Appunti Di Tecnica Produzione Animale

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Appunti di tecnica di produzione animale 1 PARTE 1^ - BASI DEL MIGLIORAMENTO GENETICO La genetica è la scienza biologica che si occupa dei meccanismi di trasmissione dei caratteri ereditari dei diversi organismi viventi. In particolare l'eredità è il fenomeno per il quale i genitori trasmettono ai figli e ai successivi i caratteri loro propri o dei loro ascendenti; in altre parole per "eredità" i genitori trasmettono ai figli e ai loro discendenti "i geni" che possono manifestare i caratteri loro e dei loro ascendenti nel modo, nella forma e nella "quantità" che dipenderà dalla reazione che ne deriverà nell'impatto con l'ambiente. Non si trasmette il carattere, ma si trasmettono i geni. In genetica il carattere visibile prende il nome di fenotipo -("F"): aspetto esterno di un organismo, risultante dall'interazione tra i suoi geni (genotipo - "G") e l'ambiente (paratipo - "P") In sintesi: F = G + P Il genotipo ovvero il patrimonio genetico (i geni) è localizzato sui cromosomi presenti nel nucleo della cellula Ogni specie presenta un numero fisso di cromosomi detto corredo e indicato con il numero diploide 2n Ad es: Bovini 2n = 60 Cavallo 2n = 64 Pollo 2n = 78 Capra 2n = 60 Pecora 2n = 54 Suino 2n = 38 Cane 2n = 78 Gatto 2n = 38 I cromosomi sono disposti in coppia; gli elementi di questa sono simili e sono detti omologhi Nelle cellule sessuali (gameti) si ritrova metà del corredo cromosomico che è detto numero aploide n, ottenuto da una divisione riduzionale (meiosi) Il principale costituente dei cromosomi sono i filamenti di DNA che è una macromolecola capace di autoduplicazione semiconservativa nella fase (interfase) che precede la divisione cellulare. Da un doppio filamento di DNA per processo detto di complementarietà, ad opera di enzimi particolari, se ne formano due doppi filamenti identici, ciascuno con un filamento vecchio ed uno costruito ex-novo. Da questi filamenti, ad opera di enzimi particolari, si forma il Mrna (trascrizione dell'informazione genetica) che trasporta il messaggio sui ribosomi dove ad opera di enzimi, tRNA, avviene la sintesi proteica (traduzione del messaggio) Con la formazione delle proteine avranno inizio tutti quei processi metabolici (enzimatici) che porteranno alla manifestazione di un certo carattere. Un gene, in maniera molto semplice, una tripletta o un multiplo di tre di basi azotate della molecola di DNA. Per ognuno di esso, nel caso delle coppie omologhe dei cromosomi se ve è una coppia. Ogni elemento della coppia è detto allele: se sono uguali, l'individuo per quel carattere si dice omozigote , se sono diversi si dice eterozigote

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PARTE 1^ - BASI DEL MIGLIORAMENTO GENETICO

La genetica è la scienza biologica che si occupa dei meccanismi di trasmissione dei caratteri ereditari dei diversi organismi viventi. In particolare l'eredità è il fenomeno per il quale i genitori trasmettono ai figli e ai successivi i caratteri loro propri o dei loro ascendenti; in altre parole per "eredità" i genitori trasmettono ai figli e ai loro discendenti "i geni" che possono manifestare i caratteri loro e dei loro ascendenti nel modo, nella forma e nella "quantità" che dipenderà dalla reazione che ne deriverà nell'impatto con l'ambiente.

Non si trasmette il carattere, ma si trasmettono i geni.

In genetica il carattere visibile prende il nome di fenotipo -("F"): aspetto esterno di un organismo, risultante dall'interazione tra i suoi geni (genotipo - "G") e l'ambiente (paratipo - "P") In sintesi:

F = G + P

Il genotipo ovvero il patrimonio genetico (i geni) è localizzato sui cromosomi presenti nel nucleo della cellula Ogni specie presenta un numero fisso di cromosomi detto corredo e indicato con il numero diploide 2n

Ad es: Bovini 2n = 60 Cavallo 2n = 64 Pollo 2n = 78 Capra 2n = 60 Pecora 2n = 54 Suino 2n = 38 Cane 2n = 78 Gatto 2n = 38

I cromosomi sono disposti in coppia; gli elementi di questa sono simili e sono detti omologhi Nelle cellule sessuali (gameti) si ritrova metà del corredo cromosomico che è detto numero aploide n, ottenuto da una divisione riduzionale (meiosi) Il principale costituente dei cromosomi sono i filamenti di DNA

che è una macromolecola capace di autoduplicazione semiconservativa nella fase (interfase) che precede la divisione cellulare. Da un doppio filamento di DNA per processo detto di complementarietà, ad opera di enzimi particolari, se ne formano due doppi filamenti identici, ciascuno con un filamento vecchio ed uno costruito ex-novo. Da questi filamenti, ad opera di enzimi particolari, si forma il Mrna (trascrizione dell'informazione

genetica) che trasporta il messaggio sui ribosomi dove ad opera di enzimi, tRNA, avviene la sintesi proteica (traduzione del messaggio) Con la formazione delle proteine avranno inizio tutti quei processi metabolici (enzimatici) che porteranno alla manifestazione di un certo carattere. Un gene, in maniera molto semplice, una tripletta o un multiplo di tre di basi azotate della molecola di DNA. Per ognuno di esso, nel caso delle coppie omologhe dei cromosomi se ve è una coppia. Ogni elemento della coppia è detto allele: se sono uguali, l'individuo per quel carattere si dice omozigote, se sono diversi si dice eterozigote

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In un individuo animale sono presenti due tipi di cellule:

- cellule somatiche con "2n" e una duplicazione per mitosi; - cellule sessuali (o gameti) con "n" e una divisone per meiosi. (Spermatogenesi

nei maschi e ovogenesi nella femmina)

La mitosi è una divisione cellulare che consta di molte complesse fasi e ripartisce esattamente il patrimonio cromosomico nei due nuclei figli. La meiosi è un processo comprendente due divisioni cellulari, durante le quali avviene la riduzione dei cromosomi al numero aploide "n". In pratica in questa divisione riduzionale da una cellula madre "2n" si formano 4 cellule figlie aploidi "n" In questo processo avviene una ridistribuzione del materiale genetico sia per lo scambio di materiale genetico tra i cromosomi omologhi durante la prima divisione "crossing over" sia per la distribuzione dei cromosomi della coppia omologa nei gameti in maniera del tutto casuale. Pertanto la riproduzione sessuale assicura una certa variabilità di una specie

I cromosomi di una specie animale si distinguono: - ordinari o autosomi o somatici: contengono le informazioni di tutti i caratteri

somatici dell'organismo; - sessuali o eterocromomi: contengono le informazioni per la determinazione

del sesso.

Determinazione del sesso Negli animali di solito i cromosomi sessuali sono 2.

Nei mammiferi vengono indicati con le lettere X e Y: il sesso maschile è eterogametico ed è indicato come XY, mentre il sesso femminile è omogametico ed è indicato come XX

Pertanto sarà il sesso maschile a determinare il sesso del nascituro: X Y

X XX XY

X XX XY

Come si può notare che il rapporto tra i sessi (sex ratio) è del 50%; ci possono essere cause genetiche ( es. geni letali o atri geni situati sui cromosomi somatici) o extragenetiche che lo possono alterare. Negli uccelli il sesso eterogametico è quello femminile e viene indicato con ZW, mentre quello maschile è omogametico ed è indicato con ZZ

La determinazione del sesso ha una base genetica, però esistono delle influenze citoplasmatiche (ormonali) che ne possono impedire la corretta espressione. Anche nel mondo animale ci sono casi di intersesso cioè geneticamente di un sesso, ma con la presenza di caratteri dell'altro: nei casi più gravi vi è l'ermafroditismo cioè la presenza delle gonadi di entrambi i sessi.

GEMELLARITA'

I mammiferi ad es. possono essere: - monovulari, cioè ad ogni ciclo sessuale producono di solito un solo ovulo

(vacca, cavalla, donna); - biovulari, cioè ad ogni ciclo maturano di solito due ovuli (pecora, capra); - poliovulari, cioè ad ogni ciclo maturano un numero elevato di ovuli (scrofa,

coniglia, cagna, gatta)

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Nel caso delle specie poliovulari si parla di fratelli, il termine gemello si usa per i nati monovulari al massimo biovulari.

I veri gemelli sono i monovulari monozigotici, cioè che provengono dallo stesso zigote e sono anche monocoriali sono nella stessa "placenta", hanno lo stesso sesso e sono identici geneticamente. I gemelli biovulari sono detti gemelli fratelli, provengono da due zigoti diversi e pertanto sono diversi geneticamente tant'è che possono essere di sesso diverso. Nei bovini la presenza di gemelli fratelli di sesso diverso crea alcuni problemi: il 90% delle femmine è sterile perché il maschio si forma prima e i suoi ormoni, durante l'embriogenesi impediscono la formazione dell'ovaie nella sorella (malattia detta Free-Martin)

I CARATTERI

Si possono distinguere essenzialmente due tipi di caratteri: - qualitativi (detti anche mendeliani):non misurabili, determinati di solito da un

singolo gene e poco influenzati dall'ambiente. Ad es. il colore del mantello, la presenza/assenza delle corna, i gruppi sanguigni;

- quantitativi: misurabili, determinati di solito da moltissimi geni "polimeri" detti polimeri che sommano i loro effetti nel singolo carattere, fortemente influenzati dall'ambiente. Ad es. la statura, il peso, la produzione del latte.

VARIAZIONI AMBIENTALI

(o paratipiche o esogenetiche)) Esso distinguono in:

- Ecologico (poco modificabile dall'uomo). E' rappresentato dal clima (temperatura, luce, piovosità, umidità) e tipologia del terreno intesa come natura chimico-fisica, giacitura, pendenza, esposizione.

- Zootecnico che dipende quasi esclusivamente dalle scelte operate dall'allevatore. Nell'ambiente zootecnico si ritrova la scelta degli alimenti e la tecnica di alimentazione, la scelta della tecnica di allevamento e di stabulazione con la ripercussione sull'igiene e la profilassi delle principali malattie, numero di mungiture effettuate e sulla ginnastica funzionale.

La ginnastica funzionale rappresenta l'esercizio sistematico di un organo o apparato per esaltarne la funzione. Ad. es.:

della mammella per favorirne lo sviluppo della mammella e successivamente la secrezione del latte stimolando l'azione dell'ormone ossitocina; dell'apparato digerente ad es. per abituare l'animale a ingerire alimenti poco appetibili o favorire un più rapido svezzamento dei lattanti; dell'apparato locomotore ad es. per abituare alle tecniche di corsa i

cavalli; del sistema nervoso. Esso consiste nell'addomesticamento, nel cavallo coincide con la doma.

Gli animali soffrono molto i cambiamenti improvvisi dell'ambiente di allevamento e ciò determina il cosiddetto stress di adattamento: uno stato di crisi e di sofferenza con assenza o ritardi di calori nelle femmine, assenza di libido nei maschi, dimagrimento e minore resistenza alle malattie.

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L'effetto dell'ambiente è evidente ponendo due gemelli monovulari, quindi identici geneticamente, in ambienti completamente diversi manifesteranno col tempo fenotipi diversi. L'ambiente pertanto determina negli animali delle variazioni dette esogenetiche (somatiche o paratipiche) che riguardando solo il fenotipo non sono assolutamente ereditabili

VARIAZIONI GENOTIPICHE

Le uniche variazioni trasmissibili, che hanno permesso l'evoluzione e permettono il miglioramento genetico, sono quelle genotipiche che si manifestano durante la gametogenesi e sono trasmissibili. Queste sono dovute essenzialmente a due fenomeni:

nuove combinazioni che si realizzano in seguito alla riproduzione sessuale: crossing over e distribuzione casuale dei cromosomi omologhi dei cromosomi durante la meiosi e per l'accoppiamento di due individui diversi; mutazioni ovvero un cambiamento improvviso e permanente di un carattere dovuto a variazioni del patrimonio genetico individuale. Spesso sono letali e avvengono spontaneamente (per fattori ancora non identificati) o per mutageni (cioè fattori chimici o fisici che aumentano la frequenza di mutazione Alcune mutazioni positive spontanee: a) scomparsa delle corna in alcune razze bovine; b)pecore con zampe corte; c) i canarini di colore giallo.

Tipi di mutazioni: - Geniche o fattoriali cioè quelle che interessano un singolo gene,

molto pericolose perché possono portare allo scivolamento dell'intero patrimonio genetico e quindi la morte dell'individuo.

- Cromosomiche sono quelle che interessano una parte di cromosoma anch'esse molto pericolose. Vengono distinte in: - Delezione quando si perde la parte terminale del cromosoma; - Duplicazione, quando un pezzo di cromosoma si duplica; - Inversione di 180° di un pezzo di cromosoma; - Traslocazione di pezzi di cromosomi non omologhi.

- Genomiche (o dell'intero assetto cromosomico). Esse si distinguono in: a) aneuploidia (più frequente) quando ci sono variazioni di 1 o più cromosomi interi nel corredo per mancanza disgiunzione degli stessi (trisomia). b) euploidia (rarissimo) alterazione dell'intera ploidia (poliploidismo).

EREDITA' DEI CARATTERI QUALITATIVI

(o Mendeliani - determinati di solito da un singolo gene e poco influenzati dai fattori ambientali che significa che si manifestano direttamente nel fenotipo)

Di ogni carattere un individuo presenta nello stesso locus sui cromosomi omologhi due geni (coppia allelomorfa o alleli). Se sono uguali si parla di omozigoti, se sono diversi si parla di eterozigoti per quel carattere L'allele che si manifesta nel fenotipo anche nello stato eterozigotico è detto dominante ed è indicato convenzionalmente con una lettera dell'alfabeto maiuscola (A), mentre quello che si manifesta solo allo stato omozigotico (o puro) è detto recessivo ed è indicato convenzionalmente con una lettera dell'alfabeto minuscola (a)

Tali caratteri sono detti mendeliani, in quanto fu Mendel nella metà del 1800 a studiarli per la prima volta, quando ancora non si conoscevano i cromosomi, i geni e il DNA.

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Alla fine dei suoi studi, soprattutto nel mondo vegetale, enunciò i suoi principi fondamentali che oggi vengono indicate come le 3 Leggi di Mendel

1° Legge: Legge della dominanza o dell'uniformità degli ibridi F1

- Se vengono incrociati due individui puri (omozigoti dominanti e recessivi) per un carattere in F1 si manifesta solamente il fenotipo dominante. Bovino a mantello Nero x Bovino a mantello Rosso NN x nn

F1 Bovino a mantello nero Nn

2° Legge: Legge della segregazione o disgiunzione dei caratteri in F2 - Se vengono incrociati due individui F1 etrozigoti, in F2 ricompare il

carattere recessivo -

F1

Bovino a mantello Nero x Bovino a mantello Nero Nn x Nn N n

N NN Nn n Nn nn

Il rapporto fenotipico sarà: 3 Neri (NN, Nn, Nn) e 1 rosso (nn)

Il rapporto genotipico sarà: 1(NN):2(Nn):1(nn)

3°Legge: Legge dell'indipendenza dei caratteri. Ogni carattere è trasmesso indipendentemente dagli altri. E' chiaro che per evidenziare tale legge occorre prendere in esame più caratteri, nel caso di due si parla diibridismo, nel caso di tre triibridismo e così via. Esempio di diibridismo:

Bovini a Mantello nero uniforme x Bovini a Mantello rosso pezzato NNAA x nnaa F1

Bovini a Mantello Nero Uniforme NnAa

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Bovini a Mantello nero uniforme x Bovini a Mantello nero uniforme NnAa x NnAa Si hanno le seguenti 16 combinazioni:

NA Na nA na

NA NNAA NNAa NnAA NnAa Na NNAa Nnaa NnAa Nnaa NA NnAA NnAa NnAA NnAa na NnAa Nnaa nnAa nnaa

Con un rapporto fenotipico: 9 Nero Uniforme 3 Nero Pezzato 3 Rosso Uniforme 1 Rosso Pezzato

Come si può notare si sono formate 2 nuove combinazioni non esistenti prima, il nero pezzato e il rosso uniforme

Formula per conoscere le possibili combinazioni in F2 = 2ⁿ Dove "n" rappresenta il numero dei caratteri presi in esame. Ad es. con un triibridismo 4 elevato al cubo = 64 combinazioni possibili E' chiaro che questa legge di Mendel risulta vera solo se i caratteri qualitativi presi in esame sono localizzati su cromosomi diversi, altrimenti essi saranno trasmessi insieme, a meno che tra i geni non avvenga un crossing over durante la meiosi

NEOMENDELISMO

Rientrano sotto questo termine i risultati degli esperimenti sui caratteri qualitativi non sempre concordanti con le tre leggi di Mendel.

1. Associazione genica: ci sono dei geni che sono localizzati molto vicini sullo stesso

cromosoma e pertanto vengono trasmessi sempre insieme a meno che non avvenga tra di essi un crossing over.

2. Dominanza intermedia o parziale: non esiste una dominanza completa tra due geni (caratteri) e pertanto l'individuo eterozigote avrà caratteristiche intermedie.

3. Dominanza limitata dal sesso: alcuni caratteri sono trasmessi sono in un sesso, in quanto la loro espressione soprattutto quando sono allo stato eterozigote sono condizionati dalla presenza degli ormoni sessuali

4. Epistasi : questa è un'interazione fra geni che non sono alleli che può portare alla manifestazione di un altro carattere o all'inibizione di un altro ancora. Questo fenomeno è una complicazione per il lavoro di miglioramento genetico, in quanto tende a mascherare il vero genotipo di un animale.

5. Eredità legata al sesso: in quanto determinata da geni localizzati sui cromosomi sessuali (X e Y nei mammiferi) Ci sono geni localizzati solo su Y e pertanto i caratteri si manifestano solo nel maschio (eredità oloandrica), mentre l'eredità dei geni localizzati su X è più complessa in quanto è omocromosoma nella femmina ed eterocromosoma nel maschio.

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6. Pleiotropia: esistono dei geni che danno l'informazione per più caratteri contemporaneamente.

7. Fattori letali, subvitali e subletali: sono geni che abbassano il tasso di fecondità e di prolificità. I primi, di solito recessivi, causano la morte precocemente, i secondi, quando la morte avviene più tardivamente e terzi quando si determinano individui anormali

8. Fattori di sterilità e di ipofertilità: che possono essere in minima parte di natura genetica (2%) e in massima parte (98%) dovuta a fattori ambientali.

Portatore sano in genetica è un animale che è fenotipicamente sano, ma che presenta nel suo genotipo allo stato recessivo un gene per una malattia, che si potrà manifestare quando due di si incrociano.

Es. Portatore Sano X Portatore Sano Ss Ss

F1 1 SS (sano) 2 Ss (portatore sano) 1 ss (malato) 9. Geni polimeri: questi geni detti anche additivi sommano i loro effetti nel carattere:

più geni ci sono, più sarà l'intensità dello stesso. L'azione di questi geni è molto influenzata dall'ambiente e quindi si passa lentamente da caratteri qualitativi e caratteri quantitativi

EREDITA’ DEI CARATTERI QUANTITATIVI

Sono quelli di maggiore interesse zootecnico, determinati da geni polimeri e fortemente influenzati dall'ambiente e presentano all'interno di una popolazione un andamento del tutto particolare. Per potere studiare ed interpretare tali caratteri, gli studiosi ipotizzano la cosiddetta popolazione panmittica caratterizzata da:

- numerosità infinita - tutti i genotipi hanno la stessa fertilità - l'incontro dei gameti del tutto casuale

Allorchè viene raggiunto l'equilibrio (legge di Hardy-Weimberg) con il passare delle generazioni non cambia la frequenza dei geni ma rimane costante.

Questa legge è del tutto teorica, in realtà vi sono diversi fattori che alterano come::

- Drift genetico: nel senso che una popolazione è necessariamente finita e la

produzione dei gameti è necessariamente un campione di quelli possibili. - Migrazione: introduzione di nuovi animali nella popolazione - Mutazioni - Selezione naturale (dovuta al diverso tasso di riproducibilità dei genotipi) e

selezione artificiale (in favore del carattere dominante, in favore del carattere recessivo o in favore del carattere eterozigote)

- Metodi di accoppiamento: l'incrocio aumenta l'eterozigosità, mentre l'inicrocio l'omozigosità.

Questa variabilità del carattere quantitativo, all'interno di una popolazione, viene studiata con l'aiuto della biometria - statistica applicata alle scienze biologiche.

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Per poter operare meglio si cerca di ottenere delle popolazioni di animali, in cui il carattere in esame abbia una distribuzione continua e che possa essere rappresentato graficamente da una curva a campana detta di Gauss

Nella curva di Gauss la media, moda e mediana coincidono. La media (M) aritmetica di n numeri è il rapporto fra la loro somma e il numero dei numeri. La moda rappresenta il valore della variabile a cui corrisponde la maggiore frequenza; la curva in questione è unimodale. La mediana divide la distribuzione delle frequenze in due parti uguali. Questi parametri biometrici però non danno alcuna informazione circa la variabilità della popolazione, infatti a diversa variabilità possono corrispondere gli stessi valori di media, moda e mediana. Occorre pertanto individuare un parametro biometrico che misura la variabilità della popolazione: la deviazione standard (ds) "σσσσ" (sigma) che individua un intervallo simmetrico intorno alla media (nei punti di flesso della curva) in cui sono comprese circa il 68% delle osservazioni

Intervallo simmetrico = media del carattere (M) + o - σσσσ; si legge media del carattere meno il valore del sigma e più il valore del sigma Es: M =100 con � +/- 15 l’intervallo sarà 85 – 115 con il 68% degli individui di quella popolazione. Vedi figura sotto.

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In generale più è alto il σ, più aumenta la variabilità del carattere e quindi l'eterogeneità e la possibilità di miglioramento genetico, mentre più è basso il σ, più è ridotto l'intervallo intorno alla media (omogeneità del carattere) e quindi minore variabilità e difficoltà di miglioramento genetico.

Necessariamente per poter operare un miglioramento genetico di una popolazione teoricamente di numerosità infinita si opera su un campione che dovrà essere individuato in modo tale che sia significativo e rappresenti l'intera popolazione. Per i caratteri quantitativi, vista la forte influenza del fattore ambientale, si parla di ereditabilità ovvero la possibilità di essere trasmessi alla generazione successiva. Essa viene espressa con il coefficiente di ereditabilità "h²" che rappresenta il rapporto tra la variabilità genetica per geni di tipo additivo e la variabilita fenotipica. Esso è compreso tra 0 e 1.

0 <h² <1

Quando "h² " è = 1, vuol dire che la variabilità ambientale non esiste = 0 e quindi il carattere sarà ereditato al 100%, come se fosse uno di tipo qualitativo, mentre se "h² "= 0, vuol dire che non esiste variabilità genetica essa è solamente di origine ambientale e quindi il carattere non è ereditato.

Non è facile determinare per i caratteri quantitativi "h² ", infatti di esso viene fatta una stima dai ricercatori dopo tantissimi esperimenti.

Tra i caratteri quantitativi di maggior interesse zootecnico l'ereditabilità è:

- medio bassa:- per la produzione di latte (0,2 -0,3); - alta: per la mole (produzione di carne) (0,5); percentuale di proteine nel

latte (0,4 - 0,5); percentuale di grasso nel latte (0,4 - 0,8) Una ereditabilità di 0,3 significa che l'espressione del carattere dipende per il 30% dai fattori genetici e un 70% dai fattori ambientali.

La ripetibilità di un carattere quantifica la somiglianza esistente tra fenotipi diversi di uno stesso individuo. (Ad es. le successive lattazioni di una vacca da latte le cui produzioni non sono costanti nel corso della carriera anche per cause dovute a fattori ambientali.

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Miglioramento genetico degli animali

La maggiore organizzazione che riunisce gli allevatori italiani è l'associazione italiana allevatori (AIA) che, attraverso 28 organizzazioni nazionale di specie, 16 organizzazioni regionali (ARA) e le associazioni provinciali (APA) ha lo scopo di migliorare il settore zootecnico nazionale dal punto di vista economico e produttivo. Al momento l'AIA è:

- incaricata della tenuta dei Libri Genealogici; - responsabile dei controlli funzionali delle produzioni; - promotrice della diffusione dell'inseminazione strumentale, del

miglioramento degli animali e controllore della fertilità degli allevamenti; - l'ente che regola l'intervento sul mercato da parte dell'U.E. e nello stesso

svolge azione di promozione dei consumi di origine animale. Con il temine Libro Genealogico di razza s'intende l'insieme dei documenti e delle norme che hanno lo scopo di rilevare i dati degli animali, con l'obiettivo della selezione e del miglioramento genetico. Il libro è aperto in fase di istituzione, quando vi possono essere iscritti tutti gli animali che rispondono ai requisiti standard di razza e il cui proprietario ne faccia richiesta. E' chiuso nella fase successiva di mantenimento, quando vi possono iscrivere solo gli animali figli di animali iscritti o provenienti da libri stranieri riconosciuti dal nostro Paese e che comunque abbiano i requisiti minimi per l'iscrizione.

Il motivo della chiusura è perché si individua un gruppo di animali su cui concentrare il lavoro di miglioramento genetico.

L'istituzione di un L.G. è inoltre condizionata dalla consistenza numerica della razza, per quelle poco numerose in via di estinzione si istituisce il registro anagrafico.

Il documento più conosciuto del L.G è il certificato genealogico che riporta oltre che i dati anagrafici (codice, nome, data di nascita, luogo di nascita, azienda di allevamento, eventuali passaggi di proprietà, eventuali segni particolari, in alcuni casi il disegno della pezzatura del mantello, la foto e l'impronta del musello) e dati produttivi funzionali, se ha iniziato la carriera produttiva, come ad es. la produzione di latte, la durata della lattazione, la percentuale e quantità di grasso e la percentuale e la quantità di proteine presenti nel latte.

A parte, sempre nel certificato, è indicato il codice del toro che copre l'animale, la data della fecondazione e del parto, il sesso del nascituro; spesso sono indicati anche eventuali premiazioni a mostre del soggetto.

Il certificato è detto genealogico in quanto, oltre i dati identificativi del soggetto, sono riportate le valutazioni morfofunzionali degli ascendenti femmina a partire dalla madre e le valutazioni morfogenotipiche degli ascendenti maschi a partire dal padre.

In pratica con questo documento è possibile ricostruire tutta la genealogia del soggetto in esame a partire dall'istituzione del Libro Genealogico.

Il Controllo della paternità è un momento importante per evitare errori di registrazione e

frodi per sostituzione di soggetti. Attualmente tale controllo viene effettuato attraverso l'esame della formula eritrocitaria (gruppi sanguigni): si controlla la terna figlio-madre-padre e per l'estrema complessità (11 sistemi e 51 antigeni), la formula eritrocitaria rappresenta l'impronta digitale del bovino.

Il Controllo sanitario è un altro momento importante per la scelta degli animali destinati a

diventare riproduttori. Essi non dovranno avere malattie infettive tipo afta epizootica, tubercolosi e brucellosi e malattie all'apparato genitale tipo tricomoniasi e leptospirosi

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SCELTA DEI RIPRODUTTORI.

Da sempre gli allevatori hanno scelto per la riproduzione dei propri animali quelli che gli sembravano a vista migliori per le proprie esigenze produttive (selezione massale) nella speranza di vedere nei figli le stesse caratteristiche positive dei genitori. Tale scelta è stata vincente e ha portato ad un lento miglioramento della redditività degli allevamenti. La genetica e la biometria invece hanno permesso di perfezionare tale metodo individuando specifici riproduttori (selezione individuale) attraverso una serie di valutazioni sugli animali prescelti per la riproduzione e quindi per il miglioramento genetico. 1) Valutazione fenotipica (o morfologica) In base ai requisiti ottimali di razza si può ipotizzare un "tipo ideale" ovvero di una conformazione che riunisca in sé quanto più pregevole l'individuo può estrinsecare al fine di raggiungere il massimo dell'economicità.

Questi requisiti prescelti, correlati il più possibile alle produzioni zootecniche selezionate, dovrebbero essere trasmissibili ai discendenti, indipendentemente dall'ambiente. C'è da tenere presente che l'avvicinamento al tipo ideale non è garanzia di assoluta produttività, dal momento che due animali morfologicamente identici, posti nel medesimo ambiente, possono avere produzioni diverse.

La conformazione ideale rappresenta la struttura dell'animale che può estrinsecare al meglio e per lungo tempo la propria funzionalità, purché sia sorretto da un buon patrimonio genetico e da buone condizioni ambientali. Ad es.valutare dal punto di vista morfologico un animale significa confrontarlo con il tipo ideale e rilevarne quanto se ne differenzi.

Per la razza bovina Frisona si prendevano in esame sino al 2003 seguenti aspetti: 1) aspetto generale (ovvero la conformazione generale del corpo dell'animale);

Punti 20

2) caratteri lattiferi (ovvero conformazione spigolosa, pelle sottile e sollevabile in pliche ecc.) Punti 20 3) capacità corporea (ovvero lo sviluppo del torace e dell'addome); Punti 20 4) apparato mammario (i requisiti morfo-funzionali e l'adattabilità alla mungitura meccanica). Punti 40

Dal 2004 i caratteri, con relativo peso, presi in esame sono i seguenti: - struttura punti 25 (riferimento alla razza standard- statura, equilibrio, angolosità, armonia, capacità corporea, groppa, linea dorsale articolazione spalla) - caratteri lattiferi punti 15 (apertura costato, qualità dello scheletro, finezza della pelle e qualità della mammella) - arti e piedi punti 20 (funzionalità, altezza tallone) - Apparato mammario punti 40 (profondità, legamento centrale, forza attacco anteriore, capezzoli, attacco posteriore)

Al tipo ideale si attribuisce il punteggio 100. Altre qualifiche per la Frisona italiana: OTTIMO: 90-100

MOLTO BUONO: 85-89 BUONO + 80-84 BUONO 75-79 SUFFICIENTE 70-74 INSUFFICIENTE 65-69

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La valutazione morfologica per l’iscrizione ai Libri Genealogici per una vacca da latte è obbligatoria almeno 2 volte nella carriera produttiva: dopo il 1° parto e a 5 anni.

Dalla metà degli anni ottanta in Italia per le due principali razze bovine Pezzata nera italiana e Bruna è stato adottato anche un metodo lineare di valutazione ovvero la descrizione dell'animale viene fatta misurando su scale lineari (da qui la definizione del sistema) di valori crescenti di tutti i caratteri morfologici che vengono presi in considerazione. Gli estremi biologici di ogni carattere (min -max) hanno rispettivamente i valori 1 e 50, mentre il valore intermedio 25. Nella scheda di valutazione adottata in Italia vengono presi in considerazione 29 caratteri: con valori < 19, si ha il difetto, mentre con valori >29, si ha il pregio. 2) valutazione funzionale: ovvero i controlli sulle diverse produzioni zootecniche. Ad es. per la produzione del latte si controlla: 1) produzione iniziale; 2) produzione nella lattazione; 3) contenuto di grasso (essenzialmente trigligeridi saturi) e proteine.(90% caseine,la più importante per la caseificazione la variante B della –K caseina e il 10% di sieroproteine – albumine e globulina); 4) velocità di mungitura o di sgocciolatura per non rischiare di far rimanere del latte nella mammella con rischio di infezioni batteriche mastitiche – in genere una mungitura meccanica dura 3 -5 minuti – mentre l’azione spremente dell’ormone ossitocina, liberato al momento del lavaggio della mammella, dall’ipofisi dura circa 7 – 10 minuti. Inoltre si controlla anche, perché influenzano direttamente la produzione di latte: 1) durata del periodo di interparto; 2) durata dell'asciutta; 3) conformazione e voluminosità della mammella. Per raffrontare le produzioni delle vacche alle diverse età è stato introdotto il coefficiente detto equivalente vacca matura (EVM), che permette di svincolare la produzione del latte dai numerosi parametri ambientali che possono influenzarla. Viene ottenuto moltiplicando la previsione della produzione del latte di 305 giorni per un coefficiente di correzione che tiene conto dell'età dell'animale e del mese di inizio della lattazione.

In pratica si ipotizzano vacche di 7 anni, che abbiano partorito nel mese di gennaio.

Nella produzione della carne invece si valuta l'incremento ponderale giornaliero (IPG) o (IMG : incremento medio giornaliero) e quindi la rapidità dell'accrescimento, la precocità riproduttiva ovvero l'età della manifestazione della pubertà, l'indice di conversione degli alimenti (IC) ovvero quanti Kg di mangimi sono necessari per formare un 1Kg di peso (per i bovini IC è di 9-10 kg mentre per i suini di 3-4 Kg), lo spessore in grasso, limitato perché il mercato italiano vuole una carne particolarmente magra e con molto grasso di marezzatura, la conformazione generale dell'animale (deve essere brachimorfo per avere una resa al macello più alta) con la percentuale dei tagli pregiati - normalmente localizzati nella parte posteriore del corpo. Questi ultimi nella caso della coscia doppia (o groppa di cavallo) può rendere difficoltoso il parto nella femmina. 3) valutazione genotipica. L'unica cosa possibile è stimare il valore genetico di un animale sulla base del fenotipo dell'animale stesso e dei suoi parenti.

Essa può essere effettuata: a) sull'esame del fenotipo degli ascendenti; b) sull'esame del fenotipo dei collaterali (sib test); c) sull'esame del fenotipo dei discendenti (Progeny test); d) sull'esame del fenotipo dell'individuo stesso (Performance test).

La valutazione degli ascendenti è l'esame meno preciso e viene effettuato attraverso la lettura dei certificati genealogici - un figlio riceve solo un campione dei geni dei genitori e molto del fenotipo è dovuto dall'ambiente. (indice di pedigree)

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La valutazione degli ascendenti permette inoltre di calcolare il coefficiente di consanguineità, ovvero il grado di omozigosità dell'individuo, che permette di ridurre il rischio di malattie genetiche (in genere per omozigosi recessiva) per accoppiamenti tra parenti stretti. Questo rischio nella zootecnia moderna è molto elevato perché sono relativamente pochi i tori riproduttori in attività. Calcolo del grado di parentela ( R ) R = ∑∑∑∑ (_1_)ⁿ

2

dove n = numero di generazioni; ∑∑∑∑ (sommatoria) in quanto per calcolare il grado di parentela bisogna considerare quella diretta e quella indiretta , cioè quella che passa attraverso un ascendente comune In zootecnia si distingue una parentela:

- stretta (1 e 2°); - media (3 - 4°); - larga (5 - 10°)

Oltre il 10° non si considerano più facenti parte della stessa famiglia.

La valutazione dei collaterali (sib test) riguarda una valutazione morfologica e funzionale dei fratelli o sorelle piene (o germane) del riproduttore che si sta esaminando. Ad es. per un toro di una razza da latte si esaminano le caratteristiche morfo-funzionali delle sorelle. La valutazione individuale (o performance test) permette di apprezzare le prestazioni produttive dell'animale stesso. Il valore genetico può venire stimato con sufficiente precisione mediante la prova individuale solamente se esiste una buona correlazione tra il fenotipo e il genotipo, cioè per quei caratteri che hanno un'alta ereditabilità (h² > 0,5). Sono prove di stazione, ovvero gli animali sono controllati sempre nello stesso ambiente (stalla), impiegate per la scelta sia di tori di razze bovine da carne sia per la scelta di torelli di razze da latte da immettere nelle prove di progenie. Durante il performance test vengono presi in esame i seguenti aspetti e sono gli stessi che vengono presi in esame nella valutazione funzionale della carne:

- incrementi ponderali giornalieri (IPG) e quindi la rapidità dell'accrescimento; - precocità riproduttiva ovvero l'età della manifestazione della pubertà; - indice di conversione degli alimenti (IC); - spessore in grasso; - conformazione generale dell'animale e percentuali in tagli pregiati; - rusticità e resistenza alle malattie; - per le fattrici si valuta anche la facilità di parto e la quantità di latte nel caso in cui sia previsto uno svezzamento naturale. Per i bovini la prova dura circa 12 mesi.

Per i suini utilizzati per la produzione del suino pesante da salumificio si utilizza maggioprmente il Combined test: una via di mezzo tra la valutazione individuale e dei collaterali (sib test). Si utilizza soprattutto per la scelta dei verri: da una nidiata di un'ottima scrofa si scelgono i quattro suinetti migliori (2 maschi e 2 femmine): in base al peso, la vivacità, stato di salute e vengono portati nei centri di miglioramento genetico. In tali centri i suinetti vengono sottoposti alle prove di performance: si calcola cioè l'IPG, l'IC, lo spessore in grasso con sonde ecografiche e si stima la percentuale dei tagli pregiati (cosce, lombi, spalla) per 6 -7 mesi. Alla fine della prova le due sorelle vengono macellate e si calcola dal vivo la resa al macello e la percentuale in tagli pregiati, mentre uno dei due fratelli viene sottoposto al test dell'alotano, un gas che serve per verificare la presenza di una malattia genetica il PSE, cioè una carne pallida, soffice ed essudativa non adatta alla conservazione e alla produzione dei prosciutti.

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I risultati dei centri vengono confrontati per scegliere i soggetti migliori da destinare alla riproduzione e al miglioramento genetico della razza.

La valutazione della discendenza (o progeny test) viene utilizzata per tutti quei caratteri che hanno una bassa ereditabilità (h² < 0,25) cioè sono molto influenzati dall'effetto ambientale. Ad es. la produzione del latte. Il metodo usato in Italia prende il nome di confronto con le contemporanee: le produzioni delle figlie, in prima lattazione, del toro da provare, scelto con un performance test, vengono confrontate con le produzioni di coetanee e contemporanee al parto, allevate nello stesso allevamento, figlie di altri tori. Il confronto viene effettuato in più ambienti (stalle).

Analizzando tutti risultati, anche con l'impiego di parametri di ponderazione per avere dei dati più omogenei per il motivo che le figlie del toro in prova sono necessariamente inferiori di quelle di altri tori (tale indice di ponderazione è detto numero di figlie effettive), si potrà stabilire se il toro sarà miglioratore o peggioratore.

Alla fine del test il toro si dice provato. Il metodo, comprensivo anche della fase iniziale di performance test (scelta del torello), dura circa 60 mesi. Le tappe della valutazione di un toro di razza lattifera (performance test e progeny test) Età del riproduttore Mesi 0 - nascita Vitello in 1 - inizio "performance test" performances 12 - scelta in base al performance test test

prelievo e distribuzione seme Toro in

(1000 dosi) progeny 15 - fecondazione vacche. test 24 Prelievo nascita delle figlie 30 Toro in attesa

48 esito parto delle figlie Progeny Test stoccaggio 60 chiusura lattazione figlie seme 70 Valutazione del riproduttore Toro

71 Provato - distribuzione seme se valutazione è positiva

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INDICI GENETICI

Nella scelta dei riproduttori per il miglioramento genetico, in aggiunta alle valutazioni, si utilizzano sistemi informatici e metodi di calcolo e di elaborazione opportunamente studiati. In Italia per le razze bovine da latte Frisona Italiana e Bruna Italiana questo sistema informatico è detto BLUP (Best Linear Unbiased Prediction – la migliore previsione lineare non distorta): un metodo di calcolo, abbinato al modello statistico detto Animal Model che riesce a “stimare” contemporaneamente il valore genetico di tutti gli animali di una popolazione, basandosi:

• Sulle relazioni di parentela esistenti tra loro: • Su tutte le informazioni disponibili (produttive, morfologiche o altro) rilevate su tutti gli

animali iscritti al L.G. e controllati (in tutti gli anni da quando si eseguono i controlli). Infatti la PRODUZIONE = VACCA + GENETICA + AMBIENTE + MANAGEMENT + CASUALITA’

La produzione di una vacca non è l’espressione della “genetica acquisita dai genitori, ma il risultato della combinazione di più “effetti” combinati tra loro. Per questo, animal model considera che i quantitativi rilevati dai controlli funzionali (a parità di effetti stagionali, età, numero di mungiture, intervallo parto-concepimento e variabilità di allevamento) sia:

• Il risultato dell’effetto del particolare allevamento, anno e stagione in cui la bovina si è trovata a produrre (management);

• Per effetto genetico dell’animale (genetica); • Più effetto specifico di ogni vacca legato alla sua storia produttiva in un determinato ambiente

(effetto ambientale permanente); • Più una parte residua non spiegabile e dovuta ad altri effetti casuali e specifici di una sola

lattazione (casualità) che non possono essere identificati né quantificati. Le associazioni nazionali dal BLUP e dall’Animal Model ricavano gli indici genetici. Alcuni esempi: IGT (indice genetico toro) per caratteri produttivi tiene conto dalla produzione di Kg di latte, percentuale di grasso e proteine, produzione di Kg di grasso e di proteine delle lattazioni di tutte le figlie controllate (proiettate a EVC – equivalente vacca matura) e l’accuratezza della stima varia in funzione del numero delle stesse, dal numero delle lattazioni e degli allevamenti ove le medesime sono allevate. IGT morfologia viene calcolato sulla base del punteggio finale delle valutazioni morfologiche delle figlie: come se le stesse avessero partorito ala stessa età. IGV (indice genetico vacca) tiene conto l’ effetto genetico dell’animale (genetica), il risultato dell’effetto del particolare allevamento, anno e stagione in cui la bovina si è trovata a produrre (management),l’effetto specifico di ogni vacca legato alla sua storia produttiva in un determinato ambiente (effetto ambientale permanente) e una parte residua non spiegabile e dovuta ad altri effetti casuali e specifici di una sola lattazione (casualità) che non possono essere identificati né quantificati. IGV morfologia considera sia il punteggio finale che hanno riportato nelle valutazioni dopo il primo parto compreso tra i 20-38 mesi Altri indici: ILQ – INDICE QUALITA’ LATTE; ICM – INDICE COMPOSTO MORFOLOGIA; ILQM – INDICE QUALITA’ E MPRFOLOGIA; ITE – INDICE TOTALE ECONOMICO

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VALUTAZIONE DELLA SELEZIONE

(Ovvero valutazione delle scelte effettuate) Nel miglioramento genetico, per avere delle risposte più rapide, si procede per un carattere voltaPer la riproduzione vengono scelti gli individui migliori, in base alle valutazioni precedentemente descritte. Questi avranno un livello produttivo medio "XC" superiore alla media della popolazione "Xp". Sopra rappresentati in una curva di Gauss. E' detto differenziale selettivo "S" la differenza algebrica tra il valore medio dei campioni destinati alla riproduzione "M1” il valore medio del carattere nella popolazione originaria “M0”

Tanto ù alto sarà "S", tanto maggiore sarà la velocità del miglioramento genetico.

Si dice risposta alla selezione "r" il prodotto tra il differenziale selettivo "S" e il coefficiente di ereditabilità "h² "

R = S x h²

La risposta alla selezione sta ad indicare l'incremento produttivo nella nuova popolazione rispetto alla vecchia.

La nuova media produttiva sarà: X2 = X0 + R

Con il passare delle generazioni, si osserverà prime uno spostamento verso destra della curva di Gauss, all'inizio molto ampi, dopo meno perché diminuisce il differenziale selettivo e nello stesso tempo una diminuzione della deviazione standard (quindi minore variabilità e curva più stretta e più alta).

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Brevi considerazioni sulle basi del miglioramento genetico.

Non esiste l'animale che migliora tutti i caratteri di una certa razza e per ciascuno di esso (o

gruppi) viene individuato dal Centro Genetico un determinato riproduttore. I diversi caratteri che determinano un fenotipo possono essere: • Indipendenti • Correlati positivamente (Sinergismo) • Correlati molto positivamente (Sinergismo) • Correlati negativamente (Antagonismo)

• Correlati molto negativamente (Antagonismo)

Pertanto la selezione individuale può essere diretta per un determinato carattere, ma anche indiretta in cui si seleziona un carattere negativo correlato ad un carattere positivo.

La selezione diretta può essere per più caratteri indipendenti individuando una soglia indipendente per ciascuno di esso oppure un indice selettivo globale cioè determinando dei pesi di "ponderazione" dei diversi caratteri (cioè per individuare un equilibrio nel fenotipo). Nel caso in cui la selezione diretta sia per più caratteri dipendenti occorre individuare un indice che congloba in un unico parametro i diversi caratteri oggetto di selezione - risulta evidente che tanto sono più elevate le correlazioni positive, tanto più veloce sarà il progresso genetico per ciascuno di essi.

Metodi di accoppiamento (o di riproduzione)

Essi sono essenzialmente di due tipi: inincrocio e incrocio. Si parla di inincrocio quando gli individui che vengono accoppiati appartengono alla stessa famiglia (consanguineità). La consanguineità, attribuibile a fattori genetici non addivitivi, aumenta il grado di omozigosi che quando è recessiva comporta decrementi produttivi, diminuita resistenza all'ambiente e la possibilità di comparsa di malattie genetiche. (Depressione da consanguineità) E' una tecnica che viene usata per "fissare" qualche carattere positivo e formare nuove razze e per ottenere, nei centri di miglioramento genetico, le cosiddette Linee Pure complementarie (animali con un altissimo grado di omozigosi - Grand parents dei suini spesso protette da un brevetto). Quando riproducendosi in consanguineità si manifestano degli inconvenienti, si ricorre al "rinfrescamento del sangue" cioè si sospende l'accoppiamento tra i parenti e si utilizza un riproduttore non parente. Si parla di incrocio quando gli individui che si accoppiano non appartengono alla stessa famiglia. Esso può essere: a) intrarazziale - quando appartengono alla stessa razza; b) interrazziale - quando appartengono a razze diverse. Tra le principali funzioni:

• ottenere individui (meticci) con caratteristiche intermedie rispetto ai tipi parentali da cui provengono;

• incorporare l'effetto della selezione; • per ottenere il vigore ibrido (o eterosi) facendo riprodurre due linee pure complementarie.

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L'eterosi o lussureggiamneto si conosce ancora molto poco e sono state proposte diverse teorie per spiegare il fenomeno:

• dovuta ad una interazione positiva di natura citoplasmatica tra cellule diverse; • azione cumulativa nel meticcio dei geni dominanti positivi; • interazione positiva tra alleli diversi (epistasia)

Quando più gli individui sono diversi, tanto più è facile che si manifesti il fenomeno e occorre soprattutto che siano complementari uno rispetto all'altro. Essendo quindi individui eterotici con un altro grado di eterozigosi questi non dovranno essere fatti riprodurre per non rischiare la ricomparsa dei caratteri negativi per segregazione. E' una tecnica di riproduzione utilizzata nella produzione della carne, soprattutto per suini, polli e bovini. Tipi di incroci:

• incrocio industriale di 1° generazione - quando ci si limita alla 1° generazione, senza destinarli alla riproduzione, anche per perdere eventuali vantaggi dell'eterosi;

• incrocio industriale di 2° generazione - quando non manifestandosi il fenomeno dell'eterosi, si cerca di fondere i caratteri positivi di più razze.

Quest’ultimo si distingue: Esso di distingue:

• di reincrocio - quando gli F1, le femmine, vengono fatte reincrociare con la razza paterna; • a tre vie - quando gli F1, le femmine, vengono fatte incrociare con una razza diversa da

quelle parentali; • a quattro vie - quando vengono fatti incrociare tra di loro gli ibridi F1,provenienti tutti da

razze diverse - quindi F2 sarà il risultato di quattro razze diverse. Altri tipi di incroci:

• incrocio alternato - forma di accoppiamento tra due razze, in cui gli ibridi vengono fatti accoppiare alternativamente con i riproduttori delle razze prescelte e viene fatto per mantenere l'eterozigosità (suini)

• incrocio a rotazione - simile a quello alternato, solo che ad alternarsi sono più di 2 razze • incrocio di sostituzione o continuato per sostituire una razza pre-esistente con un'altra con

caratteristiche più favorevoli. Nella pratica le femmine della razza da sostituire vengono fatte incrociare con i tori di quella da introdurre. Gli ibridi che via via si ottengono vengono fatti incrociare con i tori della razza da introdurre e alla 6 -7 generazione la sostituzione si può considerata ultimata.

Questo tipo di incrocio riduce al minimo lo stress di adattamento della nuova razza - si abitua lentamente e ha un costo notevolmente inferiore rispetto all'immediata sostituzione dell'intera mandria,

• meticciamento è la tecnica adottata per creare nuove razze e consiste nell'accoppiare F1, che determina nella progenie una elevatissima variabilità e quindi con la selezione si cerca di fissare i caratteri più positivi.

• Ibridazione interspecifica si può fare con difficoltà tra specie molto affini tra di loro. Queste difficoltà sono legate a: a) incompatibilità genetica; b) per repulsione psichica; c) per diverse abitudini comportamentali; d) impossibilità fisica.

Esempio più comune: Asino X Cavalla Cavallo X Asina

F1 F1 Mulo Bardotto

(sterile) (sterile)

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Prospettive del miglioramento genetico. La teoria del complesso poligenico ad azione additiva che presiede alla manifestazione dei caratteri quantitativi, quali le produzioni zootecniche, ha contribuito a far nascere e quindi a sviluppare un bagaglio di metodi matematico-statistici per l'analisi dei dati sempre più raffinati e potenti. Questi metodi sono caratterizzati da un approccio sostanzialmente biometrico delle varianti fenotipiche raccolte con controlli funzionali e con le valutazioni morfologiche vedi la metodica BLUP (Best linea unbiased prediction) Animal Model. Anche il differenziale selettivo ha subito e ancor più subirà in futuro un forte aumento. In passato l'elemento che più ha contribuito ad aumentare la pressione di selezione è stato l'inseminazione strumentale. Prelievo del materiale spermatico dal maschio campione, diluizione, refrigerazione, confezionamento, eventuale congelamento (per i tori in azoto liquido a -196 °C) e conservazione in spermateche; scongelamento, deposizione del seme nell'apparato riproduttore femminile (vagina, cervice o utero) con strumento tipo pistolet. Mentre la tecnologia che sta dando un contributo notevole al miglioramento dell'efficienza riproduttiva femminile è il trapianto embrionale preceduto dal trattamento di superovulazione della femmina donatrice e dalla sincronizzazione degli estri delle vacche riceventi. (MOET – more o multiple

ovulation embryo transfer – superovulazione e trapianto embrionale) Trapianto embrionale (Embryo transfert), pratica che si va sempre più diffondendo, in specie negli USA: richiede un'organizzazione molto accurata. In Italia è praticata sui soggetti migliori di razza Frisona e Bruna. E' una tecnica utilizzabile per vacche da latte di alto valore genetico: metodo di riproduzione mediante il quale gli ovuli fecondati prelevati da una femmina "campionessa" (donatrice), all'uopo indotta alla superovulazione, con ormoni follicoli stimolanti, prima dell'inseminazione strumentale, vengono immessi nell'utero di altre femmine (riceventi), preventivamente sincronizzate sessualmente con la donatrice, che provvederanno alla gestazione dell'embrione loro trasferito (in pratica fungono da "incubatrici" - portando in grembo dei vitelli di alto valore genetico). Mediamente in questo modo una vacca di alto valore genetico può avere più di 20 vitelli all'anno. La raccolta degli ovuli fecondati (embrioni) della femmina donatrice attualmente viene effettuato con un metodo incruento: viene fatto un lavaggio uterino (detto flushing) dopo 8 giorni dalla fecondazione con un liquido fisiologico (pH = 7 e 37 °C) utilizzando un catetere speciale. Gli embrioni prima del reimpianto nella femmina ricevente possono essere analizzati per verificare eventuali anomalie genetiche. Più recentemente si pratica anche il congelamento degli embrioni (tra -0,3 °C a -35 °C): offre un vantaggio perché permette di separare la tecnica di raccolta da quella del trapianto vero e proprio. In quest'ultimo caso non è necessario sincronizzare le bovine riceventi: è necessario che abbiano da poco superato l'inizio del periodo estrale. Ma le micromanipolazioni degli embrioni non si limitano al trapianto, attualmente si parla sempre più di dello splitting.

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Splitting consiste nella divisione degli embrioni praticato allo stadio di morula (4-6 giorni) o di blastocisti (7-9 giorni) allo scopo di ottenere gemelli omozigoti. I singoli blastomeri (le cellule dell'embrione) infatti possono essere separate allo stadio di 2 o 4 o 8 o 16 cellule e ciascuna cellula mantiene la capacità di continuare a dividersi e quindi di dare origine a vitelli perfettamente identici (pseudoclonazione): questa capacità delle cellule è detta "totipotenza". Un'altra tecnologia di micromanipolazione potenzialmente disponibile è il sessaggio dell'embrione e l’identificazione di eventuali anomalie cromosomiche. E' possibile anche il sessaggio degli spermatozoi: mediante tecniche di ultracentrifugazione è possibile separare gli spermatozoi con il cromosoma X da quelli con il cromosoma Y e quindi programmare nascite di vitelli maschi o vitelli femmine a seconda delle esigenze dell’allevamento. Attualmente è possibile anche la clonazione da una cellula somatica adulta: fondamentalmente consiste nel rimuovere il nucleo diploide da una cellula somatica di un adulto per trasferirlo nell'ovulo di una femmina della stessa specie, non fecondato e privato del proprio nucleo apolide. Il citoplasma del medesimo ovulo permetterà lo sviluppo, così come avrebbe fatto l'ovulo se fosse stato fecondato, determinando però un individuo del tutto simile al soggetto da cui proviene il nucleo trasferito. (Ricorda il caso della pecora Dolly del 1996). Attualmente la clonazione è indirizzata verso le cellule staminali indifferenziate per evitare che il clone abbia le malattie degenerative di animale vecchio. Ricorda che gli animali clonati hanno lo stesso patrimonio genetico dell'animale da cui provengono: essi non sono solo identici sul piano fisico a lui, ma avranno molte altre caratteristiche simili. Però, l'ambiente in cui vivranno potrà influenzare il loro sviluppo e modificare alcune caratteristiche. L'ultima fase del processo logico di evoluzione della genetica animale consiste nel cercare il

legame tra la singola reazione metabolica e l'attività di uno o più geni che vi sovrintendono.

Questa sfida è il compito che attende la genetica molecolare.

Successiva evoluzione una volta identificato un determinato gene, é il loro trasferimento e loro

moltiplicazione. (Vedi gli animali transgenici detti anche OGM: organismi geneticamente modificati - oggetto di studio dell'ingegneria genetica) La conoscenza della mappa genetica (o genoma) di un animale è la condizione fondamentale per poter lavorare in questo contesto. Forti di queste conoscenze, è possibile intervenire con la "micromanipolazione dei cromosomi" e la modificazione, la sottrazione, l'aggiunta o lo spostamento dei geni presenti nel cromosoma stesso, applicando la tecnica del DNA ricombinante – plasmide - (la quale consente il trasferimento di singoli e preselezionati geni tra organismi della stessa specie o di specie diverse) e con l'ausilio di enzimi di restrizione (prodotti da batteri) capaci di frammentare il DNA riconoscendo una specifica sequenza di basi e opera il taglio e si forma un sticky – estremità coesive o appiccicose che cercano le basi complementari e 2 molecole di DNA si possono riunirsi in questo punto. Un enzima detto DNA – ligasi è il riparatore del DNA e serve per riattaccare le 2 molecole e si inserisce un plasmide introdotti in batteri che si moltiplicano in terreni di coltura. Infine si isola e si utilizza.

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Attualmente si sta usando un’altra tecnica detta PCR: reazione a catena della polimerasi di Kary Mullis (Nobel) 1. si riscalda lungamente la molecola di DNA, da studiare, copiare. 2. distacco dei 2 filamenti; 3. aggiunta di 2 sequenze brevi di DNA alle estremità (primer) che innescano reazioni di duplicazione attraverso la reazione a catena dell’enzima DNA polimerasi (oggi termostatato). Si possono creare (fotocopiare) la sequenza di DNA desiderata - miliardi di copie in poche ore – attraverso un’apposita macchina. Si possono produrre:

� Produzione di acido lattico, acido ossalico, antigelo ecc. � enzimi per bevande e detergenti � farmaci: penicillina � insulina umana per un gene umano nei batteri � somatotropo umano � Interferone contro malattie virali (epatite B e HIV e certe forme di cancro) � Eritropoietina nei dializzati � Vaccini � Utilizzo di microrganismi per degradare sostanze inquinanti � Per estrarre ferro, zinco, uranio da giacimenti poco accessibili

Utilizzo nella produzione di piante e animali: per resistenza ai parassiti e siccità, per gusto gradevole e valore nutritivo. Alcuni esempi:

– Mais con gene Bacillus thuringiensis – grano con gene per migliore panificazione – ravizzone: gene per olio migliore – capre: gene per alfa 1 antitripsina contro l’enfisema umano – gene per fattore IX della coagulazione del sangue contro l’emofilia umana terapia per le malattie genetiche – nel 1990 nei globuli bianchi di bambina con immunodeficienza grave con geni normali – in persone con fibrosi cistica virus con proteine normali

Problemi etici:

- scarsa prevedibilità degli effetti per l’immissione nell’ambiente di OGM - i geni di questi potrebbero danneggiare altri organismi (?) - E’ giusto brevettare i nuove risultati delle ricerche?

