appunti architettura romana - Digididattica · La calce si ottiene dalla cottura di pietre calcaree...

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Architettura romana Uso dell’ordine architettonico Gli ordini si identificano con l’architettura e pertanto il loro uso non è limitato solo ai templi, ma viene esteso ad anfiteatri, basiliche e archi di trionfo. A questi viene così conferito un prestigio pari a quello insito nell’architettura sacra. Ciò è reso possibile dalla messa a punto di un nuovo linguaggio architettonico che coniuga il primitivo schema trilitico dell’ordine con elaborati edifici multipiano ad archi e volte. Nuovi modi di impiego degli ordini, come guida e controllo formale dell’edificio di cui regolano proporzioni e dimensioni. La funzione strutturale è limitata. L’ordine non è più solo costituito da colonne a tutto tondo, ma da alcune loro varianti che consentono una maggiore libertà formale ed espressiva: 1. Colonne libere (hanno dietro di sé un muro che sfiorano appena, nel quale la trabeazione si inscrive saldamente) 2. Tre quarti di colonna (solo un quarto del fusto è incassato nel muro) 3. Mezze colonne (una metà è incassata nel muro) 4. Paraste (simili a colonne quadrangolari incorporate nel muro. Sono dette anche lesene) In tale sistema, la trabeazione, parte integrante dell’ordine, diviene un elemento determinante nella definizione dei nuovi schemi compositivi. Non è infatti possibile spostare le colonne senza spostare anche la trabeazione. La fusione di ordine architettonico e struttura ad arco esalta la funzione formale dell’ordine stesso, riducendone quella di sostegno strutturale. La macroscopica dimensione di taluni edifici romani porta alla sovrapposizione di più ordini (Colosseo) sempre però in associazione all’uso dell’arco. Riepilogando, a differenza dell’architettura greca, quella romana si distingue per: 1. Uso non esclusivamente strutturale dell’ordine 2. Abbinamento ordine – arco 3. Sovrapposizione degli ordini 4. Modifica di alcuni elementi dell’ordine e introduzione del piedistallo. La tecnica costruttiva romana Pietra : tipi e provenienze tecniche di estrazione taglio e attrezzi sollevamento e trasporto accostamento e fissaggio Calce e malte : preparazione della calce composizione delle malte impiego e posa in opera ponteggi e apparati provvisionali Mattone : produzione tipi e misure modalità di impiego L’invenzione di un legante derivato dalla cottura di una pietra è antichissima (forse VI millennio a. C.). L’Oriente ha conservato per molti secoli il privilegio di usare leganti a base di gesso e calce e si dovrà arrivare all’età ellenistica prima che questa tecnica possa essere introdotta nell’architettura

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Architettura romana Uso dell’ordine architettonico Gli ordini si identificano con l’architettura e pertanto il loro uso non è limitato solo ai templi, ma viene esteso ad anfiteatri, basiliche e archi di trionfo. A questi viene così conferito un prestigio pari a quello insito nell’architettura sacra. Ciò è reso possibile dalla messa a punto di un nuovo linguaggio architettonico che coniuga il primitivo schema trilitico dell’ordine con elaborati edifici multipiano ad archi e volte. Nuovi modi di impiego degli ordini, come guida e controllo formale dell’edificio di cui regolano proporzioni e dimensioni. La funzione strutturale è limitata. L’ordine non è più solo costituito da colonne a tutto tondo, ma da alcune loro varianti che consentono una maggiore libertà formale ed espressiva:

1. Colonne libere (hanno dietro di sé un muro che sfiorano appena, nel quale la trabeazione si inscrive saldamente)

2. Tre quarti di colonna (solo un quarto del fusto è incassato nel muro) 3. Mezze colonne (una metà è incassata nel muro) 4. Paraste (simili a colonne quadrangolari incorporate nel muro. Sono dette anche lesene)

In tale sistema, la trabeazione, parte integrante dell’ordine, diviene un elemento determinante nella definizione dei nuovi schemi compositivi. Non è infatti possibile spostare le colonne senza spostare anche la trabeazione. La fusione di ordine architettonico e struttura ad arco esalta la funzione formale dell’ordine stesso, riducendone quella di sostegno strutturale. La macroscopica dimensione di taluni edifici romani porta alla sovrapposizione di più ordini (Colosseo) sempre però in associazione all’uso dell’arco. Riepilogando, a differenza dell’architettura greca, quella romana si distingue per:

1. Uso non esclusivamente strutturale dell’ordine 2. Abbinamento ordine – arco 3. Sovrapposizione degli ordini 4. Modifica di alcuni elementi dell’ordine e introduzione del piedistallo.

