiglie provate dal bisogno e angosciate

dalla precarietà occupazionale?

Desidero dar voce a tanta sofferenza, chiedendo che tutte le forze

sociali si impegnino attivamente e concordemente a trovare soluzioni

adeguate a questo problema. Da qui infatti il superamento di tante altre

difficoltà, con cui la vostra comunità deve misurarsi.3

                                                                                                               3 Bollettino Diocesano 1994, n. 8, pp. 7-10.

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Cosmo Francesco Ruppi, Arcivescovo

Lettera pastorale Con Pietro verso il Sinodo, 1994, p. 7-10, 25

“Chi ha orecchi,

ascolti ciò che lo Spirito dice alla Chiesa” (Ap 2,7)

Cos’è oggi la Chiesa di Lecce? Cos’è stata nel passato antico e

recente e cos’è oggi agli occhi di Dio e agli occhi del mondo? Quale

immagine ha la nostra gente della Chiesa?

Tradizione apostolica

La Chiesa di Lecce è antica, come sapete, perché affonda le radici

nella tradizione dei Martiri e degli Apostoli. Anche se i primi mille anni

della nostra storia, come per quasi tutte le Chiese particolari, sono

avvolti nel mistero, per scarsezza di documenti e difficoltà di indagine,

vive nella tradizione dei Martiri Oronzo, Fortunato e Giusto, di Irene e

di tanti altri santi e sante di Dio.

Non mancano tracce di antica religiosità nel sottosuolo e in pochi

resti archeologici, ma entra decisamente nell’alveo storico ai primi del

secondo millennio, quando, con la riforma gregoriana e l’avvento dei

Normanni, la sede episcopale viene ricoperta stabilmente da una serie

di Pastori, bene elencati nella cronotassi apposta in una lapide storica,

predisposta per la Visita del Papa Giovanni Paolo II.

Senza contare i Vescovi del primo millennio, tra i cui nomi si

ricorda Venanzio, al tempo di Papa Virgilio, in questo secondo

millennio ben 54 Pastori si sono succeduti sulla cattedra di S. Oronzo

fino al mo-

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mento presente. Nomi illustri e meno illustri, di lunga o di breve

esperienza, di prima nomina o trasferiti da altre sedi, 54 Vescovi hanno

reso illustre questa Chiesa lavorando strenuamente, secondo le

necessità dei tempi, mai sottraendosi al groviglio di problemi e di

affanni che accompagnano ogni umana esistenza.

Attraverso il loro lavoro, lo Spirito di Dio ha fatto decollare la

riforma tridentina e vaticana, conducendo la Chiesa di Lecce verso

notevoli traguardi catechetici, liturgici e pastorali.

Da Luigi Pappacoda, che rifece la Cattedrale, a Michele

Pignatelli che pose mano trecento anni fa al nuovo seminario, da

Antonio IV Pignatelli, divenuto poi Papa Innocenzo XII, a Zola, Trama,

Costa, Minerva, Mincuzzi, per citare solo i Vescovi dell’ultimo secolo, è

stata una successione di uomini audaci e operosi che, ognuno per la sua

parte, secondo le proprie attitudini e i bisogni dei tempi, hanno

arricchito di chiese e di opere di pietà e di zelo la Chiesa di Lecce.

Città-chiesa

Sarebbe ingiusto, però, e contro la storia, limitarsi solo all’opera

dei Vescovi. C’è stata una ricchezza di religiosi e religiose, che han

fatto di Lecce una Città-chiesa, ricca di stupende chiese di stile barocco

e di monasteri, ora quasi tutti soppressi e confiscati dallo Stato unitario.

E’ questa, forse, la ricchezza più insigne della Chiesa di Lecce, che la

rese nota in tutto il Mezzogiorno e le consentì di avere uno stuolo di

frati, monache e suore, la cui notorietà valicava i confini della

provincia e della stessa regione.

Sono molti gli studi compiuti negli ultimi tempi a tale proposito e

dobbiamo essere grati ai docenti universitari e semplici ricercatori che

hanno dato alla luce documenti e memorie che illustrano la ricchezza di

dottrina e di spiritualità, tra cui emergono le grandi figure di San

Bernardino Realino e San Pompilio M. Pirrotti, i due santi di cui

abbiamo la gioia di conservare le reliquie, unitamente al De Jacobis e a

tanti Servi di Dio.

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Alla ricchezza di santità e di grazia, si aggiunge, poi, il fervore di

un laicato che, pur tra alterne vicende, ha sempre cercato di porre in

alto l’impegno apostolico e, senza far torto a nessuno, voglio solo

ricordare l’Azione Cattolica, che nella nostra Chiesa ha quasi cento

anni di storia e di impegno laicale.

Una Chiesa viva

Questa storia antica, complessa e sublime, oggi si è tradotta in

oltre 150 sacerdoti, una dozzina di diaconi permanenti, 14 comunità

religiose maschili, con la casa provincializia dei Frati Minori del

Fulgenzio, e 45 case femminili, con la casa generalizia delle Suore

Discepole del S. Cuore e la casa madre delle Salesiane dei Sacri cuori;

decine e decine di accoliti e lettori, quasi duecento ministri straordinari

dell’Eucarestia, circa 1.700 catechisti, una settantina di confraternite e

moltissime associazioni e movimenti di apostolato, che costituiscono la

ricchezza del laicato cattolico, 150 docenti di religione e centinaia e

centinaia di operatori sociali.

Opere di istruzione e di carità, di assistenza ai piccoli nelle scuole

materne, ai minori in difficoltà, alla terza età, intrecciano il loro lavoro

con una rete di carità che si estende dagli studenti ai malati,

dall’insegnamento della religione alla formazione catechistica, alla

promozione liturgica, missionaria, socio-caritativa, sportiva, etc.

Tra tutti, sia ricordato, con una particolare menzione, il nostro

Seminario, che nel corso degli ultimi trecento anni ha garantito la

formazione dei futuri presbiteri, prima, da solo e, poi, in collaborazione

col Regionale di Molfetta, nato, come si ricorderà, proprio qui a Lecce,

con l’appoggio dei Padri Gesuiti.

Tanta strada da fare

Ho voluto percorrere, a larghi tratti, la storia e la vita di questa

nostra diletta Chiesa di Lecce non per vanteria o desiderio di grandezza,

ma solo per sottolineare l’antichità della nostra Chiesa e la sua

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vitalità pastorale. Con questo, però, non trascuro affatto la moltitudine

di problemi sociali e pastorali che ci stanno dinanzi come anche le mete

alle quali, sin dall’inizio del mio ministero episcopale tra voi, sono

rivolti i nostri sforzi. Il problema dei giovani e quello delle vocazioni

sono, tra tutti, i più cruciali e urgenti, ma non saranno mai risolti, se

non porremo al centro dei nostri interessi e del nostro lavoro la

pastorale familiare, centro propulsore di ogni rinnovamento.

Molta strada abbiamo fatto nella catechesi, nella liturgia, nella

ministerialità, nella carità, ma tanta ancora ce ne resta da fare e tanti

obiettivi devono essere messi a fuoco, se vogliamo camminare sulla

strada del Concilio.

La missione della Chiesa è quella assegnata da Gesù: andare,

predicare e battezzare, i tre grandi orizzonti apostolici che da duemila

anni qualificano la Chiesa. Anche Lecce ha bisogno di un nuovo slancio

missionario, per coniugare tradizione e futuro, fede e vita, operosità

missionaria e religiosità cultuale, antichità e progresso. Anche la nostra

gente si aspetta da noi nuovi atteggiamenti e nuovi modelli di apostolato.

Quel che si è fatto prima è certamente buono e valido, ma non ci si può

limitare solo ad enfatizzare il passato e rammentare le glorie trascorse,

perché la storia cammina ed è proprio dei discepoli di Cristo guardare

innanzi, guardare in alto e non girovagare piangendo la mancata

risurrezione. Per questo, occorre apertura, mobilità, attenzione al

nuovo, disponibilità e gioia nel cambiamento, vitalità interiore e

distacco, molto distacco dal proprio posto e dal proprio ruolo,

consapevoli che camminiamo tutti incontro al Signore…4

                                                                                                               4 Bollettino Diocesano 1994, n. 6, pp. 13-16.

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LA TRADIZIONE SINODALE

DELLA CHIESA DI LECCE

DAL CONCILIO DI TRENTO (1545-1563)…

1. Sinodo del Vescovo Annibale Saraceno: 1565

2. Sinodo, presieduto dal Can. Nicola Giorgio, Vicario Generale,

durante l’episcopato di Annibale Saraceno: 6 maggio 1577

3. Sinodo, presieduto dal Vicario Apostolico E. Sabini, durante

l’episcopato di A. Saraceno: 10 dicembre 1587

4. Sinodo del Vescovo Scipione I Spina: settembre-ottobre 1605

5. Sinodo del Vescovo Scipione I Spina: I maggio 1618

6. Sinodo presieduto dal Vicario apostolico L. Tosti, durante

l’episcopato di Scipione I Spina: settembre-dicembre 1628

7. Sinodo del Vescovo Luigi Pappacoda: 2 giugno 1647

8. Sinodo del Vescovo Luigi Pappacoda: 20 maggio 1663

9. Sinodo del Vescovo Michele I Pignatelli: 3 marzo 1687

10. Sinodo del Vescovo Nicola II Caputo: 12-14 giugno 1831

… AL CONCILIO VATICANO II (11 OTTOBRE 1962-8 DICEMBRE

1965) 11. Sinodo dell’Arcivescovo Cosmo Francesco Ruppi:

18 settembre 1994 – 24 marzo 2000

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IL CAMMINO

DELL’XI SINODO DIOCESANO

3 gennaio 1994 Annunzio dato dall’Arcivescovo, a conclusione

della sua 1a Visita Pastorale

30 marzo 1994 Nomina del Vicario Episcopale per il Sinodo Mons. Marcello Semeraro

21 maggio 1994 Decreto di indizione del Sinodo

18 settembre 1994 Inaugurazione e benedizione del Papa Giovanni Paolo II nella sua Visita a Lecce

4 novembre 1994 Nomina della Segreteria Generale

17 novembre 1994 Costituzione della Commissione antipreparatoria

16 dicembre 1994 Presentazione del progetto di Ricerca socio-religiosa nella Diocesi di Lecce

17 febbraio 1995 Nomina delle Commissioni e dei Moderatori per la redazione dei Lineamenta

4 gennaio 1996 Presentazione dei Lineamenta ed inizio del loro esame nella Diocesi

22 febbraio 1997 Approvazione del Regolamento per l’elezione dei Sinodali

11 maggio 1997 Nomina dei membri del Sinodo diocesano N° 255: 69 presbiteri, 22 religiosi/e, 164 laici Nomina della Commissione per l’Instrumentum laboris

18-19 sett. 1997 I Assemblea presinodale

26 settembre 1997 Approvazione del Regolamento del Sinodo

   

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6 novembre 1997 Costituzione degli organismi sinodali

9-10 gennaio 1998 II Assemblea presinodale 17 aprile 1998 Solenne apertura del Sinodo Diocesano

18 apr.-6 giu. 1998 Prima Sessione

15 agosto 1998 Nuova guida del Sinodo: Mons. Francesco

Mannarini, coadiuvato da Mons. Vito De Grisantis, dopo l’elezione di Mons. Marcello Semeraro all’Ordine Episcopale

16 ott.-12 dic. 1998 Seconda Sessione

8 gen.-20 feb. 1999 Terza Sessione

9 apr.-22 mag. 1999 Quarta Sessione

22 ottobre 1999 Assemblea sinodale per la votazione finale delle Propositiones

5 novembre 1999 Consegna delle Propositiones all’Arcivescovo

24 marzo 2000 Promulgazione della Costituzione Sinodale

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XI SINODO DIOCESANO

A.D. 1994-2000

1° dopo il Concilio Vaticano II

COSTITUZIONE SINODALE

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PARTE PRIMA

VERSO LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE

“Guai a me se non annunzio il Vangelo” (1 Cor. 9,16)

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Cosmo Francesco Ruppi, Arcivescovo

                                                                                                               5 Edinova Lecce, 25 febbraio 1998.

E’ urgente rievangelizzare la nostra gente

“L’inchiesta socio-pastorale, condotta in preparazione del

Sinodo diocesano, ci ha messo sotto gli occhi uno spaccato

della situazione religiosa delle nostre popolazioni.

Il dato più rilevante è il difetto di cultura religiosa e l’urgenza

di rievangelizzare la nostra gente, riportandola ai contenuti

essenziali della Rivelazione. Se notevoli, infatti, sono gli

elementi della religiosità popolare e profondo l’attaccamento

alla Chiesa, alla tradizione e alla storia cristiana della nostra

terra, debole è però la risposta della vita, flebile il valore della

testimonianza, incerta l’adesione al Magistero.

E’ urgente – ammonisce Giovanni Paolo II – rifare il tessuto

cristiano della società italiana, aggredita da molte ideologie e

non poche pressioni, ostili al Vangelo, ci impongono di saldare

la frattura tra Vangelo e storia, ricomponendo l’unità tra fede e

vita all’interno della famiglia, del mondo del lavoro, delle

professioni e nella stessa società civile e politica.

«Questa nuova evangelizzazione – è sempre il Papa nella Christi

fideles laici n. 34 – rivolta non solo alle singole persone ma

anche ad intere popolazioni nelle loro varie situazioni, ambienti

e culture, è destinata alla formazione di comunità ecclesiali

mature, nelle quali cioè la fede sprigioni e realizzi tutto il suo

originario significato di adesione alla persona di Cristo e al suo

Vangelo, di incontro e di comunione sacramentale con Lui, di

esistenza vissuta nella carità e nel servizio».

Lettera Pastorale

In ascolto dello Spirito

alla vigilia del Sinodo,

1998, pp. 14-165

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CAP. 1

“COME IL PADRE HA MANDATO ME, ANCH’IO

MANDO VOI”

(Gv 20,21)

1. La missione della Chiesa di Lecce per una nuova evangelizzazione

La Chiesa ha ricevuto dal Signore Gesù il mandato di continuare l’opera della salvezza nella storia degli uomini. Per questo, essa è in Cristo e nello Spirito Santo «come un sacramento o segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano».6

Sacramento di unità

La Chiesa realizza la sua missione con il servizio pastorale dell’annuncio del Vangelo del Regno, della glorificazione di Dio e santificazione degli uomini mediante la Liturgia, i Sacramenti, la preghiera e della carità, che edifica i credenti nella unità della comunione e della comunità.

Il Popolo di Dio, in tutti i suoi membri, nella ricchezza e nella varietà dei ministeri e dei carismi, è chiamato alla missione di annunciare al mondo le opere meravigliose di Dio (1 Pt 2,9), affinché il cuore di ogni uomo possa aprirsi al dono della salvezza e l’intera umanità, in ogni tempo e in ogni luogo, progredisca nella trasformazione pasquale del mondo fino al compimento della parusia.

Missione della Chiesa

     

                                                                                                               6 Conc. Ec. Vat. II, Cost. dogm. Sulla Chiesa, Lumen gentium, n. 1.

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 La Chiesa di Lecce, proseguendo nel cammino del

rinnovamento conciliare, con la guida e l’impulso del Sinodo, deve intraprendere, con urgenza, l’opera di una nuova evangelizzazione7, per realizzare con umile, fedele e generoso servizio il Regno di Dio, nel contesto sociale, culturale e morale del Salento, profondamente mutato rispetto al passato.

Nuova evangelizzazione

                                                                                                               7 Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica postsinodale su vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, Christi fideles laici, n. 34, 30 dicembre 1988; CEI, La Chiesa italiana e le prospettive del paese, doc. del Cons. Perm., 23 ottobre 1981, nn. 16-22; La Chiesa italiana dopo Loreto, Nota pastorale, 1985, n. 51; Evangelizzazione e testimonianza della carità, Orientamenti pastorali per gli anni ’90, 8 dicembre 1990, nn. 7-8.

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CAP. 2

“SIAMO I VOSTRI SERVITORI A CAUSA DI GESU’ CRISTO”

(2 Cor 4,5)

“Ciascuno, secondo il dono ricevuto, lo metta a servizio degli altri, come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio”. (Pt 4, 10) Giovanni Paolo II, Lecce, 18 settembre 1994

Riscoprire la gioia del servizio “Nel Cenacolo, durante l’ultima Cena e la lavanda dei piedi, è emerso chiaramente come il servizio sia una delle dimensioni fondamentali della vita cristiana. Esso deve essere l’anima di tutti i ministeri ecclesiali. E’ compito del Sinodo aiutare la Chiesa leccese, in tutte le sue componenti, a riscoprire il senso e la gioia del servizio.”8 Cosmo Francesco Ruppi, Arcivescovo

Servire lavorando insieme

“Quel che mi preme annotare è la necessità di lavorare insieme, senza individualismi e particolarismi, ricordando che una delle caratteristiche della Chiesa è appunto la comunione tra tutti i membri di essa.9

Lettera pastorale Giovani, vocazioni e famiglia, 1990, p. 16.

… camminando insieme Il primo obiettivo che il Sinodo vorrà raggiungere è quello di aiutarci a camminare insieme, a pensare insieme sulla

Lettera pastorale Con Pietro verso il Sinodo, 1994, p. 17, 20-21, 24-25

                                                                                                               8 Bollettino Diocesano 1994, n. 8, p. 29. 9 Bollettino Diocesano 1990, n. 2, p. 17.

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 situazione e sui rimedi da portare, a uscire dall’isolamento del piccolo gruppo, del movimento, della parrocchia, per sentirsi ed essere Chiesa, ossia comunione di credenti e di testimoni.

… allargando gli spazi di dialogo Il dialogo è importante, perché costituisce la via per la comunione e per l’intesa operativa. Il Signore ci ha insegnato il dialogo, la pazienza, l’ascolto, l’accoglienza di tutti, il guardare fuori e mettersi alla ricerca di chi è andato lontano… Il dialogo tra genitori e figli, tra Vescovo e presbiteri, tra le diverse classi sociali, tra associazioni e movimenti, parrocchie e parrocchie, etc., è la via maestra da percorrere, se vogliamo raggiungere mete stabili di rinnovamento e impegno pastorale.

… in uno stile di comunione e di partecipazione Le nuove forme di comunione e partecipazione sono momenti qualificanti del nuovo vento che spira nella Chiesa del Concilio e vanno accolte come occasioni propizie per approfondire il dialogo, il confronto e la collaborazione. Prima che risolvere i problemi, bisogna abituarsi a pensare insieme, discutere e verificare, progettare e programmare, in una parola, passare da una mentalità verticistica e individualistica ad una mentalità collegiale e comunitaria.”10

     

                                                                                                               10 Bollettino Diocesano 1994, n. 6, p. 20 ss.

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 IL SERVIZIO PASTORALE

         2. L’azione pastorale, servizio allo Spirito L’azione pastorale della Chiesa si pone come

servizio all’opera incessante dello Spirito che costruisce e conduce la Chiesa.

Tutti gli operatori pastorali, ministri ordinati, religiosi/e, laici, riconoscano il primato dell’ascolto e della docilità allo Spirito, per non ridurre l’azione pastorale ad un attivismo vuoto e infruttuoso.

Le riunioni dei Consigli pastorali e di tutti gli organi di partecipazione, gli incontri di programmazione pastorale di ogni tipo e a tutti i livelli, le assemblee dei fedeli siano sempre preceduti da un congruo tempo dedicato all’ascolto della Parola di Dio, alla preghiera, al silenzio.

Si programmino, perciò, giornate di spiritualità, esercizi spirituali, campi scuola per tutti gli operatori pastorali, perché si prenda sempre più coscienza e sempre di più appaia che l’agente principale del servizio pastorale è lo Spirito Santo.

Primato dell’ascolto e della fedeltà allo Spirito

3. La Chiesa, soggetto dell’azione pastorale

a) E’ necessario promuovere, attraverso l’evangelizzazione e i cammini di fede, una presa di coscienza, sempre più generalizzata da parte dei fedeli, della loro piena appartenenza alla Chiesa e del diritto-dovere di tutti di partecipare alla sua vita e alla sua missione, in forza del Battesimo e della Confermazione.

Diritto-dovere di partecipare

   

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b) Affinché la partecipazione della comunità sia ordinata ed efficace e l’azione pastorale abbia obiettivi e mete ben precisi, è necessario e urgente che ogni comunità si dia un progetto pastorale, elaborato con la collaborazione di tutta la comunità nelle sue varie fasi di analisi, consultazione, proposta, decisione, attuazione e verifica.

Progetto pastorale

Nel progetto pastorale sia indicato un piano programmatico, che tenga conto di mete, soggetti, ambiti di azione e obiettivi, a medio termine e finali, con i tempi di attuazione, gli strumenti, le metodologie, la verifica in itinere e finale, con oggettivi criteri di valutazione.

Piano programmatico

c) In tale progetto e nella programmazione si inseriscano anche le varie attività, promosse dagli Uffici diocesani e si valorizzi l’apporto indispensabile e prezioso dei Movimenti, delle Associazioni e gruppi ecclesiali, esigendo con chiarezza unità e convergenza sugli obiettivi e, allo stesso tempo, rispettando e accogliendo le loro diversità come una ricchezza degli uni per gli altri.

Uffici diocesani e Aggregazioni laicali

d) In segno di più piena partecipazione ecclesiale, è bene che anche i fedeli laici, idonei per competenza e doti umane ed ecclesiali, siano chiamati alla responsabilità di compiti e uffici, sia a livello diocesano che parrocchiale.

4. L’azione pastorale e la testimonianza Il Signore Gesù ha affidato ai suoi discepoli la

missione di annunciare e di testimoniare la salvezza pasquale (Lc 24,47-48; At 10,42).

Responsabilità ai laici

La testimonianza è, quindi, un elemento essenziale, Prima forma di evangelizzazione

   

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«generalmente il primo» 11 dell’azione pastorale della Chiesa.

In una società che «ascolta più volentieri i testimoni che i maestri o, se ascolta i maestri, lo fa perché sono testimoni»12, l’evangelizzazione deve avere come cuore il Vangelo della carità e deve mirare alla testimonianza della santità, della povertà e dell’amore, per conferire all’azione pastorale il sigillo della autenticità e della credibilità (Gv 13,35).

E’ perciò fondamentale che tutti gli operatori pastorali vivano nello Spirito e camminino secondo lo Spirito (Gal 5, 25; Rom 8, 9-11), realizzando la propria vocazione alla santità e progredendo nella perfezione della carità (Mt 5, 48; Ef 4, 15), sicché nel servizio pastorale possano proporsi anzitutto come compagni di viaggio nella via del Vangelo: «Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo» (1 Cor 11, 1).

5. Il rinnovamento dell’azione pastorale

La Chiesa di Lecce è chiamata a seguire un cammino di vera conversione anche pastorale,13 che le permetta di essere sacramento efficace della salvezza di Gesù Cristo.

Conversione pastorale

L’azione pastorale attuale, infatti, è talvolta impostata guardando più all’uomo e al tempo di ieri che non all’uomo e al tempo di oggi. E’ doveroso, invece, per tutti e in tutto, aprirsi con coraggio alla novità dello Spirito, scrutando i segni dei tempi, operando un pro-

Apertura alle novità dello Spirito

   

                                                                                                               11 Paolo VI, ap., Evangelii nuntiandi 12 agosto 1975, n. 21, 41; Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Redemptoris missio circa la validità del mandato missionario, 7 dicembre 1990, n. 42. 12 Paolo VI, Discorso, 1974, AAS 66 (1974), p. 568. 13 CEI, Con il dono della carità dentro la storia, Nota pastorale, 26 maggio 1996, n. 23.

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Fondo discernimento, accogliendo tutto ciò che è vero e buono, respingendo quanto di non evangelico è presente nel nuovo e modificando altresì mentalità, modalità e linguaggio.

Nel processo di cambiamento pastorale si rinnovino le metodologie partecipative, per consentire all’intera comunità di prendere coscienza di essere soggetto del proprio rinnovamento pastorale e non semplice fruitrice passiva.

Si dia importanza, nei programmi formativi degli operatori pastorali, alla necessità della conversione e dell’aggiornamento pastorale. Per questo, i fedeli impegnati nel mondo della cultura e della comunicazione sociale offrano il loro specifico contributo al cammino della Chiesa diocesana.

Metodologie partecipative

L’azione pastorale, inoltre, sia sempre riferita, non alla massa, ma alla persona, sicché il criterio della centralità della persona ispiri e guidi ogni nostro progetto ed ogni attività.

Centralità della persona

Si presti attenzione al contesto culturale concreto in cui la persona vive ed opera, per dare risposte adeguate alla domanda di fede, che nasce dal vissuto quotidiano, con un linguaggio nuovo, nella forma e nel contenuto, capace di comunicare, in modo comprensibile ed incarnato, il Vangelo di sempre nella sua genuinità.

Inculturazione della fede

6. La pastorale di comunione

La partecipazione dei fedeli, la progettazione e la programmazione pastorale saranno feconde, se l’azione pastorale, in tutte le sue articolazioni, sarà ispirata fondamentalmente alla ecclesiologia di comunione,14 dalla quale scaturisca per tutti uno stile pastorale:

Ecclesiologia e stile di comunione

   

                                                                                                               14 Cf. CEI, Comunione e comunità, Piano pastorale per gli anni 80, Introduzione al piano pastorale, 1 ottobre 1981, nn. 10, 16, 35, 58.

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- di comunione, di accoglienza e valorizzazione dei diversi carismi presenti nel Popolo di Dio, evitando, al tempo stesso, il prodursi di frammentazione, parallelismo o contrapposizione;

- di apertura verso tutti, in particolare verso gli emarginati e i lontani;

- di libertà dalle chiusure e dall’isolamento individuale e particolaristico;

- di prontezza al dialogo, che sia ascolto e confronto umile e rispettoso;

- di generosità nella collaborazione e integrazione reciproca;

- di fedeltà unanime agli orientamenti e alle decisioni comunitarie.

Su questa base, gli organismi collegiali di partecipazione e di consultazione, quali strumenti di pastorale organica, ritroveranno la loro vitalità e incisività.

7. Il servizio della presidenza e del consiglio

La Chiesa, voluta da Cristo, è comunione gerarchica e fraterna insieme. E’ perciò quanto mai necessario il servizio della presidenza o guida della comunità, che va realizzato avvalendosi costantemente e necessariamente del dono prezioso del consiglio degli altri membri del Popolo di Dio.

a) Colui che presiede e coloro che offrono il consiglio tengano però ben presente che essi rendono un servizio allo Spirito, nella ricerca di ciò che è meglio per la vita e la missione della comunità.

Servizio allo Spirito

b) E’ necessario che ci sia in tutti un autentico spirito di povertà, che renda liberi da possibili atteggia-

Povertà, ascolto, accoglienza

   

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menti di potere, di protagonismo, di sufficienza e pienamente disponibili al dialogo sincero e rispettoso dei ruoli. I presbiteri siano perciò aperti all’ascolto, vero e attento, del consiglio dei laici e i laici accolgano, nell’obbedienza della fede, gli orientamenti che competono alla responsabilità di chi presiede.

c) Pertanto, chi presiede richiesta sempre il consiglio nelle decisioni che riguardano la comunità; stimoli, con apertura d’animo e senza remore, la libera circolazione delle idee e il confronto delle opinioni, fatto salvo sempre il rispetto dovuto alle persone e alla verità; assuma le decisioni che gli competono come frutto della comunione delle volontà e della convergenza delle opinioni, nella fedeltà al Vangelo; cerchi poi di motivare la sua decisione, quando essa non corrisponde al consiglio della maggioranza.

8. I ministeri ecclesiali Tutti i membri della Chiesa sono arricchiti dallo

Spirito di doni e carismi e possono essere chiamati ad esercitare un ministero, nella prospettiva di una Chiesa tutta ministeriale.15

Le decisioni

E’ necessario, perciò, oltre al fondamentale ministero ordinato, promuovere, valorizzare e riconoscere anche i servizi svolti con impegno stabile, sia in campo liturgico e catechistico – come in prevalenza accade attualmente – sia nei vari campi dell’apostolato laicale, evidenziando

Riconoscere e valorizzare tutti i servizi

   

                                                                                                               15 CEI, Evangelizzazione e ministeri, Documento pastorale, 15 agosto 1977, n. 8; Comunione e comunità, doc. cit., nn. 47-48.

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l’importanza della presenza e dell’opera dei laici nel mondo, per la realizzazione della missione della Chiesa.

Gli stessi ministeri liturgici di Lettore e di Accolito siano esercitati nella pienezza del loro compito, che dall’ambito celebrativo deve estendersi alla catechesi biblico-liturgica, all’animazione della sacra assemblea e al servizio di carità.

9. Avvicendamento negli incarichi pastorali

L’avvicendamento favorisce il rinnovamento personale e pastorale con lo scambio della variegata ricchezza di doni spirituali e di esperienze pastorali e realizza efficacemente la chiamata al servizio dell’intera Chiesa particolare.

Ministri sacri, operatori pastorali e comunità ecclesiale siano, pertanto, educati a maturare una mentalità nuova di fronte agli avvicendamenti, riscoprendo la dimensione comunitaria del cammino pastorale di ciascuna comunità, che è frutto dell’apporto di tutti e non di una singola persona, e aprendosi a nuove sollecitazioni e nuove prospettive, nella interazione tra continuità e progresso.

Scambio di doni e di servizio

Per questo, si stabilisce il limite di cinque anni per l’esercizio di tutti i compiti, ministeri e uffici, sia dei ministri ordinati che degli operatori pastorali, religiosi e laici.

I parroci soltanto sono nominati per nove anni. Gli incarichi potranno essere rinnovati, secondo la

prudente decisione del Vescovo o del Parroco, qualora lo richiedano esigenze di carattere pastorale, tenuto conto delle necessità della diocesi e della parrocchia, del bene dei fedeli e delle attitudini personali di ciascun ministro e operatore pastorale.

Limite temporale

   

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Nell’entrata in vigore della presente Costituzione sinodale, i presbiteri, parroci e non, nominati a tempo indeterminato, in spirito di abnegazione e in segno di piena disponibilità al rinnovamento pastorale, sono invitati a presentare la rinuncia al Vescovo, il quale provvederà, valutate le circostanze.

10. La formazione degli operatori pastorali

Tutti gli operatori pastorali, per svolgere efficacemente il loro servizio, devono essere preparati culturalmente in campo antropologico e teologico e, soprattutto, devono essere formati spiritualmente, per essere autentici testimoni del Vangelo e operatori di comunione.

Il compito della loro formazione, a livello scientifico, è affidato all’Istituto Superiore di Scienze Religiose e, a livello di base, alla Scuola teologico-pastorale diocesana, che va meglio caratterizzata nella sua dimensione spirituale, nell’organicità dei contenuti e orientamento vocazionale.

Formazione di base

La formazione permanente e l’aggiornamento costante vanno curati dai rispettivi Uffici diocesani, mentre per la formazione spirituale si valorizzi anche il ministero dei religiosi.

Gli operatori pastorali, inoltre, partecipino ai momenti comuni diocesani di spiritualità e di approfondimento pastorale.

Formazione permanente

11. La comunione nei beni

La comunione ecclesiale comporta anche la partecipazione alle necessità economiche della Chiesa e la condivisione con i poveri.

Corresponsabilità economica

   

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a) Per favorire la corresponsabilità dei fedeli nelle necessità economiche della comunità, si valorizzino gli organi di partecipazione e, specificamente, il Consiglio per gli affari economici, a norma Codice di diritto canonico cann. 492, 537, 1280, affidando ai laici i compiti amministrativi.

Si coinvolga di più la comunità, facendo conoscere i bisogni della Chiesa, sollecitando l’apporto di tutti e comunicando i bilanci, nelle forme opportune e in modo comprensibile per tutti.

b) L’amministrazione, sia diocesana che parrocchiale, sia esercitata con onestà, diligenza e massima trasparenza, nel rigoroso rispetto delle leggi ecclesiastiche e civili e nella consapevolezza che i beni temporali ecclesiastici sono destinati, per loro natura, esclusivamente all’ordinamento del culto divino, all’onesto sostentamento del clero e degli altri ministri, alle opere di apostolato e, in segno di povertà evangelica e di solidarietà, alle opere di carità a servizio dei poveri (CJC. cann. 1254, 1283).

L’azione amministrativa, inoltre, deve sempre svolgersi sotto la vigilanza dell’Ordinario e, per tutti gli atti che oltrepassano i limiti e le modalità dell’amministrazione ordinaria, con il suo previo permesso scritto (CJC. nn. 1276, 1284, 1281).

Amministrazione

c) Si educhino i fedeli a considerare il denaro e i beni terreni come destinati non solo ai bisogni personali e familiari, ma anche a quelli dei poveri e della comunità, promuovendo la forma della autotassazione e in tutti inculcando il valore della parsimonia e della povertà.16

Condivisione dei beni

   

                                                                                                               16 Cf. CEI, Sovvenire alle necessità della Chiesa, Corresponsabilità e partecipazione dei fedeli, 14 novembre 1988; Istruzione in materia amministrativa, 1 aprile 1992.

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CAP. 3

“LA VOSTRA CARITA’ CRESCA SEMPRE PIU’ IN CONOSCENZA E IN PIENO DISCERNIMENTO,

PERCHE’ POSSIATE DISTINGUERE CIO’ CHE E’ MEGLIO” (Fil 1,9-10)

12. Il progetto pastorale diocesano

La Chiesa di Lecce deve procedere alla formulazione di un Progetto pastorale diocesano, elaborato con l’ampio coinvolgimento della comunità.

Esso sia preceduto da un’attenta verifica della scelta pastorale Giovani, vocazioni e famiglia, realizzata nel decennio 1989-99 e da una puntuale ed approfondita presa di coscienza della situazione, come risulta dalla Ricerca socio-religiosa, compiuta nella nostra Arcidiocesi.17

Verifica

a) Il Progetto pastorale deve avere come obiettivo primario l’impegno per la nuova evangelizzazione, alla quale vanno dedicate le migliori risorse di uomini e di energie, senza risparmio di sforzi, di fatiche e di mezzi in piena attuazione delle indicazioni sinodali.

Nuova evangelizzazione

b) La pastorale della nuova evangelizzazione deve svilupparsi secondo le seguenti coordinate, generali e fondamentali:

- il primato della fedeltà allo Spirito, della testimonianza di santità, di carità e di umile servizio;

Coordinate generali

   

                                                                                                               17 G. Scarvaglieri, La religione nella società attuale. Ricerca socio-religiosa nell’Arcidiocesi di Lecce, Martano Editrice, 1998.

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- l’urgenza di una formazione alla fede degli adulti e dei giovani, radicata nell’ascolto e nell’obbedienza alla Parola di Dio;

- la riscoperta vocazionale della fede e della vita cristiana, aperta all’accoglienza della chiamata di Dio al servizio del Regno, sia nel ministero ordinato e nella vita consacrata, che nel compito laicale di partecipazione alla missione della Chiesa, in vista dell’animazione evangelica delle realtà temporali;

- la spinta missionaria, che faccia uscire la pastorale dalle mura del tempio, per aprirla alla presenza nel territorio, dal dono del primo annunzio agli indifferenti e ai lontani fino all’opzione della missione ad gentes;

- l’impulso, in ogni settore della pastorale, all’inculturazione della fede e all’evangelizzazione delle culture;

- la promozione della comunione ecclesiale e pastorale, fondata sullo spirito e lo stile della “sinodalità”.

c) La nuova evangelizzazione, infine, deve attuarsi attraverso tre ambiti prioritari:

- famiglia e giovani;

- testimonianza della carità verso i poveri e gli ultimi;

- rinnovamento dell’impegno culturale, sociale e politico.

