A.P.R.E.F. ndp APREF/Numero_105.pdf · L’eleganza del riccio 10 ottobre 2008, aeroporto di...

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ndp Notizie di Pediatri Sede: c/o OMCeO, via S. Prosdocimo, 6 - PADOVA - Gruppo Redazionale: Claudia Angeli, Roberto Boscolo, Lorenza Caielli, Mattia Doria, Lorena Pisanello, Bruno Ruffato [email protected] A.P.R.E.F. Dicembre 2008 n. 05 Passaggio in India A torto crediamo che il risveglio del- la coscienza coincida con l’ora della nostra prima nascita, forse perché è l’unica condizione vitale che sappia- mo immaginare. Ci sembra di aver sempre vissuto e sentito e, forti di questa convinzione identifichiamo con la venuta al mondo l’istante deci- sivo in cui nasce la coscienza. Il fatto che per cinque anni una bambina di nome Reneè, meccanismo percettivo in azione dotato di vista, udito, olfat- to, gusto e tatto, abbia potuto vivere nella totale inconsapevolezza di sé stessa e dell’universo smentisce que- sta teoria sbrigativa. Perché la co- scienza per manifestarsi ha bisogno di un nome. Muriel Barbery, L’eleganza del riccio 10 ottobre 2008, aeroporto di Venezia, decollo con de- stinazione Dubai, prima tappa della mia seconda spe- dizione per l’associazione Childcare Worldwide, Asso- ciazione pediatri di famiglia per i bambini del mondo. Questa volta si va in India in una località dal nome im- pronunciabile o meglio che io non riesco ancora a pro- nunciare, forse per l’inconscia paura di un luogo lonta- no e sconosciuto. Ho da poco salutato Mara e Valeria e ho già nostalgia di casa ma non di quel mondo frenetico che ho appena lasciato che ti costringe ad ammazzarti di lavoro per preparare la partenza e altrettanto ti darà da fare al ritorno per recuperare quello che hai lasciato indietro. Tra due giorni arriverò a Daddy’s Home, l’or- fanotrofio gestito da Care & Share che ospita circa 600 bambini, dove svilupperemo il nostro progetto. Mi aspettano Lorenza e Stefano che hanno faticato tantissimo per orga- nizzare il lavoro che insieme agli al- tri colleghi proveremo a continuare nel modo migliore possibile. Sarò la cavia di un progetto preparato in maniera tanto meticolosa da sembra- re a tratti maniacale: se arriverò a destinazione senza intoppi vorrà dire che tutto funziona. Ho a disposizio- ne un vero e proprio manuale che fa invidia alla “Lonely Palnet”, quando c’è un’incertezza basta sfogliarlo e trovi tutto: come arrivare e cosa fare nell’ombelico del mondo, minuto per minuto! Leggo e rileggo le indicazioni di Ste- fano ma non mi rimane niente, forse vado avanti troppo in fretta o ci sono veramente troppe cose per essere memorizzate. Però come cavia devo rimanere saldamente attaccato a questo robusto filo di Arianna per evitare che si trasformi nelle briciole di Pollicino. Dall’alto vedo le luci di Dubai, cerco di distinguere i grattaceli più incredibili del mondo e la famosa pista di neve artificiale tra mare e deserto. Vicino a me una bella ragazza si copre velocemente con il burqa abbandonan- do le regole del mondo laico per entrare nell’Islam. Non ho indicazioni particolari da seguire durante l’at- tesa del volo per Hyderabad se non quella di trovare una poltrona comoda per riposare un po’. Ma la ca- via agisce qualche volta d’istinto e si fa abbagliare dai mille negozi dove si può trovare e comprare di tutto. Gli italiani sono inconfondibili: viaggiano in gruppo, sono tutti griffati e si accalcano davanti allo store del- la Apple in cerca di dell’ ultimo I-Phone che è uguale NOVITÀ DALL’INDIA

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ndpNotizie di Pediatri

Sede: c/o OMCeO, via S. Prosdocimo, 6 - PADOVA - Gruppo Redazionale: Claudia Angeli, Roberto Boscolo, Lorenza Caielli, Mattia Doria, Lorena Pisanello, Bruno [email protected]

A.P.R.E.F.

Dicembre 2008 n. �05

Passaggio in India A torto crediamo che il risveglio del-la coscienza coincida con l’ora della nostra prima nascita, forse perché è l’unica condizione vitale che sappia-mo immaginare. Ci sembra di aver sempre vissuto e sentito e, forti di questa convinzione identifichiamo con la venuta al mondo l’istante deci-sivo in cui nasce la coscienza. Il fatto che per cinque anni una bambina di nome Reneè, meccanismo percettivo in azione dotato di vista, udito, olfat-to, gusto e tatto, abbia potuto vivere nella totale inconsapevolezza di sé stessa e dell’universo smentisce que-sta teoria sbrigativa. Perché la co-scienza per manifestarsi ha bisogno di un nome.

Muriel Barbery,L’eleganza del riccio10 ottobre 2008, aeroporto di Venezia, decollo con de-stinazione Dubai, prima tappa della mia seconda spe-dizione per l’associazione Childcare Worldwide, Asso-ciazione pediatri di famiglia per i bambini del mondo. Questa volta si va in India in una località dal nome im-pronunciabile o meglio che io non riesco ancora a pro-nunciare, forse per l’inconscia paura di un luogo lonta-no e sconosciuto. Ho da poco salutato Mara e Valeria e ho già nostalgia di casa ma non di quel mondo frenetico che ho appena lasciato che ti costringe ad ammazzarti di lavoro per preparare la partenza e altrettanto ti darà da fare al ritorno per recuperare quello che hai lasciato indietro. Tra due giorni arriverò a Daddy’s Home, l’or-

fanotrofio gestito da Care & Share che ospita circa 600 bambini, dove svilupperemo il nostro progetto. Mi aspettano Lorenza e Stefano che hanno faticato tantissimo per orga-nizzare il lavoro che insieme agli al-tri colleghi proveremo a continuare nel modo migliore possibile. Sarò la cavia di un progetto preparato in maniera tanto meticolosa da sembra-re a tratti maniacale: se arriverò a destinazione senza intoppi vorrà dire che tutto funziona. Ho a disposizio-ne un vero e proprio manuale che fa invidia alla “Lonely Palnet”, quando c’è un’incertezza basta sfogliarlo e trovi tutto: come arrivare e cosa fare nell’ombelico del mondo, minuto per minuto! Leggo e rileggo le indicazioni di Ste-fano ma non mi rimane niente, forse

vado avanti troppo in fretta o ci sono veramente troppe cose per essere memorizzate. Però come cavia devo rimanere saldamente attaccato a questo robusto filo di Arianna per evitare che si trasformi nelle briciole di Pollicino. Dall’alto vedo le luci di Dubai, cerco di distinguere i grattaceli più incredibili del mondo e la famosa pista di neve artificiale tra mare e deserto. Vicino a me una bella ragazza si copre velocemente con il burqa abbandonan-do le regole del mondo laico per entrare nell’Islam. Non ho indicazioni particolari da seguire durante l’at-tesa del volo per Hyderabad se non quella di trovare una poltrona comoda per riposare un po’. Ma la ca-via agisce qualche volta d’istinto e si fa abbagliare dai mille negozi dove si può trovare e comprare di tutto. Gli italiani sono inconfondibili: viaggiano in gruppo, sono tutti griffati e si accalcano davanti allo store del-la Apple in cerca di dell’ ultimo I-Phone che è uguale

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al nostro e costa anche di più. Un distinto signore inglese staziona davanti alla blindatissima vetrina dei Rolex con una calcolatrice in mano per valutare la convenienza di un acquisto prestigioso. Io com-pro qualche CD e mi colpisce una forma di parmigiano reggiano che a occhio e croce costa come l’oro. Anche se i terminal degli aeroporti sono luoghi privi di identità spazio temporale comincio ad avere sonno e naturalmente come ammonito dal road book di Stefano, non trovo più nessuna poltrona libera. Un kilo-metro e mezzo di poltroncine sono occupate da persone che… dormo-no per terra e risalendo questa varia umanità mi ritrovo davanti al gate di fronte ad una sedia finalmente libera dove crollo addormentato stringendo lo zainetto che contiene tutti i miei averi. Nel sonno cerco di dare un volto ai personaggi della mia storia che descritti da Stefa-no come in un romanzo di Garcia Marquez si materializzano come in un film di Kubrik. Ad Hyderabad arrivo in dormi-veglia, ma qui devo stare attento: ci sono i bagagli da recuperare e c’è una gran confusione come dice Stefano. Poi ci sono i soldi da cam-biare: fatto! Adesso non resta che aspettare il taxi: facilissimo! Deve esserci addirittura una persona con un cartello con il mio nome. Ma quando alla cavia diventano gli oc-chi rossi qualcosa non va , infatti dopo un’ora di attesa il taxi non è ancora arrivato. Telefono a Stefano e il road book on line mi guida in albergo senza difficoltà. Mi rendo conto di essere finalmente in India. Hyderabad è una città di 5 milioni di abitanti , la Silicon valley indiana , un luogo dove le tradizioni hindu e quelle islamiche convivono sotto lo sguardo vigile del grande Bud-da in mezzo all’Hussain Sagar. Le indicazioni di Stefano dicono che dopo un breve riposo conviene im-piegare qualche ora per cercare di visitare un po’ la città. Il Charmi-

nar , la moschea Mecca Masijd, il Bazaar. Alla fortezza di Golconda è impossibile arrivare perché si rima-ne bloccati dal traffico caotico di 5 milioni persone che sono in strada tutte insieme nello stesso posto a bordo di motorisho, vecchie Am-bassador e camion Tata. Anche se solo poche persone visitano l’An-dhra Pradesh ci sono tante cose da vedere e mi sembra ancora di essere in un’India da turisti. Un’India che passa in televisione i films di Bol-lywood mentre cerco di dormire tra attori con fattezze occidentali im-pegnati in commedie rosa piene di canti, balli e violini tzigani. Manca ormai l’ultimo tratto circa un’ora di volo con un Fokker della Kingfisher e poi la cavia sarà giunta a destinazione. Missione compiuta, la strada è libera, nessun intoppo particolare, tutto è stato pensato e previsto alla perfezione. Eccomi a Viaj…..Vijaw…..Vijayawada…..ce l’ho fatta! Incrocio Stefano e Anto-nella per i saluti , tra poco comince-ranno il viaggio di ritorno. Davanti a me appare Lorenza con il suo punjabi insieme ad un gruppo di bambini della Daddy’s Home . “Hello daddy!”, una bimba bellis-sima mi mette una corona di fiori al collo, poi sono baci e abbracci, suoni e colori, applausi …..maledi-zione è difficile non commuoversi e in fondo io non ho ancora fatto niente! “Hello daddy ” “ Hello mammy” “ Where are you from?” poche paro-le, sempre quelle, sono la colonna sonora di questo film. Piano piano si materializzano tutti i personaggi del copione che ripasso da quando sono partito. Lorenza mi presenta tutti gli attori, protagonisti e non : Noel, Ross, Nigel e poi ancora Fati-ma, Swarna, Suma, la dolce Rohini. Non resta che cominciare a lavora-re. Lorenza è già qui da 15 giorni, conosce molto bene il posto ed è infaticabile , io la seguo cercando di capire. Ci sono situazioni aperte che vanno chiuse, vaccinazioni da

completare e il nostro progetto da portare avanti che prevede di visi-tare tutti i bambini residenti oltre a quelli che afferiscono alla struttura dal villaggio vicino, senza trascu-rare, come è nostra abitudine, la formazione del personale ausiliario locale. Imparerò presto a conoscere l’Asha Kiran, la nostra infermeria, la Babies home dove ci sono i più piccoli e le residenze esterne come la Butterfly Hill e la Bishop Aza-raiah , il collegio delle ragazze. Le giornate corrono veloci, le visite sono in numero giusto per lasciar-ti il tempo anche di pensare. C’è modo di misurarsi con quelli che ci hanno preceduto e che hanno lasciato le loro tracce, bisogna cer-care quello che è utilizzabile della nostra cultura e delle nostre cono-scenze per rendere questa esperien-za utile e irripetibile , per ricevere insegnamenti da tutti quelli che ci circondano. Qui dentro si vive una realtà fortunata ma lì fuori si vive e si muore per niente, perché man-ca una medicina, perché non c’è da mangiare perché si è abbandonati e buttati giù da un treno. “Hello dad-dy !” “Hello mammy !” I bambini da visitare ti vengono in-contro felici, sorridenti, sono bam-bini di strada, figli di nessuno. Li accompagna la loro “In charge”, la responsabile della casa dove vivono. Non siamo abituati a visitare figli di nessuno. I nostri bambini vengono accompagnati da genitori, nonni e parenti che ti tolgono il fiato, che ti dicono tutto anche quello che non serve, che ti riversano addosso le loro ansie fasulle e le proiettano sui figli, bambini senza futuro.I figli di nessuno sono figli della vita e non hanno un passato, han-no un nome inventato e non hanno nemmeno una data di nascita. Cer-chi di indovinare la loro storia da uno scambio empatico di sguardi o dalle loro cicatrici. Fatima mi chie-de quando sono nato, quando è nata mia moglie, mia figlia, mio padre... io non capisco poi mi accorgo che

