architettura FIRENZE - adsi.it · Periodico semestrale* del Dipartimento di Progettazione...

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In copertina: Casina Bonafede pianta sottotetto rilievo di Jurij Filieri Periodico semestrale* del Dipartimento di Progettazione dell’Architettura viale Gramsci, 42 Firenze tel. 055/20007222 fax. 055/20007236 Anno IX suppl. n. 1 - 1° semestre 2005 Autorizzazione del Tribunale di Firenze n. 4725 del 25.09.1997 Prezzo di un numero Euro 7 numero doppio Euro 10 suppl. Euro 3 Direttore - Marco Bini Coordinamento comitato scientifico e redazione - Maria Grazia Eccheli Comitato scientifico - Maria Teresa Bartoli, Roberto Berardi, Giancarlo Cataldi, Loris Macci, Adolfo Natalini, Paolo Zermani Capo redattore - Fabrizio Rossi Prodi, Redazione - Fabrizio Arrigoni, Valerio Barberis, Fabio Capanni, Francesco Collotti, Fabio Fabbrizzi, Francesca Mugnai, Giorgio Verdiani, Claudio Zanirato Info-grafica e Dtp - Massimo Battista Segretaria di redazione e amministrazione - Gioi Gonnella tel. 055/20007222 E-mail: [email protected]. Proprietà Università degli Studi di Firenze Progetto Grafico e Realizzazione - Centro di Editoria Dipartimento di Progettazione dell’Architettura Fotolito Saffe, Calenzano (FI) Finito di stampare aprile 2005 *consultabile su Internet http://www.unifi.it/unifi/progarch/fa/fa-home.htm presentazione in mostra Immagini di Dimore Storiche nei rilevamenti degli allievi della Facoltà di Architettura di Firenze Marco Jaff Villa Pozzolini Bivigliano, Vaglia, Firenze Proprietà: Pozzolini Palazzo Montanelli - Della Volta Via di San Giorgio, Fucecchio, Firenze Proprietà: Comune di Fucecchio Palazzo di San Clemente Via Micheli, Firenze Proprietà: Università degli Studi di Firenze Palazzo Giugni Via Degli Alfani, Firenze Proprietà: Fraschetti Palazzo Bartolini - Salimbeni Piazza S. Trinita, Firenze Proprietà: Eredi Torrigiani Colonna Casina Bonafede Monte San Goiusto, Macerata Proprietà: Ercoli Villa Celle Santomato, Pistoia Proprietà: Gori Castello di Gargonza Gargonza, Monte San Savino, Arezzo Proprietà: Guicciardini Corsi Salviati Villa Pedriali all’Antella Bagno a Ripoli, Firenze Proprietà: Provincia di Forlì Palazzo Rosselli Del Turco Borgo SS. Apostoli, Firenze Proprietà: Rosselli Del Turco Villa Il Castellaccio Filettole, Pisa Proprietà: Dufour Berte 2 4 8 12 14 16 18 20 22 26 28 30 architettura FIRENZE 2005 E V E N T I Dipartimento di Progettazione dell’Architettura dell’Università degli Studi di Firenze Associazione Dimore Storiche Italiane - Sezione Toscana Accademia Antinori Mostra Immagini di Dimore Storiche nei rilevamenti degli allievi della Facoltà di Architettura di Firenze Firenze - Cortile di Palazzo Antinori 1-14 maggio 2005 Patrocini Associazione Dimore Storiche Italiane Sezione Toscana Accademia Antinori Dipartimento di Progettazione dell’Architettura dell’Università degli Studi di Firenze Castello di Gargonza Fondazione Montanelli Bassi Villa Pozzolini A cura di: Marco Jaff. Coordinamento e allestimento: Michela Bigagli Organizzazione: Silvia Pieroni, Chiara Puccini, Aurora Riga

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In copertina:Casina Bonafedepianta sottotettorilievo di Jurij Filieri

Periodico semestrale* del Dipartimento di Progettazione dell’Architetturaviale Gramsci, 42 Firenze tel. 055/20007222 fax. 055/20007236Anno IX suppl. n. 1 - 1° semestre 2005Autorizzazione del Tribunale di Firenze n. 4725 del 25.09.1997Prezzo di un numero Euro 7 numero doppio Euro 10 suppl. Euro 3

Direttore - Marco BiniCoordinamento comitato scientifico e redazione - Maria Grazia EccheliComitato scientifico - Maria Teresa Bartoli, Roberto Berardi, Giancarlo Cataldi, Loris Macci, Adolfo Natalini, Paolo ZermaniCapo redattore - Fabrizio Rossi Prodi,Redazione - Fabrizio Arrigoni, Valerio Barberis, Fabio Capanni, Francesco Collotti, Fabio Fabbrizzi, Francesca Mugnai, Giorgio Verdiani, Claudio ZaniratoInfo-grafica e Dtp - Massimo BattistaSegretaria di redazione e amministrazione - Gioi Gonnella tel. 055/20007222 E-mail: [email protected].

Proprietà Università degli Studi di FirenzeProgetto Grafico e Realizzazione - Centro di Editoria Dipartimento di Progettazione dell’ArchitetturaFotolito Saffe, Calenzano (FI) Finito di stampare aprile 2005*consultabile su Internet http://www.unifi.it/unifi/progarch/fa/fa-home.htm

presentazione

in mostra

Immagini di Dimore Storichenei rilevamenti degli allievi della Facoltà di Architettura di FirenzeMarco Jaff

Villa PozzoliniBivigliano, Vaglia, FirenzeProprietà: Pozzolini

Palazzo Montanelli - Della VoltaVia di San Giorgio, Fucecchio, FirenzeProprietà: Comune di Fucecchio

Palazzo di San ClementeVia Micheli, FirenzeProprietà: Università degli Studi di Firenze

Palazzo GiugniVia Degli Alfani, FirenzeProprietà: Fraschetti

Palazzo Bartolini - SalimbeniPiazza S. Trinita, FirenzeProprietà: Eredi Torrigiani Colonna

Casina BonafedeMonte San Goiusto, MacerataProprietà: Ercoli

Villa CelleSantomato, PistoiaProprietà: Gori

Castello di GargonzaGargonza, Monte San Savino, ArezzoProprietà: Guicciardini Corsi Salviati

Villa Pedriali all’AntellaBagno a Ripoli, FirenzeProprietà: Provincia di Forlì

Palazzo Rosselli Del TurcoBorgo SS. Apostoli, FirenzeProprietà: Rosselli Del Turco

Villa Il CastellaccioFilettole, PisaProprietà: Dufour Berte

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Dipartimento di Progettazione dell’Architettura dell’Università degli Studi di Firenze

Associazione Dimore Storiche Italiane - Sezione Toscana

Accademia Antinori

MostraImmagini di Dimore Storichenei rilevamenti degli allievi della Facoltà di Architettura di Firenze

Firenze - Cortile di Palazzo Antinori

1-14 maggio 2005

Patrocini

Associazione Dimore Storiche ItalianeSezione Toscana

Accademia Antinori

Dipartimento di Progettazione dell’Architettura dell’Università degli Studi di Firenze

Castello di Gargonza

Fondazione Montanelli Bassi

Villa Pozzolini

A cura di: Marco Jaff.

Coordinamento e allestimento: Michela Bigagli

Organizzazione: Silvia Pieroni, Chiara Puccini, Aurora Riga

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Sin dal primo Rinascimento rilevare l’ar-chitettura antica era una pratica consi-derata indispensabile per la formazionedell’architetto. Vasari nelle sue “Vite”narra dei viaggi a Roma di Brunelleschie di Donatello per “levare” le piante e glialzati dei monumenti romani, ma anco-ra oggi il rilievo è parte indispensabiledell’insegnamento dell’architettura.Man mano che questa attività ha as-sunto una sua specifica connotazionescientifica, andando ben oltre il prelie-vo e la restituzione delle sole misuredei corpi di fabbrica, il rilevamento si ècaratterizzato sempre di più comeun’operazione complessa di analisi ditutte le componenti degli edifici: daiprocessi legati alla loro prima ideazio-ne, alle trasformazioni subite nel tem-po, sino alla registrazione dello stato difatto ed alla configurazione dei possi-bili sviluppi futuri.Ed anche le restituzioni, i disegni di ri-lievo, hanno avuto diverse evoluzioni einterpretazioni: da semplici appunti dicarattere personale, a precisi disegnitecnici elaborati a riga e squadra, daimmagini di grande contenuto esteticoi cui confini con il vedutismo sono as-sai sfumati, alle recenti rilevazioni foto-grammetriche digitali e con strumenta-zioni laser.L’arte del rilevamento architettonico,come lo intendiamo modernamente,ha avuto i suoi più grandi interpreti nelSettecento e nell’Ottocento, bastipensare a Ottavio Bertotti Scamozzi, aGiovan Battista Piranesi, a GiuseppeZocchi, oppure a Eugène Violet-le-Duc, o a Paul Marie Letaroully, solo percitarne alcuni tra i più famosi.Successivamente, con il progressivo al-lontanarsi delle discipline architettoni-

