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Appunti di Fotogrammetria Balletti - Guerra - Fregonese – Monti

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Appunti di Fotogrammetria

Balletti - Guerra - Fregonese – Monti

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Fotogrammetria

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Laboratorio di Fotogrammetria CIRCE (Centro Interipartimentale di Rilievo, Cartografia, Elaborazione) IUAV (Istituto Universitario di Architettura di Venezia) Indirizzo: CIRCE - IUAV Laboratorio di fotogrammetria S. Croce 1624 Palazzo Pemma 30135, Venezia Telefono: tel. 041 257 1521 fax. 041 257 1511 Email: [email protected] [email protected] Sito Internet: http://circe.iuav.it

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Fotogrammetria

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INDICE

Il rilievo fotogrammetrico 5 1. Fotogrammetria 7 2. La Fotogrammetria: la topografia del continuo 11 3. L’effetto stereoscopico 13 4. Un esempio semplice di restituzione 16 5. La presa 18 6. La restituzione 20 7. Orientamento esterno del modello 31 8. Prospettiva centrale di un piano 41 9. Prospettiva cantrale di una retta 43 10. Errori nel caso normale 44 11. Progetto ed esecuzione 46 12. Scala media del fotogramma e scala finale 49 13. Il blocco fotogrammetrico 43 14. Fotogrammetria digitale 64

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Fotogrammetria

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Fotogrammetria

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Il rilievo fotogrammetrico. La Fotogrammetria è una scienza nota prima dell’avvento della fotografia che si è sviluppata con l’avvento delle camere e pellicole. I cicli della fotogrammetria terrestre partono intorno alla metà del XVIII e il suo uso metrico per la restituzione, quindi il rilievo, è della metà dell’ottocento. Successivamente con l’avvento degli aerostati è nata la fotogrammetria aerea; inizialmente come utilizzo delle fotografie aeree prese da “palloni frenati” (aerostati con a bordo gli operatori, oppure automatici, nati in Francia, trattenuti da cavi e mandati a 500 metri di quota). L’Italia è stata tra i primi, assieme alla Francia ad attivare un battaglione del genio che si occupava di riprese aeree. E’ del 1909/11 il fotomosaico di Venezia e della Laguna. Con l’avvento della prima Guerra Mondiale parte la vera e propria fotogrammetria aerea perché si sviluppa molto velocemente la tecnica delle lastre sensibili e si riducono i tempi di esposizione . Nel 1927 l’Italia partecipa e vince la prima gara internazionale, bandita dalle Nazioni Unite, per il rilievo di una parte della Grecia destinata ad ospitare i profughi Armeni reduci dalla cacciata dalla Turchia. Questa gara finisce però nel nulla. Successivamente vengono bandite altre due gare internazionali, vinte dalla S.A.R.A. Nistri di Roma, prima azienda fotogrammetrica italiana che costruisce gli strumenti per la restituzione (O.M.I. di Roma): viene aggiudicata la planimetria in scala 1:1000 e 1:5000 di S. Paolo di Brasile, la prima grande cartografia a grande scala con metodo Fotogrammetrico. Cenni storici. Sembra che già Assiri e Babilonesi conoscessero i primi rudimenti della prospettiva nel III sec. a.C.). Dopo una pausa lunga un millennio, i principi della prospettiva vengono applicati nel Rinascimento con Paolo Uccello, Piero della Francesca, Leon Battista Alberti e Leonardo da Vinci. Il primo che costruisce la pittura, il quadro, in termini di proporzionalità, è Albrecht Dürer nel 1525. I primi esperimenti stereoscopici, cioè realizzazione della visione stereoscopica artificiale mediante due prospettive dello stesso oggetto, ma prese da punti di vista diversi, sono effettuati nel ‘500 per opera del pittore Jacopo Chimenti, che certamente conosceva sia i lavori di Leonardo che del Dürer. Alla fine del ‘600 un olandese realizzò una camera oscura, con specchio, per il raddrizzamento dell’immagine. E’ nel secolo successivo che il Canaletto applica la camera chiara di routine per la produzione delle sue immagini. Gli studi teorici sono dovute in particolare a Desargues, amico di Cartesio, primo ad utilizzare un sistema d’assi di riferimento per inquadrare i punti dell’oggetto. Lo svizzero Lambert nel 1759 scive un libro “Freyen Perspektive” dove traduce in algoritmi le costruzioni prospettiche che prima erano date per via grafica. Cominciano i primi rilievi con tecniche che usano la prospettiva, ma non si discostano tanto da quella che usavano i vedutisti (Canaletto), ossia ricorrendo all’uso della camera chiara (un vetro inclinato a 45o riflette l’immagine proveniente da un forellino e la proietta su un vetro smerigliato che l’operatore vede dall’alto, realizzando la camera definita di Wollaston). Nel 1827 Joseph-Nicéphore Niépce effettua la prima fotografia: Veduta dalla finestra della casa di Gras; l’esposizione dura otto ore in un giorno d’estate. Nel 1839 Daguerre forma e sviluppa la prima immagine latente, ottenuta su lastre di rame fotosensibili. La diffusione ed il sostegno scientifico della fotografia sono da ascrivere ai francesi Arago e Gay-Lussac, datandoli dal 1839.

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Fotogrammetria

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Nel 1840 Talbot inventa il procedimento negativo-positivo per la riproduzione della fotografia. Subito dopo comincia la prima applicazione dell’uso di fotografie stereoscopiche. Il colonello francese Aimé Laussedat è considerato il padre fondatore della fotografia metrica o iconometria. Egli è anche quello che ha fabbricato il primo fototeodolite. Il primo però che che applica sistematicamente l’uso della fotografia al rilievo è un architetto tedesco Albrecht Meydenbauer. Nel 1865 un italiano, Ignazio Porro, topografo, fotogrammetra e inventore di stumenti, costruisce un fotogoniometro. In Italia, alla fine dell’ottocento, vengono fatti dei rilievi terrestri a cura dell’Istituto Geografico Militare; vengono rilevati il Gruppo del Gran Paradiso, la zona del passo della Spluga in scala 1:50000 e le Cave nelle Alpi Apuane in scala 1 : 25000 per vedere il consumo di marmo. Si risolvono quindi non solo i problemi della presa, ma anche della restituzione, da immagini 3D all’immagine 2D. La grossa difficoltà relativa al riconoscimento dei punti omologhi in due diverse immagini, viene superata alla fine dell’ottocento con l’introduzione del principio della marca mobile. Il primo strumento costruito che sfrutta questo principio è lo stereocomparatore, realizzato nel 1901 per opera del tedesco Pulfrich presso le officine Carl Zeiss di Jena Lo sviluppo fino agli anni ‘60 si è impostato sulla posizione analogica degli strumenti di restituzione perchè più semplice da utilizzara dagli operatori, e perchè la soluzione analitica comportava calcoli difficili (i calcolatori non erano ancora utilizzabili in modo opportuno). Con lo sviluppo della tecnica dei computer gli strumenti analogici sono crollati. Accanto a tutti questi sviluppi delle tecniche, nascono anche delle organizzazioni internazionali che si occupano di questa disciplina (O.E.P.E e C.I.P.A.) L’ultimo sviluppo della Fotogrammetria è la fotogrammetria digitale, e la tendenza è quella di andare verso immagini digitali con l’uso sempre più sviluppato dei computer, anche se le macchine da presa tradizionali hanno una definizione superiore a qualsiasi camera digitale.

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Fotogrammetria

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1. La fotogrammetria. La fotogrammetria è una tecnica di rilievo basata su immagini fotografiche. Storicamente deriva dalla geometria proiettiva come base analitica, disciplina antecedente la scoperta della fotografia. La pittura dei vedutisti, del resto, rispecchia assai bene una immagine fotografica a colori. Sostanzialmente un quadro, come una fotografia, rappresenta su un piano la realtà tridimensionale del mondo che ci circonda. Esistono delle regole, che noi chiameremo parametri di orientamento, che regolano i rapporti fra lo spazio tridimensionale e lo spazio bidimensionale dell’immagine. La fotogrammetria passa attraverso due momenti che vedono coinvolti l’oggetto da rappresentare attraverso le coordinate (X, Y, Z) dei suoi punti in un opportuno sistema di riferimento cartesiano e le coordinate (x, y) dei corrispondenti punti immmagine, sempre in un opportuno sistema di riferimento; poi i parametri di trasformazione Γ fra il mondo 3D dell’oggetto e il mondo 2D della sua immagine. I due momenti sono l’atto della presa fotografica nel quale sono assegnati l’oggetto della presa attraverso i suoi punti (X, Y, Z) e il tipo e la posizione della camera (i parametri Γ ) e la restituzione, dove noti i punti immagine (x, y) e i parametri Γ è possibile riappropiarsi dei punti oggetto (X, Y, Z). In realtà esiste un terzo momento, che prende il nome di orientamento, col quale si preferiscono determinare i parametri Γ della presa, ancorchè noti, a posteriori attraverso la conoscenza di un certo numero di punti oggetto e dei corrispondenti punti immagine. La relazione proiettiva fra lo spazio bidimensionale dell’immagine, e lo spazio tridimensionale dell’oggetto obbedisce alla relazione generale:

u AU=

dove

u rappresenta il vettore u v t t , A una matrice di coefficienti e U il vettore

U V W T t.

uvt

a a a aa a a aa a a a

UVWT

= ⋅1 2 3 4

5 6 7 8

9 10 11 12

Con riferimento a due sistemi di coordinte cartesiane (x, y) e (X, Y, Z) le relazioni sopra scritte diventano x kBX= ovvero

xy k

b b b bb b b bb b b

XYZ

1 11

1 2 3 4

5 6 7 8

9 10 11

= ⋅ ⋅ [1]

con le corrispondenze

ut

x= vt

y= baa

b aaj

j= = =⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

1212

12

12

1

k Tt

a= 12 X UT

= Y VT

= Z WT

=

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Fotogrammetria

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Ad ognuno dei vettori possiamo assegnare un indice di identificazione i-esimo del punto immagine o oggetto

x k BXi i i= Vediamo ora i tre momenti (consideriamo anche l’orientamento) sopra detti alla luce della relazione [1] ora scritta. 1. 1. Presa. Sviluppando la [1] si ottiene

xy

k b X k b Y k b Z k bk b X k b Y k b Z k bk b X k b Y k b Z k

i

i

i i i i i i i

i i i i i i i

i i i i i i i1

1 2 3 4

5 6 7 8

9 10 11

=+ + ++ + ++ + +

Dividendo la 1a equazione per la 3a e la seconda per la 3a si ha:

x b X b Y b Z bb X b Y b Z

y b X b Y b Z bb X b Y b Z

i i i i

i i i

i i i i

i i i

1 1

1 1

1 2 3 4

9 10 11

5 6 7 8

9 10 11

=+ + ++ + +

=+ + ++ + +

[2]

relazioni che permettono di determinare le coordinate immagine note le coordinate oggetto e i parametri bj. Se esprimiamo ora le [2] esplicitando i parametri bj come incognite, otteniamo la fase orientamento. Si vede come occorrano sei punti di coordinate note nello spazio 3D e 2D per determinare gli undici parametri bj.

X Y Z xX xY xZX Y Z yX yY yZ

bbbbbbbbbbb

xy

i

1 0 0 0 00 0 0 0 1

1

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

− − −− − −

⋅ =

Se ora scriviamo le [2] in quest’altro modo

( ) ( ) ( )( ) ( ) ( )b b bb b b

1 2 3

5 6 7

− + − + − = −− + − + − = −

⎧⎨⎩

x b X x b Y x b Z x by b X y b Y y b Z y b

i i i i i i i

i i i i i i i

9 10 11 4

9 10 11 8

[3]

dove consideriamo incognite le coordinate oggetto (X, Y, Z) e le coordinate (x, y) immagine sono misurate, otteniamo la fase restituzione.

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Fotogrammetria

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Ad un punto immagine, però, non corrisponde un punto oggetto, perché tutti i punti oggetto che stanno sulla retta proiettiva danno luogo a un solo punto immagine (fig. 1-1).

Figura 1-1.

C = centro della proiezione (centro obiettivo camera fotografica, in prima approssimazione; P’ = punto immagine; P = punto oggetto indeterminato sulla retta proiettiva P’C. Si deduce quindi che nel passaggio dal bidimensionale al tridimensionale le due equazioni sopra scritte non sono sufficienti a ricostruire l’oggetto. Avviene quindi, in poche parole, che lo spazio oggetto da luogo allo spazio-immaggine, ma lo spazio-immagine non può ricostruire lo spazio oggetto che l’ha generato. Perchè ciò sia possibile occorrono due immagini dello stesso spazio-ogeetoo. Scrivendo due coppie di equazioni [3] per due immagini, il punto oggetto di coordinate (X, Y, Z) che compare in entrambe può essere determinato (fig. 1-2).

Figura 1-2.

Con due immagini il punto P è univocamente determinato. Il punto di coordinate (Xo, Yo, Zo) che rende le [2] indeterminate, ossia

x =00

y = 00

si chiama centro della proiettività. Osservando le [2] si ha:

Cb X b Y b Z bb X b Y b Z bb X b Y b Z

o o o

o o o

o o o

=+ + + =+ + + =+ + + =

⎨⎪

⎩⎪

1 2 3 4

5 6 7 8

9 10 11

00

1 0 [4]

Per C passano tutte le rette proiettive in quanto le sue coordinate corrispondono ad una qualunque coppia (x, y) di coordinate immagine.

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Fotogrammetria

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Le equazioni sopra scritte, del tutto generali, “sono” la fotogrammetria e prendono il nome di Trasformazione Lineare Diretta (T.L.D). Nelle equazioni scritte non si fanno ipotesi sui sistemi di riferimento, nè sul tipo di camere fotografiche. Purtroppo la TLD è spesso “instabile” dal punto di vista numerico, motivo per il quale alcuni dei parametri della trasformazione vengono determinati a priori. Questi parametri riguardano principalmente la “calibrazione” delle camere da presa, parametri che si conservano, generalmente, da una presa all’altra. Anche i parametri che non si conservano da una presa all’altra possono essere determinati in step successivi, facilitando, insieme agli altri,le operazioni di restituzione. Se è vero quindi che la fotogrammetria è concettualmente semplice ed è facilmente esprimibile con gli algoritmi della TLD, non altrettanto è la sua traduzione in pratica in quanto le situazioni al contornosono quanto mai variegate e lo scopo finale , la corretta e migliore restituzione, può essere solo raggiunta di volta in volta tenendo della situazione in cui si deve operare o si è operato, della strumentazione a disposizione o impiegataper la presa, del software e dell’hardware a disposizione per la restituzione, della forma grafica, numerica o digitale in cui questa vuole essere ottenuta e rappresentata. I parametri della TLD che si conservano tra una presa e l’altra costituiscono l’orientamento interno, quelli che non si conservano sono l’orientamento esterno.

