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20 bollettino ARCHIVIO G. PINELLI Biografie Lato Latini, il tipografo fiorentino Cose nostre Un decennio di Bollettino Note di rivolta La vera storia de “La locomotiva” Tesi e ricerche Ipotesi per una società aperta Testimonianze orali Vicende di un calzolaio mestrino Memoria storica L’osteria luogo di libertà

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BiografieLato Latini, il tipografo fiorentino

Cose nostreUn decennio di Bollettino

Note di rivoltaLa vera storia de “La locomotiva”

Tesi e ricercheIpotesi per una società aperta

Testimonianze oraliVicende di un calzolaiomestrino

Memoria storicaL’osteria luogo di libertà

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2 0Hanno collaborato a questo numero,oltre agli autori delle varie schede informative,

Rossella Di Leo, François Innocenti, Sara Siena, Dino Taddei, Cesare Vurchio.In copertina: Giuseppe Pinelli in una foto del maggio 1958 a Roma.

Quarta di copertina: foto tratta da Come eravamo, a cura di Adriano Mordenti, Savelli, Roma, 1975.

Cose nostre• I quaderni del Centro studi libertari• Convegno sull’USI• Incontro con Ruben Prieto• “Lavoro e libertà”• Quota associativa 2003• Errata corrige• Dieci anni di Bollettino

Tesi e ricerche• Merlino e la società apertadi Lucio Gabellini• Freddo e rabbia: una “machnovitchina”siberianaa cura di Pietro Acquistapace

Memoria storica• L’osteria “luogo” di libertàa cura di Pierpaolo Casarin• Il pub di Justus Schwaba cura di Sergio Vaghi• Vedi alla voce “alcolismo”a cura di Pierpaolo Casarin

BIOGRAFIE• Lato Latini, il tipografo fiorentinodi Filippo BenfanteTESTIMONIANZE ORALI• Il processo a Luciano Visentin, calzolaio di Mestredi Piero Brunello

Informazioni editoriali• La lotta solitaria contro il franchismodi Stefano Olimpi• “Balance”, uno sguardo sulla Guerra diSpagnadi Lorenzo Pezzica

Incontri• L’indelebile mito di Sacco e Vanzettidi Lorenzo Pezzica• Conferenze in Russia su Bakunin e Kropotkin

Immaginazione contro il potereNOTE DI RIVOLTAIlluminava l’aria la fiaccola dell’anarchia...a cura di Simone Galli

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D ieci anni. Con questo numero, con il ventesimo(quasi) puntuale appuntamento semestrale, il nostro Bollet-tino compie dieci anni. Non moltissimi, ma non pochi, perun’iniziativa portata avanti da forze esigue e volontarie –quello che una volta si diceva “militanza”. Non poca cosaquesti venti bollettini, per quantità ma – via! – anche perqualità, pur se consapevoli dei nostri limiti. Partiti conquella che voleva essere poco più che una circolare infor-mativa rivolta ai soci e agli utenti dell’Archivio G. Pinelli,il Bollettino s’è ben presto arricchito e diversificato informe e contenuti, accostando a tematiche strettamentearchivistiche argomenti di più generale interesse e financorubriche divertenti e divertite, guadagnandosi così una“audience” di alcune centinaia di lettori attenti e affeziona-ti, che lo apprezzano per mestiere, per gusto, per passione,per curiosità…La formula è sempre stata quella impostata sin dai priminumeri, una formula “minimalista” ma nondimeno ambi-ziosa. Minimalista nella struttura redazionale: scritti brevi,strettamente essenziali, per lo meno negli auspici, rubrichetelegrafiche… Minimalista nei temi: occuparsi prevalente-mente (non esclusivamente, certo) “di piccole storie indi-viduali, di persone e fatti poco noti, che hanno però costi-tuito il tessuto connettivo della grande Storia con la maiu-scola”. Così scrivevamo dieci anni fa.Rivisitando il passato remoto, ma esplorando anche il pas-sato prossimo, con qualche puntata sul presente, “travali-cando al contempo i confini delle tradizioni culturali perindagare sulle diverse espressioni assunte dall’anarchismocontemporaneo” (sempre noi, dieci anni fa), abbiamo fattodi questo Bollettino un piccolo ma apprezzato strumentodi memoria anarchica e di cultura libertaria (a chi ne hala sensibilità lasciamo il cogliere la differenza).Nell’occasione di questo anniversario ci “autocelebriamo”con una copertina dedicata a Giuseppe (“Pino”) Pinelli,ucciso trentatre anni fa, compagno e amico di chi ventiseianni fa istituì il nostro Archivio. E lo facciamo con unafoto inedita gentilmente fornita da Licia Pinelli Rognini,che ringraziamo. Con l’occasione pubblichiamo anchel’Indice generale del Bollettino, schietta documentazionedi quanto abbiamo appena detto in merito, segnalando chei primi 19 numeri sono ora interamente disponibili ancheonline. Grazie a tutti coloro che in questi dieci anni hannocollaborato al Bollettino.

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4Cose nostre

I quadernidel Centro

studi libertari

Il primo dei quaderni delCentro studi libertari/Archivio Pinelli, Voci di compagni, schede diquestura. Considerazionisull’uso delle fonti orali edelle fonti di polizia perla storia dell’anarchismo,è già arrivato alla secondaedizione. Ricordiamo cheil volume (128 pagine)costa euro 10,00 e puòessere richiesto diretta-mente al Centro studi

libertari pagando in antici-po sul c/c postale n.14039200 o lo si può tro-vare in libreria distribuitoda Elèuthera.

Convegnosull’USI

Sabato 23 novembre 2002presso lo Spazio TeatroUSI di Milano si è tenutala giornata di studio:1912-2002. Alle radici delsindacalismo libertario:90 anni dell’Unione Sin-dacale Italiana, a curadell’Unione Sindacale Ita-liana in collaborazionecon l’Archivio GiuseppePinelli. Diversi i temiaffrontati: il ruolo avutodall’USI negli anni dallanascita alla dittatura fasci-sta, le problematiche orga-nizzative, il tema dellastrategia politico-sindaca-le, l’antimilitarismo, idiversi sforzi di riorganiz-zazione dell’USI nel dopo-

guerra, sino a giungere auna discussione sull’attua-lità del sindacalismo liber-tario. All’avvenimentohanno portato un contri-buto significativo numero-si studiosi, ricercatori emilitanti.

Incontro conRuben PrietoLo scorso settembre si ètenuto alla Cascina auto-gestita Torchiera di Mila-no un incontro conRuben Prieto, uno deifondatori della Comuni-dad del Sur di Montevi-deo nel 1955. L’incontro,

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L’immagine riprodotta nelmanifesto è la Camera delLavoro aderente all’USI di

Piombino (LI)

La copertina del Quadernoriproduce la foto segnaletica diUmberto Tommasini scattata a

Trieste nel gennaio 1941, appenaestradato dal campo di concen-tramento di Vernet d’Ariège ediretto al confino di Ventotene

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organizzato dal gruppoTierra y Libertad perl’appoggio all’autonomiadelle comunità zapatistedel Chiapas e dal nostrocentro studi, aveva cometitolo Solidarietà e auto-gestione nella bufera lati-noamericana. E infattiRuben Prieto ha parlatodei fermenti sociali inatto in vari Paesi sudame-ricani e dell’esperienzacomunitaria e autogestio-naria della Comunidaddel Sur, sottolineandol’importanza della ricercae dell’invenzione diforme di autogestione peraffrontare e risolvere imolteplici aspetti dellanostra quotidianità, anchee soprattutto in situazioneconflittuale.

“Lavoro elibertà”

Sul numero 19 del Bol-lettino Virgilio Galassi,nel presentare la testata,invitava chiunque avesseil n. 2 di “Lavoro eLibertà”, andato disperso,a inviagli le fotocopie. IlCIRA di Lausanne haprontamente rispostoall’appello e ci ha fattopervenire il numero man-cante. Grazie.

Quota associativa

2003Come sempre, con l’iniziodel nuovo anno sollecitia-mo quanti sono interessatia sostenere le attività diarchiviazione e ricerca asottoscrivere o rinnovarela quota associativa annua,che è un importante con-tributo all’esistenza delCentro studi libertari e del-l’Archivio Pinelli, che – loricordiamo – sono due ini-ziative del tutto autofinan-ziate. Nel 2003 le quoteassociative saranno di euro

25,00 per quella ordinariae di euro 50,00 per quellastraordinaria. A tutti i sociverrà inviato come di con-suetudine il Bollettinosemestrale.

Errata corrige

Per una svista, dando noti-zia dell’acquisizione delFondo Bruna Casata sulBollettino 19, non è statocitato il nome di PaoloFinzi, responsabile di “Arivista anarchica”, che ciha messo in contatto conla famiglia donante.

5 Cose nostre

Marianne Enckell e Marie Christine Mikhailov fondatrici e responsabili del CIRA di Losanna

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Bollettino 1 - settembre 1992

Cose nostreCentro studi libertari/Archivio G. Pinelli

Memoria storica“L’Antistato”, quaderni clandestini editi daVincenzo Toccafondodi Italino Rossi

Tesi e ricerche• “Volontà”: riflessioni sull’anarchismo con-temporaneodi Massimo Rossi• L’ecologia sociale di Murray Bookchin di Sandro Apis• La società anarchica futura tra utopia e realtàdi Laura Reina

Informazioni bibliografiche• Sacco e Vanzettidi Antonio Lombardo• Il movimento anarchico yiddish nei Paesi dilingua inglesedi Furio Biagini

Storia per immaginiMOSTRE

• Spagna 1936-1939: immagini di una guerracivile e di una rivoluzione sociale• Storia e geografia dell’anarchismo• Errico Malatesta: una biografia per immaginiARTE

Les Turpitudes sociales di Camille Pissarrodi Benito Recchilongo

Anarchivi• Biblioteca Franco Serantini• Biblioteca Armando Borghi• Archivio Famiglia Berneri• Archivio Proletario Internazionale• Archivio Giuseppe Pinelli

La reteGli archivi anarchici nel mondo

Bollettino 2 - giugno 1993

Cose nostre • Fondo Vanzetti• Labadie Collection• Criteri di computerizzazione• Seminari

6Cose nostre

Dieci anni di BollettinoPer celebrare il decennale del nostro Bollettino riportiamo qui di seguito l’indice

generale di tutti i numeri precedenti, ora disponibili online sul nostro sitowww.archiviopinelli.it e scaricabili in formato PDF. La versione cartacea può essere

richiesta versando euro 4,00 sul c/c postale segnato nella quarta di copertina.

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Tesi e ricerche• L’individuo, la libertà, la famiglia nell’anarchismo americano dell’Ottocentodi Pietro Adamo • La sociologia urbana di Murray Bookchintra comunità e utopiadi Dario Padoan• Scienza, diritto e politica nell’opera diLysander Spoonerdi Agostino Manni

Memoria storicaDOCUMENTI RARI

La Nouvelle Geographie Universelle eL’Homme et la Terredi Fabrizio EvaDOCUMENTI INEDITI

• Vittorio Baldi• Ugo Del Papa• Tito Eschinidi Italino RossiANARCHIVI

• CIRA

• Circolo Carlo Vanza• Ricordo di Angelo Conti-Rossini a cura del Circolo C. Vanza

AnniversariCarlo Trescadi Maurizio Antonioli

Informazioni bibliografiche • Un secolo di stampa anarchica di linguafrancese nel mondodi René Bianco• La stampa anarcosindacalista in Spagnadalla Prima Internazionale alla guerra civiledi Paco Madrid• Murray Bookchindi Sandro Apis• Lysander Spoonerdi Agostino Manni

Informazioni editoriali • Archipiélago• Trafik• Raven• Editrice A

La rete Le librerie anarchiche

Attività libertarie • Institute for Social Ecology• Arti e mestieri libertari

AppuntamentiExposició Internacional de Barcelona

Storia per immagini MOSTRE

La guerra e la paceFILM

• Sacco e Vanzetti: fatti, finzione, cinemadi Robert D’Attilio• La colonia Ceciliadi Isabelle Felici

Varie ed eventualiEFFERATEZZE

• Il voto• Preghiera per le elezioni

7 Cose nostre

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Bollettino 3 - febbraio 1994

Cose nostre• Errata corrige e dintorni • Laboratorio stampa

Storia per immaginiDOCUMENTARI

Noam Chomsky e i mediaARTE

Man Raydi Dario Bernardi

Tesi e ricercheIl movimento anarchico a Milano nell’etàgiolittianadi Donatella Romeo

Memoria storicaDOCUMENTI RARI

• Il supplemento letterario de “La Protesta”di Eduardo Colombo• La Scuola Moderna di Cliviodi Francesco CodelloANARCHIVI

• CIRA/Marseille• CDHS/Barcelona

DOCUMENTI INEDITI

• Silvano Fedi• Virgilio Gozzoli di Italino RossiANNIVERSARI

• Virgilia D’Andrea: maestra, poetessa, anarchicadi Robert D’Attilio• John Henry Mackay• Gino Lucetti

Attività libertarie• Gli Amici di François Partantdi Jean-Jacques Gandini• Interrogations Ricerche Visive• Cooperativa Alekos

Informazioni bibliografiche• Alex Comfort• Colin Ward

Album di famigliaOcchio alla cravatta!

Informazioni editoriali• Eresie islamiche e tradizione libertaria• Ates Hirsizi• Social Anarchism• Itineraire

Immaginazione contro il potereGeorges Brassens, chansonnier libertariodi Mimmo Franzinelli

Varie ed eventualiEFFERATEZZE

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Bollettino 4 - dicembre 1994

Cose nostre• Schede biografiche• Errata corrige e dintorni

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Memoria storicaANARCHIVI

Biblioteca Popular José Ingenieros di Buenos Airesdi Eduardo ColomboDOCUMENTI RARI

“Iconoclasta”di Marcello GuerrieriTESTIMONIANZE ORALI

Ricordo di Rudolf Rockerdi Valerio Isca

Tesi e ricerche• Filosofia della natura ed etica nel pensierodi Murray Bookchindi Francesco Berti• “Pensiero e Volontà” nell’itinerario politicodi Errico Malatestadi Marco Apostolo• Razionalismo e misticismo nella controcultura americanadi Pietro Adamo

Informazioni bibliografiche• Ronald Creagh• Bibliografia essenziale per la storia dellaResistenza anarchica di Furio Biagini

Album di famigliaPietro Gori

Attività libertarie• Centro di Documentazione Anarchica• Institute for Social Ecology

Informazioni editorialiNunzio Pernicone, Italian Anarchism 1864-1892

Storia per immaginiMOSTRE

Anarchici nel movimento operaio apuanodi Gianni Rustighi

Immaginazione contro il potereFrank Zappadi Marco Pandin

Varie ed eventualiEFFERATEZZE

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Bollettino 5 - luglio 1995

Cose nostre• Attilio Bortolotti • Clément Duval• Convegno Resistenza• Video sulla Resistenza anarchica• Lavallière

Memoria storicaDOCUMENTI INEDITI

Una resistenza lunga vent’annidi Ugo FedeliTESTIMONIANZE ORALI

• Partigiani a Milano: Mario Orazio Perelli e Mario Mantovanidi Dino Taddei• Il moro delle Ferrieredi Tobia Imperato DOCUMENTI RARI

• Le Brigate libertarie Bruzzi-Malatesta

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• Biografie partigiane: Mario Betto, LeandroSorio, Dario Cagno

Storia per immaginiMOSTRE

Le tappe della vita di Silvano Fedidi Renzo Corsini

Tesi e ricercheAnarchici e libertari nella Resistenza cuneensedi Antonio Lombardo

Album di famigliaRobert Capa

Varie ed eventualiMutuo soccorso

AppuntamentiLa cultura libertariaGrenoble, 1996

Bollettino 6 - dicembre 1995

Cose nostre• Luciano Farinelli• Errata corrige e dintorni

Memoria storicaTESTIMONIANZE ORALI

Intervista a Henri Laboritdi Luciano LanzaDOCUMENTI RARI

“La Scuola laica”, una rivista pedagogicad’avanguardiadi Francesco CodelloDOCUMENTI INEDITI

• Egisto Gori,• Galileo Palladi Italino RossiANARCHIVI

Il “Fondo l’Adunata” di Bostondi Robert D’Attilio

Informazioni bibliografiche• Maurizio Antonioli• Per una bibliografia sistematica del federalismo libertariodi Alessio Vivo

Tesi e ricerche• L’itinerario politico di Luigi Fabbri di Lorenzo Pezzica• Benjamin Tucker: un anarchismo madein USA

di Stefania Minervino

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Immaginazione contro il potere NOTE DI RIVOLTA

Da Franti a Inisheer, un percorso musicalelibertariodi Stefano Giaccone

Informazioni editoriali• L’esperienza di “Anarchy” (1961-1970) neiricordi del suo redattoredi Colin Ward• Two Hundred Years of American Communes

Storia per immaginiMOSTRE

• Francesc Ferrer y Guardia i l’Escola Moderna• Note bio-bibliografiche su Ferrerdi Francesco Codello

Attività libertarieEl Lokal di Barcellona

Varie ed eventuali EFFERATEZZE

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La reteNew York

Bollettino 7 - luglio 1996

Cose nostre• I fondi dell’Archivio Pinelli• Spagna 1936

Tesi e ricerche• L’altra Italia. Alle sorgenti laiche, libertariee anarchiche della democrazia• Il pensiero anarchico “classico”

Memoria storicaDOCUMENTI RARI

“La Scuola Moderna”, rivista quindicinale di cultura popolaredi Francesco Codello

DOCUMENTI INEDITI

Paul Eltzbacherdi Leonardo BettiniTESTIMONIANZE ORALI

• Brand, alias Arrigonidi Paul Avrich• Ricordo di Paolo Gobettidi Tobia Imperato• Intervista a Corrado Quaglinodi Tobia Imperato

Informazioni bibliograficheLeggere l’anarchia, bibliografia ragionataa cura di Salvo Vaccaro

Informazioni editoriali• Paul Robin: notizie bio-bibliografichedi Francesco Codello• Kropotkin back in towndi Bas Moreel

La retePiccola mappa libertaria nella CSI

Storia per immaginiL’obbiettivo del Pacific Street Film Projectsull’anarchismo americanodi Ornella Buti

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Varie ed eventualiEFFERATEZZE

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Bollettino 8 - dicembre 1996

Cose nostre • Spagna 1936: l’utopia si fa storia• Piccola autocelebrazione• Valerio Isca

Memoria storica• Aurelio Chessa, l’impegno di una vitadi Furio Biagini• Ricordo di Aureliodi Pietro MasielloANNIVERSARI

• Spagna 1936-1939: libertà, rivoluzione, utopiascritti di Amedeo Bertolo, Nico Berti, AlfonsoBotti, Marco Puppini, Marco Novarino, ClaudioVenza• Camillo Berneri, un anarchico tra Gramscie Gobettiscritti di Goffredo Fofi, Gianni Carrozza,Francisco Madrid Santos, Claudio Venza,Costanzo Casucci, Marco Scavino

• Vestivamo alla milizianadi Dino Taddei

Informazioni editoriali Buenaventura Durruti

Informazioni bibliografiche La stampa anarchica durante la rivoluzionespagnola di Francisco Madrid Santos

