Approfondimenti Lo sguardo del folle · La congettura di Goldbach Rubriche La Percezione Il...

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Approfondimenti Antipsicotici in UK L’erborista di San Salvario Real Politik e MedioOriente La congettura di Goldbach Rubriche La Percezione Il Quaderno dei Sogni Un Complesso di Cose Spazio al Futuro I Remember Altamura Lo sguardo del folle Universo del sogno Liberum Arbirtrium Indifferentiae Segni Zodiacali Caleidoscopio Patente e libretto Auto Mutuo Aiuto Fuori Piove, è Sera Poesia

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ApprofondimentiAntipsicotici in UKL’erborista di San SalvarioReal Politik e MedioOrienteLa congettura di Goldbach

RubricheLa PercezioneIl Quaderno dei SogniUn Complesso di CoseSpazio al FuturoI Remember Altamura

Lo sguardo del folleUniverso del sognoLiberum Arbirtrium IndifferentiaeSegni Zodiacali

CaleidoscopioPatente e librettoAuto Mutuo AiutoFuori Piove, è Sera

Poesia

APPROFONDIMENTI

4 Real Politik6 Se io fossi il presidente8 Antipsicotici in UK11 L’erborista di San Salvario16 La congettura di Goldbach

LO SGUARDO DEL FOLLE

17 Segni Zodiacali20 L’universo del sogno22 Liberum Arbitrium Indifferentiae

RUBRICHE

12 La Percezione13 Il Quaderno dei Sogni14 I Remember Altamura15 Spazio al Futuro18 Un Complesso di Cose

CALEIDOSCOPIO

POESIE

Avere cura di se stessi (e dunque anche degli altri) non è mai stato così difficile come oggi: sembra che soltanto dei signori con camici bianchi e grandi certezze abbiano in mano la ricetta giusta per far fronte ad ogni debolezza ed ogni male. In alternati-va da certi santoni si possono trovare buoni rimedi spirituali, IVA inclusa, ovviamen-te. Invece avere cura di se stessi implica 6 miliardi circa di significati diversi, quanti sono gli uomini e le donne che calcano il nostro pianeta, se proprio vogliamo dare i numeri. Avere cura di se stessi significa anche avere il diritto di scegliere quali sostanze possano attraversare il nostro corpo: in questo senso abbiamo tradotto un interessante pubblicazione apparsa sulla rivista ufficiale della psichiatria britan-nica che ci fornisce uno spaccato curioso e inedito sulla funzione e l’efficacia degli antipsicotici, oltre che sentito il parere di un erborista di San Salvario attento ai sei miliardi di significati di cui parlavamo prima. Avere cura di se stessi vuol dire per noi di Segn/Ali affidarsi alla libertà del linguaggio poetico e al fascino seduttivo dell’ar-te. Per esempio l’arte di Ascanio Celestini, incontrato dalla redazione di Segn/Ali per un Se ti Manca un Venerdì’ tra i più riusciti. Il suo lavoro ci da forza e ispirazione per continuare su un percorso tracciato venti anni fa. Nel 2014 celebreremo infatti una rivista, la nostra, che da due decenni non si accontenta di raccontare la follia, ma che vuole cambiare il mondo attraverso di essa. Intanto la nostra trasmissione Segn/Ali Radio in onda su Radio Beckwith continua a dare e a darci grandi soddisfazioni, così come il lavoro sul nostro blog http://segnaliblog.wordpress.com.Parafrasando il motto di un neo-redattore di Segn/Ali, proviamo a fare delle cose pazzesche per far capire che non siamo pazzi.

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Direttore responsabile Francesco Floris

Soffiano di nuovo venti di guerra. Si sente di nuovo puzza di marcio. Non che le guerre si fossero fermate, ma di certo la crisi siriana (iniziata più di due anni or sono) è stata già freddamente definita la più grave crisi umanitaria per numero di vittime (morti e profughi) di questo inizio di secolo. Nel momento in cui scrivo la Siria rischia di trasformarsi nel vulnus dell’assetto mondiale, un campo di battaglia e scacchiera internazionale. Nelle stanze dei bottoni lo è già. Non è fin qui escluso il verificarsi di un intervento armato internazionale, e probabilmente, quando leggerete, le vittime saranno aumentate, le violenze accresciute. Non voglio sottolineare in una simile e irreversibile tragedia gli aspetti che in forma diversa, maggiore o minore, sono sempre presenti in qualsiasi guerra della storia dell’umanità. Questo è un articolo molto “di pancia”, che vuole tristemente sfogare la sua rabbia verso un sistema internazionale che ancora una volta divide l’umanità tra potenti che distruggono vite come se giocassero a scacchi, e vittime della Storia. (Come disse una volta De André: una cosa che di solito alcuni – pochi – scrivono e altri subiscono). Provo a riassumere la situazione, ben sapendo che perdo molti dettagli della complessità. La Siria è un paese del medio oriente che è governata da un regime al cui vertice sta il dittatore Bashar al Assad, un altro di quegli infidi nemici dell’occidente con cui la comunità internazionale ha sempre trattato al tavolo del business. Sull’onda delle primavere arabe, anche in Siria sono scoppiate proteste e rivolte che si sono integrate, inizialmente, in una ribellione di tipo rivoluzionario. Parte della comunità internazionale ha condannato subito le violenze del regime per soffocare gli oppositori, invocando pressioni diplomatiche; alcuni hanno sostenuto la necessità, quasi dall’inizio, di un intervento armato, cui si sono opposti alcuni paesi, su tutti la Russia e la Cina, che hanno stretti rapporti geopolitici ed economici con il regime siriano. La situazione è stata in stallo per mesi e mesi. Così la rivoluzione si è presto trasformata in una lotta di potere, in una guerra civile, nella quale hanno ora maggior peso e comando, tra le fila degli oppositori, gli estremisti violenti che hanno preso il sopravvento con pari crudeltà.

Sorvolo sul contesto dei paesi confinanti e sugli equilibri geopolitici che complicano la situazione e moltiplicano gli interessi strategici per i signori della guerra. Il punto è che tutta la vicenda è massacrata da uno schifoso cinismo. Al momento si annuncia l’intervento internazionale a causa della “smoking gun” (prova definitiva di colpevolezza) dell’uso delle armi chimiche1. Le altre vittime, mi chiedo: sono più “naturali”? Si tratta invece di una convenzione ipocrita che evidenzia in realtà come gli obbiettivi di un’eventuale intervento militare siano di natura politica ed economica di parte; la formalizzazione di un casus belli, e tutta la retorica mediatica conseguente, è un paravento per salvaguardare la presunta superiorità morale dell’occidente, e per propagandare la necessità del conflitto, ben sapendo che è malvisto dall’opinione pubblica. Per non parlare del balletto dei voltafaccia che vede la Russia e la Cina (paesi notoriamente inflessibili sulle forme della democrazia) invocare il nullaosta dell’Onu (un’altra convenzione) per proteggere il più possibile l’amico dittatore e far perdere credibilità ai competitori globali di questo secolo XXI° (mi riferisco ovviamente agli Usa)2. Si è visto come il Regno Unito diffidi degli oppositori siriani, e il parlamento britannico non ha concesso il mandato d’azione al governo. (Cosa francamente rara in quel paese… Le ragioni a mio giudizio non sono rintracciabili in un’improvvisa ondata di pacifismo, più sentito dal popolo britannico, ma appunto dalle convenienze politiche, strategiche ed economiche di una simile operazione). In Usa, Obama tentenna messo in difficoltà da forti pressioni interne delle lobby e dei falchi militari, e un’empasse diplomatica che come detto muta in un balletto di ipocrisie e ambigue partite tra i signori del mondo. Al momento Washington ha smesso di insistere sulla minaccia di un attacco, ma non lo ha escluso per il futuro. Nel frattempo la guerra non ha soluzione, la popolazione perisce in ostaggio delle violenze incrociate, schiacciata dai diversi livelli del conflitto.Al solito, le ragioni stanno altrove: il sempiterno commercio speculativo dei materiali bellici, la geopolitica della regione afflitta da altri conflitti e competizioni (vedi alla voce Iran contro Israele, senza dimenticare l’annosa competizione tra paesi del mondo musulmano, in primis Arabia Saudita e Iran); infine gli interessi economici.

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Ovvero il petrolio, ancora una volta, che in Siria non è poi molto nel suolo, ma che dalla penisola arabica e il golfo persico, passa di lì obbligatoriamente per arrivare negli altri paesi. Ora, a questi signori che spostano pedine e seminano morte, in nome dei principi di giustizia che sono in tutto e per tutto la riproposizione delle “guerre umanitarie” di qualche anno fa, vorrei ricordare una citazione che può chiarire loro qualche contraddizione. In Full Metal Jacket, il marine interpretato da Matthew Modine spiega al colonnello la teoria dell’unione degli opposti yin e yang, per giustificare, sul suo elmetto, la presenza del simbolo della pace vicino alla scritta “born to kill”, motto dei marines americani. (Ecco, forse avrete capito; ma ve l’avevo detto: è uno sfogo rabbioso, ha solo un senso editoriale d’opinione, d’invettiva).Questa la risposta del colonnello al soldato, che mi sovviene ultimamente guardando i tg, e che simboleggia il cinismo che in questa vicenda mette tutti in trappola: «Cerca di stabilire un contatto tra la testa e il culo!» (Per maggiore completezza, e forse per essere più chiaro alla platea internazionale, includo la versione originale: «You’d better get your head and your ass wired together!») Purtroppo questo sfogo è già sconfitto dalla tragicità dei fatti. Tuttavia per scrollarsi di dosso il cinismo propagandato, quando si sente puzza di marcio, occorre un bel rigetto.

1 Mentre riscrivo l’articolo, apprendo di come la diplomazia russa abbia portato al successo il tentativo di sospendere le intenzioni d’attacco: un risvolto pacifista che però non mi convince. Un’altra prova di come tutto ciò rientri in un “conflitto asimmetrico”, ovvero la lotta bellica che per le parti in causa ha obbiettivi strategici diversi. Il problema certamente è difficile risolvere (ripeto: questo è uno sfogo d’amarezza, neanche lontanamente potrei ambire a illustrare una forma di quadro risolutivo). Il fatto è che qui le parti in causa sono (semplificando): il regime siriano, l’opposizione a quest’ultimo, e sopra ciò, in modo sovrastrutturale, le potenze che covando interessi particolari, condizionano le sorti del conflitto. Intanto le vittime aumentano, i canali di aiuto umanitario sono messi in difficoltà dai limiti logistici concreti e anche da quelli economici dei paesi del mondo che dovrebbero

finanziarli.

