Architettura popolare in Lessinia

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quaderni dei beni culturali numero quattro un cuore di pietra architettura tradizionale in Lessinia un anno sull’Altopiano: la Lessinia delle straordinarie architetture di tipo popolaree degli insoliti mondi pietrificati. Tradizioni ricche di cultura, istitutoseghetti v v e e r r o o n n a a prima/seconda/quinta opzione beni culturali

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quaderni dei beni culturalinumero quattro

un cuore di pietra architettura tradizionale in Lessinia

un anno sull’Altopiano: la Lessinia delle straordinarie architetture di tipo “popolare” e degli insoliti mondi pietrificati. Tradizioni ricche di cultura,

istitutoseghetti vveerroonnaa

prima/seconda/quinta

opzione beni culturali

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Progetto “Contrade in Lessinia: un cuore di pietra” Le tradizioni: un punto di forza per ogni cultura e per il futuro Fedeli alle promesse fatte nei mesi scorsi al sindaco di Lezhe, l’amico Viktor Tushaj, il progetto “Contrade in Lessinia: un cuore di pietra”, elaborato dalle classi Prima, Seconda e Quinta Beni Culturali dell’Istituto Seghetti porta avanti le iniziative legate alla conoscenza di culture diverse, vicine o lontane che siano. Il progetto pone particolare attenzione alla produzione architettonica di tipo “popolare” presente sull’Altopiano dei Lessini, montagne dai dolci pendii e con ricchissime tradizioni a pochi chilometri dalla città di Verona. Convinti che ciò che muove questo straordinario mondo sia una ricca trama di valori e stimoli, di storie umane e di identità culturali che molto hanno a che fare con il nostro oggi, nei nostri “Quaderni dei Beni Culturali” la scelta è caduta su una tematica quanto mai urgente legata alla conservazione dei “paesaggi pietrificati” della Lessinia centrale. Il tutto anche per realizzare un progetto educativo scolastico rispondente sempre più alle esigenze di promozione culturale. Ciò che ne è scaturito vuole essere, oltreché un omaggio ad un’architettura così particolare quanto in abbandono, un altro ponte per i reciproci scambi culturali tra l’Istituto Seghetti di Verona e gli istituti scolastici dell’Albania settentrionale. Ecco le tematiche toccate con le relative classi coinvolte: contrade tipiche in Lessinia: il rilievo di una teda cimbra [classe Quinta C]; tradizioni e folklore cimbro [classe Prima C]: il Museo Demoetnoantropologico di Bosco Chiesanuova [classe Seconda C]. Un alunno della classe Seconda C mi ha ricordato un’affermazione che pronunciò Nelson Mandela, Presidente del Sudafrica e Premio Nobel per la Pace: “Agire da piccolo uomo non aiuta il mondo, non c'è nulla di illuminante nel rinchiudersi in sé stessi così che le persone intorno a noi si sentiranno insicure. Noi siamo nati per rendere manifesta la gloria che c'è dentro di noi, non è solo in alcuni di noi è in tutti noi. Se noi lasciamo la nostra luce splendere inconsciamente diamo alle altre persone il permesso di fare lo stesso. Appena ci liberiamo dalla nostra paura la nostra presenza automaticamente libera gli altri.”

prof. L. Scolari per la Commissione Ed. alla Mondialità [Istituto Seghetti - Verona]