BENEFICI PIANTE TRANSGENICHE

- Eliminazione da alimenti dei residui di insetticidi, fungicidi e fitofarmaci vari;

- Eliminazione componenti allergenici; - Minor contaminazione dei cibi con tossine e micotossine; - Sostituzione diserbanti attuali con quelli biodegradabili; - Salvaguardia varietà vegetali di pregio - Utilizzo piante per fabbricare prodotti chimici e farmaceutici.

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Parte 2^ -Tecnica di alimentazione

Gli alimenti rappresentano il "combustibile" e nello stesso tempo "la materia prima" per tutti gli organismi animali. Essi sono costituiti da una parte organica (zuccheri, grassi e proteine) e, una inorganica (acqua e sali minerali): tra di esse si inseriscono i cosiddetti fattori (o regolatori) di crescita (vitamine, enzimi e ormoni). L'alimentazione serve per soddisfare i fabbisogni nutritivi degli animali che si possono distinguere in:

1. fabbisogno di mantenimento: quota alimentare che mantiene in vita un animale in condizioni di riposo e condizioni climatiche ottimali senza che ci sia una variazione di peso per 24 ore;

2. fabbisogno di accrescimento: quota alimentare che assicura l'accrescimento soprattutto negli animali giovani;

3. fabbisogno di produzione: quota alimentare che assicura le produzioni zootecniche. Essa pertanto rappresenta:

a) un fattore di esaltazione delle capacità produttive dell'animale; b) un fattore in grado di assicurare e conservare lo stato di salute dell'animale; c) un fattore economico della produzione animale.

I principi nutritivi presenti negli alimenti non sono tutti disponibili per l'animale: una parte si ritrova indigerita nelle feci e una parte dell'energia contenuta viene persa per la digestione, attraverso per le urine e i gas di fermentazione soprattutto nei poligastrici.

Il processo nutritivo inizia con l'assunzione del cibo ovvero con l'ingestione, che inizia quando

l'animale ne sente il bisogno (cioè quando sente fame e sete) ed è sazio quando è soddisfatto. Il senso della sazietà è condizionato molto dalla voluminosità degli alimenti: quelli più ricchi in acqua

hanno un più alto grado di sazietà.

Nel razionamento è molto utile conoscere la capacità massima di ingestione giornaliera che di solito viene espressa in Kg di sostanza secca, in quanto rappresenta il primo vincolo da rispettare quando viene realizzata la razione giornaliera per l'animale. Essa dipende da molti fattori:

• peso • razza • fase del ciclo fisiologico e produttivo • caratteristiche e qualità degli alimenti • modalità di somministrazione e tecnica di alimentazione • condizioni climatiche • stato di salute dell'animale.

Mediamente per i bovini si considera: 3 Kg di sostanza secca per quintale di peso vivo al giorno.

Il processo nutritivo continua con il processo digestivo ovvero la scomposizione idrolitica della macromolecole organiche in molecole semplici assimilabili ad opera di enzimi (prodotti o dalle ghiandole esocrine del tubo digerente dell'animale o dalla microflora batterica , microfauna protozoaria e lieviti simbionti) e successivamente con l'assorbimento delle sostanze digerite principalmente nel tratto dell'intestino tenue. Con l'assorbimento inizia il metabolismo delle sostanze digerite: ovvero tutte quelle reazioni che permettono la vita e assicurano le produzioni zootecniche.

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Il metabolismo si divide in: a) anabolismo: fase attiva in cui si formano i nuovi tessuti; b) catabolismo: fase distruttiva in cui viene prodotta l'energia necessaria per

la fase attiva e vengono formate le sostanze di rifiuto dette cataboliti

Zuccheri

(Glucidi o carboidrati) Essi derivano dalla fotosintesi clorofilliana, quando sono somministrati in eccedenza vengono trasformati dall'organismo animale in grassi e vengono accumulati nel tessuto adiposo. Sono composti ternari (C,H,O) detti anche idrati di carbonio CnH2nOn.

Essi presentano le seguenti funzioni:

- energetica (forniscono energia di pronto consumo: il glucosio viene bruciato" con la glicolisi nel citoplasma e con il ciclo di Krebs e catena respiratoria degli elettroni nei mitocondri con accettore finale l'ossigeno) - 1 g di zucchero = 4,1 calorie;

- plastica in quanto si ritrovano in molecole come il DNA, RNA e, nel mondo vegetale; - regolatrice in quanto si ritrovano in molecole come l'ATP, NAD, FAD.

In zootecnia sono distinti in:

- estrattivi inazotati: essi comprendono tutti gli zuccheri semplici, i disaccaridi e,

tra i polisaccaridi, l'amido. Essi sono facilmente digeribili da tutti gli animali attraverso enzimi idrolitici.

- Fibra grezza: essa comprende tra i polisaccaridi, la cellulosa, e altre sostanze non glucidiche come la lignina.(vedi anche paragrafo successivo –fibra grazza) Queste sono sostanze poco digeribili: la cellulosa viene digerita solo grazie alla microflora batterica presente nel rumine dei poligastrici e nel cieco dei monogastrici erbivori.

La fibra grezza (soprattutto la cellulosa) nel rumine dei poligastrici e nel cieco dei monogastrici erbivori, in anaerobiosi viene fermentata dai batteri cellulositici e trasformata in AGV (acidi grassi volatili: 60% acido acetico, 30% acido propionico e 8% acido butirrico) e gas (anidride carbonica e metano). Queste trasformazioni rendono possibile distruggendo la parete cellulare l'utilizzazione delle sostanze nutritive presenti nel protoplasma.

Un 20% di fibra grezza sulla sostanza secca complessiva permette di avere un pH compreso tra 6,1 e 6,6, ottimale per un buon funzionamento della microflora batterica ruminale di una vacca lattifera. L'acido acetico che si forma è il precursore del grasso che si ritroverà nel latte Per i soggetti da carne il pH ruminale ottimale è tra 6,1 e 5,5 e pertanto la percentuale di fibra grezza sulla sostanza secca può scendere sino al 10-12%.

Gli estrattivi inazotati, in particolare l'amido, sono facilmente digeribili da tutti gli animali. Nei poligastrici, in particolare essi subiscono una trasformazione microbica simile a quella della cellulosa con la formazione di AGV (50% acido acetico, 40% acido propionico e 8% acido butirrico) e gas (anidride carbonica e metano).

La maggiore percentuale di acido propionico, più acido rispetto all'acido acetico, fa abbassare il pH; se scende sotto 4,1 si ha una malattia metabolica detta acidosi ruminale - la microflora batterica non funziona più e l'animale sta male.

FIBRA GREZZA (F.G) - NDF.

La parete della cellula vegetale rappresenta il 30-80% della sostanza secca di un foraggio ed è composta da cellulosa, emicellulose e lignina+silice che sono chiamate NDF, cioè fibra neutro detersa.

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Infatti essa rappresenta ciò che resta dopo bollitura in una soluzione a pH neutro, operazione che asporta il contenuto solubile della cellula vegetale ed in particolare carboidrati solubili, amido, proteine, lipidi e pectine. La digeribilità di questi composti è molto alta 93-98%, mentre quella media di tutti i componenti della parete è di circa il 60%. La cellulosa e le emicellulose possono infatti essere digerite bene dalla flora microbica, mentre questo non è possibile per lignina e cutina-silice, queste ultime possono avvolgere in una rete, "incrostare", cellulosa ed emicellulose e renderle indigeribili. Si distingue poi la ADF, fibra acido detersa, che comprende cellulosa, lignina e cutina-silice. L'ADF si ottiene "lavando" con una soluzione acida un campione, ottenendo così il dissolvimento del contenuto cellulare e delle emicellulose e lasciando, appunto, solo cellulosa, lignina e cutina-silice. A questo punto si tratta la ADF con acido solforico al 72%, e sottrae le ceneri da lignina e silice, e si ottiene la ADL, lignina acido detersa. Si comprende facilmente come questo parametro sia correlato negativamente alla digeribilità della cellula vegetale e quindi dei foraggi: un alto contenuto di ADL determina una bassa digeribilità, mentre un basso contenuto una elevata digeribilità.

Sottraendo alla NDF la ADF si ottiene il contenuto di emicellulose, mentre sottraendo dalla ADF la ADL si ottiene il contenuto di cellulosa.

Per le vacche da latte per un buon funzionamento dell'attività ruminale, la NDF deve essere al minimo il 21% della sostanza secca, di questo circa il 75% deve essere fornito dai foraggi: un alto contenuto in concentrati (amido) impedisce la completa utilizzazione della cellulosa e delle emicellulose.

E' importante da sottolineare che la fibra, o almeno una sua parte, mantenga una struttura fisica, cioè che vi sia 1/3 della fibra rappresentato da un foraggio a fibra lunga e strutturata (> 3 cm). Infatti una buona percentuale di fibra lunga determina una maggiore motilità del rumine, una produzione di saliva in aumento che stimola la microflora ed esplica una funzione tampone.

In conclusione la ADL rappresenta un buon indicatore della digeribilità di un alimento per i ruminanti, assai più della fibra grezza classica.

Ricapitolando: NDF – fibra neutra detersa – (cellulosa+emicellulose+lignina-silice)

ADF – fibra acida detersa – (cellulosa + lignina-silice)

ADL – lignina acida detersa (lignina+silice) – indigeribile

NDF – ADF = emicellulose

ADF – ADL = cellulosa

PROTEINE

Sono sostanze organiche quaternarie contenenti C, O,H, N. Alcune di esse possono contenere anche lo S. Associate da esse si possono trovare altri elementi quali P, Fe, Zn, Cu ecc. Svolgono molteplici funzioni:

1. Plastica: costituiscono lo scheletro cellulare e danno la forma alla cellula. Servono pertanto a formare i tessuti;

2. Enzimatica: entrano a far parte degli enzimi, biocatalizzatori; 3. Immunitaria: entrano a far parte degli anticorpi: le immunoglobuline; 4. Ormonale: costituiscono alcuni ormoni, come l'insulina; 5. Trasporto: importanti nell'assorbimento e nel trasporto delle sostanze assorbite; 6. Energetica: questa funzione viene svolta solo quando vengono a mancare zuccheri e

grassi (1 g di proteine: 4,1 calorie). Le proteine sono macromolecole organiche costituite dall'unione di numerosi aminoacidi. Gli aminoacidi che entrano a far parte degli alimenti sono circa 20 e vengono distinti in essenziali e non essenziali. I primi sono detti in questo modo perché devono essere ingeriti con l'alimentazione per non rischiare malattie da carenza, mentre i secondi vengono formati dall'organismo autonomamente e non c'è il rischio di tali malattie.

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Le malattie da carenza, se non si pone particolare attenzione alla qualità proteica degli alimenti, si possono manifestare maggiormente negli animali monogastrici (suini) e negli avicoli, mentre negli animali poligastrici la microflora batterica e la microfauna protozoaria ruminale sono in grado di trasformare gli aminoacidi non essenziali presenti nelle specie vegetali in essenziali.

Nei poligastrici qualche problema a tale riguardo si può avere quando sono ancora lattanti (di fatto sono ancora monogastrici) o quando sono adulti malati e si ricorre all'uso di antibiotici o quando ci si trova di fronte a grandi lattifere che producendo molto latte hanno anche un altissimo fabbisogno di proteine di ottima qualità.

Le proteine dal punto di vista del rapporto lunghezza/larghezza si possono distinguere in:

- fibrose: quando il rapporto >10 - globulari: quando il rapporto <10

Le proteine fibrose sono insolubili in acqua e offrono una notevole resistenza meccanica. Ad es. la cheratina dei peli, corna, pelle e penne; la miosina dei muscoli, il fibrinogeno del sangue; la seta; la lana.

Le proteine globulari sono solubili in acqua. Ad es. tutti gli anticorpi, l'albumina, la globulina. Oltre alle proteine semplici (oloproteine) esistono anche le proteine coniugate (eteroproteine) cioè legate ad altri composti (gruppo prostetico). Ad es: fosfoproteine (caseina: la proteina del latte); cromoproteine (emoglobina); lipoproteine (colesterolo).

I fabbisogni proteici:

- per usura dei tessuti ( metabolismo proteico); - per favorire l'accrescimento; - per assicurare le produzioni economiche (latte, carne, gravidanza)

I poligastrici possono utilizzare come fonte di azoto - azoto non proteico - (N.P.N) e in

particolare possono ingerire urea, che a condizione che ci sia sufficiente energia nella razione, viene digerita dall'ureasi batterica trasformandola in anidride carbonica e ammoniaca. Quest’ultima in parte verrà in seguito utilizzata dai batteri per le proprie sintesi proteiche e in parte assorbita dalle pareti del rumine e utilizzata per formare gli aminoacidi non essenziali nel fegato e si ritrova anche nella saliva che viene resa alcalina. L'urea è tossica se viene somministrata in dosi elevate: dose massima giornaliera - 10 - 30 g per quintale di peso vivo. Dosaggi maggiori causano tossicosi da urea pH > 7.

Si ricorda che gli animali devono essere abituati a ingerire gradualmente dosi crescenti di urea per abituare la microflora batterica e poi essendo poco appetibile deve essere "condita"

Attualmente nell'alimentazione del bestiame si ricorre anche alle proteine sintetiche in

particolari quelle unicellulari (SCP - Single Cell Protein) prodotte partendo da idrocarburi o dai residui della lavorazione della cellulosa dell'industria cartaria ad opera dell'azione fermentativa di microrganismi tra cui lieviti e particolari batteri (n.b. queste proteine sono dette anche "bioproteine" - peraltro poste molto in discussione

Si parla di valore biologico di una proteina per indicare il suo rendimento cioè il grado di utilizzazione da parte dell'animale. Risulta chiaro che maggiore è il contenuto di aminoacidi essenziali maggiore è il grado di utilizzazione della proteina e di conseguenza il valore biologico. Presenta alto valore biologico tutte quelle proteine di origine animale, mentre è relativamente basso per quelle di origine vegetale.

In zootecnia si parla spesso di proteine by pass cioè proteine di altissimo valore biologico (ad es. la caseina) che riescono a saltate l'attività microbica del rumine. Queste proteine sono utilizzate per le vacche da latte ad altissima produzione di latte (soprattutto nei primi 3 mesi della lattazione) che non riescono neanche con l'attività microbica ruminale a soddisfare i fabbisogni di alcuni aminoacidi essenziali.

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Tali proteine vengono trattate per farle saltare l'attività ruminale: - trattamento termico: riduce la solubilità; - incapsulamento con sostanze inerti come il tannino; - trattamento con sostanze chimiche come da es. la formaldeide: la proteina diventa

reversibile in un ambiente fortemente acido dell'abomaso,

LIPIDI

(o grassi) I grassi sono presenti soprattutto negli alimenti di origine animale, nel mondo vegetale si trovano soprattutto nei semi delle piante oleaginose.

Nel mondo animale essi tendono ad accumularsi nel tessuto adiposo e non è necessario ingerire grassi per farli formare, in quanto gli zuccheri in eccesso ai fabbisogni vengono facilmente trasformati in grassi.

Esistono comunque degli acidi grassi essenziali, che devono essere per forza ingeriti altrimenti si possono manifestare malattie da carenza. Essi sono: acido arachidonico, acido linolenico, acido linoleico che vengono anche indicati come vitamina F.

Le principali funzioni dei grassi sono:

- energetica di riserva: 1g fornisce 9,3 calorie attraverso i seguenti processi metabolici: beta-ossidazione, ciclo di Krebs e catena respiratoria egli elettroni.

- Plastica e strutturale: come depositi di riserva nel sottocute o come fosfolipide nelle membrane cellulari.

- Portante o regolatrice: entrano a far parte delle vitamine liposolubili e di alcuni ormoni (steroidei)

SALI MINERALI detti anche ceneri.

(determinate in muffola elettrica alla temperatura di 600° C per almeno 3 ore) Caratteristiche in comune:

1. Hanno funzione plastica 2. Di natura fisico-chimica: 3. Mantenimento pressione osmotica ed equilibrio acido-basico; 4. Formazione di Enzimi, Ormoni e Vitamine;. 5. tutti legati tra loro.

I costituenti dei sali minerali si possono distinguere in: � Macroelementi: Ca, Mg, P, K, Na, S, Cl;

Presenti ad elevati livelli nei tessuti. � Microelementi o oligoelementi: Fe, Cu, Co, Zn, I, Mn ecc.

Richiesti in piccolissime quantità, di solito con funzione catalitica e in relazione di antagonismo o interazione es. K/Na 6:1; k/Ca 3:1; Ca/Mg 4:1; Ca/P 2:1 (variabile).

MACROELEMENTI

Calcio (Ca) E’ presente in tutti i tessuti, ma soprattutto in quello osseo (circa il 99%) come fosfato tricalcico; si trova anche nel sangue (calcemia) legato a proteine o in forma ionica. L’eliminazione avviene sia per via renale sia per via intestinale si trova, infatti, nei vari succhi digestivi e attraverso le produzioni zootecniche: latte, gravidanza; uova.

Le principali funzioni sono: � Plastica: entra a far parte delle ossa e dei tessuti in genere;

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� Dinamica (o catalitica): entra a far parte di diversi enzimi; è importante nella coagulazione del sangue; regola la neuroeccitabilità dei muscoli (la modera); regola l’equilibrio acido-base del sangue.

Il metabolismo è regolato da ormoni: il paratiroideo, prodotto dalle paratiroidi, ogni volta che il valore del calcio ematico scende sotto il suo livello normale, mobilita quello presente nelle ossa innalzando così la calcemia. Tale ormone inoltre favorisce la sintesi della vitamina D che favorisce l’assorbimento del calcio a livello intestinale.

Si ricorda che le foraggere leguminose presentano un’enorme concentrazione di calcio, mentre ne risultano carenti le graminacee.

Fosforo (P) E’ presente soprattutto in forma inorganica nelle ossa dove svolge funzione plastica, mentre in forma organica si trova nel RNA e DNA (acidi nucleici), ATP, NAD, FAD (fattori regolatori) e nei fosfolipidi delle membrane cellulari (funzione plastica). L’eliminazione avviene per via fecale e urinaria, ma anche attraverso le produzioni zootecniche latte, gravidanza e uova.

Si trova principalmente nelle cariossidi delle graminacee. Le CARENZE nascono soprattutto da un’alterazione del rapporto di questi due macroelementi.

Il rapporto ottimale Ca/P è di 2:1- la vacca da latte riesce a sopportare un rapporto di 5:1. Si possono manifestare le seguenti patologie: � Aumenti di aborti; � Nascita di vitelli poco vitali; � Rachitismo nei giovani; � Osteoporosi negli adulti, in specie nelle femmine; � Sterilità � Collasso puerperale.

Collasso puerperale.

E’ un disordine metabolico che deriva da una carenza del calcio ematico che può colpire la vacca, subito dopo il parto (2-5 giorni dopo), nel momento in cui è tolto il colostro, ricchissimo di calcio. Sintomi. L’animale è collassato, non riesce ad alzarsi, porta la testa verso il ventre, con un aspetto abbattuto, musello asciutto ed un abbassamento della temperatura corporea. Sembra che esiste una predisposizione ereditaria che non riesce a regolare il ricambio del calcio: in tutti i casi si ricorda che durante l’asciutta, che precede il parto, e così subito dopo il parto, quando si comincia a produrre il colostro – ricchissimo di calcio. Per evitare il collasso puerperale, per gli animali a “rischio” sono fatte razioni meno ricche di leguminose (ricche di calcio) per favorire la mobilitazione del calcio dalle ossa. Si può somministrare anche la vitamina D che stimola la paratiroide a produrre il paratormone e Ca gluconato e sospendere la mungitura.

Potassio (K) Si trova nei globuli rossi, in moltissimi enzimi, nell’equilibrio acido-base del sangue e regola l’eccitabilità muscolare (la esalta). Carenza debolezza. Sodio (Na) Si trova nel plasma, con funzioni simili a quelle del potassio. Carenza: minore produzione e minore crescita (fame di sale). Eccesso: cecità, emorragie intestinali, sete Cloro (Cl) Ha le stesse funzioni del potassio e il sodio e inoltre si trova nel succo gastrico come HCl. Zolfo (S) Ha funzione catalitica e funzione plastica, si trova infatti negli aminoacidi solforati: cistina, cisteina, metionina. Questi aminoacidi si trovano nella caseina, proteina del latte, e nella cheratina, proteina dei peli e della lana.

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Magnesio (Mg) Ha funzione plastica, si trova nelle ossa e funzione dinamica: regola l’eccitabilità muscolare ed entra in alcuni enzimi. La carenza provoca un a contrazione tetanica della muscolatura – tetania da erba o da latte.

MICROELEMENTI (o oligoelementi)

Hanno tutti funzione catalitica. Se ne citano i più importanti:

Ferro (Fe) . Si trova in molti enzimi, nell’emoglobina, nella mioglobina, nei citocromi. La carenza determina anemia e indebolimento generale. Nei suinetti causa l’anemia ferropriva nella prima settimana di vita Rame (Cu) Si trova in molti enzimi fa produrre la tirosinasi che forma la melanina e determina la formazione della guaina mielinica. La carenza determina anemia. Cobalto (Co) Si trova nella vitamina B12 – antianemica Iodio (I) Si trova nell’ormone prodotto dalla tiroide: la tiroxina che regola la velocità del metabolismo.

Quadro riassuntivo dei principali minerali

Elementi Sintomi carenziali Calcio Osteoporosi, turbe fertilità, collasso puerperale, febbre

da latte, rachitismo Fosforo Anoressia, osteoporosi, calo produttivo, inappetenza,

scomparsa dei calori. Sodio Riduzione dell’appetito, calo dell’accrescimento e delle

produzioni Magnesio Tetania e aritmia cardiaca Zolfo Le carenze possono limitare l’attività dei batteri ruminali Potassio Anoressia, tetania e calo produttivo Zinco Lesioni podali e dermatiti, calo delle difese immunitarie e

della fertilità ed entra a far parte dell’insulina, si trova nella retina e stimola la produzione di ormoni sessuali

Manganese Alterazione della crescita ossea, diminuzione della fertilità

Ferro Anemia, calo difese immunitarie, alterazioni cutanee, inappetenza

Rame Anemia, alterazioni muscolari, cutanee e del pelo, calo delle produzioni e della fertilità.

Iodio Alterata funzionalità tiroidea, calo della fertilità, ritenzioni di placenta.

Cobalto Anemia, inappetenza entra nella vitamina B12. Selenio Distrofia muscolare, zoppie, ritenzioni di placenta

antiossidante agisce insieme alla vitamina E Molibdeno Estremamente rari – cura le intossicazione di rame Cloro Riduzione appetito, calo dell’accrescimento e delle

produzioni Come integrare:

� Attraverso sali: cloruro di sodio (sale pastorizio), bicarbonati, fosfati ecc. � Attraverso oligopeptidici

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ACQUA

Mediamente rappresenta oltre il 60 % del peso del corpo. Riveste molteplici funzioni, tra le quali si ricordano:

• Solvente universale nella composizione dei tessuti, organi e sangue; • Mezzo chimico all’interno del quale avvengono tutte le reazioni biologiche; • Trasporto delle sostanze alimentari e di quelle di rifiuto; • Termoregolazione attraverso la sudorazione.

Se un organismo animale perde 1/10 del suo contenuto idrico soccombe.

Fabbisogni idrici possono essere nei seguenti modi: • 1 kg di acqua per ogni 10 kg di peso vivo; • 8-10litri/q peso vivo per bovini all’ingrasso; • 4 – 5 litri di acqua per litro di latte prodotto; • 6 – 8 litri di acqua per q di peso vivo più 2 litri per ogni litro di latte prodotto. • Suini fino a 30 litri/giorno/capo • Avicoli il doppio del peso del mangime Questi valori possono variare a secondo delle condizioni ambientali e tipo di alimento somministrato.

Modalità di somministrazione dell’acqua:

• Attraverso di alimenti (acqua di costituzione): di vegetazione, interstiziale per igroscopicità o addizionale;

• Per reazioni biologiche di ossido riduzione ( acqua metabolica): cioè l’acqua che si forma in seguito ai processi di sintesi dei composti biologici;

• Attraverso l’acqua di abbeverata: mediamente si considera almeno 3 volte la sostanza secca della razione.

LE VITAMINE

Esse hanno funzione regolatrice, spesso sono coenzimi, e sono richieste dall’organismo animale in piccole quantità, ma fondamentali perché la loro mancanza o deficienza determina le malattie da

carenza.

Avitaminosi, quando la deficienza è grave e ipovitaminosi, quando è meno grave; ci possono essere anche disvitaminosi, quando vi è uno squilibrio tra le varie vitamine, e ipervitaminosi, quando ce n’è un eccesso: queste ultime disfunzioni sono molto rare nel mondo zootecnico. L’insufficienza d’apporto vitaminico si può avere:

� Perché non sono disponibili, in altre parole sono legate ad altri composti e non sono facilmente assimilabili;

� Perché non sono presenti nella razione alimentare; � Per la presenza di composti antagonisti, che le disattivano tipo l’aspirina o i

sulfamidici � Per l’uccisione della microflora batterica simbionte ad opera di antibiotici; � Per perdita dovuta alla raffinazione, conservazione e cottura degli alimenti. Sono indicate in diverso modo: � Lettere maiuscole dell’alfabeto; � In base alla funzione principale che svolgono; � In base alla loro natura chimica. L’unità di misura del fabbisogno è il milligrammo o il milionesimo di grammo.

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Una prima suddivisione delle vitamine in base alla loro solubilità: Liposolubili [A, D, E, K, F] Tendono ad accumularsi nel fegato e nel tessuto adiposo Idrosolubili [gruppo B, C, H, PP] Meno pericolose in quanto non si accumulano.

VITAMINE LIPOSOLUBILI

Vitamina A

E’ una vitamina di origine animale (dal punto di vista chimico è il retinolo) che è facilmente ossidabile, inattivata dalla luce (fotolabile) e dal calore (termolabile).

♦ Nel mondo vegetale esiste un suo precursore, con le stesse caratteristiche chimiche, il beta-carotene. Questa molecola, soprattutto negli erbivori, è convertito in vitamina A nell’intestino ad opera di un enzima – più difficile la conversione nei carnivori.

Funzioni è detta epitelio protettrice perché impedisce la cheratinizzazione dei tessuti e quindi ne favorisce il trofismo: la sua carenza in questo contesto può determinare sterilità (favorisce le ovulazioni) detta anche antisterile, aborto, ritenzione della placenta e una minore resistenza alle malattie (infiammazioni e infezioni batteriche).

La vitamina A si trova in abbondanza nei tessuti di origine animale: fegato, tuorlo d’uovo, latte e in particolare nel colostro. Il beta carotene si trova soprattutto nei foraggi freschi e nelle erbe disidratate ad alta temperatura, molto meno in quelli conservati (fieni e insilati) in quanto si deteriora molto facilmente. Vitamina D

Esistono due precursori: uno animale colecalciferolo e uno vegetale ergocalciferolo che nei tessuti animali sotto l’azione dei raggi UV si trasformano in vitamina D Le carenze si possono manifestare solo a causa di uno scarso irraggiamento solare, ad esempio in una stabulazione permanente scarsamente illuminata dalla luce solare. E’ detta antirachitica (o calciofissatrice) perché la sua azione principale è di legare il calcio e il fosforo alle ossa e favorirne l’assorbimento intestinale. La carenza nei giovani determina rachitismo, ossa ingrossate e non dritte, mentre negli adulti, specie nelle vacche da latte osteoporosi (o osteomalacia) e collasso puerperale. Negli avicoli uova dal guscio molle La vitamina D si trova soprattutto nel lievito di birra, ma anche nelle uova e nel latte. Vitamina E

Chimicamente è l’alfa- tocoferolo detta antisterile. E’ un antiossidante naturale ad azione combinante con il selenio, regola lo sviluppo e la funzionalità dei muscoli e delle ghiandole germinali; detossificante e stimolante delle difese immunitarie. Favorisce il secondamento e la percentuale di grasso nel latte, stimola gli ormoni ipofisari. La vitamina E è considerata a torto antisterile, infatti, lo è solo indirettamente in quanto protegge la vitamina A, la vera antisterile, dall’ossidazione Si trova soprattutto nel mondo vegetale nei foraggi freschi e in particolare nei cereali durante la germinazione. Vitamina F

E’ composta da tre acidi grassi essenziali: arachidonico, linoleico, linolenico, e favorisce l’utilizzazione dei grassi e prevengono l’aterosclerosi (deposito di grasso lungo le arterie) e l’arteriosclerosi (indurimento di arterie per deposito di colesterolo e grassi). Nei giovani una carenza può determinare un ritardo dell’accrescimento e sterilità (regolando il ciclo estrale). Vitamina K

Chimicamente è il fillochinone detta antiemorragica perché interviene nella coagulazione del sangue. Questa vitamina è formata dalla microflora ruminale e intestinale e sintetizzata nel fegato, perciò generalmente è sufficiente, salo quando l’aggiunta di medicinali perturba i batteri e in tal caso occorre

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aggiungerla alla razione. Carenza si può avere quando il foraggio contiene melitotus presente nel trifoglio bianco che lo disattiva.

VITAMINE IDROSOLUBILI Vitamine del complesso B esplicano la loro azione sul sistema nervoso e sul metabolismo. I ruminanti e gli altri erbivori la sintetizzano grazie alla microflora dell’apparato digerente e generalmente ne sono ben provvisti.

La carenza si nota talvolta nei lattanti, ancora privi della microflora, e anche negli adulti, causa l’impiego di antibiotici che distruggono o quasi la microflora batterica. Più soggetti all’avitaminosi sono i polli e i maiali, nei quali si possono manifestare turbe legate ad un metabolismo difettoso, con mancanza di appetito, ritardo della crescita, depigmentazione.

Si provvede a reintegrare le vitamine con lievito di birra o con prodotti di sintesi. Si ricordano:

• B1 - tiamina: si trova nel pericarpo dei cereali e nel lievito di birra. Regola il metabolismo degli zuccheri. La carenza nei polli determina la polineurite: degenerazione delle guaine mieliniche.

• B2 - riboflavina: si trova nel latte, nel fegato, nel lievito di birra. Si trova nel FAD che è un trasportatore della respirazione. La carenza nei suini determina la paresi spastica delle dita.

• B6 - piridossina: è il coenzima della transaminazione. La carenza nei suini determina dermatiti.

• B12- cianocobalamina che contiene il cobalto. Svolge un ruolo importante nella formazione dei globuli rossi. Detta antianemica

• PP -acido nicotinico che è presente nel NAD e nel NADP. La carenza determina dermatiti, nell’uomo la pellagra. Detta antipellagrosa

• H (biotina) - detta vitamina della pelle e regola il metabolismo dei carboidrati, grassi e proteine.

• Acido folico: fattore antianemico nel pulcino • Acido pantotenico: nei polli la carenza determina il pelo arruffato.

Vitamina C

Chimicamente è l’acido ascorbico, antiossidante detta antiscorbutica. E’ sintetizzata dall’organismo animale, solo nell’uomo e nel coniglio è insufficiente. In zootecnia è utilizzata soprattutto come fattore antistress.

CARATTERISTICHE DEGLI ALIMENTI ZOOTECNICI.

1. Contenuto energetico.

Si possono distinguere diversi tipi d’energia all’interno di un alimento: • Energia lorda: rappresenta l’energia chimica potenziale di un alimento ovvero ciò

che arriva alla bocca dell’animale. Quest’energia è lorda in quando ci sono delle perdite: non tutto l’alimento è digerito, una parte si ritrova nelle feci. Conoscendo pertanto la quantità d’energia chimica presente nelle feci si può determinare l’Energia disponibile (o digeribile) per l’animale.

Energia disponibile (o digeribile) = Energia lorda – Energia presente nelle feci

• Oltre all’energia persa con le feci, vi sono altre perdite energetiche:

a) Energia presente nell’urina

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b) Energia presente nei gas di fermentazione (CH4 e CO2) Calcolando queste si determina l’Energia metabolizzabile

Energia metabolizzabile = Energia disponibile – Energia gas e urina

Questa rappresenta il 60% dell’energia lorda e rappresenta la quota che

l’animale può utilizzare; anche questa però non è interamente disponibile per i fabbisogni dell’animale, infatti, comprende anche quote perse per l’incremento di calore che si ha in seguito all’assunzione dell’alimento (detta azione dinamico specifica dell’alimento).

Calcolando e sottraendo questo valore all’energia metabolizzabile si determina l’Energia netta.

L’ENERGIA NETTA rappresenta il valore nutritivo dell’alimento in altre parole l’energia effettivamente utilizzabile da parte dell’animale per coprire i suoi fabbisogni. In Italia l’energia netta di un alimento zootecnico viene normalmente espresso in UF (Unità foraggere)

– metodo tradizionale. L’UF rappresenta il valore di trasformazione di un Kg di orzo o 2,5 Kg di fieno “normale” (di prato di polifita, ricco in graminacee) in 3 Kg di latte al 3,4% di grasso.

Questo metodo di esprimere l’energia è detto scandinavo, appunto perché fu realizzato per la prima volta agli inizi del secolo da ricercatori scandinavi su diversi gruppi di bovine da latte e successivamente è stato adattato, con coefficienti correttivi per i diversi alimenti e animali, a quasi tutte le specie zootecniche.

Questo metodo, quando è ancora utilizzato in specie per i poligastrici, attualmente distingue UFL (unità foraggere latte) e UFC (unità foraggere carne): la differenziazione nasce dal fatto che l’utilizzazione di un determinano alimento dipende dal tipo di microflora ruminale, più acidofila (pH 5,5 – 6,1) nei bovini da carne, meno (pH 6,1 – 6,6) nei bovini da latte. 1 UFL = 1730 Kcal – 1 UFC = 1855 Kcal con IPG>750g Successivamente è’ stato introdotto il concetto di Latte normalizzato:i fabbisogni sono direttamente collegati alla quantità di latte prodotto e alla sua composizione in proteine e grasso (il grasso rappresenta la maggior fonte di asporto energetico del latte). Le equazioni di stima dei fabbisogni per la produzione di latte si riferiscono a un latte standard con il 4% di lipidi e 3,1% di proteine. Per effettuare correttamente i calcoli, quindi, occorre uniformare allo standard di riferimento il latte prodotto dalla bovina (latte normalizzato), secondo l'equazione:

Kg di latte prodotto x (0,4 + 0,15 x % grasso reale del latte) = kg di latte normalizzato al 4% Il latte normalizzato il UFL determinato dal calcolo soprascritto viene moltiplicato per 0,44 Fabbisogno energetico UFL: latte normalizzato UF x 0,44.

Le maggiori differenze si notano soprattutto per quegli alimenti particolarmente ricchi in fibra

come i fieni, sono minime per gli alimenti ricchi di estrattivi inazotati come i mangimi concentrati.

In passato si sono utilizzati anche altri metodi: • Metodo dell’equivalente in fieno: esso si basa sulla valutazione della quantità dei vari

alimenti che possono sostituire 100 kg di fieno normale. Dato 1 il valore del fieno normale, la granella di orzo vale 2,25 volte il suo valore energetico, la paglia di frumento invece 0,35, l’erba medica 0,27, il fieno di erba medica 1,25. In estimo si usava per calcolare il peso vivo mantenibile in azienda: • Consumo medio giornaliero in fieno kg 3 /3,5 per ogni quintale di peso vivo; • Consumo medio annuo in fieno (gg 365 x Kg 3/3,5 di fieno = q 10,95/12,77 di

fieno) = 11/12,5 q per ogni quintale di peso vivo. • Peso vivo mantenibile in azienda: produzione foraggera in fieno / 11/12,5

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Appunti di tecnica di produzione animale

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• Metodo delle unità amido: è stato preso 1 Kg di amido come unità di misura e si è

determinano la quantità di grasso che riesce a formare (in un bovino ad es. 248 g). Successivamente, a partire dall’amido, si sono calcolate le unità amido presenti nei diversi alimenti. I valori in U.A. si possono convertire in U.F. con la seguente formula:

1 U.A. = 1,43 UF = 2356 Kcal

• Metodo delle sostanze nutritive digeribili: è un metodo che esprime il valore

nutritivo di un alimento attraverso la quantità di sostanze effettivamente digeribili. In Italia questo metodo si usa soprattutto in suinicoltura.

1 Kg di S.N.D. = 0,7 U.A. = 1 U.F. (alimenti grossolani) 1 Kg di S.N.D = 0,92 U.A. = 1,31 U.F. (alimenti concentrati)

1 Kg di S.N.D. = 3650 Kcal (poligastrici) e 4100 Kcal (monogastrici)

• Metodo dell’energia netta: il valore energetico dell’alimento è espresso in calorie.

2. Digeribilità dell’alimento.

S’intende la quantità di un certo alimento effettivamente utilizzabile da parte dell’animale e per ciascun alimento è possibile determinare un coefficiente di digeribilità ossia il rapporto % tra

sostanze nutritive assorbite e sostanze nutritive grezze dell’alimento.

Questo dipende: da fattori intriseci: - specie animale; - razza; - individuo; - età. da fattori estrinseci: - contenuto in fibra grezza (elevata diminuisce la digeribilità, mentre se bassa riduce la

mobilità dell’apparato digerente); - volume di ingombro degli alimenti soprattutto in funzione della % di fibra, se elevato

diminuisce;- indice di voluminosità ss/UF x 100 es. 70 UF/q di s.s. per vacche da latte; 45 UF/q di ss per vacche in asciutta. Da esso in parte dipende il livello di ingestione: la quantità di alimento che un animale giornalmente riesce volontariamente ad ingerire. Si esprime in Kg di sostanza secca per quintale di peso vivo.

- modalità di somministrazione e preparazione dell’alimento;macinazione, cottura, fiaccatura favoriscono la digeribilità mentre la trinciatura ha un effetto negativo aumenta la velocità di passaggio.

- condizione climatiche.

3. Relazione nutritiva dell’alimento.

Parametro sintetico per un’informazione sul tipo di alimento: poco usato. Estrattivi inazotati dig. + Fibra dig. + Lipidi dig. x 2,25 R.N. = -------------------------------------------------------------

Protidi dig.

RN più è bassa più è ricca di proteine.

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Appunti di tecnica di produzione animale

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RN = 6 (per animali giovani in accrescimento) RN = 4 – 7 (per vacche da latte) RN = 4 – 11 (per animali da lavoro) 4. Contenuto in vitamine. Importante soprattutto per i monogastrici e i poligastrici lattanti, in quanto non hanno una microflora simbionte sufficiente per sintetizzarle e quando si utilizzano, in inverno alimenti secchi o conservati. 5. Sali minerali. Soprattutto il calcio e il fosforo che sono macroelementi, ma anche i microelementi che hanno funzione regolatrice. 6. Equilibrio acido-basico. Corrisponde al bilancio tra gli anioni e i cationi e occorre controllarlo per mantenere lo stato acido/basico dei liquidi corporei nelle giuste condizioni. Nei tessuti e nei liquidi circolanti il pH è costante a 7,4. Quasi tutti gli alimenti vegetali lasciano un residuo basico – urine infatti sono basiche, mentre nei carnivori acide. 7. Appetibilità. Essa dipende dalle caratteristiche organolettiche dell’alimento, dalle abitudini dell’animale, dallo stato di riempimento dell’apparato digerente e dalla digeribilità. 8. Conservabilità. Essa dipende ad esempio dal contenuto in acqua modificata dalle tecniche di conservazione e dalle sostanze grasse presenti e dal pH. 9. Valore biologico delle proteine. Questo è legato al contenuto degli aminoacidi essenziali, molto importanti per i monogastrici.

Suddivisione degli alimenti zootecnici.

a) Foraggi: alimenti voluminosi e ricchi di acqua (ad eccezione dei fieni),con molta fibra grezza e in genere con un basso valore energetico unitario, adatti agli animali erbivori e in particolari ai ruminanti. b) Mangimi: alimenti con molto valore nutritivo, poco volume, poca fibra grezza (e perciò molto digeribili), adatti a tutti gli animali. c) Prodotti complementari: alimenti provenienti dagli scarti (sottoprodotti) delle colture erbacee, arboree e dell'industria alimentare. Sono estremamente eterogenei, in genere sono poveri di proteine, ricchi in fibra, scarsamente appetibili e con un valore energetico medio-basso.

Suddivisione dei foraggi.

1) Foraggi freschi: si distinguono in erbe e radici-tuberi. Le erbe possono essere utilizzate per

pascolamento dell'animale (forma più economica) o per sfalciamento e somministrazione in mangiatoia (1-2 volte al giorno).

Sono alimenti con un elevato contenuto in acqua 70-80% che forniscono mediamente 14-15 UF/q, sono molto appetibili e digeribili da parte degli animali. Le essenze botaniche che forniscono foraggi sono moltissime, tra esse primeggiano: a) graminacee, che comprendono sia le foraggere che i cereali: al primo gruppo appartengono la festuca, la dactilis, il lolium, il phleum; al secondo le piante raccolte prima della maturazione della granella. Hanno poche proteine e molta fibra, molto produttive b) leguminose, come i vari tipi di trifoglio, l'erba medica, la sulla, la veccia ecc. Hanno molte proteine, poca fibra, meno produttive. c) crucifere, la colza e il ravizzone, il cavolo da foraggio, ecc. Erbai autunno-primaverili, poca s.s. e molte proteine. 2) Radici e tuberi. Poco utilizzate tra le chenopodiacee la barbabietola da foraggio.

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Tecnica del pascolamento. Sono molteplici i vantaggi che derivano al bestiame dall'esercizio razionale del pascolo. In primo luogo, il foraggio consumato direttamente rappresenta l'alimentazione più economica e consente di realizzare delle notevoli riduzioni nei costi di allevamento del bestiame giovane e in quelli di produzione del latte. Col pascolo, inoltre si realizza nel modo più naturale ed efficace una benefica ginnastica funzionale che stimola non solo l'attività dell'apparato locomotore ma di tutti gli altri apparati e funzioni, irrobustendo gli animali, che risultano più resistenti alle malattie. Il pascolo effettuato senza alcun criterio tecnico può condurre e conduce spesso a risultati negativi; perché la permanenza troppo prolungata delle mandrie bovine danneggia il cotico erboso ed il terreno col calpestamento facilitando i fenomeni di erosione, peggiora la composizione botanica del pascolo perché gli animali consumano le erbe migliori e rifiutano le foraggere mediocri o cattive che divengono infestanti; ed infine poiché l'utilizzazione del foraggio è assai incompleta (circa il 50%). Strutture al pascolo. Sono necessari: 1. sistemi di recinzioni fissi o mobili secondo il tipo di pascolamento, 2. punti per l’abbeverata fissi o mobili, 3.tettoie per il ricovero degli animali o alberature,4. strutture per eventuale distribuzione di alimenti, 5. strutture per la cattura e il controllo degli animali ed 6. eventuali mungitrici mobili. Pascolo razionato. Consiste nel mettere, ogni giorno, a disposizione del bestiame solo un'area di pascolo tale da garantire la copertura del fabbisogno giornaliero globale. Appena il foraggio è stato brucato, gli animali vengono spostati in altri appezzamenti per ritornare nel primo solamente quando vi sarà erba a sufficienza e, possibilmente, al giusto stadio vegetativo. Per operare in questo modo occorrono recinti fissi lungo il perimetro dell'azienda e recinti mobili elettrificati per la suddivisione in settori. (Questa tecnica di pascolamento permette tra l'altro di alternare sfalcio e pascolo). Pascolo a rotazione. Consiste nel dividere il territorio di pascolo in appezzamenti sufficientemente grandi da consentire alla mandria di rimanere in ciascuno di essi per 7-15 giorni (rotazione stretta o rotazione larga). Il bestiame viene riportato sulla stessa superficie quando l'erba ha nuovamente raggiunto il giusto stadio di sviluppo. Pascolo brado e semibrado. Consiste nel lasciare a disposizione del bestiame tutto il pascolo (brado) o nel suddividerlo in 2-3 grossi settori in cui la mandria permane per 30-40 giorni (semibrado).

Tecnica del pascolo Quando fare pascolo. Il pascolo può essere convenientemente adottato:

- da tutte le aziende di piccole e medie dimensioni; - dalle aziende di grosse dimensioni, che suddividono l'allevamento in mandrie (30-50 capi) e hanno fabbricati o attrezzature in modo da non esigere spostamenti degli animali su distanze elevate (in particolare se si tratta di bestiame da latte in produzione); - in tutti gli ambienti, ma soprattutto in collina, montagna e alta montagna; - su tutti i terreni, anche se con maggiori cautele in quelli argillosi presenti nelle nostre zone; - con tutti gli animali, pur con le dovute cautele nel caso di vacche da latte di elevate produttività (oltre 25 litri/capo al giorno).

Come. Il pascolo può essere razionato, a rotazione stretta o larga, brado o semibrado. In ogni caso, è sempre opportuno: - decornare gli animali e formare gruppi omogenei; - non mettere mai due tori nella stessa mandria per evitare il rischio di combattimenti; - separare le manzette dal toro per evitare gravidanze precoci; - non mettere i torelli nei recinti comuni o prossimi a quelli che ospitano vacche e manze in quanto creerebbero un continuo disturbo; - fare attenzione ai calori.

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Stima del quantitativo di bestiame allevabile - Carico aziendale - si misura la superficie complessiva dei pascoli; - si stima la produzione di foraggio totale che si ritiene di produrre nell'annata; - si stima la probabile durata della stagione di pascolo; - si può ora calcolare il carico teorico C in capi adulti (bovini adulti di 500 Kg) tramite la seguente operazione:

produzione foraggera x superficie

C = _________________________________________ fabbisogno giornaliero x n° giorni di pascolo

Esempio: durata pascolo: 20 Aprile-20 ottobre = 180 giorni fabbisogno alimentare: 15 Kg di S.S./capo x giorno produzione per ettaro: 90 q di S.S. = 9000 Kg superficie a pascolo: 12 ettari

9000 x 12

C = _______________ = 40 capi grossi 15 x 180

Questo calcolo non è di grande utilità poiché nelle nostre condizioni l'allevamento deve far fronte a disposizioni foraggere variabili con le stagioni e si trova di fronte a un'incompleta utilizzazione del foraggio. Si può tentare una stima più precisa suddividendo la produzione totale nei vari

periodi. Corretto dimensionamento delle parcelle: per il pascolo turnato - stimare la produzione di foraggio per ettaro, espressa in kg di S.S., presente al momento. Il calcolo viene eseguito nel modo seguente:

n° capi grossi x fabbisogno unitario x n° giorni

Superficie teorica = --------------------------------------------------------- produzione (Kg)

Esempio: mandria di 25 vacche a latte fabbisogno: 15 kg/capo x giorno n° giorni di permanenza = 1 produzione: 15 q di S.S./ha = 1500 Kg/ha

25 x 15 x 1

Superficie teorica = --------------- = 0,25 ha 1500

CONSERVAZIONE DEL FORAGGIO Essa si rende necessaria perché quelli freschi non sono sempre disponibili e la conservazione è possibile creando condizioni che ostacolano i fenomeni di degenerazione della sostanza organica.

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FIENAGIONE.

La conservazione è attuata mediante la disidratazione da un 80 – 85% sino a circa il 15 %, che è l’umidità ottimale per un buon fieno stagionato. Si distingue in: Tradizionale. Essa prevede la permanenza in campo del foraggio sfalciato per 3 – 4 giorni sino al raggiungimento di un’umidità del 20%. Durante questo processo si hanno delle perdite:

• Per respirazione cellulare: la pianta dopo lo sfalcio non muore subito, ma continua a respirare e consuma sostanza organica.

• Per fenomeni meccanici (10-35% delle foglie)): si ha perdita di materiale, durante lo sfalcio, il rivoltamento, il carico, il trasporto specialmente se le condizioni atmosferiche sono avverse.

• Per fenomeni fermentativi (muffe), ad opera di microrganismi, specialmente durante il periodo della conservazione nel fienile.

• Per maggior lavoro digestivo: un fieno è meno digeribile, rispetto all’erba fresca, perché contiene più fibra grezza.

La perdita globale di sostanza secca può essere del 15 –30% che può arrivare ad una perdita in valore nutritivo del 25 –50%. Se piove, quindi aumenta l’umidità, e la temperatura rimane alta si può avere la completa perdita del raccolto. Per ridurre le perdite occorre diminuire il tempo d’essiccazione e pertanto si possono utilizzare: • Macchine falcia condizionatrici: che rompono gli steli più grossi e

rendono il processo più veloce (poco adatta alle leguminose). • Sfalcio con falciatrice e andanatura con il ranghinatori e

successivamente voltafieni • Uso di cavalletti, che tengono l’erba sollevata da terra permettendo

una maggiore areazione • Imballatura e uso di rotoballe, che riducono le perdite meccaniche

soprattutto le balle cilindriche a cuore morbido che permettono di raccogliere ad una maggiore umidit

• Per ventilazione forzata (o essicazione forzata) detta anche in due tempi.

Si raccoglie l’erba con un’umidità del 35 –40% ed è messa in fienile su delle grate dove è fatta passare aria calda a 150 – 170

Composizione chimica foraggio erba medica

Fresco Fieno

Acqua 76% 14% Sostanza Secca 24% 86%

Proteine 4,5% 14,2% Grassi 0,8% 2,0%

Estrattivi inazotati 9,6% 34,0% Fibra grezza 6,8% 28,0%

Ceneri 2,3% 7,8% Ca 0,35% 1,40% P 0,06% 0,23%

UF/q 17 56

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INSILAMENTO

E’ un metodo di conservazione complementare alla fienagione, con minore dipendenza dall’andamento meteorologico, si basa su processi chimico-biologici dovuti a specifiche fermentazioni finalizzate alla creazione di un ambiente avverso alla proliferazione di microbi degenerativi della massa organica. Anche in questo processo di conservazione ci sono delle perdite (minori rispetto alla fienagione) di sostanza organica:

• Per il proseguimento della respirazione del foraggio ammassato; • Per fenomeni autolitici dei tessuti vegetali, ad opera di enzimi • Per fermentazioni batteriche, che formano acidi che abbassano il pH, che a sua volta

permette la conservazione del foraggio Svantaggi:

� minore appetibilità dell’insilato rispetto al fieno; � maggiori rischi di conservazione � non è ammesso per certe produzioni (es. Parmigiano Reggiano per gonfiore durante la

stagionatura) Le fermentazioni batteriche avvengono in anaerobiosi e di solito si comincia con quell’acetica, ad opera degli acetobacter, che consuma l’ossigeno presente e forma acido acetico e quindi segue con quella lattica, ad opera dei lattobacilli, che forma acido lattico che porta il pH a 4.

Se la temperatura si alza o se è presente ancora ossigeno si hanno processi dannosi: • Fermentazioni butirriche • Fermentazioni proteolitiche • Ammuffimenti che producono sostanze tossiche.

Per un buon insilamento naturale occorre:

� Giusta quantità di sostanze zuccherine almeno 5-6% della s.s. e un rapporto zuccheri/proteine max 1/1,6 Eccesso di proteine porta alla formazione di NH3 che impedisce la rapida acidificazione. Un’ottima pianta a tal fine è il mais raccolto a maturazione cerosa. (8-12% di zuccheri e zuccheri/proteine 1/1. Altre piante sono sorgo a maturazione fisiologica, cereali invernali fase di botticella.

� Assenza di ossigeno che si può realizzare attraverso una buona compressione, ermeticità e trattenimento dell’anidride carbonica che si libera dai processi metabolici e successive fermentazione acetica (sottrae ossigeno) e lattica che acidifica il foraggio

� PH intorno a 4 che permette la conservazione. � La temperatura non deve superare i 35 °C – si alza comunque per i processi fermentativi ciò

favorisce le pericolose fermentazioni butirriche con attacco alle proteine e formazioni di ammine che riducono l’appetibilità e l’acido butirrico può causare chetosi. Se c’è terra si possono avere anche i batteri clostidi a temperature alte modificano ulteriormente. Si possono successivamente sviluppare muffe che producono micotossine ed etanolo e lieviti che consumano la s.s.

Tipi di insilamento:

� Metodo Cremasco o del fieno silo – contenitori cilindrici fuori del terreno in cemento armato, utilizzato soprattutto con le leguminose preappassite.

� Silo a torre meglio i Silo a torre di metallo a tenuta stagna (Haverstore) detti anche

ciclatori di solito di acciaio con caricamento automatico dall’alto e disposti verticalmente. � Silo a platea sopraterra e Silocon forte compressione della massa foraggera trinciata –

0.5 -2 cm (silo detti anche a trincea) per ridurre l’ossigeno con copertura di un telo di

plastica spessa per l’acqua delle piogge: in questo tipo la parte superficiale è a contatto

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con l’aria forma il cappello (15-20% della s.s.) che non può essere utilizzato per ossidazione e ammuffimenti.

Si rende necessaria un’acidificazione artificiale quando non ci sono zuccheri sufficienti per una buona fermentazione e si può utilizzare:

� Aggiunta di sostanze zuccherine tipo il melasso della barbabietola � Aggiunta di acidi minerali ad esempio una miscela di acido solforico e cloridrico. Per mantenere la conservazione del foraggio si possono utilizzare degli antifermentativi tipo l’anidride solforosa e il metabisolfito di sodio

Composizione del mais raccolto a maturazione cerosa.

Acqua 69,5% Sostanza secca 30,5% Proteine 2,5% Grassi 1% Estrattivi inazotati 18,2% Fibra grezza 6,8% Ceneri 2,0% Ca 0,12% P 0,08% UF/q 25

DISIDRATAZIONE AD ALTA TEMPERATURA.

Questa tecnica permette di realizzare alimenti, attraverso una essiccazione a 2 -4 ore dallo sfalcio, con elevati contenuti in proteine, elementi minerali e vitamine. Il foraggio è fatto confluire in un cilindro ruotante con una temperatura interna dell’aria di 150 – 200 °C per 15 -20 secondi (detta a bassa temperatura) o di 800 –1000 °C (detta ad alta temperatura) per pochissimi secondi 1-4 secondi: il prodotto così essiccato può essere macinato (farine) e/o pressato in cubetti come i pellets. In commercio si trova il fieno di erba medica disidratato: concentrato da inserire nel “piatto unico” con Unifeed per bovini o farina disidratata di medica (pellettata o meno)

Composizione media di un’erba medica disidratata.

Acqua 7,3% Sostanza secca 92,7% Proteine 17,7% Grassi 2,5% Estrattivi inazotati 38,4% Fibra grezza 24,0% Ceneri 10,1% Ca 1,6% P 0,26% UF/q 73

MANGIMI CONCENTRATI

Sono alimenti che presentano un alto valore nutritivo in poco volume assicurando oltre 80 UF/q e circa 87 – 90 % di sostanza secca e con un modesto contenuto in fibra e pertanto altamente digeribili.

Essi si distinguono in: • Mangimi di origine vegetale; • Mangimi di origine animale.

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Essi sono distinti in: • Semplici, se formati da un solo prodotto; • Composti, se formati dalla mescolanza di più alimenti semplici; • Integrati, se vi è l’aggiunta di uno o più integratore minerale o vitaminico; • Integrati medicati, se vi sono addizionati anche prodotti medicinali. • Nuclei, medicati o no, forniti di notevole valore nutrizionale e usati per arricchire i

concentrati aziendali.

Mangimi di origine vegetale.

Cereali. Essi sono ricchi di amido e pertanto altamente energetici, mentre il loro contenuto in proteine è piuttosto modesto e per di più di scarso valore biologico. Principali cereali di interesse zootecnico in ordine di importanza: mais, orzo, frumento, avena, sorgo,

triticale e segale. Di questi si utilizza soprattutto la cariosside secche che sono sottoposte ad una serie di trattamenti per aumentarne l’appetibilità e la digeribilità:

• Macinazione – aumenta la digeribilità, perché aumenta la superficie di attacco degli enzimi.

• Fioccatura – le cariossidi sono esposte per circa 10 minuti al vapore e quindi sono schiacciate fino allo spessore di circa un millimetro. La cottura aumenta la digeribilità dell’amido.

Semi di leguminose. Essi sono particolarmente ricchi in proteine (20 – 40 %) di discreto valore biologico, con un buon contenuto di calcio. Principali pianta di interesse zootecnico: soia, fave, favette, piselli, vecce, lupini, fagioli, cece, carrube e farina di erba medica disidratata.

Mangimi di origine animale.

Sono alimenti molto ricchi di proteine ad alto valore biologico e di una buona percentuale di calcio e fosforo, di solito costosi ed usati soltanto nelle miscele per polli e suini.

Residui dell’industria lattiero-casearia: • Latte magro e latticello. Essi sono rispettivamente i residui della centrifugazione

del latte e della zangolatura della crema. • Siero. Esso è il residuo della caseificazione del latte, molto ricco in acqua, ma con

1% di proteine ad altissimo valore biologico. • Farina di carne. Essa è prodotta utilizzando i residui della macellazione –

ricchissima di proteine. (prodotto vietato per i poligastrici dal 1996) • Farina di sangue. (prodotto vietato per i poligastrici dal 1996) • Farina di pesce.

SOTTOPRODOTTI DELL’INDUSTRIA ALIMENTARE.