continua da p. �

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completa la data di nascita di molti bambini con queste ricorrenze familiari. Io volevo venire qui in punta di piedi, senza disturbare, senza lasciare tracce e invece mi ritrovo addirittura nelle carte di identità! I bambini hanno spesso sul torace piccole cicatrici con-centriche o a forma di ventaglio, indelebile ricordo di inutili rituali. Durante la visita non c’è mediazione ma è un totale affidarsi fisico e mentale al guaritore bian-co venuto da lontano. Negli occhi di questi bimbi si può leggere la rassegnazione, la capacità di sopportare, ma anche la speranza e la voglia di provare a farcela. “Hello daddy!” “Hello mammy!”Tracce, ancora tracce lasciate dalle molte persone che sono venute qui. Ci sono farmaci che servono, altri che servono meno, libri, ferri del mestiere. Conosco ormai le varie case dove sono ospiti i bambini. All’ingresso di ognuna campeggia un’ enorme targa con il nome del benefattore che ha contribuito alla costruzione, passa-porto dei potenti per guadagnarsi il regno dei cieli e i bambini naturalmente ringraziano.La sera arriva di colpo, a cena si mangia tandoori poi si continua a lavorare per preparare la giornata seguente, si cerca il collegamento internet per comunicare con Stefano che è costantemente impegnato a coordinare la spedizione. Poi finalmente il sonno. La prima settima-na passa in fretta Lorenza è stanca è qui da tre settima-

ne, ha lavorato tantissimo e sta arrivando Valeria. La spalla mi fa sempre più male, passo le giornate a lavorare e le notti a fissare le pale della ventola sul soffitto della mia stanza come il capitano Willard di Apocalipse now e quando i Fans mi danno un po’ di sollievo mi sembra di sentire in sottofondo “The end” dei Doors.Per fortuna che c’è Valeria: come antidepressivo fun-ziona meglio del Prozac, come antidolorifico ha un ef-fetto morfino simile e di giorno riesco ancora a lavora-re un poco. Anche la seconda settimana passa velocemente, il do-lore è ancora più forte e il braccio è un appendice do-lorosa completamente inutilizzabile. E’ tempo di fare le valigie ed è tempo di bilanci. Il nostro programma procede bene grazie a Valeria che va a doppia velocità. Come sempre si viene qui con l’illusione di dare qual-cosa ma ti vergogni perché quello che ricevi è molto di più. Lascerò qualche strafalcione in inglese e un pen-siero segreto da nascondere e dimenticare per poterlo ritrovare intatto se un giorno ritornerò qui.“Hello daddy!” , “Hello mammy!” E cosa resta ancora da fare? Siamo qui forse per pagare il nostro debito…..offriamo un gallo ad Esculapio.

Bruno Ruffato

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Eccoci! Oltre 20 pediatri del-l’Associazione Pediatri di Famiglia per i Bambini del

Mondo ONLUS-Childcare World-Wide (CCWW per gli amici), tra cui anche alcuni soci APREF, si stanno alternando a Daddy’s Home, Buddavaram, Andhra Pradesh, In-dia a partire da ottobre scorso fino a marzo. In questo periodo quindi verran-no visitati oltre 1500 bambini del Villaggio Daddy’s Home e di altri Istituti seguiti da Care&Share oltre che i bambini del villaggio locale Buddavaram che vanno nelle scuo-le locali.A tutti i bambini e ragazzi verran-no fatte visite complete con scree-ning della vista e dell’udito e verrà completato il calendario vaccinale. Giornalmente verranno vist i anche i circa 30 bambini più piccoli tra cui molti lattanti e neonati anche di basso peso. Inoltre e’ stato preparato e verrà svolto in questo periodo anche un programma di formazione al per-

sonale che comprende un corso di PBLS, già effettuato a oltre 50 per-sone, seminari su traumi, incidenti e avvelenamenti, igiene, puericul-tura, educazione alimentare con una analisi qualitativa e quantitativa della dieta dei lattanti e dei bambi-ni, oltre a discussioni su linee gui-da diagnostiche e terapeutiche con il personale paramedico e eventuali consulenti locali. Tutte le informa-zioni dei bambini e ragazzi vengono raccolti in una cartella clinica com-puterizzata multilingue di CCWW e i dati verranno successivamente valutati per futuri interventi di pro-mozione della salute e di assistenza sanitaria mirati alle necessità della

popolazione locale. Il progetto e’ stato molto più com-plesso e l’orizzonte di interventi più ampio di quanto previsto, ma l’esperienza maturata a Capo Ver-de e l’entusiasmo dei partecipanti ci ha molto aiutato nella program-mazione per poter rispondere alle necessità dei bambini di DADDY’s HOME . Ringrazio Lorenza, che ci ha voluto a Daddy’s Home e tutti i colleghi e le loro famiglie, per il tempo che hanno dedicato o dedicheranno al nostro progetto, anche in momen-ti difficili come hanno dimostrato i recenti avvenimenti e vi invito a leggere la testimonianza di una no-stra collega, Valeria Rossi. Stefano del [email protected]

P.S.: Se volete una musica di sottofon-do vi consiglio “Gabriel’s Oboe” da The Mission di Ennio Morricone.

LA PEDIATRIA DI GRUPPO CCWWA DADDY’S HOMEDopo la visita esplorativa a gennaio 2008 Care&Share Charitable Trust ci aveva richiesto “We would be grateful if CCWW would be able to help us organize medical care and preventive activities for our children and supervise an educational project for our medical staff who will then be in charge of long term care of these children.”

DADDY’S HOMEBuddavaram- Vijayawada Andhra Pradesh- India 29-�0-2008

Da qualche giorno il caldo è meno soffocante e l’umidità nell’aria si e’ abbassata. Chi arriva qui

da adesso in poi troverà un clima migliore. Il caldo c’è sempre ma la notte si dorme bene anche senza il con-dizionatore. Alla Daddy’s Home la vita e’ tranquilla, regolare, segnata dagli orari dei bambini che vanno a scuola. A Padova Ospitale Home, il fabbricato che ci ospita, le camere sono al primo piano. Sono grandi e pulite. C’e sapone e disinfettante per le mani, denti-fricio e detersivo per il bucato. L’acqua calda arriva

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quando vuole, ma, signori, siamo in India ed è già tanto che l’acqua sia disponibile. Non si usa però per lavarsi i denti: per questo si usa l’acqua minerale delle bottiglie che sono sia nel frigo in dotazione di ogni camera che nella cucina del piano di sotto. Si può invece fare il bucato, che si asciuga con grande facilità: ma se non se ne ha voglia, la lavanderia provvede anche a que-sto. Da quando e’ arrivato il cuoco Joel (personaggio affascinante che ha girato il mondo) non si mangia solo all’indiana, ma spesso si trova la pasta e anche la pizza. Si mangia bene alla Daddy’s Home e abbon-dante, non e’ posto per chi vuole fare la dieta. C’è da fare: con tut-ti questi bambini qualcosa da fare si trova sempre, oltre al normale programma di lavoro. Abbiamo dato anche la disponibilità per “ fare un po’ di pronto soccorso” ed evitare un andirivieni dagli ospe-dali di Vijayawada ma i problemi non sono molti, per lo più qualche trauma (pochi in realtà sapendo che si tratta di bambini!), qualche congiuntivite. E non ci sono tutta quella serie di patologie delle vie respiratorie che costellano le gior-nate nei nostri ambulatori in Italia. Il programma fila liscio. All’inizio della settimana viene consegnato un foglio con la lista dei bambini da visitare giorno per giorno e il nome della home a cui appartengono. Per lo più si visita nell’ambulatorio di Asha Kiran, in fondo al villaggio. Talvolta si esce nelle strutture vici-ne e ti accompagnano con la jeep. I bambini sono buoni, si lasciano vi-sitare facilmente (mica come i no-stri!!), talvolta sono un po’ timorosi, specie se devono essere vaccinati e le ragazzine un po’ timide, ma basta un sorriso e un po’ di garbo che alla fine ogni problema viene risolto. In questo lavoro si e’ aiutati da Rohi-ni, splendida ed efficientissima se-gretaria che conosce ogni segreto

del pc e del programma di CCWW e che riesce con facilità a risolve-re qualsiasi problema. Controllate che faccia tutto : in realtà non serve perché è veramente molto brava. In ambulatorio c’e’ anche Swarna, la nostra infermiera. Attenta, veloce, molto intuitiva, capisce con facili-tà anche l’inglese più terribile (io dico degli strafalcioni paurosi!) e vale la pena di insegnarle qualcosa, spiegare cosa si fa perché può esse-re preziosa. E’ sempre elegantissi-ma e può fare da “dressing consul-tant” e spiegare ai mariti quale sari o punjabi portare a casa a mogli e figlie e alle colleghe fare un corso rapido su come si indossa corretta-mente un sari. Consiglio per le col-leghe: comprate della stoffa, specie la seta pura: costa pochissimo (da 8 a 20 euro per 6 metri di seta pura..) e potete farne dei vestiti stupendi. Se volete un punjabi potete com-prarlo già fatto oppure farvelo fare presso la sartoria del villaggio: sono bravi, velocissimi e fanno tutto a mano. Tutti qui sono gentilissimi e salutano sempre. Sono disponibili ad aiutarvi, ma se volete qualcosa, chiedetela con decisione e magari ripetete più volte perché talvolta le reazioni sono lente. Ma la parte più importante sono i bambini. Ce

ne sono di tutte le età, dai lattantini della Babies’ Home a i ragazzi del-le classi maggiori, di 14- 15 anni. Sbucano dappertutto e salutano sempre. “ Good morning, mammy. Hello, daddy..” Ti riempiono di sor-risi e si stringe il cuore pensando che la maggior parte di loro non ha padre o madre e talvolta neanche una straccio di parente. E se magari ce l’ha, si è rifiutato di occuparsi di lui. Sono bambini che non ha voluto nessuno e che qui hanno trovato chi si prende cura di loro. Infatti non c’è tristezza nei loro occhi, talvol-ta un velo soltanto. Hanno bisogno di affetto, uno smisurato bisogno di affetto, di coccole, di calore umano. E allora lasciatevi andare: abbrac-ciateli, baciateli, fate loro tutte le carezze possibili, fate capire che gli volete bene e che potete regalare a loro un pezzettino del vostro cuore. E questa la parte più importante di questa nostra avventura. La possi-bilità di entrare in empatia con que-sti piccoli, di fare qualcosa per loro che non riusciamo più a fare nei no-stri ambulatori, presi come siamo da burocrazia e linee guida. Qui mi sono ricordata della motivazione profonda per cui ho scelto questo mestiere. Volevo aiutare la gente, volevo nel mio piccolo migliorare il mondo. Non so se ci sono riuscita, non credo proprio, ma se ho acceso un sorriso in più negli occhi di uno solo di questi bambini, ecco , allora sono proprio felice. Questa felicità è la nostra ricompensa, è quello per cui noi tutti abbiamo deciso di ve-nire qui. E’ quello per cui vale vera-mente la pena di vivere. Valeria Rossi

NDR: Valeria Rossi è uno dei ven-ti pediatri di famiglia che parteci-pa al progetto di collaborazione attualmente in atto in India tra le associazioni Pediatri di Famiglia per i Bambini del Mondo ONLUS e Care & Share Onlus.

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di Marica Barbazza

Sabato 22 novembre 2008

Il punto di partenza da cui è nata l’idea di realizzare un convegno sul sostegno alla genitorialità è

stata la sollecitazione pervenuta dal-l’attenzione espressa dall’ACP su 4 priorità di salute: le disuguaglianze nella salute di bambini e adolescen-ti, la salute mentale nell’infanzia e nell’adolescenza, l’ambiente e le salute infantile, il sostegno alla ge-nitorialità.All’interno del Consiglio Direttivo della nostra ACPLC ci ha colpito e attirato il tema del sostegno alla genitorialità e abbiamo pensato ad un’occasione per una riflessione su questo tema.Tutti noi siamo usciti dagli anni di studio di Medicina e dal percorso di formazione specialistica in pedia-tria con una spiccata, se non esclu-siva, attenzione al tema della “cura” intesa come intervento sul paziente rispetto alla sua malattia e meno, per non dire nulla, del “prendersi cura” del paziente e della sua fami-

glia. Poco abbiamo appreso di ciò che sostiene il nostro fare di medici e di pediatri, ancor meno abbiamo appreso nelle scuole di specialità gli aspetti relazionali, della comu-nicazione rispetto al nostro operare. Ancora oggi la scuola di specialità in pediatria non prepara a fare il pe-diatra di libera scelta, il pediatra di famiglia.In questi anni ci siamo ritrovati, dun-que, addosso un’esigenza: quella di diventare protagonisti del nostro lavoro, di non subirlo adattandoci ad esso o ancor peggio di ridurre le nostre aspettative ed aspirazioni, rapiti dal vortice delle richieste di assistenza che le famiglie dei nostri assistiti ci rivolgono, o facendo ciò che altri vorrebbero ridurci a fare.Da questa esigenza sono nate le

nostre associazioni culturali locali che, assieme a chi ha la responsa-bilità di rappresentare la categoria, all’interno del CESPER hanno dato corpo alle esigenze di formazione proprie della nostra professionalità: ricordiamo l’importante percorso di formazione sul Progetto Salute In-fanzia (i bilanci di salute e le azio-ni ad essi correlati) e il più recente percorso di formazione quinquen-nale sul Progetto Cure Primarie (i percorsi diagnostico-terapeutici). A ciò si sono aggiunte le iniziative di formazione locale su aspetti cli-nico-assistenziali locali (per lo più provinciali), spesso con un’atten-zione particolare all’ambito delle cure primarie.Con la giornata di sabato 22 novem-bre 2008 abbiamo voluto iniziare una riflessione e un confronto su al-cuni temi “nuovi”. Si è trattato pro-prio di una introduzione al tema del sostegno alla genitorialità perché, lontani da un delirio di onnipoten-za, vorremmo cercare di identifica-re nell’ambito dei compiti, vecchi e nuovi, del pediatra di famiglia e dei bisogni, vecchi e nuovi, dei bambi-ni e dei loro genitori, quali possono

ACPLC CONVEGNO:IL SOSTEGNO ALLA GENITORIALITÀ: COUNSELLING E …ALTROQuesto è un dubbio che ci tormenta le notti.... Oltretutto si raccolgono vari commenti sull’applicazione delle linee guida e dei percorsi diagnostico-terapeutici della pediatria di famiglia, in particolare quella sull’asma.

