“Approccio probabilistico per la valutazione dell’affidabilità sismica delle muratura...
-
Upload
hermann-murdica -
Category
Documents
-
view
136 -
download
5
description
Transcript of “Approccio probabilistico per la valutazione dell’affidabilità sismica delle muratura...
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI “MEDITERRANEA”
DI REGGIO CALABRIA
FACOLTÀ DI INGEGNERIA Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Civile
Progettazione strutturale
“Approccio probabilistico
per la valutazione dell’affidabilità sismica
delle muratura confinate italiane”
Relatore
Prof.Ing.Enzo D’Amore Tesi di Laurea di:
Gaetano Hermann Murdica
ANNO ACCADEMICO 2011/2012
DEDICHE
Dedico questo lavoro alle persone più importanti della mia vita, a coloro che non mi
abbandoneranno mai e che porterò per sempre nel mio cuore… a te papà, a te mamma
e a te fratello mio.
Grazie per avermi dato la forza, lo spirito, la pace, la volontà e l’armonia in tutti questi
anni.
Vi amo.
RINGRAZIAMENTI
Questa tesi non sarebbe stata possibile senza la visione, la supervisione e la guida del
Prof. Ing. D’Amore Enzo, il primo riconoscimento deve andare a lui. Grazie anche
all’ingegnere Trovato Sandro, per tutti i consigli e per avermi fatto conoscere parti delle
problematiche sull’argomento di questo piccolo capolavoro. Persone davvero cordiali e
gentili.
E’ doveroso esprimere la mia gratitudine a colei che è stata sempre al mio fianco nel
momento del bisogno, che mi ha dato la forza nei momenti difficili, che ha cercato
sempre di rendermi le cose più semplici, che ha camminato al mio fianco dall’inizio del
percorso universitario alla fine, e che è stata il mio angelo custode in tutti questi anni,
Maria Laura Surace, la mia fidanzata.
Indice
ABSTRACT 6
SOMMARIO 7
EXECUTIVE SUMMARY 10
CAPITOLO 1 - METODI PER LA VALUTAZIONE DELL’AFFIDABILITÀ SISMICA 13
1.1 AFFIDABILITÀ STRUTTURALE 13 1.2 APPROCCIO DI CORNELL & JALAYER 14 1.3 ANALISI PROBABILISTICA DELLA PERICOLOSITÀ SISMICA (PSHA): METODI SEMPLIFICATI PER
L’INDIVIDUAZIONE DELLA CURVA DI PERICOLOSITÀ 16 1.4 ANALISI PROBABILISTICA DELLA RISPOSTA SISMICA (PSDA) 21
Metodi a banda stretta per la determinazione della risposta sismica 21 1.4.1 Metodi a banda larga per la determinazione della risposta sismica 26 1.4.2
CAPITOLO 2 – TECNICHE DI ANALISI NON LINEARE 29
2.1 ANALISI STATICA NON LINEARE (PUSHOVER) 29 Procedura di carico 30 2.1.1 Comportamento delle curve di capacità 34 2.1.2 Metodologia 39 2.1.3
2.2 ANALISI DINAMICA NON LINEARE 42 Metodologia 42 2.2.1 Il Metodo di Newmark 45 2.2.2
2.3 ANALISI DINAMICA INCREMENTALE IDA 52 Parametri delle curve IDA 52 2.3.1 Proprietà generali delle curve I.D.A. 53 2.3.2 Raggiungimento dei livelli di performance secondo F.E.M.A. nelle I.D.A. 55 2.3.3 Criterio basato sulla misura del danno 57 2.3.4 Criterio basato sulla misura d’intensità 58 2.3.5 Sintesi dei risultati dell’IDA 61 2.3.6
CAPITOLO 3 – CURVE DI FRAGILITÀ 66
3.1 INTRODUZIONE 66 3.2 METODOLOGIE PER LA DETERMINAZIONE DELLE CURVE DI FRAGILITÀ 67
Valutazione dell’affidabilità strutturale con la PSDA 67 3.2.1 Determinazione delle curve di fragilità mediante l’analisi non lineare 73 3.2.2
CAPITOLO 4 - MURATURE CONFINATE 82
4.1 ASPETTI TIPOLOGICI 82 4.1 TIPOLOGIE COSTRUTTIVE 83 4.2 MODELLAZIONE ANALITICA 87
Introduzione alla modellazione a fibre e a plasticità concentrata 87 4.2.1 Effetti del deterioramento 93 4.2.2 Legami costitutivi per una sezione in c.a. 95 4.2.3
4.3 MODELLAZIONE DEI PANNELLI MURARI 102 I modelli per le pareti in muratura 104 4.3.1
5 Indice
4.4 MODELLAZIONE MEDIANTE MICRO-MODELLI 105 4.5 MODELLAZIONE MEDIANTE MACRO-MODELLI 105
Analisi globale del comportamento del pannello murario sotto carichi laterali 107 4.5.1 Modelli non lineari dei pannelli murari 109 4.5.2 Modellazione delle aperture nei pannelli murari 130 4.5.3
CAPITOLO 5 - DEFINIZIONE DEL CASO DI STUDIO 142
5.1 INTRODUZIONE 142 5.2 DESCRIZIONE DEGLI EDIFICI ANALIZZATI 145 5.3 CARATTERISTICHE DEL CASO DI STUDIO ANALIZZATO 147
Proprietà dei materiali 148 5.3.1 Carichi agenti 150 5.3.2
5.4 MODELLAZIONE AGLI ELEMENTI FINITI 155 Modellazione non-lineare del calcestruzzo 155 5.4.1 Modellazione non-lineare delle barre di armatura 156 5.4.2 Modellazione a fibre degli elementi trave e colonne 157 5.4.3 Modellazione dei pannelli murari 160 5.4.4 Calibrazione del modello analitico 164 5.4.5
CAPITOLO 6 - VALUTAZIONE DELL’AFFIDABILITÀ SISMICA DELLE MURATURE CONFINATE 169
6.1 AFFIDABILITÀ STRUTTURALE: APPLICAZIONE AL CASO DI STUDIO 169 Diagramma di flusso della procedura implementata 170 6.1.1 Analisi modale 172 6.1.2 Definizione dell’azione sismica locale 178 6.1.3 Risultati delle analisi statiche non lineari 183 7.1.1 Risultati delle analisi dinamiche non lineari incrementali 188 7.1.2 Curve di Fragilità 191 7.1.3 Affidabilità Sismica 199 7.1.4
CAPITOLO 7 – CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE E SVILUPPI FUTURI 201
BIBLIOGRAFIA 205
ABBREVIAZIONI 210
APPENDICE A: ACCELEROGRAMMI USATI NELLE ANALISI 211
APPENDICE B: RICHIAMI DI PROBABILITÀ 213
11.1 DISTRIBUZIONE DI PROBABILITÀ 216 11.2 MEDIA E VARIANZA DI UNA DISTRIBUZIONE DI PROBABILITÀ 217 11.3 DISTRIBUZIONE NORMALE O GAUSSIANA 218 11.4 DISTRIBUZIONE LOG-NORMALE 219 11.5 PROBABILITÀ POISSONIANA DI ACCADIMENTO 220
APPENDICE C: LISTATO IN MATLAB DELLA PROCEDURA SVILUPPATA 222
APPENDICE D: RISULTATI NUMERICI DELLE ANALISI DINAMICHE INCREMENTALI 240
6 Abstract
Abstract
Il presente lavoro concerne uno studio analitico sulla determinazione dell’affidabilità
sismica dei sistemi misti muratura-c.a. (murature confinate) utilizzati in Italia dopo il
terremoto di Messina e Reggio Calabria del 1908. L’impostazione probabilistica adottata
trae origine dall’integrale del PEER (Pacific Earthquake Engineering Research) nel quale
si fornisce in termini probabilistici una relazione per la valutazione dei livelli
prestazionali delle strutture, esprimibili in termini di frequenza media annua di
superamento. Tale approccio è alla base dell’attuale stesura del Performance Based
Seismic Design (PBSD). In quest’ambito la determinazione del livello prestazionale di
alcuni casi di studio relativi alle murature confinate italiane individuati in precedenti
studi da D’Amore (D’Amore 2007) viene svolta in accordo all’approccio probabilistico di
Cornell e Jalayer (Cornell 2003) avvalendosi delle tecniche di analisi dinamica
incrementale proposte da Vamvatsikos e Cornell (Vamvatsikos & Cornell, 2002) e
tramite la successiva costruzione di opportune Curve di Fragilità seguendo l’approccio di
Jalayer, Franchin e Pinto (Jalayer, et al., 2007) che forniscono la base per calcolare la
frequenza media annua di superamento di un determinato stato limite.
I risultati ottenuti mostrano che le prestazioni delle tipologie indagate nei confronti degli
stati limite di operatività (IO), di danneggiamento (SD) e di salvaguarda della vita (SLV)
non sono adeguate rispetto agli standard normativi delle nuove costruzioni. Mentre
prestazioni adeguate vengono rilevate nei confronti dello stato limite di collasso.