Marco Jaff

Immagini di Dimore Storichenei rilevamenti degli allievi della Facoltà di Architettura di Firenze

che dalle altre “arti del disegno”, il rile-vamento ha assunto connotazioni sem-pre più tecniche per poi approdare a va-lenze quasi esclusivamente scientifiche.Recentemente il diffondersi delle nuo-ve tecnologie digitali e la rivalutazionedelle tecniche tradizionali della rappre-sentazione, ha aperto nuovi orizzontial rilevamento e ulteriori valori, con-sentendo di esplorare anche gli aspettifigurativi degli edifici con grande capa-cità suggestiva e interpretativa. Unoscenario che si è esteso naturalmenteanche alla didattica delle scuole d’ar-chitettura e che viene applicata siste-maticamente a varie categorie diffe-renziate di soggetti di indagine: centristorici, edifici monumentali civili e reli-giosi, edilizia rurale e produttiva.Un accordo di collaborazione culturaletra il Dipartimento di Progettazionedell’Architettura della Università degliStudi di Firenze e la Sezione Toscanadell’Associazione delle Dimore Stori-che Italiane ha reso possibile il rileva-mento completo e sistematico, altri-menti spesso assai difficoltoso, di tan-te dimore storiche di cui in questaoccasione, con il generoso contributodell’Accademia Antinori, mostriamoalcune immagini.

Le immagini di:

2 Palazzo Montanelli, Fucecchio, Firenze3 Palazzo di San Clemente, Firenze6 Casina Bonafede, Monte San Giusto, Macerata8 Castello di Gargonza, Monte San Savino, Arezzo9 Villa Prediali, Bagno a Ripoli, Firenze

sono tratte da elaborati d’esame di Rilievo dell’Architettura (prof. Marco Jaff).

1 Villa Pozzolini, Vaglia, Firenze7 Villa Celle, Santomato, Pistoia

10 Palazzo Rosselli Del Turco, Firenze11 Villa il Castellaccio, Filettole, Pisa

sono tratte da Tesi di Laurea (relatore prof. Marco Jaff).

4 Palazzo Bartolini Salimbeni, Firenze5 Palazzo Giugni, Firenze

sono tratte da Tesi di Laurea (relatore prof. Carmela Crescenzi).

Palazzo Antinori, Firenzesono tratte, ridisegnate, da elaborati d’esame di Disegno e Rilievo (prof. Emma Mandelli).

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Sul fianco occidentale di Monte Sena-rio, nella Val di Sieve, a 520 m sul livellodel mare, accanto al piccolo centro diBivigliano nel comune di Vaglia, a po-chi chilometri da Firenze sorge il com-plesso di Villa Pozzolini.La sua edificazione è dovuta probabil-mente a Filippo del Migliore, che acqui-stò nel 1539 dalla famiglia della Stufa“…una casa da Signore con le sue resi-denze ed appartenenze nel sito di SantoRomolo a Bivigliano luogo detto la Torrecon stalle spiccata distante braccia 20con cappella apresso a detta casa concapanna e un’altra stalla detta al Cha-pannaccio ed un chiuso di terra lavorati-va e querciata intorno a detta casa …”.Il toponimo “La Torre” sembrerebbe av-valorare l’ipotesi, tramandata dalla tradi-zione, che la Villa sorgesse sulle fonda-menta di un “castello”, probabilmentequello dei Cattani di Cercina signori diBivigliano, risalente all’XI secolo. Per al-tro il rilevamento dimostra con certezzache all’origine se non un “castello” vi eraalmeno una di quelle “case da signore”tipiche della campagna fiorentina, diepoca tardo medioevale, su cui spessosi sovrapponevano, come in questocaso, le ristrutturazioni successive chele trasformavano radicalmente e, a volte,conferivano loro la dignità di ville.Su queste basi, quindi, verso la fine delCinquecento, sorse la nuova dimora si-gnorile, forse su progetto di BerrnardoBuontalenti o della sua bottega, cheproprio in quell’epoca stava realizzan-do nella vicina Pratolino, per i Medici,la villa, demolita nell’Ottocento, che fupoi dei Demidoff.Le fortune del complesso sono legatealla famiglia Ginori, dal momento che Fi-lippo di Agnolo Ginori, come si ricava dalcontratto del 6 maggio 1664, pagava aDomenico di Francesco Del Riccio scudi232 per una “casa consistente in piùstanze con un chiuso di staiora quattrodi terreno fruttifero e vitato posto nel Po-polo di San Romolo a Bivigliano Vicaria-to di Scarperia Lega di Tagliaferro luogodetto la Fonte alle Masse…”.

Villa PozzoliniBIVIGLIANO, VAGLIA, FIRENZE

PROPRIETÀ: POZZOLINI

Un’altra data, il 1690, ci aiuta a precisa-re il tempo in cui furono eseguiti ulteriorilavori di trasformazione, non solo del-l’edificio ma anche dell’impianto delparco limitrofo. Il parco mostra un inte-ressante disegno naturalistico con ele-menti architettonici (grotta artificiale,fontana, tavoli, etc.) e un importanteprogetto idrico che interessa il regimedelle acque di pertinenza, sicuramentevoluto dai Ginori, il cui stemma compareun po’ dovunque: la data in questione èriportata nell’iscrizione incisa alla basedella grotta all’interno del bosco, cherecita: “Filippo Ginori fecit anno 1690”.La tenuta, di circa 360 ettari, passò nel1858 al cavalier Luigi Pozzolini, chel’acquistò da Alessandro Ginori SoldaniBensi. Allora si estendeva da Casellinesino a Monte Senario e si elevava dauna quota minima di 400 metri a unamassima di circa 800 metri sul livello delmare, con pendenze spesso elevate.In questo periodo furono effettuati gliadeguamenti indispensabili per renderepiù confortevoli e vivibili gli ambienti.Importantissima fu anche la sistema-zione del territorio circostante e l’orga-nizzazione della grande tenuta a fatto-ria modello. Il generale Giorgio Pozzoli-ni conferì questo incarico all’agronomoTito Pestellini, che in una memoria astampa, letta all’Accademia dei Geor-gofili nel Luglio 1914, dava conto dellavoro intrapreso e in parte portato atermine.L’azienda fu produttiva fino alla secon-da Guerra Mondiale quando la Villa, gliedifici annessi e il parco subirono dannirilevanti. Dopo, con la crisi della mezza-dria, cominciò la vendita di gran partedei poderi della proprietà che oggi siestende per 35 ettari.Attualmente, restaurata, la villa mostraancora intatto il suo assetto “origina-rio”. Sulla sobria ed elegante facciataprincipale, strutturata in cinque assi diaperture, si staglia il monumentale por-tale balconato, in sintonia con la coevatradizione fiorentina di estrazione tardocinquecentesca.

Rilievi di:Silvia PieroniAurora Riga2004

Tecnica di rappresentazione:disegni a inchiostro di china su carta lucida,eliocopia su carta martellata, colorazione conacquerelli e caffè, acquisizione digitale,fotoritocco, stampa a getto d’inchiostro.

1Sezione longitudinale2Pianta Piano Terra3Prospetto Nord-Est4Prospetto Nord-Ovest

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Sul fronte nord della villa si estende ilprato all’inglese, la cui realizzazione ri-sale alla seconda metà del XIX secolo esu cui si affaccia il piccolo Oratorio del-la Vergine della neve.Attualmente è sede dell’AssociazioneCulturale “Lavori in Corso”, promotricesoprattutto di eventi musicali e diun’esposizione permanente di opere dimaestri toscani dell’ottocento.