Ambiti prioritari

   

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PARTE SECONDA

LA CHIESA, DONO DI COMUNIONE

“La nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo”

(1 Gv. 1,3)

Molte membra, un corpo solo (1 Cor. 12,12)

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Conc. Ec. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 26 Chiesa raccolta in unità “La Chiesa di Cristo è veramente presente nelle legittime comunità locali dei fedeli… aderenti ai loro pastori. Esse sono, nella loro sede, il Popolo nuovo chiamato da Dio con la virtù dello Spirito Santo e con grande abbondanza di doni. In esse con la predicazione del Vangelo di Cristo vengono radunati i fedeli e si celebra il mistero della Cena del Signore… In queste comunità, sebbene spesso piccole, povere e disperse, è presente Cristo, per virtù del quale si raccoglie la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica”.

Giovanni Paolo II, Lecce, 17-18 settembre 1994 L’architettura della Chiesa Corpo di Cristo “Che bello vedere questa architettura, questa chiesa. Ma soprattutto vedere la Chiesa viva che si unisce insieme con il Vescovo e con il Papa. Una Chiesa che prega, che canta, che soffre, una Chiesa che sa andare avanti. Abbiamo guardato, ammirato, la bellezza dell’architettura di Lecce, specialmente nel punto centrale, nella piazza del Duomo. Ma questa architettura visibile esprime in realtà un’architettura interna del Corpo di Cristo, della Chiesa Corpo di Cristo, e oggi abbiamo vissuto durante la Celebrazione Eucaristica questa architettura, questo Corpo mistico di Cristo”.18

   

                                                                                                               18 Bollettino Diocesano 1994, n. 8, p. 11, 22.

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Cosmo Francesco Ruppi, Arcivescovo Comunione trinitaria

“La comunione ecclesiale, come manifestazione visibile della comunione trinitaria, costituisce l’obiettivo costante e supremo della vita cristiana: pastori e fedeli, partecipi entrambi, sia pure in modo e grado diverso, del sacerdozio di Cristo, siamo chiamati a rendere sempre più chiara la nostra identità e la nostra missione. Dalla comunione, infatti, scaturisce la missione della Chiesa e dalla comunione interna alla Chiesa di Lecce discende anche la sua stessa missione nella Città e nei paesi”.19

Lettera Pastorale Con Pietro verso il Sinodo, 1994, p. 23

   

                                                                                                               19 Bollettino Diocesano 1994, n. 6 p. 25

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CAP. 1

RIGENERATI DALLA PAROLA DI DIO VIVA ED ETERNA (1 Pt 1,23)

“Dio nessuno lo ha mai visto: l’unico Figlio, che è Dio ed è in seno al Padre, è lui che lo ha rivelato”.

(Gv 1, 18)

“Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”.

(Gv 8, 31-32)

Paolo VI, Es. Ap. Evangelii nuntiandi, 8 dicembre 1975, n. 15 Chiesa evangelizzata ed evangelizzatrice “Evangelizzatrice, la Chiesa comincia con l’evangelizzare se stessa. Comunità di credenti, comunità di speranza vissuta e partecipata, comunità d’amore fraterno, essa ha bisogno di ascoltare di continuo ciò che deve credere, le ragioni della sua speranza, il comandamento nuovo dell’amore. Popolo di Dio immerso nel mondo, e spesso tentato dagli idoli, essa ha sempre bisogno di sentir proclamare “le grandi opere di Dio”, che l’hanno convertita al Signore, e di essere nuovamente convocata e riunita da Lui. Ciò vuol dire, in una parola, che essa ha sempre bisogno di essere evangelizzata, se vuol conservare freschezza, slancio e forza per annunziare il vangelo. Inviata ed evangelizzata, la Chiesa, a sua volta, invia gli evangelizzatori. Mette nella bocca la parola che salva, spiega loro il messaggio di cui essa stessa è depositaria, dà loro il mandato che essa stessa ha ricevuto e li manda a predicare: ma non a predicare le proprie persone e le loro idee personali, bensì un vangelo di cui né essi, né essa sono padroni e proprietari assoluti per disporre a loro arbitrio, ma ministri per trasmetterlo con estrema fedeltà”.

   

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1. LA PAROLA DI DIO NELLA VITA DELLA CHIESA

13. La Parola di Dio in una pastorale di nuova evangelizzazione

L’indagine socio-religiosa diocesana ha rilevato che nella nostra gente, in particolare nella fascia giovanile e adulta, sta venendo meno progressivamente una fede convinta e motivata, intesa come adesione alla persona e al messaggio di Gesù morto e risorto, che entra nella vita e ne ispira le scelte in ogni momento e in ogni ambito.

La fede di molti, non essendo radicata nell’ascolto della Parola rivelata, è prevalentemente basata sulla tradizione e sul consenso sociale, sicché vi sono fedeli più sacramentalizzati che credenti. La stessa integrità della fede è, inoltre, incrinata da un diffuso soggettivismo, selettivo delle verità dogmatiche e morali.20

Fede di tradizione

Di fronte a tale situazione, l’annuncio della Parola di Dio, in una pastorale di nuova evangelizzazione, deve essere basato su alcuni aspetti fondamentali, quali: la conoscenza della Bibbia da parte dei fedeli, la proposta del primo annunzio, la priorità della catechesi agli adulti ed un fervido slancio missionario di evangelizzazione, di testimonianza della carità e di dialogo con il mondo.

14. La Chiesa e la Parola di Dio

Parola di Dio e nuova evangelizzazione

La fede della Chiesa accoglie, custodisce, interpreta e trasmette la Parola di Dio. Bisogna, perciò, che la

Chiesa custode

   

                                                                                                               20 G. Scarvaglieri, La religione nella società attuale, op. cit., cap. IV-V; CEI, Evangelizzazione e sacramenti, doc. Past. Ep. It. 12 luglio 1973.

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Bibbia sia letta e creduta nella fede della Chiesa, secondo la sua vivente Tradizione dottrinale, liturgica e di vita, sotto la guida del Magistero.

La Chiesa, mentre custodisce e annunzia la Parola, è chiamata ad esserne serva e testimone.

E’ importante allora che tutta la comunità cristiana si realizzi e si manifesti efficacemente come:

Testimone

- popolo di Dio convocato dalla Parola e per l’ascolto della Parola, e non soltanto per i Sacramenti e le devozioni;

Uditrice

- serva della Parola, dalla quale si lascia edificare e plasmare in un ascolto assiduo, umile, obbediente, per crescere nella comunione e nella missione, ispirandosi ad essa come a una regola di vita;

Serva

- maestra della Parola con il servizio adeguato di momenti e strumenti formativi per un corretto e fruttuoso ascolto; con la riflessione comunitaria, che alimenti una ricca esperienza spirituale e un vivo senso soprannaturale della fede dei credenti; con una attenta pedagogia di attualizzazione della Parola di Dio per l’uomo e la storia di oggi.

15. I fedeli e la Bibbia

Maestra

Una delle cause della scarsa incidenza della Parola di Dio nella fede e nella vita cristiana è rappresentata dalla diffusa ignoranza della Bibbia. «L’incontro diretto con la Parola di Dio è di importanza vitale per la formazione cristiana»21, tanto che, come ha detto San

Ignoranza della Bibbia

   

                                                                                                               21 CEI, Con il dono della carità dentro la storia, doc. cit., n. 16.

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Girolamo: «Ignorare le Scritture significa ignorare Cristo».22

Dobbiamo, per questo, proporci decisamente l’obiettivo di aiutare e guidare i fedeli a riscoprire la fede come adesione alla Parola, che viene dall’alto, il Verbo fatto uomo, mettendo nelle loro mani e nel loro cuore la Bibbia, a partire dai Vangeli, affinché assumano le Sacre Scritture, insieme con la Tradizione, come sorgente e regola suprema della fede, primo e più autorevole catechismo, alimento della pietà, norma della retta coscienza.

16. La Chiesa educa all’ascolto della Parola

Adesione alla Parola

I fedeli hanno bisogno di essere educati alla “beatitudine” dell’ascolto (Lc 11,28; Ap 1,3).

L’accostamento alle Sacre Scritture inizia con la lettura e la comprensione e giunge fino alla preghiera e alla venerazione,23 perché l’ascolto religioso, specialmente nella liturgia, è incontro con Dio, che dialoga amorevolmente con i suoi figli, nel segno della presenza reale di Cristo Maestro e nella potenza efficace di salvezza dello Spirito Santo.

Ascolto religioso

Pertanto, l’azione pastorale deve proporsi di realizzare, in modo appropriato ed efficace, la Liturgia della Parola in ogni celebrazione sacramentale e nei riti di benedizione, dando anche largo spazio alla celebrazione comunitaria della Liturgia delle Ore.

Vanno poi organizzate frequenti celebrazioni della Parola, nelle quali «l’incontro di fede con la Bibbia

Azione pastorale biblica

   

                                                                                                               22 S. Girolamo, Prologo al commento del Profeta Isaia, nn. 1-2, CCL 73, 1-3. 23 Conc. Ec. Vat. II, Cost. dogm. Sulla divina Rivelazione Dei Verbum, n. 21.

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deve poter avere la propria autonomia di procedimento»24 e va incoraggiata la lettura personale, meditata e pregata, della Bibbia (Lectio divina) seguendo l’itinerario dell’anno liturgico.

Di fronte alla cultura delle molte parole, rumori ed agitazioni, va recuperato il valore del silenzio orante, sia nelle celebrazioni comunitarie, che nella preghiera privata e va inculcata l’invocazione perseverante della grazia, affinché l’ascolto della Parola diventi obbedienza della fede, conversione del cuore, testimonianza di vita.

17. Il Centro diocesano per l’apostolato biblico Al fine di perseguire efficacemente tali obiettivi, si

istituisca il Centro diocesano per l’apostolato biblico, collegato con l’Ufficio Catechistico, rappresentativo di coloro che, a vari livelli pastorali, si occupano specificamente della Parola di Dio, col compito di promuovere, coordinare e programmare l’apostolato biblico, sia riguardo alla formazione degli operatori pastorali, che alle varie forme di incontro con la Bibbia.25

18. L’annuncio della Parola di Dio nella liturgia

Silenzio orante

La costante e abbondante proclamazione della Parola di Dio, introdotta dalla riforma conciliare nella liturgia, non ha indotto, in maniera incisiva, nella gran parte dei fedeli, né la riscoperta e l’amore alle Sacre Scritture, né la consapevolezza della triade inscindibile parola-sacramento-vita, tanto che lo stesso ascolto del

Parola, sacramento, vita

   

                                                                                                               24 CEI, La Parola del Signore si diffonda e sia glorificata, La Bibbia nella vita della Chiesa, Nota past. della Comm. Episc. per la dottrina della fede e la catechesi, 18 novembre 1995, n. 22. 25 CEI, Ivi, n. 25-36.

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messaggio avviene in modo passivo ed episodico e non come itinerario della sequela di Cristo, nel solco della memoria annuale della storia salvifica.

Da tale constatazione, scaturisce la necessità di rinnovare la pastorale liturgica, al fine di aiutare i fedeli a riconoscere, partecipando attivamente alla Liturgia della Parola, che le meraviglie annunziate trovano il loro compimento nel mistero pasquale di Cristo, celebrato nei sacramenti e vissuto con frutti di sapienza e di santità.26

19. La preparazione della liturgia della Parola

E’ importante che l’annuncio della Parola di Dio nella liturgia sia accuratamente e sistematicamente preparato con viva e costante premura.

A livello diocesano, si predisponga, all’inizio dell’anno liturgico, un vero e proprio itinerario formativo per i fedeli.

In ciascuna comunità, il gruppo o commissione liturgica si adoperi per coinvolgere fedeli e aggregazioni laicali nel servizio liturgico della Parola e per promuovere la formazione dei vari ministri (lettori, commentatore, salmista, cantori), perché siano essi i primi testimoni dell’ascolto e della fedeltà alla Parola e la servano con dignità e competenza.

Si approntino, per questo, adeguati sussidi tecnici e pedagogici, necessari per il religioso ascolto della Parola di Dio.

Itinerario biblico-liturgico

   

                                                                                                               26 Cfr. S. Congregatio Rituum, Eucharisticum Mysterium, Istr. Sul culto del mistero eucaristico, 25 maggio 1967, n. 10.

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L’ambone sia riservato esclusivamente all’annuncio della Parola e i segni sacri della Parola – Lezionario ed Evangeliario – siano oggetto di venerazione.

20. L’omelia

I segni della Parola

Nell’annuncio liturgico della Parola, l’omelia ha una grande importanza per la trasmissione ed attualizzazione del messaggio della salvezza e, per questo, deve essere breve nella durata, semplice nel linguaggio, e deve offrire ai fedeli la spiegazione spirituale delle letture bibliche proclamate, «tenuto conto del mistero celebrato e delle particolari necessità degli ascoltatori».27

Breve e semplice

Nello stesso tempo, l’omelia va incarnata nell’oggi della storia, mondiale e locale, ricordando che suo scopo primario è quello di rendere viva la Scrittura, che è la «parola che Dio oggi rivolge all’uomo, perché l’oggi dell’uomo sia illuminato e salvato»28.

incarnata

I ministri ordinati, cui esclusivamente compete l’omelia, abbiano perciò assidua cura di prepararla con lo studio e la preghiera ed anche con l’approfondimento della metodologia della comunicazione, lasciandosi aiutare volentieri dalla comune riflessione nel gruppo liturgico o in altri gruppi di riflessione.

Messaggi ed avvisi siano dati soltanto all’inizio o alla fine della celebrazione e mai al posto dell’omelia.

preparata

   

                                                                                                               27 Messale Romano, 1983, Principi e norme, n. 41. 28 CEI, Il rinnovamento liturgico in Italia, Nota pastorale, 1983, n. 11.

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2. LA PRIMA EVANGELIZZAZIONE

21. La pastorale di “prima evangelizzazione” «Appare urgente promuovere una pastorale di prima

evangelizzazione, che abbia al suo centro l’annuncio di Gesù Cristo morto e risorto, salvezza di Dio per ogni uomo, rivolto agli indifferenti e non credenti»29, che parta dalla testimonianza dei credenti e conduca all’esperienza dell’evento cristiano. Si tratta di un compito nuovo per le nostre comunità, la cui pastorale, in gran parte, continua a percorrere vie, che non danno al primo annuncio lo spazio e l’importanza oggi indispensabili.

Compito nuovo

Per promuovere la pastorale di prima evangelizzazione vanno potenziati e valorizzati gli organismi esistenti e vanno altresì riqualificati i progetti e gli itinerari catechistici, inserendovi la pastorale di primo annuncio, in dimensione più missionaria e vocazionale.

Vengano, poi, attuati, con urgenza, gli itinerari di ri-evangelizzazione (di tipo catecumenale, ispirati al RICA),30 di rifondazione e/o rinnovamento della fede e siano valorizzati i centri di ascolto e le missioni al popolo.

Itinerari

Come segno concreto di una Chiesa evangelizzatrice e missionaria e come strumento utile per portare il primo annuncio del Vangelo ai lontani, siano promosse, a livello diocesano o zonale, équipes missionarie, formate da catechisti evangelizzatori, debitamente preparati.

Equipes missionarie

   

                                                                                                               29 CEI, Con il dono della carità dentro la storia, doc. cit., n. 23; cfr Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, doc. cit., n. 44-45. 30 CEI, Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti, 1978, Premessa n. 1.

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3. LA CATECHESI

22. La catechesi, momento essenziale dell’azione

pastorale Il mutato contesto socio-culturale rende ancora più

necessaria una intensa opera di catechesi «per guidare l’itinerario degli uomini alla fede, dalla invocazione o riscoperta del Battesimo fino alla pienezza della vita cristiana».31

La Chiesa di Lecce ha molto investito nella catechesi dei fanciulli e dei ragazzi, prolungandone l’itinerario dalla prima infanzia fino alla preadolescenza.

Ma ora è urgente discernere carismi e ministerialità e ricercare vie, modalità e mezzi per risvegliare negli adulti e nei giovani il desiderio e la disponibilità ad approfondire il dono della fede, fondandolo sulla adesione alla Parola di Dio e operando un costante raccordo tra fede e vita.

Dalla catechesi dei fanciulli alla catechesi degli adulti e dei giovani

La responsabilità di svolgere la catechesi compete alla diocesi e alle parrocchie, che devono stabilirne i contenuti, le mete e gli obiettivi, avendo come punto di riferimento i catechismi della CEI.

Compito ecclesiale

Le diverse proposte catechistiche, provenienti dalle realtà ecclesiali presenti nel territorio, vanno valorizzate e coordinate, rispettando il pluralismo dei cammini formativi e sacramentali.

Pluralismo di cammini

   

                                                                                                               31 CEI, Catechismo per la vita cristiana. 1/. Il rinnovamento della catechesi, 1970, n. 30; cfr. Giovanni Paolo II, Es. ap. Catechesi tradendae, 16 ottobre 1979.

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23. Educatori della fede a) I genitori dei fanciulli e ragazzi

In forza del sacramento del matrimonio, i genitori sono i primi catechisti dei loro figli, i quali nella famiglia imparano a conoscere e ad «amare Dio e il prossimo come Cristo ci ha insegnato» (Rito del Battesimo dei bambini).

Questa loro funzione va riconosciuta e promossa, in modo che i genitori diano ai loro figli una chiara testimonianza di fede, di integrità di vita, di comunione familiare ed ecclesiale.

I primi catechisti

Si nutrano, essi per primi, dell’ascolto della Parola di Dio, partecipando alla catechesi degli adulti, agli incontri periodici loro destinati e all’assemblea eucaristica domenicale, seguendo il cammino di fede dei figli e aiutandoli a vivere quanto è stato loro insegnato.

Per non pochi genitori l’iniziazione cristiana dei figli può essere un’occasione di grazia per rinnovare la propria esperienza di fede e riscoprire la portata dell’impegno assunto quando hanno chiesto il Battesimo per i figli.32

b) I catechisti

Testimoni e guide

La Chiesa di Lecce ringrazia il Signore per lo stuolo di catechisti che si dedicano alla catechesi dei fanciulli e ragazzi. Tuttavia l’urgenza e la complessità della catechesi degli adulti e dei giovani richiede un particolare e vasto impegno per il discernimento e la qualificazione di numerosi catechisti degli adulti e dei giovani.

Necessità di catechisti per adulti e giovani

   

                                                                                                               32 CEI, Il rinnovamento della catechesi, doc. cit., nn. 195, 151, 152.

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Nell’assolvimento del loro compito i catechisti siano innanzitutto apostoli e testimoni. Essi, infatti, non solo insegnano una dottrina, ma annunciano il Signore Gesù con la propria vita: «Quanti lo ascoltano, devono poter avvertire che, in un certo modo, i suoi occhi hanno visto e le sue mani hanno toccato; in forza di ciò, egli ponga la santità della vita come fondamento della sua necessaria preparazione culturale, pedagogica e didattica».33

Per questo, si dia maggiore importanza al «discernimento vocazionale» dei catechisti stabilendo, fra l’altro, criteri univoci per valutare la maturità, la competenza, la passione per l’evangelizzazione, in vista del mandato, conferito dal Vescovo.

Testimoni

A tale scopo la diocesi di Lecce deve adoperarsi sempre di più per la formazione dei catechisti, invitando gli aspiranti catechisti a frequentare l’itinerario organico e pluriennale della Scuola diocesana di formazione teologico-pastorale.

Coloro che già esercitano il ministero catechistico devono curare la loro formazione permanente con l’aiuto dell’Ufficio catechistico, che deve rivedere e potenziare gli annuali itinerari di formazione permanente, sia sotto il profilo organizzativo che contenutistico, studiando nuovi metodi di formazione pedagogica e spirituale.

Formazione

A tal fine può essere utile valorizzare l’esperienza dei gruppi catechistici, come luogo privilegiato di crescita spirituale, pedagogica e culturale.

Gruppi catechistici

   

                                                                                                               33 CEI, Ivi, n. 184-186.

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24. La catechesi degli adulti

La pastorale diocesana deve dare priorità a una sistematica, differenziata e capillare catechesi degli adulti, che sono i primi destinatari del messaggio evangelico per la loro capacità di coglierne pienamente la ricchezza e per la responsabilità di esserne testimoni e trasmettitori alle nuove generazioni.

La complessità della vita sociale e del contesto culturale rende difficoltoso l’approccio catechistico degli adulti, che oggi per molti è occasionale e frammentario, quando non del tutto assente.

Bisogna, inoltre, prendere atto delle limitate possibilità di una catechesi organica al popolo attraverso la sacra predicazione.

Priorità

Per questo è necessario sperimentare nuove vie, sviluppando le potenzialità formative della fede nell’itinerario dell’anno liturgico per i fedeli frequentanti l’Eucaristia domenicale; dando ampio e appropriato spazio alla catechesi nelle celebrazioni della pietà e delle feste religiose popolari; e utilizzando molto di più gli strumenti della comunicazione sociale.

Si dovranno, poi, promuovere differenziati itinerari catechistici di piccoli gruppi, che consentono l’adattamento alle situazioni personali e favoriscono il dialogo, il confronto e la maturazione solidale della esperienza di fede. I gruppi si potranno formare a partire dai genitori, chiamati ad accompagnare i figli nella iniziazione cristiana, e dalle famiglie nei caseggiati e nei quartieri.

Si valorizzino anche le esperienze dei gruppi sposi, dei gruppi biblici e gli itinerari proposti dalle diverse aggregazioni laicali.

Nuove vie

   

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E’, infine, importante che, almeno a livello interparrocchiale, si attuino itinerari finalizzati alla riscoperta della fede o alla prima evangelizzazione, in ordine al catecumenato per il Battesimo degli adulti, a esigenze particolari in preparazione alla Confermazione e al Matrimonio o per chiunque lo Spirito muova al desiderio di rinnovare la propria esperienza cristiana.

Itinerari di tipo catecumenale

Si noti che, soprattutto nella catechesi degli adulti, è necessario accentuare la dimensione antropologica e socio-culturale, per renderla più attenta ai problemi dell’uomo del nostro tempo e facilitarne così l’incarnazione nella vita.

25. La catechesi degli adolescenti e dei giovani

Dimensione culturale

Lo stretto rapporto che, nella mentalità e nella prassi, collega la partecipazione alla catechesi dei fanciulli e ragazzi con la celebrazione dei Sacramenti della iniziazione cristiana ed altre condizioni della vita adolescenziale fanno sì che, quasi ovunque, dopo la Confermazione si verifichi un vuoto pastorale.

Ciò rende difficile il passaggio dei ragazzi dal cammino di iniziazione cristiana a quello di consolidamento e approfondimento della fede e della vita cristiana.

Vuoto pastorale

La scelta pastorale diocesana della famiglia e dei giovani come ambiti privilegiati di evangelizzazione, nonché la pubblicazione del Catechismo dei Giovani, devono tuttavia incoraggiare una speranza operosa, che conduca ogni parrocchia a offrire agli adolescenti e ai giovani proposte formative solide e allettanti, grazie alle quali la catechesi possa rinascere, nella convinzione che

Speranza operosa

   

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essa è fondamentale perché la pastorale giovanile possa raggiungere l’obiettivo dell’educazione alla fede.34

E’ necessario per questo che, nel quadro di un progetto educativo unitario, si operi un accordo più stretto tra il cammino di iniziazione dei fanciulli e ragazzi e gli itinerari di crescita nella fede degli adolescenti e dei giovani.

Si promuovano, con metodologie diverse da quelle già sperimentate nel cammino di iniziazione, esperienze di animazione e di gruppo, anche rilanciando la proposta dell’Oratorio, con l’intento di aiutare adolescenti e giovani a maturare la propria personalità, in rapporto alla famiglia, alla scuola e alla vita sociale, di rendere consapevole e libera la propria adesione a Cristo e di aprirsi alla chiamata per collaborare nella Chiesa e portare la speranza del Vangelo.

26. La catechesi dei fanciulli e dei ragazzi

Progetto educativo unitario

La pastorale di iniziazione cristiana va animata da spirito missionario, in modo che non si attenda passivamente la richiesta dei sacramenti, ma si vada incontro ai fanciulli e ragazzi, coinvolgendoli con proposte educative più nuove nei linguaggi, nella metodologia e nei contenuti culturali.

Spirito missionario

a) Gli itinerari di iniziazione cristiana e di crescita nella fede dei fanciulli e dei ragazzi devono sviluppare una catechesi sistematica, organica e completa, fedele al Documento di base35 e ai nuovi Catechismi della

Organicità

   

                                                                                                               34 Cfr. Ufficio Catechistico Nazionale, La catechesi e il catechismo dei giovani, 1999, n. 6c, 2-28. 35 Cfr. CEI, Il rinnovamento della catechesi, doc. cit.

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CEI, superando decisamente l’impostazione catechistica sul modello scolastico.

b) All’insegnamento della fede va sempre collegata l’esperienza della sequela nella vita cristiana, con la partecipazione alla liturgia e l’educazione alla preghiera, alla conversione, alla carità e alla comunione ecclesiale.

Sequela

c) Tutto ciò richiede un cambiamento di mentalità negli stessi catechisti ed educatori, i quali sono a volte preoccupati più del contenuto, della metodologia e della pratica religiosa che non della testimonianza concreta della carità e del servizio all’uomo, specialmente degli ultimi.

Per questo, è necessario che la catechesi sia incarnata nella situazione concreta, personale e ambientale dei ragazzi, ponendo attenzione anche ai temi dei diritti umani, della giustizia e della pace.

Testimonianza

d) La persistenza di una sacramentalizzazione di massa, motivata dalla tradizione socio-religiosa, richiede un oculato discernimento, al fine di accertare la reale situazione di fede e proporre un adeguato e differenziato cammino di rievangelizzazione, coinvolgendo sempre i genitori.

Una particolare premura va rivolta ai non pochi fanciulli e, soprattutto, ragazzi, che non partecipano alla catechesi.

Discernimento

e) I catechisti svolgano il loro ruolo ponendosi accanto ai fanciulli ed ai ragazzi e seguendoli nella loro crescita globale. Operino in comunione con i pastori e in costante collegamento con i genitori, particolarmente con le famiglie che per vari motivi sono più assenti.

Catechisti

   

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f) I presbiteri abbiano cura di accostare personalmente fanciulli e ragazzi, soprattutto nella vita spirituale e sacramentale.

Si dia anche modo ai cresimandi di riscoprire la missione del Vescovo, che incarna l’unità della Chiesa particolare, possibilmente incontrandolo prima di persona.

Ministri ordinati

   

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CAP. 2

BATTEZZATI IN UN SOLO SPIRITO PER FORMARE UN SOLO CORPO

(1 Cor 12, 13)

“Per mezzo del Battesimo siamo stati sepolti insieme a Lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova”. (Rom 6,3-4) “Quali pietre vive siete costruiti come edificio spirituale per un sacerdozio santo… Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di Lui”. (1 Pt 2, 5-9) L’iniziazione come itinerario di vita cristiana “Nel nostro paese quasi tutte le famiglie richiedono i sacramenti dell’iniziazione per i loro figli; ma molte li vivono come riti di passaggio, in cui prende corpo un vago senso del sacro, e non come riti specificamente cristiani. La grandezza di queste celebrazioni sta invece nel fatto che uniscono vitalmente gli uomini a Cristo e li assimilano a lui nell’essere e nell’agire, introducendoli nella comunione trinitaria e in quella ecclesiale. Particolarmente necessario si rivela dunque un itinerario di fede, che preceda, accompagni e segua la celebrazione dei tre sacramenti. L’itinerario deve essere inteso come un esercizio prolungato e completo di vita cristiana, che comprenda non solo l’istruzione religiosa, ma anche esperienze di preghiera personale e comunitaria, gesti di testimonianza e opere di carità, cambiamento di mentalità e di abitudini: una vera scuola di formazione, al seguito di Gesù maestro. Attraverso la Parola e i sacramenti, in virtù dello Spirito Santo, la Chiesa ci genera e ci educa alla vita cristiana, come Maria ha generato Cristo: “Dal suo grembo nasciamo, dal suo latte siamo nutriti, dal suo Spirito siamo vivificati”. La funzione materna della Chiesa si concretizza soprattutto nella mediazione della famiglia cristiana e della parrocchia”.

CEI, Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi”, 1995, n. 666-667.

   

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1. L’INIZIAZIONE CRISTIANA

27. L’iniziazione cristiana e il catecumenato degli adulti

«L’iniziazione cristiana è l’inserimento dei credenti

in Cristo morto e risorto, come membri del popolo profetico, sacerdotale e regale, per morire al peccato e vivere da figli di Dio, facendo la verità nella carità (Ef 4, 15). Si attua nell’educazione alla fede e nei Sacramenti del Battesimo, della Cresima e dell’Eucaristia».36

Essa riguarda altresì il catecumenato degli adulti non battezzati, l’iniziazione dei fanciulli non battezzati, come pure il completamento dell’iniziazione degli adulti battezzati da bambini.37

Il ripristino del catecumenato degli adulti – nella nostra Diocesi dal 30 marzo 1997 – sottolinea un momento essenziale della missione della Chiesa, anche se al presente sono pochi gli adulti battezzandi.

Catecumenato degli adulti

Aderendo alle indicazioni del Magistero, si assuma il catecumenato degli adulti come modello di ogni processo di iniziazione e di formazione cristiana, ispirando ad esso il progetto globale di iniziazione e di formazione cristiana, i suoi contenuti catechistico-liturgici, l’intera prassi di attuazione.38

Modello formativo

A livello diocesano, si promuovano adeguati servizi pastorali, che aiutino le parrocchie nel favorire espe-

Servizio diocesano

     

                                                                                                               36 Cfr. CEI, L’iniziazione cristiana, 1. Orientamenti per il catecumenato degli adulti. Nota pastorale del Cons. Perm., 30 marzo 1997, n. 20. 37 CEI, Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti, doc. cit., nn. 296-297. 38 Ivi, Premessa n. 1; Congregazione per il Clero, Direttorio generale per la catechesi, Libr. Ed. Vaticana 15 agosto 1997, nn. 59, 90.

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 rienze di tipo catecumenale, con una migliore intesa tra gli organismi pastorali della evangelizzazione, catechesi, liturgia e carità.

28. Comunità cristiana e iniziazione La comunità cristiana, diocesana e parrocchiale, è il

luogo ordinario e privilegiato dell’iniziazione cristiana. Nel compito dell’iniziazione, la Chiesa esprime e

realizza le dimensioni fondamentali del suo essere e del suo operare, presentandosi come una:

a) Chiesa che è pentecostale

«Lo Spirito Santo e noi» (At 15,28): il Regno, cioè,

germina per la potenza dello Spirito; la Chiesa è feconda nella misura in cui è «colma del conforto dello Spirito» (At 9, 31), docile alla sua illuminazione e al suo impulso, assidua e concorde nella preghiera (At 2,42; 4,31), testimone, in umile e incessante conversione, della fedeltà al Vangelo, accogliente dei diversi carismi e ministeri.

b) Chiesa che è missionaria

La Chiesa non è ripiegata su se stessa, ma è aperta a

coloro che vivono fuori del recinto nell’indifferenza religiosa, nell’ateismo, nelle diverse religioni degli immigrati, nei nuovi movimenti religiosi, nelle sette. La Chiesa, inoltre, è attenta a percepire le domande di senso, che emergono in tanti cuori, è anche sollecita a suscitare la sete dell’incontro con Cristo Gesù (Gv 4,14) e premurosa nel sostenere chi, per la grazia di Dio, approda al sentiero della conversione.

   

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c) Chiesa che è ministra del Vangelo, non solo dei sacramenti

Alla piena realizzazione dell’iniziazione cristiana, come conversione e sequela di Cristo, sono di ostacolo una mentalità e una prassi che spesso la riducono, almeno di fatto, alla sola celebrazione dei sacramenti. La stessa catechesi, finalizzata esclusivamente ai sacramenti, finisce così con l’avere un carattere intellettualistico, mentre i sacramenti scadono a gesti di costume e di tradizione.39 Occorre, perciò, proporre con maggiore coraggio l’iniziazione non come pura preparazione ai Sacramenti, ma come un processo di formazione all’esperienza della vita cristiana, con percorsi graduali, nei quali trovino ampio spazio e modo l’ascolto della Parola e la conversione della vita.

d) Chiesa che è madre

Poiché la Chiesa genera la Chiesa, nell’opera

dell’iniziazione cristiana, essa deve impegnarsi interamente per sviluppare una pastorale ricca di fermenti rinnovatori, frutto della scelta dell’evangelizzazione e della messa in opera di tutti i carismi e i ministeri che la compongono.

   

                                                                                                               Cfr.  CEI,  L’iniziazione  cristiana  1  –  Orientamenti  per  il  catecumenato  degli  adulti,  doc.  cit.,  Premessa  a).  

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2. ITINERARI DI INIZIAZIONE CRISTIANA

29. I genitori dei bambini battezzandi

Per aiutare i genitori ad essere consapevoli della grazia battesimale che chiedono per i loro figli e dell’impegno di educazione cristiana che ne deriva, si predisponga un itinerario di preparazione, uniforme per tutta la diocesi, inserito nel programma parrocchiale di pastorale familiare.

Tale cammino inizi già dal tempo dell’attesa della nascita dei figli e si ponga, se è possibile, in continuità con quello seguito nella preparazione al matrimonio.

Guidato dai ministri sacri e dai catechisti della pastorale familiare, preveda, in consonanza con l’anno liturgico, momenti di preghiera, di catechesi battesimale e di comunione ecclesiale e diventi più profondo per le famiglie in situazioni irregolari o difficili, come indica il Direttorio di Pastorale Familiare della CEI (nn. 231-232).

Itinerario di preparazione

Qualora il parroco verifichi che mancano le condizioni sufficienti per educare cristianamente i figli, prolunghi l’opera di evangelizzazione, intensificando con i genitori un rapporto e un contatto pastorale, orientato a dare nuovi risultati e valorizzando il ruolo dei padrini, scelti con particolare oculatezza. Nei casi particolarmente difficili, si consulti l’Ordinario.

Situazioni particolari

Dopo la celebrazione del Battesimo, gli operatori della pastorale familiare sostengano l’opera educativa dei genitori, utilizzando il Catechismo dei bambini della CEI.

30. I fanciulli e i ragazzi battezzandi

Catechismo dei bambini

I fanciulli e i ragazzi che, con il consenso dei genitori, chiedono il Battesimo, compiano il cammino di

Catecumenato

   

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fede con le modalità dei tempi e delle tappe, propri del catecumenato.

Siano sostenuti dalla famiglia stessa o, almeno, da alcuni suoi membri o persone con essa strettamente collegate e siano inseriti in un gruppo catechistico di coetanei, capace di vera accoglienza e di condivisione.

I fanciulli, dopo almeno due anni di catecumenato, possono ricevere il Battesimo e l’Eucaristia, possibilmente nella Messa di 1a Comunione del loro gruppo e proseguire il cammino per ricevere la Confermazione a tempo opportuno.

I ragazzi, invece, compiano un cammino catecumenale, adeguato alla loro età, ricevendo, a tempo debito, tutti insieme, i Sacramenti dell’iniziazione cristiana.40

31. I fanciulli e i ragazzi battezzati

Celebrazione

I bambini battezzati, raggiunto l’uso di ragione, intraprendono un cammino comunitario, che li introduce nella comunione ecclesiale, perfeziona l’esperienza di fede vissuta nella famiglia, li predispone ad accogliere i doni sacramentali, che completano la grazia dell’iniziazione cristiana e li abilita alla vita e alla testimonianza cristiana.

a) L’itinerario dei fanciulli e dei ragazzi per ciascun sacramento va inserito nel cammino catechistico, pluriennale ed organico, che la comunità cristiana organizza per tutti i ragazzi e preveda periodi specifici di

Cammino catechistico

   

                                                                                                               40 Cfr. CEI, Rito della iniziazione cristiana degli adulti, doc. cit., nn. 306-311; CEI, L’iniziazione cristiana 2. Orientamenti per l’iniziazione dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni. Nota pastorale del Cons. Perm., 23 maggio 1999, nn. 27, 29, 38, 46, 47, 55.