le ragioni del sopravvivere e della

valorizzazione

un cuore di pietra

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una mappaun cuore di

pietra

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un itinerarioun cuore di

pietraIl concetto di ‘itinerario culturale’ da qualche anno si è fatto strada nell’intricato campo dei cosiddetti “beni culturali” collegandosi più di ogni altro al concetto di paesaggio che è a sua volta un bene culturale il quale include esso stesso una serie di altri beni culturali. Connesso all’idea di ‘itinerario’ è il concetto di strada, di via, di movimento [“route” viene da “rupta”- “rompere”, che è sempre tagliare un po’ i ponti con il passato]. Il primo modello di itinerario culturale è quello che segue le tracce di un cammino, di una strada storica che nel tempo ha mantenuto la sua funzione. Ma il concetto di itinerario è in realtà molto più vasto: si possono creare nuovi itinerari seguendo un tema, una tipologia di beni culturali o anche elementi legati alla produzione naturale o industriale di una regione. L’itinerario consente così di avviare anche interventi concreti di salvaguardia e conservazione. Oggi i luoghi crescono e scompaiono molto più velocemente come mai è successo nella storia umana. Studiare nella loro complessità l’architettura della Lessinia o di ogni altra specifica realtà è conoscerne il tessuto, il cambiamento del costruito e dell’ambiente circostante, che permette a una collettività di avere consistenza abbastanza a lungo per evocare memorie. E la memoria [di un luogo, di una voce, di un’impressione…] nasce il più delle volte da una passeggiata e da tutti i colori che ci circondano nel tempo che vi dedichiamo. Eppure pare sempre più che a colpire i nostri sensi sia “l’eccezionale”, ciò che va fuori dalle regole, quello che ci appare eclatante. Forse è anche per questo che la Lessinia è rimasta solitamente fuori dall’interesse di escursionisti e famiglie. Eppure la Lessinia merita molto di più: è un territorio ricchissimo di tradizioni semplicissime scandite dal lento ritmo del tempo e delle stagioni. Racconti, umori; tede, giassare e casaredimenticate devono tornare ad essere il ponte tra passato e futuro per appartenere definitivamente al presente.

Bosco Chiesanuova

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la memoriaun cuore di

pietra

Partiamo da una convinzione: senza la memoria nulla si conosce e non si appartiene a nessun paese. Senza memoria inoltre un Paese non ha radici e di quel Paese non se ne potrà parlare bene; ed un Paese di cui non si parla con fierezza è un Paese dimenticato o da dimenticare. L’oblio porta non solo ad un impoverimento della vita sociale e comunitaria, ma anche ad uno svuotamento dell’esistenza, ad una vera e propria perdita di un’identità. E non c’è soltanto l’oblio, ma -sempre maggiormente alla ribalta- lo squallore dell’insignificante, l’esaltazione della volgarità, le apparenze, l’anestetizzazione percettiva, l’inaridimento emotivo, la mancanza di rispetto, di cura e di coscienza. Si tratta dunque di conoscere i beni culturali ed ambientali di un luogo, riconoscerne il valore storico, apprezzare la bellezza significa anche porre le premessa per difendere e tutelare il nostro patrimonio. Nella Lessinia di un tempo prevalevano le “contrade”: nuclei di due o più abitazioni civili con annessi edifici rurali aventi in comune una strada lastricata. Il villaggio di pietra era quindi formato interamente di case in pietra e ricoperte di lastroni, elementi architettonici tipici della semplice ma funzionale perizia edile degli antichi abitanti locali: corti, archi e volti d'ingresso, case-torri e scale esterne, pietre di recinzione e di delimitazione delle proprietà. Vi era la casa del capofamiglia accostata a quella del figlio ed alla stalla, schierate a fianco, dove una costruzione sostiene l'altra, con i muri piuttosto grossi, per cui il calore d'inverno e il fresco d'estate si conservano più a lungo.

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un cuore di pietraun po’ di geologia: la

pietra

Nel Mesolitico [10000 - 5000 a.C.] in Lessinia sono transitate molte genti, probabilmente alla ricerca di buona selce dei calcari cretacei. In realtà la Lessinia è stata spesso territorio di passaggio. E l’interesse per i monti della Lessinia non era dato solo dalla materia prima, la selce, ma anche dalle abbondanti quantità di argille [che erano molto utili]. Queste terre fornivano così materiale abbondante e di ottima qualità per l’appena nata industria ceramica. L’argilla rossastra della Lessinia è già utilizzabile così come la si raccoglie e non necessita di alcuna lavorazione. Depositi di queste argille sono abbondanti sia nei fondovalle che sui pendii che declinano verso gli stessi. Ci sono “cavatori di fossili” che portano avanti ancora oggi l’attività particolare e difficile che da duecento anni si svolge nella Lessinia orientale, in particolare a Bolca. La storia dei giacimenti fossili, soprattutto della celebre pesciara, e la loro importanza nell’ambito paleontologico italiano e internazionale, sono ben noti ad un numero notevole di persone. Gli abitanti della Lessinia sono però da sempre soprattutto boscaioli e carbonari, ma la loro attività provocò un vero e proprio disboscamento per ottenere il combustibile. Il taglio del verde fu indiscriminato; non si facevano scelte oculate, tutto veniva tagliato e trasformato. Al posto di una magnifica foresta rimase solo una landa deserta piena di buchi.L'attività carboniera è cessata da decenni eppure è ancora possibile percepire, dopo la prima neve, gli avvallamenti delle ceppaie estirpate. L'attività delle popolazioni della Lessinia provocò una totale trasformazione di tutto

l’Altopiano.

