Apri il cuore, non temere - sangb.org · Io ho chiesto se chiama anche gli assassini. E lei mi ha...

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PARROCCHIA S. GIOVANNI BATTISTA Cammino di Avvento Apri il cuore, non temere Riflessioni di preghiera per ragazzi e famiglie ….. Dicembre ….

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PARROCCHIA S. GIOVANNI BATTISTA

Cammino di Avvento

Apri il cuore, non temere

Riflessioni di preghiera per ragazzi e famiglie

….. Dicembre ….

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1. I poveri

Canto: “Non temere”

Isaia ( 1.16-17) Lavatevi, purificatevi, togliete il male delle vostre azioni dalla mia vista. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l'oppresso, rendete giustizia all'orfano, difendete la causa della vedova». «Su, venite e discutiamo» dice il Signore. «Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana. Isaia (29, 13-14) Dice il Signore: «Poiché questo popolo si avvicina a me solo a parole e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e il culto che mi rendono è un imparaticcio di usi umani, perciò, eccomi, continuerò a operare meraviglie e prodigi con questo popolo; perirà la sapienza dei suoi sapienti e si eclisserà l'intelligenza dei suoi intelligenti».

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I poveri sono... quelli a cui mancano i beni materiali e spirituali, che hanno fame e sete, che hanno bisogno di vestiti, i senza patria e gli sradicati, gli ammalati, i menomati nel corpo e nello spirito, i vecchi, i carcerati, gli abbandonati, gli ignoranti e i dubbiosi, gli afflitti, gli sconsolati, i disperati, i perseguitati, le vittime di ingiustizia, i villani, quelli di cattivo umore, i peccatori e i beffeggiatori che ci fanno del male, gli indesiderati, gli ultimi nella nostra società. I poveri sono il dono più grande che Dio possa darci. E, in qualche modo, i poveri... siamo noi stessi. Madre Teresa

1° luce - panchina

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2. La casa

Canto: “Se il Signore non costruisce” Lettura: dal Vangelo secondo Luca ( 2, 6-7) "Ora, mentre si trovavano (a Betlemme), si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo."

NON C'È POSTO NELLA LOCANDA Guido Purlini aveva 12 anni e frequentava la prima media. Era già stato bocciato due volte. Era un ragazzo grande e goffo, lento di riflessi e di comprendonio, ma benvoluto dai compagni. Sempre servizievole, volenteroso e sorridente, era diventato il protettore naturale dei bambini più piccoli. L'avvenimento più importante della scuola, ogni anno, era la recita natalizia. A Guido sarebbe piaciuto fare il pastore con il flauto, ma la signorina Lombardi gli diede una parte più impegnativa, quella del locandiere, perché comportava poche battute e il fisico di Guido avrebbe dato più forza al suo rifiuto di accogliere Giuseppe e Maria. “Andate via!” La sera della rappresentazione c'era un folto pubblico di genitori e parenti. Nessuno viveva la magia della santa notte più intensamente di Guido Purlini. E venne il momento dell'entrata in scena di Giuseppe, che avanzò piano verso la porta della locanda sorreggendo teneramente Maria. Giuseppe

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bussò forte alla porta di legno inserita nello scenario dipinto. Guido il locandiere era là, in attesa. “Che cosa volete?” chiese Guido, aprendo bruscamente la porta. “Cerchiamo un alloggio”. “Cercatelo altrove. La locanda è al completo”. La recitazione di Guido era forse un po' statica, ma il suo tono era molto deciso. “Signore, abbiamo chiesto ovunque invano. Viaggiamo da molto tempo e siamo stanchi morti”. “Non c'è posto per voi in questa locanda”, replicò Guido con faccia burbera. “La prego, buon locandiere, mia moglie Maria, qui, aspetta un bambino e ha bisogno di un luogo per riposare. Sono certo che riuscirete a trovarle un angolino. Non ne può più”. A questo punto, per la prima volta, il locandiere parve addolcirsi e guardò verso Maria. Seguì una lunga pausa, lunga abbastanza da far serpeggiare un filo d'imbarazzo tra il pubblico. “No! Andate via!” sussurrò il suggeritore da dietro le quinte. “No!” ripeté Guido automaticamente. “Andate via!”. Rattristato, Giuseppe strinse a sé Maria, che gli appoggiò sconsolatamente la testa sulla spalla, e cominciò ad allontanarsi con lei. Invece di richiudere la porta, però, Guido il locandiere rimase sulla soglia con lo sguardo fisso sulla miseranda coppia. Aveva la bocca aperta, la fronte solcata da rughe di preoccupazione, e i suoi occhi si stavano riempiendo di lacrime. Il finale di Guido Tutto a un tratto, quella recita divenne differente da tutte le altre. “Non andar via, Giuseppe” gridò Guido. “Riporta qui Maria”. E, con il volto illuminato da un grande sorriso, aggiunse: “Potete prendere la mia stanza”.

