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Cassazione civile, Sez. VI, 18 febbraio 2014, ord. n. 3838 – Pres. Mammone – Est. Blasutto – Schettino Francesco c. Costa Crociere S.p.A. La questione circa la proponibilità, con il c.d. Rito Fornero, dell’azione di accertamento della legittimità del recesso da parte del datore di lavoro è di particolare importanza ai sensi dell’art. 374, comma 2, parte 2 Cod.Proc.Civ. e dunque richiede una pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione. MARCO BIASI Assegnista di ricerca dell’Università Ca’ Foscari di Venezia “RITO FORNERO”, AZIONE DI ACCERTAMENTO DATORIALE DELLA LEGITTIMITÀ DEL RECESSO E MOLTO PIÙ: PAROLA ALLE SEZIONI UNITE SOMMARIO: 1. Il “Caso Schettino”: una complessa vicenda processuale. – 2. Le molteplici questioni, direttamente e indirettamente, all’esame della Suprema Corte. – 3. La natura della prima fase del nuovo procedimento e la decidibilità delle questioni pregiudiziali di rito. – 4. Impugnativa del licenziamento” e azione di accertamento della legittimità del recesso promossa dal datore di lavoro. – 5. L’interesse ad agire nell’azione datoriale. Ieri e oggi. – 6. La domanda riconvenzionale del lavoratore di illegittimità del recesso nella fase sommaria del nuovo rito. – 7. La scelta del foro da parte del datore di lavoro. – 8. Considerazioni conclusive 1 Non è probabilmente un caso che la vicenda che trarrà per la prima volta (e “direttamente”) 1 il c.d. “Rito Fornero” all’esame delle Sezioni Unite abbia origine nel licenziamento per giusta causa dell’ormai celebre comandante Schettino, intimato a seguito del tragico naufragio della nave da crociera Costa Concordia presso l’Isola del Giglio. Proprio la drammaticità degli eventi e la loro eco mediatica potrebbero spiegare la sollecitudine con cui, a seguito dell’impugnazione stragiudiziale dell’atto di 1 Si allude all’assenza di precedenti pronunciamenti del Giudice di legittimità sul nuovo rito.

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Cassazione civile, Sez. VI, 18 febbraio 2014, ord. n. 3838 – Pres. Mammone – Est. Blasutto – Schettino Francesco c. Costa Crociere S.p.A.

La questione circa la proponibilità, con il c.d. Rito Fornero, dell’azione di accertamento della legittimità del recesso da parte del datore di lavoro è di particolare importanza ai sensi dell’art. 374, comma 2, parte 2 Cod.Proc.Civ. e dunque richiede una pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione.

MARCO BIASIAssegnista di ricerca dell’Università Ca’ Foscari di Venezia

“RITO FORNERO”, AZIONE DI ACCERTAMENTO DATORIALE DELLA LEGITTIMITÀ DEL RECESSO E MOLTO PIÙ: PAROLA ALLE SEZIONI UNITE

SOMMARIO: 1. Il “Caso Schettino”: una complessa vicenda processuale. – 2. Le molteplici questioni, direttamente e indirettamente, all’esame della Suprema Corte. – 3. La natura della prima fase del nuovo procedimento e la decidibilità delle questioni pregiudiziali di rito. – 4. “Impugnativa del licenziamento” e azione di accertamento della legittimità del recesso promossa dal datore di lavoro. – 5. L’interesse ad agire nell’azione datoriale. Ieri e oggi. – 6. La domanda riconvenzionale del lavoratore di illegittimità del recesso nella fase sommaria del nuovo rito. – 7. La scelta del foro da parte del datore di lavoro. – 8. Considerazioni conclusive

1 Non è probabilmente un caso che la vicenda che trarrà per la prima volta (e “direttamente”)1 il c.d. “Rito Fornero” all’esame delle Sezioni Unite abbia origine nel licenziamento per giusta causa dell’ormai celebre comandante Schettino, intimato a seguito del tragico naufragio della nave da crociera Costa Concordia presso l’Isola del Giglio.

Proprio la drammaticità degli eventi e la loro eco mediatica potrebbero spiegare la sollecitudine con cui, a seguito dell’impugnazione stragiudiziale dell’atto di recesso da parte del lavoratore, la società ha promosso avanti al Tribunale di Genova (foro della capitaneria di iscrizione della nave), dapprima, un ricorso con il rito accelerato ex art. 1, commi 47 e segg. l. 28 giugno 2012, n. 92, e, poco dopo (e “ad ogni evenienza”), la medesima azione con le forme del rito ordinario del lavoro ex artt. 409 e segg. Cod.Proc.Civ., sempre al fine di ottenere la dichiarazione di legittimità del licenziamento intimato.

In entrambi i giudizi si è costituito il lavoratore, contestando, nel primo caso, l’utilizzo dello strumento processuale, e proponendo, in ambo i procedimenti, una domanda riconvenzionale condizionata volta ad ottenere la dichiarazione di illegittimità del recesso e, conseguentemente, le tutele di cui all’art. 18 l. 20 maggio 1970, n. 300.

Il prestatore di lavoro ha poi a sua volta agito nelle forme del “Rito Fornero” avanti al Tribunale di Torre Annunziata, foro nel cui circondario si è perfezionata la fattispecie estintiva del rapporto, chiedendo in via principale le stesse tutele oggetto della sua rivendicazione, in via riconvenzionale subordinata, presso il Tribunale di Genova.1 Si allude all’assenza di precedenti pronunciamenti del Giudice di legittimità sul nuovo rito.

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Avanti al Giudice campano, la società si è costituita chiedendo il rigetto delle pretese attoree ed eccependo la litispendenza, a fronte del radicamento preventivo della stessa lite presso il Tribunale di Genova, tanto nella forma del “Rito Fornero”, quanto del rito ordinario del lavoro.

Il Tribunale di Torre Annunziata, con ordinanza del 3 gennaio 2013, ha quindi deciso di rinviare la trattazione della causa in attesa di una presa di posizione del Tribunale ligure sulla questione preliminare dell’accessibilità al nuovo rito da parte del datore di lavoro e della conseguente trattabilità della domanda riconvenzionale promossa dal lavoratore nella prima fase di tale procedimento, nella consapevolezza “dell’esistenza...di orientamenti che ritengono inammissibile la proposizione, da parte del datore di lavoro, di un ricorso ai sensi della c.d. Legge Fornero volto a far accertare la legittimità del licenziamento intimato al dipendente”.

Con ordinanza del 9 gennaio 20132, il Giudice genovese ha quindi ritenuto entrambe le domande ammissibili e, dunque trattabili avanti a sé all’interno del “Rito Fornero”, sulla base dei seguenti argomenti: a) per giurisprudenza costante si è ammesso il ricorso del datore di lavoro per ottenere l’accertamento della legittimità del recesso; b) tale azione è “speculare” all’azione di accertamento negativo della sua legittimità proponibile dal lavoratore, la quale, tecnicamente, neppure costituirebbe una “impugnativa di licenziamento”; c) la disciplina del “Rito Fornero” non specifica il soggetto legittimato all’azione e, anzi, vi sono ragioni di carattere sistematico che consentono al datore di lavoro di “avvantaggiarsi dall’uso del rito”, rimuovendo lo stato di incertezza successivo all’impugnazione stragiudiziale del licenziamento; d) anche la domanda riconvenzionale del lavoratore dovrebbe essere ammessa nello stesso giudizio, avendo ad oggetto gli stessi “fatti costitutivi”, nonostante si differenzi dall’azione di accertamento datoriale per le richieste consequenziali (reintegra e/o risarcimento).

Con ordinanza dell’8 febbraio 2013 il Tribunale di Torre Annunziata, rimettendosi di fatto alla pronuncia del Giudice ligure circa l’ammissibilità della domanda principale e della riconvenzionale proposta dal lavoratore in tale sede, ha dichiarato la litispendenza tra i giudizi pendenti avanti a sé e presso il Tribunale di Genova, per l’identità e sovrapponibilità delle domande proposte “a parti invertite”, e ha di conseguenza cancellato la causa dal ruolo. Nell’adottare tale decisione, il Tribunale di Torre Annunziata ha precisato come, anche nella fase sommaria del “Rito Fornero”, non possa escludersi una statuizione sulla litispendenza, sulla connessione o sulla continenza, rilevando come, in caso contrario, vi sarebbe il rischio, in una vicenda come quella in esame, di decisioni contrastanti all’esito delle cause pendenti “parallelamente”.