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morfologia e struttura geologica

dei Lessini

un cuore di pietra

La Lessinia ha una sua marcata individualità geografica nell'ambito della regione prealpina. Sia che la si rilevi sulle carte, sia che la si scopre percorrendola. Dalla pianura dell'Adige la Lessinia è visibile fin nelle sue cime più alte, le dorsali che formano una linea continua tra la valle dell’Adige e il massiccio del Carega, le cui cime acute spuntano a Nord-Est. Il versante orientale della valle dell'Adige è formato alla maniera dei canyons e mette allo scoperto tutta la potente e regolare successione di strati sedimentari mesozoici. La Lessinia è protetta da un Parco Naturale Regionale istituito nel 1990, con lo scopo di tutelare il ricco patrimonio naturalistico, ambientale, storico ed etnico del territorio. Le contrade offrono l’esempio principale dell’architettura lessinica, realizzata dalle popolazioni con materiali locali come il lastame, la pietra di Prun, il Rosso ammonitico].

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un cuore di pietra

un paesaggio trascendente

Al temine dei bosco, dove si estendono i pascoli, anche le costruzioni diminuiscono. I prati, nel periodo dell'alpeggio, si riempiono di animali e l'architettura diventa sempre più essenziale; scarna. L'elemento principale del paesaggio è la grande lastra di pietra eretta per creare recinzioni, stalle, tetti, … Questa lastra di pietra è importante perché diventa il simbolo e il riferimento della Lessinia. In origine l’architettura dell’alpeggio era di legno. Strutture semplici costruite con tronchi d’albero uniti e il tetto coperto di canna palustre come i “casoni” della laguna veneta. Queste semplici strutture veniva utilizzate per la lavorazione del latte e il ricovero dei malgari nei mesi di permanenza sull’altopiano. La copertura formata da grandi lastroni lapidei regolari, accentua la natura pietrosa di questi edifici e ne sottolinea il carattere metafisico, quasi perduto nel tempo. Per analogia costruttiva talune architetture ricordano quelle sacre romaniche o gotiche,

trasmettendoci un particolare pathos.

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abitazioniun cuore di

pietra

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contrade e abitazioniun cuore di

pietra

Lo spazio è ovunque pavimentato da lastàme, pur trovandoci in montagna, non inclinati come quelli ad esempio altoatesini. Qui quello che conta è sempre stato costruire in pietra. Le case e le botteghe artigiane si sono sempre radunate in contrade: un sorta di semplice sistema abitativo chiuso e tutelato dalle case stesse che si chiudono a circolo tra di esse. Generalmente ogni contrada ha preso la sua denominazione dalla prima persona che vi ha fabbricato la casa e la stalla; oppure, nel caso contrario, la contrada ha finito per dare il cognome a chi è andato ad abitarla. Gli intonaci esterni erano un tempo per lo più sconosciuti: i muri della casa si presentavano aesser faccia a vista: soltanto di recente -come hanno osservato architetti e studiosi del paesaggio - si è creduto opportuno "smaltarli", togliendo a molte contrade e case montane una loro peculiare caratteristica. Un'altra architettura tipica della Lessinia è la giassàra [ghiacciaia] edificata in forma cilindrica per sopportare maggiormente le pressioni del terreno circostante. Costruzione esternamente modesta (sempre in pietra di Prun), la giassara è internamente enorme per offrire una scarsa esposizione al calore esterno; nel profondo pozzo in cui si accumulava il ghiaccio e a pochi passi vi era la pozza che d'inverno, gelando, forniva il ghiaccio.

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la sintassi costruttivaun cuore di

pietraIn architettura ed in edilizia la muratura è la tecnica per costruire una parete in pietra o mattoni. La muratura si è sviluppata in maniera sistematica nel Medioevo ,con l'avvento delle grandi civiltà urbane, segnando il passaggio dal legno alla paglia, alle pelli per passare ad edifici più duraturi e solidi. Inizialmente il muro portante era realizzato a secco, semplicemente sistemando pietre sbozzate una sull'altra, cercando di incastrarle al meglio possibile, per raggiungere una buona stabilità e portanza. L’esecuzione del muro a regola d’arte prevede che…

• La posizione del concio sia piana, poiché in posizione retta comporterebbe diminuzione di resistenza ai carichi.