2 Nella prima stesura dell’articolo, più impulsiva, definivo ipocrita anche questa convenzione, cosa che a un livello storico forse non è stato e non è. Sarebbe lungo ma interessante soffermarsi su come emblematicamente le Nazioni Unite, nell’assetto globale del dopo guerra fredda, abbiano progressivamente indebolito la loro carica e impronta sovranazionale o transnazionale (che Norberto Bobbio considerava un elemento chiave del futuro della democrazia nel mondo). Spesso le risoluzioni dell’Onu appaiono non più come il frutto di uno sforzo diplomatico “olistico”, bensì di competizioni di potere. Quest’uso del palazzo di vetro come giostra tra potenze, porta alla lugubre una formalizzazione di una legittimità. La multilateralità è relativa. Il potere di veto di alcuni membri del consiglio di sicurezza, e le contropartite economiche che reggono il gioco, screditano l’istituzione proprio nella sua forma, al di là di alcune benemerite soluzioni che i commissariati dell’Onu incentivano e

approvano. Enea Solinas

REAL POLITIK

Se io fossi il presidente degli U.S.A e dovessi prendere la decisione se bombardare o no la Si-ria, mi preoccuperei prima di tutto delle conse-guenze che la guerra porterebbe.

Mettiamo allora il caso che gli Stati Uniti venis-sero attaccati dai nemici degli americani ci sa-rebbero moltissimi morti a causa di attentati, bombe, vendette, da parte dei musulmani dato che non avrebbe dovuto intervenire in un con-flitto a lui estraneo.

Questo porrebbe l’accento su un dato ancora più negativo che, se la Siria, non venisse bom-bardata, sarebbe meglio non intervenire per-ché aprirebbe un conflitto ancora più grande e da un problema ne nascerebbero due; ma c’è da tener conto di altri interessi, che sono ancora più importanti dell’eccidio di civili e di una guer-ra intestina. C’è da considerare il ruolo all’inter-no dell’Onu dell’America e l’egemonia che essa rappresenta all’interno dell’organizzazione. A causa della sua importanza, tende a far passa-re per buoni sentimenti, ciò che è mascherato con il potere, la smania di comandare con la scusa che altrimenti il conflitto potrebbe esten-dersi(manipolando così, l’opinione pubblica) e la necessità di mostrare ancora una volta che, con la ragione e una corretta strategia, si può e si deve vincere. Questo porta a riconsiderare i reali motivi, per cui gli U.S.A scenderebbero in campo. Motivi come l’importanza strategica di quei territori, il petrolio e quindi la possibilità di gestione dei pozzi, destituendo l’attuale lea-der e mettendo al comando una pedina che fa il loro gioco. E poi l’infinito guadagno a buttare bombe sul paese, cosa che consoliderebbe non solo le società che costruiscono le armi, ma an-che per dare un senso a tutte quelle spese che il governo deve affrontare. Militari, ordigni nu-cleari, missili, gas e armi di distruzione di massa, convogli e aerei, navi da combattimento, alle-anze mondiali stipulate con dei contratti vecchi e mantenute con il ricatto e la forza, senza tener conto del mondo

e delle idee del cittadino. Situazioni dov’è na-scosto lo sfruttamento, dove il controllo è di-ventato perfino talmente evidente che nessu-no osa dire niente. Gente che pur sicura di aver fatto un affare, invece non sa che dietro a tutto questo ci sono degli interessi che grazie al con-tributo di questi ignari cittadini, portano interi popoli sul lastrico, impoverendone la cultura e le tradizioni. Il colosso americano che vorrebbe imporre il suo stile in tutto il mondo per avere la certezza che tutti sono sotto la loro egemo-nia. Se mangi da Mac Donald vuol dire che sei dei nostri, se invece preghi Allah, un giorno o l’altro sarai l’artefice di un attentato e questo non è che un elenco della lista che sicuramen-te è composta da un materiale molto più det-tagliato. Va tenuto presente che Putin e altri come i pacifisti adducono contro l’intervento militare dell’Onu. Ci sono da considerare alcuni problemi correlati : uno di questi è l’inevitabile strage di civili che l’eventuale bombardamento implicherebbe, per poi passare ad analizzare la situazione che ne deriverebbe dopo. Bastereb-be destabilizzare l’attuale capo del regime per mettere a tacere i ribelli e chi non fosse accon-tentato, come si comporterebbe nell’eventua-lità che la situazione fosse peggiore di quella attuale? Mettiamo il caso che centinaia di sol-dati americani perdessero la vita o tornassero in patria menomati, condizionati dallo stress post traumatico a comportarsi in maniera com-pulsiva, a recedere in atteggiamenti anti-con-servativi, a valutare l’opportunità di vendicarsi o a deprimersi fino al totale annullamento di se stessi. Ne verrebbe fuori una crisi già in atto. A causa dei perduti valori, dei fallimenti della mancanza di idee e di speranza, a causa del senso di impotenza, di umiliazione, di aver cer-cato in tutti i modi di venire fuori da una brutta situazione e ritrovarsi a dover affrontare anni ancora più difficili. Mancanza di condivisione, vedere nel prossimo chi potrebbe essere la cau-sa del tuo problema, gli spazi e le occasioni per stare insieme serenamente perdere la loro im-portanza. C’è ultimamente la tendenza a dare per scontato tutto.

Non c’è la voglia, il desiderio di scoprire, di andare a cercare cose nuove, come se l’uomo avesse già trovato tutto, grazie alle invenzioni, al genio di alcuni che hanno portato l’umanità a un livello superiore a quello che di volta in vol-ta, cresce e nessuno lo percepisce, tutti stanno a guardare pensando che un giorno o l’altro, chiuderanno gli occhi e finirà la loro vita. Che discorso egoistico; almeno rendersi conto che c’è gente diversa da loro. Un problema ancora più grande da affrontare sono le coalizzazio-ni. Quando si comincia una guerra ci sono gli alleati, ma anche i nemici, che bisogna tenere sotto controllo, più che a bada per ritrovarseli in casa. Ci sono da considerare gli effetti psico-logiche si rivelerebbero catastrofici nella rendi-ta dei lavoratori, nell’immagine sociale che poi si rifletterebbero sul mercato internazionale. Ci sono anche gli innumerevoli sbagli ai qua-li nonsi era pensato, agli errori di valutazione che partono dalla sotto stima del nemico fino allo scontro interiore con se stessi, i sensi di col-pa, l’eccessiva fiducia riposta nei propri mezzi, la finta speranza e il vano auto-convincimento di essere i vincitori.

SE IO FOSSI IL PRESIDENTE Ci sono le critiche degli intellettuali che uniti al pensiero dei buddisti, della magra figura degli inerti, dei deboli, delle persone che hanno an-cora un’anima e che non sono pronti a giocare ancora alla guerra. Ci sono i poteri forti, ci sono persino le bestie, ci sono la natura l’inquina-mento e i propri doveri sociali. Ci sono le pro-messe e le idee che non sembravano tradimen-ti, ma che adesso hanno proprio il sapore del fiele. Per non dire delle cause e dell’invasione di veleni causati dal materiale tossico e per tacere del dolore e delle grida dei feriti.

Ecco, se io fossi il presidente degli U.S.A., terrei conto di questo.

Nicola Frache

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L’evidenza circa la sovrastima dell’ efficacia degli antipsicotici, e la sottostima della loro tossicità, così come i dati che emergono da ricerche recenti sulle scelte di trattamenti alternativi, suggeriscono una modalità differente nell’affrontare determinati aspetti delle terapie farmacologiche. Si dovrebbe introdurre la possibilità di scelta da parte dei pazienti e riconsiderare il precetto secondo cui per gli individui che rientrino in una “ diagnosi di spettro” di schizofrenia si richiedano antipsicotici in modo indiscriminato.È evidente che nei servizi di salute mentale di tutto il mondo ci si affidi alla cura con antipsicotici nel trattamento della schizofrenia e disturbi collegati, che ha come conseguenza l’introduzione di farmaci ulteriori e dunque l’inasprimento degli effetti collaterali, senza che vi sia una reale efficacia. Nel Regno Unito non si può dire che esista una reale possibilità di scelta offerta agli utenti del servizio che rientri nei criteri per simili diagnosi, attraverso l’utilizzo di coercizione nelle decisioni circa il processo di cura. Questo è in contrasto con la politica del “National Health Service (NHS)”, che promuove attivamente la cura guidata dal paziente e la sua collaborazione. Sovrastima dell’efficacia degli antipsicotici, sottostima della loro tossicità, ricerche sempre più frequenti sui trattamenti alternativi: sulla base di queste premesse possiamo permetterci di riconsiderare l’assioma per il quale a tutti gli utenti psicotici si debba somministrare antipsicotici senza valiare delle alternative.

Validità degli antipsicotici

Una riflessione che si basa su revisioni sistematiche e meta-analisi ci suggerisce che l’efficacia e la validità degli antipsicotici al fine di produrre significativi benefici per le persone con disordini psicotici, è stata sovrastimata. Una meta-analisi mostrava che, sebbene ci potessero essere effetti dimostrabili degli antipsicotici in paragone col placebo, i miglioramenti sul placebo non sono così grandi come precedentemente pensato: il cambiamento medio nei sintomi classificato con il “Positive And Negative Sydrome Scale (PANSS)” attribuibile agli antipsicotici non

incontrava una soglia ricavata empiricamente per minimi miglioramenti clinici. Soltanto il 17÷22% sperimentava un beneficio importante ,un significativo miglioramento o una prevenzione della ricaduta.. Una successiva previsione sistematica concludeva che i miglioramenti attribuiti agli antipsicotici, vecchi e nuovi sono di rilevanza clinica discutibile.

Con la maggior parte dei fallimenti nella sperimentazione al fine di mostrare un miglioramento perfino minimo, misurato usando il PANSS, c’è anche il fatto riconosciuto che non c’è nessuna differenza misurabile nella validità tra gli antipsicotici di prima e quelli di seconda generazione, supportato dall’evidenza di una recente meta-analisi. È anche rilevabile che c’è evidenza dalle “ prove a doppio fondo cieco” fatte con volontari della salute che la cura con gli antipsicotici possa avere risultati nei sintomi negativi secondari.

Sfavorevoli effetti degli antipsicotici

Se spostiamo l’analisi su altri fattori, risulta che gli sfavorevoli effetti degli antipsicotici sono stati sottostimati. Per esempio , una recente revisione sistematica concludeva che alcune delle anormalità strutturali nel volume del cervello, precedentemente attribuite alla sindrome di schizofrenia, possono essere il risultato della somministrazione degli antipsicotici.

C’ è anche una considerevole evidenza che gli antipsicotici sono associati ad un aumentato rischio di morte cardiaca improvvisa e che una certa percentuale dell’ aumentata mortalità, osservata in persone con una diagnosi di schizofrenia, e attribuibile alla somministrazione di antipsicotici. Un aumentato rischio cardiovascolare è perfino riscontrabile dopo la prima esposizione ad ogni trattamento con antipsicotici. C’è un’ indiscutibile evidenza circa l’aumento di peso indotto dagli antipsicotici, il che è anche allo stesso modo rilevante rispetto al rischio cardiovascolare e alla mortalità.