L’impiego di questi prodotti presenta un duplice vantaggio: la trasformazione di sostanza non idonee al consumo diretto umano in prodotti nobili (carne, latte, lana ecc.) e l’utilizzazione produttiva di una possibile fonte di inquinamento ambientale. Chiaramente sono alimenti molto eterogenei per caratteristiche nutrizionali, spesso scarsamente appetibili dagli animali perciò necessitano di “condimenti”, ma hanno tutti la caratteristica del limitato costo.

Principali sottoprodotti: • Residui della lavorazione dei cereali: crusca, cruschello, tritello dalla lavorazione del

grano, la lolla e la pula dalla lavorazione del riso; • Sottoprodotti dell’estrazione degli olio di semi: panelli e farine d’estrazione di soia,

d’arachidi, di girasole, di lino, di cotone.

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• Sottoprodotti dell’industria saccarifera: dall’estrazione dello zucchero dalla barbabietola si ottengono le polpe fresche o essiccate ed il melasso.

• Sottoprodotti della produzione della birra. Essi costituiscono il sottoprodotto della fermentazione o dell’ammostamento del malto: le trebbie di birra. Altri prodotti le radichette e il lievito di birra.

• Residui della lavorazione dell’amido. Come ad esempio la farina di manioca e la farina glutinata e il glutine di mais.

• Il pastazzo d’agrumi che deriva dalla lavorazione industriale della polpa d’arancia e di limone.

ADDITIVI ZOOTECNICI.

• Additivi per insilamento – per ridurre le perdite di insilamento, per miglioramento qualitativo e controllo dell’inquinamento fungino.

1. Acido formico e formiati.

2. Acido propionico e propionati + lattobacilli

• Agenti su microflora ruminale e quindi su metabolismo ruminale.

1. Alimenti speciali – distillati prodotti di fermentazione, proteolisati; 2. Preparati biologici – lieviti vivi, fermenti lattici; 3. Integratori minerali – bicarbonato di sodio, ossido di magnesio, carbonato di calcio; 4. Sostanze ad azione auxinica – favoriscono una migliore digestione con un migliore

rendimento dei grassi, delle proteine, delle proteine e la modificazione del metabolismo batterico. Ad esempio: monensin, flavomicina: antibiotici il primo favorisce la formazione dell’acido propionico e il secondo dell’acido acetico. Essi aumentano l’utilizzazione energetica di un alimento di circa il 10 -20%.

• Additivi tecnici – sono sostanze che servono per aumentare l’appetibilità e la stabilità dei mangimi: leganti, lubrificanti, antiossidanti, pigmentanti, aromatizzanti.

SOSTANZE AD AZIONE ORMONALE.

La legge del 3 febbraio 1961 n. 4 vieta l'impiego degli estrogeni come fattori di crescita e di neutralizzazione sessuale negli animali le cui carni e prodotti sono destinati all'alimentazione umana. E' vietata anche l'importazione di animali e di carni trattati con tali sostanze.

Principali additivi ad azione ormonale: a) proteine tireoattive (es. la caseina iodata): ossia sostanze proteiche nelle quali un trattamento chimico con iodio promuove la sintesi di diiodotirosina e di tiroxina, l'ormone specifico della tiroide, importantissimo nell'accrescimento e nella regolazione del metabolismo energetico. Per le razze lattifere, da una sperimentazione americana, si è visto un incremento della produzione di latte con 2-3g di iodiocaseina per quintale di peso vivo. b) metiltiouracile (3-4 g al giorno per 4-5 settimane per es.): è una sostanza che deprime l'attività della tiroide, accelerando così l'ingrasso. Infatti, riducendo notevolmente il metabolismo energetico, favorisce la lipogenesi e nello stesso tempo determina degli squilibri ormonici che causano una maggiore idratazione dei tessuti. (Normalmente la carne contiene circa il 70% di acqua e circa 20-25% di proteine). c) estrogeni artificiali: sono sostanze sintetiche derivate dallo stilbene. Tra questi si ricorda lo stilbestrolo che nei ruminanti esercita una vera azione anabolizzante, stimolando la preipofisi ad una maggiore produzione dell'ormone della crescita o somatotropo. Pertanto stimolano la sinetesi proteica, diminuiscono il catabolismo delle proteine a scapito di quello lipidico: aumentano la produzione del 20-30%.

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d) somatotropo – ormone della crescita prodotto dall’ipofisi, favorisce lo sviluppo del tessuto secretivo della mammella e quindi la produzione del latte. e) adrenalino-simile (beta-agonisti o ripartitori di energia) riducono la percentuale di grasso e aumentano la percentuale di massa muscolare.

Secondo E.Borgioli " circa l'importante problema della presenza di residui di estrogeni nelle carni bovine, si può affermare con assoluta obbiettività, ed in base a numerose e accurate ricerche nell'ultimo decennio, che non sussiste alcun rischio per il consumatore" da "Nutrizione e Alimentazione animali domestici" -Edagricole

(1981) p.361 "Sono sostanze termolabili e pertanto con la cottura gli eventuali residui

vengono distrutti." Secondo G.Rocca "In campo umano, il consumo di carni estrogenate, ha

determinato la comparsa precoce della pubertà in fanciulle. Sembra inoltre esistere un'azione favorente lo sviluppo di neoplasie." da "Vigilanza veterinaria- Manuale per

operatori sanitari" - Edagricole (1987) p.72. In conclusione si ripetono i gruppi analitici di un 'alimento zootecnico determinati con analisi specifiche: 1) Umidità e per differenza a 100 la sostanza secca (S.S.); 2) Protidi grezzi (P.G.): essi contengono sia le proteine vere e proprie, dette digeribili che le altre sostanze azotate non proteiche (come aminoacidi, urea, peptidi, composti ammoniacali ecc.; 3) Lipidi grezzi: essi contengono sia i lipidi veri e propri, detti digeribili che le altre sostanze liposolubili; 4) Fibra grezza (F.G.) è costituita per il 50-80% da cellulosa, per il 10-15% da lignina e per il 20% circa da emicellulose. La cellulosa e le emicellulose sono la frazione digeribile e detta Fibra digeribile, mentre la lignina rappresenta la frazione non digeribile. 5) Ceneri: sono i sali minerali presenti nell'alimento; 6) Estrattivi inazotati grezzi: a questo gruppo appartengono tutti i carboidrati solubili (amido, disaccaridi e monosaccaridi). La loro determinazione non è chimica, ma puramente matematica dal momento che si ottiene per differenza tra la sostanza secca e tutti gli altri gruppi analitici. L'esattezza del dato dipende da quella delle determinazioni analitiche dirette.

La razione alimentare giornaliera. Confronto calcolo fabbisogni metodo tradizionale e con il nuovo metodo delle UFL e il latte normalizzato.

1) fabbisogni di mantenimento(F.M) si compone di una quota di alimenti in grado di fornire all'animale principi nutritivi sufficienti per mantenere vitali le proprie funzioni fisiologiche senza che si verifichi alcuna variazione ponderale. In pratica coincide con quasi il peso metabolico (p.m. = p.v.º�⁷⁵) e viene determinato tenendo a completo digiuno e a riposo l'animale in un ambiente termostatato e diminuisce con l’aumentare del peso. Essa comprende diversi fabbisogni per i bovini:

a) energetico: varia con l'età e il peso dell'animale; - negli adulti dei bovini mediamente 0,7 – 0,8 UF/q di peso vivo. - In UFL peso vivo in Kg x 0,006 + 1,4 - in stabulazione fissa

peso vivo in Kg x 0,006 + 1,4 e un 10 % in più se stab.libera peso vivo in Kg x 0,006 + 1,4 e un 20 % in più se al pascolo

b) proteico: varia con l'età e il peso dell'animale; negli adulti bovini

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Appunti di tecnica di produzione animale

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- circa 85 g di proteine grezze (PG) /q di peso vivo

- circa 60 g di proteine digeribili (PD)/q di peso vivo

- circa 50 g di proteine digeribili a livello intestinale (PDI)/q di peso vivo +

95

Le PDI sono date dalla somma delle proteine alimentari non degradate dal rumine (PDIA) e delle proteine microbiche digeribili (PDIM) e sono di difficile determinazione

c) sali minerali e vitaminico: non esistono particolari fabbisogni per sopperire ai consumi del "puro" mantenimento. Si controllano solo il Ca e il P (macroelementi)

- calcio: 6,5g/q di p.v.

- fosforo: 5g/q di p.v.

2) fabbisogni per la produzione della carne. Per i bovini si distingue in:

a) fabbisogni di accrescimento. Per gli animali ancora giovani, l'accrescimento consiste nell’energia e nelle proteine e sali minerali necessari alla moltiplicazione ed aumento di volume delle cellule che formano i tessuti e gli organi di un animale, dal momento del suo concepimento al momento in cui questo raggiunge l'età adulta, cresce con l’età ma è proporzionalmente maggiore nei giovani. . Esistono delle tabelle che a seconda del peso dell'animale e dell'IPG (incremento ponderale giornaliero) riportano sia i fabbisogni di mantenimento che di accrescimento. Tutti i fabbisogni sono unitariamente estremamente elevati rispetti a quegli degli adulti e in particolare in sali minerali (soprattutto Ca e P, importanti nell'ossificazione). b) fabbisogni di ingrasso: l'ingrasso serve per incentivare la lipogenesi, permettendo la formazione di depositi adiposi superiori a quelli formati nel normale processo di accrescimento. Negli animali destinati alla macellazione, l'ingrasso costituisce la fase conclusiva dell'allevamento (finissaggio sino a 2 -2,5 F.M), caratterizzato da alti livelli energetici e da scarsi contenuti proteici. (Energia: FM + 0,5 -1,25 UF/q di peso vivo; Proteine: F.M. + 100-150 g/q peso vivo)

3) fabbisogni per la produzione di latte. I fabbisogni sono direttamente collegati alla quantità di latte prodotto e alla sua composizione in proteine e grasso (il grasso rappresenta la maggior fonte di asporto energetico del latte). Le equazioni di stima dei fabbisogni per la produzione di latte vaccino si riferiscono a un latte standard con il 4% di lipidi e 3,1% di proteine. Per effettuare correttamente i calcoli, quindi, occorre uniformare allo standard di riferimento il latte prodotto dalla bovina (latte normalizzato), secondo l'equazione:

Kg di latte prodotto x (0,4 + 0,15 x % grasso reale del latte) = kg di latte normalizzato al 4%

- Es. 30 kg di latte al 3,8% di grasso equivalgono a 30x(0,4 + 0,15x3,8%) = 29,1 Kg di latte normalizzato

- Es. 30 Kg di latte al 4,2% di grasso equivalgono a 30x(0,4 + 0,15x4,2%) = 30,9 kg di latte normalizzato.

Energetico: UFL = 0,44 x Kg di latte normalizzato

Proteico: g di PG = 88 x Kg di latte normalizzato

g di PD = 60 x Kg di latte normalizzato media prod.

g di PD = 65 x Kg di latte normalizzato alta produz.

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Appunti di tecnica di produzione animale

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Ca g di Ca = 4,2 x Kg di latte normalizzato P g di P = 1,7 x Kg di latte normalizzato Con il metodo delle UFL e il latte normalizzato se il primo parto si ha entro i

28 mesi di età si aumenta la produzione di 5 Kg di latte, mentre se tra i 28 e i

36 mesi si aumenta di 3 Kg: questa aggiunta viene effettuata perché le vacche sino al 36 mesi continuano ad accrescersi

In passato per la vacca da latte venivano indicati i seguenti valori: Fabbisogno energetico: 0,3 - 0,4 UF/ Kg di latte e in funzione della

percentuale di grasso presente Fabbisogno proteico: 60 g di proteina digeribili. /Kg di latte Fabbisogno in sali minerali: Calcio 4.2 g/ Kg di latte Fosforo 1,7 g/ Kg di latte

4) fabbisogni per la gestazione. L'accrescimento del feto è limitato sino al 5° mese, poi dal 6° al 9° mese diviene molto rapido e pertanto i fabbisogni vengono calcolati a partire dal 6- 7° mese sino al parto. In pratica si valutano tali fabbisogni come se la gestante producesse al: 7° mese 2 Kg di latte 8° mese 4 Kg di latte 9° mese 6 Kg di latte Con il metodo delle UFL e il latte normalizzato si aggiunge: 7° mese 2 Kg di latte al 4% di grasso al giorno in più; 8° mese 3,5 Kg di latte al 4% di grasso al giorno in più 9° mese 6 Kg di latte al 4% di grasso giorno in più

5) Fabbisogni di riproduzione. Viene calcolata soprattutto per i tori e corrisponde in media al 50 % della razione di mantenimento. 6) fabbisogni di asciutta. L'asciutta è il periodo di ricostituzione delle riserve organiche della vacca da latte e di reintegrazione dei tessuti, soprattutto della mammella per prepararsi al parto e alla successiva lattazione. E' fondamentale scongiurare in questo periodo l'eccessivo ingrassamento, perché può predisporre a malattie metaboliche nel periodo successivo. Negli ultimi 10 giorni dell'asciutta, prima del parto, si pratica lo steaming up: in aggiunta alla quota di asciutta si aggiungono dosi crescenti di concentrati (sino a circa 5 kg al giorno) per sopperire agli alti fabbisogni energetici che la vacca esige nei primi momenti successivi al parto, accompagnati da un bassa appetibilità. Inoltre vanno considerati: 7) fabbisogni di termoregolazione. Sia per la difesa dal caldo (ad es. vi è una forte perdita di peli) che dal freddo (ad es. aumenta il pelo e il tessuto adiposo sottocutaneo). 8) fabbisogno per eventuale pascolamento. (vedi nei fabbisogni di mantenimento)

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Appunti di tecnica di produzione animale

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Nel calcolo della razione giornaliera ( metodo tradizionale) per un bovino bisogna tenere inoltre in conto:

1) il livello (o capacità) di ingestione (o fabbisogno in sostanza secca) che rappresenta la quantità di sostanza secca che un animale riesce ad ingerire in un giorno, in funzione di fattori genetici individuali e fattori ambientali:

- per le bovine da latte in media 3 kg di S.S./q di peso vivo (da 2,5 vacche

in asciutta a 3,5 vacche di alta

produzione)

* Capacità di ingestione con il metodo del latte normalizzato:

(Kgpv x 0,0185) + (Kg latte normalizzato x 0,305)

2) il fabbisogno in fibra grezza, per un corretto funzionamento dei prestomaci, per una vacca da latte circa il 20% della S.S. - (mentre per i maschi si può scendere anche al 10-15% della S.S) - infatti tale quota assicura tra gli AGV un 60% di acido acetico (precursore del grasso del latte) e un pH ruminale ottimale tra il 6,6 e 6,1.

Esempio di calcolo di razione alimentare: Si determini la razione alimentare giornaliera per una vacca adulta di 6 q di peso vivo, al 7° mese di gravidanza che produce 20 kg di latte al giorno al 3,4% di grasso. La vacca è allevata i stabulazione fissa e il periodo è maggio.

Calcolo dei fabbisogni nutrizionali - nel modo tradizionale: UF PD Ca P S.S. FIBRA Mantenimento 4,8 360 39 36 Produzione (latte + gravidanza)

7,6 1320 92,4 37,4

TOTALI 12,4 UF

1680 g

131 g

73 g

18 kg

3,6 kg

Con il metodo delle UFL e con le nuove metodologie di calcolo avremo il seguente calcolo: Valore latte normalizzato: 20 x (0,4 + 0,15 x 3,4) = 18,2 + 3,5 Kg (gravidanza) = 21,7 UFL

Fabbisogno energetico: latte normalizzato 21,7 x 0,44 = 9,55 UFL + mantenimento (600 x 0.006 + 1,4) = 5 UFL per un totale di 14,55 UFL

* Capacità di ingestione: (Kgpv x 0,0185) + (Kg latte normalizzato x 0,305) = (600x0,0185) + (21,7x0,305) = 17,72 kg di s.s.

UFL PD Ca P Sost.secca* Fibra grezza Mantenimento 5 360 39 30

Produzione latte 8 1092 76 31 Gravidanza 0,88 120 8,2 3,4

Totale 13,88 1572 g 123,2 61,4 17,76 kg 3,55 kg

I due modi di calcolare i fabbisogni determinano come si può constatare delle differenze anche significative: i nuovi metodi sono indubbiamente più accurati rispetto ai vecchi

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Quindi prendendo le tabelle alimentari si scelgono gli alimenti:

UF S.S. FIBRA PD Ca P 10 Kg Favetta fresca 1,35 1,74 0,410 267 20 Kg Avena fresca 2,26 3,22 0,758 360 10 16 10 Kg Fieno prato 5,83 8,4 1,932 916 55 30 2 Kg Farina di mais 2,23 1,74 0,045 113 1 5 2 Kg Farina di orzo 2 1,7 0,078 127 1 7 TOTALI 13,67

UF 16,80

Kg 3,223

Kg 1783

g 67 g

58 g

Come si può notare la razione non risulta perfettamente bilanciata: occorre correggere il fabbisogno proteico e si può sostituire una leguminosa con una graminacea e il fabbisogno in sali minerali in particolare risulta carente il calcio e pertanto si può aggiungere alla razione degli integratori salini a base di calcio sino a soddisfarli completamente.

Attualmente negli allevamenti più moderni la scelta della razione ottimale per i bovini ed economica per l'allevatore viene effettuata con l'ausilio dei personal computers. Da notare che nel bilanciare la razione la quota dei concentrati non dovrebbe mai superare il 40% dell'apporto energetico complessivo. Quantità eccessive di concentrati infatti nei bovini da latte determinano una malattia metabolica detta acidosi. Il rapporto ottimale Ca/P negli alimenti dovrebbe essere di 2 a 1, ma i bovini riescono a sopportare senza alcun danno per un breve periodo anche rapporti di 5 a 1.

Schema sintetico – valori medi - per il calcolo dei fabbisogni di

bovine da latte

UFL PG g Ca g Pg SS %peso vivo Mantenimento X 100Kg

0,83 82 6,5 5 2

Produzione Kg latte al 3,5%

0,43 80 3,7 1,7 3

Gestazione 7°mese. 8°mese 9°mese

1 2 3

150 250 350

10 15 25

3 6 10

Accrescimento (con IPG – 100g)

0,35 45 3 1,5

Schema sintetico fabbisogni di una manza da latte con IPG di 700g

Peso vivo Kg 250 350 500 Età mesi 9 14 22-23 UFL PG g s.s Kg

4,7 600

7

6 700 9-10

7 780 11-12

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Appunti di tecnica di produzione animale

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Altro esempio di razionamento pratico. (considerando i valori sopra dati) Scopo: calcolare le quantità di ogni alimento necessarie a coprire i fabbisogni:

Bovina da latte. � Peso 600 Kg � Produzione 20 kg di latte al 3,5% di grasso � Stabulazione libera � Non gravida, alla 4^ lattazione (quindi non in accrescimento)

1) CALCOLO DEI FABBISOGNI. In questo caso concreto ci sono i fabbisogni di mantenimento e produzione, più quelli di stabulazione libera. Facendo il calcolo manualmente, consideriamo le UFL, le PG e s.s. Gli altri parametri verrebbero presi in considerazione se si usa il computer. Fabbisogni UFL PGg Mantenimento 6x0,83 6x82 Prod. latte 20x0,43 20x80 Stab.Libera (10% di M.) 0,49 Totale 14,07 2092

La sostanza secca è un fattore limitante: indica la capacità di ingestione. Si considera 3% del peso vivo = 18 Kg

Di questi 18 Kg di s.s. almeno 20% di FG (ossia 3,6 Kg), di questa almeno il 50% deve essere a fibra lunga (cellulosa: per fermentazioni ruminali e la formazione dell’acido acetico importante per il pH e la formazione dei grassi del latte e per la salivazione e masticazione) e quindi 1,8 Kg di fibra lunga.

2) CALCOLO DELLA RAZIONE BASE. Foraggi aziendali si utilizzano: - fieno polifita – apporta fibra lunga – se ne usa di solito 1% del peso vivo –

quindi 6 Kg (600x1%) con un 30% di FG avremo 6x30% = 1,8 kg a fibra lunga - silomais – costo contenuto abbastanza appetibile, se ne usa in base alla

disponibilità aziendale. (per es. 12 Kg di silomais). Razione base apporta:

Alimento QKg UFL PG% S.S.% FIENO polifita 6 0,4UFL/Kg 10% 88% 2,4 600 g 5,28 kg Silomais 12 0,26UFL/Kg 2,5% 34% 3,12 300 g 4,08 Kg Totale 5,52 UFL 900g 9,36 kg

A questo punto occorre calcolare la razione di integrazione

Fabbisogni Razione base razione di integrazione 14,07 UFL 5.52 UFL 8,55 UFL 2092 g di PG 900g di PG 1192 g di PG 18 Kg di s.s. 9,36 kg di s.s 8,64 Kg di s.s Il fabbisogno di FG è già soddisfatto.

Come si calcola la razione di integrazione. Occorrono 8,55 UFL – ipotizziamo un concentrato con 0,9 UFL/Kg Con una proporzione ci calcoliamo quanto mangime occorre per avere 0,85 UFL

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1:0.9 = x : 8,55 x = 9,5 Kg di mangime

9,5 kg x 86% di s.s. = 8,17 kg di s.s. Questo concentrato dovrà contenere 1192 g di PG e con una proporzione calcolo il titolo proteico del mangime da utilizzare 9.5: 1192 = 1 :x X= 125,8 g di PG/kg di concentrato Ossia con un titolo proteico del 12,6% A questo punto prendo 2 concentrati – utilizzo la regola del miscuglio (o Croce di santa Andrea)

Es. granella di mais 8% di PG Farina di estrazione di soia 44% di PG Granella di mais farina di estrazione di soia 8% 44% 12,6% 31,6 4,6

I 2 alimenti saranno uniti (31,6 + 4,6) = 36,2 granella di mais 31,6/36,2 = 87,2% e 4,6/36,2 = 12,8% di farina di soia con un rapporto 31,6/4,6 = 6,8 : 1 Infatti (6,8 x 8 + 1 x 44)/7,8 = 12,6% Quindi per avere il titolo del 12,6% di PG occorre una miscela di 8,3 Kg di granella di mais e

1,22 kg di farina di soia)

Altro esempio di miscelazione:

� orzo con 100 UF/q e 10% di PG � farina di soia con 115 UF/q e 45% di PG

Per avere una miscela al 25% di PG uso la regola del miscuglio orzo soia 10% 45% 25% 20 orzo 15 soia 45 – 25 = 20 parti di orzo 25 – 10 = 15 parti di soia La miscela che avremo avrà il seguente rapporto 20:15 = 4:3 Infatti (4 x10 + 3 x45)/7 = 25 Per trovare le UF di questa miscela con il 25% di PG (20 x 100UF + 15 x 115 UF)/35 = 106,43 UF

LA SCELTA DEL SISTEMA DI STABULAZIONE Le soluzioni progettuali di una stalla per vacche da latte devono essere tali da rispondere a tre requisiti fondamentali:

• Garantire le migliori condizioni ambientali per l’animale, sia sotto l’aspetto igienico, sia nel microambiente, per ottenere i migliori indici di conversione degli alimenti;

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Appunti di tecnica di produzione animale

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• Garantire il minor impiego di manodopera e, nello stesso tempo, condizioni di lavoro ottimali per gli addetti alla stalla;

• Garantire la maggiore economicità della soluzione costruttiva, non ricorrendo a strutture architettonicamente eleganti, ma badando soprattutto alla loro funzionalità.

Per quanto riguarda le stalle, poi, in n centro ”da latte” non appena e dimensioni dell’allevamento superano il centinaio di vacche in produzione, si trovano a coesistere la stalla per vacche da latte, quella dei vitelli da ingrasso e quella per i vitelli in svezzamento.

TIPI DI STABULAZIONE.

• Stalle a stabulazione fissa, nelle quali l’animale si trova legato in uno spazio ristretto, definito posta: questo tipo di stabulazione è oggi adottato prevalentemente negli allevamenti di piccole dimensioni.

• Stalle a stabulazione libera, nelle quali gli animali possono muoversi più o meno liberamente all’interno della stalla non avendo a disposizione uno spazio definito.

Fino ad una ventina di anni fa la stabulazione libera per le vacche da latte era scarsamente praticata nel nostro Paese, sia per le dimensioni piuttosto contenute, sia per la riottosità degli allevatori tale tecnica. Solo negli ultimi tempi i tecnici ed allevatori concordano sulla superiorità della stabulazione libera rispetto a quella fissa, per una serie di valutazioni positive cui, però, possono essere affiancate alcune annotazioni negative.

I vantaggi della stabulazione fissa.

• La superficie coperta della stalla nella stabulazione libera risulta inferiore rispetto alla stabulazione libera;

• Le stalle possono essere più facilmente ubicate nel centro zootecnico, non essendo presenti i paddok (i recinti) che costituiscono la caratteristica più peculiare della stabulazione libera;

• Il controllo delle bovine è più facile, essendo l’animale bloccato alla posta; • Non è indispensabile la decornificazione; • Non esistono problemi di competività alimentare nella mandria e l’alimentazione può

essere individualizzata con facilità in relazione alla produttività dei singoli capi.

I vantaggi della stabulazione libera.

• Sensibile contrazione del fabbisogno di manodopera per il governo degli alimenti; • Migliori condizioni di stabulazione e di salute delle bovine;

Le condizioni della stabulazione libera più si avvicinano alle condizioni naturali di vita dell’animale

garantendogli, di conseguenza, la possibilità di estrinsecare al meglio le sue potenzialità produttive e, anche, una carriera produttiva più lunga.

Migliore risulta, di conseguenza, lo stato di salute delle bovine e minore risultano le spese per le malattie, soprattutto quelle respiratorie.

Il razionamento alimentare è risolto dall’allevatore costituendo dei gruppi omogenei di bovine per livello di produzione e calcolando la razione base, tenendo conto l’esigenze nutrizionali medie del gruppo e prevedendo, poi un’integrazione con concentrati e integratori con la tecnica degli autoalimentatori (mangiatoia elettronica che riconoscono l’animale in base ad un collare magnetico)

Attualmente nelle stalle migliori la razione base è somministrata con la tecnica dell’unifeed o piatto unico una o due volte al giorno.

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Appunti di tecnica di produzione animale

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CRITERI GENERALI PER LA REALIZZAZIONE DI UN ALLEVAMENTO ZOOTECNICO.

a) Indagine di mercato per valutare l’opportunità di intraprendere un allevamento

zootecnico. b) Scelta dell’orientamento produttivo (carne o latte). c) Scelte tecniche del modo di allevamento.

• Brado • Semibrado • Stabulazione libera • Stabulazione fissa

d) Locazione dell’allevamento. e) Scelta del regime alimentare. f) Scelta della razza. g) Analisi del costo di produzione. h) Analisi sulle possibilità di inserire innovazioni tecniche e forme di meccanizzazione atte

ad abbassare i costi. i) Possibilità di istituire dei consorzi tra produttori. j) Possibilità di assistenza tecnico sanitaria da parte dello Stato e Regioni. k) Impiego di personale qualificato. l) Programmazione del lavoro nell’ambito del ciclo dell’allevamento. m) Valutazione in termini economici della redditività dell’intero complesso aziendale con

riferimento a fonti di reddito alternative.

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Parte 3. BOVINICOLTURA - ALLEVAMENTO DEI BOVINI

Importanza economica.

In generale le produzioni zootecniche incidono nel 41% della Plv agricola italiana: la bovinicoltura vi incide per il 22% (metà per la carne, metà per il latte). La consistenza dell'allevamento, secondo il censimento generale dell'agricoltura è di circa 6.200.000 capi, in calo negli ultimi anni, con predominanza delle razze da latte, localizzati nel nord (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte); - per la produzione della carne una grossa incidenza l'hanno i vitelloni da ristallo, acquistati all'estero, soprattutto dalla Francia. Negli ultimi anni si è avuto una riduzione del patrimonio bovino, ma nello stesso tempo c'è stato un aumento delle produzioni sia di carne (per l'acquisto di vitelloni da ristallo) sia di latte (per il lavoro di miglioramento genetico e per l'ottimizzazione delle tecniche di allevamento e di alimentazione della vacca da latte). Si ricorda che circa il 60% del latte italiano viene trasformato in formaggio e il resto viene utilizzato per il consumo diretto. Il settore è in crisi, per produzioni non economiche e si assiste alla chiusura di stalle un po’ in tutte le zone del nostro Paese. I motivi della crisi sono tanti e tra questi si evidenziano i seguenti: 1) dimensioni aziendali piccole, con elevati costi fissi. I costi di produzione sono elevati anche per la stabulazione che nella maggior parte dei casi è fissa o quasi, in strutture ormai obsolete. 2) condizioni pedo-climatiche (ad eccezione della pianura Padana) non particolarmente favorevoli: terreni argillosi collinari difficili da lavorare e con una piovosità scarsa e/o mal distribuita, che si ripercuotono sulle rese foraggere. Ad es. nel Nord-Europa la razione alimentare viene fatta quasi tutta con foraggi aziendali, in Italia invece si fa un largo uso di mangimi concentrati di origine extra-aziendale, più costosi. 3) per la stabulazione fissa o quasi, esistono maggiori problemi igienici sanitari: molte malattie, scarsa fertilità e allungamento del periodo di interparto. 4) Politica Agricola Comunitaria (P.A..C.), che di fatto ha penalizzato la zootecnia italiana, non considerandola attività prevalente del settore agricolo italiano. Le quote di produzione latte per evitare che una offerta produttiva molto alta rispetto alla domanda che rimane sostanzialmente costante portasse ad avere prezzi molto bassi per i produttori La quota nazionale di latte assegnata è stata bassa, rispetto alla potenzialità produttiva delle nostre aziende (ad es. nel 1992 la quota di produzione italiana è stata di 90 milioni di q, contro una produzione reale di 115 milioni di q). La quota nazionale è poi suddivisa tra i produttori – attualmente è possibile compensare tra aziende che raggiungono la quota e le aziende che la superano e con un nuovo sistema di pagamento non basato solo sulla quantità ma anche sulla qualità (carica microbica, numero cellule somatiche se alte il latte non è adatto alla caseificazione, percentuale di grasso e proteine). Attualmente un litro di latte al produttore viene pagato in media 0,25 euro a litro. Anche per la carne è stato istituito, di fatto poco utilizzato, il prezzo d'intervento sul mercato delle carni per aiutare i produttori qualora il prezzo di mercato scendeva sotto quello di intervento, che viene calcolato in base ai costi medi europei più bassi di quelli medi italiani. Il M.A.F. (Ministero Agricoltura e Foreste), abolito con il referendum del 18 Aprile 1993, ma di fatto ricostituito con il Ministero delle Risorse Agricole, insieme alle singole Regioni, attua dei piani per combattere la "crisi" finanziando: - l'assistenza tecnica sia pubblica, in Toscana l'ARSIA sia privata ovvero le APA (Associazioni Provinciali Allevatori); - il miglioramento genetico delle razze da latte, puntando soprattutto a migliorare la qualità del latte e non più solo la quantità;

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- il salvataggio delle razze minori e autoctone, molto rustiche da allevare nella culla di origine allo stato brado o semi-brado, secondo la linea vacca-vitello o manza-vitello;

- i piani di miglioramento igienico sanitario, per combattere l'ipofertilità e la mortalità neo e post-natale;

- l'istituzione dell'anagrafe bovina per la rintracciabilità della filiera produttiva e con le etichette di produzione nelle macellerie

- una pubblicità tendente a cambiare le abitudini alimentari del consumatore italiano, che vuole solo i quarti posteriori, e favorente il consumo di carne italiana vedi il Consorzio delle 5 R.

Classificazione biologica dei bovini. Regno: Animale Sottoregno: Metazoi (ovvero pluricellulari) Phylum: Cordati (simmetria bilaterale del corpo e presenza a livello embrionale di una

corda dorsale, che costituisce lo scheletro primitivo) Superclasse: Tetrapodi (con appendici pari, per la deambulazione = camminare) Classe: Mammiferi (presenza i ghiandole mammarie) Sottoclasse: Vivipari (partoriscono figli vivi e già sviluppati) Infraclasse: Placentati (placenta è la struttura formata in parte dalla parete interna

dell'utero e in parte dai villi coriali dell'embrione e ha la funzione di scambio delle sostanze nutritive e dei prodotti del metabolismo tra la madre e il feto)

Ordine: Artiodattili (arto con un numero pari di dita: il 3° e il 4° dito) Ungulati (ovvero il peso del corpo poggia sull'ultima falange del dito) Gruppo: Ruminanti (attuano la ruminazione e sono poligastrici) Famiglia: Cavicorne (con corna cave) Bovidi Genere: Bos Specie: Bos taurus

Una specie molto affine ai bovini è la zebù (Bos indicus), infatti possono riprodursi tra di loro dando una prole illimitatamente fertile. I Paesi civili hanno riconosciuto in tutti i tempi nei bovini una delle principali basi di vita e di prosperità, e per tal fatto essi furono sempre tenuti in considerazione; essi sono originari dell'Asia centrale (Nord-ovest dell'India) e furono addomesticati tra il 10.000 e 8.000 a.C. L'origine dei bovini è tutt'oggi incerta; una teoria ritiene che tutte le razze derivino da un unico progenitore il Bos primigenius o “Uro”: un animale che aveva un'altezza al garrese di circa 2 m, con una fronte alquanto più lunga che larga, con corna rotondeggianti e lunghe 25 - 35 cm, a mantello nero -grigio scuro. Da questo si sono evolute direttamente le razze podoliche attuali (Chianina, Romagnola Maremmana, Podolica), mentre nell'Europa Centrale ha dato origine ad una forma brachicera il Bos brachiceros: un animale con fronte quasi quadrata e faccia corta e da tra l'altro deriva la razza Bruna. Sempre nell'Europa Centrale si formò, a partire dall'Uro, il Bos frontosus: un animale più piccolo della forma primigenia ma maggiore della brachicera, che rappresenta il progenitore delle razze pezzate rosse. Accanto a queste tre forme fondamentali va posto il Bos akeratos, con fronte più lunga che larga, di piccola statura e senza corna. L'Uro asiatico inoltre diede origine anche al Bos namadicus, da cui si sono originati i bovini provvisti di caratteristica gibbosità adiposa sul garrese come gli zebù (Bos indicus).

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RAZZE BOVINE A PREVALENTE PRODUZIONE DI LATTE

1.Frisona Italiana Origine e zona di diffusione L'area di origine è la Pianura Padana. La Frisona Italiana è derivata da quelle Olandese e Nord Americana. Le prime importazioni risalgono al 1870. L'allevamento della Bonifica di Torre in Pietra (Roma), di proprietà del conte N. Carandini, nel 1929 acquista ad un'asta della Carnation Milk Farm di Seattle (USA) il toro Carnation Producer che si dimostra un vero "razzatore" divenendo un capostipite dell'attuale Frisona Italiana, peraltro rinsanguata, nel tempo, con altri riproduttori d'élite di origine americana e canadese. Dal 1950 la Frisona sostituisce sempre più la Bruna specialmente in pianura. Dal 1956 la razza ha una sua fisionomia e viene istituito un unico libro genealogico nazionale (Frisona Italiana). La zona di maggior diffusione è il Nord Italia, in particolare Lombardia ed Emilia-Romagna. Il colore del mantello è pezzato nero ma anche le pezzate rosse si possono iscrivere al LG. Le corna sono corte. L'aspetto generale è armonico e vi è un buon equilibrio dei caratteri lattiferi.

Il 23 luglio 1957 viene costituita l'Associazione Nazionale di Allevatori di Bovini di Razza Frisona Italiana (A.N.A.F.I.). Morfologia vacche Frisone Italiane Mantello: pezzato nero o pezzato rosso. Statura: alta. Testa: espressiva, proporzionata, distinta e vigorosa, profilo superiore rettilineo; occhi vivaci, orecchie molto mobili, narici larghe e musello ampio e forti mascelle. Anteriore armonico collo allungato, sottile e ricco di pliche cutanee; garrese ben serrato, pronunciato e affilato; spalle fuse con il collo; petto

forte e ampio. Arti anteriori in appiombo e ben distanziati. Piedi forti e con alta suola. Linea dorsale rettilinea con lombi larghi e forti. Groppa lunga e livellata; coda piuttosto sottile. Arti posteriori in appiombo, forti e asciutti; piedi forti, ben serrati con suola alta. Natiche con profilo rettilineo; garretti larghi e piatti. Mammella saldamente attaccata, vene addominali prominenti e tortuose, vene mammarie molto ramificate non troppo grosse e ramificate, tessuto spugnose ed elastico. Legamento sospensorio mediano forte che divide nettamente la mammella in due parti uguali. Capezzoli perpendicolari, di giuste dimensioni, inseriti al centro di ciascun quarto. Altezza femmina adulta 130 - 150 cm con un peso di 550 -900 Kg Morfologia tori Frisoni Italiani Le caratteristiche morfologiche sono uguali per quanto riguarda il mantello, ecc., con ovvio riguardo alla mascolinità che si riflette in una maggior mole ed in una maggiore potenza di ogni singola parte. Altezza maschio adulto 138 - 155 cm con un peso di 900 - 1300 kg La valutazione morfologica viene espressa per tutte le femmine che abbiano partorito e per i maschi di oltre 18 mesi. Lunghezza media gravidanza: 287 giorni e l’età al 1° parto 26-27 mesi, con un interparto di 400 giorni e una carriera produttiva di 3,2 parti. Vitello: peso variabile dai 40 kg fino a oltre 50 nei maschi. Produzione media delle iscritte (2006): 89,45 q di latte; Grasso %: 3,7 - Proteine %3,3. Poco propensa alla produzione di carne. Dati statistici (2001) : numero di capi allevati in Italia: 1.044.667 (vacche controllate dall’Anafi). Totale circa 2.200.000 capi

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2. Bruna italiana

Ceppo italiano della razza bruna alpina o di Schwyz, autoctona della Svizzera Centrale: si è formata nei conventi benedettini tipo l'Abbazia di Einsielden. In Italia i primi allevamenti si sono avuti intorno al 1850, prima sulle Alpi, poi nella Pianura Padana e infine si è diffusa in tutto il Paese (isole comprese) con ottimi risultati. (vedi la bruna pugliese e la svitto sarda). Molto rustica e resistenti a malattie come la tubercolosi bovina. Inizialmente è stata una razza a duplice attitudine (latte e carne), capace di valorizzare anche zone marginali (molto rustica), poi con l'accoppiamento con il brown swizz (ceppo americano migliorato della bruna alpina) si sono migliorate le caratteristiche lattifere.

Il brown swizz ha dato inoltre altri vantaggi alla bruna alpina europea:

a) precocità al primo parto (attualmente si ha prima dei 30 mesi);

b) facilità al parto; c) più elevata e costante produzione (che rimane sempre con un elevato tenore in grasso e proteine. soprattutto la variante B della k-caseina);

d) unghioni compatti e duri e buon apparato mammario. In Italia la consistenza media è di 566.100 capi, diffusa su tutto il territorio nazionale e per la sua alta adattabilità ai diversi ambienti dal 1981 la denominazione ufficiale è bruna italiana. Morfologia vacche Brune Italiane Animali armoniosi. Mantello di colore uniforme, bruno o variabile dal sorcino al castano. Nei tori il mantello è più scuro (castano). Musello ardesia circondato da un alone bianco. Corna fini e bianche alla base, nere in punta. Vitello grigio nei primi tre mesi. Altezza al garrese adulti: vacca 135 - 140 cm toro 142 - 145 cm Peso adulto: vacca 500 - 600 Kg toro 800 - 1000 Kg Resa al macello: vacca 50% toro 55% Peso alla nascita: 35 Kg 40 Kg Precocità sessuale: aumentata dopo l'accoppiamento con il brown swizz

1° accoppiamento per le vacche a 20 mesi. IPG circa 1000g, si hanno vitelloni di 500 Kg a 14 - 15 mesi. I capi migliorati con il brown swizz morfologicamente, ad eccezione del colore del mantello bruno, e fisiologicamente sono molto simili ai frisoni e vengono allevati in loro alternativa in molte zone di pianura. La razza bruna comunque, essendo più rustica, si adatta ad essere allevata in ambienti più difficili, anche secondo la linea vacca-vitello (vedi la bruna pugliese e la bruna sarda). La differenza nella produzione di latte tra primipare e pluripare è relativamente modesta (in passato era un grosso difetto la bassa produzione delle primipare). Produzione di latte: 6123 kg/lattazione per le iscritte (2000); con grasso %: 3,41 e proteine % 3,88. Buona attitudine casearia del latte perché nel patrimonio genetico della razza c'è una ridotta presenza di allele A della k-caseina (che influenza negativamente la coagulazione del latte) e una percentuale (66%) dell'allele B che permette di avere una cagliata superiore.

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3. Jersey italiana

Originaria dell'isola omonima nel canale della Manica, nella baia di Saint Malo a 7 km dalla costa francese. Fino a circa 8.500 anni fa Jersey non era un isola ma un gruppo di colline della terraferma francese. Deriva dal Bos Longifrons ed alla sua formazione ha contribuito bestiame bretone e normanno. Dalla seconda metà del XIIX secolo vengono impedite le importazioni di bestiame vivo e ciò ha consentito di fissare bene i caratteri e di contenere le malattie. Dal 1700 iniziarono le esportazioni. Il numero totale di capi di razza Jersey oggi è circa 8 milioni diffusi in tutti i continenti. Caratteristiche morfologiche Il mantello è di colore fromentino, dal bruno scuro al giallo chiaro e spesso con zone di peli bianchi su fianchi e ventre. Il fiocco della coda è nero. Spesso peli neri sulla testa. Alone bianco intorno al musello nero. Di taglia ridotta, è tra le più piccole razze bovine allevate: - femmine: 125 cm; 350-400 kg - maschi: 130 cm; 450-600 kg Animale molto spigoloso, con profili piatti o concavi. Testa piccola con arcate sovraorbitali molto prominenti, collo sottile. Tronco triangolare. Pelle molto fine; scheletro fine. Arti sottili ma legamenti robusti. Caratteristiche produttive Ottime capacità lattifere, quantitative e qualitative, per tenore di grasso e proteine. 44q/lattazione con 4,4-6% di grasso (globuli grossi) e con 3,6 -4% di proteine. Scarsissima attitudine alla carne. Adattabile alle più svariate condizioni climatiche. Molto precoce come sviluppo somatico e sessuale (primo parto molto anticipato a 24 mesi). Molto longeva (carriera 13 anni) e non presenta problemi al parto: vitelli molto piccoli. Come composizione del latte è la migliore razza in assoluto. Il latte della Jersey però non è adatto alla caseificazione per la grossezza dei globuli di grasso (ottimo invece per il burro).

4.Ayrshire

Originaria della Contea di Ayr, nel sud-est della Scozia. Si ritiene discenda da bovini brachiceri celtici. Riconosciuta come razza già nel 1814. Apprezzata come lattifera perché produce un latte particolarmente adatto alla caseificazione (cagliata fine - globuli piccoli). Esportata in tutto il mondo e in particolare nel Nord America (Stati Uniti e Canada), Finlandia e Svezia. Elevata adattabilità al pascolo in tutti gli ambienti (specie nei climi freddi).

Il colore del mantello è pezzato rosso, mogano o marrone. Le macchie sono irregolari e il bianco prevale nettamente. Il fiocco della coda è bianco. Musello roseo o rosso carnicino. Corna di lunghezza media, rivolte in alto e avanti (a forma di lira). Ottime capacità lattifere, quantitative e qualitative, per tenore di grasso e

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proteine. Mediocre l'attitudine alla produzione di carne. Buone precocità come sviluppo somatico e sessuale. Buona fertilità e non presenta problemi al parto. Animali di taglia media: - femmine: 138 cm; 550-600 kg - maschi: 145 cm; 850-900 kg Animale non eccessivamente spigoloso, con profili piatti o leggermente concavi. Collo lungo e sottile. Ottima profondità toracica e capacità addominale. Ottima la morfologia della mammella con attacchi forti. Ottime capacità quantitative 58q/lattazione e qualitative, per tenore di grasso e proteine (4,1-4.4 % grasso –globuli fini e 3,3-3,5% proteine). Mediocre l'attitudine alla produzione di carne. Buone precocità come sviluppo somatico e sessuale. Buona fertilità e non presenta problemi al parto.

5.Guernsey

La zona di origine è la piccola isola omonima che si trova nel canale della Manica vicino alle coste della Francia. Deriva da bovini fromentini della Bretagna francese e da soggetti di razza Normanna introdotti nell'isola intorno al 1000 d.C. Dal 18° secolo iniziò l'esportazione verso la Gran Bretagna ed altri Paesi. Si adatta bene a tutti gli ambienti, anche a quelli molto freddi. Diffusa oltre che in Gran Bretagna, in diversi altri Paesi (Francia, Paesi Scandinavi, America del Nord e Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa, Sud America). Caratteristiche morfologiche Mantello di colore fromentino chiaro oppure scuro o rosso ciliegia, con chiazze bianche irregolari specie nella parte inferiore del tronco. Il fiocco della coda è fromentino chiaro o quasi bianco. Mucose e cute di colore giallo carnicino. Corna corte e in genere rivolte verso l'alto. Animali piccoli e leggeri anche se di taglia leggermente superiore alla Jersey: - femmine 130 cm; 450-500 kg ; - maschi 135 cm; 600-700 kg. Arti sottili ma robusti. Animale spigoloso con profili piatti o concavi. Ottima mammella. Caratteristiche produttive Ottime capacità lattifere quantitative (51-64 q/lattazione) e qualitative, per tenore di grasso e proteine (4,4-4,6% grasso – burro d’oro per il colore bianco paglierino del latte e 3,5 -3,6% di proteine). Scarsa attitudine alla carne. Buone precocità come sviluppo somatico e sessuale. Buona fertilità e non presenta problemi al parto (piccoli vitelli). Molto longeva. . Ottima nel convertire gli alimenti in latte.

6.Frisona americana

Origine e zona di diffusione Il nome internazionale è American Holstein Friesian. I primi capi di bestiame Pezzato Nero Olandese arrivarono negli Stati Uniti nel 1621 con i primi colonizzatori olandesi. Molte importazioni nella seconda metà dell'Ottocento. La selezione fu fatta su circa

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8.000 capi importati (infatti nel 1905 le importazioni dall'Olanda furono proibite per creare un cordone sanitario all'afta epizootica). Negli USA è diffusa negli stati del nord-est e del centro. Esportata in tutto il mondo (soprattutto il seme per l'inseminazione artificiale). Caratteristiche morfologiche Mantello pezzato nero. Animali di statura e

taglia elevata; a volte disarmonici, con arti lunghi rispetto all'altezza. Caratteri lattiferi molto evidenti (spigolosità). Ottima la conformazione della mammella. Caratteristiche produttive Elevata produzione quantitativa di latte. Scadente attitudine alla carne. Negli USA, la produzione media delle vacche iscritte nel 1990 è stata di 91 q di latte.

7. Bruna Americana

La razza Bruna delle Alpi è stata introdotta per la prima volta dalla Svizzera negli Stati Uniti nel 1869. Le importazioni continuarono fino al 1905 (complessivamente 155 soggetti): poi furono bloccate per arginare l'afta epizootica. Su questo esiguo numero di animali è stata attuata la selezione per specializzare la razza alla produzione di latte. Probabilmente alla formazione della Brown ha contribuito la Jersey (razza inglese da latte) consentendo il miglioramento della mammella. Allevata in purezza negli Stati Uniti e in Canada.

Caratteristiche morfologiche Il colore del mantello, più chiaro rispetto ai ceppi europei di Bruna, è bruno-castano chiaro, a volte tendente al grigio. I tori sono molto più scuri. Mucose nere con alone bianco. Corna nere in punta. Si differenzia molto dai ceppi europei per: - maggiore statura e peso - più spiccati caratteri lattiferi - minori caratteristiche per la produzione di carne - testa con arcate sovraorbitali molto prominenti (dalla Jersey) Caratteristiche produttive Eccellente per l'attitudine lattifera e le caratteristiche del latte (molto elevato il titolo di proteine). Esportata in molti paesi europei per migliorare le Brune locali (Svizzera compresa).

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Dal 1985 è stato istituito il Registro Anagrafico delle popolazioni bovine autoctone e

gruppi etnici a limitata diffusione. Tale registro è stato istituito per salvaguardare le razze bovine minacciate di estinzione che risultano allevate in Italia e per la salvaguardia di questi patrimoni genetici. Sono state ammesse le seguenti razze: Agerolese, Bianca Val Padana (Modenese), Burlina, Cabannina, Calvana, Cinisara, Garfagnina, Modicana, Mucca Pisana, Pezzata Rossa d'Oropa, Pinzgau, Pontremolese, Pustertaler, Reggiana, Sarda, Sardo-Modicana, Varzese

8.Reggiana

Allevata in provincia di Reggio Emilia e di Parma per il suo latte particolarmente idoneo alla caseificazione ed alla produzione di Parmigiano Reggiano. Originariamente a triplice attitudine. Con l'introduzione dei mezzi meccanici e di razze specializzate per la produzione del latte e della carne, la Reggiana è stata emarginata. Attualmente si sta sviluppando un nuovo interesse da parte degli allevatori (circa 1700 capi), data la crescente importanza assegnata alla qualità del latte nel processo di caseificazione. I migliori soggetti hanno prodotto 57 q /lattazione con 3.82% di grasso e 3,35% di proteine. Caratteristiche morfologiche Animali armonici, taglia e statura medio piccola. Mantello di colore fromentino uniforme (peli con punta bianca), assenza di peli bianchi, neri o rossi. Il colore è più carico nei tori. Musello e mucose depigmentate. La testa ha fronte spaziosa lievemente concava, occhi grandi, orecchie medie, corna a sezione ellittica dirette prima in fuori e poi leggermente in alto e avanti. Unghioni rosso scuro, molto robusti. Mammella ben sviluppata ma non voluminosa. Peso vivo: vacche 6-7 q; tori 10-12 q Caratteristiche produttive E' una razza a duplice attitudine con prevalenza per il latte. Molto rustica. Latte particolarmente idoneo alla caseificazione (in passato il Parmigiano Reggiano veniva prodotto prevalentemente con il latte prodotto da questa razza).

9.Modenese (o Bianca Padana)

Di origine incerta, sembra provenga dall'incrocio tra la razza locale (probabilmente la Reggiana) e soggetti Podolici e Romagnoli. Oggi è allevata nell'Appennino modenese, E' a rischio estinzione (eccessiva consanguineità) con circa 500 capi Caratteristiche

morfologiche Il mantello è di colore bianco candido nelle vacche, con qualche macchia nei tori. Musello e mucose nere. Cute depigmentata. Animali armonici. Taglia e statura medio piccola. Altezza maschi 130-160 cm- femmina 125-140 cm. Il latte era usato per la produzione del Parmigiano reggiano

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10.Burlina

Originaria delle Prealpi Venete alle pendici del monte Grappa. Sembra derivi dalle razze del Mare del Nord con le migrazioni dei Cimbri fin dall'epoca romana. In purezza restano pochissimi esemplari in provincia di Treviso, Vicenza e Verona.

Caratteristiche morfologiche Mantello pezzato nero che prevale sul bianco. Arti bianchi, testa nera con stella in fronte. Fiocco della coda bianco. Musello grigio e nero. Taglia e statura modesta.

11.Rossa Danese

Originaria della Danimarca. In passato rappresentava la stragrande maggioranza della popolazione danese. Oggi è stata sostituita in buona parte da Jersey e Frisona. Appartiene al gruppo delle cosiddette "razze bovine baltiche". Caratteristiche morfologiche Mantello di colore rosso uniforme piuttosto scuro, specialmente nei tori. Animali di statura media. Femmine alte 135-137 cm; peso 600-650 kg. Caratteristiche produttive Razza a duplice attitudine con prevalenza per il latte. Da sufficienti produzioni carnee data la sua spiccata precocità. Costituzione robusta, rustica e ottima trasformatrice dei foraggi.

RAZZE BOVINE DA CARNE

1.Chianina

La razza Chianina è tra le più antiche del mondo. E' allevata da almeno 22 secoli (Virgilio ne sottolineava la bellezza) nella media valle del Tevere e nella Val di Chiana, da dove l'allevamento si è esteso alle province di Arezzo, Firenze, Livorno, Pisa, Siena e Perugia. Attualmente si contano circa 30.000 capi (dato 2002) La Chianina è caratterizzata da gigantismo somatico (è la più grande delle razze bovine conosciute nel mondo), nei tori adulti raggiunge i 2 metri di altezza al garrese e supera i 17 quintali di peso (le femmine 10). In passato era una razza a duplice attitudine (carne e lavoro). Oggi è la seconda razza da carne in Italia. Ottima adattabilità al pascolo in diverse condizioni perché ottima utilizzatrice dei foraggi e resistente alle malattie ed agli ectoparassiti. L'Associazione Nazionale

Allevatori Bovini Italiani Carne A.N.A.B.I.C. gestisce, dal 1966, i libri genealogici delle razze

bianche italiane (Chianina, Romagnola, Marchigiana, Maremmana, Podolica).- Ceppo podalico

italiano

Caratteristiche morfologiche Il mantello è di colore bianco porcellana in entrambi i sessi. Nel maschio presenza di peli neri nel treno posteriore (sfumature grigie). A volte peli neri attorno agli occhi. I vitelli dalla nascita a 4-6 mesi sono fromentini.

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Musello, lingua, palato e aperture naturali pigmentate nere. Testa leggera ed elegante, più allungata nelle vacche, con fronte ampia nei tori. Collo di media lunghezza e provvisto di scarsa giogaia. Corna medio corte e grossolane, nere in punta, dopo i 2 anni diventano bianco-giallastre alla base. Gli arti lunghi, ma robusti e con ottimi appiombi; piede un poco piccolo ma con unghioni duri e resistenti (caratteristica importante per il lavoro). La pelle è sottile e pigmentata. Altezza al garrese adulti: vacca 150 - 160 cm, toro 170 - 180 cm (campioni anche 200 cm), con un peso rispettivamente di 700 - 800 Kg e 1200 - 1400 kg (campioni 18 – 20 q) I vitelli alla nascita hanno un peso di 40 - 50 Kg possono raggiungere degli IPG di 1500 g e un peso a 12 - 15 mesi di 500 - 600 Kg, con una resa al macello superiore al 62%. Le manze possono essere coperte per la prima volta a 18 - 20 mesi (precoci) circa 500Kg con 8 parti nella media, mentre i torelli cominciano a funzionare a 15 - 16 mesi. Più frequentemente il I° parto a 33 mesi. Razza longeva: 11 - 12 anni la durata della carriera produttiva e presenta un interparto breve di circa 14 mesi, se allevata secondo la linea vacca-vitello. Buona razza incrociante - vengono fatti ibridi industriali anche con razze da latte. Caratteristiche produttive Ottima qualità della carne (finemente marezzata e tenera). La produzione di latte è appena sufficiente per il vitello. Oggi la selezione è orientata verso la precocità di sviluppo e il maggior rendimento di carne (rapporto anteriore/posteriore 1:1) dei tagli più pregiati (soprattutto la regione dorso-lombare dalla quale si ottengono le rinomate bistecche alla fiorentina).

2.Marchigiana

E' stata riconosciuta come entità etnica soltanto in epoca relativamente recente. E' derivata dall'incrocio di bovini Marchigiani di ceppo Podolico non migliorati (un tempo impiegati per i lavori agricoli) con soggetti di razza Chianina e, successivamente, dall'unione delle bovine meticce Chianine-Marchigiane) con tori di razza Romagnola. Solo nel 1932 ha avuto inizio un'accurata selezione che ha portato la razza Marchigiana al "tipo" attuale. E' la terza razza da carne in Italia. Allevata soprattutto nelle Marche e nelle regioni limitrofe (Abruzzo, Molise, Campania). Allevata soprattutto al pascolo. Ottima adattabilità al pascolo in diverse condizioni perché ottima utilizzatrice dei foraggi e resistente alle malattie ed agli ectoparassiti. Sono iscritti al L.G. circa 45.000 capi. (dato 2002) Caratteristiche morfologiche Colore mantello grigio quasi bianco in entrambi i sessi. Nei maschi presenza di peli neri nel treno posteriore e attorno agli occhi (occhialatura). I vitelli dalla nascita a 4-6 mesi sono fromentini. Mucose e cute pigmentate nere. Corna medio-corte e grossolane, nere in punta. Buona conformazione per la produzione di carne. Razza più piccola della Chianina ma con pesi analoghi (arti più corti e maggiore sviluppo masse muscolari): vi è un maggior equilibrio tra corpo e arti e un’altezza al garrese adulti, rispettivamente nella vacca (quasi bianche) di 145 cm e un peso di 650 – 700 Kg e nel toro (grigio) di 160 cm e un peso di circa 1100 Kg E' una razza che ha una elevata adattabilità a condizioni difficili (temperature basse), con una notevole fertilità: maggiore

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incidenza di parti gemellari tra le razze bovine. Presenta buoni IPG (da 1000 a 1500 g) e i vitelloni a 14 - 16 mesi pesano 550 - 600 Kg, con una resa al macello di 60 - 65 %. Carne ottima, finemente marezzata. Arti e unghioni molto forti (caratteristiche importanti per il lavoro).