Contro il provvedimento del Giudice campano il lavoratore ha proposto regolamento necessario di competenza ex art. 42 Cod.Proc.Civ., al fine di ottenere la statuizione definitiva circa il foro competente a decidere della causa, sulla base dei seguenti argomenti: a) sarebbe inammissibile una pronuncia sulla competenza, sulla litispendenza o sulla connessione nella prima fase del “Rito Fornero”, che, per espressa indicazione testuale (art. 1, comma 49 l. 28 giugno 2012, n. 92), si può chiudere solo con una pronuncia, immediatamente esecutiva, di rigetto o di accoglimento della domanda nel merito, dovendosi del pari escludere la proponibilità di un’azione di mero accertamento 2 Trib. Genova 9 gennaio 2013, in Lav. Giur., 2013, 4, pag. 367, con nota di A. PICCININI, Richiesta di accertamento della legittimità del licenziamento ex rito Fornero da parte del datore di lavoro; in Dir. Lav. Merc., 2013, 2, pag. 393, con nota di S. IZZO, La legittimazione del datore di lavoro nel nuovo rito per la impugnativa dei licenziamenti; in Foro it., 2013, I, col. 1360, con nota di richiami di S. CALVIGIONI.

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da parte del datore di lavoro, insuscettibile di immediata esecutività; b) quest’ultima non sarebbe poi un’azione di “impugnativa” del licenziamento ai sensi dell’art. 1, comma 48 l. 28 giugno 20120, n. 92, dovendo essere perciò sottratta all’ambito del rito speciale; c) il datore di lavoro difetterebbe dell’interesse ad agire ex art. 100 Cod.Proc.Civ., alla luce del regime decadenziale di cui al novellato art. 6, comma 2 l. 15 luglio 1966, n. 604 e del regime sanzionatorio, non più basato sul solo rimedio reintegratorio, previsto dall’attuale formulazione dell’art. 18 l. 20 maggio 1970, n. 300; d) la struttura del rito sommario non consentirebbe la proponibilità della domanda riconvenzionale da parte del lavoratore, sicché, ove nelle successive fasi del giudizio di Genova si dovesse escludesse la fruibilità del Rito da parte del datore di lavoro, in conseguenza della cancellazione della causa dal ruolo disposta dal Tribunale di Torre Annunziata, il lavoratore risulterebbe decaduto dall’azione di impugnativa del licenziamento.

2. Per effetto del regolamento di competenza promosso dal lavoratore, la Corte di Cassazione è stata così chiamata a determinare in modo definitivo quale sia il giudice competente alla trattazione della controversia.

Come la Corte precisa immediatamente nell’ordinanza che si annota3, statuire sulla competenza nel caso in esame implica innanzitutto risolvere la questione, di carattere “logico pregiudiziale”, della “fruibilità dell’azione di mero accertamento datoriale a mezzo del c.d. Rito Fornero, dalla cui risoluzione dipende anche l’esito dell’ulteriore questione interpretativa concernente l’ammissibilità in fase sommaria della domanda proposta dal lavoratore…”.

Inoltre, in caso di risoluzione di tale interrogativo in senso positivo, si porrebbe l’ulteriore questione della proponibilità della domanda riconvenzionale in primo grado da parte del lavoratore, all’interno del giudizio promosso dal parte del datore di lavoro.

Non solo. La Suprema Corte osserva come una decisione sul punto comporti “implicazioni processuali e problemi di coordinamento” di ampiezza e rilevanza trascendente le specifiche questioni sollevate in giudizio, afferendo alla struttura complessiva del nuovo rito: proprio per tale ragione, la Corte ritiene che tali interrogativi risultino “di massima importanza” ai sensi dell’art. 374, secondo comma seconda parte Cod.Proc.Civ., richiedendo “una pronuncia a Sezioni Unite che, possa anticipare, prima ancora che i contrasti ermeneutici sfocino in altrettanti giudizi di Cassazione, un sicuro orientamento e che assicuri…quell’uniformità di interpretazione che è principio portante del nostro ordinamento giuridico”.

Coerentemente, allora, la Corte, nell’intero provvedimento, lascia maggiore spazio alle questioni controverse, efficacemente esposte attraverso una continua dialettica tra le opposte tesi, rispetto alle – pochissime – interpretazioni largamente condivise.

Tra queste ultime, la Corte richiama sin da subito “l’affermazione sostanzialmente comune che il rito di cui all’art. 1, commi 47 e segg. l. 92/2012 sia un procedimento speciale per alcune controversie relative ai licenziamenti, strutturato in una fase a cognizione sommaria…, in un eventuale primo grado a cognizione piena introdotto con un’opposizione…, ed in un giudizio di secondo grado introdotto con un reclamo”4.

3 L’ordinanza è pubblicata anche in Mass. Giur. Lav., 2014, 4, pag. 259, con nota di A. VALLEBONA, L’azione di mero accertamento del datore di lavoro sulla legittimità del licenziamento: una questione semplice.

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Ebbene, la Corte non prende espressa posizione, né su cosa significhi (e che cosa implichi) la sommarietà della prima fase5, limitandosi ad escluderne una funzione cautelare6, né sulla natura obbligatoria7 o facoltativa (nella sua duplice accezione)8 dello stesso, e neppure sugli effetti prodotti dall’ordinanza conclusiva della prima fase 9: come si vedrà, proprio gli aspetti appena evidenziati, legati alla struttura complessiva del nuovo rito, lungi dal restare sullo sfondo del caso concreto e delle singole questioni sollevate, costituiranno altrettanti snodi fondamentali nell’opera di disimpegno dell’intero ordito processuale cui saranno chiamate le Sezioni Unite.

4 Così, in giurisprudenza, Trib. Piacenza 12 novembre 2012, in Arg. Dir. Lav., 2013, 2, pag. 334, con nota di D. COMANDÈ, Il procedimento giudiziario specifico per il licenziamento nella Riforma Fornero: un ginepraio da casa di cura; in Lav. Giur., 2013, 2, pag. 158, con nota di M. CONGEDUTI, Natura bifasica del primo grado di giudizio nel “rito Fornero”: poteri istruttori del giudice e obbligo di astensione; Trib. Palermo 15 ottobre 2012, in Lav. Giur., 2013, 6, pag. 591.5 Sul punto, gli interpreti si sono di fatto divisi tra chi, valorizzando il riferimento legislativo (art. 1, comma 49 l. 28 giugno 2012, n. 92) al compimento di (soli) atti istruttori “ indispensabili” (non solo “rilevanti”), ha parlato di “natura bifasica” del giudizio di primo grado (L. CAVALLARO, Il processo del lavoro al tempo dei «tecnici», in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 2013, 1, pag. 293; G. VIDIRI, Il nuovo rito sui licenziamenti: una normativa di difficile lettura, in Riv. It. Dir. Lav., 2013, I, pag. 54; D. DALFINO, Il licenziamento dopo la l. n. 92 del 2012: profili processuali , in M. BARBIERI, D. DALFINO (a cura di), Il licenziamento individuale dopo la legge Fornero, Bari, 2013, pag. 63; D. BUONCRISTIANI, Rito licenziamenti: profili sistematici e problemi applicativi, in Riv. It. Dir. Lav., 2013, I, pag. 386; C. ROMEO, Licenziamenti e nuovo rito, in Mass. Giur. Lav., 2013, 1/2, pag. 66 e segg.; G. BENASSI, La Riforma del mercato del lavoro: modifiche processuali, in Lav. Giur., 2012, 8-9, pagg. 752 e 753), destinato a concludersi con un provvedimento basato su un’istruttoria parziale (P. SORDI, Il nuovo rito per le controversie in materia di licenziamenti, in A. PALLADINI (a cura di), La riforma del lavoro. Primi orientamenti giurisprudenziali dopo la legge Fornero, Milano, 2013, pag. 406), se non “allo stato degli atti” (Trib. Pavia 16 novembre 2012), e chi, invece, ha sostenuto che la natura sommaria della prima fase non attenga all’ampiezza dell’istruttoria, bensì alla sua maggiore informalità, non potendo nel processo del lavoro la cognizione risultare né parziale né superficiale (I. PAGNI, I correttivi alla durata del processo nella l. 28 giugno 2012, n. 92: note brevi sul nuovo rito in materia di licenziamenti , in Riv. It. Dir. Lav., 2013, I, pagg. 341 e 343; S. RUSCIANO, Procedimento di impugnativa di licenziamento: il complicato ricorso alla tutela d’urgenza ex art. 700 c.p.c., ivi, pag. 658; A. STANCHI, Il processo, Lewis Carroll ed il Rito Fornero: i diritti fondamentali della procedural due process of law nello “sguardo di Alice”, in Lav. Giur., 2013, 4, pag. 347), altrimenti, si è sostenuto, vi sarebbe il rischio di decisioni non del tutto scevre da condizionamenti personali (M. DE LUCA, Procedimento specifico in materia di licenziamenti: per una lettura coerente con il principio di strumentalità del processo, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT, 2013, 173, pag. 8; L. CAVALLARO, op.cit., pag. 295), o comunque affrettate (che è ben diverso da “celeri”).6 Così, in giurisprudenza, Trib. Ravenna 18 marzo 2013, in Lav. Giur., 2013, 6, pag. 567, con nota di M.D. FERRARA, I licenziamenti individuali nel prisma dell’applicazione responsabile delle nuove norme processuali e sostanziali; Trib. Chieti 27 novembre 2012, in A. DE SALVIA (a cura di), Parte seconda. Giurisprudenza, in M. BARBIERI, D. DALFINO (a cura di), Il licenziamento individuale dopo la legge Fornero, cit., pag. 148. In dottrina, I. PAGNI, op.cit., pag. 345; F.P. LUISO, Il processo speciale per l’impugnazione del licenziamento, in Riv. It. Dir. Lav., 2013, I, pag. 123; D. DE FEO, La prima fase del rito speciale in materia di licenziamenti, in Arg. Dir. Lav., 2013, 1, pag. 106; L. DE ANGELIS, Articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e processo: prime considerazioni, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT, 2012, 152, pag. 2; P. SORDI, op. cit., pag. 362. Si leggano poi le linee guida del 12 dicembre 2012 di Trib. Venezia, Aspetti processuali ed organizzativi nel rito speciale dell’art. 1 l. n.92 del 2012 (c.d. legge Fornero) , in Rass. Giur. Lav. Veneto, 2012, 2, pag. 9.