Rapporti rischio-beneficio, scelta informata e decisioni prese in collaborazione con il paziente

Dato che i servizi di salute mentale sembrano avere sovrastimato il valore di efficacia per la somministrazione degli antipsicotici mentre viene sottostimata la serietà degli effetti sfavorevoli, potrebbe avere senso riesaminare il rapportorischio-beneficio di simili farmaci. Il profilo rischio-beneficio può essere un fattore decisivo nell’alta percentuale di non adesione e discontinuità nella somministrazione riscontrato in pazienti con psicosi; in questo modo, alcune decisioni di rifiutare o prendere con discontinuità la dose di antipsicotici può rappresentare una scelta razionale e informata piuttosto che una decisione irrazionale dovuta ad insufficienza di auto- discernimento o a sintomi come la sospettosità. Date delle appurate e oneste valutazioni di entrambi i rischi e i benefici, può essere possibile prescrivere antipsicotici in un modo più ponderato e collaborativo; e queste considerazioni potrebbero coinvolgere un’esplicita messa in discussione sulla possibilità di prescriverli o meno. La disponibilità di simili scelte può aiutare a coinvolgere persone che altrimenti potrebbero eccitare i servizi; per esempio, pazienti con basso livello di auto- discernimento e/ o alti livelli di stigmatizzazione interiorizzata potrebbero opporsi alla somministrazione oppure considerare che parlarne con qualcuno sia inaccettabile.

FARMACI ANTIPSICOTICI: E’ ORA DI INTRODURRE LA PARTECIPAZIONE DEGLI UTENTI?

“Antipsychotics: is it time to introduce patient choice?” by Anthony P. Morrison, Paul Hutton, David Shiers and Douglas Turkington

Published by The British Journal of Psychiatry 2012

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Può essere tempo di riconsiderare la supposizione che gli antipsicotici debbano sempre essere la prima scelta di trattamento per le persone con psicosi. Piuttosto, questa dovrebbe essere una decisione collaborativa bilanciata con l’apporto di una scelta informata e l’offerta di alternative basate sull’ evidenza. Queste decisioni dovrebbero essere negoziate con gli utenti del servizio sulla base delle verosimili conseguenze positive e negative e della “messa in priorità” dei loro obiettivi e valori. Un tale approccio collaborativo può risultare con una migliore reazione anche per quelli che scelgono di prendere gli antipsicotici, nel momento in cui la qualità della relazione con il clinico che prescrive sia associata con la continuità e l’adesione alla somministrazione.

Antipsychotics: is it time to introduce patient choice?” by Anthony P. Morrison, Paul Hutton, David Shiers and Douglas Turkington Published by The British Journal of Psychiatry 2012BJP 2012, 201:83-84

Potete trovare il testo completo all’indirizzohttp://bjp.rcpsych.org/content/201/2/83.full.pdf+html

traduzione a cura dell’ Arco’Studio

per gentile concessione The British Journal of Psychiatry 2012

Per facilitare una scelta informata noi richiediamo una riflessione per aiutare a porre domande sul “come” e “quando” la somministrazione possa essere richiesta, “chi” è più giustamente delegato a rispondere e quali alternative esistano. C’è una certa evidenza per differenti curve di risposte con una piccola proporzione di pazienti che mostrano rapide e drammaticamente favorevoli risposte a certi antipsicotici; ma una più estesa ricerca e chiaramente richiesta per ragguagliare sulla nostra abilità nel prevedere come rispondere agli antipsicotici. Comunque, ogni beneficio supplementare di un trattamento precoce potrebbe richiedere la valutazione dei rischi di un trattamento a lungo termine, e la tradizionale supposizione che le “psicosi” non trattate possano essere trattate soltanto prescrivendo antipsicotici e quindi (non con terapie psicosociali) deve già comprensivamente essere testata. E’ rilevante per questo assunto che il dato che emerge da 20 anni di sperimentazioni dalla “ CHICAGO FOLLOW STUDY” suggerisce che gli utenti del servizio che decidono di non prendere antipsicotici (spesso contro il parere medico) vanno relativamente bene se non meglio, se paragonati con utenti del servizio che prendono simili somministrazioni continuativamente.

In aggiunta alla ricerca i predittori di risposta agli antipsicotici, la ricerca è anche richiesta per informare su alternative basate sull’evidenza della somministrazione di antipsicotici, finché i più simili candidati (come i trattamenti psicosociali, includendo terapie cognitive e interventi sulla famiglia) sono stati esclusivamente svalutati, come un’ aggiunta alla somministrazione. Ci sono poche eccezioni, come, ad esempio, una recente prova di terapia cognitiva per persone che scelgono di non prendere antipsicotici. Comunque sono chiaramente necessarie più prove cliniche e con maggiore rigore metodologico

Quasi all’angolo con via Madama Cristina, in via Ba-retti 25, a Torino, potete trovare una strana bottega: si tratta dell ’erboristeria artigianale di San Salvario. E’ gestita da Filippo Baroni, che ha accettato di ri-spondere a qualche domanda formulata dalla reda-zione di Segn/Ali, interessata a sentire il parere di uno specialista in particolare sul rapporto tra i rimedi naturali e il disagio mentale.Ci parla della sua attivi-tà, del suo interesse per la/le cure, del significato di benessere.

In quali modi e attraverso quali canali, che lei sappia, i cittadini vengono a conoscenza dei prodotti che lei ha nel suo negozio/bottega?

Attraverso il passaparola, la pubblicita’ o internet

Qual è il rapporto con i servizi medico/sanitari rispetto alle pratiche che lei propone?

Nullo o singole sperimentazioni di professionisti in-teressati per loro volonta’.

La medicina ci propone uno schema per cui bisogna localizzare il male in un punto preciso dell’organi-smo e agire di conseguenza con un farmaco speci-fico. Questo schema tuttavia viene messo in discus-sione soprattutto se parliamo di disagio psichico. In che modo secondo lei, può intromettersi la figura dell’erborista?

L›erborista applica una filosofia/pratica di tipo olistico e non allopatico,quindi in linea coi dubbi della scienza psichiatrica.Il disagio e’ inteso come di-sarmonia o squilibrio dell’intero sistema vita,che in-veste i tre livelli del singolo essere umano: biologico,-fisiologico,psicologico;l’analisi e la considerazione di questi livelli deve essere tenuta in considerazione con le medesime importanze,al fine di comprendere il soggetto.

Ha già avuto a che fare con clienti che chiedono un rimedio agli effetti collaterali degli psicofarma-ci? Se sì, come ha risposto?

Si, con protocolloconazioni sia depurative/disin-tossicanti, volte a ridurre l’appesantimento da so-vraccarico di molecole tossiche,sia con integrazio-ni stimolanti il sistema immunitario.

La natura ci offre benefici, ma anche veleni, stra-vaganze, insidie: che ruolo gioca in questo conte-sto l’esperienza e il sapere da culture lontane dalla nostra?

Ovviamente ogni sapere offre opportunita’,sta al ricercatore verificarne bonta’,possibilita’ di impie-go e convenienza della rintracciabilita’ dei rime-di,comunque ,a mio avviso,la cultura e la tradizio-ne del nostro continente costituiscono sufficiente materiale al fine di soddisfare ricerca.

Secondo lei è giusto che ci sia una ricerca di tipo quantitativo basata su una metodologia rigorosa rispetto all’efficacia dei rimedi naturali o è meglio che rimanga una pratica più “informale”, fuori da-gli assetti clinici istituzionali, che metta in risalto una sorta di relazione sciamanica dell’erborista con il cliente?

La domanda nasconde in sé un concetto dell’im-piego degli strumenti naturali scorretto;un vege-tale,un minerale ed un animale,un elemento della natura stessa porta con sé la storia della sua evo-luzione come specie e come singola entita’,cosi come l’influenza dell’ambiente nel quale si e’ svi-luppato,rendendo pertanto ogni rimedio unico;-quindi la semplice determinazione quantitativa risulta insufficiente e poco indicativa. Non vi e’ nulla di sciamanico ma una pura e semplice diret-ta conoscenza della poliedricita’ degli elementi usati e dell’individuo a cui vengono consigliati.

Che cosa l’ha spinto ad aprire un’erboristeria arti-gianale?

La passione e la curiosita’ per la ricerca della «cu-ra”,mi ha portato allo studio del corpo umano pri-ma e dei possibili rimedi per le sue affezioni. Non trovando risposte e metodi soddisfacenti nella medicina allopatica ho individuato nel mondo vegetale possibili percorsi che con l’esperienza si sono dimostrati validi ed efficaci. L’ artigianalita’, cioe’ l’individuazione delle materie prime soprat-tutto nei loro ambienti endemici e la seguente lavorazione con metodi “semplici”, fornisce mag-giore sicurezza e rispetto per la poliedricita’ delle funzioni della materia stessa.

a cura di Giusy Zanin e della redazione di Segn/Ali

L’ERBORISTA DI SAN SALVARIO

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Pinerolo 23-09-13

Pinerolo, 23-09-2013

Il lavoro quello sognato, quello desiderato, quello trovato.Parafrasando il titolo di un vecchio film si potrebbe quasi dire: IL LAVORO, QUESTO OSCURO OGGETTO DEL DESIDERIO. In sintesi il lavoro che manca. Manca perché spesso se n’é andato all’estero dove pagarlo costa meno e i lavoratori, meno sinda-calizzati, danno meno problemi di gestione. Si po-trebbe quasi dire che siamo entrati nella fase dello scambio: “ lavoro in cambio di dignità o di democra-zia!” Ma la situazione è più complessa. Il lavoro crea-to dalle industrie , che magari lo de localizzano dove costa meno, è lavoro antico; si sviluppa secondo re-gole di sfruttamento dell’energia e delle materie pri-me che la Terra NON SI PUO’ PIU’ PERMETTERE. Il 22 agosto abbiamo terminato le risorse della Terra per questo anno e di li in poi viviamo a credito sulle risor-se del futuro che il pianeta non ha ancora prodotto.

Dobbiamo entrare in un’ ottica di vita diversa: ri-vedere i parametri di quello che noi chiamiamo sviluppo ma che è puro e semplice cannibalismo del futuro nostro e dei noi nostri discendenti. Si comincia a parlare di decrescita felice ma i mes-saggi della politica, della pubblicità e quelli subli-minari continuano a mandarci input per cui “ SE VUOI ESSERE DEVI PRODURRE E CONSUMARE” senza stimolare lo spirito critico a questa situa-zione e mantenendoci in una fase di stallo inerte .