7 Sommario
Sommario
In questo lavoro si determina l’affidabilità sismica dei sistemi misti muratura-c.a.
(murature confinate) mediante la valutazione delle Curve di fragilità e della Frequenza
annua media di superamento di un determinato stato limite. La tesi si articola in cinque
parti.
Nella prima parte si riportano i risultati dei principali lavori riferiti all’approccio
probabilistico di Cornell e Jalayer (Cornell & Jalayer, 2003). Tali studi derivano dalla
necessità di dare soluzione all’integrale del PEER (Pacific Earthquake Engineering
Research) nel quale si fornisce in termini probabilistici una relazione per la valutazione
dei livelli prestazionali delle strutture esprimibili in termini di frequenza media annua di
superamento. Tale approccio, che è alla base del Performance Based Seismic Design
(PBSD), prevede che le strutture siano in grado di esibire, con una certa probabilità,
determinate prestazioni in occorrenza di eventi sismici di diversa intensità.
L’introduzione dell’approccio probabilistico rende indispensabile la formulazione di un
nuovo modello per valutare le diverse fonti d’incertezza. Le incertezze vengono
suddivise in due categorie: quelle di tipo aleatorio (randomness) relative alla variabilità
naturale degli eventi sismici, all’entità dei carichi, alle proprietà meccaniche dei materiali
e al comportamento isteretico degli elementi dissipativi e dei collegamenti e; quelle di
tipo epistemologico (uncertainty) connesse ad esempio alle incertezze sulla
modellazione strutturale.
La seconda parte riguarda le tecniche di analisi necessarie per valutare la
risposta strutturale, con particolare riferimento alle analisi dinamiche non lineari
incrementali (IDA) proposte da Vamvatsikos e Cornell (Vamvatsikos & Cornell, 2002) e
richieste nell’approccio probabilistico della prima parte di questo lavoro. Queste
tipologie di analisi sono attualmente consigliate dalle procedure FEMA (Federal
Emergency Management Agency) per investigare il comportamento delle strutture
dall’elevata complessità geometrica e meccanica in campo fortemente non lineare.
Attraverso le analisi dinamiche incrementali (IDA) si può migliorare la comprensione
dell’andamento del rapporto risposta/domanda sismica ai vari livelli di sollecitazione,
interpretare accuratamente le implicazioni strutturali di eventi sismici di grande
intensità, valutare i cambiamenti del comportamento degli edifici in termini di
deformabilità, indotti dal degrado di resistenza e rigidezza della struttura e determinare
la sollecitazione sismica che induce il raggiungimento dei diversi livelli prestazionali della
struttura.
8 Sommario
La terza parte è dedicata alle Curve di Fragilità, ovvero alle funzioni che
esprimono la probabilità che un evento sismico con una determinata intensità provochi
il superamento di un livello di danno. Il metodo di valutazione delle Curve di fragilità non
è univoco, in letteratura sono disponibili diversi metodi per la costruzione di queste
curve, tuttavia in linea con l’approccio probabilistico di Cornell è stato riportato il
metodo di Jalayer (Jalayer, et al., 2007) il quale fornisce la base per calcolare la
frequenza media annua di superamento di un determinato stato limite.
La quarta parte di questo lavoro si concentra sulla modellazione delle murature,
analizzando i diversi aspetti tipologici, le tipologie costruttive con particolare riferimento
alle murature confinate e, la presenza delle aperture. I modelli che simulano il
comportamento dei pannelli murari (Klingner & Bertero, 1976), (Panagiotakos & Fardis,
1996), (Crisafulli, et al., 1997), si basano sulla concezione che esso possa essere
schematizzato da due fasce di muratura compresse o tese, dette bielle equivalenti o
ancora puntoni equivalenti. Questi, che agiscono lungo le diagonali, hanno dimensioni
variabili in funzione delle caratteristiche meccaniche degli elementi che lo compongono
e sono idealmente collegate con cerniere ai nodi dei telai. Le caratteristiche delle bielle
sono tali da permettere di simulare la resistenza e la rigidezza dei pannelli reali in
condizione di fessurazione completa derivante dall’azione sismica. Come si desume dai
risultati sperimentali trovati in letteratura (Bertoldi, et al., 1993), (Crisafulli, 1997), non
esiste una vera e propria materializzazione della biella, pertanto si deduce che la stessa
costituisce soltanto un fenomeno assai complesso.
Tra i modelli proposti in letteratura (Klingner, 1976), (Panagiotakos & Fardis, 1996),
(Crisafulli, et al., 1997), (Perera, 2005), quelli con il singolo e doppio puntone
equivalente sembrano essere abbastanza affidabili per simulare il comportamento reale
del pannello e cogliere i diversi danni strutturali all’applicazione di un carico. Tuttavia
anche se il modello con un puntone equivalente fornisce risultati attendibili nella
valutazione della risposta strutturale, non coglie i meccanismi di danneggiamento locali
negli elementi adiacenti quali pilastri e travi, al contrario del modello con due puntoni
equivalenti. I parametri principali che governano questi modelli sono: la larghezza, il
legame forza-spostamento e il punto di applicazione della biella equivalente. Per i
suddetti parametri, è presente un’alta variabilità di scelta, che porta ad una variabilità
dei risultati e della sensibilità degli stessi al variare delle proprietà meccaniche.
La quinta ed ultima parte della tesi riguarda la valutazione dell’affidabilità
sismica su un caso di studio. In quest’ambito la determinazione del livello prestazionale
esprimibile in termine di frequenza media annua di superamento viene svolta in accordo
all’approccio probabilistico di Cornell e Jalayer (Cornell 2003). L’analisi viene svolta
avvalendosi delle tecniche di analisi dinamica non lineare Incrementale (IDA) e tramite la
9 Sommario
successiva costruzione di opportune Curve di Fragilità seguendo l’approccio di Jalayer
(Jalayer, et al., 2007) le quali forniscono la base per calcolare la frequenza media annua
di superamento di un determinato stato limite.
10 Executive summary
Executive summary
In this paper we determine the seismic reliability of confined masonry structures
through the evaluation of the fragility curves and the mean annual frequency of
exceeding a given limit state. The thesis is divided into five parts.
In the first part we discussed the results of the principal works relating to a
probabilistic approach of Jalayer Cornell (Cornell & Jalayer, 2003). These studies derive
from the need to provide a solution to the integral PEER (Pacific Earthquake Engineering
Research) which is provided in terms of the probability that a report to assess the
performance levels of the structures can be expressed in terms of average annual
frequency of exceedance. This approach, which is the basis of the Performance Based
Seismic Design (PBSD) provides that structures should be able to possess, with a certain
probability, specific performances under earthquakes of varying intensity.
The introduction of the probabilistic approach is essential to the formulation of a new
model to evaluate different sources of uncertainty. The uncertainties are divided into
two categories: those that are random (randomness) in relation to natural variability of
the seismic events, for example the size of the loads, the mechanical properties of
materials and the hysteretic behaviour of dissipative elements and their connections.
Secondly, as an epistemological uncertainty related to such uncertainties on structural
modelling.
The second part concerns the analysis techniques necessary for evaluating the
structural response, with particular reference to non-linear incremental dynamic
analysis (IDA) proposed by Vamvatsikos and Cornell (Vamvatsikos & Cornell, 2002) and
requires a probabilistic approach for the first part of this job. These kinds of analisys are
currently recommended procedures by the FEMA (Federal Emergency Management
Agency) to investigate the behaviour of highly complex geometric structures and
nonlinear mechanical fields. Through incremental dynamic analysis (IDA) one can gain a
better understanding of the relationship between the seismic demand and the results at
various levels of stress, accurately interpret the structural implications of earthquakes of
great intensity, evaluate the changes in the behaviour of the buildings in terms of
deformability induced by degradation of strength and stiffness of the structure, and also
determine the seismic stress that induces the achievement of different performance
levels of the structure.
The third part is dedicated to the fragility curves, or the functions which express
the probability that a seismic event with a specific intensity can cause damage levels to
11 Executive summary
be exceeded. The method of evaluating the curves of fragility is not unique, in the
various literatures different methods are available for the production of these curves,
however, the probabilistic approach of Cornell in conjunction with the reported method
of Jalayer (Jalayer, et al., 2007) provide the basis for calculating the average annual
frequency of exceeding a given limit state.
The fourth part of this work focuses on modelling of masonry, analyzing the
different typological aspects, types of construction with special reference to confined
masonry, and the presence of the openings. The models that simulate the behaviour of
the wall panels (Crisafulli, et al., 1997) (Panagiotakos & FARDIS, 1996) (Klingner &
Bertero, 1976), are based on the conception that it can be represented by two bands of
masonry tablets or tensions, equivalent said connecting rods or equivalent still struts.