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Nel cuore del centro antico di Fucec-chio si trova il Palazzo Montanelli -Della Volta. Fu la residenza storica del-la famiglia Montanelli. Oggi è sede so-ciale della contrada di S. Andrea e del-la Fondazione Montanelli-Bassi fonda-ta dall’ultimo discendente degli antichiproprietari, il giornalista Indro Monta-nelli, che di questa città era originario.Nei primi del ’300 il nome Della Volta, aFucecchio, designava un gruppo di fa-miglie appartenenti alla nobiltà locale,che avevano le proprie case nel luogochiamato “la Volta”, forse per l’ampiacurva della strada che lo caratterizza-va, o più probabilmente per la presen-za di una “volta” murata, termine concui si indicava un edificio adibito a ma-gazzino.Il palazzo, come oggi si presenta, è daconsiderarsi il risultato di un processodi accorpamento, di due o forse addi-rittura tre diversi edifici preesistenti,probabilmente attuato dai Montanellinel XVI secolo.A metà del ’600 la struttura aveva giàassunto forme e dimensioni vicine alleattuali. Dai Catasti storici risulta infattiche era intestata ai Montanelli “…su laVolta una casa stimata scudi 300…”:una cifra tra le più alte attribuite agliimmobili del paese e che corrisponde-va al valore medio di 3 o 4 case.Nel 1768 l’edificio era costituito da trepiani “…che in tutto sono fra sala, sa-lotti e camere, stanze 39…”: una de-scrizione che si avvicina alle condizio-ni odierne dell’immobile.Agli inizi del ’900 cominciò a degrada-re e a subire frazionamenti in seguito avari passaggi di proprietà.In tempi più recenti è appartenuto aFrancesco Moriani, detto il “Gattino”,da cui il nome popolare attribuito al pa-lazzo (chiamato appunto “del Gattino”).Nel 1968 ne divenne proprietaria lacontessa Allì Maccarani di Livorno, laquale, poco dopo, lo donò, già in catti-vo stato di manutenzione, al Comunedi Fucecchio, che non fu in grado direstaurarlo.

Palazzo Montanelli - Della Volta

Rilievi di:Concetta IgnognaLorenzo MatteoliAlessio Mattu2001

Tecnica di rappresentazione:disegni a inchiostro di china su carta lucida,eliocopia su carta martellata, colorazione conacquerelli e caffè, acquisizione digitale,fotoritocco, stampa a getto d’inchiostro.

1Sezione trasversale2Pianta piano terra3 - 4Prospetto frontale e laterale5Sezione trasversale

VIA DI SAN GIORGIO, FUCECCHIO, FIRENZE

PROPRIETÀ: COMUNE DI FUCECCHIO

Iniziò allora un rapido degrado dellestrutture con crolli parziali e infiltrazio-ni e la definitiva rovina del palazzo fuevitata solo grazie ad un intervento dirisanamento del tetto ad opera dellaSovrintendenza fiorentina.All’inizio degli anni ’80, quando ormaisembrava che soltanto un improbabilee costoso intervento pubblico potesseportarlo a nuova vita, la Contrada S.Andrea ottenne dal Comune il permes-so di ripulire e sistemare alcune stanzeal piano terra del palazzo, con la pos-sibilità di utilizzarle come sede sociale.Quasi contemporaneamente IndroMontanelli, espresse il desiderio dicreare nel proprio paese di origine unaFondazione che promuovesse gli studisul patrimonio storico e culturale loca-le, e potesse ospitare anche la sua bi-blioteca e il suo archivio personale.L’impegno dei contradaioli e i finanzia-menti messi a disposizione dalla Fon-dazione, oltre alla personale generosi-tà di Indro Montanelli, di alcuni privatie di Istituti di credito, hanno consentitoil recupero dell’edificio.Nonostante non sia stato attuato an-cora un vero e proprio restauro archi-tettonico, si è comunque raggiuntol’obiettivo di salvare da rovina certa unpalazzo che riveste un notevole inte-resse nella storia della comunità, con-sentendogli al contempo di assumereun preciso ruolo nella attuale vita so-ciale del paese.Dopo la scomparsa di Indro Montanel-li, avvenuta il 22 luglio 2001, gli arredidei suoi studi di Milano e di Romasono stati trasferiti nelle stanze dellaFondazione Montanelli-Bassi dovesono attualmente visitabili.

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Un brano inedito della storia architetto-nica della Firenze barocca è rappresen-tato dal palazzo oggi chiamato di S. Cle-mente. L’ossatura del vasto edificio, co-struito nel 1636-42, è composta da unnucleo più antico di dieci piccole case aschiera dimensionalmente uguali co-struite dall’Arte dei Mercatanti nel 1548per i propri lavoratori. Tommaso Guada-gni (1582-1652), marito di Maria Accia-ioli, le acquista e trasferisce lì, “dietro laNunziata”, l’antico insediamento dellafamiglia posto in via dei Servi.Il palazzo è oggi noto come “S. Clemen-te”, dal predicato dei duchi Velluti Zatiche lo possedettero dal 1788 al 1963.Nel 1636 iniziano le spese della sua co-struzione. Il primo pagamento va “aGherardo Silvani Architetto” per aver di-segnato la pianta –aggiungendo alledieci casette preesistenti la testata norde quella a sud- e il prospetto del giardi-no. I lavori saranno in seguito condottida Felice Gamberai. L’area acquistatadal Guadagni dal 1551 al 1581 era statail giardino di don Luigi di Toledo, fratellodella duchessa Eleonora, moglie di Co-simo I e lì si trovava con la monumentaleisola-fontana costruita dal Camilliani trail 1554 e il 1570 che oggi si trova in Piaz-za Pretoria a Palermo.L’edificio, monumentale per le dimen-sioni e per la movimentata volumetriadel prospetto che si affaccia alla città,pur avendo caratteristiche ‘rurali’, qualil’uso dell’ordine architettonico rustico-tuscanico, si caratterizza internamenteper un ricchissimo apparato decorati-vo, che comprende affreschi di Bartolo-meo Neri (1637) e del Volterrano (1652).Nel 1637 Bartolomeo Neri dipinge il leo-pardo, fiera araldica della famiglia, sullavolta dell’ingresso principale del palazzosulla via Salvestrina oggi via G. Capponi.Nella parte settentrionale del palazzo,al piano terra, si trova anche una galle-ria, nella quale si può riconoscere unambiente idoneo alla importante pina-coteca che Pier Antonio Guadagni, fra-tello di Tommaso, raccolse nell’arcodella sua vita, ricca di opere del Cigoli,

Palazzo di S. Clemente

Rilievi di:Elisabetta DodiBarbara Salvetta2000

Tecnica di rappresentazione:Stampa a getto d’inchiostro di CADbidimensionale

1Sezione longitudinale e pianta2Prospetti

VIA MICHELI, FIRENZE

PROPRIETÀ: UNIVERSITTÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE

del Boscoli e del Volterrano. In occasio-ne della morte di Pier Antonio Guadagni(1727-1762) suo fratello Niccolò, unicosuccessore, fa redigere un accurato in-ventario del palazzo nella speranza dipoterlo vendere, nonostante il fede-commesso imposto dall’avo che glieloimpediva. La liberazione dal vincolo diinalienabilità verrà concessa solo nel1777, quando sarà stilata una dettaglia-ta stima dell’intero immobile. Dall’in-ventario del 1762, che riporta la descri-zione delle singole stanze del palazzo edi tutti gli arredi in esse contenuti, sonostate ricavate informazioni utili alla rico-struzione della disposizione planimetri-ca e spaziale degli ambienti a quelladata. Al contrario di quanto finora ge-neralmente ritenuto, infatti, la facciataprincipale del palazzo Guadagni è da ri-conoscere in quella che prospetta sul-l’attuale via Capponi. Da questo latol’ingresso principale immette nel “ricet-to detto di S. Martino” che a sua voltaintroduce nel “salone”. Questo, che eral’ambiente principale del palazzo, è sta-to interamente stravolto nel corso deilavori otto-novecenteschi. Una stima, redatta nel 1777 in occasio-ne della vendita del palazzo da parte diNiccolò Guadagni al principe CarloOdoardo Stevart Conte’Albanj, descri-ve ancora la presenza di “un Salone,che divide in due parti il Palazzo perLunghezza, ed Altezza, in volta a mezzaBotte ornato di fasce, Cornici, Porte ar-chitettate nobilissimamente”. Il salonemonumentale che si collegava, attra-verso la loggia, col giardino ricco di sta-tue e arredi lapidei, si conservò fino al1928 quando per la costruzione di unnuovo ‘quartiere’ al piano mezzaninone venne demolita la volta.La figlia di Carlo Odoardo Stevart Con-te’Albanj vende il palazzo al CavaliereSimone Velluti Zati duca di San Cle-mente nel 1788. Al suo esterno il palaz-zo subisce pesanti trasformazioni inoccasione delle sistemazioni urbanisti-che conseguenti alle realizzazioni di Fi-renze capitale. Del 1863 è l’espropria-

zione per l’apertura della via Micheli,che dà avvio ai consistenti lavori di tra-sformazione della parte meridionale delpalazzo e del giardino.L’attuale facciata meridionale su via Mi-cheli, per quanto riguarda il livello terre-no, è frutto di una sistemazione “in stile”condotta intorno al 1870 quando, conl’apertura della nuova via, le tre casetteannesse, destinate alla servitù e alle ri-messe, vennero distrutte e con esse lestanze che si trovavano ai piani superio-ri, detti “mezzanini nobili” perché utiliz-zati da membri della famiglia e, al di so-pra, l’ampia e panoramica terrazza.I Velluti Zati di San Clemente” vendonoil palazzo nel 1963 ad una società che asua volta, nel 1967, lo rivende all’Uni-versità degli Studi di Firenze promotricedi una serie di lavori di adeguamentodell’immobile che ne stravolgeranno ul-teriormente le strutture.