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Fotogrammetria

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2. La fotogrammetria: la topografia del continuo. Coloro che hanno visto il film di Peter Greenway: “I giardini di Compton House” ricorderanno una scena in cui il pittore protagonista, osservava il paesaggio attraverso un “quadro”, munito di reticolo a maglia, da un punto vertice di piramide regolare rispetto al quadro stesso e quindi, trovata la corretta collocazione di ogni cosa rispetto al quadro, la riportava sulla tela posta a fianco, pur essa con la traccia reticolare. Se ora consideriamo come avviene l’operazione di misura con un teodolite, vediamo che sostanzialmente è analoga a quella praticata dal protagonista del film, a patto di poter materializzare ogni punto collimato su un ipotetico “quadro” posto davanti al teodolite stesso. Ma così è pure per una presa fotografica con la differenza che il quadro, la pellicola sensibile, si trova dietro il punto di osservazione. Sostanzialmente quindi i tre casi descritti sono simili: se facciamo coincidere il centro del teodolite con il vertice di piramide del quadro e con il centro della proiettività della camera da presa otteniamo la registrazione analogica continua di tutte le possibili collimazioni effettuabili con il teodolite o il risultato finale dell’opera del pittore: il dipinto. Lasciando ora da parte la “presa pittorica”, la sostanziale differenza fra il rilievo topografico e quello fotogrammetrico può essere individuato in due fatti: il primo è che il rilievo topografico è una descrizione puntuale della realtà, mentre il secondo ne è una descrizione continua; il secondo è che la posizione del teodolite, per la natura della sua funzione, ha una posizione prestabilita, mentre la camera fotografica generalmente no. Due teodoliti che collimano contemporaneamente un punto, ne permettono la sua determinazione nella realtà tridimensionale, per intersezione diretta in avanti, esattamente come avviene con due prese fotogrammetriche. Possiamo perciò dire che una presa fotografica corrisponde ad una stazione effettuata con il teodolite. Se ciò è vero concettualmente, nella pratica vi è ancora una sostanziale differenza dovuta non solo alla discretizzazione ottenibile ottenibile dal teodolite rispetto al continuo ottenibile con la fotografia, ma anche ai “gradi di libertà” propri dell’uno nei confronti dell’altra. Il teodolite, quando viene messo in stazione, assume con l’asse principale la direzione della verticale (fig. 2-1). Gli angoli zenitali hanno origine nota legata appunto alla direzione della verticale. I gradi di libertà di questo sono dunque quattro e sono rappresentati dalle tre coordinate Xo, Yo, Zo del punto di stazione e dall’origine del cerchio orizzontale o anomalia ϑo. La camera da presa fotogrammetrica (o fotografica) ha invece sei gradi di libertà (fig. 2-2), generalmente e precisamente le tre coordinate Xo, Yo, Zo del centro di proiezione e i tre angoli di rotazione ϕ, ω, e κ dell’asse ottico. Per definire quindi una retta nello spazio con il teodolite occorre conoscere : - quattro parametri d’orientamento (Xo, Yo, Zo) del centro del teodolite, posizione ϑo

dell’origine del cerchio orizzontale; - misura dell’angolo orizzontale e misura dell’angolo verticale. Con la fotocamera: - sei parametri di orientamento (Xo, Yo, Zo) del centro di proiezione, (ϕ, ω, e κ) angoli

di orientamento dell’asse ottico; - due misure delle coordinate di lastra x, y. Infine, a distinguere ancora la misurazione dei punti con il teodolite e con la fotogrammetria, sta il fatto che la collimazione con il teodolite è sempre monoscopica, mentre in fotogrammetria è stereoscopica, cioè tridimensionale in analogia alla visione umana. Ma da quest’ultima si differenzia notevolmente per una esaltazione prepotente dell’aspetto profondità, fatto che torna assai utile per la stima della coordinata appunto legata alla “profondità”.

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Fotogrammetria

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Figura 2-1.

La retta OP é determinata dalla misura di ϑ e Z e dalla conoscenza di Xo, Yo, Zo, ϑo .

Figura 2-2.

La retta P’P é definita da: Xo, Yo, Zo, ϕ, ω, κ, x, e y.

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Fotogrammetria

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3. L’effetto stereoscopico. La visione umana è un fenomeno assai complesso, del quale però, ai nostri fini, interessa solo l’aspetto geometrico. Vediamo infatti, geometricamente, quale è l’effetto tridimensionale e la stima delle variazioni di profondità. Anche il caso della visione umana è perfettamente analogo a quello appena descritto della doppia stazione col teodolite o della doppia presa fotogrammetrica. La misura della posizione del punto avviene, come sempre, per intersezione in avanti.

Figura 3-1.

Nella visione umana lo schema geometrico è quello della fig. 3-1, dove b è la base interpupillare, generalmente compresa fra 60 e 70 mm, d è la distanza dell’oggetto sul quale giace il punto P e γ è l’angolo sotteso, chiamato parallasse angolare. L’occhio umano apprezza la posizione di un punto egualmente sia in X che in Y che in Z alla distanza della visione distinta, cioè a 25 ÷ 30 cm. Questo valore corrisponde ad una base dell’intersezione in avanti pari a 1/3, ¼ della distanza dell’oggetto. Ponendo questo a distanza via via maggiori, la capacità di stima della distanza dell’oggetto decade con legge quadratica della distanza. Infatti, osservando la fig. 3-2 si può subito dedurre:

d b=γ

⇒ δγ

δγd b= − ⋅2

ed essendo 1γ=

db

⇒ 1

2

2

2γ=

db

da cui

δ δγd db

= −2

[1]

Figura 3-2.

Se consideriamo ora una persona con vista perfetta, possiamo considerare che la stima con cui apprezza la variazione δγ di parallasse angolare, perché è questo angolo che i due occhi “leggono” quando valutano la distanza di un oggetto rispetto ad un altro, sia di circa 10′′ d’arco.

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Fotogrammetria

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Ciò corrisponde in pratica all’angolo che un certo oggetto, una palina per esempio, sottende ad una certa distanza e che la rende ancora visibile. Se l’angolo diventa più piccolo noi non lo vediamo più. I citati 10′′ corrispondono a 5 cm alla distanza di 1 km; naturalmente l’acuità visiva dipende da persona a persona e dalle condizioni di luce dell’ambiente e dalla colorazione dell’oggetto. Ipotizzando quindi una stima di δγ =10′′ possiamo costruire la seguente tabella che riporta le variazioni di distanza stimabili fra due oggetti in funzione della distanza da parte di un osservatore.

d(m) 0.25 1.00 10 100 300 500 1000 2000 δd 0.04mm 0.70mm 7cm 7m 60m 168m 671m 2685m

Tabella 3-1. Si vede dunque come la stima della profondità peggiori fino a diventare praticamente non più stimabile la distanza di un oggetto rispetto ad un altro. Se ciò nella pratica non avviene è perché noi non utilizziamo solo capacità geometriche, ma anche considerazioni al contorno, per lo più automatiche, che ci permettono di dire almeno che un oggetto è “prima” di un altro, anche se non di quanto è prima. Ritornando però alle considerazioni iniziali e alla formula testè vista possiamo dire che la vista umana è condizionata dalla costanza della distanza interpupillare e comunque, alla distanza della visione distinta, cioè con b = 1/3 d ÷ ¼ d, la stima delle variazioni di distanza è ottima. Il topografo sa che una buona intersezione in avanti si fa con una base di osservazione corrispondente appunto a 1/3 ÷ ¼ della distanza dell’oggetto, così come pure per una coppia di prese fotogrammetriche. Osservando la relazione [1] si vede che la stima di δd dipende dalla stima di δγ che può essere incrementata utilizzando dei sistemi di lenti per l’osservazione stereoscopica dei fotogrammi, e accentuando la base di presa b artificialmente. Lo schema di uno stereoscopio a lenti soddisfa entrambi i requisiti, così come un cannocchiale a prismi di Porro (fig. 3-2 a), b)).

Figura 3-2 a). Stereoscopio.

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Fotogrammetria

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Figura 3-2 b). Cannocchiale.

Nella pratica topografica è sempre possibile, così come in quella fotogrammetrica, mantenere la base di presa sui valori suddetti, e questo, nella fotogrammetria aerea, avviene in forma automatica. Nella fotogrammetria terrestre le cose non sono automatiche in quanto l’operatore ha sempre o spesso a che fare con spazi vincolanti che lo limitano e lo costringono ad uscire da questi canoni, ma l’esperienza e la disponibilità di camera a focale differente riescono quasi sempre a far sì che i problemi trovino adeguata soluzione.

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Fotogrammetria

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4. Un esempio semplice di restituzione. Vediamo come sia possibile “restituire” un oggetto a partire da due fotografie, in un caso estremamente particolare, ma non infrequente nelle applicazioni della fotogrammetria alle prese terrestri. Supponiamo di aver preso due fotografie di un oggetto 3D con assi di presa delle camere o della camera in due posizioni perfettamente paralleli e normali alla base di presa, nonché con centri di presa entrambi sul medesimo piano orizzontale (fig. 4.1). Dalla figura si ricavano con estrema semplicità le relazioni che legano le coordinate immagine (x’, y’ ), (x”, y” ) di P’ e di P” alle coordinate (x, y, z ) di P. Si vede, cioè, come dalla misura delle coordinate di lastra, noto l’orientamento delle camere, sia possibile, con estrema facilità, ricostruire lo spazio oggetto.

Figura 4.1.a.

Figura 4.1.b.

Figura 4.1.c.

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Fotogrammetria

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Figura 4.1.d.

Infatti si ricavano subito le relazioni da a) e b)

( ) ( )α β

α ββ

α βα= = =

+=

+arctg

'; arctg

"; ;c

xc

xb

sinsin b

sinsin d d1 2

e da queste

x d d sin= =1 1cos ;α α y

Da c): y cy

d sin' arctg'

' cot '= → = ⋅ z y1 α

Da d): y cy

d sin y" arctg"

" cot "= → = ⋅ z 2 β

La quota z di P risulta quindi, per mediare gli errori, da:

z z z=

+' "2

Sostanzialmente, il caso generale della fotogrammetria è riconducibile al caso normale se però sono conosciuti i parametri dell'orientamento dei sistemi di riferimento e i dati di calibrazione della camera da presa.

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Fotogrammetria

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5. La presa: definizioni. La fotografia è una prospettiva centrale, mentre il rilevato viene rappresentato in proiezione ortogonale (fig. 5.1.). Solo nel rilevamento architettonico si può a volte derogare dalla proiezione ortogonale per ottenere rappresentazioni più utili al loro studio. Data la necessità, in ogni caso, di fare della immagine fotografica un uso metrico, intenderemo sempre per fotografia un fotogramma, cioè una fotografia metrica, o perché presa con una camera metrica, o perché si posseggono gli algoritmi per trasformare una foto normale in metrica.

Figura 5.1.

5.1. Scala del fotogramma. Per scala del fotogramma si intende il rapporto fra un elemento lineare S preso sulla fotografia e il corrispondente elemento s preso sul terreno. Il rapporto di scala S : s è costante solamente per l'obbiettivo ideale e per una presa "normale" di un oggetto piano. In tutti gli altri casi si parla di scala media del fotogramma intendendo dire che il rapporto S : s varia da punto a punto e se ne assume il valore medio, il che è equivalente, data la proporzionalità tra le parti del tronco di piramide generato dalla stella proiettiva, al rapporto fra la focale della camera e la distanza media dell'oggetto fotografato (fig. 5.2.).

Figura 5.2.

Esiste un rapporto limite fra la scala del fotogramma e le dimensioni dell'oggetto 3D, che si aggira attorno a 10: significa, cioè, che la scala del fotogramma deve essere tale per cui tutti gli elementi dell'oggetto reale che devono essere rappresentati devono vedersi sulla fotografia. Il rapporto 1 : 10 su indicato ha valore fino a scale di rappresentazione 1 : 2000, cioè scale propriamente di cartografia urbana, per salire a valori più alti ( 1 : 5 ) per scale architettoniche tipo 1 : 50, 1 : 100, 1 : 20. L'uso di fotogrammi "normali" singoli per ottenere misure metriche dell'oggetto 3D non è generalmente possibile. Infatti, osservando la fig. 5.3. si vede che il punto P oggetto dà luogo al punto P’ immagine,

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Fotogrammetria

- 19 -

Figura 5.3.

ma avendo detto che noi utilizziamo sempre (o quasi) proiezioni ortogonali, la proiezione corretta di P dovrebbe essere P”, spostato di ∆’ rispetto a P’. Con semplici proporzioni si ricava subito che

∆I d zH

=

La quantità ∆’ cresce in ragione della distanza di P’ dall'asse ottico e in ragione dell'altezza di P sul piano di riferimento, mentre è inversamente proporzionale alla distanza di presa. Se ∆’ rientra nella tolleranza grafica, allora il fotogramma si può considerare il "rilievo", in tutti gli altri casi no. Molte riprese aeree di città pianeggianti, prese da alta quota con focali lunghe, utilizzando solo la parte centrale del fotogramma, hanno un ∆’ che può rientrare nella tolleranza grafica (Es.: fotopiano 1 : 500 di Venezia). Quanto ora detto vale per prese "normali" all'oggetto; se ciò non avviene si ha una deformazione a trapezio dell'oggetto immagine che si può correggere con una operazione di raddrizzamento. E' questa una operazione possibile quando la non normalità è molto contenuta in quanto gli ingranditori a piano basculante consentono pochi gradi di movimento per non compromettere la messa a fuoco dell'immagine raddrizzata. La trasformazione fra i due spazi piani si chiama trasformazione prospettica o omografia ed è una corrispondenza governata da otto parametri, che tratteremo più avanti. Infine è possibile, a partire dalla conoscenza altimetrica del terreno o dalla profondità di un certo oggetto architettonico, ricostruire un raddrizzamento per aree elementari ortogonalizzate mediante appositi strumenti, detti ortoproiettori. Il risultato è un raddrizzamento differenziale dell'oggetto.

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Fotogrammetria

- 20 -

6. La restituzione. La restituzione avviene per fasi successive che si possono così suddividere: - Orientamento interno, nel quale avviene la ricostruzione delle stelle proiettive; - Orientamento relativo, nel quale si accoppiano i raggi omologhi (provenienti, cioè,

dallo stesso punto oggetto) per complementarietà dando luogo al modello, le cui coordinate vengono calcolate attraverso le equazioni delle rette proiettive o equazioni di collinearità in un sistema di riferimento modello;

- Orientamento assoluto, nel quale mediante opportune rototraslazioni con variazioni di scala si trasformano le necessarie coordinate modello in coordinate terreno.

L'ultima fase consiste nella misura di tutte le coordinate modello/oggetto per produrre come esito un file numerico di coordinate, un disegno plottato o anche una immagine ortoproiettata. Come vedremo più avanti le fasi di orientamento relativo e assoluto possono avvenire contemporaneamente: in tal caso si parla di orientamento esterno del modello. 6.1. Il modello. Per modello si intende quella parte dell’oggetto reale 3D che appare in due fotogrammi presi da punti diversi. La parte comune a due fotografie deve essere almeno del 50% se si vuole che l’oggetto sia tutto rappresentato in almeno due fotogrammi successivi. Nella fig. 6.1.1. si può vedere come deve essere effettuata la presa dell’oggetto, in questo caso il terreno, nel caso di fotografie aeree.

Figura 6.1.1.

I fotogrammi si devono ricoprire, per sicurezza, almeno del 60%, nell’ipotesi di prese nadirali come nel caso dell’aereo o normali nel caso terrestre, in modo tale da avere sempre una fascia in comune fra modelli adiacenti, che ha il doppio scopo di garantire l’assenza di “buchi” nella presa e di avere dei punti oggetto comuni a due modelli successivi. Il calcolo della base b di presa è immediato. 6.2. I restitutori. I Restitutori si distinguono in tre categorie: gli analogici, gli analitici, i digitali. Gli analogici sono degli strumenti che hanno fatto la storia della fotogrammetria fin dai suoi inizi, ma sono ormai destinati alla obsolescenza anche se sopravvivono e sono ancora largamente diffusi. In essi la ricomposizione dei raggi omologhi avviene per analogia allo schema della presa. I raggi proiettivi, dopo aver ricostruito in laboratorio lo schema della presa, vengono realizzati con bacchette metalliche (restitutori meccanici) o con raggi ottici (restitutori ottici). Con i secondi, ormai in disuso o limitati all’impiego della produzione di carte a piccola scala o, più frequentemente, per scopi didattici, il modello ottico viene creato nello spazio dell’osservatore attraverso la proiezione delle due immagini filtrate rispettivamente nel campo del rosso e del blu e viene osservato con occhiali che hanno a loro volta una lente blu e una rossa. Questo metodo, detto dell’anaglife, fa sì che la due immagini già orientate in modo da far incontrare tutti i punti omologhi, vengano osservate separatamente dagli occhi (con la

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Fotogrammetria

- 21 -

lente blu vedo solo il rosso, con la lente rossa vedo solo il blu) ottenendo così la visione stereoscopica del modello (fig. 6.2.1.)

Figura 6.2.1.