These, which act along the diagonals, have variable degrees of function in terms of the
mechanical characteristics of the elements that compose it and are ideally connected
with hinges to the nodes of the frames. The characteristics of the connecting rods are
such that they are able to simulate the resistance and the stiffness of the panels should
cracking arising from seismic activity. It is apparent from the experimental results found
in the literature (Bertoldi, et al., 1993), (Crisafulli, 1997), that the connecting rods fails to
materialise, therefore it can be deduced that the study of this is a very complex
phenomenon. Among the models proposed in the literature (Crisafulli, et al., 1997),
(Panagiotakos & FARDIS, 1996), (Klingner, 1976), (Perera, 2005), those with the single
and double strut equivalent seem to be reliable enough to simulate the real behaviour
of the panel and capture the different structural damage to the application of a load.
However, even if the model with a strut equivalent provides reliable results in the
evaluation of the structural response, it does not grasp the mechanisms of damage to
premises in adjacent elements such as pillars and beams, as opposed to the model with
two strut equivalents. The main parameters that govern these models are: the width,
the bond force-displacement and the point of application of the equivalent connecting
rod. There is a high variability of choice for the above parameters, which leads to a
variability of results and therefore the ability to vary the mechanical properties.
The fifth and final part of the thesis concerns the assessment of the seismic
reliability based on a case study. In this context, the level of performance is determined
by the average annual frequency of exceedance as it occurs according to a probabilistic
approach of Jalayer and Cornell (Cornell 2003). The analysis is carried out using the
techniques of the non-linear incremental dynamic analysis (IDA) and by the subsequent
construction of appropriate fragility curves following the approach of Jalayer (Jalayer, et
al., 2007), which provide the basis for calculating the mean annual frequency of
exceeding a given limit state.
12 Executive summary
13 CAPITOLO 1 - Metodi per la valutazione dell’affidabilità sismica
CAPITOLO 1 - Metodi per la valutazione dell’affidabilità sismica
1.1 Affidabilità strutturale
L’affidabilità di un sistema strutturale rappresenta il grado di prestazione di una
struttura o di una sua parte. Tale definizione trova applicazione concreta nelle
procedure per la progettazione delle costruzioni in zona sismica (FEMA 273, FEMA 350
C.4.2), fondate sulla “Progettazione sismica basata sulle prestazioni” (Performance
Based Seismic Design - PBSD).
Il PBSD prevede che la struttura sia in grado di fornire, con un’assegnata probabilità,
determinate prestazioni qualora soggetta ad eventi sismici di diversa intensità
(Giugliano, 2009). Le prestazioni sono definite in termini di Frequenza Annua Media Di
Superamento dello Stato Limite e forniscono la base per la valutazione della probabilità
con la quale la struttura attinge un prefissato stato limite.
Figura 1.1-2 - Probabilità con la quale una struttura attinge un prefissato stato limite.
L’analisi dell’affidabilità strutturale, consiste nella valutazione della frequenza annua
media di superamento della generica variabile chiave (DV) che è pari all’inverso del
periodo di ritorno T:
[1.1-1]
Eventi molto rari (2% in 50 anni)
Eventi rari (10% in 50 anni)
Eventi occasionali (20% in 50 anni)
Eventi frequenti (50% in 50 anni)
Figura 1.1-1 - Probabilità con la quale una struttura attinge un prefissato stato limite
T
DVH1
)
14 CAPITOLO 1 - Metodi per la valutazione dell’affidabilità sismica
L’adeguatezza strutturale può essere correlata alla frequenza annua media di
superamento di una generica domanda, ad esempio il massimo spostamento
d’interpiano, verificando che il periodo di ritorno sia maggiore della vita nominale VN
della struttura.
1.2 Approccio di Cornell & Jalayer
L’approccio di Cornel e Jalayer (Cornell & Jalayer, 2003) consente di valutare l’affidabilità
sismica delle strutture espressa come frequenza annua media di superamento di uno
stato limite attraverso un’analisi che prevede l’introduzione di tre variabili intermedie:
1. IM (Misura dell’intensità dell’azione sismica);
2. DM (Misura del livello di danno);
3. CM (Misura della capacità strutturale);
La valutazione dell’affidabilità sismica delle strutture avviene attraverso la combinazione
dei risultati dell’analisi probabilistica della pericolosità sismica (PSHA), dell’analisi
probabilistica della risposta strutturale (PSDA) e dell’analisi probabilistica della capacità
strutturale (PSCA) (Giugliano, 2009). Attraverso tre ipotesi semplificative riguardo la
forma della curva di pericolosità sismica (hazard curve), e alle leggi di distribuzione di
demand e capacity, Cornell e Jalayer forniscono un’espressione in forma chiusa per la
valutazione della frequenza annua media di superamento di un dato stato limite. La
stima di tale valore è ovviamente affetta da un grado di approssimazione connesso
all’importanza delle ipotesi semplificative alla base del modello. Tra queste, risulta
particolarmente rilevante l’ipotesi di omoschedasticità, ossia di dispersione costante
della demand con la pseudo-accelerazione spettrale (in corrispondenza del periodo
fondamentale di vibrazione della struttura), assunta quale misura dell’intensità
dell’azione sismica per la sue caratteristiche di sufficienza, efficienza e reperibilità della
curva di pericolosità.
La frequenza annua media di superamento della generica domanda (espressione
proposta dal Pacific Earthquake Engineering Research (PEER)) può essere espressa nella
seguente forma:
[1.2-1]
IMdHIMDMdGDMDVGDVH ||
15 CAPITOLO 1 - Metodi per la valutazione dell’affidabilità sismica
Dove:
H(IM) è la Frequenza Media Annuale di superamento di un dato valore della
misura dell’intensità dell’azione sismica, generalmente attraverso un’analisi
della pericolosità sismica del sito in esame (PSHA1);
G(DV|DM) è la probabilità condizionata di superamento della variabile DV dati i
vettori D e IM; in altre parole è la probabilità che la variabile chiave superi un
determinato valore quando la demand DM assume un dato valore. Tale funzione
può essere stimata attraverso l’analisi probabilistica della capacità strutturale
(PSCA);
G(DM|IM) è la probabilità che la variabile rappresentativa del danneggiamento
strutturale DM superi un determinato valore quando la misura dell’intensità
sismica IM assume un dato valore. Tale funzione può essere stimata attraverso
l’analisi probabilistica della risposta strutturale (PSDA);
Se si assume quale variabile decisionale il superamento di un determinate stato limite
(DV=LS), l’affidabilità strutturale è espressa in termini di frequenza annua media di
superamento dello stato limite considerato. La condizione di superamento dello stato
limite sarà dunque fornita dalla condizione DM ≥ C cioè demand (ossia il parametro che
descrive il comportamento strutturale) che supera la capacità strutturale. Assumendo
inoltre le seguenti condizioni:
1. la variabile DV sia un indicatore (scalare) binario cioè che assuma valore 1
quando eccede o uguaglia il valore della capacità, e 0 negli altri casi; 2. il vettore della domanda strutturale sia uno scalare; 3. la IM sia rappresentata da uno scalare come ad esempio l’accelerazione
spettrale corrispondente il periodo principale di vibrazione della struttura; 4. che D e DV siano incondizionatamente indipendenti dalla IM.
La frequenza annua media di superamento di un fissato stato limite, si riscrive:
[1.2-2]
dove DV=1 quando D ≥ CLS, ovvero la capacità corrispondente allo stato limite LS. Tale
espressione, mediante le tre ipotesi semplificative, può essere trasformata in una
equazione in forma chiusa, rendendola più agevole dal punto di vista computazionale.
1 PSHA = Analisi probabilistica della pericolosità sismica.
aaLSLS SdHSDdGDCDGDVHH ||1
16 CAPITOLO 1 - Metodi per la valutazione dell’affidabilità sismica
Queste riguardano per primo l’approssimazione della curva di pericolosità locale del sito,
la seconda riguarda l’approssimazione del modello probabilistico della demand, la terza
invece riguarda la legge di distribuzione della capacità strutturale.
Per valutare la frequenza annua media di superamento di uno stato limite HLS mediante
la [1.2-2] è necessario eseguire un’analisi probabilistica della pericolosità sismica (PSHA)
per individuare la cosiddetta “Curva di pericolosità”, ovvero una curva che rappresenta
la frequenza annua media di superamento di un evento sismico per una misura
dell’intensità dell’azione sismica (IM) .