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Fu Bartolomeo Ammannati (1511-1592) a costruire il palazzo che oggi sichiama Giugni per Simone da Firen-zuola; fratello dell’umanista Angelo.Iniziato tra il 1557 ed il 1565 dopo averabbattuto una casa preesistente, chesorgeva al posto di un antico conventodi monache, il fabbricato prese il nomeda Vincenzo Giugni marito di Virginia,figlia ed erede di Simone.L’edificio fu costruito, non lontano davia dei Servi e da piazza SS. Annunzia-ta, dove Ammannati aveva progettatoil palazzo Mondragone e il palazzo Gri-foni, è la realizzazione di uno dei tantiprogetti teorici contenuti nel trattatodella Città, un testo redatto in formaesclusivamente grafica, che descrivele varie tipologie di edifici che avreb-bero dovuto formare una città. Questacircostanza, in parte, spiega il felice ri-sultato raggiunto da Bartolomeo, finoallora impegnato quasi sempre in tra-sformazioni di opere già esistenti.In questo lavoro, Ammannati non po-teva, come in Palazzo Grifoni o nel cor-tile e nella facciata posteriore di Palaz-zo Pitti, sfruttare la possibilità di enfa-tizzare l’effetto scenografico di unapiazza che ne aprisse la visuale o unpercorso nel parco che mirasse dirittoal centro del prospetto: in questo casola preesistenza di alcuni insignificantiedifici del XV secolo gli consentivaperò di sviluppare una pianta regolaree simmetrica che mettesse in pratica isuoi principi compositivi: così se la ge-nerale figurazione geometrica utilizza-ta è molto vicina al quadrato, la plani-metria ha un taglio assolutamente ori-ginale, fuori degli schemi tradizionalidel palazzo fiorentino. Nel cortile infattisi interrompe la continuità della loggiaperimetrale e si inseriscono quattrologgiati, a forma di atrio, fra loro indi-pendenti, di cui quello all’ingresso equello opposto, verso il giardino, han-no profondità doppia. Fuori dal comu-ne ed elegantissimi anche i decori del-le facciate del cortile, formati da legge-re cornici in pietra serena che

Palazzo Giugni

Rilievi di:Giovanni FantappièDomenico Quattrone2001

Tecnica di rappresentazione:Modello CAD tridimensionale, rendering,stampa a getto d’inchiostro

1Prospetto su via degli Alfani2Particolari

disegnano le partiture delle due loggevetrate del primo piano.La facciata principale ha scansionequinaria e portale centrale; anche qui,come in Palazzo Ramirez di Montalvo,Ammannati inserisce un grande stem-ma centrale a tutto tondo. Sopra il por-tale, una severa trabeazione doricacon triglifi e bucrani, bilancia armoni-camente i sottostanti elementi sculto-rei. Al di sopra, al piano primo, unaporta-finestra centrale si affaccia suun balcone, come in Palazzo Farnese.La facciata mostra una sequenza di for-me, più ricche al piano terra e gerarchi-camente graduate verso l’alto, in cui isingoli elementi decorativi delle paretisono trattati come autonome sculture,ponendo l’Ammannati, artista e archi-tetto insieme, tra i massimi esponentidel manierismo. Tanti sono i richiami ele citazioni di matrice brunelleschiana emichelozziana, come le severe partituredel cortile ripetute più volte e sottoline-ate da forti chiaroscuri. Ma non mancaanche l’eco del Rossellino del PalazzoPiccolomini a Pienza. Molte delle sueintuizioni formali saranno poi ripresealla fine del secolo: si pensi ad esempioal Cigoli del cortile del Palazzo Nonfini-to iniziato dal Buontalenti.Il figlio di Virginia e di Vincenzo Giugni,Niccolò, completò gli arredi interni edil giardino ornandolo di una stupendavasca. Poi alla fine del Seicento il pa-lazzo si ampliò ulteriormente e fu ag-giunta la “grotta” su disegno di Loren-zo Migliorini.I Giugni ne mantennero il possesso sinoal 1830, poi passò ai Colonna. Nel 1871fu restaurato dall’arch. De Fabris, l’au-tore della facciata di S. Maria del Fiore.Quindi entrò in possesso dei Fraschettiche ne sono ancora oggi i proprietari.

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VIA DEGLI ALFANI, FIRENZE

PROPRIETÀ: FRASCHETTI

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1716

Nelle “Istorie” di Giovanni Cambi silegge che tra il 1519 e il 1520: “Gio-vanni di Bartolomeo Bartolini cominciòun palazzotto in sul canto di Portaros-sa e di Terma in sulla piazza di SantaTrinita, che v’era l’osteria del cammel-lo, in Portarossa, e dipintori e calzolaie un fornaio. Cheffia adornezza dellaciptà per essere in be’ luogho. Furonvile chase de’Soldanieri e anchora vera-no loro botteghe; massistavano di fuo-ri del dominio fiorentino e ora arènnopiù ragione di starvi, che le compròcontro loro voglia.”Oltre alle case dei Soldanieri furono ac-quistate dai Bartolini anche altre piùpiccole proprietà che si aggiunsero aquelle che già erano in loro possessoprima ancora del 1356, quando Leonar-do Bartolini comprò case e proprietà davia Porta Rossa a via delle Terme.Fu quindi Giovanni Bartolini (1472-1544), primogenito di un casato tra ipiù ricchi e potenti della Firenze delprimo cinquecento, a incaricare Bac-cio d’Agnolo di costruire, abbattendole case precedenti, quel “pulchrumedifitium” che rappresenterà indubbia-mente uno dei più significativi esempidell’architettura fiorentina del tempo,anche e non da tutti al suo esordiocompreso e apprezzato.Vasari testimonia, infatti, che: “…fu ilprimo edifizio, quel palazzo, che fussefatto con ornamento di finestre quadrecon frontespizi e con porta, le cui co-lonne reggessimo architrave, fregio ecornice, furono queste cose tanto bia-simate dai fiorentini con parole, consonetti, con appiccicarvi filze di fra-sche, come si fa alle chiese per le fe-ste, dicendosi che aveva più forma ditempio che di palazzo, che Baccio fuper uscirne di cervello; tuttavia sapen-do che aveva imitato il buono e chel’opera stava bene, se ne passò”. Mavolle apporre sull’architrave del porto-ne d’ingresso, in risposta alle critichemosse al suo edificio, l’iscrizione “Car-pere promptius quam imitari”.Il cortile, invece, ornato di graffiti mo-

Palazzo Bartolini Salimbeni

Rilievi di:Giuseppe de Simone2002

Tecnica di rappresentazione:Modello CAD tridimensionale, rendering,stampa a getto d’inchiostro