3.Romagnola

Discende da ceppo Podolico: dalle razze asiatiche giunte in Italia in seguito alle invasioni dei popoli dell'Est Europa. Ha come culla d'origine la Romagna (Forlì, Pesaro) ed è stata allevata anche in alcune zone delle province di Rovigo, Padova, Venezia e Verona. Tra le razze Bianche Italiane conserva, maggiormente, con la maremmana, le caratteristiche del ceppo Podolico. Ottima adattabilità al pascolo in diverse condizioni perché ottima utilizzatrice dei foraggi e resistente. Caratteristiche morfologiche Di aspetto imponente, massiccio, raccolto ed armonica: testa piccola e breve, occhio grande ed espressivo, notevole giogaia. Esistono 2 varietà:

1. gentile (più grossa), 2. di montagna (più piccola, più rustica in via di

estinzione). Mantello fromentino alla nascita, grigio chiaro o appena brizzolato nelle femmine adulte, più scuro nel toro (presenza di peli neri nel treno anteriore e sulle cosce). Nei maschi si ha spesso l'occhialutura (presenza di peli neri attorno agli occhi). Mucose e cute pigmentate nere. Corna lunghe, nere in punta, a forma di lira nella femmina, di semiluna nel maschio. Non sembra una razza alta perché presenta arti corti rispetto alla profondità toracica. Più piccola di Chianina e Marchigiana, ma stessi pesi. Altezza al garrese adulti: vacca 150 cm - toro 160 cm; Peso adulti: vacca 600 - 700 Kg - toro 1000 - 1200 Kg; Sono animali con un treno anteriore abbastanza sviluppato e uno scheletro piuttosto grossolano, per cui le rese di macellazione sono relativamente più basse (52 - 60%); nei primi 3 mesi di vita hanno dei buoni IPG (1200 - 1400 g). E' una razza precoce: i primi accoppiamenti vengono fatti a 16 - 18 mesi; i vitelloni all'età di 20 -22 mesi hanno un peso di 800 - 850 Kg. Gli arti sono assai robusti, con unghioni duri e ben conformati. Caratteristiche produttive E' originariamente a duplice attitudine: carne e lavoro. Oggi è selezionata solo per la carne con circa 15.000 capi (2002). Produzione di latte tendenzialmente scarsa per il vitello. Ottima qualità della carne (giusta marezzatura e tenera). Attualmente la razza ha una limitata diffusione in Romagna la razza è stata sostituita da "frutteti specializzati" o da razze bovine da latte.

4.Maremmana

La razza Maremmana è discendente dalla razza grigia della steppa o Podolica. Tale razza è rustica e frugale, resistente alle malattie e alle difficoltà climatiche e si adatta ai foraggi scadenti; ha contraddistinto per secoli le zone paludose della Maremma e si dimostra particolarmente adatta all'allevamento allo stato brado in ambienti marginali. Consistenza circa 5.000 (2002) (Lazio e Toscana). Il minor impiego degli animali per lavoro hanno ridotto l'interesse per tale razza. Ultimamente la maremmana ha

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suscitato nuovi interessi da parte di allevatori meridionali, spagnoli e centro-americani per le sue caratteristiche idonee ad ambienti caldi e ostili, ma anche per la recente introduzione della zootecnia biologica. Libro genealogico nel 1935. Caratteristiche morfologiche La maremmana presenta un mantello grigio, più scuro nei maschi, più chiaro nelle femmine, mentre i piccoli nascono color fomentino ed acquistano il colore tipico a 4-6 mesi di età, quando avviene la marchiatura a fuoco ed è terminato lo svezzamento naturale. La pigmentazione di musello, ciglia, lingua, palato, mucose della vulva e dell'ano, punta della coda, nappa, unghioni, fondo dello scroto, pisciolare e punta delle corna, è ardesia. Le corna lunghe (70 ed anche 100 cm) e caratteristiche si presentano a semiluna nei maschi e a lira nelle femmine. Lo sviluppo scheletrico è imponente e conferisce all’animale un aspetto di grande solidità e robustezza, reso maestoso dallo sviluppo del treno anteriore con torace ampio, alto e profondo; il collo è corto e muscoloso con abbondante pagliolaia, il tronco è lungo e profondo con cassa toracica assai sviluppata, il dorso e i lombi rettilinei e muscolosi; la groppa larga, lunga e muscolosa tendente alla forma quadrata; gli arti solidissimi, gli unghioni di eccezionale durezza, gli appiombi spesso perfetti. Caratteristiche produttive Le vacche hanno una mammella ben conformata e forniscono un’abbondante produzione di latte (10 - 12 l) che assicura un accrescimento giornaliero del vitellino di 1 Kg. Il primo parto a 30-36 mesi (tardiva) con un interparto di 15 mesi Sono bovini longevi e rustici (raggiungono i 15-16 anni di età), ma economicamente tardivi in quanto a 18 mesi pesano soltanto 350-440 Kg (invece di 600 Kg), mentre da adulti i tori pesano 700-1200 Kg e le vacche 600-700 Kg. Tuttavia costa pochissimo il loro mantenimento poiché nella loro dieta rientrano foraggi scadentissimi come la cannuccia palustre. Per migliorare la buona attitudine a carne e sfruttare la buona capacità di utilizzo del pascolo ed di allattamento delle bovine si attua l'incrocio con seme di tori di razze specializzate da carne (Charolaise e Chianina).

5.Podolica

E' tra le popolazioni bovine cosiddette Podoliche, giunte nel nostro Paese dall'Oriente asiatico - quella che maggiormente mantiene le caratteristiche originarie. Allevata soprattutto in Puglia, ha preso il nome di Pugliese ma, fino agli anni '50, ha avuto una notevole diffusione in tutto il Paese. Attualmente, malgrado la sua rusticità ed una discreta produzione di carne e di latte, è ridotta a pochi esemplari (circa 16.000 capi nel 2002) allevati in alcune zone depresse dell'Italia centro-meridionale. Caratteristiche morfologiche Mantello di colore grigio nelle femmine, più scuro nei maschi. I vitelli dalla nascita a 4-6 mesi sono fromentini. Mucose e cute pigmentate nere. Gli unghioni (duri) non sono neri e non sono così robusti come nella Maremmana. Le corna lunghe (70 ed anche 100 cm) e caratteristiche si presentano a semiluna nei maschi e a lira nelle femmine. Altezza media e con pesi non elevati. Caratteristiche produttive Carne di buona qualità. RM: 45-58% nelle femmine e 48-60% nei maschi. Originariamente razza da lavoro e secondariamente latte. Ha un eccezionale potere di adattamento ad

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ambienti difficili ed una straordinaria capacità di usare risorse alimentari che non potrebbero essere sfruttate diversamente (pascoli cespugliati, stoppie, macchie, foglie di essenze arbustive, ecc.). Ha bisogno di pochissime cure da parte dell'uomo. Produzione di latte anche eccessiva per vitello (in genere vengono munte). Durata della lattazione 6-7 mesi, con una produzione di 11-19 q adatto alla caseificazione: si produce un ottimo caciocavallo.

6.Piemontese

Circa 30.000 anni fa lo zebù pakistano è arrivato fino all'attuale Piemonte dove, trovando una barriera naturale formata dall'arco alpino, si è insediato integrandosi con la popolazione bovina preesistente, adattandosi all'ambiente e determinando, nel tempo, la formazione dell'attuale razza Piemontese. E' diffusa in quasi tutto il Piemonte, ma le principali zone di allevamento sono le province di Asti, Cuneo e Torino. L'Associazione Nazionale degli Allevatori della Razza Piemontese (A.Na.Bo.Ra.Pi.) è stata fondata nel 1934. E' la razza da carne più rappresentata in Italia. Razza molto

docile Presenta due varietà: a) albese o a groppa di cavallo (più grande) b) demonte (di montagna, più piccola in via di estinzione). Il ceppo della "groppa doppia o di cavallo" presenta una ipertrofia muscolare del quarto posteriore, con muscoli con fibre molto sottili e con scarso grasso sottocutaneo; questa caratteristica crea problemi al momento del parto (che sono più difficili): attualmente per risolvere questo inconveniente vengono fatti incrociare tori con il carattere molto spinto con vacche con il carattere quasi normale. I vitelli che nascono hanno i caratteri del padre e manifestano degli IPG di 1000-1450 g con un peso di 475 Kg a 12 mesi, vengono macellati ad una età di 16-18 mesi ad un peso di 550-600 Kg, con rese di macellazione da 65 a 70% E' tipica la produzione dei vitelli da latte (sanati) macellati a 3-4 mesi sui 180-200 Kg, alimentati con solo latte E' una razza di estrema rusticità e adattabilità, si presta ad essere allevata secondo la linea vacca-vitello, con prevalente produzione di carne, ma con discreta produzione di latte - circa 20 q di latte per lattazione.

Caratteristiche morfologiche: a) colore del mantello, dal fromentino chiaro (carnicino nelle vacche) fino al bianco pomellato

grigio; il toro presenta delle occhiaie grigio-scure. I vitelli nascono fromentino. Musello, lingua, palato, aperture naturali, ecc. sono neri. Testa quadrata con corna medie, dirette in avanti e di lato; collo corto e muscoloso, con giogaia ben sviluppata. Tronco cilindrico, spesso insellato; arti lunghi. Le corna sono nere fino verso i 20 mesi di età; negli adulti giallastre alla base e nere all'apice.

b) altezza al garrese adulti: 140 cm vacche 145 cm tori c) peso adulti: 500-550 Kg vacche 850-1000 Kg tori

Consistenza media circa 207.000 capi (2006).

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RAZZE BOVINE DA CARNE ESTERE

1.Charolaise

La culla di origine è la regione di Charolles in Francia. Per le sue doti di rusticità, per la tendenza a produrre ottima carne e per la sua facile acclimatazione, è allevata in tantissimi altri paesi, e soprattutto è utilizzata come razza incrociante. In passato era razza a duplice attitudine (lavoro e carne), ma con il passare del tempo è stata selezionata essenzialmente per la produzione di carne. Razza precoce, prolifica e con un armonico sviluppo delle varie regioni del corpo. E' la prima razza da carne in Francia. Nel 1987 viene fondata in Italia l'Associazione Nazionale Allevatori Charolaise e Limousine A.N.A.C.L.I. In Francia, da aprile a novembre viene allevata all'aperto (allevamento semi-brado o linea vacca-vitello), mentre da novembre ad aprile in stalla: i vitelli in eccesso vengono venduti come broutards (vitelli da ristallo) a 4-5 mesi, per essere ingrassati e macellati ad es. in Italia come vitelloni all'età di 16-18 mesi ed un peso di 600-650 kg. La resa di macellazione raggiunge il 65-66%, con carne di ottima qualità: fibre sottile e buon grasso di marezzatura. Il colore del mantello è bianco crema o bianco sporco. Le mucose sono depigmentate rosee. La testa è piccola, corta, specie nei maschi, con fronte ampia. Occhi grandi; orecchie di media grandezza e mobili. Tronco cilindrico e ottimo sviluppo del treno posteriore. Corna corte, giallognole, nere in punta e rivolte in avanti. animali massicci, con ottimo sviluppo delle masse muscolari e di statura media. Il tronco è lungo e largo, dalla forma di un perfetto cilindro, la groppa è molto sviluppata, spesso "doppia" per le abbondanti masse muscolari (detti culard). Peso vivo femmine 7-9 q - maschi 12-13 q e con un'altezza rispettivamente di circa 135 -140 cm e di circa 145 cm. La razza ha una buona precocità (il 1° parto intorno ai 3 anni), con vitelli che nascono relativamente piccoli, perciò vi è un’estrema facilità di parto. Le vacche dopo il parto allattano i vitelli e la produzione di latte è sufficiente fino allo svezzamento (6-7 mesi). Eccezionale adattabilità a diverse condizioni di allevamento. Resiste poco ai raggi solari (cute depigmentata). Il toro Charolaise è utilizzato per l'incrocio con bovine di razze da latte o di razze locali rustiche per la produzione di meticci F1 adatti per l'ingrasso. Consistenza media in Italia circa 290.000 capi.

2.Limousine

Originaria del Limousin (provincia di Limoges), ad ovest del Massiccio Centrale, zona caratterizzata da un clima piuttosto duro, con estati calde, inverni rigidi ed abbondanti precipitazioni. La razza ha però una notevole facilità di acclimatamento, per cui è allevata anche fuori dal paese di origine. In passato era razza a duplice attitudine (lavoro e carne); poi è stata migliorata rendendola più idonea alla produzione di carne. In Francia

è la seconda razza da carne, dopo la Charolaise. Allevata soprattutto al pascolo. Nel 1987 viene fondata in Italia l'Associazione Nazionale Allevatori Charolaise e Limousine A.N.A.C.L.I.

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Il mantello è di colore fromentino vivo, non troppo carico, più chiaro nelle regioni ventrale e perineale. Alone decolorato attorno agli occhi e al musello. Mucose depigmentate rosee. Corna più chiare, di lunghezza media, rivolte in avanti. Animali robusti, energici, resistenti e rustici. Statura media e peso vivo medio alto (femmine 6,5-8 q; maschi 10-12 q). Il famoso "veau de boucherie" (vitello a carne bianca) francese è di razza Limousine. Presenta un'elevata precocità dando elevate quantità di carne magra alla più giovane età. per questo ha un ruolo essenziale nella pratica dell'incrocio industriale per la produzione di soggetti da ingrassare e da destinare alla macellazione a pochi mesi di età. I tori vengono impiegati negli incroci industriali per ottenere soggetti F di elevato rendimento. I vitelli nascono piccoli ma si sviluppano rapidamente. Per questo viene usato il toro Limousine anche su vacche di razze di mole ridotta, senza avere problemi di parti difficoltosi. La qualità della carne è molto buona, a grana fine e a fibre non grossolane.

3.Blu belga

Razza molto diffusa in Belgio (50% della popolazione bovina), sia in purezza che incrociata, per la produzione di carne. Viene definita la Piemontese del Belgio. dove è la razza più rappresentata. Deriva da un'azione selettiva iniziata nella metà del XIX secolo sulla popolazione locale nella parte meridionale del Belgio, popolazione molto insanguata dalla Shorthorn. L'obiettivo, allora, era di ottenere animali a duplice attitudine con buon sviluppo della muscolatura. Dal 1950-60 la selezione si è orientata verso la produzione di animali da carne. Caratteristiche morfologiche Il colore del mantello è bianco, bianco-blu (prevalente), più raramente bianco-nero. Pelle fine. Arti corti e fini (ma forti). Animali di taglia elevata e non alti. Il peso medio dei vitelli alla nascita è di 42 kg ma, specie nelle primipare, si ha qualche problema al parto (50% di tagli cesarei). Oggi la produzione di latte è più bassa e vicina alle esigenze del vitello. Caratteristiche produttive Ottime caratteristiche per la carne ed eccezionale sviluppo delle masse muscolari. Elevata resa alla macellazione (dal 65 al 70%). Il toro BBB è usato anche per incrocio industriale. Razza robusta che si adatta a molte situazioni. Temperamento mite.

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4.Garonnese (Blonde d'Aquitaine)

La culla di origine è la zona del Massiccio Centrale (Francia). Internazionalmente è nota come Blonde d'Aquitaine. Comprende la Garronese, la Blonde dei Pirenei e la Quercy. Oggi è allevata (al pascolo) soprattutto nel sud-ovest della Francia. Limitata presenza anche in Italia. Caratteristiche morfologiche Mantello di colore

fromentino più o meno vivo. Mucose depigmentate rosee. Corna corte e giallastre. Testa piccola, fronte larga, tronco molto lungo e muscoloso.

Animali di grande mole e pesanti: - femmine: 138-143 cm; 700-800 kg - maschi: 145-150 cm; 1.200-1.300 kg Caratteristiche idonee alla produzione di carne. Presenta carattere "culard" o semi-culard" nel 30% circa dei soggetti. Caratteristiche produttive Ottima attitudine alla produzione di carne. Accrescimenti molto elevati nel primo anno di vita. Buona adattabilità alle diverse condizioni di allevamento. Buona fertilità; vitelli pesanti ma generalmente non presenta problemi al parto. Buona longevità. La produzione di latte è più che sufficiente per il vitello. Spesso i tori di Blonde vengono usati, con ottimi risultati, nell'incrocio su vacche di diverse

5.Hereford

Originaria della contea inglese dell'Herefordshire. E' la grande razza dei rangers dell'ovest e del sud degli Stati Uniti, dove è stata importata per la prima volta nei primi anni dell'800. E' molto diffusa in Argentina. Particolarmente adatta al pascolo per rusticità, robustezza e resistenza a molte malattie infettive e parassitarie. E' una delle razze da carne più importanti al mondo (negli USA è una delle razze da carne più rappresentate). In Italia non viene allevata. Caratteristiche morfologiche Il mantello è di colore rosso più o meno carico con testa bianca. Pezzature bianche alla gola, giogaia, ventre, collo-garrese-dorso. Musello depigmentato roseo. Statura tendenzialmente ridotta ma animali massicci (peso vivo femmine 8 q - maschi 12-13 q).

Scheletro leggero e coperto di grandi masse muscolari. Arti brevi e sottili. Corna brevi, giallognole, orientate in avanti e in basso. Ci sono soggetti polled, cioè acorni.

Caratteristiche produttive Razza molto idonea all'allevamento al pascolo (ingrassa facilmente e rapidamente). Buona fertilità e longevità.

Pochissimi problemi al parto. Abbondante produzione di carne di ottima qualità (spesso eccessiva presenza di grasso).

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6.Aberdeen Angus

Originaria della contea di Aberdeen nel nord-est della Scozia. Razza antichissima. Molto diffusa anche negli USA (dove è la razza da carne più rappresentata) e nel sud America. E' una delle razze da carne più celebri al mondo. Caratteristiche morfologiche Il mantello è di colore nero con pelo raso. Mucose e cute pigmentate nere. Corna assenti e sincipite pronunciato. Animali di bassa statura (arti brevi) ma di pesi elevati (femmine 7-7,5 q; maschi 10-11 q). Testa leggera, ossatura fine, torace ampio e profondo. Pelle morbida ed elastica. Resistente alle radiazioni solari; sopporta le infestazioni dei ditteri e le verminosi. Ottima adattabilità al pascolo. Buona fertilità e longevità. Pochissimi problemi al parto. Carne di ottima qualità (tenera e saporita) ma non è gradita al consumatore italiano per l'eccessiva presenza di grasso. I tori Aberdeen sono usati anche per l'incrocio

7,Shorthorn

La razza Shorthorn è originaria della contea di Durham in Scozia. Comprende diverse entità che sono vere e proprie razze: Scotch Beff Shorthorn, Milking Shorthorn , Northern Dairy Shorthorn, Lincoln Red Shorthorn e Polled Shorthorn. Creatori di questa razza furono i fratelli Colling che, nel 1783, iniziarono la selezione partendo da soggetti di due razze locali, la Holderness e la Teeswater. La Scotch Beef Shorthorn è la Shorthorn storica. Libro Genealogico dal 1822. Molto adatta all'allevamento al pascolo. Viene allevata in Gran Bretagna, ma è diffusa anche negli USA, in Sud America e in molti altri paesi. Il colore del mantello è variabile dal rosso, bianco e ubero (peli rossi e bianchi). Il musello è depigmentato roseo. Le corna sono corte, a sezione ellittica e rivolte lateralmente e verso il basso. Ottima la conformazione per la produzione di carne (buon sviluppo delle masse muscolari e scheletro sottile). La struttura è ridotta ma massiccia. Peso vivo femmine 7-9 q - maschi 12-13 q Altezza: femmine 130-135 cm - maschi 135 cm. Le vacche dopo il parto allattano i vitelli ma a volte la produzione di latte è scarsa. Razza precoce con rapido accrescimento. I capi allevati al pascolo in un anno possono pesare più di 400 kg. Elevata resa al macello. In genere vi è una eccessiva presenza di grasso sottocutaneo, periviscerale ed intramuscolare. In Sud America viene incrociata con la Chianina per avere animali più alti (con arti più lunghi) e con carni meno grasse. E' incrociata anche con Zebù per ottenere una maggior resistenza in ambienti molto

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caldi e difficili, e con Aberdeen Angus per ottenere carni di migliore qualità. La Santa Gerturdis è una razza derivata negli USA (riconosciuta nel 1940) ottenuta incrociando Beef Shorthorn con Zebù.

8.Highland

La razza Highland ha vissuto per secoli nelle aspre e remote Highland scozzesi, conosciuta anche con il nome generico di Hebridean breed. Le difficili condizioni di sopravvivenza hanno creato un processo di selezione naturale, dove solo gli animali più idonei ed adattabili sono sopravvissuti per portare avanti la razza. Originariamente c’erano due popolazioni distinte: la più piccola, solitamente di color nero, la cui area di

diffusione principale erano le isole della costa occidentale del nord della Scozia; l’altra invece era composta da animali di taglia maggiore e generalmente di colore rossiccio, i cui territori erano le remote Highland della Scozia. Oggi entrambe queste linee sono considerate un’unica razza, la Highland. In aggiunta al nero e al rosso della linea originale, anche i colori giallo, grigio scuro e bianco argentato sono considerati colori tradizionali. Già alla fine del XIX secolo, gli allevatori americani riconobbero le qualità naturali della Highland e la importarono per migliorare le linee di sangue dei loro allevamenti, contribuendo molto al successo dell’industria americana del bestiame. Oggi le Highland

sono diffuse in tutto il Nord America, così come in Europa, Australia e Sud America. Caratteristiche morfologiche Statura bassa (femmine 110-120 cm). Corna sviluppate a lira. Pelame lungo, folto e ispido; scheletro robusto, criniera abbondante e forte giogaia. La Highland è una razza resistente alle malattie. Lunghe ciglia e ciocche di peli sulla fronte proteggono i loro occhi dagli insetti e per questo congiuntiviti e cancri agli occhi sono rari. Le Highland non si stressano facilmente, quindi malattie legate allo stress sono poco frequenti. Nonostante le loro lunghe corna ed il loro strano aspetto, le Highland sono considerate animali tranquilli, i tori come le vacche che allevano i vitelli con grande cura. Possono essere abituati alla cavezza facilmente come le altre razze, forse ancor di più grazie alla loro intelligenza maggiore.

9.Camargue

Razza autoctona della Provenza (Francia meridionale) dove è tuttora allevata allo stato brado, sia in estate che in inverno. Viene utilizzata soprattutto per le corse alla "cocarde" molto popolari in Provenza (specialmente Arles). Il numero totale di capi allevati è di circa 10-12.000, distribuiti in un centinaio di allevamenti (zona compresa tra il litorale, Montpellier, Tarascon e Fos-sur-Mer). Il colore del mantello è marrone scuro o nero. Animali di dimensioni ridotte: le femmine hanno un'altezza media di 120 cm e un peso di 200-270 kg, i maschi altezza di 130 cm e peso di 300-450 kg. Le corna sono lunghe e rivolte verso l'alto a differenza dei tori da corrida spagnoli. Razza da corrida; gli animali poco combattenti vengono utilizzati per la produzione di carne, che ha ottenuto la Denominazione d'Origine Protetta (DOP) "Taureau de Camargue" nel 2000.

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RAZZE BOVINE A DUPLICE ATTITUDINE

1.Pezzata rossa italiana

Appartiene al gruppo di razze Pezzate Rosse derivate Simmental. L'originaria Pezzata Rossa di Simmental, grazie al suo alto grado di adattamento, dalle Alpi Bernesi si è diffusa in molti Paesi europei nonché in numerose zone d'oltremare. L'allevamento in Italia della Razza Pezzata Rossa derivata Simmental ha avuto inizio in Friuli attraverso un incrocio di sostituzione della popolazione bovina locale. Ciò ha fatto sì che per anni la stessa razza sia stata chiamata "Pezzata Rossa Friulana", assumendo l'appellativo di "Italiana" solo nel 1985, vista l'espansione che ha avuto in tutto il nostro Paese. Nel 1956 viene fondata l'Associazione Nazionale Allevatori Razza Pezzata Rossa Italiana A.N.A.P.R.I. Nel 1990 il numero di capi allevati in Italia era pari a 400.000 (soprattutto nel Nord-Est). Caratteristiche morfologiche Il mantello è pezzato rosso tendente al fromentino (rosso in genere sbiadito). Arti e regioni ventrali in genere bianchi. Testa bianca con orecchie rosse (raramente macchie rosse sulla testa). Spesso cintura bianca più o meno completa su spalle e lombi. Musello colore rosso carnicino. Corna corte di colore giallo ceroso come gli unghioni. Animali armonici, con taglia e statura medio-alta. Statura femmine: 140 cm ed oltre. Peso vivo: 650 - 700 Kg ed oltre. mentre per i tori la statura è di 145-150 cm, con un peso da 1000-1200 Kg. Caratteristiche produttive Il bovino Pezzato Rosso è animale rustico, precoce, docile e presenta due attitudini: latte e carne. E' una razza molto rustica e frugale, si adatta anche a zone di montagna, e può essere allevata secondo la linea vacca-vitello: molto precoce (ha la bocca fatta a 4 anni) e il 1° parto si ha intorno al 24-25 mese. In Italia è allevata soprattutto per la carne, che è di ottima qualità: si hanno buoni IPG (intorno a 1000-1200 g), bassi IC, che permettono di avere degli economici vitelloni di 600-700 Kg all'età di 18 mesi. La razza è usata anche per avere ibridi industriali F1. Resa di macellazione : circa il 60% Dati ufficiali AIA 2002: Bovine controllate n. 47.105; produzione di latte: 6.081kg al 3,9 % di grasso e 3,42 % di proteine. Il latte contiene una alta percentuale di proteine (in particolare l'allele B della k-caseina) e sono stati selezionati molti soggetti BLAP. Questa razza a duplice attitudine oltre a produrre latte e carne si caratterizza per una elevata resistenza alle mastiti e per una accentuata fertilità. Razze della federazione del Sistema Alpino

La Federazione Europea delle razze del Sistema Alpino è nata nel 1992 per la salvaguardia delle razze autoctone allevate nelle Alpi. Le 11 razze che aderiscono alla Federazione sono: Abondance-Francia; Grigio Alpina-Italia; Herens-Svizzera; Hinterwälder-Germania; Pinzgauer-Austria; Rendena-Italia; Tarentaise-Francia; Tiroler Grauvieh-Austria; Valdostana-Italia; Vordelwälder-Germania; Vosgienne-Francia. Tutte queste razze sono:

• allevate in piccoli allevamenti;

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• idonee per l'alpeggio e il pascolo d'alta montagna; • depositarie di un patrimonio genetico importante; • da salvaguardare perché parte integrante di un patrimonio culturale specifico delle

popolazioni alpine; da salvaguardare perché sono all'origine di prodotti tipici e non contribuiscono alle eccedenze comunitarie di latte.

2.Valdostana Razza allevata in Valle d'Aosta, a mantello pezzato rosso (più comune) e pezzata nera (meno comune). Di mole più piccola rispetto alle altre pezzate rosse, si adatta molto bene ad un ambiente completamente montano (molto rustica - pascoli sino a 2500 m). Presenta una buona produzione di latte: circa 33-35 q di latte per lattazione (3,5% grasso e 3,3% di proteine) utilizzato in gran parte per la produzione della Fontina, formaggio con DOP, per , ma anche una buona attitudine per la carne: sono prodotti sia i sanati di 180 -220 kg (vitelli alimentati con solo latte) sia i vitelloni pesanti di 15-18 mesi. (600-650 Kg il maschio e 450-550 le femmine) sia vitelloni leggeri di 300-400 KG

Consistenza media circa 70.000 capi. Castana

3.Herens

Questa razza Svizzera prende il nome dal distretto omonimo in cui ha avuto origine e dove è allevata da moltissimi anni (vallata della Rhone in Svizzera). Si ritiene che fosse già presente al tempo dei Romani. Oggi è allevata in Svizzera (Cantone Vallese nella zona compresa fra Bringen e Martigny), in Val d'Aosta e nella regione di Chamonix in Francia. E' una delle 11 razze che aderiscono alla Federazione Europea delle razze del Sistema Alpino Caratteristiche morfologiche

Il colore del mantello è nero uniforme con tonalità fino al bruno-castano; a volte presenza della riga mulina (linea dorso lombare più chiara). Mucose pigmentate nere. Corna pronunciate, nere in punta. Unghioni neri. Testa corta e larga. Arti corti e unghioni molto forti. Animali di taglia medio-piccola, tarchiati, profondi con larghi diametri traversi, muscolatura ben sviluppata, scheletro leggero ma solido. Temperamento vivo e bellicoso conosciute come mucche combattenti.

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4.Grigio alpina

Questa razza tradizionalmente viene allevata in provincia di Bolzano ma si è diffusa anche in provincia di Trento e in quelle di Belluno, Treviso, Vicenza, Torino, Cuneo fino ad arrivare a Catanzaro e Messina. Il numero di capi è di circa 34000 di cui 28000 allevate solo a Bolzano. Non tutte sono però inscritte all’albo ma solo 15187. La Grigio Alpina è considerata a duplice attitudine ed è quindi allevata sia per il latte che per la carne. Le vacche hanno un peso medio di circa 600 kg. Mentre i tori arrivano anche a 1000 kg.. Hanno una mole robusta e dimostrano un’ottima adattabilità alle condizioni ambientali di pascolamento, grazie alla loro rusticità. Sono, inoltre, longeve non hanno generalmente problemi di parto e riescono ad avere anche 6-7 lattazioni.

Il colore del mantello è chiaro argento con sfumature più scure intorno agli occhi, sulla spalla e sui fianchi.

Allevamento: La struttura degli allevamenti si basa su piccole proprietà e sullo sfruttamento dei foraggi freschi, in estate, posti in alta quota con la tecnica dell’alpeggio; si segue la linea

vacca- vitello. Produzione Latte:

Le vacche di Grigio Alpina, hanno una produzione media di latte annua di circa 54,66 kg (2005)., con un contenuto in grassi di circa il 3,83% e di proteine pari a circa il 3,38% garantendo un buon latte e un buon formaggio. Produzione Carne:La produzione di carne è affidata, quasi esclusivamente al vitellone medio pesante che presenta un I.P.G. (Incremento Ponderale Giornaliero) di circa 1200 g/giorni ed una resa al macello di circa il 60% con un ottima qualità di carne finemente marezzata. Miglioramento Genetico:

La popolazione sottoposta ai controlli funzionali, è composta da quasi 10000 vacche inscritte ai libri genealogici della razza. Questo viene eseguito con i migliori metodi quali:

- la fecondazione artificiale integrata dalla monta naturale; - la banca seme; - gli accoppiamenti programmati; - il performance test; - il progeny test; - la valutazione morfologica; - la valutazione del carattere latte.

L’elaborazione dei dati così ottenuti, viene effettuata da centri specializzati di Roma e di Vienna. Sono stati così segnalati molti tori miglioratori che vengono utilizzati come produttori della prossima generazione di riproduttori

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Tabella 1

Anno Vacche controllate

Produzione lattea kg in 306 gg.

Grasso %

1960 3010 3039 3.81

1965 3758 3277 3.93

1970 3892 3382 3.96

1975 4307 3605 3.93

1980 4387 3745 3.86

Intensificando questi controlli, tra poco, secondo gli esperti, dovremmo arrivare ad avere produzioni medie annue di circa 40q con una percentuale di grasso non inferiore al 4%.

5.Rendena

L’attuale razza è il risultato di un lavoro di selezione effettuato sui bovini della Val Rendena . questa razza è allevata, oltre che in provincia di Trento, anche in quella di Padova, Vicenza e Verona; sono stati però segnalati alcuni allevamenti anche a Pisa, La Spezia e Brescia. I capi allevati sono all’incirca 10000. Questa razza può essere tranquillamente essere ritenuta a duplice attitudine. La Rendena, è molto rustica, ciò permette sia ai giovani vitelli/e, sia alle vacche in lattazione, di sfruttare al meglio la tecnica dell’alpeggio in alta quota. È una razza molto fertile, riesce a partorire un vitello all’anno (il primo parto si ha a

32 mesi), ed è longeva fatto molto importante in quanto consente una bassa quota di rimonta e quindi una riduzione dei costi del latte a litro. Produzione di latte: La produzione supera i 45 q e questo è un dato estremamente importante perché viene ottenuta con vacche all’alpeggio per più di 100 giorni, mentre con vacche tenute in stalla, possiamo avere produzioni che arrivano anche a 60 q con percentuali di grasso pari al 3,59% e di proteine pari al 3,21%. Con questa media produttiva, sia di proteine e grassi, sia di quantità di latte prodotto, possiamo arrivare a produrre circa 25000/30000 forme di formaggio. Produzione di carne: La Rendena assicura carne con i suoi vitelloni dal peso di 450-500 kg all’età di 15-18 mesi; presentano rese pari al 58-60% con una qualità ottima. Miglioramento Genetico: Il programma di miglioramento genetico e eseguito con lo scopo di aumentare il reddito netto degli allevatori, migliorando la caratteristica della duplice attitudine di questa specie. Il miglioramento è così perseguito:

- accoppiamento programmato; - performance test che tende a migliorare la produzione di carne scegliendo solo tori con un

accrescimento giornaliero intorno ai 1060 grammi; - valutazione genetica effettuata per il latte tenendo conto degl’indici di grasso e proteine; e

per la carne tenendo conto degl’indici genetici per l’accrescimento e la resa al macello corretta per il valore commerciale standard della carcassa;

- la valutazione morfologica utilizzata per garantire la duplice attitudine.

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6.Pinzgauer

La zona di origine è nella regione di Salisburgo in Austria. E' una razza di antichissima origine, rustica, robusta e particolarmente adatta agli ambienti montani. Buona produttrice di latte e carne, è allevata

sulle Alpi Bavaresi, in Austria e in Alto Adige (Val Pusteria). Diffusa anche in molti Paesi dell'Europa dell'Est, nel Nord e Sud America. E' una delle 11 razze che aderiscono alla Federazione Europea delle razze del Sistema Alpino e dal 1985 fa parte del Registro Anagrafico delle popolazioni bovine autoctone e gruppi etnici a limitata diffusione. Caratteristiche

morfologiche Colore mantello: pezzato rosso (mogano), con rosso che predomina decisamente. Presenta una tipica fascia bianca che circonda il corpo longitudinalmente (dalla giogaia al garrese). Testa rosso-mogano-bruna. Mucose depigmentate (rosso-mogano). Corna chiare e nere in punta. Animali armonici, di taglia e statura medio-piccole. Altezza femmine 130 cm Peso vivo femmine 5,5 - 6,5 q Caratteristiche produttive

Razza a duplice attitudine, con prevalenza per la carne. Si caratterizza per la grande rusticità, longevità, fertilità e adattabilità al pascolo d'alta quota.

7.Modicana (o Siciliana)

La zona di origine è l'ex contea di Modica, in provincia di Ragusa (Sicilia). Da qui si è diffusa in tutta l'isola. Esportata in Sardegna dove ha dato origine alla Modicana

Sarda. E' la più importante razza bovina della Sicilia, sia per consistenza che per qualità zootecniche. Libro Genealogico dal 1952. razza molto rustica e frugalissima. Negli ultimi anni si è diffusa in tutto il territorio regionale adattandosi alle diverse situazioni pedoclimatiche.

Dal 1985 fa parte del Registro Anagrafico delle popolazioni bovine autoctone e gruppi etnici a limitata diffusione. Caratteristiche morfologiche Il mantello è di colore uniforme rosso scuro, con sfumature dal nero dei tori al fromentino chiaro delle vacche. Sfumature nere specie nella parte anteriore e sulla faccia esterna delle cosce. Fiocco della coda nero. Il maschio presenta un mantello più scuro. Musello rosso scuro. Nero ardesia le aperture naturali. Unghioni neri. Corna giallastre alla base e nere in punta. La mammella è grande con i quarti spesso disarmonici e i capezzoli lunghi e grossi. Taglia e statura modesta, forme molto angolose, scheletro molto solido.

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TECNICHE DI PRODUZIONE DEI BOVINI La pubertà è il periodo dello sviluppo in cui gli animali, per la prima volta, sono in grado di produrre spermatozoi nei maschi e ovuli fecondabili nelle femmine. La maturità sessuale è influenzata da fattori genetici ed extragenetici; generalmente le razze da latte sono più precoci delle razze da carne e poi all'interno della stessa razza ci sono ci sono diversità a seconda delle famiglie. Per i fattori extragenetici si ricorda in primo luogo l'alimentazione: abbondante, anticipa, mentre scarsa ritarda e in secondo luogo le condizioni ambientali: la neutralità termica, anticipa e così pure l'eccessiva luminosità. Nei bovini la maturità sessuale avviene a 10-12 mesi (prima nelle femmine e poi nei maschi); in pratica le manze delle razze da latte sono portate al maschio (o si opera la F.A., meglio dire inseminazione strumentale) ad un'età di 15-18 mesi (o ad un peso pari a 2/3 di quello adulto): non viene fatto prima, perché si avrebbe un arresto di accrescimento della manza, parto difficile per bacino stretto e poco latte, non viene fatto dopo, perché si può avere un accumulo di grasso sulle ovaie che può ridurre la fertilità. I tori nella monta naturale vengono impiegati da un'età da 18-24 mesi, mentre se sono impiegati nella F.A. il loro sperma si comincia a prelevare all'età di 12-13 mesi. Calore o estro è il periodo nel quale la femmina accetta l'accoppiamento e può rimanere gravida. La bovina è poliestrale e allorché non è gravida, il calore si manifesta ogni 21 giorni e dura dalle 15 alle 30 ore. Importante è riconoscere i segni tipici del calore, per programmare l'accoppiamento:

a) prima fase (da 0 a 6 ore) la vacca muggisce spesso, annusa le altre, tenta di cavalcare le altre e presenta una vulva tumida e arrossata.

b) seconda fase (da 6 a 18 ore) fase culminante della permanenza del calore: la vacca nervosa, muggisce frequentemente e viene cavalcata dalle altre vacche e rimane ferma.

c) terza fase (da 18 a 30 ore) fase finale: la vacca annusa le altre e le cavalca e manifesta un secreto vaginale filante.

La monta (o la F.A.) per avere più probabilità di riuscire deve avvenire dopo 18-20 ore, dalla comparsa dei primi segni del calore. L'individuazione dei segni del calore non pone grossi problemi nei piccoli allevamenti e in quelli condotti in maniera naturale come ad es. la linea vacca-vitello, mentre nelle grandi aziende, con capi allevati in stabulazione fissa o quasi tali segni sono meno evidenti, sino ad essere "silenti" ovvero senza alcuna manifestazione. Quest'ultimo aspetto preoccupa molto l'allevatore, per le dirette ripercussioni sulla produttività dell'azienda. Tra l'altro si ricorda che la più alta manifestazione dei calori si ha di notte, cioè quando gli animali sono più tranquilli.

Metodi di rivelazione dei calori: a) osservazione diretta, più frequente, con il personale di stalla; b) impiego di animali scopritori (poco usati) - maschi vasectomizzati (diffondono malattie)

o femmine trattate con androgeni e con un comportamento mascolino; c) uso di coloranti (indicatori) intorno alle labbra vulvari, in altre parole di sostanze che

cambiano di colore in seguito alle perdite vaginali; d) Uso di podometri (o contapassi), che tarati in base ai normali passi giornalieri di una

vacca, collegati ad un computer segnala il loro aumento e quindi il maggior nervosismo - segno di calore

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e) sistemi computerizzati che permettono di misurare le variazioni della temperatura basale.

Si ricorda che le turbe riproduttive (sterilità e/o ipofertilità) possono essere: a) di natura genetica (molto rare); b) di natura ambientale - soprattutto di origine alimentare (eccessiva o squilibrata alimentazione), poi per cattive condizioni igienico-sanitario per eventuali malattie agli organi genitali e per condizioni ambientali avverse, come le alte temperature.

Migliorare la fertilità per ridurre l'interparto e quindi incrementare la produttività dell'allevamento con: a) osservazione esatta del calore (se non si individua esattamente, si ritarda la produzione); b) diagnosi precoce della gravidanza, entro 20 giorni dalla monta, con il test del progesterone o con delle sonde ecografiche; c) igiene del parto, per ridurre le malattie infettive agli organi genitali femminili.

Pratica della monta naturale:

Può essere praticata secondo due modi: a) in piena libertà del toro, per allevamenti bradi o secondo la linea vacca-vitello (un toro ogni 20-40 vacche); b) controllata nell'ambiente stallino impiegando o recinti di monta, dove risiede il toro e vengono via via portate le vacche in calore, o travagli, uno stretti boxes, aperti da un lato, dove viene messa legata la vacca in calore, da coprire. (Al travaglio vi è una fossetta posteriore profonda 20-25 cm, che serve per abbassare la vacca. Allorché il toro vi è condotto, in presenza della vacca, s'impenna sfoderando la verga, dando una vigorosa spinta alla vagina, accompagnata dall'emissione dello sperma). Un toro in questo modo può coprire anche 300 vacche in un anno. Pratica dell'inseminazione strumentale (o F.A.): per diffondere maggiormente il seme di tori razzatori. Principali fasi della tecnica, attuata in appositi "Centri Tori" - centri di miglioramento genetico: a) raccolta del seme del toro tramite un manichino - sagoma di una vacca, che possiede una vagina artificiale con una intercapedine di acqua calda di 42-25°C – si usano anche vacche legati in box e tecnici che deviano il glande nella vagina artificiale. (Un eiaculato di un 1 ml presenta da 700-1500 milioni di spermatozoi.) b) analisi cariotipica, per scartare subito torelli che presentano anomalie cromosomiche e spermatozoi poco vitali e in concentrazioni basse; c) diluizione dello sperma a seconda della concentrazione, ad es. con tuorlo d'uovo omogeneizzato o altro materiale inerte 1:10 - 1:50; in soluzioni tampone con glucosio, crioprotettore (gricerolo) e antibiotici. d) confezionamento in fiale di vetro o in paillette di plastica (in Italia) di 1 ml; e) congelamento in azoto liquido a - 196 °C e conservazione dello stesso in apposite spermateche. L'inseminazione strumentale può essere effettuata, dopo un graduale scongelamento dello sperma sino ad una temperatura di circa 37-38 °C, secondo due metodi: 1) metodo all'americana, più usato: lo sperma viene spruzzato con una "pistolet" sulla cervice dell'utero che viene fermata per via rettale dall'altra mano dal fecondatore laico o dal veterinario; 2) metodo all'italiana: le labbra vulvari vengono aperte da uno speculo divaricatore e lo sperma spruzzato sulla cervice dell'utero. Viene praticato dal veterinario quando ci sono delle infezioni agli organi dell'apparato sessuale. Una volta scongelato lo sperma gli spermatozoi rimangono vitali per circa 24 ore.

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Vantaggi dell'inseminazione strumentale: a) ha permesso un più rapido miglioramento genetico: permette moltissime inseminazioni e

quindi e possibile valutare più velocemente gli effetti ad es. del progeny test; inoltre il congelamento del seme permette di programmare gli accoppiamenti;

b) evita il diffondersi delle malattie in specie quelle sessuali; c) non si alleva più il toro in azienda.

Svantaggio:

Una maggiore consanguineità, perché sono pochi i tori miglioratori che vengono utilizzati e quindi con il tempo aumenta il grado di parentela tra gli animali.

La pratica del MOET cioè superovulazione e trapianto embrionale per valorizzare al massimo il potenziale genetico di una vacca di alta genealogia. Trapianto embrionale (Embryo transfert), pratica che si va sempre più diffondendo, richiede un'organizzazione molto accurata. In Italia è praticata sui soggetti migliori di razza Frisona e Bruna e Pezzata rossa. E' una tecnica utilizzabile per vacche da latte di alto valore genetico: metodo di riproduzione mediante il quale gli ovuli fecondati prelevati da una femmina "campionessa" (donatrice), all'uopo indotta alla superovulazione, con ormoni follicoli stimolanti, prima dell'inseminazione strumentale, vengono immessi nell'utero di altre femmine (riceventi), preventivamente sincronizzate sessualmente con la donatrice, che provvederanno alla gestazione dell'embrione loro trasferito (in pratica fungono da "incubatrici" - portando in grembo dei vitelli di alto valore genetico). Mediamente in questo modo una vacca di alto valore genetico può avere più di 20 vitelli all'anno.

• La raccolta degli ovuli fecondati (embrioni) della femmina donatrice attualmente viene effettuato con un metodo incruento: viene fatto un lavaggio uterino (detto flushing) dopo 8 giorni dalla fecondazione con un liquido fisiologico (pH = 7 e 37 °C) utilizzando un catetere speciale.

• Gli embrioni prima del reimpianto nella femmina ricevente possono essere analizzati per verificare eventuali anomalie genetiche.

LA GRAVIDANZA.

La fecondazione avviene di norma nell'ovidotto e dopo 3-4 giorni lo zigote scende nel corno uterino, dove prima vive immerso per 7-8 giorni nelle sostanze nutritive, ivi presenti, e poi si annida sull'endometrio (tonaca interna dell'utero).

Segni della gravidanza: a) assenza del calore successivo: segno non sicuro per la possibilità di aborti precoci o per permanenza del corpo luteo; b) la vacca rifiuta il maschio, diventa più tranquilla e mangia di più; c) dai capezzoli, se non è in lattazione, fuoriesce qualche goccia di una sostanza simile vischiosa simile al miele; d) dal 5° mese la mammella e la vulva si ingrossano; e) dal 6° mese, sul fianco destro, un po’ avanti la grassella, si può apprezzare mediante palpazione il feto; f) diagnosi precoce: a 6 settimane dalla fecondazione, per mezzo di un'ispezione rettale da parte del veterinario per individuare le modificazioni delle corna uterine;

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g) diagnosi precocissima: attraverso il test del progesterone (ormone della gravidanza prodotto dal corpo luteo e successivamente dalla placenta) sul sangue o sul latte - se vi è dopo 20 giorni dalla fecondazione un aumento della concentrazione la bovina è gravida. h) uso di sonde ecografiche già a 2 settimane.

Come trattare la bovina gravida:

La vacca trova giovamento dal pascolo: il moto, la luce, l'aria sono i principali sinonimi di salute - soprattutto in avanzato stato di gravidanza deve essere trattata con molta cura. Urti, cornate e corse forzate possono provocare parti prematuri o aborti. - smetterla di mungere almeno 45 giorni dal arto ( asciutta di solito di 60 giorni, dal 7° mese di gravidanza). - alimentarla adeguatamente al suo stato: specialmente dal 7° mese in avanti, infatti sino al 6° mese l'accrescimento del feto è modesto (al 6° mese pesa 4-5 Kg), mentre dal 7° mese al 9° mese si ha un rapido accrescimento - alla nascita i vitelli pesano 35-40 Kg, sia per la compressione esercitata sui prestomaci dal feto - occorrono alimenti meno voluminosi e più concentrati), sia per favorire il rapido accrescimento del feto. La gravidanza dura mediamente 284 giorni, con variazioni da razza a razza, da vacca a vacca e oscilla da 241 giorni a 301 giorni. I maschi generalmente nascono 1-2 giorni dopo, mentre i gemelli 4-6 giorni prima, le primipare, poi, hanno una gravidanza più breve. PARTO è dovuto a fattori neuro-ormonali. Sono gli estrogeni e l'ossitocina gli ormoni responsabili delle contrazioni dell'utero, questi però durante la gravidanza sono contrastati dal progesterone. Alla fine della gravidanza la pressione del feto sviluppato sull'utero stimola la produzione di grosse quantità di estrogeni e l'ipofisi scarica l'ossitocina, che era stata prodotta dall'ipotalamo e in questo modo si ha la contrazione della muscolatura longitudinale e il rilassamento di quella circolare. L'utero produce anche un proprio ormone rilassante detto relassina.

Segni premonitori: - maggior sviluppo della mammella; - la groppa si deforma (2-3 giorni prima) per il rilassamento dei muscoli, ai lati della coda - si formano due caratteristiche fossette per rilassamento dei legamenti sacro – ischiatici. - i fianchi si infossano; - la vacca diviene lenta, la vulva si ingrossa e si ha la fuoriuscita di un liquido mucoso e diviene irrequieta. Preparazione al parto: circa una settimana prima. La partoriente viene posta in "sala parto" o rimane nella sua "posta", ma con lettiera abbondante e pulita. E' bene che la zona sia protetta dal freddo, dalle correnti d'aria e sia ben illuminata, perché la maggior parte dei parti avviene di notte. Occorre inoltre che ci sia acqua corrente, saponi e disinfettanti. Il feto è avvolto nella cavità uterina da tre membrane: il corion aderente all'utero a mezzo dei cotiledoni (corion e cotiledoni formano la placenta), l'allantoide, doppia, racchiude fra le due lamine un liquido detto allantoideo, e l'amnios, specie di sacco, che contiene il feto mobile entro un liquido detto amniotico. L'insieme di questi tre invogli forma la cosiddetta seconda. Ad un certo momento, quando il collo dell'utero si è dilatato si rompono il corion e l'allantoide lasciando fuoriuscire il liquido allantoideo. Dilatandosi ancora il collo fa cadere in avanti l'amnios formando all'esterno una specie di borsa (borsa delle acque), la quale, sotto la pressione di nuove più

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forti contrazioni, si rompe lubrificando il canale dell'utero verso l'esterno. Data questa funzione è opportuno lasciare che l'amnios si rompa da sé. In condizioni normali (parto eutocitico) il vitello, in preparazione al parto, si trova voltato con la testa verso il collo dell'utero e con gli arti anteriori stesi in avanti sotto la testa e quelli posteriori invece stesi all'indietro. Di conseguenza si vedranno da prima apparire i piedi del vitello, quindi il muso, e, dietro a contrazioni sempre più forti dell'utero e dei muscoli addominali, la testa, poi tutto il resto del corpo seguito da un getto di liquido, residuo di quello amniotico. Il parto dura da 30 minuti a circa 3 ore nelle vacche: molto più lungo nelle primipare.

� In alcuni casi se le contrazioni uterine sono scarse, si può provvedere all'incisione degli invogli fetali e ad una esplorazione per accertarsi della posizione del vitello e della giusta dilatazione del collo dell'utero: con delle corde sterili si possono legare i due nodelli degli arti anteriori e aiutare la vacca durante le contrazioni.

Se invece il vitello è in posizione anormale (parto distocico), ad es., ha un arto od ambedue piegati all'indietro o la testa piegata di lato o, peggio, si presenta con la parte posteriore o, peggio ancora con gli arti piegati sotto il ventre o se è molto grosso in proporzione del bacino, allora occorre eseguire manovre tali per le quali è necessario la presenza di una persona particolarmente esperta o meglio del veterinario che va chiamato al più presto senza attendere che la vacca si esaurisca in vani sforzi .Nelle vacche più vecchie si può manifestare la torsione dell’utero o il prolasso.

Nella specie bovina l'incidenza di parti gemellari varia a seconda delle razze dal 2 al 4%: generalmente non conviene avere delle nascite gemellari sia perché arrecano fatica alla madre, che difficilmente rimarrà gravida l'annata successiva sia perché i gemelli sono più piccoli e con una mortalità più elevata. Nel caso poi di gemelli dizigotici di sesso diverso, le femmine nel 95% dei casi sono sterili, per una malattia nota col nome di free-martin. (il feto maschile si forma generalmente prima di quello femminile e i suoi ormoni sessuali, in primo luogo il testosterone, impediscono il normale sviluppo dell'apparato genitale femminile)

Cenni di embriologia. La fecondazione, cioè l'incontro del gamete maschile con quello femminile, avviene negli ovidotti: lo spermatozoo, grazie anche ad alcuni enzimi presenti nella testa, perfora la membrana cellulare dell'ovulo ed entra nella cellula-uova. (Reazione dell’acrosoma) Immediatamente questa completa la meiosi ed espelle il 2° polocita e contemporaneamente mette in atto una serie di meccanismi (reazione corticale) onde impedire l'ingresso di altri spermatozoi. Quindi si realizza la fusione del nucleo maschile con quello femminile e la formazione dello zigote diploide, che, già nella sua discesa verso il corno uterino, inizia a dividersi per mitosi. Nei mammiferi dallo zigote si ottengono prima due, poi quattro, otto, sedici ecc. cellule dette blastomeri che formano una massa compatta che ricorda per forma una mora e che viene perciò chiamata morula. In un secondo tempo, mentre proseguono le divisioni cellulari, la morula si cavita e si trasforma in una blastula, costituita da uno strato di cellule periferiche, il trofoblasto,che delimita una cavità detta blastocele. Ad un polo del trofoblasto si realizza poi una proliferazione cellulare che va a costituire un ammasso pluristratificato chiamato nodo o bottone embrionale: da esso prenderanno origine l'embrione vero e proprio e gran parte degli annessi embrionali (vedi gli invogli fetali). Nel bottone si vengono presto a differenziare tre diverse lamine di cellule che formeranno tre foglietti embrionali primitivi: ectoderma, mesoderma ed endoderma. Dopo una iniziale fase di espansione il foglietto ectodermico si solleva, trascinandosi dietro il trofoblasto e formando una doppia piega le cui pareti delimitano un canale con sezione ad U. Nella zona della doppia piega si incunea il mesoderma, mentre il blastocele viene delimitato da una doppia parete (trofoblasto + endoderma) e chiamato vescicola ombelicale.

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Il bottone embrionale prosegue il suo sviluppo e le pareti della piega si fondono e formano una cavità che si riempie di liquido detta cavità amniotica. La cavità che si viene a formare all'interno dell'embrione, in connessione con la vescicola ombelicale, forma un intestino primitivo, dal quale in un secondo tempo si origina un diverticolo che poi si svilupperà in una terza cavità detta allantoide. Col passare del tempo la vescicola ombelicale diminuisce gradualmente mentre lo spazio viene in gran parte occupato dall'allantoidee che, accogliendo i materiali di rifiuto del nuovo organismo, aumenta progressivamente di volume. Il trofoblasto presenta in superficie i villi coriali (corion) in apposite nicchie della mucosa uterina (caruncole uterine) con la realizzazione di speciali rapporti tra l'embrione e l'utero materno. (placenta). Attraverso la placenta, il sangue dell'embrione e quello della madre rimangono separati solamente mediante una sottile membrana semipermeabile, attraverso la sono in grado di diffondersi i gas respiratori (ossigeno e anidride carbonica), materiali nutritivi (carboidrati, grassi, aminoacidi), prodotti di rifiuto (urea, acido urico) e altre sostanze solubili. Tuttavia fra la madre e il feto non vi è alcuna mescolanza di cellule del sangue e, di norma, neppure alcun passaggio di proteine.

Cure post-partum.

a) alla bovina che ha partorito: la vacca, dopo il parto, viene fatta alzare per permettere all'utero di tornare in posizione normale, all'uopo spesso l'animale viene imbracato, con apposite funi, per evitare il prolasso, cioè la fuoriuscita dell'utero che torna nella posizione normale dopo 15 giorni dal parto. Si provvederà nello stesso tempo al lavaggio e disinfezione degli organi genitali esterni e si somministra un beverone caldo (acqua, vino o caffè e sali minerali) ed eventualmente un pastone tiepido, molto nutriente e altamente digeribile, per rifocillarla. Viene subito munta meccanicamente per estrarre il colostro per il vitello e congelare la quantità in eccesso. Per alcune vacche altamente produttive e predisposte sembra geneticamente in questa fase vi può essere il rischio di collasso puerperale. Occorrerà quindi aspettare il secondamento, cioè l'espulsione degli invogli fetali, che deve avvenire entro 6-12 al massimo 24 ore dal parto; se ciò non avviene occorre chiamare il veterinario, perché altrimenti si potrebbero manifestare infezioni batteriche (endometriti, uteriniti, brucellosi ecc. ) b) al vitello neonato:

- accertarsi che respiri bene: eventualmente liberare le narici e la bocca dal muco che li può ostruire. Se non respira: - controllare la lingua, eventualmente la si tira, sfregare la testa con acqua fredda e attuare una respirazione artificiale e con una compressione del torace aiutandosi con gli arti anteriore dello stesso.

- asciugarlo - pulirlo: per es. con paglia asciutta; si può avvicinare il vitello alla madre, in modo da indurla a leccarlo e in modo che attui una sorta di massaggio che attiva per es. la circolazione o con un sacco di iuta o con un po’ di paglia.

- eventualmente strappare (di solito si strappa da solo) il cordone ombelicale (4-5 dita dal

ventre – 10 cm) e disinfettare con tintura di iodio, antibiotici, sulfamidici, per evitare una malattia infettiva molto grave detta onfaloflebite.

- Farlo alzare in piedi e attaccarlo al poppatoio entro 6 ore dalla nascita perché assumi il colostro;

Dopo queste operazioni il vitello viene messo in un recinto fuori dalla stalla (isolamento), non legato, per permettergli di fare ginnastica funzionale all’apparato locomotore.

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- Dopo 7 giorni si comincia a somministrare latti in polvere ricostituiti; - Dopo 10 giorni un mangime molto digeribile con un’alta percentuale di proteine (18-20%) - Dopo 21 giorni fieno di buona qualità

Dopo 15-20 giorni dalla nascita (quando lo si vuole fare) è possibile la decornazione (con cauterizzazione o con sostanze chimiche - soda, potassa o acidi dei bottoni cornicali) e l'eliminazione dei capezzoli soprannumerari per le vitelle con apposite forbici

Castrazione.