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essere le risorse che consentano di farci carico di alcuni aspetti di so-stegno alla genitorialità.Al convegno è giunto anche il sa-luto del presidente dell’ordine dei medici di Venezia, dott. Maurizio Scassola (assente perchè impegna-to con una relazione in un altro convegno) che ha espresso tutto il suo interesse per il tema, per la sua rilevanza all’interno di un confron-to tra professionisti attenti ad uno sguardo sulla salute dei bambini e delle famiglie che raccoglie istanze di carattere etico molto importanti.E’ stato un evento pensato e rivol-to ai pediatri ma questo confronto è stato arricchito e sostanziato dalla presenza di personalità non pedia-triche attraverso la competenza e la passione della psicologa Vitto-ria Maioli Sanese e la testimonian-za appassionata di Elisa Orlandi-ni, presidente del coordinamento Down veneto, di cui proponiamo di seguito il testo dei loro interventi.Personalmente ringrazio tutti gli al-tri relatori della giornata. In ordine di comparsa: Fabrizio Fusco (presi-dente ARP-Vicenza e coordinatore ACP Veneto), Giorgio Meneghelli (pdf di Mestre, consigliere OMCeO Venezia e presidente Fondazione Ars Medica), Mario Narducci (pre-sidente ACP Milano), Roberto Bo-scolo (pdf a Scorzè e consigliere ACPLC) e Michele Gangemi (pre-sidente nazionale ACP).

Mattia Doria

Sostegno alla genitorialità:di cosa si tratta?dott.ssa Vittoria Maioli Sanese, Psicologa

Vorrei prima di tutto cercare di condividere una riflessione sulla geni-torialità per poter poi capire in che cosa consiste il sostegno ad essa e “che cosa” in realtà si sostiene.Questo termine generico - “genitorialità” - che è venuto a far parte del nostro linguaggio, si è aggiunto a tanti altri termini generici che riman-dano a espressioni, atteggiamenti, comportamenti e perfino a periodi di vita della persona.In egual modo possiamo dire: adolescenza, vecchiaia o anche fecondi-tà, sterilità, ecc...Nell’usarli corriamo sempre il rischio di teorizzare, creando dei princi-pi di riferimento da applicare che diventano parametri o “modelli” con cui ci si orienta per un giudizio.Nella presentazione di questo convegno avete utilizzato la definizio-ne di genitorialità in ottica psico-pedagogica: “la genitorialità è intesa come il processo dinamico attraverso il quale si impara a diventare ge-nitori capaci di prendersi cura e in grado di rispondere in modo adegua-to ai bisogni dei figli a seconda della fase evolutiva”.Certamente questa definizione contiene molti aspetti positivi; contem-poraneamente però, applicata ai genitori, rivela tutta la sua parzialità.Infatti quando parliamo di genitorialità, di figliolanza, di bisogni, di cura, ecc.., l’orizzonte che si apre non è mai riducibile ad un’ ottica se non per identificare un ruolo e un compito, in quanto riguarda l’essere persona nella sua totalità.Percepire la genitorialità in ottica psico-pedagogica, anzi direi solo pe-dagogica, se da una parte è utile per percepire e descrivere parte del rapporto che si instaura fra genitori e figli e parte del compito, dall’altra è estremamente pericoloso se non teniamo conto della vera natura del rapporto genitori-figli. La genitorialità nell’ottica psicologica e psicoa-nalitica del rapporto, nell’ottica esistenziale, nel far parte inscindibile della risposta alla domanda “chi è l’uomo?”, è NON UNA CAPACITA’ MA UNA IDENTITA’, che si esprime attraverso capacità e idoneità che si acquisiscono.Se rimaniamo fermi all’ottica psico-pedagogica, riducendo la genito-rialità ad idoneità e capacità da acquisire, il rapporto che si instaura diventa di tipo strumentale e, pur non dando al termine “strumentale” una connotazione negativa, il genitore viene così identificato nella sua funzione educativa, percepito e identificato come educatore e quindi mai attivato alla coscienza della sua identità.Ma proviamo sinteticamente ad andare un po’ più a fondo nel capire di che cosa è fatta la genitorialità.Prima di tutto è una idoneità/capacità che la persona adulta raggiunge nel percorso della sua maturazione portando a compimento realizzativo la propria persona.È perciò una capacità/idoneità che l’adulto ha, che lo sappia o no, che lo riconosca o no e non è riducibile all’evento biologico.

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Chi più di Madre Teresa di Calcutta è stata madre?

Essere genitori è quindi generare e il generare, lo sappiamo tutti, non è solo l’evento biologico.Che cosa si genera in realtà?Attraverso la costruzione attenta di un legame, attraverso l’implicarsi e implicare il proprio tempo e la pro-pria persona?

Si genera identità.Sono genitoriali, cioè generativi, tutti i legami significativi interper-sonali.L’archetipo di tutti i legami gene-rativi sono il rapporto di coppia in primis e il rapporto genitori-figli, per la totalità della loro esperienza umana, cioè dell’esperienza di sé implicata.Che cosa ci fa dire che l’essere ge-nitori è generativo dell’identità del bambino?

L’osservazionedel bambino

che nasce, che risponde fin dalla prima ora di vita al “le-game di riconoscimento”.Il bambino cioè nasce ido-neo a ricevere e a risponde-re a come viene guardato.Nella mia disciplina c’è una af-fermazione potente: “il bambino è quello che l’inconscio della ma-dre definisce”. Nelle ricerche degli ultimi 30 anni questo assunto si è arricchito attraverso ricerche ed os-servazioni. Mentre resta vero che la prima definizione/identità del bam-bino è l’inconscio della madre, il bambino assorbe e risponde all’am-biente intorno a sé e così la madre può flessibilmente cambiare e pro-gredire nell’immagine del figlio.Il bambino non nasce con una sua identità: la possibilità di dire “io” da grande passa esclusivamente da come viene guardato, riconosciuto,

definito.Certamente il primo impatto e/o l’esperienza significativa nell’even-to parto “impressionano” (come per la pellicola) nella madre la rappre-sentazione del figlio.Quando il bambino nasce con qual-che disagio o qualche problema se-rio o lieve che sia, questo determina moltissimo lo sguardo della madre (es. il bambino prematuro).Qui si inserisce in maniera potente la domanda sul sostegno alla geni-torialità.Mi piacerebbe descrivervi i punti critici della genitorialità oggi, pro-prio per individuare quale sostegno adeguato dare. Credo che ciascuno di noi in una riflessione attenta a partire dal disagio che tanti genito-ri vi provocano, ma a partire anche dalla riflessione ancora più attenta della propria vita famigliare e da uno sguardo curioso e informato di come sta andando “il mondo”, sap-pia individuare gli aspetti critici e deboli della genitorialità.Perciò quello che mi preme non è l’analisi della fragilità del genitore: l’avete già intravista ponendovi la domanda sul sostegno.Quello che mi preme è radicare la possibilità del sostegno prima di tutto in uno sguardo che trasmetta ad ogni genitore quella grande di-gnità, bellezza e suggestione che è

l’essere genitori: dignità, bellezza e suggestione che spogliati del loro significato sono ridotti a sentimenti buoni e a prestazioni da imparare. Non che il rapporto cura e risposta non debba esistere, ma è un tramite, un ponte attraverso cui si passa, non è lo scopo.Il primo sostegno nasce dalla con-sapevolezza che anche attraverso di voi quel bambino può essere ridotto e definito dal bisogno e il genitore dall’essere un elargitore di cure e ri-sposte, oppure tramite voi può fare l’esperienza dell’essere persona.Ogni rapporto che implica la pre-senza di due soggetti “persona” è un rapporto che trasmette identità.Quella madre, quel padre e quel bambino sono con voi come voi li guardate e imparano se stessi anche da come voi li trattate.

C’è una genitorialità anche nel vostro essere pediatri.

C’è una realtà che sempre mi ha colpito nel vostro lavoro: in qualche modo, per un tempo lungo o breve, diventate partner della coppia geni-toriale o il più delle volte della ma-dre. Credo che il primo sostegno sia trovare e costruire la vostra identità per essere in qualche modo genera-tori dell’identità e della capacità dei genitori. Oggi a partire dai bisogni che emer-gono, quale sostegno?Ci troviamo di fronte ad una grande enfatizzazione della cura biologica con un conseguente grande svuota-mento della cura del rapporto. Que-sto genera nuove sintomatologie, nuovi disagi, nuove fragilità.La domanda si fa potente: nel limi-te delle vostre funzioni, nella gran-dezza del vostro compito, nel luogo così significativo del rapporto di cura, quale formula, quale metodo perché la genitorialità trovi soste-gno, riconoscimento reale e possi-bilità di sviluppo?

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Nella vita di ogni genitore c’è un momento in cui viene comunicata da parte di un medico una “bad

news” che coinvolge un proprio figlio: certo può trat-tarsi di una diagnosi di broncopolmonite o della neces-sità di un ricovero urgente nel sospetto di una appen-dicite acuta. Ma per alcuni genitori questa “bad news” coincide con l’inizio di un cammino lungo, lungo tutta la vita, con un inizio buio e tragico e che avvicina la percezione della morte, percezione che, pensando ad un figlio, nessuno vorrebbe avere. Mi riferisco alla co-municazione di diagnosi di patologie croniche e di pa-tologie genetiche , tutte a vario livello invalidanti, non solo per il bambino, ma per tutta la famiglia. Basta ascoltare le testimonianze di questi genitori: “è come se ci fosse crollato un muro addosso…”, “siamo rimasti shockati e terrorizzati…”, “cosa abbiamo fatto per meritarci questo?”, “sarà mia la colpa…?”.Vorrei con questo mio intervento portare alla vostra attenzione qualche spunto di discussione a partire pro-prio dalle tantissime testimonianze che in questi anni ho raccolto all’interno delle associazioni di genitori, che quotidianamente fanno i conti con bambini disabili fisici o intellettivi o con bambini con patologie croni-che più o meno invalidanti (diabetici, asmatici, patolo-gie metaboliche, ecc.).E’ facile affermare che la comunicazione esige un rap-porto… Ci sarà pure una tecnica che viene in nostro soccorso…Vorrei raccontare solo una delle tante storie di questi genitori. Una mamma esce dall’ambulatorio della Ge-netica con la sua diagnosi ed entra subito “nella sua parte”, quella di “infermiera”. Con suo figlio assolve-rà il compito con gelido distacco: decide di accudirlo, pulirlo, alimentarlo, ma non gli rivolge né una coccola né un sorriso. Anche la sola parola le sembra inutile. E’ il primo figlio, ma le hanno già detto che non par-lerà, non camminerà, non andrà a scuola. Un giorno la nonna la chiama sconvolta dall’entusiasmo: “…ha detto mamma!!!”. Senza trasporto risponde: “impossi-bile! …sarà un riflesso, un mugugno…”. Ma la nonna insiste: “no, no, è proprio mamma”. Oggi è un uomo di 32 anni, parla anche troppo, ha partecipato al Costanzo show e ha letteralmente “bucato” il teleschermo!

Altre volte il rancore va contro un’altra figura medi-ca: può essere il ginecologo, come per un’altra mamma che così ricorda il momento della comunicazione della diagnosi: “oltre al dolore c’era anche un altro senti-mento molto forte: la mia rabbia montava verso quel ginecologo che mi aveva sconsigliato l’amniocentesi sulla base di informazioni clamorosamente sbagliate”.Certo il pediatra di libera scelta non è l’unico professio-nista che questi genitori contatteranno o cercheranno di contattare, ma certamente, per come è organizzato il nostro sistema sanitario, il rapporto con lui sarà inevita-bile, foss’anche solo per trascrivere un’impegnativa di uno dei tanti specialisti o per firmare l’autorizzazione alla frequenza di questo o quel centro di riabilitazione.Di fronte a diagnosi fortemente invalidanti, c’è da parte dei genitori l’esigenza fortissima di sapere: la domanda è pressante. (Poi con il tempo si affievolisce e questo non è un buon segno… quando l’uomo smette di chie-dere muore…)I viaggi della speranza, piccoli o grandi, sono sempre esistiti, ma oggi l’accesso per tutti ad internet e la dif-fusione enorme di informazione medica, psicologica, sociologica, ecc. (la cui qualità può essere certamente opinabile) amplifica ancora di più il fenomeno! Ci sono genitori che candidamente ammettono di “sa-perne più del pediatra”, soprattutto quando il figlio ha una patologia rara. Non è difficile trovare sempre qual-cuno che ne sa di più: ma ci sarà da fidarsi? Si finisce per fidarsi magari sempre del più lontano, se straniero meglio... Ho visto spedire campioni biologici in tutto il mondo alla ricerca delle diagnostiche più raffinate, ma a volte anche profondamente inutili.La questione della fiducia aprirebbe un dibattito infini-to. Vorrei solamente lanciare una piccola provocazione che porti ciascuno comunque a porsi personalmente questa domanda.Riprendiamo a questo punto il cammino di questi geni-tori: dopo la diagnosi, gli approfondimenti informativi, le consulenze, il contatto con tutti gli esperti e con tutti i burocrati possibili, ciascuno con le sue ricette e indi-cazioni. Come si sentono? L’invalidità non grava solo sul figlio, tutta la famiglia appare invalida.Non si sentono più genitori come gli altri: c’è un carico di responsabilità enorme che grava spesso anche su un senso di solitudine (le associazioni di genitori nascono proprio per combattere quest’ultimo aspetto). Tutti a dire “se non lo stimolerete precocemente, lo sviluppo psico-motorio di vostro figlio ne risentirà in maniera inevitabile”, “se non raggiungerà certe prestazioni en-tro certi tempi, non ci sarà più niente da fare…” (ad esempio nel linguaggio), “ se non seguirà strettamente la tal dieta, si produrranno danni irreparabili!”, “tutto

I GENITORI DI FRONTE AL PEDIATRAElisa Orlandini, Presidente del Coordinamento Down Veneto

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Un libro

Ho sete,per piacerePadre, madre, figli: una esperienza in aiuto ai genitoridi Vittoria Maioli Sanese - Ed. Marietti �820

A margine del convegno sul sostegno alla genitorialità, organizzato dall’ACPLC, svoltosi il 20 novembre 2008

desidero proporvi un approfondimento del tema affrontato rispondendo così alle molte segnalazioni di apprezzamento e alle varie richieste di “saperne di più”…Ho conosciuto la dr.ssa Maioli un paio di anni fa ad una con-ferenza per genitori organizzata a Chioggia dalla scuola ele-mentare frequentata dai miei figli: mi aveva molto colpito il

suo modo di affrontare il tema della famiglia e del rapporto genitori-figli e per questo ho acquistato e letto uno dei suoi libri “Ho sete, per piacere”.