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più intensa preparazione di fede, di preghiera e di conversione di vita.

Per quanti, per diversi motivi, non abbiano seguito il normale cammino catechistico, l’itinerario abbia almeno una durata biennale prima della celebrazione del sacramento.

Nell’itinerario di preparazione alla Cresima, si curino meglio il discernimento dei carismi e l’orientamento degli adolescenti, valorizzando l’apporto delle diverse proposte associative presenti in parrocchia e organizzando esperienze di carità e di orientamento vocazionale.

b) Al momento della prima Confessione, della prima Comunione e della Confermazione, fanciulli e ragazzi devono avere una sufficiente esperienza dell’incontro con Gesù e con la sua Parola, della preghiera, dell’obbedienza di vita e della fraternità ecclesiale.

Si prevedano, nella preparazione ai sacramenti, momenti di verifica e di discernimento circa la sufficiente maturità conseguita, sicché il conferimento dei sacramenti sia determinato più dallo sviluppo personale e familiare dell’esperienza cristiana, che dall’età o dalla frequenza stessa al catechismo.

Discernimento

c) Insostituibile è, infine, lungo tutto l’itinerario, la partecipazione dei genitori, perché genitori e figli crescono insieme e si santificano insieme.

32. I giovani e gli adulti battezzandi

I genitori

Gli itinerari di preparazione al Battesimo degli adulti, così come sono indicati dal RICA e dal Direttorio Diocesano, siano predisposti e attuati a livello

Catecumenato

   

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diocesano, integrandoli e coordinandoli col cammino di fede nella propria parrocchia.

A tale scopo, si istituisca un Centro diocesano per la preparazione dei giovani e degli adulti ai sacramenti di iniziazione cristiana, che operi in accordo con le realtà parrocchiali, favorendo ed incrementando esperienze ed itinerari di catecumenato, idonei a promuovere un pieno inserimento del candidato nella propria comunità.41

33. I giovani e gli adulti soltanto battezzati

Centro diocesano catecumenale

Per i giovani e gli adulti, battezzati da bambini, che in seguito non abbiano più ricevuto alcuna catechesi e non sono stati ammessi alla Confermazione e all’Eucaristia, si predispongano itinerari di tipo catecumenale, anche a livello interparrocchiale, di adeguata durata, secondo le disposizioni del RICA (cap. 4).42

Da coloro, infine, che chiedono la Confermazione alla vigilia del matrimonio, si esiga un tempo di formazione adeguata, valutando la loro personale esperienza cristiana.

Itinerario adeguato

   

                                                                                                               41 Cfr. CEI, L’iniziazione cristiana 1., doc. cit., nn. 53-54. 42 CEI, Il rito della iniziazione cristiana degli adulti, doc. cit.

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3. LA CELEBRAZIONE DEI SACRAMENTI DI INIZIAZIONE CRISTIANA

34. La comunità parrocchiale

La preparazione e la celebrazione dei Sacramenti dell’iniziazione cristiana avvengano nella comunità e nella propria Chiesa parrocchiale o in quella in cui la famiglia è inserita per impegno pastorale.

L’intera comunità sia maggiormente coinvolta nell’opera dell’iniziazione con la preghiera, la testimonianza, la carità fraterna e l’attiva partecipazione alle celebrazioni sacramentali.

Per esprimere concretamente l’aspetto ecclesiale, i sacramenti vengano celebrati riunendo insieme più candidati,43 evitando, però, i gruppi troppo numerosi.

35. I padrini

Evento ecclesiale

Il padrino o la madrina «amplia in senso spirituale la famiglia del battezzando e rappresenta la Chiesa nel suo compito di madre»44 e, per questo, va scelto fra persone che abbiano l’effettiva possibilità di collaborare con i genitori alla educazione cristiana dei bambini battezzati e di aiutare i ragazzi cresimati a corrispondere al dono dello Spirito Santo.45

Per i confermandi, di norma, il padrino o la madrina sia lo stesso del Battesimo; ma si ricordi che i

Requisiti

   

                                                                                                               43 Cfr. CEI, Rito del Battesimo dei bambini, Intr. n. 27; Rito della Confermazione, Prem. n. 4. 44 CEI, Rito del Battesimo dei bambini, Intr. n. 8. 45 Cfr. CJC, cann. 872-874, 892-893.

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padrini talora possono essere gli stessi catechisti e animatori.46

La scelta dei padrini va approvata dal parroco, il quale potrà anche richiedere un attestato di idoneità rilasciato dal parroco dei padrini.

I padrini vanno sollecitati ad adempiere l’impegno assunto, rendendosi attivamente presenti nel cammino di fede dei “figliocci” e partecipando anch’essi, insieme ai genitori, agli itinerari di fede per gli adulti.

36. Il tempo della celebrazione

Impegno

Per meglio porre in luce il carattere pasquale dei sacramenti, il Battesimo, la 1a Comunione e la Confermazione vanno celebrati nella Veglia pasquale oppure, ordinariamente, di domenica, che è la Pasqua settimanale.

Per i battesimi celebrati nella Veglia pasquale, è necessario che i riti preliminari siano svolti nelle domeniche precedenti la Veglia pasquale, utilizzando i testi liturgici dell’anno A.

Anche la 1a Penitenza possibilmente va celebrata nel tempo di quaresima.

Carattere pasquale

In domenica il Battesimo può essere celebrato durante la Messa, per metterne in risalto il nesso con l’Eucaristia, ma non lo si faccia troppo di frequente né sempre allo stesso orario e si stabiliscano celebrazioni comunitarie anche fuori della Messa, per consentire uno svolgimento più pacato e più disteso.47

Battesimo ed Eucaristia

   

                                                                                                               46 Cfr. CEI, L’iniziazione cristiana 2, doc. cit., n. 28. 47 Cfr. CEI, Rito del Battesimo dei bambini, Intr. nn. 9-12.

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37. La celebrazione festosa

Le celebrazioni, diligentemente preparate, si svolgano in un clima di gioia e di raccolta pietà, evitando facili distrazioni e affidando il ricordo fotografico ad un unico operatore, autorizzato dal Parroco.

Fotografi

Si dia adeguato rilievo ai segni e ai luoghi sacramentali, in particolare al Battistero, l’ambiente nel quale è collocato il fonte battesimale – a vasca o a zampillo – che deve essere unico e fisso e va posto «in prossimità dell’ingresso della chiesa», quale «porta della fede».48

Battistero

Nella celebrazione dei sacramenti si inviti alla sobrietà della festa familiare e si ricordi ai genitori il dovere di dare segni concreti di carità verso i poveri e i sofferenti.

Sobrietà e carità

Si inculchi, infine, in tutti la memoria anniversaria dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, organizzando apposite celebrazioni comunitarie nei tempi liturgici opportuni.

Memorie anniversarie

   

                                                                                                               48 Cfr. CEI, Ivi, Intr., n. 25; L’adeguamento delle Chiese secondo la riforma liturgica, Nota pastorale della Comm. Ep. per la liturgia, 31 maggio 1996, nn. 25-28.

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CAP. 3

DIVERSI CARISMI E MINISTERI

(1 Cor 12, 4)

“Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene”.

(1 Cor 12,4-6) Conc. Ec. Vat. II, Lumen gentium, n. 4 Doni gerarchici e carismatici “Lo Spirito Santo guida la Chiesa per tutta intera la verità, la unifica nella comunione e nel ministero, la istruisce e la dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, e la abbellisce dei suoi frutti”.

   

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1. CHIAMATI AL SUO REGNO E ALLA SUA GLORIA (1 Tess 2,12) “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto”.

(Gv 15,16)

Cosmo Francesco Ruppi, Arcivescovo

Rispondere al progetto di Dio su di noi

“Vocazione vuol dire chiamata. Chi chiama è Dio che, per ciascun uomo, ha stabilito un disegno particolare da scoprire. Il Signore, cioè, ha previsto per noi un progetto di vita e, se vogliamo essere felici, dobbiamo scoprirlo e attuarlo. Questo progetto scaturisce essenzialmente dal battesimo e dalla cresima e comprende l’intera esistenza. Chi accoglie la chiamata del Signore (vocazione) è felice e vive felice; ma chi non scopre la chiamata e non segue il progetto divino, vive certamente nella confusione e nella infelicità, perché si priva di una grazia speciale, che è concessa a chi segue la divina chiamata.

La vocazione è sì un dono, ma è anche una grazia da chiedere con insistenza e con fede. Tutta l’azione pastorale, pertanto, deve avere presente la dimensione vocazionale: dai genitori ai responsabili di movimenti e associazioni giovanili, tutti devono avvertire che la pastorale vocazionale non è un fatto accessorio, quasi pleonastico, ma essenziale e determinante per il futuro della Chiesa.

Nella pastorale ordinaria la dimensione vocazionale non è un qualcosa da fare, ma l’anima stessa di tutto il servizio di evangelizzazione. Non è possibile svolgere un’azione pastorale seria, senza che vi sia presente l’impegno di pastorale vocazionale”.49

Lettera pastorale Giovani, vocazioni e famiglia, 1990, p. 33

   

                                                                                                               49 Bollettino Diocesano 1990, n. 2, p. 33.

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LA VOCAZIONE E LE VOCAZIONI 38. La prospettiva vocazionale della pastorale

La dimensione vocazionale è connaturale al mistero stesso della Chiesa, che è convocazione, comunità di chiamati e deve costituire la prospettiva unitario-sintetica di tutta la pastorale, che in ogni sua espressione manifesta il progetto di Dio per ogni persona, stimolando in ciascuno la volontà di risposta e di coinvolgimento.

La prospettiva vocazionale, pertanto, deve caratterizzare l’educazione alla vita, alla fede, alla comunione e partecipazione ecclesiale e deve essere sempre presente nella vita e nella missione della Chiesa.50

39. I soggetti della pastorale vocazionale

Prospettiva unitaria

Soggetto attivo della pastorale vocazionale è l’intera comunità ecclesiale, la quale, nel fervore della preghiera, nella comunione fraterna e nello slancio missionario, diventa terreno fecondo per la germinazione e lo sviluppo di tutte le vocazioni particolari, gravitanti intorno ai poli della vita laicale, del ministero ordinato e della vita consacrata.

a) Il Centro Diocesano Vocazioni E’ lo strumento indispensabile della pastorale

vocazionale unitaria e ha il compito di promuovere e coordinare l’azione in tutti gli ambiti della diocesi.

Intera comunità

   

                                                                                                               50 Pont. Opera per le vocazioni ecclesiastiche, Nuove vocazioni per una nuova Europa, Roma 8 dicembre 1997; CEI, Le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata nella comunità cristiana, Notiziario CEI 1999, n. 12, p. 428.

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Spetta al CDV il compito di elaborare uno specifico programma diocesano; curare la formazione degli animatori vocazionali e interagire con gli altri Uffici pastorali diocesani e con le diverse agenzie educative.

Il CDV va riorganizzato e qualificato, in modo da rappresentare tutte le vocazioni e dev’essere rappresentato nel Consiglio Pastorale Diocesano.

b) La Parrocchia

E’ il luogo primario di germinazione e di

formazione vocazionale al servizio del Vangelo e della Chiesa e per questo deve educare i fedeli alla preghiera incessante per tutte le vocazioni; deve curare il discernimento degli animatori vocazionali, sì da formare un vero gruppo di animazione vocazionale e promuovere la dimensione vocazionale all’interno dei diversi itinerari di fede.

L’azione vocazionale parrocchiale va collegata con il CDV e con gli altri centri di spiritualità vocazionale, tra cui, in particolare, il Seminario arcivescovile.

c) La famiglia

Nella famiglia, gli sposi devono essere testimoni

della vocazione all’alleanza d’amore in Cristo e nella Chiesa, mentre i genitori devono formare i figli alla vita, in modo che ciascuno risponda alla propria vocazione, soprattutto quando il Signore li chiama a dedicarsi interamente al servizio del Regno.

d) La scuola

Anche la scuola, particolarmente la scuola

cattolica, ha un ruolo importante nella promozione della cultura vocazionale, formando personalità aperte ai grandi valori umani e cristiani e all’impegno operoso per il bene comune.

   

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Gli insegnanti di religione cattolica e i docenti cattolici devono offrire ai discepoli una valida testimonianza della propria scelta vocazionale e illustrare, anche sul piano storico-culturale, il significato religioso e l’incidenza sociale del ministero nella Chiesa e delle grandi scelte di dedizione e di servizio ai poveri e alla promozione umana.

40. Gli operatori della pastorale vocazionale I parroci, i presbiteri, i diaconi e tutti gli operatori

pastorali devono prestare attenzione, cura e tempo al discernimento dei germi di ogni vocazione e all’accompagnamento vocazionale.

I religiosi e le religiose devono essere un segno luminoso di vita evangelica e i loro istituti centri irradianti di proposta e di esperienza vocazionale.

Le Aggregazioni laicali, infine, devono impegnarsi sempre di più per essere luoghi privilegiati di ricerca vocazionale e di servizio a tutte le vocazioni della Chiesa e per la Chiesa.

Per realizzare un’organica ed efficace pastorale vocazionale sono necessari gli animatori vocazionali, che vanno scelti tra quei fedeli che, per la loro personalità umana e cristiana non solo siano testimoni della propria scelta vocazionale, ma vivendo intensamente la vita spirituale, riconoscano l’azione dello Spirito Santo, che suscita vocazioni e carismi.

Con l’aiuto del CDV, gli animatori vocazionali vanno qualificati nell’accompagnamento vocazionale, seguiti nella ricerca vocazionale dei giovani e inseriti nel Consiglio pastorale parrocchiale.

Animatori vocazionali

   

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41. Gli itinerari vocazionali

L’azione pastorale della Chiesa deve favorire la valenza vocazionale degli itinerari di fede e di tutte le esperienze di servizio ecclesiale.

In particolare ciò deve avvenire con la iniziazione cristiana, aiutando i fanciulli e i ragazzi a scoprire il dono della vita e della libertà, come chiamata e responsabilità vocazionale, per realizzare il progetto di Dio su ciascuno di noi e per aprirsi ai doni dello Spirito nel servizio dei fratelli e del Vangelo.

La catechesi dei giovani e degli adulti deve servire a guidare i giovani nella scelta vocazionale della vita e sostenere gli adulti nella risposta di fedeltà e nella docilità allo Spirito, anche nella evoluzione della propria storia familiare, sociale ed ecclesiale.

La liturgia deve proporre la ministerialità liturgica, anche dei piccoli ministranti, come esperienza più profonda e vocazionale di partecipazione all’opera sacerdotale di Cristo e della Chiesa, mentre la carità deve valorizzare l’esperienza di volontariato, di solidarietà e di condivisione come via preziosa per la scoperta della chiamata al dono di sé.

Valenza vocazionale

Va ricordato a tutti i fedeli, peraltro, che per lo sviluppo delle vocazioni è quanto mai necessaria una vita spirituale di alto livello, uno stile di vita improntato alla gratuità, al dono, al servizio e una costante e profonda attenzione alle giovani generazioni.

Va, pertanto, proposta, con coraggio e perseveranza, la vita di grazia, alimentata dai sacramenti e dalla preghiera, la partecipazione ai corsi di esercizi spirituali e ai campi-scuola, l’esperienza dei centri di spiritualità vocazionale, la scelta puntuale della direzione spiri-

Presupposto della vita spirituale

   

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tuale, l’ascolto della Parola di Dio, attraverso la lectio divina, la meditazione e gli incontri di spiritualità specifici per coloro che sono nella fase del discernimento vocazionale.

   

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2. I FEDELI LAICI “Voi siete il sale della terra. Voi siete la luce del mondo. Così risplenda la vostra luce davanti alla gente, perché veda le vostre opere buone e renda gloria al Padre vostro che è nei cieli”.

(Mt 5,13.14-16)

Conc. Ec. Vat. II, Decr. Ad gentes n. 26 Fermento nel mondo I fedeli laici, “incorporati per il Battesimo a Cristo vivono nel mondo. Tocca proprio a loro, penetrati dello Spirito di Cristo, di agire come fermento nelle realtà terrene, animandole dall’interno e ordinandole in modo che si svolgano sempre secondo le norme di Cristo”.

   

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42. La vocazione laicale La Chiesa di Lecce loda il Signore per i tanti

fedeli, uomini e donne, che, coscienti della loro fede e della piena appartenenza ecclesiale, si impegnano a trasformare in testimonianza di vita la teologia sul laicato, espressa dal Vaticano II, partecipando attivamente alla missione ecclesiale.

Constatiamo, però, che sono molti i fedeli laici, i quali, non ancora pervenuti ad una fede illuminata dalla Parola di Dio, sono scarsamente consapevoli della propria vocazione cristiana ed ecclesiale, radicata nei sacramenti del Battesimo e della Confermazione.

Si impone, pertanto, un più vasto e approfondito impegno di formazione alla fede nel Vangelo della salvezza, quale condizione indispensabile, perché in tutti i fedeli laici si ravvivi il senso della partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa.

Riscoperta vocazionale

In particolare, occorre favorire in ogni modo e con perseveranza, in tutti i fedeli laici, la presa di coscienza dell’indole secolare, propria della loro vocazione, e quindi dell’impegno prioritario di essere, vivere e santificarsi nel mondo, animando cristianamente le realtà temporali con la testimonianza della vita, lo spirito di servizio, il forte rigore morale, la serietà professionale.51

43. Il ruolo della donna

Indole secolare

La Chiesa di Lecce si apra a una maggiore e più decisa valorizzazione del genio femminile, dando mag-

Nella Chiesa

   

                                                                                                               51 Cfr. Lumen gentium, doc. cit., n. 31; Christi fideles laici, doc. cit., n. 15.

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giore spazio non solo alla presenza attiva della donna in ogni ambito della vita e dell’azione della Chiesa, ma anche al loro pensiero, alla loro capacità profetica e di mediazione culturale, considerando la donna nella pienezza dei suoi doni.52

E’, inoltre, fondamentale favorire ed incoraggiare la presenza della donna in tutti i vasti campi della vita sociale e pubblica, senza trascurare l’importanza dei suoi compiti familiari, nella convinzione che l’opera della donna è essenziale e indispensabile per l’umanizzazione della società e la piena attuazione del programma di nuova evangelizzazione.

Nella vita sociale

L’opera educativa, sia della famiglia che della comunità cristiana, aiuti le ragazze e le giovani a maturare sempre più la coscienza del dono e della vocazione ricevuta, in quanto donne, e a formarsi al proprio specifico impegno nella famiglia, nella Chiesa e nel mondo, auspicando che il principio della reciprocità uomo-donna trovi piena attuazione nella vita e nelle funzioni ecclesiali e civili.

44. La partecipazione dei laici

Opera educativa

La presenza viva, costante, operosa dei fedeli laici è indispensabile perché la Chiesa di Lecce sia ed appaia segno efficace della presenza salvifica di Cristo fra gli uomini.

Per questo, è necessario ricercare ed accogliere il contributo di competenza e di esperienza dei laici nello

Ricerca e accoglienza

   

                                                                                                               52 Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. ap. sulla dignità e vocazione della donna, Mulieris dignitatem, 15 agosto 1988.

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svolgimento del servizio ecclesiale e nell’assunzione di responsabilità nelle strutture pastorali ed è altresì indispensabile che in ogni comunità siano resi operativi molteplici luoghi di partecipazione e di corresponsabilità – a partire dai Consigli pastorali e degli affari economici – per mezzo dei quali i laici siano coinvolti nella ricerca, nel dialogo, nella proposta e nei compiti pastorali.

Organi di partecipazione

Si ricordi, però, che la prima e fondamentale forma di partecipazione alla missione della Chiesa è data dalla testimonianza al Vangelo, resa dai laici, che vivono fedelmente la propria vocazione cristiana nella famiglia e nell’attività professionale e sociale.

Per questo, l’attività intraecclesiale degli operatori pastorali istituiti o di fatto non deve realizzarsi a scapito dell’impegno prioritario dei laici che è l’animazione cristiana delle realtà temporali.

45. La formazione dei laici

Laici e ministeri

Si abbia viva e incessante premura di allargare sempre di più la fascia dei laici, che iniziano il loro cammino di formazione e di servizio pastorale e di qualificare ulteriormente i laici già impegnati.

La formazione dei fedeli laici deve mirare alla maturità umana, alla consapevolezza della fede e al suo approfondimento teologico, alla santità della vita, alimentata alle sorgenti della Parola e dei Sacramenti, all’assunzione del mondo come luogo proprio della esperienza cristiana, alla crescita della comunione ecclesiale, all’acquisizione della capacità di cogliere i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo e del Magistero.

Qualificazione

Si approntino, in modo permanente, luoghi e tempi per favorire lo sviluppo della spiritualità laicale, valo-

Luoghi e tempi

   

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rizzando anche l’Istituto Superiore di Scienze Religiose e la Scuola teologico-pastorale diocesana.

I presbiteri, i diaconi e i religiosi, infine, si rendano disponibili all’accompagnamento spirituale dei fedeli laici, specialmente mediante la direzione spirituale.

46. Le aggregazioni laicali

Accompagnamento spirituale

Tutte le aggregazioni laicali, antiche e recenti, i nuovi movimenti e le nuove realtà ecclesiali costituiscono una straordinaria ricchezza per la Chiesa di Lecce, perché sono doni preziosi dello Spirito e sono luoghi privilegiati di formazione cristiana ed ecclesiale, di maturazione della vocazione laicale e preziosi strumenti per la nuova evangelizzazione.

Essi abbiano premura, però, di custodire la loro identità, mantenendosi sempre fedeli ai criteri di ecclesialità indicati dal Magistero.53

a) Le aggregazioni di antica data proseguano nel

cammino di rinnovamento conciliare per rispondere in modo nuovo alle sfide del nostro tempo. L’Azione Cattolica Italiana, in particolare, vivamente raccomandata dalla Gerarchia, sia presente e attiva in tutte le parrocchie della diocesi.

b) Le associazioni, impegnate in campo sociale, culturale e professionale, approfondiscano la formazione dei soci, rendendo più incisiva la loro presenza e la loro testimonianza.

Straordinaria ricchezza

   

                                                                                                               53 Christi fideles laici, doc. cit., n. 30.

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c) Le Confraternite siano luoghi effettivi di crescita nella fede, di servizio al culto conforme alla riforma liturgica, di memoria dei defunti che esprima la speranza pasquale e siano altresì impegnate attivamente nella carità verso le antiche e nuove umane sofferenze.

In tale prospettiva le comunità parrocchiali accolgano tutte le aggregazioni laicali nella ricchezza e originalità propria e le inseriscano nelle strutture di partecipazione, mentre i movimenti e le aggregazioni, da parte loro, devono compiere ogni sforzo per far convergere la loro legittima varietà verso la crescita dell’intera Chiesa diocesana, evitando frammentazioni, particolarismi e chiusure.

Accoglienza

Per meglio realizzare tale obiettivo, vanno maggiormente valorizzati la Consulta diocesana delle aggregazioni laicali e il Consiglio pastorale diocesano e parrocchiale, che costituiscono il luogo appropriato per l’incontro, la collaborazione e il coordinamento di tutte le esperienze laicali.

Consulta diocesana

   

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3. IL MINISTERO DELL’ORDINE SACRO “Abbiate cura del gregge di Dio…, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge”. (1 Pt 5,2-3)

Giovanni Paolo II, Lecce 18 settembre 1994 Riscoprire il senso e la gioia del servizio sacerdotale “E’ compito del Sinodo aiutare la Chiesa leccese, in tutte le sue componenti, a riscoprire il senso e la gioia del servizio. Questo vale innanzitutto per voi, cari sacerdoti, configurati a Cristo ‘capo e pastore’ per guidare il popolo di Dio. Siate riconoscenti e lieti del dono ricevuto. Siate generosi nello svolgimento del vostro lavoro pastorale, sostenendolo con una costante formazione culturale, teologica e spirituale”.54 Cosmo Francesco Ruppi, Arcivescovo Diaconato permanente

“Restaurando il Diaconato, come proprio e permanente grado della gerarchia (L.G. 29), il Concilio ha inteso valorizzare ed arricchire la Chiesa di nuovi uffici e nuovi ministeri, ma anche rendere più visibili i compiti di carità e di assistenza, che sono propri di questo ordine sacro. Il ministero del Diaconato, infatti, è un grande dono dello Spirito, capace di dare maggiore fecondità pastorale alla comunità: “Il diaconato – si legge nel documento della CEI – concorre a costituire la Chiesa e a darne un’immagine più completa e più rispondente al disegno di Cristo, e più in grado di adeguarsi a una società che ha bisogno di fermentazione evangelica e caritativa” (CEI, Evangelizzazione e ministeri, n. 60).55

Lettera pastorale Giovani, vocazioni e famiglia, 1990, p. 11.

   

                                                                                                               54 Bollettino Diocesano 1994, n. 8, p. 29. 55 Bollettino Diocesano 1990, n. 2, p. 11.

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47. Il popolo di Dio e i ministri ordinati Il popolo di Dio, pellegrino in Lecce, è convocato

per crescere nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, mediante il ministero del Vescovo, dei presbiteri e dei diaconi.

La comunità cristiana accoglie il ministero ordinato, nei suoi tre gradi, come un dono divino, segno efficace della presenza di Cristo Pastore e Servo e, per mezzo di esso, è saldamente edificata sul fondamento degli Apostoli.

L’urgenza della nuova evangelizzazione richiede,in modo pressante, che i sacri ministri siano radicalmente e integralmente immersi nel mistero di Cristo e si sforzino di realizzare un nuovo stile di vita pastorale, segnato da profonda comunione gerarchica e da feconda collaborazione, nel rispetto e nella promozione dei diversi ruoli, carismi e ministeri.56

Per questo è necessario che i sacri ministri esercitino la loro autorità, non come potere, ma come servizio, teso a realizzare la comunione e la missione della Chiesa, nella compresenza, complementarietà e corresponsabilità dei suoi membri.57

IL VESCOVO

48. Il ministero del Vescovo Il Vescovo, successore degli apostoli, Vicario e

legato di Cristo 58 per la pienezza del sacramento dell’Ordine, regge la santa Chiesa di Lecce con l’autorità

Nuovo stile

   

                                                                                                               56 Giovanni Paolo II, Es. Ap. Pastores dabo vobis, 25 marzo 1992, nn. 19-74. 57 CEI, Comunione e comunità, doc. cit., n. 65. 58 Lumen gentium, doc. cit., n. 27.

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paterna di Dio, l’amorosa dedizione di Gesù Servo, il vincolo della comunione dello Spirito Santo, come Maestro della fede, dispensatore dei divini ministeri e Pastore del gregge.

Il Vescovo guida e governa la Chiesa di Lecce con la necessaria ed efficace collaborazione dei presbiteri e l’aiuto dei diaconi, a lui congiunti dalla consacrazione nei diversi gradi dell’Ordine, esercitando il suo ufficio in spirito di servizio e sempre animato dalla carità pastorale.

Egli promuove la comunione e la missione della comunità diocesana, nell’ascolto, nel dialogo e nella cooperazione di tutte le sue componenti, assumendo poi dinanzi a Dio le decisioni, che competono alla sua suprema responsabilità.

I fedeli tutti devono essere sempre più uniti al loro Pastore nell’affetto ecclesiale, sostenendolo con la preghiera, la generosità del proprio apporto, la fedeltà e filiale obbedienza.

49. Il Vescovo e i presbiteri I presbiteri, uniti al Vescovo dalla partecipazione,

sebbene in grado diverso, all’unico sacerdozio di Cristo, ricevono la grazia sacramentale, tramite il ministero episcopale e in vista della subordinata cooperazione allo stesso.59

Uniti al Pastore

Il vincolo che unisce i presbiteri al Vescovo deve essere perciò alimentato da rapporti personali assidui, da un dialogo sincero e fiducioso, dalla disponibilità al

Comunione

   

                                                                                                               59 Cfr. Conc. Ec. Vat. II, Presbyterorum Ordinis, Decreto sul ministero e la vita sacerdotale, n. 12.

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servizio, dalla costante apertura alle necessità della diocesi e deve essere sigillato dalla obbedienza, promessa a lui nella sacra Ordinazione.

Si programmino, pertanto, incontri periodici collegiali tra il Vescovo e i presbiteri, a livello diocesano e vicariale e si valorizzi il Consiglio presbiterale, senato del Vescovo, al fine di esprimere e realizzare l’intima comunione dei presbiteri, con il Vescovo e tra loro, e prestare assidua e concreta cooperazione al governo della diocesi.

IL PRESBITERIO DIOCESANO E IL DIACONATO PERMANENTE

50. Il ministero dei presbiteri I presbiteri siano consapevoli della necessità di

adeguare il loro ministero al mutato contesto socio-religioso e alle esigenze della nuova evangelizzazione.

Consiglio presbiterale

Si impegnino, per questo, in modo prioritario e incisivo nell’adempimento della missione di annunciatori della Parola di Dio, approfondendo con lo studio assiduo la divina rivelazione e curando l’esposizione del messaggio in modo consono alla cultura contemporanea.

Annunciatori della Parola

Svolgano il ministero liturgico, non solo con pietà, dignità e fedeltà alle norme, ma anche nel ruolo di presidenti e animatori della sacra assemblea.

Presidenti

Esercitino la funzione di pastori secondo la prospettiva conciliare della Chiesa-comunità e famiglia di Dio, animandola con la carità e facendola crescere con la partecipazione corresponsabile di tutti.

Pastori

   

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Sviluppino la dimensione missionaria del loro ministero, con l’apertura al servizio di tutta la Chiesa ed anche con la disponibilità ad intraprendere l’auspicata esperienza di presbiteri Fidei donum.60

Missionari

Riservino, infine, tempo ed energie per il compito della preghiera, della evangelizzazione, della formazione e della guida dei fedeli, demandando molte altre mansioni alla partecipazione corresponsabile della comunità.

51. La comunione tra i presbiteri

Compito proprio

I presbiteri, diocesani e religiosi, uniti da particolare vincolo di carità apostolica nell’unico presbiterio 61 , vivano intensamente la fraternità sacerdotale, incrementino la comunione spirituale e fraterna con la partecipazione ai periodici incontri comuni di preghiera, di studio, di condivisione e realizzino una concreta solidarietà verso i confratelli anziani e ammalati ed anche verso chi, per varie ragioni, si trovasse in difficoltà o avesse lasciato il ministero.

Abbiano poi particolare premura verso i giovani presbiteri, accompagnandoli nella loro prima esperienza di vita e di ministero sacerdotale e favorendo il loro inserimento in comunità presbiterali.

Vivere la fraternità Anziani e giovani

I presbiteri si aiutino reciprocamente, al fine di consentire opportuni giorni e periodi di riposo, soprattutto nelle ferie estive.

Ferie

   

                                                                                                               60 Pio XII, Lett. Ap. Fidei donum, 1957. 61 Cfr. Presbyterorum ordinis, doc. cit., n. 8.

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52. Il diaconato permanente

La diocesi di Lecce ringrazia il Signore per lo sviluppo del Diaconato permanente e rafforza la propria stima verso i diaconi che sono un segno sacramentale di Cristo Servo.

La missione dei diaconi è quella di essere animatori del servizio ecclesiale. Per questo, il loro ministero, fatta salva la priorità dei loro doveri familiari e professionali, deve esplicarsi, oltre che nel servizio liturgico, anche nella evangelizzazione, nella catechesi, nella animazione della carità e nella pastorale familiare e sociale.

Animatori del servizio

Le comunità si adoperino per far conoscere di più il valore della grazia e della funzione diaconale, promuovendo nuove vocazioni, anche per il diaconato celibatario e accogliendo con fiducia il servizio dei diaconi.

Accoglienza

Gli aspiranti diaconi devono essere adeguatamente preparati per essere idonei e competenti nell’esercizio del loro ministero, seguendo gli orientamenti del Magistero e del Direttorio diocesano (29.6.1996).

I diaconi permanenti, in via ordinaria, devono avere, tra l’altro, anche il diploma di scuola superiore, mentre la formazione teologica è affidata all’ISSR e l’esperienza pastorale è demandata a parrocchie particolarmente idonee e qualificate.

53. Rapporti tra i ministri ordinati, i religiosi e i

laici

Formazione

I ministri ordinati, accogliendo la ricchezza e la varietà dei carismi della vita consacrata, sviluppino rapporti di fraternità e di collaborazione reciproca con le comunità religiose.

Comunità ecclesiale

   

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In particolare, i presbiteri diocesani e religiosi coltivino la comunione nell’unico presbiterio con la cordialità dei rapporti personali ed ecclesiali e con lo scambio di aiuto spirituale e pastorale.

I ministri sacri riconoscano sinceramente la dignità dei fedeli laici, guidandoli nella maturazione della fede e nella santità di vita, valorizzando l’indole secolare della vocazione laicale e incoraggiando il loro servizio apostolico.

54. La formazione permanente dei ministri

ordinati

La formazione permanente dei ministri ordinati è indispensabile, perché presbiteri e diaconi ravvivino costantemente il dono di Dio, che è in loro, e perché la loro personalità umana e identità ministeriale possano evolversi in sereno e fecondo equilibrio.

I ministri sacri abbiano cura, in primo luogo, di tendere incessantemente alla perfezione della carità attraverso il degno esercizio del loro ministero, per essere modelli del gregge (1 Pt 5,3), con uno stile di vita evangelico, improntato a sobrietà e semplicità, con una generosa dedizione al servizio di Dio e dei fedeli, nell’apertura e nel dialogo con l’uomo d’oggi.

Vita evangelica

Vivano, per questo, una intensa vita spirituale, che abbia il suo centro nell’Eucaristia e nella Liturgia delle Ore; si alimenti con la meditazione quotidiana della Parola di Dio; si purifichi e si accresca nel cammino di conversione, sostenuto dalla grazia del Sacramento della Penitenza e dall’aiuto del direttore spirituale; e sia confortato dalla pietà filiale verso la Santa Madre di Dio.

Vita spirituale

   

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Seguendo gli orientamenti del Magistero,62 nella nostra diocesi va predisposto un piano preciso e organico di formazione permanente che preveda aggiornamenti teologico-pastorali ed esperienze di preghiera e di fraternità.

Piano formativo

   

                                                                                                               62 Cfr. Pastores dabo vobis, doc. cit., cap. IV; Congregazione per il clero, Il presbitero, maestro della Parola, Ministro dei Sacramenti e guida della comunità in vista del terzo millennio cristiano, Lettera agli Ordinari, 19 marzo 1999; Direttorio per il Ministero e la vita dei presbiteri, 31 gennaio 1994, cap. III; Direttorio per il Ministero e la vita dei diaconi permanenti, 22 febbraio 1998, cap. IV.