In Italia si assiste a duelli feroci tra destra e sinistra dove i contendenti, abituati a tenere nell’ignoranza i loro elettori non dicono qual è la posta dello scon-tro: SE VOGLIAMO AVERE UN FUTURO in cui la so-cietà viva, come dice Carlin Petrini di Slow Food del cibo, in un ambiente sociale globalmente “ BUONO, PULITO E GIUSTO” o vivere in un futuro in cui c’è in una situazione dove predominano i più violenti, in tutti i sensi, e gli indifesi vengono DELIBERATA-MENTE spazzati via da epidemie e carestie perché le risorse vengono riservate solamente ai fasci-sti che gestiscono il potere politico ed economico.

DOBBIAMO APRIRE GLI OCCHI E CREARE UNA NUOVA CULTURA. Parafrasando un motto del sin-dacato degli anni ‘ 90 del secolo scorso si potrebbe dire: “ Lavorare meno, lavorare tutti; consumare meno, consumare tutti!”. Abbiamo le tecnologie per produrre energie alternative e rinnovabili che non sono l’estrazione del petrolio dalle rocce di scisto, al-tamente inquinate e che protrae il consumo di com-bustibili fossili, con relativo riscaldamento della Terra.

ALBE MISTERIOSE

Questo di cui vi sto per parlare è più di un ricordo per me, è veramente incastronato nella mente al punto che me lo sogno di notte. Sto parlando delle albe ai confini della giungla, in questo caso in Jamaica. Migliaia di animali, mammiferi, volatili di ogni tipo esplodono al levar del sole e ne risulta un senso di potenza e vitalità difficili da spiegare.

Però quello che è particolare è la sensazione di perplessità nel sentire animali mai sentiti nella propria vita, animali a cui non siamo abituati; questo ti lascia perples-so e anche spaventato. Sicuramente ciascuno di noi ha programmato la propria mente nel corso degli anni, al suono degli animali del proprio continente per cui l’immersione nella giungla americana risulta completamente aliena ai nostri sensi. A questo va aggiunto un forte odore di vegetazione umida, frutti e fiori. Ne par-lo sulla rubrica sulla percezione perché per me è stato un vero shock sensoriale. Lo ripeto: me lo sogno di notte, e sogno anche visivamente la folta vegetazione.

Israele, seppur con tutti gli errori politici e sociali commessi ci ha insegnato a far fiorire il deserto e il Sahara e lì, pronto per essere coltivato. Invece i pa-stori nomadi del Sahel vedono il loro territorio de-sertificarsi progressivamente e le greggi che sono la loro fonte di sostentamento assottigliarsi. Avvici-nandoli progressivamente. Costruire le tecnologie di irrigazione ecologica farebbe creare nuovi posti di lavoro e risparmiare il 30% di acqua che adesso va sprecato. Impostare il lavoro con regole e tec-niche e ecologiche creerebbe un’organizzazione del lavoro rispettosa delle risorse e della Natura.

La Green Economy è lì, alle porte! Basta che noi ne cogliamo l’opportunità e ci sarà lavoro in ab-bondanza perché oltre a produrre per il consumo ci sarebbero da curare le ferite inferte alla Terra dall’inquinamento. Dobbiamo anche rivedere dalle fondamenta il concetto di lavoro alla luce delle nuove tecnologie robotiche. Se si paragona lo sviluppo dei computer negli ultimi vent’anni si può intuire quale sviluppo avranno i robot in meno di una generazione. Si parla di salario mi-nimo di cittadinanza e io sono sicura che se gui-deremo lo sviluppo guardando agli interessi dei più vulnerabili tra gli abitanti del Pianeta, tra una generazione ci sarà una società in cui ad ogni bambino che nascerà, verrà messo al lavoro un ro-bot che produrrà la ricchezza necessaria alla vita dignitosa ed ecologica di quel bambino stesso.

Ma la sfida per vincere ed ottenere questa pos-sibilità si gioca ADESSO!!! Dobbiamo essere meno avidi ed egoisti: pensare in termini di bene comune globale e non per clan o catego-rie. CI SI SALVA TUTTI ASSIEME o SI PERISCE A POCO A POCO. Sta a noi fare la scelta giusta!

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PRIMA E ULTIMA VOLTA

Nel 1968 ero ovviamente ad Altamura. Come tutte le domeniche con il mio gruppo di amici ci spostavamo a Gravina di Puglia, ora tristemente nota per la vicenda dei due gemellini...

Coi treni della linea calabro lucana ci spostavamo a Gravina che era a 12 chilome-tri di distanza. Scesi dal treno si andava alla Ravina, luogo frequentato da adul-ti che cercavano compagnia a pagamento. Essendo che eravamo minorenni, io avevo 12 anni, eravamo stati accompagnati da alcuni conoscenti maggiorenni e quando siamo arrivati da una signora che si chiamava Viadora. Era più grossa e più brutta di quella di Mimì metallurgico, non so se ve la ricordate che nel film tra-disce la moglie di Giancarlo Giannini. Davanti alla porta c’era la coda di gente che aspettava di entrare. Io andai a prendermi un cornetto. Viadora, aprendo la por-ta, vide noi ragazzini e ci intimò di allontanarci subito, eravamo troppo piccoli.

Tutti, tranne me, perché avevo il gelato in mano. Mi fece entrare, afferrò il gelato dalla mia mano e mi disse di spogliarmi. Io ero già parecchio su di giri, ma ho un ricordo vaghissimo di quello che successe sotto le lenzuola. Dopo lei aiutò a lavar-mi dentro al bacile, pagai cinquecento lire e la sensazione subito dopo di sentirmi molto più grande e maturo. Uscendo tutti i miei amichetti mi bombardarono di do-mande su come era andata. Volevano sapere come era fatta una donna nuda, nes-suno l’aveva mai vista. Ma io mi sentivo un gigante ormai ed ero un po’ infastidi-to dalla loro curiosità. Questa domenica ce l’ho ancora incollata nella memoria ancora come fosse ieri e conservo di Viadora un bellissimo ricordo: non l’ho mai tradita, infatti non sono più andato con ragazze a pagamento in tutta la mia vita.

L’idea dell’animazione sospesa partì da Robert Hettinger che era stato ferito durante la seconda guerra mondiale e scrisse “Prospect of immortality”, tradotto in italiano da Rizzoli “Ibernazione Nuova Era” negli anni ’60.Nacque in quegli anni la Alcor Extension Foundation, la prima società di ibernazione del mondo. Il corpo di Walt Disney fu congelato dopo la morte proprio alla Alcor. I prezzi per farsi ibernare variano da 120mila dollari per tutto il corpo, mentre 60mila per la testa.

Gli scienziati della Alcor avrebbero pensato che in un ipotetico futuro la testa scongelata potrebbe essere riconnessa ad un corpo meccanico dotato di impulsi nervosi. Il corpo congelato solo dopo la morte viene immerso in tubi cilindrici nell’azoto liquido a meno trecento gradi centigradi. Un genista, il dottor Aubrey de Grey, ipotizzerebbe che nel 2050 sarebbe possibile tramite le nanotecnologie e la riparazione cellulare rendere immortali le persone. Un’applicazione molto particolare è la vetrificazione cellulare che renderebbe impossibile lo spostamento di esse a causa delle basse temperature.

Gli esperimenti di animazione sospesa sono stati fatti su dei topi e pare che abbiano avuto successo. L’animazione sospesa è quel fenomeno per cui si rallenta il metabolismo corporeo sempre a basse temperature e viene già usato in medicina. Infatti è una tecnica usata durante gli interventi chirurgici. Si pensa che potrò essere possibile su esseri umani vivi nel 2039.

Noriaki Kondo, di Tokio, ha condotto alcuni esperimenti di ipotermia per prospettive di viaggi spaziali dove sarebbe positivo rallentare il metabolismo degli astronauti in direzione di Giove o pianeti extra-solari, tra cui il mio prediletto Kepler 22B, molto simile alla Terra, per arrivare alla meta evitando l’invecchiamento. Nel film 2001 Odissea nello Spazio di Kubrick si vedono proprio gli astronauti in stato di ibernazione che avrebbero dovuto sostituire quelli che stavano conducendo insieme al famigerato Hal2000. In moltissimi altri film di fantascienza come Alien, Il Pianeta delle scimmie, 2011 l’anno del contatto l’ibernazione è al centro della storia. In sintesi affermo che l’uso della criogenica avrebbe un’enorme utilità per i viaggi spaziali, un po’ meno per soddisfare i bisogni megalomani dell’uomo che tende all’immortalità.

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di Roberto Novara

La congettura di Goldbach è uno dei più antichi problemi matematici mai risolti.

Infatti lo scienziato Christian Goldbach, nel 1742, in una lettera indirizzata a Eulero congetturò che per ogni numero pari L maggiore od uguale a sei esistono due numeri primi dispari p, q tali che p + q = L.Da allora nessuno è stato in grado di verificare tale congettura ma neanche di confutarla.In effetti neanche con l’utilizzo dei calcolatori elettronici si è riusciti a trovare un numero pari che non si spezzi nella somma di due primi.In realtà al crescere di L le coppie p, q aumentano di numero anche se in modo irregolare.Si considerino allora i seguenti esempi di numeri pari somme di numeri primi:6 = 3 + 3, 8 = 3 + 5, 10 = 3 + 7 = 5 + 5, 12 = 5 + 7, 14 = 3 + 11 = 7 + 7

Esistono poi particolari categorie di numeri pari che sono la somma di due numeri primi:

1. Numeri pari che sono il doppio di un numero primo.2. Numeri pari nella forma p + q dove p è un numero primo qualunque e q è il suo immediato successore.3. Numeri pari nella forma p + 1, p + 3, p + 5, p + 7.

Si osservi che per ognuna di queste categorie esiste una successione di numeri pari che sono la somma di due primi. Si osservi anche che il massimo comun divisore tra un termine ed il successivo, per ognuna di queste successioni, è sempre 2 essendo 1 il massimo comun divisore tra due numeri primi.Secondo alcuni storici, George Cantor, il padre della Teoria degli Insiemi, studiò la congettura di Goldbach sebbene gli unici progressi risalgano agli anni ‘30 del secolo scorso.In questo periodo il matematico Vinogradov dimostrò che quasi tutti i numeri pari si spezzano nella somma di due primi: questo risultato notevole non esclude però che le eccezioni possano essere infinite!

Vorrei ora illustrare la mia congettura (relativa alla Congettura di Goldbach). Secondo tale congettura esiste una progressione aritmetica tale che tra un termine ed il successivo esiste un numero pari che si spezza nella somma di due primi. Tale progressione aritmetica ha termine iniziale 0 e ragione k ed è quindi della forma kn.Il senso di tale congettura sta in questo: se si pone k uguale al massimo comun divisore dei termini delle successioni citate sopra allora la nostra progressione aritmetica diventa: 2n.La possibilità di una dimostrazione non dipende tanto dalle aspettative di guadagno quanto dal fascino che la congettura di Goldbach esercita sui matematici.