Nei giovani vitelli veniva eseguita per sopprimere gli istinti sessuali e renderli così più calmi e più docili al volere dell'uomo, per ottenere ad una certa età carne migliore (manzo), per disporre di una macchina da lavoro a rendimento costante (il bue). L'operazione veniva eseguita all'età di circa 12 mesi, per ottenere soggetti con uno scheletro più compatto, arti meno lunghi, muscoli più solidi, capacità maggiore; se invece veniva fatta a 2-3 mesi si ottenevano vitelli con notevole allungamento delle ossa (in particolare le ossa della faccia e degli arti) e quindi animali alti e stretti, con una muscolatura relativamente povera, sebbene molto infiltrata di grasso. Attualmente ci si è resi conto che, per vitelli destinati al macello prima dei due anni, è errore sottoporli alla castrazione infatti se "interi" hanno degli IPG maggiori e migliori IC, il che vuol dire produrre la carne a più basso costo. Il vantaggio che offre la castrazione per la produzione della carne con capi adulti è che gli animali ingrassano più lentamente, la carne è più soda e meglio infiltrata con grasso di marezzatura. La castrazione veniva effettuata utilizzando la tenaglia "burdizzo" che provocava lo schiacciamento dei condotti deferenti degli spermatozoi e l'occlusione delle relative vene e arterie, con conseguente atrofia dei testicoli. Attualmente può essere attuata con la vasectomia.

COLOSTRO

E' la prima secrezione della ghiandola mammaria: dura per meno di una settimana di colore bruno giallognolo, denso salato. Oltre alla funzione nutritiva: infatti è ricco in sostanze nutritive (circa il 25% di sostanza secca con 14 % proteine – gammaglobuline, vitamine, in particolare la vitamina A, epitelio protettrice, D e Ferro – povero in lattosio), ha una funzione protettiva (immunitaria), per la presenza delle gammaglobuline che funzionano da anticorpi e conferiscono una immunità passiva al vitello solo per 1° giorno (Le gammaglobuline possono passare nel sangue del vitello perché nelle prime 24 ore le pareti dell'intestino sono permeabili ad esse.) In ultimo il colostro ha una funzione lassativa, perché permette di eliminare dall'apparato digerente del vitello il meconio: cataboliti di colore verde accumulati durante la gravidanza. Dopo 3-4 giorni le caratteristiche del colostro si uniformano a quelle del latte.

Raffronto tra composizione chimica del colostro con quella del latte.

COLOSTRO LATTE entro le prime 24 ore. H20 78% 87,9% S.S. 22% 12,1% - grasso 3,6% 3.5% - proteine * 14,3% 3,3% - lattosio 3,1% 4,6% - ceneri 1,0% 0,7% * nel colostro predominano le gammaglobuline, mentre nel latte le caseine.

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Allevamento dei vitelli.

Per razze da latte solo allattamento artificiale per non ostacolare la mungitura E' bene tenere i vitelli almeno per i primi 45 giorni separati in piccoli recinti (meglio gabbie

singole e dopo circa 30 giorni in box multipli per gruppi omogenei), all'aperto, protetti da semplici

tettoie: infatti diversi vitelli uniti si disturbano a vicenda, si sporcano e, se insorge qualche malattia, più facilmente si contagiano e sovente prendono anche il vizio di popparsi con ripercussioni dannose. Occorre sempre tenere i vitelli separati dalla stalla delle vacche, perché questa è un po’ umida e meno sana. La malattia che maggiormente turba l'allevamento dei vitelli è la diarrea che ben presto si complica con broncopolmonite. Dallo svezzamento in poi i vitelli non richiedono particolari cure se si toglie l'alimentazione ed un po’ di moto. Dal punto di vista nutritivo le esigenze dei giovani in rapporto al peso vivo sono 3 o 4 volte maggiori di quelle dell'adulto; l'alimentazione nei primi due anni deve essere assai curata e in particolare nel primo anno perché forma una robusta impalcatura scheletrica, base essenziale di una buona conformazione e di un buon sviluppo. Per questo motivo nel periodo che va dallo svezzamento ai 10-12 mesi viene fatta una alimentazione alta (LN alto), che prevede l'impiego di alimenti poco voluminosi, come insilati e concentrati; in questo modo verrà favorita anche la precocità sessuale. Non conviene fare una superalimentazione a base di concentrati, a parte per la spesa, per turbe all'apparato digerente, per mancanza di un corretto quantitativo di fibra grezza.

ALLATTAMENTO.

L’allattamento può essere: a) Naturale. Inizia una o due ore dopo il parto con l’assunzione del colostro. E’ caratteristico delle razze da carne e di quelle popolazioni bovine allevate allo stato brado o secondo la linea vacca-vitello. - Vantaggi: il latte é puro e fresco, meno contaminato, ha la temperatura ideale e il vitello assume la posizione naturale del collo durante la poppata (ricorda la funzione della doccia esofagea). - Svantaggi: non é possibile una regolazione della quantità di latte ingerito e frequentemente si hanno rigurgiti, con possibilità di fermentazioni dannose o diarree.

Si ricorda che il volume dell'abomaso nei primi giorni di vita è di circa un litro, che aumenta a circa tre alla fine del primo mese e circa sei alla fine del quarto. (un bovino adulto ha una capacità di circa 15-20 litri). Ciò è importante per evitare che un vitello ingerisca più latte che lo stomaco possa contenere. Nei vitelli l'unico stomaco funzionante inizialmente è l'abomaso, i prestomaci vengono saltati per mezzo di una doccia esofagea: un semicanale che mette in contatto l'esofago con l'abomaso, scorrendo sopra i prestomaci, si chiude per un riflesso involontario quando si assume il latte, sembra per la presenza di una proteina la lattoalbumina; la perfetta chiusura della stessa è condizionata dalla posizione del collo rispetto alla testa.

b) Artificiale. Diffuso negli allevamenti stabulati di bovini a prevalente attitudine lattifera. Si possono utilizzare: - latte intero di vacca (raro , solo in piccole aziende); - latte scremato (raro, solo per aziende vicino a grossi burrifici); - latte ricostituito - usato nella maggioranza delle aziende. Ne esistono diversi tipi: 1. Classici:

latte scremato + grasso (es. latte magro in polvere 60%, grasso 20%, siero di latte in polvere

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8 -10% ecc.; 2. latte senza latte (siero di latte, manca la caseina, per cui si aggiungono farine proteiche tipo la soia; 3. latte senza latte freddo acidi a pH 4,3 -4,4 (quest’ultimo, poco appetibile, si conserva bene anche per 3-4 giorni e può essere distribuito automaticamente. Questi tipi di latti si utilizzano quando l’alimentazione non è solo lattea.

Vantaggi: non ostacola la mungitura, è più facile somministrare la giusta quantità di latte al vitello, il latte ricostituito costa meno rispetto al prezzo di vendita del latte. Sistemi di allattamento artificiale: - Al secchio - la posizione del collo non è regolare, vi può essere una incompleta chiusura della doccia esofagea con rischio di meteorismo. - Al poppatoio - il più usato, vi è un serbatoio con una tettarella di gomma.

Nel caso dell'allattamento artificiale, anche il colostro viene somministrato in questo modo per abituare il vitello. Sia il colostro che i latti vanno somministrati ad una temperatura di circa 35-36 °C, vale a dire alla stessa temperatura all'uscita dalla mammella.

SVEZZAMENTO

Il periodo in cui viene sospesa l'alimentazione lattea e si abitua l'animale al tipo di alimentazione che avrà da adulto. Avverrà in modi e tempi diversi a seconda della destinazione futura dell'animale.

� Con allattamento naturale (svezzamento naturale): dura 4-5 mesi , si pratica ad esempio nella cosiddetta linea vacca-vitello, per razze rustiche, dove il vitello viene allevato allo stato brado insieme alla madre sino al peso di 200-250 kg, dopodiché trasferito nella stalla da ingrasso. Si ottengono così vitelli da ristallo a basso costo. (Nei vitelli bradi il funzionamento dei prestomaci ha inizio dal 3° mese di vita, per diventare normale al 6° mese e poi i premolari, adatti alla masticazione, spuntano dal 4° e 6° mese.

� Con allattamento artificiale (più diffuso): Nella 1^ settimana si utilizza il Colostro materno

dalla 2^ settimana i latti ricostituiti (24 -28% di PG e 14-18% di grassi). e contemporaneamente dal 10gg un concentrato di avviamento (starter), molto digeribile, amido fermentescibile che produce acido propionico, e ricco di proteine (circa il 21%), che si trasforma in un concentrato complementare al 40gg, anch'esso molto digeribile, ma meno ricco in proteine (circa il 18%). Dalla 3-4 settimana viene somministrato, a volontà un fieno di prato polifita ricco di graminacee fogliose di ottima qualità per la formazione dell’acido acetico e lo sviluppo della microflora batterica, e successivamente, nel caso di soggetti da destinare all'ingrasso, si può dare un insilato, di ottime qualità ad esempio un insilato di mais. Dalla 2 settimana viene somministrata acqua a volontà.

Indicativamente nel I° mese si fornisce una quantità di latte corrispondente ad 1/6 del peso vivo, mentre ad 1/7 nel mese successivo.

Esempi di svezzamenti artificiali:

♦ precocissimo: (35-60gg) - utilizzato di solito per vitelli destinati ad essere

ingrassati come baby beef o vitelloni. ♦ precoce:(60-90gg) - utilizzato per le vitelle destinate alla rimonta interna. ♦ tardivo:(90-120gg) - utilizzato per vitelli maschi destinati alla riproduzione.

Esempi di svezzamento. Svezzamento precocissimo di 56 giorni per vitelloni di razza frisona: con un peso alla nascita di 40 kg, assicura un IPG di circa 500 g e un peso al suo termine di circa 70 kg Svezzamento precoce di 84 giorni per vitelle da rimonta di razza frisona: con un peso alla nascita di 40 kg, assicura un IPG di circa 600-700 g e un peso al suo termine di circa 90-100 kg.

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Svezzamento tardivo di 112 giorni per vitelli destinati a diventare riproduttori: con un peso alla nascita di 40 kg, assicura un IPG di circa 800 g e un suo peso al suo termine di circa 130 kg.

Si ricorda che il Latte artificiale (o ricostituito) - miscele lattee sgrassate e ricostituite con grasso e vitamine vengono sciolte in acqua calda e somministrate con poppatoio o secchio al vitello e i cosiddetti latti ricostituibil detti anche latte senza latte, spesso privi di latte, costituiti di sfarinati a base di cereali, soia (integratore proteico), integratori vitaminici e minerali assicurano un valore nutrizionale decisamente superiore al latte materno e quindi dei ritmi di crescita più elevati.

ALLEVAMENTO E DETENZIONE DELLA MANZA DALLO

SVEZZAMENTO AL PRIMO PARTO. Obiettivo BUONO SVILUPPO MORFOLOGICO

• A 14-15 mesi il peso deve essere circa 400 Kg, ossia i 2/3 del peso adulto • Ottimo sviluppo della mammella favorendo lo sviluppo del tessuto ghiandolare • Raggiungimento precoce della pubertà (10-12 mesi) e ridurre l’età del primo

parto a 24 – 25 mesi; • Contenimento dei costi perché è una fase improduttiva

Si individuano 3 periodi: 1 - dallo svezzamento a 7 mesi 2 - da 7 mesi a 15 mesi 3 - dalla copertura al 1° parto Diversi IPG nei 3 periodi 1 - 700g da 130 a 250 Kg 2 - 600g da 250 a 400 Kg (rallenta l’accrescimento perché non deve ingrassare troppo) 3 - 750g da 400 a 550 Kg (c’è anche la gestazione) ACCRESCIMENTO DELLA MAMMELLA. Fino al 6° mese - isometrico cioè proporzionale al resto del corpo Dal 6° mese alla pubertà - allometrico cioè superiore al resto del corpo Dopo la pubertà - la crescita rallenta e riprende durante la gestazione per gli ormoni prodotti. La MAMMELLA è formata da 3 tipi di tessuto: Secernente (o ghiandolare) Adiposo Connettivo L’alimentazione influenza lo sviluppo della mammella, soprattutto del tessuto adiposo: Un L.N. (livello nutritivo) alto favorisce lo sviluppo del tessuto adiposo a scapito di quello secernente; Un L.N. medio o basso favorisce lo sviluppo del tessuto secernente PIANO ALIMENTARE OTTIMALE Periodo 1 e 2 LN basso. Questa fase è quella più importante per lo sviluppo della mammella, ma anche per la riproduzione: troppo grassa porta ad un ritardo della pubertà e difficoltà di ingravidamento. Se l’IPG fosse troppo basso prima della copertura si può ricorrere al FLUSHING: tecnica di forzatura alimentare che si esegue per 2 settimane prima e 2 settimane dopo la copertura aggiungendo 2 Kg di concentrato /giorno/capo

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Periodo 3 LN (gravidanza) medio – alto. Durante la 1^ gestazione l’alimentazione copre i fabbisogni di: Mantenimento Accrescimento Gestazione (ultimi 3 mesi) PESO VITELLO ALLA NASCITA – importante perché la madre non ha completato lo sviluppo somatico (maggiore percentuale di parti distoici). Il peso dipende:

- peso della madre - genetica (madre + padre) - alimentazione – influisce molto sullo stato di ingrassamento della madre (difficoltà al parto),

meno sul peso del feto, perché la placenta ha la priorità sull’utilizzo delle sostanze nutritive rispetto a tutti gli altri tessuti.

Criteri pratici di razionamento sino al 1^ parto

- dallo svezzamento sino al 4 mese: fieno buono a volontà, concentrato a volontà (max 2 -2,5 kg /capo al giorno);

- dal 4° mese al 6° mese: fieno buono a volontà, concentrato gradualmente ridotto sino a 0,4 – 0,5/q di peso vivo (di più se il fieno è scadente);

- da 6° mese al 10° mese: fieno buono a volontà e 1 kg di concentrato. Come concentrato va bene anche quello per vacche in lattazione con 16 -17% di P.G. (proteine grezze), si varia la qualità per coprire i fabbisogni.

- dal 10° mese: razione ancora più economica, foraggi di minor costo, come trinciato di mais o silomais, max 3 -8 Kg al giorno, erba fresca, 0,4 -0,5 kg/q di peso vivo di concentrato. Se il foraggio è molto buono si può ridurre il concentrato a 0,5 Kg/giorno a capo.

- a 15 – 16 mesi: FECONDAZIONE con il FLUSHING; - primi 6 mesi di gestazione: uguale al periodo precedente; - 7° - 8° - 9° mese di gestazione: crescere gradualmente l’apporto energetico della razione,

aumentando il mangime da 0,5-1 Kg fino a 3-4 Kg/capo/giorno; - ultime 2 settimane della gestazione viene fatto il STEAMING UP cioè 0,5 kg di mangime al

giorno in più ogni 2 giorni, per aumentare l’ingestione di concentrati in previsione della lattazione

Produzione del latte Fattori che influenzano la produzione e la qualità del latte:

- razza: esistono delle razze bovine appositamente selezionate per la produzione del latte ad es. le razze frisona e bruna; - caratteristiche genetiche individuali: all'interno di ciascuna razza esiste una notevole

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eterogeneità genetica per la produzione con un h² medio -basso; - attitudine alla mungitura – ossia la capacità di cedere il latte nel più breve tempo

possibile. Esso dipende: 1. entità della produzione; 2. età dell’animale; 3. caratteristiche del capezzolo e la ripartizione del latte tra quarti anteriori e posteriori; - età: la maggiore produzione di latte si ha alla IV°, V° e VI° lattazione, cioè quando la vacca diventa adulta e completa il suo sviluppo somatico, poi la produzione decresce per l'invecchiamento e per una degenerazione (logorio) del tessuto ghiandolare della mammella; - epoca del parto: legata agli alimenti disponibili e alle condizioni climatiche; - stadio della lattazione: la produzione del latte nel corso dell'annata non è costante, ma segue una curva con un picco di lattazione (vedi fig.); durante l'asciutta non viene prodotto latte;

- durata della lattazione - che va da 180 giorni a oltre 300 giorni e così pure la durata dell'asciutta, che va da 45 giorni a 120 giorni - alimentazione: una corretta ed equilibrata alimentazione si ripercuote direttamente sulla quantità e sulla qualità del latte: la fermentazione della cellulosa e la formazione dell’acido acetico porta ad avere un latte più grasso, mentre la fermentazione dell’amido forma acido propionico necessario per la sintesi del lattosio, mentre le proteine alimentari sono importanti per la sintesi delle proteine del latte.; - tecnica di allevamento: stabulazione fissa o libera, allevamento brado sono tecniche che prevedono un diverso dispendio energetico, ma ciò che è più importante è lo stadio di salute e vigoria che si riflette direttamente sulla produzione; anche il tipo di mungitura può influenzare la produzione, ad es. quella meccanica fornisce una maggiore quantità di latte; un n° maggiore

di mungiture (ad es. 3 o 4) aumenta la produzione di latte; - condizioni climatiche: l'alta temperatura sotto zero stress da freddo, mentre temperature > a 24 °C danno stress da caldo, il vento sono i fattori che più negativamente si ripercuotono sulla produzione del latte; - malattie: sia quelle che colpiscono direttamente la mammella, vedi le mastiti, sia quelle che interessano l'intero animale.

Definizione tecnico-legale di latte.

Per latte s'intende il prodotto della mungitura regolare, completa ed ininterrotta di una femmina lattifera sana, ben nutrita e non affaticata. Se non vi è alcuna specificazione si deve intendere il latte di vacca, in tutti gli altri casi bisogna specificare ad es. latte di pecora o latte di capra.

� Completa - ininterrotta: in quanto la composizione del latte varia anche durante le stessa mungitura, prima fuoriescono le parti più solubili (sali e lattosio), poi la frazione colloidale (proteine) e in ultimo i grassi - deve essere ininterrotta anche per il meccanismo d'azione dell'ossitocina, per non creare problemi all'animale;

� Sana: in quanto la vacca può trasmettere dei patogeni al latte; � Ben nutrita: perché sono gli alimenti che vengono trasformati in latte; � Non affaticata: legato soprattutto all'interferenza che uno stato di affaticamento può

avere sull'animale, in particolare sulla fisiologia della secrezione del latte. Composizione chimica del latte

Vacca Pecora Capra

Acqua 87-89% 78-82% 83-89%

Residuo Secco 11-13% 18-22% 11-17%

- grasso 3,4- 3,6% 5-7% 4,3-4,4%

- proteine 3,4-3,6% 5-6% 4-4,2%

- lattosio 4,6-4,7% 4,5-5% 4,8%

- ceneri 0,7-0,8% 0,9-1% 0,8%

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Il grasso si trova in emulsione, assorbe molto facilmente gli odori. Il tenore in grasso del latte è legato all'alimentazione e in particolare alla percentuale di fibra grezza sulla sostanza secca (almeno il 18 –20% della s.s.) e poi, in genere maggiore è la quantità di latte prodotto, minore è la percentuale di grasso presente.

� Prevalgono i trigliceridi saturi. Le proteine si trovano in soluzione colloidale, sono ad alto valore biologico, perché ricche di amminoacidi essenziali. L'85% sono caseine (coagulazione con il caglio o chimosina per ottenere i formaggi), le altre sono le albumine (coagulazione con acidi per ottenere la ricotta) e globuline. Esiste una correlazione tra il grasso e le proteine, all'aumento di uno vi è anche l'aumento dell'altro.

Il lattosio, lo zucchero disaccaride del latte, che conferisce il sapore dolciastro. Viene facilmente fermentati dai batteri del latte (lattobacilli e streptococchi) portando all'acidificazione. Le ceneri (o sali minerali) si trovano in forma cationica o anionica. I più importanti sono: Ca, K, Cl, P, Na ed è carente soprattutto di Fe. Vi sono forti variazioni in seguito a squilibri ormonali o per mastiti.

Componenti minori:

- vitamine: soprattutto le liposolubili e in particolare la vit. A e la vit. D; - gas: in particolare anidride carbonica (la schiuma); - sostanze aromatiche: provengono da particolari alimenti; - eventuali microrganismi sia per il naturale inquinamento del latte durante la discesa dai dotti galattofori sia per cattiva igiene; - eventuali sostanze medicamentose: ad es. antibiotici somministrati durante la lattazione. Durata della carriera. Si intende comunemente per carriera il periodo di vita produttivo di un animale; nel caso delle vacche lattifere la sua durata ha una grande importanza economica, perché da essa dipende la cosiddetta quota di rimonta della stalla, che troppo spesso grava in maniera eccessiva sul costo di produzione del latte del quale rappresenta infatti uno dei titoli principali oscillando dal 15 al 20% del valore capitale, a seconda delle condizioni igieniche e del livello tecnico dell'allevamento.

Malattie della mammella.

Mastite. E' l'infiammazione della mammella. Si manifesta per lo più solo in un quarto, più di rado in due o tre, eccezionalmente in tutto l'organo. Questo è più o meno tumefatto, arrossato, caldo, dolente, l'animale ha la febbre, è svogliato, agitato, ha inappetenza, dimagra, sovente è affetto anche da diarrea, si lascia mungere con difficoltà e dà poco latte, giallognolo, acquoso, ricco di grumi caseosi, alle volte con punti rossi, inadatto a qualsiasi uso. E' dovuta essenzialmente a infezioni batteriche, in seguito ad una mungitura mal eseguita o a traumi, ma si può manifestare anche in seguito ad una alimentazione squilibrata, ad es. molto ricca in proteine. Quando è in forma acuta o lieve la mammella può guarire in 2-3 settimane con l'impiego di antibiotici, dopo aver fatto un antibiogramma, o riequilibrando la razione alimentare. Se mal curata la mastite si può trasformare in cronica: nella mammella si formano dei moduli in cui si instaurano dei batteri molto resistenti all'impiego degli antibiotici. Si distingue in base all’alterazione del numero delle cellule somatiche da sfaldamento dei tessuti e dei leucociti (globuli bianchi) che indica lo stato di sofferenza:

� < 250.000 cellule/ml latte normale; � >250.000 fino a 500.000 cellule/ml mastite subclinica, ma assenza di germi; � > 500.000/ml di cellule + germi mastite clinica.

Fino a 300.000 per ml va bene se maggiori indica cattiva igiene del processo produttivo

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Esistono anche delle mastiti croniche, dove si crea un equilibrio tra germi e animale. Ciò determina noduli, indurimenti, cicatrizzazioni con perdita della funzionalità per sempre ad 1 o più quarti e sono irreversibili – derivano spesso da mastiti subcliniche trascurate. Approfittare la messa in asciutta per fare un antibiogramma. Ragadi. Sono piccole ferite o fessure della pelle che si approfondiscono e stentano a guarire.

Approfondimento qualità del latte

Esempio di parametri adottati e relativi punteggi per l'applicazione del pagamento del latte

secondo la qualità.

Analisi Classi di valori Latte

sera

Latte

mattina

Punteggio

massimo

Cellule somatiche < 350.000/ml 351.000 –

550.000/ml 551.000 –

900.000/ml > 900.000/ml

15 10 5 0

15 10 5 0

30

Acidità titolabile

(°SH/50 ml) 3,20 –3,80

2,90 – 3,15; 3,85 – 4,10

< 2,90 - > 4,10

15 10 0

15

Esame LDG

(lattodinamometro) A/B/EA/EB/EB/EC

E/D EF/DD

FE/E/FF

20 10 5 0

20

Ricercaspore Clostridi

butirrici

Negativa Positiva

5 0

5 0

10

Contenuto Batteri

Coliformi/ml < 5.000

5000 –40.000 > 40.000

15 5 0

15

Carica microbica

Totale

Normale Elevata

Elevatissima

10 5 0

10

TOTALE

100

A parte vengono determinati i titoli percentuali in GRASSO e in PROTEINE, in particolare la

variante B della CASEINA e la eventuale presenza di sostanze inibenti.

Cause d’inquinamento del latte.

1. Mammella –in essa si trova normalmente un certo numero di microrganismi, provenienti dall’organismo animale o dall’apertura del capezzolo. Si capisce allora come il latte, al momento della mungitura, scendendo lungo il capezzolo, provveda a trascinare via con sé i microbi che incontra nel suo percorso.

2. Sistema di mungitura – con la fuoriuscita del latte dalla mammella si ha un inquinamento batterico, maggiore nel caso di mungitura manuale. Con la mungitura meccanica questa quota si riduce enormemente, a patto che i macchinari usati siano costantemente sottoposti a cure che ne garantiscono la massima igiene.

3. Recipienti di raccolta – anche in questo caso è evidente che la mungitura manuale, con la raccolta del latte in un secchio posto al di sotto della mammella, comporti un

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maggior inquinamento del recipiente di raccolta. Con la mungitura meccanica il latte raccolto è subito inviato, per mezzo di tubazioni, dai recipienti dove è stato munto a dei contenitori in cui la temperatura si aggira sui 4 °C (refrigerazione), così da bloccare lo sviluppo dei microbi in essi presenti. Chiaramente è necessario che le tubazioni ed i macchinari usati siano mantenuti nella condizione della massima pulizia.

4. Aria di stalla – essa rappresenta un’evidente fonte di inquinamento, considerando la quantità di polveri e di altri materiali di varia natura in essa presenti.

5. Regime alimentare – può rappresentare un potenziale veicolo di trasmissione microbica al latte, in quanto l’uso di mangimi alterati o fortemente contaminati è responsabile di inquinamenti più o meno gravi.

6. Stato sanitario dell’animale – il latte, infatti, può essere veicolo di agenti patogeni insediatisi nell’organismo della femmina lattifera. Particolarmente è da prendere in considerazione l’elevata carica microbica presente nel latte prodotto da femmine mastitiche.

LA MUNGITURA.

Il latte che viene estratto dalla mammella con una mungitura è presente quasi per intero nella ghiandola mammaria al momento dell'inizio della mungitura. Nella mungitura meccanica, contrariamente a quanto avviene nella mungitura a mano, si pratica il massaggio ed anche il lavaggio della mammella. Ciò contribuisce a rendere migliore quel complesso di operazioni preparatorie che permettono la scarica di ossitocina, che svolge la sua azione per circa 7 minuti. Di conseguenza, o si munge entro tale intervallo, oppure nella mammella quantità più o meno elevate di latte molto grasso, che accumulandosi da mungitura a mungitura, mandano la bovina in asciutta prima del previsto. In genere una mungitura meccanica dura 3 - 4 minuti. Spesso, anche quando si pratica la mungitura meccanica, per svuotare completamente la mammella del latte che rimane occorre pratica una mungitura meccanica detta sgocciolatura. In conclusione le fasi della mungitura sono: 1. operazione preliminari (lavaggio e asciugatura della mammella e eliminazione del primo latte – ricco di batteri in un secchio); 2. applicazione dei portacapezzoli e mungitura vera e propria attraverso il pulsatore (50-60/minuto) attraverso una pompa del vuoto – il latte esce per aspirazione; 3. sgocciolatura per asportare l’ultima parte del latte ricca di grasso e si evita il ristagno di latte che causa infezioni batteriche (non viene fatto nei grossi impianti dotati di distacco automatico); 4. distacco dei portacapezzoli; 5. Immersione dei capezzoli in una soluzione disinfettante. 6. Refrigerazione del latte a 4 °C; 7. lavaggio impianti

La mammella della vacca da latte. La vacca è una "macchina" capace di trasformare in latte gran parte dei foraggi e dei mangimi che le vengono somministrati. Le mammelle sono dei raggruppamenti di ghiandole mammarie, che si sviluppano notevolmente negli animali di sesso femminile dopo la pubertà, in stretta connessione con lo sviluppo dell'apparato genitale e sono preposte alla secrezione lattea. Le mammelle assumono grande importanza verso la fine della gravidanza e, dopo il parto, per tutto il periodo di allattamento; nei poligastrici il sistema ghiandolare rimane attivo per un periodo più o meno lungo anche dopo il termine dell'allattamento dei giovani animali. Lo sviluppo delle ghiandole mammarie e di conseguenza la secrezione lattea sono strettamente dipendenti dall'azione degli ormoni ovarici (progesterone e estrogeno) e degli ormoni ipofisari, quali la prolattina e l'ossitocina. Nella vacca la mammella è divisa in quattro parti, anatomicamente e fisiologicamente indipendenti l'uno dall'altro. I due quarti di un lato sono avvolti da un involucro fibroso-elastico ed abbastanza

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intimamente uniti tra loro, mentre sono nettamente separati da quelli del lato opposto da una lamina di tessuto connettivo, detto legamento sospensore mediano, ben evidente. I due quarti anteriori sono in genere, meno sviluppati di quelli posteriori e danno una minore quantità di latte. Ciascun quartiere porta un capezzolo di forma generalmente conica, ad estremità arrotondata e munita di un orifizio.

I requisiti di una "bella" mammella. La mammella ideale dovrebbe:

- essere di grande dimensione e capacità; - essere costituita di solo tessuto ghiandolare. Non avere, cioè, consistenza carnosa in quanto connettivo ed eccessivi depositi di grasso sono un inutile ingombro; - essere ben sospesa ed aderente all'addome, e sviluppata in lunghezza. Il non eccessivo sviluppo in profondità evita che la mammella sia esposta a traumi. Lo sviluppo in lunghezza, poi, favorisce l'accrescimento dei quarti anteriori che generalmente sono meno sviluppati dei posteriori, - essere perfettamente simmetrica tra quarti di destra e di sinistra e con proporzionato equilibrio tra gli anteriore e i posteriori; gli uni raccordati agli altri senza strozzature o solchi; - avere capezzoli posti verticalmente, ben distribuiti, a giusta distanza tra loro, di giusta forma, consistenza e dimensione; - essere dotata di una buona rete venosa superficiale e di pelle fine, morbida ed untuosa al tatto.

La prolattina e l'ossitocina sono gli ormoni più importanti nella fisiologia della secrezione lattea della mammella. La prolattina viene secreta durante la gravidanza dall'ipofisi, la sua azione inizia però quando cessa la produzione di progesterone, quindi subito dopo il parto. Il progesterone non impedisce la formazione di prolattina durante la gravidanza, inibisce soltanto il suo effetto e pertanto viene accumulata nel lobo anteriore dell'ipofisi e rilasciata in grosse quantità subito dopo il parto-inizio lattazione. La funzione fondamentale della prolattina è di stimolare le cellule delle ghiandole mammarie a secernere latte. Durante la lattazione la produzione di prolattina è stimolata dalla pratica stessa della mungitura. L'ossitocina viene prodotta dall'ipotalamo, si accumula nel lobo posteriore (nervoso) dell'ipofisi, svolge la sua azione sulle cellule mioepiteliali a canestro degli alveoli mammari provocandone la spremitura e sulla cellule mioepiteliali dei dotti galattofori favorendo la discesa del latte. Sono i diversi stimoli dell'ambiente di mungitura che danno inizio all'azione dell'ossitocina, che agisce per circa 7 minuti: questo ormone infatti viene messo in circolo non in continuazione, ma solo quando iniziano gli stimoli della mungitura. L'attitudine alla mungitura è legata alla velocità di secrezione del latte, che è in funzione diretta all'azione dell'ossitocina oltre che della quantità di latte di sgocciolatura: le bovine dotate di un elevato grado di mungibilità si "sgocciolano" quasi completamente a macchina, riducendo del tutto il quantitativo di sgocciolatura a mano, o riducendolo a valori minimi.

TECNICA DI ALIMENTAZIONE DELLE VACCHE BLAP

Il problema centrale dell’alimentazione della vacca BLAP (Bovine Latte Alta Produzione) è quello di far coincidere le quantità di alimenti, realmente ingerite giornalmente, con i fabbisogni effettivi. Ciò non è di semplice soluzione perché, oltre ad essere differenti per ciascun soggetto, i fabbisogni, come pure la capacità di ingestione degli alimenti, variano nel corso della lattazione. In alcune fasi della stessa lattazione le vacche non hanno sufficiente appetito per poter ingerire l’energia necessaria per il soddisfacimento degli elevati fabbisogni.

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Infatti, la maggior parte di esse raggiunge la massima produzione, e quindi con più alti fabbisogni, tra la IV° e la VII° settimana di lattazione, mentre la massima capacità di ingestione di sostanza secca si verifica solo nel corso del V° e VI° mese. La conseguenza di questo divario si traduce in una perdita di peso delle vacche, che, per far fronte alle esigenze energetiche della produzione, utilizzano i propri tessuti in particolare le riserve adipose. Nelle fasi di lattazione decrescente, e durante l’asciutta, la situazione si inverte perché ad un abbassamento della produzione non corrisponde un’equivalente diminuzione della capacità di ingestione, per questo si ha un riacquisto del peso perduto e, se non si è accorti, un eccessivo ingrassamento. Nella pratica l’interparto è suddiviso in quattro fasi che corrispondono a momenti diversi delle esigenze alimentari, e quindi dell’alimentazione della vacca, correlati a periodi di alta-media-bassa produzione e di asciutta.

• 1° FASE: da 0 a 90 giorni dopo il parto. I primi 90 giorni di lattazione sono i più critici nella vita della vacca, proveniente com’è dal periodo di asciutta. Al sistema digestivo è chiesto, difatti, improvvisamente, di utilizzare grosse quantità di carboidrati, dato che la somministrazione di “energia” è 3 – 4 volte rispetto alla quota di mantenimento, mentre le proteine sono 6 – 7 volte.

D’altra parte, la capacità di ingestione non ha raggiunto il suo massimo, per questo l’alimentazione deve necessariamente basarsi su razioni ad elevato contenuto di principi nutritivi (concentrati).

Razioni che, calcolate per soddisfare il fabbisogno energetico della fase di piena produzione, nella generalità dei casi carenti di fibra grezza (almeno il 20% della sostanza secca), la quale è capace di stimolare il funzionamento del rumine, stabilizzando il pH (6,1- 6,6) con la produzione degli AGV (acido acetico circa il 60%) e evitando l’insorgenza di acidosi e di gravi inappetenze.

Ne consegue che, avendo a che fare con bovine che spesso producono 40 – 50 kg, e oltre, il giorno di latte non è facile coprire i fabbisogni in energia, mentre risulta relativamente più facile riuscire a coprire i fabbisogni in proteine, vitamine e sali minerali. Pertanto, soprattutto per le grandi lattifere, non c’è da preoccuparsi se vi è un progressivo lento calo di peso vivo durante i primi 2 – 3 mesi di lattazione, 30 – 50 kg, dato che una vacca di media taglia (600 kg), durante questa fase della lattazione, può ingerire alimenti per produrre 35 – 40 kg di latte giornalieri e per il resto deve necessariamente ricorrere alle proprie riserve adipose: il che la “buona vacca” fa con molta facilità e senza alcun danno per il proprio organismo.

E’ da sottolineare, però, che detto calo di peso vivo non deve superare certe limiti: l’ipoalimentazione procura gravi rischi di chetosi e di altre malattie tipo la sindrome della

vacca magra che causa infertilità per mancanza di calore e un’adeguata produzione di latte rispetto alla potenzialità genetica.

• 2° FASE: da 91 a 210 giorni dopo il parto (lattazione avanzata). In questa fase i picchi di produzione sono stati raggiunti con un calo della produzione di 5-10% al mese, l’ingestione di sostanza secca è massima, i fabbisogni per la produzione sono coperti dalla razione base con maggioranza di aziendali e l’organismo comincia a riguadagnare peso.

• 3° FASE: da 211 giorni a fine lattazione. (lattazione finale) In questa fase il principale obiettivo è quello di controllare lo stato fisiologico e il ristabilirsi del peso corporeo, mantenendo un lento declino della produzione lattea. La vacca deve riassumere il peso forma senza ingrassare, mentre tutto il periodo deve ristabilire la funzionalità del rumine, riducendo gradualmente carboidrati e proteine ed aumentando i foraggi, ricchi di fibra, nella razione.

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• 4° FASE: l’asciutta (durata di almeno 60 giorni) E’ un periodo di mantenimento e di ricarica in cui tutto l’organismo, specialmente l’apparato digerente e la mammella, deve prepararsi a quegli sforzi successivi cui sarà sottoposto nella prima fase della lattazione successiva.

In particolare bisogna: 1. Somministrare buoni foraggi sufficientemente ricchi in fibra, atti a stimolare l’attività

ruminale; 2. Impedire un eccessivo ingrassamento, evitando la massiccia somministrazione di

concentrati (2 – 3 Kg il giorno sono sufficienti). Un rapporto ottimale tra foraggi/concentrati più che sufficiente è di 70/30.

3. Usare foraggi di cui si prevede l’impiego anche nel successivo periodo di lattazione e ciò al fine di predisporre la microflora ruminale.

Inoltre, negli ultimi giorni che precedono il parto, occorrerà preparare la vacca al

consumo di mangimi concentrati in quantità gradualmente crescente: fino a 4 –5 kg il giorno. Questa tecnica è detta steaming up, per la quale, appunto, nei 10 – 15 giorni che precedono il parto, la vacca e la sua microflora microbica devono “abituarsi” a quel tipo di mangimi concentrati che dovranno poi assumere e metabolizzare in forma massiccia, all’inizio della lattazione.

Durante il periodo di asciutta andrà controllato il rapporto tra il Ca e il P: si deve

soprattutto evitare di somministrare grosse quantità di fieni di leguminose, in particolare di erba medica, molto ricchi di Ca.

In tutti i casi, per ridurre i rischi di collasso puerperale nell’ultimo periodo dell’asciutta gli

apporti di Ca alimentare dovrebbero diminuire. Ciò al fine che il sistema di regolazione della calcemia si “abitui” ad aumentare l’assorbimento intestinale del Ca ed a mobilizzarlo dalle riserve ossee e rendendolo così più disponibile per gli elevati fabbisogni che si verificano durante la lattazione e soprattutto durante la produzione del colostro.

Nella 3° FASE e nella successiva asciutta occorre evitare l’eccessivo ingrassamento in quanto si può manifestare la sindrome della vacca grassa. Questa determina infertilità, cessazione della lattazione e un allungamento dell’asciutta.

Si ricorda che esiste un’asciutta per motivi patologici, cioè quando la vacca presenta una malattia che ne impedisce l’utilizzazione del latte perché inquinato delle medicine somministrate e un’asciutta per altissime produzioni, infatti, queste soprattutto negli animali più giovani o vecchi deformazioni della colonna vertebrale (scoliosi o lordosi).

TECNICA DI ALLEVAMENTO DELLE VACCHE BLAP

Nella generalità dei casi, nelle mandrie sono realizzati dei “gruppi” di bovine omogenee tra loro

per stato fisiologico, stadio di lattazione, produzione di latte, alle quali con gli alimenti disponibili poter somministrare una razione base calcolata sulla “media” delle esigenze formanti il gruppo. Salvo, come vedremo somministrare ad ogni vacca quanto le compete per bilanciare la propria razione per quanto riguarda energia, proteine, minerali e vitamine, ma soprattutto energia secondo le proprie esigenze individuali.

In stalle a stabulazione libera questa pratica di alimentazione è attuata attraverso l’adozione dell’UNIFEED o “piatto unico” e di autoalimentatori computerizzati.

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Il piatto unico copre la razione base ed è somministrato in mangiatoia in 2 –3 miscelate giornaliere attraverso il carro miscelatore (somministra i vari alimenti di base opportunamente trinciati e mescolati tra loro: permette, tra l’altro, di fare ingerire all’animale anche alimenti poco appetibili). Successivamente si integra con l’autoalimentatore quanto dovuto per ogni singola bovina in fatto di mangimi concentrati.

Gli autoalimentatori somministrano in piccole dosi più volte nel giro delle 24 ore e ciò favorisce la funzionalità del rumine, non diminuisce l’appetito e il gradimento per i foraggi della razione base, anzi ne aumenta l’ingestione.

I vantaggi derivanti dall’adozione dell’Unifeed abbinato all’autoalimentazione possono essere così sintetizzati:

a) Aumento della produzione di latte (5 – 8%); b) Aumento dell’ingestione volontaria degli alimenti (fino al 10%); c) Miglioramento dell’efficienza di utilizzazione degli alimenti; d) Migliore costanza della curva di lattazione; e) Riduzione del rischio di acidosi; f) Minor perdita di peso inizi della lattazione; g) Maggior peso delle primipare alla fine della lattazione; h) Possibilità di mascherare alimenti o sottoprodotti poco appetibili; i) Impossibilità per l’animale di scegliere o rifiutare qualcuno degli alimenti della razione; j) Minor incidenza di mastiti; k) Minori forme di infertilità; l) Riduzione della manodopera per la distribuzione m) Semplificazione delle operazioni di controllo degli alimenti; n) Possibilità di meccanizzazione completa; o) Migliore qualità del latte; p) Minor costo di produzione per Kg di latte. Svantaggi: alto costo del carro unifeed

Errori alimentari e disordini fisiologici dei poligastrici.

TIMPANITE (o meteorismo). La timpanite è caratterizzata da un'anormale distensione del rumine, dovuta ad accumulo di eccessiva quantità di gas di fermentazione che per cause varie non riescono ad essere eruttati con eguale rapidità con la quale si formano. La causa più diffusa della formazione della timpanite è però da ricercarsi in particolari tipi di alimentazione, basata esclusivamente su foraggi teneri e freschi, ricchi di carboidrati facilmente fermentabili e poveri di fibra; queste sostanze vengono rapidamente e facilmente fermentate dando origine a grandi quantità di gas e schiuma; d'altra parte, una ridotta salivazione che l'animale presenta allorché consuma foraggi succulenti porta ad una ulteriore formazione di schiuma, la quale, inibisce la normale eruttazione dei gas presenti nella massa ruminale. Nei lattanti, la timpanite si può manifestare per un cattivo funzionamento della doccia esofagea. COLLASSO PUERPERALE. Si può manifestare nelle vacche ad alta produzione di latte entro 2-5 giorni dal parto, per una disfunzione del metabolismo del Ca. Nel periodo finale della gravidanza e all'inizio della lattazione, si determina una maggiore improvvisa esigenza di Ca per la formazione dello scheletro del feto e per la produzione del latte; la vacca non riesce a mobilizzare il calcio presente nelle ossa e si determina un abbassamento del Ca ematico. I sintomi più evidenti sono lo stordimento, il barcollamento e infine il collasso: la vacca sta supina e non riesce più ad alzarsi. Per prevenire: 3-8 giorni prima del parto dosi massicce di Vit. D favorisce l'assorbimento di Ca a livello intestinale, che diviene disponibile nel successivo periodo critico post-partum; non vengono

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somministrate dosi massicce di leguminose, che contengono molto Ca, per favorire la rapida mobilizzazione del Ca endogeno delle ossa. ACIDOSI RUMINALE. Il pH scende sotto 5,5, per alimenti molto ricchi in zuccheri facilmente fermentescibili (amido) e poveri di fibra (i mangimi concentrati), e la flora microbica non riesce più a svolgere la funzione digestiva. I sintomi: inappetenza e quindi minori produzioni e aumento delle ritenzioni placentari. CHETOSI. (ACETOMIA) Si manifesta soprattutto nelle vacche da latte ad alta produzione alimentate con razioni povere in energia e molto ricche in fibra. L’acido acetico si trasforma in corpo chetonico (acetone beta-idrossi-butirrato) e nello stesso tempo la vacca produce più latte rispetto all’energia che ingerisce utilizzando il grasso di riserva. L’animale dimagrisce, perde in vivacità e il respiro diventa affannoso. La stessa malattia si può manifestare quando si usano razioni molto ricche in mangimi concentrati – si forma molto acido butirrico oppure con insilati ricchi di batteri butirrici. TETANIA DA PASCOLO. Si verifica preferibilmente nelle vacche da latte che pascolano sui teneri pascoli (carenti in magnesio) in primavera nel periodo successivo al parto. I sintomi sono diarrea, crampi muscolari, paresi e nei casi più gravi morte il tutto dovuto ad una carenza del magnesio ematico

Produzione della carne - INGRASSO DEI BOVINI Alcune considerazioni e aspetti generali dell’allevamento in Italia:

1. Tutti i bovini a fine carriera, sono destinati alla macellazione e quindi alla produzione di

carne; 2. Il mercato italiano vuole una carne tenera (la tenerezza è influenzata dall'età dell'animale e

dalla presenza di grasso intramuscolare - di marezzatura), succosa e gustosa, quest'ultimi aspetti di difficile determinazione. Preferiscono una carne che non sia eccessivamente rossa, tant'è che oggi è aumentato il consumo di carne di vitellone femmina rispetto a quello di vitellone maschio e di scottone;

3. Gli animali giovani hanno una carne più tenera ed è più economico per l'allevatore ingrassarli, infatti sino a 12 mesi presentano un più alto IPG e un più basso IC e si ha la tendenza a formare più carne e meno grasso e si riesce a spuntare dei prezzi unitari più elevati. In proporzione nella giovane età lo sviluppo dei tagli pregiati è maggiore ad es. la linea dorso lombare (lunghissimo dorsale e psoas);

4. La femmina produce grasso più rapidamente dei maschi castrati e questi dei maschi interi, per cui le femmine vengono macellate ad un peso inferiore

5. La qualità della carne è influenzata da diversi fattori: � fattori genetici razziali e individuali; � sistemi di allevamento e tipo di alimentazione; � velocità di accrescimento e regioni del corpo dell'animale.

6. Caratteristiche che esprimono meglio il tipo da carne: l'animale deve essere brachimorfo ovvero brevità della porzione libera degli arti, maggiore altezza del torace e lunghezza del tronco, collo e coda molto brevi (forma a "botte"), forte sviluppo delle masse muscolari con riferimento particolare ai tagli pregiati (il quarto posteriore), scheletro possente, ma sottile (si apprezza agli stinchi), pelle il più sottile possibile, fisiologicamente ipotiroideo, precocità di sviluppo, elevata resa al macello.

7. Peso vivo alla macellazione: è il peso vivo dell'animale, dopo un periodo digiuno che può variare da 12 a 24 ore; peso morto o peso della carcassa: è il peso dei 4 quarti, con l'esclusione del sangue, della pelle, della testa., degli stinchi, dei visceri della cavità toracica ed addominale, degli organi genitali esterni nel maschio e della mammella della femmina; resa alla macellazione: è intesa generalmente come il rapporto tra il peso della carcassa ed

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il peso vivo alla macellazione e può essere espresso "a caldo" e "a freddo" dopo 24-48 dalla macellazione; resa allo spolpo: ovvero la resa in masse muscolari.

8. Razze bovine destinate al macello: - da carne italiane (in ordine di importanza: piemontese,

marchigiana, chianina, romagnola, maremmana), - da latte e a duplice attitudine italiane (pezzata nera, bruna e pezzata rossa), - da carne francesi (in particolare limousine,

charolaise, garonnese e blu belga) e da qualche anno anche l’angus di origine inglese-americana. Nell'allevamento dei bovini da carne spesso non si allevano razze pure, ma ibridi industriali di prima (quando si manifesta il fenomeno dell’eterosi ibrida) e di seconda generazione (a 2, 3 o 4 vie = razze). Comune è l'incrocio industriale di F1 tra vacche da latte, prevalenti in Italia, e tori di razze da carne.

9. Si distinguono per la produzione della carne: razze precoci (mature per il macello) solo quelle da latte macellate a 450-500 kg; le razze intermedie sono quelle a duplice attitudine o incroci latte x carne macellati a 550 -600 Kg e le razze tardive, quelle da carne, che non vanno presto al macello perché immaturi e forniscono IPG giovanili anche a pesi elevati – macellati a 600-700 Kg

10. L'ingrassamento dei bovini adulti è sempre poco conveniente perché parte della razione va assorbita da quella di mantenimento, quota elevata per il fatto che tali soggetti sono di notevole peso, il che naturalmente va a scapito della quota destinata a produrre carne e grasso. Inoltre l'aumento in carne magra è sempre modesto e si verifica quasi solo nella prima fase, mentre gli alimenti sono trasformati prevalentemente in grasso

INGRASSO DEI BOVINI: principali categorie. IL VITELLO DA LATTE A CARNE BIANCA: da macellare al peso di 200-250 kg e una età di circa 5 mesi. Questo tipo di allevamento e di consumo di carne si sta riducendo, anche se il nostro Paese rimane il maggiore consumatore europeo (consumo pro-capite 4,1 Kg), tant'è che se ne importa grosse quantità (il 50%), soprattutto dalla Francia e dalla Germania. In passato venivano alimentati solo con latte della madre e macellati ad un peso di 100 -120kg; in Piemonte con la razza Piemontese veniva fatto il sanato, insieme al latte, veniva somministrato anche farine, polenta e patate.

♦ Attualmente si utilizzano vitelli scolostrati (età 8-15gg e peso di 35-45Kg) di razze

da latte o a duplice attitudine, che vengono posti in boxes individuali, tali da limitare il movimento, consentendo loro solo di alzarsi e coricarsi a piacimento, per circa 5 mesi.

♦ I boxes grigliati sono posti uno a fianco all'altro (140 - 150cm in lunghezza, altezza 120-130 cm – meno quando sono legati) allevamenti in batteria, (senza terra) per cui in questo tipo di allevamento esistono grossi problemi igienico sanitario. La temperatura ideale è 18-20 °C , senza sbalzi termici, con una umidità del 70% e con una illuminazione scarsa che li rende più tranquilli e crescono di più. Occorre una buona aerazione per evitare il ristagno di gas nocivi.

♦ Tecnica del tutto vuoto – tutto pieno per la difficoltà della distinzione accurata quando sono presenti i vitelli;

♦ Sono indubbiamente vaccinati contro le principali malattie infettive, ma il rischio rimane alto, per la carenza di Fe nei latti risultano anemici ed è frequente l'uso di sostanze medicamentose tipo antibiotici e poi, è un tipo di allevamento che si presta molto bene all'uso di sostanze vietate come gli estrogeni anabolizzanti (ovvero sostanze ad azione ormonale).

La produzione dei vitelli si realizza esclusivamente con l'uso di circa 2 litri nei primi 2 mesi e poi dal 3° mese circa 6,5 litri di latti ricostituiti (farina di latte con 20-26% di PG e 16- 20 % di grassi con

integratori minerali e vitaminici),con allattamento artificiale con due poppate al giorno. In genere i

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piani alimentari prevedono dei IPG>1.000g. ( 570 g 1° mese;1290 g 2° mese; 3° mese 1410g, 4° mese 1225 g; 5° mese 1160g)

L'alimentazione in genere è completamente automatizzata.

Il consumatore vuole una carne colore rosa - chiaro e tenera: la colorazione dipende dalla mancanza di Fe nella polvere di latte ricostituibile, essendo però un elemento importantissimo per la vita del vitello lo si deve somministrare come integratore nei primi mesi di vita e poi viene sospeso in prossimità della macellazione.

Da notare che questo tipo di allevamento permette di utilizzare le eccedenze lattiere e di sfruttare egregiamente i vitelli di razze da latte. Dal 1 gennaio 1992 per questi allevamenti sono sorti altri problemi il regolamento per il Benessere Animale del consiglio della CEE ha stabilito che i vitelli a carne bianca non possono essere confinati in gabbia individuale, dovranno avere circa 1,5 mc/capo avere almeno 100 g/al giorno di alimenti fibrosi, un apporto minimo di Fe e acqua a disposizione, avere una illuminazione equivalente a quella naturale

Si ricorda che nel nostro Paese questo tipo di allevamento viene attuato soprattutto in grosse aziende (con più di 1500 capi) a carattere industriale, in alcuni casi senza alcuna base agraria, che incontrano grosse difficoltà per lo smaltimento dei reflui zootecnici.

ALLEVAMENTO DELLE VACCHE FATTRICI PER LA

PRODUZIONE DEI VITELLI DA RISTALLO

Per la difficoltà di reperire ristalli – importati spesso dalla Francia. e per sfruttare aree marginali. Per questo tipo di allevamento si utilizzano vacche fattrici vengono anche dette da corpo e sono utilizzate solo per la produzione del vitello e il poco latte che producono è utilizzato interamente per lo svezzamento. Può essere attuato secondo:

- la linea vacca-vitello (più diffusa)- consiste nel tenere in allevamento determinate bovine per alcuni anni lo scopo di ottenere più parti (massimo 8-9 parti) e di macellarle a fine carriera. - la linea manza-vitello (o manze madri)- consiste nell'allevamento di manze che vengono inseminate più precomente possibile e fatte partorire una sola volta (a circa 22-25 mesi) dopo lo svezzamento del vitello vengono ingrassate per il macello (mansarde o sopranna).

L'allevamento può essere: � Pascolo – per razze molto rustiche, permette lo sfruttamento delle aree

marginali. Le fattrici vivono per tutto l’anno al pascolo, con eventuale integrazione alimentare nell’inverno, vengono coperte e fatte partorire a fine inverno. I vitelli dopo lo svezzamento (5-6) mesi vengono fatti ingrassare in stalla:

� confinato: cioè vengono allevati per tutto l'anno in stalle all'aperto con semplici ed economici recinti e dove è possibile distribuire una opportuna razione

alimentare con silomais+nucleo proteico e foraggi grossolani per 4,5 UF e 800 g di PG al giorno .Durante l’allattamento 5,5 UF e 1000g di PG al giorno.

� Semibrado (o semiconfinato): i soggetti utilizzano più a lungo possibile un'area a pascolo, interrotto da un periodo di "confinamento " invernale. In questo caso i parti avvengono in stalla da ottobre a marzo e il pascolamento ricomincia quando la gestazione si è conclusa. In questo tipo di allevamento può essere fatto un flushing alimentare per aumentare il numero dei parti gemellari.

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Le manze che diventeranno fattrici avranno un IPG di 500-800 g al giorno, valori superiori riducono la fertilità e non sono economici. (la razione prevede silomais, farina di soia, farina di medica disidratata per 0,8 UF/Kg di s.s – 13-14% di PG e 2,2 -2,3% del peso vivo di s.s.) Prima gestazione per facilitare il parto – energia costante per tutto il periodi – superiore nei primi 6 mesi e inferiore negli ultimi 3 mesi del 30-40%. Per questo tipo di allevamento le fattrici devono possedere le seguenti caratteristiche:

- rusticità – resistenza a malattie; - frugalità – buona capacità di ingestione anche di foraggi grossolani e

sottoprodotti; - buona fecondità - elevata fertilità (un parto all'anno); - facilità di parto e spiccato senso materno; - produzione di latte sufficiente per lo svezzamento (per almeno 40gg); - facilità di ingrassamento - per ricostituire dopo l'allattamento le riserve

Queste caratteristiche si possono trovare in razze a duplice attitudine come la pezzata rossa, bruna (ad es. i ceppi non migliorati) e razze da carne francesi come la limousine, charolaise, salers, aubrac.

Importante anche la scelta delle razze paterne incrocianti al fine di ottenere vitelli-ibridi F1 (detti anche industriali) con buone attitudini produttive per l'allevamento e ingrasso e non diano problemi al momento del parto. Ottimi risultati si sono ottenuti con tori limousine,charolaise e piemontesi.

In questo tipo di allevamento è consigliabile la stagionalità dei parti - fine inverno - inizio primavera, attraverso la sincronizzazione dei calori. Gli allevatori infatti hanno i seguenti vantaggi:

- maggiore concentrazione del lavoro in un unico periodo; - razionalità e semplicità d'alimentazione; - vendite di partite uniformi di vitelli.

INGRASSO DEL VITELLONE.

L'allevamento del vitellone nel nostro Paese è da qualche tempo in crisi e si cerca di ovviare puntando soprattutto sull'alimentazione che è la voce più importante dei costi di produzione. Si sta studiando la possibilità di far ricorso ad alimenti diversi dal silomais (che poi è stato l'alimento che ha permesso la diffusione dell'allevamento nel nostro Paese), segnatamente ai sottoprodotti delle industrie agro-alimentari. Fattori di crisi: - maggior costo dei cereali foraggeri e dello stesso silomais che rappresentano oggi i componenti dominanti nel razionamento dei bovini all'ingrasso; - le penalizzazioni conseguenti i problemi valutari; - le disparità legislative sull'impiego dei coadiutori di crescita.

Principali categorie:

� vitellone precocissimo o mezzo lattone: macellato a 5-6 mesi e un peso di 250Kg

in USA detto anche barley-beef, ma macellato a 7-9 mesi e un peso di 300Kg o sottanno, macellato a 10-11 mesi e un peso di circa 400Kg;

� vitellone precoce o baby-beef: macellato a 11-14 mesi di età e un peso di 400-450Kg.

� vitellone: macellato a 14-22 mesi e un peso che varia da 450Kg a 600Kg e oltre, qualche autore distingue un vitellone leggero, sopranno macellato a 14-15 mesi e un peso di 450Kg e un vitellone pesante, sottomosso macellato a 18-22 mesi e un peso di 600kg e oltre. (non hanno ancora i primi incisivi permanenti – 18 mesi)

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� Bovino adulto castrato – manzo. Macellato a un peso tra i 500 e 700 Kg, alimentato con foraggi (fieno e silomais) e concentrati (mais, orzo, soia). Allevato in box a stabulazione libera o al pascolo.