Attività libertarieArte e anarchia in Svizzera

Storia per immaginiARCHIVI ICONOGRAFICI

Immagini della rivoluzionedi Lorenzo PezzicaFILM

• Cinema e CNT

• Un autre futurdi Lorenzo Pezzica

Album di famigliaFoto di gruppo dell’anarchismo coreanodi Furio Biagini

Bollettino 9 - luglio 1997

Cose nostre• Seminari d’autunno• Immagini della nostra storia

Memoria storicaANNIVERSARI

Louis Mercier Vega, ovvero l’amaro orgogliodella lucidità senza illusionidi Marianne EnckellANARCHIVI

Centro studi libertari Camillo Di Sciullo

Informazioni bibliografiche“Interrogations” (1974-1979)

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Informazioni editorialiStirner lo scomodo di Dino Taddei

Attività libertarie• A proposito di cultura anarchica e culturalibertaria• Tournée italiana per Colin Ward

La reteL’editoria anarchica di lingua italiana

Storia per immaginiAntonio Ortiz (1907-1996), generale senzadio né padroni

Album di famigliaMarmo e anarchia, ricordo di Ugo Mazzuc-chelli (1903-1997)di Claudio Venza

Incontri• Dall’Escola Moderna all’Unicobas, quattrogiorni di pedagogia libertariadi Pietro Masiello• Donne e rivoluzionedi Tobia Imperato

Varie ed eventualiCURIOSITÀ

• CD su Durruti• Nuovo centro a Montpellier• Letti e approvatiEFFERATEZZE

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Bollettino 10 - dicembre 1997

Cose nostre• Cinema e anarchia • Immagini d’archivio

Memoria storicaTESTIMONIANZE

• In marcia verso Zaragoza con la Colonna Durrutidi Louis Mercier Vega• Umberto Marzocchi, ricordi di Spagnadi Tobia Imperato

Informazioni editoriali• “Je palpe un certain futur”, storia poco notadi un libertario francesedi Dino Taddei• Una riflessione collettiva sulla cultura libertaria• Movimento anarchico e area libertaria:matrimonio o relazione tra singles?di Rossella Di Leo

Storia per immaginiARCHIVI ICONOGRAFICI

Sébastien Faure e il laboratorio pedagogicode La Ruche di Francesco Codello

Appuntamenti• Gli incendiari dell’immaginario• La Banda del Matese riconquista il Comunedi S. Lupo• Municipalismo libertario

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Tesi e ricerche• La Milano anarchica di fine Ottocentodi Mattia Granata• La Roma anarchica d’inizio secolodi Enrico Calandri

Album di famiglia• Bakunin, Nadar e la mia delusionedi Dino Taddei• Argentina, addio a una generazione

IncontriSacco e Vanzetti, settant’anni dopodi Antonio Lombardo

Immaginazione contro il potereNOTE DI RIVOLTA

• Woody Guthrie, cantore di ribelli e vagabondidi Mimmo Franzinelli

Varie ed eventualiCURIOSITÀ

• Avviso ai naviganti• Calcoli virtuali e compensi reali• Letti e approvatiEFFERATEZZE

• Blob anarchia

Bollettino 11 - agosto 1998

Cose nostre• Questionario• Fondo Otello Menchi• Errata corrige • Fondo Pio Turronidi Lorenzo Pezzica

Storia per immagini• I cannoni del ’98• Il “tristo regicida”di Dino Taddei

Memoria storicaTESTIMONIANZE

“Barricata”, una vita militantedi Tobia ImperatoDOCUMENTI INEDITI

• Paolo Valera• Felice CameroniANARCHIVI

La pecora nera

Anniversari• Intervista a Claire Auzias• Intervista a Jean-Jacques Lebel

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• Intervista a René Lourau• Gli slogan al potere• Frammenti di memoriadi Amedeo Bertolo

Immaginazione contro il potereNOTE DI RIVOLTA

La colonna sonora del ’68di Pietro Adamo

Tesi e ricerche“L’Adunata dei Refrattari” e la rivoluzionespagnoladi Manuela Caspani

Informazioni editoriali“Réfractions”

Album di famigliaRicordo di David Wieck

Bollettino 12 - gennaio 1999

Cose nostre • Convegno di studi su anarchismo ed ebraismo• Donazioni

• Errata corrige• Fondo Turroni• Ricordo di Pier Carlo Masinidi Lorenzo Pezzica• Ricordo di Mirella Larizzadi Pietro Adamo

Memoria storicaDOCUMENTI INEDITI

• Mary Wollstonecraft• Louise Michel• Emma GoldmanTESTIMONIANZE ORALI

• Via Vettor Fausto 3, “si sedes non is”di Fabio Iacopucci• Aldo Rossi e Anna Pietronidi L.V.• Sulle fonti storiche e sulla necessaria accortezza nell’utilizzarle di Amedeo Bertolo

AnarchiviBiblioteca sociale “Tullio Francescato”

Informazioni editorialiAmsterdam: l’archivio degli archividi Dino Taddei

Storia per immaginiMOSTRE

Cinquanta donne per l’anarchiaFILM

Ritratti militanti• Ecoutez May Picqueray• Ecoutez Jeanne Humbert• De toda la vida• Voces de libertadRaccontare la storia armate di cinepresa• Nestor Makhno, paysan d’Ukraine• Los llamaban los presos de Bragado

Album di famigliaBiografie (al femminile) di ordinaria militanza• Italia: le donne di casa Berneridi Fiamma Chessa

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• Francia: Madeleine Vernetdi Francesco Codello• Germania: Etta Federndi Hans Müller-Sewing• Spagna: Amelia Jover Velascodi Rafael Maestre• Argentina: Juana Rouco Bueladi Eduardo Colombo• Inghilterra/USA: Nellie Dickdi Nicolas Walter• Italia: Emma Neri Garavinidi Gianpiero Landi

Varie ed eventualiCURIOSITÀ

• Letti e approvati• Confessioni d’autore• Anedoctica• E vai col liscio • Politicamente scorretto

Bollettino 13 - agosto 1999

Cose nostre• Incontro su Malatesta a Roma• Anarchismo ed ebraismo

• Stampa anarchica durante il fascismo• Ricerche a pagamento• Errata corrige

Tesi e ricercheElisée Reclus: le ragioni della riscopertadi Enrico Ardenghi

Memoria storicaDOCUMENTI RARI

Matrimonio e libere unionidi Elie Reclus

AnarchiviNotizie dalla ragnatela

Anniversari• Intervista a Jean-Pierre Duteuildi Eric Jarry• Chiedete l’impossibile: non è ancora finitadi Eduardo Colombo

Informazioni editorialiLa vita di Torquato Gobbi raccontata daFabrizio Montanaridi Alberto Ciampi

Appuntamenti• La politica dell’ecologia sociale: il munici-palismo libertario (Plainfield, USA)• L’anarchismo ha un avvenire? Storia didonne, di uomini e dei loro immaginari (Tou-louse, Francia), interventi di: Mimmo Puccia-relli, Amedeo Bertolo, Antonio Toro/CarlosRamos, Luciano Lanza, Stéphanie Chauvin,Philippe Pelletier, Claire Auzias, Alain Pes-sin, Daniel Colson, Peter Schrembs, SalvoVaccaro

Album di famiglia• Max Sartin • Diego Abad de Sántillan

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Varie ed eventualiEFFERATEZZE

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Bollettino 14 - dicembre 1999

Cose nostre• Anarchici ed ebrei • Una scultura per Pinelli• A proposito di Reclus e di monumenti• Ricerche in corso • Ricordo di Mühsam a Berlino

Tesi e ricerche• Ugo Fedeli: tra studio e militanzadi Mattia Granata• Giuseppe Ciancabilla: uno sguardo sull’a-narchismo italoamericano d’inizio Novecentodi Mario Mapelli• I gruppi anarchici italiani attivi in USA tra il1899 e il 1904di Mario Mapelli

Album di famigliaLouise Michel e i Kanakdi Amedeo Bertolo

Memoria storicaBIOGRAFIE

• Francesco Carmagnola• Francesco FantinLa reteAustralia: piccola mappa libertariadi Tiziana Ferrero Regis

Informazioni editoriali• A proposito di società gerarchiche: l’opinione di Humberto Maturana• “L’anarchico gentile”: una biografia diGeorge Woodcock

Memoria storicaTESTIMONIANZE ORALI

Mezzo secolo di anarchismo in Carnia neiricordi di Ido Petrisdi Elis Fraccaro

AnniversariTrentennale del Circolo Germinal a Triestedi Claudio Venza

Incontri• Infiltrati, spie e provocatori nel movimentoanarchicodi Amedeo Bertolo• L’esperienza dell’Unione Anarchica Italianadi Lorenzo Pezzica• Da Ghisleri a Reclusdi G. M.

Storia per immaginiDOCUMENTARI

• Nestor Machno, la rivoluzione anarchica inUcraina• Nuovi titoli per una videoteca anarchica• Alla ricerca dei fotogrammi perdutiARTE

• Tierra y Libertad, immagini della rivoluzio-ne messicana• Ricardo Flores Magóndi Claudio Albertani

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• Emiliano Zapatadi Claudio AlbertaniARCHIVI ICONOGRAFICI

Un papa beatodi Dino Taddei

Bollettino 15 - aprile 2000

Cose nostre• Anarchici ed ebrei• Nota biografica dei relatori• Grazie!• Storia del movimento operaio internazionale• Ricordo di Arthur Lehning

Memoria storicaTESTIMONIANZE ORALI

• Come tanti altridi Gregorio Rawin• Da Leningrado a Gerusalemmedi Moshe Goncharok• Breve nota autobiografica di David Stetnerdi Dino Taddei• Milly Witkop Rockerdi Rudolf Rocker• Ida Pilat Iscadi Valerio Isca

Documenti inediti• Il movimento dei kibbutz tra marxismo eanarchismodi Giora Manor• L’anarchismo in Russia oggi: contro ilfascismo e l’antisemitismodi Moshe Goncharok

Album di famigliaSTORIA DI UN INCONTRO

• Bernard Lazare• David Edelstat• Volin• Avraham Koralnik• Carl Einstein• Samuel Schwartzbard• Jacques Doubinsky• Nikola Tchorbadieff• Jack Frager• Ahrne ThorneRITRATTI FEMMINILI

• Hedwig Lachmann-Landauer• Kreszentia Elfinger Mühsam• Rose WitcopAFFINITÀ ELETTIVE

• Rudolf Rocker, il rabbino goy• Pierre Quillard• Pa chin e gli ebreiscritti di Paul Avrich, Sylvain Boulouque,Jean-Marc Izrine, Charles Jacquier, HansMüller-Sewing, Ed Stamm, Nicolas Walter

Informazioni editorialiLa stampa anarchica yiddish in Israeledi Moshe Goncharok

Informazioni bibliograficheUna storia raccontata attraverso la carta stampata

Storia per immaginiVIDEO

“Free Voice of Labor”

18Cose nostre

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Bollettino 16 - dicembre 2000

Cose nostre• Seminari 2001 • Donazione Isca• Sezione tesi• Ricerche in corso• Riunione della FICEDL

• Errata corrige• In copertina• Fondo Luce Fabbri• Da Bakunin a Baj• Paula Winkler Buber

Tesi e ricerche• Le Brigate Bruzzi-Malatesta nella Resisten-za lombardadi Dino Taddei• Anarchismo e società aperta: Errico Malate-sta tra epistemologia e politica di Andrea Della Bella• Il cinema anarchico durante la guerra civilespagnoladi Alessandra Gariboldi

Informazioni editorialiCinema e anarchiadi Tiziana Ferrero Regis

Memoria storicaANNIVERSARI

• Viva Bresci!• Santo Stefano: un incontro inattesodi Luigi Veronelli• La lapidedi Dino TaddeiTESTIMONIANZE ORALI

• A proposito di una traduzionedi Virgilio Galassi• Antonio Scalorbi e il movimento bolognesenell’immediato dopoguerradi Lina Zucchini Scalorbi• Una colonia anarchica all’Olivetti di Ivrea di Lina Zucchini ScalorbiBIOGRAFIE

• Heinrich Friedetzky, una storia come tantedi Hans Müller-Sewing• Ricordo di Nicolas Walterdi Colin Ward

Anarchivi• Biblioteca Social Reconstruir• L’anarchismo francofono sul web

AppuntamentiGrenoble, marzo 2001

IncontriJoseph Labadie, dagli indiani ai sindacatidi Julie Herrada

Storia per immaginiARTE, GRAFICA, MONUMENTI

Itinerario goriano in Toscanadi Francesco Berti

Varie ed eventualiCURIOSITÀ

• Letti e approvati• Quando la propaganda correva sulle quattroruote...EFFERATEZZE

• Senza commento• Blob anarchia

19 Cose nostre

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Bollettino 17 - luglio 2001

Cose nostre• Summerhill• Un’indagine sugli anarchici oggi• Anarchici ed ebrei• Nastroteca

Tesi e ricerche• Lettere d’amore e d’amiciziadi Mattia Granata• Gli anarchici italiani nella guerra civile spagnoladi Valerio Visigalli• Salazarismo: ideologia e propagandadi Goffredo Adinolfi

Documenti rari e inediti• Sandro Pertini, poeta dell’anarchiadi Dino Taddei• In galera per Lili Marlendi Dino Taddei

Album di famigliaUn inglese in colonia

Memoria storica• La veridica storia della A cerchiatadi Amedeo Bertolo

BIOGRAFIE

• Gaetano Gervasio, mio padredi Giovanna Gervasio Carbonaro• Aniela WolbergTESTIMONIANZE

• Mi ricordo quella volta con Gervasio...di Virgilio Galassi• Ricordo di Giovanni Vattuonedi Valerio Isca

Informazioni editoriali• L’esperienza di Mujeres Libresdi Stefano Olimpi• Sindacalismo al bivio: il movimento operaio rivoluzionariodi Dino Taddei• “A Ideia” ritorna

Informazioni bibliograficheBibliografia essenziale sulla pedagogia anarchicadi Francesco Codello

Immaginazione contro il potere VERSI DI RIVOLTA

Ode a Bakunindi Hans Magnus Enzensberger

Incontri• Riflessioni sull’antimilitarismo in Israeledi Sara Siena• Gli intellettuali ebraici e il militarismo all’inizio del Novecentodi Eric Jacobson

Varie ed eventualiCURIOSITÀ

• Letti e approvati• Eredità prezioseEFFERATEZZE

• Spigolature veteromarxiste• Blob anarchia

Cover story Hippolyte Havel

20Cose nostre

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Bollettino 18 - dicembre 2001

Cose nostre• Fondo Pio Turroni• Appello tesi• Novità sul Bollettino • Progetti cancellati• Quaderno sulle fonti orali e di polizia

Tesi e ricerche• Incontro di istanze rivoluzionarie e conflittodi ideedi Pierpaolo Casarin• Futuristi e anarchicidi Laura Iotti

AnarchiviInstitute for Anarchist Studies

Memoria storica• Il Centro Educativo Italo-svizzero di Riminidi Virgilio Galassi• Trent’anni all’asilo svizzero e dintornidi Ugo GobbiBIOGRAFIE

• José Martínez, editore, libertario, eterodosso di Fernand Gomez• Juan Gomez Casas

Informazioni editoriali• Stirner tra individualismo, nichilismo e anomiadi Lorenzo Pezzica• Da Malthus all’ecologia umana: anticipazionidell’anarchismo ibericodi Stefano Olimpi• L’anarchismo ha un futuro?

Storia per immaginiFILM

• Armand Guerra, cineasta e pioniere delcinema militantedi Eric Jarry• Alcuni contributi misconosciuti al cinemadi Eric JarryMOSTRE

• Personale di Fabio Santin• Joseph Labadie on-line

Incontri• Solidarietà e rivolta. La mobilitazione pro-Ferrer dell’ottobre 1909di Claudio Venza• L’influenza di Ferrer sulla pedagogia libertaria in Italiadi Francesco Codello• La diffusione del “mito” di Ferrer nellaToscana pre-fascistadi Franco Bertolucci

Varie ed eventualiEFFERATEZZE

Blob anarchia

Cover storyVernon Richards

Bollettino 19 - luglio 2002

Cose nostre• I Quaderni del Centro studi libertari• Fondo Bruna Casata• Aggiornamento tesi• Errata corrige

21 Cose nostre

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Tesi e ricerche• Medicina e società, la figura di Gaspar Sentiñon Cerdañadi José Vicente Martí Boscá• L’etica di Bakunindi Carlo Genova• Il kibbutz, tipica forma cooperativa delmondo ebraicodi Manuela Furlan

Album di famigliaUgo Gobbi visto da Fellini

Documenti rari e inediti“Lavoro e Libertà”, nascita e morte di unatestatadi Virgilio Galassi

AnniversariUnione sindacale italiana (1912-2002), 90 anni di sindacalismo libertariodi Sergio Onesti

Memoria storica• Tutti passavano da lì...di Pietro Masiello• Epistolario intimo di un espropriatore

• Omaggio ai disertoridi Sergio VaghiBIOGRAFIE

• César Milstein, alias “El Pulpo”, ricordo diun premio Nobel libertariodi Eduardo Colombo• Ricordo di un cesenate atipicodi Luigi Riceputi

Informazioni editoriali• “A Contretemps”, un bollettino “inopportuno”di Amedeo Bertolo• La Spagna tradita: aperti gli archivi sovieticidi Alessandro Curioni• Primo tomo sull’anarchismo spagnolo

Informazioni bibliograficheLe opere complete di Bakunin su CD

di Lorenzo Pezzica

Attività libertarieFiera del libro anarchico di San Franciscodi Bas Moreel

Incontri• Leonida Mastrodicasadi Antonio Pedone• Riflessioni su guerra e guerriglia

Storia per immaginiSenza prezzo

Varie ed eventualiCURIOSITÀ

• Quando il re premiò Bakunin...di Pietro Masiello• Se le birre si ribellano...