1.3 Analisi probabilistica della pericolosità sismica (PSHA): Metodi semplificati per l’individuazione della curva di pericolosità
L’obiettivo dell’analisi probabilistica della pericolosità sismica (PSHA) è la definizione
della curva di pericolosità HSA (x) (indicata anche come λSa) che esprime la frequenza
annua media di superamento della pseudo-accelerazione spettrale Sa . Le curve di
pericolosità dovrebbero essere fornite dai sismologi in funzione del sito, del periodo di
vibrazione della struttura e del rapporto di smorzamento. Tuttavia, in assenza di analisi
specifiche è possibile ricorrere alle disposizioni dell’Eurocodice 8 (EN 1998-2) parte 2, il
quale fornisce una relazione (equazione A.3) che consente di valutare l’accelerazione di
picco al suolo corrispondente ad eventi sismici aventi un periodo di ritorno tr diverso da
quello di riferimento tr0 (475 anni), ossia il periodo di ritorno assunto a riferimento per la
definizione dello spettro elastico allo SLU:
[1.3-1]
Dove ag e ag,475 sono, rispettivamente, i valori dell’accelerazione di picco al suolo
corrispondenti ad eventi sismici con periodo di ritorno tr e tro, mentre z è un parametro
che dipende dal livello di sismicità della zona; generalmente si assume un valore 0,3
0,4 (CEN, 1998) Segue:
[1.3-2]
z
r
r
g
g
t
t
a
a
0475,
z
g
g
rra
att
/1
475,
0
17 CAPITOLO 1 - Metodi per la valutazione dell’affidabilità sismica
Da cui, essendo il reciproco del periodo di ritorno pari alla frequenza media annua di
superamento dell’evento sismico, si ricava la curva di pericolosità espressa in termini di
accelerazione di picco al suolo:
[1.3-3]
In cui il termine tra parentesi (ag,4751/z / tr,0) rappresenta k’0 mentre l’esponente -(1/z)
rappresenta invece k’. Noto inoltre il periodo fondamentale di vibrazione della struttura,
dalle formulazioni analitiche nell’Eurocodice 8 per gli spettri elastici, risulta nota la
relazione tra pseudo-accelerazione spettrale Sa(T0) ed accelerazione di picco al suolo:
f
TSaafTS a
gga0
0
dove f dipende dalla zona nella quale ricade il periodo di vibrazione e rappresenta il
rapporto tra la pseudo-accelerazione spettrale in corrispondenza del periodo
fondamentale di vibrazione della struttura e l’accelerazione di picco al suolo definito
secondo gli spettri da normativa. La funzione HSA (x) diviene:
[1.3-4]
che può essere scritta nel seguente modo:
[1.3-5]
In cui il termine k’0 / f -k’ rappresenta k0 mentre l’esponente – k’ rappresenta invece k. Si
nota come all’aumentare dell’accelerazione spettrale Sa il termine HSa(Sa) diminuisce.
Tale espressione corrisponde alla prima ipotesi di Cornell e Jalayer. L’equazione [1.3-3] e
l’equazione [1.3-4] sono rappresentate in Figura 1.3-2 e Figura 1.3-1. Attraverso il
confronto tra la [1.3-4] e la [1.3-3], si ottengono le espressioni dei coefficienti di forma
della curva di pericolosità media delle zone sismiche europee derivata dalle disposizioni
dell’Eurocodice 8 (CEN 2004b):
[1.3-6]
z
g
r
z
g
z
g
g
r
ga at
a
a
a
taH
g
/1
0
/1
475,
/1
475,
0
1
'
0'
0
'
00
''
k
ak
k
aaSa TS
f
k
f
TSkSH
z
ro
z
a
ft
ak
/1
/1
475,
0
k
aaSa TSkSH
00
18 CAPITOLO 1 - Metodi per la valutazione dell’affidabilità sismica
[1.3-7]
In alternativa, limitatamente a siti italiani, è possibile far riferimento ai dati forniti dalle
nuove Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 14/01/2008). Nella tabella 1 allegata al
testo normativo vengono infatti riportati, in funzione di latitudine e longitudine dei punti
del reticolo di riferimento e per valori significativi del periodo di ritorno dell’evento
sismico (30, 50, 72, 101, 140, 201, 475, 975 e 2475 anni), I valori di ag, F0 e TC *, che
assumono il significato, rispettivamente, di: accelerazione di picco al suolo su suolo di
riferimento rigido orizzontale; fattore massimo di amplificazione dell’accelerazione
spettrale su suolo di riferimento rigido orizzontale; parametro utile alla definizione dei
periodi TB, TC e TD che segnano l’inizio dei tratti dello spettro ad accelerazione, velocità,
e spostamento spettrale costante. Noti tali valori, che definiscono compiutamente gli
spettri elastici per ognuno dei periodi di ritorno significativi, si può associare ad ogni
valore della frequenza annua media di superamento (reciproco del periodo di ritorno
dell’evento sismico di riferimento) il corrispondente valore della pseudoaccelerazione
spettrale in corrispondenza del periodo fondamentale di vibrazione della struttura in
esame. Attraverso una regressione tipo potenza sui dati ottenuti, si ricava infine
l’approssimazione della curva di pericolosità nella forma [1.3-5]. Se in particolare si
ricorre ad una delle applicazioni consultabili gratuitamente in rete, per esempio EdiLus-
MS (http://www.acca.it/EdiLus-MS/), facendo variare la vita nominale della struttura e
la classe d’uso si può reperire un set di dati più fitto, e quindi una stima meglio
approssimata della curva di pericolosità.
In riferimento alla semplificazione proposta da Cornell e Jalayer (Cornell & Jalayer,
2003), è stata ricavata la curva di pericolo per la località di Reggio Calabria inerente il
caso di studio. Considerando il periodo di vibrazione principale della struttura T0 pari a
0.17 sec e utilizzando le equazioni fornite dalle NTC08 per il calcolo dell’accelerazione
spettrale per periodi T compresi tra TB e TC si ha:
Noto f e assumendo z pari a 0,4 è possibile calcolare i parametri k e k0:
zk
1
41.20 FSf
002.241.2475
81.935.04.0/1
4.0/1
/1
/1
475,
0
z
ro
z
a
ft
ak
5.21
zk
19 CAPITOLO 1 - Metodi per la valutazione dell’affidabilità sismica
Si ricava così la curva di pericolosità riportata in Figura 1.3-2.
1.E-04
1.E-03
1.E-02
1.E-01
0 10 20 30
HSa
- F
req
uen
za a
nn
ua
di s
up
eram
ento
Sa (T0 = 0.17 sec) [m/s2]
1.E-05
1.E-04
1.E-03
1.E-02
1.E-01
0 5 10 15 20 25 30
ag [m/s2]
Figura 1.3-2 - Curva di pericolosità sismica semilogaritmica in termini di Sa inerente il caso di
studio per la località di Reggio Calabria
Figura 1.3-1 – Curva di pericolosità sismica semilogaritmica in termini di ag inerente il caso
di studio per la località di Reggio Calabria
gag aH
1.E-04
1.E-03
1.E-02
1.E-01
1 10
HSa
- F
req
uen
za a
nn
ua
di s
up
eram
ento
Sa (T0 = 0.17 sec) [m/s2]
Figura 1.3-4 - Curva di pericolosità bilogaritmica in termini di Sa inerente il caso di studio per la
località di Reggio Calabria
1.E-05
1.E-04
1.E-03
1.E-02
1.E-01
1 10ag [m/s2]
Figura 1.3-3 - Curva di pericolosità bilogaritmica in termini di ag inerente il caso di studio per la
località di Reggio Calabria
20 CAPITOLO 1 - Metodi per la valutazione dell’affidabilità sismica
Dall’equazione [1.2-2] considerando come domanda d un generico stato limite LS, la HLS
è fornita dall’analisi probabilistica della riposta sismica strutturale PSDA, che necessita la
determinazione della risposta strutturale DM.
1.E-06
1.E-05
1.E-04
1.E-03
1.E-02
1.E-01
1.E+00
1.E+01
0.5 5
λ Sa
- Fr
equ
enza
an
nu
a d
i su
per
amen
to
Sa (T) [m/s2]
T=0.17 sec
T=0.40 sec
T=2.7 sec
T=0.05 sec
Figura 1.3-6 - Curva di pericolosità bilogaritmica in termini di Sa per la località di Reggio Calabria per periodi di vibrazione diversi. La curva in neretto è relativa al caso di studio (TB<T<TC)
Figura 1.3-7 – Spettro di risposta elastico della località di Reggio Calabria. I punti evidenziati in rosso rappresentano TB, TC e TD. Le curve di pericolosità relative a questi periodi sono riportate sopra.
1.E-06
1.E-05
1.E-04
1.E-03
1.E-02
1.E-01
1.E+00
1.E+01
0 10 20 30
λ Sa
- Fr
equ
enza
an
nu
a d
i su
per
amen
to
Sa (T) [m/s2]
T=0.17 sec
T=0.40 sec
T=2.7 sec
T=0.05 sec
TB TC TD
TC<T<TD
T > TD
0<T<TB
TC<T<TD
T > TD
0<T<TB
Figura 1.3-5 - Curva di pericolosità semilogaritmica in termini di Sa per la località di Reggio Calabria per periodi di vibrazione diversi. La curva in neretto è relativa al caso di studio (TB<T<TC)
21 CAPITOLO 1 - Metodi per la valutazione dell’affidabilità sismica
1.4 Analisi probabilistica della risposta sismica (PSDA)
La valutazione della frequenza media annua di superamento da parte della risposta
strutturale D di un livello assegnato d, ossia HD(d), richiede una analisi probabilistica
della risposta sismica, PSDA (Probabilistic Seismic Demand Analysis). La PSDA si occupa
quindi della determinazione della probabilità che la “demand” ecceda un prefissato
valore, data l’intensità dell’azione sismica:
[1.4-1]
I metodi utilizzabili per determinare la risposta strutturale appartengono alla categoria
dei metodi basati sulla simulazione numerica, che prevedono l’utilizzo di
accelerogrammi storici opportunamente selezionati e consentono la valutazione della
risposta sismica. Essi si suddividono in metodi a banda stretta e metodi a banda larga.