� Bovino adulto -toro - bovino di età superiore a 2 anni, macellato a un peso tra i 700 e 800 Kg. alimentato con foraggi (fieno e silomais) e concentrati (mais, orzo, soia). Allevato in box a stabulazione libera o al pascolo.

� Bovino adulto – sbottona – bovino femmina che non ha figliata (età media 18 mesi). Macellato ad un peso compreso tra i 450 e 550 Kg. alimentato con foraggi (fieno e silomais) e concentrati (mais, orzo, soia). Allevato in box a stabulazione libera o al pascolo

� Bovino adulto – vacca da riforma –bovino femmina che ha figliato (età 4 -5 anni). Macellato a un peso di circa 650 Kg. Alimentato con foraggi (fieno e silomais) e concentrati (mais, orzo, soia). Allevato in box a stabulazione libera.

Si ricorda che l’accrescimento del vitello non è costante ma segue una curva (parabola) che raggiunge il massimo intorno alla pubertà –fase di accrescimento accelerato e successivamente decresce (fase di accrescimento ritardato) sino a circa 36 mesi con un aumento dei depositi di grasso. Nota bene: età e peso di macellazione dipendono da un bilancio economico (valore di trasformazione

degli alimenti impiegati), cioè l'allevatore spinge l'ingrasso sino a quando il prezzo in più che realizza, gli assicura la giusta remunerazione di tutti i fattori della produzione ed eventualmente un profitto.

VITELLONE PRECOCISSIMO (MEZZO LATTONE) O BARLEY BEEF.

Metodo di ingrassamento americano-inglese, piuttosto in declino, basato sull'applicazione di piani alimentati ad alto valore nutritivo, con razioni alimentari costituite quasi esclusivamente di concentrati e pertanto costosissimo. In Italia questo metodo di ingrasso è stato sperimentato con la razza maremmana: i vitelli venivano macellati a 8-11 mesi e con un peso di circa 300 Kg, utilizzando miscele di concentrati con farina di erba medica disidratata.

� Si utilizzano quasi esclusivamente vitelli di razze da latte eccedenti la rimonta o da carne, svezzati precocemente a circa 60 gg, in modo da avere un peso al termine di circa 80Kg. Già dalla 4 settimana, si somministrano dei concentrati di avviamento, con una certa % di fibra per avere un buon funzionamento del rumine, sino al 4 mese (peso di 120-140 kg), dopo sino alla macellazione (8-11 mese) si somministrano concentrati con una digeribilità maggiore per es. a base di mais e orzo.

VITELLONE PRECOCE O BABY BEEF.

In Italia questo tipo di allevamento è stato realizzato con il frisone polacco; richiede essenzialmente 3 tipi di alimenti: latti ricostituiti, miscele di concentrati e buoni fieni. Anche in questo caso viene praticato uno svezzamento precocissimo a circa 60 giorni e per abituare il vitello al fieno lo si comincia a somministrare già dalla 3 settimana. Dalla fine dello svezzamento sino al 6 mese si somministra fieno e il concentrato e l'animale raggiunge un peso di circa 230 Kg (Per ridurre i costi i vitelli si possono ottenere anche da una linea vacca-vitello). Dal 6 mese sino al 11-14 mese è attuato l'ingrasso, con piani alimentari alti e continui, utilizzando soprattutto concentrati sino ad un peso di 400 – 500 Kg . Il piano alimentare alto è detto anche finissaggio e serve per favorire al massimo lo sviluppo delle masse muscolari e favorire un leggero deposito di grasso, che da più sapore alla carne.

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VITELLONE

VITELLONE PESANTE, il tipo di ingrasso più diffuso nel nostro Paese, macellato mediamente ad una età di 14-18mesi con peso che oscilla tra i 500 e 600Kg.

La produzione è legata a diversi fattori:

- acquisto dal mercato dei cosiddetti torelli da ristallo (5-6 mesi e un peso di circa 250Kg): molto

costoso (ricorda i broutards francesi), a meno che l'azienda non se li produca da sé con una linea vacca-vitello o manza-vitello. - elevata disponibilità di foraggi aziendali: in particolare il silomais (con circa il 30% di S.S.) che però deve essere integrato con proteine (ricorda la possibilità di utilizzare l'urea come fonte di azoto), Ca e vitamine. - oggi, anche il silosorgo, meno costoso e la possibilità di poter utilizzare i sottoprodotti dell'industria alimentare, per ridurre i costi dell'alimentazione, come per es. polpe di barbabietola, trebbie di birra, vinacce ecc. Comunque con un rapporto silomais/concentrati di 40/60 (comprende anche la granella del silomais) I piani alimentari, soprattutto nel passato prevedevano 3 periodi, per la produzione del vitellone: alto, moderato, alto a partire dal 6 mese.

ALTO dal 6 al 12 mese: si somministra 1kg di concentrato/q di peso vivo insieme a circa 1,7-1,9UF/q di peso vivo di silomais (o a volontà). MODERATO dal 12 mese ad 1mese prima della macellazione: si somministra 0,5kg di concentrato/q di peso vivo insieme a circa 1,5-1,6UF/q di peso vivo di silomais. (o a volontà). ALTO, ultimo mese, detto anche finissaggio (come primo periodo) e serve per un maggiore sviluppo delle masse muscolari e per favorire un leggero deposito di grasso che conferisce alla carme una migliore gustosità.

Oggi per le razze medio-tardive e tardive (razze francesi, bianche italiane, piemontesi, pezzata rossa e ibridi industriali) sono macellati ad un peso di 550 -600 Kg di peso e con un’età di 15 -18 mesi sino a 12 -14 mesi un LN nutritivo alto e dopo sino alla macellazione un LN più che alto (a volontà). Mentre per le razze da latte e i loro derivati bisogna fermarsi a 450 -500 Kg perché risulterebbero troppo carichi di grasso

Esempio di una razione per un vitellone di 300 Kg peso vivo con un IPG di 1100g Fabbisogni: UFC 5,5 (0,9 UFC x kg di s.s) s.s 6,5 Kg (2,5% - 3% sul peso vivo) (+ basso giovani) PG 800-850 g (12 – 14% sulla s.s) (+ alto giovani) Razione Q Kg ssKg UFC PG g Silomais 13 4,3 3,4 340 Polpe secche + nucleo 2,5 2,2 2,1 460 Totale 6.5 5,5 800 g

QUESTI ANIMALI SONO ATTUALMENTE ALLEVATI IN STABULAZIONE LIBERA in capannoni con 2 file di box ai lati (massimo 300-400 capi per utilizzare bene le macchine) divisi per classe di peso e alimentati con la tecnica dell’unifeed. Vi può essere una lettiera o un grigliato

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MACELLAZIONE, RESA AL MACELLO E SEZIONATURA

Macellazione. La macellazione degli animali è data dal loro abbattimento e dalle operazioni immediatamente seguenti. La macellazione degli animali la cui carne è destinata alla vendita può avvenire solamente in macelli pubblici (comunali) o privati (industriali, cooperativi, ecc.) opportunamente autorizzati e sotto stretta sorveglianza sanitaria per opera dell'Unità Sanitaria Locale di competenza. Nel caso di carne destinata al commercio comunitario gli animali devono essere macellati in stabilimenti dotati del cosiddetto "bollo CE" della Comunità Europea, che viene concesso solo ai macelli che soddisfino a una serie di requisiti strutturali e igienici molto restrittivi. L'abbattimento degli animali per legge viene effettuato mediante un stordimento con pistola a proiettile captivo (bovini) alla zona orbitale e con elettrostordimento seguito dal dissanguamento mediante recisione dell'arteria carotide nel collo (iugulazione) che provoca la morte vera e propria dell'animale. Per facilitare un rapido e completo dissanguamento l'animale viene appeso per uno o entrambi gli arti posteriori. Si passa quindi alla scuoiatura dell'animale, cioè al completo distacco della pelle con il suo pelo. Le operazioni che seguono sono il distacco della testa e delle estremità degli arti. La tappa successiva è l'eviscerazione dell'animale con la quale si asporta l'intero tubo gastrointestinale. A questo punto quel che resta dell'animale è la carcassa, che contiene quasi tutta la carne, in senso stretto, e rappresenta la maggior parte delle ossa e dei muscoli dell'animale oltre che dei depositi adiposi intramuscolari (grasso di marezzatura), intermuscolare e sottocutaneo. Alla carcassa vengono generalmente lasciati aderenti anche i reni o rognoni, avvolti nel grasso perirenale. La carcassa viene generalmente divisa a metà mediante un taglio longitudinale sagittale lungo l'asse della colonna vertebrale ottenendo in tal modo le due mezzene. Queste ultime, a loro volta, possono essere divise trasversalmente nei due quarti anteriori e nei due quarti posteriori. A questo punto l'operazione di macellazione è terminata e le mezzane o i quarti vengono avviati alla refrigerazione, che ne provoca un lento ma progressivo raffreddamento fino al raggiungimento di 8°C dopo ventiquattr'ore nel punto più interno della coscia. Resa al macello. Il peso dell'animale prima della macellazione è normalmente definito peso vivo lordo. Esso è inferiore rispetto a quello registrato in allevamento prima dell'invio al macello in quanto durante il trasporto e la sosta al macello è soggetto a un "calo di trasporto". Il calo di trasporto è dovuto principalmente alla defecazione, all'urinamento, alla traspirazione e alla respirazione e può tradursi anche ad una parziale disidratazione dell'organismo. Il peso della carcassa rappresenta il cosiddetto peso morto dell'animale e può essere rilevato a caldo subito dopo la macellazione, o a freddo, 24 ore dopo. Il parametro tecnologico di gran lunga più importante nella fase di macellazione è sicuramente la resa al macello, data dal rapporto percentuale tra peso morto e peso vivo dell'animale: Resa al macello = peso morto o della carcassa % Peso vivo a digiuno x 24 ore Peso morto o quinto quarto = peso vivo – (testa+pelle+sangue+estremità degli arti + visceri addominali e toracici) Si ha un calo per raffreddamento di circa il 2%

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La resa al macello è tanto più elevata quanto più bassa è l'incidenza delle tare di macellazione che sono: 1. il sangue: costituisce il 5-8 % del peso vivo lordo dell'animale e viene generalmente recuperato

e ceduto a industrie che ne curano la sterilizzazione e l'essiccazione per la produzione della farina di sangue che, è molto apprezzata come integratore di proteine e come concime in floricoltura;

2. la pelle: costituisce dal 6-15 % del peso vivo lordo dell'animale ed è la tara di macellazione più pregiata essendo venduta alle concerie per la produzione di cuoio e di pellami vari per l'industria della calzatura, dell'abbigliamento, dell'arredamento, e altre;

3. la testa: costituisce circa il 2-3 % del peso vivo lordo e viene sottoposta ad una dissezione con separazione della lingua che viene avviata al consumo umano fresca o salmistrata, del cervello, che può essere destinato al consumo umano o animale, dei muscoli più facilmente separabili (quali i masseteri delle guance), che vengono venduti alle industrie di lavorazione delle carni per la produzione di carne in scatola dadi, carne per cani e gatti, ecc.;

4. le estremità distali degli arti: rappresentano l'1-2% del peso vivo lordo e vengono utilizzate prevalentemente per la produzione di farina di carne e ossa;

5. il tubo digerente vuoto: dopo il lavaggio costituisce dal 6-12% del peso vivo lordo dell'animale; gli stomaci vengono destinati al consumo umano come trippe, mentre gli intestini (budella) vengono utilizzati soprattutto come contenitori per la produzione degli insaccati (salami, cotechini, coppe, ecc.);

6. il grasso periviscerale: costituisce il 2-5% del peso lordo, viene fuso, purificato e destinato, come grasso animale all'industria alimentare.

7. il contenuto del tubo gastrointestinale e della vescica: varia dal 5-12% dal peso vivo lordo e rappresenta una perdita netta in quanto implica un notevole costo di smaltimento;

8. La corata: rappresenta il 3-5% del peso vivo lordo e viene sezionata nei suoi organi principali; il fegato e il cuore sono destinati al consumo umano, mentre la trachea, il polmoni, il pancreas e la milza vengono avviati all'industria della farina di carne.

Esempi di RM medi: vitello 60-64%; vitellone 58-62 %; vacca 44-52%

Valutazione delle carcasse secondo le norme comunitarie è formato da 2 lettere ed un

numero:

prima lettera tipo di carne A vitellone B toro C manzo D vacca E giovenca Seconda lettera qualità della carne S superiore E eccellente U ottima R buona O abbastanza buona P mediocre Numero indica il grasso presente 1 molto scarso

2 scarso 3 mediamente importante 4 abbondante 5 molto abbondante

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Appunti di tecnica di produzione animale

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SEZIONATURA. Le mezzane vengono sezionate in tagli commerciali, ossa di scarto e grasso di scarto. I tagli commerciali sono rappresentati dai muscoli con alcuni depositi adiposi aderenti e in alcuni casi anche da ossa. IL rapporto percentuale tra peso dei tagli commerciali e peso delle mezzane costituisce la cosiddetta "resa in tagli commerciali", che è un altro parametro tecnico di notevole importanza. Le ossa di scarto, cioè la quasi totalità delle ossa della carcassa, vengono normalmente destinate, assieme a quelle della testa e delle estremità degli arti, alle industrie per la preparazione degli estratti di carne e delle farine di carne e ossa. Il grasso di scarto è dato dal grasso peritoneale, dalla maggior parte del grasso di copertura della carcassa (cioè dal grasso sottocutaneo) e da quote circa elevate del grasso intramuscolare a seconda dello stato di ingrassamento dell'animale. Esso viene destinato a essere fuso, purificato e venduto, come grasso animale o sego bovino, all'industria alimentare e mangimistica. La sezionata commerciale non è standardizzata e segue usi locali specifici delle varie zone del Paese. Molto variabile risulta il nome che ciascun taglio commerciale ha nelle diverse regioni italiane. I tagli commerciali vengono da solito classificati in tagli commerciali di prima, seconda e terza qualità . I tagli di prima qualità sono quelli delle regioni zoognostiche della coscia e della natica, della groppa, dei lombi e del dorso, cioè la quasi totalità del quarto posteriore. I tagli di seconda qualità sono quelli delle regioni della gamba e della spalla. I tagli di terza qualità, infine, sono quelli del torace, del collo e del ventre.

Etichettatura obbligatoria

� N° di rintracciabilità: n° di identificazione del capo attribuito dall’anagrafe bovina;

� Dicitura: “Macellato in …. – n° di riconoscimento CEE”

� Dicitura: “Sezionato in …. – n° di riconoscimento CEE”

� Stato o membro di nascita.

� Stati membri o paesi terzi in cui ha avuto luogo l’ingrasso.

LA CARNE – approfondimento Parte commestibile dei mammiferi addomesticati, come i bovini, gli ovini (capre e pecore) e i suini. Il termine può anche essere riferito alla parte commestibile del pollame, a quella della selvaggina, ovvero uccelli e mammiferi selvatici, oltre che a porzioni di altri animali, come i crostacei e i rettili. Non si sa con certezza quando la specie umana iniziò a consumare carne; gli altri primati sono fondamentalmente vegetariani e consumano carne solo eccezionalmente. La carne è composta principalmente da fibre muscolari, con una quantità variabile di grassi e di tessuto connettivo. Degli animali vengono anche utilizzate le interiora o "frattaglie", che includono il fegato, i reni (rognoni), i testicoli e il timo (animelle), il cervello solo di vitello dopo i casi di “mucca pazza” (cervella), il cuore e il reticolo (trippa). Valore nutritivo - La carne ha un elevato valore nutritivo, in quanto contiene molti amminoacidi essenziali sotto forma di proteine. Inoltre contiene vitamine del gruppo B (particolarmente niacina e riboflavina), ferro (circa 2 mg ogni 100 g di carne bovina, contro i 2,9 contenuti negli spinaci), fosforo e calcio. Alcune carni, specialmente il fegato, contengono anche le vitamine A e D. Tra gli elementi che l'organismo assume consumando carne ci sono anche zinco, selenio e potassio, presenti nella carne in una formula con elevato grado di biodisponibilità, cioè facilmente assimilabile dall'organismo. Sul mercato esistono surrogati della carne, prodotti con proteine estratte dalla soia, dal grano, dal lievito

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di birra e da svariate specie vegetali. Tali proteine vengono trasformate in fibre, che vengono a loro volta sottoposte a lavorazioni, insaporite e addizionate di coloranti, grassi e vari nutrienti per imitare i diversi tipi di carne. I metodi di macellazione, di divisione in parti delle carcasse e i nomi dati ai diversi tagli di carne variano da nazione a nazione e talvolta anche, a seconda dell'ambito regionale, all'interno dello stesso paese. La carne viene generalmente cotta prima di essere mangiata. La quantità di tessuto connettivo presente nella carne influenza le modalità e la durata della cottura: infatti i tagli con scarso tessuto connettivo sono i più teneri e possono essere cotti rapidamente, arrostiti o grigliati. La carne degli animali più vecchi ha, invece, più tessuto connettivo ed è più dura; è, quindi, più adatta a essere bollita o stufata. La carne fresca richiede un'appropriata refrigerazione per evitare che si deteriori. Metodi di conservazione industriale comprendono l'inscatolamento, la salatura e l'affumicatura. Consumo In Italia, nonostante fasi alterne, il consumo di carne è molto elevato: se alla vigilia del primo conflitto mondiale, infatti, se ne consumavano meno di 10 kg a testa ogni anno (circa 120 g a testa ogni 4 giorni), oggi questo dato si è stabilizzato intorno ai 80 kg pro-capite. Le notevoli dimensioni di questi dati si spiegano con il fatto che la carne è, di fatto, un alimento di qualità, altamente proteico, le cui proteine hanno un grande valore costruttivo ed energetico. La carne è generalmente presente anche nelle diete dimagranti, poiché contiene triptofano, un amminoacido che stimola la produzione di serotonina, un neurotrasmettitore in grado di provocare la sensazione di sazietà. La carne, dunque, più di altri alimenti toglie il senso della fame e "soddisfa". Controllo qualitativo I consumatori sono particolarmente sensibili al problema della sicurezza della carne, specialmente in seguito all'uso indiscriminato di estrogeni negli allevamenti di bovini e al più recente problema della "mucca pazza" (vedi Prioni). La carne per essere "buona", cioè non nociva, non deve contenere elementi dannosi, come microrganismi e parassiti pericolosi, sostanze chimiche accidentali, come gli inquinanti ambientali, o composti noti (antibiotici, steroidi ecc.), derivati da trattamenti sugli animali. Garanzie di qualità e di sicurezza sul prodotto-carne possono essere assicurati da sistemi d'allevamento assolutamente naturali e rispettosi della "qualità della vita" del bestiame; da un'accurata selezione delle razze; dall'attenzione per una giusta maturazione delle carni e da una corretta distribuzione al consumo finale. Quanto, poi, alla scelta del tipo di carne da consumare, negli ultimi anni i nutrizionisti hanno rivalutato le carni bianche (pollo e tacchino); ma anche le carni un tempo ritenute più grasse (ad esempio quella di maiale), grazie alla selezione delle razze e al fatto che si privilegi l'allevamento dei suini magri, sono oggi consumabili con assoluta tranquillità.

BREVI CENNI ALLE PRINCIPALI MALATTIE DEI

BOVINI. Malattie infettive soggette a denuncia: Afta epizootica, Tubercolosi, Brucellosi, Rabbia, Leucosi bovina

1. AFTA EPIZOOTICA: malattia di tipo virale, colpisce rapidamente, con una morbilità al

100% e una mortalità non altrettanto elevata, soprattutto bovini, suini, ovini. Sintomatologia: un indebolimento generale, con febbre e esantemi con ascessi, generalmente al cavo orale, alla mammella, tra gli unghioni e ai pilastri del rumine.

Danni economici: ingenti, per l'arresto della produzione del latte e della carne. Modalità di infezione: per via aerea e per le vie superiori digerenti, ma anche attraverso le ferite della cute e indiretto (nebbia) allevamenti vicino ad autostrade. Si distingue:

1. Afta primaria: dopo l'infezione, dal punto di ingresso, il virus si moltiplica rapidamente attraverso il sangue e la linfa. Non si hanno sintomi certi, ma l'animale può diffondere rapidamente la malattia attraverso la saliva, urina, feci, latte, sangue e dal materiale che proviene dalla rottura delle afte.

2. Afte secondarie: con la caratteristica sintomatologia.

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Il virus è molto resistente e quando si manifesta la malattia bisogna obbligatoriamente

denunciarla all'autorità sanitaria competente, che dichiara la zona infetta e individua intorno al focolaio infettivo un cordone sanitario. Vengono abbattuti e distrutti (cremazioni nella stessa azienda) tutti gli animali infetti o anche semplicemente i sospetti di infezione (stamping out); in tutte le altre aziende vengono effettuate vaccinazioni profilattiche e si controlla che il cordone sanitario sia rispettato da tutti. (zona di infezione e protezione). Con indennizzo all’allevatore. Tutte le mostre zootecniche vengono sospese. 2. LEUCOSI BOVINA: malattia virale che colpisce il sistema linfatico dei bovini con forme

tumorali nei principali organi. La malattia ha un decorso molto lento: 4-5 anni e per evitare la diffusione della malattia occorre destinare i soggetti infetti quanto prima alla macellazione.

Modalità di infezione: attraverso il latte infetto o attraverso il contatto diretto per uso ad es. di aghi infetti o per la monta naturale. Diagnosi: dopo 4-6 settimane dall'infezione, compaiono gli anticorpi ed è possibile effettuare una diagnosi precoce. Vaccinazione per tutti i soggetti sani. 3. TUBERCOLOSI : micobattere, molto resistente e difficile da combattere. Nei liquidi e negli

escreti dell'animale, il battere viene distrutto ad una temperatura di circa 60-70 °C (che sono poi i valori termici della pastorizzazione). Può provocare una tbc ossea nei bambini nutriti con latte non bollito.

Modalità di infezione:

� per via respiratoria (la più frequente tra gli adulti); � attraverso l'apparato digerente (poco frequente); � per via placentare (molto frequente).

I sintomi più gravi si manifestano nei polmoni, dove si possono avere delle lesioni, ulcere e formazione di grosse quantità di muco con tosse. Prova della tubercolina: evidenzia gli eventuali anticorpi presenti nell'animale specifici per il micobattere. I positivi vengono macellati con un indennizzo all'allevatore. Allevamenti sono ufficialmente indenni quando tutti i capi sono negativi con prove fatte a 6 mesi di distanza. 4. BRUCELLOSI: malattia infettiva causata da un battere (Brucella abortus bovis), che provoca

nelle bovine gravide l'aborto. Trasmissione sia per contatto sia per via respiratoria. Si trasmette anche all'uomo, che fa uso di latte infetto non pastorizzato, con la malattia nota come febbre ondulante. Abbattimento dei soggetti malati e come profilassi la vaccinazione di tutti gli altri. 5. RABBIA –malattia virale trasmessa agli animali domestici e all’uomo dal cane domestico e da

alcuni animali selvatici come la volpe, il coyote, dingo e alcuni pipistrelli che porta ad un’alterazione del comportamento, idrofobia, strabismo, aggressività estrema, paralisi della muscolatura faringea. Prevenzione per tutti la vaccinazione e lotta al randagismo dei cani attraverso l’anagrafe canina

6. MASTITE: infiammazioni della ghiandola mammaria ad opera soprattutto di batteri (come streptococchi, stafilococchi, coliformi e micoplasmi). Si cura con l'impiego di antibiotici.

Dovute a fattori di stalla: soprattutto di tipo ambientale (ad es. cattiva igiene) e di tipo alimentare, non infettivo, (ad es. per razioni alimentari squilibrate). In laboratorio, si evidenzia con la conta dei leucociti del latte (100-200mila/ml il numero normale). 7. COLIBACILLOSI DEI VITELLI: comunemente detta "diarrea dei vitelli" con una mortalità

del 50% - causata principalmente da E.coli, patogeno opportunista. Sintomatologia: non è univoca, può essere dovuta anche da altri fattori, spesso è dovuta ad errori alimentari ad es. troppo latte, non troppo caldo, bevuto al secchio e si manifesta maggiormente in ambienti sporchi con un'elevata promiscuità. Diagnosi: mediante un antibiogramma, per scegliere l'antibiotico più efficace. In genere la cura è molto difficile.

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8. SALMONELLOSI: sintomatologia simile alla diarrea dei vitelli, con scariche più frequenti.

Molto grave, perché è una zoonosi, può essere trasmessa all'uomo, per mezzo di cibi consumati crudi.

9. BRONCOPOLMONITI: causata da diversi fattori eziologici di natura virale e batterica. 10. NECROSI DELLA CODA: si manifesta negli allevamenti del vitellone per spazi molto ridotti, a

partire da un peso di 300-350 kg di peso. 11. TRICHOMONIASI, malattia sessuale, causata da un protozoo flagellato, che nelle femmine

provoca l'aborto precoce. 12. PARASSITI: riducono le resistenze immunitarie: soprattutto per gli animali allevati al pascolo Vermi gastrointestinali, vermi bronchiali, vermi epatici, ipodermosi (provocata da larve di mosche), pediculosi (pidocchi), rogna. MICOTOSSINE: sono il prodotto del metabolismo delle muffe degli alimenti mal conservati. LE MALATTIE DEI VITELLI SONO UN PROBLEMA MOLTO GROSSO, IN QUANTO IL

SISTEMA IMMUNITARIO NON E' ANCORA BEN SVILUPPATO, CAUSANO IL 70% DELLE

PERDITE.

Igiene zootecnica.

Igiene dell'allevamento comprende tutti i mezzi, i sistemi e gli interventi atti a garantire condizioni di ambiente, di alimentazione, di lavoro e di governo tali da assicurare agli animali le migliori condizioni di vita: conservandoli sani, robusti e produttivi. Interventi fondamentali nel momento in cui gli animali, migliorati geneticamente per quanto concerne le produzioni e quasi sempre meno rustici, vengono allevati all'interno delle stalle ovvero un ambiente non naturale. L'allevatore deve puntare ad una profilassi (prevenzione) indiretta (non specifica per un determinato patogeno) cercando di curare lo stato di sanità (igiene) della stalla attraverso: - igiene climatica (temperatura, umidità, luminosità ottimali per gli animali in allevamento); - igiene alimentare (ovvero si controlla che la razione alimentare sia corretta dal punto di vista

quantitativo che da quello qualitativo); - igiene ambientale (pulizia, disinfezione e disinfestazione dei ricoveri. Le disinfezioni servono per

distruggere nell'ambiente i germi patogeni, mentre le disinfestazioni servono per distruggere eventuali organismi es. zecche, topi capaci di trasmettere malattie);

- igiene degli animali (pulizia, disinfestazione e "toelettatura" degli animali - per es. le cure post partum al vitello e alla vacca e soprattutto la cura del piede).

In alcuni casi è possibile anche una profilassi diretta cioè specifica per evitare la diffusione di una malattia all'interno di un allevamento come: - isolamento degli animali sospetti malati o malati; - vaccinazione degli animali sani.

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Parte 4. ALLEVAMENTO DEL SUINO.

Dati caratteristici del settore in Italia:

- consumo alimentare in Italia 15.268.000 q di carne

- consumo annuo pro-capite 27,1 kg

- produzione italiana 9.700.000 q

- importazioni (Germania, Olanda, Danimarca, Francia) 6.510.000 q

- esportazioni (soprattutto insaccati e prosciutti) 440.000 q

- grado di autoapprovvigionamento 68%

Consistenza media del patrimonio suino in Italia:

9.272.000 capi (2005)

Il 60% dell'aziende suinicole si trovano nell'Italia settentrionale e la maggiorparte di loro appartiene alla classe con meno di 10 capi, con circa il 12% del patrimonio. All'opposto, gli allevamenti con oltre 400 capi, rappresentano solo lo 0,7% delle aziende, che però dispongono di circa il 68% del patrimonio. Essi sono allevamenti industriali o intensivi - localizzati soprattutto vicino ai grandi caseifici della Pianura Padana, spesso allevamenti senza terra, altamente specializzati. La produzione suinicola europea è indirizzata specialmente verso l'allevamento del suino magro-

leggero, macellato a 9 mesi, con un peso di circa 100kg, per avere carni da macelleria, mentre l'80% della produzione suinicola italiana è indirizzata verso l'allevamento del suino pesante, macellato a circa 15-16 mesi, con un peso di 140-160 kg, per la produzione di prosciutti di peso fresco di 13-15 kg, ma con carne molto ricca in grasso.

Tipi di aziende suinicole specializzate:

- allevamento dei riproduttori di qualità (giovani verri e scrofe); - produzione e vendita di suinetti appena svezzati (ciclo aperto); - ingrasso, quando viene fatto con suinetti acquistati si dice a ciclo aperto, mentre se viene fatto con quelli prodotti in azienda si dice a ciclo chiuso. (scrofa –suinetti – macellazione)

Caratteristiche biologiche della specie suina:

I SUINI appartengono alla famiglia degli ungulati, ordine artiodattili non ruminanti monogastrici.

Secondo molti autori i maiali domestici derivano dal cinghiale (Sus scrofa), secondo altri autori alla formazione, oltre al cinghiale, avrebbe contribuito il Sus vittatus, asiatico di piccola taglia e il Sus

mediterraneus, di grande taglia. Addomesticati circa 3500 a.C. in Mesopotamia. Principali razze suine:

1.Large white italiana

Razza di origine e selezione inglese, derivata dall'incrocio dei suini locali con quelli di ceppo orientale e dalla successiva selezione. Eccelle nella produzione del suino pesante ed è possibile ottenere anche quello leggero. Prolifica e con ottima capacità di allattamento. Nell'ingrasso risulta precoce, con accrescimenti elevati, dai 500 agli 800 g al giorno e con indici di conversione decisamente favorevoli. Maiali di questa razza a 6 mesi superano anche i 100 kg che diventano 170/200 ad un anno. Giusto rapporto tra parte grassa e magra della carne. Prosciutti ben conformati e di giusto peso. Razza molto prolifica.

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Caratteristiche morfologiche Cute rosea e setole bianche. Testa larga leggera con profilo fronto-nasale leggermente concavo, con orecchie portate in alto, tronco lungo e cosce e spalle ben sviluppate. Taglia robusta .Basso I.C. (perciò buono). Alti IPG: 500 – 600 g. Elevata prolificità: 10-11 suinetti a parto, con elevato istinto materno e produce molto latte. Può essere portata a pesi particolarmente elevati senza ingrassare eccessivamente. Maschi adulti di mole notevole: fino a 1 metro di altezza, 1,60-1,80 m di lunghezza peso 350 - 450 kg

2.Landrace italiana

E' una razza che ha le sue origini nelle isole Britanniche, perché è stata ottenuta dall'incrocio continuato per poco meno di 50 anni a cavallo del secolo XIX e XX, tra verri Large White importati dall'Inghilterra e scrofe locali ma di origine celtica. La selezione è invece tutta danese, anzi la Danimarca è stato il primo paese ad attuare e con severità, il performance test sui suini. Oggi è una delle migliori razze in assoluto. Per produttività è comparabile alla Large White, dalla quale si distingue per la maggiore lunghezza (vertebre dorsali soprannumerarie 15/16 anziché 13). Alta resa al macello, ottima sia per la produzione di suino pesante che per la produzione di carne magra da destinare al consumo diretto. Buona prolificità ed elevata attitudine materna.

Buona taglia, tronco molto allungato. Petto, groppa e natiche ben muscolosi. Orecchie di medie dimensioni, portate in avanti e ricadenti. Mantello bianco con cute rosea. Profilo fronto-nasale rettilineo o a concavità appena accennata. Il verro Landrace viene fatto incrociare con scrofe Large White per produrre ibridi F1- in alcuni casi si utilizza il verro Landrace belga, di minore mole, ma con un eccezionale sviluppo di masse muscolari

3.Duroc

Razza originaria degli Stati Uniti. Deriva da un incrocio a tre vie tra Berkshire, suini Iberici e suini rossi africani (Guinea). E' la razza più diffusa nel Nuovo Continente. Di grandi dimensioni, è capace di fortissimi accrescimenti giornalieri (600-800 g), pari a quelli della razza Large White e Landrace. Elevata prolificità e attitudine materna. Usato in Italia prevalentemente come

verro per l'incrocio nella produzione del suino pesante da

salumificio. In purezza presenta alcuni difetti che lo rendono poco utilizzabile negli allevamenti industriali: la noce e la grassinatura in modo particolare. La prima è una noce di grasso che si rinviene nel prosciutto, la seconda riguarda un'accentuata marezzatura, entrambe non gradite dai trasformatori. Caratteristiche morfologiche:Mantello di colore rosso di varie tonalità. Profilo fronto-nasale concavo. Orecchie piccole, portate in avanti, ricadenti. Statura elevata e arti solidi.

4. Prietrain

Razza di selezione belga. Suino ipertrofico, con masse muscolari molto pronunciate che forniscono altissime rese al macello, con carni chiare quasi prive di grasso. Particolarmente adatta alla produzione del suino leggero. Questa razza è però caratterizzata da un'elevata suscettibilità allo stress, che determina alterazioni

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fisiologiche delle masse muscolari tali da compromettere l'attitudine alla trasformazione in prosciutti di qualità. Presenta il colore bianco di fondo, con vistose pezzature nere tendenti alla forma ovale o rotondeggiante. Taglia media. Le scrofe presentano media fertilità ma scarsa prolificità.

5. Hampshire

Razza originaria degli Stati Uniti. E' adatta alla produzione del suino leggero, ma fornisce carni acide, poco adatte alla trasformazione industriale. Molto usata per l'incrocio sempre nella produzione del suino leggero grazie all'elevato accrescimento che dimostra nei primi mesi di vita. Si adatta bene all'allevamento all'aperto. Di colore nero con fascia bianca che interessa garrese spalle e arti anteriori come la Cinta Senese, dalla quale si distingue per la maggiore mole, il portamento eretto delle orecchie, le maggiori masse muscolari e la carne meno grassa. Animali di media mole, con accrescimenti rapidi e

buona conversione alimentare.

6. Berkshire

Originata dalla mescolanza di più razze, quali la Casertana, altre razze autoctone britanniche e cinesi. Da questa razza ne derivano successivamente tante altre, oggi largamente diffuse, come la Duroc e la Pietrain. Elevate le rese al macello per lo scheletro fine e le abbondanti masse muscolari. Adatto per gli allevamenti all'aperto. Di colore nero con calzini bianchi, come la coda e il grugno. Grandi orecchie portate dritte in avanti. Cute bianca. Muscoloso, con zampe e pedi leggeri ma

resistenti, frugale e buon camminatore.

7. Poland China

Razza suina di origine americana (Ohio), derivata da incroci tra maiali locali con riproduttori di alcune razze orientali. Inizialmente denominata Warren-Country-hog, venne successivamente chiamata Poland China. Nonostante il nome, non sembra che abbiano partecipato alla sua formazione né maiali polacchi né cinesi. Il tipo primitivo, prevalentemente da grasso e da lardo, è stato trasformato poi in tipo da carne, conservando la buona attitudine all'ingrassamento. La carne prodotta è abbondante e soda. Molto allevata è anche la sottorazza Spotted Poland China (o Spot) con mantello pezzato bianco e nero, a macchie irregolari (di maggior mole della razza originaria e ritenuta più robusta e conveniente). Di grande mole, con diametro longitudinale allungato e diametri trasversali ben sviluppati. La pelle e il mantello nel tipo più comune, sono neri, con sei macchie bianche a sede fissa: sulla estremità del grugno e della coda e quattro balzane. E' considerata tra le razze più precoci: secondo lo standard americano, all'età di 18 mesi i verri dovrebbero raggiungere 225-250 kg circa e le scrofe 180-200 kg. Il carattere precocità è trasmesso in maniera dominante, quando è usata come razza incrociante. La prolificità è media e anche l'attitudine lattifera è generalmente non molto spiccata. Ottime sono invece la capacità di trasformazione degli alimenti e la attitudine pascolatrice.

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8. Spot

Razza americana che trae la sua origine dalla Poland China. Il grasso di marezzatura è elevato, la resa al macello media e il colore della carne scuro. E' adatta alla produzione del suino magro e fornisce carcasse ricche di tagli pregiati. Mantello di colore bianco con ampie macchie nere. Arti solidi. Nel tipo primitivo, gli arti erano brevi, mentre nel tipo più recente sono di media lunghezza. Setole diritte, morbide e fini. Testa voluminosa, larga di guance, breve e leggermente schiacciata. Le orecchie sono sottili, non molto lunghe. Prosciutti larghi e ben discesi fino al garretto. Rustica e resistente, precoce e buona trasformatrice degli alimenti.

9.Large Black

Nel Regno Unito è considerata una delle razze più resistenti ed è selezionata sin dal 1899. Razza rustica e precoce che ben si adatta all'allevamento all'aperto. Resiste molto bene sia alle basse che alle alte temperature. Buona la fertilità e la prolificità, come la capacità di allattamento. Produce ottima carne. Caratteristiche morfologiche Suino di grandi dimensioni, con orecchie lunghe, grandi e pendenti, portate in avanti tanto da raggiungere e sorpassare il grugno. Il profilo fronto-nasale è concavo. Masse muscolari pronunciate. La pelle è pigmentata e le setole sono di colore nero brillante. Razze suine italiane in via di estinzione.

1.Cinta senese

Si tratta di una vera razza con una lunga storia alle spalle. La zona di origine è il comprensorio senese e i comuni di Monteriggioni, Sovicille e Poggibonsi, dove, fino a pochi decenni fa, erano allevate non meno di 20.000 scrofe e altrettante erano presenti in altre province e regioni vicine. Presente a Siena già dal 1300, come documentano affreschi che mostrano animali con vistosa fascia bianca simili alla Cinta attuale. Razza rustica, con spiccata attitudine materna e notevole capacità di allattamento. I maschi possono raggiungere ad un anno pesi superiori ai 150 kg e le femmine 140 kg. Notevole il deposito di grasso in generale e lardo dorsale in particolare (molto apprezzato per i produttori di lardo di Colonnata). Risulta indenne dai difetti quali il PSS, il PSE e la carne acida. Particolarmente adatta al pascolo e frugale. Caratteristiche morfologiche Si presenta di colore nero o ardesia con una cinghiatura bianca che interessa il garrese, le spalle e gli arti inferiori. Il profilo del muso è lungo e rettilineo, tipico delle razze tardive. La mole è media (160-180 kg per le scrofe e 200 kg per i verri in attività riproduttiva). Gli arti sono solidi e relativamente lunghi, da buon camminatore. Le orecchie, di media lunghezza, sono portate avanti e leggermente ricadenti.

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2. Casertana

Razza di antichissime origini (rappresentata in molte sculture e affreschi di epoca romana), ha contribuito alla formazione di importanti razze oggi largamente allevate (ad esempio la Yorkshire e la Berkshire, razze britanniche dalle quali discendono la Large White, la Landrace, la Duroc e la Pietrain). È certamente la razza più precoce e produttiva tra le razze italiane, in grado di produrre suini grassi pesanti, all'età di un anno, oltre 150 kg. La situazione attuale della razza è critica in quanto sopravvivono soltanto pochi soggetti, alcuni dei quali non sono di razza pura. Possiede tutte le caratteristiche per essere allevata all'aperto. Caratteristiche morfologiche: Le setole sono assenti o presenti in numero ridotto (da cui il nome di "Pelatella"). Altro elemento distintivo è la presenza di lacinie (tettole o bargiglioni) sotto il collo, in numero di due. La testa è piccola con orecchie parallele di medie dimensioni, portate in avanti. Il profilo fronto-nasale è rettilineo o appena concavo. Arti brevi e solidi. Scheletro leggero. Il colore è scuro, spesso tendente al violaceo.

3. Mora Romagnola

Questa razza era largamente allevata in molte zone del Nord Italia. Si distinguevano diversi tipi a seconda delle aree di allevamento e diverse gradazioni di colore. (Forlivese nera, Faentina rossiccia). Questi suini, in possesso di discrete masse muscolari, a 18 mesi arrivavano a pesare anche 300 kg). Oggi è ridotta a pochissimi esemplari concentrati in un unico allevamento, con elevati livelli di consanguineità . Razza robusta, rustica e che forniva carni particolarmente prelibate. Caratteristiche morfologiche Animali di buona taglia, linea dorso-lombare convessa, scheletro leggero ma in grado di sostenere un peso di 300 kg e oltre, arti lunghi. Testa media, muso lungo a profilo concavo, orecchie medie portate in avanti parallele quasi ricadenti. Il colore delle setole è rosso nei suinetti e diventa nero dallo svezzamento. Gli animali di una certa età presentano l'apice delle setole nuovamente rosso. Le setole sono lunghe con presenza di numerose spighe. Fanno eccezione alcune zone, come quella addominale e in prossimità dei genitali, dove sono corte, più sottili e quasi assenti. La pelle è pigmentata, ad esclusione della regione addominale che si presenta rosea.

4. Calabrese

L'origine di questa razza risulta incerta. Due sono le ipotesi attuali: una la fa discendere dal ceppo iberica, l'altra da quello romanico. Un tempo era presente in vaste zone della Calabria ed era distinta in diversi "tipi" locali (Reggino, Cosentino, Lagonegrese e altri). Tutti questi animali avevano in comune la produzione di carne magra ideale per la produzione dei tipici insaccati della zona. La consistenza attuale è molto ridotta: poche decine di soggetti veramente tipici e molti altri che richiamano più o meno da vicino il tipo originale. Fornisce tagli magri, mentre i prosciutti e le spalle sono di buona pezzatura. Come molte razze "colorate autoctone" le caratteristiche principali sono la capacità di valorizzare alimenti poveri, la rusticità, il vigore sessuale per il verro e l'attitudine materna per la scrofa. Suino di media taglia, con masse muscolari non eccessivamente sviluppate, con struttura ossea solida. Arti non troppo lunghi (buon camminatrice). Profilo fronto-nasale rettilineo con orecchie medio-grandi pendenti portate in avanti. Il colore dominante è il nero, ma a volte nascono alcuni soggetti macchiati o con calzini bianchi. I maschi all'anno arrivano a pesare anche 150 kg, mentre le femmine ingrassate possono superare i 120 kg.

Esiste un’altra razza autoctona italiana la Nero dei Nebrodi (siciliana): scarsa prolificità

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In suinicoltura è molto diffuso l'incrocio intrarazziale, soprattutto l'incrocio industriale di prima

generazione, per vedere esaltato il fenomeno dell'eterosi: -maggior peso dei suinetti alla nascita, maggiori IPG e migliori IC, maggiore uniformità della carcassa. Nella produzione del suino pesante in Italia è diffusissimo l'incrocio tra Large White e Landrace e ancora maggiore il loro utilizzo nella produzione del suino leggero, dove vengono fatti anche ibridi industriali di F2 (per reincrocio, a 3 vie, a 4 vie). Per la produzione del suino leggero esistono sul mercato delle ditte specializzate per la produzione di ibridi commerciali. Questi sono ottenuti partendo da linee pure di fondazione (difficili da realizzare, perché occorrono delicati incroci tra consanguinei) al fine di ottenere i cosiddetti Gran parents e

parents.

Un ciclo chiuso con i gran parents è molto costoso, perché bisogna riacquistarli ogni 2-2,5 anni. In Italia i verri Landrace Belga e Pietrain "stress resistenti" producono, in purezza ed incrocio, i "verri terminali" adatti al circuito del Marchio Suino Mediterraneo - filiera della carne fresca e delle trasformazioni cotte.

TECNICHE DI PRODUZIONE DEI SUINI.

1.DETENZIONE ED ALIMENTAZIONE DEI VERRI.

I maschi raggiungono la pubertà verso i 4 mesi, ma i primi accoppiamenti vengono effettuati a circa 7 -8 mesi e con 100 Kg di peso, con frequenze settimanali. I futuri riproduttori non hanno particolari esigenze riguardo ai ricoveri: i verretti vengono allevati in semplici capanni in forma libera, per svolgere una corretta ginnastica funzionale dell’apparato locomotore . In particolare dopo la fase di svezzamento, dal 3° mese a 20-35 Kg di peso vengono separati dalle scrofette e vengono allevati in recinti all'aperto sino ad un peso di 70-110 kg (età 7-8 mesi), facendo uso di razioni alimentari con concentrati ricchi di proteine- con alto contenuto di aminoacidi essenziali. Vengono scelti i soggetti dominanti e la sua carriera inizia a 7 – 8 mesi con

100 kg di peso vivo. All’inizio una monta alla settimana, poi ogni 4 giorni e poi ogni 2 giorni. Un verro adulto può coprire anche 50 scrofe per anno, ma si preferisce 20 -25 scrofe – con l’inseminazione strumentale anche 150 – 200 scrofe. L'inseminazione è essenzialmente naturale, avviene in un recinto, dove può operare tranquillamente: il coito è molto lungo può durare sino a 10 minuti, (anche 20 minuti), e si produce uno sperma molto diluito. L'inseminazione strumentale è utilizzata per favorire la diffusione del miglioramento genetico. Si utilizza materiale spermatico quasi fresco a circa 15-17 °C, che rimane attivo per circa 2 giorni, viene introdotto con una siringa collegata al tubo inseminatore (catetere di plastica) nella cervice (3 miliardi di spermatozoi in 100 ml) Negli USA si sta sperimentando un tipo di congelamento molto simile a quello usato per i bovini.

- Il miglioramento genetico più evidente è stato l'aumento del n° dei suinetti per parto, aumenti degli IPG ( = brevità dei cicli produttivi), bassi IC (minor costo dell'alimentazione), minore spessore in grasso e maggiore incidenza dei tagli pregiati (prosciutti, spalla, lombi).

Dopo l’accoppiamento i verri vengono separati e posti in boxes singoli, facendo molta attenzione a non farli ingrassare, ad es. consentendo loro di continuare a fare un certo movimento e con razioni tali da rallentare convenientemente il peso vivo. (Dopo la pubertà dovrebbero nel primo anno incrementare circa 50-70 Kg di peso, mentre durante il secondo non oltre 30-40 kg).

2.ALLEVAMENTO DELLE SCROFE.

Nelle femmine il primo calore si manifesta a 5-6 mesi, ma per la mole ridotta e per il bacino ancora molto stretto il primo accoppiamento viene effettuato a circa 7-8 mesi, quando hanno un peso di circa 100 kg, e per avere il primo parto ad un anno.

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Sino all'età del 1° accoppiamento, dopo lo svezzamento, vengono allevate allo stato libero, in modo da poter fare un regolare movimento sia per uno sviluppo armonico del corpo sia per lo stimolo dell’appetito – maggiore capacità di ingestione. Dal 2 mese sino al 4 mese viene fatta un’alimentazione a volontà (ad libitum) e vengono scelte quelle più pesanti – maggiore precocità e si scartano quelle grasse o sottopeso – minore fertilità. Quindi vengono allevate in stabulazione, tenendo conto che la scrofa è particolarmente sensibile ad alcuni fattori ambientali come l'umidità (strettamente legata alla ventilazione), che sembra favorire, nella giusta percentuale (50-60%) l'azione dell’ormone FSH, e la temperatura, quelle alte fanno ritardare la pubertà e una non regolarità nelle ovulazioni.

In generale non hanno particolari esigenze di ricoveri, nelle piccole aziende vengono allevate in gruppo (4-5 scrofe), mentre nelle aziende specializzate (con più di 40 scrofe) vengono allevate singolarmente, perché facilita l'alimentazione.

ALCUNI ESEMPI DI STABULAZIONE. - box singolo o multiplo, in metallo o in legno, con mangiatoia e grigliato. - box singolo con scrofe legate alla posta: permette di risparmiare spazio. - stabulazione di tipo danese: la zona di riposo è separata da un corridoio dalla zona delle

deiezioni, che può essere grigliata. - stabulazioni con box diviso in tre zone: zona di alimentazione, corridoio per le deiezioni,

zona di riposo La scrofetta destinata alla riproduzione viene allevata in gruppi 15-20 in ricoveri all'aperto (semplici recinti) per favorire la ginnastica funzionale e vengono alimentate ad libitum (a volontà) sino al 4 mese e poi vengono razionate con l'ausilio di concentrati al fine di avere al 7-8 mese un peso di circa 100 Kg, quindi vengono trasferite al centro eros, dove anche per la presenza del verro avranno il calore e successivamente fecondate. Al 3° calore, con flushing alimentare nella settimana precedente, una iperalimentazione che aumentano il numero degli ovuli prodotti e viene fatta la fecondazione con l’obiettivo di far partorire le scrofette entro l’anno di vita. La scrofa è poliestrale: il calore si manifesta ogni 21 gg e dura 2-3 gg (60 ore – ovulazione alla 40^ ora dall’inizio) . Segni del calore: nella prima fase si evidenzia un arrossamento della vulva, con eventuali perdite, irrequietezza ( grugnisce), perdita dell'appetito, nella fase principale si ha il cosiddetto riflesso dell'immobilità e accettano la monta (24-36 ore dall'inizio).

Diagnosi di gravidanza: � mancato ritorno del calore dopo 21 giorni � dosaggio dell’estrone solfato nell’urine (metoto scientifico, pratico) � ecografia a 30 -40 giorni � mancato ritorno del 2° calore al 42 giorno

Fatta la diagnosi di gravidanza, e vengono trasferite nel ricovero destinato alle femmine nella loro 2° fase di gravidanza. (Zona di gestazione) e vengono poste in gabbie in gruppi di 5-6, con possibilità di razionamento individuale o in gabbia singola. GRAVIDANZA

La carriera riproduttiva della scrofa 2,4 parti per anno o 4,5 parti in 3 anni dopo 2 mesi di ingrasso come suino pesante. La durata media della gravidanza è di 114 gg (3 mesi, 3 settimane, 3 giorni). La scrofa è poliovulare, perciò alla fecondazione si vengono a formare diversi zigoti, che si annidano dopo circa 10 giorni indifferentemente in entrambe le corna uterine. Suinetti svezzati per parto 12, mentre per anno in media 24

- La gravidanza determina una certa stipsi, perciò nella razione ci deve essere una certa percentuale di fibra.

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L'aborto e mortalità dei suinetti sono rari:possono essere determinati da errori alimentari sia l’eccesso che la carenza e sempre la settimana che precede il parto un steaming up. Programmazione della sala parto - tempo di occupazione 5-6 giorni prima del parto +lattazione di 28 giorni + 3-4 giorni per pulizia (tutto pieno – tutto vuoto)= 36 -38 giorni Qualche giorno prima del parto (5 -6 giorni), la scrofa, lavata e sverminata, viene portata nella gabbia da parto (box di parto) per abituarla a digiuno per 12 ore precedenti e successive al parto. L'ambiente è pulito, ma anche la scrofa è disinfettata e pulita. Nella gabbia parto con fondo grigliato presenta al suo interno delle sbarre che impediscono alla scrofa di lasciarsi cadere e che la fanno sdraiare lentamente per non schiacciare i suinetti. Vi è una zona riservata ai suinetti lattanti, con delle lampade a raggi infrarossi, che assicurano una temperatura di circa 28°C. In parte del ricovero, vi è una corretta ventilazione per allontanare i gas nocivi

Poco prima del parto, la scrofa è irrequieta, con vulva ingrossata arrossata ed eventuali perdite sia vaginali che mammellari, quindi si corica con decubito laterale nell'attesa del travaglio e riscaldare il nido. Il PARTO dura da 1-5 ore, nasce un suinetto ogni 5-15 minuti che vengono subito asciugati e quelli poco vitali si cerca di rianimarli. I suinetti che pesano meno di 1 kg sono detti napoleoncini. Gli invogli fetali si rompono liberamente e ogni suinetto è espulso insieme alle membrane. Pe accelerare la velocità del parto si possono usare prostaglandine e ossitocina. Solo per gli ultimi nati, dovendo attraversare una parte più lunga di utero, c'è rischio di asfissia. POST-PARTUM: qualche placenta può rimanere nell'utero, in questo caso vengono espulse dopo circa 4 ore (secondamento). Vengono smistati i suinetti in soprannumero ai quali deve essere assicurato l’assunzione del colostro e a tutti viene disinfettato il cordone ombelicale. Occorrono circa 28 giorni all'utero per tornare nella posizione normale. Durante la gravidanza, sino al 3 mese la scrofa non ha eccessive esigenze nutritive, infatti ad es. sono sufficienti 1,8-2,5 Kg di mangime concentrato al giorno; dal 3° mese al parto, detto razionamento va aumentato, perché è il periodo di sviluppo dei feti - si passa ad es. 2,3-2,7 Kg di mangime concentrato. Pochi giorni prima del parto, per evitare turbe metaboliche e mastiti, bisogna fornire un mangime meno energetico e più ricco in fibra. Durante la gravidanza, come in tutti gli altri periodi del ciclo produttivo, occorre che ci sia il giusto contenuto in proteine e in particolare la presenza di amminoacidi essenziali, quali la lisina. Durante la lattazione che dura 25-28 giorni, l'appetibilità dell'animale si riduce, per cui occorre utilizzare dei mangimi più digeribili, in altre parole con una minore percentuale di fibra, per evitare che la scrofa consumi le proprie riserve. Il fabbisogno nutritivo in questo periodo è elevatissimo con un picco alla 2° - 3° settimana (si producono mediamente 6-7 Kg di latte al 5-7% di grasso) e pertanto si somministrano sino a 5,6-6 Kg di mangime concentrato sino ad una settimana prima dello svezzamento, quindi si diminuisce gradualmente di 1 Kg al giorno sino a 3 Kg. Il giorno dello svezzamento, le scrofe di solito vengono fatte digiunare e successivamente un flushing alimentare con 3-3,5 Kg di mangime per favorire le ovulazioni. Negli allevamenti estensivi viene attuato un razionamento combinato (concentrati e foraggi): generalmente durante la gravidanza si somministrano foraggi, mentre durante l'allattamento si utilizzano unicamente concentrati.

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Fabbisogni energetici scrofa esempio

Peso della scrofa dopo il parto 145 kg 165 kg 185 kg Produzione latte Kg 5 6,25 7,5 Fabbisogni in Kcal di ED al giorno

� Mantenimento*1 � Produzione latte*2 � totale

4,5 10 14,5 KCal

5 12,5 17,5KCal

5,5 15 20,5 KCal

� in UF*3 4,68 5,65 6,61 Alimento per giorno Kg 4,4 5,3 6.1

*1- 110 Kcal di E.D Kg di peso metabolico (peso metabolico = peso vivoº�⁷⁵ *2 – 2 KCal (o 2000 Kcal) di E.D per Kg di latte *3 -Trasformazione in UF, sapendo che 1UF è uguale a 3100 cal (= 3,1 Kcal)

3.ALLATTAMENTO E SVEZZAMENTO DEI SUINETTI.

(durante l’allattamento il calore s’interrompe e ricompare solo dopo una settimana dalla fine della lattazione).

L'allattamento dei suinetti è naturale: una scrofa ha un numero variabile da 12 a16 mammelle, comunicanti tra loro. I lattonzoli poppano ad intervalli regolari, sia di giorno sia di notte e sono essi stessi che stimolano la mammella a secernere il latte: essi si nutrono giorno e notte e ciascuno a il proprio capezzolo di elezione. Per ogni poppata prendono 60-120g cioè 600 -1200 g al giorno.

L’allattamento di una scrofa dura al massimo due mesi, ma già dalla 2 settimana il solo latte materno non è in grado di coprire il fabbisogno calorico dei suinetti, per è necessario somministrare un mangime concentrato pre-starter sino a 5 kg di peso di peso (ricco di proteine -21% con 1,2 -1,3 di lisina), da 5 Kg di peso vivo sino a 15 kg (da 25 a 60 giorni) mangime starter (19% di PG con 1,1% di Lisina) Dal 15 Kg di peso le miscele di post-svezzamento che poi ha anche lo scopo di abituarli all'alimentazione che avranno da adulti.

Il latte di scrofa è molto ricco in sostanze nutritive: - 81,6% H20 - 18,4% s.s. di cui 5,6% proteine, 6-7% grassi, 5,6% lattosio, 1% ceneri

Una scrofa Large White produce mediamente 12 Kg di latte al giorno, con una produzione totale a fine lattazione di 300-350 Kg. (n° medio di suinetti = 12; n° pasti giornalieri = 20; quantità assunta a pasto= 50g produzione media giornaliera = 12x20x50 = 12 Kg di latte)

Si ricorda che il latte è carente in ferro, e i suinetti vanno facilmente incontro ad anemia ferrosa. I suinetti alla nascita hanno un peso di 0.8 - 1,5 Kg: più è alto il peso alla nascita, minore è il tasso di mortalità, più veloce la crescita durante lo svezzamento e il successivo ingrasso.

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Lo svezzamento dei suinetti, tradizionalmente veniva praticato in 50-60 giorni (oggi, rimane solo negli allevamenti a conduzione familiare, con scarsa prolificità delle scrofe – 2 parti per anno), negli allevamenti tecnicamente condotti e di più grosse dimensioni viene attuato uno svezzamento precoce in 3-4-5 settimane per avere 2,5 parti l'anno per scrofa. In USA, in Italia vietato, anche svezzamento precocissimo di 14 giorni.