1Rendering2Particolari

PIAZZA S. TRINITA, FIRENZE

PROPRIETÀ: EREDI TORRIGIANI COLONNA

nocromi con motivi a grottesca, fu su-bito assai lodato.Per portarne a compimento la realizza-zione, Baccio si avvalse della collabo-razione di Andrea di Cosimo Feltrini.Sotto le finestre del primo e del secon-do piano corre un fregio assai partico-lare legato alle imprese della famiglia:la leggenda vuole che un antenato,avendo avuto notizia che un grossocarico di merci era in arrivo in città,ebbe l’idea di organizzare un grandebanchetto, invitando tra gli altri tutti isuoi potenziali concorrenti. Agli ignariospiti, durante la cena, venne servitodel vino a cui era stato mescolato del-l’oppio, cosicché l’astuto mercante al-l’indomani poté agire indisturbato, re-alizzando enormi profitti. Da quellostratagemma pare abbia avuto originela fortuna della famiglia, per cui è com-prensibile come i Bartolini abbiano fat-to apporre nella croce delle finestre ilmotto “Per non dormire” e decorare lafacciata con l’emblema delle teste dipapavero come simboli prediletti, qua-si relegando in secondo piano il lorostemma ufficiale, un leone rampantenero e argenteo su fondo rosso.Alla morte di Giovanni (1544), nonavendo figli, il Palazzo passò al fratelloGherardo. Il suo testamento contene-va precise clausole volte ad assicurar-ne la permanenza in perpetuo nel pa-trimonio familiare, fissando, tra l’altro,il divieto di vendere o appigionare l’im-mobile in tutto o in parte. Ma nonostante ciò, il palazzo fu spesso “allo-gato” diventando persino un albergo dilusso: l’ “Hotel du Nord”.Attraverso una serie di intricate vicissi-tudini ereditarie il palazzo restò sino alXIX secolo in possesso della famigliache lo aveva costruito. Nel 1863 gli ere-di di Leonardo Bartolini Salimbeni lovendettero al principe Ercole Pio di Sa-voia. Poi, per successive divisioni fami-gliari, il complesso divenne compro-prietà di numerose famiglie patrizie: iFranzoni, i Laparelli, i Malvezzi, i Sanvi-tale, ed altri. Infine i discendenti dei

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Malvezzi, i marchesi Salina Amorini diBologna, riuscirono a riunire il posses-so. Con decreto della Giunta Perma-nente di Belle Arti, nel 1875, il Palazzofu dichiarato monumento nazionale.Oggi gli attuali proprietari sono gli ere-di della Duchessa Simonetta TorrigianiColonna.Dal rilevamento e dalla ricerca docu-mentale risulta che il palazzo ha subitovarie trasformazioni. Soprattutto il cor-tile interno ha modificato la sua confi-gurazione originaria.L’aspetto che verosimilmente aveva ilcortile al termine dei lavori di Bacciod’Agnolo è stato perciò ricostruito vir-tualmente.

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1918

Casina BonafedeMONTE SAN GIUSTO, MACERATA

PROPRIETÀ: ERCOLI

Conosciuta più comunemente con ilnome di Casina Bonafede, la PalazzinaCoriolana è una dimora fortificata im-mersa nella campagna marchigianache si trova, a quota 232 metri sul livellodel mare, sul lieve versante di una colli-na a due chilometri dal comune di Mon-te San Giusto, in provincia di Macerata.La sua edificazione, avvenuta nella pri-ma metà del XVI secolo, fu voluta daNiccolò Bonafede, vescovo di Chiusi,al quale vengono oggi con certezza at-tribuite anche altre commissioni im-portanti di opere architettoniche,come il Palazzo Bonafede, sede delcomune di Monte San Giusto e la chie-sa di Santa Maria in Telusiano.La Casina mostra con chiarezza i ca-ratteri di un’architettura che riflette ledifficili circostanze politiche e militaridell’epoca ben chiare ad un “officiale”della corte papale ma anche l’ inten-zione di ritirarsi a vita privata dell’ormaistanco Niccolò: la stessa ambivalenzache caratterizzava allora molti edifici inbilico tra la distesa espressione dellaresidenza signorile e i caratteri spigo-losi della costruzione fortificata.Stando infatti a quanto riferisce Monal-do Leopardi, biografo del vescovo Bo-nafede, la Palazzina venne costruita in-torno agli anni 1520-1522: “ in questasua ritirata a San Giusto [...] Niccolò Bo-nafede edificò un palazzetto non già del-la magnificenza e grandezza del primo,ma pure assai onorato e comodo [...]”.La prima notizia ufficiale della sua co-struzione si trova nel Catasto descritti-vo del 1767, che, tra i possedimentidel Monastero dell’Assunta in localitàCampiglia, riporta una “terra prativacon casa”. La stessa proprietà è poicensita con maggior dettaglio nel ca-tasto Gregoriano del 1855, ed è anno-verata tra i possedimenti della Chiesacon funzione di casa colonica.Nel 1861, con l’unità d’Italia, tutti i pos-sedimenti del monastero dell’Assunta,compresa la Casina Bonafede, venneroespropriati passando alla Cassa Eccle-siastica dello Stato prima, e, nel 1865,

al Demanio Nazionale. Poco dopo, nel1869, l’edificio, con alcuni dei terrenicircostanti, divenne proprietà privatamantenendo poi, per oltre un secolo, lasua funzione di casa colonica.L’impianto planimetrico è assai ele-mentare: un quadrilatero con torri an-golari, che si configura a metà stradatra la costruzione militare e la residen-za di campagna. Se da un lato, infatti,la scarpatura delle murature e la pre-senza diffusa di un sistema di bombar-diere rafforzano la lettura difensivadell’edificio rapportandola al modellodel “mastio” di accampamento, dal-l’altro l’organizzazione distributiva in-terna e di facciata di tutto il piano nobi-le manifesta chiari gli stilemi della resi-denza signorile.Possiamo quindi inscrivere la CasinaBonafede in quel processo d’ingentili-mento delle forme castellane, che inepoca rinascimentale culmina nella ri-scoperta della villa.Nella sua originaria concezione, stan-do alla disposizione degli allettamentidei mattoni sugli spigoli, è probabileche le torrette angolari dovessero rag-giungere la linea di gronda del corpocentrale. Ma nella sua forma attualel’edificio lascia solo intravedere quellache avrebbe dovuto essere la sua con-figurazione compiuta. Delle torri N-O eS-O rimane, infatti, solo lo zoccolo ba-samentale posto al di sopra dellestrutture di fondazione. Inoltre traccedi mura demolite sono rinvenibili lungole murature principali, il che fa desu-mere che la costruzione di queste torrifu iniziata, ma mai portata a termine.Anche la ricostruzione della distribuzio-ne interna appare difficoltosa in quantoinevitabilmente compromessa dai varirimaneggiamenti. Il piano terra, suddivi-so centralmente dall’originario muro dispina, conserva solo parzialmente lecoperture a volta dei due locali princi-pali destinati a stalla. Il piano superioreè oggi completamente sgombro da par-tizioni interne ed i suoi solai di copertu-ra, data l’altezza ridotta, sono probabil-

mente da supporre lignei fin dall’origine.Qui si aprono verso l’esterno ampie fine-stre ad arco, in linea con la tradizione dicerta architettura signorile.Al piano primo è infine possibile rilevarel’unica misura coincidente con le indica-zioni, peraltro estremamente sommarie,riportate dal Leopardi nella sua biografiamanoscritta del Vescovo: “lì sul poggiochiamato Coriolano fabbricò un palazzet-to [...] esteso quaranta piedi per banda[...]”, tale misura, ossia poco più di 12 me-tri è pressappoco la lunghezza del murocentrale che misura, appunto, 12,07 metri.

Rilievi di:Jurji Filieri2000

Tecnica di rappresentazione:Base CAD bidimensionale, mosaicatura difotoraddrizzamenti, fotoritocco, stampa agetto d’inchiostro.

1Prospetto Sud2Sezione3Pianta piano primo4Pianta sottotetto

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Villa CelleSANTOMATO, PISTOIA