Cover storyGeorges Cheïtanovdi Dino Taddei

22Cose nostre

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“Io ho combattuto e combatto una bat-taglia contro il dogma e contro l’autori-tarismo dei socialisti delpartito. Me ne duole epur me ne compiaccio;perché essa è necessaria eutile. Essa eleva glianimi, li educa all’indi-pendenza, li fortificanella lotta, ci procaccia lastima e il rispetto degliavversari e ci assicura dalpericolo di quella tale‘dittatura’, che a ragionevenne cancellata dai pro-grammi socialisti”. CosìMerlino descrive la sua“vocazione” in un artico-lo, La mia eresia, apparsonell’aprile del 1899 sulla“Rivista critica del sociali-smo”, da lui stesso fondata ediretta. Figura di primo pianodel movimento anarchico eprotagonista della polemicadel 1897 con Errico Malatestasui principi e sui metodi del-l’anarchismo, Merlino iniziaad assumere, verso la finedell’Ottocento, una posizioneche risulta difficilmente clas-sificabile negli schieramentipolitici e ideologici deltempo. La ricerca di un socia-

lismo diverso, che definirà libertario,suscita l’incomprensione dei suoi con-

temporanei e gli attacchi diuna sinistra fortemente con-dizionata dal verbo marxi-sta, dogmaticamente contra-ria a ogni proposta alterna-tiva e critica.Se escludiamo la fondamen-tale opera di Aldo Venturini– impegnato a mantenereviva l’eredità del pensieromerliniano tramite la publi-cazione di edizioni critichedi molti dei suoi scritti e ditutti gli inediti – e di pochialtri, l’opera di Merlinorisulta ancora poco cono-sciuta e studiata. Bisognaaspettare il 1993 per averela prima monografia com-pleta sull’intera vicendabiografica e intellettuale diMerlino (G. N. Berti, Fran-cesco Saverio Merlino. Dal-l’anarchismo socialista alsocialismo liberale 1856-1930, Angeli, Milano,1993). Lo scopo del lavoroqui presentato è di metterein luce come Merlino, attra-verso la percezione dellosviluppo fatalmente totalita-rio del marxismo e il rifiuto

23 Tesi e ricerche

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Merlino e la società aperta“Anarchismo, socialismo e società aperta: il caso di Francesco Saverio Merlino”

Tesi di laurea in Filosofia, Facoltà di Lettere e FilosofiaUniversità degli Studi di Milano, A.A. 1999-2000

di Lucio Gabellini

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delle posizioni utopiche degli anarchici,elabori un modello di società che pre-senta forti somiglianze con quello pro-posto da Karl Popper ne La societàaperta e i suoi nemici (Armando, Roma1973). Su questa base risulta possibilecogliere i legami che intercorrono fra lapopperiana società aperta e alcune tra-dizioni, quella socialista, quella anar-chica, quella democratica, tutte ben rap-presentate da Merlino.Al fine di evidenziare questi aspettidella sua opera, l’analisi si è incentratasugli scritti della maturità, intendendocon questa fase l’epoca che va dal 1897al 1924, anni in cui si verificano l’avvi-cinamento verso il Partito socialista el’accettazione del sistema democratico.Merlino è alla ricerca di un sistemapolitico ed economico che sappia conci-liare l’istanza di libertà con la richiesta

di giustizia sociale, impostando nelcontempo le questioni etiche e metodo-logiche per la definizione di un sociali-smo svincolato dalla tradizione marxi-sta. Forte di una cultura economica chegli ha permesso di criticare a fondo ilsistema marxiano, mettendo in luce,ancora prima di Bernstein le contraddi-zioni della teoria del valore-lavoro, e invirtù di un’esperienza politica direttache gli ha consentito di verificare lavacuità dell’azione rivoluzionaria scol-legata dalle forze progressiste presentinella società, la proposta politica diMerlino tuttavia viene osteggiata e svi-lita dai contemporanei proprio negliaspetti che più possono stimolare earricchire il dibattito politico italiano.Curioso destino per un pensatore aitempi apprezzato, fra gli altri, daEduard Bernstein, Georges Sorel, EmileDurkheim, Guglielmo Ferrero, LuigiEinaudi, Giovanni Vailati, e riconosciu-to ora come il precursore del socialismoliberale poi elaborato da CarloRosselli1. Se è vero che Merlino precor-se troppo i tempi, d’altra parte la preva-lenza del pensiero marxista nel movi-mento operaio del nostro Paese ne haprecluso la completa comprensione del-l’opera; ci auguriamo che oggi sia giun-to finalmente il momento di valutare apieno i risultati della lunga battagliacontro l’autoritarismo condotta da Fran-cesco Saverio Merlino.

Nota

1. Cfr. in proposito quanto scrive Norberto Bobbio nelsaggio Tradizione ed eredità del liberalsocialismo, inCarlo Rosselli, Socialismo liberale, Einaudi, Torino1997, pp. 158-160.

24Tesi e ricerche

Francesco Saverio Merlino nel 1892

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Prenderemo in esame un aspetto pococonosciuto dell’anarchismo russo, ossial’attività insurrezionale e rivoluzionariasiberiana, attraverso l’opera (edita solo inrusso) dello storico Anatoli Shtirbul.Nella sua ricerca Shtirbul evidenzia comein Siberia sia stato importante l’incontro trail pensiero libertario, in gran parte giuntoattraverso i prigionieri politici, e le tradizio-ni siberiane quali l’autonomia dei gruppicosacchi, il banditismo contadino, la coo-perazione agricola, senza dimenticare lapresenza di gruppi religiosi ortodossi dissi-denti e delle più diverse comunità religiose,tra cui i “discepoli” di Tolstoj.Questa composita tradizione per sua naturaantiautoritaria influenza molti degli anarchi-ci deportati in Siberia, rafforzandoli nei loroconvincimenti, come ricordano nelle loromemorie tanto Bakunin quanto Kropotkin.Le prime attività di diffusione delle dottrineanarchiche risalgono al 1905-1906, mentrei primi tentativi insurrezionali, in collabora-zione con elementi social-rivoluzionari, sihanno nel 1907 a Omsk e nel 1911 a Tchi-ta. Dapprima il movimento anarchico sibe-riano si orienta verso posizioni bakuninia-ne, salvo poi subire, come nel resto delPaese, la divisione tra anarco-comunisti,

anarco-sindacalisti e anarco-individualisti.Shtirbul quantifica i militanti anarchici nel1906-1907 in un centinaio, a fronte di3.000 socialdemocratici e 1.000 social-rivoluzionari; passando poi agli 800 anar-chici divisi in 46 gruppi nel 1917.Entrando poi specificamente nel periododella Rivoluzione del 1917, anche in Sibe-ria si verifica la spaccatura a proposito delrapporto da tenere con i bolscevichi. Vanotato che qui il movimento anarchico sicompatta attorno al sindacato dei minatoridi Keremovo.Una fallita sollevazione ha luogo nellaguarnigione “bianca” di Irkutsk, ma la pro-

Da un’ampia recensione apparsa sul bollettino parigino “A contretemps” n. 9, a firma Frank Mintz, abbiamo tratto i dati essenziali su un periodo poco noto

dell’anarchismo russo ricostruito nei libri di Anatoli Shtirbul, docente di storia allaFacoltà di pedagogia di Omsk: Anarkhiskoe dvijenie v Sibiri v I tchverti XX veka, Omskii

Gosudarstvenni Pedagoguitcheskii Universitet, Omsk 1996, vol. I: 1900-1918, pp. 205;vol. II: 1918-1925, pp. 174; Anarkhiskoe dvijenie v period krizisa rossiiskoy

tsivilizatsii, Omskii Gosudarstvenni Pedagoguitcheskii Universitet, Omsk 1998, pp. 85.

Freddo e rabbia: una “machnovitchina” siberiana

a cura di Pietro Acquistapace

Reparto rivoluzionario contadino durante la Rivoluzione del 1917

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paganda raggiunge ben presto Tomsk, Kra-snojarsk e la flotta del lago Bajkal. In quelperiodo vedono la luce numerose traduzio-ni di autori come Kropotkin (russo, ma cheall’epoca, ormai residente a Londra, pub-blicava le sue opere in inglese), Reclus e il“nostro” Malatesta per le edizioni Novo-mirski, letteralmente Nuovo mondo, e suiperiodici “Sibirskiy anarkhist” (L’anarchicosiberiano) e “Buntovnik” (L’insorto). Oltreche tra i ferrovieri e i contadini, l’influenzaanarchica è forte anche tra i 140 mila sol-dati inviati a combattere le truppe bianchedi Koltchak. Proprio la presenza della con-trorivoluzione impedisce il disarmo, daparte dei bolscevichi, delle bande partigia-ne anarchiche, che fanno la loro comparsanella regione dal 1918 e il cui contributomilitare, sotto la guida di comandanti comeNovoselov e Rogov, è assolutamente indi-spensabile per la vittoria della rivoluzione.Tuttavia, ben presto i contrasti con i bolsce-vichi si palesano. Dapprima con la nominadi amministratori esterni alla regione e poi

con la nomina di ex-ufficiali zaristi a capodelle guarnigioni locali. La resa dei conti siha in occasione del 1° maggio 1920 a Jula-nikh, dove 1.000 partigiani e qualchemigliaio di contadini rendono omaggio allevittime della controrivoluzione. La rivoltascoppia due giorni dopo quando Novoselovproclama la nascita della FederazioneAnarchica d’Altaï (FAA). In seguito all’at-tacco dell’Armata rossa le truppe anarchi-che si dividono in piccoli gruppi e sidisperdono nella taiga. Nel giugno 1920Rogov, catturato, si suicida; Novoselovinvece continua la lotta fino a settembre,prima di sparire con i suoi partigiani. Riap-parirà nel 1921 tentando una nuova solle-vazione, alleato anche a truppe controrivo-luzionarie, ma la sorte della battaglia gli sirivelerà in breve tempo contraria. Insurre-zioni, presto sconfitte, scoppiano anchenella regione di Tomsk sotto la guida diLubkov e dei suoi 2.500-3.000 partigiani.Si conclude così quella che può essere defi-nita una “machnovitchina” siberiana.

Deportati in catene dopo la fallita rivoluzione del 1905

26Tesi e ricerche

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Quanto proposto da Tiziano Merlin, nelsuo scritto Un secolo di bettole in unpaesino della Bassa, costituisce una testi-monianza di qualcosa che non c’è più, diun’atmosfera che il tempo e le trasforma-zioni economiche hanno cancellato. Leosterie, punto d’incontro di vagabondi edisperati, ma anche occasione di ritrovoe confronto tra lavoratori, luogo digioco, di sogno, di socialità, dianarchia, hanno ceduto, accer-chiate da un’urbanizzazioneasfissiante, dal dilagare delpranzo veloce, del tramezzinoin piedi, dalla fretta che uccidela chiacchiera e la condivisio-ne. Toni Grossi, giornalista estudioso di storia sociale, cura-tore de La casa del vino e delgioco, lavoro nel quale lo scrit-to di Merlin è collocato, se daun lato ci invita a rifletteresulla complessità del tema inquestione, da un altro sottoli-nea quanto sia fondamentaleoccuparsene proprio in que-st’epoca, senza presunzione, apiccoli sorsi, forse per gioco, al

fine di non correre il rischio di smarrirela memoria di una realtà fondamentalenello sviluppo sociale dell’Ottocento e dibuona parte del Novecento. Quantosegue è parte dello scritto di Merlin,padovano di Pozzonovo, studioso delleclassi subalterne venete e autore deivolumi Gli anarchici, la Piazza e la cam-pagna e La Piassa.

All’osteria-casolino dei“Muolo” (1851)Così don Brizzito, nel lugliodel 1851, si esprimeva inmerito all’osteria: “…è il ricet-tacolo dell’infingardo, la casadello sfaccendato, l’albergodegli assassini. Quel paese checonta tante osterie è un paesepieno di ladri. La piazza e l’o-steria. La piaga degli scandalipassa e ripassa dalle piazzealle case, dalle case alle piaz-ze; mentre ai figli del poverobisogna inculcare l’aborrimen-to dell’ozio, l’amore al lavoro,il rispetto della proprietà”.Anche i “siori” si mostrano

Questa sezione del Bollettino comprende tre lavori che pur raccontando situazioni fra loro diverse possono essere accomunati da un elemento centrale: l’alcol. Il beresociale degli immigrati anarchici tedeschi nelle birrerie di New York per certi versi

richiama i lavoratori del Veneto che sorseggiavano vino nelle osterie padovane discutendo di trasformazione sociale e di tante altre questioni. Più o meno nello stessoperiodo, Sébastien Faure, nella sua Enciclopedia anarchica, ci ricorda per converso di

come l’alcol sia stato sempre strumento di controllo e di dominio di un mondo su unaltro. A ognuno di noi la capacità di valutare in che modo e quando i luoghi e

le abitudini possano facilitare l’aggregazione, il pensiero e l’organizzazione e quandoinvece rappresentino un ostacolo per la crescita individuale e collettiva.

L’osteria “luogo” di libertàa cura di Pierpaolo Casarin

27 Memoria storica

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pienamente in sintonia con il sacerdote.Se non li tenessero sotto controllo, i lorocontadini si darebbero “al bere, al gioco,alla vita spensierata e punto contegnosa”,specie quando “abitano in prossimità deicentri dove troppo abbondano bettole,spacci di liquori e tant’altri trafficanti diogni genere”. In epoca austriaca se qual-cuno passava troppe ore dall’oste giocan-do magari ai dadi, alle carte o alla morra;se peggio insultava il Deputato che disolito era il grosso possidente locale; sebestemmiava, gli capitava come minimodi essere precettato politicamente. Il“Precettato politico” per un anno nonpoteva più farsi vedere in piazza e nelleosterie, né doveva uscire di notte dallapropria abitazione o andare nei paesivicini salvo che in casi molto particolari.Doveva inoltre dimostrare di avere unlavoro e non poteva parlare per nessunaragione con altri eventuali assoggettatiallo stesso precetto. Sulla precettazionedecidevano di comune accordo Deputatoe Parroco durante una riunione comune.L’antagonismo tra osteria da una parte epossidenza territoriale dall’altra è un datocostante nell’Ottocento; l’osteria divieneil luogo dove s’incontrano e confrontanogenerazioni diverse e differenti esperien-ze. Qui è possibile fare un confronto frasalari reali di epoche diverse; qui si fer-mano squadre che hanno lavorato lonta-no e informano sulla mercede in altreprovince. Così nasce un atteggiamentocritico nei confronti dell’ambiente in cuisi vive; cosa improbabile per un salariatofisso che da generazioni conduce un’esi-stenza isolata avendo esclusivamente unrapporto col proprio padrone. È questacultura, questa libertà dell’osteria, che lapossidenza teme e vuole colpire coi suoidiscorsi più o meno moralistici. Non acaso, del resto, le innumerevoli protestebracciantili dei paesi della Bassa, per

tutto l’Ottocento, ma anche nel Novecen-to, partono di solito dall’osteria e hannocome controparte diretta il padrone cui sichiede qualche giornata, oppure il Depu-tato dal quale si pretende l’apertura di unlavoro pubblico.Il latifondista, dalla sua posizione diDeputato comunale, guarda con diffiden-za l’osteria e i suoi avventori, di cui tut-tavia non può fare a meno. Tra gli avven-tori, ci sono altri “senza terra” come ilmaestro, l’impiegato comunale, il farma-cista e il medico. Per quanto stianomeglio degli altri non contano politica-mente. Vivendo nell’osteria danno sfogo

Le foto di questo brano testimoniano che nonostantela forte campagna anti-alcol portata avanti da

buona parte dell’anarchismo (in tempi, va detto, diun alto tasso di alcolismo fra le classi subalterne), ilbere sociale rimane una consuetudine diffusissima,quanto meno nel movimento italiano. In questa foto,anarchici triestini nei primi anni Venti in un’osteriadel Carso. Il primo a sinistra è Umberto Tommasini

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alla propria frustrazione avvicinandosi almondo del borgo, alle sue rivendicazioni.E danno a esse, data la loro natura diintellettuali, una certa sistemazione ideo-logica.I “Muolo” Andolfo, un po’ osti, un po’intellettuali, un po’ mediatori, avevanotutti i numeri per assumere un ruolo atti-vo nel 1848, quando pareva che tutto ilmondo stesse per crollare. Erano stati“degani” nel Settecento e uno di loro hafatto il sindaco con Napoleone. Neimomenti migliori, quando hanno potutoprendersi a livello una campagnola pocodopo abbandonata a causa di una gradua-le ma inarrestabile decadenza economica,hanno fatto studiare veterinaria a uno difamiglia e ancora un “Muolo” si guada-gnava la vita come impiegato comunalenella vicina Solesino. Privati del poterepolitico e impoveriti, sfogano il profondosenso di frustrazione con un astio versola possidenza e il clero. Aderiscono diconseguenza alle idee “repubblicane”,alla rivoluzione, tanto più che in tutta lazona per “rivoluzione” s’intende “potereal popolo” e fine del “governo dei siori”.Mettendo in pratica le idee dell’osteria,già si erano mossi un oste di Cartura euno d’Este con l’intenzione di assumerein prima persona la massima caricamunicipale, cacciando, quindi, i Deputatidi sempre. Nel monselicese, non appenaritornano gli austriaci, opera un Comitatosegreto che ha il compito di tenere i con-tatti con Venezia assediata, favorendonela resistenza, mandando uomini, viveri edinformazioni. Fanno parte del Comitatosegreto l’avvocato Giuseppe Giraldi diMonselice, Angelo Monticello e il figlioMartino, detti “Culatte”, Giovanni Gale-no detto “Brun”, mediatore di cavalli. DiPozzonovo sono Ettore Caramatti, stu-dente diciottenne figlio del medico con-dotto e Mattia “Ciosoto”, di cui è rimasto

il ricordo delle memorabili bevute nelleosterie. Per ultimi, legati da stretta paren-tela coi “Culatte”, ci sono tre “Muolo”:Lorenzo, Arsilio e Basilio.I due Monticello passano e ripassano lelinee a Brondolo “strisciando come ser-penti” e portano viveri e messaggi segre-ti. Intercettati, Angelo viene fucilato conaltri quattro, mentre Martino riesce a fug-gire. I fratelli “Muolo”, impegnati nelreperimento viveri, entrano in contattocon i briganti per ottenere con la forzaquelle provviste da chi le aveva vendutea caro prezzo fino a qualche tempoprima. I “Muolo” vengono arrestati il 10luglio 1851 e condannati a vent’annicome briganti; eppure era la loro primarapina, contro un bottaio che vendevaloro le botti dove venivano poi nascosti iviveri per la Repubblica. Ettore Caramat-ti è scappato oltre il Po. Mattia “Ciosoto”è stato arrestato e dovranno passare deglianni prima di vederlo tornare da Vienna.Giovanni “Brun” si è fatto prudente,guardato a vista com’è dagli austriaci.Nonostante tutto il 18 luglio del 1851l’osteria dei “Muolo” è aperta, perché lavita va avanti. In bottega ci sono gli orfa-ni di Lorenzo.

Alla liquoristeria Petranzan (1885)Parecchie cose sono cambiate in trent’an-ni. Antonio “Muolo”, figlio di Lorenzoforse morto in carcere, ha ereditato ilcasolino, mentre l’osteria va a una sorel-la. L’antica osteria è ridotta a una bettolaormai, con pochi avventori. Nel frattem-po l’osteria Petranzan ha assunto in pienoil ruolo di “liquoristeria” dove vanno gli“artisti” e gli intellettuali a passare il lorotempo libero. Orientata politicamente asinistra, vagamente repubblicana, laclientela legge con assiduità “Il Bacchi-glione” che il Petranzan quotidianamentemette a disposizione. Non mancano però,

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di tanto in tanto, anche pubblicazioni piùestremistiche quali “La Plebe”, “Il Mar-tello”, ”La Favilla” e “Il Diavolo” portatiin paese dai figli di Martino “Culatte” iquali, da circa dieci anni, propagandanonelle campagne la nuova ideologia anar-co-socialista.La cultura positivistica che nella Scienzaripone tutte le speranze trova il suo piùimportante portavoce in un altro avvento-re dei Petranzan. Si tratta di GiovanniTresoldi, esponente di una famiglia dipiccoli commercianti, che diventa spezia-le. Ferocemente anticlericale, sempre inlotta col prete a suon di querele e contro-querele, lo speziale pone i seguenti nomiai figli: Franklin, Propilamina, Metilo,Etilo, Ildegonda. Il nome Ildegonda,nella sfilza di nomi esaltanti la chimica, èquasi un presagio dello sviscerato amoreper la letteratura, il teatro e le arti ingenere che gli spezialetti dimostrerannonegli anni successivi.

Nell’osteria Petranzan passa gran partedel suo tempo anche l’anziano maestroPezzolo. Ormai sessantenne, scapolo, conun gran naso rosso dal bere, gli bastapoco per vivere. Figlio del primo cursorecomunale, aveva mal seguito l’esempiodel fratello diventato ingegnere, e s’eraadattato a guadagnarsi la vita insegnandol’alfabeto a intere generazioni di ragazzi-ni. In municipio, regno dei clericali, loguardavano male, ma lo sopportavanougualmente sia perché era quasi un’istitu-zione in paese, sia perché gli mancavapoco alla pensione. D’altra parte, pursimpatizzando per la sinistra, non siesponeva più di tanto, anche perché sape-va ciò che era capitato al collega Pasinidi Solesino. Il Pasini accusato di esserededito al vino, fu licenziato dal sindaco.In realtà ci si era accaniti su di lui perchéamava passare i paesi frequentando leosterie dove teneva discorsi inneggiantiagli antichi filosofi e al socialismo.