- Le 4 settimane (svezzamento precoce) sono più praticate perché coincidono con la fase di massima produzione di latte e poi è il tempo necessario all'utero per tornare nella posizione normale - sino a quando la scrofa allatta vi è il blocco delle ovulazioni. Per i suinetti lattanti è stato dimostrato che in questo periodo diminuiscono le lattasi e aumentano le amilasi.

Lo svezzamento metodi di separazione: � Separazione brusca: scrofa e suinetti allontanati bruscamente causa molto stress alla

scrofa; � Separazione frazionata: i suinetti più pesanti vengono separati prima, si ha una graduale

messa in asciutta. Ciò causa meno stress alla scrofa. � Svezzamento in sala parto: allontanare la scrofa e lasciare i suinetti in sala parto: ciò

riduce lo stress dei suinetti. Alla fine dello svezzamento precoce, si toglie prima la scrofa e qualche giorno dopo i suinetti per non accentuare lo stress da distacco e vengono posti nelle gabbie di svezzamento (sale di svezzamento), sino ad un peso di 20-25 Kg (2-2,5 mesi di vita) La mortalità post-natale è elevata, soprattutto per i suinetti ultimi nati; è importante il sollecito smistamento dei lattonzoli in soprannumero. Per evitare lesioni alla mammella della scrofa, entro 2-3 giorni dal parto si può praticare la spuntatura dei canini dei suinetti, spesso associata alla caudotomia.

Per evitare l'anemia ferrosa vengono praticate delle iniezioni a base di ferro destano e contemporaneamente vengono praticate le principali vaccinazioni. Per i suinetti destinati alla produzione del suino pesante molto spesso viene praticata alla fine dello svezzamento precoce la castrazione (< a 15° giorno): molto semplice nei maschi, praticata dai cosiddetti castrini e viene attuata per avere carni più gradevoli, più complicata quella delle femmine e attuata per renderle più tranquille. Per la scrofa alla fine dello svezzamento occorre metterla in asciutta: separazione dei suinetti; digiuno alimentare e un purgante e favorire il ritorno del calore attraverso la presentazione del verro con i suoi feromoni

4. INGRASSO DEI SUINI.

Tipi di produzione: - suino leggero o "suino magro" da macelleria: di 100-110 Kg, dotato di tagli carnosi per il consumo di carne fresca con tipi genetici adeguati con RM 82-83%. - suino medio pesante: di 135-145 Kg, utilizzabile sia in macelleria sia per la produzione di prosciutti che possono essere cotti o stagionati. (In Francia lo Jambon, in Spagna Jambon serrano) con RM = 80% - suino pesante da salumificio: di 150-180 Kg (Pianura Padana), per la produzione di prosciutto (San Daniele, Crudo di Parma) coppa, speck, salame.

L'alimentazione rappresenta la voce che incide maggiormente sul costo di produzione (circa il 70%): può essere umida, quando si usano alimenti liquidi, come il siero o il latticello insieme ai mangimi concentrati e viene praticata soprattutto nella produzione del suino pesante dopo i 50Kg in Italia e asciutta, quando si usano mangimi secchi – in particolare cereali come mais, sorgo, orzo, avena, triticale e utilizzata soprattutto nella produzione del suino da macelleria.

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Le crusche e gli altri derivati della lavorazione dei cereali sono usati come fonti di fibra, mentre la farina di estrazione di soia rappresenta la principale fonte proteica, particolarmente ricca di lisina, triptofano e treonina. Il livello nutritivo può essere alto, quando si prevede un'alimentazione ad libitum (gli animali sono più tranquilli e tendono ad ingrassare) o basso, quando si distribuisce una quantità di mangime inferiore a quella che l'animale avrebbe liberamente assunto, cioè viene fatto un razionamento e permette di avere delle carni più magre anche a pesi maggiori.

Altri aspetti che entrano nel tipo di produzione:

- scelta del tipo genetico in funzione del tipo di produzione. - scelta dell'ambiente di allevamento: tipo di stabulazione e condizioni ambientali dello stesso, soprattutto a riguardo della temperatura ed umidità, per non avere effetti stressori. Il fabbisogno energetico di un suino, attualmente, non viene più espresso in UF (1,1-1,5 UF/q di

peso vivo), ma espresso in SND (sostanze nutritive digeribili) o TND (USA)- il fabbisogno di un suino di 100 kg ad es. è di circa 2 kg di TND o in energia netta- 1 kg di TND vale 4100 Kcal. Si usa anche l’Energia Metabolizzabile = 0,96 Energia Disponibile (ED); 3100 Kcal di ED = 1 UF

Si ricorda che i suini sono monogastrici e quindi non sono autosufficienti per il fabbisogno degli aminoacidi essenziali, quali la lisina e la metionina, e delle vitamine.

Denominazioni dei suini per l’ingrasso:

� Lattonzolo: dalla nascita allo svezzamento; � Lattone: dallo svezzamento a 25 – 35 Kg (2-3 mesi) � Magroncello: (3-4) dai 25-25 ai 50 -60 Kg per l’ingrasso � Suino magro (o leggero) (6-8 mesi) 90 -100Kg � Magrone (6mesi) dai 50 -60 Kg ai 90 -100 Kg per la produzione del suino pesante; � Suino pesante dopo il magronaggio sino a 150 -180 Kg destinati al macello

SCHEMA DEI DIVERSI TIPI DI INGRASSO DEI SUINI.

(0,8 -1,5 Kg) Lattonzoli lattoni

Nascita dei suinetti svezzamento precoce 5-7 kg allevamento in gabbia

IPG 300-400g IPG 300-400g 30 Kg * per 28 gg per 30 gg

magroncello

* allevamento a terra __________________ sino a 40-60 kg * per 60-90 gg

IPG 400 -500g

magronaggio magrone sino a 90 Kg ingrasso suino pesante

per 30-90 gg 140-170 kg a 15-18

IPG 500-600g IPG 500-600g * magroncello di 40-60 Kg

suino leggero da macelleria 100-110 kg a 7-9 mesi

IPG 500-600g

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4a. PRODUZIONE DEL SUINO LEGGERO DA MACELLERIA.

Il solo peso vivo non è sufficiente a caratterizzare questo tipo di produzione: per avere carne magra si devono utilizzare tipi genetici idonei. Generalmente non si utilizzano razze pure, ma ibridi commerciali in cui si cerca di sfruttare al meglio il fenomeno dell'eterosi. Oltre alla scelta del tipo genetico più idoneo, occorre porre attenzione alla scelta del microambiente di allevamento per ottenere i migliori risultati per IPG e IC: ad es la temperatura ottimale sino a 50 kg di peso vivo è di 20-25 °C, poi sino a 110 Kg di 18-21 °C; l'umidità deve essere compresa tra il 50-75 % e così pure importante è una corretta ventilazione per apportare ossigeno e allontanare i gas nocivi e l'umidità in eccesso (deve essere più bassa in inverno e più alta in estate). Anche i boxes di ingrasso devono essere della giusta dimensione,al massimo 20 capi per recinto: indicativamente 0,5 m / capo di 50 Kg di peso vivo. Alimentazione: sino alla fase di magroncello viene attuata un'alimentazione ad libitum (alta) circa 3100-3200 Kcal ED per Kg di mangime (17% di PG con 0,7 di Lisina) e fibra inferiore al 5%, che è il periodo di massimo accrescimento e poi nel successivo periodo di finissaggio da 60-100 kg viene attuato un piano alimentare ristretto (75% dell'ad libitum ) per evitare un eccessivo ingrasso. (Qualche allevatore segue invece uno schema contrario e cioè durante il magronaggio il 75 – 80% del fabbisogno e successivamente sino alla macellazione a volontà)

ICA a 2 mesi = 1,8 – 20 Kg di peso con IPG di 450 g 800g di miscela al giorno ICA a 6 mesi = 3,1 – 100 Kg di peso con IPG di 720 g 3100g di miscela al giorno

L'ingrasso è attuato con miscele di concentrati (farine di cereali, che contengono anche integratori proteici, minerali, vitaminici e in alcuni casi anche medicati per la presenza di antibiotici e altri medicinali): preparate in azienda o di produzione industriale: generalmente è un'alimentazione secca, distribuita a terra. Il consumo dei tradizionali concentrati può essere ridotto con l'impiego di prodotti supplementari:

patate cotte, spesso insilate (in Germania), barbabietole da zucchero affettate, fresche e lavate, insilati di mais, manioca (radice di una pianta tropicale), siero di latte ecc.

4b.PRODUZIONE DEL SUINO PESANTE TIPICO ITALIANO.

per i prosciutti DOP – marchio di qualità con diversi controlli

Si usano principalmente le razze suine Large White, Landrace e i loro incroci industriali, ma anche Landrace Belga, Duroc e derivati, Hampshire, Pietrain, Spotted x Poland China e attenersi ad un regolamento sia a riguardo del tipo di macellazione e che al tipo di alimenti che si possono somministrare nelle varie fasi dell'ingrasso. Il suino viene marchiato per la prima volta a 20 giorni dall’allevatore, successivamente alla macellazione dal Consorzio e poi dopo salatura e stagionatura dai Consorzi del prosciutto di Parma e San Daniele I soggetti vengono macellati tra 150-170 kg e forniscono una carcassa di 120-140 kg ad un'età di 14-16 mesi e un prosciutto fresco di 13-15 kg che si riduce a 11-13 Kg dopo rifilatura e dopo una stagionatura di 12 mesi a 8-10 kg. Da notare che quasi tutti i tagli della carcassa del suino pesante vengono destinati alla trasformazione (salumi). Pesi così alti portano ad un peggioramento dell'IC, che si ammortizza con un largo impiego di siero di latte e un'alimentazione umida. Alimentazione: sino alla fase di lattone magroncello si attua un'alimentazione alta (ad libitum) 3,7-4% del peso vivo, quindi si ha la fase di magronaggio, dove è attuata un'alimentazione medio-alta (3 -3,7% del peso vivo), in cui si limita l'ingrassamento del 25%, stimolando al massimo lo sviluppo del sistema scheletrico e dell'apparato digerente e l’ICA aumenta, in modo da rendere quest'ultimo adatto a

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Appunti di tecnica di produzione animale

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ricevere, nella fase successiva, quelle grandi quantità di alimenti necessari per l'ingrasso intensivo senza avere carcasse molto grasse. Nella fase di magronaggio le razioni saranno più ricche in fibra e in siero, rispetto al periodo precedente, mentre nel successivo periodo di ingrasso (finissaggio) il regime alimentare sarà basso, anche se con notevoli quantità di cereali, per evitare un eccessivo deposito di grasso.

Composizione chimica del siero di latte:

% di s.s - 6,9% di cui 13% di proteine di altissimo valore biologico, 4,4% di grasso, assenza di fibra, 72,5% di estrattivi inazotati (lattosio), 10,1% di ceneri. Con 230 – 250 Kcal di ED pari a 0,07 – 0.08 UF/kg – ossia 7 -8 UF/q

� 10-12 litri di siero corrispondono a 1 Kg di mangime � Rapporto siero/mangime max 4:1 � Massimo 15 litri di siero per capo al giorno.

Esempi razionamento ingrasso suino con l’impiego del siero Peso suini Siero litri Mangime kg Titolo proteico 51-60 61-70 71-80 81-90 91-100 101-110 111-120

10-12 10-12 10-12 10-12 10-12 10-12 10-12

1,5 1,7 2 2,3 2,6 2,8 2,9

14% 14% 12% 12% 10% 8% 8%

Nelle miscele si trova mais e orzo per l’apporto energetico e farine proteiche di soia (max 1%), girasole (max 8%), germe di mais (max 5%) e pisello integrale. Mentre nei sottoprodotti oltre al siero di latte si può trovare cruscami, panello di lino,lievito di birra, mele e pere marce, melasso e polpe di bietole surpressate e insilate o secche

TABELLA CEE per la classificazione delle carcasse suine. Resa al macello: 80%

% Carne magra Classe

> 60 S

55<60 E

50<55 U

45<50 R

40<45 O

<40 P

MACELLAZIONE.

Breve schema: 1. stordimento con scarica elettrica; 2. uccisione per dissanguamento; 3. immersione in acqua calda; 4. asportazione delle setole per mezzo di un grande "rastrello"; 5. sezionatura in due mezzene per controlli veterinari; 6. tagli - ovvero come vengono sezionate le mezzene, diverso da Paese a Paese.

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Tagli carnosi: la coscia con cotenna (prosciutto) la lombata con costicine (carrè) la spalla la coppa

Tagli adiposi: il lardo dorsale con cotenna La pancetta con cotenna

Il guanciale o gola con cotenna La sugna (o grasso perirenale).

Difetti della carne.

Le carni PSE (Pale, Soft, Exudative): carni molto chiare (quasi bianche), di scarsa consistenza e essudative, cioè che rilasciano parecchi liquidi d sgocciolamento e si presentano bagnate. Non adatte alla conservazione. Le carni DFD (Dark, Firm, Dry): carni molto scure, dure e asciutte, poco invitanti al consumo fresco e poco adatte alla trasformazione.

APPENDICE 1

Estratto dal “Regolamento per la produzione del suino pesante italiano tipico”

Art. 2 Caratteristiche delle carni.

Il suino pesante italiano tipico è caratterizzato da carni mature, sode, compatte, sapide, con buona colorazione del muscolo, grasso di copertura consistente di colore bianco o rosato; con esclusione di carni pallide, flaccide, essudative (PSE) o scure, secche e rigide (DFD), eccessivamente marezzate, e con grasso di copertura inconsistente, ossidato, untuoso o con colazioni anomale.

Art. 3

Età e peso al macello.

Il peso vivo al macello ottimale è ritenuto 160 kg con un minimo di 150 kg; l’età minima dovrà essere di nove mesi (giorni 270) dalla marchiatura.

Art. 4

Razze.

Allo stato delle attuali conoscenze, sono ammessi i suini di razza Large White, Landrace italiana e i loro incroci. (….)

Art. 6 Alimentazione

Nell’articolo sono indicati gli alimenti ammessi ed esclusi nei diversi periodo dell’ingrasso.

Art. 7 Gestione del marchio di qualità.

Marchiatura: essa avviene ad opera dell’allevatore produttore (….) La marchiatura dei soggetti deve essere effettuata sotto la scrofa dopo venti giorni

dalla nascita e comunque entro lo svezzamento, sul piatto esterno di entrambe le cosce con tatuaggi a simboli da cui dovranno risultare ben individuati: sigla della provincia, marchio depositato (muso di un suino stilizzato e a puntini raggruppati), mese della marchiatura e numero dell’allevamento.

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Appunti di tecnica di produzione animale

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Dati relativi al fabbisogno nutritivo dei suini.

Peso Kg

U.F. S.S Kg,

Prot.grezz g

Ca g

P g

a) Suini da macello e da mercato

10 0,85 0,75 160 7,0 5,2 20 1,35 1,20 240 10,0 7,0 30 2,30 2,15 350 16,0 10,7 40 2,85 2,70 390 17,0 10,8 90 3,10 3,10 400 19,0 11,2 110 3,45 3,45 420 20,0 12,2 130 3,80 3,80 435 22,0 14,0 150 3,90 4,10 450 24,0 16,5 170 4,00 4,30 460 26,0 19,0 190 4,10 4,50 460 27,0 20,5

b) Scrofe gravide e verri 125 2,50 2,30 400 15,8 10,6 150 2,60 2,50 420 17,0 11,3 200 2,90 2,90 450 19,2 12,8 250 3,10 3,20 490 21,3 14,2

c) Scrofe in lattazione

150 4,80 4,35 740 29,2 19,4 200 5,50 5,00 785 33,6

22,4

250 6,10 5,60 8,30 36,0 25,0

Esempio di allevamento suino a ciclo aperto. Scopo dell’allevamento la produzione è la produzione di magroncelli di 25 Kg. Nell’azienda sono presenti 100 scrofe – 250 kg di peso (da 1 a 5 anni), 45 scrofette di 100 kg di peso (da 0 a 1 anni) per la rimonta interna, 1 verretto di 100 kg di peso (da 0 a 1 anni), 3 verri – 300 kg di peso (da 1 a 3 anni). Alimentazione con miscele di concentrati (mais, soia, siero di latte e integratori). Scrofette e verretti: 22 UF a capo Scrofe: (mantenimento 1,1 – 1,5 UF/q = 1004 -1369 UF; gravidanza 2,5 x1UFX90 giorni =225 e 2,5x1,2UFx24 = 72 totale gravidanza 297; lattazione 5 UF X 28 giorni = 140 UF) Totale fabbisogni scrofa 1441 UF – 1806 UF /anno

Verro: (mantenimento 1,1 – 1,5 UF/q = 1004 -1369 UF 1100 UF a capo + movimento 0,3 UF x 365 = 110 UF) Totale fabbisogno verro: 1104 – 1479 UF/ anno

Lattonzoli ( incremento medio in 28 giorni = 5,5 Kg peso medio) (mantenimento 1,1 – 1,5 UF/q (0.011- 0,015)x5,5x 28 = 1,7 – 2,31 UF + accrescimento (65% del mantenimento ossia 1,8 – 2,5 UF/q) = (0,017 – 0,025) x5,5 x 28 = 2,61 – 3,85 UF + movimento 0,1 x28 = 2,8 UF Totale 7 – 9 UF a capo Magroncello: 37 UF a capo

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Ad ogni ciclo produttivo si hanno 25 scrofe (divise per 4 classi di età) con una media di parto aziendale di 9 per 8,5 suinetti. Pertanto 25 fattrici X 9 X 8,5 = 1912 suinetti per anno (45 reimpiegati e 1867 vendibili) Prodotti vendibili: 1867 magroncelli di 25 Kg 45 scrofe di 250 Kg 1 verro di 300 Kg Altri dati per i suini

Suino leggero di 110 Kg circa 267 UF a capo con mais, orzo, crusca, farina di soia, integratori e siero di latte. Suino pesante di 170 Kg circa 620 UF a capo con mais, orzo, crusca, farina di soia, integratori e siero di latte.

Parte 5. ALLEVAMENTO DEGLI OVINI.

L'allevamento degli ovini potrebbe trovare nell'agricoltura italiana un posto di rilievo, permettendo l'utilizzazione di molti ettari attualmente non sfruttati (ambienti marginali) essendo la pecora molto rustica e frugale..

Attualmente l'ovinicoltura si sta orientando verso un modello più razionale (stanziale) atto ad eliminare quel modello di pastorizia tradizionale frutto di un'agricoltura ormai non rispondente alle reali esigenze di una società in continua espansione.

Si richiedono opportuni ricoveri idonei ad ospitare le pecore e a garantire quelle norme igieniche e funzionali atte a prevenire l'insorgere di malattie e a favorire l'introduzione della mungitura meccanica per abbassare i costi di produzione.

L’allevamento italiano ha subito negli ultimi decenni una radicale trasformazione a favore delle razze specializzate, in particolare nella produzione di latte, destinato alla trasformazione industriale; negli ultimi anni, peraltro, si è evidenziato un interesse crescente anche le nostre razze specializzate da carne.

E' localizzato soprattutto nell'Italia centromeridionale e insulare - circa il 95% del patrimonio: queste aree sono fortemente interessate da una situazione orografica (collinare o montana) e climatica che ha favorito storicamente l'insediamento di greggi quasi esclusivamente allevati in regime di transumanza.

Allo stato attuale prevale la forma stanziale o fissa, dove le greggi utilizzano le risorse foraggere con il pascolamento: questa forma di allevamento ha permesso di affinare la tecnica di allevamento, soprattutto a riguardo delle esigenze nutrizionali. (In alcune aziende per es. si è sperimentato il pascolamento razionale a rotazione - un ettaro di medicaio può sopportare sino ad un carico di 12-15 ovini.)

L’allevamento ovino nazionale conta attualmente 10.531.000 capi di cui 7.111.500 capi pari al 67,5% dell’intero patrimonio, appartenenti alle razze ufficialmente riconosciute, mentre i restanti 3.419.500 capi vanno ascritti alle popolazioni derivate, agli incroci ed ai meticci. La pecora è ungulata-artiodattile, appartenente alla famiglia dei ruminanti – nome scientifico- :

Ovis aries. La specie allevata secondo molti autori deriva dal muflone europeo (Ovis musinon), che vive ancora in Corsica e in Sardegna, e dal muflone asiatico (Ovis orientalis) e dall'uriale (Ovis vignei), la pecora della steppa.

E' stata addomesticata in Asia nel 9000 a.C. e in Europa arriva circa 3000 a.C. soprattutto nelle zone più aride, dove si formano le razze con deposito grasso nella coda e nella groppa che permette di resistere meglio alla siccità.

Ben presto si afferma in tutte le zone perchè assicurano tre produzioni: latte, carne e lana. La pecora allevata oggi è ancora molto rustica, ha una buona fertilità e presenta spesso parti gemellari, perciò la prolificità può superare il 100%.

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INDIRIZZI PRODUTTIVI DELL'ALLEVAMENTO OVINO IN ITALIA.

In ordine di importanza economica:

LATTE: da notare che nel caso in cui si attua un allattamento naturale dell'agnello, il prodotto è disponibile dalla fine dello svezzamento all'asciutta. Latte completamente trasformato in pecorini e formaggi misti, mercato stazionario da molti anni. (latte 0,68 euro a litro) Una lattazione media dura circa 180 giorni, con un picco di produzione dopo un mese dal parto - per es. una pecora sarda, ben alimentata, alla terza lattazione può produrre circa 250 l di latte.

Il latte è usato quasi esclusivamente per al produzione di formaggi - ad es. il pecorino sardo, stagionato per 6-7 mesi ha una resa del 17-18% cioè da 5 kg di latte si ottengono circa 1 kg di pecorino, mentre dal siero si ottiene la ricotta nella percentuale del 6-7%. Non viene fatto il burro,perchè i globuli di grasso (6,5 -8%) sono molto piccoli e di difficile separazione. Composizione media del latte di pecora:

Acqua 81,5% - s.s. 18,5% di cui 5,8% proteine, 7,5% grassi, 4,3% lattosio, 0,9% ceneri Valore calorico medio 1200 Kcal per litro e un peso specifico di 1059 Da notare che il miglioramento genetico ha permesso la diffusione sempre maggiore della mungitura meccanica oltre che aumentare le produzioni medie.

CARNE: Si ricorda che il consumo di carne pro-capite del nostro Paese è basso: circa 1,4 kg e proviene per il 70% da agnelli (animali giovani), per il 20% da agnelloni e castrati e solo per il 10% da animali a fine carriera. Concentrato soprattutto in certi periodi dell'anno come durante le feste pasquali - in questi periodi l'Italia è costretta ad importare carne ad es. dalla Gran Bretagna ed altri Paesi (Egitto, Spagna, Turchia ecc.)

Tipi di produzione di carne ovina: a) agnello da latte (10-14 kg), allevato tradizionalmente con la madre per 4-5 settimane (30 -40 giorn). Attualmente si cerca di utilizzare latti ricostituiti. Resa: 50-55% b) agnello pesante da latte (12-20 kg), allevato per 6-7 settimane, utilizzando latti ricostituiti e dalla 2-3 settimana anche alimenti solidi - concentrati e un buon fieno. Resa: 50-55% c) agnellone precoce o agnello bianco (25-35 kg), macellati a 2,5 - 3,5 mesi, utilizzando razze a prevalente produzione di carne (bergamasca, biellese, barbaresca, laticauda). Generalmente viene effettuato uno svezzamento con latte artificiale per 6-7 settimane, con integrazione di concentrati a partire dalla 5 settimana. Resa: 50% d) agnellone pesante (peso superiore a 35 kg), macellati ad un'età superiore a 5-7 mesi. La carne ha un caratteristico sapore, poco gradito dal consumatore italiano. e) castrato - macellati ad oltre 8 mesi, la carne è di migliore qualità rispetto all'agnellone, per la castrazione, che viene effettuata al 3-4 mese. Peggiora l'IC e l'IPG.

LANA: Ha un significato economico modesto, non oltre il 3% del reddito. In Italia le 2 razze principali sono: Gentile di Puglia e Sopravvissana, che danno una lana fine, che negli ultimi migliora in qualità, dopo che per diverso tempo è stata declassata per mancanza di un accurato migliormanto genetico. (vedi la merinizzata italiana). Dalla pecora si ottiene la giarra, fili con midollo, con diametro maggiore, muoiono e rappresenta uno scarto e il vello, filamenti senza midollo a crescita continua

La classificazione dei velli, viene fatta in funzione: a) forma del vello; b) finezza e lunghezza dei bioccoli. In base alla forma si dicono: chiusi: quando sono uniformemente cilindrici e addossati strettamente gli uni agli altri; aperti: quando i bioccoli sono conici, larghi alla base e appuntiti, semiaperti o semichiusi: intermedi tra chiusi ed aperti

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In base alla finezza e lunghezza Finezza: 10-25 micron per la merinos, 45-80 micron per le altre razze – più sono sottili migliore è la qualità. Lunghezza: 8-11 cm per la merinos, 15-40 cm per le altre razze – più sono corti più è facile la lavorazione. Il colore deve essere bianco, per non doverlo decolorare prima delle lavorazioni.

Nonostante questo ogni anno gli ovini forniscono un prodotto lordo annuo, pari al 40% del valore del capitale bestiame impiegato e permette di utilizzare degli ambienti che altrimenti andrebbero persi. (In economia detti terreni marginali) Razze ovine allevate in Italia.

- a prevalente produzione di latte: (60% del totale) SARDA 4.700.000 (44% del patrimonio ovino) COMISANA 750.000 PINZIRITA 207.000 MASSESE 185.000 LECCESE 180.000 VALLE BELICE 60.000 DELLE LANGHE 27.000 - a prevalente produzione di carne: (15% del patrimonio)

APPENNINICA 190.000 BERGAMASCA 50.000 LATICAUDA 50.000 BARBARESCA 43.000 BIELLESE 40.000 FABRIANESE 25.000 MERINIZZATA ITAL. 600.000 GENTILE DIPUGLIA 300.000 SOPRAVVISSANA 4.000 - non specializzate - ALTAMURANA < 1000 - razze estere da carne e da lana.

1. Sarda

Origine e diffusione Razza italiana a prevalente attitudine alla produzione di latte. Razza autoctona della Sardegna, si è diffusa in tutta l'Italia centrale. Si ritiene che derivi dal muflone che vive allo stato selvatico sui monti del Gennargentu. La razza Sarda rappresenta circa il 40% della popolazione ovina nazionale. E' una razza rustica e molto produttiva. Poco adatta alla produzione di carne e di lana (modeste quantità e poco pregiata). Caratteristiche morfologiche e produttive

Taglia: media - altezza al garrese 60-70 cm e un peso adulto da 40 a 65 Kg. Fertilità del 97%, prolificità del 137%, poliestrale annuale. Testa: leggere, distinta, profilo diritto; orecchie medio-piccole, mobili, orizzontali; acorne, nei maschi a volte

corna poco sviluppate.

Tronco: allungato, a forma tronco-conica, torace profondo e

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leggermente piatto, spalle leggere e ben attaccate, dorso dritto, ventre capace ed arrotondato, coda esile e lunga, mammella sferica, larga, ben irrorata, capezzoli ben diretti. Vello: bianco, aperto, bioccoli appuntiti; sotto il garretto, metà avambraccio e faccia, fino alla fronte, nudi. Pelle: sottile, elastica, bianco-rosata. Dal 1928 esiste il libro genealogico che ha permesso di attuare il miglioramento genetico inizialmente attraverso i controlli morfo-funzionali, che sostituivano la selezione massale dei pastori, studiando le correlazioni tra fenotipo e genotipo e poi stimando l'ereditabilità dei caratteri produttivi. Performance test per i caratteri ad alta ereditabilità e progeny test per media ereditabilità.

Risultati del miglioramento genetico: - aumento della quantità e qualità del latte; - mammella adatta alla mungitura meccanica; - maggiore incidenza di parti plurimi; - conservazione della rusticità della razza.

Produzioni: a) latte: 1° parto 100 Kg in 100 giorni mentre le pecore pluripare producono circa 180 Kg in 180 giorni di lattazione, anche se in allevamenti intensivi, in capi selezionati, si può arrivare a 300-500 l per lattazione con 6-7% di grasso e 5,3% di proteine. b) carne: gli agnelli alla nascita pesano da 3,1 a 3,8 kg, mentre a 90 gg pesano da 15 a 17 kg. c) lana: la produzione media di lana sucida è da 1 a 3 kg: la tosatura è annuale ed è fatta a primavera e la lana è grossolana adatta per tappeti e materassi.

2.Comisana

Origine e diffusione Razza italiana a prevalente attitudine alla produzione di latte. Originaria della Sicilia. Zone di maggiore allevamento: Sicilia, Lombardia, Piemonte e Italia centrale e meridionale. Trae origine da razze ovini del Mediterraneo (paesi asiatico-africani) incrociatesi con ovini siciliani. E' conosciuta anche come Testa rossa, Faccia rossa, Lentinese. La lana è piuttosto grossolana e viene usata per materassi. Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia: medio-grande; Testa leggera: acorne, fine di colore rosso mattone con striscia bianca che parte dal sincipite e raggiunge il labbro superiore grande e lunga, profilo montonino. Orecchie lunghe, larghe e cadenti. Tronco: lungo. Petto largo e prominente. Torace largo. Dorso diritto. Lombi lunghi e robusti. Ventre voluminoso arti lunghi e robusti. Mammelle grandi. Vello: bianco, esteso, escluso basso ventre e tarso inferiore agli arti è di tipo semi-chiuso o semi-aperto; biocchi cilindro-conici. Pelle: rosea, untuosa, unghielli chiari. Altezza media adulti al garrese: 70-80 cm con un peso da 50 a 80 kg. Fertilità del 95%; Prolificità: 180% (molti parti gemellari). Età 1° parto: 16 mesi. Peso alla nascita: 3 Kg (gemello) – 4 Kg

Produzioni medie: a) latte: 1° parto 85 Kg per 100 giorni dopo circa 120-200 Kg per lattazioni di 180-200 giorni con 6,5% di grasso; b) carne: gli agnelli alla nascita pesano da 3 a 4 Kg, mentre a 90 gg pesano da 15 a 23 kg. c) lana: grossolana per materassi: unica tosa a primavera, da 4 a 5 Kg.

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3. Massese

Razza italiana a prevalente attitudine alla produzione di latte. Razza autoctona originaria di Massa, nella valle del Forno (Apuane, provincia di massa Carrara). Attualmente è allevata soprattutto in Toscana, Emilia e Liguria. E' molto singolare, specialmente per il colore del mantello che non trova riscontro in alcuna altra razza italiana. La lana, poco o per nulla apprezzata, non può essere tinta. Caratteristiche morfologiche e produttive

Taglia: media-grande. Altezza media al garrese 75-85 cm e un peso di 65-90 kg Testa: maschio, ben sviluppata profilo camuso, femmine più leggera, lieve depressione tra fronte e naso. Corna: nei maschi seghettate, a spirale aperta; nelle femmine leggere ed esili. Tronco: lungo, Scheletro robusto, Linea dorso-lombare dritta. Torace lungo ed ampio, groppa lunga inclinata posteriormente, Ventre capace, fianchi pieni, mammella sviluppata, zoccolo nero e robusto. Vello: grigio piombo o marrone, parte apicale nera,

aperto o semi-aperto; scoperti: testa, ventre ed arti. Pelle: nera, fine. Palato nero come le aperture naturali. Produzioni:

Età al 1° parto: 16 mesi e con il miglioramento genetico si cerca di avere delle pecore poliestrali annuali, in modo di avere 3 parti in 2 anni. a) Latte: 1° parto 80 Kg in 100 giorni 2° e successivi 150-180 kg per lattazione di 180 giorni; b) Carne: il peso alla nascita da 3 a 4,5 Kg, mentre dopo 30 giorni pesano da 11 a 13,5 kg e con una fertilità del 95% e una profilicità del 135%; c) Lana: modesta (1,8 -2,2 kg), mediamente grossolana, non può essere tinta.

4.Delle Langhe

Origine e diffusione Razza italiana a prevalente attitudine alla produzione di latte (tra le migliori razze lattifere). Gruppo etnico di origine autoctona dei rilievi delle Langhe (Piemonte). Diffusa in Piemonte (Cuneo), in Liguria e Italia centro-meridionale. Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia: grande. Altezza media adulti al garrese: Maschi cm. 82 - Femmine cm. 77 con un peso medio rispettivamente di 90 kg e 70 Kg Testa: regolare, acorne, con marcato profilo montonino. Orecchie lunghe rivolte in basso ed in avanti. Tronco: lungo e stretto. Arti lunghi e leggeri. Vello: bianco, aperto, Bioccoli ondulati ed appuntiti. Sono privi di lana: testa, ventre (fino ai gomiti e grasselle), mammelle e parti distali arti. Pelle: rosa, unghielli ambrati. Fertilità 95%; prolificità 150%; età 1° parto circa 1 anno (molto precoce). Peso alla nascita degli agnelli: 4,5 – 5,4 Kg Produzioni medie: - Latte: (al netto della poppata) primipare 85 Kg in 100 giorni; nelle pluripare 150 Kg in 180 giorni (contenuto in grasso 6-7% proteine 5-6%). Produzioni anche di 350 Kg con lattazioni prolungate. - Carne: agnelli di 15 kg a 30 giorni (buono) - lana grossolana: 2,5 -3 Kg di scarsa qualità.

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5.Pinzirita

Razza italiana a prevalente attitudine alla produzione di latte. Originaria della Sicilia centro-orientale, proviene dall'Ovis aries asiatica. Viene chiamata anche Piperita o Siciliana. Razza rustica, vive in ambienti molto difficili con estati siccitose e inverni rigidi. Allevata in Sicilia. Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia: medio-piccola.: maschi Kg. 70 e femmine Kg. 45 Testa: tozza con profilo leggermente montonino, bianca irregolarmente picchiettata di nero o di marrone scuro. Tronco: Linea dorso lombare pressoché rettilinea. Mammella globosa sviluppata e ben attaccata. Capezzoli piccoli. Vello: bianco aperto, bioccoli lunghi e triangolari. Pelle: fine, rosea con picchiettatura nelle aree prive di lana. Produzioni medie: - Latte (senza poppata): primipare (100gg) 100 Kg - pluripare (180gg) 150 Kg

6.Leccese

Razza italiana a prevalente attitudine alla produzione di latte. Si ritiene provenga dagli ovini di razza asiatica o siriana del Sanson (Ovis aries asiatica). Zona di origine Salento (Puglia). Un tempo era considerata una razza a triplice attitudine (latte, carne e lana). Zona di maggior allevamento: Puglia e Basilicata. Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia: media, medio-pesante Testa: leggera, allungata, asciutta, frequenti corna aperte ed a spirale nei maschi, assenza di corna nelle femmine, orecchie medie e quasi orizzontali, ciuffo di lana corto in fronte. Profilo rettilineo Tronco: lungo, garrese con altezza inferiore alla groppa, fianchi e costati piatti, coda lunga e sottile, mammelle sviluppate. Arti lunghi e diritti, unghielli scuri. Vello: bianco in genere, con varianti a vello nero, aperto ed a blocchi conici con filamenti penduli. Lascia scoperti arti, faccia, gola. Pelle: rosa a vello bianco, con macchie nere allo sterno, pelo nero raso sulla faccia, arti neri o picchiettati, aperture naturali nere come il palato. Altezza media adulti al garrese: Maschi cm. 73 Femmine cm. 66 con pesi rispettivamente di 60 -65 Kg e Kg 45. Bassa gemellarità: 25% Produzioni medie: Latte 150 - 200 Kg per lattazione (grasso 7% proteine 6,5%), Carne agnellone a 90 giorni 23 Kg.

7.Altamurana (o moscia)

Razza italiana a prevalente attitudine alla produzione di latte. La zona di origine è Altamura in provincia di Bari. Diffusa in Puglia (Bari, Foggia) e in Basilicata (Matera, Potenza). Un tempo era considerata una razza a triplice attitudine (latte, carne e lana). E' detta anche "Moscia" per i filamenti lanosi poco increspati e cadenti del suo vello. Si ritiene provenga dagli ovini di razza asiatica o siriana del Sanson (Ovis aries asiatica) e precisamente dal ceppo di Zackel. Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia: media. Testa: leggera, allungata, a volte con corna corte. Orecchie piccole orizzontali, ciuffo di lana in fronte. Tronco: dorso e lombi rettilinei, groppa spiovente e non larga, addome rotondo e voluminoso, coda lunga e sottile, mammella sviluppata, globosa. Vello: bianco, aperto, bioccoli appuntiti, esteso, coprente il tronco, collo, base del cranio e coda. Pelle: sottile, elastica, bianco-rosata, piccole macchie rotondeggianti di colore scuro o grigiastro sulla faccia e parti inferiori degli arti.

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Altezza media al garrese: Maschi cm. 71 - Femmine cm. 65. Peso medio: Maschi adulti a Kg. 60 - Femmine adulte. Kg. 45 Fertilità: 90%; prolificità: 112%; cicli estrali: per 10 mesi all’anno. Età 1° parto: 15 mesi. Peso agnelli alla nascita:1,8 Kg – gemelli - , 3,2 Kg Produzioni medie: - Latte:40 kg al 1° parto per 40 giorni – 60-65 kg/180 giorni (contenuto in grasso 7,5% proteine 6,5%) -carne: agnelli a 90 giorno pesano 18 -20 (scarso) - Lana: (in sucido) Arieti Kg. 3 - Pecore Kg. 2 La lana è molto lunga (20 -30 cm) adatta per materassi.

8.Valle del Belice

Razza italiana a prevalente attitudine alla produzione di latte. Originaria della Valle del Belice, nelle province di Agrigento e di Trapani. Deriva da un incrocio a tre vie che ha visto interessate le razze Pinzirita, Comisana e Sarda. Allevata in Sicilia per la sua rusticità. Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia: media. Testa: fine ed allungata. Tronco: ben sviluppato con buoni diametri trasversali. Vello: bianco, aperto a bioccoli conici. Peso medio: maschi a 90 giorni Kg. 23 - femmine a 90 giorni. Kg. 15 Produzioni medie: - Latte primipare 150 Kg -pluripare 200 Kg (contenuti in grasso 6% proteine 5,5%)

9.Bergamasca

Razza italiana a prevalente attitudine alla produzione di carne. Originaria dell'Altipiano di Clusone e delle vicine valli Bergamesche. Presente soprattutto in Lombardia (Bergamo), ma diffusa anche in altre regioni dell'Italia settentrionale e centrale. E' considerata la migliore razza italiana per la produzione di carne. La produzione di lana è elevata, anche se di qualità mediocre. Il latte prodotto è totalmente poppato dall'agnello. Caratteristiche morfologiche e produttive Razza italiana di taglia maggiore: altezza media al garrese 80-90 cm e un peso da 85 a 110 kg. Fertilità del 95% e prolificità del 150% (3 parti in 2 anni). Razza molto precoce: età al primo parto 13 mesi Testa: acorne, grande e lunga, profilo montonino, orecchie lunghe, larghe e cadenti. Tronco: lungo, petto largo e prominente, torace largo,dorso diritto, lombi lunghi e robusti, ventre voluminoso, arti lunghi e robusti, mammelle voluminose. Vello: bianco, esteso, escluso basso ventre e tarso inferiore; agli arti è di tipo semi-chiuso o semi-aperto, bioccoli cilindro-conici. Pelle: rosea, untuosa, unghielli chiari. Allevata soprattutto per la produzione di carne: alla nascita 4-4,5 kg, con alti IPG circa 300 g, ad un mese circa 15-18 kg (agnello da latte). Più comune è l’agnellone di 6 mesi di 45-48 kg e il castrato a 18 mesi con circa 100 Kg di peso. Il latte prodotto dalle pecore (circa 160-180 kg per lattazione) è utilizzato interamente per lo svezzamento degli agnelli. Buona produzione di lana (circa 4-5 kg), ma di scarsa qualità.

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10.Appenninica

Razza italiana autoctona delle province di Arezzo, Firenze, Grosseto, Siena, Perugia e Terni. Un tempo era considerata una razza a triplice attitudine (latte, lana e carne). Oggi è allevata in Toscana, Umbria e molte regioni dell'Appennino centro-meridionale, è la più diffusa tra le razze da carne e fornisce discrete quantità di lana piuttosto grossolana (da materasso). Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia: medio-grande: altezza media al garrese - maschi cm. 77; femmine cm. 69 con un peso rispettivamente di Kg. 78 e Kg. 56. Età al 1° parto: 16 mesi; fecondità 90%; prolificità 130%. Peso alla nascita: 2,9 -4,3 Kg Testa: acorne, profilo rettilineo o leggermente arcato, orecchie medio-lunghe portate orizzontali o leggermente pendenti. Tronco: relativamente lungo con altezza al garrese quasi pari a quella della groppa, petto largo, groppa con buon sviluppo. Vello: bianco, aperto o semi-aperto; nudi la testa, la parte ventrale del collo, il basso ventre e gli arti. Pelle: rosea. Produzioni medie: - Latte: 1° parto 65 Kg in 100 giorni e successivamente 80 -110 Kg in 180 giorni - Carne: agnelli da latte 13 -15 Kg – agnellone a 6 mesi 32 - 42 Kg - Lana (in sucido): Ariete Kg. 2,5 - Pecore Kg. 1,5

11.Barbaresca

Razza italiana a con buona produzione di carne e latte. Culla di origine è l'entroterra delle zone litoranee sicule del Mediterraneo. E' allevata in Sicilia (specialmente in provincia di Caltanissetta) e nelle colline dell'Italia meridionale. Deriva da incroci avvenuti nel corso dei secoli tra pecore della razza Barbaresca proveniente dal nord Africa e della razza Pinzirita siciliana. Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia: medio-grande. altezza al garrese maschi cm. 85 - femmine cm. 80 con un peso medio rispettivamente di Kg. 110 e Kg. 65. Fertilità: 90%, prolificità 140%. Peso alla nascita 3 -4,5 Kg. Testa: acorne, robusta, allungata, bianca; orecchie lunghe e pendenti; naso, orecchie, labbra e parte della faccia macchiate di nero. Tronco: ossatura forte, petto largo e profondo, groppa ampia e cosce carnose, coda grossa e grassa. (lipoma caudale) Vello: bianco, denso, bioccoli tronco-conici, assente nella testa, arti e parte inferiore del tronco. Pelle: rosea, tendente al marrone chiaro, elastica. Produzioni medie: - Carne: agnello a 45 giorni 10 -13 Kg – agnellone a 6 mesi 33-40 Kg - Latte: Dopo 1° parto 60Kg in 100 giorni successivamente 110 -150 kg in 180 giorni (contenuto in grasso 6-7%) - Lana: Arieti Kg. 6,5 - Pecore Kg. 3,1 di scarsa qualità

12.Biellese

Razza italiana a prevalente attitudine alla produzione di carne, anche se non è del tutto trascurabile la produzione di latte e quella di lana adatta per materassi, imbottite e tappeti. Affine alla Bergamasca. Originaria del Biellese. Allevata in Piemonte, soprattutto nelle province di Vercelli, Torino e Cuneo.

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Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia: molto grande. Altezza media al garrese: maschi cm. 86 - femmine cm. 81 con pesi rispettivamente di Kg. 100 e Kg. 82. Età a 1° parto: 15 mesi; fertilità 90% e prolificità del 140%. Peso agnelli 3,8 -5 kg. Testa: acorne, proporzionata alla taglia, profilo leggermente montonino, orecchie lunghe, larghe, pendenti. Tronco: lungo, profondo; groppa larga e spiovente; addome voluminoso. Vello: bianco, esteso al collo, al tronco, alla parte prossimale dell’ avambraccio e della gamba; bioccoli conici, filamenti lunghi grossolani e misti a giarra. Pelle: pelle, palato e mucose rosei, unghielli giallo-ambrati. Produzioni medie: - Carne agnello da latte 14 -17 Kg e agnellone a 6 mesi 32 -40 kg -Latte 1° parto 70-80 Kg in 100 giorni successivamente 110 kg o più in 180 giorni - Lana: (in sucido) Arieti Kg. 3,5 - Pecore Kg. 3,0 per materasso e tappeti.

13.Fabrianese

Razza italiana a prevalente attitudine alla produzione di carne. Deriva dalla vecchia Appenninica incrociata con la Bergamasca. Originaria della zona di Fabriano. Diffusa in provincia di Ancona e zone limitrofe. La lana è mediocre, per materassi e tappeti. Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia grande: altezza media al garrese: maschi cm. 80 - femmine cm. 72 con un peso medio rispettivamente di Kg. 80 e Kg. 60. Età al 1° parto 13 mesi; fertilità del 90%; prolificità del 140 -180%. Peso alla nascita: 3,2 -4,9 Kg. (5 agnelli in 2 anni). Testa: acorne, non pesante, profilo montonino, collo di media lunghezza. Tronco: lungo, a forma tronco-conica,Dorso forte e leggermente inclinato in avanti, Arti esili. Vello: bianco, semiaperto. Pelle: chiara, con macchie scure. Produzioni medie: - Carne: agnello da latte 14-17 Kg – agnellone a 6 mesi 40 -47 Kg - Latte: 1° parto 150 Kg in 100 giorni nei successivi 200 -220 Kg in 180 giorni (compresa la poppata) - Lana: (in sucido) Arieti Kg. 4 - Pecore Kg. 2,5. Di scarsa qualità

14.Laticauda

Razza italiana a duplice attitudine, con buona attitudine alla carne (elevato tasso di gemellarità e rapido accrescimento degli agnelli) e buona produzione di latte). Ha avuto probabilmente origine dalla pecora Nord-Africana, Barbaresca, formandosi, quindi, con successivi incroci con la pecora Appenninica locale e meticciamenti protrattisi nel tempo. E' originaria della Campania dove è allevata quasi esclusivamente (prov. di Avellino e Benevento). E' una razza precoce che presenta elevata prolificità e buoni ritmi di accrescimento. Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia grande:altezza media al garrese maschi cm. 82 - femmine cm. 71 con un peso rispettivamente di Kg. 95 – e Kg. 69. Fecondità alta con una prolificità del 180%. Peso nascita da 3,8 Kg a 5 Kg

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Testa: pesante, profilo montonino, priva di corna. Orecchie grandi portate in basso e lateralmente, collo lungo. Tronco: lungo e largo, garrese leggermente tagliente, torace alto e profondo, coste arcuate, groppa larga e spiovente, arti lunghi, coda grassa (lipoma caudale). Vello: bianco poco serrato, presenza di pelo giarra, ricopre il corpo ad esclusione della faccia ventrale del tronco, della regione inferiore del collo, della fronte, guance e arti fino al ginocchio e al garretto. Pelle: sottile rosea, frequenti macchie nere, marroni o rosse alle palpebre, al musello, alle orecchie e agli arti. Produzioni medie: - Latte 1° parto 70 Kg in 100 giorni e successivamente 80 - 100 kg in lattazioni di 180 giorni (caciotte –pecorini) -Lana: 2,5 – 3 Kg di scarsa qualità -Carne: agnello da latte a 45 giorni 11-15 Kg; agnellone a 6 mesi 35-45 Kg

16.Gentile di Puglia (razza merinizzata)

Razza italiana a prevalente attitudine alla produzione della lana, anche se attualmente l'orientamento del miglioramento è quello di esaltare l'attitudine alla produzione di carne. Oggi viene quindi inclusa tra le razze ovine a duplice attitudine (lana e carne). Originaria della provincia di Foggia. Diffusa particolarmente in Puglia, Basilicata, Calabria e in altre regioni meridionali. E' la razza merino italiana che si è andata costituendo a partire dal XV secolo attraverso l'incrocio fra la razza locale "Carfagna" e arieti Merinos spagnoli. Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia di medie dimensioni:altezza al garrese da 60 a 71 cm e un peso da 40 a 70 kg, i maschi hanno corna robuste a spirale regolare, mentre generalmente le femmine no. Fertilità 30%;prolificità del 120%. Età al 1° parto: 18 mesi. Testa: profilo leggermente montanino con orecchie piccole. Tronco: lungo e mediamente largo. Vello: bianco, a lana fine, costituito da bioccoli chiusi su tutto il tronco, il collo fino al dorso del naso e gli arti sino al carpo anteriori e nodello posteriori Pelle: sottile, rosea a volte presenza di piccole macchie nere o marroni alle orecchie, al musello ed all'occhio. Produzioni medie: - Carne agnello da latte a 30 giorni 10-11 Kg a 3 mesi l’agnellone pesa 20 -22 Kg. - Lana (in sucido) Arieti Kg. 6 - Pecore Kg. 3.5 di buona qualità - Latte. Al 1° parto 70 kg (30 kg al netto di quello dato agli agnelli) in 100 giorni e successivamente 100 Kg (contenuto in grasso 8%-11%) Produzione di latte in genere scarsa, in alcuni casi insufficiente persino alla nutrizione degli agnelli.

17.Sopravissana (merinizzata)

Razza italiana sfruttata nel passato per le tre attitudini (lana, carne e latte), è attualmente utilizzata soprattutto per la produzione della carne, anche se la sua lana è ottima. Ha avuto origine dalla pecora Vissana incrociata dalla seconda metà del XVIII secolo con arieti Merinos spagnoli, francesi e recentemente Gentile di Puglia. Principali regioni in cui è diffuso l'allevamento: Lazio, Umbria, Marche, Toscana, Abruzzo, Molise, Puglia. Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia media: altezza al garrese maschi cm. 71 - femmine cm. 63 e con peso rispettivamente di Kg. 66 e Kg. 50. Fertilità: 90%; prolificità 130%; età 1° parto 18 mesi. Peso alla nascita 3,5 -4 Kg.

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Testa: proporzionata, profilo rettilineo nelle femmine, lievemente montonino nei maschi, corna robuste a spirale aperta e assenti nelle femmine, con orecchie piccole. Tronco: quasi cilindrico, arti robusti, petto largo, garrese leggermente più basso della groppa. Mammelle di medio sviluppo, globose, ben attaccate con capezzoli divaricati. Vello: bianco, bioccoli prismatici, ricopre tutto il corpo, base della testa e fronte a forma di ciuffo, esclusi gli arti anteriori fino al terzo inferiore e quelli posteriori fino al garretto. Pelle: rosa - bianco. Produzioni medie: - Carne agnello da latte 12,5 – 15 Kg (abbacchio romano) – agnellone a 6 mesi 28 -35 Kg - Latte limitato 60 -70 kg, oltre quello poppato dall’agnello, elevata resa in formaggio 21-23% - Lana Arieti Kg. 6,5 - Pecore Kg. 4,5 (unica tosa primaverile) – fine e resistente

18. Merinizzata italiana

Deriva dalla popolazione polimeticcia ottenuta incrociando le razze merinizzate italiane (Gentile di Puglia e Sopravissana) con tipi genetici Merinos-derivati europei. Allevata in Abruzzo, Basilicata, Umbria e Puglia. Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia: medio-grande. Peso: - maschi 90 kg - femmine 70 kg Testa: acorne, leggermente montonina nei maschi, rettilinea nelle femmine. Vello: bianco e serrato, a lana fine di ottima qualità. La selezione attuale tende a migliorare l'attitudine alla produzione di carne, senza deprimere l'aspetto qualitativo della lana.

Nel nostro Paese esistono allevamenti specializzati di

ovini con razze importate dall'estero, soprattutto per la produzione di carne: ILE DE FRANCE di taglia grande i maschi possono raggiungere i 150 Kg, hanno una prolificità del 180% e una lana fine di qualità e BERRICHONNE DU CHER di grande taglia, vello bianco con testa acorne e prolificità del 150% (entrambe francesi) e poi. SUFFOLK con testa nera e vello bianco e DORSET (inglesi), la TEXEL, FINNICA e la ROMANOV (razze molto prolifiche), nonché la MERINO AUSTRALIANA (per la lana di qualità).

TECNICHE DI ALLEVAMENTO.

I vecchi sistemi di allevamento di tipo pastorizio - la grande transumanza orizzontale del meridione e la piccola transumanza verticale del settentrione - stanno via via scomparendo e si sta affermando il sistema stanziale - oltre al pascolamento, che per es. può essere razionale a rotazione, viene attuata una integrazione alimentare con foraggi conservati e mangimi concentrati. Vista la rusticità degli ovini si punta nei moderni orientamenti alla stabulazione stagionale, in altre parole limitata al periodo più freddo. Criteri di miglioramento genetico. In passato i pastori effettuavano una selezione massale, ovvero morfologica o fenotipica cioè facevano riprodurre solo gli individui che sembravano migliori - si ricorda però che il fenotipo di un animale risulta dall'interazione del genotipo e i fattori ambientali (paratipo). Oggi, per la scelta dei riproduttori, specialmente gli arieti, (si scelgono i maschi perchè rispetto alle femmine possono avere più figli e quindi diffondere più rapidamente il progresso genetico), vengono effettuati dei test: a) performance test o test della produttività, per i caratteri ad una più alta ereditabilità (la carne); b) progeny test o valutazione attraverso la produzione dei figli, per i caratteri a più bassa ereditabilità (il latte).

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Le femmine-riproduttrici hanno una valutazione morfologica e i controlli funzionali delle produzioni, simile a quelle delle vacche. Tutto il lavoro di miglioramento genetico avviene all'interno dei libri genealogici, e quindi di ogni riproduttore è possibile conoscere le caratteristiche produttive degli ascendenti e dei collaterali. Esistono in Italia 38 razze iscritte ai Registri anagrafici. Per i soggetti destinati alla produzione della carne si utilizza l'incrocio industriale di prima generazione per avere l'esaltazione dell'eterosi.

TECNICHE DI PRODUZIONE.

RIPRODUZIONE. La pubertà negli ovini ha un'ampia variabilità: si va da 5-6 mesi per le razze più precoci a 15-18 mesi per le razze più tardive e dipende poi anche da diversi fattori ambientali. I primi accoppiamenti mediamente intorno a 10-12 mesi. Inseminazione può essere:

1. naturale, più diffusa. Questa può essere: - libera (non permette di conoscere la paternità): viene effettuata dai pastori

immettendo un ariete per ogni 25-40 pecore per circa 40 giorni; - controllata (effettuata nell'ovile), utilizzando un maschio ruffiano (vasectomizzato) o con

un grembiule per scoprire i calori delle pecore e poi si introduce l'ariete prescelto – con questa tecnica la paternità è conosciuta ed è possibile attuare il miglioramento genetico.

2. artificiale, sempre più diffusa in Italia. E' utilizzata sia con sperma fresco (15 °C per circa 10 ore), sia congelato. Quest'ultima tecnica oltre a tutti i vantaggi tipici permette di operare più velocemente nel caso si operi con progestativi per sincronizzare i calori delle pecore per pianificare le nascite e quindi avere gli agnelli nel periodo di maggior domanda.

L'epoche di monta in genere sono due: - primaverile (principale) da aprile a giugno e darà luogo a parti natalini; - autunnale da settembre a novembre, per le pecore non fecondate in primavera e darà luogo a parti pasqualini.

CALORE. La pecora nei nostri ambienti è una poliestrale stagionale: esso si manifesta in primavera ed in autunno. E' stato accertato che esso dipende dall'alimentazione, cioè dalla maggiore disponibilità degli alimenti, e dal fotoperiodismo, infatti le maggiori ovulazioni si manifestano in autunno con l'approssimarsi del giorno più corto - il fotoperiodismo crescente provoca un rallentamento. (Sempre più pecore presentano un ciclo poliestrale annuale) La fase estrale si prolunga per 2-3 mesi nel corso dei quali le femmine non coperte possono manifestare il calore fino a 4-5 volte ogni 17 giorni per circa 30 ore, e si evidenzia solo quando è presente il maschio.

Sia i maschi che le femmine iniziano la carriera produttiva a 10-12 mesi, la pubertà invece si comincia a manifestare da 5 a 11 mesi.

La durata della vita nella specie ovina è di 11 – 13 anni, quella economica media di 7, mentre la carriera riproduttiva si riduce a 4 – 5 anni.

La fecondità è elevata: sino a 90-95% - è stato dimostrato che una forzatura alimentare (flushing) a 3-4 settimane prima dell'ovulazione aumenta il numero degli ovuli prodotti e quindi la prolificità.

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GRAVIDANZA dura da 142 a 160 giorni (circa 5 mesi) - il massimo sviluppo del feto si ha a partire dal 4 mese. Il peso alla nascita dell'agnello è di 2,5-3 kg sino a 5-6 kg. L'attitudine a parti gemellari è un carattere individuale e di razza (vedi la razza bergamasca e comisana).

Diagnosi di gravidanza: a) non ritorno del calore;

b) livello del progesterone ematico a 18-20 giorni, c) esame con gli ultrasuoni, che segnalano ad es. le pulsazioni fetali.

PARTO si svolge rapidamente, dura circa mezz'ora. - Le cure post-partum sono le stesse viste per i bovini sia per la madre che per l'agnello. Il secondamento avviene poco dopo il parto. ALLATTAMENTO. Si sta sempre più diffondendo l'allattamento artificiale, con l'impiego di latti ricostituiti che sono in genere molto ricchi sia di proteine e grassi che sono nello stesso rapporto del latte di pecora, distribuiti in 3-4 poppate o "ad libitum"- quest'ultima più preferita perché sembra ridurre la quantità di latte ingerito.