PROPRIETÀ: GORI

Nel panorama delle ville toscane la Vil-la di Celle a Santomato di Pistoiaemerge per la particolare vocazioneassunta nel tempo come luogo in cui ilpatrimonio storico ed il paesaggio dia-logano con l’arte contemporanea.L’edificio è frutto dei rimaneggiamen-ti, avvenuti sopratutto intorno al XVIIsecolo, di una preesistente strutturafortificata e fa parte di un complessocomprendente numerose costruzionia carattere rurale sparse all’interno diun vasto parco.L’imponente facciata della villa è scan-dita verticalmente da quattro leseneche disegnano tre corpi distinti sor-montati da un timpano centrale conorologio e campana. Su ogni piano siapre una diversa serie di finestre, in-corniciate da formelle quadrate, o de-corate da fregi antropomorfi. Eleganticornici, simmetricamente disposte, or-nano in leggero aggetto il piano di fac-ciata. Addossata a quest’ultima, sullato sud, una scala a doppia rampaconsente l’accesso al piano nobile.Benché lo schema compositivo dell’edi-ficio ricordi gli esempi toscani di ville co-struite tra la fine del XVII e i primi del XVIIIsecolo nel territorio pistoiese dall’archi-tetto Antonio Maria Ferri, non si conoscel’autore del progetto generale.Da tenuta di caccia e luogo di villeg-giatura per la famiglia patrizia dei Fa-broni, che l’acquisì nel XVII secolo,Celle si è poi arricchita di uno straordi-nario giardino all’inglese ad opera delpittore-architetto Giovanni Gambini(1779-1869) che ha trasposto nella re-altà i paesaggi ideali mutuati dalla pit-tura e dalla letteratura di quel periodo.Il parco con le sue strutture a “capric-cio” sviluppatesi attorno alla rete diviali alberati costituisce uno straordi-nario e suggestivo percorso romanti-co, paragonabili a quelli di Bomarzo, diPratolino o di villa Puccini a Scornio.A questi interventi ottocenteschi si ag-giungono quelli più recenti, realizzati datrentacinque artisti contemporaneichiamati a Celle dall’attuale proprietario

che, acquistata la tenuta nel 1970, latrasforma in un parco museo. Le istalla-zioni, realizzate in forme e materialimolto diversi tra loro, forniscono unapanoramica dei principali movimentid’avanguardia artistica della scenamondiale e inseriscono Celle in una reteinternazionale di iniziative analoghe.La zona di Santomato, già da prima del-l’anno Mille, rappresentava un importan-te nodo di collegamento tra la pianura el’attraversamento dei rilievi appenniniciQuesti luoghi, quasi interamente sotto ildominio della famiglia dei conti Guidi,costituivano all’epoca dei Comuni unazona di confine. Nella quale venneroedificate diverse fortificazioni per l’avvi-stamento e la difesa: il Casseretto, ilCastello di Montale, la chiesa di SantaLucia e probabilmente la stessa Celle.Ne è testimonianza la struttura a torreche ingloba le costruzioni tardo-medio-evali di parte della villa e la presenza dicantine con ambienti dalle muraturemolto massicce e coperte a volta.Il toponimo Celle iniziò a comparire intor-no alla metà del XIII secolo, ma già primadel 1200 è documentata la presenza diuna costruzione rurale appartenente aiGuidi, che passò alla famiglia Pazzaglianei primi decenni del XV secolo.Tra la fine del XVI e gli inizi del XVII se-colo, i beni di Celle già ampliati e tra-sformati in residenza risultano in pos-sesso della famiglia pistoiese dei Fa-broni, insieme a molti terreni, fortilizi edaltre residenze del territorio di Santo-mato. Le successive modificazioni, inparticolare a partire dalla metà del XVIIsecolo, dimostrano il passaggio da unassetto di impronta più utilitaristica, ti-pica peraltro del primo Rinascimento,ad uno stile legato al gusto nuovo delleclassi dominanti, in particolare nell’ac-centuazione degli aspetti e decorativi.Così tra il XVII e il XVIII secolo, l’anticocomplesso abitativo rurale fu sostituitoda una prestigiosa residenza estiva.Un rilievo fondamentale assume, inquesto periodo, l’opera del cardinaleCarlo Agostino Fabroni (1651-1727).

Il suo contributo non si limitò alla ulterioresistemazione degli spazi agrari, ma pro-seguì con l’edificazione, sul retro dellavilla, di una cappella a due piani sovrap-posti, di gusto classicheggiante, chevenne inaugurata nel 1703. Negli annisuccessivi, gli interventi si concentraronosul sistema delle acque, in particolarenella realizzazione di nuove vasche, nin-fei e fonti. Alla morte del cardinale Fabro-ni, la proprietà della Villa di Celle passò alnipote Benedetto, che la fece ristruttura-re, ricavando una fattoria dall’antico edi-ficio accanto alla villa.Risale alla prima metà del XIX secolo l’ini-zio dei lavori del parco romantico, fattieseguire da Carlo Fabroni (1765-1828),figlio di Benedetto.Con le nozze di Eufrosina Fabroni, la figliadi Carlo, con il conte piemontese Damia-no Caselli avvenute nel 1827 la proprietàpassò a quella famiglia, quindi ai Gatte-schi e poi ai Matteini. Nel 1920 fu deiCappellini e poi dei Guidi ed infine del pit-tore Elia Volpi. Nel 1929 la rilevò il bibliofi-lo Tammaro de Marinis. Dopo la suascomparsa, avvenuta nel 1969, fu acqui-stata dall’attuale proprietaria.

Rilievi di:Salvatrice BenintendeMaria Spatola2000

Tecnica di rappresentazione:disegni a inchiostro di china su carta lucida,eliocopia su carta martellata, colorazione conacquerelli e caffè, acquisizione digitale,fotoritocco, stampa a getto d’inchiostro(pianta), disegni a inchiostro di china egrafite, acquisizione digitale stampa a gettod’inchiostro (prospetti).

1Prospetto Sud2Pianta piano terra3Prospetto Nord 3

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Castello di GargonzaGARGONZA, MONTE SAN SAVINO, AREZZO

PROPRIETÀ: GUICCIARDINI CORSI SALVIATI

Gargonza è un castello, o meglio unpiccolo borgo fortificato, della Valdi-chiana, poco distante da Arezzo, postosulla sommità di un poggio a 540 m sullivello del mare. I suoi edifici, di straor-dinario valore ambientale, sono moltoben conservati e negli ultimi anni, vi sisono svolte attività ricettive, culturali,convegni, incontri importanti, manife-stazioni musicali e mostre d’arte.Il toponimo deriva probabilmente dal-l’etrusco Carcusa, trasformatosi poi inGargousa nel latino alto-medievale. Laprima testimonianza accertata risale al1135 quando il castello fu citato in untrattato di pace tra Arezzo e gli Umber-tini, una famiglia di feudatari con estesipossedimenti nella Toscana orientale,che lo vendettero nel 1381 ai senesi.A Siena è tradizionalmente attribuita lacostruzione del cassero, delle mura edell’unica porta verso la valle dellaChiana, all’epoca ancora impaludata. Ilpossesso dei senesi durò soltantoquattro anni: è quindi probabile che taliopere non fossero del tutto conclusequando, nel 1385, dopo le guerre conArezzo, Siena lo cedette alla Repubbli-ca di Firenze. I fiorentini, dopo un’enne-sima ribellione dei Gargonsini, nel1433, distrussero gran parte delle murada poco costruite, ma lasciarono senzadanni la porta e il cassero.Pacificata la regione, i Capitani di ParteGuelfa lo allivellarono ai Lotteringhi del-la Stufa. Successivamente, per eredità,il castello e le sue terre passarono aiCorsi ed infine, ai primi del secolo scor-so, ai Guicciardini che tuttora ne sono iproprietari.All’inizio del ’300, Gargonza era un ca-stello di una certa importanza, tantoche, come narra Leonardo Bruni nellasua “Vita di Dante”, il Poeta insiemecon altri “bianchi” vi tenne una riunionedi fuoriusciti nella speranza di organiz-zare un suo ritorno in Firenze. Questo èsicuramente l’episodio più famoso del-la vita del paese, che, dopo la parzialedistruzione delle sue mura, non vide piùalcun fatto d’armi ed esaurì tutte le sue

funzioni militari per assumere quelle dipiccolo borgo agricolo.Sia al tempo della Repubblica sia suc-cessivamente col Granducato, Gar-gonza aveva un proprio statuto e quin-di una relativa autonomia amministra-tiva che durò sino al 1774, quandoPietro Leopoldo abolì la comunità e laaggregò a Monte San SavinoLa struttura urbana del borgo rimasepraticamente inalterata per oltre quat-tro secoli sino a quando, nel ’700, Gio-vani Corsi, in linea con le nuove teorieagronomiche del tempo, avviò un pro-fondo ammodernamento organizzati-vo dei suoi possedimenti. L’interocomplesso divenne una grande fatto-ria e si mise mano alle ristrutturazionida cui scaturirono le nuove cantine, ilfrantoio, i magazzini e la villa padrona-le: un’organizzazione che sopravvissequasi inalterata per oltre due secoli,fino alla scomparsa della mezzadria.Negli anni ’50 del secolo scorso, lafuga dalle campagne e il completo ab-bandono del borgo e delle case colo-niche sparse. Ne seguì un progressivodeperimento di quasi tutti gli edificiche durò fino a quando la proprietà neiniziò la lenta opera di recupero, realiz-zata sotto la sorveglianza della Soprin-tendenza aretina.Tre le tipologie di edifici da restaurare:una ventina di case d’abitazione, da la-sciare il più possibile inalterate e da de-stinare di nuovo ad alloggi; locali di fat-toria, ex frantoi, cantine, magazzini estalle, da convertire in spazi di servizio,ristorante, sala conferenze e simili ed,infine, edifici specialistici e manufatticon caratteristiche di monumentalità,come la Chiesa, la Porta d’accesso alBorgo, le mura ed il cassero, da conser-vare nella loro configurazione originaria.Dal 2000 il castello è oggetto di unacampagna di rilievi, eseguita dalla Fa-coltà di Architettura di Firenze in colla-borazione con la Sezione Toscana del-l’ADSI, con l’obiettivo di formare unadocumentazione completa per ulterioriiniziative di sviluppo e di studio.