Naturalmente l’osservazione ottica del modello può avvenire direttamente attraverso un sistema binoculare che esplora zone omologhe dei due fotogrammi. Il restitutore analitico ricostruisce i raggi omologhi analiticamente a partire dalle coordinate di lastra di punti omologhi misurate da uno stereocomparatore . Questo è uno strumento che ha due portalastre, due sistemi a encorder per la misura delle coordinate, una ottica di osservazione binoculare. La visione stereoscopica è facile da ottenere in quanto le prese sono sempre abbastanza normali, ma comunque anche in assenza di visione stereoscopica la ricostruzione dei raggi omologhi è altrettanto possibile. (fig. 6.2.2.)

Figura 6.2.2.

Il restitutore analitico ha praticamente soppiantato il restitutore analogico ed è presente in versioni estremamente precise (stereocomparatori), ma anche, come principio di funzionamento, in versioni estremamente semplici dove l’osservazione è monoscopica e la determinazione delle coordinate lastra è fatta con una tavoletta digitale. Il restitutore digitale è costituito da un computer nel quale vengono caricate immagini digitali, cioè immagini costituite da matrici bidimensionali di toni di grigio o di colore. L’osservazione stereoscopica può avvenire in più modi, ma comunque osservando con speciali occhiali il video dove si osservano separatamente con gli occhi le due immagini costituenti il modello proiettato sul video. Il futuro, almeno per la maggior parte degli impieghi della fotogrammetria, sta in questa sostituzione in cui l’hardware non ha parti in movimento e il cui sviluppo in termini di capacità di elaborazione e di memoria, è in continua e rapidissima evoluzione. 6.3. Orientamento interno. La restituzione è la fase in cui a partire dallo spazio immagine si ricostruisce, attraverso il modello, lo spazio oggetto. Per prima cosa occorre ricostruire i fasci proiettivi per ciascuna immagine (fig. 6.3.1.).

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Fotogrammetria

- 22 -

Figura 6.3.1.

Gli elementi caratterizzanti l’orientamento interno della stella proiettiva sono: - la posizione del centro di proiezione O ; - la posizione del punto principale, ovvero il punto P che si forma conducendo la

perpendicolare per O al quadro dell’immagine; - la distanza principale c da O a P ; - la distorsione dell’immagine. La posizione del punto P è riferita ad un sistema di riferimento nel piano dell’immagine, ricavabile attraverso delle marche fiduciali o “reperes” che vengono impressionate al momento della presa. La distanza principale c non coincide con la distanza focale, generalmente, in quanto la prima è rigorosamente fissa, mentre la seconda è variabile in funzione della distanza dell’oggetto. In base alla prima legge sulle lenti sottili si ha (fig. 6.3.2.):

Figura 6.3.2.

1 1 1D q f+ =

e quindi, per D grande, q ≈ f . Questo accade quando la distanza dell’oggetto dalla presa è assai più grande della distanza focale della camera. E’ il caso delle camere da presa aerea, che sono a fuoco fisso, proprio perché la quota di volo H >> f . Nelle camere terrestri invece l’oggetto può essere a distanza comparabile con la distanza focale, nel senso che non si può più ritenere f = c . Generalmente però le camere fotogrammetriche terrestri sono ugualmente a fuoco fisso calibrato per una data distanza dell’oggetto e si lavora solo sulla profondità di campo. Quando si esce per necessità da questa profondità si risolve il problema mediante degli anelli distanziatori frapposti fra obiettivo e corpo della camera di spessore noto (soluzione Wild) o con lenti addizionali (soluzione Zeiss). Comunque la distanza principale è nota con precisione. Con le camere semimetriche, ora molto diffuse, si hanno delle posizioni fisse di focamento con nota la distanza principale (generalmente al decimo di millimetro contro il centesimo di quelle fotogrammetriche). La legge di Gauss su esposta è valida anche nel caso degli obiettivi delle camere fotografiche, in quanto in questi sistemi di lenti è possibile trovare due piani normali all’asse ottico, detti principali o nodali in cui i raggi si comportano come in fig. 6.3.3. “ ignorando” cioè la distanza fra questi due piani.

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Fotogrammetria

- 23 -

Figura 6.3.3.

Nelle camere fotografiche amatoriali, nelle quali è possibile conoscere esattamente la distanza principale, questo dato diventa una incognita dell’orientamento interno. Gli obiettivi fotografici reali non rispecchiano la condizione geometrica ideale. Con riferimento alla fig. 6.3.4. si vede come, nel piano del disegno, il raggio che proviene dall’oggetto incontri il primo punto nodale formando un angolo α esterno all’obiettivo diverso dall’angolo interno α′ che il raggio uscente dal secondo punto nodale forma con l’asse ottico.

Figura 6.3.4.

Il punto immagine I’ di I si forma in I’’ a causa della distorsione introdotta dall’obiettivo. Ma la distorsione nn è solo nel piano della figura, come si può vedere nella successiva fig. 6.3.5.

Figura 6.3.5.

La distorsione δI può essere sempre scomposta in due componenti: una lungo la congiungente P con I’, detta radiale δr, e una normale a questa direzione, detta tangenziale δt . L’effetto di distorsione è prevalentemente radiale e cambia al variare della distanza principale. Infatti se è vero che la distorsione si può annullare per un certo angolo di incidenza α variando leggermente la distanza principale c di δc (fig. 6.3.6.) è anche vero che per un altro angolo β, ovvero un altro punto, essa non si annulla per il valore δc, ma per il valore δc’.

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Fotogrammetria

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Figura 6.3.6.

Si assume per la distanza principale il valore che minimizza la distorsione in tutto il campo dell’immagine. Le case costruttrici delle camere fotogrammetriche forniscono sempre un certificato di calibrazione il quale, oltre a contenere i valori della distanza principale, della posizione del punto principale, le coordinate delle marche fiduciali, riporta la curva di distorsione di quel determinato obiettivo/camera. Ad esempio, nelle camere fotogrammetriche Wild della serie P31, formato (4x5) inc2, con focali 200 mm, 100 mm, 45 mm il massimo della distorsione, variabile da camera a camera, si ha per la 45 mm, che ha un angolo di campo di 116°, con un valore ai bordi inferiore ai 4 micron. Nella fig. 6.3.7. è visualizzata la curva di distorsione e i suoi principali effetti della distorsione radiale simmetrica.

Figura 6.3.7.

La distorsione radiale, come detto, è prevalentemente rispetto a quella tangenziale (nei buoni obiettivi si può ritenere quest’ultima nell’ordine del 5% dell’altra). La modellazione della distorsione radiale si esprime in funzione della distanza radiale r come polinomio di ordine dispari del tipo:

δr k r k r k r= + + +1

32

53

7 .... detta anche curva caratteristica, alla quale viene associata una distanza principale caratteristica c. Se vario la distanza c di δc debbo aggiungere un termine k0r del primo ordine alla curva caratteristica.

δ δr r k r k r k r k r k rc = + = + + + +0 0 13

25

37 ....

Se voglio annullare la distorsione δrc ad una distanza r0 avrò:

δrr r

k r k r k rc ==

⎧⎨⎩

→ + + + =0

00

0 0 1 03

2 05 . . .

dalla quale ricavo ( )k k r k r0 1 0

22 0

4= − + +... L’incremento δc della distanza principale diventa :

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Fotogrammetria

- 25 -

( ) ( )δ δ δccr

r rcr

k r ckc= − = − = −0 0

0 0 0

e la distanza c* calibrata:

( )c c c c k* = + = −δ 1 0

Le case costruttrici scelgono r0 in modo da minimizzare i valori assoluti della distorsione massima e minima, ovvero ruotano l’asse delle ascisse della curva di distorsione (fig. 6.3.8.).

Figura 6.3.8.

Nelle camere fotografiche amatoriali può essere presente una cosiddetta distorsione da decentramento equivalente negli effetti alla sovrapposizione all’obiettivo di un prisma sottile che provoca uno spostamento dell’immagine. Le componenti δx e δy di questa distorsione sono modellabili con le relazioni di Brown:

( )( ) ( )( )( )( )

δδx P r x P xy P r P ry P xy P r y P r P r= + + ⋅ + + +

= + + + + +

⎧⎨⎪

⎩⎪1

2 22 3

24

4

1 22 2

32

44

2 12 1

......

dove i Pi sono i coefficienti della distorsione asimmetrica. 6.4. Orientamento interno analitico. Per affrontare la ricomposizione dei fasci proiettivi solo per via analitica, unica strada che qui viene seguita in quanto la via analogica è destinata ad essere abbandonata, occorre fare alcune premesse sulle rototraslazioni con variazione di scala fra sistemi di riferimento. Supponiamo di avere due sistemi di riferimento (O, x, y), (O, X, Y); osservando la fig. 6.4.1. si ricava immediatamente che:

X x yY x y

p p p

p p p

= ⋅ − ⋅= ⋅ + ⋅

cos sensen cos

α αα α

e quindi, passando alle matrici: X R x= ⋅ con:

XXY

= xxy

= Rr rr r

=−

=cos sensen cosα αα α

11 12

21 22

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Fotogrammetria

- 26 -

Figura 6.4.1.

Considerando la fig. 6.4.2. e i versori i e j si ha:

Figura 6.4.2.

i =cossenαα

j =− sencos

αα

Si hanno le condizioni: i it = 1 cos sen cos

sencos senα α α

α

α α= + =2 2 1

j jt = 1 infatti − − = + =sen cos sen

cos

sen cosα α α

α

α α2 2 1

i jt = 1 cos sen sen

cos

sen cos sen cosα α α

α

α α α α− = − + = 0

cioè: R R t− =1 e perciò anche x R X= − 1 xy

RXY

= −1 x X Yy X Y

p p p

p p p

= ⋅ + ⋅= − ⋅ + ⋅

cos sensen cosα αα α

Le condizioni sopra scritte sono le condizioni di ortogonalità.

r rr r

r r r r

112

212

122

22

11 12 21 22

11

0

+ =+ =+ =

⎨⎪

⎩⎪

La matrice R ha quattro elementi, le condizioni di ortogonalità sono tre e pertanto si ha un solo parametro libero (α). E’ questa una trasformazione conforme senza variazione di scala. Vediamo ora come, singolarmente, possiamo trattare le varie deformazioni che influenzano la forma del fotogramma.

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Fotogrammetria

- 27 -

- Variazione isotropa di scala

Figura 6.4.2.1.

xy

xy

''= λ

- Variazione anisotropa di scala (doppia scala)

Figura 6.4.2.2.

xy

xy

''=λ

λ1

2

00

- Traslazione

Figura 6.4.2.3.

xy

xy

xy

''= + 0

0

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Fotogrammetria

- 28 -

- Deformazione angolare del fotogramma lungo un asse

Figura 6.4.2.4.

xy

xy

''=

10 1

γ

A seconda di come si associano queste singole trasformazioni alla rotazione fra i sistemi d’assi, si hanno combinazioni differenti. Le combinazioni che maggiormente si usano in topografia e fotogrammetria sono la rototraslazione conforme con variazione di scala, detta anche trasformazione di Helmert e la trasformazione affine La prima vede la combinazione di una variazione isotropa di scala e di una traslazione dell’origine. La seconda la combinazione di una variazione anisotropa di scala, della traslazione dell’origine, della deformazione del fotogramma angolare. L’orientamento interno analitico deve trasformare le misure xc, yc fatte con il comparatore in coordinate lastra xl, yl; queste ultime vanno ridotte alla proiezione del punto principale P, vanno corrette della distorsione (e anche degli effetti della rifrazione dell’atmosfera per le prese aeree). Sulla lastra valgono i due sistemi di coordinate come in fig. 6.4.3.

Figura 6.4.3.

Praticamente la misura avviene collimando dapprima le quattro o più marche fiduciali con il comparatore e quindi applicando una trasformazione conforme senza variazione di scala (tre parametri α, x0, y0), come visto prima. Non vengono così alterate distanze e angoli fra i punti della lastra.

xy

xy

xy

l

l

c

c=

−+

cos sensen cosα αα α

0

0

x R x xl c= + 0

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Fotogrammetria

- 29 -

Se invece si applica una rototraslazione con variazione di scala λ( quattro parametri λ, α, x0, y0) si ottiene una relazione del tipo:

xy

xy

xy

a bb a

xy

xy

l

l

c

c

c

c=

−+ =

−+λ

α αα α

cos sensen cos

0

0

0

0

dove

x R x xl c= +λ 0

a = λ αcos , b = −λ αsen , ( )λ = +a b2 21

2 , tg ba

α = −

che lascia inalterati gli angoli fra le direzioni ai punti lastra collegati, ma altera le distanze secondo la scala del comparatore e dove x0, y0 sono le coordinate di lastra dell’origine del sistema comparatore. Infine si può applicare una trasformazione affine, la più usata, nella quale (sei parametri λ1, λ2, γ, α, x0, y0) si tiene conto dello stiramento della pellicola con una variazione di scala diversa fra i due assi di lastra e dell’eventuale non perpendicolarità fra gli assi stessi.

xy

xy

xy

a a ab b b

x

yl

l

c

c

c

c=−

+ =λ

λγ α α

α α1

2

0

0

1 2 3

1 2 3

00

10 1

1

cos sensen cos

Per ogni marca misurata si possono scrivere due equazioni e pertanto, nel caso di quattro marche, otto equazioni che danno ridondanza 2⋅(8-6) nel caso di trasformazione affine, ridondanza 4⋅(8-4) nel caso di rototraslazione con variazione di scala e ridondanza 5⋅(8-3) nel primo caso. Le case costruttrici di camere fotogrammetriche fanno si che gli assi di lastra passino per il punto principale P, ma può accadere che ciò non sia del tutto vero. Misurando le coordinate delle marche fiduciali automaticamente si hanno le origini degli assi e le coordinate di ciascun punto P′ misurato sulla lastra vengono automaticamente ridotte al punto P, noto dal certificato di calibrazione, mediante una traslazione del tipo: x′ = xl - xp ; y′ = yl - yp Anche la distorsione (radiale) viene depurata dalle coordinate x′, y′ secondo le relazioni: x′′=x′-x′/r⋅δr; y′′=y′-y′/r⋅δr Gli elementi ora visti sono dati, nelle camere fotogrammetriche, col certificato di calibrazione. Nelle camere semimetriche, oltre al certificato di calibrazione, diverso da quello delle metriche, vi è riportato un reticolo regolare o reseau, inciso su un vetro ottico, posto immediatamente prima del film e nel quale lo stesso si spiana (fig. 6.4.4.)

Figura 6.4.4.

Il reticolo porta delle crocette la cui posizione è nota con alta precisione (1 µm). Lo scopo del reticolo non è finalizzata a conoscere la distorsione dell’obiettivo in quanto

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Fotogrammetria

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esso si impressiona così come è sul film che ci sia o non ci sia distorsione, ma ha lo scopo di poter misurare le deformazioni che subisce il film nelle fasi di sviluppo e stampa. Particolarmente utile questo dispositivo quando utilizzo stampe fotografiche ingrandite con apparati semplificati (ad esempio Elcovision Leica, sistema Rollei, etc.) di misura diretta sulle stampe fotografiche dei punti omologhi. Il reseau consente di portare, misurando il reticolo, le correzioni massime alle coordinate lastra, operando una trasformazione affine locale (modulo per modulo o per più moduli del reticolo).

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Fotogrammetria

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7. Orientamento esterno del modello fotogrammetrico. 7.1. Le rotazioni nello spazio. Le equazioni che abbiamo visto al paragrafo 6.4. per il piano possono essere estese allo spazio tridimensionale. Ritornando alla figura 6.4.2. e introducendo i coseni direttori, la [6.4.1.] può essere scritta nella forma:

( ) ( )( ) ( )

XY

xX yXxY yY

xy

=cos coscos cos

In analogia si ha, per lo spazio 3D, con riferimento alla fig. 7.1.1.

( ) ( ) ( )( ) ( ) ( )( ) ( ) ( )

XYZ

xX yX zXxY yY zYxZ yZ zZ

xyz

xyz

= =cos cos coscos cos coscos cos cos

r r rr r rr r r

11 12 13

21 22 23

31 32 33

Figura 7.1.1.