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Secondo alcuni, quel rimbambito di Guido Purlini aveva mandato a pallino la rappresentazione. Ma per gli altri, per la maggior parte, fu la più natalizia di tutte le rappresentazioni natalizie che avessero mai visto. Una riflessione sulla grave emergenza abitativa.

La famiglia di Gesù ha vissuto la situazione di chi, per vari motivi, trova difficilmente casa: prezzi di acquisto e di affitto inaccessibili, famiglie che si trovano in gravi difficoltà economiche dovute alla crisi finanziaria che tocca il mondo globalizzato, altre famiglie costrette a vendere un bene, la casa, sognato per tutta una vita, giovani coppie che non riescono ad accedere a finanziamenti a motivo del loro lavoro precario. All’elenco si potrebbero aggiungere tante altre situazioni… Di fronte a questa emergenza non possiamo stare alla finestra e guardare, ma occorre urgentemente una riflessione ed un’azione concreta e concertata tra i vari soggetti istituzionali interessati. Le riflessione contenute in queste pagine vogliono essere un contributo [...] perché l’appello che sale da molte persone trovi ascolto, accoglienza, solidarietà e si trovino risposte concrete affinché ogni famiglia possa usufruire di un bene necessario, come quello della casa, per una vita umana, veramente degna di questo nome.

Francesco Lambiasi Vescovo di Rimini

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PREGHIERA: Perchè sono nato, dice Dio Sono nato nudo, dice Dio

perchè tu sappia spogliarti di te stesso. Sono nato povero

perchè tu possa considerarmi l'unica ricchezza. Sono nato in una stalla

perchè tu impari a santificare ogni ambiente. Sono nato debole, dice Dio

perchè tu non abbia mai paura di me. Sono nato per amore

perchè tu non dubiti mai del mio amore. Sono nato di notte

perchè tu creda che posso illuminare qualsiasi realtà. Sono nato persona, dice Dio

perchè tu non abbia mai a vergognarti di essere te stesso.

Sono nato uomo perchè tu possa essere "dio".

Sono nato perseguitato perchè tu sappia accettare le difficoltà.

Sono nato nella semplicità perchè tu smetta di essere complicato.

Sono nato nella tua vita, dice Dio per portare tutti alla casa del Padre.

2° luce - mattoni e coppi

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3. La miseria del ricco L’uomo che ha la pretesa di bastare a se stesso

Canto: "Dio da ricco che era" (Isaia 42) Giubilate, o cieli; rallegrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha pietà dei suoi miseri. Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani, le tue mura sono sempre davanti a me. Lettera di Adriana "Noi crediamo che essere poveri sia non riuscire a pagare il mutuo, non arrivare alla fine del mese, non avere il cellulare di ultima generazione, l’abbigliamento griffato, ma ci pensiamo che non possiamo darci neppure un respiro in più? La povertà è l’uomo che basta a se stesso. Una notte – circa una settimana fa’ – la nonna Lory mi aveva detto che è Dio a scegliere le persone e sta a noi rispondere alla Sua chiamata. Io ho chiesto se chiama anche gli assassini. E lei mi ha risposto:” Si, ma immagina come è bella la possibilità di essere salvato da Dio per un assassino!!” E lì ho capito proprio quello che tante volte mi volevano spiegare la Manu, la Patrizia, la Luciana e soprattutto la Marconi.

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Non siamo perfetti e Gesù non è venuto e morto sulla croce per giudicarci, ma per salvarci. E' QUESTA E’ LA MIA POSSIBILITA’. Siamo umani e il diavolo ci può indurre in tentazione ogni tanto, sta a noi riconoscere il bene dal male, ma anche se non accade si può ricominciare"

PREGHIERA

Ti affidiamo o Cristo queste famiglie perché possano scoprire la loro santa vocazione, santa perché attraverso tutte le circostanze, riconoscono la tua misteriosa presenza. Amen.

3°luce

4. Lo straniero

Lettura dal Vangelo secondo Matteo ( 25, 34) “Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: venite, benedetti del Padre mio, perché ero forestiero e mi avete ospitato".

LA LEGGENDA DEL PASTORE CATTIVO

“C’era una volta un pastore che aveva un gran brutto carattere e due cagnacci anche peggiori di lui. Viveva da solo con le sue pecore e i suoi cani, perché anche gli altri pastori lo temevano.