• Gli spazi vuoti tra concio e concio siano limitati, il che risulta difficile per l’irregolarità dei pezzi di pietra.

• …non si utilizzi il calcestruzzo assieme alla muratura tradizionale!

Gli insediamenti della Lessinia si differenziano in due tipi: orientali e occidentali.

Gli aggregati orientali,con un inclinazione dei tetti e delle stalle diversa, creano una specie di disordine percettivo che rende meno chiara la comprensione delle costruzioni e che determina la presenza di strutture e tipologie costruttive diverse: negli edifici coperti con lastre di pietra prevale uno spirito classico, mentre in quelli ricoperti di paglia prevale uno spirito gotico.

In più le abitazioni orientali si differenziano anche per l’ irregolarità delle pietre e l’ispessimento delle lastre. Una delle ragioni principali del mutamento nel linguaggio costruttivo della Lessinia orientale è dovuta alla particolare conformazione geologica del territorio.

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la teda della contrada Longar

un cuore di pietra

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la teda della contrada Longar

un cuore di pietra

La teda cimbra è una stalla-fienile, ed è dotata di un tetto con spioventi a due diverse inclinazioni. Il tetto era costruito con lastre di pietra e canne palustri, le prime per garantire stabilità, le seconde per permettere all’acqua piovana di scivolare via. E’ una costruzione che contraddistingue le strutture della Lessinia Orientale. Si tratta dei tetti con spioventi a due falde che coprono le stalle-fienile sparse qua e là nei prati e unite ad altri edifici nelle contrade. L’inclinazione più acuta indica invece la parte del tetto che anticamente era coperta di canna palustre [“canel”], che oggi viene sostituita con lamiere di zinco o tegole piane di cotto. L’inclinazione delle lastre lapidee era determinata dalla loro stabilità.

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la teda della contrada Longar

un cuore di pietra

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i disegni della tedaun cuore di

pietra

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la conservazione del costruito

un cuore di pietra

Ricorda il professore e architetto Cesare Feiffer: “Conservare […] significa da un lato valutare la compatibilità dell’intervento con la cultura e la storia della conservazione, la corrispondenza con le tecniche della tradizione costruttiva locale (…); dall’altro lato vuol dire individuare le tecniche più opportune per intervenire (…), ma in modo puntuale, non invasivo né generalizzato.” [da “Recupero e conservazione”, editoriale, n° 51 maggio/giugno 2003] L’uso abituale di chiunque ed in modo ancora più grave, da parte del professionista, è quello di non perdere del “tempo prezioso” in inutili ricerche di documenti, cartografie, libri che sicuramente non porteranno a delle sostanziali conclusioni tali da giustificare importanti scelte all’interno dell’intervento da attuare... Sbagliato!

Spesso le scelte legate al restauro sono prese indifferentemente rispetto alla conoscenza del manufatto, come se l’intervento da eseguire non sia la conservazione [ovvero la testimonianza e la memoria]: l’approccio con l’edificio si riduce molte volte solamente dal punto di vista visivo ed intuitivo: basta una semplice osservazione dello stato di fatto per emettere la “sentenza”: sentenza che avrà il sapore di morte del manufatto. Spetta all’architetto conservatore dedicare la giusta attenzione alla condizione della costruzione o del contesto ambientale in cui intende intervenire. Un edificio antico o, nel nostro caso, tradizionale può essere assimilato a un documento capace di rivelare informazioni fondamentali relative alla propria originaria condizione e alle alterazioni avute nel tempo. Tuttavia ciò è possibile solamente se quell’edificio viene correttamente indagato e se quel determinato contesto ambientale e storico è conosciuto ed esaminato in ogni suo componente: si tratta di testimonianze materiali ma anche costumi, usanze e –per dirla in maniera più semplice- tradizioni. Il percorso storico dell’attuale disciplina del restauro si focalizza tra la fine del secolo XIX e l'inizio del Novecento. Fu proprio in quel periodo, a partire con personalità come Viollet le-Duc, Ruskin, Boito e Giovannoni, che si cominciò a considerare la conservazione dell’architettura come altre scienze umane mettendo a disposizione dello storico precisi strumenti per descrivere ad esempio una data architettura del passato, come pure per rapportare la stessa ai relativi contesti storici e spaziali.