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3. Come emerge già dall’esame del primo quesito affrontato dall’ordinanza in commento, è proprio sulla funzione e sulla struttura della fase c.d. sommaria che si concentrano gli snodi problematici del nuovo rito10.

Secondo una prima lettura, avanzata dal lavoratore nel regolamento di competenza, andrebbe escluso che nella prima fase del nuovo procedimento si possano affrontare questioni pregiudiziali di rito quali litispendenza, continenza o connessione, come accaduto con la pronuncia resa dal Tribunale di Torre Annunziata nel giudizio de quo: l’efficacia “provvisoriamente esecutiva” dell’ordinanza conclusiva della fase sommaria, espressamente prevista dall’art. 1, comma 49 l. 28 giugno 2012, n. 92, imporrebbe l’adozione di una decisione di merito, relegando la trattazione delle questioni pregiudiziali di rito all’eventuale fase di opposizione.

A favore di tale tesi è stato richiamato l’indirizzo giurisprudenziale che ha escluso che possa essere dichiarata la continenza o la litispendenza tra un procedimento d’urgenza ex

7 Si tratta dell’opinione largamente prevalente in giurisprudenza (Trib. Roma 28 novembre 2012, in Lav. Giur., 2013, 3, pag. 314; in Riv. It. Dir. Lav., 2013, II, pag. 288; Trib. Bari 26 novembre 2012, in Mass. Giur. Lav., 2013, 1/2, pag. 85, con nota adesiva di A. VALLEBONA, Domanda rientrante nel nuovo rito speciale per i licenziamenti proposta con il rito ordinario: trattazione con il rito speciale; Trib. Terni 14 dicembre 2012, inedita a quanto consta; linee guida Trib. Venezia, cit., pag. 7), ed in dottrina (F.P. LUISO, op.cit., pag. 132; G. VIDIRI, op.cit., pag. 70; F. MIANI CANEVARI, Brevi osservazioni sugli aspetti processuali della riforma dell’art. 18 St.Lav., in Arg. Dir. Lav., 2013, 3, pag. 551; G. MANNACIO, Osservazioni sull’opposizione all’ordinanza ex art. 1 comma 48 della Legge Fornero, in Lav. Giur., 2013, 8-9, pag. 776; A. BOLLANI, Il rito speciale in materia di licenziamento, in M. MAGNANI, M. TIRABOSCHI (a cura di), La nuova riforma del lavoro, Milano, 2012, pag. 315; C. ROMEO, Le controversie nella Legge Fornero tra specialità e ambito di competenza, in Lav. Giur., 2013, 3, pag. 231; M. FERRARESI, L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori dopo la riforma Fornero: bilancio delle prime applicazioni in giurisprudenza, in Dir. Rel. Ind., 2013, 2, pag. 340; D. DE FEO, La prima fase…, cit., pag. 109; G. PACCHIANA PARRAVICINI, Il nuovo art. 18 st. lav.: problemi sostanziali e processuali, in Mass. Giur. Lav., 2012, 10, pag. 755).8 Si fa qui riferimento ad una facoltatività, alternativamente, limitata alla – sola – fase urgente, legata alla possibilità di entrambe le parti di “saltare” immediatamente alla fase di opposizione (Trib. Roma 28 novembre 2012, in Lav. Giur., 2013, 3, pag. 314; in Riv. It. Dir. Lav., 2013, II, pag. 288, con nota di G. PACCHIANA PARRAVICINI, Il Rito Fornero: un labirinto senza uscita) o del rito speciale tout court (le linee guida adottate del 17 ottobre 2012 del Tribunale di Firenze, in Riv. It. Dir. Lav., 2012, II, pag. 1110; in dottrina, G. VERDE, Note sul processo nelle controversie in seguito a licenziamenti regolati dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, in Riv. Dir. Proc., 2013, 2, pag. 303; M. CASOLA, Prime applicazioni giurisprudenziali della legge di riforma del mercato di lavoro: profili processuali, in Riv. It. Dir. Lav., 2013, II, pag. 507).9 A favore della definitività della pronuncia con cui si chiude la prima fase, ove non opposta, si è espressa la quasi totalità degli interpreti: F.P. LUISO, op. cit., pagg. 126 e 143; A. BOLLANI, op. cit., pag. 312; D. BORGHESI, Licenziamenti: tentativo di conciliazione e procedimento speciale, in F. CARINCI, M. MISCIONE (a cura di), Commentario alla Riforma Fornero (Legge n. 92/2012 e Legge n. 134/2012). Licenziamenti e rito speciale, contratti, ammortizzatori e politiche attive , in Dir.Prat.Lav., 2012, suppl. n. 33, pag. 18; D. DE FEO, L’ambito applicativo etc., cit., pag. 1215; M. DE CRISTOFARO e G. GIOIA, Il nuovo rito dei licenziamenti: l’anelito alla celerità per una tutela sostanziale dimidiata, in C. CESTER (a cura di), I licenziamenti dopo la legge n. 92 del 2012, Padova, 2013, pag. 399; P. SORDI, op. cit., pag. 363; contra, C. CONSOLO, D. RIZZARDO, Vere o presunte novità, sostanziali e processuali, sui licenziamenti individuali, in Lav. Giur., 2012, 6, pag. 735.10 C. CONSOLO, D. RIZZARDO, op. cit., pag. 734; D. DE FEO, op. ult. cit., pag. 103; G. VIDIRI, op. cit., pag. 55.

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art. 700 Cod.Proc.Civ. ed un giudizio ordinario di merito, attesa l’inidoneità del provvedimento cautelare al passaggio in giudicato11.

Ben diverso, tuttavia, appare il regime dell’ordinanza ex art. 1, comma 51 l. 28 giugno 2012, n. 92, “contro” la quale la parte soccombente ha onere di proporre opposizione, “a pena di decadenza”, entro un termine prefissato: come osservato in dottrina12, una volta spirato il termine decadenziale, la decisione, a differenza del provvedimento cautelare sopra richiamato, risulterebbe idonea a produrre effetti stabili sulla situazione giuridica dedotta in giudizio, e ciò, si badi, tanto nel caso di accoglimento della doglianza relativa al licenziamento, quanto in ipotesi di rigetto (che, è bene ricordare, può avvenire tanto nel merito, quanto in rito).

Proprio per tale ragione, la tesi sopra esposta presenta delle incoerenze sul piano sistematico, specie ove si ritenga, secondo l’opinione largamente prevalente, che si tratti di un rito obbligatorio dedicato alle sole controversie sul licenziamento13: infatti, sarebbe invero arduo ipotizzare che un procedimento obbligatorio non ammetta, all’interno di una fase che si conclude con un provvedimento potenzialmente definitivo, la trattazione di questioni pregiudiziali di rito.

Ove non fosse consentita la risoluzione di tali questioni già dalla prima fase, il rischio, in caso di litispendenza e non solo, sarebbe la moltiplicazione dei procedimenti ed il conseguente possibile o addirittura probabile contrasto tra giudicati: lo stesso lavoratore potrebbe infatti proporre più giudizi presso i diversi fori parimenti competenti ex art. 413 Cod.Proc.Civ., ottenendo in ipotesi decisioni contrastanti eppure suscettibili, in mancanza di opposizione, di passaggio in giudicato, oltre che, in ogni caso, immediatamente esecutive.

Di conseguenza, ad avviso di chi scrive, il Tribunale di Torre Annunziata non poteva non pronunciarsi sulle questioni pregiudiziali di rito legate alla pendenza del giudizio “parallelo”14 avanti al Tribunale di Genova: piuttosto, si condividono sul punto le perplessità sollevate nella pronuncia in commento circa la qualificazione, operata dal Giudice campano ed avallata dal Pubblico Ministero nelle sue conclusioni, del rapporto tra le due cause pendenti a Genova e Torre Annunziata in termini di litispendenza, “per assoluta identità di causa petendi e petitum”.