Vi propongo alcuni spunti dall’introduzione.“A quale livello della vita della persona è collocata la rela-zione di coppia, la famiglia, il rapporto genitori-figli? Come si situano tali rapporti in relazione alla persona e a chi ap-partengono? (…) Queste domande (…) mi hanno reso im-possibile concedere l’ultima parola sulla persona alle spie-gazioni tecniche oggi tanto di moda.Ciò significa che la relazione uomo-donna, la famiglia, il rapporto genitori-figli, non possono trovare che parzialmen-te nella psicologia, nella pedagogia, nella sociologia, uno strumento che ne chiarifichi la vera natura. (e lo dice una psicologa! ndr)(…) In questi anni, con sempre maggiore preoccupazione, ho visto penetrare nella vita delle persone una rappresenta-zione funzionale e strumentale di sé e dare paternità, cioè potere di definizione di sé, alla psicologia, ai mass-media, più in generale alla tecnica.”

(tutto?!) dipende da voi!!!” .Non ci si può permettere di essere genitori come tutti gli altri!Certo il mestiere di genitore non si impara una volta per tutte e non si impara sui banchi di scuola o per corrispondenza. E’un mestiere per il quale non si può mai essere cer-ti dell’esito dello sforzo educativo profuso, al di là della bontà delle intenzioni. Ma per questi genitori l’impressione è di essere sempre e costantemente sotto esame: non possono permettersi di sbagliare, le conseguenze saranno sotto gli oc-chi di tutti!!! Cosa cerca nel pediatra di libe-ra scelta un genitore in tale con-dizione? C’è un grande desiderio di sapere: ma può bastare? Certo, non basta. C’è anche e soprattutto un grande desiderio di essere : es-sere all’altezza, essere responsabi-li, essere consapevoli, non essere soli….E’ così che entrano nell’ambula-torio del pediatra, con tutte queste domande in testa, con questa vo-

glia di sapere, ma anche di essere. E’ proprio la domanda l’elemento da privilegiare, da ascoltare, da co-gliere, come spesso cerchiamo di fare all’interno delle associazioni di genitori. Da parte di questi genitori è forte la richiesta di un rapporto, non solo di una soluzione tecnica. E’ la richiesta di una disponibilità. E’ la richiesta di essere accompagnati con compe-tenza, medica certamente, ma anche umana, ricca dell’esperienza di chi conosce bene la realtà territoriale e sociale (centri di riferimento, clini-che universitarie, servizi territoria-li di fisioterapia, neuropsichiatria, servizi sociali, offerte scolastiche e associative, offerte per il tempo li-bero, ecc.).Questi genitori cercano qualcuno che sia umanamente appassionato al destino del loro bambino, per non perdere loro stessi questa passione.Tutto ciò non va confuso con il la-sciarsi portare dai sentimenti.Ma non credo che esista medicina degna di tale nome senza passione.

Penso che per un pediatra questi genitori siano una vera opportuni-tà, una vera risorsa, per riscoprire il motivo del proprio lavoro e (per-mettetemi di dirlo) per invitarli alla più grande avventura umana che esista: quella della ricerca del vero.In fin dei conti cos’è una diagnosi, se non una ricerca della verità, che, proprio perché è tale, non è scon-tata, né automaticamente o magi-camente posseduta, ma può essere solo misteriosamente scoperta per-ché cercata con passione, impegno, lavoro alacre e incessante.Penso che ascoltare questi genitori (i più confusi o i più “adattati”, i più sentimentali e passionali e i più razionali e realisti, i più soli e i più “circondati”) possa essere una ri-sorsa che permette la crescita uma-na e professionale di tutti, al di là della sterilità delle tecniche e delle prestazioni. Mettere in evidenza che finisce la relazione del convegno con una li-nea o qualcosa di simile

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Un f lm

“Cinderella Man”USA 2005 clipart cinderella.jpgRegia: Ron HowardPrincipali interpreti:Russel Crowe, Renee Zellweger

Il libro si compone di tre partiLa prima “è il tentativo, certamente imperfetto, di introdurre alla certezza che parlare di famiglia, di genitori, di figli –sia che lo facciamo al bar, al supermercato, con l’amica, a cena con il capufficio- corrisponda comunque ad aprire una porta sull’orizzonte infinito, profondo, misterioso, suggestivo del nostro destino. (…) Come sottrarre la bellezza, il mistero, l’emozione profonda dell’amore a un figlio, alla gabbia del-la prestazione pedagogica perfetta?”

La seconda parte “raccoglie alcune conferenze: è il momento della trasmissione, povera e parziale, di ciò che ho appreso attraverso l’esperienza, lo studio, l’ascolto dei grandi. (…) Io prediligo un genitore attivo, protagonista, alla ricerca del vero per sé e per i suoi figli. Il metodo della conferenza può rischiare un ascolto passivo, una delega all’esperto, un’in-tellettualizzazione della vita, l’equivoco che per essere bi-sogna sapere.” (interessante leggere questo aspetto rispetto al nostro ruolo di pediatri: rischiamo di favorire un atteggia-mento strumentale del genitore nei confronti del figlio pro-ponendoci noi stessi, rispetto a questi temi, in un rapporto strumentale nei confronti del genitore: “signora, le spiego io quello che deve fare…”). Le mie domande sempre aperte, dialettiche con il metodo della conferenza, sono fondamen-talmente concentrate su come rendere quel momento di tra-smissione di conoscenza realmente formativo dell’identità genitoriale.

La terza parte “è forse quella più immediata: è la trascrizio-ne di frammenti del lavoro formativo condotto con i genitori attraverso piccoli gruppi a numero chiuso. (…) Credo che il totale bisogno che il genitore ha oggi di essere aiutato nel grande compito verso la persona del figlio sia un’evidenza. Più complesso è come rispondervi senza tecnicismi, senza risposte preconfezionate. La formula all’origine è la più semplice: mi implico con la domanda del genitore e accon-sento a fargli compagnia attraverso una proposta di rifles-sione e di lavoro insieme. (…) Mi affianco al genitore, gli faccio compagnia, percorro un pezzo di strada con lui: non perché io so e lui non sa, ma per cercare e conoscere. Insie-me. Anche questo libro, credo, può essere una particolare formula di compagnia e di lavoro assieme.”

Questo libro mi ha permesso di capire un po’ di più alcu-ne dinamiche relative al rapporto della coppia genitoriale e al rapporto genitori-figli e di migliorare le mie capacità di ascolto dei genitori che quotidianamente frequentano il mio ambulatorio riguardo ad alcuni aspetti del sostegno alla genitorialità.

a cura di Mattia Doria

Il film di Ron Howard del 2005 pur riproponen-do il binomio con Russel Crowe non raccoglie quel successo che era stato per “A Beautiful Mind”La vicenda è quella, per altro vera, di Jim Brad-dock, pugile di origine irlandese che alle soglie di una promettente car-riera rimane vittima della Grande Depressione che investì l’America tra il ‘29 e il ’32. Ridotto a com-battere nei circuiti minori e poi definitivamente espulso dal cartello dei pugili, Braddock arriverà persino a chiedere l’elemosina tra i suoi ex colleghi per sfamare i propri figli e proteggerli dal freddo. Non rifiuterà nessun lavoro, neanche il più umile e precario senza tuttavia perdere la dignità o ab-bandonare i valori di onestà e integrità morale su cui si fondava la sua vita. Ecco perché, nonostante i morsi della fame farà resti-tuire al figlio il salame rubato dal macellaio, oppure, costretto a chiedere il sussidio di povertà, lo restituirà all’incredula impiegata non appena ne avrà la possibi-lità “perché altri possano essere aiutati come io sono stato aiutato”. Il film raggiunge punte di assoluta tenerezza quando ad esempio Jim racconta alla figlioletta affamata che quel-la notte in sogno si era saziato a un ricchissimo pranzo insieme ai suoi amici e che ora, a colazione, no non aveva proprio fame, mangiasse pure lei il suo bacon o di fronte all’ inaspettato piatto di spezzatino offertogli dal suo allenatore, non riesce ad aspettare l’arrivo delle posate e affonda il viso nel sugo con lo stomaco che brontola soddisfatto.

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Braddock viene ricompensato, riu-scirà a riscattarsi risalendo sul ring (“questo è il mio mestiere, quello che so fare”) e diventerà sia pur per breve tempo campione mondiale dei pesi massimi.Il film può sembrare un cliché fin troppo abusato ma scavando sotto la prima impressione di solita storia dei buoni sentimenti salta fuori la vera domanda che è sottesa al film: Chi è il padre?Il padre è colui che ti toglie dall’in-fanzia, territorio per lo più materno, e ti consegna al mondo. E’ una sorta di traghettatore, che mostra al figlio il mondo e il giusto modo di rappor-tarsi con la realtà, insomma mostra l’adulto. Jim per i figli è quello che non molla, l’uomo tenace e affezio-nato, il duro integerrimo che li ama fino a privarsi di tutto per loro.

La boxe diventa così il veicolo del suo riscatto, non solo economico ma anche umano per non far di-menticare ciò che fa di un essere umano un ‘uomo’. Si osservi la scena in cui saluta i fi-gli prima di lasciarli per l’incontro che potrebbe costargli la vita, con-tro un pugile che è il suo opposto, cattivo sul ring e dissoluto nella vita privata. Braddock dà una ca-rezza ai due più piccoli e la mano al figlio maggiore. Subito anche il figlio minore gli tende la propria per affermare la propria ‘crescita’ e assunzione di responsabilità.I figli imparano, guardandolo, che si lotta per qualcuno e non contro, per costruire e non per distruggere. Ed è una lotta che comporta dolore, ferite e sangue. Ma ne vale la pena. Vale la pena, per i volti di quei tre

figli e di quella moglie che non lo abbandonano mai. Nella buona e nella cattiva sorte. Si combatte per dei volti, più che per un’ideale per quanto buono esso sia. Si combatte per una casa, che nei momenti di pericolo, non diventa l’oasi felice in cui rifugiarsi in cui nascondersi, ma la piattaforma di lancio per una testimonianza, se non un martirio, di fronte al mondo.In Jim Braddock si riconoscono non solo la moglie e i figli ma anche tut-ta la comunità, che poi si riunisce in Chiesa e prega per il buon esito dell’incontro. Il riscatto del singolo è il riscatto di tutti, per questo Cin-derella Man’ è un segno autentico di speranza e fortunatamente, tal-volta c’è ancora il grande cinema che intrattiene senza far rinunciare a pensare. MOD

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Stefano del Torso

Nella sessione sull’Adolescenza il prof.Michaud Ha presentato una stimolante relazione sull’approccio

all’adolescente (allegato 1). Molto utile può essere dare un’occhiata al sito http://www.euteach.com/Nella sessione sulla prevenzione degli incidenti ha suscitato molto interesse la presentazione del progetto Blue Dog (al-legato 2) da parte della dott.ssa De Keuster, una veterinaria olandese, http://www.thebluedog.orgIl progetto consiste in un CD educazionale con cartoni ani-mati per i bambini e un manuale per i genitori per migliora-re l’approccio e i comportamenti coni cani. E’ stato tradotto anche in italiano e dovrebbe essere disponibile presso i ve-terinari. Nella sessione sugli screening il dr.Mario Angi ha presentato i risultati dello screening (allegato 3) effettuato dai pediatri della Associazione Pediatri di Famiglia del Mondo CCWW ONLUS (www.ccwwitalia.org) in collaborazione con il dr. Angi e la dott.ssa Elisa Bottega. I pediatri hanno fatto lo screening della acuità visiva con i tradizionali HOTV, Lang e Cover/Uncover test ai bambini di 3 - 4 anni di Mindelo, Capo Verde. I risultati sono stati confrontati con le auto-refrattometrie eseguite dal personale opportunamente adde-strato della Delegacia de Saude di Mindelo e dagli oculisti, grazie al supporto di CBM Italia, dimostrando che i risultati sono sovrapponibili. Nella sessione sulla Ricerca in Ambulatorio sono stati pre-sentati i risultati delle esperienze di Reti di Ricerca in Pe-diatria Ambulatoriale in Spagna e Israele (allegato 4) , un aggiornamento sulle attività del PROS della American Aca-demy of Pediatrics e la proposta di una Rete di Ricerca in

Pediatria Ambulatoriale Europea - European Pediatric Re-search in Office Settings EPROS (allegato 5) in cui l’Italia è rappresentata dall’APREF.