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la conservazione del costruito

un cuore di pietra

L’architetto deve sviluppare il suo progetto di conservazione investigando soprattutto sulla forma, sulla struttura e sui materiali; solamente dopo una comprensione approfondita e dettagliata si può passare a delineare le principali tecniche di conservazione che permetteranno il rispetto massimo dei valori formali, strutturali e materiali dell'oggetto storico ed artistico. Si chiama indagine critica. Per quanto riguarda il nostro edificio, la teda della contrada Longar, si è proceduto con un’osservazione della forma: di fronte, ai lati, di dietro, al livello del terreno e dal sentiero sul crinale. E’ un tipo di lettura significativa ma non di certo sufficiente alle esigenze dello storico o del critico dell'architettura né, con maggior ragione, a chi sta iniziando un lavoro di conservazione. Abbiamo proceduto allora l’analisi attraverso un rilevamento critico, il sistema migliore per conoscere i valori artistici e storici di tale architettura. In altre parole, si è proceduto con la rappresentazione grafica, eseguita sulla base di misurazioni, dell’ingombro ed inseguito anche delle forme reali, con le proprie distorsioni formali: dai fuori piombo alle fessure, alle mancanze, agli “errori” se confrontanti con un lavoro a regola d’arte. Il rilievo metrico è stato intrapreso attraverso il metodo diretto [con cordelle, metri, filo a piombo e livelle] e indiretto con trilaterazioni. E’ stata al contempo effettuata anche un’ampia documentazione fotografica dell’insieme,dei particolari materici e costruttivi. Viste le finalità del progetto, che erano legate principalmente alla tipologia costruttiva e alla conoscenza della tradizione costruttiva della Lessinia, la restituzione grafica è avvenuta solo parzialmente, attraverso l’utilizzo di supporti cartacei e –solo in minima parte- di un programma di disegno automatico.

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santi e creature immaginarie

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Le creature immaginarie della Lessinia risentono delle influenze celtiche, germaniche e latine. Queste leggende si incentrano su fade, anguanee genti beate mentre orchi e basilischiassumono forme e manifestazioni particolari. E i santi venerati in Lessinia? Essi non sono poi così differenti da quelli venerati nelle chiese veronesi, nonché che vengono ancor più onorati perché ritenuti tramiti delle tribolazioni quotidiane. Primo fra tutti fra i santi venerati è Sant’Antoniopreposto alle malattie di contagio, egli viene dipinto come un uomo dalla barba fluente con sempre accanto un porcellino, non a caso questo santo viene affisso nelle stalle come protezione del bestiame. Un altro santo è San Mammaso patrono dei formaggiai, San Vitale dei contadini, San Valentino degli innamorati ma anche degli animali, San Rocco e anche San Sebastiano. Da ricordare che San Carlo Borromeo, che, si dice, sia transitato sulle terre della Lessinia per soprassedere al Concilio di Trento, smascherando il diavolo e maledendo fade, anguane e orchi rinchiudendoli nei covoli e all’imbocco degli antri.

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creature immaginarie

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LE FADE Creature femminili, ora con aspetto grazioso altre brutte e dotate di piedi caprini, di giorno si mescolavano tra la gente vestendo gonne adornate di pizzi e di notte si volgevano di lunghi mantelli radunandosi nelle caverne. Come nell’aspetto anche l’umore era incostante talvolta sposavano addirittura ignari uomini finendo la loro unione in modo spiacevole o addirittura tragico.

Mentre il loro lato buono insegnava i segreti della lavorazione del latte, aiutando le donne nell’amministrazione della casa,

quando si arrabbiavano distruggevano tutto ciò che di buono avevano insegnato.

Avevano un’efferata abitudine di mangiar carne e di imbandire banchetti in cimiteri.

Tutto questo portava a terrorizzare gli abitanti delle contrade.

LE ANGUANE Si racconta soprattutto di leggende sulle anguane nell’altopiano di Campofontana e nell’est della Val d’Illasi. Come le fade aiutavano le donne nel fare il bucato, ma solo di tessuto chiaro benché loro fossero sempre vestite di nero, erano di bella presenza, la notte stendevano funi per stendere il bucato e il giorno successivo andavano le massaie a ritirarlo presso il pozzo dei Seraldi. Al rintocco dell’Ave Maria mattutina le anguane rientravano per poi ritornare alla sera. Come le fade anche le anguane attraverso il concilio di Trento le relegò nelle grotte e da allora le fonti si disseccarono.

LE GENTI BEATE

Figure riportate nelle leggende raccontate nell’area di Giazza.