Secondo il convincente ragionamento della Corte, il giudizio promosso dal lavoratore presso il Tribunale campano, pur sostanzialmente speculare alla domanda formulata dalla società presso il Giudice genovese, si caratterizzerebbe dall’avere un petitum più ampio,

11 Cass. 9 agosto 1996, n. 7337, Rep. 1996, Competenza civile, [1420], n. 149. Si veda, poi, con riferimento all’abrogato rito societario, Cass. 26 gennaio 2012, n. 1120, in Banca Dati DeJure, che ha ammesso solo nella fase a cognizione piena la decisione di questioni su litispendenza, continenza e connessione: tuttavia, a differenza del “Rito Fornero”, il procedimento societario conteneva una disposizione (art. 19, comma 3 d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5), che vincolava il giudice alla prosecuzione del giudizio nella forma del rito societario a cognizione piena nel caso in cui l’oggetto della causa o le difese svolte richiedessero una cognizione non sommaria.12 V. retro.13 Ossia, ricorrendo all’espressione utilizzata da Trib. Genova 9 gennaio 2013, cit., una “monade avulsa da altri procedimenti”. Per le problematiche legate all’impossibilità di proporre, nel rito speciale, domande connesse a quella relativa al licenziamento, ove non “fondate sugli identici fatti costitutivi”, si consenta il rinvio a M. BIASI, Il c.d. “Rito Fornero” nell’applicazione giurisprudenziale, in Arg. Dir. Lav., 2013, 6, pagg. 1470-1471.14 Più correttamente, dei giudizi paralleli, atteso che la società ha proposto anche ricorso con il rito ordinario del lavoro presso il Tribunale di Genova: v. retro.

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non vertendo solo sulla (il)legittimità dell’atto di recesso, ma anche sulle conseguenze previste per il caso di illegittimità15.

Si tratterebbe, dunque, di un’ipotesi di continenza e non già di litispendenza, come si potrebbe altresì dedurre dalla circostanza che, in caso di semplice rigetto della domanda di accertamento avanzata dal datore di lavoro da parte del Tribunale Genovese16, la conseguenza non sarebbe la concessione della tutela ex art. 18 l. 20 maggio 1970, n. 300 a favore del lavoratore/convenuto, così come rivendicata da quest’ultimo, in veste di attore, avanti al Giudice campano.

Tuttavia, nel caso di specie, la questione non appare dirimente ai fini della scelta del Giudice competente, atteso che, avendo il Tribunale di Genova – pacificamente – la competenza (funzionale, per materia e per territorio) per decidere entrambe le controversie17, la relativa statuizione si dovrebbe comunque basare sul criterio della prevenzione18, pur non dovendosi trascurare il fatto che, un’eventuale – diversa – pronuncia di continenza da parte del Tribunale di Torre Annunziata, avrebbe comportato la translatio iudicii e non la cancellazione della causa dal ruolo19.

4. Venendo all’esame della questione centrale, relativa alla proponibilità dell’azione del datore di lavoro di accertamento positivo della legittimità del recesso (o, specularmente, di accertamento negativo dell’illegittimità), la Corte dà conto di una prima lettura che, nel valorizzare il richiamo testuale, contenuto nell’art. 1, comma 48 l. 28 giugno 2012, n. 92, alla “impugnativa del licenziamento” quale “oggetto della

15 Così, già Cass. 14 luglio 1998, n. 6891, in Rep. 1998, Lavoro (rapporto), [3890], n. 1464.16 Si fa qui riferimento all’eventualità in cui il Tribunale ligure non accogliesse o, nelle fasi successive, ritenesse non trattabile la domanda riconvenzionale condizionata ivi proposta dal lavoratore: su tale aspetto, v. infra.17 Per un riepilogo sulla competenza per materia e per territorio nel processo del lavoro, L. DE ANGELIS, La competenza per territorio, in D. BORGHESI-L. DE ANGELIS (a cura di), Il processo del lavoro e della previdenza, Torino, 2013, pag. 135 e segg.; G. MODESTI, La competenza del giudice, in P. BELLOCCHI (a cura di), Il processo del lavoro, Milano, 2013, pagg. 115-122; U. MORCAVALLO, sub Art. 413, AA.VV. (a cura di), Diritto del lavoro, II Ed., Il Processo, Vol. IV, Milano, 2012, pag. 160 e segg.; P. MORMILE, La competenza per materia e per territorio, A. VALLEBONA (a cura di), Il diritto processuale del lavoro, Vol. IX, M. PERSIANI e F. CARINCI (diretto da), Trattato di diritto del lavoro, Padova, 2011, pag. 31 e segg. Con riguardo al lavoro nautico, ed in particolare alle problematiche sottese all’applicazione delle regole per la competenza per territorio fissate dall’art. 603 Cod.Nav., in ipotesi di controversia in materia di licenziamento, AA.VV., Manuale di diritto della navigazione, XII ed., 2011, Milano, pagg. 668-669.18 Tra le tante, Cass. 15 febbraio 2001, n. 2214, in Nuova Giur. Civ., 2002, I, pag. 626 e, proprio con riferimento alle due azioni “speculari” del datore di lavoro e del lavoratore, Cass. 8 agosto 1990, n. 8026, in Notiz. Giur. Lav., 1991, pag. 115. 19 Si tende però ad escludere, a differenza di quanto sostenuto dal lavoratore nel regolamento di competenza, che la cancellazione della causa dal ruolo da parte del Giudice campano possa comportare la decadenza del lavoratore dall’azione ex art. 6, comma 2 l. 15 luglio 1966, n. 604, nel caso non venisse ammessa la trattazione della domanda riconvenzionale subordinata da quest’ultimo proposta avanti al Tribunale di Genova: del resto, la giurisprudenza ha coerentemente escluso il verificarsi di una simile ipotesi di decadenza nel caso, per certi versi assimilabile, di chiusura del giudizio in rito per errore sulla scelta del procedimento: in questo senso, Trib. Milano 25 ottobre 2012, in Riv. It. Dir. Lav., 2012, II, pag. 1086; in dottrina, L. CAVALLARO, op. cit., pag. 301.

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domanda” da trattare con il rito speciale, ritiene il solo lavoratore legittimato ad agire ai sensi di detta disposizione20.

Secondo tale opinione, condivisa da parte della dottrina, per “impugnativa” non potrebbe infatti intendersi l’azione di accertamento promossa dal datore di lavoro 21 (la quale, in presenza dell’interesse ad agire22, potrebbe allora essere al più esperita con il rito ordinario del lavoro ex artt. 409 e segg. Cod.Proc.Civ.23), ma la sola azione diretta a rimuovere gli effetti del provvedimento e ad ottenere le tutele ex art. 18 l. 20 maggio 1970, n. 300.

In questo senso si è espressa l’ordinanza Trib. Roma 14 maggio 201324, che, in una vicenda processuale sotto molti aspetti affine a quella in esame, ha escluso che l’azione di accertamento negativo dell’illegittimità del recesso possa rientrare nel novero delle “cause aventi ad oggetto l’impugnativa dei licenziamenti…”: ciò, secondo il Giudice romano, consentirebbe, da un lato, di scongiurare un’inammissibile “forzatura del testo della legge”, dall’altro lato, di garantire che l’accesso al rito accelerato riguardi le sole domande dal cui accoglimento derivi l’applicazione dell’art. 18 l. 20 maggio 1970, n. 300.