Giorgio Viale

LA CONGETTURA DI GOLDBACH

Meṣa (मेष) Ariete: c’è una caserma a Rieti, dico-no che si sta bene. Provate ad andarci

Vṛṣabha (वृषभ) Toro: un mio amico è del Toro, tifate di più

Mithuna (मिथुन) Gemelli: consiglio di fare bambini, possibilmente piccoli

Karka (कर्क) Cancro: guardatevi lo zecchino d’oro. Alle 17 del sabato

Siṃha (सिंह) Leone: andate al mercato di Porta Palazzo e cercate delle robe che ho perso

Kanyā (कन्या) Vergine: cozza con il cancro, in-teso come segno zodiacale. Andate al circo

Makara (मकर) Capricorno: avete freddo, ma il tempo è afoso. Qualcuno altro vi dirà cosa fare

Kumbha (कुम्भ) Acquario: mia zia è di questo segno. Quindi siate bravi come lei

Mīna (मीन)Pesci: preferite l’acqua salata. Siate dolci con voi stessi

Tulā (तुला) Bilancia: portate la vostra giustizia nei tribunali

Vṛścika (वृश्चिक) Scorpione: al cinema non ci andate mai: sceglietevi il film preferito

Dhanu (धनु) Sagittario: è il mio segno, non coincide con gli altri. Occhio che è il segno dei serial killer.

SEGNI ZODIACALI

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VISIONI DI UNO SCRITTORE DI MONDI

Oggi viene quasi stereotipato. È il destino di certi autori, che diventano aggettivi, e nel divenire semplicistico dei tempi (pubblicitari) divengono stereotipi. Un certo immaginario collettivo, si sa, vive di connessioni semplificate, presto trasformate in etichette abusate, o luoghi comuni. Tuttavia, senza voler sconfinare nella filologia, è bene fare dei distinguo e diffidare di chi affibbia delle etichette perché la vulgata porge su piatti d’argento definizioni precotte. Forse è bene credere che dietro una definizione di comodo ci sia un complesso di cose che la sostiene. È il caso dell’aggettivo dickiano, appiccicato a narrazioni, temi e stili, che dovrebbero derivare dall’opera e dalle riflessioni di uno scrittore, Philip K. Dick, oggi quasi automaticamente definito “creatore di mondi”. Lui forse avrebbe sorriso di ciò, o forse avrebbe anche pianto, chissà, non lo sapremo mai, è morto prima che diventasse famoso e il suo cognome si trasformasse in un aggettivo.

Nell’anno di (dis)grazia 1982, Dick diventa famoso, e il favore del grande pubblico da allora è continuato a crescere, lento ma costante. Era quello l’anno della scomparsa dello scrittore, e l’anno di uscita di Blade runner, un film entrato nell’immaginario collettivo, in modo quasi demiurgico. Un’opera-matrice, culmine e genitrice di una stampigliatura sulla quale fioriranno successivi universi narrativi, a cominciare dalle coeve germogliazioni del cyberpunk. Intendiamoci, Blade runner è un capolavoro del cinema di fantascienza, e del cinema tout court, su questo non ci piove. A tutt’oggi è il più riuscito adattamento di un testo dickiano. Però… Però è interessante notare come, pur approvando la sceneggiatura, lo stesso Dick sottolineasse, con una vena di rimpianto, alcune differenze. Per esempio: Deckart (Harrison Ford, nel film) per lui era un uomo di mezza età (avanzata), un reduce del passato. Dal film sono poi omessi alcuni particolari, corollari di questa caratteristica. Ma questi sono dettagli, comprensibili in qualsiasi adattamento cinematografico.

Altra cosa è che per Dick gli androidi non sono macchine che si ribellano ad un crudele destino, dotati di senso lirico e assassini per necessità. Al contrario, essi sono la realizzazione del sogno superomistico tecnologico di stampo nazi-fascista. Sono una minaccia per gli umani. Il film di Ridley Scott ribalta volutamente la prospettiva, creando un nuovo senso, più romantico ed esistenzialista ad un tempo, come spesso accade nei (migliori) film del regista inglese. Una scelta che in parte tradisce Dick, e crea una diversa prospettiva, in fin dei conti molto amabile.

Ma l’opera di Philip K. Dick vive anche e soprattutto di altre peculiarità. Innanzitutto, ricorrentissima, l’idea metafisica di un processo di alterazione e soggettivazione della realtà. Una realtà fittizia, mentale (dopo l’avvento del cyberpunk si dovrà dire “virtuale”), che si sostituisce alla realtà. Accade in numerosi romanzi dello scrittore statunitense, con conseguenze non prevedibili e altrettanto deleterie, cui forse solo un residuo di fiducia negli esuli e nei reduci, e in alcune loro capacità (prima di tutto il provare ancora un po’ di empatia e amore) conserva una flebile speranza. Poi, legato a ciò, il tema della catastrofe, declinata nelle variabili distopiche e post-apocalittiche, spesso intrecciate tra loro. E ancora: la costruzione della realtà da parte del Potere, attraverso l’informazione, le droghe, le regole socioeconomiche; il tema della guerra perpetua. Ma anche, poco ricordati, i rapporti umani, e in particolare l’ambivalenza e complessità del rapporto uomo – donna, su cui si instaurano spesso delle dinamiche psicologiche di attrazione/condanna. Ciò è spiegato dalla biografia dello stesso Dick, da certe relazioni che ebbe, ma da un punto di vista letterario si può scorgere un richiamo a certi meccanismi simili in Kafka, autore che Dick conosceva bene, in particolare Il castello.

Dick infatti era uomo assai colto, non sprovveduto. Uno scrittore cui anche nelle opere più “alimentari” e meno sentite si avverte il guizzo geniale, grande sia nei romanzi che nelle short stories. Si nutriva di riferimenti filosofici che andavano dai presocratici e l’idea della vera natura nascosta dalla natura stessa, a Paolo di Tarso e la conoscenza della verità che si manifesta per speculum et in aenigmate. Senza contare le conoscenze musicali, soprattutto classiche (Dick fece anche il conduttore radiofonico, in una vita spesso attraversata da problemi finanziari). E poi gli approfondimenti alla Storia (il terzo reich studiato e deformato ne L’uomo nell’alto castello). Proprio in quest’opera, conosciuta in Italia anche col titolo La svastica sul sole, Dick ci lascia un beffardo ammiccamento, che è anche un ammonimento sui “creatori di mondi”, immaginando nel romanzo il personaggio di uno scrittore di fantascienza, suo omologo, che ha un ruolo determinante nella vicenda, come rivelatore di una verità possibile, ugualmente falsa, ma forse salvifica. Forse.

In questo Dick si è rivelato un anticipatore di trame postmoderne o avant-pop, come direbbe chi ricorre per comodità alle definizioni adottate nella vulgata. Egli, proprio nel periodo d’oro della sua creatività, gli anni ‘60, vedeva questa grande possibilità nella fantascienza, per come si stava evolvendo in quegli anni, ricchi di sperimentazioni, e ipotizzava che nel giro di un ventennio la fantascienza sarebbe potuta diventare un genere trasversale, e molte narrazioni speculative sarebbero potute essere definite così. Ci aveva preso, ancora una volta, ma non riuscì a immaginare che gli effetti di molte definizioni, originate nella comunicazione dal Potere, ovvero dalle esigenze dell’industria culturale, avrebbero posto ostacoli e banalizzato questo suo desiderio, inaridendo molte intuizioni e libertà, e al tempo stesso evidenziando amaramente la grandezza della sua precognizione.

Visioni per approfondire il complesso di cose: Philip K. Dick – Ubik – Fanucci EditorePhilip K. Dick – Confessioni di un artista di merda – Fanucci EditorePhilip K. Dick – Tutti i racconti 1964-1981 – Fanucci Editore

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Per uno scrittore come me, il sogno nel casset-to non può essere altro che il successo: sogna a occhi aperti per vocazione “ il poeta, il sacro sognatore” . Generalizzando, secondo il Bardo di Stratford “ noi siamo della stessa stoffa di cui sono fatti i sogni, e la nostra breve vita è raccol-ta in un sonno” (La Tempesta). Un altro grande, Calderòn de la Barca, levando lodi alla nostra forza di volontà teorizza che “la vita è sogno”. Invero felicità, fama, fortuna, non sono desi-deri degni di sacrifici? La stessa filosofia non è inestinguibile sete di sapere e la brama di po-tere non è altrettanto insaziabile, come pure la smania di viaggiare per evadere da una vita monotona? Aderendo all’opinione erasmiana “le ricchezze vanno disprezzate, i piaceri del-la carne sono mortiferi e calamitosi, gli onori vani e incostanti” . Tuttavia come nell’Eneide “ ad altro pensarono gli dei” cioè i mostri sacri che preferiscono occuparsi dello stato d’inco-scienza. Empedocle soggetti vizza il fatto oni-rico “ quanto si trasforma, tanto ogni volta il pensiero presenta a loro cose diverse”. Simile ma meglio articolato il ragionamento di Era-clito: “ agli altri uomini sfugge quanto fanno i desti, come quanto i dormienti dimenticano.. Morte è quanto siamo svegli vediamo e sonno quanto dormendo. Di notte l’uomo morto in sé, spento negli occhi, un lume accende e vivo dormendo afferra morto. E’ lo stesso sveglio e dormiente: giacché questo cambiato è quello e quello all’opposto cambiato è questo. Ai de-sti uno e comune è il cosmo, ma ciascuno degli addormentati svolge per sé. Non si deve fare e dire come dormendo. I dormienti sono au-tori e auditori di quanto nel cosmo accade”. Il neoplatonico Proclo qualifica “ divino il sonno” e “parla dell’invio del sogno” argomentando: “ragionevolmente anche il sonno e la veglia in parti sono presi nei simboli dei miti, la veglia indicando la provvidenza degli dei per il mon-do, il sonno la vita separata da tutto l’inferiore, eppure gli dei insieme sia provvedono al tutto sia dimorano in sé, ora vegliando, ora riposan-do per indicare la doppia vita.