Vestivano panni ma successivamente con scorze d’abete, mangiavano

animali, anche loro come le anguane lavavano i panni asciugandole nelle valli circostanti , potevano rapire e uccidere bambini, donne e anche

uomini.

L’ORCOL’Orco non ha sembianze bel

definite in quanto poteva celarsi sotto le vesti di una pecora, di vento, uragano, adulto, come nell’aspetto anche il suo umore era mutevole, i suoi luoghi

preferiti erano gli argini, le strade solitarie, il folto dei

cespugli e i sentieri intricati.

IL LUPOI luoghi della Lessinia vennero

occupati dai lupi fin dalla preistoria ma si sono estinti nel secolo scorso. Quando il tempo prometteva bufera scendevano in paese, spingendo i

contadini a sprangare stalle e pollai, alcuni si appostavano con il fucile e le

donne buttavano tizzoni incandescenti. Alcuni toponimi cimbri testimoniano la presenza del lupo in Lessinia con il nome delle contrade (Bolfe dal tedesco Wolf), e di valli (Bolfetal) ovvero la valle del lupo.

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Il Museo Etnografico di Bosco Chiesanuova

un cuore di pietra

L’uomo moderno può riscoprire le proprie radici esistenziali e culturali; quindi acquisire anche un rinnovato senso della propria identità e dei propri valori. E’ dovere dell’uomo mantenere in vita l’interesse per la storia e la cultura di un popolo e risvegliare la coscienza della grandezza e dell’importanza del recupero delle tradizioni. Questo affinché le nuove generazioni acquisiscano un rinnovato senso della propria identità e dei valori in cui identificarsi. Anche per queste ragioni sono nati musei di tipo etnografico; sono esposizioni dove sono custoditi non solo opere d’arte ma anche gli oggetti creati da un popolo o un’etnia. Ora questi sono divenuti beni culturali a tutti gli effetti, anche quando la loro importanza artistica non è affatto rilevante: e allora è usuale trovare utensili, oggetti, fotografie, indumenti e altro. Un esempio è il Museo Etnografico di Bosco Chiesanuova. Al suo interno, attraverso appositi apparati didascalici, viene spiegata la storia del popolo che abitò la Lessinia: i Cimbri; un popolo con una propria lingua, dei costumi e dei propri usi. Un popolo che per molti venne dalla Baviera attorno al XIII secolo. O forse dalla Danimarca. Quello che si sa di loro è che attorno al Seicento istituirono 13 comuni: Erbezzo, Bosco, Valdiporro, Cerro, Roverè, Velo, Azzarino, Camposilvano,S. Mauro di Saline, Tavernole, Badia Calavena, S. Bortolo e Selva di Progno. Il Museo ci vuole descrive in maniera esauriente lo stile di vita delle popolazioni di ieri e… di poco tempo fa, quando la vita forse era più dura ma quando il ritmo e il susseguirsi dei cicli stagionali scandivano i lavori e le storie [reali e non] raccontate alla luce forte e calda di un falò. Il Museo è aperto dalle 16.30 alle 19 di ogni giorno festivo e al sabato. Vale la pena gustarlo con calma e con il dovuto interesse: è un mondo nuovo che si apre.

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l’intervento sul costruito

un cuore di pietra

L'indagine storica L’indagine storica è il primo passo da fare; essa comprende la ricerca archivistica, bibliografica, cartografica, materica, archeologica, fotografica e della situazione ambientale e ci deve portare all’elaborazione dei dati raccolti; solo di conseguenza arriveremo al progetto di conservazione. La cosa importante da capire è che restauro e conservazione non sono cose dunque puramente estetiche: anzi! Colui che interviene dovrà essere in grado di gestire indagini storiche ed archeologiche, risultati di ricerche bibliografiche ed archivistiche, archeologiche, petrografiche e relative agli interventi pregressi [del passato]. Ma cosa conservare? L’aspetto estetico interverrà solamente alla fine, quando ci sarà da decidere cosa tenere, cosa buttare, cosa modificare. Dimenticando per sempre la volontà di riportare il manufatto al suo aspetto originario! Tutto, davvero TUTTO quello che riusciremo ad “ascoltare” riguardo al manufatto ci aiuterà a conoscerlo e a capire le cause che lo hanno portato a divenire tale. Con una riserva, però: che la ricerca storica non pervenga a giudizi, ma ad una serie di conoscenze fondamentali, esperienze ed intuizioni, immerse nella STORIA, che è scienza mutevole, dunque priva di certezze assolute Le fonti per la ricerca storica Sono definite “archivistiche” quelle fonti che riguardano documenti originali.. ma bisogna saperle codificare! Sono fonti archivistiche le visite pastorali, vecchie mappature, le carte del Catasto (dal Catasto napoleonico all’aerofotogrammetria), atti di compra-vendita, corrispondenze, leggi, perizie di spesa, relazioni tecnico-descrittive. Dove si trovano queste fonti? Presso il Catasto, in Archivio di Stato, negli archivi ecclesiastici, nelle biblioteche, in Soprintendenza, negli archivi parrocchiali. Per una chiesa le fonti più interessanti ed attendibili sono le visite pastorali dei vescovi.