EFFECTIVECOMMUNICATION WITH YOUNG PEOPLE (all. 1)PA MichaudMultidisciplinary Unit for Adolescent Health, Departement of Pediatrics, University Hospital/CHUV, Lausanne, Swit-zerlandCommunication with young people within any health care structure requires specific skills which will be reviewed in the light of clinical cases. First, the setting has to be set pro-perly, emphasising the adolescents’ rights (confidentiality) as well as how and when the parents/guardians will be in-volved. Second, as many young patients consult with a “hid-den agenda” (the very nature of their problem is not disclo-sed when they take the appointment), one has to carefully review his/her physical and mental health as well as his/her lifestyles: family and social life, school & professional pers-

Al secondo Congresso della European Academy of Paediatrics hanno partecipato quasi 3000 pediatri di oltre 90 paesi del mondo.

CONGRESSO EUROPEAN ACADEMYOF PAEDIATRICS, Nizza Ottobre 2008Il Comitato Scientifico, nel quale assieme al collega spagnolo Diego Van Esso rappresentavamo la Pediatria delle Cure Primarie, a differenza del precedente congresso di Barcellona, ha inserito una serie di sessioni per i pediatri generalisti : Adolescenza, Incidenti, Screening, Ricerca in Ambulatorio, organizzazione delle Cure Primarie, Mezzi di comunicazione e Obesità.

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pectives, eating patterns, leisure activi-ties, substance use, sexuality, violence and mental health (so-called “Headsss” acronym). Third, the adequate respon-se to some specific situations will be reviewed: How to deal with an adole-scent who was forced to consult ? How to communicate with a young person who doesn’t want to speak ? How to effectively transfer a young person suffering from severe mental health problems to psychiatrists colleagues? Finally, the presentation will discuss how to make health care settings youth friendly.

THE BLUE DOG PROJECT - THE DEVELOPMENT OF A DOG BITE PREVENTION PROGRAMME AI-MED AT YOUNG CHILDREN (all. 2)T De Keuster1, K Meints2, R Bu-tcher3�Veterinary Behaviour Referral Prac-tice, Lovendegem, Belgium, 2Depart-ment of Psychology, University of Lincoln, Lincoln, UK, 3The Blue Dog Trust, Upminster, UK

Dog bite injuries represent a serious health issue. A Belgian study indicated that every year 1% of the population suffers a dog bite requiring medical at-tention. Children are twice at risk than adults and severe injuries (neck and face) occur most frequently in young children. This age group usually gets bitten in their own home and by a dog that is familiar to them. Following a substantial bite, 55% of children suf-fer from post-traumatic stress disorder. According to research, children initiate most of the dog/child interactions that trigger the bite. There is no evidence to indicate any specific breed prevalence.One strategy is to educate young chil-dren, and their parents, to behave more safely with their own dog. The chal-lenge is to find a method that is appro-priate and develop it into an effective tool that can be scientifically validated. This was achieved by a team of profes-sionals from multidisciplines.The Blue Dog is an interactive CD that young children find fun to use while learning important lessons. Parent/tea-cher reinforcement is preferable, and a printed parent guide facilitates this.During play, the child is exposed to

potential risk situations which involve two choices. The correct choice results in a favourable outcome and the story continues. An incorrect choice pro-duces an unfavourable outcome. The story returns to the original decision point, allowing the child to alter their selection. The presentation will inclu-de videos of real life situations and the equivalent sections of the CD which are used to illustrate them.

OPHTHALMIC SCREENING FOR AMBLYOPIA: PRESENT AND FU-TURE (all. 3)MR Angi1,2, E Bottega1, AM Pavan3, J Agujar4, S del Torso3�Department of Ophthalmology, Uni-versity of Padova, Padova, Italy, 2CBM, Italy, 3Childcare Worldwide Onlus, Padova, Italy, 4Delegacia de Saude, Mindelo, Cabo Verde

Objective: The purpose of this study was to compare the effectiveness of vi-sion screening for amblygenic factors performed by paediatrician compared with a comprehensive eye examina-tion. Methods and subjects: From 1341 subjects (the 2003 Cohort of children born in Sao Vicente, Capo Verde), 1301 (97,02%) received an ophthalmic evaluation during a paediatric visit, te-sting:1) visual acuity >0.5 (HOTV), 2) stereopsis (Lang II), 3) eye alignment (Cover test)4) retinal Red Reflex; 5) cycloplegic autorefractometry: refractive errors were classified as Emmetropic, Myopic/Hyperopic (> +3D or – 1D sphere) and Astigmatic (> 2 D cylinder). Children were classified as Normal (5 tests negatives) or Pathologic. Non

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collaborative children were re-tested.1174 of those children (87,54%) underwent a subsequent comprehensive eye examination doneby an ophthalmologist, who added fundus examination.Results: Paediatricians identified 117 (9,96%) children as pathologic [HOTV: 45 (3,83%); Lang II: 18 (1,53%); Cover test: 45 (3,83%); Red reflex: 23 (1,96%); AR: 115 (9,79%) multiple positivity obtained]. Ophthal-mologist identified 107 (9,11%) [Myopic: 29 (2,47%); Hyperopic: 18 (1,53%); Astigmatic: 42 (3,58%); mist de-fect: 18 (1,53%)]. Comparing results from paediatricians and ophthalmologist, Sensitivity was 0,77 and Specificity was 0.96.Conclusions: Ophthalmic screening conducted by pae-diatricians using visual acuity and eye alignment tests and autorefraction is an accurate method to identify refractive errors and amblyogenic factors. Replacing the Red Reflex Test with an automated refractometer will give an objective quantification of refractive errors, reducing the time of visit and further improving the effectiveness of the screening.

IPROS NETWORK - THE CREATION OF RESEAR-CH ATMOSPHERE IN PRIMARYCARE (all. 4)Z Grossman1,2,3, E Kahan2,4�Maccabi Health Services, Tel Aviv, Israel, 2IPROS, Israel Pediatric Research in Office Setting Network, Israel, 3Israel Ambulatory Pediatric Association, Israel, 4Sackler School of Medicine, Tel Aviv University, Tel Aviv, Israel

Practice based research network in primary care is a group of primary care clinics tied together in a structure of a network for the purpose of performing research. The network is the research laboratory of the primary care setting. PROS, Pediatric Research in Office Setting, is an example of an American practice based research network that was esta-blished by the American Academy of Pediatrics.IPROS, Israel Pediatric Research in Office Setting network, was formed in 1996, and is affiliated with the Israel Am-bulatory Pediatric Association. Currently, more than 450 pediatricians are members of IPROS. They are highly mo-tivated, come from different setups of primary care, repre-sent various geographic regions and HMOs, and treat pa-tients who come from diverse socioeconomic backgrounds. Intranet communication is crucial to the functioning of the

network, and is based primarily on the IPRONET electronic mailing list. The list now consists of 290 pediatricians and its main characteristics are the rapidity of message exchan-ge, the option to hold a virtual brainstorming on various clinical and research questions, and the unique opportunity to recruit pediatricians as future participantsa in studies.IPROS has published, as of today, more than 25 articles in major scientific journals. The study types were mostly intervention studies and attitudes surveys.IPROS pediatricians have taken part in 6 multicenter in-ternational phase _ trials. Additionally, each year IPROS is monitoring influenza like illness (ILI) activity in the clini-cs during winter months. Funding of network activity and studies is achieved by research grants and pharmaceutical companies’ sponsorships.

PAEDIATRIC PRIMARY CARE RESEARCH IN OF-FICE SETTINGS: THE CHALLENGE OF AN EURO-PEAN NETWORK (all. 5)S Del Torso1, RC Wasserman2�Apref, Padova, Italy, 2AAP Pros, USA

Each primary care paediatrician possesses a practitioner’s expertise on how a primary care practice runs and which research questions are most important for paediatric prac-tice. Primary care paediatricians and researchers can work together to generate research questions, design study mate-rials and protocols, obtain research funding, collect study data, analyze collected data, and publish results. By linking with experts in study design and research methodology, practitioners capitalize on their expertise and can participate in generating new knowledge about paediatric practice and child health. The experience, achievements and selected results of the AAP’s Pediatric Research in Office Settings (PROS) network will be described. AAP PROS practitio-ners say that they enjoy being part of a research effort that routinely solicits their input on study questions and desi-gns and that examines questions relevant to the day-to-day practice of paediatrics. They also report that parents view practice research involvement in a very positive light, and are eager to fill out questionnaires when they are a part of a study. European primary care paediatricians could see their own research questions develop into projects studied in an international practice-based research network that would improve the health of children and enhance the quality of primary care practice.

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�) FORMAZIONE

a. incontri con esperto: - 28 novebre 2007, Ordine dei Me-dici: Attività svolta presso “La Nostra Famiglia” con la parteci-pazione della Dott.sa De Zanche che ha illustrato l’organizzazione generale delle attività e le modalità di presa in carico.

b. incontri di formazione/aggior-namento accreditati ECM con il riconoscimento da parte delle USL della provincia di Padova con l’attivazione della GM.

- 23 Ottobre e 7 novembre 2007, Fidia Abano T.: Inquinamento ambientale e salute del bambi-no: inquinamento chimico e le radiazioni. Relatori: G.Toffol, A.Pasinato, L.Todesco. Crediti ECM 3

- 20 Marzo 2008, Fidia Abano T.: Il laboratorio in pediatria: dal-l’esame della realtà al percorso ottimale. Relatore: G. Bartolozzi Crediti ECM 4.

- 15 aprile/7maggio, Fidia Abano T.: Dermatologia Pediatria: c’è sempre da imparare. Relatori: A. Belloni Crediti ECM 4.

- 24 Maggio 2008, Fidia Abano T.: 20 Anni A.P.R.E.F.: Ricerca e Formazione in Pediatria: 20 anni di Esperienze Crediti ECM 2

c. Collaborazione con le ASL per l’applicazione dei percorsi DTPer la USL 16 hanno collaborato per il percorso D-T sull’ Asma L. Lovison, A. De Marchi, per quel-lo sul Lattante febbrile S. Drago, A. M. Pavan; per la USL 15 han-no collaborato per il percorso D-T sull’Asma : G. Gallo, C. Lista, L. Saretta, P. Schievano, L.Stocchero

d. Gruppo Balint a cui partecipano 10 soci con incontri mensili coordi-nati da B. Ruffato e dalla psicologa Dott.ssa J.Galli . Da aprile 2006 tale evento è stato accreditato ECM : 30 crediti ECM per 8 incontri L’evento è stato riaccreditato anche per il 2007.

e. Collaborazione al Gruppo di Progetto del CESPER per il Corso di Formazione regionale: i percorsi DT V modulo: diagnosi e valutazio-ne nel tempo dell’asma. (R. Bussi, V. Murgia, L. Pisanello): Collaborazione per i rispettivi corsi master per gli animatori del-la regione e per l’organizzazione dei periferici per la provincia di

Padova, Vicenza e Treviso.

f. Attività di tutor della Scuola di Specializzazione in Pediatria Dieci soci sono tutor della Scuola di Specializzazione in Pediatria di Padova, ma anche questo anno non si è svolta alcuna attività di tutorag-gio; 2 soci (S. del Torso, V. Murgia) hanno svolto attività di docenza.

g. Partecipazione di P.Schievano al gruppo ACP “Pediatri per un mondo possibile”, che ha formu-lato un pacchetto di formazione, rivolto ai colleghi, sugli effetti no-civi dell’ inquinamento ambientale per i bambini, di educazione sani-taria per i genitori, di proposte per le amministrazioni locali, sull’argo-mento. Il pacchetto ha sarà la base di incontri di formazione organiz-zati dalle Associazioni Culturali di Padova, Venezia e Vicenza. - Partecipazione di L.Pisanello al gruppo di studio sulle Infezioni del-le vie urinarie della Società Italiana di Nefrologia Pediatrica per l’ela-borazione delle Raccomandazioni per la diagnosi e la terapia del pri-mo episodio di infezione delle vie urinarie febbrile in bambini di età 2 mesi - 3 anni” (pubblicate sul sito www.sinp.eu)

h. Collaborazione con Associa-

A.P.R.E.F.ASSOCIAZIONE PER LA RICERCAE LA FORMAZIONE IN PEDIATRIA

c/o Ordine dei MediciVia S. Prosdocimo, 6 - Padova

RELAZIONE DELLA ATTIVITA’ SVOLTAnel periodo: settembre 2007- giugno 2008

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ndpNotizie di PediatriDicembre 2008 n.105

zione Pediatri di Famiglia per i Bambini del Mondo Childcare World Wide Onlus per un progetto di coo-perazione internazionale a Capo Verde; S. del Torso, A.M. Pavan, V. Murgia nel gruppo di progetto e altri 9 soci (R. Bussi, S. Drago, S. Pasquato, L. Pisanello, E. Polidoro, B. Ruffato, P. Schievano, M.P. Sidran, A. Vozzi) come partecipanti all’iniziativa si sono recati nell’Isola di S. Vicente. Sono stati visitati più di 2000 bambini in età prescolare, con particolare riguardo ver-so i nati nell’anno 2003. Ad ogni bambino sono stati eseguiti, oltre alla visita, tests di screening per la vista ed il linguaggio anche in collaborazione con Christian Blind Mission CBM Italia Onlus, di cui è presidente il socio APREF dr. Mario Angi. Lorenza Caielli e Stefano del Torso si sono recati in gennaio 2008 in India per valutare la fattibilità di un progetto in collaborazione con Care Share Charitable Trust per il coordinameno delle attività sanitarie e di formazione del personale nel villaggio Daddy’s Home in Andhra Pradesh,India . A questo progetto partecipe-ranno anche alcuni soci APREF .

2) RICERCA- Collaborazione e sostegno allo studio SPES (Sor-veglianza Pediatri Sentinella) promosso dall’Istituto Superiore della Sanità, dall’ACP, FIMP e SIP.