Giacché un dio contiene nell’intelletto gli in-telligibili, introduce nel mondo la sensazione. Dunque non secondo queste attività si direb-be che veglia (la veglia per noi è attività della sensazione), secondo quella che riposa prefe-rendo una vita separata dai sensibili e definita secondo il perfetto intelletto” . Platone descri-ve l’assopimento: “ la natura delle palpebre , quando queste si chiudono, serrano dentro la potenza del fuoco che scioglie e livella i moti interni, livellati i quali nasce la quiete. Se la quiete è molta, incoglie il sonno dai brevi so-gni, mentre rimanendo alcuni moti più forti, (secondo) quali sono e in quali punti restano, generano tali e tanti fantasmi uguagliati che i desti ricordano” e aggiunge “ i discorsi che ora abbiamo fatto fra noi niente impedisce di cre-dere di farli anche nel sonno: e quando in so-gno ci sembra di raccontare sogni, insolita è la somiglianza di questi con quelli. Vedi dunque che dubitare non è difficile, quando persino si dubita se si veglia o si dorme, ed essendo ugua-le il tempo che dormiamo a quello che veglia-mo, in ognuno dei due la nostra anima com-batte perché siano vere soprattutto le opinioni presenti. Cosicché per egual tempo diciamo re-ali queste, per eguali quelle, e sosteniamo con pari fermezza ognuna delle due”. Aristotele dà la definizione del concetto: “ il sonno non ap-partiene a un animale e il sognare ad un altro, ma allo stesso. L’immaginazione è lo stesso che la sensazione, ma l’immaginazione e la sensa-zione sono diverse in essenza; l’immaginativa è il movimento prodotto dal senso in attività, e il sogno pare essere un’immagine (diciamo sogno l’immagine apparsa in sogno, vuoi sem-plicemente vuoi in un altro modo), evidente che il sognare è proprio della sensazione, ma in quanto immaginazione”. L’atomista Lucrezio asserisce che “il sonno nasce quando la forza dell’anima è sparsa per le membra e in parte gettata fuori si stacca, in parte sospinta viepiù si ritira nel profondo.

Allora infine si rilasciano le membra e si abban-donano. E l’esercizio cui ciascuno legato si ap-plica o le cose sulle quali abbiamo molto indu-giato innanzi e al cui pensiero la mente fu più tesa ci sembrano il più delle volte comparire eguali nei sogni. . Vanno dappertutto simulacri d’ogni genere, che in parte si formano sponta-neamente nell’aere stesso, in parte si separano sempre da varie cose e sono formati dalla figu-ra di queste.

E fermandomi su questo pensiero, vedo mani-festamente che non ci sono affatto indici con-cludenti né segni abbastanza certi perché si possa distinguere nettamente la veglia dal son-no, che ne sono stupito; e il mio stupore è tale che quasi è capace di persuadermi che dormo”.

In base alla dottrina leibniziana “ detto meta-fisicamente, non è impossibile che vi sia un so-gno unito e durevole come la vita di un uomo. Ma se i fenomeni sono messi insieme, proprio non importa se si chiamano sogni o no, poiché l’esperienza dimostra che non ci s’inganna nel-la misura in cui si colgono i fenomeni, quando vengono colti secondo le verità di ragione” Acutamente Voltaire si domanda: “ sono i soli organi della macchina che agiscono? E’ l’anima pura che, sottratta al dominio dei sensi, gode dei suoi diritti in libertà? Se gli organi soli pro-ducono i sogni della notte, perché non produr-ranno soli le idee del giorno? Se l’anima pura, tranquilla nel riposo dei sensi, attiva da se stes-sa è l’unica causa, il soggetto unico di tutte le idee che avete dormendo, perché tutte quelle idee sono quasi sempre irregolari, irragionevoli e incoerenti? Cosa! E’ nel tempo in cui quell’a-nima è meno turbata che c’è più turbamento in tutte le sue fantasie!” Freud nota che “lo stu-dio di sogni di bambini, ci ha rivelato l’origine, l’essenza e la funzione del sogno. Questo è un mezzo di soppressioni d’eccitazioni psichiche che vengono a turbare il sonno, effettuandosi tale soppressione con l’aiuto della soddisfazio-ne allucinatoria. In ciò che concerne i sogni di adulti, non abbiamo potuto spiegare che un solo gruppo, segnatamente quello che abbia-mo classificato sogni di tipo infantile. Per capire i sogni vi servirete effettivamente di due tecni-che che si completano vicendevolmente: farete sorgere nel sognatore ricordi, finché passate dalla sostituzione al sostrato del sogno, e sosti-tuirete secondo le vostre conoscenze personali i simboli con il loro significato. Spero che non vi capiterà mai più di confondere il sogno manife-sto e il sogno latente. Lasciate che vi rammenti che il lavoro che trasforma il sogno latente in sogno manifesto, si chiama elaborazione del sogno. Il lavoro opposto, quello che vuole giun-gere dal sogno manifesto al sogno latente si chiama lavoro d’interpretazione. Questo cerca di sopprimere il lavoro di elaborazione. Sappia-mo pure che i desideri di quei sogni sono desi-deri proibiti, inibiti dalla censura, desideri la cui esistenza costituisce precisamente la ragione dell’intervento della censura”. Quanto al sonno eterno, gli si confanno le ultime parole di Amle-to: “il resto è silenzio”.

Alessio Manzo

Certamente l’immagine del Centauro non si for-ma da cosa viva, poiché mai esisté la natura di tale animale, ma quando l’immagine di cavallo e di uomo per caso si uniscono, incontinente senza difficoltà si attaccano per la sottile natu-ra e la tenue tessitura. La mente veglia, perché i medesimi simulacri di quando vegliamo toccano il nostro animo. Tutti i sensi del corpo riposano offuscati né possono vincere il falso col vero. La memoria giace e langue nel sopore. E’ in linea con Lucrezio un altro epicureo, Petronio: “ i so-gni che illudono le menti con ombre volanti, non li mandano i delubri degli dei né i numi dal cielo, ma ciascuno se li crea” (Satyricon). Anticamente lo spettro che molestava il sonno si denomina-va “incubo”, l’interpretazione dei sogni “oniro-manzia” od “onirocritica”. Passando ai moderni, il cartesianesimo revoca in dubbio: “ ciò che ac-cade nel sogno non sembra affatto così chiaro, né così distinto come ciò che (nella veglia) . Ma pensandoci attentamente mi sovviene di essere stato sovente ingannato, mentre dormivo, da si-mili illusioni.

UNIVERSO DEL SOGNO

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“… non cade foglia… che il Tutto non voglia..!”

… E fulgido e viscido il Serpente si avvolse in spire attorno alle cosce e ai fianchi di Eva e , quando furono faccia a faccia, così le sussurrò nell’orecchio: “ … eritis sicu Deus, scientes Bonum et Malum…” vale a dire: “ [ e così]… sarete come Dio, che conosce il Bene ed il Male…” (Genesi 3,4) Dapprima Eva addentò il frutto, poi “ …toccata dalla Conoscenza, parlò ad Adamo… “

E così lui , convinto da Eva, scelse di mangiare la mela ( che in realtà, era una sugosa pesca, viste le essenze diffuse allora nella Mesopotamia, “ Giardino dell’Eden” , secondo la Bibbia). Commise, dunque, il Peccato Originale, accondiscendendo all’insidia del Tentatore Squamato. Tutto cominciò da lì da quei nostri due progenitori nudi, così simili a noi…, ma non identici… erano infatti – ci avete mai riflettuto?- … privi di ombelico! Qualcuno ora dirà: “ … ma come “diavolo” fece Adamo a scegliere, senza avere assaggiato prima il frutto in questione?”. Domanda non di poco conto e molto più profonda di quanto potrebbe sembrare.Lasciamo Dio ed il Diavolo, queste due figure mitiche il Principio del Bene e quello del Male, in continua guerra fra di loro, diretto retaggio del Manicheismo Persiano, alla fantasia degli uomini, che nel tempo le hanno create… [ sig!].

Io preferisco, da buon panteista, chiamarLo: “il Tutto”, magari affibbiandoGli -perché no?- la maiuscola.: “ … Il Tutto non è mai cominciato e non finirà mai: nessun Inizio e nessuno Fine, ma Eterna Trasformazione.” Cioè il Principio chiamato in India: Visnù. “ Tutto senza Fine” anche nel senso di infinito nel tempo, nello spazio e nella scala delle grandezze, come si dice da tempo immemorabile in Asia, Madre di Genti. Domanda: “ … Eh, ma come la mettiamo con la teoria del “ Big Bang” ?”. La risposta è ovvia: altro non si stratta che di una laicizzazione della leggenda della Creazione…!

Accettiamo dunque il Tutto e noi stessi come Sua infinitesima parte! Sulla illusorietà o meno del Libero Arbitrio, nei secoli dei secoli, si è discusso senza sosta.

Possiamo citare in proposito Martin Lutero che contraddice Sant’Agostino col suo: “ De Servo Arbitrio” … Come non dire poi del medievale dilemma dell’asino e del filosofo Buritano, somaro che morì miseramente di fame, non sapendo decidersi tra due sacchi di paglia identici?! Per tornare a giorni più vicini a noi, possiamo tranquillamente dire che , da Nietzsche in poi, la Ragione sia andata in crisi, indebolita dal “ Pensiero Debole” ..!

Citiamo ancora Freud: “ … L’io non è padrone casa sua.” E Jacques Lacan : “ … L’Io è il sintomo di una malattia mentale incurabile”. Concludo dicendo che queste mie elucubrazioni non sono certo frutto di una elaborazione nazionale, ma è la mia vita che mi ha duramente insegnato che il Libero Arbitrio non è che una chimera!!

Gian Angelo Gramaglia

Avete presente quelle enormi formazioni, fatte di tessere del gioco del domino, sistemate ad arte con certosina pazienza, in una grande sala, in modo che, mossa una, si facciano cadere con inesorabile precisione tutte le altre? Ora, immaginate un simile gioco in forma tridimensionale, anzi quadridimensionale!

Ci siete riusciti? Bene, ecco questo è il mondo, l’universo, … il Tutto! In altre parole, un Minestrone smisurato, senza pentola che lo contiene, che non ha mai cominciato la sua eterna ebollizione e che non la finirà mai. In India la chiamano ” … la Danza delle Particelle Senza Fine…” . Ed il Buddismo dice a colui che si tormenta con rimpianti e rimorsi, ripensando a ciò che poteva essere e non è stato ( mentre, se non è stato, vuol dire che non poteva essere..! ) : “… o foglia secca, che ti chiedi perché mai hai preso la discesa della scalinata urtando un’altra foglia secca e facendola precipitare, invece di andare diritto nel viale…o stolto, non vedi che è la bufera degli avvenimenti che provoca ogni tuo movimento?!”

Ed anche: “… O tronco che il fiume trasporta tra rapide e gorghi perché ti struggi per aver urtato un altro tronco facendolo precipitare nella cascata? Non riesci a vedere che sei in balia del fiume in piena di ciò che accade e ad accettarlo “facendo il morto” e lasciandoti trasportare dalla corrente impetuosa?! (ad accettare cioè il proprio “ karma”)” . Ciò che accade, accade perché deve, e non può non accadere tutto ciò e tutto ciò avviene in modo perfettamente automatico!... e la riprova empirica è… che accade proprio quello e non qualcos’altro!

C’è chi ha detto che noi non siamo altro che la nostra memoria. In ultima analisi, dunque, tutto quello che facciamo financo quello che ci viene in mente, è frutto di tutto quello che abbiamo vissuto durante la vita.