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un cuore di pietra

Si dice sempre più che l’uomo moderno ha perso il senso della storia, delle proprie radici e che sembra ormai senza memoria. Il percorso che abbiamo fatto e le contrade che abbiamo conosciuto hanno anche voluto essere una forza educativa di ravvivare il ricordo: aiutare a ricordare significa infatti acquisire quel giusto spirito critico per comprendere il presente e, subito dopo, migliorarlo. Ricominciamo allora da alcuni vocaboli che riguardano certamente i beni culturali [dal Grande Dizionario Garzanti]:

Degrado: deterioramento, decadimento, rovina Restauro: l’operazione del restaurare edifici, oggetti antichi, opere d’arte Salvaguardia: custodia, tutela, difesa Patrimonio culturale: insieme degli elementi che una collettività ha accumulato nel tempo.

Un primo passo: il quaderno di campagna Non è una serie di fogli scombinati da custodire in un granaio dagli odori “forti”... E’ il più importante strumento da costruire strada facendo per raccogliere ed elaborare i dati raccolti: quelli preliminari. La raccolta del materiale [qualsiasi esso sia] deve avvenire criticamente citando le fonti da cui proviene e classificandolo sulla base del grado di attendibilità.

Il degrado Il degrado dei materiali lapidei [pietra e mattoni] è da imputare al suo interagire con l’ambiente circostante: acqua, sbalzi termici, vegetazione, microrganismi e ..l’uomo. L’atmosfera inquinata delle nostre città è ricca di elementi aggressivi per i componenti della pietra. Inoltre, il degrado meccanico antropico o errati interventi di restauro innescano ulteriori fattori di degrado altrettanto importanti [malte di cemento, detergenti chimici corrosivi, utilizzo non appropriato di elementi metallici, eliminazione di intonaci, ...].

l’intervento sul costruito

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un cuore di pietra

I danni provocati dall’acqua e dall’umidità I danni tipici provocati dalla presenza di acqua nelle murature proveniente dal terreno possono essere così sintetizzate - macchie alla base della costruzione e sulla superficie delle pareti a contatto con terreno nel quale è

dispersa acqua in misura variabile; - distacco dello strato di intonaco e delle eventuali superfici affrescate per la veicolazione di sali

disciolti all’interno della muratura e loro successiva evaporazione; - fioritura di muffe; - aumento della dispersione di calore dell’edificio dall’interno; - raffreddamento delle murature e quindi facilità di fenomeni di condensa; - ambiente malsano; distacco dello strato superficiale nelle pietre e nei laterizi per effetto della cristallizzazione dei sali. Per quel che riguarda il degrado chimico di un materiale da costruzione il principale responsabile è sempre l’acqua:

• Variazione di volume

• Trasformazione chimica

• Alterazione cromatica

• Solubilizzazione del calcare [in bicarbonato di calcio]

• Trasporto di sali solubili

Le caratteristiche della pietra o del mattone [grana, tessitura, composizione chimica] determinano il comportamento del materiale sottoposto agli agenti di degrado. La porosità costituisce un sistema di vasi comunicanti in cui l’acqua si può spostare indipendentemente dalle condizioni di temperatura e umidità esterne. Ad esempio una pietra molto porosa con porosità molto diffusa e diametro delle cavità piccolo, sarà soggetta maggiormente di altre al degrado fisico.