Come si legge nell’ordinanza in commento, tale tesi vede contrapposta la diversa opinione del Tribunale di Genova e di altra parte della dottrina, secondo cui non si verterebbe in ipotesi di “impugnativa” in senso stretto neppure con riferimento all’azione del prestatore di lavoro25: piuttosto, in ambo i casi di ricorso promosso dal lavoratore e 20 Così, in giurisprudenza, Trib. Bari 20 dicembre 2012, menzionata M.G. DECEGLIE, Gli orientamenti della sezione lavoro del Tribunale di Bari in ordine alla riforma Fornero, 2013, www.magistraturademocratica.it/mdem/qg/doc/Trib._Bari_sez._lavoro_su_riforma_Fornero.pdf, pag. 24.21 C. MUSELLA, Il rito speciale in materia di licenziamento, in M. CINELLI, G. FERRARO, O. MAZZOTTA (a cura di), Il Nuovo Mercato del Lavoro dalla Riforma Fornero alla legge di stabilità 2013, Torino, 2013, pag. 357; P. SCOGNAMIGLIO, Le controversie di licenziamento nella riforma Fornero, Guida al lavoro – Il punto, 2013, 2, pag. IX; F. MIANI CANEVARI, op. cit., pag. 553.22 V. infra.23 P. SORDI, op. cit, pag. 378; E. BOGHETICH, Il rito speciale in tema di licenziamento, a cura di M. PERSIANI e S. LIEBMAN (a cura di), Il nuovo diritto del mercato del lavoro, Torino, 2013, pagg. 421-422.24 Trib. Roma 14 maggio 2013, est. La Marra, inedita a quanto consta, che ha dichiarato, nella contumacia della lavoratrice licenziata, l’inammissibilità dell’azione di accertamento datoriale della legittimità del recesso, promossa a seguito dell’impugnazione stragiudiziale del provvedimento da parte della lavoratrice. In pendenza dell’opposizione “contro” tale ordinanza, la lavoratrice ha adito il Tribunale di Catanzaro, parimenti competente, che, con l’ordinanza Trib. Catanzaro 25 settembre 2013, est. Murgida, inedita a quanto consta, ha dichiarato la continenza (non già la litispendenza: v. retro) tra le cause pendenti presso i Tribunali di Catanzaro e Roma, assegnando un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti al Tribunale di Roma, preventivamente adito.25 Sull’attualità, a seguito delle modifiche sull’art. 18 l. 20 maggio 1970, n. 300 da parte della c.d. “Riforma Fornero”, della questione circa la natura dell’azione di impugnativa del licenziamento, alternativamente, come azione costitutiva, come sostenuto dalla dottrina maggioritaria (per tutti, C. CONSOLO, Oggetto del giudicato e principio dispositivo. II – Oggetto del giudizio ed impugnazione del licenziamento, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1991, pag. 569 e segg.; I. PAGNI, Tutela specifica e tutela per equivalente, Milano, 2004, pag. 100 e segg.) , o dichiarativa, secondo la giurisprudenza prevalente (da ultimo, Cass. 9 marzo 2006, n. 5125, in Riv. It. Dir. Lav., 2007, II, pag. 117, pronunciatasi però sulla previgente versione dell’art. 18 l. 20 maggio 1970, n. 300, che contemplava la sola reintegra in caso di accertamento dell’illegittimità del recesso), M. DE CRISTOFARO e G. GIOIA, Il nuovo rito dei licenziamenti: l’anelito alla celerità per una tutela

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dal datore di lavoro si tratterebbe di un’azione di accertamento, positivo o negativo, della legittimità del provvedimento26, su cui si spenderebbe la cognizione del Giudice27.

A favore di tale lettura, si è poi aggiunto come lo stesso dato testuale non risulti del tutto inequivocabile28: l’art. 1, comma 47 l. 28 giugno 2012, n. 92 si riferisce alle “controversie aventi ad oggetto l’impugnativa” e non alle “azioni di impugnativa”29, essendosi sul punto efficacemente sostenuto come tali “controversie” possano riguardare, in assenza di un’espressa indicazione circa la legittimazione ad agire con il nuovo rito (in ciò diversamente dal procedimento ex art. 28 l. 20 maggio 1970, n. 300)30, una pronuncia di accertamento promossa dal datore di lavoro a seguito della “ impugnativa” del licenziamento in via stragiudiziale31.

5. Se, per ragioni intuibili, il licenziamento giunge quasi sempre al controllo del giudice per iniziativa del lavoratore, ci si era chiesti in passato se il datore di lavoro avesse interesse, ai sensi dell’art. 100 Cod.Proc.Civ., nell’agire allo scopo di ottenere una pronuncia di accertamento della legittimità del proprio provvedimento32.

sostanziale dimidiata, in C. CESTER (a cura di), I licenziamenti dopo la legge n. 92 del 2012, Padova, 2013, pagg. 411-417; D. DALFINO, Il licenziamento dopo…, cit., pagg. 64-66.26 D. BUONCRISTIANI, Rito licenziamenti: profili sistematici e problemi applicativi, in Riv. It. Dir. Lav., 2013, I, pag. 353.27 I. BUONOCORE, Sulla fase sommaria del procedimento speciale in materia di licenziamento illegittimo ex art. 18 st. lav., in Mass. Giur. Lav., 2014,1/2, pag. 86, che attentamente nota come, nel testo finale dell’art. 1, comma 49 l. 28 giugno 2012, n. 92, non sia stato replicato l’art. 17 d.d.l. n. 3249/2012, nel quale si leggeva che “il giudice, con ordinanza, accoglie o rigetta la domanda del lavoratore”: cfr. Atti parlamentari d.d.l. A.S. 3249 “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, presentato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e comunicato alla presidenza il 5 aprile 2012. 28 Oltretutto, ad avviso di chi scrive, una lettura basata sul mero dato testuale rischierebbe, (anche) in questo caso, di dare eccessivo credito ad un legislatore che ha invece mostrato un uso spesso disinvolto delle categorie, come ben dimostra il caso del licenziamento “inefficace” e, al contempo, perfettamente produttivo dell’effetto estintivo del rapporto: cfr. art. 18, comma 6 l. 28 giugno 2012, n. 92, su cui F. CARINCI, Ripensando il "nuovo" art. 18 dello Statuto dei lavoratori, in Dir. Rel. Ind., 2013, 2, pag. 307. 29 Trib. Reggio Calabria 6 febbraio 2013, in Lav. Giur., 2013, 4, pag. 373, intervenuta all’esito di una vicenda processuale peculiare, nella quale il datore di lavoro aveva adito il giudice con ricorso ex art. 414 Cod.Proc.Civ. per ottenere la dichiarazione di legittimità del recesso (solo) a seguito dell’accoglimento di un ricorso ex art. 700 Cod.Proc.Civ. promosso dal lavoratore nei confronti di un licenziamento “pre-Fornero” ed il rigetto del successivo reclamo. Con la menzionata decisione, il Tribunale di Reggio Calabria, da un lato, ha convertito d’ufficio nel rito speciale accelerato, in assenza di contestazioni sul punto ad opera delle parti, dall’altro lato, ha ammesso la domanda riconvenzionale del lavoratore diretta ad ottenere la dichiarazione di illegittimità del licenziamento e la condanna del datore di lavoro ex art. 18 l. 20 maggio 1970, n. 300.30 D. DALFINO, op. ult. cit., pag. 72; I. PAGNI, op. cit., pagg. 347-348.31 F.M. GIORGI, Il nuovo processo per l’impugnazione dei licenziamenti. Questioni generali, in ID. (coordinato da), La riforma del mercato del lavoro. Aspetti sostanziali e processuali, Napoli, 2013, pag. 314; M. DE LUCA, op. cit., pag. 13; L. ANGELIS, Art. 18 dello Statuto…, cit., pag. 14; contra, P. SORDI, op. cit., pag. 378, nt. 27.32 Peraltro, la stessa nozione di interesse ad agire, condizione richiesta dall’art. 100 Cod.Proc.Civ. “per proporre una domanda o per contraddire alla stessa”, è da tempo al centro di un vivace dibattito, oscillandosi sostanzialmente tra due orientamenti: secondo una prima lettura, tale requisito si legherebbe all’esistenza o al pericolo di una lesione del diritto dedotto in giudizio (G. CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processuale civile, Napoli, 1947, I, pag. 167; E. BETTI, Diritto

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La giurisprudenza che si era espressa sul punto aveva ritenuto ammissibile la domanda del datore di lavoro diretta all’accertamento della legittimità del licenziamento, in caso di preventiva contestazione del provvedimento da parte del lavoratore in sede stragiudiziale33: del resto, tale soluzione era parsa in linea con l’opinione prevalente per cui, nelle azioni di accertamento in generale, la sussistenza di un interesse “concreto ed attuale” afferisse ad uno stato di incertezza obiettiva sulla regula agendi nel caso di specie34, requisito necessario ad evitare pronunce dal contenuto meramente astratto e congetturale35.