�) CONGRESSI- 17-19 maggio 2007; Verona; “Format” Partecipa-zione come discussant di M. Fama, V. Murgia, L. Pi-sanello, B. Ruffato.

- 6 giugno 2008 Praglia; “Le infezioni delle vie uri-narie” Controversia: IVU, terapia e diagnostica per immagini, L.Pisanello

- 16-17 novembre 2007; Firenze; XII CONVEGNO PEDIATRICO detto dei Pinguini “Il Pediatra di Famiglia e le Convulsioni Febbrili” Paolo Schieva-no �) PUBBLICAZIONI nessuna

5) COMUNICAZIONI ALL’ESTER-NO DELL’APREF- Partecipazione al Consiglio Direttivo del CESPER: V.Murgia, G. Giancola, S. Pasquato, B. Ruffato.- Partecipazione al Comitato di Redazione della rivista “Medico e Bambino”: V. Murgia - Partecipazione alla Commissione Regionale per la Formazione continua in Medicina di Base: B. Ruffato, V. Murgia- M. Blundo è consigliere dell’Ordine dei Medici della provincia di Padova- Partecipazione alla commissione regionale Veneto ECM ed ruolo di responsabile scientifico nel corso “La rete formativa regionale”, percorso formativo per responsabili di formazione uffici e strutture del Sistema Sanitario Regionale organizzato dal Centro regionale ECM. V. Murgia.-Confederazione Europea Specialisti in Pediatria(CESP) , Delegato Nazionale per la Pediatria di Famiglia; S. del Torso-American Academy of Pediatrics, International Child Health Section; S. del Torso-Partecipazione alla commissione regionale sulla spe-rimentazione e collaborazione alla stesura del docu-mento sugli Studi osservazionali e studi interventisti-ci non farmacologici (Medicina delle Cure Primarie): P.Schievano- Partecipazione alla commissione regionale di neu-ropsichiatria infantile e al comitato etico sui farmaci della provincia di Padova; M. Blundo

�) COMUNICAZIONE ALL’INTERNO DELL’APREF. Pubblicazione bimensile di un Bollettino la cui realiz-zazione è affidata ad un Comitato di Redazione com-posto da: C. Angeli, R.Boscolo, M. Doria, S. Drago, L. Caielli, L.Pisanello, B. Ruffato

IL suo nome è stato cambiato in NDP, Notizie Di Pe-diatri” in quanto è diventato l’organo ufficiale oltre che dell’APREF anche dell’ACP Lucrezia Corner di Vene-zia.

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ndp Notizie di PediatriDicembre 2008 n.105

L’acido folico – o vitamina B9 – è una sostanza che fu isolata per la prima volta

dalle foglie di spinacio. Questa vi-tamina è diffusa in molti alimenti: è abbondante in quasi tutti i vegetali crudi, soprattutto in quelli a foglia verde, nelle uova e nei latticini. La sua mancanza determina la più co-mune deficienza vitaminica al mon-do. Ecco i nostri fabbisogni e come introdurre questa preziosa sostanza nell’organismo.

L’acido folico, o vitamina B9, è una sostanza che svolge un ruolo fondamentale nel favorire una cor-retta moltiplicazione delle cellule: è infatti indispensabile per la sintesi del Dna (l’acido desossiribonuclei-co presente nel nucleo della cellula) che custodisce il patrimonio geneti-co. L’acido folico inoltre interviene nella produzione di nuove proteine.E’ facile capire che una mancanza di acido folico va ad interessare tutte le cellule dell’organismo, ma soprattutto gi organi e i tessuti che si moltiplicano o che si rinnovano

più rapidamente (che hanno quin-di bisogno di maggiori quantità di nuove proteine): i globuli rossi, il rivestimento mucoso dell’apparato digerente e degli organi genitali.Nel 2006 sulla rivista scientifica “Cancer ondine” è stato pubblicato uno studio secondo il quale la man-canza di acido folico è un fattore di rischio che, nel corso degli anni, aumenta la possibilità di evoluzio-ne tumorale per i tessuti esposti a fumo di sigaretta, inquinamento do-mestico, del luogo di lavoro e del-l’ambiente urbano. Secondo que-sti ricercatori, l’integrazione della dieta con acido folico può ridurre il rischio di tumori alle mucose respi-ratorie.

La sua mancanza è causata da una errata alimentazione

Una mancanza di acido folico si può verificare per una alimentazio-ne ridotta in quantità, come si può riscontrare talvolta negli anziani soli, negli ammalati o nelle persone a basso reddito. In al tri casi la sua mancanza è data da un’alimentazio-ne povera sotto il profilo della qua-lità: si pensi a tutte quelle persone per le quali i cibi cotti, conservati, eccessivamente manipolati o raffi-nati costituiscono la totalità degli alimenti giornalieri. E’ noto che il trattamento con il calore (soprattut-to la sterilizzazione necessaria per gli alimenti in scatola, la bollitura dei vegetali in piena acqua o la cot-tura prolungata), l’esposizione alla luce e anche la semplice conserva-zione in frigorifero alterano facil-mente l’acido folico e ne riducono la disponibilità nel cibo anche del 50 – 95 %. Ortaggi e frutta fresca, consumati crudi e appena raccol-ti sono, anche da questo punto di vista, una risorsa fondamentale di questa sostanza.E’ opportuno rammentare che le be-vande alcoliche, il fumo di sigaret-ta e l’assunzione regolare di alcuni farmaci (ad esempio la pillola anti-concezionale, alcuni antinfiamma-tori, i barbiturici) restringono ulte-riormente l’assorbimento dell’acido folico da parte dell’organismo.Il fabbisogno di acido folico, espresso in microgrammi (milio-nesima parte di grammo) al giorno, varia con il cambiare dell’età: se i bambini fino ad 1 anno hanno bi-sogno di 50 microgrammi di questa vitamina, quelli da 1 a 3 anni ne richiedono 100, sino ad arrivare ai 130 nei bambini da 4 a 6 anni e ai

Da Vita in campagna – giugno 2008

L’acido folico è un’indispensabile vitamina che va assunta con la dietaDi Paolo Pigozzi

LETTIper Voi

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ndpNotizie di PediatriDicembre 2008 n.105

150 per quelli dai 7 ai 10 anni. Adulti ed anziani hanno bisogno di 200 microgrammi di acido folico al giorno, le donne gravide di 400 e le madri che allattano di circa 350 (fonte Società italiana di nutrizione umana, 1996).

Come introdurre l’acido folico nell’organismo

L’acido folico è abbondante in quasi tutti i vegetali cru-di, soprattutto in quelli a foglia verde, nelle uova e nei latticini; per questo va introdotto con la dieta. Ecco di seguito qualche suggerimento pratico su come intro-durre nell’organismo questa importante vitamina:- consumate verdure crude almeno due volte al gior-no;- fate almeno due spuntini al giorno con frutta fresca di stagione;- consumate cereali integrali;- cucinate gli ortaggi con poca acqua (a vapore o con una stufatura rapida) e cercate di utilizzare l’acqua di cottura per minestre, besciamelle, ecc;- assumete lievito di birra con regolarità: le dosi gior-naliere per gli adulti sono le seguenti: 5 – 8 compresse, oppure due cucchiaini da tè di lievito in polvere.

L’acido folico in alcuni alimenti

Alimento QuantitàLievito di birra 2.022Fagioli dell’occhio 440Germe di grano 305Soia 225Fagioli di Spagna 180Ceci 125Asparagi 110Noci 77Spinaci freschi 75Cavolo verza 70Nocciole 65Bietole 60Broccoli 53Cavolini di Bruxelles 49Mandorle 45Farina integrale di frumento 38Farina di avena 33Fichi secchi 32Datteri 25Mirtilli 14La quantità è espressa i microgrammi per 100 gr di ali-mento

In un mondo ideale, la quantità di denaro che spen-diamo in ricerche per prevenire o curare una ma-

lattia sarebbe proporzionale alla gravità della stessa e al numero di persone che ne sono affette. Nel mondo reale, il 90% del denaro speso per la ricerca medica si concentra su condizioni responsabili appena del 10% dei decessi e delle disabilità provocate complessiva-mente dalle malattie a livello mondiale. In altre parole, sui morbi che provocano i nove decimi di quello che l’Organizzazione mondiale della sanità definisce “il fardello mondiale delle malattie” si concentra appena un decimo degli sforzi globali della ricerca medica. La conseguenza è che ogni anno muoiono milioni di per-sone per malattie ignorate dalla ricerca medica, mentre

Da il Sole 24ore – 27 settembre 2008

Un fondo per medicine a basso costoDi Peter Singer, professore di bioetica a Princeton

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ndp Notizie di PediatriDicembre 2008 n.105

le compagnie farmaceutiche spen-dono miliardi e miliardi per elabo-rare cure per la disfunzione erettile e la calvizie.Ma è troppo facile dare la colpa alle compagnie farmaceutiche. Que-ste aziende possono giustificare lo sviluppo di nuovi farmaci solo pre-vedendo di rientrare dei costi attra-verso le vendite. Se si concentrano su malattie che colpiscono gli in-dividui benestanti o le popolazioni che vivono in Paesi dotati di servizi sanitari nazionali, avranno la possi-bilità di brevettare qualsiasi nuovo farmaco che scoprono. Per i 20 anni della durata del brevetto, avranno il monopolio della vendita del farma-co e potranno imporre un prezzo elevato.Se le compagnie farmaceutiche concentrassero i loro sforzi su ma-lattie che colpiscono solo soggetti non in grado di pagare prezzi ele-vati per i farmaci, non potrebbero aspettarsi di coprire i costi sostenuti per la ricerca, e ancora meno di rea-lizzare profitti. Anche se i loro con-sigli di amministrazione volessero concentrarsi su quelle malattie che mietono più vittime, l’attuale siste-ma di incentivi finanziari farebbe sì che i loro azionisti li rimuoverebbe-ro dall’incarico, oppure che le loro società si ritroverebbero ben presto fuori dal mercato. Non sarebbero di aiuto a nessuno. Il problema sta nel sistema, non negli individui che al-l’interno di quel sistema effettuano le proprie scelte.In un incontro a Oslo in agosto, la Incentives for Global Health, un’or-ganizzazione senza scopo di lucro diretta da Aidan Hollis, professore di economia all’Università di Cal-gary, e Thomas Pogge, professore di filosofia e affari internazionali

a Yale, ha lanciato una nuova radi-cale proposta per modificare il si-stema degli incentivi utilizzati per ricompensare lo sviluppo di nuovi farmaci da parte di grandi aziende del settore privato. La proposta è che i governi contribuiscano a crea-re un “Fondo di impatto sanitario” da usare per ripagare le compagnie farmaceutiche in proporzione al contributo offerto dai loro prodotti alla riduzione del “fardello mondia-le delle malattie”.Questo Fondo non sostituirebbe le leggi esistenti in materia di brevet-ti, ma offrirebbe un’alternativa ad esse. Le compagnie farmaceutiche potrebbero continuare a brevetta-re e vendere i loro prodotti come fanno adesso. Oppure potrebbero registrare un nuovo farmaco presso il Fondo, che fisserebbe un prezzo basso, basato sul costo di fabbri-cazione della medicina. Invece di guadagnare vendendo i farmaci a prezzi alti, l’azienda riceverebbe una quota di tutti i pagamenti fatti dal Fondo nei dieci anni successi-vi. L’entità di questa quota sarebbe calcolata valutando il ruolo svolto dal farmaco nella riduzione dei li-velli di mortalità e disabilità.Il bello di questo progetto è che for-nisce una base economica al con-cetto che tutte le vite umane hanno lo stesso valore. Registrando i loro prodotti presso il Fondo, le aziende guadagnerebbero, salvando la vita ai più poveri tra gli abitanti del-l’Africa, le stesse cifre che guada-gnano salvando la vita dei cittadini benestanti di nazioni ricche.Gli obiettivi potenzialmente più lu-crativi diventerebbero quelle malat-tie che uccidono il maggior numero di persone, perché è in quel campo che un farmaco rivoluzionario pro-

durrebbe il maggior impatto in ter-mini di salute mondiale. Inoltre, le aziende avrebbero un incentivo a produrre e distribuire medicine al prezzo più basso possibile, perché solo se i poveri fossero in grado di comprarle si riuscirebbe a salvare il maggior numero di vite umane. Un’azienda potrebbe scegliere di consentire la fabbricazione di copie generiche del proprio farmaco nei Paesi in via di sviluppo, perché in questo modo si potrebbe estender-ne l’utilizzo e salvare altre vite, e il Fondo di impatto sanitario compen-serebbe l’azienda che ha brevettato quel farmaco.Hollis e Pogge calcolano che il Fondo avrebbe bisogno di circa 6 miliardi di dollari (4 miliardi di euro) all’anno per garantire alle compagnie farmaceutiche incenti-vi sufficienti a brevettare prodotti mirati a curare le malattie dei po-veri. Per raggiungere questa cifra, basterebbe che quei Paesi che rap-presentano un terzo dell’economia globale – cioè le nazioni europee, oppure gli Stati Uniti e un paio di piccole nazioni ricche – versassero lo 0,03% del proprio Prodotto inter-no lordo, tre centesimi ogni cento dollari che guadagnano.Non è una somma trascurabile, ma non è impossibile da raggiungere, tanto più se si considera che anche le nazioni ricche avrebbero il pro-prio tornaconto, grazie all’abbas-samento del prezzo dei farmaci e a una ricerca medica concentrata sulla lotta alle malattie invece che sull’ottimizzazione dei profitti.