Roma, 1952. Brindisi per il compleanno di Giovanni Forbicini al centro con il cappello. Alle sue spalle, a destra, in piedi, Armando Borghi

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Socialisti dichiarati sono il Rodella, ilMunaro e il Traversina. Partiti dalle stes-se idee radicali degli altri avventori eseguendo l’itinerario politico del “Culat-te”, essi sono approdati prima al repub-blicanesimo e quindi all’anarchia. Comeportavoci della nuova idea vendono inpaese “Il Barababao”, “Il Pane” e “L’In-transigente”, dove si inneggia alla Rivo-luzione sociale; distribuiscono opuscoliscritti dal Malatesta; scrivono articoli suivari giornali anarco-socialisti non disde-gnando di quando in quando di mandaredelle corrispondenze anche a “Il Bacchi-glione”. In osteria, nel forno del Rodellao nella falegnameria del Miazzo che sitrova a un passo dall’osteria stessa,mostrano lettere di Carlo Monticelli,esule in Francia, discutono di politica edicono che è arrivata l’ora della rivolu-zione. Questione di mesi, giura Munaro,che è stato anche a Venezia per conferirecoi capi dell’Internazionale. Parlano tra di loro di armi e di messaggicifrati. Un carabiniere dirà di averli senti-ti nascosto dietro al banco dell’osteria:con loro c’era uno vestito alla moda civi-

le il quale assicurava “che era giunto ilmomento”. Più tardi si è saputo che eraCastellani, figura di rilievo dell’anarchiain quegli anni.Vicino ai Petranzan, cinque o sei metriappena, c’era la bettola del Tote Merlin“Ruola”, mezzo calzolaio e mezzo oste,soprattutto grande bevitore. I bracciantiandavano da lui a bersi l’ultima palanca.Essi parlavano male dei “siori” e minac-ciavano di tagliare viti e bruciare fienilise non avessero avuto qualche giornata dilavoro. Bersaglio delle loro invettive eraCentanin, il più grande latifondista dellazona.

Al caffè da Tullio (verso il 1914)I Simonetto, venduta una campagnola alcugino Tresoldi “Speziale”, acquistanouna bettola che trasformano in un discre-to caffè in aperta concorrenza con laliquoristeria Petranzan. Tullio Verza,stanco del mestiere del muraro, sposauna delle figlie dei Simonetto e inizia intal modo la sua carriera di caffettiere.Il caffè del Tullio è modesto tutto som-mato, ma tenuto con tanto amore. Sopraa ogni vecchio tavolo hanno messo ilpanno verde come al casinò e sul banco,dentro a splendenti vetrinette, fanno bellamostra di sé le paste fini e il mandorlatodella ditta Dal Din di Monselice.Dal Tullio si legge “Il Gazzettino”, ilgiornale dei miscredenti, e si legge anche“L’Asino” del Podrecca. Spesso “L’Asi-no” viene affisso davanti alla porta per-ché il prete lo possa vedere. Gli avvento-ri ce l’hanno a morte col nuovo preteMarchetti. Amico personale del vescovoPellizzon, don Marchetti ha deciso diattaccare battaglia coi socialisti, e questinon sono certo da meno.Allora che non c’erano le sezioni di parti-to, le varie riunioni si tenevano al caffè enelle osterie. Si trattava di una consuetu-

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Foto segnaletica di Teodoro Sacchetti, curiosamente ritratto con fiasco e bicchiere

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dine antica, ampiamente sfruttata fin daglianni Settanta dell’Ottocento, quandoappunto i figli del “Culatte” utilizzavanodi volta in volta le varie osterie di Monse-lice per tenere le adunanze anarchiche.Per questo, in occasione delle elezioni, ilprete Marchetti si trovava in seria diffi-coltà. Poteva forse il parroco organizzarela grande mangiata, nelle osterie deiSimonetto dove si ballava e dove il cleroera convinto si tenessero delle orge?Il caffè e le osterie, sono dunque, ancheall’inizio del secolo, il “luogo” dei socia-listi. Non risultano i popolari nelle oste-rie. Nella mente degli avventori del caffèil sindaco popolare è “chel boaro”, “chelmagna-particole” e lo si invita ad andarein valle e in stalla. Non risultano presentineppure gli esponenti di quelle famiglie,diventate padrone di una ventina di campialla fine del secolo, che prima aderiscono

al partito popolare e poi, in genere, alfascio. Il loro “luogo” è la chiesa.

Al caffè delle Tullie (1930)Nel 1919 si realizza la secolare speranzadella piazza: Giulio Simonetto viene elet-to sindaco grazie alla vittoria dei sociali-sti alle elezioni amministrative. Ma sitratta di una vittoria di breve durata, per-ché giunge presto il fascismo.Non cambia molto al caffè delle Tullie,dove a dirigere gli affari rimangono sol-tanto le numerose figlie (ecco spiegata latrasformazione del nome del caffè). Con-tinua a esserci il solito giro di clienti, ingenere benestanti, di estrazione laico-socialista. Non parlano di politica, perònon si iscrivono nemmeno al fascio per-ché non è loro necessaria la tessera pervivere.Un fatto importante, al fine di meglio

Buenos Aires, 1962. Brindisi conviviale di redattori e collaboratori del settimanale “La Protesta” presso lasede della Federación Obrera en Construcciones Navales. Seduti da sinistra: Manuel Carreira, Antonio Peral-ta, Alberto Bianchi, Humberto Correale e, alle sue spalle, Pilar Correale; delle donne a destra, ahimè, non c’è

memoria dei nomi. In piedi con la cravatta nera Eduardo Colombo all’epoca responsabile del giornale

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comprendere certe evoluzioni sul pianodella mentalità, è la vendita, da parte delSimonetto e dell’amico spezialetto, eco-nomicamente rovinati, della sala IlLibertà: sala che era stata per vent’annila pietra dello scandalo dei benpensanti edel clero. La compra nel 1925 un fascistaappartenente alla classe medio-terrierache ne modifica il nome in Tersicore, manon può naturalmente modificarne ladestinazione. In tal modo, se è vero che ifascisti proprietari terrieri si impadroni-scono in senso letterale dei “luoghi” dellapiassa, risulta anche vero il contrario, ecioè che la mentalità piazzaiola cominciaa far breccia in un ceto sociale tradizio-nalmente ostile a essa o, almeno, sostan-zialmente estraneo.Anche al caffè delle Tullie infatti vannosette-otto fascisti, tra i più importanti,tutti proprietari terrieri. Gente nuova,appunto, che assapora per la prima volta

il gusto della vita di piazza e ne assimilagradatamente le abitudini. Tra fascisti edex-socialisti prevale in genere un rappor-to di reciproco rispetto, anche se, cometendenza, e specialmente nel gioco dellecarte, ogni gruppo preferisce giocare sutavoli separati. La conflittualità, semmai,tra i due gruppi si evidenzia su di unpiano strettamente culturale. Il gruppo disuonatori ex-socialisti arrivarono a com-porre una canzone che avrà particolaresuccesso alla festa provinciale. Sarà piùapplaudita di quella dei fascisti anche sepoco in linea con la cultura dominante.In essa si parte, è vero, dalla vita neicampi, ma si tende a esaltare di essa gliamori non proprio legittimi, la vita sca-pestrata che male si armonizza con lamorale ufficiale, e che esprime invecemolto bene, seppure su un piano forzata-mente ristretto, la mentalità scapigliatadel tradizionale mondo socialista.

Milano, anni Ottanta. Brindisi con un Anarchik palesemente alticcio. Al centro con la sigaretta lo stessoEduardo Colombo della foto precedente, ma diversi anni e bicchieri dopo (qui con Amedeo Bertolo,

responsabile del Centro studi libertari)

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Dagli anni Cinquanta del Novecento in poi sifa largo un nuovo indirizzo di pensiero fra glianarchici caratterizzato da una presa didistanza dall’anarchismo precedente la primaguerra mondiale più orientato a dare unarisposta violenta alle problematiche sociali.Pensatori come Paul Goodman e Colin Wardsostengono che una società libera si caratte-rizza “come l’estensione della sfera dellalibera azione al punto di comprendere lamaggior parte della vita sociale” (Goodman)e che una società anarchica possa essere inte-sa “come un seme sotto la neve” (Ward).Gli attivisti tedeschi immigrati negli StatiUniti fra il 1880 e il 1890 appartenevano,invece, alla vecchia scuola di rivoluzionari.A prima vista risulta, infatti, evidente l’in-fluenza delle idee di Bakunin (azioni cospi-ratorie ecc.) finalizzate all’abbattimentodelle strutture del potere. Ma le stesse cro-nache dell’epoca rivelano il lavorio di un’al-ternativa “sfera di libera azione” sostenutadagli anarchici tedeschi che vivevano nellemetropoli americane.Il personaggio di punta degli attivisti tedeschiemigrati in USA fu Johann Most. Un legametra il pensiero di Goodman e quello di Mostparrebbe improponibile. Ciò nonostante esi-stono dei paralleli tra la comunità anarchicatedesca immigrata a New York negli anni1880-90 e la rete dei gruppi anarchici di oggi.Furono i socialisti radicali tedeschi (1870-80) a lanciare il movimento anarchico negliUSA (in precedenza prevalentemente indivi-dualista).

Essi organizzarono una rete di ritrovi in cui sipoteva discutere di politica, divertirsi e stareinsieme. La sede del movimento fu stabilitanel novembre del 1880 quando un gruppo di“social-rivoluzionari formarono il New YorkSocial-Revolutionary Club dopo essere statiespulsi dal Socialist-Labour Party. Quasi tuttii membri erano esuli tedeschi.L’evento più importante per il movimento ful’arrivo di Johann Most nel dicembre 1881,che contribuì con le sue doti di grande orato-re alla creazione di un movimento anarchicodi lingua tedesca compatto e visibile.Il Congresso di Pittsburgh (1883) definì le

Un’inconsueta ricostruzione, attraverso i pubs, del tessuto socialedell’emigrazione anarchica tedesca di fine Ottocento negli USA, liberamente

tratta dallo scritto di Tom Goyens pubblicato su “Social Anarchism”, n. 32, 2002.

Il pub di Justus Schwaba cura di Sergio Vaghi

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Johann Most

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linee di demarcazione tra socialismo e anar-chismo in America.Gli anarchici si mantennero visibili attraver-so la stampa, i sindacati, la cultura e soprat-tutto la vita dei Clubs. Essi riuscirono acostituire una “sfera di libera azione” nellaquale poterono agire ed espandersi.Il “saloon” della classe lavoratrice tedesca erail luogo di incontro più caratteristico deglianarchici. Di proprietà di tedeschi, questi“saloons” si trovavano nel Lower East Side,il ghetto degli immigrati di New York. Questilocali, in cui si serviva la famosa birra lagercon pasti caldi, si differenziavano dai tradi-zionali locali americani in quanto l’accessoera consentito anche alle donne (con grandestupore dei reporters). Il più famoso “luogo diritrovo per tutti gli spiriti allegri, audaci eamanti della libertà”, come pubblicizzava ilsuo proprietario, era il pub di Justus Schwab.Il pub funzionava come il miglior centro diinformazione per i radicali di New York;oltre a una zona riservata alla vendita dibevande, disponeva anche di una bibliotecadi 600 volumi. Il grande retro veniva, all’oc-correnza, utilizzato come forum per discus-sioni. Incontri di massa venivano organizza-ti in questi pubs per rivolgersi all’interacomunità anarchica, ma non solo.Benché ignorate dagli storici, queste attivitàinterne ai pubs svolgevano un ruolo estrema-mente significativo per la vita dell’attivistaproletario. Utilizzando il pub come punto diincontro, gli anarchici tedeschi organizzava-no picnic e altri eventi che offrivano unaalternativa alla faticosa quotidianità della vitanegli slums di Manhattan.In questi raduni di famiglia, nei quali donnee bambini erano coinvolti al pari degli uomi-ni, birra, musica e tiro a segno non mancava-no mai assieme alle bandiere rosse e nere eai dibattiti sulla situazione politico-sociale.Un ruolo molto importante aveva anche lamusica vocale o strumentale. Quasi ognigruppo organizzato secondo i principi anar-

chici aveva il suo coro o la sua banda. Can-tare e ballare era un aspetto centrale degliincontri.Altre attività sponsorizzate erano manifesta-zioni teatrali, ricorrenze e celebrazioni,discussioni e gruppi di mutuo appoggio. Ele-menti di natura etnica tenevano insieme ilgruppo, ma vi erano anche momenti di soli-darietà multietnica, come la commemorazio-ne della Comune di Parigi, che attiravanolavoratori francesi, boemi, italiani e russi.Era evidente, invece, l’assenza di lavoratoridi lingua inglese. La questione era quantoinclusiva avrebbe dovuto essere una orga-nizzazione anarchica senza giungere a trop-pi compromessi.Furono comunque messi in atto importantisforzi nel tentativo di costruire una relazio-ne con i lavoratori americani e i liberalsdella classe media.Malgrado questi sforzi, il gruppo anarco-tedesco veniva man mano soverchiato da unaltro gruppo etnico, quello degli ebrei-russi,che ne usava le infrastrutture per costruire lapropria cultura anarchica in lingua yiddish.Alcuni di questi ebrei-anarchici riuscirono aespandere il pubblico al quale si rivolgeva-no e divennero radicals americani, comeappunto Paul Goodman.In certo modo, il movimento anarchicod’immigrazione riuscì a collegarsi al gran-de movimento progressista di tradizioneanglofona solo nel 1910. Poi, a causa dellasua posizione critica, senza compromessi,verso il capitalismo e le politiche parla-mentari e dell’appello costante a misurerivoluzionarie, l’anarchismo d’immigrazio-ne si allontanò sempre più dai liberals“autoctoni”: il radicato “ottimismo” dellasocietà americana portò infatti all’emargi-nazione dei movimenti che attaccavano inmodo così radicale le istituzioni, decretan-done nel tempo la scomparsa.

traduzione di Luciana Vaghi

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A prima vista può apparire sorprenden-te che l’anarchico abbia la sua parolaparticolare da dire a proposito dell’al-coolismo. L’opinione sembra che siachiarita e l’unanimità ben fondata suidelitti dell’alcoolizzazione umana, lesue conseguenze nefaste nell’ordineindividuale, familiare e sociale comepure sul modo di lottare il terribile fla-gello. E tuttavia, malgrado le apparen-ze, su nessun soggetto le due concezio-ni, anarchica e governativa, si affronta-no e si oppongono con maggior forza echiarezza.Definizioni, metodi di studio, induzio-ni, deduzioni, conclusioni dottrinali epratiche differiscono completamente intutto.“L’alcoolismo è una malattia cronicaingenerata per l’abuso di bevandealcooliche”, questa è la definizioneaccademica governativa, ufficiale. Inaltri termini, il male colpisce gli indi-vidui tanto poco ragionevoli da assor-bire eccessivamente liquidi a basealcoolica. Questo postulato, general-mente ammesso senza discussione,implica due corollari evidenti comeassiomi: primo, le persone sensate,bevitori moderati, sfuggono alle conse-guenze patologiche dell’ingestione esa-gerata; poi le bevande alcooliche nonsono nocive per se stesse, ma per l’a-

buso che se ne può fare; la malattianon è in funzione della qualità, madella quantità. Per di più e molto meglio, il consensouniversale, succedaneo della saggezzadelle nazioni, ammette che l’alcoolpreso diluito e a dose normale, costi-tuisce una bevanda tonica, stimolante,di buon valore nutritivo. Il Parlamentofrancese s’è fatto un dovere di adottareuna tesi così notevole e di sgravared’una parte d’imposta il vino, il sidro,la birra molto inoffensiva per natura.Nel timore di un consumo insufficien-te, il legislatore innalza, eleva questiliquidi multicolori all’altezza di unapanacea e li dichiara bevande igieni-che, favorevoli alla salute. […]In poche parole la dottrina ufficialeconsidera l’alcoolismo più una colpaindividuale che una malattia, un pecca-to di cui la legge punisce le manifesta-zioni pubbliche (legislazione francesecontro l’ubriachezza) e contro il qualeè possibile lottare con una multa anti-cipata sotto forma di elevazione deltasso d’imposta, con una diminuzionedel numero dei ritrovi viziosi, con laconcessione allo Stato del privilegiodell’industria e del commercio dell’al-cool, infine, in certi casi particolari edeccezionali, con la proibizione impostaai privati di fabbricare come pure di

A controcanto delle note precedenti su osterie e birrerie, riportiamo alcuni passi della voce “alcolismo” dell’Enciclopedia anarchica

di Sébastien Faure. I brani sono tratti dall’edizione italiana (in fascicoli, Il Corvo, Livorno 1959, traduzione di S. Vuotto).

Vedi alla voce “alcolismo”a cura di Pierpaolo Casarin

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bere bevande alcooli-che.Al contrario l’anarchico,amico fedele dellaverità, enuncia e giusti-fica una definizionemolto differente: “L’al-cool è un’intossicazionecronica causata dall’usoabituale, a qualunquedose, di bevande alcoo-liche qualunque essesiano”. È l’energicaaffermazione che l’al-cool costituisce un vele-no, la cui ingestionequotidiana a piccoladose crea il piccoloalcoolismo, e ad altadose il grande alcooli-smo, come esiste unpiccolo, medio e grandemorfinismo. L’intossica-zione è in funzione edella quantità e dellaqualità. […]L’alcool è un prodigiosomezzo di governo, il cui successo si èsempre affermato dalla più alta anti-chità fino ai giorni nostri. Monarchie,oligarchie, democrazie non possonoimporre il loro potere parassitario, ste-rile e malefico che a popolazioniabbrutite dal vino e dallo spirito e,quindi, incapaci di discernere i loroveri interessi. La guerra europea del 1914-18 vieneancora a portarci la sua testimonianzairrefutabile. Imposta con l’imposturaufficiale a masse dall’intelletto anneb-biato di alcool, la guerra perdurò solograzie alle grandi e quotidiane distribu-zioni di orribili misture avvelenate. [...]Impotenti a difendere la loro vita sacri-ficata in una spaventevole carneficina,

come gli uomini avvinazzati potrebbe-ro rivendicare la loro felicità e la lorolibertà? Orda balbettante e titubante,essi mostrano se stessi come primiartefici del loro asservimento.L’attitudine dei governi suscita quelladegli anarchici. Questi riscontrano nel-l’alcool il più pericoloso nemico; i lorosforzi di liberazione individuale e tota-le combattono la debolezza collettivadell’umanità, la cui intelligenza evolontà s’intristiscono nei liquidi avve-lenati. Al di fuori dei pericoli di ubria-chezza e di delirio, il bevitore si rivelapusillanime e pauroso, inetto alle piùpiccole reazioni; in fondo a se stesso,egli prova il sentimento della suadebolezza fisica e mentale e si curva

Proposta di monumento dedicato alle vittime dell’alcol. L’immagine èripresa dal quindicinale “La Rivolta” di Milano, n. 32, dicembre 1910,che utilizza questa foto per pubblicizzare l’uscita del libro L’alcoolismo

di Tomaso Concordia, un feroce libello contro l’abuso del bere

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davanti alle servitù millenarie: lunghe edestenuanti giornate di lavoro, salari deri-sori, alloggi insalubri, servizio militare eperfino la guerra micidiale. [...]L’individuo non potrà salvarsi, se nonrinunzierà definitivamente all’alcoolsotto tutti gli aspetti, praticando l’asti-nenza integrale. La moderazione, predi-cata con astuzia da pseudo-igienisti uffi-ciali, nasconde una forma temibile, per-ché insidiosa, dell’intossicazione. Coluiche beve ogni giorno e non si ubriacamai, scivola a poco a poco nell’annien-tamento ineluttabile della sua persona-lità; oscurato lo spirito con i vaporideleteri, egli cessa di sviluppare la suaistruzione, non riflette, non pensa, agi-sce sotto suggestione di estranei, obbe-disce ai comandi, teme e rispetta l’auto-rità brutale. Per sfuggire alla servitùinfamante, esiste un solo mezzo di sal-vezza: la proibizione decretata contro sestesso.I plebisciti, i regolamenti, le ordinanzeportano in sé un elemento di impotenzaoriginale: la loro caducità. L’autocrate,le autorità di domani distruggerebberol’opera di oggi. La storia ci insegnacome monarchi e cittadini elettori subi-scono influenze successive e contraddit-torie e come l’instabilità sconvolge lelegislazioni in apparenza meglio conso-lidate.L’uomo libero detta a se stesso la pro-pria legge, ispirata dalla sua sana ragio-ne, e s’interdice il più piccolo veleno.Egli agisce sui suoi simili con unapotenza indistruttibile: l’esempio.Nella lotta antialcoolica, e dovunque esempre, l’anarchico fa sue le belle paro-le del Dott. Legrain: “Da che l’uomo èin cerca del benessere morale, non trovamai niente di buono finchè non prendal’Ideale e l’Assoluto come guida e mae-stro”.