Rilievi di:Federico GennaiEnrica LongoCristina MariottiTania MassinelliValentina MaugeriEugenio OvipariIlenia PaesaniMichele PetroneFulvia PuschiCristina RazzanelliAlessandra RivaClaudia Rosselli1999-2001

Tecnica di rappresentazione:disegni a inchiostro di china su carta lucida,eliocopia su carta martellata, colorazione conacquerelli e caffè, acquisizione digitale,fotoritocco, stampa a getto d’inchiostro.

1 - 2 - 3 - 4 - 5La Torre:prospetto, sezione, piante e planimetria6Alloggio del Custode:pianta prospetto e sezione7Fonteblanda:piante prospetti e sezione8 - 9 - 10Casa Argentina:sezioni e pianta

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Villa Pedriali all’AntellaBAGNO A RIPOLI, FIRENZE

PROPRIETÀ: PROVINCIA DI FORLÌ

Non lontano dall’abitato sorge il com-plesso di Villa Pedriali, noto anche comevilla l’Antella, su un poggio del crinaleche delimita la stretta valle del torrenteIsone. Per la sua posizione dominante lavisuale spazia sino al Ponte a Niccheri esulla valletta del Rio Rimezzano.Percorrendo, da Firenze, la strada co-munale dell’Antella verso l’abitato, lavilla è già visibile all’altezza dell’Ospe-dale di S. Maria Annunziata.L’accesso principale, un tempo, avve-niva in corrispondenza di un cancellomonumentale posto di fronte al ponteall’Asse, in località detta Alberi di Sot-to, da cui si dipartiva un viale alberatodi lecci che saliva su fino alla residenzae che oggi è interrotto a metà dall’Au-tostrada del Sole.I fabbricati sono circondati da magno-lie secolari, lecci ed ippocastani, restidella sistemazione ottocentesca delgiardino. All’interno della recinzionemuraria che delimita il giardino, si tro-vano la cappella, la residenza del cu-stode, la serra-limonaia, un gazebo edalcune fontane e vasche.Le murature di pietrame a vista, la torremerlata con sporto sorretto da beccatel-li, un abbondante fioritura di merli, comi-gnoli, stemmi, in pietra o dipinti su fondiintonacati, caratterizzano il prospettoprincipale: opere per lo più di decorazio-ne che conferiscono alla villa l’aspettoneomedievale assunto nell’800.Gli altri prospetti sono invece più spogli,segnati soltanto dall’evidente succeder-si nel tempo degli interventi di amplia-mento e dalla partitura delle finestre.Le differenti destinazioni d’uso indivi-duano due parti distinte del comples-so: la residenza padronale che occupala parte est e si dispone su due livelli(al piano terra la “zona giorno” e al pri-mo piano la “zona notte”) e la parteovest che ospita al piano terra e nelsotterraneo gli annessi agricoli: tinaia,cantine, e rimesse.Villa Pedriali testimonia in modo emble-matico il processo di antropizzazionedel territorio dell’Antella. Già in epoca

romana il poggio su cui sorge, a pochedecine di metri dalla cima, vedeva cor-rere l’antico tracciato della “via dell’El-lera”. Ma è solo nel XIV secolo che sitrovano i primi documenti che attesta-no l’esistenza di un edificio in quel luo-go: apparteneva ai Macinghi, una fami-glia che aveva numerose proprietà a Fi-renze nella zona di via de’ Servi.In quel tempo l’edificio doveva esseregià un “palagio”, ma i diversi spessoridelle murature e, più in generale, l’os-servazione attenta del rilevo fannopensare alla preesistenza di una casa-torre che aveva subito il cosiddetto“appalagiamento”.Nel XV secolo l’attribuzione della pro-prietà del palazzo è incerta. Alcuni so-stengono che fu residenza di campagnadei Peruzzi, famiglia fiorentina che avevaacquisito vaste proprietà nella zona det-ta “Alberi”, tanto che nel 1427 viene ri-cordato come “palagio” di BernardoBindaccio di Bonifazio Peruzzi. Altri ri-portano la data del 1457 come anno incui Macigno Macinghi vendette la villa aMesser Ottobuono di Lapo Piccolini.Nelle carte dei Capitani di Parte Guelfa,alla fine del ‘500, il palazzo è ricordatocome “Dei Niccolini ed è citato nel 1609come “Podere a li Alberi” tra le docu-mentazioni fornite dall’Archivio Parroc-chiale di Santa Maria all’Antella. I consi-stenti lavori che modificarono la villanell’estetica e nella volumetria risalgo-no al XVIII secolo.I Niccolini alienarono tutta la loro vastaproprietà dell’Antella, villa compresa,nel 1836. Passò allora al principe Giu-lio Cesare Rospigliosi e poi, negli ulti-mi anni dell’Ottocento, al cavalier Bor-sini: nella carta IGM del 1900, infatti,essa è già indicata come Villa Borsini.Durante la Prima Guerra Mondiale fuproprietà dei Conti di Collalto chel’ampliarono, ne aumentarono i vani erialzarono la torre.Negli anni successivi cambiò diversiproprietari: i Rossi la acquistarono nel1918 per rivenderla dopo pochi mesi aiPortinari. Nel 1920 la villa fu infine com-

prata, insieme a tutta la tenuta, dall’in-gegnere romagnolo Giuseppe Pedriali.La tenuta, allora, si estendeva per 240ettari e contava tre ville e venticinquepoderi tenuti a mezzadria; dopo l’av-vento del Fascismo l’ingegner Pedrialine fece simbolo di propaganda agrariadotandola di macchinari ed attrezzatureall’avanguardia.Nel testamento del 30 aprile 1930 Pe-driali lasciò il complesso alla Provinciadi Forlì, ma l’eredità fu accettata solonel 1948. Da allora gran parte dei terre-ni sono stati alienati e la villa ha cono-sciuto un parziale abbandono. Nono-stante l’azienda agraria abbia continua-to a funzionare utilizzando gli annessi,infatti la parte residenziale è caduta indisuso tanto che, nei primi anni ’80,venne svuotata della mobilia oggi con-servata dalla Provincia di Forlì.

Rilevi di:Francesco DeriuAlessandro Carnevalini2000

Tecnica di rappresentazione:Base CAD bidimensionale,mosaicatura di fotoraddrizzamenti,fotoritocco, stampa a getto d’inchiostro.

1Prospetto Sud e Ovest2 - 3Sezioni longitudinali

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Palazzo Rosselli Del TurcoBORGO SS. APOSTOLI, FIRENZE

PROPRIETÀ: ROSSELLI DEL TURCO

Fin dalla seconda metà del Quattrocen-to i Borgherini avevano casa in BorgoSS. Apostoli: in una Decima repubbli-cana del 1498 si legge infatti “… di SalviFranceso Bogherini una casa per suaabitazione e della sua famiglia posta nelpopolo et borgo di Santi Apostoli confi-nata da primo via, secondo piazza S.toApostolo, terzo Chiesa detta, quartoAlamanno Altoviti, la quale prima eraaccomune con i miei fratelli e toccaminella divisa fra noi nel 1485 dei nostribeni immobili”.Come dimostrano i rilievi tra la casa deiBorgherini e quella contigua degli Alto-viti, che probabilmente era una torre,allora c’era un vicolo che passava tan-gente all’abside della Chiesa dei SS.Apostoli e che derivava dall’originario“ambitus” romano.Il borgo, come gli altri della città, si eraformato subito al di fuori delle primitivecerchie di mura già in epoca imperiale esi era sviluppato lungo strade ortogo-nali o parallele all’antico nucleo per poiessere compreso nella cerchia costrui-ta dal Comune dal 1173 al 1175, la pri-ma comunale e quinta dall’origine, cheampliava notevolmente quella “antica”voluta dalla contessa Matilde (1078)che passava proprio lungo l’asse del-l’attuale Borgo SS. Apostoli.La chiesa omonima era stata edificata,intorno al 1170, prospiciente la piazzadel Limbo, così detta perché in antico visi trovava un cimitero di bambini. Lachiesa con le belle e severe forme ro-maniche delle sue tre navate e la spo-glia facciata, costituiva il fulcro delGonfalone della Vipera. Nel 1417 venneampliata lungo la navata sinistra, ester-namente al perimetro originario, andan-do a lambire i terreni dei Borgherini. E fucosì che quando Salvi Borgherini, neiprimi anni del Cinquecento (1507),commissionò a Bartolomeo d’AgnoloBaglioni detto Baccio d’Agnolo (1462 –1543) la costruzione di un grande pa-lazzo che celebrasse le ricchezze dellafamiglia, si trovò una situazione plani-metrica di grande difficoltà: un lotto