Secondo la tesi sostenuta nel regolamento di competenza, tuttavia, la questione dell’interesse ad agire in capo al datore di lavoro sarebbe tornata d’attualità per effetto, da un lato, dell’introduzione di un regime di decadenze piuttosto stringenti per la “speculare” azione del lavoratore36, dall’altro lato, del nuovo apparato sanzionatorio ex

processuale civile italiano, Roma 1956, pag. 79 e segg.; E.T. LIEBMAN, Manuale di diritto processuale civile, Milano, 1984, I, pag. 136); con particolare riferimento ai giudizi di mero accertamento, lo stato di lesione, e, dunque, la sussistenza di un interesse ad agire, dipenderebbe dalla presenza di uno stato di oggettiva incertezza circa l’esistenza o l’inesistenza della situazione sostanziale fatta valere in giudizio, frutto della contestazione della sussistenza di una data situazione giuridica soggettiva (G. CHIOVENDA, Azioni e sentenze di mero accertamento, Riv. Dir. Proc. Civ., 1933, I, pag. 1 e segg.). Una diversa opinione individua nell’interesse ad agire l’utilità per l’attore del processo, nella duplice accezione di esigenza della parte “di conseguire un risultato utile e non altrimenti conseguibile che con l’intervento del giudice”: B. SASSANI, Note sul concetto di interesse ad agire, Rimini, 1983, pag. 32; similmente, ID., voce Interesse ad agire. Diritto Processuale Civile, in Enc. Giur. Treccani, 1990, XIX, pag. 4; A. ATTARDI, L’interesse ad agire, Padova, 1955, pag. 24 e segg., secondo cui, al fine di accertare la sussistenza dell’interesse ad agire, deve porsi l’attenzione all’effetto di diritto sostanziale che il processo è in grado di produrre in capo all’attore rispetto alla situazione ante causam. Ancora, si è sostenuto che, il giudice, prima di entrare nel merito della controversia, è chiamato a valutare l’interesse dell’attore nei confronti di “quell’ulteriore diverso bene (ossia la tutela giurisdizionale) che può conseguirsi attraverso l’attività giurisdizionale” (C. MANDRIOLI, Diritto Processuale Civile, I, XX ed., 2009, pag. 58), in sostanza l’interesse al processo in sé, quale sorta di extrema ratio cui ricorrere soltanto laddove il soggetto non disponga sul piano stragiudiziale di un mezzo per la soddisfazione del proprio diritto: A. PROTO PISANI, Appunti sulla tutela di mero accertamento, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1979, pag. 631; E. GRASSO, Note per un rinnovato discorso sull’interesse ad agire, in Jus, 1968, pag. 349; L.P. COMOGLIO, Il Principio di economia processuale, Padova, 1980, pag. 129 e segg. Di conseguenza, aderendo a questa seconda tesi, l’interesse ad agire opererebbe come un “filtro per il quale il legislatore processuale vuole evitare il dispendio di un’attività giurisdizionale che, se esercitata, si rivelerebbe inutile” (F.P. LUISO, Istituzioni di diritto processuale civile, Torino, 2003, pag. 90 e, diffusamente, M.F. GHIRGA, La meritevolezza della tutela richiesta, Milano, 2004, passim), avente la funzione di scongiurare il dispendio di attività processuale inutile sul piano pratico (E. REDENTI, Diritto processuale civile, I, 3a ed., T. CARNACINI e M. VELLANI (a cura di), Milano, 1980, pag. 68), e la trattazione di “dissensi [meramente] teorici, o di controversie senza liti” (F. CARNELUTTI, Diritto e Processo, Napoli, 1958, pag. 117).33 Cass. 9 maggio 2012, n. 7096, in Rep. 2012, Lavoro (rapporto), [3890], n. 1140, ove si legge che l’interesse ad agire con azione di mero accertamento ricorre “in presenza di una pregiudizievole situazione di incertezza relativa a diritti o rapporti giuridici la quale non sia eliminabile senza l’intervento del giudice”; Cass. 14 luglio 1998, n. 6891, cit.; Cass. 15 gennaio 1996, n. 279, in Giur. It., 1996, I, pag. 1054; Cass. 26 maggio 1993, n. 5889, in Foro It., 1994, I, col. 510, con nota di I. PAGNI, Licenziamento, poteri privati e interesse ad agire in mero accertamento.34 Cass. 25 maggio 1956, n. 1779, in Giust. Civ., 1956, I, pag. 1672.35 Cass. 17 febbraio 1970, n. 376, in Giust. Civ., 1970, I, pag. 868; Cass. 25 maggio 1982, n. 3182, in Not. Giur. Lav., 1982, pag. 4687.

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art. 18 l. 20 maggio 1970, n. 30037, che, ad esclusione della “tutela reintegratoria forte”, prevede comunque un “tetto” massimo di risarcimento del danno a carico del datore di lavoro38: secondo tale ricostruzione, le descritte modifiche avrebbero privato il datore di lavoro dell’interesse ad agire a tutela di una situazione sostanziale in rapida definizione per il solo effetto del passare del tempo, risultando la “fattispecie secondaria” (licenziamento più inerzia del lavoratore) idonea a realizzare gli stessi effetti di una pronuncia che accerti la legittimità del provvedimento39. E ciò, si sostiene, non potrebbe allora che valere, tanto per il Rito Fornero, quanto per il rito del lavoro ordinario.

Vi è però, come si legge nell’ordinanza in commento, una seconda lettura, secondo la quale l’impugnativa stragiudiziale del licenziamento da parte del lavoratore continuerebbe, anche nel nuovo quadro di diritto sostanziale e processuale, ad integrare “quel presupposto di incertezza che, ai sensi dell’art. 100 c.p.c., consente al datore di lavoro di agire lui stesso onde farne accertare la piena legittimità”40.

In sostanza, almeno a partire dal momento dell’impugnativa – stragiudiziale – del licenziamento da parte del lavoratore41 e fino alla decadenza di quest’ultimo dall’azione in sede giudiziaria, vi sarebbe tutt’ora quello stato di incertezza in ordine ai rapporti giuridici che renderebbe concreto ed attuale l’interesse del datore di lavoro alla rimozione, mediante lo strumento processuale, dei dubbi sulla stabilità del provvedimento42, o comunque sui suoi effetti43, in conseguenza del “vanto” dell’altrui diritto44.

36 Art. 6, comma 2 l. 15 luglio 1966, n. 604, così come modificato dall’art. 32 l. 4 novembre 2010, n. 183, in seguito novellato dall’art. 1, comma 11, lett. a) l. 28 giugno 2012, n. 92, che oggi prevede una doppia decadenza di sessanta giorni e di successivi centottanta, rispettivamente, per l’impugnazione stragiudiziale del licenziamento e per il deposito del ricorso da parte del lavoratore: cfr., da ultimo, S. VISONÀ-L. PERINA, Il regime delle impugnazioni e il contenzioso del lavoro, in L. FIORILLO-A. PERULLI (diretto da), Il nuovo diritto del lavoro, vol. II, Rapporto individuale e processo del lavoro, Torino, 2014, pag. 447 e segg.37 Per un riepilogo, si consenta il rinvio a M. BIASI, Il nuovo articolo 18 dopo un anno di applicazione giurisprudenziale: un bilancio provvisorio, in Arg. Dir. Lav., 2013, 4-5, pagg. 1235-1282.38 Trib. Roma 14 maggio 2013, cit.39 Trib. Bari 20 dicembre 2012, cit. In dottrina, A. VALLEBONA, L’azione di mero accertamento…, cit., pag. 266, che fa tuttavia salvo il caso in cui “il datore di lavoro non alleghi e non provi che nel caso concreto sussista, per la particolarità e l’urgenza della vicenda, una pregiudizievole situazione di oggettiva incertezza”; C. MUSELLA, op. cit., pag. 357; R. RIVERSO, Indicazioni operative sul rito Fornero (con una divagazione finale minima), www.altalex.com, 3 dicembre 2012; S. IZZO, op. cit., pag. 417, nt. 30, secondo cui sarebbe “innegabile” che il nuovo regime decadenziale abbia ridotto “fortemente l’esigenza datoriale di agire in accertamento positivo”; dubbi in tal senso vengono espressi anche da F.P. LUISO, Il processo speciale…, cit., pag. 133.40 C. CONSOLO, D. RIZZARDO, op. cit., pag. 734; similmente, E. RAIMONDI, Il rito per il licenziamenti tra teoria e prassi, in Riv. It. Dir. Lav., 2014, I, pag. 91; L. DE ANGELIS, Il processo dei licenziamenti tra principî generali e nuovo diritto: l’obbligatorietà e l’errore del rito ed il cumulo delle domande, in Foro It., 2013, V, col. 101; D. DALFINO, Il licenziamento dopo…, cit., pag. 73; le linee guida adottate del 17 ottobre 2012 del Tribunale di Firenze, cit.41 Tuttavia, vi è anche chi, in dottrina, ritiene che debba ammettersi che il datore possa “aver interesse a chiedere al giudice, anche il giorno successivo, se l’esercizio del diritto potestativo di estinguere il rapporto persista oppure no”: così I. BUONOCORE, op. cit., pag. 8542 Cfr. I. PAGNI, I correttivi alla durata…, cit., pag. 347.43 Ciò a seconda che l’eventuale domanda del lavoratore in sede giudiziale abbia ad oggetto un rimedio ripristinatorio e/o un rimedio risarcitorio.

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Oltretutto, la natura celere del nuovo rito potrebbe a maggior ragione consentire un accertamento più rapido del mero decorso del tempo: vi potrebbero, infatti, essere dei casi in cui il termine semestrale di decadenza per l’azione da parte del lavoratore si riveli eccessivamente lungo rispetto all’esigenza di “stabilità dell’organizzazione e certezza dei relativi costi”45, tanto da giustificare il ricorso allo strumento processuale da parte del datore di lavoro, ed, anzi, ad imporlo, se si considera il rito de quo obbligatorio per ogni controversia relativa ad un licenziamento rientrante nel campo di applicazione dell’art. 18 l. 20 maggio 1970, n. 30046.