Introducendo i versori i, j, k, si possono definire per il caso spaziale 6 condizioni di ortogonalità per i 9 elementi rij. I tre vettori unitari i, j, k, sono collegati alle loro componenti secondo le seguenti relazioni:

( )( )( )

irrr

r r r rr r r rr r r r

= = = ⋅ =−−−

coscoscos

xXxYxZ

j k11

21

31

22 33 32 23

32 13 12 33

12 23 22 13

e analogamente per j e k. Si verifica, allora, che:

i i j j k ki j i k j k

t t t

t t t

= = =

= = =

1

0

Una rotazione nello spazio è perciò definita da 3 parametri indipendenti e in fotogrammetria si adottano, di solito, le tre rotazioni ω, ϕ, κ attorno ai tre assi coordinati. Un dato punto P nel sistema x,y,z si trasforma nel sistema X,Y,Z attraverso le rotazioni ω ϕ κ, , . La matrice R assume la forma:

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Fotogrammetria

- 32 -

Rr r rr r rr r r

=11 12 13

21 22 23

31 32 33

R =−

+ − −− +

cos cos cos sen sencos sen sen sen cos cos cos sen sen sen sen cossen sen cos sen cos sen cos cos sen sen cos cos

ϕ κ ϕ κ ϕω κ ω ϕ κ ω κ ω ϕ κ ωω κ ω ϕ κ ω κ ω ϕ κ ω ϕ

[7.1.1.]

7.2. Prospettiva centrale. I fotogrammi possono essere considerati, come già detto, delle prospettive centrali. Le relazioni che intercorrono fra le coordinate xl e yl di un punto immagine P’ e le coordinate X, Y, Z del punto oggetto corrispondente P sono espresse dalle equazioni [7.2.1.]

( ) ( ) ( )( ) ( ) ( )( ) ( ) ( )( ) ( ) ( )

x x cr r rr r r

y y cr r rr r r

l l

l l

= −− + − + −

− + − + −

= −− + − + −

− + − + −

⎪⎪

⎪⎪

011 21 31

13 23 33

012 22 32

13 23 33

X X Y Y Z ZX X Y Y Z Z

X X Y Y Z ZX X Y Y Z Z

0 0 0

0 0 0

0 0 0

0 0 0

[7.2.1.]

dove i parametri rij sono gli elementi della matrice di rotazione R che, in questo caso, indica l'assetto spaziale dell'immagine (fotogramma). Gli elementi che compaiono nelle [7.2.1.], con riferimento anche alla fig.7.2.1., sono: xl , yl = coordinate immagine del punto P’ nel sistema lastra; x0l , y0l = coordinate del punto principale P; X, Y, Z = coordinate del sistema oggetto; c = distanza principale; X0, Y0, Z0 = coordinate del centro di proiezione. Le equazioni [7.2.1.] mostrano che ad ogni punto oggetto corrisponde un punto immagine. Se dalle [7.2.1.] si ricavano le coordinate oggetto si ottiene [7.2.2.]:

( ) ( ) ( )( ) ( )

( ) ( ) ( )( ) ( )

X X Z Z

Y Y Z Z

0 0

0 0

= + −− + − −

− + − −

= + −− + − −

− + − +

⎪⎪

⎪⎪

r x x r y y r cr x x r y y r c

r x x r y y r cr x x r y y r c

l l l l

l l l l

l l l l

l l l l

11 0 12 0 13

31 0 32 0 33

21 0 22 0 23

31 0 32 0 33

[7.2.2.]

Dalle [7.2.2.] si deduce che, causa la presenza della Z al secondo membro, per ogni punto immagine esistono infiniti punti oggetto. Come già detto, quindi, è impossibile ricostruire la geometria di un oggetto da un solo fotogramma.

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Fotogrammetria

- 33 -

Figura 7.2.1.

E' necessario avere un altro fotogramma che riporti il punto P oppure per l'oggetto è noto un Z per tutti i suoi punti oppure tutti i punti oggetto stanno su un piano di quota nota. Le trasformazioni definite dalle [7.2.1.] e [7.2.2.] necessitano della conoscenza dei tre parametri dell'orientamento interno (x0l , y0l , c), come già abbiamo visto, oltre ai tre parametri X0, Y0, Z0 coordinate del punto di presa e ai tre parametri di assetto del fotogramma ω, ϕ, κ, per un totale di nove parametri. I tre dell’orientamento interno abbiamo visto come si conoscono. I sei rimanenti possono essere determinati con metodi topografici: è possibile, qualche volta, nella fotogrammetria terrestre. Si ricorre, per la loro determinazione, ad un metodo indiretto usando punti di “appoggio” sull'oggetto determinati in genere topograficamente in un sistema di riferimento consono alla rappresentazione dell'oggetto stesso. E' necessario conoscere almeno tre punti perché ciascuno di essi dà luogo a due equazioni del tipo [7.2.1.] atte a determinare i sei parametri rij . Le equazioni [7.2.1.] si chiamano equazioni di collinearità perché esprimono il fatto che il centro di proiezione O, il punto oggetto P e il punto immagine P’ sono allineati sulla stessa retta proiettiva. 7.3. Soluzione analitica della determinazione dei punti oggetto quando è noto

l'orientamento esterno. Con riferimento alla fig. 7.3.1. si misurano le coordinate immagine (x1, y1), (x2, y2) di due punti omologhi P1 e P2.

Figura 7.3.1.

Con le equazioni [7.2.2.] si calcolano le coordinate oggetto X, Y, Z del punto P

( ) ( )( ) ( )( ) ( )

( ) ( )

X X Z Z

Y Y Z ZFoto 1

X X Z Z

Y Y Z ZFoto 2

01 01

01 01

02 02

01 02

= + −

= + −

⎫⎬⎪

⎭⎪

= + −

= + −

⎫⎬⎪

⎭⎪

k x

k y

k x

k y

1

1

2

2

[7.3.1.]

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Fotogrammetria

- 34 -

Le quantità κ si ricavano dalla conoscenza dei parametri dell’orientamento interno ed esterno e dalle quattro coordinate immagine misurate. Poiché anche le sei coordinate X01, Y01, Z01, e X02, Y02, Z02 dei due punti di presa sono note, si hanno quattro equazioni lineari nelle tre coordinate oggetto incognite X, Y, Z. L’equazione in più permette la compensazione rigorosa o empirica. Nel caso normale, ad esempio in fotogrammetria terrestre, le [7.3.1.] si riducono alle relazioni viste nel paragrafo 4. 7.4. Soluzione analitica della determinazione dei punti oggetto quando non è

noto l'orientamento esterno. In questo caso, che è largamente il più frequente, occorre risolvere il problema mediante l'uso di punti d'appoggio, per determinare i 6+6 parametri di orientamento

Foto 1 → X Y Z01 01 01ω ϕ κ1 1 1 Foto 2 → X Y Z02 02 02ω ϕ κ2 2 2

Le procedure di soluzione, dette anche procedure di orientamento, sono classificabili in tre gruppi. 7.4.1. Orientamento indipendente dei due fotogrammi. Occorrono tre punti d'appoggio per ogni fotogramma di cui si misurano le coordinate immagine. Si scrivono sei equazioni del tipo [7.2.1.] in sei incognite, che qui vengono asteriscate. Per ogni punto Pi si ha:

( )( )

x f x c

y f y c

l l i i i

l l i i i

i

i

=

=

0 0

0

, , , , , , , ,

, , , , , ,

* * * * *

* * *

X Y Z X ,Y ,Z

X ,Y ,Z X ,Y ,Z

0 0*

0*

0*

0*

ω ϕ κ

ω ϕ κ

Le sei equazioni devono essere linearizzate attorno a valori approssimati delle incognite. La procedura è nota come “vertice di piramide” e si può utilizzare solo con strumenti analitici. Presenta alcuni inconvenienti così riassumibili: - non si sfrutta la condizione di intersecazione dei raggi omologhi in corrispondenza di

altri punti oggetto (Es.: P4, P5 nella fig. 7.4.1.); - sono necessari tre punti piano-altimetrici: i punti buoni planimetricamente non è

detto lo siano altimetricamente e viceversa.

Figura 7.4.1.

7.4.2. Orientamento contemporaneo dei due fotogrammi. Si misurano le coordinate immagine dei punti di appoggio e anche di altri punti (Es.: P4, P5 nella fig. 7.4.1.). Per ogni punto d’appoggio si scrivono quattro equazioni del tipo [7.2.1.] nelle 12 incognite asteriscate:

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Fotogrammetria

- 35 -

( )( )

x f x c

y f y c

l l i i i

l l i i i

i

i

1

1

0 1 1 1

0 1 1 1

=

=

⎫⎬⎪

⎭⎪

, , , , , ,

, , , , , ,

* * *

* * *

X ,Y ,Z X ,Y ,Z

X ,Y ,Z X ,Y ,Z

01*

01*

01*

01*

01*

01*

ω ϕ κ

ω ϕ κ Foto 1

( )( )

x f x c

y f y c

l l i i i

l l i i i

i

i

2

2

0 2 2 2

0 02 2 2 2

=

=

⎫⎬⎪

⎭⎪

+, , , , , ,

, , , , , ,

* *

* * * *

X ,Y Z X ,Y ,Z

X ,Y ,Z X ,Y ,Z

02*

02,*

02*

02*

02*

ω ϕ κ

ω ϕ κ Foto 2

Per i punti non noti si hanno tre ulteriori incognite rappresentate dalle loro coordinate Xi, Yi, Zi, ma quattro equazioni perfettamente analoghe a quelle sopra scritte. Si linearizzano le equazioni attorno a valori approssimati delle incognite e si ottengono queste utilizzando il metodo delle osservazioni indirette. Le incognite sono ovviamente i 12 parametri di orientamento e le coordinate dei punti oggetto non noti. Il sistema risulta generalmente ridondante e questa procedura risulta la più precisa. Anche in questo caso si devono usare strumenti analitici. Vale la pena di dire che la ridondanza del sistema è dovuta al fatto che si possono utilizzare un numero qualsivoglia di punti d'appoggio e di punti osservati, che le equazioni alle osservazioni rappresentano la relazione funzionale fra punti immagine e incognite, che è una soluzione a un solo passaggio contrariamente alla procedura precedente, la quale necessariamente trascura le correlazioni fra le grandezze determinate nella prima fase e nella seconda. 7.4.3. Orientamento simultaneo dei due fotogrammi, ma in due fasi successive. L'orientamento avviene in due fasi: nella prima si forma il modello stereoscopico a partire dai due fotogrammi, in un sistema modello (x, y, z); nella seconda si orienta questo modello nel sistema (X, Y, Z). La figura 7.4.3 visualizza le due fasi. Per la comprensione del procedimento conviene affrontare prima la seconda fase (Orientamento Assoluto). Le relazioni fra coordinate modello x, y, z e coordinate oggetto X, Y, Z si possono esprimere tramite le equazioni:

XYZ

XYZ

xyz

= +S

S

S

Rλ [7.4.3.]

dove: X ,Y ,ZS S S sono le coordinate nel sistema oggetto X,Y,Z dell'origine del sistema

modello x,y,z ; λ è un fatto di scala del sistema modello; R è la matrice di rotazione del sistema modello x,y,z rispetto a X, Y, Z

oggetto [7.1.1.], funzione delle tre rotazioni Ω, Φ, Κ. I sette valori XS, YS, ZS, λ, Ω, Φ, Κ sono i parametri dell'orientamento assoluto (fig. 7.4.3.) L'equazione [7.4.3.] è una trasformazione conforme nello spazio.

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Fotogrammetria

- 36 -

Figura 7.4.3.

I sette parametri si ricavano scrivendo almeno sette equazioni del tipo [7.4.3.] utilizzando almeno 3 punti d'appoggio. Si possono scrivere: - 3 equazioni per ogni punto plano-altimetrico ( x, y, z ); - 2 equazioni per ogni punto planimetrico ( x, y ); - 1 equazione per ogni punto altimetrico ( z ). L'orientamento assoluto richiede pertanto almeno 2 punti planimetrici e 3 altimetrici non allineati, oppure 2 punti planoaltimetrici e 1 altimetrico. Se i punti di appoggio sono in soprannumero si procede alla compensazione ai minimi quadrati. Prima fase: Orientamento relativo. Dei dodici parametri necessari per l’orientamento esterno, sette vengono determinati con l’orientamento assoluto. Cinque parametri devono essere determinati nella prima fase. Il suo modello risulta completamente formato quando si intersecano almeno cinque raggi provenienti da altrettanti punti omologhi ben distribuiti nel modello. Gli infiniti raggi omologhi, verificata questa condizione, si incentrano tutti e danno luogo al modello ottico dell’oggetto. Per ottenere questo occorre procedere all’orientamento relativo di una camera rispetto all’altra a prescindere dalla conoscenza di qualsiasi punto di appoggio, cioè occorre determinare solamente la posizione relativa di una stella proiettiva rispetto all’altra. L’orientamento relativo, cioè l’intersezione di cinque coppie di raggi omologhi è espresso dalla condizione di complanarità (fig. 7.4.4.)

Figura 7.4.4.

data da: b r ri i∧ ⋅ =1 2 0 [7.4.4.] L’operatore può selezionare i cinque parametri necessari fra le sei rotazioni delle due camere e le tre traslazioni in cui è scomponibile la base di presa rispetto al sistema

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Fotogrammetria

- 37 -

modello x, y, z (in realtà bastano due traslazioni ovvero i due rapporti di due componenti alla terza, la quale determina solo la scala del modello). Gli otto parametri si devono riportare in gruppi di cinque elementi e di tre elementi, dando luogo a 56 combinazioni possibili

PP P

8

5 3

85 3

56⋅

= =⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

!! !

.

L’orientamento relativo analitico, a partire da coordinate immagine, assume una forma semplice nel caso di fotogrammi pseudo-normali. In questo caso, infatti, utilizziamo sempre le formule [7.2.2.] dove però invece delle coordinate oggetto X, Y, Z introduciamo le coordinate modello x, y, z e invece dei parametri di orientamento finiti, valori infinitesimi differenziali. Con riferimento alla fig. 7.4.5. si ha: Figura 7.4.5. ϖ ϖ φ φ κ κ= = =d d d, , x y X Yl l0 0 01 01 0= = = = X b Y db Z Z dbx y z02 02 02 01= = = +,

h Z Z= −01

Figura 7.4.5.

Nel caso di rotazioni infinitesime la matrice R [7.1.1.] si semplifica nella matrice:

dRdk d

dk dd d

=−

−−

11

1

ϕω

ϕ ω [7.4.5.]

Per la foto 1, dall’equazione [7.2.2.] si ha:

( )x hx y dk cdx d y d c

l l

l l= −

− −− + −

1 1 1 1

1 1 1 1

ϕϕ ω

e, dividendo per -c:

x h

xc

yc

d

xc

dyc

d

l l

l l= −

− + +

+ −( )

1 1

11

111

ϕ

ϕ ω

ovvero, tralasciando in pedice l di lastra:

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Fotogrammetria

- 38 -

( )x hxc

yc

dk dxc

dyc

d= − − + +⎡⎣⎢

⎤⎦⎥⋅ + −⎡⎣⎢

⎤⎦⎥

−1 1

1 11

11

1

1

1ϕ ϕ ω

Sviluppando in serie binomiale (1+x)-1 = 1 - x + x2.., fermandosi al primo ordine ( 1 - x ) e trascurando infinitesimi di ordine superiore si ottiene:

( )

( )

x hxc

xc

dx yc

dyc

dk d

y hyc

yc

dx yc

dxc

dk d

= − − + − + +⎡

⎣⎢

⎦⎥

= − − − + − −⎡

⎣⎢

⎦⎥

1 12

2 11 1

2 11

1 1

1 12

2 11 1

2 11

1 1

ω ω ϕ

ω ϕ ω

Riservando queste equazioni in mondo da evidenziare la relazione esistente fra coordinate modello x, y, h (anziché z) di un generico punto Pi, coordinate immagine corrispondenti xi, yi, elementi di orientamento e di distanza principale c, si ottiene per la foto 1.