Metodi a banda stretta per la determinazione della risposta 1.4.1sismica
Tali metodi forniscono una stima accurata della risposta strutturale solo in
corrispondenza, o nell’intorno, di un determinato valore del livello di azione sismica IM.
Tra i metodi a banda stretta troviamo quello denominato a nuvola e quello denominato
a striscia; questa terminologia è funzione del modo in cui gli accelerogrammi utilizzati
per le analisi vengono scalati (Piluso, 2009).
Il metodo a nuvola consiste nell’eseguire una serie di analisi dinamiche non lineari della
struttura, utilizzando un set di accelerogrammi non scalati, o scalati tutti dello stesso
fattore. I risultati delle analisi vengono riportati in un piano DM-IM, e viene effettuata
una regressione in modo da determinare una funzione DM = f(IM) ed i parametri
statistici d’interesse. Applicazioni di questo metodo possono essere trovate in (Cornell &
Jalayer, 2003) e (Shome & Cornell, 1999) in cui viene effettuata una regressione lineare
nel piano logaritmico ln(DM)-ln(Sa), nella forma:
[1.4-2]
Ovvero:
baaSaDM SaSl |
dxdx
xdHxSdDPdH Sa
aD
0
|
aaSaDM SbaS lnlnln |
22 CAPITOLO 1 - Metodi per la valutazione dell’affidabilità sismica
La scelta della regressione lineare nel piano logaritmico ipotizza implicitamente, che per
ogni valore della IM si abbia una distribuzione log-normale con un valore della
deviazione standard σ costante con IM. Il valore della deviazione standard può essere
utilizzato per stimare la dispersione βDM|Sa:
[1.4-3]
Figura 1.4-1 – Risultato di un’analisi con il metodo a nuvola
2
)]ln()[ln(|
n
Sadmb
aii
SaDM
23 CAPITOLO 1 - Metodi per la valutazione dell’affidabilità sismica
Figura 1.4-2 – Regressione lineare dei dati
La scelta degli accelerogrammi è condizionata dalla sufficienza dell’IM utilizzata: l’utilizzo
di una misura dell’intensità sismica sufficiente consente di scegliere casualmente da un
catalogo (ad esempio dal PEER Strong Motion Database), gli accelerogrammi da
utilizzare nelle analisi dinamiche non lineari.
I metodi a striscia invece consistono nell’eseguire una serie di analisi dinamiche non
lineari utilizzando accelerogrammi scalati in modo da avere lo stesso valore della misura
dell’intensità sismica IM. I risultati delle analisi, riportati in un piano DM-IM, sono
disposti appunto su di una striscia. L’implementazione di questo metodo (Shome &
Cornell, 1999) è scaturita dall’osservazione della notevole riduzione della dispersione dei
valori della risposta strutturale che si ottiene una volta scalati gli accelerogrammi allo
stesso valore della IM rispetto a quella dei risultati di analisi effettuate utilizzando
accelerogrammi non scalati.
24 CAPITOLO 1 - Metodi per la valutazione dell’affidabilità sismica
Figura 1.4-3 - Esempio di set di spettri non scalati
Figura 1.4-4 - Esempio di spettri scalati
I risultati delle analisi dinamiche non lineari così eseguite sono un certo numero di valori
della risposta strutturale dmi (pari al numero di accelerogrammi del set utilizzato), in
corrispondenza del medesimo valore della IM, ad esempio im*. É possibile stimare i
parametri statistici di tali dati, ottenendo i valori della mediana è della dispersione:
[1.4-4]
Questi valori possono essere utilizzati per caratterizzare la funzione di distribuzione della
domanda strutturale condizionata al particolare valore della IM e della d.
*| imIMDM *| imIMDM
25 CAPITOLO 1 - Metodi per la valutazione dell’affidabilità sismica
Figura 1.4-5 - Esempio applicativo del metodo a striscia DCFC (Jalayer & Cornell, 2002)
Fissata la probabilità P0= 0.0084, nota la curva di pericolosità sismica e dunque i
coefficienti e k e k0, si valuta la corrispondente accelerazione (P0Sa). Si eseguono analisi
dinamiche non lineari scalando gli opportuni accelerogrammi selezionati (y quantità) allo
stesso valore dell’accelerazione spettrale (P0Sa)=0.70 g. Si riportano i risultati espressi in
funzione del parametro di danno scelto sul piano logaritmico D-Sa. Si ottengono y dati
allineati su di una retta orizzontale. Sulla striscia vengono valutate la mediana e la
dispersione dei risultati delle analisi mediante l’ equazione [1.4-3] e l’ equazione [1.4-4].
Figura 1.4-6 - Analisi a striscia
26 CAPITOLO 1 - Metodi per la valutazione dell’affidabilità sismica
L’analisi della striscia non fornisce alcuna informazione sulla relazione tra DM e IM,
riassunta dal parametro b. Pertanto, al fine di poter procedere ad una stima seppure
locale della b, è necessario aggiungere almeno una striscia, ovvero effettuare altre
analisi dinamiche per un altro valore della accelerazione spettrale. Il suddetto metodo
prende nome di metodo a doppia striscia. È chiaro che la scelta del valore della Sa per la
seconda striscia è fondamentale.
Figura 1.4-7 - Analisi a doppia striscia; la stima del parametro b deriva da una seconda analisi per una P0Sa=0,8 (Jalayer & Cornell, 2002)
Metodi a banda larga per la determinazione della risposta 1.4.2sismica
I metodi a banda larga consentono di ottenere una stima della frequenza annua media
di superamento della demand per tutti i valori d’interesse del livello dell’azione sismica
IM. Tali metodi si dividono in metodi a strisce multiple e analisi dinamica incrementale
(IDA).
L’analisi dinamica incrementale (IDA) è un tipo di analisi dinamica non lineare che
consiste nel sottoporre la struttura ad uno o più accelerogrammi scalati a più livelli di
intensità sismica. Il risultato delle analisi è dato da una o più curve (una per ogni
accelerogramma utilizzato) della risposta strutturale DM, in funzione del livello della IM.
I valori di IM per i quali vengono svolte le analisi vengono scelti in modo tale da coprire
l’intera gamma di comportamento della struttura, dalla fase elastica a quella plastica
fino al collasso. Il risultato di ogni singola IDA eseguita sulla stessa struttura varia
27 CAPITOLO 1 - Metodi per la valutazione dell’affidabilità sismica
notevolmente al variare dell’accelerogramma. Attraverso questo metodo di analisi, si
possono raggiungere diversi obiettivi quali:
migliorare la comprensione dell’andamento del rapporto risposta/domanda
sismica ai vari livelli di sollecitazione;
interpretare accuratamente le implicazioni strutturali di eventi sismici di grande
intensità;
valutare i cambiamenti del comportamento degli edifici in termini di
deformabilità, indotti dal degrado di resistenza e rigidezza della struttura;
determinare la sollecitazione sismica che induce il raggiungimento dei diversi
livelli prestazionali della struttura.
L’efficacia dell’I.D.A. è confermata anche dalla F.E.M.A. che la indica come utile strumento per determinare la capacità globale di collasso di una struttura. Tale argomento sarà trattato nello specifico nel §2.2.
La Multiple-Stripe Analysis (analisi a multi-striscia) è un'altra tipologia di analisi
dinamica non lineare che consiste nell’eseguire singole analisi a strisce per più valori
dell’IM. Per ogni striscia si stima la mediana e la dispersione (ad esempio tramite le
statistiche contate). Il valore del parametro b può essere determinato valutando la
pendenza della retta congiungente i punti mediani di due strisce consecutive.
Figura 1.4-8 - Analisi dinamica multi-strisce (Piluso, 2009)
28 CAPITOLO 1 - Metodi per la valutazione dell’affidabilità sismica
Figura 1.4-9 - Analisi dinamica multi-strisce con frattili al 16% e 84% (Piluso, 2009)
La Figura 1.4-9 illustra il risultato di un’analisi Multiple-Stripe (MSA) in cui è possibile
notare i casi di collasso strutturale per una data accelerazione al suolo, mediante
l’incremento sostanziale del MIDR e il lieve aumento dell’IM (Jalayer & Cornell, 2002).