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Siamo certi che il noto enologo Luigi Veronelli (ilquale nella sua rivista “Ex Vinis”ribadisce spesso evolentieri le sue convinzioni anarchiche) dissentiràda questa posizione diffusa in buona parte dell’a-narchismo classico. E infatti ha sempre generosa-mente contribuito, con ottime scelte enologiche, avari incontri anarchici. Qui è ritratta una delletante bottiglie donate per l’Incontro internazionaleanarchico “Venezia ’84”. Ma anche il più recenteconvegno “Anarchici ed ebrei, storia di un incon-tro” (sempre Venezia, 2000) ha beneficiato per lasua parte conviviale di un’eccellente selezione vero-nelliana. Il che dimostra, insieme alle foto pubbli-cate, che non tutti gli anarchici hanno aderito allacampagna pro-astinenza suggerita da Faure...

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1. Lato Latini nacque ad Anghiari (AR) il5 dicembre 1883 da Giovanni e da Adelai-de Taverni. Aveva almeno una sorella e unfratello. La sorella Aida è nota alla poliziasin dai primi del secolo perché frequentaambienti anarchici. Il Casellario politicocentrale conserva un fascicolo a suo nomein cui si trova copia di una lettera diCamillo Berneri, scritta nei primi giornidel 1930. Berneri sostiene che Aida erauna provocatrice, una spia e che nel 1921era passata al fascismo1.Latino Latini nacque il 7 maggio 1882.Sulla copertina del suo fascicolo presso ilCasellario politico permanente si specificache è fratello di Lato. Non è consideratoun elemento pericoloso, è schedato solo aFirenze, commette qualche piccolo reatoall’inizio del secolo, dopo la guerra è fac-chino nei mercati cittadini. Ogni tanto lapolizia confonde i due fratelli quasi omo-nimi e molto somiglianti.Il 15 agosto 1944, mentre ancora si com-batte per la liberazione di Firenze nellaperiferia nord della città, Lato si presentain Questura e ottiene di portare via il suovecchio fascicolo. L’anno dopo, in occa-sione del guaio giudiziario più grave dellasua vita, in Questura si riapre il fascicolosbagliato e sorgono degli equivoci, finchéuna nota del 10 ottobre chiarisce che iLatini sono due e che le informazioni chesi vogliono sono relative a “Lato (nonLatino)”2.2. La scheda biografica di Lato Latiniconservata al Casellario politico centralecomincia il 29 luglio 1902. Lato è tipo-grafo compositore presso la stamperia

Salani e frequenta alcuni “noti anarchici”;intorno al 1904 “vive maritalmente” conAdele, figlia dell’anarchico GiovanniGavilli che sembra abbia avuto, più omeno nello stesso periodo, una breve rela-zione con Aida Latini3.La polizia si occupa di reati, pene e mora-lità, dunque le informazioni che abbiamosono queste: il 1° novembre 1903 Lato èarrestato, mentre si trova in un caffè, peroltraggio a pubblico ufficiale e sconta 37giorni di reclusione; il 27 febbraio 1904 èsorpreso ad affiggere manifesti che invita-no all’astensione alle elezioni amministra-tive comunali in programma il giornodopo: gli vengono sequestrati 300 volanti-ni ed è condannato a una multa di 200lire.Nel giugno 1904 Lato sparisce da Firenze.La prefettura risponde a un sollecito delministero: “Il mio ufficio non ha maisegnalato fin qui a codesto On. Ministeroil Latini Lato, perché il medesimo èmodestissimo gregario della setta anarchi-ca, e non un sovversivo…”. Il rapportosostiene che Latini era diventato anarchicoper amore e per conquistare – oltre che lafiglia Adele – anche la fiducia di GiovanniGavilli:

Ma l’amore non durò a lungo, ed il Latini,stanco della Adele, andò in cerca di altradonna, di altro amore. Indusse così la minoren-ne Tozzini Ernesta la quale lavorava nella stes-sa tipografia Salani, ad abbandonare il tettopaterno e fuggire con lui.

Lato rientra in città con Ernesta, che

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BIOGRAFIE

Lato Latini, il tipografo fiorentinodi Filippo Benfante

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aveva tre anni meno di lui, ai primi diluglio, ma riprende subito a girare. In ago-sto s’impiega in una tipografia di Pistoia,dove resta un anno; in seguito passa perGenova, Torino, Novi Ligure, Tortona4. ANovi Ligure, nell’aprile del 1913, preparaun numero di prova de “Gli Scamiciati”,quindicinale animato da Giovanni Gavilli;il giornale, in polemica con Malatesta,sosteneva l’anarchismo individualista.Lato rimane nel gruppo degli “Scamiciati”fino alla fine del 1914, quando il giornalechiude5. Durante la prima guerra mondiale è inqua-drato come soldato semplice nell’arma diartiglieria6.Dal 1926, se non prima, vive di nuovostabilmente a Firenze, dove ha aperto unatipografia in via S. Pier Maggiore7.

3. Ernesta Tozzini e Lato si sposano ehanno almeno sei figli, quattro femmine edue maschi. In uno stato di famiglia del1947 risultano vivere coi genitori Berto,nato nel 1916, Renata, nata nel 1920, eGiulietta, nata nel 1925. Il maggiore sichiamava Armando; non ci sono notizieper le altre due sorelle8.

4. Nel 1933 Armando Latini, nato il 7 set-tembre 1910, domiciliato in lungarno Cel-lini 31, chiede il permesso di poter aprireuna tipografia per il cui impianto ha giàacquistato l’attrezzatura e pagato l’affittodi un locale in piazza S. Lorenzo, grazieanche all’aiuto dello zio Latino. Dopoalcuni mesi di attesa, la risposta è negati-va; allora presenta ricorso al ministerodegli Interni. Sollecitata, la Questura diFirenze spiega che Armando sarebbe soloil prestanome per una famiglia di sovver-sivi. Nel 1931, mentre il figlio è militare,Lato sospende la licenza di cui è in pos-sesso dal 1926 e quindi prova a riprenderel’attività usando il nome della madre,

Adelaide Taverni. Armando rafforza il ricorso con la racco-mandazione del fiduciario del gruppo rio-nale fascista “Annibale Foscari”. Il mini-stero degli Interni invita le autorità locali ariesaminare il caso. La licenza è concessanel giugno 1933; la Questura dispone che“l’azienda del Latini sia convenientementevigilata”.Nel 1934 la tipografia è funzionante inpiazza S. Lorenzo, Lato lavora conArmando9.

5. Una nota del 1938 dice che le genera-lità di “Lato Latini, via Anguillara 20”sono state rilevate “da quaderni, rubriche,appunti già appartenenti al defunto anar-chico Malatesta Enrico”10.

6. I controlli di routine della polizia nonsegnalano altro che cambi d’indirizzo.Lato continua a fare il tipografo, e periodi-camente cambia indirizzo anche alla suaattività. Nella primavera del 1943 collabo-ra alla riorganizzazione del movimentoanarchico e dopo la caduta di Mussolini,durante i “quarantacinque giorni” delgoverno Badoglio, prepara un numero di“Umanità Nova”11.La già citata nota di prefettura del 10 otto-bre 1945 informa che dopo l’8 settembre1943, nel periodo clandestino, Latinistampò per conto del Partito d’Azione, deicomunisti e dei socialisti. Per il suo lavoro– che in quel periodo si svolgeva in viadelle Terme 11/r – era stato perseguitatodai fascisti, tanto che aveva dovuto chiu-dere bottega. Dopo la liberazione i guainon erano finiti:

Nel novembre 1944 per avere stampato ungiornale anarchico clandestino intitolato “Uma-nità Nova” veniva arrestato e condannato acinque anni di carcere dalle Autorità Alleate. Inseguito a ricorso, tale pena veniva ridotta ad un

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anno che terminerà di scontare verso la fine delmese prossimo.

Quando Lato Latini viene arrestato, Firen-ze è libera solo da pochi mesi. Come spie-gano i compagni di Roma:

A Firenze, che fa ancora parte delle retrovie,non si rilasciano permessi per la pubblicazionedi giornali. Non curandosi di tale divieto, inostri compagni già da tempo diffondevanoregolarmente una edizione settimanale di“Umanità nova”. Quantunque clandestino ilgiornale aveva raggiunto la tiratura di 20.000copie. […] Ci giunge ora notizia che un tipo-grafo, anch’esso nostro compagno, ma di cuinon conosciamo ancora il nome, è stato arresta-to sotto l’accusa di avere stampato il giornale12.

Lo stesso giorno, un trafiletto nella rubricadi cronaca giudiziaria de “La Nazione delPopolo”, il quotidiano di Firenze che escecome organo del Comitato Toscano diLiberazione Nazionale, rende noto cheLatini è stato condannato a cinque anni direclusione13.La notizia è ripresa e commentata la setti-mana dopo da “Umanità Nova” di Roma.

A prima vista la condanna di Latini nonsembra dovuta alle idee anarchiche, maderiva dal fatto che nessuno può pubblica-re senza permesso.

Ma riveliamo che l’ordinanza non fissa unminimo e un massimo della pena. È lasciatoall’arbitrio del giudice. Finora nei numerosicasi verificatisi le pene non hanno superato isei mesi. È la prima volta che s’infligge uncastigo, che ricorda quelli del tribunale specia-le fascista. E allora perché non dovremmo pen-sare che si è voluto (sic) essere così ferociappunto perché trattavasi di un anarchico?14

I compagni romani non sono del tuttofuori strada. Un rapporto del ProvincialLegal Officer del 2 dicembre 1944 parladegli arresti delle “persone responsabilidella pubblicazione di ‘Umanità Nuova’”.Il vero motivo dell’arresto è “vilipendiodegli Alleati”, ma si decide che è megliobasare l’accusa sulla mancanza del per-messo di stampa15.Il 16 dicembre 1944, il CTLN approva unordine del giorno relativo al caso. Dopoavere precisato che “Umanità Nova” nonè un periodico legato al CTLN, si passa a

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Edizione clandestina di “Umanità Nova”, 10 settembre 1943

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un generico appello perché le autoritàalleate ripristino la completa libertà distampa. La “Nazione del Popolo” non lopubblica.Il CTLN procede con cautela: anche il suoquotidiano e i periodici dei singoli partitimembri sono sottoposti alla censura allea-ta, che è molto rigida. Nello stesso mesedi dicembre 1944, a Lucca, sono arrestatie condannati dalle autorità alleate duetipografi legati direttamente al CLN locale,in seguito a una polemica sul controllo delgiornale che si stampa a Lucca. Il CTLNincarica il pittore e scrittore Carlo Levi,allora uno dei direttori della “Nazione delPopolo”, di trattare il delicato caso16.

7. L’arresto di Latini provoca la sospen-sione delle uscite di “Umanità Nova” aFirenze. Il primo numero dopo la libera-zione esce a pochi giorni dalla fine dellabattaglia di Firenze, il 10 settembre. L’ul-timo numero del 1944 è datato 26 novem-bre. Il giornale riprende il 28 gennaio1945, e continua le uscite in modo irrego-lare.Nei mesi seguenti la stampa anarchicapubblica due appelli per la scarcerazionedi Latini, che allo stesso tempo lamentanoil fallimento dell’epurazione. Il numerounico “La protesta”, che esce nell’estate1945, aggiunge un attacco al governoParri e ad alcuni membri del CTLN, e com-pleta la prima pagina con un’invettivacontro “Firenze fascistissima”17.L’11 agosto 1945, cinque compagni –Augusto Boccone, Ezio Puzzoli, GinoBonechi, Piero Guarnieri, Luigi Zannoni –“a nome di tutti gli anarchici di Firenze” –consegnano una lettera al capo del gover-no, Ferruccio Parri, in città per l’anniver-sario dell’insurrezione fiorentina, in cuichiedono che si intervenga “per facilitarela liberazione del nostro compagno”. Aquell’epoca la pena era già stata ridotta da

cinque anni a uno. Il ministero svolgequalche altra indagine; nel rapporto citatopoco sopra la prefettura consiglia clemen-za anche in considerazione delle “miserecondizioni economiche” in cui vive lafamiglia. Alla fine nessun altro sconto:Latini è scarcerato solo l’8 dicembre194518. Nel 1944-45 le condizioni di vitanelle carceri fiorentine sono particolar-mente dure19.

8. Un’anonima nota manoscritta deposita-ta con la collezione di “Umanità Nova”presso l’Istituto per la Storia della Resi-stenza in Toscana dice che i redattori delgiornale erano Lato Latini, Ezio Puzzoli,Vittorio Monni, Augusto Boccone.Vittorio Monni ha sottoscritto questadichiarazione: “I numeri di ‘UmanitàNova’ editi negli anni 1943-1944-1945furono stampati a Firenze. Il primo nume-ro ebbe una tiratura di 1.800 copie, glialtri aumentarono numero per numero finoa 8.000 copie”.L’anarchico triestino Umberto Tommasini,che per un periodo fu a Firenze dopo laliberazione, ricorda questo compagnocome “un individualista” che faceva “ungiornaleto”:

iera proprio come el giornal che fazeva quel dela rivoluzion francese, come la “Vie du peu-ple” […]. Anche là i fazeva cussì: “Si dice chequel là ga fato la spia; si dice così e colà”. Eindicava la gente, andava là e i liquidava i fas-sisti20.

Non mi risulta che l’“Umanità Nova” fio-rentina, dopo la liberazione, abbia pubbli-cato i nomi e gli indirizzi delle spie note,come facevano i giornali antifascisti delperiodo clandestino. L’epurazione ècomunque un tema centrale in ogni nume-ro. La ripresa della vita cittadina è raccon-tata, a volte con toni moralistici, nella

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rubrica Tra le rovine materiali e morali diFirenze. Spicca, tra le altre cose, lo scan-dalo legato al processo per accaparramen-to contro l’industria farmaceutica Manetti& Roberts. Molti articoli sono polemicinei confronti de “La Nazione del Popolo”,del CTLN e del CLN, definito “federazionecooperativistica di buon sapore fascista,fucina bene attrezzata per la ‘Trimurti’ dit-tatoriale dei famosi partiti di masse…”21.Gli attacchi sono indirizzati soprattuttocontro PCI e DC; migliori sono i rapporticon il Partito d’Azione, con i socialisti econ qualche vecchio repubblicano comeRandolfo Pacciardi22. Infine, non si rispar-miano gli inglesi, perché filomonarchici, egli alleati in generale. Forse è l’articoloGli alleati e il fascismo, pubblicato il 19novembre23, che costa a Latini una con-danna così pesante. La chiusura del gior-nale, comunque, era già nell’aria, tantoche nel numero del 29 ottobre 1944 sipubblicava una Lettera aperta al Coman-do Alleato, al CTLN e alla DemocraziaCristiana che cominciava così: “Siamogià informati che per ordine delle autoritàcompetenti si sta prendendo misure chemirano alla nostra soppressione”24.

9. Dopo la scarcerazione Lato riprende ilsuo domicilio in piazza S. Ambrogio 1.Nel 1949 è ancora al lavoro nella tipogra-fia che “il figlio maggiore” Berto tiene inCorso dei Tintori 19/r. I carabinieri nonritengono di farlo iscrivere al Casellariopolitico centrale, perché Latini non è daconsiderarsi pericoloso “per l’ordine pub-blico e per gli attuali ordinamenti demo-cratici dello Stato”25.

10. Lato Latini non è solo un tipografo,ma anche un editore. Almeno dal 1949promuove la collana I grandi iconoclastinel pensiero e nell’azione, che ristampaopere dell’anarchismo individualista, e

firma le presentazioni dei libri (spessoopuscoli) con Tito Eschini. Queste breviintroduzioni contengono sempre una pero-razione dell’ideale anarchico individuali-sta, con accenni polemici verso altri grup-pi e tendenze dell’anarchismo italiano. Nella prefazione alla novella di GiuseppeCiancabilla, Verso la morte gli editoridichiarano:

Non pecchiamo di feticismo, noi, quando conle nostre umili edizioni che abbiamo pubblicatee pubblicheremo, cerchiamo di colmare lelacune lasciate aperte, volutamente e per spiritosettario, dai monopolizzatori dell’anarchismoufficiale […]26.

Tra gli autori c’è Renzo Novatore. AidaLatini, nel 1922, pochi mesi prima dellamorte di Novatore, aveva scritto un suoelogio, pubblicato dal giornale “Il Proleta-rio”27.Latini ristampa anche gli opuscoli di Gio-vanni Gavilli, e nella terza di copertinadella nuova edizione di Girella. Ode inrisposta ad “Anarchico” di Lorenzo Stec-chetti (con cenni biografici a cura di Tito

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Novella di Giuseppe Ciancabilla stampata nellatipografia di Lato Latini nel 1949

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Eschini, Firenze 1948) lancia un appelloai lettori perché inviino scritti di Gavilli inloro possesso: “promettiamo la restituzio-ne. – Invii e richieste a: LATO LATINI –Corso Tintori, 19 rosso – Firenze”.Con Latini collaborano altri anarchici diPistoia; nel corso degli anni Cinquantaprendono il nome “Albatros”, che passaanche alle edizioni prodotte nella tipogra-fia di Corso Tintori. L’ultimo libro stam-pato da Latini che io conosco è la biogra-fia di Giovanni Gavilli scritta da UgoFedeli. L’elenco delle pubblicazioni delGruppo “Albatros”, in fondo al volume,comprende una polemica tra Berneri,Novatore e Senigalliesi (Per trovare la

fine), Il peccato originale di Camillo Ber-neri, Il crepuscolo di Eliseo Reclus di HanRyner, gli Scritti postumi di Bruno Filippi.È il 1959, Lato ha 76 anni.L’anno dopo è eletto tra i consiglieri dellaSocietà di Cremazione di via dell’Arien-to28.