Ora ci sarà chi, per puro spirito di contraddizione, mi dirà “… allora io per dimostrarti che il Libero Arbitrio esiste; a te che sostieni che, in base a tutta la mia vita precedente io dovrei scegliere la pallina nera dico che decido ora di scegliere la pallina bianca! Guarda un po’ …e allora come la mettiamo? Bene, io gli rispondo che ha fatto questa scelta perché io gli ho posto il dilemma proprio in quei termini- : se gli avessi proposto quella bianca, lui avrebbe scelto quella nera! Non è forse vero?!

Come non pensare, allora a tutto il tempo sprecato ( … in fondo, come dicono nel mondo anglosassone, non possediamo altro che quello! ) i rimorsi e i rimpianti, ripensando al passato che nessuno può cambiare- ed in ansie e preoccupazione pensando al futuro- che nessuno può prevedere- ?! Abbandoniamo invece simili nocive masturbazioni mentali e viviamo serenamente un continuo presente,come fanno gli animali, prendendo ed apprezzando dalla vita ciò che ci concede.

SULL’ILLUSORIETA’ DEL LIBERO ARBITRIO (lLIBERUM ARBITRIUM INDIFFERENTIAE)

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PATENTE E LIBRETTOQuattro ragazzi seduti ad un tavolo. “la sa-pete quella del nano che va in farmacia per comperare una pomata per crescere?” chiede Paolo. Sono le undici di sera e in paese non c’è niente da fare. Così sono andati in una birreria e dopo essersi scolati un po’ d’alcool, ora sono allegri e cercano di scherzare. “ La dottoressa che dietro al bancone sente que-sta voce, guarda, ma non vede nessuno” “Dai , Paolo, la conosciamo…. Piuttosto, me lo presti il motorino per domenica?” chiede Giulio.

Il tempo passa e dopo un paio d’ore, i quat-tro escono dal locale. Nel frattempo, un vio-lento temporale si abbatte, mentre si incam-minano per andare al parcheggio. Fradici, ora viaggiano a una velocità superiore al limite e una pattuglia che li stava tallonando aziona la sirena e gli intima di fermarsi. “ Patente e libretto”: Luca che era alla guida sporge dal finestrino i documenti. “lo sapevate, che non vi funzionano gli stop e che stavate andando a 130 all’ora quando su questo tratto vige il limite dei 90?”

Luca, molto scioccato è paonazzo. Vorrebbe nascondersi per perché si vergogna e quando gli viene proposto di fare l’esame dell’etilome-tro, si rifugia in un “sì va bene” detto a voce roca. Purtroppo, come si prevedeva , il livello del tasso alcolico era superiore al consentito, così dato che gli altri, avevano bevuto, hanno dovuto lasciare l’auto lì sul posto.

Il cellulare di Mario è l’unico che prende ed è già l’una e mezza quando telefona a casa. “ Venite a prenderci, siamo fermi a 40 km dalla tangenziale”. Il padre di Mario, dopo essersi fatto spiegare meglio il motivo e la strada per arrivare, esce di casa. Meno male, che ha una di quelle auto familiari, che comodamente ri-portano i ragazzi ad un po’ di ristoro e tepore.

Sedili imbottiti, auto-radio, nonché la pre-senza amica del padre di Mario, che sa rin-cuorare gli animi dei giovanotti. L’indomani, il paese è silenzioso. Di solito, la domenica mattina è così, ma si sveglia e deve fare i conti con i suoi genitori. “ dove sei stato”? E poi: “ dov’è la macchina, che non è in garage? Sono le domande che gli rivolgono in tono accusatorio, e luca racconta loro, le disavventure della serata.

“Mannaggia”! fa il padre di Luca. “adesso re-sterai un bel po’ senza guidare”! Proprio a luca doveva succedere! Proprio a lui che l’auto la usa tutti i giorni per andare a lavorare. Cosa farà? Luca telefona a Giulio per sapere qualco-sa, e Giulio che stava dormendo, gli risponde con un “ uffa luca, non possiamo sentirci più tardi? Passano gli anni e i quattro ragazzi ora-mai non si vedono neanche più.

Quante volte , nella vita, dobbiamo arrenderci per far posto a qualcosa più grande di noi?

Nicola Frache

FUORI PIOVE, E’ SERA...

Una rosa. L’eco assordante di una tenue rosa rosa.Chi avrebbe creduto che un così delicato fiore potesse recare un dolore così forte?Rabbia. Tanta Rabbia.Ora la rosa sembra diventare rossa, rossa fuo-co.Mi hai mai regalato una rosa rossa? Non me ne ricordo in questo momento, proprio no.Ricerco la mia autostima e la mia autonomia.Fuori piove, è sera.E’ fredda e umida l’aria fuori.Lui è fuori, o a casa, Non so.Ho fatto le carte: quelle del matto e dell’ere-mita mi sono pervenute chiedendo di lui.Continuare a farsi da reciproca “stampella”, da conforto forse, o troncare questo essere accomunati da una sorta di malattia nel triste presente?

L’amore per noi con disturbi della psiche, esi-ste? Può esistere?E le persone normali, sanno, o per lo meno, hanno capito cos’è l’amore? E se sì, inquanti hanno questo privilegio supremo? .Oppure l’amore è come Dio, che, dicono, c’è anche se non lo vediamo in carne e ossa.O meglio, la religione cristiana vede Dio in ogni essere bisognoso.Ma tutti abbiamo bisogno di un aiuto su que-sta terra, e forse anche dopo, in mille altrevite ancora che dopo ogni morte ci attendo-no.Ho scritto queste cose, se pur banali, perché mossa dal desiderio di credere che si possaEssere forti e non paurosi nell’affrontare la vita, pur senza grossi riferimenti affettivi.Pur se l’Amore, che io volevo tanto, era solo una chimera.

Pur se l’Amore forse non esiste se è ciascuno di noi a cercarlo e a volerlo. Perché l’AmoreÈ come una forza della natura che, come frusta cieca, si abbatte sulle persone quando meno se l’aspettano e crea molta gioia e molto dolore.

Sì , due facce penso che debba avere l’amore. Ma in fondo, non ha altro che la severità Impassibile e la durezza della vita.Cosa mi impedisce sempre (o quasi) di scrivere le mie emozioni? La rabbia.La rabbia contro la vita, per la vita che fluisce ed io non la posso comandare.L’amore che non è tale.E’ un falso specchio, a volte può frantumarsi e raccogliere i pezzi fa male.Sentirsi degni di essere voluti bene dovrebbe essere un sentimento di tutti, ma non è Il mio.

Guardo i pezzi dello specchio rotto e ci cammi-no sopra, non li raccolgoNon mi taglio le mani.Non avrebbe senso.

Elisabetta De Gennaro

«Il vero ladro non è chi rapina la banca, ma chi la fonda.» Bertolt Brecht

L’uomo si sedette piano sulla sedia. Il direttore dell’isti-tuto lo guardò cercando di studiarlo senza darne l’im-pressione. Era estremamente affettato nei modi, cau-to, un po’ intimorito. Aveva l’aspetto emaciato, ma lo sguardo vigile, da non sottovalutare. L’abbigliamento era comune, composto, da ragioniere, con alcuni det-tagli che sottolineavano appena il suo recente arric-chimento. «Ebbene?» Gli chiese, esaminando alcune carte ban-carie. «Signor direttore, sono venuto qui per chiederle… anzi, prima ancora di chiedere, per informarmi sulla fattibili-tà di un investimento, e per un eventuale mutuo.»«Immobile?»«Sì, esattamente.»«Di lusso? Vedo che le sue finanze recentemente han-no subito un significativo incremento… come lei mi aveva già anticipato.» «Esattamente. Comunque sì, direi proprio di lusso.»«Non vedo dove stia il problema. Per lei noi è un buon cliente, in tutta franchezza.»«Capisco esattamente ciò che… ma vede» il direttore della banca decise che era certo un calcolatore, ave-va già ripetuto tre volte “esattamente” per affermare qualcosa. Meglio così, pensò.«Non è un immobile di lusso qualsiasi.» Precisò l’uomo. «Si spieghi meglio.»

«La ascolto, non ho pregiudiziali, verso la vostra or-ganizzazione.» «Ah! Ci conoscesse… siamo certi tipi! Siamo da poco nel giro. Abbiamo avuto qualche aiuto da organiz-zazioni più esperte, quasi istituzioni; poi ci siamo in-formati un poco. Io all’inizio avevo solo un ruolo di contabile, ma mi sono dovuto sporcare, beh… lette-ralmente, non come si usa dire di solito.» Omicida, pensò il direttore, trattenendo un ansito. «Ora mi occupo di import export, viaggio molto, sa. Il fatto è che abbiamo bisogno di una copertura che sia funzionale. Una filiale di banca discreta fa al caso nostro. Abbiamo anche la protezione di un uomo di partito. Un vice tesoriere. Ci fornisce molti contatti d’affari, ma sa come sono quelli lì… più ne hanno più ne chiedono, e vogliono che espandiamo il raggio d’affari. Loro! Noi no forse? Danno pure consigli. Co-munque era giusto che lei lo sapesse. Come forma di garanzia, se ci tiene, per intendere che sarei un otti-mo direttore di filiale. Il vostro è un banco creditizio piccolo, ma ben diffuso nel mondo, anche là dove non sembra.» Il direttore pensò: sanno dei nostri avamposti nei paradisi fiscali, certo. «Sì, sono buone credenziali, in effetti, ma io sono ob-bligato a informarmi sui miei soci in affari specie se si propongono in modo così inusuale e sfrontato.»«Sì lo so, ma vede… la nostra è un’organizzazione spe-ciale, anche le istituzioni di cui sopra, che ci hanno di-ciamo tenuto sotto controllo all’inizio, beh… abbiamo rotto i ponti, era critico rimanere ancora lì.» «Cosa vi rende più speciali di altri?» L’uomo fissava il direttore dritto negli occhi adesso, in modo acuto. Parlò con voce netta. «Poco fa pensava ad una certa isole nelle Antille, un paradiso fiscale, e la mente le è per un attimo scivola-ta su una certa ragazza che diciamo frequenta… ecco, altolà! Non si allarmi. Non voglio invadere la sua in-timità. Ma vede, mi è impossibile, in realtà.» L’uomo preparò bene la battuta, che uscì secca e lieve, sen-za enfasi. «Io sono un telepate. Come molti altri nella mia organizzazione. Vede bene che potremmo forni-re molti aiuti. Auto mutuo aiuto, capisce ora?» «Dov’è il trucco? Come… Adesso, per esempio!» Il di-rettore era ora allarmato, e lo provocò.«Ah, no! Non pensi cose sconce, la prego…» Il diretto-re impallidì. «Ecco: ora sta pensando a una richiesta simile, cioè simile in superficie. Un finanziamento che ha dato tre settimane fa ad un gruppo di concessionarie che in realtà smerciano auto di lusso rubate.» «Incredibile!» «Sì, capisco, vuole venire a patti e accordarsi, ma mi serve il mutuo. Vede, dovrà risultare chiaramente, tutto per così dire in regola. Uno scambio strano, lo so, non può immaginare quanto lo abbia pensato anch’io. Ma così è… esattamente. Dovrà concedermi una somma per acquistare una sede anonima, dicia-mo… in Svizzera? Amo la montagna, lei no, lo so… ha avuto dispiaceri in età infantile con le piste da sci, non sopporta quell’ambiente.»