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Era un uomo rabbioso e vendicativo, perennemente arrabbiato contro qualcuno o qualcosa. I suoi occhi erano solitamente accesi d’ira e la sua barba incolta e irsuta. Le sue parole erano sempre amare e nessuno lo aveva mai visto sorridere. Quando, nella notte santa, agli altri pastori apparve l’angelo che annunciava la nascita del santo bambino, il pastore burbero brontolò: ”Uno stupido trucco per i creduloni!” e si avvolse con rabbia nel suo mantello, nero come il suo cuore. Ma proprio quella notte avvenne qualcosa di straordinario. Poco lontano uno straniero camminava nella notte per cercare del fuoco. Bussava a tutte le porte:”Aiutatemi, brava gente, mia moglie ha appena avuto un bambino e io devo accendere un fuoco per scaldarli”. Ma era notte fonda, tutti dormivano e nessuno gli rispondeva. L’uomo cercava, cercava. Era San Giuseppe. All’improvviso vide un fuoco poco lontano e quasi correndo si avvicinò. Era il fuoco del pastore scontroso che faceva la guardia al suo gregge. I cani dormivano ai suoi piedi e tutt’intorno le pecore dormivano una addosso all’altra. Quando san Giuseppe arrivò i cani si destarono. Aprirono le fauci ma non ne uscì alcun suono; il pastore li incitò ad attaccare l’intruso ma i cani, come guidati da una mano invisibile, si accucciarono ai piedi dello straniero uggiolando. Il pastore sorpreso e contrariato strinse più forte il bastone nodoso, poi con un impulso improvviso lo lanciò con tutta la forza contro lo straniero, ma il bastone deviò il suo tragitto e finì lontano nel campo. Il nuovo arrivato aveva l’aria mite e inoffensiva e si avvicinò al pastore camminando tranquillamente, senza svegliarle, sulle pecore addormentate.”Amico, dammi un po’ di fuoco per scaldare il mio bambino e la sua mamma”. Il pastore stava per rispondere malamente, quando si ricordò che i cani non avevano morso, il bastone non aveva colpito e le pecore non si

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erano svegliate. Un po’ inquieto non osò rifiutare: “Prendine quanto ne vuoi” fece brusco. San Giuseppe raccolse con le mani nude alcune braci ardenti e le avvolse nel mantello e ringraziando se ne andò. Il fuoco non aveva bruciato né le mani né il mantello. Il pastore era rimasto di stucco: “Ma che notte è mai questa che i cani non mordono, i bastoni non colpiscono e il fuoco non brucia?” Richiamò lo straniero: “Che notte è mai questa che tutti sono così buoni?”. L’uomo rispose con voce gentile: “Lo devi capire da solo. Con il cuore. Non posso dirtelo io”. Il vecchio pastore decise di seguirlo e vide che andava dentro a una grotta fredda e umida dove la moglie e il figlio neonato lo aspettavano. Quando il pastore vide il bambino il suo vecchio cuore inacidito si scaldò un po’. Il buio che animava la sua anima improvvisamente iniziò a e illuminarsi. Aprì la sua bisaccia ed estrasse un vello di pecora, bianco e morbido, e lo porse alla donna perché avvolgesse il bambino. Poi prese pane e formaggio e li offrì ai due sposi. In quel momento i suoi occhi si aprirono e vide ciò che prima non aveva potuto vedere né udire: schiere di angeli che cantavano in coro e annunciavano la venuta del Messia; dappertutto si respirava gioia, felicità, canti e danze. Allora un’ondata di felicità lo travolse in tutto il suo essere; si buttò a terra e ringraziò il Signore. E per la prima volta nella sua vita, i suoi occhi si riempirono di lacrime di felicità. "Accogliere un fratello come un dono. Non come un rivale. Un pretenzioso che vuole scavalcarmi. Un possibile concorrente da tenere sotto controllo perché non mi faccia le scarpe. Accogliere il fratello con tutti i suoi bagagli, compreso il bagaglio più difficile da far passare alla dogana del nostro egoismo: la sua carta d’identità! Sì, perché non ci vuole molto ad accettare il prossimo senza nome, o senza contorni, o senza fisionomia. Ma occorre una gran fatica per accettare quello che

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è iscritto all’anagrafe del mio quartiere o che abita di fronte a casa mia. Coraggio! Il Cristianesimo è la religione dei nomi propri, non delle essenze, dei volti concreti.

Don Tonino Bello

PREGHIERA: Gesù nasce anche oggi: nei tuguri, nelle baracche, nei dormitori pubblici. Gesù nasce nel povero, nel piccolo ignorante, nel detenuto, nell’esule, nel torturato, nell’oppresso. Gesù nasce nel disoccupato, nel malato, nel minorato, nello sconosciuto trascurato da tutti, nell’umile onesto che ancora fa il suo dovere. Gesù nasce là dove c’è bisogno di lui: dove si cerca giustizia e amore, dove si soffre e si aspetta, dove si costruisce un mondo più giusto. Se qui nasce Gesù questo è il presepio: qui bisogna venire per incontrare Gesù per fare Natale con lui.

Don Giovanni Basadonna Canto: Adoramus te Domine

4° luce