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IL SEMINARIO

“Gesù si voltò e, vedendo che essi lo seguivano, disse: Che cosa cercate? Gli risposero: Maestro, dove dimori? Disse loro: Venite e vedrete”. (Gv 1, 38-39)

Giovanni Paolo II, Lecce 18 settembre 1994 Semenzaio di vocazioni “La grande urgenza che stimolerà e orienterà la vostra riflessione è la promozione delle vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa. Mi rallegro per quanto già in diocesi si fa a questo proposito, e di cui è un segno anche questo Seminario che oggi inauguriamo. Considero un dono del Signore poterlo benedire, pensando a quante pagine di santità lo Spirito Santo vorrà scrivere tra le sue mura”.63

Cosmo Francesco Ruppi, Arcivescovo Passione per il Seminario

“Vorrei condividere con tutti voi la passione per il Seminario, trascinandovi tutti, nessuno escluso, in questa stupenda avventura: assicurare alla nostra Chiesa numerosi e santi sacerdoti. Saranno gli evangelizzatori e i pastori del Terzo millennio; continueranno l’opera di Cristo; rinnoveranno il mistero della salvezza, dedicandosi al servizio del Popolo di Dio; saranno messaggeri di speranza, testimoni di carità, operatori di giustizia, di misericordia e di pace. Il futuro della nostra Diocesi si costruisce nel nuovo e moderno Seminario: è lì che dobbiamo tutti stare assiduamente, coi nostri pensieri, i nostri affetti, il nostro cuore”.64

Lettera pastorale Un seminario per il terzo millennio, 1999, p. 3, 6, 23

                                                                                                               63 Bollettino Diocesano, 1994, n. 8, p. 30. 64 Bollettino Diocesano, 1999, n. 5.

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55. La formazione dei futuri presbiteri

La necessità e l’urgenza delle vocazioni alla vita sacerdotale trovano nel Seminario lo strumento e il luogo proprio e indispensabile del discernimento e dell’accompagnamento vocazionale.65

La nostra Chiesa è tanto più impegnata al riguardo, avendo compiuto la grande impresa della costruzione del nuovo, moderno e splendido Seminario Vescovile.

Strumento indispensabile

Per assicurare alla diocesi di Lecce pastori qualificati, il Seminario deve attuare un forte progetto educativo, capace di curare la dimensione umana, spirituale e culturale dei seminaristi, ricercando una più incisiva adesione ai valori evangelici, in particolare, al sacrificio, alla sobrietà di vita e alle qualità umane.

Accanto all’opera di validi educatori, il Seminario si avvalga anche di collaboratori qualificati in scienze umane e di esperienze laicali, e abbia un costante rapporto con le famiglie e con le parrocchie dei seminaristi.

Progetto educativo

La comunità diocesana e le parrocchie devono avere una costante attenzione verso il nostro Seminario Vescovile, devono sostenerlo con la preghiera continua e la concreta e incessante solidarietà economica, e averlo come punto di riferimento e luogo privilegiato per gruppi vocazionali e per intense esperienze di preghiera e di direzione spirituale nei riguardi di ragazzi e giovani, che mostrano germi di vocazione sacerdotale.

Sostegno ecclesiale

Le famiglie cristiane, le parrocchie, le comunità religiose e le Associazioni cristiane sostengano il Gin-

Le famiglie

   

                                                                                                               65 CEI, Linee comuni per la vita dei nostri Seminari, Nota Comm. Ep. per il Clero, 25 aprile 1999.

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nasio Liceo “Giovanni Paolo II”, annesso al Seminario e legalmente riconosciuto, apprezzandolo per la qualità del suo progetto culturale e pedagogico e scegliendo di farlo frequentare ai propri ragazzi.

Il Seminario, infine, persegua e consolidi l’esperienza del cammino propedeutico all’ingresso nel Seminario Teologico, al fine di offrire ai giovani in ricerca una congrua esperienza di preparazione umana, spirituale e culturale.

Verso il Seminario Teologico

   

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4. LA VITA CONSACRATA “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!”

(Mt 19,21)

Cosmo Francesco Ruppi, Arcivescovo Una vera ricchezza

“Un folto studio di Religiosi e Religiose arricchisce la nostra Arcidiocesi, offrendo una moltitudine di servizi educativi, socio-assistenziali e pastorali di incalcolabile valore. A voi, Fratelli e Sorelle di vita consacrata, desidero rivolgere il mio particolare e grato saluto, esortandovi a camminare sempre più sulla via della santità. Lecce ha dato tante vocazioni religiose e tante ancora ne darà, se voi riuscirete a dare viva testimonianza della vostra santità e della vostra gioia. Ma voi cercate di inserirvi sempre più nella vita e nei programmi della nostra Chiesa locale”.66

Lettera pastorale Giovani, vocazioni e famiglia, 1990, p. 12.

   

                                                                                                               66 Bollettino Diocesano 1990, n. 2, p. 12.

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56. La vita consacrata, dono del Signore alla sua Chiesa

La Chiesa di Lecce considera le comunità religiose, presenti ed operanti in diocesi, di vita contemplativa e di vita attiva, e gli istituti secolari, una particolare e provvida fonte di ricchezza spirituale ed evangelica per il popolo di Dio e, per questo, loda e ringrazia il Signore.

I religiosi, infatti, accogliendo l’invito del Signore a consacrarsi, in pienezza e totale disponibilità a Dio e alla Chiesa, costituiscono un’eloquente testimonianza dei beni del Regno di Dio, elargiti da Cristo all’umanità ed un segno profetico della ricapitolazione di tutte le cose in Cristo.

Testimoni del Regno

Dobbiamo, perciò, tutti adoperarci perché nella nostra diocesi la vita consacrata sia meglio e più largamente conosciuta, apprezzata e proposta come scelta di vita, attraverso una specifica catechesi e altre iniziative, tese ad illustrare il carisma della vita consacrata nella Chiesa e nella società.

57. La vita consacrata nella comunione

ecclesiale

Accoglienza e proposta

In adesione alle indicazioni del Magistero, 67 si sviluppino più intensi rapporti di fraternità e di collaborazione tra le comunità di vita consacrata e la comunità diocesana.

I religiosi e le religiose sostengano, con lo spirito missionario che li contraddistingue e tenendo conto dell’originalità dei propri carismi, l’impegno della Chiesa

Comunione ecclesiale pastorale

   

                                                                                                               67 Conc. Ec. Vat. II, Christus Dominus, Decreto sull’ufficio pastorale dei Vescovi, nn. 34-35; S. Congregatio pro religiosis, Mutuae relationes, 1978; Conferenza Episcopale Pugliese, Consacrati, profeti nelle Chiese di Puglia, Nota pastorale, 2 febbraio 1999.

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di Lecce per la nuova evangelizzazione e assecondino tutte le iniziative pastorali proposte, per l’attuazione delle quali possono assolvere specifiche mansioni e offrire peculiari contributi.

In particolare, i consacrati offrano il loro aiuto di guide esperte di vita spirituale ai fedeli laici ed ai ministri sacri e diano altresì il loro contributo per le missioni popolari, la predicazione e l’animazione della cultura e dei mass media.

I laici, poi, non facciano mancare alle famiglie religiose l’apporto della loro condizione di secolarità, essendo essi a contatto con i problemi del mondo in cui vivono, mentre i ministri sacri, per parte loro, esercitino la carità pastorale anche verso i religiosi e le religiose.

La comunità diocesana valorizzi il servizio che le case religiose possono offrire come luoghi di irradiazione spirituale, nei quali poter vivere anche forti esperienze di fede e collabori attivamente con gli organismi federativi diocesani della vita consacrata (USMI e CISAI), inserendo religiosi e religiose negli organismi diocesani e parrocchiali di partecipazione.

58. Nuove forme di vita consacrata

Scambio di doni

La Chiesa di Lecce accoglie e incoraggia le nuove forme di vita consacrata, che lo Spirito suscita nella Chiesa e che esprimono modi diversi di incarnazione e di realizzazione della vita evangelica, in particolare, l’Ordo Virginum e l’Ordo Viduarum.

Vergine e Vedove

   

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PARTE TERZA            

LA CHIESA, POPOLO DI DIO RADUNATO DALL’UNITA’ DEL PADRE, DEL FIGLIO E DELLO SPIRITO SANTO

Tutti siano una sola cosa perché il mondo creda

(Gv 17,21)    

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 “Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Tutti i credenti stavano insieme. “La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola”.

(At 2,42-44; 4,32)

Conc. Ec. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, n.1 Sacramento di unità “La Chiesa è in Cristo come un sacramento o segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”.

   

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CAP. 1

LA CHIESA RADUNATA NEL “SEGNO DELL’UNITA’ E NEL VINCOLO DELLA CARITA’”

“Fate questo in memoria di me”. (Lc 22,19) Conc. Ec. Vat. II, Cost. Sacros. Conc. n. 102 L’anno liturgico, memoriale dei misteri della Redenzione “La santa Madre Chiesa considera suo dovere celebrare con santa memoria in giorni determinati nel corso dell’anno l’opera della salvezza del suo Sposo divino. Ogni settimana, nel giorno a cui ha dato il nome di “domenica”, fa la memoria della Risurrezione del Signore, che ogni anno, unitamente alla sua beata Passione, celebra a Pasqua, la più grande delle solennità. Nel corso dell’anno poi distribuisce tutto il mistero di Cristo, dall’Incarnazione e dalla Natività fino all’Ascensione, al giorno di Pentecoste e all’attesa della beata speranza e del ritorno del Signore. Ricordando in tal modo i misteri della Redenzione, essa apre ai fedeli le ricchezze delle azioni salvifiche e dei meriti del suo Signore, in modo tale da renderli come presenti a tutti i tempi, perché i fedeli possano venire a contatto ed essere ripieni della grazia della salvezza”. Giovanni Paolo II, Lecce 18 settembre 1994 L’Eucaristia, mistero d’amore “Sulla mensa eucaristica si rende nuovamente presente il sacrificio di Cristo, mistero d’amore, fulcro della vita di ogni credente e dell’intero popolo di Dio.

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L’Eucaristia è il dono supremo lasciatoci dal Salvatore; ad essa dobbiamo attingere come a sorgente di perenne salvezza. Ogni vostra liturgia, carissimi Fratelli e Sorelle, sia viva, attiva e partecipata, una liturgia legata alla vita, una liturgia che cambia la vita. Con tali sentimenti di rinnovato impegno evangelico e di intima conversione, apprestiamoci ad innalzare il calice della salvezza. Lo faremo allargando lo sguardo ai popoli di tutta la terra, consapevoli che il Sacrificio eucaristico è il vincolo saldo che affratella gli uomini, perché segno e strumento efficace dell’amore salvifico di Dio”.68

   

                                                                                                               68 Bollettino Diocesano 1994, n. 8, p. 19.

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1. IL MISTERO PASQUALE NEL TEMPO DELLA CHIESA: LA DOMENICA E’ L’ANNO LITURGICO

59. La domenica, giorno del Signore La domenica «è la Pasqua della settimana, in cui si

celebra la vittoria di Cristo sul peccato». «In questo giorno i fedeli devono riunirsi in assemblea per ascoltare la Parola di Dio e partecipare all’Eucaristia».69

Molti cristiani, purtroppo, trascurano di partecipare alla celebrazione del giorno del Signore e vivono la domenica come fine settimana, dedicata al sollievo dal lavoro, all’evasione e ad attività culturali, sportive e commerciali. Altri cristiani si limitano ad una partecipazione saltuaria, a volte passiva e frettolosa, alla Messa domenicale.70

In questo contesto, il recupero del senso cristiano della domenica va connesso con l’impegno della evangelizzazione di una fede, spesso superficiale, soggettiva e occasionale.

Recupero del senso cristiano della Domenica

E’ necessario, perciò, inculcare nei fedeli la convinzione che la domenica cristiana è un valore irrinunciabile 71 e pertanto devono viverla come il giorno del Signore, sentendo il bisogno e il dovere di incontrare, insieme e assiduamente, Gesù, che, affiancandosi al cam-

Valore irrinunciabile

   

                                                                                                               69 Conc. Ec. Vat. II, Sacrosanctum Concilium, Cost. sulla Sacra Liturgia, n. 106; Giovanni Paolo II, Dies Domini, Lett. Ap. sulla santificazione della Domenica, 31 maggio 1998, n. 1; CEI, Il giorno del Signore, Nota past. Ep. It. 15 luglio 1984. 70 G. Scarvaglieri, op. cit., pp. 280-287. 71 Dies Domini, doc. cit., nn. 2-7.

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mino della vita, spiega le Scritture e si dona a noi nello «spezzare il pane» come il Signore della vita (cfr. Lc 24, 32-35).

Questa educazione domenicale deve realizzarsi nelle varie forme della catechesi, innanzitutto nella stessa celebrazione liturgica festiva, che va vissuta come un momento formativo della fede e un dono di grazia, che dia senso e vigore alla vita di tutti i giorni.

60. La domenica, giorno della Chiesa

La dimensione comunitaria della Chiesa si manifesta e si attua concretamente nell’assemblea, convocata dallo Spirito per celebrare il Risorto: «Tra le numerose attività che una parrocchia svolge, nessuna è tanto vitale e formativa della comunità, quanto la celebrazione domenicale del giorno del Signore»72 che nella tradizione liturgica inizia già dai primi vespri del sabato.

Essa deve esprimere l’unità profonda, che fa di tutti un cuore solo ed un’anima sola, e fa che tutti possano essere conquistati dall’interiore e visibile armonia di chi condivide l’unica fede e siede intorno all’unica mensa.

Assemblea ecclesiale

La celebrazione della domenica, essendo per molti cristiani unico momento d’incontro con Dio e con i fratelli, va opportunamente preparata durante la settimana, con l’apporto dei ministri ordinati, dei religiosi e dei laici e va realizzata con accoglienza e fraternità,

Preparazione

   

                                                                                                               72 Ivi, n. 35.

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prima e dopo la Messa, favorendo il gioioso e amichevole incontro dei fedeli.

La famiglia, possibilmente, partecipi unita alla celebrazione della domenica, per manifestare e rinsaldare il vincolo dell’amore domestico e favorisca anche la presenza dei parenti anziani e dei disabili.

Va poi ricordato che la presenza di genitori insieme ai loro figli, è molto significativa, al fine di dare credibilità e forza al cammino di iniziazione cristiana e soprattutto per avvalorare l’intento di un concreto coinvolgimento delle famiglie nell’educazione dei figli.

Le famiglie

E’ necessario, infine, prolungare l’incontro eucaristico ed ecclesiale con il servizio di carità verso i fratelli, bisognosi di assistenza o di compagnia, e con altri momenti di preghiera comune, di riflessione, di testimonianza e di attività culturali e ricreative.

61. La domenica, giorno dell’uomo

La carità

La centralità della domenica nella vita dei cristiani, nel suo significato teologico e antropologico, comporta anche il riposo che va rispettato in tutti i suoi risvolti e va garantito a tutti perché la domenica sia veramente un giorno di festa, in cui soddisfare le esigenze religiose, familiari, culturali, interpersonali.

Nell’attuale società, spesso caratterizzata da un aumento del lavoro domenicale e festivo, la Chiesa di Lecce avverte, più che mai, il dovere di riaffermare il precetto di Dio e della Chiesa, sostenendo il valore umano e cristiano del riposo ed impegnando i cristiani a farsi portatori di una mentalità che consideri il giorno di festa e di riposo collettivo come un diritto di libertà dell’uomo, nella sua dimensione individuale, familiare e comunitaria.

Rispetto del riposo festivo

   

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62. L’anno liturgico, memoriale della storia della salvezza

Il memoriale del mistero di Cristo, che scandisce il

ritmo domenicale dell’anno liturgico, rende presente ed operante nella storia l’opera salvifica del Signore, innestando la vita della Chiesa e del cristiano nel flusso della grazia, che scaturisce dai divini misteri.

Purtroppo, però, anche nella nostra diocesi, in un contesto sempre più secolarizzato, pochi cristiani conoscono e vivono in questo spirito l’anno liturgico, anche perché in alcuni dei suoi momenti forti, quali il Natale e la Pasqua, si sono sovrapposti riti consumistici, che ne hanno snaturato il significato salvifico e spirituale.

Per questo, è quanto mai necessario che in ogni parrocchia l’anno liturgico sia programmato, celebrato e vissuto come un vero itinerario di fede, nel quale la vita cristiana trovi alimento e guida e l’intera comunità si inserisca in esso, con i suoi vari cammini di fede e le molteplici attività pastorali. Tale itinerario va presentato e proposto soprattutto in occasione dell’Avvento e della Quaresima e sia richiamato nel corso del suo svolgimento, all’interno di una catechesi permanente sulla teologia e sulla spiritualità dell’anno liturgico.

Il messaggio biblico dei Lezionari liturgici, particolarmente di quello domenicale, va proposto dai presbiteri al nostro popolo come una panoramica di tutta la Parola di Dio, basata sul criterio di un armonico sviluppo, in modo che sia di aiuto a percorrere l’itinerario dell’anno liturgico e a far comprendere ed accogliere i misteri della salvezza di Cristo e la missione della Chiesa.

Itinerario di fede

   

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La Liturgia delle Ore, che è un bene di tutta la Chiesa e non privilegio di alcuni, deve trovare più spazio nella vita della comunità cristiana e in quella personale, quale celebrazione del mistero di Cristo, che salva il tempo dal suo limite e lo rende tempo di lode.

Liturgia delle Ore

Le feste dei Santi e le devozioni della pietà popolare, infine, non devono essere sovrapposte al memoriale degli eventi salvifici di Cristo, oscurandone il valore e il significato, ma vanno collocate in data giusta, approvata dai competenti Uffici della Curia diocesana, preservando il carattere cristologico della domenica e rispettando il primato delle domeniche di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua.73

Feste dei Santi

   

                                                                                                               73 CEP, Le nostre feste, Nota pastorale sulle feste religiose popolari nelle Chiese di Puglia, 4 febbraio 1998, n. 3-4 (Bollettino Diocesano 1998, n. 2, p. 104).

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2. L’EUCARISTIA FA LA CHIESA: “UN SOLO PANE, UN SOLO CORPO” (1 Cor 10,17)

63. Il Mistero della fede Il Signore Gesù, istituendo nell’ultima Cena il

Sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, onde perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il Sacrificio della Croce, ha affidato alla sua diletta Sposa, la Chiesa, il memoriale della sua Morte e della sua Risurrezione quale «sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l’anima viene ricolmata di grazia e ci è dato il pegno della gloria futura».74

Per aiutare i fedeli a vivere la centralità dell’Eucaristia, la Chiesa di Lecce, in tutte le sue articolazioni, si impegna a offrire una sistematica catechesi eucaristica, che inizi dai misteri dell’anno liturgico, dai riti e dalle preghiere, per condurre i fedeli alla comprensione del mistero pasquale e a sviluppare, in un clima di gioia e di festa, il senso di appartenenza alla Chiesa, come luogo di fraternità, di condivisione, di gratuità offerta e ricevuta.

La Chiesa di Lecce si impegna, altresì, a educare alla preghiera pubblica, come esperienza di crescita nella interiore comunione col Padre, per mezzo del Figlio nello Spirito Santo e a formare operatori qualificati, capaci di iniziare il Popolo di Dio alla comprensione del mistero eucaristico (mistagoghi).

Centralità della Eucaristia

   

                                                                                                               74 Cfr. Sacrosanctum Concilium, doc. cit., n. 47.

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64. Il sacramento dell’unità e il vincolo della carità

L’Eucaristia edifica la Chiesa come Corpo di Cristo e manifesta la pienezza della comunione dei discepoli nell’unità della fede e nella indivisa carità, mentre l’assemblea eucaristica domenicale è convocazione del Signore, che riunisce i figli dispersi ed è segno della presenza reale di Cristo (Mt 18,20) e dell’unità di tutto il genere umano in Cristo Capo.75

Assemblea eucaristica

In tale prospettiva, ricordando sempre che la manifestazione principale della unità ecclesiale è data nella Eucaristia, presieduta dal Vescovo, specialmente nella chiesa cattedrale, se ne raccomanda vivamente la partecipazione, evitando, di norma, la contemporaneità di altre celebrazioni nelle chiese vicine.76

Eucaristia episcopale

Si inculchi nei fedeli il dovere di dare preminenza al vincolo della comunione parrocchiale, partecipando alla celebrazione comunitaria della Messa domenicale, in particolare, a quella che il parroco in ogni festività applica per tutta la parrocchia77 evitando, a tal fine, la divisione e la dispersione della comunità dei fedeli.78

Eucaristia parrocchiale

Per questo è necessario rivedere il numero e gli orari delle Messe festive e feriali, perché non siano fissate per comodità o per esigenze private, ma unicamente per la necessità della comunità, evitando la eccessiva proliferazione di Messe, che costituisce spesso un danno spirituale e fisico per gli stessi presbiteri.

Evitare la dispersione

   

                                                                                                               75 Cfr. Ivi, n. 7; S. Congregatio Rituum, Eucharisticum Mysterium, Istr. past. 25 maggio 1967, n. 16, 18; CEI, Eucaristia, comunione e comunità, doc. past. Ep. It. 22 maggio 1983. 76 Sacrosanctum Concilium, doc. cit., n. 41. 77 Ivi, n. 42; CJC can. 530, 7; 534. 78 Eucharisticum Mysterium, doc. cit., n. 17.

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A tale proposito, si ricorda che i presbiteri, eccettuati i casi previsti dal diritto, non possono binare nei giorni feriali o trinare nei giorni festivi, senza il permesso dell’Ordinario e sempre per giusta causa, ossia quando v’è scarsità di sacerdoti o una vera necessità pastorale, attenendosi, per quanto riguarda l’offerta, alle norme del diritto (CJC, cann. 905, 951) e a quanto stabilito dal Vescovo e dalla Conferenza Episcopale Pugliese.

Nei giorni festivi, inoltre, non si celebrino messe riservate a gruppi, associazioni o movimenti, salvo deroghe dell’Ordinario, mentre nelle Rettorie è consentita solo una messa festiva.79

Gruppi

L’orario delle messe deve essere coordinato tra parrocchie vicine e Rettorie, allo scopo di evitare sovrapposizioni e affollamenti nelle stesse ore.

Orario

Perché, infine, l’assemblea dei fedeli sia segno visibile dell’unità della Chiesa nella preghiera e sia attiva partecipazione, va posto in atto un idoneo servizio pastorale, volto a restituire all’assemblea il suo ruolo di soggetto celebrante e va curata l’accoglienza dei fedeli, con particolare premura verso i piccoli, i disabili, i migranti stranieri e i turisti.

65. La Mensa della Parola di Dio e del Corpo di

Cristo

Servizio pastorale

Nella consapevolezza che il popolo viene radunato per celebrare l’Alleanza, mediante la partecipazione alla duplice mensa della Parola di Dio e del Corpo di

Unità della duplice mensa

   

                                                                                                               79 Eucharisticum Mysterium, n. 27.

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Cristo, 80 la Chiesa di Lecce avverte il dovere i istruire i fedeli a partecipare a tutta intera la Messa, nella quale la Liturgia della Parola è inseparabilmente unita a quella eucaristica, sicché, ricevendo la Parola di Dio e nutriti di essa, siano guidati al rendimento di grazie e ad una fruttuosa partecipazione ai misteri della salvezza.81

A tale scopo, vanno messe in atto iniziative utili a preparare un’attenta, gioiosa e solenne celebrazione della Parola, facendo sì che la prece eucaristica sia veramente il centro della celebrazione e, ove è possibile, sia anche proclamata e sottolineata col canto nelle parti salienti.

Si esortino, inoltre, i fedeli a partecipare in modo pieno alla Messa, ricevendo sacramentalmente il Corpo del Signore, con le dovute disposizioni e si dia doverosa attenzione ai tempi di silenzio meditativo dopo la proclamazione della Parola e di ringraziamento dopo la Santa Comunione.

66. Il servizio della Eucaristia

Nella celebrazione eucaristica, i ministri ordinati esercitano il loro ruolo, proprio ed insostituibile, «agendo in persona di Cristo, ripresentano e applicano fino alla venuta del Signore l’unico sacrificio del Nuovo Testamento».82

Per questo, i ministri ordinati diano testimonianza di fede viva nel sacramento della pietà, con la preghiera prima e dopo la celebrazione e osservino, con diligenza

Ministri ordinati

   

                                                                                                               80 Ivi, n. 27. 81 Ivi, n. 10. 82 Lumen gentium, doc. cit., n. 28.

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e con fedeltà, le norme previste per il ruolo di presidente della sacra assemblea.

I presbiteri accolgano la richiesta dei fedeli di avere un ricordo particolare di preghiera per una determinata intenzione, attenendosi rigorosamente «graviter onerata conscientia», alle norme che regolano l’offerta per l’intenzione delle Messe e ricordando che non è consentito applicare la Messa secondo l’intenzione di più offerenti, se non con la previa autorizzazione dell’Ordinario, e solo nelle chiese parrocchiali o in quelle dei religiosi, in due giorni feriali prefissati, devolvendo alla cassa diocesana le offerte in più cumulate.83

Applicazione della Messa

Si ricorda altresì che il nome dei defunti va fatto nel rispetto scrupoloso delle norme del Messale Romano e non è mai consentito farlo nelle messe festive per intenzioni private.

Poiché, infine, l’Eucaristia è azione ecclesiale per eccellenza, nella sua celebrazione devono essere riconosciuti e promossi i vari servizi e ministeri, quali segni della ricchezza dei doni dello Spirito Santo per l’utilità comune, in modo che ognuno partecipi secondo la diversità degli stati e degli uffici, limitandosi a compiere ciò che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza.84

67. La conservazione dell’Eucaristia dopo la

Messa Ricordando che lo «scopo primario e originario

della conservazione dell’Eucaristia, fuori dalla Messa,

Nome dei Defunti Servizi e ministeri

   

                                                                                                               83 Congregazione del Clero, Decreto sulle Messe dette “plurintenzionali”, 22 febbraio 1991; Istruzione pastorale dell’Arcivescovo Cosmo Francesco Ruppi 1 ottobre 1991 (Bollettino Diocesano 1991, n. 5, pp. 49-58). 84 Sacrosanctum Concilium, doc. cit., n. 26, 28.

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è l’amministrazione del Viatico e, scopo secondario, la distribuzione della comunione e l’adorazione di N. S. Gesù Cristo, presente nel Sacramento»,85 i parroci e i ministri della S. Comunione provvedano, con sollecitudine, a recare agli ammalati gravi il conforto del sacro Viatico, portino agli infermi e agli anziani sofferenti la S. Comunione, soprattutto nel tempo pasquale e la domenica; e distribuiscano la Comunione fuori dalla Messa ai fedeli che la chiedono, con il Rito per una celebrazione comunitaria.

Per gli ammalati

Si promuova e si inculchi il culto della S. Eucaristia, con la devozione pubblica e privata verso il SS. Sacramento, tenendo conto dei tempi liturgici e curando l’esposizione eucaristica solenne, ogni anno o anche in circostanze straordinarie, per un certo tempo prolungato (per esempio le Quarantore) e facendo, una volta alla settimana, un’ora di adorazione comunitaria, al posto della Messa.

Culto Pubblico e privato

La processione del Corpus Domini (o altra straordinaria), come pubblica testimonianza di fede, si svolga con la massima dignità, facendola precedere da giornate e ore di adorazione e coinvolgendo tutte le componenti della comunità parrocchiale, con l’ascolto della Parola di Dio, preghiere e canti.

Processioni eucaristiche

   

                                                                                                               85 CEI, Rito della Comunione fuori della Messa e Culto Eucaristico, 1979, Istr. Gen. n. 5.

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CAP. 2

LA CHIESA ORANTE: ADORATORI IN SPIRITO E VERITA’ (Gv 4, 24)

“Siate ricolmi dello Spirito, intrattenendovi tra di voi con salmi, inni, canti ispirati, cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo”.

(Ef 5,18-20)

Conc. Ec. Vat. II, Cost. Sacr. Conc. n. 7 La liturgia, opera di Cristo e della Chiesa “In quest’opera così grande, con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a sé la Chiesa, sua Sposa amatissima, la quale prega il suo Signore e per mezzo di lui rende il culto all’Eterno Padre. Giustamente perciò la Liturgia è ritenuta come l’esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo; in essa, per mezzo di segni sensibili, viene significata e, in modo ad essi proprio, realizzata la santificazione dell’uomo, e viene esercitato dal Corpo Mistico di Gesù Cristo, cioè dal Capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale”.

Paolo VI, Es. Ap. Evangelii nuntiandi, 1975, n.48 La pietà popolare “La religiosità popolare, si può dire, ha certamente i suoi limiti. E’ frequentemente aperta alla penetrazione di molte deformazioni della religione, anzi di superstizioni. Resta spesso a livello di manifestazioni culturali senza impegnare una autentica adesione di fede.

 

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Ma se è ben orientata, soprattutto mediante una pedagogia di evangelizzazione, è ricca di valori. Essa manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere; rende capaci di generosità e di sacrificio fino all’eroismo, quando si tratta di manifestare la fede; comporta un senso acuto degli attributi profondi di Dio: la paternità, la provvidenza, la preghiera amorosa e costante; genera atteggiamenti interiori raramente osservati altrove al medesimo grado; pazienza, senso della croce nella vita quotidiana, distacco, apertura agli altri, devozione. La carità pastorale deve suggerire a tutti quelli, che il Signore ha posto come capi di comunità ecclesiali, le norme di comportamento nei confronti di questa realtà, così ricca e insieme così vulnerabile. Ben orientata, questa religiosità popolare può essere sempre più, per le nostre masse popolari, un vero incontro con Dio in Gesù Cristo”.

   

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1. LA LITURGIA, AZIONE DI CRISTO E DELLA CHIESA

68. La celebrazione ecclesiale del mistero di salvezza

L’opera della redenzione umana e della perfetta

glorificazione di Dio è compiuta da Cristo Signore, per mezzo del mistero pasquale della sua beata Passione, Risurrezione e gloriosa Ascensione.

Per comunicare la salvezza, Cristo associa a sé la sua Chiesa, si rende presente in essa in modo speciale nelle azioni liturgiche; e per mezzo dei santi segni manifesta e realizza la santificazione dell’uomo, esercitando il culto di azione di grazie e di lode all’eterno Padre.86

Nel convincimento che la Liturgia è fonte e culmine dell’azione di Cristo e della Chiesa, la nostra diocesi deve impegnarsi sempre di più per far conoscere e vivere la Liturgia.

A tale scopo, è necessario aiutare i fedeli perché vivano la liturgia come evento di salvezza nell’incontro con il Cristo Risorto, accogliendo il dono della sua Parola e del suo Spirito, in rendimento di grazie e di offerta della vita filiale nella fedeltà e nell’amore, promuovendo con ogni mezzo, la partecipazione attiva e consapevole, al mistero liturgico, cui il popolo sacerdotale ha diritto e dovere, in forza del Battesimo.87

Conoscere e vivere la liturgia Partecipazione attiva

Le celebrazioni liturgiche vanno inoltre considerate come azioni della Chiesa, e non come azioni private e,

Azione della Chiesa

   

                                                                                                               86 Sacrosanctum Concilium, doc. cit., n. 5,7. 87 Ivi, n. 14

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pertanto, la comunità ecclesiale ne è destinataria e protagonista, poiché nell’azione liturgica esprime ed edifica se stessa, progredendo sempre più nella via della santificazione.

Si eviti, perciò, nelle celebrazioni liturgiche ogni preferenza di persone, salvo il rispetto dovuto alle Autorità civili, che partecipano come rappresentanti della comunità e l’attenzione ai malati e portatori di handicap.

69. La pastorale liturgica

Bisogna tenere conto delle risultanze della ricerca socio-pastorale, che ha preparato la celebrazione del Sinodo Diocesano, 88 da cui emerge che anche nella nostra diocesi, vi sono non pochi limiti nella pratica liturgico-sacramentale, che provengono dalla povertà della fede, da una concezione tradizionale ed emotiva della esperienza rituale, dalla separazione tra celebrazione e vita, dalla tendenza alla privatizzazione dell’evento sacramentale e, infine, dalla riduzione all’età infantile dei sacramenti dell’iniziazione cristiana.

Dinanzi al rischio dell’appiattimento abitudinario e alla persistenza di assemblee, non sempre aperte all’attiva partecipazione, emerge perciò il bisogno di verificare periodicamente la prassi celebrativa delle nostre comunità, procedendo con la guida dell’Ufficio liturgico diocesano ad una sempre più allargata e organica partecipazione liturgica.89

Verifica

a) A tale scopo, la comunità elabori una seria programmazione liturgica, inserendola nel progetto pasto-

Programmazione

   

                                                                                                               88 Scarvaglieri, La religione nella società, op. cit., cap. VI. 89 Cfr. CEI, Il rinnovamento liturgico in Italia, Nota pastorale a vent’anni dalla Cost. Sacrosanctum Concilium, 1983.

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rale diocesano e parrocchiale, allo scopo di educare i fedeli ad una corretta ed equilibrata comprensione dei segni e dei simboli liturgici, e guidarli ad accogliere lo stile comunicativo di Dio.

b) E’ necessario, altresì, adeguare i riti liturgici alla vita, alla cultura, al linguaggio della comunità, in modo che la liturgia non sia disincarnata dalla vita dell’uomo ma faccia percepire la salvezza di Cristo nella storia e nella cultura dell’uomo dei nostri tempi.

A questo gioverà lo studio assiduo delle Introduzioni o Premesse dei Libri liturgici, per trarre una sintesi operativa tra fedeltà alle norme rituali, valide per tutti, ed esigenze concrete della assemblea celebrante, evitando, al tempo stesso, gli estremi di una creatività soggettiva e fantasiosa o di una pigrizia ripiegata nella osservanza letterale e pedissequa della ritualità.

Adattamento

c) I ministri ordinati, inoltre, con opportune forme di aggiornamento, siano stimolati a conoscere e a realizzare la liturgia nella molteplicità delle sue forme celebrative e ad acquisire una maggiore competenza nell’arte del celebrare.

Si dia particolare attenzione alla formazione permanente dei ministri istituiti e degli operatori di pastorale liturgica, in modo che il loro servizio rispetti il mistero celebrato ed aiuti la comunità a viverlo in maniera viva ed efficace, e si educhi la comunità cristiana a comprendere e vivere la liturgia nelle sue diverse forme celebrative, nella ricchezza del linguaggio, dei segni e dei simboli.

La parrocchia, infine, deve far sì che ogni celebrazione diventi, attraverso equilibrati interventi e opportune proposte dei ministri e degli operatori della pasto-

Formazione

   

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rale liturgica, dono di grazia e progressivo approfondimento del mistero di Cristo e della Chiesa.

70. La ministerialità liturgica Nella celebrazione liturgica grande importanza

riveste il ruolo della ministerialità ordinata, istituita e di fatto.

a) Poiché, fra i ministeri liturgici, al primo posto è quello della presidenza, è necessario che il ministro ordinato abbia la consapevolezza di dover essere davanti all’assemblea trasparenza luminosa e servo umile di Cristo Maestro, Sacerdote, Pastore, celebrando con fede e pietà, e con il decoro dello stile celebrativo.

Ricordi poi che, esercitando l’ufficio di presidente nel nome di Cristo (Rm 12,8), egli svolge un ministero di comunione, per associare sempre più intimamente la Chiesa all’opera sacerdotale di Cristo e, pertanto, egli è il primo responsabile della celebrazione, sia nella preparazione, che nello svolgimento.

I diaconi, accanto al Vescovo o ai presbiteri, devono essere promotori della diaconia della Chiesa nel servizio liturgico, nella proclamazione della Parola e nella comunione di carità.

Presidenza

b) Un particolare ruolo svolgono i ministri istituiti Lettori ed Accoliti, essendo, i primi, deputati al servizio delle letture, da proclamare con fede e competenza, e alla promozione del cammino biblico-liturgico della comunità; i secondi, preposti alla cura della molteplice ministerialità nell’area dell’altare, dell’aula assembleare e della carità.