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Spesso gli ecologisti sono visti come persone che non dedica-

no particolare attenzione all’igiene e alla cura del corpo. E che, di con-seguenza, non comprano prodotti cosmetici o addirittura li boicotta-no. Di qui le battute sugli hippy che non si lavano e preferiscono stare alla larga da acqua e sapone.Non lavarsi aiuta senza dubbio a ri-durre il carico di sostanze tossiche riversate nell’ambiente, ma anche chi difende ideali ecoetici non sem-pre riesce a rinunciare a una piccola dose di vanità. Per fortuna l’arma-dietto dei cosmetici si è riempito di prodotti verdi da quando Anita Roddick ha aperto la catena Body Shop (ora proprietà di L’Oréal), di-mostrando che perfino una lozione alla menta per i piedi può essere ecocompatibile.

Conservanti pericolosi

Oggi la parte del leone la fanno i produttori come Green People, con la linea di articoli certificati biologi-ci; o Neal’s Yard remedies, che cer-tifica la provenienza di tutti gli oli ed estratti vegetali. Pure Nuff Stuff si affida a processi di lavorazione rigorosamente tradizionali, che ri-ducono al minimo l’impatto sulle falde idriche, mentre The Organic Pharmacy ha una linea di cosmetici bio, la Organic glam.Ci sono tante buone ragioni per non usare gli ingredienti non biologici aggiunti di solito ai prodotti cosme-

tici e per l’igiene. I parabeni, per esempio, sono dei conservanti non molto tossici, ma capaci di imitare l’azione degli estrogeni e per questo associati all’aumento del rischio di tumori al seno. E nel latte materno sono sta rinvenute tracce di essen-ze sintetiche al muschio contenuti in prodotti di cosmesi femminile. Il Women’s environmental network (wen.org.uk) ha testato diversi co-smetici e ha scoperto che in quasi il 60 % dei casi contenevano conser-vanti in grado di esercitare un’azio-ne simile a quella degli estrogeni.Inoltre, fate attenzione quando do-vete buttare un farmaco o un co-smetico scaduto. Molti pensano che i loro componenti incidano poco sull’inquinamento idrico, attribuito soprattutto ai prodotti chimici usati in agricoltura e nell’industria. In-vece nei paesi industrializzati l’in-quinamento dei bacini idrici e dei mari è causato principalmente dalle abitudini e dai comportamenti dei consumatori. I tradizionali depura-tori delle acque reflue decompongo solo il 10 – 12 % dei prodotti farma-ceutici o cosmetici che riversiamo nell’ambiente. Non sorprendono, quindi, i risultati di uno studio con-dotto nel 2005 su un piccolo fiume vicino a Londra: l’analisi delle ac-que ha rivelato la presenza di oltre una tonnellata di derivati dell’aspi-rina. Insomma se vi è venuta voglia di sbarazzarvi dei soliti cosmetici per passare a prodotti più sostenibi-li, per favore non buttateli nel wa-

ter o nel lavandino (lo stesso vale per le medicine). In ogni farmacia potete trovare un contenitore dove buttare i farmaci scaduti.Purtroppo (ma la cosa non stupi-sce), i colossi dell’industria cosme-tica non accettano di considerare i loro articoli come rifiuti “pericolo-si” e non promuovono un servizio di raccolta e ritiro dei vasetti.La soluzione migliore, per ora, è travasare tutti i vecchi prodotti da toeletta in un unico contenitore e buttarlo nel cassonetto della spaz-zatura indifferenziata. Anche se è dimostrato che i medicinali e i co-smetici buttati nelle discariche fini-scono per infiltrarsi nei terreni cir-costanti, questo tipo di stoccaggio è preferibile allo smaltimento nelle acque di scarico.Quindi cercate confezioni ricicla-bili e prodotti con ingredienti bio-degradabili, atossici e sostenibili. I prodotti di bellezza non agiscono solo sulla vostra pelle a livello su-perficiale: hanno un impatto anche sul pianeta.

Da Internazionale – 31 ottobre 2008

Trucchi sani e ambiente pulitoDi Lucy Siegle, The Observer, Gran Bretagna

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Sono già passati 20 mesi dal-l’inizio della mia esperienza di pediatria di gruppo assie-

me ai colleghi Lia Gardin e Loren-zo Stocchero in un nuovo studio a Cittadella (alta padovana). In realtà ero già in gruppo con Lorenzo nei 4 anni precedenti questa nuova espe-rienza, ma in uno studio piccolo che non dava spazio fisico per altre ini-ziative: segretaria ecc. Con Lia era-vamo in associazione, ma venivo da una lunga collaborazione risalente al ’93, “anno di grazia” della mia convenzione.Per me il cambiamento è stato ra-dicale sotto diversi punti di vista, abituato com’ero ad una completa autogestione: mi prendevo gli ap-puntamenti al mattino, rispondevo a tutte le chiamate in studio senza al-cun filtro sia per richieste di consu-lenze che per qualsiasi altra richie-sta di carattere burocratico. Da un lato ciò mi permetteva di dare una disponibilità per consigli ai genitori filtrando allo stesso tempo accessi impropri allo studio, dall’altro co-vavo rabbia per tutte le chiamate “improprie” che mi interrompeva-no nel lavoro. Ero allo stesso tempo consapevole che il problema non era in fondo dei pazienti, ma della mia organizzazione. L’idea di in-traprendere un nuovo cammino mi allettava per le potenzialità di crescita pur coesistendo con alcuni timori insiti in fondo in ogni cam-biamento: perdere un momento di contatto con i genitori col delega-re la ricezione degli appuntamenti al personale, essere sovraccaricato di lavoro per situazioni banali. E il rapporto con i colleghi come sarà?

Organizzazione della pediatria di gruppo

Dal punto di vista logistico i pazien-ti trovano una sede unica, al piano terra di una palazzina, di ampia su-perficie e con agevole parcheggio antistante. Lo studio è composto dei seguenti locali:1. Tre studi medici in rete fra di loro.2. Ampia struttura di segreteria con postazioni PC per fissare appunta-menti direttamente sul programma JB, per consegna ricette, certificati ecc.3. Personale di studio: sono presen-ti 2 o 3 segretarie al mattino e una al pomeriggio.4. Sala di attesa per pazienti amma-lati5. Sala di attesa per bambini sani6. Sala di attesa per lattanti7. Studio medico per urgenze e/o per pazienti con sospetto di malat-

tia infettiva8. Due servizi igienici a disposizio-ne dei pazienti, uno per il persona-le.9. Un locale ad uso laboratorio con frigorifero e dotato di attrezzatu-ra per self-help diagnostico: PCR, Spirometro, PRIK test, ossimetro, impedenzometro.

Cosa cambia per i piccoli pazienti

Prima di tutto, dal punto di vista lo-gistico, i pazienti trovano una strut-tura unica per i tre medici, moder-na, di facile accessibilità con l’auto, assenza di barriere architettoniche, ed ambienti dedicati per l’attesa senza promiscuità tra sani e malati. La sede unica e l’apertura dell’am-bulatorio sia di mattino che di po-meriggio, in genere senza soluzio-ne di continuità e con la presenza di personale di segreteria, rende più facile rispondere alle esigenze mediche e burocratiche dei pazien-ti. Inoltre, in assenza del proprio medico, i bambini e le loro famiglie trovano una risposta adeguata, ga-rantita dagli altri medici del grup-po. Tutto ciò dovrebbe contribuire a dare sicurezza alle famiglie anche in relazione all’urgenza trovando una risposta adeguata senza neces-sità di ricorso al Pronto Soccorso.

Cosa cambia per i pediatri

Sul piano operativo la gestione de-gli appuntamenti e della parte buro-cratica è organizzata con efficienza e puntualità dall’ottimo personale di studio (che bella fortuna!) che filtra tutte le telefonate in arrivo rinvian-

TRE PEDIATRI E UN GRUPPOStefano Pasquato

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do a volte il contatto col pediatra in base alle esigenze del momento. Personalmente solo questo aspetto “mi ha cambiato la vita”. Le segretarie inoltre hanno saputo acquisire col tempo la capacità di conoscere le abitudi-ni ed esigenze organizzative di ciascuno di noi, come ad esempio in che fasce orarie e in che giorni della set-timana inserire i bilanci di salute anche alla luce della morbilità del momento. Ciascuno di noi riserva uno spazio orario di reperibi-lità telefonica per consigli, in genere nella primissima mattinata.Direi che l’aspetto più appagante del cambiamento è rappresentato dal piacere di andare al lavoro sapendo di incontrare colleghi con cui si sta portando avanti un percorso in comune. La possibilità di parlare nell’hic et nunc ( la pausa caffé o l’intervallo dell’ora di pran-zo) dei casi difficili o delle situazioni che ci mettono alla prova anche sul piano relazionale, ha significato uscire da quello stato di isolamento-solitudine che ca-ratterizzava i periodi precedenti. Questi momenti di incontro in certi periodi dell’anno hanno avuto carat-tere strutturato a cadenza settimanale, con interruzioni legate a problemi contingenti di lavoro. Certamente il nostro obiettivo sarebbe quello di creare uno spazio di riflessione ed approfondimento su casi clinici specifici, sulla condivisione di linee guida o, come sta avvenendo in questo periodo, sull’adesione corretta ai protocolli diagnostico-teraputici con le dif-ficoltà attuative che spesso si incontrano. Inutile ripetere ciò che veramente da il lavoro di equi-pe. E’ una palestra per confrontarsi, per migliorare il proprio carattere e limare il proprio individualismo. Ma al di là di questo trovo sia stimolante dal punto di vista professionale il confronto con persone diverse per migliorare il proprio lavoro. La possibilità di scam-biarsi pareri anche in tempo reale: “osservare assieme un bambino”, significa confrontare esperienze e co-noscenze diverse. Tutto ciò offre uno stimolo continuo a crescere e a mantenere viva in ciascuno la curiosità contrastando quel pericolo, sempre latente in medicina, di etichettare od omologare diagnosi preconfezionate.Le forme associative stanno ormai diventando un compito professionale imprescindibile se veramente volgiamo essere i referenti per i nostri pazienti, ma se anche non lo volessimo, ci viene ormai imposto dalla parte pubblica. Grazie alla gratificante esperienza fatta in questi mesi, e di questo voglio essere veramente riconoscente ai miei colleghi, credo che la filosofia di fondo della PDG sia soprattutto umana e nasca dal-la necessità di stare insieme con gli aspetti negativi e positivi che ciò comporta. Certamente tale esperienza può non essere esente da rivalità, contrasti e dal timore

di mettere a nudo le proprie carenze o insicurezze; ma la forza e la debolezza sta nella condivisione di un per-corso umano e professionale complesso che si alimenta nel tempo grazie all’interscambio continuo su entrambi i piani.

Effetti collaterali della PDGIndubbiamente la PDG è una operazione complessa sotto diversi punti di vista, non ultimo il trovare un ambiente idoneo al piano terra con parcheggio ade-guato. La PDG costa di più? Certamente sì: per i costi del personale, dell’attrezzatura, le spese di gestione di un luogo grande tenuto aperto al pubblico molte ore al giorno, senza considerare il problema della struttura in sé. Ma a questo incremento della spesa va raffrontato ad un incremento delle entrate: indennità di pediatria di gruppo, indennità di collaboratore di studio pressoché sovrapponibile alle uscite, indennità informatica, self-help, ecc. E come monetizzare i vantaggi di una qualità di lavoro dove il tempo lo usi per fare il pediatra e non per recepire le legittime richieste di certificati, ricette ecc.Insomma, questa PDG se non ci fosse bisognerebbe proprio inventarla!

OpportunitàAbbiamo organizzato un incontro di aggiornamento con gli oculisti.Ci siamo trovati per organizzare una ricercaNoi stessi avevamo alcune paure:I pazienti nel confronto chi giudicheranno meglio?Vorranno cambiare pediatra?Perderemo la nostra libera professione nei confronti

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degli assistiti dell’altro pediatra?Il collega vedrà le mie insicurezze!Il collega saprà ciò che io non so?Il collega apparirà più bravo di me?Tutte paure che sono svanite in poco tempo.Alla luce di questa esperienza e gra-zie ad un gruppo di colleghi quasi coetanei presenti in città, partì un ambizioso progetto: una medicina di gruppo di sei pediatri all’epoca unico in Italia o quasi. VANTAGGIInutile ripetere ciò che veramente da il lavoro di equipe. E’ una pale-stra per confrontarsi per migliorare il proprio carattere e limare il pro-

prio individualismo. Ma al di la di questo giudizio etico è stimolante dal punto di vista professionale il confronto con persone migliori di te per migliorare il tuo lavoro.I breafing inizialmente erano setti-manali, poi si decise di incontrarsi a richiesta di almeno uno di noi per problemi inerenti l’organizzazione dello studio, a volte con il persona-le, a volte solo noi medici.Abbiamo costatato che l’eccesso di incontri (esempio settimanali) creava insofferenza in alcuni per eccesso di ore comunque dedicate al lavoro.Nel nostro studio vige una regola di un giorno Jolly settimanale (ognuno

il suo) in cui il pediatra è “libero”.La mattina entro le ore 10 gestisce le sue eventuali domiciliari, smista i pazienti e poi è libero di utilizzare quel giorno come vuole (tempo li-bero, aggiornamento, recupero del lavoro arretrato, ecc.).Per quanto riguarda poi le sostitu-zioni per ferie e malattia tutti sanno quanto sia difficile al giorno d’oggi trovare un sostituto. A parte periodi molto lunghi in tempi di alta mor-bilità riusciamo bene in sei medici a coprire i colleghi assenti (anche due contemporaneamente).Per noi questa è una vera conquista e rap-presenta anche un vantaggio econo-mico a fine anno.