Le incrostazioni Sono solitamente costituite da depositi nerastri prodotti dalla trasformazione superficiale (reazioni chimiche e conseguenti alterazioni cromatiche) del concio di pietra o mattone. La causa prima delle incrostazioni è l’umidità presente sulla superficie del materiale, la quale attira le sostanze sospese nell’atmosfera (particellato) e le fa aderire al supporto lapideo creando spessori compatti ai quali, in presenza di sali solubili, si accompagnano fenomeni di disgregazione. Le croste nere sono costituite da un deposito variamente aderente al supporto costituito da elementi sia organici che inorganici. La crosta nera ha spessore variabile, si forma nelle zone protette dal dilavamento ed è pericolosamente autorigenerante: è dura e può staccarsi spontaneamente, tuttavia portandosi sempre dietro porzioni di pietra.

l’intervento sul costruito

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conclusioni e fontiun cuore di

pietra

Memoria, conservazione, valorizzazione… : siamo noi i nani che diventeranno giganti! “La memoria è quella cosa che ci spinge a riflettere su quanto è accaduto in passato. La memoria può ad esempio essere uno strumento con il quale non fare più errori compiuti in passato, o uno stimolo a migliorarci. La memoria è comunque qualcosa legato essenzialmente e profondamente alla nostra vita: quando è che non ricordiamo almeno una sola cosa che ci è accaduta in passato durante la giornata? La memoria è anche legata all’intelletto, ed è quindi a mio parere uno degli elementi che ci contraddistinguono dagli animali. Noi ricordiamo un’emozione o un sentimento e se questo è bello la memoria è ciò che ci spinge a riprodurlo […]. Lorenzo [classe Prima] I grandi del passato per noi che siamo nani del presente ci permettono di tornare indietro nel tempo, oltre l’antichità e farci conoscere tutte le meraviglie che hanno ammirato, fatto e vissuto e che costituiscono un’eredità eterna della memoria. Francesca [classe Prima] Penso che grazie all’intelligenza e quello che hanno realizzato le persone più importanti di noi si possa arrivare a qualcosa di nuovo, senza fare a meno dell’antichità e del passato. Greta [classe Prima] Il riferimento ai nani e ai giganti è come una metafora; l’intuizione è che noi esseri umani abbiamo bisogno di una spinta più grande per progredire, che è quella data dai giganti. Alvise [classe Prima] “Preservare il ricordo significa sapere chi c’è stato prima di noi e che cosa è accaduto, avere informazioni sulle nostre origini e sul perché di certi accadimenti. E’ dunque importante ricordare il passato, anche per sapere tutti i passi fatti per arrivare fino ad oggi.” Giulia [classe Seconda] “Gigante”: è colui che nella vita si è realizzato. Mi vengono alla mente persone che hanno raggiunto il proprio sogno, o che comunque hanno lasciato e lasceranno una traccia nel mondo; persone che davanti agli ostacoli hanno proseguito a testa alta, che dopo cadute si sono rialzate ed hanno trovato il modo di esprimersi. Alessandro [classe Seconda] Così noi siamo avvantaggiati e possiamo capire prima di altri non perché siamo più intelligenti, ma grazie all’accettazione del sapere ereditato.” Paola [classe Prima]

Fonti bibliografiche Materiale promozionale della Provincia di Verona, del Parco Naturale della Lessinia, di enti territoriali e di associazioni della Lessinia

AA.VV., Pascoli della Lessinia, Camera di Commercio - Verona, Verona 1987

M. Delibori [a cura di], Le contrade di Bosco Chiesanuova, C.T.G. Lessinia, Grafiche P2, Verona 1998 AA.VV., La Lessinia - Ieri oggi domani [Quaderni culturali], La Grafica, Vago di Lavagno E. Turri, V. Pavan, C. Balistreri Trincanato, L’architettura di pietra in Lessinia, Numerouno Design Book, Verona 2003 Monti Lessini [Carta escursioni e bike 100], Guida Kompass G. Rama, Guida alla Lessinia, Demetra, Colognola ai Colli 2000 V. Pianca, I Giochi di un tempo, Kellermann, Vittorio Veneto 2006 R. Chiej Gamacchio, Dieci itinerari in Lessinia da fare a piedi, Cartografia di Novara, Novara 2001 Istituto R. Guardini, Liceo Lavinia Mondin, Lessinia. Il luogo che non c’è. Itinerari recuperati dalle pieghe della memoria AA.VV., Guida al Museo Etnografico di Bosco Chiesanuova, Comune di Bosco Chiesanuova s.a. E. Turri, La Lessinia, Cierre, Sommacampagna 2007

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cuori [non]di pietra