Px h

xc

xc

dx yc

dyc

dk

y hyc

x yc

dyc

dxc

dk1

11 1

2

2 11 1

2 11

1

11 1 1

2 11

2

2 11

1

1

1=

= − +⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ + −

⎣⎢

⎦⎥

= − + +⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ +

⎣⎢

⎦⎥

⎨⎪⎪

⎩⎪⎪

ϕ ω

ϕ ω

e per la foto 2:

( )

( )P

x b h dbzxc

xc

dx y

cd

yc

dk

y db h dbzyc

x yc

dyc

dxc

dk

x

y

1

2

22

2

2 22 2

2 22

2

22 2 2

2 22

2

2 22

2

1

1=

= + + − +⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ + +

⎣⎢

⎦⎥

= + + − + +⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ +

⎣⎢

⎦⎥

⎨⎪⎪

⎩⎪⎪

ϕ ω

ϕ ω

Per fotogrammi pseudo-normali l’espressione generale [7.4.4.] di complanarità sarà soddisfatta ponendo y2 = y1 e quindi si avrà l’equazione:

dbyc

db hy y

cx yc

dyc

d

xc

dkx y

cd

yc

dxc

dk

y z+ +⎛⎝⎜

⎞⎠⎟⋅

−+ − +

⎝⎜

⎠⎟ +

⎣⎢

− + − + +⎛

⎝⎜

⎠⎟ +

⎦⎥ =

2 2 1 1 12 1

12

2 1

11

2 22 2

22

2 2

2

2

1

1 0

ϕ ω

ϕ ω

Se indichiamo con Py =y1 - y2, che chiamiamo parallasse, e la introduciamo nella equazione precedente, possiamo scrivere:

Pch

dbyh

dbx y

cd c

yc

d x dk

x yc

d cyc

d x dk

y y z= + + − +⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ −

− + +⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ +

2 1 11

12

1 1 1

2 22

22

2 2 2

ϕ ω

ϕ ω [7.4.6.]

Questa espressione dimostra che per fotogrammi normali le parallassi py possono ricavarsi dagli otto parametri di orientamento dby, dbz, dϕ1, dω1, dk1, dω2, dk2.

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Fotogrammetria

- 39 -

Viceversa è impossibile ricavare dalla misura di parallassi py gli otto parametri suddetti. Poiché l’orientamento relativo si ottiene con cinque parametri indipendenti, tre delle otto incognite devono essere poste uguali a zero. A questo punto si possono determinare cinque parametri indipendenti. fra le 56 possibilità che abbiamo, due sono quelle più convenienti e perciò applicate. Orientamento relativo simmetrico. Si tengono fissi i centri di proiezione, mentre le due camere ruotano. per fotogrammi pseudo-normali y1 è circa uguale a y2 e pertanto i termini in dω1 e dω2 della [7.4.6.] sono uguali, a parte il segno. Si può pertanto porre nella [7.4.6.] dby, dbz, dω1=0 oppure dby, dbz, dω2=0. Scegliendo la prima (dω1=0):

P x dk x dkx y

cd

x yc

d cyc

dy = − + + − + +⎛⎝⎜

⎞⎠⎟1 1 2 2

1 11

2 22

22

2ϕ ϕ ω

Orientamento relativo asimmetrico. Si tiene ferma una camera mentre la seconda trasla e ruota. Ciò equivale a porre uguali a zero le rotazioni della prima camera dω1, dϕ1, dk1.

Pch

dbyh

dbx y

cd c

yc

d x dky y z= + − + +⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ +2 2 2

22

2

2 2 2ϕ ω

L’orientamento relativo richiede dunque cinque parametri indipendenti scelti fra by, bz, dϕ1, dω1, dk1, dϕ2, dω2, dk2. La bx non compare nell’equazione [7.4.6.] in quanto, in prima approssimazione, non influisce sulle parallassi py. La traslazione in direzione della base (cioè circa in direzione x, fig. 7.4.5.) non influisce sull’intersezione dei raggi omologhi. Pensando al modello si vede che esso non si deforma e non si rompe per una rotazione rigida nello spazio (3 parametri) e neppure per una traslazione lungo la base che ne modifica solo la scala. Misurando cinque parallassi py di cinque punti omologhi ben distribuiti nel modello, generalmente quattro agli angoli e uno al centro, si determina l’orientamento relativo delle due stelle proiettive. Se si osservano più di cinque parallassi si può ottenere una soluzione rigorosa ai minimi quadrati. Si sottolinea, a conclusione, che le equazioni di complanarità sopra scritte valgono nel caso cosiddetto “normale”, cioè con valori iniziali degli angoli di rotazione nulli (ω =ω0+dω ,... ω0 = 0,...) il che corrisponde alla quasi totalità dei fotogrammi aerei e terrestri. E’ naturalmente possibile scrivere le equazioni di complanarità anche nel caso di valori angolari iniziali non nulli. Infine si segnala il caso in cui può accadere di trovarsi su una superficie critica, ovvero si ha una mal conformazione geometrica dei raggi omologhi. Nell’orientamento relativo analitico si manifestano difficoltà di calcolo numerico della soluzione del sistema normale, perché esso risulta singolare o mal strutturato. Ciò si vede esaminando le equazioni alle parallassi nei due casi sopra visti: ad esempio, nell’orientamento asimmetrico, la colonna dei coefficienti di dω2 e di dby risultano proporzionali l’una all’altra. Le relazioni lineari fra vettori colonna sono un criterio generale per individuare le superfici critiche. L’orientamento relativo, come tutte le operazioni topografiche e fotogrammetriche, è soggetto ad errori. Questi errori sono particolarmente temibili per la coordinata z, mentre lo sono assai meno per le coordinate x e y. Le quote (z) sono ricavabili, nel modello, dalle parallassi Px = x1 - x2 (dove x1 e x2 sono le coordinate modello

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Fotogrammetria

- 40 -

corrispondenti al primo e al secondo punto immagine) in funzione dei differenziali dei parametri di orientamento. Dalle espressioni di x1 per la foto 1 e di x2 per la foto 2 prima viste si ricava, considerato che il rapporto fra errore in quota dz e parallasse Px è governato dalla relazione (fig. 7.4.6.):

dzhb

Px=

Figura 7.4.6.

( )

( ) ( )

dzhb

dbxx b

bdbz

hb

xb

dxyb

dyhb

d

hhb

x bb

dx b y

bd

yhb

d

= − −−

− +⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ + − +

+ +−⎡

⎣⎢

⎦⎥ −

−+

2 2

1 1 1

2 2

2 2 2

φ ω κ

φ ω κ

I termini di questa equazione sono illustrati negli schemi della fig. 7.4.7. dove la dbz è scomposta nei due effetti separati relativi alla foto 1 e alla foto 2.

Figura 7.4.7. Deformazione del modello in quota.

L’orientamento assoluto annulla gli effetti degli errori dell’orientamento relativo, con esclusione degli errori dω e in parte di quelli dφ.

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Fotogrammetria

- 41 -

8. Prospettiva centrale di un piano. Con riferimento alla fig. 7.2.1., dove si può assumere il piano coincidente con il piano X, Y ( Z=0 ), le equazioni [7.2.2.] diventano:

x a x a y ac x c y c

y b x b y bc x c y c

=+ ++ +

=+ ++ +

⎨⎪⎪

⎩⎪⎪

1 2 3

1 2 3

1 2 3

1 2 3

[8.1.]

dove i nuovi parametri ai, bi, ci sono funzioni dei parametri delle equazioni [7.2.2.]: a1 = ⋅ ⋅X r - Z r0 31 0 11 c1 31= r b1 = ⋅ ⋅X r - Z r0 31 0 21 a2 = ⋅ ⋅X r - Z r0 32 0 12 c 2 32= r b2 = ⋅ ⋅X r - Z r0 32 0 22

( )a c3 = − ⋅ ⋅ ⋅X r - Z r0 33 0 13 c c3 33= -r ⋅ ( )b c3 = − ⋅ ⋅ ⋅X r - Z r0 33 0 23 Dividendo le equazioni [8.1.] per c 3 si hanno le relazioni:

x a x a y ac x c y

y b x b y bc x c y

=+ ++ +

=+ ++ +

⎨⎪⎪

⎩⎪⎪

1 2 3

1 2

1 2 3

1 2

1

1

[8.2.]

Dalle [8.2.] si deduce che un solo fotogramma è sufficiente per la ricostruzione di un oggetto piano; otto parametri indipendenti definiscono la prospettiva di un oggetto piano. Come si vede i parametri, rispetto al caso spaziale, si sono ridotti da nove a otto. Il motivo sta nel fatto che esistono, nel caso di oggetto piano, delle relazioni fra i nove parametri originari. Per esempio noi possiamo avere la stessa immagine pur presa con camere a focale diversa se si conserva il rapporto z0/c. Dalla fig. 8.1. si può vedere come si possano appunto ottenere due fotogrammi identici conservando il rapporto z01/c1 e z02/c2 (c1 e c2 rappresentano la distanza principale e non i parametri omologhi). Conservando quattro punti noti d’appoggio di cui siano note le coordinate immagine e oggetto posso determinare gli otto coefficienti delle [8.2.] e quindi calcolare le Xi, Yi di qualsiasi punto oggetto a partire dai punti immagine xi, yi.

Figura 8-1.

Un uso particolarmente empirico per la determinazione di punti oggetto a partire da punti immagine è quello illustrato nella fig. 8.2. Si tracciano su una carta i quattro punti oggetto in scala opportuna; si individuano i quattro punti immagine corrispondenti sulla fotografia. Si congiungono i quattro punti immagine fra loro nei modi possibili e

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Fotogrammetria

- 42 -

altrettanto si fa sulla carta. Se i punti sono distribuiti negli angoli si ha grosso modo un quadrilatero con diagonali per entrambi.

Figura 8-2.

Con striscioline di carta si seguono le direzioni ai punti noti e ai punti da determinare (Pi) dagli spigoli (ne bastano due, ma è meglio essere ridondanti: tre nella fig. 8.2.) dei punti immagine. Quindi si trasferiscono le striscioline di carta sul foglio adattandolo affinché si sovrappongano alle direzioni note. L’ulteriore direzione a Pi da due o più strisce consente la determinazione grafica di Pi oggetto. Nel caso particolare che il piano dell’immagine sia parallelo al piano dell’oggetto (fig. 8.1., ω = ϕ = 0 ), la matrice di rotazione spaziale R [7.1.1.] diventa:

Rk kk k=

−cos sensen cos

00

0 0 1

Sostituendo questi espressione nelle [7.2.2.] si ha:

( ) ( )[ ]

( ) ( )[ ]

x x zc

x x k y y k

y y zc

x x k y y k

= + − − −

= + − + −

00

0 0

00

0 0

cos sen

sen cos

ovvero, chiamando con λb il rapporto z0/c e scrivendole in forma matriciale: XY

XY

k kk k

x xy yb= +

− −−

0

0

0

0

λcos sensen cos

[8.3.]

In questo caso il fotogramma è simile alla rappresentazione cartografica dell’oggetto, cioè rappresenta il piano oggetto alla scala 1/λb.

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Fotogrammetria

- 43 -

9. Prospettiva centrale di una retta. Come il piano, assumendo questa volta x coincidente con la retta oggetto e l’asse x (y=0) coincidente con la retta oggetto sull’immagine. Dalla prima delle equazioni [8.2.] si ricava:

x a x ac x

=++

1 3

1 1 [9.1.]

dove a1, a3, e c1 definiscono la prospettiva della retta. Si possono calcolare a partire da tre punti d’appoggio e dopo è possibile calcolare da qualsiasi altro punto della retta immagine il corrispondente punto sulla retta oggetto. Con riferimento alla fig. 9.1. supponiamo di voler calcolare la posizione della traccia dei pneumatici immortalati su una fotografia ammesso di poter misurare sul terreno la posizione dei punti oggetto A, B, e C.

Figura 9.1.

Sull’immagine: xA = 0.0 mm, xB = 38.4 mm, xC = 68.3 mm xP1 = 33.5 mm, xP2 = 44.9 mm Sul terreno: XA = 0.0 m, XB = 4.5 m, XC = 9.5 m

Per A : 000 1

01 3

13=

⋅ +⋅ +

→ =a ac

a

Per B : 4 538 4

38 4 11

1

..

.=

⋅⋅ +a

c

Per C : 9 568 3

68 3 11

1.

..

=⋅

⋅ +a

c

risolvendo il sistema con B e C a c1 10 0975 0 0044= = −. .

Inserendo le coordinate immagine nella [9.1.] si ha:

X m

Y m

P

P

1

1

0 0975 33 50 0044 33 5 1

3 83

0 0975 44 90 0044 44 9 1

5 45

=⋅

− ⋅ +=

=⋅

− ⋅ +=

. .. .

.

. .. .

.

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Fotogrammetria

- 44 -

10. Errori nel caso normale. Riprendiamo il caso normale, cioè con assi di presa normali alla base e con centri O1 e O2 alla stessa quota (fig. 10.1.)

Figura 10.1.

X Y Y Z Z 0Xx y x y 0

= = = = = = 0

01 01 02 01 02

02

01 01 02 01

1 2 1 2 1 2

= = = = === = = =

b

ω ω φ φ κ κ

La matrice di rotazione R assume la forma

R =1 0 00 1 00 0 1

e quindi le [7.2.2.] si riducono a

Foto 1 Z

xc

Zyc

X

Y

= ⋅−

= ⋅−

⎨⎪⎪

⎩⎪⎪

1

1 Foto 2

b Zx

c

Zyc

X

Y

= + ⋅−

= ⋅−

⎨⎪⎪

⎩⎪⎪

1

1

Da queste equazioni si deduce subito che y y y1 2 1 2= → − y = 0 = Py (non c’è parallasse y)

Le formule per il calcolo delle coordinate X, Y, Z del punto P diventano

− ⋅ = − ⋅Zxc

b Zxc

1 2

e quindi

- Z =

Y (doppia verifica)

X

c bx x

c bPx

Zyc

Zyc

Zxc

⋅−

=⋅

= − ⋅ = − ⋅

= − ⋅

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

1 2

1 2

1

[10.1.]

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Fotogrammetria

- 45 -

Dalle [10.1.] vediamo di calcolare, a partire dalle grandezze x, y, e Px misurate e nell’ipotesi che b e c siano prive di errore, le incertezze di X, Y, Z.

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )σ σ σ σ σ σZ Px Px Px Px Px

c bPx

c bPx Px

ZPx

Zc b

ZZc

Zb

=⋅

⋅ =⋅⋅

⋅ = ⋅ =⋅⋅ ⋅ = ⋅ ⋅2

La quantità b/z è detta rapporto di base; la quantità z/c è detta fattore di scala mb (fattore medio essendo su un fotogramma la scala variabile da punto a punto, a meno che l’oggetto sia piano e parallelo alla foto). Riassumendo, quindi, si ha:

( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( ) ( )( )

( ) ( ) ( )( )

σ σ σ

σ σ σ σ σ

σ σ σ

Z b Px Px

Y Z y b Px b y

X b Px b x

mZb

Zc b

yc

Zc

yc

mZb

m

xc

mZb

m

= ⋅ ⋅ =⋅⋅

= ⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ ⋅ + ⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ ⋅

⎣⎢

⎦⎥ = ⋅ ⋅ ⋅⎛

⎝⎜⎞⎠⎟ + ⋅

⎣⎢

⎦⎥

= ⋅ ⋅ ⋅⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ + ⋅

⎣⎢

⎦⎥

⎪⎪⎪⎪

⎪⎪⎪⎪

2

12

22

2

12

12 2

12

12

21

2

[10.2.] La precisione fotogrammetrica dipende pertanto da: - a parità di rapporto di base gli s.q.m. delle tre coordinate sono direttamente

proporzionali alla scala del fotogramma; - per una stessa scala del fotogramma gli errori in Z sono inversamente proporzionali

al rapporto di base. Gli errori in X e Y aumentano di poco al diminuire di detto rapporto. Se b/z = 1 tutte e tre le coordinate hanno circa la stessa incertezza.