Importanti sono anche i ricoveri, che devono essere asciutti, illuminati, senza correnti d'aria e un'igiene molto curata - temperatura ottimale 14-20°C. SVEZZAMENTO, da notare che per gli agnelli da latte e per gli agnelli precoci coincide con la macellazione, mentre per le altre categorie, dopo lo svezzamento e prima della macellazione vi è un periodo di ingrassamento.

Si distinguono due tipi di svezzamento: - naturale, di 90-120 giorni, seguito da una alimentazione "mista" a pascolo e a mangimi concentrati - per soggetti destinati alla rimonta. - precoce, di 49 -56 giorni, seguita o da una alimentazione intensiva in ovile o "mista" al pascolo - per tutti quei soggetti macellati ad un peso più o meno elevato.

MACELLAZIONE: tecnica simile a quella dei bovini - la resa alla macellazione varia a secondo della modalità di preparazione delle carcasse.

Resa in carcassa: animale dissanguato e privato degli organi interni, della testa, della pelle e della parte distale degli arti. Resa al macello: giovani circa il 55%, adulti circa il 50%. Tagli più pregiati sono: filetto, costolette, lombata, coscio che sono poi il 46% del peso della carcassa.

ALIMENTAZIONE.

Criteri generali: Si seguono gli stessi criteri visti per l'alimentazione dei bovini: occorre conoscere i fabbisogni nutrizionali degli agnelli nelle diverse fasi del loro ciclo produttivo. Mantenimento ovile 0,98 UF/q

Pascolo 1,28 UF/q

Per la gravidanza questi valori vanno aumentati, soprattutto a partire dal 4 mese, perchè l'accrescimento del feto diviene molto rapido, in pratica si aumentano di 0,2 – 03 UF il giorno. Per l'allattamento si considera 0,56-0,76 UF per kg di latte in funzione della percentuale di grasso presente. Per gli animali giovani va inoltre considerato il fabbisogno di accrescimento che varia a secondo del peso e dell'IPG ed eventualmente il fabbisogno di ingrasso.

Oltre al fabbisogno energetico, che oggi viene espresso anche in UFL e UFC, occorre calcolarsi per le varie fasi anche il fabbisogno in proteine (30 g /giorno per una pecora di 50 Kg), sali minerali,

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soprattutto il calcio (0,05 g per Kg di peso) e il fosforo (0,03 g per Kg di peso), acqua 3 – 4 Kg per Kg di sostanza secca ed eventualmente quello in vitamine. Per fare una corretta razione alimentare occorre conoscere il livello di ingestione volontario di una pecora che è 5 - 5,5 kg di s.s/q di peso vivo - decisamente superiore a quello bovino. Si ricorda che quest'ultimo è un valore medio indicativo e dipende sia da fattori ambientali, individuali - ad es. malattie e stadio produttivo diverso - e l'appetibilità dello stesso alimento. Fabbisogno medio annuo per una pecora da latte da 365 a 475 UF

Infatti il fabbisogno energetico di una pecora adulta di 50 kg allevata al pascolo con una produzione complessiva di 150 Kg di latte:

mantenimento + pascolo 0.64 UF x 365 giorni = 233,6 (1,28 UF/q) gravidanza 0,25 UF x 60 giorni = 15 (0,25 UF per 60 giorni) Latte 0,66 UF X 150 giorni = 99 (0,66 UF x 150 giorni) Totale UF = 347.6 UF Esempio di allevamento degli ovini

Scopo dell’allevamento: produzione di agnello da latte (abbacchio) peso vivo 10-12 Kg. Allevamento formato da 100 arieti (da 2 a 7 anni) quindi con una carriera produttiva (n) di 5 anni e da 1000 pecore (da 2 a 10 anni) con una carriera produttiva (n) di 8 anni e una fertilità del 110% che produrranno 1100 agnelli di cui 165 agnelle e 22 agnelli per la rimonta considerata la mortalità postatale. Abbacchi prodotti saranno 913 = 1100 prodotti e 187 riempiegati. Nell’azienda nel complesso ci sono: 1000 pecore (da 2 a 10 anni) peso – 40 Kg 165 agnelle (da 0 a 1 anno) peso – 20 kg 160 ciavarre (pecore giovani) (da 1 a 2 anni) peso – 33 kg 22 agnelli (da 0 a 1 anni) peso – 28 kg 21 ciavarri (arieti giovani) (da 1 a 2 anni) peso – 40 kg 100 arieti (da 2 a 7 anni) peso – 55 kg Per totale 1468 capi Prodotti: abbacchi 913 pecore di scarto 100 arieti di scarto 15 Latte pecora 1000 X 40 Kg Lana per 1468 X 3,5 Kg

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Parte 6. ALLEVAMENTO CAPRINI

ADDOMESTICAMENTO E ORIGINE DELLE RAZZE CAPRINE

La capra si dice che sia stato il primo ruminante addomesticato dall'uomo e che fra gli animali addomesticati sia seconda solo al cane. Secondo molti autori si ipotizza che l'addomesticamento venga datato ad almeno 10.000 anni fa' anche se questo e reso difficile sia per la possibilità di confondere i reperti ossei di altri caviformi sia per la possibilità di confondere le ossa con altri animali addomesticati. Esistono comunque controversie circa il sito dell'avvenuta addomesticazione della capra, tutte le fonti concordano nell'individuarlo nella attuale zona tra "Iran e Iraq".

CLASSIFICAZIONE DELLE RAZZE CAPRINE

Si possono identificate due gruppi a cui appartengono le capre domestiche: il gruppo hircus e il gruppo prisca. Al gruppo hircus appartengono le razze rappresentate in Europa, al gruppo prisca appartengono le razze presenti in Arabia, Siria e Africa settentrionale e Nepal. La capra è senza dubbio derivata dall'addomesticanento dei bezoar. Le attuali suddivisioni delle razze caprine seguono o criteri geografici o criteri produttivi.

Classificazione secondo criteri geografici con suddivisione delle razze in tre gruppi:

a) Razze Alpine o Europee (Capra hircus):con fronte larga e corna di medio sviluppo rivolte all'indietro o assenti in ambo i sessi, dì cui fanno parte le razze svizzere (Saanen, Toggenburg, Carnosciata, ecc.), le razze tedesche (Harz, Turingia, Selva Nera, ecc.),le razze francesi (di Poitou, dei Pirenei, Mont d'Or, ecc.), e tutte le capre che popolano le nostre Alpi e quelle dell'Europa centrale e settentrionale;

b) Razze africane o mediterranee (Capra prisca):di cui fanno parte la Maltese, la Nubiana dell'Africa nord-orientale l'Egiziana, dotate di grande attitudine alla produzione latte, la capra nana della Somalia dal mantello camosciato, la capra della Libia e la capra dell'Eritrea, tutte caratterizzate da mole modesta, assenza dì corna e mammella ben sviluppata;

c) Razze asiatiche (Capra falconieri): alle quali appartengono la capra d'Angora, dal mantello bianco purissimo (raramente scuro), dal vello lungo e sericeo, separato mediante opportuna pettinatura, in pelo grossolano, usato per fabbricare tessuti grezzi e la capra del Kashemir, allevata nel gruppo dell'Himalaya, della quale viene utilizzato il sottovello morbidissimo, utilizzato per produrre notissimi filati, detti appunto Kashemir

ASPETTI GENERALI PER L' ALLEVAMENTO. La capra è in grado di dare produzioni superiori per unità di superficie sia in ambienti sfavorevoli sia in aree agronomiche ottime. Ha una fecondità e fertilità superiore a ogni altro ruminante. Si presta bene ad un allevamento di tipo intensivo. Permette una rapida risposta alla selezione in quanto è dotata di un ciclo riproduttivo relativamente breve. L'allevamento caprino intensivo si prefigge di realizzare il maggior vantaggio economico con la produzione che gli è peculiare cioè quella del latte: nei migliori allevamenti la lattazione annua individuale raggiunge spesso i 700-800 kg: è questo l'obbiettivo cui si intende con la selezione, mentre negli allevamenti semi-intensivi l'obbiettivo si aggira sui 550-600 kg nei pascoli ricchi, nei meno ricchi 400 kg. La produzione totale varia sia in rapporto alla razza e al tipo di alimentazione, ma anche alla durata della lattazione che dura in media tra 220-240 giorni a seconda dello stato sanitario.

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Si deve comunque convenire che nell'allevamento intensivo, fermo restando il peso che la base genetica ha e perciò la scelta di una razza altamente specializzata per il latte è soprattutto l'ambiente, con i suoi fattori essenziali che condiziona la produzione lattea. Per quanto riguarda le esigenze alimentari caprine bisogna in primo luogo soddisfare i fabbisogni di base, poi quelle che riguardano le necessita delle produzioni e bisogna considerare anche la presenza della prole (capretti ) e quindi aggiungerla a quelle sopra considerate. I fabbisogni energetici vengono espressi in unità foraggere latte (UFL),La razione alimentare non deve solo soddisfare compiutamente tutti i fabbisogni energetici, proteici e minerali e vitaminici ma deve anche risultare la meno costosa.

In linea generale per capre destinate alla produzione di carne con un peso di circa 60 kg si esige un apporto di 300 UFC ma in caso di un intensa attività motoria e di particolari condizioni ambientali questa deve essere aumentata (fino al 50%) Inoltre se si tratta di capre gravide, occorre mediamente una maggiorazione quotidiana di 0,45 UFL solo dal terzo mese dì gestazione fino al momento dei parto.

Miglioramento genetico

Il patrimonio caprino italiano ha una consistenza numerica di più' di un milione di capi, allevati per oltre l'80% nell'Italia peninsulare e continentale in piccolissimo greggi, prevalentemente localizzati nelle zone collinari e montane. Solo una piccolo parte dell'allevamento caprino nazionali è costituito da vere e proprie razze, essendo in prevalenza formato da popolazioni meticce originatesi dai più disparati incroci che, sotto l'influenza dei fattori ambientali, hanno assunto caratteristiche comuni. Di queste popolazioni fino a non molti anni addietro, sì conosceva assai poco, sia nei riguardi delle caratteristiche morfologiche che di quelle funzionali, sebbene di qualcuna fosse ben nota la buona e anche l'ottima attitudine produttiva. E' stato con l'istituzione dei Libro genealogico nazionale delle razze caprine che ha avuto inizio lo studio dei più' importanti gruppi etnici. L'indirizzo produttivo prevalente è il latte poi viene quello della carne per la macellazione dei capretti in occasione delle festività (natale e pasqua), in misura minore per la pelle (per carpe e guanti) e per il pelo, soprattutto per la capra d'angora e quella di kashmir (mohair).

Gran parte dei latte prodotto è destinato alla caseificazione. Le linee del miglioramento attuato nel nostro paese sono cosi puntualizzate:

1) Studio delle principali popolazioni caprine e individuazione dei gruppi etnici da migliorare. 2) Indirizzi da seguire nel miglioramento (selezione o incrocio) a seconda della potenzialità

genetica e produttiva del materiale di partenza. 3) Criteri da adottare per l'attuazione della selezione.

L'eterogeneità genetica con le scarse conoscenze delle caratteristiche produttive del patrimonio

caprino nazionale hanno reso e rendono prioritario lo studio e l'individuazione dei gruppi etnici di cui esaltare le attitudini mediante selezione. Per le popolazioni di minor valore è invece necessario il ricorso all'incrocio scegliendo con la dovuta oculatezza, le razze incrocianti a seconda degli ambienti, della potenzialità genetica e produttiva del materiale di partenza.

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In pratica quindi le vie da seguire sono:

a) Esaltazione delle attitudini produttive mediante selezione nelle razze di cui sono stati stabiliti o si stabiliranno i caratteri tipici e gli indirizzi di miglioramento.

b) Miglioramento mediante incrocio delle popolazioni di minore valore genetico. Il miglioramento si può avere con la selezione o con l'incrocio e con modalità diverse a seconda

degli obiettivi che si vogliono raggiungere

Di queste razze in Italia esiste il libro genealogico.

Saanen: La capra Saanen vanta in Italia una consistenza di circa 4.000 capi insediati principalmente nel Piemonte, nell'Emilia, nelle Puglie e nelle isole maggiori. La capra Saanen produce altissime quantità di latte: nelle primipare 300 Kg, mentre le pluripare a 700-800 kg di latte per una lattazione di 210 giorni con punte record di 2000 kg (con una percentuale di grasso di 3,3% e di proteine 3% e con un accentuato odore ircino, che al consumatore risulta sgradevole.) La razza è originaria della Svizzera e diffusa in molti altri paesi, l'allevamento è semistabulato e stabulato in media e grandi allevamenti: Taglia medio- grande: l'altezza al garrese del maschio è di 90 cm e della femmina 72 cm con un peso rispettivamente di 90 kg e di 60 kg. La fecondità è di circa il 90%; prolificità del 160% e l’età al 1° parto: 12 mesi. Morfologia: la testa è relativamente piccola, leggera e fine con profilo nasale rettilineo orecchie allungate e portate di lato obliquamente e in avanti mai abbandonate o pendenti, originariamente acorne sia nel maschi che nelle femmine attualmente per una mutazione vi è un numero sempre più crescente presentano le corna. L'apparato mammario anche da quanto si vede sopra è ampio e ben sviluppato, con capezzoli molto sviluppati. Il mantello si presenta bianco (a volte leggermente rosato),con pelo corto e fine. Per quanto riguarda il miglioramento di questa razza si cerca di esaltare la produzione lattea e l'attitudine ai parti plurimi.

Camosciata delle Alpi: (circa 40.000 capi). Originaria della Svizzera, si è diffusa in molti Paesi europei (in particolare in Francia) ed extra europei. In Italia viene allevata nelle regioni dell'arco alpino, soprattutto in Piemonte e in Trentino-Alto Adige. Il Libro Genealogico di razza è stato attivato in Italia nel 1973. Frugale nell'alimentazione, robusta e forte, si adatta alle situazioni più diverse. Indole docile e affettuosa. Ottima produttrice di latte. Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia medio-grande: altezza media al garrese maschi cm. 86 e femmine cm. 74, con peso medio rispettivamente di 100 Kg e 70Kg. Fecondità: 95%; Prolificità: 160%; Età al 1° parto: 12 mesi. Peso medio dei capretti alla nascita 3,5 kg, a 60 giorni 12,5 kg Produzioni medie latte: primipare 260 Kg, mentre le pluripare 500 Kg in 210 giorni (3,5% grasso e 3,1 proteine). Testa: relativamente piccola, leggera e fine, barba nei maschi, con corna portate all’indietro. Orecchie: lunghe, oblique in avanti mai pendenti. Tronco: torace ed addome ampi, mammelle di tipo piriforme e capezzoli ben sviluppati.

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Mantello: fulvo con varie tonalità, pelo corto, con riga mulina. Estremità degli arti e unghielli neri, caratteristica maschera facciale. Pelle: sottile, pigmentata in nero; lingua, palato ed aperture naturali scure.

Maltese: (48.000 capi). Le origini lontane di questa razza sono il versante medio-orientale del bacino del Mediterraneo. E' stata selezionata in Italia. Zona di maggiore allevamento: Sicilia e regioni del centro sud. Altri piccoli gruppi in regioni del nord. Spiccata attitudine lattifera che ben si adatta al sistema intensivo stallino. Allevata allo stato brado, semibrado e stabulato. Il Libro Genealogico è stato attivato in Italia nel 1973. Prevalente l'attitudine alla produzione di latte. Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia media-piccola : altezza media al garrese: maschi 87 cm e femmine 71 cm un peso medio: rispettivamente di 70 Kg e 46 Kg. Fecondità 95%; prolificità 180%; Età al 1° Parto: 15 mesi. Peso medio dei capretti alla nascita 3,5 kg e a 60 giorni 11 kg. Testa: medio-leggera, acorne, con pezzature nere (nuca, orecchie e mascella). Orecchie lunghe, larghe e pendenti; nel maschio barba e ciuffo frontale. Tronco: torace e addome ampi; arti robusti; mammella ben sviluppata. Mammella ampia, di tipo pecorino, raramente piriforme, con capezzoli sviluppati. Arti robusti con unghielli di colore grigio o tendenti al giallo. Mantello: peli lunghi di colore bianco-giallastro possibilità di pezzature nere), spesso. Pelle bianco-rosea con eccezione delle zone in cui è presente la pezzatura. Produzioni medie latte: primipare 400 Kg mentre le pluripare 550 Kg per lattazioni di 210 giorni (Contenuto in grasso 5,1% e proteine 4,3%) . Girgentana: (4.000 capi). Le antiche origini di questa razza sono da ricercare nella capra Falconeri o Markor, proveniente dall'Asia Occidentale. Si è diffusa in passato in Sicilia, specialmente nella provincia di Agrigento (da cui prende il nome "Girgenti"). Attualmente è allevata soprattutto in Sicilia (prov. Agrigento) e in Calabria, allo stato semistabulato o stabulato. Il Libro Genealogico è stato attivato nel 1973. Molto buona la produzione di latte. Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia media: altezza media al garrese maschi 85 cm e le femmine 80 cm con un peso rispettivamente di 65 kg e 46 Kg. Fecondità 95%; prolificità 190%; età al 1° parto 15 mesi. Peso alla nascita: 3,5 kg e a 60 giorni 10,5 kg Testa: piccola, fine con profilo fronto-nasale camuso. Presenza di barba nel maschio e nella femmina. Orecchie medio-piccole, erette. Corna in ambo i sessi attorcigliate, erette e turrite. Tettole di norma presenti in entrambe i sessi. Tronco: torace ed addome ampi. Groppa sviluppata. Apparato mammario ampio, generalmente con mammelle tipiche pecorine. Arti di media lunghezza, abbastanza sottili, con unghielli marrone tendenti al giallo. Mantello: bianco con fronte e mascellari fulvi tendenti al marrone; pelo ruvido abbastanza lungo; pelle bianco-rosea. Produzioni medie latte: primipare 300 kg mentre le pluripare 400 Kg (4,7% di grasso e 4,2% proteine) Garganica: (100.000 capi) Razza italiana originaria del promontorio del Gargano (Puglia) derivata dall'incrocio di

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soggetti autoctoni con capre provenienti dall'Ovest dell'Europa. Zona di maggiore diffusione: Puglia promontorio del Gargano (provincia di Foggia) e in altre regioni del centro-sud. Rustica e particolarmente adatta all'allevamento brado in ambienti molto difficili. Il Libro Genealogico è stato attivato nel 1973. L'attitudine principale è la produzione di latte. Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia media: altezza media al garrese maschi 85 cm e le femmine 75 cm con un peso rispettivamente di 55 e 35 Kg. Fecondità 95%; prolificità 180% e 1° parto a 18 mesi. Peso alla nascita circa 3 Kg e dopo 60 giorni circa 11,5 Kg Testa: piccola, provvista di corna in ambo i sessi, faccia lunga e triangolare, ciuffo folto in fronte, mento con barba ben sviluppata; orecchie lunghe, portate di lato ed orizzontalmente. Tronco: garrese sporgente, regione dorso-lombare rettilinea, mammelle di medio sviluppo con capezzoli piccoli, presenza di capezzoli soprannumerari. Mantello: nero lucente, a volte con sfumature rossastre.; pelle elastica nera. Produzioni medie latte: primipare 180 Kg per lattazione di 150 giorni, mentre le pluripare 250 kg in 210 giorni (4,3% grasso e 3,8% proteine) Sarda: (250.000 capi) Razza autoctona della Sardegna (dove è tuttora allevata), derivata dall'introduzione di razze diverse (specialmente Maltese). Molto rustica, media attitudine lattifera e modesta prolificità. Adatta ad ambienti difficili. Il Libro Genealogico è stato attivato nel 2002. Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia media: altezza media al garrese maschi 78 cm e femmine 70 cm con un peso rispettivamente di 60 Kg e 45 Kg. Peso alla nascita: 2,8 kg, a 60 giorni 11 kg. Età al 1° parto 20 mesi. Testa: piccola e leggera nelle femmine, più grossa nel maschio, profilo quasi rettilineo; con o senza corna. Orecchie media lunghezza e larghezza, quasi orizzontali. Tronco: torace profondo, addome ampio. Mammella ben sviluppata, ampio attacco, globosa capezzoli grandi e distanziati. Arti robusti con unghielli solidi. Mantello: più frequentemente bianco e grigio. Produzione media latte: primipare 160 Kg mentre le pluripare 250 Kg per lattazioni di 210 giorni

Kashmir. Razza di capre da pelo originaria del Kashmir (regione nord-occidentale dell'India). Oggi allevata in molti altri stati (India, Tibet, Cina, Mongolia, Pakistan e Afghanistan) per la produzione del pelo di altissima qualità (cachemire, fibra di straordinaria finezza pari a 13-15 micron contro i 24 micron della lana più pregiata presente in commercio proveniente da pecore Merinos). Negli altipiani di origine vive anche a 6.000 metri di altezza. Il primo produttore mondiale di cashmere grezzo è la Cina (60% della produzione mondiale), seguita da altri paesi dell'area come Mongolia, India, Pakistan, Iran, Afganistan; da qualche anno viene allevata anche in Australia, Stati Uniti, Scozia e Francia. E' pero l'Italia il primo paese trasformatore, nei suoi centri tessili lanieri di Biella e Prato. La lavorazione è quella della lana, con la differenza che il cashmere deve essere separato dal pelo (giarra),

recuperato ed utilizzato per produrre pellicce.

Il cashmere è il sottopelo della capra. La giarra, cioè il pelo vero e proprio, deve essere separata dal sottopelo ed è per questo che si preferisce non tosare queste capre, ma utilizzare un altro metodo. La raccolta della fibra si effettua infatti pettinando le capre. Il cashmere non è particolarmente delicato: non va lavato a secco ma solo con acqua fredda o al massimo a 40 °C;

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per limitare l'infeltrimento, come per la lana, è importante che la temperatura del lavaggio e del risciacquo sia la stessa. Rispetto alla lana ha un vantaggio: non necessita di ammorbidente, ed anzi con i lavaggi diventa sempre più morbido. Questo perché solo la pecora produce lanolina, una sostanza grassa che impregna e protegge la lana impermeabilizzandola, e che viene in gran parte eliminata con il lavaggio effettuato dopo la tosatura e poi nei lavaggi in lavatrice. La qualità della fibra è comunque molto diversa a seconda dell'animale che lo ha prodotto, e anche della sua età: più è giovane, maggiore è la finezza. Anche il colore è molto variabile: dal panna al grigio, dal nocciola al nero. Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia medio-piccola. peso medio maschi 60 kg e le femmine 40 kg. Corna di lunghezza variabile. Mantello: bianco, variabile, spesso con zone più scure sul dorso; pelo molto lungo. Produzione di fibra: ogni pettinatura 200-210 g di prodotto pulito per capo. L'allevamento non richiede cure particolari rispetto a quello destinato esclusivamente alla produzione di latte e carne; inoltre può contribuire a valorizzare le zone marginali della collina e quelle interne di montagna, dove è sempre più difficile trovare delle valide alternative economiche. Tibetana - Il colore del mantello può essere bianco, nero, marrone o pezzato con due o tre colori. Taglia medio -piccolo: altezza al garrese 50-60 cm e peso medio degli adulti 20-30 kg: le femmine sono leggermente più piccole del maschio. Generalmente si accoppiano a metà autunno. Il maschio in quel periodo diventa molto odoroso per via di sostanze ormonali secrete assieme all'urina: 140 giorni dopo la fecondazione i piccoli, uno nelle femmine primipare, 2 nelle altre. Rari ma non eccezionali i parti tripli. 40 giorni prima del parto nella femmina cominciano a gonfiarsi le mammelle e qualche giorno prima dell’evento la femmina si apparta e viaggia staccata dal gruppo in attesa del momento di partorire. Il peso dei cuccioli appena nati varia dal chilo al chilo e mezzo. A sei mesi i piccoli sono svezzati e la femmina è pronta per una nuova gravidanza.

Toggenburg Razza caprina svizzera originaria del cantone di San Gallo, più precisamente del distretto di Obertoggenburg (il nome deriva dalla vallata omonima). Razza rustica simile alla Saanen. Razza versatile, con grande capacità di adattamento. Ha una buona produttività di latte e presenta una spiccata prolificità con parti frequentemente bigemini. Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia media: altezza media al garrese maschi 75 – 85 cm e le femmine 70 – 80 cm con peso rispettivamente di 65 Kg e 45 Kg Testa: generalmente acorne. Tronco: corporatura è tarchiata, con torace ampio e profondo, con arti brevi e robusti; ben sviluppata e conformata. Vello: colore bruno chiaro al bruno rossiccio, con striature bianche sulla testa, le zampe, la coda; il pelo varia da corto, a medio-lungo, a lungo. Produzione media latte: pluripare 700 Kg per lattazione. (contenuto di grasso 3,30% proteine 2,80%)

Angora Razza di capre da pelo originaria della Turchia. L'origine risale ad almeno 3.000 anni fa. Il nome Angora deriva dalla regione di origine (Ankara).. In Europa viene allevata (Francia, Inghilterra, Germania, Svizzera e Italia) anche se i volumi di fibra prodotti sono molto modesti.

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Produce un pelo pregiatissimo e sericeo (il "mohair", che deriva dal turco "mukhyar", termine che viene usato per indicare i velli più pregiati), adatto per la produzione di filati di alta qualità. Razza frugale, che può vivere in ambienti difficili. Molto sensibile alle condizioni climatiche avverse nelle 3-4 settimane successive alla tosa (a volte vengono usati degli speciali "cappotti"). La presenza di ectoparassiti può deprimere notevolmente il valore del mohair prodotto. Caratteristiche morfologiche e produttive Taglia piccola. Peso medio maschi 40-45 kg e le femmine 30-35 kg. Il peso dei capretti alla nascita è di circa 2 kg. Testa: profilo diritto, provvista di corna oblique, a spirale nel maschio, dirette all'indietro nella femmina. Mantello: bianco (ma esistono ceppi a pelo colorato, nero, giallo, marrone), lucente e raggiunge anche i 25 cm di lunghezza. La tosatura viene normalmente effettuata a marzo e settembre. Più lungo rispetto alla pecora il lavoro di tosatura (si usa un pettine diverso. Il mohair di migliore qualità ("kid-mohair) si ottiene tosando i capretti per la prima e seconda volta, ricavando 1,3-1,5 kg di fibra finissima. Produzione di lana a capo: 3-4,5 kg con fibra lunga dai 12 ai 20 cm.

Tecniche di produzione delle capre.

Un becco può fecondare da 80 a 120 capre all'anno - ottimale da 25 a 35 -; manifestano la pubertà a circa 5 mesi, ma il primo accoppiamento a 15 - 16 mesi e durano per circa 5 - 6 anni Nelle femmine i primi calori si manifestano a 5-6 mesi, ma i primi accoppiamenti si anno oltre il 7-8 mese. Il calore si manifesta da luglio a gennaio, a volte sino a marzo e dura per 1-2 giorni, per un ciclo estrale di 21 giorni Flushing alimentare e sincronizzazione dei calori come per la pecora: per aumentare la prolificità e pianificare le nascite in funzione delle esigenze del mercato. L’inseminazione strumentale è in via di sperimentazione e pertanto poco diffusa. La gravidanza: dura in media 5 mesi – ed è una specie molto prolifica (da 1 a 5 capretti a parto); Il peso dei capretti alla nascita varia da 2,5 a 5 Kg Si va sempre più diffondendo l'allattamento artificiale, anche se nei piccoli allevamenti, che poi sono la maggioranza, permane l'allattamento naturale. La durata dell'allattamento è da 1 mese sino a 2,5 mesi se il capretto è destinato al macello, di circa 3 mesi se destinato a diventare un riproduttore. Fabbisogni alimentari: simili alla pecora, ad eccezione della produzione di latte perchè presenta una minore % di grasso - circa 4,5%. 0,4 UF/kg di latte.

La lattazione va da 3 mesi a 10 mesi, in medi dura 7-8 mesi, con un picco di lattazione tra il 30 e il 60 giorni Composizione del latte di capra.

Acqua 86,7% s.s. 13,3% di cui 4,5% grasso; 4,1% lattosio; 2,9% proteine; 0,8% ceneri.

da Vitagliano "Industrie Agrarie". Utet Produzione della carne: capretto da latte, dopo 30-40 giorni circa 10-12 Kg caprettone, età di circa 4-6 mesi e un peso di circa 20 kg.

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PARTE 7 Esercitazioni per Esame di Stato

1.Azienda cerealicolo-zootecnica della Pianura Padana.

Il fondo si trova nella pianura Padana; ha superficie di 54 ha di cui 4,0 ha sono costituiti da tare e 50 ha sono in rotazione quinquennale: mais raccolto a maturazione cerosa per silomais, erbaio di orzo, medica per tre anni interamente affienato. Tra la raccolta dell'orzo e la semina del prato di medica viene fatta una coltura intercalare di granturchino. Il terreno è ben sistemato; la viabilità aziendale è curata e sufficiente; il fondo è irriguo.

Le scorte vive comprendono bovini di razza Frisona di alta genealogia e di età diversa dagli uno ai dieci anni. La rimonta è interna con acquisto si seme dal centro genetico. I vitelli che non servono alla rimonta interna vengono venduti dopo aver preso il colostro Calcolare le unità foraggere totali prodotte in azienda

Foraggi Superficie (ha) Resa (q/ha) UF/q UF totali

Silomais

Erbaio di orzo

Fieno di medica

Granturchino

Totale UF =

Individuate i fabbisogni nutrizionali medi di una vacca di razza frisona alla terza lattazione di 6

quintali di peso vivo che produce 30 kg di latte al giorno al 3,5% di grasso e al 7° mese di

gravidanza. Si ricorda che l'allevamento è in stabulazione fissa e che le condizioni climatiche sono ottimali. Occorrono soddisfare i seguenti fabbisogni (secondo il metodo tradizionale): fabbisogni di mantenimento: si compone di una quota di alimenti in grado di fornire all'animale principi nutritivi sufficienti per mantenere vitali le proprie funzioni fisiologiche senza che si verifichi alcuna variazione ponderale. In pratica coincide con il metabolismo basale e viene determinato tenendo a completo digiuno e a riposo l'animale in un ambiente termostatato. Essa comprende diversi fabbisogni: a) energetico: varia con l'età e il peso dell'animale; negli adulti dei bovini mediamente 0,7 – 0,8 UF/q di peso vivo. b) proteico: varia con l'età e il peso dell'animale; negli adulti bovini circa 60 g di proteine digeribili (PD)/q di peso vivo c) sali minerali e vitaminico: non esistono particolari fabbisogni per sopperire ai consumi del "puro" mantenimento. Si controllano solo il Ca e il P (macroelementi) - calcio: 6,5g/q di p.v.

- fosforo: 5g/q di p.v.

fabbisogni di accrescimento. Si considera solo per gli animali ancora giovani: l'accrescimento consiste nella moltiplicazione ed aumento di volume delle cellule che formano i tessuti e gli organi di un animale, dal momento del suo concepimento al momento in cui questo raggiunge l'età adulta.

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Esistono delle tabelle che a seconda del peso dell'animale e dell'IPG (incremento ponderale giornaliero) riportano sia i fabbisogni di mantenimento che di accrescimento. Tutti i fabbisogni sono unitariamente estremamente elevati rispetti a quegli degli adulti e in particolare in sali minerali (soprattutto Ca e P, importanti nell'ossificazione). Per la produzione di latte. I fabbisogni sono direttamente collegati alla quantità di latte prodotto e alla sua composizione in proteine e grasso (il grasso rappresenta la maggior fonte di asporto energetico del latte). Fabbisogno energetico: 0,3 - 0,4 UF/ Kg di latte e in funzione della percentuale di grasso presente Fabbisogno proteico: 60 g di proteina digeribili. /Kg di latte Fabbisogno in sali minerali: Calcio 4.2 g/ Kg di latte Fosforo 1,7 g/ Kg di latte fabbisogni per la gestazione. L'accrescimento del feto è limitato sino al 5° mese, poi dal 6° al 9° mese diviene molto rapido e pertanto i fabbisogni vengono calcolati a partire dal 6- 7° mese sino al parto. In pratica si valutano tali fabbisogni come se la gestante producesse al 7° mese 2 Kg di latte al giorno in più; 8° mese 4 Kg di latte al giorno in più 9° mese 6 Kg di latte al giorno in più Nel calcolo dei fabbisogni per un bovino bisogna tenere inoltre in conto:

il livello di ingestione (o fabbisogno in sostanza secca) che rappresenta la quantità di sostanza secca che un animale riesce ad ingerire in un giorno, in funzione di fattori genetici individuali e fattori ambientali: per le bovine da latte in media 3 kg di S.S./q di peso vivo

il fabbisogno in fibra grezza, per un corretto funzionamento dei prestomaci, per una vacca da latte circa il 20% della S.S. - (mentre per i maschi si può scendere anche al 10-15% della S.S) - infatti tale quota assicura tra gli AGV un 60% di acido acetico (precursore del grasso del latte) e un pH ruminale ottimale tra il 6,6 e 6,1.

Schema di tabella per la determinazione dei fabbisogni giornalieri di un bovinocandinavo (metodo tradizionale) UF PD

g Ca g

P g

S.S. Kg

Fibra Kg

Mantenimento Accrescimento Prod. Latte Gravidanza Termoregolazione Stabulaz. Libera Pascolamento

Totale Per compilare la tabella utilizzati i dati forniti nella descrizione dei fabbisogni

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Determinate il fabbisogno medio totale annuo di UF di questa vacca frisona.

In media UF medio annuo per capo adulto bovino oscilla tra i 3000 e i 5000;

Conoscendo le UF totale prodotte in azienda, ipotizzando un acquisto di un 30% di mangime concentrato dal mercato, calcolare il peso vivo mantenibile in azienda realizzando una ripartizione per classi d'età secondo questo schema:

L'azienda presenta un peso vivo mantenibile di ………… capi adulti e una seguente ripartizione per

classi di età: Anni Peso medio N° capi 0-1 Vitelle 180 Kg 1-2 Manze 370 Kg 2-3 Vacche 570 Kg 3-9 Vacche 600 Kg La carriera produttiva delle vacche (età I° accoppiamento 16 mesi) è di 5 lattazioni con una durata media di 300 giorni. La rimonta è interna - QR (n° vacche/5) = 6 - con acquisto di seme dal Centro Tori. L'indice di fertilità è del 90% e la durata dell'interparto è di 15 mesi. Esempio di fabbisogni energetici in UF: Manten/accrescimento manze 4,6 UF/giorno Manten/accrescimento vitelle 3,4 UF/giorno Mantenimento vacche giovani 4,1 UF/giorno Mantenimento vacche 4,2 UF/giorno Prod. Latte (18 Kg al 3,5% gra.) 6,3 UF/giorno Fabb. Gravidanza medio 2 UF/giorno Fabb. Movimento - termoregolazione

1 UF/giorno

Produzioni: - Latte: - pluripare - …… x 80 q = ……. q - secondipare - …… x 65 q = ……. q - primipare - …… x 45 q = ……. q TOTALE ….… q di latte - Vitelli - nati: ……

- impiegati per la rimonta: ……Vitelli - vendibili: …….. vitelli scolostrati

- vacche di scarto - ……. vacche - letame - (25-30 volte il peso vivo in q): ………….. 8400 q

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Esempio 2: AZIENDA ZOOTECNICA

Esempio di azienda zootecnica localizzata nella pianura Padana con un terreno di medio impasto e con possibilità di irrigazione per una superficie complessiva di 18 Ha, condotta in economia diretta. Nell'azienda, in stabulazione libera, vengono allevate pezzate nere italiane migliorate per la produzione di latte di qualità e di vitelli scolostrati. (Venduti a 10 giorni) La superficie totale di 18 Ha presenta una SAU di 16,2 ha - in una rotazione sessennale così costituita: MAIS (raccolto a maturazione cerosa); CEREALE autunno-vernino (orzo/avena); MEDICA per 4^ anni. Tra il cereale autunno-vernino e l'impianto della medica un ERBAIO INTERCALARE ESTIVO - il granturchino. Per cui la superficie aziendale sarà così ripartita: 2,7 Ha Mais a maturazione cerosa 550q/Ha 23 UF/q - 12000 UF/Ha 32.400 UF 2,7 Ha Erbaio invernale (orzo/avena) 300q/Ha 12 UF/q - 3600 UF/Ha 9.720 UF 10,8 Ha Erba medica affienabile I° 50q/Ha

II°35q/Ha III°25q/Ha IV°20q/Ha

45 UF/q - 5850 UF/Ha

63.180 UF

2,7 Ha Granturchino 400q/Ha 12 UF/q - 5000 UF/Ha 13.500 UF Per una produzione totale di UF aziendali pari a 118.800

L'azienda presenta 30 vacche di Pezzata nera italiana in produzione con la seguente ripartizione per classi di età: Anni Peso medio N° capi 0-1 Vitelle 180 Kg 6 1-2 Manze 370 Kg 6 2-3 Vacche 570 Kg 6 3-9 Vacche 600 Kg 24 La carriera produttiva delle vacche (età I° accoppiamento 16 mesi) è di 5 lattazioni con una durata media di 300 giorni. La rimonta è interna - QR (n° vacche/5) = 6 - con acquisto di seme dal Centro Tori. L'indice di fertilità è del 90% e la durata dell'interparto è di 15 mesi. Fabbisogni energetici in UF: Manten/accrescimento manze (4,6 UF/giorno x 365) x 6 10.074 UF Manten/accrescimento vitelle (3,4 UF/giorno x 365) x 6 7.446 UF Mantenimento vacche giovani (4,1 UF/giorno x 365) x 6 8.979 UF Mantenimento vacche (4,2 UF/giorno x 365) x 24 36.792 UF Prod. Latte (16 Kg x 300 gio. a capo)

(0,35 UF x 16 x 300) x 30 50.400 UF

Fabb. Gravidanza medio 2 UF x 27 capi x 104 5616 UF Fabb. Movimento - termoregolazione

1 UF x 42 capi x 365 15.330 UF

Per un fabbisogno complessivo medio in UF pari a 134.637 UF

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Differenza tra fabbisogno complessivo e produzione aziendale (134.637 - 118.800) = 15837 UF da acquistare come mangimi concentrati insieme ad eventuali integratori. All'interno della quota mangimi concentrati è compreso anche l'acquisto di 3-4 q di latte in polvere ricostituito per lo svezzamento delle vitelle della rimonta interna. Produzioni: - Latte: - pluripare - 24 x 50 q = 1200 q - secondipare - 6 x 45 q = 270 q - primipare - 6 x 40 q = 240 q TOTALE 1710 q di latte - Vitelli - nati: 27

- impiegati per la rimonta: 6 Vitelli - vendibili: 21 vitelli

- vacche di scarto - 6 vacche - letame - (25-30 volte il peso vivo in q): esempio 8400 q Schema 2 per la determinazione della razione alimentare giornaliera Quantità

Kg Tipo di alimento

UF S.S. Kg

Fibra Kg

PD g

Ca g

P g

Razione Base

- - -

Mangimi Concentrati

- - -

Integratori - -

Totale

Consigli per la realizzazione di una razione alimentare per una vacca da latte. � Per avere una indicazione per potere più rapidamente l'apporto nutrizionale che dovrà essere dato

con la razione base - costituita essenzialmente da erbe, fieni e insilati e quanto con i mangimi concentrati occorre, una volta determinati i fabbisogni energetici in UF e il livello di ingestione in Kg di s.s., calcolare il

Grado di concentrazione = UF

Kg s.s

> 0,7 si è di fronte ad una elevata produzione e occorre prevedere una maggiore integrazione con mangimi concentrati - mai comunque superiore al 40% dell'intero apporto energetico

0,55-0,69 si è di fronte ad una media produttività e occorre prevedere una integrazione di mangimi inferiore, ad es. sino al 20-30% dell'intero apporto energetico.

< 0,55 si è di fronte ad una bassa produzione e si può tentare di soddisfare i fabbisogni solo con la razione base o con limitatissime quantità di mangimi

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� Spesso per integrare o come spesso si dice per bilanciare una razione alimentare l'allevatore deve mescolare due mangimi semplici - in questo la regola del miscuglio Es. Orzo 100 UF, P.G 10% Soia 115 UF, P.G 45% Supponiamo che occorre un composto al 25% di P.G

10 45

25

20 15

Orzo Soia

45 - 25 = 20 parti di orzo 25 - 10 = 15 parti di soia Quindi: (20 +15) = 35 20/35 = 57,14% di orzo e 15/35 = 42,86 di soia

Per conoscere le UF della miscela.

20 x 100 + 15 x 115 = 3725 = 106,43 UF 20 + 15 35

Esempi indicativi di razioni giornaliere per gli animali. RAZIONAMENTO DELLA VACCA DA LATTE (secondo il metodo delle UFL e del Latte

normalizzato)

Vacca di peso vivo 660 Kg – I° parto a 29 mesi e nel 2 mese della 1^ lattazione con una produzione di latte che produce 25 litri al 4,2% di grasso. Allevata in stabulazione libera (N.b. sino al 36 mese si calcola il fabbisogno di gravidanza) Calcolo dei fabbisogni: Mantenimento: Energetico - Kgpv x 0,006 + 1,4 = UFL 660 x 0,006 + 1,4 = 5,36 UFL Proteico - Kgpv x 0,85 = g di PG 660 x 0,85 = 561g di PG Calcio - Kgpv x 0,065 = g di Ca 660 x 0,065 = 42,9g di Ca Fosforo Kgpv x 0,05 = g di P 660 x 0,05 = 33g di P Considerando che la vacca è in stabulazione libera si aggiunge un 10% al fabbisogno energetico di mantenimento: 5,36 + 10% = 5,36 + 0,536 = 5,896 – 5,9 UFL Produzione latte – latte normalizzato: Kg latte X (0,4 + 0,15x%grasso) 25 x (0,4 + 0,15x4,2) = 25,75 UFL Considerando che l’età del 1^ parto è a 29 mesi si aggiungono 3 litri di latte 25,75 + 3 = 28,75 UFL Energetico UFL normalizzato x 0,44 28,75 x 0,44 = 12,65 UFL Proteico Kg latte normalizzato x 88 = g di PG 28,75 x 88 = 2530 g di PG Calcio kg latte normalizzato x 4,2 = g di Ca

Page 147: Appunti Di Tecnica Produzione Animale

Appunti di tecnica di produzione animale

147

28,75 x 4,2 = 121 g di Calcio Fosforo Kg latte normalizzato x 1,7 = g di P 28,75 x 1,7 = 49 g di P Fabbisogni totali:

Energetico 5,9 + 12,65 = 18,55 UFL Proteico 561 + 2530 = 3091 g di PG Calcio 42,9 + 121 = 164 g di Ca Fosforo 33 + 49 = 82 g di P

Capacità di ingestione:

(Kgpv x 0,0185) + (Kg latte normalizzato x 0,305)

(660 x 0,0185) + (28,75 x 0,305) = 12,21 + 8,7 = 20,91 Kg di s.s Nei primi 2 mesi di lattazione il livello di ingestione è basso – si riduce del 18% ossia di 3,78 e quindi 20,91 – 3,76 = 17,15 La capacità di ingestione verrà calcolata come media tra l’effettiva e quella ridotta del 18% ossia (20,91 + 17,15)/2 = 19,03 kg di s.s. Fabbisogno in fibra non deve essere < al 16% della capacità di ingestione (si usa di solito il 18-20%). 19,03 x 0,18 = 3,4 Kg di Fibra Riassumendo:

UFL = 18,55 PG = 3091 g Ca = 164 g P = 88 g CI = 19 Kg di s.s FG = 3,4 Kg Coefficiente di ingombro: UFL/SS = 18,55/20,91= 0.88 = 18,55/17,55 = 1.08 Generalmente la razione di una vacca è composta per il 60% da foraggio e per il 40% da mangimi Essendo la CI = 19 Kg ss 11,4 kg di s.s (60%) da foraggio 7,6 kg di s.s. (40%) da mangimi Razione base di foraggi ss% UFL PG% Ca % P% FG% alimenti sul tal quale da tab. fieno di medica 87 57 16 0,14 0.23 27 silomais 35 27 2,6 0,12 0,07 7,6 fieno polifita 87 62 10 0,5 0,25 27 Ripartizione dei foraggi – 11,4 Kg di ss 2 kg ss di fieno di medica 7 kg ss di silomais 2,4 kg ss di prato polifita Kg tal quale = Kg ss/% ss alimento

Fieno di medica = 2,3 Kg Silomais = 20 Kg Prato polifita = 2,8 Kg

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Appunti di tecnica di produzione animale

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Tq Kg UFL PG g Ca g P g FG g Fieno di medica 2,3 1,3 368 3 5 621 Silomais 20 5,4 520 24 14 1520 Fieno polifita 2,8 1,7 280 14 7 756 Totale 8,4 1168 41 26 2897

Occorrono ancora (18,55 – 8,4) = 10,15 UFL - PG (3091-1168) = 1923 g – Ca (164 -41) = 123 g – P (88-26) = 62 g – FG (3400- 2897)= 503 g Occorrono i mangimi per bilanciare la razione per 7,6 Kg di s.s

Mangimi concentrati SS% UFL PG% Ca% P% FG% da Tabelle Mais 88 110 8.8 0,02 0,27 2,2 Orzo 88 100 10,5 0,05 0,37 6 Frumento 88 103 10,8 0,06 0.36 2,3 Soia 44% 90 103 44 0.27 0.65 7 Mangimi nella razione T.Q Kg UFL PG g Ca g P g FG g s.s. Kg Mais 2,4 2,64 211 0,5 6,5 53 2,1 Orzo 2,3 2,3 241 1,1 8,5 138 2 Frumento 1,1 1,13 119 0.7 4 25 1 Soia 44% 3,9 4,02 1716 10,5 25,3 273 3,5 Totali 10,09 2287 12,8 44,3 489 7,6

Razione base + mangimi: UFL (8,4 + 10,09)= 18,49; PG (1168 + 2287)= 3455 g; Ca (41+ 13) = 54 g; P (26 + 44) = 70 g; FG (2897 + 489) = 3386 g Razionamento vacca da latte 2 (secondo il metodo delle UFL e del Latte normalizzato)

I fabbisogni sono calcolati – provare a fare una razione Vacca di peso vivo 650 Kg – I° parto a 26 mesi e nel 2 mese della 1^ lattazione con una produzione di latte che produce 24 litri al 3,5 % di grasso. Allevata in stabulazione libera (N.b. sino al 36 mese si calcola il fabbisogno di gravidanza) Calcolo dei fabbisogni: Mantenimento: Energetico - Kgpv x 0,006 + 1,4 = UFL 650 x 0,006 + 1,4 = 5,3 UFL Proteico - Kgpv x 0,85 = g di PG 650 x 0,85 = 552g di PG Calcio - Kgpv x 0,065 = g di Ca 650 x 0,065 = 42g di Ca Fosforo Kgpv x 0,05 = g di P 650 x 0,05 = 33g di P Considerando che la vacca è in stabulazione libera si aggiunge un 10% al fabbisogno energetico di mantenimento: 5,3 + 10% = 5,3 + 0,53 = 5,83 UFL Produzione latte – latte normalizzato: Kg latte X (0,4 + 0,15x%grasso)

Page 149: Appunti Di Tecnica Produzione Animale

Appunti di tecnica di produzione animale

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24 x (0,4 + 0,15x3,5)= 22,2 UFL Considerando che l’età del 1^ parto è a 29 mesi si aggiungono 3 litri di latte 22,2 + 3 = 25,5 UFL Energetico UFL normalizzato x 0,44 25,5 x 0,44 = 11.22 UFL Proteico Kg latte normalizzato x 88 = g di PG 25,5 x 88 = 2200 g di PG Calcio kg latte normalizzato x 4,2 = g di Ca 25,5 x 4,2 = 107 g di Calcio Fosforo Kg latte normalizzato x 1,7 = g di P 25,5 x 1,7 = 43 g di P Fabbisogni totali:

Energetico 5,3 + 11,22 = 16,52 UFL Proteico 552 + 2200 = 2752 g di PG Calcio 42 + 107 = 149 g di Ca Fosforo 33 + 43 = 76 g di P

Capacità di ingestione:

(Kgpv x 0,0185) + (Kg latte normalizzato x 0,305)

(650 x 0,0185) + (25,5 x 0,305) = 12,02 + 7,78 = 19.8 Kg di s.s Nei primi 2 mesi di lattazione il livello di ingestione è basso – si riduce del 18% ossia di 3,78 e quindi 19,8 – 3,5 = 16,3 La capacità di ingestione verrà calcolata come media tra l’effettiva e quella ridotta del 18% ossia (19,8 + 16,3)/2 = 18,05 kg di s.s. Fabbisogno in fibra non deve essere < al 16% della capacità di ingestione (si usa di solito il 18-20%). 18,05 x 0,18 = 3,2 Kg di Fibra

Riassumendo: UFL = 16,52 PG = 2752 g Ca = 149 g P = 76 g CI = 18.05 Kg di s.s FG = 3,2 Kg Coefficiente di ingombro: UFL/SS = 18,55/20,91= 0.88 = 18,55/17,55 = 1.08 Generalmente la razione di una vacca è composta per il 60% da foraggio e per il 40% da mangimi Essendo la CI = 18 Kg ss 10,8 kg di s.s (60%) da foraggio 7,2 kg di s.s. (40%) da mangimi Razione base di foraggi ss% UFL PG% Ca % P% FG% alimenti sul tal quale da tab. fieno di medica 87 57 16 0,14 0.23 27 silomais 35 27 2,6 0,12 0,07 7,6 fieno polifita 87 62 10 0,5 0,25 27 Prato naturale 24 17 2,3 0,12 0,07 7,3

Page 150: Appunti Di Tecnica Produzione Animale

Appunti di tecnica di produzione animale

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Mangimi concentrati SS% UFL PG% Ca% P% FG% da Tabelle Mais 88 110 8.8 0,02 0,27 2,2 Orzo 88 100 10,5 0,05 0,37 6 Frumento 88 103 10,8 0,06 0.36 2,3 Soia 44% 90 103 44 0.27 0.65 7 Fava 87 98 26,3 0,11 0,61 7,5

Razionamento del vitellone Bisogna partire dalle tabelle dei fabbisogni

800 g giorno 1000g giorno 1200 g giorno 1400 g giorno Incrementi UF PD UF PD UF PD UF PD

Peso vivo kg

100 150 200 250 300 350 400 450 500 550

2,7 3,2 3,8 4,4 5,0 5,6 6,2 6,8 7,4 8,0

340 410 440 465 490 515 540 560 580 600

3.0 3,5 4,1 4,7 5,3 5,9 6,6 7,2 7,9 8,6

400 470 500 525 550 575 600 620 640 660

3,4 3,9 4,5 5,1 5,7 6,4 7,1 7,8 8,5 9,3

460 530 560 585 610 635 660 680 700 720

_ _

5,0 5,6 6,2 7,0 7,8 8,5 9,3 10,1

_ _

620 645 670 685 720 740 760 780

Livello nutritivo elevato per soggetti appartenenti a razza tardive (charollaise, limousine, piemontese e chianina) Livello nutritivo moderato per soggetti appartenenti a razza precoci (Frisona e altre razze da latte) Livello nutritivo intermedio per soggetti appartenenti a razza a duplice attitudine (Pezzata rossa) o meticci tra razze da carne e da latte. Es. Vitellone di 350 Kgpv e con un IPG di 1200. Per coprire i suoi fabbisogni da tabelle UFC = 6,4 e PD di 635 g e una capacità di ingestione pari a (350 x 0,0185) = 6,5 Kg di s.s.

Razionamento con un regime alimentare alto

Peso vivo Kg Silomais al 35% Fieno e Paglia Nucleo con PD al 32%

Energetico (mais e orzo)

200 250 300 350 400 450 500 550

9 10 11 12 13 14 15 16

0,5 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5

1 1 1 1 1 1 1 1

1 1,5 2

2,5 3

3,5 4

4,5

Page 151: Appunti Di Tecnica Produzione Animale

Appunti di tecnica di produzione animale

151

Razionamento con un regime moderato

Peso vivo Kg Silomais al 35% Fieno e Paglia Nucleo con PD al 32%

Energetico (mais e orzo)

200 250 300 350 400 450 500 550

10 12 14 16 18 18 18 18

0,5 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5

1 1 1 1 1 1 1 1

_ _ _ _ 1 2 3 4

Una corretta alimentazione deve essere costituita da modeste quantità di fieno o paglia, da insilato di mais (trinciato (0,6-1 cm) e da concentrati proteici (soia) ed energetici (mais, orzo, pastone o granella umida)

Relazione 1 - Indicare brevemente gli aspetti più significativi dell'allevamento del vitellone in

Italia.

Si facciano alcune considerazioni sulle possibilità degli allevatori di aumentare il proprio

reddito e ridurre i costi di produzione. Ipotizzate un’azienda zootecnica con una SAU di 40

Ha e con una rotazione biennale (es. mais – orzo) e calcolate e calcolate le produzioni e le UF

totali prodotte e successivamente, dopo avere calcolato fabbisogni, determinate la razione

alimentare di un vitellone di una razza precoce a 15 mesi con un peso di 450 Kg allevato in

stabulazione libera

Non si dovrebbero utilizzare i manuali.

Aiuto (suggerimento) per lo svolgimento della relazione. Prima parte della relazione. Si può cominciare con la definizione del vitellone e dei tipi presenti in Italia, spiegando anche il motivo della scelta del peso e dell'età di macellazione – indicando le razze più idonee a tale fine. Si può seguire spiegando da dove possono provenire al Centro di ingrasso i soggetti destinati a diventare vitelloni. (Si può dare una breve spiegazione sui motivi della predominanza di un tipo piuttosto di un altro.) Riferendosi agli allevamenti intensivi, indicare il tipo di stalla migliore (tipo di stabulazione) e come venivano allevati in passato, spiegando i vantaggi e svantaggi di ciascun tipo di allevamento. Importante quindi è il riferimento all'alimentazione attuale e del passato, dando anche delle indicazioni sia per ridurre i costi sia alla modalità di somministrazione. Fare anche un riferimento alle condizioni igieniche degli allevamenti per ridurre i costi di produzione. Seconda parte. Dopo avere indicato la rotazione e le produzioni ottenibili con la successiva trasformazione in UF, calcolato il peso vivo mantenibile e la composizione della stalla. Per i fabbisogni del vitellone occorre individuare una razza precoce (es. quelle da latte) con un relativo IPG e calcolare il mantenimento, accrescimento e il movimento limitandosi alle UF, s.s. PG e FG. Per gli alimenti aziendali, prima di procedere, alla razione indicare la loro composizione media di principi nutritivi che servono per il calcolo. Calcolo della razione – se non si riesce a bilanciare – indicare le caratteristiche di un alimento extra – aziendale che si deve acquistare

Page 152: Appunti Di Tecnica Produzione Animale

Appunti di tecnica di produzione animale

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Relazione 2: Indicare brevemente gli aspetti più significativi dell'allevamento delle vacche

BLAP in Italia e quali sono i fattori che possono influenzare la produzione. Si facciano

considerazioni circa le possibilità degli allevatori di aumentare il proprio reddito e ridurre i costi

di produzione. Ipotizzate un’azienda zootecnica con una SAU di 60 Ha e con una rotazione

quinquennale (es. mais – orzo-medica-medica-medica ) e calcolate e calcolate le produzioni e le

UF totali prodotte e successivamente, dopo avere calcolato fabbisogni, determinate la razione

alimentare di un vacca frisona di 500 kg di peso vivo con un’età di 32 mesi e all’8°mese di

gravidanza che produce 25 kg di latte al 3,6% di grasso allevata in stabulazione libera

Non si dovrebbero utilizzare i manuali.

Aiuto per una relazione . Prima parte della relazione. Si può cominciare con i fattori che influenzano la produzione del latte e successiva definizione di vacche BLAp e le loro razza di appartenenza, spiegando i problemi connessi al loro allevamento e come vengono risolti. Successivamente è bene indicare il tipo di allevamento prevalente: tipo di stabulazione (con il perché di tale scelta) e il modo in cui vengono distribuiti i principali alimenti, spiegandone il motivo. In ultimo in riferimento alla produzione di latte del nostro Paese indicare a cosa deve puntare l'allevatore italiano per ottenere un reddito maggiore. Si può fare anche un riferimento all'igiene degli allevamenti per ridurre i costi di produzione. Seconda parte. Dopo avere indicato la rotazione e le produzioni ottenibili con la successiva trasformazione in UF, calcolato il peso vivo mantenibile e la composizione della stalla e la destinazione dei vitelli in eccesso alla rimonta interna. Per i fabbisogni della occorre calcolare il mantenimento, accrescimento, gravidanza, produzione di latte tenendo conto della percentuale di grasso e il movimento limitandosi alle UF, s.s. PG e FG. Per gli alimenti aziendali, prima di procedere, alla razione indicare la loro composizione media di principi nutritivi che servono per il calcolo. Calcolo della razione – se non si riesce a bilanciare – indicare le caratteristiche di un alimento extra – aziendale che si deve acquistare