11. Nelle carte di polizia si trova comedata di morte il 19 aprile 1966. Nel casel-lario permanente si conserva una copia delnumero di “Umanità Nova” con il necro-logio: “Il 20 aprile ha cessato di vivere,nella sua abitazione in Firenze, il vecchioe noto compagno Lato Latini”29.

Note

1. Scrive Berneri a Pietro Montasini: “Aida Latininon è mai stata ‘nota anarchica’, ché per le sue sce-nate che la facevano arrestare di frequente […]. AMilano vestì la camicia nera, provocando, picchian-do, denunciando. […] Io l’ho conosciuta bene, aFirenze, ed in coscienza ti posso dire che è una dan-nata, capace di ogni bassezza”. La lettera, s. d., èpubblicata in Id., Epistolario inedito, vol. I, a cura diA. Chessa e P. C. Masini, Archivio famiglia BerneriEdizioni, Pistoia 1980, pp. 29-30. 2. Per tutto questo Archivio Centrale dello Stato,Casellario Politico Centrale (d’ora in poi ACS, CPC),2729, Latini Aida e ivi, Latini Lato; Archivio di Statodi Firenze, Questura di Firenze, Casellario PoliticoPermanente (d’ora in poi ASF, Questura, CPP), fasci-coli Latini Latino e Latini Lato. Per tutti e tre rimanela foto che completa la descrizione dei connotati.Ringrazio Salvatore Favuzza dell’Archivio di Statodi Firenze che ha messo a mia disposizione i fascico-li del CPP.3. Queste notizie sono tratte dai fascicoli di Lato eAida Latini in ACS, CPC, 2729. Dalla relazione conGavilli sarebbe nato il figlio di Aida, Diavolindo.Anche Diavolindo Latini è schedato (cfr. ancoraACS, CPC, 2729, ad nomen). Il fascicolo di GiovanniGavilli è in ACS, CPC, 2319; nella stessa busta si

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Renzo Novatore (12.5.1890-29.11.1922)

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trova anche quello di un altro figlio di Giovanni,Niccolino, nato nel 1888 e morto nel manicomio diFirenze nel 1918. Per altre notizie su Gavilli, cfr.anche U. Fedeli, Giovanni Gavilli 1855-1918. Bio-grafia, edita a cura del Gruppo “Albatros” - Firenze-Pistoia, Firenze 1959.4. ACS, CPC, 2729, Latini Lato.5 Cfr. Fedeli, Giovanni Gavilli, cit., pp. 27, 35-37,39-49; una notizia sulla collaborazione di Latinianche in G. Sacchetti, Sovversivi in Toscana (1900-1919), prefazione di Luigi Di Lembo, altre edizioni,Todi 1983, p. 85.6. ASF, Questura, CPP, fasc. Latini Lato.7. ACS, CPC, 2729, Latini Lato8. ASF, Questura, CPP, fasc. Latini Lato; il numerodei figli di Lato si deduce da una memoria scritta daArmando Latini, in ACS, CPC, 2729, Latini Lato.9. La notizia si trova nel fascicolo del fratello Latino,cit.10. ACS, CPC, 2729, Latini Lato.11. Su questo cfr. G. Sacchetti, Gli anarchici contro,Quaderni Libertari n. 9, Edizioni “Sempre Avanti”,Livorno 1995, pp. 20-23; “Umanità Nova” esce data-to a. III, n. 343, 10 settembre 1943.12. Condannate, ma comprendeteci, “Umanità Nova.Giornale anarchico edito dalla Federazione comuni-sta libertaria laziale ”, Roma, a. IV, n. 345, 11 dicem-bre 1944.13. “La Nazione del Popolo”, La condanna dell’edi-tore di “Umanità Nuova”, 11 dicembre 1944; siparla di “Latino Latini”.14. Protestiamo contro un’iniqua sentenza, “UmanitàNova”, Roma, n. 346, 19 (sic) dicembre 1944.15. Il rapporto è citato, tradotto in italiano, da R.Absalom, Il ruolo politico ed economico degli alleatia Firenze (1944-1945), La ricostruzione in Toscanadal CLN ai partiti, vol. I, Il Comitato Toscano diLiberazione Nazionale, a cura di Ettore Rotelli, ilMulino, Bologna 1980, p. 303, n. 162 (il saggio èalle pp. 233-343).16. L’odg del CTLN in Archivio dell’Istituto per laStoria della Resistenza, Firenze, CTLN, b. 31, verbaledel 16 dicembre 1944; nel testo si parla del “sig.Latini Latino”; l’incarico a Carlo Levi in ibidem, b.32, verbale del 13 gennaio 1945. Per i rapporti tra

“La Nazione del Popolo” e la censura alleata, cfr. iricordi di R. Bilenchi, Il duca, gli altri e una rivista,in Cronache degli anni neri, a cura di R. Bilenchi,con la collaborazione di M. Chiesi, presentazione diB. Schacherl, Editori Riuniti, Roma 19942, pp. XIII-XXIX; V. Branca, Ponte Santa Trinita. Per amore dilibertà, per amore di verità, Marsilio, Venezia 1987,il cap. Un giornale di libertà.17. Cfr. APPELLO, “Umanità Nova”, a. V, n. 357, 20maggio 1945; Una scarcerazione s’impone, “La pro-testa”, numero unico per l’anniversario di GaetanoBresci, s.d. [29 luglio 1945]; in Concimaia politica,ibidem, si descrive la situazione fiorentina.18. Su questo cfr. ASF, Questura, CPP, fasc. LatoLatini, che contiene anche una copia della lettera aParri. Nella lettera il nome è “Latini Latino”; deveessere stato il poliziotto copista a trasformare “Lato”in “Latino”. 19. Cfr. le cronache locali de “La Nazione del Popo-lo”, in particolare i mesi di maggio, giugno e agosto.20. U. Tommasini, L’anarchico triestino, a cura econ un saggio introduttivo di Claudio Venza. Presen-tazione di Paolo Gobetti, Edizioni Antistato, Milano1984, p. 442.21. CLN., “Umanità Nova”, a. V, n. 355, 8 marzo1945.22. Notizia di un discorso pronunciato a Roma daPacciardi, “Umanità Nova”, a. IV, n. 344, 10 settem-bre 1944.23. “Umanità Nova”, a. IV, n. 352, 19 novembre1944. 24. “Umanità Nova”, a. IV, n. 349, 29 ottobre 1944.25. ASF, Questura, CPP, fasc. personale di Lato Lati-ni.26. G. Ciancabilla, Verso la morte. Novella, Tip.Latini, Firenze 1949, p. 3.27. Trovo questa notizia in R. Novatore (AbeleRicieri Ferrari), “Un fiore selvaggio”. Scritti scelti enote biografiche, a cura di A. Ciampi, BFS edizioni,Pisa 1994, p. 97; il pezzo di Aida Latini è riprodottoalle pp. 97-99.28. ASF, Questura, CPP, fascicolo personale di LatoLatini.29. “Umanità Nova”, Roma, 30 aprile 1966.

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1. Per ricostruire la vita del calzolaio anar-chico Luciano Visentin, nato a Mestre nel1898 e morto sempre a Mestre nel 1983,alla fine degli anni Settanta, non ci sonosolamente i fascicoli raccolti dalla poliziae gli atti dei processi a suo carico1. ElisFraccaro, anarchico venticinquenne diMarghera, intervistò Visentin, e conservòil nastro. Inoltre Visentin ha lasciato alcu-ne pagine autobiografiche, che aveva inti-tolato Una povera vita2; altri suoi scritti –lettere e memoriali – si trovano nei fasci-coli di polizia e negli atti dei processi.È una fortuna avere una cassetta con ilracconto della sua storia di vita, perché lecarte di polizia possono registrare con pre-cisione dati come luoghi di residenza,incontri, riunioni, viaggi, processi e con-danne e così via, ma seguono uno schemanarrativo che riflette la logica poliziesca.Victor Hugo ha scritto che per il commis-sario Javert

gli incidenti abituali della pubblica via eranoclassificati per categorie, principio della previ-denza e della sorveglianza; e ogni eventualitàaveva il proprio scompartimento: i fatti possi-bili stavano per così dire dentro i loro cassettidai quali uscivano a seconda dell’occasione inquantità variabili: nella strada c’erano il chias-so, la sommossa, il carnevale, la sepoltura3.

Nelle strade c’è dell’altro. Jean Valjeannon si sarebbe riconosciuto nel ritratto

che di lui facevano i rapporti di polizia.Eppure le carte in mano a Javert nonmentivano su Jean Valjean, anzi, diceva-no il vero, sia sulla sua reale identità, siasul passato di uomo fuggito dal bagnopenale. Semmai era lui, Valjean, a menti-re, nascondendosi sotto un falso nome.Chi ha letto I miserabili sa a chi credere.Tutto può diventare indizio, traccia, segno.I processi contro le streghe ci parlano deigiudici e dei loro schemi inquisitori, magli scarti tra domande e risposte possonoraccontarci la mentalità degli inquisiti, efarci percepire i lamenti per le torture.Così può avvenire per le carte costruitenelle aule dei tribunali, nelle infermeriedelle isole dei confinati, nelle sale di col-loquio dei carceri, nelle stanze delle que-sture, negli uffici dei consolati, nelle cuci-ne o nei salotti dei confidenti. Ma le fontiprodotte dagli inquisiti – sia orali chescritte – esprimono il punto di vista deisoggetti che nelle carte prodotte da poliziae da tribunali sono l’oggetto della docu-mentazione: per questo motivo ci obbliga-no a riflettere sullo sguardo con cui stiamoguardando, sulle parole che leggiamo e suquelle che usiamo per raccontare. Qui scriverò di un solo episodio della bio-grafia di Visentin, e cioè l’arresto e il pro-cesso del Tribunale Speciale del 19284.

2. Nelle carte di polizia, tutto inizia con laconferma che i sovversivi non cambiano

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TESTIMONIANZE ORALI

Il processo a Luciano Visentin, calzolaio di Mestre

carte di polizia e autobiografie di sovversivi

di Piero Brunello

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mai, malgrado le apparenze. Il funzionariodella squadra politica della Questura cheaprì la pratica nel gennaio del 1928 dirà algiudice istruttore di avere avuto da temposospetti su Visentin e sulle persone chefrequentava. Poi da “confidenze avute daun fiduciario” (su cui il giudice non chiesemai notizie), aveva saputo che Visentinvoleva stampare e affiggere un manifesto,e che non aveva trovato nessuno dispostoa farlo. Il commissario di PS di Mestre erastato messo sul chi va là, soprattutto perl’anniversario della morte di Lenin, tra il20 e il 21 gennaio.Nel racconto di Visentin a Elis Fraccaro,mezzo secolo dopo, la vicenda si apre condue sciagure inaspettate. Dopo il processoper l’omicidio di un giovane fascista, incui era stato assolto, e dopo un paio ditentativi di espatrio per sfuggire alle per-secuzioni dei fascisti di Mestre, Visentinaveva ripreso a lavorare da calzolaio,quando, all’improvviso, nel gennaio1928, sua sorella viene ricoverata in ospe-dale e muore, e lui viene arrestato.Chi non cambia mai, nel racconto diVisentin, è il vicesegretario del fascio diMestre, Antonio Beneggiano. “Mi hannoarrestato sotto l’accusa di aver stampato,di aver attaccato le stampiglie in occa-sione della morte di Lenin. Sono statoarrestato il 22 gennaio”. In Questura,Visentin vuole sapere chi lo accusa.

Mi hanno detto che era il solito famosoBeneggiano. Allora gli ho chiesto il confrontoe il maresciallo che adesso mi sfugge il nome,maresciallo di pubblica sicurezza, mi ha detto:“Cosa vuole Visentin, che portiamo qui ilBeneggiano. Se portiamo qui il Beneggiano cidà ordine di bastonarla e lei non concludeniente. È meglio che la portiamo in carcere”.

Beneggiano perseguitava Visentin da anni.

3. Tutto quel che sappiamo delle moda-lità dell’arresto proviene dal Memorialeche Visentin scrisse in carcere per il giu-dice istruttore.Domenica 22 gennaio 1928, a metà gior-nata, in casa di Luciano Visentin si pre-sentarono due guardie di PS. Visentinviveva in una stanza o poco più. Dovec’erano gli attrezzi di lavoro da calzo-laio, c’era anche il letto. Una delle guar-die fece delle domande sul piumino, scu-cito in più parti, da cui uscivano piumedi gallina. Visentin ebbe paura che loincolpassero di furto. “E pensavo tra me:mi manca altro che questo al mondo; èl’ultimo colpo che mi possono dare”,scrisse nel Memoriale. Quando vide ilsolito maresciallo, Visentin si tranquil-lizzò. Il maresciallo sapeva quanto fosseammalato, e sembrava non volergli delmale. Del resto Visentin si era presentatopoche ore prima in Questura perché era

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Luciano Visentin a destra, con un anonimo compagno

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in libertà vigilata, e tutto era andatocome al solito. Aveva fatto una firma, edera tornato a casa. Avendo ricevuto l’am-monizione, Visentin doveva rientrare incasa prima del buio, non allontanarsi daMestre senza permesso e presentarsiregolarmente in Questura.Il maresciallo gli disse che lo avevanovisto verso mezzanotte in bicicletta: erain piazza e faceva il palo. Visentin rispo-se che non era vero, e chiese chi lo accu-sava. Il maresciallo gli fece capire che sitrattava di “una autorità”, e gli proposedi collaborare. “Anzi – scrisse Visentinnel Memoriale – mi disse testualmentecosì: ‘Senta Visentin, noi sappiamo chelei è innocente, ma siccome à diversiamici, se vuole può dirci che discorsitengono ecc. ecc. e noi le leviamo dicolpo la sorveglianza’”. Era un’offertacomune in queste occasioni.Visentin rispose: “Senta signor Mare-sciallo: lei mi conosce molto bene e sache per la mia malattia e perché sonosorvegliato politico tutti cercano di evi-tarmi; del resto lo sa che io sono sempresolo. Ma se lei, signor Maresciallo, èconvinto che io alla mezzanotte fossi invia Piave in bicicletta, firmo tutto ciòche vuole”.

4. In carcere a Santa Maria Maggiore aVenezia, Visentin chiese e ottenne unconfronto con il suo accusatore: AntonioBeneggiano, vicesegretario del PartitoFascista di Mestre. Il confronto tra i dueavvenne il 28 febbraio. Dell’episodiorimangono tre testimonianze. La prima èil verbale del confronto. La seconda èuna lettera scritta da Visentin al giudiceil giorno dopo. Infine c’è il racconto cheVisentin fece a Elis Fraccaro.Stando al verbale, Beneggiano accusòVisentin di essersi trovato in bicicletta inpiazza quella notte. Ci fu un botta e

risposta, nel corso del quale Visentin dàdel “lei”, e Beneggiano del “voi”.

Visentin: “Lei, Beneggiano non può avermiveduto perché essendo io ammalato di tuber-colosi mi ritiro in casa sempre verso le ore 19,e non esco più. Lei nutre del rancore verso dime perché mi ritiene un sovversivo ed altravolta in Carpenedo ebbe a bastonarmi”. Beneggiano: “Io vi riconosco come sovversi-vo pericoloso ma non vi accuserei ingiusta-mente […]. Quanto poi al fatto di Carpenedo,essendo stato informato che voi insieme adaltri sei o sette sovversivi eravate soliti a riu-nirvi in una sala da ballo con propositi d’im-porvi con la prepotenza a qualche fascistache vi interveniva, io insieme ad alcuni fasci-sti siamo andati a Carpenedo e quivi ammet-to di avervi dato due schiaffi perché vi sape-vo uno dei caporioni”.Visentin: “In quel giorno che ricordo era didomenica, appena scesi dal tram giunto aCarpenedo lei, spalleggiato dagli altri fascistimi percosse brutalmente e guai se non fosseintervenuto il Commissario di PS Di Palma a

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Le foto del brano sono state date da Elis Fraccaro,

autore dell’intervista a Visentin

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sottrarmi da ulteriori percosse. Nego di esse-re un caporione di comunisti”.

Qui il confronto ebbe fine.Il giorno dopo Luciano Visentin scrisse unalettera al giudice istruttore, nella quale rife-risce altri particolari. Il confronto, scrisse,aveva dimostrato la “prepotenza” diBeneggiano, davanti a cui “Ella – si riferi-va al giudice – mi sembrava un po’ turba-ta”. Inoltre, Beneggiano aveva prima nega-to che Visentin fosse un tipo violento, e poiinvece aveva fatto mettere a verbale l’accu-sa di essere “un anarchico pericoloso”.Parlando con Elis Fraccaro, Visentinrivelò cose che non aveva potuto scriverenella lettera. Descrisse Beneggiano comeun tipo con la “faccia piccola, occhi pro-prio del vero delinquente”, e ricordò chedurante il confronto

gli ho detto: “Tu devi andare remengo comeche va il fumo, boia, perché tu sai che io nonho attaccato nessuna stampiglia perché tu saiche non sono un bolscevico”. E allora questoBeneggiano ha tirato fuori la rivoltella perspararmi… nella sala dei giudici per l’interro-gatorio. E allora, come si chiama, quello cheviene assieme con il magistrato… il cancellie-re… lui guardava il Beneggiano fisso in attodi sfida perché era un coraggioso, e invece ilgiudice aveva paura, una paura tremenda.

Questa, dunque, era la “prepotenza” percui il giudice sembrava un po’ turbato.

5. Nell’intervista, Visentin raccontò neidettagli l’episodio di Carpenedo cui siallude nel verbale del confronto conBeneggiano. I fatti risalivano al 1921.Una domenica Visentin stava andando intram a ballare a Carpenedo, “e io, ostia,ho visto che era pieno di fascisti” con il“commissario delegato di pubblica sicu-rezza”. Appena sceso, comincia l’aggres-

sione, con il commissario che lo tiene eBeneggiano che “con quel bastone cheavevano di piombo, mi bastonava”.

Io avevo a quel tempo la paglietta e questocommissario, questo delegato mi diede unabotta sulla paglietta: “Davanti all’autoritàdevi levarti il cappello”. Io gli ho rispostoche “questa paglietta qua mi costa una gior-nata di sudore e lei deve rispettare il lavoro”.Comunque me la sono rimessa, ma questoBeneggiano che era… è sempre stato il Com-missario dei fascisti, il peggiore di tutti, quel-lo che mi ha sempre accusato, ha tentato dinuovo di darmi una legnata, una bastonatacon quelle mazzocchette di piombo […].

I fascisti sono almeno in venti, e solo ilproprietario della sala da ballo – uninvalido di guerra col distintivo delfascio – riesce a fermarli. Poi

il delegato mi ha preso in disparte dicendo:“Ho dovuto fare così sennò ti uccidevanocome un cane, sono stato costretto, volevanoportarti in cimitero e ucciderti come uncane”. E lo facevano.