... (per sfoghi, segnalazioni, aneddoti)

Sono stufo!Roberto Bussi

“Sono stufo, ma dal prossimo anno si cambia!” mi dicevo mentre svuotavo nel cassonetto il mezzo

quintale settimanale di posta; per lo più sono riviste mediche che non leggo, oppure bollettini di Associa-zioni Onlus. Oltre a buttare via c’è stato anche il lavo-ro di togliere la busta di plastica che va nel cassonetto della plastica! A parte qualche raro caso in cui sfoglio la rivista, trovo un articolo che può interessare e che quindi metto da parte per leggerlo,… ma dopo qualche mese la pila è tale che fa la fine di quelli che vengono direttamente gettati via.A chi servono? Alle ditte che le sponsorizzano e che possono scaricare le spese ingraziandosi qualche cat-tedratico? Ma ci rendiamo conto della spesa? Della

cellulosa usata, delle spese postali ed altro? La Rivista del Gaslini, il GdM (il Gior-nale del Medico), il bollettino della SIGENP, Reumatologia pratica, il giornale dell’As-sociazione per l’AIDS, il Pediatra (ex Occhio Clinico in Pediatria- 3 volte mi han-no telefonato chiedendomi se volevo riceverlo e per tre volte ho detto di no perché da quando era cambiato era uguale ad altre pubblicazioni e non mi interessava più, ma continua ad arrivarmi regolarmente), … e almeno altrettanti. Quanto poi alle Onlus che alla faccia della privacy si passano gli elenchi diventa una ossessione; un bollet-tino almeno al trimestre, da quelle grandi a quelle pic-cole, sia che tu non abbia mai contribuito, sia che tu lo abbia fatto!Trovo giusto (e doveroso) che chi ha la fortuna di avere di più aiuti e promuova certe iniziative, ma credo sia opportuno che questo avvenga per scelta. Basta,io cercherò di disdire per iscritto oppure inizierò a respingere al mittente. Propongo questa mia iniziativa a tutti. Chissà che non serva a far ragionare un po’ i responsabili di queste te-state editoriali e di queste Onlus!

SPAZIO libero

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Il muro invisibile Harry Bernstein, Edizioni Piemme

Anche ai nostri giorni esistono muri eretti

per ghettizzare, controllare qualcuno, una popolazione più o meno vasta per vari motivi: religiosi, politici, povertà, altro. Il famoso muro di Berlino, il muro eretto in Palestina, il muro di via Anelli,…Ma esistono anche molto più frequenti dei muri invi-sibili che da secoli dividono per ignoranza, diffidenza, religione, abitudine; muri che impediscono la comuni-cazione e l’integrazione.Così questa è la storia di Harry, un ragazzino di 4 anni, il più piccolo di cinque fratelli. Il padre, un ebreo po-lacco è immigrato in Inghilterra, vicino a Manchester, dove lavora alle manifatture tessili sperperando gran parte del suo salario nel pub. La madre manda avanti la famiglia come può ricorrendo a mille espedienti. Il muro invisibile divide la loro povera casa e quella di altri ebrei da una fila opposta di case identiche di cri-stiani. Due mondi con usanze, credenze, pregiudizi di-versi si fronteggiano anche se accomunati da un’unica realtà: la miseria.Come in altre realtà è solo l’amore di due ragazzi ad aprire una crepa nel muro.Devo riconoscere che il racconto è privo di quella du-rezza, del dolore e a volte della rabbia che si trova in altre storie; è pacato, a volte quasi distaccato, forse at-tenuato dagli anni passati e dall’età dell’autore (che è poi il protagonista narratore) nato nel 1910. La storia di questi contrasti e di questa miseria è vista con gli occhi di un bambino prima e di un ragazzino poi, non sempre cosciente di quello che succede intorno a lui e del comportamento dei grandi.Roberto Bussi

Jean – Paul Sartre

Bariona o il figlio del tuono Racconto di Natale per cristiani e non credenti Delia Pristinger

E’ un racconto scritto e messo in scena da Sar-

tre nel Natale 1940 per i suoi compagni di prigionia nel campo di concentra-mento in Germania. Il testo, rimasto per anni relegato tra le opere minori, ha visto la sua prima traduzione italia-na nelle edizioni Marinotti solo qualche anno fa. Sartre dopo la rappresentazione aveva perso il manoscritto, alcuni suoi compagni l’ave-vano però conservato e più tardi, lo avevano pregato vivamente di autorizzarne la pubblicazione. Si dovrà aspettare fino al 1962, perché egli acconsenta a un’edizione, limitata a 500 copie fuo-ri commercio, destinate in gran parte ai suoi compagni di prigionia, e a condizione che il libro fosse preceduto da una sua avvertenza: “Se ho preso il mio soggetto nella mitologia del Cristianesimo, ciò non significa che la direzione del mio pensiero sia cambiata, fu un mo-mento durante la cattività. Si trattava semplicemente, d’accordo con i preti prigionieri, di trovare un soggetto che potesse realizzare, in quella sera di Natale, l’unio-ne più vasta di cristiani e di non credenti”. E’ evidente una chiara presa di distanza dall’opera che nel contesto della vastissima produzione sartriana rimane una vera e propria eccezione, un incontro inaspettato con Sartre in un racconto originale, con momenti di straordinaria bellezza letteraria e di intensa poesia.Nel giugno 1940, Sartre viene fatto prigioniero e trasfe-rito in Germania nel campo di prigionia di Treviri nello Stalag XII. E’ qui che, alloggiato nella baracca “degli artisti”, scrive il testo teatrale di Bariona. Sartre con entusiasmo, scrive rapidamente il testo, s’improvvisa autore teatrale, fabbrica scene e costumi, interpreta in maschera la parte di uno dei tre Re Magi. “Ho fatto un mistero di Natale molto commovente, pare”, scrive alla compagna Simone de Beauvoir.Il racconto è ambientato all’epoca della dominazione romana sulla Giudea. Bariona è il capo di un pove-ro villaggio di montagna che per opporsi e protestare

LEGGERE che passione

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Fiabe popolari indiane - J.Jacobs: Il vaso rotto tratta dalla raccolta: «Indian Fairy Tales, �9�2»

C’era una volta in un certo paese un Bramano di nome Svabhavakripana, che significa «taccagno nato». Aveva accumulato grandi quantità di riso chiedendo l’elemosina, e dopo

averselo mangiato tutto a cena, riempì un vaso con quel poco che ne restava. Appese il recipiente al muro, si sdraiò sul divano sottostante guardando intensamente verso il vaso e cominciò a pensare: “Ecco, il vaso è pieno di riso; se dovesse esserci una carestia, ne ricaverei almeno un centinaio di rupie vendendolo. Con quei soldi comprerò due capre, che mi faranno i capretti ogni sei mesi, così in poco tempo avrò un intero gregge. Poi, ven-dendo qualche capra, comprerò anche delle vacche, così mi faranno i vitelli. Venderò i vitelli, e con il ricavato mi comprerò i bufali, e con i bufali, comprerò anche le giumente, le quali partoriranno tanti cavalli. E quando li avrò venduti, farò un sacco di oro, e con l’oro potrò comprarmi una grande casa a quattro ali. E così un bravo Bramano verrà a casa mia, e mi darà in sposa la sua bella figlia, con la sua ricca dote. Essa mi darà un figlio, e lo chiame-remo Somasarman. Quando sarà grande abbastanza per saltellare sulle ginocchia di suo padre, siederemo insieme con un libro sul retro della scuderia, mentre io leggerò, il ragazzo mi vedrà, salterà dalle ginocchia della mamma e verrà sulle mie. Se si avvicinerà troppo agli zoccoli del cavallo, mi farà arrabbiare e chiamerò sua madre di prendere il bambino. Ma già immagino che naturalmente non mi ascolterà perché sarà troppo presa da qualche mestiere domestico: allora mi alzerò e le darò un tale calcione nel sedere che..”. E nel dire fra sé e sé così, diede un tale calcio con il piede al vaso, che si ruppe in mille pezzi, e tutto il riso gli si rovesciò addosso, riempiendolo di bianco. Perciò da quel momento è nato il detto: «Essere come il padre di Somasarman: quello sciocco che faceva sciocchi programmi per il futuro, che diventò tutto bianco.»

contro l’innalzamento delle tasse fa una proposta sconvolgente: non si faranno più figli, ci sarà la len-ta estinzione come forma estrema di lotta, il paese scomparirà e gli esattori romani - simbolo del to-talitarismo nazista - resteranno a mani vuote. Anche quando scopre che sua moglie è incinta non esita e cerca di convincerla che generare la vita è perpetuare la sofferenza uma-na. Ma ecco che dalla campagna sale uno strano profumo, nel pieno dell’inverno sboccia una misteriosa primavera fuori stagione e la notte si riempie di canti: un angelo in-freddolito e zoppicante annuncia a un gruppo di pastori la nascita del Messia. L’intero paese è in fermen-to, prima fedele al suo capo, ora gli si mette contro. Bariona rifiuta di unirsi alla sua gente, convinto che la più grande follia è la speranza, nella sua mente progetta di elimi-nare quel bambino che delude tutte le sue aspettative di rivalsa politi-

ca e militare. Entrano in scena i Re Magi in viaggio verso Betlemme; inutilmente il re Baldassarre inter-pretato dallo stesso Sartre, cerca di liberarlo dalla sua disperata incre-dulità :”Tu soffri e pertanto il tuo dovere è di sperare…Poiché l’uomo è sempre molto di più di quel che è. Vedi questo uomo, tutto appesantito dalla sua carne, radicato sul luogo dai suoi due grandi piedi e tu dici, stendendo la mano per toccarlo: è là. E ciò non è vero: ovunque sia, un uomo è sempre altrove”.Il raccontastorie presenta poi la sce-na del presepe. Arrivato a Betlemme Bariona di nuovo si troverà di fron-te Baldassarre-Sartre che in un altro confronto lo indurrà al cambiamen-to: “Scoprirai questa verità, che tu non sei la tua sofferenza. Qualunque cosa tu faccia e in qualunque modo tu la prenda in considerazione, la superi infinitamente… Essa è della natura delle pietre e delle radici, ed è essa che ti radica su questa terra,

è a causa sua che pesi così tanto sul cammino. Ma tu che sei oltre la tua propria sofferenza, sei leggero, Bariona. Ah, se tu sapessi quanto è leggero l’uomo… C’è attorno a te questa bella notte d’inchiostro e ci sono questi canti nella stalla, e tutto ciò ti appartiene. Ella ti attende…”Nel finale Bariona si sentirà libero e responsabile del suo destino, dove s’intrecciano l’amore per la vita e la lotta contro l’oppressore. Marcerà contro le armate di Erode per fer-marle e permettere la fuga in Egitto e morirà prima di veder nascere suo figlio. Certamente si è trattato per Sartre di un’esperienza breve legata a circo-stanze particolari, ma vissuta molto intensamente e con forte suggestio-ne della storia da lui raccontata, dove fa vivere stupore e sensazioni straordinarie che continuano anche oggi nel fascino magico e misterio-so del Natale.

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Il dolce di natale piu buono che ci sia

si prepara in famiglia, in pace e così sia!

Si prende una misura ben colma di pazienza;di gentilezza un pugno, molta condiscendenza.

Si aggiungono all’insieme comprensione e buon cuore,si unisce un grosso pizzico

di dolcissimo amore.

Astuzia e tenerezza non possono mancare.

Danno un tocco squisito, molto particolare.

E infine l’allegria in grande quantità:si cuoce lentamente,

una vera bontà.

Il dolce di natale

Auguri a tutti

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Oroscopo di Zaira, Maga e Fachira

ARIETE: in ambito professionale vi trovate ad affrontare compiti nuovi e nuove responsabilità ma potete contare sull’aiuto di validi collaboratori.

TORO: il vostro spiccato senso pratico sarà molto impor-tante in questo periodo tanto in ambito professionale quan-to in ambito famigliare.

GEMELLI: qualcuno conta sul vostro immancabile aiuto, la vostra presenza è determinante, siate fieri del vostro ruolo.

CANCRO: un po’ di insofferenza per la quotidianità, le vacanze estive sono ormai dimenticate, ma forse potete contare su qualche “ponte”e sulle festività natalizie.

LEONE: vi aspettano nuove esperienze in ambienti alquanto inconsueti ma come sempre sarete all’altezza della situazione.

VERGINE: avete attraversato un periodo difficile ma ora vi si prospetta un periodo più sereno e con una buona orga-nizzazione riuscirete a ritagliare dei momenti da dedicare alla vostra vita privata.

BILANCIA: la crisi economica non sembra riguardarvi e cedete alla tentazione di qualche acquisto non proprio necessario.

SCORPIONE: avete intrapreso un’attività quasi per gioco ed ora si sta rivelando più interessante e coinvolgente di quanto potevate immaginare, perseverate e vi porterà gran-di soddisfazioni.

SAGITTARIO: state per essere sopraffatti da una quantità di impegni che fate fatica a gestire. Non trascurate le perso-ne e non tradite la fiducia che ripongono in voi.

CAPRICORNO: nessun cambiamento in vista, tutto pro-cede secondo le aspettative, non poteva esserci migliore previsione per voi!

ACQUARIO: osservandovi viene spontaneo chiedersi come facciate ad essere sempre così efficienti e precisi. Qual’è il segreto?

PESCI: avete perso il timbro, i ricettari sono finiti inaspet-tatamente, le batterie si esauriscono troppo in fretta...Che si tratti di Fato avverso o semplice distrazione?

Salame dicioccolatoIngredienti: 3 uova, 3 etti di biscotti secchi, � etto di cacao amaro, � etto di burro fuso, 2 etti e mezzo di zucchero.

Mescolare tuorli e zucchero, aggiungere il cacao, il burro fuso, le chiare montate a neve e i biscotti frantumati in piccoli pezzi. Appoggiare l’impasto su un foglio di carta argentata e dare la forma di un salame. Conservare in frigo e servire tagliato a fette.

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