Ministeri istituiti

c) In ogni comunità si costituisca il gruppo o commissione liturgica, che, sotto la guida del parroco, con

Gruppo liturgico

   

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la collaborazione del diacono o dell’accolito, promuova e coordini la pastorale liturgica.

Alla ministerialità liturgica, però, vanno avviati altri fedeli, adulti e giovani, in modo che prestino la loro opera con competenza, fede e pietà, ma è anche opportuno che al ruolo di ministranti siano anche avviati fanciulli e ragazzi, con idonea preparazione.

Ministeri di fatto

   

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2. PREGHIERA, PIETA’ E FESTE RELIGIOSE POPOLARI

LA PREGHIERA

71. Educare alla preghiera

Ogni parrocchia sia impegnata ad aiutare i fedeli a riscoprire la necessità, oltre che della preghiera liturgica, anche di quella privata, personale e comunitaria, secondo il comando del Signore di «pregare sempre, senza stancarsi mai» (Lc 18,1; Mt 6,5-6).

L’iniziazione alla preghiera conduca i fedeli a superare la dimensione individualista, ripiegata sulla preghiera di domanda, per aprirsi al dialogo con il Padre Celeste per mezzo del Figlio suo Gesù Cristo nella preghiera di lode, adorazione, ringraziamento, invocazione di perdono e di grazia; ed anche a uscire dall’intimismo, pregando nella comunione dell’unico Spirito da figli e fratelli, come Gesù ci ha insegnato (Mt 6,7-12).

Necessità della Preghiera privata

La prima scuola di preghiera sia la famiglia «santuario di Dio». Sposi e figli esprimano nella preghiera domestica la comunione di fede e di amore; ad essa attingano la grazia feconda della vera vita; la pratichino nei momenti salienti della giornata (al mattino, a sera e nei pasti) e nelle circostanze più significative della vita familiare e dell’anno liturgico.90

In famiglia

La comunità, inoltre, poiché pregare non significa soltanto dire preghiere, deve educare, fin dalla iniziazione cristiana, alla preghiera di “ascolto”, affinché i

Ascolto di Dio

   

                                                                                                               90 Cfr. CEI, La famiglia in preghiera, Sussidio per pregare, Roma 1994; Catechismo, Lasciate che i bambini vengano a me, 1992, p. 141 ss.

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fedeli comprendano che, prima di parlare a Dio, è essenziale far parlare Dio e nell’ascolto della sua Parola riconoscano il disegno della sua volontà di sapienza e di amore (cfr. 1 Sam 3,10; Mt 7,21-27; Lc 11,28).

Così, dalla preghiera assidua e dall’ascolto della voce del Signore, i fedeli saranno sospinti a fare della preghiera non soltanto una “devozione”, ma una sorgente di vita cristiana nella incessante conversione alla osservanza della Parola, alla testimonianza e al servizio.

Infine, la parrocchia guidi i fedeli a vivere la preghiera come perno della vita spirituale e della propria santificazione, fino a sperimentare la via della contemplazione nella meditazione personale, nella Lectio divina, nelle esperienze di ritiri ed esercizi spirituali ed altro, secondo la sapiente creatività dello Spirito.

72. La preghiera di benedizione

Si diffonda nella comunità e nella stessa famiglia la preghiera di Benedizione, con cui si benedice Dio e a Dio si chiede di benedire le persone, i luoghi, i segni sacri e tutte le altre realtà, valorizzando il nuovo Benedizionale, non solo come fatto rituale, ma anche come occasione propizia, per recuperare il senso religioso della realtà ambientale e cosmica, e fare una appropriata catechesi in situazioni e ambienti, non raggiunti dalla pastorale ordinaria.91

Valore pastorale

   

                                                                                                               91 CEI, Benedizionale, Roma 1992, Presentazione n. 6.

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LA PIETA’ E LE FESTE RELIGIOSE POPOLARI

73. Importanza della pietà popolare La pietà popolare è una delle vie della nuova

evangelizzazione, è «vera espressione dell’anima di un popolo, toccata dalla grazia e forgiata dall’incontro felice tra l’opera di evangelizzazione e la cultura locale» ed è altresì espressione di valori, che rispondono ai grandi interrogativi dell’esistenza.92

La Chiesa di Lecce, consapevole di avere una lunga e antica tradizione di religiosità popolare, che ne ha formato e guidato la vita nel corso dei secoli, deve prendere coscienza anche degli errori e del degrado, cui spesso, essa è andata incontro nel corso degli anni, con usi e abusi, non sempre in linea con le norme liturgiche, né sempre espressioni di fede vera.

E’ perciò necessario approfondire la conoscenza del fenomeno, per poterne dare una corretta lettura e una adeguata interpretazione e procedere ad un prudente ed ecclesiale discernimento, per purificare la pietà popolare dai suoi aspetti negativi ed anacronistici, accogliendo e consolidando ciò che vi è di positivo, valido e attuale e orientando verso una piena adesione al Vangelo di Cristo, un’intensa comunione ecclesiale e una generosa apertura alla solidarietà verso i poveri e i sofferenti.

Discernimento

La pietà popolare va, pertanto, valorizzata e inserita nel progetto diocesano e parrocchiale, in modo che i

Valorizzazione

   

                                                                                                               92 Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi di Puglia e Basilicata, 1998; CELAM, 3° Conferenza Generale, Puebla, 1979; Ufficio Liturgico Diocesano, Lecce, Orientamenti pastorali circa la pietà popolare, Bollettino Diocesano 1980, n. 1, p. 28-32.

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ricchi valori, di cui è portatrice, siano illuminati e nutriti dalla Parola di Dio, utilizzando allo scopo i Lezionari liturgici «come fonte di ispirazione per l’evangelizzazione e la catechesi del popolo».93

La pietà popolare, inoltre, deve essere orientata alla Liturgia come a suo culmine e deve armonizzarsi con essa nei modi e nei tempi di celebrazione.94

Vanno, infine, incoraggiate forme di pietà popolare più consone alla cultura e al linguaggio contemporaneo, accogliendo nuove proposte, con particolare attenzione a quelle provenienti dal mondo giovanile.

74. Il culto della Beata Vergine Maria e dei

Santi

La venerazione della Beata Vergine Maria e dei Santi va orientata a Cristo e al suo mistero di salvezza; 95 e va anche rispettato il giorno della celebrazione, fissato nel Calendario liturgico universale e diocesano.96

Si metta inoltre in rilievo il particolare carisma dei Santi, la loro spiritualità, come proposta attuale di vita cristiana e di servizio alla comunità, e, nei limiti delle norme, si dia spazio alla celebrazione dei Beati e dei Santi della Chiesa locale e a quelli più vicini alla mentalità contemporanea.

Giorno della celebrazione

Le immagini della Vergine e dei Santi siano sapientemente valorizzate, evitando esagerazioni ed abusi nei

Immagini

   

                                                                                                               93 CEP, Le nostre feste, doc. cit. n. 3, 1-2. 94 Sacrosanctum Concilium, doc. cit., n. 13; Paolo VI, Esort. ap. Marialis Cultus, 2 febbraio 1974, n. 31; Le nostre feste, doc. cit., n. 3,3. 95 Catechismo della Chiesa Cattolica, Roma 1992, nn. 1172-1173. 96 Le nostre feste, doc. cit., n. 3-4; Calendario Liturgico proprio della Diocesi di Lecce, 29 giugno 1974, in Bollettino Diocesano 1974, n. 5.

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modi della venerazione ed eccessi nel numero e nella ornamentazione e non siano esposte al culto nuove immagini, senza l’approvazione dell’Ordinario.

Le processioni, infine, che devono essere sempre autorizzate dall’Ordinario97 e dalla competente autorità civile, e conservate soprattutto quando c’è grande concorso di popolo, devono svolgersi come vero pellegrinaggio di fede, con canti, brani biblici e preghiere, evitando la commistione con realtà profane, come ad es. chiedere offerte durante la processione o farla sostare in vista di fuochi d’artificio, ecc.

75. Valore ed ecclesialità delle feste religiose

popolari La pietà popolare si esprime spesso anche nella

forma della festa: «Il popolo che festeggia Gesù Cristo, la Vergine Maria e i Santi si raccoglie intorno ad autentici modelli di vita e viene aiutato a costruire la sua unità sulla base di quei valori che, radicati nella sua storia, ne costituiscono la vera forza unificante sul piano culturale e sociale».98

Processioni

Poiché le feste religiose sono manifestazioni ecclesiali, vanno promosse e gestite in tutti gli aspetti dalla comunità ecclesiale, che deve vigilare per evitare la strumentalizzazione di poteri individuali, commerciali e politici.

Gestione ecclesiale

Tenendo poi conto che la moltiplicazione delle feste non consente una adeguata preparazione e sottopone la

Evitare la molteplicità

   

                                                                                                               97 CSC, can.944,2. 98 Le nostre feste, doc. cit., n. 1.

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comunità ad una assillante richiesta di offerte e conseguente sperpero di denaro, si proceda a una sostanziale ridimensionamento delle feste religiose popolari, dando netta prevalenza alla festa del santo patrono, alla quale «non è consentito omologare tutte le altre feste parrocchiali e confraternali».99

Si ricordi, inoltre, che «nessuna nuova festa esterna può essere istituita, senza il consenso scritto dell’Ordinario diocesano» 100 e che i Comitati delle feste, debitamente approvati dall’Ordinario diocesano, devono essere composti da fedeli laici esemplari e devono operare in stretto collegamento con i Consigli pastorali parrocchiali 101 e d’intesa con le Istituzioni pubbliche.

76. La celebrazione delle feste religiose popolari Le feste religiose popolari, pur celebrate con gli

elementi propri della tradizione, devono essere impostate come un momento forte di evangelizzazione, di comunione e di solidarietà, che irradi all’esterno i valori autentici ed essenziali della esperienza cristiana.102

Comitati

Il programma, preventivamente sottoposto all’approvazione dell’Ordinario, deve perciò prevedere un apparato esteriore sobrio e dignitoso, evitando gli eccessi di esteriorità e la introduzione di elementi culturali ambigui o contrastanti.103

Programma

   

                                                                                                               99 Ivi, n. 4.5. 100 Ivi, n. 4.7. 101 Ivi, n. 4.8. 102 Ivi, n. 2.3; 4.1. 103 Ivi n. 4.4.

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Perché la festa sia anche luogo della carità, vanno evitati gli sprechi offensivi del povero Lazzaro che è sempre alla nostra porta (Lc 16,20), e vanno programmati gesti significativi e concreti di solidarietà e di condivisione, non dimenticando anche il contributo per le opere diocesane e parrocchiali.104

La gestione economica delle feste, infine, sia sempre ispirata a norme di limpida trasparenza; le questue devono essere autorizzate, per iscritto, dall’Ordinario e solo quella per la festa patronale può essere estesa a tutta la popolazione. Al termine della festa, è d’obbligo presentare alla Curia il bilancio consuntivo, dandone anche conto al Consiglio pastorale parrocchiale.105

Carità

   

                                                                                                               104 Ivi, n. 4.2; 3-9. 105 Ivi, n. 4.5-6-9; CSC. can. 1265.

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3. BELLEZZA E MEMORIA A LODE DI DIO

77. Canto e musica nella liturgia Il canto e la musica sacra sono parte integrante

della liturgia e svolgono un compito ministeriale, a servizio del mistero celebrato e della assemblea celebrante, nella diversità dei compiti rituali e nella coralità unanime e gioiosa della partecipazione.106

L’Ufficio liturgico diocesano ha il compito di far conoscere i criteri liturgici, che guidano il corretto e appropriato adempimento del servizio musicale, aggiornare i sacri ministri, formare gli operatori musicali al servizio liturgico diocesano e parrocchiale.

Formazione

Deve inoltre curare l’adozione e l’aggiornamento del repertorio diocesano dei canti liturgici, recependo le indicazioni del Repertorio della CEI, sicché la scelta dei canti non sia determinata dall’arbitrio soggettivo, ma guidata dal discernimento ecclesiale sulla idoneità di contenuto e funzionalità liturgica e sulla dignità di forma letteraria e di arte musicale.

Repertorio

Le singole comunità, poi, faranno sì che nel gruppo liturgico siano presenti esperti in canto e musica, che favoriscano, specie nelle messe festive, il canto della intera assemblea, soprattutto nelle parti che le sono proprie e che non devono esserle sottratte, incoraggiando altresì la formazione di scholae cantorum e la presenza di animatori di assemblea e salmisti.

Servizio

   

                                                                                                               106 Sacrosanctum Concilium, doc. cit., nn. 112-113; Messale Romano, Principi e norme, n. 19.

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Si dia, infine, doverosa attenzione agli strumenti musicali, soprattutto all’organo, e si accolgano nelle chiese concerti e rappresentazioni sacre, secondo le disposizioni canoniche,107 evitando però di trasformare le chiese in sale di concerto.

78. Arte sacra e beni culturali

Strumenti musicali

La Chiesa ha sempre ricercato e favorito il servizio dell’arte di ogni tempo e di ogni cultura, affinché lo spazio liturgico, i santi segni e la sacra suppellettile, funzionali alla celebrazione del Mistero salvifico di Cristo e alla edificazione della comunità, siano realizzati come riflesso della divina bellezza e possano contribuire efficacemente ad elevare la mente degli uomini a Dio.108

La nostra diocesi vanta, al riguardo, il privilegio di avere un cospicuo patrimonio di chiese, opere d’arte e suppellettili sacre di insigne valore, tra cui emergono i tanti monumenti in stile Barocco, recentemente restaurati e riportati al loro antico splendore. Anche i paesi e le parrocchie di più antica data, insieme alla città di Lecce, sono dotati di altari, immagini e opere di pregevole fattura, che sono oggetto di studio e di visita da parte di pellegrini e turisti.

Questo patrimonio deve essere conservato e valorizzato con grande cura e offerto alla fruizione dei fedeli, visitatori e turisti.

Coniugare culto e arte

   

                                                                                                               107 Congregazione per il culto divino, Lettera del 5 novembre 1987 (cfr. Bollettino Diocesano 1992, n. 2, p . 87). 108 Sacrosanctum Concilium, doc. cit., nn. 122-124; Messale Romano, Principi e norme, n. 254; CJC can. 1216; Spirito creatore, Proposte e suggerimenti per promuovere la pastorale degli artisti e dell’arte, Ufficio CEI per i beni culturali ecclesiastici, 30 novembre 1997.

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a) La vigilanza e valorizzazione dei beni culturali è esercitata dall’Ufficio e dalla Commissione diocesana per i beni culturali e l’arte sacra, di cui il Vescovo si avvale nel compito di coordinare, disciplinare e promuovere quanto attiene ai beni culturali ecclesiastici e all’arte sacra.109

Tali organismi hanno il compito di far conoscere al clero e ai fedeli le norme e gli orientamenti ecclesiastici e civili in materia e di instaurare un dialogo con gli artisti e tecnici, favorendo la cultura della conservazione e del recupero e vigilando assiduamente sull’intero comparto dei beni culturali, mobili ed immobili.

Commissione Diocesana per i beni culturali e l’arte sacra

b) I responsabili degli enti ecclesiastici hanno il dovere di provvedere con diligenza alla custodia, sicurezza e valorizzazione dei beni artistici e culturali di propria pertinenza, di curare e aggiornare l’inventario dei beni artistici, mobili e immobili, a norma del CJC can. 1283, par. 2-3, e delle direttive della CEI.

Quando mancano i sistemi di sicurezza, allo scopo di assicurare la loro conservazione e la maggiore fruibilità, i beni culturali vanno affidati al Museo e all’Archivio storico diocesano.

Essi, inoltre, non possono essere alienati, né dati in prestito per mostre, senza la dovuta autorizzazione ecclesiastica e civile.

Conservazione Inventario

c) Quanto poi al restauro di detti beni, si ricordi che esso deve essere finalizzato alla loro fruibilità liturgica o devozionale e dev’essere, inoltre, sempre autorizzato

Progettazione e restauro

   

                                                                                                               109 CEI, I beni culturali della Chiesa in Italia, 1992, n. 4.

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e approvato dall’Ordinario diocesano e dalle ocmpetenti autorità, nel rispetto della Intesa tra la CEI e lo Stato Italiano.

L’adeguamento liturgico e funzionale, la progettazione di nuove chiese, l’arredamento iconografico, devozionale e decorativo siano compiuti tenendo conto delle norme liturgiche e dignità artistica, con l’approvazione scritta dell’Ordinario, al quale va sottoposto ogni progetto, previo esame della Commissione diocesana di arte sacra.

   

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CAP. 3

LA CHIESA, FAMIGLIA DI DIO, EDIFICATA SUL FONDAMENTO DEGLI APOSTOLI

(Ef 2,19-20)

“Paolo, Silvano e Timoteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre nostro e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo. Dobbiamo sempre rendere grazie a Dio per voi, fratelli, come è giusto, perché la vostra fede fa grandi progressi e l’amore di ciascuno di voi verso gli altri va crescendo. Per questo preghiamo continuamente per voi, perché il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e con la sua potenza porti a compimento ogni proposito di bene e l’opera della vostra fede; perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo”. (2 Tess 1,1-3,11-12)

Conc. Ec. Vat. II, Decr. Ad gentes n. 19 Comunità viventi della fede, della liturgia, della carità “La vita del Popolo di Dio deve giungere a maturità in tutti i campi della vita cristiana, da rinnovare secondo le norme di questo Concilio: ed ecco i gruppi di fedeli con crescente consapevolezza si fanno comunità viventi della fede, della liturgia e della carità; i laici, con la loro attività, che è a un tempo civica ed apostolica, si sforzano di instaurare nella città terrena l’ordine secondo giustizia e carità; l’uso dei mezzi di comunicazione sociale è ispirato a criteri di opportunità e prudenza; le famiglie, praticando la vera cita cristiana, diventano fonte dell’apostolato dei laici e vivaio di vocazioni sacerdotali e religiose. La fede infine è oggetto di insegnamento catechistico appropriato, trova la sua espressione in una Liturgia rispondente all’indole del popolo”.

   

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Cosmo Francesco Ruppi, Arcivescovo Vitalità della Parrocchia

“Qualche anno fa alcuni studiosi avevano sentenziato che la parrocchia si avviava ormai alla sua fine, ma si erano sbagliati! Non solo la parrocchia non è invecchiata, ma oggi, nella stragrande maggioranza dei paesi, e ancora di più nelle nostre zone, ha rivelato la sua vitalità e giovinezza. Anzi, come aveva insegnato Paolo VI, la parrocchia ha una missione indispensabile e di grande vitalità; ad essa spetta creare la prima comunità del popolo cristiano; ad essa iniziare e raccogliere il popolo nella normale espressione della vita liturgica; ad essa conservare e ravvivare la fede nella gente d’oggi; ad essa fornire la scuola della dottrina salvatrice di Cristo; ad essa praticare nel sentimento e nell’opera l’umile carità delle opere buone e fraterne (Paolo VI, 24-6-1963). Per svolgere tali compiti la parrocchia deve essere non solo al centro della vita e degli interessi dei fedeli, ma deve stare nel cuore di ciascuno di essi. La parrocchia, in parole semplici, non appartiene solo al parroco o ai suoi più stretti collaboratori, ma appartiene a tutti i battezzati, a ciascuno di voi, Fratelli e Sorelle. Voi, cioè, non siete solo destinatari dell’azione pastorale del parroco, ma siete e dovete essere i protagonisti dell’impegno pastorale quotidiano. La parrocchia – insegna il Concilio – offre un luminoso esempio di apostolato comunitario, fondendo insieme tutte le differenze umane che vi si trovano e inserendole nella universalità della Chiesa (A.A.1)”.110

Lettera pastorale Giovani, vocazioni e famiglia, 1990, p. 19

   

                                                                                                               110 Bollettino Diocesano 1990, n. 2, p. 19.

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1. LA DIOCESI E LA CURIA VESCOVILE

79. La diocesi, Chiesa di Dio in Lecce La diocesi di Lecce «è una porzione del popolo di

Dio affidata alle cure pastorali del Vescovo, coadiuvato dal suo presbiterio, in modo che, aderendo al suo pastore, e, per mezzo del Vangelo e della SS. Eucaristia, unita nello Spirito Santo, costituisca una chiesa particolare nella quale è presente e opera la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica».111

Va superata perciò la concezione di una diocesanità come pura appartenenza territoriale, facendo riscoprire la diocesi come il luogo e il tempo, in cui si manifesta e si realizza la presenza di Cristo e della Chiesa e incoraggiando i fedeli a partecipare attivamente alla vita e alla missione della comunità diocesana.

Comunione diocesana

Il Vescovo è il principio visibile e il fondamento dell’unità e ha il compito di coordinare e guidare l’intera azione pastorale diocesana, così da rendere ancora più manifesta l’unità della Chiesa.

Membro del Collegio apostolico, egli, in piena adesione alla Cattedra di Pietro (cum Petro et sub Petro) rende visibile il Cristo-Capo, collega la Chiesa locale con la Chiesa universale e guida il cammino del Popolo di Dio con piena fedeltà alla Tradizione, più che millenaria, dei Vescovi, che hanno onorato la Chiesa di Lecce.

Il Vescovo

Con la guida del Vescovo e sotto l’azione dello Spirito Santo, la diocesi di Lecce deve aprirsi sempre di

Comunione cattolica

   

                                                                                                               111 Lumen gentium, doc. cit., n. 26; Christus Dominus, doc. cit., n. 11; CJC. can. 369; CEI, Comunione e comunità, doc. cit., n. 39-41.

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più alla comunione con la Chiesa universale, tenendo ben presente che le chiese particolari costituiscono l’una e l’unica Chiesa cattolica, 112 guidata dal Papa Vicario di Cristo.

80. La Curia Vescovile Per il governo e la guida della diocesi, il Vescovo

si avvale della collaborazione di organismi e persone, che costituiscono la Curia Metropolitana e lo aiutano nel dirigere l’attività pastorale, curare l’amministrazione della diocesi ed esercitare la potestà giudiziaria (CJC can. 469).

Il Vescovo presiede alla Curia con potestà piena e suprema (CJC cann. 381, 391); con lui collaborano il Vicario generale con potestà ordinaria generale, i Vicari episcopali con potestà ordinaria circoscritta, il Vicario giudiziale, il Cancelliere, l’Economo, il Segretario di Curia e i Responsabili dei diversi uffici con i loro collaboratori.

Collaboratori del Vescovo

Il Vicario Generale è anche moderatore di Curia ed ha il compito di coordinare l’attività pastorale e di curare che gli addetti alla Curia svolgano fedelmente l’ufficio loro affidato (CJC can. 372, 2-3).

Moderatore di Curia

Il servizio curiale è una vera e significativa forma di ministero pastorale, da svolgere in piena comunione con il Vescovo, in fedele attuazione delle sue direttive pastorali e con spirito di servizio, di dialogo e di collaborazione.

I ministri ordinati, incaricati di servizi curiali ritenuti prioritari, siano, possibilmente, liberi da altri gra-

Servizio curiale

   

                                                                                                               112 Lumen gentium, doc. cit., n. 23.

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vosi impegni pastorali; in segno di più piena partecipazione ecclesiale si valorizzi la collaborazione dei laici.

L’attività della Curia di Lecce si svolge secondo il Regolamento, approvato il 22 febbraio 1998.113

81. Gli organi diocesani di partecipazione Organi collegiali di partecipazione al governo e

all’azione pastorale sono: il Consiglio episcopale (CJC. can. 473,3), il Consiglio presbiterale (can. 495-500), il Collegio dei consultori (can. 502), il Consiglio pastorale diocesano (cann. 511-514), il Consiglio per gli affari economici (can. 492), il gruppo dei parroci consultori (can. 1742, 1750).

La loro molteplicità e complessità è uno strumento efficace per far parlare, a più voci, la comunità diocesana e attuare la corresponsabilità, ma va evitato il rischio di un appesantimento dell’azione pastorale o della riduzione degli organi collegiali a mera partecipazione formale.

E’ opportuno, perciò, specificare bene i singoli organismi, programmando e coordinando gli incontri, quando si tratta di temi comuni, e sviluppando lo spirito e lo stile della sinodalità.

Molteplicità e complessità

Il Consiglio presbiterale, in quanto rappresentativo dell’intero presbiterio diocesano, deve esprimere e realizzare la comunione dei presbiteri con il Vescovo e tra di loro, al fine di prestare una concreta cooperazione al governo della diocesi.

Il Consiglio pastorale diocesano, rappresentativo di tutto il popolo di Dio, deve aiutare il Vescovo nella progettazione e programmazione della pastorale dioce-

Consigli presbiterale, pastorale e per gli affari economici

   

                                                                                                               113 Bollettino Diocesano 1998, n. 2, p. 158.

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sana, mentre il Consiglio per gli affari economici lo assiste nella amministrazione dei beni ecclesiastici.

82. La pastorale organica diocesana

Il numero crescente di uffici pastorali, istituiti in corrispondenza ad ogni singolo ed emergente ambito pastorale, fa, a volte, sperimentare il limite e il disagio di una pastorale settorializzata e frammentaria, dimenticando che tali uffici sono organi esecutivi che devono concorrere alla realizzazione di una pastorale organica.

Emerge, in particolare, l’esigenza di un migliore raccordo tra le proposte degli Uffici e la programmazione propria di ciascuna parrocchia, nella prospettiva della comunione e sinodalità.

Rischio di frammentazione

Sotto la guida del Vescovo, vanno coordinate e raccordate tutte le iniziative e attività di carattere catechistico, missionario, sociale, familiare, scolastico ed ogni altro lavoro, per giungere a un’azione concorde, che renda ancora più palese l’unità della diocesi.114

Le proposte di ciascun Ufficio vanno perciò inserite nel progetto e nel programma diocesano, e vanno tra loro coordinate.

L’organicità pastorale, richiesta per la diocesi, va altresì realizzata anche nei rapporti tra uffici, parrocchie, vicarie e istituzioni ecclesiali, mentre la collaborazione con le Istituzioni locali va fatta nel rispetto degli ambiti propri e nelle iniziative di comune interesse, secondo le indicazioni del Vescovo.

Coordinamento tra gli Uffici Coordinamento con le Istituzioni

   

                                                                                                               114 Christus Dominus, doc. cit., n. 17; CEI, Evangelizzazione e testimonianza della carità, doc. cit., n. 29.

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2. LE VICARIE PASTORALI

83. Vicarie e zone pastorali La strutturazione territoriale della diocesi nelle

Vicarie pastorali di Lecce, Lizzanello, Monteroni e Squinzano risulta valida come cerniera intermedia di comunicazione e di aggregazione tra diocesi e parrocchie, ma appare meno funzionale rispetto alle concrete possibilità di sviluppo della comunione pastorale, a causa della loro ampiezza.

Per questo, è opportuno studiare la possibilità di articolare ciascuna vicaria in zone pastorali più piccole, animate da un coordinatore, affiancato al Vicario pastorale, accorpando, ove necessario, le parrocchie piccole e contigue sotto la guida di un solo parroco.

Una commissione, nominata dal Vescovo, studierà la migliore articolazione territoriale.

84. Pastorale di comunione a livello locale Per giungere alla meta della comunione pastorale,

è indispensabile superare le barriere della chiusura e dell’isolamento delle persone e delle comunità e attuare una rete di relazioni e di intese.

Zone pastorali

A tale scopo i ministri ordinati e gli operatori pastorali, religiosi e laici, di parrocchie vicine devono incentivare lo spirito di fraternità, di dialogo e di collaborazione, programmando incontri comuni di preghiera, di confronto pastorale e di amichevole convivialità.

Fraternità tra gli operatori

A livello zonale o vicariale, poi, con l’aiuto degli Uffici, vanno offerte agli operatori pastorali sistema-

Collaborazione e interscambio

   

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tiche occasioni di formazione e progettazione di una rinnovata azione, nel quadro del progetto pastorale diocesano, per la collaborazione e interscambio, soprattutto nei settori della pastorale giovanile, familiare, vocazionale e sociale.

La sede di una progressiva pastorale d’insieme può essere il Consiglio pastorale zonale o vicariale, incontri comuni tra i diversi consigli pastorali parrocchiali e la formazione di commissioni interparrocchiali.

Gli stessi fedeli, specialmente i fanciulli, i ragazzi e i giovani, realizzino esperienze comuni interparrocchiali di carattere liturgico, spirituale, di evangelizzazione, di cultura, etc.

Esperienze interparrocchiali

   

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3. LE PARROCCHIE

85. La parrocchia, cellula della diocesi

Ricordando che la parrocchia è una determinata comunità di fedeli, stabilmente costituita nell’ambito della Chiesa particolare e affidata dal Vescovo al parroco quale suo pastore 115 , la Chiesa di Lecce riafferma piena fiducia nella parrocchia, con particolare gratitudine ai parroci e ai loro collaboratori, che con non lieve sacrificio ed autentico zelo pastorale, rendono presente il Signore Gesù Cristo, Maestro e guida del popolo di Dio.

Ogni battezzato deve amare la sua parrocchia, perché in essa vive la vita cristiana, attingendo all’acqua ristoratrice della Parola di Dio e della grazia sacramentale, unendosi all’assemblea dei fratelli e offrendo il proprio servizio.

Amare la Parrocchia

Per realizzare appieno la sua finalità, è necessario che la pastorale parrocchiale tenga conto della realtà sociale, oggi segnata dalla attenuazione dell’identità locale e territoriale, dalla apertura alla mondialità, dalla complessità della vita lavorativa e sociale e dal bisogno di rapporti interpersonali.116

Le nostre parrocchie devono, pertanto, proseguire, con perseveranza e decisione, nella realizzazione della istanza conciliare di edificare la parrocchia come comunione e comunità, rendendo manifesto il loro legame con la diocesi e vivendo in piena sintonia con il suo Pastore.

Rinnovamento pastorale

   

                                                                                                               115 CJC, can. 515,1. 116 Cfr. Scarvaglieri, op. cit., pp. 355-360, 362-367, 374-382.

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86. La parrocchia, comunione di carità La parrocchia, per essere la prima e concreta sede

dell’unità ecclesiale, deve edificarsi ogni giorno come segno dell’intima unione con Dio e dell’unità del genere umano, partecipazione e riflesso della comunione della SS. Trinità.

Compito prioritario e permanente della pastorale parrocchiale è quello di «rifare con l’amore il tessuto cristiano delle nostre parrocchie», 117 affinché siano luogo dell’annuncio, del dono, della condivisione dell’amore di Dio in Cristo Gesù, nel quale e per il quale ogni persona possa sentirsi conosciuta, accolta e amata. Solo, infatti, un clima di comunione e di carità può suscitare nella parrocchia lo slancio della testimonianza, la missionarietà e il servizio.

Il parroco e tutti gli operatori pastorali abbiano perciò la costante preoccupazione di seminare e favorire esperienze di comunione, basate su una fitta rete di rapporti interpersonali, improntati alla fraternità e alla solidarietà.

Al centro la carità

È su questa base che l’appartenenza parrocchiale trova giustificazione e saldezza, più che sul domicilio canonico (CJC. can. 102).

Appartenenza

Allo scopo di sviluppare e intensificare la comunione tra tutti i membri della parrocchia, vanno raccomandati la visita annuale del parroco o dei suoi collaboratori a ciascuna famiglia, gli incontri di catechesi e di preghiera nel vicinato, l’attenzione premurosa e solidale verso le povertà e le sofferenze e la stessa as-

Sviluppare la comunione

   

                                                                                                               117 CEI, Evangelizzazione e testimonianza della carità, doc. cit., n. 26; CEI, Comunione e comunità, doc. cit., n. 42-48.

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semblea domenicale, ove la parrocchia si manifesti come «famiglia delle famiglie».

87. La parrocchia, comunità ministeriale

La parrocchia si edifichi come comunità cristiana, sollecitando tutti i suoi membri a superare l’individualismo religioso, a rompere le chiusure particolaristiche, ad assumere ciascuno la propria parte di «compresenza, complementarietà, corresponsabilità»118 nell’adempimento della missione della Chiesa, ad aprirsi al pluralismo degli apporti e delle esperienze aggregative e ministeriali.

Rompere le chiusure

Il parroco deve divenire, soprattutto oggi, animatore e coordinatore della ricchezza e varietà di carismi e ministeri e deve riconoscere e incoraggiare la soggettività pastorale della comunità, che si esprime attraverso gli organismi di partecipazione, quali luoghi di incontro, di dialogo e di comunione.

Il Parroco

Il Consiglio pastorale parrocchiale, perciò, rappresenti e coinvolga l’intera comunità nella formulazione del proprio progetto pastorale, in sintonia con quello diocesano, adattandolo alla realtà del territorio.

88. La parrocchia, comunità missionaria

Il Consiglio pastorale

La comunità parrocchiale, infine, deve realizzare la dimensione missionaria, risvegliando la coscienza missionaria in ogni suo membro e aiutando i singoli fedeli a riscoprire la fede come dono, dato in vista della salvezza di tutti e ad offrire una coerente testimonianza di vita.

Andare nel territorio

   

                                                                                                               118 CEI, Comunione e comunità, doc. cit., n. 65.

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Le mutate condizioni sociali e lavorative richiedono, pertanto, il passaggio da una pastorale statica ad una pastorale missionaria, che porti il Vangelo tra le case degli uomini, in un servizio sempre più decentrato e capillare, puntando alla formazione di piccole comunità o cellule parrocchiali di base, nelle quali meglio si incarni l’esperienza del Vangelo.

Per conseguire l’obiettivo della missionarietà, la parrocchia deve perciò superare gli stessi confini territoriali, aprendosi alla pastorale di ambiente e di categorie.

Nel suo impegno pastorale, infine, la parrocchia, come l’intera diocesi, condividendo l’ansia di Cristo Pastore: «Ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare» (Gv 10,16), deve aprirsi al servizio missionario ad gentes e al dialogo con i non credenti.

89. La parrocchia e le chiese rettoriali

Superare il territorio

Le chiese non parrocchiali siano strettamente collegate alla parrocchia, nel cui territorio si trovano.

Il rettore della chiesa non parrocchiale ha come compito proprio non solo quello di svolgere in esse le celebrazioni liturgiche, a norma del diritto canonico (can. 556-563) e secondo le disposizioni dell’Ordinario, ma anche di condividere le ansie e i programmi della parrocchia.

Per questo, si dispone che il rettore e il priore della Confraternita partecipino al Consiglio pastorale parrocchiale, collaborando col parroco in spirito di comunione.

Dove è possibile, al fine di consolidare la organicità della pastorale parrocchiale, lo stesso parroco sia nominato rettore e padre spirituale della Confraternita.

Inserite nella pastorale parrocchiale

   

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CAP. 4

LA CHIESA DOMESTICA, SACRAMENTO DELL’AMORE DI DIO

“L’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande, ma io lo dico in rapporto a Cristo e alla Chiesa”. (Ef 5,31-32)

Cosmo Francesco Ruppi, Arcivescovo La famiglia al centro della pastorale “Per la sua centralità, la famiglia è strettamente connessa con ogni programma pastorale, tanto che non è possibile affrontare nessun progetto pastorale serio, senza diretto e chiaro riferimento alla famiglia, cellula della Chiesa particolare. Evangelizzare la famiglia vuol dire aiutare gli sposi cristiani a prendere coscienza di Cristo nella propria vita e realizzare il disegno d’amore che egli è venuto ad offrire al mondo. La famiglia, però, non è solo oggetto della evangelizzazione della Chiesa, ma ne è anche soggetto, ossia la famiglia è il centro propulsore, il punto di partenza della evangelizzazione e del rinnovamento della Chiesa. Parlando a Puebla, in America Latina, Giovanni Paolo II ebbe a dire che la futura evangelizzazione dipende in gran parte dalla chiesa domestica (28.1.1979), mentre prima di lui, Paolo VI, rivolgendosi ai gruppi dell’Equipe Notre-Dame aveva detto: La famiglia è la cellula base, la cellula germinale, la più piccola, certo, ma anche la più fondamentale dell’organismo ecclesiale” (4.5.1970)119

Lettera pastorale Giovani, vocazioni e famiglia, 1990, p. 65

   

                                                                                                               119 Bollettino Diocesano 1990, n. 2, p. 65

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1. MATRIMONIO E FAMIGLIA

90. Il Vangelo del matrimonio e della famiglia

La nostra diocesi è consapevole che la famiglia, comunità di persone, fondata sul matrimonio tra l’uomo e la donna, nell’attuale contesto socio-culturale caratterizzato dalla crisi dei valori e dalla mancanza di sicuri punti di riferimento, è una grande risorsa, capace di aprire prospettive di speranza per l’uomo, per la Chiesa e per la società.