- fissata la base gli errori in Z aumentano col quadrato della distanza fra camera e oggetto.

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Fotogrammetria

- 46 -

11. Progetto, strumento ed esecuzione di un rilievo architettonico. Il progetto deve tenere conto del tipo di camera che si ha a disposizione. Oggigiorno è prassi abituale utilizzare camere terrestri indipendenti in quanto le bicamere che risolvevano di fatto il problema dell’orientamento relativo non sono più costruite. Anzi, a dire la verità, si tende a non costruire più nemmeno le camere fotogrammetriche terrestri per i loro altissimi costi e per la minor maneggevolezza che indubbiamente comportano. Ve ne sono però molte in circolazione ed è chiaro che avendole occorre sfruttarne la metricità laddove è richiesto un alto grado di precisione. La posizione della camera non viene determinata con precisione e gli assi di presa seguono solo approssimativamente lo schema “normale”. I parametri di orientamento vengono ricavati dai punti di appoggio. I vantaggi di questo modus operandi sono molteplici: in primo luogo le prese richiedono minor tempo, gli errori sistematici presenti nell’orientamento interno (presa) ed esterno (restituzione) possono essere in gran parte eliminati proprio grazie ai punti di appoggio, i controlli si effettuano direttamente sull’oggetto de rilevare, si possono usare le camere nelle situazioni più disparate avendo solo cura di realizzare una buona geometria dei raggi omologhi. La camera metrica viene impiegata quando, come detto, si vuole ottenere la massima precisione. In questo caso si deve progettare con cura il rapporto base/distanza. La camera metrica deve possedere alcune caratteristiche che facilitano gli scopi di precisione cui sono destinate. Devono perciò essere: - intercambiabili sulla base dei teodoliti e dei relativi segnali (centramento forzato); - facilmente orientabili orizzontalmente e verticalmente sul treppiede topografico

mediante un goniometro incorporato o con rotazioni a scatto prefissate; - capaci di ruotare attorno al proprio asse ottico per consentire prese di fotogrammi

con formato sia orizzontale che verticale, essendo le camere metriche sempre di formato rettangolare;

- provviste di mirino ottico, di squadro ottico per prese "normali" di schermo smerigliato per vedere il campo di presa, munito di reticolo.

Ogni fotogramma, per consentire l’orientamento interno, deve registrare, direttamente o indirettamente, in ogni condizione di impiego: - le marche fiduciali; - la distanza principale; - la o le costanti additive quando si usino anelli distanziatori o lenti addizionali per

variare la distanza di focamento; - il numero di matricola della camera cui fa riferimento il certificato di calibrazione. Nell’organizzazione della campagna di prese sono utili le seguenti informazioni, che in parte possono essere automatiche nella camera e in parte invece registrate manualmente: - numero del fotogramma; - identificazione della stazione di presa; - caratteristiche della presa (normale, convergente, ecc.); - data, ora, descrizione dell’oggetto. Per conseguire i migliori risultati è necessario disporre di: - esposimetro esterno, possibilmente direzionale; - possibilità di scelta fra apertura del diaframma e tempo di posa; - possibilità di messa a fuoco a distanze differenti variando la distanza principale di

quantità note; - formato grande del film; - dispositivo meccanico (telai ad hoc) o pneumatico per lo spianamento della

pellicola. Nella fotogrammetria terrestre occorre progettare con cura lo schema delle prese. Distanze lunghe comportano l’uso di focali lunghe, distanze brevi l’uso di focali brevi. Ciò comporta rapporti base/distanza differenti e di conseguenza precisioni diverse, secondo le [10.2.].

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Fotogrammetria

- 47 -

La copertura stereoscopica di un oggetto, nel caso di prese normali, obbedisce alla seguente relazione [11.1.] dove si è previsto un margine di sicurezza di 5 mm al bordo del fotogramma (fig. 11.1.)

Figura 11-1.

S mm

cb AB−

=+10

y [11.1.]

La relazione [10.1.] vale per le camere simmetriche e non per quelle asimmetriche, come, ad esempio, la WILD P31 f/10 (fig.11.2.).

Figura 11.2. WILD P31 f/10

La campagna di prese deve ottimizzare gli strumenti disponibili e tener conto, nella programmazione del lavoro, delle precisioni necessarie in funzione della scala di rappresentazione. Per quanto riguarda i punti d’appoggio occorre determinarli topograficamente generalmente per intersezione multipla diretta, ricavando le coordinate in un opportuno sistema di riferimento con compensazione rigorosa ai minimi quadrati. I punti, ove possibile, vanno materializzati mediante opportuni segnalini (fig. 11.3.) su carta o altro materiale; le dimensioni di questi vanno stabilite in funzione della scala del fotogramma.

Figura 11.3. Esempio di segnale.

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Fotogrammetria

- 48 -

Ove non sia possibile segnalizzare i punti d’appoggio occorre individuare dei particolari sull’oggetto ben visibili e puntualmente collimabili. Si tenga infine presente che nella fotogrammetria per l’architettura succede spesso che i modelli siano incompleti, ovvero buona parte della fotografia è occupata dal terreno e dal cielo (fig. 11.4).

Figura 11.4.

Risulta quindi impossibile porre i necessari punti d’appoggio secondo lo schema sovrabbondante e ideale perché, come nel caso della figura, uno solo finisce sull’oggetto. Occorrerà in questo caso adattarsi alla realtà e porre i punti in modo da “abbracciare” l’oggetto qualche volta anche con punti ausiliari artificiali (ad esempio, bandierine su treppiede). Infine, giova ricordare la terminologia e la classificazione delle camere. Dal punto di vista metodologico abbiamo: - camere metriche, costruite con caratteristiche geometriche ideali del sistema

obiettivo, note nel loro orientamento interno; - camere semimetriche, derivate dalle camere amatoriali, ma con taluni accorgimenti

che permettono parzialmente la conoscenza dell’orientamento interno; - camere normali o amatoriali che possono essere anche usate per restituzioni

fotogrammetriche in casi dove non è richiesta grande precisione (caso molto frequente); si opera con grandi difficoltà anche se l’uso di metodologie adeguate e lo sviluppo di opportuni software ne fa prevedere un largo e fruttuoso impiego.

Dal punto di vista della determinazione dell’orientamento interno abbiamo: - camere con marche fiduciali (4 o più); - camere a reticolo, dove questo è inciso su un vetro sul quale si alloggia la pellicola.

La sua immagine resta impressa per contatto su ogni foto: ciò consente di ridurre gli effetti delle deformazioni del film nelle successive fasi di sviluppo, stampa e ingrandimento;

- camere a telaio (sono le normali camere amatoriali con rullino) senza marche fiduciali, ma bordi netti che separano un’immagine dall’altra. E’ possibile ricostruire delle pseudo marche per intersezione di rette a partire da punti immagine, come in fig. 11.5.

Figura 11.5.

- camere a falso telaio in cui l’immagine è contornata non da un telaio fisso alla

camera, ma da un telaietto di carta che viene poi asportato. L’orientamento interno è in questo caso impossibile (Polaroid).

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Fotogrammetria

- 49 -

12. Rapporto fra scala media del fotogramma e scala di rappresentazione. Esiste un rapporto diretto fra la scala media del fotogramma e la scala di rappresentazione. Questa è una scala reale, sia che sia fatta in maniera tradizionale, a tratto, sia che sia numerica. Il concetto fondamentale che sta alla base del rapporto scala del fotogramma /scala della rappresentazione è basato principalmente su due fattori. Il primo è che una determinata scala di rappresentazione ha una ricchezza di particolari correlata alla scala: il fotogramma deve contenere chiaramente visibili questi particolari. Il secondo è che una determinata scala di rappresentazione ha una incertezza metrica di rappresentazione che deve stare mediamente entro lo spessore del tratto grafico. Se ammettiamo per quest’ultimo un valore di 0,2 mm vediamo che, ad esempio, alla scala 1 : 100 questo valore corrisponde a 2 cm e quindi mediamente ogni entità rappresentata ha questa incertezza o meglio dovrebbe avere questa incertezza. Ciò è naturalmente valido sia per le rappresentazioni tradizionali a tratto, sia per quelle numeriche, che oggigiorno costituiscono la norma. La rappresentazione grafica su carta è solo uno degli esiti possibili dell’acquisizione in forma numerica dell’oggetto. In questo caso non esiste più un’automatica definizione di scala, ma solo una definizione nominale. Infatti la genesi numerica comporta un insieme di coordinate oggetto, espresse da numeri, che fanno perdere apparentemente il senso dell’incertezza causa l’arbitrio possibile di allungare le cifre decimali quasi a sinonimo di una mistificante maggior precisione. Inoltre, mentre nella rappresentazione tradizionale grafica le piccole anomalie risultano mascherate dall’illusione visiva che non coglie le incongruenze al di sotto di una certa soglia, in quella numerica la coerenza o (l’incoerenza) appare in tutta la sua evidenza. Infatti la possibilità di ingrandire a video ben al di sopra della scala normale evidenzia ogni più minuta incongruenza. Accade, di fatto, quello che si ottiene ingrandendo a scala più grande una carta tradizionale: il disegno è solo più grande, non più preciso. Questo fatto appare poco importante se si ritiene la forma numerica equivalente a quella grafica alla giusta scala, ma diventa dirompente se del rilievo si fa un uso non solo rappresentativo. E’ sufficiente pensare a cosa può succedere in una banca dati se coordinate provenienti da percorsi diversi, ma appartenenti alla stessa entità, avessero valori diversi. La scala e l’incertezza che comportano sono le medesime per la forma a tratto e per la forma numerica con esito o no a tratto, ma per quest’ultima è necessaria la congruenza numerica. Il significato perciò di scala nominale sta in questo: nominalmente ha un suo valore legato all’incertezza propria di quella scala, ma di fatto è possibile ingrandire a video o graficamente (mediante plottaggio) quanto si vuole senza che questa visualizzi incongruenze. Il rapporto scala fotogramma / scala di rappresentazione rimane il medesimo nelle due forme, tenendo però presente quanto detto. Quanto vale questo rapporto nelle scale classiche dell’architettura? E’ difficile dare una risposta precisa al quesito perché molti fattori entrano in gioco, ma orientativamente si può ritenere che per scale di rappresentazione comprese fra 1 : 100 e 1 : 5 il rapporto vari tra 5 ÷ 3 volte (ad esempio, scala carta 1 : 100, scala fotogramma 1 : 500). Le tre figure sottostanti esplicitano quanto detto sulla congruenza grafica e numerica su un particolare della restituzione della pavimentazione di Piazza San Marco a Venezia (originale di restituzione alla scala 1 :200).

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Fotogrammetria

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Figura 12.1. Originale di restituzione alla scala 1 : 200 (numerico).

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Fotogrammetria

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Figura 12.2. Originale di restituzione ingrandito a video a circa 1 : 80. Sono visibili le incongruenze che al 200 sono poco visibili (fig.12.1.).

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Fotogrammetria

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Figura 12.3. Ingrandimento a circa 1 : 80 dopo aver operato la congruenza con un programma di editing automatico.

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Fotogrammetria

- 53 -

13. La determinazione contemporanea dei parametri di orientamento di un blocco di fotogrammi.

E’ questo uno dei problemi pratici più importanti della fotogrammetria aerea e terrestre, ma per motivi diversi. Noi abbiamo visto che i parametri dell’orientamento esterno possono essere determinati a partire dalla conoscenza di alcuni punti noti (tre per l’esattezza) sul terreno o sull’oggetto. 13.1. Fotogrammetria aerea. La determinazione dei punti d’appoggio per il singolo fotogramma (vertice di piramide) o per il modello (orientamento assoluto) richiedono un grande impegno topografico: impegno oneroso in termini di tempi e costi. Vediamo il perché in un esempio pratico. Con un volo a 6000 metri di quota la scala media dei fotogrammi (23 x 23) cm2 presi con una camera grandangolare con focale 15 cm è di 1 : 40000; il terreno coperto da un modello (ricoprimento del 60%) sarà un rettangolo di (9 x 15) km2. La carta relativa, il 100000 per quella scala dei fotogrammi (si tenga presente che il rapporto scala carta/scala fotogramma si inverte dopo la scala 1 : 50000 della carta), coprirà un rettangolo (9 x 15) cm2. In questa area di 45 cm2 devono essere contenuti i tre punti d’appoggio, che generalmente diventano 4 o 5 o ancor meglio 6 per maggior determinazione del problema. Se ora, del medesimo territorio si volesse la carta al 2000, per cui la scala consigliabile del fotogramma è 1 : 8000 si coprirebbe con un modello una superficie di (1,8 x 1) km2, (90 x 50) cm2 alla scala della carta, ovvero 4500 cm2, 100 volte la superficie prima vista. I punti noti sarebbero, però, sempre e soltanto gli stessi. Si capisce quindi come la carta a piccola e media scala sia condizionata dal lavoro topografico a terra; molto meno quella a grande scala, ma ugualmente condizionata dal lavoro a terra. 13.2. Fotogrammetria terrestre. Il problema del lavoro topografico di appoggio per i fotogrammi inerenti l’architettura non presenta, data la scala grande di rappresentazione, i problema sopra posti. Però la tendenza attuale, come detto più volte, è quella di utilizzare per l’architettura camere semimetriche o addirittura amatoriali. In questo caso, procedendo con una compensazione in blocco di fotogrammi, come vedremo fra poco, non solo è possibile determinare i parametri dell’orientamento esterno, ma anche quelli dell’orientamento interno, qualora questo non sia noto o lo sia solo parzialmente. La procedura che consente la determinazione dell’orientamento sia interno, sia esterno della camera da presa, è quella della cosiddetta compensazione del blocco di fotogrammi a stelle proiettive, detta anche internazionalmente ”bundle adjustment”. Il metodo, oltre a consentire la determinazione appunto dei parametri dell’orientamento, permette di limitare a soli alcuni punti noti, dislocati opportunamente nel blocco di fotogrammi, quelli necessari per determinare con opportune misure sui singoli fotogrammi e opportuni algoritmi di calcolo le tre coordinate dei centri di presa, le tre rotazioni del fotogramma, le coordinate di punti su ciascun fotogramma, che saranno poi quelli utilizzati per procedere alla restituzione del modello. Naturalmente anche i parametri dell’orientamento interno, quando non noti. 13.3. Metodo del bundle adjustment. La compensazione a stelle proiettive di una strisciata o di una serie di strisciate ovvero di un blocco di fotogrammi con ricoprimento longitudinale del 60% e trasversale del 20% calcola direttamente le relazioni fra coordinate immagine e coordinate oggetto, senza introdurre le coordinate modello quale passaggio intermedio. L’entità elementare è costituita dal singolo fotogramma. I punti immagine e il centro di presa di ciascun fotogramma definiscono una stella di raggi nello spazio. I parametri dell’orientamento esterno di tutte le stelle del blocco,

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Fotogrammetria

- 54 -

cioè di tutti i fotogrammi, vengono calcolate simultaneamente a partire dalla misura delle coordinate immagine dei punti di legame (punti appartenenti a più di un fotogramma), delle coordinate immagine dei punti noti e dalla conoscenza delle coordinate oggetto di questi ultimi (fig. 13.1., 13.2.).

Figura 13.1. Blocco costituito da due strisciate di 3 fotogrammi ciascuna..

Figura 13.2. Principio delle stelle proiettive.

Il principio della compensazione è basato sul fatto che le stelle proiettive vengono traslate (tre traslazioni Xo, Yo, Zo) e ruotate (φ, ω, κ) in modo che i raggi si intersechino al meglio in corrispondenza dei punti di legame e passino il più possibile per i punti di appoggio. Occorre, a questo punto, definire le relazioni matematiche che intercorrono fra coordinate immagine e coordinate oggetto. 13.4. Relazioni analitiche fra coordinate terreno e coordinate immagine. Valgono sempre le relazioni geometriche di collinearità. Osservando la fig.13..3 si vede che il punto immagine P’ del punto oggetto P, il centro di presa O e il punto P giacciono in una stessa retta. Introducendo un nuovo sistema di riferimento oggetto X’, Y’, Z’ parallelo al sistema immagine x, y, z dove z = 0 per tutti i punti immagine e z = c per il centro di presa, questo risulta ruotato rispetto al primitivo sistema X, Y, Z . Le condizioni di collinearità sono espresse nel nuovo sistema X’, Y’, Z’ dalle due equazioni

x xc

y yc

−=

−=

⎨⎪⎪

⎩⎪⎪

0 0

0

0 0

0

X - XZ ZY - YZ Z

'

'

'

'

'

'

'

'

[13.1.]