6. Passò l’estate del 1928. Ai primi di set-tembre il giudice istruttore del TribunaleSpeciale dichiarò che a carico di Visentine degli altri due imputati non apparivano“indizi sufficienti di reità”, e che i testiavevano fornito “contraddittorie dichiara-zioni”. Il giudice istruttore li prosciolse ene ordinò la scarcerazione. I tre vennero deferiti alla commissioneprovinciale per l’assegnazione al confino,che si riunì a Venezia ai primi di ottobre.La commissione era presieduta dal prefet-to e prendeva una decisione sulla base deirapporti della Questura. I rapporti descri-vevano così Visentin: “Poco amante dellavoro e dedito all’ozio ed al vino godenell’opinione pubblica pessima fama”. E

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ancora: “sin da ragazzo si dimostrò procli-ve alla violenza ed al delitto professandoapertamente principi libertari”. La biografia di Visentin, “capo del grup-po anarchico di Mestre”, era raccontataseguendo i reati di cui era stato accusato.Nel 1917 era stato assolto “per infermitàdi mente” dall’accusa di diserzione, econfinato a Ustica. Nel 1922 avevaavuto un processo per omicidio, ed erastato assolto. Espatriato clandestinamen-te in Austria, era stato per cinque mesi incarcere a Salisburgo. Rispedito a Mestre,era espatriato a Parigi. Sottopostoall’ammonizione al rientro in Italia, erastato condannato a tre mesi di carcereper aver trasgredito agli obblighi chel’ammonizione comportava. Da ultimo,l’arresto per i disegni di falce e martello.La commissione lo condannò a cinqueanni di confino a Ponza.

7. Le vicende che costarono la condanna alconfino, così come vengono riferite neirapporti della questura, di per sé non sonoinesatte. Però Visentin le avrebbe racconta-te in modo diverso, come poi fece nell’in-tervista a Elis Fraccaro e nella domanda dipensione inoltrata nel 1956. Arrestato nel 1921 quale organizzatoredegli Arditi del popolo a Mestre, avevafatto dieci mesi di carcere. Finito in pri-gione l’anno dopo con l’accusa infondatadi aver ucciso il fascista Cattapan, erastato riconosciuto innocente. Le persecu-zioni dei fascisti, dopo il processo, lo ave-vano spinto a espatriare. Trovato senzapassaporto, aveva passato cinque mesi incarcere a Salisburgo. Spedito in Italia, erastato dieci mesi in carcere a Venezia inattesa del processo in Corte di Assise,sempre per l’omicidio di Cattapan. Nuovoprocesso, nuova assoluzione. Per scampa-re alle persecuzioni fasciste, si era rifugia-to a Milano. Avendo saputo che la polizia

lo stava per arrestare, era tornato a Mestre.Nel frattempo la madre era morta di cre-pacuore. Fu ricoverato all’ospedale diMestre per “broncoalveolite bilaterale conemotisi”. Rimessosi alla meno peggio,aveva ripreso a lavorare come calzolaio,“ma questa mia occupazione – scrisse –era continuamente interrotta da persecu-zioni ed arresti preventivi”. Divenutoimpossibile per lui vivere in Italia, volleespatriare in Francia con il compagnoGalliano Rossato, ma erano stati arrestati“sui monti di S. Damiano”, vicino a Venti-miglia. Nuovo periodo di carcere a Vene-zia. Uscito, espatriò in Francia. A Parigi latubercolosi di cui soffriva si aggravò.Tornò a Mestre, dove venne ricoverato inospedale. Mentre si trovava all’ospedale,una quindicina di fascisti lo aggredirono, efu salvato dal medico del reparto, il dottorCesare Mareschi. Qualche giorno dopo,agenti di PS lo prelevarono dall’ospedale elo portarono in Questura a Venezia dovegli notificarono due anni di ammonizione.Ancora tre mesi di carcere per aver con-travvenuto all’ammonizione. Aveva appe-na ripreso il lavoro di calzolaio quandoera stato arrestato per disegni di falce emartello nell’anniversario della morte diLenin: “da notare – aggiunse nella doman-da al ministero – che io non ho mai appar-tenuto al Partito Comunista, bensì alMovimento Anarchico!”5.

8. Luciano Visentin fu arrestato di nuovonel gennaio del 1937, assieme a un cal-zolaio comunista di Mestre, che gliaveva dato da lavorare nella sua bottega,con l’accusa di “propaganda spicciolasovversiva ed antinazionale”6. Furonocondannati a cinque anni di confino.Visentin fu alle Tremiti, a Ponza e inaltre località delle province di Potenza,Matera e Cosenza. La sua salute peg-giorò sempre di più.

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Nel maggio 1939 scrisse una lettera alministero degli Interni, di cui non fa maicenno nel corso dell’intervista con ElisFraccaro. In questa lettera chiedeva diessere trasferito da Ponza in un comunedel continente: scriveva che il climaumido dell’isola gli faceva male, e dichia-va di riconoscere nel fascismo “un gran-dioso movimento spirituale dell’Italiaproletaria”7. In quel periodo le autorità diPonza scrissero di lui: “Saluta romana-mente ed avvicina solo gli elementi rav-veduti”8. In uno dei paesi di confino, Visentinconobbe una ragazza di venticinqueanni, Teresa Mazza; si sposarono pochimesi dopo l’entrata in guerra dell’Italia.Mandato di nuovo alle Tremiti, Visentinscrisse al ministero degli Interni una let-tera di sottomissione, dichiarando “osse-quio e devozione al Regime Fascista”, dicui era prova il fatto di “crearsi unafamiglia”. Chiedeva di essere proscioltodal confino, o almeno di essere trasferito“in un paese del continente”9. Nemmenodi questa lettera Visentin parlò mai nel-l’intervista. Fu trasferito a Lauria, paese della mogliein provincia di Potenza, dove finì discontare i cinque anni. Fece ritorno aMestre il 4 febbraio 1942, con la moglie,ammalato, a quarantaquattro anni.Dopo la liberazione, promosse la forma-zione di un gruppo anarchico, organiz-zando incontri e comizi pubblici10.

Note

1. Presso l’Archivio Centrale dello Stato a Roma(ACS), si trovano: il fascicolo personale nel Casella-rio Politico Centrale (CPC, b. 5441, fasc. “VisentinLuciano fu Gaetano e fu Visentin Lucia”); il fascico-lo personale nel fondo Confino politico (b. 1070,fasc. “Visentin Luciano”); gli atti del processo del

Tribunale speciale per la difesa dello Stato del 1928(Tribunale speciale per la difesa dello Stato, b. 69,fasc. 1084, “Procedimento penale contro BenvenutiLuigi, Fantinato Augusto, Visentin Luciano”).2. Si tratta di due testi. Il primo, di 20 pp. dattilo-scritte, è intitolato Una povera vita, ed è suddiviso inpiccoli paragrafi, da “Infanzia” a “La mia primabusta paga” [1915]. Il secondo testo, di 6 pp. mano-scritte, è la continuazione, ed è costituito dall’unicoparagrafo “Faccio conoscenza con il carcere” [1917].Ringrazio Elis Fraccaro per avermi messo a disposi-zione le pagine autobiografiche scritte da LucianoVisentin, le due cassette registrate, e un necrologioper Luciano Visentin, di due pagine dattiloscritte,non datato e anonimo, ma di Giovanni Fiorin.3. V. Hugo, I miserabili, Tr. di M. Zini, III, Monda-dori, Milano 1988, p. 1260.4. Nel gennaio del 1928 Luciano Visentin viene arre-stato assieme ad altri due giovani di Mestre, ErnestoBenvenuti e Gino Fantinato. I tre vengono processatidal Tribunale speciale, assolti, ma, appena liberi,mandati al confino. Ho raccontato più dettagliata-mente la vicenda in P. Brunello, Il processo a Lucia-no Visentin, calzolaio anarchico di Mestre (1928), in“Terra d’Este”, XI, n. 21 (2002), pp. 33–53. 5. Larghi brani della “domanda di assegno vitaliziopresentata a suo tempo al Ministro del Tesoro” sonoriportati nel necrologio cit.6. Il calzolaio si chiamava Leone Moressa, su cuivedi ACS, Confino Politico. Fascicoli personali, b.690, fasc. “Moressa Leone, di Sante Antonio e diMaso Carolina”.7. La lettera di Luciano Visentin al ministero degliInterni, Ponza, 3 maggio 1939, è nel suo fascicolopersonale in ACS, Confino politico cit.8. L’annotazione, ibid., è del 30 aprile 1939.9. La lettera di Luciano Visentin al ministero degliInterni, Tremiti, 7 giugno 1941, si trova ibid.10. Si vedano i comunicati in “Umanità Nova. Gior-nale del movimento anarchico”, 21 febbraio 1946;15 dicembre 1946; 1 giugno 1947; 4 marzo 1951; 6gennaio 1952.

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La lotta solitariacontro il

franchismodi Stefano Olimpi

In questo appassionantelibro l’autrice fa luce su unaspetto specifico dellaguerra civile spagnola:quello della Spagna vintache diceva addio all’illu-sione democratica duratacosì poco nel XX secolo, diquella Spagna trasformatain un immenso carcere nel1939, in cui furono stipatigli oppositori, o i presuntitali, di diverse estrazionipolitiche. Chi riuscì a gua-dagnare la frontiera deiPirenei fuggì verso l’igno-to; altri cambiarono il pro-prio nome, tentando dipassare per dispersi, e vis-sero in clandestinità, rinun-ciando così al diritto a unavita pubblica, incluso l’uti-lizzo della propria linguamadre. Vissero una vita dasospettati, esposti a dela-zioni e rivincite da parte dicoloro che furono prece-dentemente epurati dalbando repubblicano. I giu-dizi sommari da parte del-l’esercito e i sequestri not-turni dalle carceri chedovettero subire furonouna pratica costante.

Alla violenza esercitata dalpotere nelle scuole, neiluoghi di lavoro, nei con-fronti delle donne, si oppo-se la resistenza. Una resi-stenza sia individuale,attuata con piccoli gestiquotidiani, sia organizzataclandestinamente nel sin-dacato. La lotta contro ilfranchismo si organizzòattorno ai vecchi sindacatie ai partiti politici già pre-senti nella seconda Repub-blica. Dapprima si riorga-nizzarono gruppi e asso-ciazioni a livello locale,con incontri clandestini incase private, nell’intento didar luogo a un coordina-mento nazionale. Più tardi,in aperto contrasto con ilregime vennero appoggia-te le diverse organizzazio-ni attive in esilio. Durantela seconda guerra mondia-le, i rifugiati in FranciaIn

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li1948. Attraversamento clandestino dei Pirenei. Da sinistra: Celedonio

Casino, José Lluis Facerías e Enrique Martínez Marín

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dimostrarono grande atti-vismo, salvando pilotialleati ed ebrei in pericolo,trasportando armi o docu-menti falsi in Spagna.Molti furono uccisi senzanemmeno avere degnasepoltura, altri si rassegna-rono a una lotta solitaria eimpari, fatta di azioni spet-tacolari che potessero tro-vare spazio sui mezzi dicomunicazione e coinvol-gere i lavoratori.In questo libro s’indaganole ragioni per le quali alcu-ne donne e alcuni uominitornarono in Spagna perproseguire la guerra. Ven-gono alla luce le loro bio-grafie dalle quali emergel’estrazione sociale e cul-turale, aspetto essenzialeper capire a fondo le radicidella loro lotta tesa a recu-perare la libertà. Lottainterpretata non comequalcosa nato nel 1939,bensì come il prosegui-mento di una traiettoria divita coerente, fatta di pen-sieri e azioni che non furo-no troncati dalla fine dellaguerra civile. Questo per-corso di vita dei guerriglie-ri spagnoli prese forma neiprimi mesi della Repubbli-ca, quando la loro opzionepolitica si manifestò pub-blicamente, impregnando-ne da lì in poi l’intera vita.Effettivamente, solo par-tendo dall’analisi dellasituazione precedente pos-siamo comprendere i moti-

vi dell’infaticabile e pro-lungata permanenza dellaguerriglia urbana libertariache, nel caso del suo mas-simo rappresentante, Fran-cisco Sabaté Llopart,durerà fino al 1960. L’in-tensità della loro indigna-zione verso la repressionefranchista ebbe la megliosulla disillusione prevalen-te dopo che la vittoriaalleata non aveva portato aun intervento in Spagna.

Tornarono a impugnare learmi e proseguirono la lorolotta in clandestinità,appoggiati da alcuni intel-lettuali come AlbertCamus e traditi dal silen-zio complice di molti altridella sinistra europea eamericana. L’oblio cuifurono condannati nondipese solo dalla vittoriadell’esercito golpista, maanche dall’indifferenza diparti della sinistra europea.

Francisco Sabaté Llopart (detto El Quico) nel 1956. Malgrado siauno degli uomini più ricercati di Spagna, beffardamente si lascia

fotografare davanti all’Arc de Triomf di Barcellona

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Mentre gli affiliati al Parti-to comunista furono omag-giati, gli anarchici e icomunisti eterodossi ebbe-ro la peggio: a nulla servi-rono le vittorie militari egli applausi dei giornidella vittoria alleata. Glianarchici e i militanti delPOUM non avevano unPaese ove fuggire, qualcu-no che li coprisse o che neraccontasse le gesta: sipersero nell’immensaamnesia storica che invasel’Europa, subendo tremen-de ingiustizie. Sfumato il tentativo d’in-vasione del territorio spa-gnolo dalla valle d’Aran,auspicato dal Partito comu-nista, terminava la fasedella lotta armata in Spa-gna; il partito aveva cam-biato tattica impedendo laprosecuzione della lottaarmata alle milizie cheancora combattevano inmontagna. Molti guerri-glieri non accettarono laconsegna delle armi e resi-stettero vari anni con unalotta a metà strada tra laguerriglia e una vita da“topi”, come venivanochiamati quelli che rimane-vano nell’oscurità. Al con-trario, alcuni comunisti ete-rodossi e gli anarchici dellaCNT e della FAI, maggior-mente abituati a funzionarein gruppi e ad agire secon-do il loro libero arbitrio,continuarono con la lottaarmata, nonostante la scis-

sione anarco-sindacalistatra “interior” e “exterior”(gli esiliati di Toulouse).D’altra parte, dopo una vitatrascorsa tra un lato e l’al-tro della frontiera, riteneva-no di dover morire degna-mente, tentando così, con illoro esempio, di risvegliarela fiamma del fuoco diPrometeo negli animi deiproletari. Non ci riusciro-no, ma i loro nomi rimase-ro nella memoria collettivadei lavoratori. Nacquerocosì i primi miti di combat-tenti antifranchisti, eroianonimi dai nomi falsi odai soprannomi più fanta-siosi.I clandestini continuaronoa lottare fino al 1975, annodella morte del dittatore.Nessuna formazione politi-ca ne riconobbe il valore esolo gli anarcosindacalistine accudirono le tombedisperse nei boschi, depo-sitando fiori e riunendosi lìattorno; cosa che fu piùvolte osteggiata dallanuova democrazia.Questo libro, infine, nonpretende di esaurire la sto-ria della clandestinitàlibertaria; suggerisce altre-sì vari percorsi sui quali siè svolta la storia collettivadi una parte dei vinti dellaguerra civile spagnola.

Dolors Marín Silvestre,Clandestinos, Plaza & Janés Editores,Barcelona, 2002

Uno sguardo

sulla Guerradi Spagnadi Lorenzo Pezzica

“Balance”, smilzi quadernidi storia del movimentooperaio iberico, si occupaprincipalmente della rivolu-zione spagnola, leggendogli avvenimenti di quelperiodo in una curiosa chia-ve “bordighista-libertaria”che privilegia i temi legatial POUM e alla CNT. I quaderni infatti si presen-tano in due distinte serie: laserie “estudios y investiga-ciones”, nella quale sonopubblicati saggi storici diapprofondimento su diversiargomenti del periodo tra il1936 e il 1939 e dintorni, ela serie “documentación yarchivos”, cui appartiene ilnumero del quale stiamoparlando, dove vengonoriproposti documenti dell’e-poca, introdotti criticamentee spesso accompagnati, inallegato, dalla riproduzionein fotocopia di documentioriginali.In particolare l’ultimonumero di “Balance”, daltitolo Habla Durruti, ripro-pone integralmente il testodel discorso tenuto da Bue-naventura Durruti il 4

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novembre 1936, alle nove emezza di sera, dalla radiodella CNT-FAI di Barcellona,in risposta alla promulga-zione, da parte del governodi Madrid, del decreto dimilitarizzazione delle mili-zie rivoluzionarie, impegna-te fin dal 19 luglio nellalotta contro Franco. Il testodel discorso è introdotto ecommentato da AgustínGuillamón. Va ricordato chenel medesimo giorno deldiscorso tenuto dall’anarchi-co spagnolo la stampaannunciava l’entrata nelgoverno di Madrid di quat-tro esponenti del movimen-to anarchico: FedericaMontseny, Juan García Oli-ver, Juan López e JoanPeiró.Durruti esprimeva neldiscorso tutta la sua indi-gnata protesta anche a nome

dei miliziani del fronte diAragona, per il pericolosocorso controrivoluzionarioche le decisioni del governodi Madrid imprimevano allaconduzione della guerra, omeglio, della rivoluzionesociale spagnola.Durruti, a nome della colon-na che comandava, prende-va una posizione decisa-mente contraria al decretodi militarizzazione dellemilizie e alla costituzionedell’esercito regolare repub-blicano. Nascita che signi-ficò, come è noto, l’iniziodella fine della rivoluzionesociale in Spagna, con lamessa fuori legge dei partitirivoluzionari come il POUMe degli anarchici, e cheportò alla dura resa dei conticon i comunisti stalinistinelle famose giornate dimaggio a Barcellona, dove

venne assassinato tra glialtri, dai sicari di Stalin gui-dati dall’inviato di MoscaPalmiro Togliatti, CamilloBerneri.L’allegato al quaderno è uninteressante e importantedocumento della “Miliziaantifascista colonna Durruti,Quartier generale”, inviatodal fronte di Osera il 18novembre 1936. Si tratta, inparticolare, di un comunica-to ufficiale indirizzato alconsiglio della Generalitatcatalana contro il decreto dimilitarizzazione delle mili-zie.Dopo un’appassionatadiscussione interna allacolonna Durruti venivainfatti deciso di non accetta-re il decreto in quanto nonavrebbe migliorato le condi-zioni di lotta dei miliziani,ma al contrario le avrebbesvilite e non avrebbe risoltoil vero problema di quelmomento: la mancanza dirifornimento di armi. Lacolonna Durruti negava poila necessità di una disciplinamilitare alla quale opponevanei fatti la superiorità del-l’autodisciplina rivoluziona-ria: “Milicianos sí; soldadosnunca”.