Soprattutto, la soluzione da ultimo esaminata pare del tutto coerente con lo scopo del recente intervento riformatore sul processo del lavoro, così come impresso nell’“ incipit” della l. 28 giugno 2012, n. 92. Come efficacemente sostenuto in dottrina, l’introduzione di un “procedimento giudiziario specifico per accelerare la definizione delle controversie”47 sembra rispondere ad un interesse di entrambe le parti48, o, addirittura, alla finalità pubblica di ridurre l’incertezza circa i tempi per la definizione delle controversie relative al licenziamento49, a differenza, ancora una volta, del giudizio ex art. 28 l. 20 maggio 1970, n. 300, connaturato e strutturato per rispondere all’esigenza di una sola parte50.

Di conseguenza, come sostenuto dallo stesso Pubblico Ministero nelle sue conclusioni nel giudizio avanti alla Cassazione, non sembra potersi escludere un autonomo interesse

44 Sull’interesse ad agire in capo a chi agisca a seguito del “vanto” di un diritto altrui, E. MERLIN, Accertamento negativo di crediti ed oggetto del giudizio, in Riv. Dir. Proc., 1997, pag. 1064 e segg. Del resto, la legge stessa richiede, all’art. 100 Cod.Proc.Civ., non solo “l’interesse ad agire” in senso stretto, ma anche “l’interesse a contraddire”, speculare al primo e sussistente quando, per effetto della domanda dell’attore (o, come nel caso in esame, del “vanto” di un diritto altrui per effetto dell’impugnativa stragiudiziale da parte del lavoratore), sorga “uno stato di incertezza intorno alla sussistenza di un obbligo o – se si tratta di una domanda di accertamento negativo – di un diritto del convenuto” (A. ATTARDI, voce Interesse ad agire, in Dig. Disc. Priv. Sez. Civ., Torino, 1993, IX, pag. 520).45 D. DE FEO, L’ambito applicativo del rito speciale per le controversie in materia di licenziamenti, in Arg. Dir. Lav., 2012, 6, pag. 1207.46 F.P. LUISO, op. cit., pag. 134.47 Art. 1, comma 1, lett. c) l. 28 giugno 2012, n. 92. Sul legame tra il nuovo rito e lo specifico obiettivo del Legislatore di “adeguarsi” al “contesto di riferimento”, attraverso modifiche di merito e processuali alla disciplina del licenziamento, D. DALFINO, Il Rito Fornero nella giurisprudenza: prime applicazioni, in Riv. Giur. Lav., 2013, II, pag. 153. 48 Ampiamente, Trib. Genova 9 gennaio 2013, cit. In dottrina, F. CARINCI, Ripensando il “nuovo” articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, in Dir. Rel. Ind., 2013, 2, pag. 289; I. PAGNI, I correttivi alla durata del processo nella l. 28 giugno 2012, n. 92: note brevi sul nuovo rito in materia di licenziamenti, in Riv. It. Dir. Lav., 2013, I, pag. 340; D. DE FEO, L’ambito applicativo del rito speciale per le controversie in materia di licenziamenti, in Arg. Dir. Lav., 2012, 6, pag. 1207; P. TOSI, L'improbabile equilibrio tra rigidità "in entrata" e flessibilità "in uscita" nella legge n. 92/2012 di riforma del mercato del lavoro, in Arg. Dir. Lav., 2012, 4-5, pag. 839.49 D. BUONCRISTIANI, op. cit., pag. 359; C. MUSELLA, op. cit., pag. 352; L. CAVALLARO, op. ult. cit., pag. 296; D. DALFINO, Il licenziamento etc., cit., pag. 67.50 S. CAPONETTI, Il rito per l’impugnazione dei licenziamenti rientranti nell’ambito della stabilità reale: un caso di «ibrido» processuale europeo?, in Mass. Giur. Lav., 2014, 4, pag. 253.

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(anche) del datore di lavoro all’ottenimento di quel risultato di certezza51 che il Legislatore intendeva perseguire con l’introduzione del nuovo strumento processuale52.

6. Un’altra censura mossa dal lavoratore al provvedimento del Giudice di merito riguarderebbe il contrasto tra la “fruibilità” del Rito Fornero da parte del datore di lavoro ed il presunto divieto, per il lavoratore, di proporre domanda riconvenzionale all’interno dello stesso procedimento.

A sostegno di tale tesi, si assume il condiviso rilievo per cui il nuovo rito non consentirebbe di regola la proposizione, nella prima fase, di domande riconvenzionali 53: la legge stessa menziona, infatti, tale azione solo nella disciplina dell’opposizione54, stabilendo la separazione e la trattazione della stessa in altro giudizio, ove non “fondata su fatti costitutivi identici a quelli posti a base della domanda principale”55.

D’altro canto, si è da più parti notato che, ove venga ammesso il ricorso datoriale, non si potrebbe a quel punto più escludere la domanda riconvenzionale del lavoratore, e ciò, tanto per ragioni di celerità nella definizione del relativo procedimento, quanto, soprattutto, per evitare il possibile contrasto tra giudicati56.

Le due domande avrebbero, infatti, ad oggetto i medesimi fatti costitutivi, sicché l’una si porrebbe, “per così dire, come l’altra faccia della stessa medaglia”57, tanto da scongiurare un’estensione dell’ambito del giudizio, in ambo i casi volto ad un accertamento, alternativo e speculare, circa la (il)legittimità del provvedimento58.

7. Un ulteriore argomento per escludere la proponibilità del ricorso datoriale “in prevenzione” riguarda il possibile utilizzo dello strumento processuale ai soli fini della scelta del foro più conveniente al datore o, più verisimilmente, più “disagevole” per il 51 Trib. Reggio Calabria 6 febbraio 2013, cit.; P. CURZIO, Il nuovo rito per i licenziamenti, in P. CHIECO (a cura di), Flessibilità e tutele nel lavoro. Commentario della legge 28 giugno 2012, n. 92, Bari, 2013, pag. 411; M. DE CRISTOFARO e G. GIOIA, op. cit., pag. 384.52 G. VIDIRI, op. cit., pag. 71.53 Trib. Taranto 30 novembre 2012, in Lav. Giur., 2013, 6, pag. 587, con nota di S. SANTARONI, Dentro e fuori dal cosiddetto “Rito Fornero”. In dottrina, D. BORGHESI, Licenziamenti: tentativo…, cit., pag. 17; ID., Aspetti processuali dei licenziamenti, in D. BORGHESI-L. DE ANGELIS (a cura di), Il processo del lavoro e della previdenza, cit., pag. 529; C. ROMEO, Licenziamenti e nuovo rito, cit., pag. 73; contra, G. PANICO, Prime riflessioni sulle modifiche all’art. 18 e sul nuovo rito per i licenziamenti, in Lav. Giur., 2013, 2, pag. 145; G. VIDIRI, op. cit., pag. 60.54 P. CURZIO, op. cit., pag. 426; A. VALLEBONA, La Riforma del Lavoro 2012, Torino, 2012, pag. 76; ID., L’azione di mero accertamento…, cit., pag. 266.55 Art. 1, comma 56 l. 28 giugno 2012, n. 92.56 Trib. Roma 14 maggio 2013, cit.; in dottrina, P. SORDI, op. ult. cit., pag. 378; C. MUSELLA, op. loc. ult. cit.; S. IZZO, op. cit., pag. 419; contra, L. CAVALLARO, op. cit., pag. 297.57 Trib. Reggio Calabria 6 febbraio 2013, cit. ove si fa riferimento al precedente di legittimità Cass. 19 novembre 2007, n. 23909, in Notiz. Giur. Lav., 2008, pag. 240, che ha escluso il vizio di ultrapetizione della sentenza di merito la quale, in luogo del mero rigetto della domanda di accertamento datoriale della legittimità del recesso, aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento, ritenendo tale valutazione la conseguenza immediata e diretta dell’accoglimento della difesa del lavoratore convenuto; per una simile ricostruzione del rapporto tra le due azioni, in dottrina, M. CASOLA, op. cit., pag. 509.58 Trib. Reggio Calabria 6 febbraio 2013, cit.

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lavoratore: il “caso scuola” sarebbe l’azione promossa dal datore di lavoro presso il foro della sede legale, in ipotesi di attività lavorativa prestata presso un’unità produttiva ubicata altrove59.

Tale problematica, all’attenzione di Trib. Roma 14 maggio 201360, non viene menzionata tuttavia espressamente nel provvedimento annotato, anche se, forse, se ne potrebbe cogliere un rinvio tra le righe del richiamo finale, da parte della Suprema Corte, alla “delicatezza degli argomenti, che attengono al corretto uso degli strumenti processuali apprestati dall’ordinamento”.