29 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
2.1 Analisi statica non lineare (Pushover)
La capacita di una struttura di resistere all’evento sismico dipende fortemente dalla sua
capacità deformativa in regime anelastico, in altre parole dalla sua duttilità. I metodi di
analisi elastici (statico e dinamico) tengono conto di questo comportamento non lineare
della struttura tramite l’impiego dei fattori di struttura q. Questi metodi non possono
però cogliere cambiamenti nella risposta caratteristica della struttura che avvengono
man mano che singoli elementi si snervano. Inoltre non si ha nessuna informazione sulla
distribuzione della domanda di anelasticità nella struttura. I metodi di analisi statica non
lineare (comunemente definiti in letteratura metodi di "analisi pushover"), invece,
permettono di cogliere questi aspetti, dimostrandosi un utile strumento in particolare in
fase di verifica, laddove è necessario valutare la coerenza fra fattori di struttura assunti e
reale capacita di duttilità della struttura. In questo tipo di analisi si applicano
incrementalmente, ad un modello della struttura soggetto ai carichi gravitazionali e con
comportamento non lineare del materiale, particolari distribuzioni di forze statiche
orizzontali, le quali hanno il compito di "spingere" in campo non lineare la struttura fino
a portarla al collasso. In particolare, nella formulazione più semplice del metodo,
durante l’analisi le forze orizzontali vengono tutte scalate, mantenendo invariati i
rapporti relativi fra le stesse, in modo da far crescere monotonamente lo spostamento
orizzontale di un punto di controllo sulla struttura (es. un punto in sommità dell’edificio).
Risultato finale dell’analisi è la curva taglio alla base (somma di tutte le forze orizzontali)
- spostamento (di un punto ritenuto significativo del comportamento globale), che
rappresenta la capacita della struttura e che, quindi, verrà confrontata con la domanda,
rappresentata da punti sulla curva stessa individuati in corrispondenza di valori di
spostamento relativi alle massime domande di spostamento che la struttura subirebbe
quando fosse soggetta ai diversi terremoti di progetto (Petrini L., 2004). Le domande di
spostamento potranno in generale essere valutate utilizzando opportuni spettri cli
risposta.
Questo tipo di analisi comprende essenzialmente due aspetti:
1. la determinazione di un legame forza-spostamento (curva di capacità o curva di
pushover), rappresentativo del reale comportamento monotono della struttura;
30 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
2. La valutazione dello spostamento massimo o punto di funzionamento
(performance point) raggiunto dalla struttura a fronte di un evento sismico
definito tramite uno spettro di risposta elastico in accelerazione.
La validità delle analisi di Pushover è stata suffragata nel tempo dal confronto dei
risultati con quelle di analisi dinamiche non lineari. Esistono in letteratura diverse
tipologie di analisi statiche non lineari che differiscono tra loro per diversi fattori e
conducono a risultati talvolta discordanti. Tra la principale differenza si annovera la
distribuzione delle forze, ovvero degli spostamenti, che possono essere fissi, cioè di
forma costante, o adattivi che cambiano al variare del grado di danneggiamento della
struttura.
Tra i metodi statici non lineari presenti in letteratura, il “metodo dello spettro di
capacità” (Freeman, 1998) e il “metodo N2” (Fajfar, 1999) e (Fajfar & Gašperšic, 1996)
hanno conquistato negli anni un consenso sempre più ampio nella comunità scientifica,
tanto che il loro uso è oggi consentito da diverse normative antisismiche (ad esempio
Eurocodice 8, 2003;NTC 2008; FEMA 356, 2000; FEMA 368, 2001; O.P.C.M. 3431, 2005).
I due metodi citati, nonostante le differenze concettuali che li distinguono, si articolano
entrambi in due fasi fondamentali:
La prima consiste nella determinazione della curva di prestazione, che descrive
l’evoluzione della risposta strutturale all’aumentare dell’intensità dell’evento
sismico (Bosco, et al., 2007). La curva di prestazione è il grafico che riporta i
valori monitorati durante l’analisi di spinta.
La seconda fase consiste nell’individuare sulla curva di prestazione il punto
corrispondente alla risposta inelastica del telaio conseguente al sisma
assegnato. Ciò è fatto attraverso lo studio di un sistema a un solo grado di
libertà equivalente alla struttura reale a più gradi di libertà. Il sistema a un grado
di libertà è, infatti, lo strumento per la comprensione del comportamento di
strutture più complesse e quello su cui è concettualmente più semplice definire
e condurre un’analisi di Pushover.
Procedura di carico 2.1.1
L’analisi di spinta consiste nell’applicare alla massa del sistema uno spostamento D o
una forza F la cui intensità viene gradualmente incrementata nella direzione dell’unico
31 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
grado di libertà disponibile. Le espressioni che definiscono la forzante (intesa in senso
generalizzato come forza o spostamento) possono esprimersi come:
D = α · d
[2.1-1]
F = β · f
Indicando con d e f i valori iniziali della forzante mentre con α e β i coefficienti di
amplificazione del carico. Fissato arbitrariamente il valore di d o f, il fattore
moltiplicativo α o β viene gradualmente incrementato da zero fino ad un valore finale
che permetta di investigare il campo di risposta di interesse per il sistema in esame. Ad
ogni valore di α o β corrisponde quindi un valore di D o F che rappresenta lo
spostamento o la forza applicati alla massa del sistema. Il comportamento del sistema è
definito da un legame forza-spostamento in cui la forza coincide con il taglio alla base Vb
e lo spostamento con quello della massa Dt . Nel caso di analisi a forze imposte (F è la
forza applicata ad m) si ha Vb =F e Dt =D essendo D lo spostamento di m prodotto da F,
mentre nel caso di analisi a spostamenti imposti (D è lo spostamento applicato ad m)
Dt=D e Vb=F essendo F la reazione vincolare risultante.
Nel caso di sistemi a più gradi di liberta (MDOF), l’approccio è simile con la differenza
che la struttura viene “spinta” applicando un profilo di forze o di spostamenti orizzontali
in corrispondenza di ciascun piano (Figura 2.1-1) e che, per descrivere il comportamento
dell’intero sistema in termini di legame forza-spostamento, è necessario scegliere un
solo parametro di forza ed un solo parametro di spostamento. La scelta di tali parametri
non è univoca e può dar luogo a differenti legami forza-spostamento. Solitamente, come
parametri di forza e di deformazione, si selezionano il taglio alla base e lo spostamento
del baricentro dell’ultimo piano dell’edificio anche se, in realtà, questa scelta non ha un
preciso fondamento teorico ma è più probabilmente un retaggio delle originarie
applicazioni di questa tecnica alle pile da ponte delle quali si monitorava, per ovvie
ragioni, lo spostamento in sommità. In effetti lo spostamento in sommità non sembra
essere sempre un parametro affidabile.
32 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
Figura 2.1-1 - Applicazione dell’analisi di
spinta ad un telaio (MDOF)
Considerando che l’obiettivo è di simulare la risposta dinamica della struttura, sorge la
questione se l’analisi di spinta debba essere condotta applicando una sistema di
spostamenti o di forze. Se la struttura avesse un comportamento elastico lineare i due
approcci condurrebbero agli stessi risultati ma la presenza di effetti anelastici comporta
una sensibile differenza tra le due alternative. Concettualmente l’analisi dinamica viene
condotta con le forze inerziali per cui l’analisi di spinta a forze imposte sembrerebbe più
appropriata ma, in un’analisi dinamica, perfino quando un modo è dominante,
l’andamento delle forze di piano non rimane inalterata (ossia non variano
proporzionalmente ad un fattore costante), per cui applicare una distribuzione di forze
constante non è comunque esatto; inoltre possono sorgere difficoltà nel condurre
analisi anelastiche stabili con controllo in forze, poiché queste non sono in grado di
cogliere un eventuale comportamento softening della struttura né di seguire
accuratamente risposte associate a rigidezze molto piccole, per cui può essere
preferibile eseguire analisi a spostamenti controllati. Di contro, lavorando a spostamenti
imposti, si vincola la deformata della struttura, per cui si rischia di conseguire campi di
forze completamente errati rispetto a quelli attesi in una struttura “libera” di deformarsi
a fronte dell’evento sismico e quindi a risultati seriamente fuorvianti.
Al variare del tipo di distribuzioni e della modalità di applicazione delle forze laterali,
della modalità con cui si valuta lo spostamento prefissato e dei parametri di controllo
utilizzati durante l’analisi, si distinguono diversi tipi di analisi statica non lineare.
33 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
In particolare le norme suggeriscono, per la valutazione del legame taglio alla base-
spostamento di un punto di controllo, di applicare due diverse distribuzioni di forze
orizzontali nei baricentri delle masse dei vari piani. In particolare si considerano una
distribuzione di forze proporzionale alle masse e una distribuzione di forze
proporzionale al prodotto delle masse per la deformata individuata dal primo modo di
vibrare del sistema considerato elastico. Tale scelta nasce dalla considerazione che la
distribuzione delle forze laterali dovrebbe approssimare la distribuzione delle forze di
inerzia presenti sulla struttura durante il sisma. Confronti con analisi dinamiche non
lineari hanno evidenziato che distribuzioni di forze proporzionali al primo modo colgono
meglio la risposta dinamica, finché la struttura rimane in campo elastico, mentre,
quando si raggiungono grandi deformazioni, la risposta dinamica può risultare meglio
rappresentata da distribuzioni di forze proporzionali alle masse. Nel caso di strutture
regolari i due andamenti scelti definiscono i limiti delle possibili distribuzioni di forze di
inezia in un terremoto (Petrini L., 2004).