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Fotogrammetria

- 55 -

Figura 13.3. Condizione di collinearità.

Esplicitando le [13.1.] rispetto alle coordinate immagine si ha:

x x c

y y c

= − ⋅−

= − ⋅−

⎨⎪⎪

⎩⎪⎪

00

0

00

0

X - XZ ZY - YZ Z

'

'

'

'

'

'

'

'

[13.2.]

Le coordinate X’, Y’, Z’ del punto oggetto e le X0’, Y0’, Z0’ del punto di presa sono in relazione con il sistema primitivo X, Y, Z tramite l’espressione

X - XY - YZ - Z

X - XY - YZ - Z

0

0

0 0

= ⋅r r rr r rr r r

11 12 13

21 22 23

31 32 33

0

0

' '

' '

' '

[13.3.]

equivalente, isolando il secondo termine al secondo membro, a

r r rr r rr r r

11 21 31

12 22 32

13 23 33

0

0⋅ =X - XY - YZ - Z

X - XY - YZ - Z

0

0

0 0

' '

' '

' '

[13.4.]

che, tenuto conto della [13.2.] fornisce

( ) ( ) ( )( ) ( ) ( )( ) ( ) ( )( ) ( ) ( )

x x cr r rr r r

y y cr r Y Y r Z Zr X X r r

= −+ +

+ +

= −+ − + −

− + +

⎪⎪

⎪⎪

011 21 31

13 23 33

012 22 0 32 0

13 0 23 33

X - X Y - Y Z - ZX - X Y - Y Z - Z

X - XY - Y Z - Z

0 0 0

0 0 0

0

0 0

[13.5.]

Considerato che il sistema X’, Y’, Z’ è parallelo al sistema immagine X, Y, Z i termini della matrice di rotazione rik sono: - i coseni degli angoli fra gli assi del sistema immagine e oggetto o anche - funzioni degli angoli φ, ω, κ di cui il fotogramma era ruotato, rispetto al sistema

oggetto, all’atto della presa. Per l’uno o l’altro valgono rispettivamente le equazioni inerenti le rotazioni tra un sistema e l’altro nello spazio. Le equazioni [13.5.] non sono ovviamente lineari e quindi vanno linearizzate per poter risolvere le equazioni alle osservazioni con il metodo dei minimi quadrati.

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Fotogrammetria

- 56 -

Le derivate parziali prime di x e y rispetto alle variabili X0 , Y0 , Z0 , φ , ω , κ , X , Y, Z forniscono i 9 + 9 coefficienti necessari per scrivere le equazioni alle osservazioni linearizzate per i punti oggetto incogniti Pi dei quali si sono osservate le coordinate immagine nel fotogramma jesimo. Le equazioni linearizzate hanno la forma qui di seguito riportata, dove le derivate parziali ( )0 sono calcolate in corrispondenza di valori approssimati delle incognite. Le x yij

oijo, sono le coordinate immagine calcolate con le [13.5.] utilizzando i valori

approssimati delle incognite, mentre le x yij ij, sono le coordinate immagine misurate.

∂∂

δ∂∂

δ∂∂

δ∂∂ω

δω∂∂ϕ

δϕ

∂∂κ

δκ∂∂

δ∂∂

δ∂∂

δ

xX Y

YZ

Z

XX

YY

ZZ

ojoj

ojoj

ojoj

ii

ii

ii

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ +

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ +

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ +

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ +

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ +

+⎛

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ +

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ +

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ +

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ −

o o o j o

jj o

j

j o

jo o o

Xx x x x

x x x xx( )ij ij

oij

o o o j o

jj o

j

j o

jo o

x Vx

Xy y y y

y y y y

− =

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ +

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ +

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ +

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ +

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ +

+⎛

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟ +

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ +

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ +

⎛⎝⎜

∂∂

δ∂∂

δ∂∂

δ∂∂ω

δω∂∂ϕ

δϕ

∂∂κ

δκ∂∂

δ∂∂

δ∂∂

yX Y

YZ

Z

XX

YY

Z

ojoj

ojoj

ojoj

ii

ii

i( )

⎠⎟ − − =

⎪⎪⎪⎪⎪⎪

⎪⎪⎪⎪⎪⎪

oij ij

oijy y VyδZi

[13.6.] I valori approssimati, necessari per il calcolo di linearizzazione, si possono ricavare in più modi. Vediamo ora qual è il bilancio fra equazioni e incognite in un piccolo blocco composto da soli quattro fotogrammi con ricoprimento longitudinale e trasversale del 60% (fig.13.4.) e longitudinale del 60% e trasversale del 20% (fig. 13.5.) e in un blocco di 12 fotogrammi con ricoprimento longitudinale del 60% e trasversale del 20% (fig. 13.6.). 1° caso: Ricoprimento longitudinale e trasversale del 60%. Le coordinate immagine osservate (fig. 13.4.) sono:

Figura 13.4.

- punto- 6 punti per ogni fotogramma - 4 fotogrammi

264

rdinate misurate2 x 6 x 4 = 48

x y per ogni Totale coo, →→→

⎬⎪

⎭⎪

Le incognite sono:

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Fotogrammetria

- 57 -

- 3 incognite X , Y , Z per ogni punto di presa - 3 incognite , , per ogni fotogramma- 3 incognite per ogni punto non noto

121212

Totale incognite 360 0 0

ϕ ω κ→→→

⎬⎪

⎭⎪

Ridondanza 48 - 36 = 12. 2° caso: Ricoprimento longitudinale del 60% e trasversale del 20% (caso

comune). Le coordinate immagine osservate (fig. 13.5.) sono:

Figura 13.5.

- punto- 6 punti per ogni fotogramma - 4 fotogrammi

264

rdinate misurate2 x 6 x 4 = 48

x y per ogni Totale coo, →→→

⎬⎪

⎭⎪

Le incognite sono:

- 3 incognite X , Y , Z per ogni punto di presa - 3 incognite , , per ogni fotogramma- 3 incognite per ogni punto non noto

121218

Totale incognite 420 0 0

ϕ ω κ→→→

⎬⎪

⎭⎪

Ridondanza 48 - 42 = 6. 3° caso: Ricoprimento longitudinale del 60% e trasversale del 20% (caso

comune). Le coordinate osservate (fig. 13.6.) sono:

Figura 13.6. Blocco di 12 fotogrammi.

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Fotogrammetria

- 58 -

- punto- 6 punti per ogni fotogramma - 4 fotogrammi

23654

rdinate misurate2 x 36 + 2 x 54 = 180

x y per ogni Totale coo, →→→

⎬⎪

⎭⎪

Le incognite sono:

- 3 incognite X , Y , Z per ogni punto di presa - 3 incognite , , per ogni fotogramma- 3 incognite per ogni punto non noto

33684

Totale incognite 1560 0 0

ϕ ω κ→→→

⎬⎪

⎭⎪

6

Vediamo di scrivere il sistema delle equazioni alle osservazioni, ad esempio, nei tre casi, ma quanto ora diciamo vale solo in generale. Costruiamo la seguente tabella con le equazioni alle osservazioni che danno luogo al sistema Ax l v+ = per il 1° caso.

Tabella 13.1. 1° Caso.

Nel 2° caso avremmo:

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Fotogrammetria

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Tabella 13.2. 2° Caso.

Nel caso di blocchi maggiori di 4 fotogrammi, come nel 3° caso, si hanno blocchi di 12 x 6 elementi e blocchi di 18 x 6 elementi, come si può vedere nell’esempio che segue. Nel 3° caso si ha:

Tabella 13.3. 3° Caso.

La forma generale, vista nei tre casi, del sistema delle equazioni alle osservazioni è tale che la configurazione del sistema normale non offre grandi difficoltà alla sua soluzione. Infatti noi sappiamo che la soluzione ai minimi quadrati con le osservazioni indirette del sistema delle equazioni alle osservazioni Ax l v+ =

dà il sistema normale (supponiamo i pesi delle equazioni tutti uguali) A Ax A lt t+ = 0 [13.7.]

dove la soluzione è data da:

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Fotogrammetria

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x = − −( )A A A lt t1 Se poniamo A A Nt = , A l nt = , il sistema [13.7.] diventa: Nx n+ = 0 [13.8.] Il sistema normale [13.8.] viene ad avere la seguente struttura, caratterizzata da una forma iperdiagonale (fig.13.7.) dove la matrice N 11 è formata da quattro submatrici di 6 x 6 elementi ciascuna, mentre la matrice N 22 in basso a destra è anch’essa una matrice iperdiagonale con formato 3 x 3.

Figura 13.7.

Il sistema [13.8.] si può perciò scrivere nella forma: N NN N

nnt

11 12

12 22

1

2

xx 01

2+ = [13.9.]

Il calcolo di questo sistema non è particolarmente complicato perché l’inversione delle due matrici iperdiagonali è abbastanza semplice. Spesso le coordinate approssimate necessarie alla linearizzazione lo sono solo grossolanamente: si calcola una prima soluzione e con i valori trovati, considerati i nuovi approssimati, si riprocede iterativamente al calcolo. Nella fotogrammetria terrestre generalmente i fasci hanno un orientamento qualsiasi nello spazio (fig. 13.8.) e i punti non possono essere restituiti in stereoscopia. La restituzione è limitata ai soli punti omologhi chiaramente identificabili su ogni fotogramma.

Figura 13.8. Esempio di blocco terrestre.

Occorre conoscere preventivamente i valori approssimati dei parametri di orientamento, coordinate e rotazioni dei centri di presa e le coordinate dei punti noti. Nella fotogrammetria terrestre, poi, abbiamo detto, vi è sempre più la tendenza ad usare camere amatoriali. Il metodo migliore per ottenere risultati accettabili con queste camere è quello dell’uso delle stelle proiettive. Nell’equazione di collinearità [13.5.] si

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Fotogrammetria

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possono introdurre come incognite anche i parametri dell’orientamento interno, cioè le coordinate xo e yo del punto principale P e la distanza principale c. Dato che il sistema che si va a scrivere contiene sempre un gran numero di incognite, ma anche un gran numero di equazioni (forte ridondanza), l’aumento di tre incognite per l’orientamento interno non crea problemi. Nei fotogrammi ottenuti da una camera amatoriale l’immagine risulta notevolmente deformata a causa della distorsione dell’obiettivo e delle deformazioni del film. Nel calcolo di compensazione a stelle proiettive si possono introdurre dei polinomi nelle equazioni alle osservazioni, i cui coefficienti vengono determinati dalla compensazione stessa. Questa procedura dei “parametri addizionali” di autocalibrazione della camera compensa quindi errori sistematici indifferentemente che siano provocati da distorsione dell’obiettivo, stiramenti del film ed altre cause, il che fa sì che ormai questi parametri si introducano anche per le camere metriche e non esclusivamente per le altre. Negli esempi che abbiamo visto di blocco a stelle proiettive, abbiamo sempre disposto su ogni modello 6 punti noti o non noti posti 2 in alto, 2 al centro e 2 in basso. Nella compensazione del blocco si determinano sempre 6 punti così disposti sì da avere, giova ribadirlo, 6 punti noti (dopo la compensazione) per ogni modello, ovvero 6 punti o 9 punti per fotogramma a seconda che questi sia di bordo o interno al blocco. Questi punti sono esuberanti, ma ottimali per la determinazione dell’orientamento assoluto dei modelli e quindi per fare la restituzione. La procedura descritta di calcolo di un blocco e dei suoi punti all’interno con operazioni di misura di punti immagine provenienti da due o più punti omologhi e solo da alcuni punti oggetto noti nelle loro coordinate, prende il nome di triangolazione aerea e risponde al problema di servire di punti noti i modelli, problema di cui si era posta l’importanza all’inizio di questo capitolo, limitando al minimo necessario i lavori topografici di determinazione di punti a terra. La precisione di un blocco compensato con le stelle proiettive, con parametri addizionali, ricoprimento longitudinale del 60% e trasversale del 20% e con punti noti presegnalizzati può essere stimata, per ciascun singolo modello, in: - planimetria ( ) ( )σ σx y ala del fotogramma, = ±3mm alla sc

- atimetria ( )σ z della quota relativa000= ±0 04.

Ad esempio, utilizzando fotogrammi alla scala 1 : 10000, adatti a produrre cartografia alla scala 1 : 2000, i valori su riportati corrispondono a incertezze planimetriche dei punti ricavati dell’ordine di 3 cm e altimetriche di poco meno del doppio (5 ÷ 6 cm). Naturalmente questi sono valori ottenibili in condizioni ideali: nella realtà possono aumentare anche di due o tre volte o anche più. Ciò non toglie che le possibilità del metodo siano più che valide e fortemente competitive con le precisioni sui punti ricavabili direttamente con operazioni topografiche a terra, assai, ma veramente assai, più onerose. I vantaggi e gli svantaggi del metodo a stelle proiettive si possono così riassumere. Vantaggi: - è il più preciso perché relaziona direttamente coordinate terreno (o oggetto) e

coordinate immagine; - consente di eliminare gli errori sistematici; - consente l’utilizzo di informazioni ausiliarie, molto frequenti nell’architettura, quali

parametri di orientamento esterno noti (fototeodoliti), misure di lunghezze note, angoli noti, informazioni sul fatto che certi punti giacciono su superfici note o che appartengono ad una retta o ad un piano noto;

- consente l’uso di camere qualunque e posizionate comunque; - consente di determinare i parametri di orientamento esterno da impostare sugli

strumenti restitutori: può quindi essere inutile la collocazione dei punti d’appoggio sul modello da restituire.

Svantaggi:

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Fotogrammetria

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- equazioni non lineari la cui linearizzazione richiede valori approssimati di difficile e laboriosa determinazione;

- grande potenza di calcolo; - uso di soli strumenti analitici e digitali; - non è possibile separare la planimetria dall’altimetria: la compensazione è

tridimensionale. A conclusione di questo paragrafo conviene ricordare due casi già visti che, alla luce di quanto ora detto, appaiono solo due casi particolari del caso generale di compensazione a blocchi. Vertice di piramide. Con questa dicitura si intende l’intersezione inversa spaziale, ovvero la determinazione di 6 parametri X0 , Y0 , Z0 , φ , ω , κ di un singolo fotogramma a partire da almeno tre punti noti sull’oggetto. Il problema è di immediata soluzione applicando le equazioni alle osservazioni [13.6.] dove si assumono i 6 parametri dell’orientamento esterno come incognite. Orientamento di un modello. Anche qui si determinano i 12 parametri della coppia di fotogrammi attraverso i punti noti ed i punti di legame. Ciascun punto d’appoggio genera due equazioni se sta in un solo fotogramma o quattro se comune a entrambi. Ogni punto di legame incognito genera quattro equazioni, ma contemporaneamente le tre incognite X, Y, Z delle sue coordinate. Ad esempio, il bilancio equazioni - incognite nei 2 casi seguenti risulta: 1° caso:

Figura 13.9.

Dati: 2 fotogrammi 3 punti noti/legame 3 punti di legame Misure: Foto 1 12 misure Foto 2 12 misure Incognite: Foto 1 3 rotazioni 3 coordinate c. di presa Foto 2 3 rotazioni 3 coordinate c. di presa 9 coordinate punti di legame Totale equazioni: 24 Totale incognite: 21 Ridondanza: 3

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Fotogrammetria

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2° caso:

Figura 13.10.