Nella famiglia, per altro, si affermano aspetti positivi, da valorizzare e sostenere, quali, soprattutto, una maggiore attenzione alla qualità dei rapporti interpersonali tra gli sposi, una coscienza sempre più viva della libertà e della dignità di ogni persona, la promozione della donna e aspetti negativi che cercano di indebolirla o comunque di deformarla, compromettendone l’unità, la stabilità e la missione della trasmissione della vita e della educazione dei figli.

La Chiesa di Lecce accoglie e fa propria l’esortazione di Giovanni Paolo II: «E’ necessario ed urgente che tutte le persone di buona volontà coordinino il loro impegno per salvaguardare questo fondamentale istituto sul quale si regge la vita dell’intera società»120 e, confermando la scelta pastorale compiuta già da un decennio: Giovani, vocazioni e famiglia, si impegna con tutte le proprie energie nell’annuncio, nella celebrazione e nel servizio del Vangelo del matrimonio e della famiglia.

La famiglia oggi Scelta pastorale

   

                                                                                                               120 Giovanni Paolo II, Discorso a Lecce, Bollettino Diocesano 1994, n. 8, p. 8; Familiaris Consortio, Es. ap. sui compiti della famiglia cristiana 22 novembre 1981; CEI, Evangelizzazione e sacramento del matrimonio, doc. past. Ep. It. 20 giugno 1975; Comunione e comunità nella Chiesa domestica, doc. past. Ep. It. 1 ottobre 1981.

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E’ necessario, però, che la famiglia, consapevole della sua soggettività sociale e politica, diventi protagonista della tutela dei propri diritti, affinché, attraverso concrete e sollecite misure sociali, diventi realmente «luogo primario di realizzazione delle persone e di promozione della vita».121

91. L’educazione all’amore

Soggetto sociale

Nella prospettiva del matrimonio e della famiglia, la Chiesa di Lecce deve mettere in atto una complessiva e articolata azione educativa, rivolta a tutti i credenti, dall’infanzia all’adolescenza e all’età adulta, perché possano riconoscere l’amore come fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano e la realizzino nel matrimonio o nella verginità, a compimento della vocazione e della missione battesimale.

Vocazione all’amore

A tale scopo, è necessario che tutta l’educazione sia finalizzata a promuovere la maturità globale della persona, chiamata a vivere l’amore come totalità unificata di spirito e di corpo, integrando la sessualità nell’insieme di tutti i valori dell’essere umano e sviluppando così la sua capacità oblativa per aprirsi all’amore dell’altro fino al dono totale di sé.

In questa prospettiva, si ricuperi e si riproponga il valore della castità, come affermazione del nativo orientamento della sessualità all’amore e al dono interpersonale e come scelta di preservazione dell’amore dal rischio dell’egoismo e della aggressività e da ogni impoverimento e falsificazione.

Amore e sessualità

   

                                                                                                               121 Giovanni Paolo II, Discorso a Lecce, Bollettino Diocesano 1994, n. 8, p. 9.

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Il primo posto, in tale processo educativo, spetta ai genitori, che vanno aiutati nel difficile compito di una positiva e prudente educazione sessuale, ma essi, a loro volta, devono vigilare perché l’educazione sessuale nella scuola sia improntata e attuata in modo serio e corretto.

I genitori

Gli stessi itinerari di catechesi, infine, devono proporre in modo adeguato i valori e le esigenze della sessualità, della castità, del matrimonio e della verginità, utilizzando i catechismi della Chiesa italiana e arricchendoli con la programmazione di incontri specifici per fasce di età.122

92. Il fidanzamento, tempo di crescita e di

grazia

Negli itinerari di fede

La pastorale è chiamata a dare costante attenzione e aiuto ai fidanzati, accompagnandoli nella preparazione al sacramento del matrimonio, senza ridursi agli ultimi mesi prima delle nozze.

A tale scopo, è necessario impostare e realizzare una serie di interventi per aiutarli a vivere l’esperienza del fidanzamento come tempo di crescita, di responsabilità e di grazia.123

93. Sposarsi in Cristo e nella Chiesa

Accompagnamento

a) La decisione di sposarsi con il sacramento del matrimonio deve essere assunta come consapevole scelta di fede, in adesione al progetto di Dio sul matrimonio e sulla famiglia, oggi per tanti ed essenziali aspetti non sempre condiviso dal costume sociale e dalla legislazione civile.

Scelta di fede

   

                                                                                                               122 Cfr. Pont. Cons. per la famiglia, Sessualità umana: verità e significato – Orientamenti educativi in famiglia, 8 dicembre 1995; CEI, Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia, 25 luglio 1993, n. 23-26. 123 CEI, Direttorio di pastorale familiare, doc. cit., nn. 41-49.

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Nell’ultima fase, che precede il matrimonio, bisogna accompagnare, con premura materna, i nubendi in un itinerario di fede, facendo loro comprendere che il sacramento del matrimonio è una consacrazione al servizio della vita nell’amore e un vero compito ministeriale nella Chiesa. Tutto ciò sarà realizzato con ascolto della Parola di Dio, preghiera intensa, individuale e comune, partecipazione alla vita liturgica e sacramentale della Chiesa, conversione alla sequela fedele di Cristo, testimonianza della fede e della carità.

La preparazione alle nozze va seguita personalmente dal parroco con la collaborazione di coniugi qualificati, tenendo presenti situazioni e bisogni di ciascuna coppia.124

b) Nell’istruttoria matrimoniale il parroco ha il dovere di valutare le intenzioni dei nubendi, per salvaguardare la libertà e verificare la totale conoscenza e accettazione della dottrina cristiana e delle norme ecclesiali.

A tale scopo, è necessario che le prove testimoniali di stato libero e le pubblicazioni non si esauriscano in un atto puramente formale, ma siano compiute in modo da manifestare, in qualche modo, il coinvolgimento della comunità e che lo stesso giuramento sacro, con cui i nubendi dichiarano e sottoscrivono le loro intenzioni, sia una vera espressione ecclesiale, unita alla benedizione dei fidanzati.125

Impegno ecclesiale

c) La celebrazione del sacramento del matrimonio deve proclamare la buona novella sull’amore coniugale e

Dono di grazia

   

                                                                                                               124 Ivi, n. 50-57. 125 Cfr. Benedizionale, n. 606-627.

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dev’essere una implorazione ecclesiale del dono dello Spirito nella grazia sacramentale, manifestazione del mistero di amore e unione tra Cristo e la Chiesa.

A tal fine, va molto curata la scelta e la proclamazione delle letture bibliche, di cui gli sposi sono i primi destinatari e vanno messi in rilievo i segni sacramentali del rito matrimoniale, dando una più chiara connotazione epicletica alla «benedizione degli sposi» con il gesto della imposizione delle mani su di loro.

Perché, infine, sia più chiara la ecclesialità del matrimonio, la sua celebrazione deve avvenire nella chiesa parrocchiale di uno degli sposi (CJC. can. 115), invitando alla partecipazione raccolta e attiva della assemblea, in un clima di festa e di gioia, vissuta però con sobrietà, sempre ricordandosi dei poveri.

Per quanto riguarda i dettagli della celebrazione, vanno osservate le norme diocesane e le indicazioni della Conferenza Episcopale Pugliese.126

94. Il dono dei figli

I coniugi, quali collaboratori di Dio creatore, sono chiamati alla missione, loro propria, di generare con responsabilità e generosità nuove vite e, reagendo sia alla mentalità contraccettiva, sia alla mentalità efficientista del figlio a tutti i costi, diano testimonianza del loro amore al Dio della vita, accogliendo i figli che «Dio vorrà donare» (Rito del Matrimonio).

Responsabilità e generosità

Adempiano poi al delicato e fondamentale compito dell’educazione dei figli, dedicando ad essi tempo ed

Educazione

   

                                                                                                               126 CEP, La celebrazione del matrimonio nelle Chiese di Puglia, in Bollettino Diocesano, 1994, n. 6.

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energie e affrontando le difficoltà della vita con fiducia nel Padre celeste e il sostegno della comunità cristiana.

95. La famiglia, testimone dell’amore di Cristo

Ricordando che la famiglia cristiana, Chiesa domestica, ha la «missione di custodire, rivelare e comunicare l’amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa»,127 la Chiesa di Lecce si impegna a considerare la famiglia come vero soggetto pastorale.

Soggetto pastorale

Perché la famiglia cristiana svolga appieno i suoi compiti, è necessario che la parrocchia la sostenga con incontri di catechesi ed esperienze di spiritualità familiare, favorendo la formazione di «gruppi famiglia» e valorizzando associazioni e movimenti che ne promuovono la crescita spirituale, caritativa e sociale.

Sostegno ecclesiale

L’Ufficio diocesano di pastorale familiare deve animare e guidare la pastorale familiare, curando la formazione degli operatori di pastorale familiare e favorendo anche l’opera preziosa del Consultorio di ispirazione cristiana e i Centri di Aiuto alla vita (CAV) già sorti nella nostra diocesi.

Servizio diocesano

In collaborazione con la Caritas e altri organismi, va anche incoraggiata la formazione di famiglie aperte, capaci e disponibili a condividere le sofferenze e i bisogni di tante coppie, e ad accogliere l’adozione e l’affido.

Famiglie aperte

   

                                                                                                               127 Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, 1981, doc. cit., n. 17.

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In modo particolare, la nostra carità deve manifestarsi verso le coppie in crisi o in situazioni irregolari, riconoscendo sempre in esse la dignità di figli di Dio e la condizione di membri della comunità, con i quali, se non è possibile la comunione eucaristica, è certamente doverosa la comunione di fede, di preghiera e di partecipazione alla vita parrocchiale.

   

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2. I GIOVANI, SPERANZA DELLA CHIESA E DEL MONDO “Un giovane gli si avvicinò e gli disse: Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?”.

(Mt 19,16)

Giovanni Paolo II, Lecce 18 settembre 1994 Ai giovani della Chiesa di Lecce “Io penso che si deve comprendere l’importanza della giovinezza: che cosa è la giovinezza? Giovinezza è questa epoca della vita umana, dove si progetta tutta la vita. Il giovane comincia a progettare la sua vita e vive con questo progetto e cerca di realizzare questo progetto, di prepararsi alla sua realizzazione. In altre parole, questo si chiama anche vocazione, perché quel progetto che tu, cara ragazza, caro ragazzo, trovi come tua proprietà viene anche nello stesso tempo da Dio, viene suggerito dallo Spirito Santo per identificare questo progetto, approfondirlo, e poi realizzarlo bene, per trovare la felicità, perché il progetto realizzato porta con sé questa felicità, questa felicità a cui Dio ci chiama. Allora, auguro a tutti voi giovani di comprendere così la vostra vocazione, di situare così il vostro progetto di vita. Esso può essere diverso, secondo i diversi talenti; però ha un denominatore comune: è sempre un progetto in cui si vuole realizzare, si deve realizzare il progetto di Dio, e Dio vuole per noi tutti che siamo santi, vuole santità per tutti noi e da tutti noi. Questo vi auguro di cuore”.128

   

                                                                                                               128 Bollettino Diocesano 1994, n. 8, p. 30.

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Cosmo Francesco Ruppi, Arcivescovo Accanto ai giovani

“Per aiutare i giovani a sentirsi Chiesa e a partecipare attivamente alla sua vita, è necessario che i giovani non siano considerati come oggetto della nostra pastorale, ma come soggetti, ossia come protagonisti della nuova evangelizzazione della Chiesa. Per aiutare i giovani non occorre tanto avere un progetto, quanto, invece, mettere in atto un cammino della Chiesa con i giovani. Non è importante, cioè, mettere a punto una metodologia o un programma di pastorale giovanile, quanto rendere persuasi tutti, che, per aiutare i giovani seriamente, occorre innanzi tutto mettersi in cammino con loro: non mettersi innanzi, ma accanto ai giovani. Il primo passo da fare, dunque, è quello di capire i giovani, ascoltarli, interpretarne i sentimenti profondi, leggerli nelle pieghe nascoste del cuore e accoglierli sommessamente, facendo sì che siano essi i protagonisti della loro storia”.129

Lettera pastorale Giovani, vocazioni e famiglia, 1990, p. 30 Lettera pastorale Con i giovani incontro a Cristo, 1991, p. 10

   

                                                                                                               129 Bollettino Diocesano 1990, n. 2, p. 30; 1991, n. 2, p. 10.

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96. La Chiesa e i giovani

La Chiesa nutre nei confronti dei giovani l’amore di una madre verso i figli che ha generato. Per questo, guarda con particolare attenzione alle giovani generazioni, nella consapevolezza che sono esse protagoniste della nuova evangelizzazione e testimoni di Cristo nel terzo millennio.130

Protagonisti

Per tale motivo, la Chiesa di Lecce deve essere sempre più comunità accogliente e ospitale verso tutti i giovani, soprattutto i poveri e gli ultimi, in un abbraccio di gioia e di festa, offrendosi loro come segno riconoscibile dell’amore misericordioso di Dio e assumendo nei loro confronti un atteggiamento di ascolto attento e umile, di confronto, di dialogo e di condivisione.

Accoglienza

Rimanendo accanto ai giovani, infatti, possiamo aiutarli a incontrare il Signore della vita e della speranza, a realizzare la conversione al Vangelo, a sentirsi soggetti attivi e responsabili nella vita del mondo e nella missione della Chiesa.

In tale prospettiva, i giovani vanno guidati nell’incontro con la persona viva del Cristo, facendo maturare una fede missionaria, che li renda consapevoli delle loro responsabilità di battezzati e di annunziatori del Vangelo agli altri giovani negli ambienti specifici di vita giovanile.

97. La pastorale giovanile della Chiesa,

comunità educante

Accompagnamento

La nostra responsabilità evangelizzatrice verso i giovani deve esprimersi in primo luogo nella loro edu-

Servizio educativo

   

                                                                                                               130 CEI, Con il dono della carità dentro la storia, doc. cit., n. 38-40.

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cazione e formazione e nel servizio diocesano di animazione, promozione e coordinamento della pastorale giovanile.

La scelta prioritaria della pastorale giovanile comporta, pertanto, che l’intera comunità ecclesiale si senta proiettata verso il mondo giovanile e sia coinvolta nella crescita umana e cristiana dei giovani.

A tale scopo, è necessario innanzitutto partire da una lettura veritiera del mondo giovanile, raccogliendo ed ampliando i dati emersi dalla ricerca socio-pastorale, compiuta in preparazione al Sinodo diocesano, per giungere alla formulazione di un progetto diocesano di pastorale giovanile, con il quale si propongano ai giovani gli obiettivi, che la comunità cristiana vuole realizzare con loro, per guidarli all’incontro vitale con la persona di Gesù.

Mondo giovanile

La prospettiva della pastorale giovanile dev’essere, inoltre, decisamente vocazionale, allo scopo di aiutare i giovani a maturare una propria scelta di vita.

Guida vocazionale

Per questo, va offerta ai giovani la possibilità di incontrare persone, che spendano tempo e cuore per il loro accompagnamento spirituale e vanno altresì offerti luoghi e tempi di silenzio, per educarli all’ascolto della Parola di Dio e alla preghiera.

La pastorale giovanile, infine, deve offrire ai giovani proposte inserite negli spazi e nelle modalità della loro esistenza quotidiana (famiglia, scuola, lavoro, tempo libero, sport,…) investendo energie e risorse, per dare risposte concrete ai loro problemi, promuovendo esperienze e cammini formativi specifici, e predisponendo nuovi spazi aggregativi (sul modello degli oratori), in cui possano stare insieme, dando un

Persone, spazi, modalità

   

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senso umano e cristiano alla esperienza tipica della loro età.

Si valuti anche l’opportunità di istituire la solenne e comunitaria professione di fede all’inizio dello stato di adulti.

98. Strumenti e operatori di pastorale giovanile

La pastorale giovanile va guidata e sollecitata dall’Ufficio diocesano e dalla Consulta diocesana, nella quale sono rappresentate tutte le realtà associative di ispirazione cristiana.

L’Ufficio diocesano anima e coordina l’intero servizio pastorale a favore dei giovani, attuando il progetto diocesano di pastorale giovanile, ricercando la massima collaborazione della comunità cristiana e coinvolgendo tutte le forze educative del mondo giovanile.

L’Ufficio ha soprattutto il compito di formare gli educatori dei giovani e di rendere responsabile la comunità cristiana, perché la qualificazione spirituale, pedagogica e culturale degli educatori dei giovani accentui il compito educativo della parrocchia e dell’intera comunità.

Ufficio e consulta

   

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CAP. 5

LA CHIESA, SEGNO DI CONVERSIONE E DI RICONCILIAZIONE

“Convertitevi e credete nel Vangelo”. (Mc 1,15) “E’ stato Dio a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.” (2 Cor 5,19-20)

Lineamenta del Sinodo Diocesano, 1995, pag. 97 Recuperare il senso pieno del sacramento della Penitenza “E’ importante nell’azione pastorale esprimere correttamente il senso e la portata di questo Sacramento, evidenziando soprattutto il suo valore pasquale, la sua dimensione ecclesiale, il primato della conversione nella celebrazione, il suo carattere di segno che suggella l’itinerario penitenziale del cristiano, il rapporto tra la riconciliazione come dono e la riconciliazione come impegno”.

   

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RICONCILIAZIONE E PENITENZA

99. La Chiesa, sacramento di riconciliazione

Tenendo conto della attenuazione nell’uomo contemporaneo del senso della responsabilità personale, del suo crescente distacco da Dio e del dilatarsi di criteri soggettivi di moralità, con la conseguente crisi di valori e l’irrompere dell’egoismo e della violenza, la Chiesa di Lecce è chiamata a svolgere, con rinnovato vigore, la sua missione di annunciare la riconciliazione e la penitenza e di esserne il sacramento nel mondo.

Non pochi cristiani, infatti, soggiacciono all’influsso della cultura dominante e, anche per la debolezza della fede, hanno smarrito il senso del peccato e sono inclini ad una certa autogestione etica, staccata dall’insegnamento della Parola di Dio e del Magistero, e così la pratica del sacramento della Penitenza è divenuta, di fatto, rarefatta e discrezionale.131

Ritrovare la dimensione penitenziale

Nell’attuale contesto sociale, perciò, la Chiesa deve testimoniare la riconciliazione operata da Cristo, diventando sempre più una comunità di penitenti, continuamente bisognosa di purificazione e di conversione, sia individuale che comunitaria.132

L’assillo principale del nostro ministero, sull’esempio del Buon Pastore (Mt 18,12), deve essere quello di riportare l’uomo sulla via del ritorno al Padre, ponendo, al centro della predicazione e della catechesi, il Vangelo della riconciliazione in Cristo e nella

Comunità di penitenti

   

                                                                                                               131 Scarvaglieri, op. cit., p. 218, 224, 230 ss. 132 Cfr. Giovanni Paolo II, Reconciliatio et Paenitentia, Es. ap. sulla riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa oggi, 2 dicembre 1984; CEI, Evangelizzazione e sacramento della penitenza, doc. past. Ep. It. 12 luglio 1974.

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Chiesa, denunciando la malizia del peccato, proclamando la necessità della conversione, invitando a lasciarsi riconciliare dalla misericordia divina.

Dobbiamo aiutare i fedeli ad estendere la conversione battesimale all’intera esistenza, in un cammino costante di purificazione e di progressiva riconciliazione, nella preghiera personale e comunitaria, nel riconoscimento dei propri peccati, nel perdono reciproco, nella celebrazione dei sacramenti, nella sopportazione delle prove della vita, nelle opere di misericordia.

100. La dimensione penitenziale della liturgia

Va ricordato costantemente ai fedeli che la Chiesa celebra nella liturgia il cammino penitenziale che esprime nella vita, e pertanto tutti i sacramenti vanno preparati e celebrati come evento di riconciliazione con Dio e con i fratelli e come impegno di conversione.

Sacramenti

Tutto l’anno liturgico va proposto e vissuto come esperienza attuale della salvezza in Cristo, nella purificazione e nella crescita della vita nuova, particolarmente il tempo quaresimale, caratterizzato dall’aspetto penitenziale.

Si programmino, perciò, durante l’anno, periodiche celebrazioni penitenziali, utili sul piano catechistico-pastorale per la conversione e la purificazione del cuore, 133 e significative per sottolineare il cammino penitenziale della comunità cristiana.

Anno liturgico

In tale prospettiva, anche il digiuno, l’astinenza, i pellegrinaggi, la carità trovano il loro pieno valore di

Opere penitenziali

   

                                                                                                               133 CEI, Il rito della penitenza, Intr. n. 36-37.

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segno comunitario della unione alla croce di Cristo, di crescita nella libertà cristiana mediante l’abnegazione e la sobrietà, di solidale condivisione dei beni con i poveri e di testimonianza di carità verso i sofferenti.134

101. Il sacramento della Penitenza

Il Signore Gesù, che ha dato alla Chiesa il sacramento della Penitenza per il perdono dei peccati commessi dopo il Battesimo e per la riconciliazione con Dio e con i fratelli, dona al peccatore l’amore del Padre e, di fronte a una diffusa disaffezione delle confessioni sacramentali, ci invita a rievangelizzare con coraggio il sacramento della Penitenza, aiutando i fedeli a riscoprirne il valore e la ricchezza spirituale e ad accoglierlo con più profonda disposizione di fede e con maggiore frequenza.

Per questo, è necessaria una costante catechesi sul sacramento, specialmente nei tempi forti dell’anno liturgico e nelle feste religiose popolari, illustrando la dottrina della Chiesa, facendo prendere coscienza della gravità dei peccati e la possibilità della assoluzione e ricordando ai fedeli che le così dette confessioni fatte a Dio vanno sempre verificate nella celebrazione del sacramento e che, in peccato grave, non è lecito comunicarsi, «salvo impossibilità fisica o morale» (CJC, can. 960).

102. La celebrazione del sacramento della

Penitenza

Rievangelizzare il sacramento della Penitenza

La celebrazione del sacramento della Penitenza va presentata e vissuta come un itinerario di conversione,

Itinerario di conversione

   

                                                                                                               134 CEI, Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza, Nota pastorale Ep. It. 4 ottobre 1994.

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le cui tappe – consapevolezza dei peccati, pentimento, confessione, impegno di soddisfazione – costituiscono un unico processo, il cui culmine è la grazia del perdono e della riconciliazione, conferita mediante il segno sacramentale dell’assoluzione.

a) Poiché non di rado la confessione si riduce ad una semplice accusa e assoluzione, con l’appendice di una formale soddisfazione, è necessario formare i fedeli a comprendere che la penitenza è frutto soprattutto della grazia giudicante e liberante di Dio e che soltanto nella luce della fede e nel confronto con la Parola di Dio – prima e, possibilmente, anche durante la celebrazione – l’uomo può riconoscersi peccatore, giungere al pentimento e alla conversione della vita.

Confronto con la Parola di Dio

E’ importante poi istruire i fedeli a vivere l’itinerario nella doppia e inseparabile dimensione, individuale ed ecclesiale, di penitenza e di riconciliazione, giacché il perdono deve aprire la via ad un effettivo ritorno a Dio e alla riconciliazione con la Chiesa e con i fratelli, feriti dal peccato.

Penitenza e riconciliazione

La soddisfazione, infine, sia imposta e compiuta come segno dell’impegno personale di cominciare un’esistenza nuova, e non si riduca soltanto ad alcune formule da recitare, ma consista anche in opere di culto, di carità, di misericordia, di riparazione.

La soddisfazione

b) La celebrazione del sacramento incontra difficoltà anche per la molteplicità degli impegni di vita dei fedeli e per la scarsezza dei presbiteri, spesso, assai oberati dalla cura pastorale. Per questo, i presbiteri, specialmente se parroci, devono essere consapevoli della necessità del ministero delle confessioni per il bene delle anime e devono compiere scelte operative preferenziali, in modo da dedicare un tempo adeguato

Servizio presbiterale

   

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anche alla confessione e, dove sono soli, devono provvedere alla disponibilità di altri confessori.

I presbiteri inoltre devono aggiornarsi sui casi morali più difficili e delicati, per poter dare ai penitenti indicazioni univoche, conformi all’insegnamento del Magistero, sempre ricordando che, nel dialogo tra il penitente e Dio, essi sono soltanto mediatori in nome della Chiesa.

c) In ciascuna chiesa, specialmente in quelle parrocchiali, si fissino tempi appositi per la celebrazione del sacramento, sia nei giorni feriali che in quelli festivi, in orari determinati in base alle diverse possibilità dei fedeli ed esposti al pubblico. Il calendario delle confessioni sia concordato tra le chiese vicine o su base cittadina e preveda anche qualche ora tardiva, per comodità della gioventù e dei lavoratori.

In tutte le parrocchie si stabilisca poi una giornata settimanale, o almeno mensile, nella quale si celebri il Rito della riconciliazione di più penitenti, con la confessione e assoluzione individuale, inculcando così nei fedeli l’abitudine di accostarsi al sacramento fuori della Messa e, comunque, educandoli – specialmente se fanciulli e giovani – ad attenervisi in via ordinaria, salvo i casi di necessità, nei quali il pastore d’anime dovrà sempre dimostrarsi accogliente.135

Tempi appositi

Se già non ci fossero, si creino spazi idonei – la penitenzieria – per la celebrazione del sacramento, nei quali i fedeli possano prepararsi e accostarsi al sacramento in un ambiente raccolto e riservato, adattando il

La penitenzieria

   

                                                                                                               135 CEI, Il rito della penitenza, Intr. n. 13; Giovanni Paolo II, Reconciliatio et Paenitentia, doc. cit., n. 32.

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confessionale per il colloquio diretto o attraverso la grata, cosicché i fedeli possano liberamente servirsene (CJC, can. 964,2).

103. Le indulgenze

Nel tesoro della misericordia di Dio, affidato alla Chiesa, va annoverata anche l’indulgenza, che è la remissione della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa. L’avvenuta riconciliazione con Dio, infatti, non esclude la permanenza di alcune conseguenze del peccato, dalle quali è necessario purificarsi con la progressiva eliminazione del male interiore e con il rinnovamento della propria esistenza.

In questo ambito si situa l’indulgenza, per la quale la Chiesa dispensa ed applica il tesoro della comunione dei santi, in Cristo «sempre vivo per intercedere per noi» (Ebr. 7,25) e delle preghiere e dei meriti della Beata Vergine Maria e di tutti i Santi.

Si risvegli pertanto l’apprezzamento dei fedeli per il dono delle indulgenze, nella consapevolezza che il cammino penitenziale non si esaurisce con l’assoluzione sacramentale, ma deve proseguire nella fatica della incessante conversione, con il sostegno solidale dei meriti e della intercessione di Cristo e dei Santi. 136 A tale scopo, si rendano note ai fedeli le occasioni in cui la Chiesa concede le indulgenze e le modalità per beneficiarne.

Nel cammino penitenziale

   

                                                                                                               136 Paolo VI, Indulgentiarum doctrina, Cost. ap. 1 gennaio 1967, n. 5; Giovanni Paolo II, Incarnationis Mysterium, Bolla di indizione del grande Giubileo del 2000, 29 novembre 1998, n. 9-10.

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CAP. 6

LA CHIESA SEGNO DI UNITA’ “Non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensare e di sentire”. (1 Cor 1,10)

Giovanni Paolo II, Lecce 18 settembre 1994 Il Salento, via di incontro tra Oriente e Occidente “All’antica cultura del Salento appartiene la convivenza tra Oriente ed Occidente. In questa terra è dunque particolarmente possibile la promozione di un movimento di opinione e di azione che avvicini nazioni e civiltà, facendo crescere i legami di fratellanza e solidarietà tra Nord e Sud, tra Est e Ovest. Ti preghiamo, Vergine fedele, da questa terra, che ama invocarti anche come Odegitria, assisti i credenti nel quotidiano sforzo di trovare vie d’incontro e di mutua comprensione. Qui, dove l’Oriente e l’Occidente si sono scambiati preziosi doni di fede e di civiltà, Ti sentiamo vicina, Madre dell’unità. Alimenta in tutti i cristiani il desiderio di giungere presto a proclamare in piena sintonia la fede degli Apostoli, per poter celebrare all’unica mensa il sacrificio del Corpo e del Sangue del Signore. Apri il cuore alla fiducia e al dialogo, perché possano essere nel mondo testimoni credibili del Vangelo di salvezza”.137

   

                                                                                                               137 Bollettino Diocesano 1994, n. 8, p. 31, 20-21.

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104. L’Ecumenismo

Consapevoli che «la cura di ristabilire l’unione riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i pastori, e tocca ognuno secondo le proprie possibilità, tanto nella vita cristiana di ogni giorno quanto negli studi teologici e storici»,138 la Chiesa di Lecce deve prendere maggiore consapevolezza che l’ecumenismo costituisce una «scelta irreversibile della Chiesa»139 e deve operare con sollecitudine e fiducia, affinché la misericordia di Dio renda tutti i cristiani «perfetti nell’unità» (Gv 17,23).

Scelta irreversibile

Presupposto essenziale per una autentica promozione della formazione e della attività ecumenica dev’essere, in primo luogo, la testimonianza della unità spirituale dei cristiani e la comunione ecclesiale: «Non esiste vero ecumenismo senza interiore conversione. Infatti il desiderio dell’unità nasce e matura dal rinnovamento dell’animo, dall’abnegazione di se stessi e dal pieno esercizio della carità».140

«Questa conversione del cuore e questa santità di vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l’Unità dei cristiani, devono essere considerate come l’anima di tutto il movimento ecumenico e si possono giustamente chiamare ecumenismo spirituale».141

E’ parimenti importante che la nostra diocesi cresca nell’esperienza di comunità, in cui sia sempre più visibile la ricerca della comunione nell’amore «affinché il mondo creda» (Gv 17,21), per mostrare il volto della Chiesa riconciliata, convertendosi all’unità e superando ogni divisione, che si oppone apertamente alla volontà di Cristo.

Ecumenismo spirituale

   

                                                                                                               138 Conc. Ec. Vat. II, Unitatis redintegratio, Decreto sull’Ecumenismo, n. 5. 139 Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Ut unum sint, 25 maggio 1995. 140 Unitatis redintegratio, doc. cit., n. 7. 141 Ivi, n. 8.

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105. La pastorale ecumenica Per sviluppare sempre più la funzione ecumenica

della carità, va utilizzato l’Ufficio diocesano per l’ecumenismo, che deve assumere idonee iniziative, indirizzate ai ministri sacri, agli operatori pastorali e agli animatori parrocchiali di pastorale ecumenica, animando i cammini di fede di ogni età e di ogni condizione.142

Deve, perciò, diffondersi una conoscenza più approfondita e corretta della storia, della teologia e della spiritualità delle altre confessioni cristiane, superando pregiudizi e steccati, facendo conoscere la storia della Chiesa salentina, segnata dal rapporto tra Oriente ed Occidente, di cui è segno la presenza a Lecce della Chiesa S. Nicolò dei Greci.

Conoscenza

Bisogna altresì incentivare con costanza la preghiera ecumenica, soprattutto nella Settimana per l’unità e la preghiera biblica, evidenziando la dimensione ecumenica della liturgia, in particolare del Battesimo e dell’Eucaristia, e celebrando la Pentecoste come momento forte di preghiera per l’Unità.

Preghiera

Per le iniziative propriamente ecumeniche, sulla base della presenza, in diocesi, di comunità o di persone di altre confessioni, si promuovano occasioni di preghiera e di dialogo con le diverse confessioni cristiane, in particolare con la Chiesa Ortodossa, tenendo conto della presenza di numerosi ortodossi e si accresca la cooperazione nel servizio della carità e della solidarietà umana, memori che il dialogo della carità risulta una delle vie privilegiate nel cammino ecumenico.

Iniziative

   

                                                                                                               142 Cfr. Pont. Cons. per l’unità dei cristiani, Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’Ecumenismo, 25 marzo 1993.

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PARTE QUARTA

LA CHIESA PER LA VITA DEL MONDO

“Perché siate in comunione con noi” (1 Gv. 1,13)

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 “Dio ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui”. (Gv 3, 16-17)

Concilio Ec. Vaticano II, Cost. Gaudium et Spes n. 2-3. A servizio dell’uomo “Il Concilio rivolge “la sua parola non ai soli figli della Chiesa né solamente a tutti coloro che invocano il nome di Cristo, ma a tutti indistintamente gli uomini, desiderando di esporre loro come esso intende la presenza e l’azione della chiesa nel mondo contemporaneo. Il mondo che esso ha presente è perciò quello degli uomini, ossia l’intera famiglia umana nel contesto di tutte quelle realtà dentro le quali essa vive; il mondo che è teatro della storia del genere umano, e reca i segni degli sforzi suoi, delle sue sconfitte e delle sue vittorie, il mondo che i cristiani credono creato e conservato in esistenza dall’amore del Creatore, mondo certamente posto sotto la schiavitù del peccato, ma dal Cristo crocifisso e risorto, con la sconfitta del Maligno, liberato e destinato, secondo il proposito divino, o trasformarsi e a giungere al suo compimento. Ai nostri giorni, l’umanità scossa da ammirazione per le sue scoperte e la sua potenza, agita però spesso ansiose questioni sull’attuale evoluzione del mondo, sul posto e sul compito dell’uomo nell’universo, sul senso dei propri sforzi individuali e collettivi, ed ancora sul fine ultimo delle cose e degli uomini. Per questo il Concilio, testimoniando e proponendo la fede di tutto intero il Popolo di Dio, riunito da Cristo, non può dare dimostrazione più eloquente della solidarietà, del rispetto e dell’amore di esso nei riguardi dell’intera famiglia umana, dentro la quale è inserito, che instaurando con questa un dialogo sui vari problemi sopra accennati, arrecando la luce che viene dal Vangelo, e mettendo a disposizione degli uomini le energie di salvezza che la Chiesa, sotto la guida dello Spirito Santo, riceve dal suo Fondatore”.

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CAP. 1

MISSIONARI DEL VANGELO “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”.

(Gv 20,21)

“La messe è abbondante, ma i lavoratori sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe perché mandi lavoratori nella sua messe”. (Lc 10,2) CEI, L’amore di Cristo ci sospinge, 1999, n. 1,2,5. Il fuoco della missione “Il fuoco della missione si accende quando lo Spirito Santo trasforma i nostri cuori. E’ lo Spirito il protagonista della missione. Il fuoco della missione si accende quando lo Spirito ci trascina fuori da Gerusalemme, fino ai confini del mondo. Le nostre comunità cristiane, fra le tante urgenze, dovranno imparare a riconoscere che la più urgente è ancora e sempre la missione. Il fuoco della missione è capace di trasformare profondamente la nostra pastorale, in tutte le sue forme e nelle sue stesse strutture, e di incidere su tutto il nostro lavoro formativo. Non c’è vera cura pastorale che non formi alla missione e alla mondialità. E non c’è comunità che possa rinchiudersi in se stessa, unicamente preoccupata delle proprie necessità, pur se importanti e numerose. Anche se piccola e povera, antica o nuova, ogni comunità deve farsi segno dell’amore di Dio per tutti”.