La tecnica costruttiva romana Pietra : tipi e provenienze

tecniche di estrazione taglio e attrezzi sollevamento e trasporto accostamento e fissaggio

Calce e malte : preparazione della calce composizione delle malte impiego e posa in opera ponteggi e apparati provvisionali

Mattone : produzione tipi e misure modalità di impiego

L’invenzione di un legante derivato dalla cottura di una pietra è antichissima (forse VI millennio a. C.). L’Oriente ha conservato per molti secoli il privilegio di usare leganti a base di gesso e calce e si dovrà arrivare all’età ellenistica prima che questa tecnica possa essere introdotta nell’architettura

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greca. Conosciuta dai Greci, la calce è però impiegata soprattutto per la preparazione di stucchi e intonaci. L’apporto fondamentale dei Romani, mutuato dagli Etruschi, consiste nell’uso sistematico della calce per il confezionamento di malte impiegate come legante delle murature in pietra. La malta è quindi un collante resistente e duraturo che consente il confezionamento del calcestruzzo e di conseguenza la costruzione di edifici e volte di dimensioni eccezionali. Le malte si ottengono miscelando calce spenta e inerti (ad es. pozzolana o sabbia). La calce si ottiene dalla cottura di pietre calcaree a circa 1000° , mediante la quale esse perdono il gas carbonico contenuto al loro interno. Il prodotto di tale cottura, un ossido di calcio, è detto calce viva e si presenta in forma di pietre dalla superficie polverulenta. Per poter essere impastate come legante esse devono essere sottoposte a reidratazione . Tale operazione, detta spegnimento, si effettua immergendo in fosse ricolme di acqua fresca le zolle di calce viva e sfregandole lentamente con la marra; queste si sciolgono liberando calore e trasformandosi in una pasta detta calce spenta.

La preparazione delle malte usate dai Romani è illustrata da Vitruvio: “quando la calce sarà spenta, bisognerà mischiarla in questo modo: si metterà una parte di calce con tre parti di sabbia di cava o due di sabbia di fiume”. Queste proporzioni, che Vitruvio considera ottimali, possono essere ulteriormente migliorate aggiungendo una terza parte di polvere di cocciopesto (dalle ottime proprietà idrauliche). Vitruvio raccomanda comunque l’uso della pozzolana (pulvis puteolanus), una sabbia di origine vulcanica ad alto contenuto di silicio, che definisce harena fossica e illustra così: “esiste una specie di polvere che per natura possiede proprietà straordinarie e che mischiata con calce e pietre frantumate rende la muratura talmente stabile che essa indurisce non solo negli edifici normali, ma anche in quelli sotto l’acqua”. Questa non è altro che una delle prime descrizioni della calce idraulica. La malta idraulica, composta da calce e pozzolana, mischiata a frammenti lapidei, costituisce il cosiddetto opus caementicium, nucleo portante e solidissimo dell’edilizia romana. Esso viene costipato e battuto accuratamente entro due pareti di contenimento, dai paramenti in pietra o in mattone, che costituiscono una sorta di cassaforma permanente, riempita con malta e materiale lapideo irregolare (scaglie di pietra, pezzame di mattone, etc.).

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Nel calcestruzzo romano si distinguono dunque i seguenti componenti: 1. Il legante, per solito una malta idraulica con polvere di pozzolana o cocciopesto. 2. Gli inerti elementi lapidei, di tufo o mattone di misura e conformazione irregolare,

introdotti nella malta al momento della costruzione. 3. Il paramento murario esterno, realizzato con pietre squadrate o mattoni, che può

essere protetto da un rivestimento in lastre di pietra oppure da uno spesso strato di intonaco.

Nei muri di scarso spessore il composto di malta e pietrisco è relativamente omogeneo e il muratore può distribuire agevolmente a mano le pietre nel legante. Quando invece la struttura è di dimensioni maggiori, è necessario inserire alternativamente malta e pietre, costipando e assestando manualmente il composto al fine di rendere la struttura omogenea e coerente. In questo caso all’interno dei muri sono visibili gli strati regolari risultanti da tale messa in opera alternata, eventualmente regolarizzata da ricorsi di mattoni o pietre di taglio regolare. I paramenti esterni contano diversi tipi di apparecchi, lapidei o laterizi, realizzati con elementi di forma diversa e messi in opera secondo schemi e disegni ben precisi:

Opus mixtum (paramento nel quale vengono impiegati congiuntamente pietre e mattoni) Opus incertum (pietre a forma di parallelepipedo irregolare) Opus reticulatum (filari regolari di blocchetti cuneiformi di pietra o tufo – cubilia- a base quadrata disposti a 45° sul piano di posa) Opus vittatum (blocchetti quadrangolari, talvolta detti tufelli, di pari altezza disposti su filari orizzontali) Opus spicatum (paramento con disposizione alternata delle pietre che lo compongono, messe in opera con un’inclinazione di 45° alternata per ogni filare) Opus testaceum (paramento in mattoni di diverse forme e dimensioni, messi in opera sia nella loro conformazione originale, sia divisi in elementi rettangolari o triangolari)

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Il mattone In età imperiale si assiste a una straordinaria pianificazione economica fondata sulla massiccia produzione di materiali edilizi su scala “industriale”; i mattoni, prodotti velocemente, vengono messi in opera con maggiore facilità in virtù della loro forma regolare e della più ampia superficie portante. I più usati sono i grandi mattoni quadrati, la cui fabbricazione si normalizza nel I secolo d. C. in diversi tagli: Bessales = lato 2/3 di piede = 19,7 cm Sesquipedales = lato 1,5 piedi = 44,4 cm Bipedales = lato 2 piedi = 59,2 cm Unità di misura romane 1 pes (piede) = 26,9 cm (ricavata dalla media aritmetica della lunghezza complessiva di 12 piedi umani) 1 piede = 4 palmi 1 palmo = misura di quattro dita accostate = 7,5 cm ¼ di palmo = digitus (dito) = 1,8 cm 1 palmi = 12 once (=16 dita) Lettura consigliata: J. P. Adam, L’arte di costruire presso i Romani. Materiali e tecniche, Longanesi, Milano 1998

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