“Balance”, Cuadernos de historia delmovimiento obrero, n. 25, luglio 2002,Apartados de correos 22010,E-08080 Barcelona

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Alla destra Durruti in compagnia del comandante Pérez Farrás

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L’indelebilemito diSacco eVanzettidi Lorenzo Pezzica

Settantacinque anni fa, il23 agosto 1927, venivanogiustiziati sulla sedia elet-trica Nicola Sacco e Bar-tolomeo Vanzetti. Ma lastoria di Sacco e Vanzetti,accusati negli Stati Unitidi aver preso parte a unarapina uccidendo un cas-siere e una guardia, nono-stante le prove evidentidella loro innocenza, nonsi chiudeva con la loroesecuzione.Una storia di ordinariaingiustizia, che divennequalcosa di più grande esimbolico, come lo stessoBartolomeo Vanzetti com-prese quando rivolgendosialla giuria che lo con-dannò alla pena di morte,disse: “Mai vivendo l’in-tera esistenza avremmopotuto sperare di fare cosìtanto per la tolleranza, lagiustizia, la mutua com-prensione fra gli uomini”.Il destino dei due anarchi-ci italiani, capri espiatoridi un’ondata repressivalanciata dal presidenteWoodrow Wilson contro“il pericolo rosso”, non

solo smosse le coscienzedegli uomini dell’epoca,ma come un fantasmacontinuò ad agitare l’A-merica per decenni. Fin-ché nel 1977, cin-quant’anni dopo la loromorte, il governatore delMassachusetts MichaelDukakis riconobbe in un

documento ufficiale glierrori commessi nel pro-cesso e riabilitò completa-mente la memoria diSacco e Vanzetti.Assassini per l’America,martiri per il mondo inte-ro, Sacco e Vanzetti sonostati celebrati da cantantie registi. Nel 1946-47 (mauscì solo nel 1964),Woody Guthrie, il piùfamoso folksinger ameri-cano, pubblicò Ballads ofSacco e Vanzetti, un discoin cui celebrava il ricordodei due anarchici italiani,simbolo dell’ingiustizia.Anche il cinema ha ricor-dato la loro storia con unfilm italo-francese di Giu-liano Montaldo del 1971.Due indimenticabili GianMaria Volontè e RiccardoCucciolla vestirono ipanni dei loro corregionaliVanzetti e Sacco, protago-In

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riBoston, 1923. Rosina Sacco parla con suo marito

e con Vanzetti nell’aula del tribunale

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nisti di una pellicola dive-nuta presto un cult grazieanche alla colonna sonoramusicata da Ennio Morri-cone e interpretata daJoan Baez, brano poientrato nel repertoriointernazionale della can-zone d’autore.Per ricordare il caso“Sacco e Vanzetti” neigiorni dal 13 al 21 settem-bre 2002 è stata organiz-zata a Villafalletto(Cuneo), paese natale diBartolomeo Vanzetti, unaserie di eventi per ricorda-re il 75° anniversario dellaloro morte.La manifestazione è stataorganizzata dal Collettivo

Vanzetti di Saluzzo e dallaLibera Associazione Cul-turale Villafallettese colPatrocinio del Comune diVillafalletto.La prima giornata è statadedicata alla rievocazionestorica degli avvenimentiattraverso la proiezionedel film di Giuliano Mon-taldo, seguito da una salagremitissima di pubblico.Sempre nella stessa serataè stato proiettato il videooriginale del funerale diSacco e Vanzetti a curadel nostro centro studi.Il programma delle mani-festazioni è proseguito neigiorni successivi con l’in-contro tra i ragazzi delle

scuole medie di Villafal-letto e il prof. MarcelloGarino già membro delcomitato per la riabilita-zione di Sacco e Vanzetti(sabato 14 settembre) econ la tavola rotondaSacco e Vanzetti tra storiae memoria (giovedì 19settembre), nella quale sisono affrontati temi legatiall’emigrazione cuneesetra Ottocento e Novecento(Mario Giovana), allafamiglia Vanzetti nel suotempo (Alberto Gedda) ealle idee anarchiche all’e-poca di Sacco e Vanzetti(Lorenzo Pezzica).Alberto Gedda, giornalistadi Saluzzo e autore del

A sostegno dei due anarchici italiani si svolgono manifestazioni in tutto il mondo. Nella foto l’iniziativa promossa da alcuni anarcosindacalisti tedeschi della Freie Arbeiter Union Deutschlands

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libro Bartolomeo Vanzettiautobiografia e lettereinedite, è stato capace diricreare il clima personalee intimo della famigliaVanzetti impegnata nel-l’affrontare l’avverso etragico destino di Bartolo-meo. La relazione sull’e-migrazione ha tratteggiatoi momenti più significativie difficili di una popola-zione, quella del cuneese,costretta ad abbandonarela propria terra per potersopravvivere, così comeVanzetti e Sacco furonocostretti ad abbandonarerispettivamente il Piemon-te e la Puglia per raggiun-gere gli Stati Uniti nel1908. L’intervento sull’a-narchismo all’epoca diSacco e Vanzetti ha mira-to soprattutto a illustrarequale tipo di idee e perso-naggi del movimentoanarchico incontrarono idue, cercando di ricostrui-re il loro percorso forma-tivo e di maturazione poli-tica, in particolare duranteil periodo americano.La manifestazione è pro-seguita nei giorni 20 e 21settembre con un dibattitosull’emigrazione (inter-venti di Sandro Tonietta edi un membro del Coordi-namento immigrati diCuneo) e l’allestimento,nella piazza principale diVillafalletto, di banchettiinformativi e mostre.Le cinque giornate di

commemorazione e ricor-do si sono concluse con ilconcerto dei ToumbaireGaire, con musiche edanze della tradizionepopolare che ha coinvoltol’intera popolazione diVillafalletto.

Anche negli Stati Uniti inoccasione del settantacin-quesimo anniversariodella morte di Sacco eVanzetti è stata organizza-ta, a cura di Robert D’At-tilio che da anni si occupadel tema, una giornata distudi tenutasi alla DanteAlighieri Society of Mas-sachussets intitolata Ilcaso di Sacco e Vanzettisettantacinque anni dopo:per comprendere le forzesociali che hanno attra-versato il ventesimo seco-lo sino a influenzare inostri tempi.

Conferenzein Russia suBakunin eKropotkin

Nei giorni 27 e 28 luglio2002 è stata organizzatadalla Fondazione Bakuninrussa una conferenza aPriamukhino, nella tenutadove Michail Bakuninnacque nel 1814. Alcunitra i temi affrontati sonostati la storia della città diPriamukhino negli anni incui vi viveva la famigliaBakunin, la vita e il pen-siero di Bakunin e l’ideaanarchica tra passato e pre-sente. La FondazioneBakunin, nata intorno alprogetto di restauro dellatenuta e del parco circo-stante, ha invitato i parteci-panti a prender parte, adevento finito, ai lavori diristrutturazione.Un’altra conferenza inter-nazionale si è tenuta sem-pre nel 2002 in Russia, nelmese di dicembre, per il160° anniversario dellanascita dell’altra figuracentrale dell’anarchismorusso: Kropotkin. La con-ferenza, dal titolo Pëtr A.Kropotkin: Urgent Pro-blems of Life and CreativeHeritage Studies, si è svol-ta a Pietroburgo nell’Uni-versità di arte e cultura.

A conferma di un mito che nonmuore segnaliamo che esiste un“Sacco e Vanzetti Café” in Ger-

mania aperto in un contestoabbastanza sorprendente: nellocale Museo di arte moderna

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Quando i concerti si avviano alla fine e lerichieste si fanno più insistenti,dopo i successi di tante stagioni,è ormai rituale per FrancescoGuccini chiudere con la sua bal-lata più popolare: Lalocomotiva. Dopo trent’anni,con tutto quello che è avvenutonel frattempo, questa canzonedal sapore libertario continua asmuovere qualcosa negli animidi giovani e meno giovani, intutti coloro che vogliono conti-nuare a lottare. E quell’immagine della locomo-tiva “come una cosa viva lancia-ta a bomba contro l’ingiustizia”mantiene il suo fascino col pas-sare delle generazioni. È questauna ballata che si richiama a unfatto realmente accaduto il seco-lo scorso e vi si attiene fedel-mente. Si tratta di un episodiosingolare, fortunatamente rima-sto negli annali ferroviari. Lacuriosità di saperne di più ci haspinto a qualche ricerca, sullastampa dell’epoca e negli archi-vi delle Ferrovie. Il disastro di ieri alla ferrovia -l’aberrazione di un macchinista,

titola il bolognese “Resto del Carlino” del21 luglio 1893.

Poco prima delle 5 pomeridia-ne di ieri, l’Ufficio Telegraficodella stazione [di Bologna, ndr]riceveva dalla stazione di Pog-gio Renatico un dispacciourgentissimo (ore 4,45) annun-ziante che la locomotiva deltreno merci 1343 era in fuga daPoggio verso Bologna. Lo stes-so dispaccio era stato comuni-cato a tutte le stazioni dellalinea, perché venissero prese ledisposizioni opportune per met-tere la locomotiva fuggente inbinari sgombri dandole libero ilpasso in modo da evitare urti,scontri o disgrazie. [...] Capostazione, ingegneri e personaledel movimento furono sossoprae chi diede ordini, chi si lanciòlungo la linea verso il bivioincontro alla locomotiva chestava per giungere. Non sisapeva ancora se la macchinain fuga era scortata da qualcu-no del personale; e solo i tele-grammi successivi delle stazionidi San Pietro in Casale e

Riportiamo qui ampi stralci ripresi dalla rivista “Linea Treno” (n. 4, aprile 1993, pp. 44-47) sulla storia vera cui si è rifatto Guccini nella sua celebre canzone.

…Illuminava l’aria la fiaccola dell’anarchia…

ovvero la vicenda di Pietro Rigosi che ispirò la storia della “Locomotiva”

a cura di Simone Galli

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59 Immaginazione contro il potere

NOTE DI RIVOLTA

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Castelmaggiore, che annunziavano il fulmi-neo passaggio della locomotiva, potevanoconstatare che su di essi stava un macchi-nista e un fuochista. Ma la corsa continua-va e la preoccupazione alla ferrovia cre-sceva [...].

All’epoca già confluivano alla stazione diBologna quattro importanti linee ferroviariee i binari di stazione erano soltanto cinque.In quell’ora i binari erano ingombri pertreni in arrivo e in partenza. Non c’eranosottopassaggi. La inevitabile concisione deidispacci telegrafici impedì di comprenderechiaramente la situazione. Per evitare guai maggiori la locomotivavenne instradata sul binario cosiddetto “2numeri”, un binario tronco sulla destra.Allora c’erano le tettoie della gestionemerci.

Alle 5,10 [la locomotiva] entrava dal bivioe passava davanti allo scalo, fischiandodisperatamente, con una velocità superioreai 50 km. Sulla macchina c’era un uomoche, invece di dare il freno, cercare di fer-mare, metteva carbone... Era un uomo checorreva, che voleva correre alla morte! Ilpersonale lungo la linea agitando le brac-cia, gridando, gli faceva cenno di fermare,di dare il freno; taluno gli urlò di gettarsi aterra, ma egli rimaneva imperterrito nellalocomotiva. Un esperto macchinista, ilMazzoni, che era lungo la linea e lo vedevacorrere incontro a morte sicura, gli gridò:“buttati a terra!”; ma il giovanotto – chegiovane era lo sciagurato – dalla banchinaa lato della piazza tubolare della caldaiatenendosi alla maniglia di ottone, si portòsul davanti della locomotiva sotto il fanaledi fronte, attaccato sempre alla maniglia ecolla schiena verso la stazione dov’era ilpericolo.

La locomotiva (della quale il giornale ci dà

anche il numero di matricola: era la 3541)andò quindi a sbattere contro la vettura diprima classe e i sei carri merci che si trova-vano in sosta sul binario tronco alla velo-cità di 50 chilometri orari.

Al momento dell’urto egli era sulla frontedella macchina e i presenti che lo videroesterrefatti passare dinanzi a loro afferma-no che proprio al momento dell’urto egli sisporse in fuori, volgendo la testa verso lavettura, contro alla quale andava a dar dicozzo. L’urto, disastroso per la macchina ei carri, fu tremendo per l’uomo. Egli rima-se preso fra la macchina e il vagone di 1a

classe schiacciato orribilmente. Accorserofunzionari delle ferrovie, di PS, guardie,personale viaggiante e manovali e ildisgraziato fu tosto riconosciuto. È certoPietro Rigosi di Bologna, di anni 28, fuo-chista da parecchi anni e buon impiegato...A Poggio Renatico, mentre il macchinistaRimondini Carlo era sceso un momento, ilRigosi aveva sganciato la locomotiva deltreno merci e poi l’aveva lanciata a tuttavelocità legando la valvola del fischio, permodo che destò l’allarme per tutta lacorsa. Avrebbe potuto pentirsi durante iltragitto e dare il freno (che funzionavabene anche dopo la catastrofe) ma egli nonvolle. Probabilmente un’improvvisa altera-zione di cervello che lo rese crudele controse stesso, perché, per quanti pensieri difamiglia egli avesse, non giustificavanocerto un tentativo di suicidio che potevacostare la vita a molte altre persone.

Il fatto ebbe una grande risonanza su tuttala stampa nazionale. Vi fu chi immaginòche il macchinista avesse letto La bêtehumaine di Emile Zola, restandone sugge-stionato al punto da imitarne le vicende.Altri mossero critiche alle ferrovie per nonaver provveduto a insabbiare un binarioallo scopo di far fermare la locomotiva

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senza danni. Un lettore del“Resto del Carlino” mandòun telegramma al giornalesostenendo che “inviandoincontro alla locomotiva infuga una macchina di mag-giore potenza, questa avreb-be potuto, una volta avvi-statala, invertire la marcia efrenarne la corsa gradual-mente”. Tutti i commenticoncordavano sull’impreve-dibilità del gesto. PietroRigosi veniva indicato dalgiornale come “fuochista daparecchi anni e buon impie-gato”. Sposato, padre di duebambine, di tre anni e didieci mesi. Nessuna indagi-ne sulle sue condizioni eco-nomiche e familiari con-sentì di capire quali motivilo avessero spinto. Qualchedebito d’importo non rile-vante (a quei tempi eraabbastanza frequente), nes-suna oscura vicenda perso-nale, nessun dissaporefamiliare. Sorprendente-mente il nostro uomo nonrimase ucciso in quello scon-tro terribile nel quale avevacercato deliberatamente lamorte mettendosi fra la locomotiva e la vet-tura ferma. Evidentemente l’urto fortissimolo fece schizzare via prima che i due veico-li s’incastrassero l’uno nell’altro. Gli venneamputata una gamba, il viso rimase defor-mato dalle cicatrici, dovette sopportare unalunga degenza all’ospedale, ma dopo circadue mesi fece ritorno a casa. Inutilmente igiornalisti e i curiosi che gli facevano visitatentarono di chiedergli i motivi che lo ave-vano spinto a un gesto tanto clamoroso.Nessuno ottenne risposta. Il Rigosi si man-

tenne abbastanza tranquillo, parlò con chiandò a fargli visita, ma si astenne sempredall’accennare alle cause e al movente delsuo atto. Un’unica frase, che il cronista del“Carlino” riprese da un articolo de “LaGazzetta Piemontese”, sembrò esserglisfuggita subito dopo il ricovero: “Cheimporta morire? Meglio morire che esserelegato!”.Un vero personaggio, Pietro Rigosi, fuochi-sta delle Strade Ferrate Meridionali, ReteAdriatica, matricola 42918! È comprensibi-

Rivoluzione russa del 1905. Una locomotiva viene rovesciata dagli insorti

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le che questo suo gesto, dignitoso e ribelleinsieme, abbia ispirato Francesco Guccini.Abbiamo perciò fatto qualche ricerca d’ar-chivio per saperne di più. Pietro Rigosi nonera certo un ferroviere modello, non tantoperché veniva spesso punito – allora per iferrovieri dell’esercizio a ogni minimoerrore corrispondeva una sanzione econo-mica – quanto piuttosto per diverbi con col-leghi e superiori. Tutti chiari segni di affati-camento e insofferenza all’ambiente. Multadi £ 5 per aver risposto “con modo sconve-niente al Capo Deposito di Piacenza mentrequesti faceva delle giuste osservazioni alsuo Macchinista”. Sospensione per tre gior-ni dal soldo e dal servizio per essere “venu-to a diverbio col Macch. Baroncini Federi-co per futili motivi tra Mestre e Marano.Diede poi luogo ad un deplorevole altercosotto la tettoia della stazione di Padova”.Tre mesi prima del fatto era stato punito

con “sospensione dal soldo e dal servizioper giorni tre per aver preso in mala parteuna frase detta per scherzo da un macchini-sta del Deposito di Milano e non a luirivolta, provocando così un diverbio, segui-to da vie di fatto in stazione di Piacenza”.Numerose sono le multe per mancata pre-sentazione al treno: “Mancò alla partenzadal treno 1008 del 7 agosto sebbene avvisa-to il giorno prima e avanti alla partenzadallo svegliatore”. Erano mancanze checostavano care: dalle 3 alle 5 lire quando lapaga giornaliera era di 2 lire e 50. Alcunemulte riguardavano inadempienze oggiincomprensibili: venne trovato coricatonelle brande del dormitorio senza le pre-scritte lenzuola (i dormitori dotati di docceerano rarissimi e i macchinisti eranocostretti a ripulirsi molto sommariamenteprima di coricarsi. L’uso delle lenzuola daparte dei ferrovieri si rendeva quindi obbli-gatorio per evitare che venissero insudiciatele brande). C’è una vasta letteratura sullepesanti condizioni di lavoro dei ferrovieri,in particolare dei macchinisti, alla fine delsecolo scorso. Turni ininterrotti fino a tren-ta e anche quaranta ore consecutive, esposi-zione alle intemperie su macchine non dirado senza alcun riparo o con ripari cherisultavano del tutto insufficienti, disciplinadi tipo prussiano, tutto questo aggiunto aun mestiere già duro: ricordiamo che unacorsa da Venezia a Bologna significava peril fuochista spalare quaranta quintali di car-bone. Non stupisce quindi che la mortalitànella categoria fosse tanto alta che non piùdel 10% dei macchinisti arrivava alla pen-sione. Forse fu tutto questo a spingere ilnostro alla corsa forsennata verso Bologna.Anche se non lo disse mai pubblicamenteci doveva essere un rancore profondo inPietro Rigosi verso la Società delle StradeFerrate. Qualche tempo dopo essere statodimesso dall’ospedale, fu “esonerato dalservizio per motivi di salute”. Il Consorzio

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Biennio rosso: un picchetto di ferrovieri armati

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di Mutuo Soccorso gli liquidò un sussidiodi lire 308,13 e la Direzione delle Ferroviene dispose un secondo “a solo titolo dicommiserazione, di £ 150, pari a due mesidella paga che percepiva”. Al momento diritirare il sussidio Pietro Rigosi si avvideche sul ruolo di pagamento, che avrebbedovuto firmare per ricevuta, come motiva-zione stava la scritta “buona uscita”. Tantobastò per fargli rifiutare quella cifra di cuidoveva avere certamente un gran bisogno.Evidentemente nessuno doveva pensareche la sua uscita dalle ferrovie fosse avve-nuta in bontà di rapporti. Accettò la sommasolamente dopo che la motivazione di“buona uscita” venne sostituita con “perelargizione”. Anche l’atteggiamento dellaseverissima Società delle Strade FerrateMeridionali fu, nell’occasione, stranamenteindulgente. Il fatto aveva provocato danninotevoli, tanto da venire citato nella rela-zione annuale agli azionisti fra le cause cheavevano limitato l’ammontare degli utilicorrisposti. Nessuna punizione per il ferro-

viere responsabile. Esonero per motivi disalute, invece del licenziamento, e corre-sponsione di un sussidio non elevato, macertamente non dovuto.Per gli appassionati di cose ferroviarie, dueparole sulla locomotiva protagonista dellavicenda, si può dedurre che la nostra 3541RA sia stata riparata e poi messa in servi-zio, e dopo il 1905 è probabile che abbiaassunto la numerazione provvisoria di2741, e definitiva di 270.041 FS. Tre assiaccoppiati, lunghezza di 15 metri per 43tonnellate di peso, potenza 440 CV, velo-cità massima 60 km/ora, del tipo cosiddettobourbonnais, un modello che trovò in Italiagrande impiego per le sue doti di adattabi-lità ai percorsi tortuosi e con modesti cari-chi assiali. Si trattava di una modesta mac-china, destinata prevalentemente al trainodei treni merci e omnibus nelle linee pia-neggianti, che conobbe il suo momento digloria durante la prima guerra mondiale efu mantenuta in attività fino alla secondametà degli anni Venti.

Treno armato durante la Rivoluzione messicana

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