stretto tra il fianco sinistro della chiesa,la piazza, la strada e le case degli Ac-ciaioli e degli Altoviti.Baccio d’Agnolo, che proprio in quel-l’area svolgerà una proficua attivitàestesa a diversi proprietari, lavorandoagli immobili dei Bartolini e dei Buon-delmonti in piazza Santa Trinita, compieanche in questo caso un’operazione diristrutturazione, riaccorpando edificipreesistenti ed “inventando” una va-riante tipologica del palazzo fiorentino.Non potendo, per mancanza di “spes-sore” del lotto, costruire un cortile diampio respiro, caratteristico di tutti icoevi edifici di rappresentanza, lo sosti-tuisce con un vasto atrio voltato dalquale si accede ad uno scenograficoscalone a due branche, poi rimaneggia-to. Lo scultore Benedetto da Rovezza-no interviene nei capitelli delle colonnee nei peducci delle volte.Anche il disegno delle facciate, com-presa la successiva, settecentesca, ad-dizione orientale, risolto con un uso sa-piente dell’intonaco e della pietra forte,risente significativamente delle preesi-stenze: il “lato lungo” del palazzo, infat-ti, adatta, con un nitido proporziona-mento, il ritmo delle aperture ed il “latocorto” suggerisce una soluzione, in-compiuta, che probabilmente vedevauna compenetrazione con le Cappelledella navata sinistra della Chiesa.I lavori nel 1515 dovevano essere giàconclusi, visto che Pierfrancesco, figliodi Salvi, sposò allora Margherita Accia-ioli e per loro era già stata allestita lafamosa “camera nuziale” con gli arredilignei di Baccio e altri decori, tra i qualiuno splendido camino. Un più famosocamino, ora al Bargello, anch’esso diBenedetto da Rovezzano, si trovava inun adiacente salone del piano nobile,dove una finestra della Cappella si af-facciava direttamente nella Chiesa deiSS. Apostoli.Pochi anni dopo Pierfrancesco e suofratello Giovanni acquistarono, daAstolfo Altoviti e da Zanobi della Bades-sa, due case di fronte al palazzo, al di là

della strada e vi ricavarono il giardino.Fino al 1749 l’intero complesso restòdei Borgherini, poi passò ai Rosselli DelTurco che tuttora ne hanno la proprietà.

Rilievi di:Davide OrtolaniMichele RutaMassimo Tamburini1997

Tecnica di rappresentazione:disegni a inchiostro di china su carta lucida,eliocopia su carta, colorazione a pantone,acquisizione digitale, fotoritocco, stampa agetto d’inchiostro.

1Prospetto2Sezione

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Villa Il CastellaccioFILETTOLE, PISA

PROPRIETÀ: DUFOUR BERTE

Un tempo chiesa e monastero e poicastello la villa “Il Castellaccio” si trovain cima a un colle dal quale si gode lasplendida visuale che abbraccia quellaparte della Pianura Pisana solcata daltratto terminale del Fiume Serchio.Si possono cogliere immediatamentequali siano state le sue diverse identitànel corso dei secoli: le strutture dellachiesa si mostrano più volte nei para-menti murari, mentre l’immagine delcastello rimane nelle torrette di guardiache, innalzandosi agli angoli del murodi cinta, fronteggiano, poco distante,la rocca di S. Paolino, testimonianzaanch’essa del passato bellicoso di tut-ta la zona.Le prime notizie sulla chiesa, dedicata aS. Viviana, si hanno intorno al 1169, an-che se pare esistesse già ai tempi dellacontessa Matilde di Toscana (1046 –1115). Il “monasterium S. Viviane de Fi-letulo”, invece, ricordato nelle RationesDecimarum del 1277, ebbe breve vita efu abbandonato probabilmente a causadella posizione infelice in prossimità delconfine tra Pisa e Lucca, continuamen-te in guerra fra loro.Delle strutture originali della chiesamonastica, che presenta numeroseanalogie con il coevo San Savino diMontione (1118-1134), oggi rimango-no a vista: all’esterno, parte della fac-ciata, la testata del transetto Nord e latestata absidale, mutilata della tribunanel rifacimento del 1388; all’interno,parte del prospetto nord della navata eil prospetto ovest del transetto nord.Nel 1388, soppresso il monastero, l’Ar-civescovo di Pisa Lotto Gambacorti, ni-pote del Signore della città Piero Gam-bacorti, trasformò il complesso in unpalazzo fortificato munito di tre torri.Preso ripetutamente d’assedio daiLucchesi, ma senza risultato nel 1397,fu abbandonato nel 1406 dopo la fugadell’Arcivescovo all’arrivo delle truppefiorentine.Di quell’epoca rimangono quasi per in-tero le tre torri angolari del recinto mu-rario con qualche moncone di esso,

due epigrafi e tre stemmi in pietra, unbacino ceramico sulla torre Sud-Est eparte delle bifore ogivali del palazzo.L’impianto dell’intero complesso è ele-mentare: un quadrilatero con torrid’angolo con cisterna interrata al cen-tro dell’area, complanare col palazzovescovile ed eccentrico a Nord-Ovest.Il palazzo, a pianta quadrata, inglobòla chiesa nell’angolo di Nord-Ovest,trasformandola. Per la sua realizzazio-ne, infatti, si procedette alla mozzaturadella tribuna, alla soprelevazione e alprolungamento del transetto fino allafacciata, che fu privata del timpano esuccessivamente tamponata.Il complesso residenziale fu diviso inaltezza da un unico solaio ed ebbe pa-reti adornate da ampie bifore ogivali dimattoni al primo piano e con piccolefinestre rettangolari, architravate, alpianterreno.Il dispregiativo “Castellaccio” gli fu datodopo che, all’arrivo delle truppe fiorenti-ne, l’arcivescovo Lotto lo aveva abban-donato perdendo ogni reputazionecome diretto responsabile della sconfit-ta pisana contro la città di Firenze.Sui suoi ruderi, agli inizi del XV secolo,sorse la villa-fortezza. Ma solo nellaseconda metà del XVIII secolo avven-ne la ristrutturazione in villa-fattoria. Ilsuo impianto si articolava intorno algrande salone centrale a doppio volu-me con balconata perimetrale, secon-do una soluzione analoga a quella dialcune ville lucchesi coeve. Conte-stualmente, furono realizzati gli edificicolonici che si attestano sulla cintamuraria del castello.Intorno al 1875 il complesso fu acqui-stato dai Giuli, che modificarono l’im-pianto settecentesco realizzando unsolaio in luogo del doppio volume e ri-disegnarono gli spazi interni con deco-razioni di gusto eclettico, opera di Nic-colò Torricini, un pittore pisano chedecorò nella zona anche altre ville.La chiara geometria degli spazi si rive-la all’esterno con la regolare scansionedelle aperture sottolineate da cornici in

pietra. Si nota sul prospetto laterale ilconsueto accorpamento delle finestrecentrali in asse sui tre piani. Su quelloprincipale è il portale di ingresso che indi-rizza la simmetria delle aperture e, con lapresenza dell’ordine architettonico (tim-pani sopra le finestre e porta-finestra ba-laustrata), enfatizza la frontalità del pro-spetto. Questi artifici compositivi, giocatisulla ricerca di equilibri strutturali e cro-matici, sottendono un progettare coltoche riconduce il gusto dell’intervento allasua valenza settecentesca.

Rilievi di:Daria ConteSara Bertelli2002

Tecnica di rappresentazione:Base CAD bidimensionale, mosaicatura difotoraddrizzamenti, fotoritocco, stampa agetto d’inchiostro.

1Sezione2Pianta Piano primo3Prospetti Est e Nord4Prospetti Sud e Ovest 2

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