   

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MISSIONE “AD GENTES” E DIALOGO INTERRELIGIOSO (Gv 20,21)

106. La Chiesa di Lecce per la missione “ad

gentes”

Il mandato di Gesù: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15) chiede oggi alla Chiesa di Lecce di intraprendere una nuova evangelizzazione, per rifare il tessuto cristiano della comunità diocesana, intaccato dalla secolarizzazione, dalla indifferenza religiosa e dall’ateismo pratico.

Ciò tuttavia non deve distoglierla dal dovere di vivere la nota della cattolicità, prodigandosi per l’annuncio del Vangelo della salvezza ai popoli che ancora non credono in Cristo e aprendosi verso le terre comunemente chiamate missioni, traducendo così nella vita gli impulsi ispirati dal Sinodo.143

Nuova evangelizzazione e missioni

La nostra diocesi deve, pertanto, impegnarsi innanzitutto nella formazione missionaria di tutte le categorie di persone e stati di vita, seguendo alcune linee essenziali di formazione, quali: priorità alla teologia ed alla spiritualità missionaria; formazione all’apertura universale e al dialogo; collaborazione con le altre Chiese, religioni e culture; impegno profetico per la giustizia e promozione umana; inculturazione della fede nel vissuto. Bisogna far sì che la missionarietà diventi una dimensione ordinaria e permanente della vita pastorale della Chiesa diocesana e di ogni singolo battezzato.

Formazione

   

                                                                                                               143 Cfr. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, Lett. Enc. circa la validità del mandato missionario, 7 dicembre 1990; CEI, Comunione e comunità missionaria, doc. past. Ep. It., 22 giugno 1986.

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Con la preghiera assidua e il discernimento ecclesiale, si propizino le necessarie e urgenti vocazioni missionarie ad gentes di ministri ordinati, consacrati e laici, nell’auspicio che la nostra diocesi possa assumere direttamente il servizio di una terra di missione.

107. L’attività missionaria

L’Ufficio missionario diocesano, perciò, va adeguato nella sua organizzazione ed attività secondo le direttive della CEI, divenendo Centro Diocesano Missionario, con la partecipazione di tutti gli Istituti, organismi, associazioni che operano nel settore missionario.

Il C.D.M. sia il centro propulsivo dell’animazione missionaria nella diocesi, coordini l’apporto delle diverse istituzioni missionarie, formuli un programma di attività missionaria, con particolare cura per la formazione degli animatori missionari, promuova e sostenga le Pontificie Opere Missionarie.

Centro Missionario Diocesano

In ogni parrocchia o, almeno, a livello interparrocchiale, sia presente e operante la Commissione missionaria, che animi l’intera comunità attraverso iniziative di formazione, di preghiera e di azione, in stretto contatto con il C.D.M.

Le nostre parrocchie, poi, accolgano la presenza dei Missionari come un dono speciale, per fare animazione missionaria, sostenere le loro attività e vivano con impegno e con slancio la Giornata missionaria mondiale.

108. Il dialogo interreligioso e con i non credenti Lo sviluppo delle comunicazioni internazionali e

gli accentuati flussi migratori pongono la nostra diocesi in

Commissione parrocchiale

   

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relazione con persone, che professano religioni diverse, tra cui, soprattutto, l’Islamismo.

Per questo, va presentata ai nostri fedeli l’identità delle altre religioni rinvenendo in esse uno stimolo per riscoprire e confermare la sovrabbondante grazia di salvezza che a noi è stata data con la fede in Cristo e sentirsi maggiormente impegnati ad essere suoi testimoni.

Fedeltà al vangelo

Nei confronti delle altre religioni, bisogna inculcare sempre grande rispetto verso le persone, la loro fede, la loro cultura, stabilendo rapporti umani cordiali, solidali nelle necessità e nelle prove della vita e realizzando il confronto-dialogo, nella convinzione che tutte le religioni professano la fede in Dio e possono tra loro collaborare sui fondamentali valori dell’uomo.

Analogo atteggiamento di rispetto e di dialogo va tenuto anche con i non credenti, con i quali il dialogo potrà sintonizzarsi, partendo dalla centralità dell’uomo e dai problemi della giustizia, della libertà e della pace.

109. Sette e nuovi movimenti religiosi

Rispetto e dialogo

La comunità diocesana deve prendere consapevolezza della diffusione, anche dalle nostre parti, di sette e nuovi movimenti religiosi, seguendo con attenzione l’evolversi del fenomeno e adottando le iniziative necessarie per la conoscenza critica della dottrina e delle pratiche delle sette.

Per questo, è necessario che ogni comunità sia vigilante, pronta al dialogo con chi venisse a contatto con queste diverse esperienze religiose, premurosa con chi, pur avendovi aderito, desideri tornare alla vera fede, ricordando che la migliore prevenzione dalle sette è

Conoscenza e vigilanza

   

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 l’approfondimento della fede e la crescita della comunione ecclesiale tra le famiglie cristiane.144

L’Ufficio per l’evangelizzazione e la catechesi vigili attentamente sul fenomeno delle sette e delle nuove religioni, offrendo indicazioni, suggerimenti e proposte di lavoro.

   

                                                                                                               144 Cfr. CEI, Di fronte ai nuovi movimenti religiosi, 1993.

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CAP. 2

TESTIMONI DELL’AMORE E DELLA COMPASSIONE DI CRISTO

(Cf. Fil 2,1-5)

“Se io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni degli altri”.

(Gv 13,14)

Giovanni Paolo II, Lecce 18 settembre 1994 Testimoni di carità “Bisogna essere veri testimoni di carità, ed esserlo dappertutto: nelle famiglie, nelle parrocchie, nei luoghi di studio e di lavoro. E’ quanto voi, cari fedeli di Lecce, cercate di fare con generosità, mostrandovi attenti alle fasce più deboli della popolazione. Continuate su questa strada con slancio sempre rinnovato. C’è più che mai bisogno di tale impegno in una società che registra ancora tante forme di povertà, materiali e spirituali, antiche e nuove. E’ necessaria una cultura della solidarietà. Si impegnino soprattutto i genitori e gli educatori a formare le giovani generazioni allo spirito di servizio, all’apertura, al dialogo, al superamento di ogni tentazione egoista ed edonista”.145

   

                                                                                                               145 Bollettino Diocesano 1994, n. 8, p. 17.

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Cosmo Francesco Ruppi, Arcivescovo Impegno sociale e accoglienza di carità “Annoto l’urgenza di un maggiore impegno sociale e un più vivo impegno di carità: la disoccupazione e sottoccupazione, gli squilibri sociali tra le diverse categorie di cittadini, una evidente scollatura tra istituzioni pubbliche e cittadini, la persistenza di forti sacche di miseria, la condizione degli anziani soli e di tanti ammalati privi di assistenza, il crescente numero di tossicodipendenti, l’aumento e il dilatarsi della delinquenza organizzata (fenomeno prima sconosciuto nella terra di Salento!), la situazione di degrado in cui vivono i terzomondiali e gli immigrati in genere, il degrado del territorio, con innumerevoli fonti di inquinamento, lo stesso rifugio di molti nel privato con la caduta della socializzazione, l’aumento vorticoso di aborti e l’aumento sensibile di malati di AIDS… Sono fenomeni su cui i cristiani devono attentamente riflettere”.

Lettera pastorale, Giovani, vocazioni e famiglia, 1990 pag. 8

“Nella Udienza generale alla vigilia della Beatificazione di Filippo Smaldone, Giovanni Paolo II, parlando dell’immigrazione, disse che “si rende necessaria una mobilitazione generale che, unendo gli sforzi delle popolazioni, delle autorità ecclesiastiche e di quelle civili, trasformi le vostre città in luoghi di accoglienza e di incontro” (11 maggio 1996). Voi lo sapete bene quanto tali parole si siano avverate e quanti sacrifici stiamo facendo dal marzo di due anni fa per l’accoglienza dei profughi e immigrati: una massa enorme di poveri è passata dal nostro Centro e ha richiesto continui apporti di tutti. Il Sinodo della comunione è divenuto sinodo della solidarietà, della fraternità, della condivisione”.146

Omelia nella Veglia di Pentecoste, 22 maggio 1999

   

                                                                                                               146 Bollettino Diocesano 1990, n. 2, p. 8; 1999, n. 3, p. 98.

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1. LA DIACONIA DELLA CARITA’

110. Il Vangelo della carità

Ricordando che Cristo è il Vangelo vivente della carità di Dio, manifestata e donata al mondo per riscattare l’umanità dalle oppressioni del peccato e per riconciliare gli uomini con Dio e tra loro nell’amore (1 Gv 3,23), la Chiesa di Lecce è chiamata ad essere, nel mondo e per il mondo, sacramento della carità di Dio, ricordando che «Da questo vi riconosceranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni verso gli altri» (Gv 13,35). La testimonianza della carità è, pertanto, un punto importante del programma pastorale della comunità cristiana, che vivendo la comunione tra tutti i membri, si pone nella storia come segno efficace della presenza di Cristo e della sua salvezza.147

La comunità cristiana, rinnovata nell’amore, deve essere forza di rinnovamento della comunità umana, ricordando che la carità ci impegna a preparare nella storia il Regno di Dio, operando per la liberazione dell’uomo dalle oppressioni e dalle ingiustizie e collaborando con tutti gli uomini della terra per la costruzione di un mondo migliore.

111. L’amore preferenziale per i poveri

Chiesa Sacramento della carità di Dio

L’amore per gli ultimi è annuncio del Vangelo di Gesù, che si fa povero, dona il suo amore innanzitutto

Chiesa povera

   

                                                                                                               147 CEI, Evangelizzazione e testimonianza della carità, doc. cit., n. 9.

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ai poveri e agli umili (cfr. 2 Cor 8,9; Gc 2,5) e diviene modello di una Chiesa, che, vivendo le beatitudini evangeliche, si fa povera e si mette al servizio dei poveri.

Per questo, è necessario che il Vangelo della povertà sia assunto come stile di vita sobria ed essenziale nelle famiglie e nella comunità ecclesiale, rifiutando di conformarsi alla cultura dominante del superfluo, del consumismo, dello sperpero, dell’opulenza (Mt 6,25-33; Lc 12,15).

Da tale scelta scaturisce anche l’impegno dei cristiani e della Chiesa per un’equa distribuzione dei beni, per la difesa dei diritti dei poveri e degli oppressi, per il dono della solidarietà, della condivisione, della gratuità del servizio verso i poveri (cfr. Lc 11,41; 12,33. 2 Cor 8,13; 9,8).

A servizio dei poveri

Perché la solidarietà diventi concreta, a partire dalle attese e dai reali bisogni della gente, la Caritas diocesana istituisca un Osservatorio delle povertà, per offrire analisi aggiornate sulle povertà e proposte di intervento, mentre le singole comunità parrocchiali costituiscano un Centro di ascolto e/o un Segretariato sociale, per l’ascolto sistematico dei fedeli e dei loro bisogni.

112. Il servizio ecclesiale della carità

Osservatorio delle povertà

Nella consapevolezza che i segni individuali sono preziosi, ma l’amore di Cristo, che noi annunciamo, è tanto più credibile, se compiuto dal Corpo di Cristo e Popolo di Dio, è necessario che tutta la comunità testimoni la carità, incidendo sui meccanismi della vita sociale, in difesa dei poveri e per la promozione dei diritti umani.

Servizio comunitario

   

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Per questo, è importante che il servizio di carità ecclesiale sia inserito nel programma pastorale della diocesi e di ciascuna parrocchia e che in ogni parrocchia operi la Caritas parrocchiale, col compito di accertare le povertà, animare la testimonianza della carità, indirizzare e coordinare gli interventi caritativi, seguendo le indicazioni e i programmi della Caritas diocesana, regionale e nazionale.

Caritas diocesana, parrocchiale

Si costituisca inoltre la Consulta diocesana della carità, rappresentativa degli uffici pastorali e delle istituzioni cattoliche che si occupano dei poveri, per mettere in comune esperienze e progetti e sostenere concretamente le iniziative, le opere, i servizi per le categorie meno protette, istituiti dalle parrocchie e dai religiosi.

113. L’educazione alla carità

Consulta diocesana

Le parrocchie, con la catechesi e la liturgia, siano poi sollecite nell’educare la comunità ad aprirsi verso le povertà e le sofferenze, e la coinvolgano in una costante solidarietà, che faccia diventare problema di tutti la sofferenza di ogni fratello.

Problema di tutti

A tale scopo, va promosso il servizio del volontariato, per passare dalla semplice conoscenza dei bisogni all’impegno di farsene carico, dalla elemosina all’accoglienza, dalla carità emotiva ed occasionale agli interventi organici e continuativi, i soli che educano e fanno crescere la comunità.

Volontariato

Le aggregazioni laicali, associazioni e movimenti mettano a disposizione le loro capacità e carismi, per creare una rete di servizi per le diverse forme di povertà, esistenti nel territorio, mentre le famiglie diven-

Aggregazioni laicali

   

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tino la prima scuola di educazione al Vangelo della carità, adempiendo alla missione di trasmetterlo con l’eloquenza dell’amore.

In particolare, la famiglia sia sempre più accogliente nei confronti degli anziani, assistendoli con sacrificio e generosità e favorisca, nei giovani, esperienze forti di comunione e di promozione umana, coinvolgendoli in servizi di volontariato.

La famiglia

Il Vangelo della carità, infine, sia principio ispiratore di una coscienza morale, rinnovata nella sua dimensione sociale, rispetto ai diritti e ai doveri del cittadino, alla professione, vissuta con spirito di servizio, all’impegno sociale e politico, che è una forma eminente di carità.

Nella vita sociale

   

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2. LA PASTORALE DELLA SALUTE

114. La pastorale della salute

La Chiesa, seguendo l’esempio di Gesù, che passò beneficando e sanando tutti (At 10,38), con amore materno si pone accanto agli infermi, coglie la domanda di salute che si leva dal mondo della malattia, sostiene i sofferenti con la consolazione operosa e la preghiera, e promuove la dimensione integrale della salute, non soltanto fisica, ma anche spirituale e morale.

Accanto ai malati

Il coinvolgimento della nostra diocesi nella pastorale della salute non avvenga solo nel momento acuto della malattia grave, ma sia inserito nella pastorale ordinaria, al fine di compiere con costanza un’opera educativa, rivolta alle famiglie e agli operatori sanitari, per assicurare una presenza affettuosa accanto a tutti i sofferenti.

Nella pastorale sanitaria, pertanto, svolgano un ruolo significativo i familiari, con l’assistenza, colma d’affetto e di premura, verso i propri membri malati; i ministri ordinati, dispensatori, per tanti aspetti insostituibili, della grazia e della consolazione e il volontariato pastorale sanitario.

Nella pastorale ordinaria

La diocesi si faccia carico della formazione spirituale, pastorale e professionale dei volontari, per evitare improvvisazioni e interventi inadeguati e, tramite la Caritas e gli altri organismi competenti, coordini le attività delle parrocchie, associazioni e gruppi.

Formazione

In seno alla Caritas diocesana sono istituiti l’Ufficio della pastorale della salute e la Consulta diocesana per la pastorale sanitaria per promuovere e co-

Organismi

   

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ordinare l’azione pastorale di tutti coloro che operano in tale settore, primi tra tutti, i cappellani e le religiose ospedaliere.148

115. La cura degli infermi Notevole e costante deve essere, da parte delle

singole comunità, la cura pastorale degli infermi coinvolgendo direttamente i settori della catechesi, della liturgia e della carità.

a) E’ necessario innanzitutto evangelizzare il senso cristiano della malattia, alla luce del Mistero pasquale di Cristo, ricordando che, se la morte è conseguenza del peccato, il dovere del cristiano è di adoperarsi per preservare la salute e lottare contro la malattia in tutte le sue forme. Va poi sempre ricordato che la sofferenza della malattia, secondo i disegni imperscrutabili di Dio, ci rende partecipi della Passione di Cristo, è un mezzo di purificazione e di redenzione e fa divenire l’ammalato soggetto attivo di evangelizzazione.

Evangelizzare la sofferenza

b) Occorre inoltre prodigarsi per offrire ai malati l’assistenza spirituale adeguata, con la celebrazione della Messa nelle case dei malati più gravi e il dono del sacramento della Unzione degli infermi, che va conferito con ogni premura e diligenza, quanto lo stato di salute è compromesso per malattia o vecchiaia. Va altresì incoraggiata la celebrazione comunitaria della S. Unzione nella chiesa parrocchiale o negli ospedali, specialmente in alcuni particolari periodi dell’anno liturgico.

Assistenza spirituale

   

                                                                                                               148 CEI, La pastorale della salute nella Chiesa Italiana, Linee di pastorale sanitaria, 30 marzo 1989.

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c) Nel servizio di carità va sviluppato il rapporto fraterno con l’ammalato, dedicando attenzione e tempo per confortarlo nella sofferenza e dando particolare attenzione alle situazioni di povertà e di solitudine, con l’apporto delle pubbliche istituzioni e l’intervento generoso della carità cristiana.

Rapporto fraterno

Particolare attenzione e premura deve essere rivolta agli handicappati e ai disabili, che vanno inseriti, quanto più è possibile, nel vivo delle relazioni familiari, ecclesiali e sociali, agli handicappati psichici, ai malati in attesa di un trapianto d’organo e ai malati terminali.

Disabili

Intensa deve essere anche l’opera della comunità cristiana nella educazione dei fedeli alla donazione del sangue e alla donazione degli organi, incoraggiando le associazioni di volontariato, che operano attivamente nella nostra diocesi.

116. La pastorale ospedaliera

Donazione Sangue organi

Memori che il servizio degli operatori sanitari può considerarsi come una partecipazione al ministero di Cristo, che conforta i malati, si raccomanda di promuovere in tutto il territorio un’efficace pastorale ospedaliera, con l’intento di umanizzare la medicina, intervenire nel rapporto operatore sanitario, paziente e strutture sanitarie e tecnologiche e tutelare sul piano socio-politico la dignità e gli interessi umani e cristiani dell’ammalato.

Si offra agli operatori sanitari una formazione etico-religiosa, che promuova il culto dei valori umani e cristiani e affini la coscienza morale, allo scopo di svolgere con serio impegno la propria professione.

Nello spirito del Vangelo

   

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Importante, in tale prospettiva, è la funzione del Cappellano ospedaliero, quale ministro della consolazione di Cristo, dispensatore della grazia divina, animatore dello spirito cristiano in tutto il servizio ospedaliero, prevedendone anche la qualificazione e il ricambio.

E’ compito, infine, del Cappellano formare un Gruppo pastorale sanitario, per suscitare e ordinare una corresponsabile azione pastorale, che veda, ove ancora ci sono, al primo posto, le suore ospedaliere.

   

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3. CARITA’ E SPERANZA NELL’ORA DELLA MORTE

117. Nel momento del “passaggio”

La comunità cristiana, non solo testimonia la compassione di Cristo verso i malati, ma è anche chiamata a condividere il turbamento e il pianto del Maestro dinanzi all’evento sempre triste della morte, irradiando su di essa la luce della vita e della risurrezione (cfr. Gv 11,23.33-35).

Vivendo e testimoniando la carità, i cristiani devono essere innanzitutto accanto ai fratelli moribondi e ai loro congiunti, per sostenerli con affetto fraterno, specialmente nelle necessità materiali e per implorare la consolazione della speranza in Cristo Gesù. A coloro che sono in pericolo di morte va donato il santo Viatico, ultima solenne Comunione, che fortifica nella ansietà della morte e dona il pegno della risurrezione (Gv 6,54).

Accanto ai moribondi Il S.Viatico

Si ricordi, poi, che i malati terminali e moribondi hanno diritto di morire con dignità umana e cristiana, rigettando sia l’accanimento terapeutico che l’eutanasia, ma aiutandoli fraternamente a prendere coscienza della loro condizione, senza minimizzarla, né esagerarla, e facendo sì che essa si trasformi in accettazione ed oblazione per amore del Signore e la salvezza dei fratelli.

118. La comunione con i defunti

I malati terminali

Quando giunge l’evento della morte, la Chiesa è chiamata a confessare la fede nella risurrezione dei morti e nella vita eterna e a testimoniare, con la pre-

Fede nella Risurrezione

   

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ghiera per i defunti, la comunione tra la Chiesa della terra e la Chiesa del cielo.

In tale prospettiva, la comunità parrocchiale organizza la veglia di preghiera nella casa del defunto, con la presenza dei ministri sacri e dei laici, coinvolgendo in particolare i familiari e i vicini del defunto e celebra il funerale cristiano con l’accompagnamento della salma del defunto dalla casa alla chiesa, per sottolineare la sollecitudine con cui la Chiesa Madre accompagna il suo figlio alla casa del Padre, garantendo sempre un clima di meditazione e di preghiera.

Durante le esequie, tenendo conto che spesso sono presenti fedeli poco assidui alla liturgia, o non cristiani, si colga l’occasione per mettere in risalto il Mistero pasquale, la speranza e la fede nella risurrezione e si dia consolazione a chi piange, evitando gli elogi funebri, anche se è opportuno un richiamo alla testimonianza di vita del defunto.

Preghiera Esequie

Si inculchi poi nei fedeli il dovere del suffragio, che avviene soprattutto con la celebrazione della Messa, la preghiera e opere di carità e di misericordia.

Suffragio

Nel caso in cui, per motivi non contrari alla fede cristiana, viene scelta la cremazione del corpo del defunto, si celebrino le esequie nella cappella del cimitero o presso la tomba «in modo che non ne resti offuscata la preferenza della Chiesa per la sepoltura dei corpi, come il Signore stesso volle essere sepolto» (Rito delle esequie, Introduzione 15).

Cremazione

Ogni anno, infine, la comunità faccia memoria dei propri defunti, invitando i familiari a viverla intorno all’Eucaristia.

Memoria comunitaria

   

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4. LA PASTORALE DEI MIGRANTI

119. La Chiesa di Lecce e l’immigrazione Il Salento sta vivendo, nel volgere di pochi

decenni, il passaggio dall’esperienza dell’emigrazione a quella dell’immigrazione, che negli ultimi anni si è anzi estesa rapidamente in forme massicce e anomale, coinvolgendo direttamente le nostre coste e la Chiesa di Lecce.

Tale fenomeno ci interpella fortemente come cittadini e come cristiani, sollecitando una profonda riflessione sulla mobilità umana, sugli aspetti di povertà e di emarginazione, che feriscono tanti popoli, nonché dei valori e delle risorse, di cui le migrazioni sono portatrici, e richiedendo alla Chiesa di Lecce una risposta pastorale non episodica ed isolata, ma organica e specifica sul piano della evangelizzazione e della promozione umana.

120. La cura pastorale dei migranti

Chiesa interpellata

Il fenomeno delle migrazioni pone gravi problemi di accoglienza umanitaria, di integrazione sociale e di pluralismo culturale, di fronte ai quali siamo chiamati a dare adeguate risposte, aiutando i fedeli a superare un diffuso pregiudizio verso i migranti, considerati spesso come concorrenti nella soluzione del problema della disoccupazione e dello sviluppo.

Accoglienza

Per questo, va impostata una organica pastorale delle migrazioni, valorizzando la Giornata nazionale per le migrazioni, promuovendo frequenti esperienze di incontro e di dialogo con le altre culture e soprattutto

Incontro e dialogo

   

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inserendo gli immigrati cristiani nella vita delle nostre comunità.

La comunità cristiana, inoltre, deve promuovere una larga disponibilità al volontariato di ispirazione cristiana, specialmente tra i giovani, per l’accoglienza e l’aiuto agli immigrati, avendo cura che gli stessi volontari ricevano una solida formazione che li apra alla diversità delle culture, li abiliti a realizzare la solidarietà, e li conduca a passare da un impegno per gli immigrati ad un impegno con gli immigrati, accompagnandoli e sostenendoli sulla via dell’autopromozione.

Volontariato

A tale scopo, l’Ufficio diocesano Migrantes animi nella comunità diocesana la testimonianza della carità verso i migranti, coordini le diverse iniziative e i vari servizi, avvalendosi di collaboratori preparati, soprattutto in quelle parrocchie che registrano una presenza maggiore di immigrati, e collabori con gli altri gruppi o associazioni impegnati nel settore e con le Istituzioni civili, per favorire la progressiva integrazione tra gli immigrati e la comunità locale e dare risposta alle istanze religiose degli immigrati cattolici.

121. Il Centro di accoglienza “Regina Pacis”

“Migrantes”

Segno particolare della carità della Chiesa di Lecce è il Centro di accoglienza Regina Pacis, assiduamente impegnato nell’ospitalità degli immigrati, che giungono sulle coste del Salento o vengono ad esso inviati anche da altre parti d’Italia.

Tale Centro va da noi considerato come un evento di grazia e di ricchezza spirituale e un luogo di forte esperienza umana e cristiana per quanti siano disponibili ad offrire agli ospiti immigrati un’autentica testimonianza

Testimonianza diocesana

   

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di carità e di solidarietà, in un servizio rispettoso della persona, qualunque ne sia la provenienza, la religione, la cultura.

Costante deve essere, pertanto, l’aiuto e l’appoggio della intera comunità diocesana e delle singole associazioni di apostolato e di volontariato.

   

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5. LA PASTORALE CARCERARIA

122. La Chiesa di Lecce e la realtà carceraria

La Chiesa di Lecce rivolge particolare attenzione e premura verso i fratelli che soffrono nell’ambito giudiziario e penale, in risposta all’invito dell’amore di Cristo: «Ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt. 25,36), con una costante e generosa dedizione per sostenere i detenuti e le loro famiglie nel periodo di detenzione e favorire concretamente il loro reinserimento nella realtà sociale ed ecclesiale.

Accanto ai carcerati

La comunità cristiana è altresì interpellata dai gravi problemi sociali connessi col fenomeno della criminalità organizzata, della usura e della illegalità, impegnandosi assiduamente per una più incisiva azione educativa delle coscienze, per il rispetto della legalità e la prevenzione delle devianze.

123. La pastorale carceraria

Problemi sociali

Si sensibilizzi, pertanto, la comunità cristiana, facendo conoscere la realtà carceraria e stimolandola alla testimonianza di carità verso i detenuti e le loro famiglie, che si trovano in situazioni di disagio e di privazioni, e promuovendo, con la collaborazione dei gruppi ecclesiali, esperienze umane e sociali, capaci di rispondere alle attese educative di tanti giovani che spesso vivono ai margini.

Si promuova inoltre il volontariato carcerario, sia nella forma individuale, che in quella associata, e si dia particolare attenzione alla devianza minorile con un’opera di prevenzione del disagio adolescenziale.

Sostegno e prevenzione

   

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L’Ufficio di pastorale carceraria, nell’ambito della Caritas diocesana, promuova e coordini il servizio dei Cappellani carcerari e della comunità diocesana, sollecitando l’apporto di tutti, in particolare, delle comunità religiose che si dedicano alla accoglienza dei minori in difficoltà.

   

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CAP. 3

PROMOTORI DEL PROGRESSO DELLA CULTURA “Tutto ciò che è vero e nobile, che è giusto e puro, che è amabile e onorato, che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri”.

(Fil 4,8)

“Colui che sedeva sul trono disse: Ecco, io faccio nuove tutte le cose”.

(Ap 21,5)

Giovanni Paolo II, Lecce 18 settembre 1994 Un supplemento d’anima “C’è uno speciale servizio, che i credenti sono chiamati a rendere alla società. Si tratta di infondere in essa quel supplemento d’anima che consenta all’uomo contemporaneo, frastornato da molti richiami, di non smarrire i valori fondamentali dello spirito. L’apostolo Giacomo ci ha ricordato le caratteristiche della “sapienza che viene dall’alto”: essa è “pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia” (3,17). La testimonianza di una simile sapienza non può non indurre chi ne è toccato a guardare verso “l’alto”. Ed oggi è da molti avvertito il possente richiamo di Dio. Nella nebbia che non di rado avvolge l’umanità, si sente la necessità della luce divina, che i cristiani sono chiamati a testimoniare a titolo tutto speciale”.149

   

                                                                                                               149 Bollettino Diocesano 1994, n. 8, p. 17.

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Il rapporto tra fede e cultura

“Da sempre la pastorale ha una valenza culturale, perché la fede stessa ha un legame vitale con le sue espressioni culturali. Ora però è necessario assumere con maggiore consapevolezza il rapporto fede e cultura”. Cosmo Francesco Ruppi, Arcivescovo La realtà culturale leccese

CEI, Con il dono della carità dentro la storia, 1996, n. 25

“La tradizione culturale e storica di Lecce, insieme alla presenza di numerosi istituti scolastici e di una realtà universitaria in continua espansione, comporta una speciale attenzione ai problemi della cultura e della ricerca, che non può essere trascurata nell’opera di evangelizzazione e di dialogo, come pure l’esistenza di innumerevoli beni culturali merita, da parte nostra, una costante e crescente attenzione, per far sì che la storia passata si riversi proficuamente su quella presente e dia slancio e sostanza a quella futura”.150

Lettera pastorale, Con Pietro verso il Sinodo, 1994, p. 27

   

                                                                                                               150 Bollettino Diocesano 1994, n. 6, p. 27.

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1. LA CHIESA E IL MONDO DELLA CULTURA

124. Evangelizzare la cultura

La Chiesa di Lecce, forte della sua antica e gloriosa tradizione culturale, è attenta al mondo della cultura, che è l’insieme dei «mezzi con i quali l’uomo affina ed esplica le sue molteplici doti di anima e corpo» 151 facendo proprio il monito di Paolo VI: «Evangelizzare… in modo vitale, in profondità e fino alle radici, la cultura e le culture dell’uomo».152

Adeguamento pastorale

Per questo, è necessario adeguare la nostra azione pastorale agli orizzonti di evangelizzazione delle culture e di inculturazione della fede, superando la diffusa e spesso profonda divaricazione tra fede e vita, offrendo alle diverse culture il lievito del Vangelo e collaborando con tutti gli uomini per edificare un mondo migliore, con spirito di servizio, con stile di animazione e confronto.

125. La Chiesa e la cultura dei valori

Animazione e confronto

Per raggiungere tali obiettivi, è necessario promuovere i fondamentali e prioritari valori della vita, della persona e dell’amore attraverso l’impegno di servizio e di rispetto per la vita in tutte le sue forme e in tutti i suoi stadi, valorizzando il bisogno di autonomia, di responsabilità e di piena realizzazione della persona umana e coltivando l’amore e la solidarietà con l’acco-

Incarnare i valori fondamentali

   

                                                                                                               151 Conc. Ec. Vat. II, Gaudium et spes, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, n. 53. 152 Paolo VI, Evangelii nuntiandi, doc. cit., n. 20.

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glienza, l’integrazione, la tolleranza, dialogo, la collaborazione.

Costante e generoso deve essere, pertanto, l’impegno di liberare l’uomo dall’ignoranza e dalla povertà morale, recuperando il senso della propria vita, sfuggendo al rischio dell’alienazione e della passività e recando un contributo incisivo alla crescita dell’umanità nella pace e nell’unità, operando, contro la violenza, l’odio e i conflitti.

126. Pastorale e cultura

La Chiesa di Lecce deve dare impulso, in ogni settore della pastorale, all’opera di evangelizzazione della cultura e dell’inculturazione della fede, in sintonia col Progetto culturale orientato in senso cristiano della CEI.153

Pertanto, nell’azione pastorale va sviluppata la conoscenza della cultura contemporanea, sempre in rapida evoluzione, vanno ricercati nuove esperienze e linguaggi adatti all’odierno contesto culturale e vanno sempre più approfonditi i temi emergenti nella vita sociale, per dare risposte illuminate, che orientino il pensare e l’agire dei cristiani, rendendoli capaci di entrare in dialogo con tutti.

Progetto culturale

Costante deve essere, infine, l’impegno della Chiesa di Lecce per sviluppare la preziosa tradizione di arte, di bellezza e di cultura, resa manifesta dai numerosi monumenti religiosi, facendoli conoscere nella loro inte-

Tradizione culturale

   

                                                                                                               153 CEI, Con il dono della carità dentro la storia, doc. cit., n. 25; Pont. Cons. della cultura, Per una pastorale della cultura, 23 maggio 1999.

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 rezza e complessità e aprendoli alla fruizione di turisti, pellegrini e visitatori.

Per meglio conseguire l’obiettivo di una organica pastorale della cultura, si istituisca un Ufficio diocesano per la cultura, che agisca in piena sintonia con gli altri uffici della Curia.

Organismo pastorale

   

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2. LA PASTORALE DELLA SCUOLA

127. Scuola e famiglia

La Chiesa, consapevole dell’importanza del compito educativo, manifesta particolare attenzione e sollecitudine per la animazione umana e cristiana della realtà scolastica, luogo di rilevante importanza per la formazione integrale della persona, e si impegna a stimolare la famiglia e gli operatori scolastici, perché sentano l’importanza e la necessità di partecipare attivamente per la elaborazione e realizzazione di un progetto educativo integrale della persona degli studenti, rispettoso dei valori morali, civili e spirituali dell’uomo.154

Animazione umana e cristiana

Si ricorda, però, che la famiglia ha il diritto primario e originario e il dovere di educare i propri figli e, pertanto, spetta ad essa il diritto di scegliere, per i figli, la scuola più conforme alle proprie convinzioni religiose e al proprio progetto educativo e collaborare con la scuola costantemente per la piena attuazione del progetto educativo.

128. Il pluralismo educativo scolastico

Compito della famiglia

Poiché la scuola statale, per la sua laicità, non promuove un processo educativo, dotato di univocità di senso e di valore, i cristiani devono adoperarsi, perché nel quadro dell’autonomia delle istituzioni scolastiche,

Confronto e dialogo

   

                                                                                                               154 CEI, Per la scuola, Lett. della Comm. Ep. per l’educazione cattolica, 29 aprile 1995.

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sia assicurata la possibilità di realizzare un autentico pluralismo che, nel dialogo tra le diverse prospettive, alimenti la ricerca di senso, individuando l’acquisizione dei saperi, irrinunciabili per la conquista di una reale umanizzazione e coscientizzazione.

Per garantire, poi, alla famiglia la pluralità delle scelte educative, anche le scuole dirette da enti e da privati devono assolvere al loro compito educativo con trasparenza e disponibilità, in un clima di cooperazione con la scuola dello Stato.

129. La scuola cattolica

La comunità ecclesiale manifesta gratitudine e ammirazione per l’apporto che le scuole cattoliche, con generosità e sacrificio, danno all’educazione illuminata dal Vangelo e, per questo, ne condivide il progetto educativo e lo sostiene nei modi possibili.

La scuola cattolica, sollecitata dalle trasformazioni in atto, offra agli alunni ed al territorio un servizio educativo di alto profilo, per la qualità dell’offerta formativa, la ricchezza dell’esperienza di fede, e partecipi, in modo efficace, alla pastorale scolastica diocesana con il contributo della propria esperienza.155

130. Gli operatori della pastorale scolastica

Educare alla luce del Vangelo

Le comunità parrocchiali si adoperino per valorizzare la presenza dei cristiani impegnati nella scuola, invitandoli a dare un apporto qualificato alla vita della

Parrocchia

   

                                                                                                               155 CEI, La scuola cattolica, oggi, in Italia, Doc. past., 25 agosto 1983.

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comunità scolastica e sollecitando la famiglia a riappropriarsi del compito educativo che le spetta, collaborando con l’istituzione scolastica, statale e non statale, negli ambiti previsti dall’autonomia.156

Prezioso, a tale riguardo, può essere l’apporto delle associazioni e dei movimenti di ispirazione cristiana, legati al mondo della scuola, i cui membri devono essere il lievito apostolico della pastorale scolastica.