AUTO MUTUO AIUTO

«Vede: è di tipo aziendale, diciamo. Ha più ingressi e sofisticati sistemi di sicurezza. La cosa più notevo-le è che ha un caveau.» «Prego?» «Mi ha capito: vorrei un mutuo, anzi, un auto muto aiuto, per comprare una filiale di banca, con tutto il denaro che ha dentro.» Il direttore rimase interdetto se chiamare la polizia o i servizi di salute mentale. «No… mi lasci spiegare. Vede, io non sono qui come comune cliente. Sono qui per affari. Il mondo da cui vengo non è così bene in vista per poter trattare direttamente, in sedi di finanza. E poi io non cerco di fregarla, sono qui per un auto mutuo aiuto. Darò favori in cambio di favori.» Il direttore di banca cominciava a capire. Che razza d’uomo… questo tipo, un agente di qualche orga-nizzazione criminale? Si domandò. Rimase in silen-zio, la mafia andava trattata con i guanti di velluto. Di certo avevano informazioni su di lui. Non era la prima volta che si sporcava le mani. Probabilmente lo sapevano anche: i finanziamenti alle multinazio-nali che sfruttavano le risorse in Africa corrompen-do governi; il riciclaggio di soldi sporchi derivati dal traffico di armi; le truffe fiscali. L’istituto era diret-tamente o indirettamente coinvolto; nemmeno lui poteva essere a conoscenza di tutto. Il denaro chiu-deva occhi e orecchi. Di fronte a lui, l’uomo tenten-nava. Il direttore lo incentivò a parlare.

«Va bene, va bene.» Tagliò corto il banchiere. «Fa-remo tutto come fosse un acquisto regolare. Ma la smetta, la prego. Non ha più bisogno di convincer-mi.» Il direttore era eccitato, ora. Più che la paura era la vista dell’oro. Il telepate poteva rivelarsi una miniera d’oro. Poteva, grazie a lui, fregare molti al-tri “soci”. Avrebbe dovuto giocare astutamente la partita, prendere precauzioni, ma se fosse riuscito a servirsi di lui, pur asservendosi alla loro organizza-zione dotata di superpoteri… si sforzò di non pen-sare oltre.

Mezz’ora dopo il contratto era firmato. Il telepate sorrise soddisfatto. Tutto come previsto, e pure in modo un po’ ironico. Non aveva dovuto mentire più di tanto. Solo rimanere nel vago, e dare al mo-mento giusto i colpi speciali. Il banchiere lo aveva scambiato per un professionista del crimine finan-ziario. Da pochi mesi aveva lasciato i servizi psichia-trici, da quando cioè aveva preso parte ad un grup-po autonomo di auto mutuo aiuto tra pazienti di psichiatria, l’istituzione cui aveva fatto riferimento, in modo ambiguo. Aveva scoperto di non essere l’u-nico telepate. Insieme agli altri folli, aveva allenato le sue capacità, fino quasi a renderle perfette. Era chiaro che avevano un grande potere, e la spinta egoistica, all’inizio, era forte ma anche inquietan-te. Poi, riflettendo insieme si erano resi conto che sarebbe stato spaventoso se ne avessero approfit-tato. Dovevano trovarsi una visone più ampia dei propri ego. Fu parlottando su Julian Assange, e dei leaks, che letteralmente erano le indiscrezioni, le fuoriuscite di notizie segregate, che venne l’idea. L’informazione, ecco il loro potere, l’informazione segreta. Gli sporchi segreti potevano essere rivela-ti da tipi come Assange… oppure potevano essere condotti all’autodistruzione. Ben presto avevano coinvolto un discreto numero di telepati nei servizi di salute mentale, contagiandosi empaticamente la dote, in modo quasi maieutico. Presto anche gli al-tri, come lui, avrebbero occupato posti cruciali, ma discreti, nel sistema, quanto bastava per operare. Non rimaneva che giocare come al gatto col topo, e metterli l’uno contro l’altro, fino a rompere i mecca-nismi che reggevano l’intero mondo delle specula-zioni e degli abusi di potere d’acquisto.

Le speculazioni illecite e gli affari sporchi, che l’eco-nomia finanziaria senza regole incoraggiava, ave-vano i giorni contati. L’oppressione dei più forti sui più deboli sarebbe morta per autocombustione o asfissia di capitali. Chi di spade ferisce…

Enea Solinas

27

PINEROLO 06-12-13

Mentre qui

la nebbia autunnale

rimane impigliata

tra i rami brulli

degli alberi

nell’altro emisfero

danza sulla terra.

E nel rifiorire della natura

un’aquila ha intrapreso il suo volo

L’ultimo

Il più solenne.

Un vecchio leone

mai sazio di libertà e giustizia

ha mutato la sua essenza

e si è trasformato

in un’aquila maestosa

che ha portato più in alto

LIBERTA’, GIUSTIZIA E BONTA’

quasi ad innalzarli

di fronte ai nostri occhi

Quasi a porgerceli

come ennesimo obiettivo

da raggiungere

anche per noi

Un’aquila che distende le ali

nell’ultimo volo

il più sublime

che la porta

a cogliere

dimenticata la gloria

di questo mondo

il serto degli eroi

immortali

che hanno cambiato

in meglio

il mondo.

Che la terra

ti sia leggera

MADIBA

DICEMBRE 2013L’oro antico

della luce invernale

barbaglia sulle foglie

che, ondeggiando, indugiano sugli alberi

Presto la neve le appesantrà

e cadranno, mute,

ai piedi degli alberi che le hanno sorrette

nell’estate trionfante di fulgori

Non mute ma mormoranti

le altre, a terra,

accolgono morbidamente il mio passo.

Nell’aria fredda

le prime avvisaglie d’inverno

inducono gli animali a ritirarsi

Sottoterra

prigioniero del letargo

il niglo si avvolge a difesa

nei suoi aculei acuminati

Come lui, il mio cuore

Celato nel centro ascoso

dell’ALLAH HAREM

rinchiuso in se stesso

aspetto una primavera

di nuovi sentimenti

forieri, forse, di serenità.

Ivana Mina De’Rossi

NOTTE FREDDA E SENZA LUCE

Verra’ la notte e con essa

il buio e il freddo.

Tu siedi intenta a guardare

la noia dalla finestra.

La scruti come se fosse

una parte segreta di te.

Nella paura ogni cosa si permea

di sostanze negative; non sono

i sogni che diventano reali

ma gli incubi che

sono gia’ certezza.

Guardi fuori, attenta

a non pensare che saresti

una persona migliore

se non avessi gia’

condannato te stessa

a vivere un’esistenza

cosi’ macabra e senza luce

Nicola Frache

E’ QUESTO L’AMORE?

E’ piu’ importante

per te non ascoltarmi

ma se sapessi

che nelle mie parole

sono racchiuse le cose

piu’ belle

mi domanderesti

perche’ non

le abbia mai pronunciate,

eppure se le sentissi

le troveresti giuste

da usare con chi

al momento buono

ti farebbe piu’ piacere

Nicola Frache

USCITA

Ho una poesiola

sul tetto della gola,

ma non vuol uscire.

Amare il mio respiro

con dolce e fluido zelo,

sulle ali dello zefiro:

segno pregustato

nel sogno del palato.

Voce! E voce sia…

in agrodolce cortesia,

talora in teso e duale

temperamento mai uguale.

Mi sciolgo in questo sole,

e tu ora vivi in una luce

color di fragola.

Tra mente e favola,

la mia poesiola,

è uscita dalla gola

Misterioso

OVUNQUE

Le stelle in cielo splendono ancora su di meQuanto amore sembrano ispirare Se tu sei con meMa ora passo le mie notti da soloNo amici, no casa, no futuro, né confortoIo qui da solo, tu sei andata.Le stelle nel firmamentoE ognuno si chiede senza pietàSenza di te non significano nulla (le stelle)Unicamente verso il tutto procedono

Claudio Argentieri

ENEA SOLINAS

Biascichi una parolastordisci con il tuo accento di una Torino sciatta nelle viemista alle pervinche dei giardiniUna bella casa, uno sguardoparecchio vigileuna psiche perfettamente modulatacongruo sempre il ragionamentosei una vettura peròche va a rilento rilento con gran passi e giudiziosaeducazionesintomo dell’occasione che va per verdi colliche sono i tuoi occhi di verzura

Marco Bacci

BELLA, BELLISSIMA ALICE

Ti getti in un bicchiere di vodkaè la sorte dell’uomoche forse ci fa malemale male e male Getta i miei occhi al cieloe mi dicono “vai vai lassù,non avrai più problemirivedrai tua mamma illibata, candida, verecondae un sussulto mi viene dal profondo del cuoree giunge a un puntoun personaggio chiaro nella mia vitaBeppe Fenoglio

Marco Bacci

IO E ME

Tra me e me sorge il mio Io.Un Io incerto che crede e non crede in Dio.Un Io incerto che non crede in sé.Non ha parole, perché non accetta me.Ma poi, chi sono io di così importanteper chiedermi chi sono e poi non capire nientedi chi è rispetto a me l’altra gente? Io chi sono, chi è il mio fratello? Forse nel rapporto tra me ed il mio prossimo,troverò l’Io che mi calzerà a pennello!

Elisabetta De Gennaro

L’AMORE

L’amore è unabella cosa.Esso uniscedue cuori edue anime.In greco anticosi chiamaheros.Con l’amore si crea tutto Senza l’amore si crea niente. Carlo Giorcelli

SIRIA

Oriente, alba della civiltà!Ma oggi, fra venti di guerraE sprazzi di folliaCosa c’ispiri?Notte, notte, notte....

Alessio Manzo

POESIA LIBERA

Gente gira, gira in cerchio tondo,in un verecondoraggio di rara luceStupido, cretinonon vedi che staiandando nel profondodi questo oceano bifolcoRara luce ti spiegala stradiccioladei preti con la pennadel musicista con la cetradel pittore con il pennelloqueste restano le mie vociin quarantenache prima o poi a malapenagiungono ai vertici dell’anatemae rimirando con gli occhilontani, il pensiero riverbera sempre piano oppure a tantoe sembra cotale un finimondo

Marco Bacci