Tale procedura può dare risultati solo approssimati nel caso di strutture irregolari o alte,
nelle quali i modi di vibrare superiori al primo diventano significativi, o in strutture dove
il danno indotto dall’azione sismica modifica significativamente nel tempo i modi di
vibrare della struttura. In questi casi l'utilizzo di metodi di tipo adattativi (noti anche
come metodi evolutivi), che tengano in conto modi di vibrare superiori e modificano in
continuazione la distribuzione di forze applicate in funzione del cambiamento delle
caratteristiche della struttura durante il moto sismico, porterebbero a soluzioni più
precise, anche se più onerose da un punto di vista computazionale. L’analisi pushover
può essere anche utilmente applicata a modelli tridimensionali per mettere in evidenza
le irregolarità della struttura qualità si manifestino in seguito all’evolvere dell’azione
sismica e cioè a seguito di inattese distribuzioni della richiesta di anelasticità. Ancora in
fase di sviluppo e verifica e invece l’utilizzo dell’analisi statica non lineare su modelli
tridimensionali per la verifica della capacità (Petrini L., 2004).
34 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
Comportamento delle curve di capacità 2.1.2
Terminata la fase di carico e ottenuta la curva di capacità, si possono distinguere diversi
comportamenti della curva, in particolare terminata la fase elastica la successiva fase
post-elastica può presentare diversi andamenti quali:
1. Incrudente
Il raggiungimento del collasso si ha con l’incremento della forza rispetto al limite
elastico;
2. Perfetto
Si giunge al collasso senza incremento di forza;
3. Degradante
Il collasso è raggiunto con diminuzione della capacità portante rispetto a quella
allo snervamento.
Figura 2.1-2 - Possibili andamenti delle curve di capacità
per una struttura SDOF
Ottenuta la curva di capacità, il passo successivo è quello di linearizzarla, cioè
approssimare a tratti lineari la curva. I tratti interpolanti possono essere bilineari o
trilineari e la scelta non è univoca come mostra la Figura 2.1-3.
35 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
Figura 2.1-3 - Approssimazione della curva di capacità: bilineare a sinistra, trilineare a destra.
Il comportamento del sistema può quindi essere idealmente schematizzato con un ramo
elastico lineare fino allo snervamento e con un ramo post – elastico incrudente (i),
perfetto (p) o degradante (d). Questa rappresentazione fornisce la resistenza di
snervamento Ky*, la rigidezza elastica efficace Ke* pari al rapporto tra la Fy* e la dy* e la
rigidezza post-elastica Kp pari al prodotto del rapporto di incrudimento, indicato con p,
per la rigidezza elastica efficace Ke*. Inoltre il rapporto d’incrudimento in funzione della
pendenza della curva può essere positivo, negativo o nullo.
Una procedura di linearizzazione della curva, che gode di un uso diffuso, è la
rappresentazione bilineare fondata su un criterio di equivalenza energetica (detto anche
principio di uguale energia) secondo cui il primo tratto della bilineare è una linea
passante per l’origine con pendenza definita dalla rigidezza iniziale del sistema e il
secondo è una linea intersecante la curva in corrispondenza del cosiddetto punto di
funzionamento (PP Performance Point nella letteratura anglosassone) dp*, ovvero lo
spostamento cui è sottoposto l’oscillatore elastoplastico, la cui determinazione è
trattata nel prossimo paragrafo, e di pendenza tale che l’area sottesa dalla bilineare sia
equivalente a quella sottesa dalla curva di capacità ovvero che l’area A1 è uguale all’area
A2 come in Figura 2.1-4.
36 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
Figura 2.1-4 - Schematizzazione della bilineare della curva di capacità
con il principio di uguale energia, dp* è il punto rappresentativo dello spostamento per cui si effettua la verifica.
Figura 2.1-5 - Rappresentazione finale della linearizzazione
per un sistema SDOF.
37 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
Vi sono tuttavia casi in cui tale procedimento può essere non soddisfacente. Ad esempio
può condurre a una definizione non adeguata della rigidezza elastica iniziale Ke*, qualora
la curva di pushover abbia andamento monotono (Figura 2.1-6 sinistra) o qualora il
punto di funzionamento risulti di molto inferiore al punto di picco (Figura 2.1-6 destra).
In quest’ultimo caso bisogna utilizzare un metodo che sia in grado di rendere il ramo
ascendente della bilineare il più prossimo possibile al tratto iniziale della curva e tale da
soddisfare l’uguaglianza delle aree fino allo spostamento corrispondente allo stato limite
da verificare (Petrini L., 2004). Un possibile modo di procedere può essere quello di
definire Ke*, considerando una retta prossima alla pendenza iniziale della curva
(eventualmente coincidente con la tangente all’origine, nel caso di curve con andamento
lineare del tratto iniziale e resistenza di snervamento Fy* come intersezione di questa o
con una seconda retta tangente alla curva in un punto opportuno (Figura 2.1-7 sinistra)
o con una retta orizzontale passante per il punto di picco (Figura 2.1-7 destra).
Figura 2.1-6 - Esempi di curve di capacità per le quali la linearizzazione con il principio di eguale energia
porta (Petrini L., 2004)
Figura 2.1-7 - Definizione del diagramma bilineare usando rette tangenti (Petrini L., 2004)
Alternativamente si può definire Ke* tracciando la secante alla curva di capacità nel
punto corrispondente a un taglio alla base pari a 0.6÷0.7 volte il taglio massimo Fmax* e
quindi individuare, nel caso di curva pushover senza plateau orizzontale il valore di Fy*
come intersezione della secante con una retta orizzontale disposta in modo da avere
38 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
l’uguaglianza delle aree sottese dalla curva di capacità e dalla bilineare fino al punto di
spostamento di picco (Figura 2.1-8).
Figura 2.1-8 - Definizione del diagramma bilineare
equivalente con retta secante (Petrini L., 2004)
Quest’ultimo metodo, applicato in modo tale da assicurare l’uguaglianza delle aree
sottese dalla curva di capacità e dalla bilineare fino al punto di spostamento massimo,
può essere conveniente quando esso risulta essere ben oltre il punto di picco della
curva. In tal caso, infatti, può essere poco conservativo scegliere una bilineare rispetto al
punto di picco in quanto l’area sottesa dalla curva bilineare fino allo spostamento
massimo relativo allo stato limite da verificare, sarebbe maggiore rispetto a quella
sottesa dalla curva reale, il che equivarrebbe a sovrastimare eccessivamente la capacità
dissipativa del sistema (Figura 2.1-9).
Figura 2.1-9 - Curva di pushover fino allo spostamento dmax* (Petrini L., 2004)
39 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
Metodologia 2.1.3
La metodologia proposta nelle norme (NTC, 2008), si basa sull’assunzione che la risposta
di un sistema a più gradi di libertà possa essere correlata alla risposta di un sistema
equivalente ad un grado di libertà con un’appropriata caratteristica isteretica.
Per eseguire un’analisi pushover è necessario definire:
1. Un legame forza-spostamento generalizzato tra risultante delle forze applicate e
spostamento di un punto di controllo del sistema;
2. La determinazione delle caratteristiche di un sistema ad 1-GDL a
comportamento bi-lineare equivalente;
3. La determinazione della risposta massima in spostamento del sistema
equivalente con utilizzo dello spettro di risposta elastico;
4. La conversione dello spostamento del sistema equivalente nella configurazione
deformata della struttura.
Scelto un punto significativo della struttura (punto di controllo), generalmente
coincidente con il baricentro dell’ultimo implacato, le forze applicate alla struttura
vengono scalate, mantenendo invariati i rapporti relative fra le stesse, in modo da far
crescere monotonamente lo spostamento orizzontale del punto di controllo fino ad un
valore sufficientemente grande da poter essere rappresentativo del comportamento
degradante della struttura. Il risultato finale è una curva non lineare taglio alla base Vb
(pari alla risultante delle forze applicate) - spostamento del punto di controllo dc che
rappresenta la curva di capacità della struttura.
Figura 2.1-10 - Schematizzazione di analisi "pushover" (Petrini L., 2004)
40 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
Il passo successivo è quello di risalire alle caratteristiche del sistema ad 1-GDL
equivalente, e quindi calcolato il vettore della prima forma modale φ1 normalizzato
rispetto al punto di controllo, si calcola il coefficiente di partecipazione del primo modo
di vibrare:
[2.1-2]
In campo elastico la forza F* e lo spostamento d* del sistema equivalente sono legati a
quelli del sistema elastico M-GDL dalle relazioni:
[2.1-3]
Si approssima quindi la curva caratteristica forza F*- spostamento d* del sistema
equivalente con una bilineare definita in base al criterio di uguaglianza delle aree.