Sul punto, si potrebbe sin da subito obiettare che non si tratta di un problema nuovo: al contrario, anche in passato la facoltà del datore di lavoro di promuovere l’azione di mero accertamento secondo le regole di competenza per territorio fissate dell’art. 413 Cod.Proc.Civ. non poteva che comportare gli stessi “pericoli”, su cui però la Corte Costituzionale ha ritenuto di non poter intervenire61.

Se persino il Giudice delle Leggi non ha potuto esaminare, per non emettere “una sentenza-norma”, la censura mossa nei confronti di tale disposizione “nella parte in cui riconosce la possibilità del datore di lavoro attore di radicare la controversia di lavoro davanti al giudice del foro dell’azienda anche quando il rapporto di lavoro si svolge nell’ambito di una dipendenza della stessa”, non si vede come non risulti oggi a fortiori precluso alle Sezioni Unite basare il proprio convincimento sull’eventuale utilizzo opportunistico dello strumento processuale in parola.

Di più, in presenza di un interesse ad agire in concreto in capo all’attore62, parrebbe arduo ipotizzare un abuso dello strumento processuale63 che, oltretutto, non risulterebbe neppure in discussione nel caso in esame; né, peraltro, può essere ignorato che, per costante orientamento della Suprema Corte, dall’accertamento di un abuso del processo 59 A. PICCININI, op. cit., pag. 379, che sul punto segnala la diversità, sul piano testuale, rispetto all’art 7 l. 15 luglio 1966, n. 604, che oggi prevede l’esperimento della procedura preventiva al licenziamento per giustificato motivo oggettivo da parte del datore di lavoro, unicamente, presso la Direzione territoriale del lavoro “del luogo ove il lavoratore presta la sua opera”, con esclusioni di criteri di competenza alternativi. Dubbi in tale senso vengono sollevati anche da D. DALFINO, op. ult. cit., pag. 73, che pure ammette che al datore di lavoro sia concesso di promuovere l’azione di accertamento nella forma del Rito Fornero.60 Trib. Roma 14 maggio 2013, cit., ove si legge che “ammettere la possibilità per il datore di lavoro di accertare la legittimità del licenziamento con il rito Fornero lascerebbe spazio ad operazioni c.d. “spregiudiezievoli” volte, generalmente, a sottrarre al lavoratore il Giudice del luogo dove egli presta la propria opera”.61 Corte Cost. 21 dicembre 1985, n. 362, in Foro it., 1986, I, pag. 326, con nota di A. PROTO PISANI, che ritenuto inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 413, comma 2 Cod.Proc.Civ. rispetto agli artt. 3, 24 e 35 Cost.; a tale orientamento hanno aderito Cass. 23 agosto 2003, n. 12418, in Rep. 2003, Lavoro e previdenza (controversie), [3880], n. 58 e Cass. 29 maggio 1998, n. 5356, in Lav. Giur., 1998, 11, pag. 953, con nota di G. GUARNIERI, Competenza per territorio: la sezione lavoro ritorna sui suoi passi, che hanno del pari escluso analoghe censure di incostituzionalità mosse nei confronti della disposizione in parola.62 V. retro.63 In presenza di un interesse ad agire degno di tutela, il danno ad altri soggetti non è che l’inevitabile conseguenza di un interesse degno di tutela dell’agente, a differenza dei casi in cui, invece, si ponga in essere una condotta processuale tale da generare un inutile aggravio degli oneri processuali della controparte: così, sul punto, la nota pronuncia Cass. S.U. 15 novembre 2007, n. 23726, in Foro It., 2008, I, col. 1514, con nota di A. PALMIERI-R. PARDOLESI, Frazionamento del credito e buona fede inflessibile, che ha ravvisato un’ipotesi di abuso del processo nel frazionamento giudiziale (contestuale o sequenziale) di un credito unitario da parte dell’attore.

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non discenderebbe automaticamente l’inammissibilità dell’azione (non essendo illegittimo lo strumento in sé, quanto il suo utilizzo), potendo esso comportare solo una diversa liquidazione delle spese processuali64.

8. Come si è avuto modo di osservare, le Sezioni Unite sono state chiamate ad occuparsi di questioni ben più articolate del solo profilo dell’azionabilità del rito da parte del datore di lavoro.

Diversamente da quanto sostenuto da autorevole dottrina, si ritiene che una risposta a tale quesito non risulti invero “semplice”65. Al contrario, essa sembra richiedere, per la presenza di profondi collegamenti nell’ordito processuale, una riflessione profonda, destinata a spiegarsi ben oltre la “mera” questione della “fruibilità” del Rito Fornero per l’azione di accertamento della legittimità del recesso da parte del datore di lavoro, coinvolgendo la natura del rito ed il rapporto tra le sue diverse fasi (in particolare, quella c.d. “sommaria” e quella di opposizione): anche per tale motivo, è lecito auspicare che, grazie all’autorevolezza del massimo organo della Suprema Corte ed alla sua fondamentale funzione nomofilattica, verranno risolte alcune delle maggiori criticità segnalate dagli interpreti sulla struttura del nuovo Rito.

Nel pronunciarsi sul quesito loro sottoposto, le Sezioni Unite si confronteranno con gli argomenti testuali e sistematici ampiamente sviluppati nell’ordinanza annotata, ma forse non solo.

Parrebbero infatti frapporsi anche serie ragioni di opportunità nell’ammettere o escludere l’azionabilità dell’azione in prevenzione da parte del datore di lavoro, legate al possibile utilizzo “distorto” dello strumento processuale all’unico fine di trarre vantaggio nella scelta del foro a danno dell’altra parte, in presenza di un rito accelerato nei tempi di fissazione dell’udienza e di costituzione in giudizio66.

Se sul punto si è sostenuto che tale problematica potrebbe rimanere estranea al giudizio delle Sezioni Unite, chiamate a pronunciarsi de iure condito ed in mancanza di specifici riferimenti, nel caso in esame, ad un abuso dello strumento processuale, è anche vero che, ove le Sezioni Unite ammettano la fruibilità dell’azione in esame, si potrebbe aprire lo spazio per un intervento del Legislatore.

Un’eventuale modifica potrebbe allora prevedere che l’azione di accertamento del datore di lavoro ex art. 1, comma 48 l. 28.6.2012 debba essere promossa necessariamente presso il foro “dove il lavoratore presta la sua opera”. La novella consentirebbe, non tanto e non solo di impedire abusi, quanto, soprattutto, di declinare il fondamentale principio di parità delle armi secondo un’accezione, non solo formale67, ma anche

64 Cass. 12 maggio 2011, n. 10488, Rep. 2011, Diritti politici e civili [2170], n. 255; Cass. 5 maggio 2011, n. 9962.65 A. VALLEBONA, L’azione di mero accertamento…, cit., pag. 259.66 Ciò, in ipotesi, implicherebbe, per il lavoratore, l’onere di ricercare un avvocato presso un altro foro, con un presumibile aggravio di costi, e di istruire le proprie difese, ossia le censure al provvedimento, in tempi più rapidi.67 Si veda in particolare C. Cost. 23 giugno 1994, n. 253, in Giur. It., 1994, I, pag. 409, con nota di C. CONSOLO, con cui è stato dichiarato illegittimo l’art. 669-terdecies Cod.Proc.Civ., nella parte in cui non ammetteva il reclamo ivi previsto anche avverso l’ordinanza con cui venisse rigettata la domanda di provvedimento cautelare, sulla scorta del principio di equivalenza nell’attribuzione dei mezzi processuali esperibili dalle parti, basato sull’art. 3, comma 1 Cost.

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sostanziale68, che tenga conto della diversa condizione delle parti del processo del lavoro, non ultimo alla luce della peculiare rilevanza e delicatezza per il lavoratore delle questioni trattate all’interno del Rito Fornero.

Marco Biasi, Assegnista di Ricerca dell’Università Ca’ Foscari di Venezia

Corso San Gottardo 11, 20136 Milano

345.64.39.403

[email protected]

68 C. Cost. 13 aprile 1994, n. 134, in Foro It., 1994, I, col. 1303, ove si è ritenuto che una disparità delle condizioni materiali di partenza giustifichi una disciplina differenziata, nel caso di specie rispetto al pagamento delle spese processuali. Anche nel processo penale, ove pure vige da sempre (anche prima del suo formale riconoscimento all’art. 111 Cost.: C. Cost. 6 febbraio 2007, n. 26, in Cass. Pen., 2007, pag. 1883, con nota di M. CERESA GASTALDO), il principio di parità delle armi, si è ammesso che, in determinate circostanze, vi possano essere valide ragioni che giustifichino delle diversità “frutto della ricerca di un equilibrio tra valori di rilievo costituzionale”: così Cass. 17 aprile 2007, n. 15293, in Guida Dir., 2007, 22, pag. 62.