Per questo, le associazioni professionali di insegnanti e dirigenti, che si ispirano ai valori del Vangelo, devono impegnarsi maggiormente per suscitare, rafforzare e promuovere l’identità dell’educatore laico cristiano, mentre i movimenti ecclesiali, formati da studenti e genitori, devono educare i giovani ad una presenza impegnata e coerente nella scuola.

In seno alla Consulta delle aggregazioni laicali si instauri, inoltre, un dialogo aperto, al fine di individuare linee comuni della pastorale scolastica diocesana e porre la questione della scuola all’attenzione degli organismi pastorali, sia diocesani sia parrocchiali.

Associazioni

L’Ufficio di pastorale scolastica, in collaborazione con gli altri uffici interessati, promuova e coordini itinerari formativi e modalità di animazione.

131. L’insegnamento della religione cattolica

Ufficio

La nostra diocesi dà doverosa attenzione all’insegnamento della religione cattolica, inserita «nel quadro delle finalità della scuola» come disciplina scolastica

Presenza preziosa

   

                                                                                                               156 Congregazione per l’educazione cattolica, Il laico testimone della fede nella scuola, 15 ottobre 1982.

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per il carattere scientifico dell’oggetto di studio e per il suo alto potenziale educativo.

Mentre ringrazia i docenti di religione, che svolgono con impegno il loro lavoro, raccomanda ad essi di essere interlocutori credibili degli studenti e della comunità scolastica per testimonianza di vita, competenza pedagogica e partecipazione alla vita scolastica e li invita caldamente ad aggiornare le loro competenze, collaborare attivamente con gli altri docenti e con i genitori e camminare sulla via della “sinodalità”, intessendo costanti relazioni tra loro e con la comunità cristiana, che li ha riconosciuti idonei, in modo da realizzare, con un cammino di formazione permanente, un insegnamento sempre più proficuo.

Servizio competente e credibile

I docenti di religione, infine, devono essere sempre disponibili al servizio diocesano e parrocchiale, in particolare, all’animazione della pastorale scolastica.157

Collaborazione ecclesiale

   

                                                                                                               157 CEI, L’insegnamento della religione cattolica, Messaggio, 7 febbraio 1995.

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3. LA PASTORALE UNIVERSITARIA

132. La Chiesa e l’Università La Chiesa di Lecce rivolge una particolare

attenzione all’Università di Lecce, che costituisce una sede di produzione e di trasmissione di cultura e di ricerca scientifica, nella quale operano persone di diversa estrazione culturale e religiosa, ed è anche luogo educativo dei giovani, che completano la loro formazione personale e professionale.

Per questo, la Chiesa di Lecce deve investire maggiori energie nella pastorale universitaria, per aiutare studenti e docenti a superare la frattura tra cultura e Vangelo, e coniugare armonicamente fede e ragione, «le due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità».158

Investire maggiori energie

La pastorale universitaria, pertanto, si propone la formazione spirituale dei cattolici che operano nell’Università, perché crescendo nella fede, siano testimoni credibili del Vangelo, instaurino un dialogo profondo con tutti e si pongano a servizio dei più deboli e di coloro che sono alla ricerca della Verità.

Per le peculiari caratteristiche dell’ambiente universitario, tale azione pastorale deve essere sempre improntata a particolare sensibilità e sapienza, nella ricerca dei valori razionali, e con quella compren-

Opera formativa spirituale

   

                                                                                                               158 Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Fides et ratio, 14 settembre 1998, Intr.

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sione e tolleranza che sostengano il cammino intellettuale e morale delle giovani generazioni.159

133. I soggetti della pastorale universitaria

La Chiesa diocesana si sente coinvolta nella pastorale universitaria, ma, in modo particolare, lo sono i credenti che operano nell’Università (studenti, docenti, personale tecnico amministrativo) perché diano ragione della loro speranza (1 Pt 3,15) nei comportamenti quotidiani e nei rapporti interpersonali e rendano manifesta la comunione ecclesiale nel servizio al Vangelo della verità e dell’amore.

I cristiani

Gli studenti cattolici e le loro organizzazioni, poi, costituiscono un canale efficace, per sensibilizzare tutti gli studenti ai valori umani e cristiani e, per questo, devono collaborare attivamente tra loro e con la Cappella universitaria, evitando atteggiamenti di chiusura o di contrapposizione, offrendo con umiltà il proprio servizio ai fratelli.

Studenti

Particolarmente importante è il contributo che i docenti cattolici, consapevoli della loro alta e delicata funzione, possono dare alla pastorale universitaria con l’insegnamento accademico, ispirato ai valori umani e cristiani, la coerente testimonianza di vita e la disponibilità al servizio verso gli studenti e l’istituzione universitaria.

Docenti

Altresì rilevante, per la pastorale universitaria, è la presenza della Cappella universitaria, segno della trascendenza e luogo di incontro dei cristiani, il cui cap-

Cappella universitaria

   

                                                                                                               159 Congregazione per l’educazione cattolica, Pontificio Consiglio per i laici, Presenza della Chiesa nell’Università e nella cultura universitaria, doc. 22 maggio 1994.

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pellano, nominato dal Vescovo, deve essere coadiuvato da altri collaboratori, che fanno parte del gruppo pastorale universitario.

La Cappella e il gruppo pastorale universitario devono essere il centro propulsore e coordinatore della pastorale universitaria, promuovendo tutte le iniziative spirituali, che studenti e operatori cristiani intendono realizzare nell’ambito dell’Università.

Tra la Chiesa locale e l’Università, deve stabilirsi una feconda collaborazione, al fine di intessere contatti, programmare momenti formativi con gli studenti universitari, che vivono in parrocchia, e approfondire altresì i rapporti con l’ISSR.

Particolare premura si deve avere verso i numerosi studenti stranieri di diversa fede religiosa, promuovendo per loro iniziative anche di carattere ecumenico.

Collaborazione

   

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4. LA PASTORALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

134. La Chiesa e gli strumenti della comunicazione sociale

La Chiesa riconosce l’importanza, sempre più crescente e determinante, degli strumenti di comunicazione sociale nella formazione culturale e sociale dell’uomo, essendo «i principali strumenti informativi e formativi, di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari e sociali» 160 e avverte la necessità di accogliere e di usare tali strumenti come mezzi indispensabili per l’opera della evangelizzazione.161

Importanza

In tale prospettiva, è necessario che anche la Chiesa di Lecce si impegni sempre di più nella formazione dei fedeli all’uso dei mass media, valorizzando al massimo gli strumenti di comunicazione sociale, in adesione alle costanti indicazioni della Sede Apostolica e nel quadro del progetto culturale della CEI.

135. La pastorale dei mass-media

Impegno pastorale

Al fine di estendere ed approfondire la formazione dei recettori al senso critico e per educare ad un corretto uso dei media, bisogna inserire tale tema nei cammini di iniziazione cristiana e nella pastorale familiare e giovanile, tenendo corsi di qualificazione, per chierici e laici, sulla cultura della comunicazione e facendo sì

Opera formativa

   

                                                                                                               160 Cfr. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, doc. cit., n. 37. 161 Pont. Cons. per le comunicazioni sociali, Istr. past. sulle comunicazioni sociali Aetatis novae 22 febbraio 1992.

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che anche nella predicazione si usi un linguaggio comprensibile e significativo per l’uomo di oggi.

La Giornata delle comunicazioni sociali ed altre eventuali iniziative diocesane vanno preparate e valorizzate, al fine di sensibilizzare i fedeli ai temi delle comunicazioni sociali e formare i nuovi operatori, in grado di servire la verità attraverso i nuovi pulpiti del mondo contemporaneo.

Nella progettazione pastorale della diocesi e delle parrocchie si dia doverosa attenzione alla dotazione e all’uso sistematico dei moderni mezzi informatici e di comunicazione sociale, curando, in particolare, l’amplificazione sonora del tempio e l’uso degli audiovisivi nella catechesi.

Dotazione e uso

Le comunità devono sostenere gli organi cattolici di stampa, nazionali, come il quotidiano Avvenire, e locali, come L’Ora del Salento, di cui si auspica una maggiore diffusione in tutto il territorio diocesano.

Vanno altresì valorizzati gli strumenti radiotelevisivi proposti dalla CEI e vanno perseguite opportune collaborazioni con le emittenti locali.

Stampa e radiotelevisione cattolici

L’Ufficio diocesano delle comunicazioni sociali, con la collaborazione di una Commissione diocesana, deve stimolare e coordinare l’azione pastorale nel settore, curando la formazione degli operatori parrocchiali del settore e coinvolgendo maggiormente i religiosi e il laicato cattolico.

Ufficio

   

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5. LA PASTORALE DEL TURISMO E DELLO SPORT

136. La Chiesa il turismo

La Chiesa di Lecce deve farsi carico della accoglienza, della evangelizzazione e dell’accompagnamento del movimento turistico, che, divenuto fenomeno di massa, coinvolge pienamente la nostra realtà territoriale ed è una risorsa fondamentale per lo sviluppo del Salento per la bellezza delle risorse naturali e per la ricchezza delle testimonianze artistiche e architettoniche, in primo luogo della città Lecce, culla del barocco, che custodisce numerose chiese di grande valore e rinomanza.

Accoglienza ed evangelizzazione

Il patrimonio artistico della Chiesa, che va conservato e tutelato con particolare impegno, sia valorizzato come luogo e strumento di evangelizzazione e aperto al territorio, per la fruizione dei turisti.

A tale scopo, vanno formate alcune competenze specialistiche che, per professionalità e per passione, diventino artefici e custodi dell’identità religiosa ecclesiale, espressa anche attraverso il linguaggio della bellezza.

Il patrimonio artistico ecclesiale

La Chiesa di Lecce deve, inoltre, assicurare un adeguato servizio pastorale alle marine, ove, soprattutto nei mesi estivi, si realizza un intenso insediamento turistico-abitativo.

Le marine

L’Ufficio diocesano per il turismo, affiancato da una Commissione rappresentativa di esperti e di operatori del settore, attuerà un programma organico di pastorale turistica, in collaborazione con l’Ufficio di Arte sacra e dei Beni culturali, adoperandosi anche per la formazione di guide turistiche.

Servizio diocesano

   

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Va, infine, incoraggiato il turismo parrocchiale, quale efficace stimolo per la crescita della comunione ecclesiale, e vanno coordinati e organizzati i pellegrinaggi diocesani, in modo che siano esperienze di fede e di arricchimento spirituale.162

137. Animazione cristiana dello sport

La Chiesa deve valorizzare lo sport, facendo sì che la pratica sportiva sia un momento di autentica crescita umana e cristiana, di vera e cordiale socializzazione e di sviluppo degli autentici valori dell’uomo. Bisogna, per questo, animare sempre più lo sport, affinché metta al centro la dignità e il rispetto della persona umana, coltivi il valore autentico della corporeità e sviluppi le virtù umane e cristiane.

La comunità ecclesiale, con la guida dell’Ufficio diocesano dello sport, deve, perciò, favorire la pratica sportiva, con la creazione di gruppi sportivi, incoraggiando le associazioni nazionali di ispirazione cristiana, avendo cura che l’attività sportiva parrocchiale abbia sempre presenti le finalità educative e sia sempre guidata da educatori responsabili e pienamente inseriti nella comunità ecclesiale.

Valorizzazione

La Chiesa si renda infine presente nelle realtà sportive civili con delicatezza e rispetto, cogliendo le varie opportunità, per animare di spirito cristiano l’esperienza sportiva e dialoghi con le società sportive, offrendo servizi culturali, formativi e spirituali.

Presenza

   

                                                                                                               162 Cfr. CEI, Pastorale del turismo, dello sport, del pellegrinaggio, Ufficio CEI, 1996.

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CAP. 4

ARTEFICI DI GIUSTIZIA E DI SOLIDARIETA’ “Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. (Mt 22,21) “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia perché saranno saziati. Beati quelli che portano pace perché saranno chiamati figli di Dio”. (Mt 5,6.9) Conc. Ec. Vat. II, Decr. Ad gentes n. 16. Come buoni cittadini “I fedeli, che da tutti i popoli sono riuniti nella chiesa, «non sono affatto separati dagli altri uomini né per territorio, né per lingua, né per istituzioni politiche» (Lettera a Diogneto); perciò debbono vivere per Iddio e per il Cristo, mantenendo ogni onesta relazione con la vita della propria nazione: come buoni cittadini debbono coltivare un sincero amor di Patria”.

Cosmo Francesco Ruppi, Arcivescovo I cristiani assumano le proprie responsabilità “In una fase storica caratterizzata dal crollo delle ideologie e da segni di grave disorientamento e di profonda incertezza, in un contesto culturale turbato da vicende che mettono in crisi la qualità della vita e le ragioni della convivenza democratica, la Chiesa offre non tanto una sua presenza operativa (attraverso un certo numero di laici impegnati in politica) quanto una sua testimonianza di ascolto e di servizio alla persona. Il patrimonio di valori che la

Lettera pastorale, Dal Sinodo al Giubileo, 1996, pag. 42

   

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Chiesa custodisce e la secolare elaborazione del Magistero vengono messi al servizio di tutte le forze politiche perché ciascuna possa attingervi come a una fonte che rigenera. E’ indispensabile che la società civile torni ad interrogarsi sul sistema delle libertà, sulla qualità della vita, sul destino dell’uomo, sulle forme di convivenza, sulle ragioni che danno senso al lavoro e alle leggi dell’economia, sui motivi stessi dell’impegno politico. In questa situazione i cristiani non devono rintanarsi nelle sagrestie; ma ora più che mai devono assumere in pieno le proprie responsabilità senza paura e senza complessi di inferiorità, non delegando niente a nessuno, ma scendendo direttamente nell’agone politico con personale assunzione di responsabilità”.163

   

                                                                                                               163 Bollettino Diocesano 1996, n. 7, p. 42.

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LA PASTORALE SOCIALE: LAVORO, ECONOMIA, POLITICA

138. Evangelizzare il sociale

L’azione sociale della Chiesa è più che mai necessaria oggi, in un contesto di grande sviluppo tecnico, scientifico, industriale, di estesa globalizzazione politico-economica, di accentuata divaricazione tra popoli ricchi e popoli poveri, di una cultura consumistico-materialista, svincolata dalla verità e dall’etica, per poter fondare il futuro della umanità sui valori universali della libertà, della giustizia, della solidarietà e della legalità.

Necessità

Il nostro primo e urgente compito è, pertanto, quello di riproporre ai fedeli la dottrina sociale della Chiesa, perché trovino adeguate risposte da offrire al mondo sui temi della liberazione e dell’autentico sviluppo dell’uomo e della intera famiglia umana, memori che «per la Chiesa, insegnare e diffondere la dottrina sociale, appartiene alla sua missione evangelizzatrice e fa parte essenziale del Messaggio cristiano».164

Dottrina sociale

Va, pertanto, sviluppata la pastorale sociale che illumina, con la luce del Vangelo, la vita e l’attività umana nel lavoro, nella economia e nella politica ed è espressione viva e concreta di una Chiesa coinvolta nelle situazioni e nelle attese del popolo salentino, ricordando ai laici cattolici il dovere di essere protagonisti in tale delicato settore della vita pastorale della Chiesa locale.165

Laici protagonisti

   

                                                                                                               164 Cfr. Giovanni Paolo II, Centesimus annus, Lett. Enc., 1 maggio 1991. 165 Cfr. CEI, Evangelizzare il sociale. Orientamenti e direttive pastorali, doc. past. Ep. It., 22 novembre 1992, n. 6-8, 35; CEI, Chiesa italiana e Mezzogiorno: sviluppo nella solidarietà, doc. Ep. It. 18 ottobre 1989.

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139. L’economia a servizio dell’uomo

La pastorale sociale deve diffondere la cultura cristiana dell’economia e del lavoro, perché al centro sia posto l’uomo e tutto sia a servizio della dignità e dei diritti di ogni uomo. Nei luoghi e negli itinerari ecclesiastici, come nella famiglia e nella scuola, si stimolino i credenti a rifiutare la idolatria del denaro, a considerare a vivere l’economia ed il lavoro non nella logica del profitto e del mercato, ma nella logica della giustizia, della solidarietà, della libertà e della promozione della famiglia, della cultura, della religiosità.

140. La dignità e il diritto al lavoro

Giustizia, solidarietà, libertà

Purtroppo, ed è questa una delle più grandi preoccupazioni della Chiesa di Lecce, troppe persone, soprattutto nelle nostre zone, non hanno lavoro, con grave disagio e disorientamento soprattutto delle giovani generazioni.

Memori che il grado di civiltà di un popolo si misura anche dalla quantità e dalla qualità del lavoro e che la stessa Carta Costituzionale sancisce che la Repubblica italiana è fondata sul lavoro, i cristiani, ai vari livelli di responsabilità sociale, civile e politica, devono adoperarsi con ogni mezzo perché il diritto al lavoro sia a tutti concretamente riconosciuto.

La comunità cristiana deve dare, al riguardo, il suo pur minimo contributo, favorendo le informazioni sulle possibilità di lavoro, sostenendo le iniziative non profit, incoraggiando le forme consorziali di lavoro e sostenendo gli Enti cristiani di formazione professionale.

Un grave problema

Una particolare attenzione va data al lavoro femminile, non solo perché siano rispettate l’uguaglianza e la

Lavoro femminile

   

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dignità della donna, ma anche perché esso non sia a detrimento della famiglia e dell’educazione dei figli, dando adeguato rilievo al lavoro insostituibile ed impareggiabile che la donna fa nella sua casa.166

Vanno poi denunciati con forza i mali, che affliggono il mondo del lavoro, divenendo solidali con chi subisce ingiustizie e soprusi, derivanti dal mancato rispetto dei diritti dei lavoratori, dalla inosservanza delle leggi sul lavoro, dal cosiddetto lavoro nero e da ogni forma di violenza e di sfruttamento dei minori, da parte di enti e persone, mossi solo dall’egoismo del profitto.

Costante ed energica, poi, dev’essere la vigilanza della Chiesa contro le associazioni di tipo mafioso o criminale, che infangano le tradizioni della nostra terra e costituiscono un grave pericolo civile e sociale per tutti.

141. La pastorale negli ambienti di lavoro

I mali del mondo del lavoro

Considerando che la vita delle persone è profondamente orientata e plasmata dall’ambiente del lavoro, la Chiesa di Lecce deve realizzare una organica pastorale d’ambiente, indirizzata ai luoghi di lavoro e agli stessi lavoratori, al fine di formare e orientare i cristiani a vivere il lavoro in coerenza alla propria fede, con spirito di testimonianza e di attiva promozione umana, realizzando, ove è possibile, la presenza di una guida spirituale per lo svolgimento di momenti ecclesiali.

Presenza e animazione

   

                                                                                                               166 Cfr. Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, doc. cit., n. 23.

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Vanno, infine, promosse e sostenute le associazioni cristiane dei lavoratori e le associazioni professionali di categoria, che, pur non qualificandosi cristiane, siano aperte alla collaborazione sul piano dei valori umani e suscettibili al tema della solidarietà civile e sociale.

142. La politica e il bene comune

Associazioni cristiane

La pastorale sociale deve dedicare una speciale cura alla formazione della coscienza politica dei cittadini, aiutando i cristiani a riscoprire il valore morale e sociale del bene comune e intendere la politica come servizio del bene di tutti i cittadini, specie dei più deboli, nell’ottica della giustizia, della solidarietà, della convivenza pacifica, della compartecipazione e del compimento di una democrazia reale.

Formazione al bene comune

Per questo, è necessario che nei cammini formativi dei cristiani trovi debito spazio l’educazione civica e politica, relativa ai diritti, ai doveri e ai compiti del cittadino, con l’obiettivo di promuovere la cultura politica, che nasce dalla doverosa e critica informazione sui problemi della vita sociale e sulle dinamiche istituzionali della pubblica amministrazione, con una lettura degli eventi, alla luce del Vangelo e del Magistero.

Va, perciò, inculcato in tutti il rispetto della legalità e il dovere della partecipazione, a cominciare dal volontariato sociale all’interno delle organizzazioni sociali e degli stessi partiti, senza delegare tutto ai professionisti della politica e senza limitarsi alle sole scelte elettorali, che vanno fatte tenendo conto del legittimo pluralismo, della coerenza dei programmi con la dottrina sociale cristiana e della credibilità degli uomini, chiamati ad attuarli.

Cultura di legalità e di partecipazione

   

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143. Il servizio politico nelle istituzioni

Considerato che il venir meno della cosiddetta unità politica dei cattolici, in un solo partito, non ha esonerato i cristiani dal dovere di partecipare e di essere presenti, sia pure in forma diversa dal passato, nella milizia politica, va sempre più incoraggiata e stimolata la partecipazione dei fedeli laici all’impegno politico, per evitare il rischio della insignificanza o della emarginazione dei valori evangelici nelle sedi, dove si articolano le regole della convivenza sociale. A tale proposito, vanno deprecati diffusi scoraggiamenti, rifiuti pregiudiziali e comodi assenteismi, ricordando che il cammino del Vangelo nella storia esige la presenza e l’opera di politici cristiani formati e competenti, capaci di esprimere alte idealità.

Impegno Politico dei cristiani

La nuova situazione della presenza politica dei cattolici in Italia richiede, perciò, un intenso lavoro di formazione e di accompagnamento di coloro che operano nella legittima pluralità di opzioni politiche e si impegnano nelle difficili frontiere dell’agire politico, evitando di coinvolgere la Chiesa in questo o quel partito, in questa o quella coalizione.167

144. La formazione all’impegno socio-politico

dei cristiani

Pluralismo e Chiesa

La Chiesa di Lecce accoglie con fiducia l’insegnamento della dottrina sociale e si impegna a predisporre luoghi, strumenti e servizi, finalizzati alla formazione

Nei percorsi di fede

   

                                                                                                               167 Cfr. CEI, Con il dono della carità dentro la storia, doc. cit., n. 32.

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della coscienza sociale e politica dei cristiani, inserendo nella nostra progettualità pastorale l’educazione all’impegno sociale e politico negli ordinari percorsi catechistici, liturgici e caritativi dei fanciulli e dei ragazzi, dei giovani e degli adulti, avendo come riferimento gli stessi catechismi della CEI.

Di conseguenza, a cura dell’Ufficio diocesano di pastorale sociale, vanno promosse adeguate iniziative, su base diocesana, parrocchiale e interparrocchiale, per intensificare l’educazione civica, sociale e politica, incoraggiare le varie associazioni cristiane che, per loro natura e struttura, rappresentano luoghi importanti dell’animazione cristiana delle realtà temporali.

Educazione civica

Perché, poi, la politica sia sempre più espressione e strumento di carità, si propone di istituire, a livello diocesano, una Scuola di formazione diretta alla conoscenza e alla acquisizione dei valori cristiani del lavoro, dell’economia e della politica, mediante l’insegnamento e l’approfondimento della dottrina sociale della Chiesa, nella quale formare i fedeli laici per prepararsi al compito di operatori sociali nelle comunità e al servizio politico nelle Istituzioni.

Scuola di formazione

Per meglio aiutare i laici, che intendono lavorare nel sociale e nel politico, va approfondita la conoscenza della realtà socio-economica e politica del nostro territorio, istituendo un Osservatorio diocesano permanente, che studi i problemi legati al mondo sociale, appronti una mappa delle realtà, indichi i punti di forza e le debolezze del sistema locale e suggerisca possibili interventi e decisioni.

Osservatorio diocesano

   

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PARTE QUINTA            

LA CHIESA, NELLA SPERANZA,

EREDE DELLA VITA ETERNA

“Perché siano perfetti nell’unità” (Gv. 17,23)

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“Questa è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. (Gv 6,40)

Concilio Ec. Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium n. 45,48 “Il Signore è il fine della storia umana, il punto focale dei desideri della storia e della civiltà. La Chiesa… non avrà il suo compimento se non nella gloria dei cieli, quando verrà il tempo della restaurazione di tutte le cose (At. 3,21), e col genere umano anche tutto il mondo… sarà perfettamente restaurato in Cristo”.

   

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LA PASTORALE DELLA CHIESA “PELLEGRINA”

145. Chiesa della Speranza: «Vi annunziamo la vita eterna» (1 Gv 1,2)

Consapevoli che la fede della Chiesa proclama le verità ultime della risurrezione dei morti e della vita del mondo che verrà e tenendo sempre presenti i risultati della ricerca sociologica, da cui emerge che numerosi cristiani, anche tra noi, non accettano o mettono in dubbio le realtà escatologiche,168 la Chiesa di Lecce deve riproporre, con chiarezza e organicità, la speranza della vita eterna.

Annunziare le realtà ultime

Poiché, però, i tempi ultimi (1 Cor 10,11) sono iniziati dal giorno ottavo della Risurrezione di Gesù e la vita eterna è donata, in germe, nella fede e nei sacramenti, è necessario che la speranza cristiana non sia proiettata soltanto sulle realtà future e non sia accolta come pura consolazione nell’afflizione della morte, ma sia vissuta, come virtù, anche nella vita di ogni giorno.

Il Concilio insegna, infatti, che «l’attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo dell’umanità nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione che adombra il mondo nuovo».169

La prospettiva escatologica deve, dunque, animare, orientare e determinare sia la vita quotidiana dei fedeli che l’intera azione pastorale della Chiesa, sicché tutto sia visto e vissuto nella prospettiva dell’eternità.

Il presente nella prospettiva della vita eterna

   

                                                                                                               168 Cfr. Scarvaglieri, op. cit., p. 183, 470. 169 Gaudium et spes, doc. cit., n. 39.

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146. Chiesa dell’Esodo: «Come stranieri e pellegrini» (1 Pt 2,11)

La vita terrena del popolo di Dio è un vero

pellegrinaggio escatologico: camminiamo, infatti, come esuli, lontani dal Signore, bramando di essere rivestiti della gloria (2 Cor 5,1-10).

Dobbiamo, pertanto, guidare i fedeli a vivere la condizione del pellegrino, tenendo conto della relatività di tante forme e strutture ecclesiali, privilegiando la ricerca dell’essenziale nell’espressione della fede, nei valori della vita, nel servizio pastorale, custodendo la memoria del passato e aprendosi sempre più alle novità dello Spirito e ai segni dei tempi.

Condizione storica

Tenendo, poi, conto della nostra condizione di viatori, si invitino i fedeli ad amare la povertà e il distacco dai beni terreni, nella consapevolezza dei limiti e della provvisorietà delle cose umane e a rimanere sempre liberi dalle suggestioni del mondo, purificandosi dagli errori e incrostazioni storiche e accettando le afflizioni e difficoltà che si incontrano nella predicazione del Vangelo (cfr. Lc 21,34-35; 1 Pt 1,3-6.13-17).

147. Chiesa della Risurrezione: Cristo, «il

Primo e l’Ultimo» (Ap 22,13) Dobbiamo tenere presente che «Dio ha innalzato

Cristo alla sua destra, facendolo capo e salvatore» (At 5,31) e che dal trono di Dio e dall’Agnello, nella celeste Gerusalemme, scaturisce il fiume della vita – l’acqua dello Spirito – che nella Chiesa peregrinante congiunge gli uomini a Cristo, rendendoli partecipi della sua vita gloriosa (Ap 22,1 – Rom 6,3-11).

Povertà Vigilanza

   

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La Chiesa, pertanto, ha come fine quello di edificare se stessa come Corpo di Cristo (Ef 1,22-23). A Lui, perciò, deve fare riferimento sempre, nel suo essere e nel suo operare, ricordando che essa è Cristo e Cristo è la Chiesa e che, senza il Risorto e senza il dono dello Spirito, si ridurrebbe a semplice e caduca istituzione umana.

Il Signore della gloria tutto in tutti

Per questo, la Chiesa, nella fede del Signore Risorto, deve annunciare e testimoniare il Vangelo della vita, riscattata dal peccato e dalla morte e deve ricordare che nella vita nuova ed eterna «acquistano pieno significato tutti gli aspetti e i momenti della vita dell’uomo», e si riscopre «il valore incomparabile di ogni persona».

Di fronte «all’impressionante moltiplicarsi e acutizzarsi delle minacce alla vita delle persone e dei popoli, soprattutto quando essa è debole e indifesa», è necessario che la Chiesa di Lecce faccia giungere il Vangelo della vita al cuore dell’uomo e della società per «costruire una nuova cultura della vita».170

Vita redenta

Costante e generoso deve essere, inoltre, l’impegno della Chiesa, perché in Cristo gli uomini «abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10), e perché, spogliati dell’uomo vecchio, diventino creature nuove (Col 3,9-10; 2 Cor 5,17) e accolgano «il Signore della gloria» (Gc 2,1) nei segni della parola, dei sacramenti, della carità.

Vita risorta

   

                                                                                                               170 Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Evangelium vitae, 25 marzo 1995, n. 1-3, 80, 95.

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148. Chiesa della Ascensione: Partecipi della pienezza di Cristo (Col 2,10)

Costante dev’essere, inoltre, la fede in Cristo Gesù,

asceso al cielo che porta con sé i prigionieri, dona loro la libertà di figli ed eredi di Dio e li fa crescere fino allo stato di uomo perfetto ed alla pienezza di Cristo (Rom 8, 17; Ef 4, 8-16).

Memore che in questa energia ascensionale dello Spirito del Risorto è riposta la sorgente della universale vocazione alla santità nella Chiesa 171 , la comunità diocesana, mentre dispensa largamente la grazia sacramentale della santità, si sforza di testimoniare la via evangelica della santità nella condotta della vita, vissuta come partecipazione alla comunione d’amore della santa Trinità e resa manifesta nella pratica della carità.

Vocazione alla santità

Vivendo la verità nella carità, il cristiano, infatti, realizza il compimento della legge e il vincolo della perfezione (Ef 4,15; Rom 13,10; Col 3,14), e si trasfigura nella immagine di Cristo, di gloria in gloria, fino alla meta della corona della vita (2 Cor 3,18; Gc 1,12).

149. Chiesa della Gloria: «Beati gli invitati al

banchetto di nozze dell’Agnello» (Ap 19,9)

Anelito di perfezione

La Chiesa di Lecce rende grazie a Dio, perché «ogni giorno del nostro pellegrinaggio terreno è un dono sempre nuovo del suo amore per noi e un pegno della vita immortale»172 ed esulta di gioia, perché la misericordia del Padre la «santifica sempre come sposa del

Tra il “già” e “non ancora”

   

                                                                                                               171 Lumen gentium, doc. cit., n. 39 ss. 172 Messale Romano, Prefazio VI Domenica T.O.

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Cristo, madre lieta di una moltitudine di figli, per collocarla accanto a sé rivestita di gloria».173

Dedita «con rispetto e timore all’opera della salvezza» (Fil 2,12) nella nuova evangelizzazione del terzo millennio, accompagna e sostiene i suoi figli, affinché, saldi nella fede e perseveranti nella grazia, siano pronti, in ogni momento, a comparire davanti al tribunale di Cristo per ricevere la ricompensa delle opere buone (2 Cor 5,10).

Anelando, infatti, al riposo sabbatico nella Gerusalemme nuova, che discende dal cielo (Ebr 4,9; Apoc 21,2), e pregustando il giorno in cui Cristo «verrà per essere glorificato nei suoi santi» (2 Tess 1,10), la Chiesa di Lecce con filiale pietà volge lo sguardo alla B. V. Maria Assunta in cielo, immagine e inizio della Chiesa e a Lei, Madre di Cristo, si affida come a «segno di sicura speranza e di consolazione»174 ringraziando, per mezzo di Lei, il Padre per il dono del Concilio, del Sinodo e del Santo Giubileo.

La perseveranza finale La comunione con la B.V. Maria e i Santi

   

                                                                                                               173 Ivi, Prefazio, Dedicazione delle Chiese. 174 Lumen gentium, doc. cit., n. 68.

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150. «Amen. Vieni, Signore Gesù» (Ap 22,20) «Nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della

gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo» (Tt 2,13), la Chiesa di Lecce geme interiormente e invoca la liberazione «dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rom 8,19-22):

«O CRISTO, STELLA RADIOSA DEL MATTINO,

INCARNAZIONE DELL’INFINITO AMORE,

SALVEZZA SEMPRE INVOCATA E SEMPRE ATTESA,

TUTTA LA CHIESA ORA GRIDA

COME LA SPOSA PRONTA PER LE NOZZE:

VIENI, SIGNORE GESU’,

UNICA SPERANZA DEL MONDO».175

AMEN, ALLELUIA, ALLELUIA, ALLELUIA!

   

                                                                                                               175 Messale Romano, Collette feriali T.O., n. 34 p. 1025.

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AFFIDAMENTO DELLA CHIESA DI LECCE ALLA BEATA VERGINE MARIA

Preghiera di Giovanni Paolo II

Lecce, 18 settembre 1994

“Dalla città di Lecce, che s’onora di qualificarsi Civitas mariana, elevo la mia preghiera a Te, Vergine Santa. Lo faccio tra questa cara gente del Salento, che Ti venera con profonda devozione e Ti saluta come Madre di tutte le Grazie. Vergine Santissima, ci consola il saperti al nostro fianco. Tu con mano sicura ci guidi a Cristo tuo Figlio. A Te la Chiesa che è in Lecce affida i suoi progetti di bene, le fatiche apostoliche e l’impegno della testimonianza evangelica in mezzo a queste genti laboriose e fedeli. Ti salutiamo, Vergine benedetta, nei Santuari che la pietà popolare Ti ha elevato in terra salentina: quello della Madonna di Roca, in riva al mare; quello della Madonna della coltura, di Parabita; e, in particolare tra i molti altri, quello di Santa Maria “de finibus terrae”, di Leuca.

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Ti preghiamo, Vergine fedele, da questa terra, che ama invocarti anche come Odegitria, assisti i credenti nel quotidiano sforzo di trovare vie d’incontro e di mutua comprensione. Qui, dove l’Oriente e l’Occidente si sono scambiati preziosi doni di fede e di civiltà, Ti sentiamo vicina, Madre dell’unità. Alimenta in tutti i cristiani il desiderio di giungere presto a proclamare in piena sintonia la fede degli Apostoli, per poter celebrare all’unica mensa il sacrificio del Corpo e del Sangue del Signore. Apri il loro cuore alla fiducia e al dialogo, perché possano essere nel mondo testimoni credibili del Vangelo di salvezza. La nostra preghiera si innalza fervente per tutte le famiglie: Tu conosci le difficoltà a cui sono esposte, le insidie che ne minacciano la stabilità, le proposte che ne stravolgono la fisionomia voluta dal Creatore. Ci rivolgiamo a Te, che hai dato al mondo il Redentore, perché non sia ulteriormente indebolita questa primordiale cellula della società, culla della vita dell’essere umano e “via” della Chiesa. Ti raccomandiamo i giovani, specialmente quelli delle Puglie, proiettati verso un avvenire di speranza; le donne, chiamate ad offrire un grande contributo all’edificazione di una società più accogliente per tutti; i deboli, gli anziani, gli ammalati e i sofferenti, bisognosi di più attenta solidarietà. Veglia su ciascuno con assidua premura, e su tutti effondi l’abbondanza dei tuoi doni, o Regina senza macchia di peccato, o Madre di tutte le grazie, o Vergine Maria!”.176

                                                                                                               176 Bollettino Diocesano 1994, n. 8, p. 20.

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