Dati: 2 fotogrammi 3 punti noti/legame 1 punto noto 2 punti non noti Misure: Foto 1 16 misure Foto 2 22 misure Incognite: 6 + 6 parametri orientamento 15 coordinate punti di legame 6 coordinate punti non di legame Totale equazioni: 38 Totale incognite: 33 Ridondanza: 5 La compensazione a stelle proiettive nella fotogrammetria dell’architettura e più in generale degli oggetti vicini non segue, di solito, lo schema classico della fotogrammetria aerea, perché i casi che si presentano sono assai diversi fra loro. Un confronto operativo si può fare per le prese delle facciate di edifici, ma in altri casi si opera in modo del tutto differente. Parlare di ricoprimento longitudinale del 60% e trasversale del 20% è un non senso. Infatti al posto del modello stereoscopico si hanno spesso singole stelle di direzione, con conseguente visione monoscopica e necessità di punti oggetto presegnalizzati o di chiara identificazione. Le stelle di raggi corrispondenti si concatenano fra di loro tramite i punti oggetto. Le prese possono essere completamente libere oppure avvenire da posizioni note. E’ però tassativo che ciascun punto oggetto appaia in due o più fotogrammi e i raggi omologhi si incontrino con angoli non stretti. La compensazione avviene normalizzando le solite equazioni [13.6.]; occorre avere dei punti d’appoggio che a volte possono essere rappresentati anche da alcuni centri di presa determinati in X, Y, Z topograficamente, ma possono anche non esservi: in questo caso la compensazione è libera, ma occorre almeno, per la messa in scala, una distanza misurata sull’oggetto. Come si è già detto, per l’appoggio alla compensazione, e nell’architettura ciò accade spesso, si possono utilizzare punti incogniti di cui si sappia però che giacciono su piani verticali o orizzontali (si pensi, in un edificio, alla verticalità degli spigoli del medesimo, all’orizzontalità dei marcapiano, dei balconi, dei davanzali). Per quanto riguarda la precisione vale quanto già detto, ma si ricordi l’importanza che ha per la stima della profondità la distanza fra camera da presa e oggetto e la base di presa. Nel rilevamento degli oggetti vicini il metodo fotogrammetrico a stelle proiettive è competitivo col metodo topografico in termini di precisione. Si parla, in questo caso, di errori di direzione delle stelle proiettanti. Un’espressione approssimata si ricava dividendo l’incertezza delle coordinate immagine (± 3 µm) per la distanza principale, espressa in mgon (P31, f 4.5 cm fornisce 0.003/45 = 0.0001 rad = 4.2 mgon).

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Fotogrammetria

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14. La fotogrammetria digitale. La fotogrammetria di cui abbiamo fino ad ora trattato é quella che prende il nome di analogica quando la trasformazione proiettiva avviene dalle fotografie per mezzo di strumenti ottico-meccanici, di analitica quando la trasformazione proiettiva avviene dalle fotografie per mezzo di strumenti gestiti dal computer. In particolare si é parlato essenzialmente di fotogrammetria analitica perché quella analogica, pur essendo ancora largamente praticata, é destinata ad esaurirsi in quanto gli strumenti cosiddetti analogici non vengono praticamente più costruiti. Una nuova fotogrammetria, detta digitale, sta affermandosi prepotentemente e non é difficile prevedere che entro un tempo non lungo soppianterà quella analitica, che già si é imposta su quella analogica. In quest’ultima fotogrammetria l’immagine fotografica é sostituita da una immagine “digitale” registrata da dispositivi elettronici anziché dalla classica emulsione. L’immagine digitale o numerica é costituita da una matrice bidimensionale M, i cui elementi sono mij. Ciascuno di questi elementi prende il nome di pixel (picture element = elemento di immagine); l’indice di riga varia da 1 a I con passo unitario e così pure per l’indice di colonna da 1 a J. Il pixel rappresenta un elemento di immagine e le sue dimensioni sono ∆x e ∆y. I pixel sono l’informazione e il valore numerico di ciascun pixel dipende dal sensore e dal calcolatore che viene utilizzato. L’intervallo di valori mij più usato é quello che va 0 a 255, intervallo che supera di molto le possibilità di selezione della vista umana. L’informazione contenuta nei 256 valori può essere memorizzata in otto bit (256 = 28 combinazioni di bit) e, nella maggior parte dei calcolatori ciascun gruppo di 8 cifre costituisce una entità, detta byte. In aggiunta alla rappresentazione binaria in informatica vengono usate anche l’ottale e la esadecimale. La matrice immagine si presenta quindi nella forma della figura 14.1

Figura 14.1 - Immagine digitale.

Si ricorda che il sistema é definito dalla base (decimale = base 10, binario = base 2, ecc) e dalla successione delle potenze della base 0,1,2,3,...... Vediamo, ad esempio, il numero 50 nel sistema decimale come risulta in questo e in quelli citati. Decim. 100 101 102 .....

1 10 100 .... ↓ ↓ 0 5 → 50

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Fotogrammetria

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Il numero risulta dal numero di volte che la potenza immediatamente inferiore il valore prefissato sta nel numero, seguita dal numero delle potenze inferiori a questa che sommate fra loro formano il numero stesso. Il valore 50 é dato da 5 volte 101=10 o da 0 volte 100; il valore 51 da 5 volte 101=10 e da 1 volta 100. Analogamente nel sistema binario avremo: Binario 20 21 22 23 24 25 26 1 2 4 8 16 32 64 ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ 0 1 0 0 1 1 → 110010 Il 50 é dato a 1 volta 32, 1 volta 16, 0 volte 8, 0 volte 4, 1 volta 2, 0 volte 1. Ottale 80 81 82 1 8 64 ↓ ↓ 2 6 → 62 Esadecimale 160 161 162 1 16 256 ↓ ↓ 2 3 → 32 Per quest’ultimo sistema, che ha base maggiore di 10, vale quanto segue, ad esempio, nel passaggio dal decimale all’esadecimale. Decimale Esadecimale 1 1 2 2 .. .. 9 9 10 A 11 B ... ... 15 F 16 10 → 160 161

17 11 1 16 18 12 ↓ ↓

... ... 0 1 → 10

... ... 25 19 26 1A → 160 161

... ... 1 16

... ... ↓ ↓

... ... A 1 → 1A

... ... 254 FE 255 FF 160 161

1 → 14 15 → 240 ↓ ↓

E F

255 100 160 161 162

0 0 1 → 256

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Fotogrammetria

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1000 3E8 160 161 162 163

1 16 → 14 256 4096 ↓ ↓ ↓

8 E → 224 3 → 768

Nelle immagini in bianco e nero i valori dei pixel rappresentano i livelli di grigio, dove, di solito lo 0 indica il nero e il 255 il bianco. Quindi 8 bit (1 byte) per pixel per il bianco e nero che possono a 24 bit (3 byte) per pixel per il colore. Di fatto per quest’ultimo si hanno tre matrici immagine di eguali dimensioni, ma per ciascuno dei colori fondamentali (sintesi additiva) rosso, blu e verde e si parlerà perciò di matrice immagine a tre piani. Passando dal B e N al colore si passa da 256 toni di grigio a ben 2563 = 16.7 milioni di toni di colori volendo utilizzare una immagine digitale come fotogramma occorre conoscere la posizione di ciascun pixel nel sistema (x, y). La figura 14.1, dove gli assi cartesiani x, y sono ruotati di 90° e con origine mezzo pixel esterna alla matrice, mostra come moltiplicando l’indice i per ∆x si ottenga la coordinata xi del centro del pixel mij e così pure, procedendo in modo analogo, la coordinata y. La tabella 14.1 seguente mostra quanto sopra esposto per alcune serie di numeri casuali nei quattro sistemi citati

Decim. Ottale Esadec. Binario 0 0 0 0 1 1 1 1 2 2 2 10

128 200 80 10000000 . . . ............... . . . ............... . . . ...............

254 376 FE 11111110 255 377 FF 11111111

. . . ...............

. . . ...............

. . . ............... 576 1100 240 1001000000 2000 3720 7D0 11111010000

Tabella 14.1 Nella fotogrammetria digitale quella che era la posizione del punto immagine sul fotogramma, misurata con un comparatore, diventa la posizione del pixel, misurata generalmente in via automatica. Anche qui occorre conoscere l’orientamento interno: il punto principale PP, se i pixel sono piccoli, sarà assimilabile al pixel in cui cade e la distanza principale, nell’ipotesi che i pixel siano quadrati, sarà espressa in unità di ∆x o ∆y. Le equazioni (di collinearità) che legano le coordinate immagine a quelle oggetto e viceversa sono le medesime già viste (7.2.1, 7.2.2). L’occupazione di memoria di una immagine digitale é variabile in funzione della dimensione del pixel e se l’immagine é in B e N o a colori. Ad esempio, se volessimo una risoluzione digitale appena confrontabile con quella di una normale fotografia dovremmo avere pixel di (0.02 x 0.02)mm2, ovvero 1 milione di pixel in un quadrato di (2 x 2)cm2. L’occupazione di memoria é di 1MB per il B e N e, se consideriamo un fotogramma aereo nel solito formato (23 x 23)cm2 o terrestre (WILD P31, (9 x 13)cm2) avremmo rispettivamente bisogno di 132.25 MB e 29.25 MB, che triplicano nel caso del colore. L’immagazzinamento di tali immagini e la loro gestione é un problema notevole anche se é vero che si sta verificando in campo informatico un aumento più che significativo delle memorie di massa con altrettanta significativa riduzione dei costi.

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Fotogrammetria

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E’ certo che se la fotogrammetria digitale vuole competere o addirittura superare la fotogrammetria analitica in termini di precisione, la dimensione del pixel deve essere di pochi micron. Se invece si soprassiede in parte alla precisione a vantaggio della velocità operativa della fotogrammetria digitale non c’è dubbio che quest’ultima é vincente. Si parla spesso di “fotogrammetria in tempo reale” per sottolineare i brevissimi tempi che la fotogrammetria digitale consente tra il momento della presa e il risultato finale. Purtroppo, a tutt’oggi, la presa diretta di immagini digitali non ha il potere risolvente delle immagini fotografiche. Se si vuole raggiungere una definizione elevata dell’immagine occorre ricorrere alla scansione dei fotogrammi, processo di digitalizzazione successivo allo sviluppo del film. Perché l’immagine digitale abbia la stessa definizione della fotografia occorre definire un intervallo di campionamento numerico. La risoluzione R di una fotografia é definita in paia di linee per millimetro. Per esperienza si sceglie un intervallo D di campionamento pari a D(mm) < 0.7/2R. Ad esempio, con una risoluzione fotografica buona, pari a 50 linee per millimetro, l’intervallo di campionamento é dato da ∆D= 0.7/2 x 50 = 0.007mm = 7µm. Possiamo quindi dire che un pixel di 7 mm fornisce una definizione comparabile con quella di una buona fotografia. Scendere al di sotto di questo valore comporta una serie di problemi tecnici e di costi che oggi rappresentano uno sforzo non accettabile. Gli strumenti che trasformano l’immagine fotografica in digitale si chiamano foto-scanner. Il montaggio dei sensori foto sensibili segue tre filosofie diverse: - sensore singolo che acquisisce il fotogramma per singole linee; - fila di sensori, che effettua la scansione del fotogramma per striscia; - matrice quadrata di sensori che acquisisce il fotogramma per porzioni. Nel caso della fotogrammetria terrestre, quando si usino le camere semimetriche dotate di reticolo (vedi paragrafo 6.4), quest’ultimo consente la compensazione delle deformazioni e della non planeità del film nel passaggio dalla fotografia all’immagine digitale. La memoria di massa necessaria per gestire una immagine digitale di elevata qualità, con pixel cioè di 7µm x 7µm, risulta di 1080 MB per il formato (9 x 13)cm2. Queste occupazioni di memoria evidenziano come il problema della fotogrammetria digitale di precisione sia un problema non tanto di acquisizione dell’immagine, quanto della sua conservazione e gestione. L’acquisizione di immagini digitali può avvenire però anche direttamente con camere digitali; come ben sappiamo dalle numerose videocamere in commercio. Il piano immagine di una camera digitale contiene un campo bidimensionale di sensori il cui stato di carica é rappresentato da un segnale analogico letto a intervalli prestabiliti. Questo segnale analogico viene poi convertito in segnale digitale, da cui l’immagine. le camere per uso fotogrammetrico adottano prevalentemente sensori CCD (Carge Coupled Devices, dispositivi a camera accoppiata): esse sono molto compatte e stabili. Sul mercato si trovano camere con matrici di 512 x 512 pixel, ma anche di 1024 x 1024. La tendenza é però quella di incrementare il numero di pixel della matrice raddoppiando o quadruplicando i valori citati. Occorre sottolineare che il paragone fra una matrice e l’altra ha senso solo se fatto con la stessa ottica. Si può dire che ciò avviene nella definizione delle immagini digitali é simile a quanto avviene nelle fotografie tradizionali quando l’assunzione dell’immagine voluta avviene a posteriori mediante un ingrandimento o direttamente attraverso un teleobiettivo. Anche le video camere in commercio sono dotate di sensori CCD e funzionano secondo standard prestabiliti: quello EIA (30 immagini al secondo) in America, quello CCIR (25 immagini al secondo) in Europa. I sensori CCD sono per ora, ma probabilmente non lo saranno nemmeno in un futuro vicino, capaci di fornire una dimensione di pixel di 7.5µm su fotogrammi di grande formato come invece abbiamo visto già accade per gli scanner. Una volta acquisite le immagini digitali si é in grado di risolvere, teoricamente, il problema della fotogrammetria con un qualunque calcolatore. In realtà non é proprio

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Fotogrammetria

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così, perché occorrono delle caratteristiche specifiche per il computer e, naturalmente, un software adatto a risolvere i problemi della fotogrammetria. Si può dire che i moderni PC, dotati di processore Pentium, memoria centrale di 16 MB, memoria di massa di 1 GB, video ad alta risoluzione (1024 x 768), calore 8 bit (256 colori o toni grigio) o meglio 24 bit (milioni di colori ottenuti assegnando 8 bit a ciascuno dei colori fondamentali rosso, verde e blu), dotati di “frame grabber” (catturatore di immagini) sono adatti a risolvere il problema della fotogrammetria digitale. Dato che l’elaborazione delle immagini digitali; data la loro grande occupazione di memoria, richiede sempre tempo sono già apparsi sul mercato PC o WS concepite ad hoc, adatti attraverso schede grafiche specializzate al trattamento delle immagini digitali. Una forte correlazione tra fotogrammetria digitale e GIS (Geographic Information System) é di facile previsione qualora come base geografica dei GIS si assumano ortofoto digitali. Il problema della restituzione classica, cioè quello della produzione di cartografia, comporta l’osservazione tridimensionale delle immagini. Il restitutore classico analogico o analitico é sostituito, nel caso della fotogrammetria digitale, dalla stazione fotogrammetrica digitale, ovvero da un computer con specifiche caratteristiche, che possono variare a seconda della soluzione che viene adottata. Le soluzioni fino ad ora praticate sono le seguenti: - Proiezioni sul medesimo delle due immagini costituenti il modello e loro

osservazione mediante uno stereoscopio a specchi (soluzione Leica, Digital Video Plotter);

- Proiezione a pieno schermo del modello filtrato a due colori e sua osservazione con occhiali a colori complementari (metodo dell’anaglife);

- Proiezione alternata sullo schermo delle due immagini formanti il modello con frequenza di circa 50 Hz e loro osservazione con occhiali che alternativamente bloccano o lasciano passare la luce. La sincronizzazione fra schermo e occhiali é realizzata, di solito, con un telecomando a infrarossi. Con frequenza superiore a 25 Hz ciascun occhio vede una immagine continua (il procedimento ricorda l’antica procedura del brillantamento);

- Proiezione alternata sullo schermo delle due immagini formanti il modello e loro osservazione attraverso un filtro polarizzato alternativamente in modo sincrono. L’operatore osserva lo schermo attraverso il filtro con occhiali polarizzati (soluzione Intergraph, Image Station; Matra, Trasfer T10).

La fotogrammetria digitale ha il grande merito di eliminare gli strumenti tradizionali analogici e analitici con le loro parti meccaniche in movimento e le loro ottiche di osservazione. Restano ancora, ovviamente dei problemi, ma la loro soluzione e la loro semplificazione é ormai a portata di mano.