Assumendo con k* la rigidezza del ramo elastico il periodo proprio elastico del sistema
ad 1-GDL risulta essere pari a:
[2.1-4]
Dove, essendo N il numero di masse del sistema M-GDL, si definisce massa equivalente
la seguente quantità:
[2.1-5]
La determinazione della risposta massima in spostamento del sistema equivalente può
essere calcolata mediante l’utilizzo dello spettro di risposta elastico. Nel particolare le
norme quali OPCM 3274 oppure le NTC08 stabiliscono che se il periodo proprio T*
risulta sufficientemente elevato, ovvero T*≥TC il massimo spostamento raggiunto dal
sistema anelastico è pari a quello di un sistema elastico con pari periodo, cioè:
[2.1-6]
*
1
11
M
RMT
1
*
bV
F 1
*
cd
d
*
** 2
k
mT
N
i
iimm1
1,
*
)( *
max,max* TSdd Dee
41 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
Essendo SDe lo spettro di risposta elastico in spostamento. Nel caso in cui invece il
periodo T*<Tc la risposta in spostamento del sistema anelastico è maggiore di quella
corrispondente sistema elastico e risulta:
[2.1-7]
Essendo q* = Se(T*)m*/Fy* il rapporto tra la forza di risposta elastica (data dal prodotto
dello spettro di risposta elastico di pseudo-accelerazione SAe(T*) e la massa m*) e la
forza di snervamento del sistema equivalente (Fy*). Se invece q*≤1 la risposta è elastica
e quindi Fy*≥m*SAe(T*) e si assume :
[2.1-8]
Figura 2.1-11 - Spostamento di riferimento per T>TC (a sinistra) e T≤TC (a destra) (NTC, 2008)
Il passo finale è quello di calcolare lo spostamento effettivo del punto di controllo del
sistema a MGDL mediante la seguente equazione:
[2.1-9]
max,*
*
*
max,max
* 11 ece
dT
Tq
q
dd
max,max*
edd
max*
1max dd
42 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
2.2 Analisi dinamica non lineare
L’analisi dinamica non lineare è una tipologia di analisi che permette di cogliere maggiori
informazioni sullo stato tensionale e deformativo nel tempo, rispetto alle comuni analisi
statiche lineari e non lineari (pushover). Una sua caratteristica è quella di fornire molte
informazioni sulla struttura in campo fortemente non lineare, d’altra parte, è anche
molto complessa e la sua applicazione richiede particolare attenzione durante la fase di
modellazione. Due sono gli aspetti più delicati: Il primo consiste nell’individuazione di un
modello che sia in grado di descrivere il comportamento post-elastico sotto cicli di carico
e scarico degli elementi e la conseguente dissipazione di energia; il secondo consiste
nella scelta degli accelerogrammi da utilizzare come input: essi devono infatti essere
rappresentativi degli eventi attesi nella zona in cui è situato l’edificio in studio. Esistono
diverse tipologie di analisi dinamiche non lineari che permettono di cogliere importanti
informazioni sul reale comportamento della struttura in particolare in campo post-
elastico; una di queste è l’analisi dinamica incrementale IDA.
Il metodo I.D.A. consiste in una serie di analisi dinamiche non lineari, eseguite con
accelerogrammi scalati secondo accelerazioni di picco via via crescente al fine di ricavare
particolari curve che rappresentano una misura di danno rispetto ad una o più misure di
intensità e consentono di dedurre importanti proprietà della struttura in esame
(Vamvatsikos & Cornell, 2002).
Questa tipologia di analisi trova riferimento nelle procedure per la progettazione sismica
(FEMA 350, 2000) e (FEMA 351, 2000).
Metodologia 2.2.1
Nell’analisi dinamica non lineare la risposta della struttura è calcolata integrando
direttamente l’equazione non lineare del moto del sistema utilizzando un modello
tridimensionale e degli accelerogrammi opportunamente selezionati. Esistono in
letteratura vari metodi d’integrazione, che si basano sulla trasformazione delle
equazioni differenziali in equazioni algebriche introducendo delle ipotesi sull’andamento
della forzante.
L’esecuzione di un’analisi dinamica prevede:
1. Definizione del modello geometrico tridimensionale della struttura all’interno
del codice utilizzato. Particolare attenzione deve essere posta nella definizione
del modello geometrico: infatti, svolgere un’analisi estremamente accurata,
43 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
come è quella dinamica non lineare, su modelli che risultano essere grossolani, a
causa di errori di modellazione o di insufficienza di informazioni, rende
inevitabilmente privi di significato i risultati.
2. Definizione delle masse interessate all’evento sismico e loro applicazione sotto
forma di carichi gravitazionali nel modello. Si possono considerare le masse
concentrate nei nodi degli elementi strutturali e disposte lungo le due direzioni
principali della struttura. In alternativa, si può calcolare la massa totale e
l’inerzia rotazionale di ogni piano e considerarle applicate nel baricentro del
piano, rispettivamente lungo le due direzioni principali e attorno all’asse di
rotazione perpendicolare al piano. Oppure si può attribuire ad ogni elemento la
massa per unita di lunghezza che lo caratterizza (Petrini L., 2004).
3. Definizione dello smorzamento della struttura. Ricordando che la soluzione del
problema dinamico richiede l’integrazione al passo dell’equazione del moto,
data dalla relazione:
[2.2-1]
Si nota come sia necessario, nell’analisi dinamica non lineare, definire anche la
matrice C del sistema che permette di modellare lo smorzamento non isteretico.
Essa è generalmente definita proporzionalmente alla matrice di massa e di
rigidezza dell’elemento strutturale (matrice di Rayleigh). Per quanto riguarda la
modellazione della risposta non lineare di una struttura in termini di
smorzamento isteretico, si nota che, nel caso dei programmi a plasticità diffusa,
è implicitamente introdotta tramite l’utilizzo di un modello non lineare del
materiale, mentre, in programmi a plasticità concentrata, è descritta tramite
curve anelastiche di risposta forza—spostamento generalizzati di alcuni nodi
(cerniere plastiche) che risultano essere interessati dalla non linearità.
4. Definizione del legame costitutivo non lineare dei materiali, nel caso di modelli a
fibre, della posizione e del diagramma momento - curvatura delle cerniere
plastiche nel caso di programmi a plasticità concentrata.
gxMRKUUCUM
00 UU
00 UU
44 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
5. Definizione dell’input sismico. ll modello deve essere sollecitato
contemporaneamente da due eventi sismici orizzontali e, qualora fosse
necessario, anche da un evento verticale: si devono considerare gruppi diversi di
tre accelerogrammi agenti contemporaneamente nelle tre direzioni (Petrini L.,
2004).
6. Verifica della struttura: Svolta l’analisi e calcolata la risposta nel tempo della
struttura sollecitata da un dato accelerogramma, è possibile conoscere in ogni
istante, su ogni elemento della struttura, gli effetti del sisma (momenti, tagli,
rotazioni alla corda, spostamenti).
L’equazione del moto di un sistema viscoso ad un grado di libertà è la seguente:
[2.2-2]
Mediante l’integrazione numerica è possibile valutare la risposta del generico sistema
soggetto da un input sismico tug . L’input applicato viene descritto da un insieme di
valori discreti con un determinato passo di integrazione costante:
[2.2-3]
Per ogni passo di integrazione si calcola la risposta all’istante finale ti+1 nota la risposta
iniziale ti .Applicando il procedimento diverse volte si ottiene la risposta ui =u(ti) per tutti
gli istanti di tempo ti assunti. Per i sistemi non lineari le proprietà dinamiche si
modificano da un passo d’integrazione al successivo pur rimanendo costanti all’interno
di ognuno di essi. Così il calcolo della risposta di un sistema non lineare si riconduce ad
una sequenza di analisi di sistemi lineari, aventi proprietà dinamiche differenti. Anche se
non costituisce un procedimento esatto, un buon metodo d’integrazione numerica deve
possedere tre importanti requisiti: (i) convergenza: al diminuire dell’ampiezza degli
intervalli la risposta deve convergere a quella esatta; (ii) stabilità: la soluzione numerica
deve essere stabile nei confronto degli errori di arrotondamento; (iii) accuratezza: la
soluzione numerica deve essere abbastanza prossima a quella esatta. Un metodo
utilizzato per l’integrazione diretta in ambito lineare è il metodo di Newmark. Nei
paragrafi che seguono si discuterà del metodo di Newmark per i sistemi SDOF e la sua
generalizzazione e applicazione per sistemi MDOF.
tumtuKtuctum g
iii ttt 11
45 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
Il Metodo di Newmark 2.2.2
Questo metodo basato sull’integrazione numerica in ambito lineare può essere utilizzato
anche nel caso di sistemi non lineari (Santini, 2011). Esso si basa sulle seguenti
espressioni:
[2.2-4]
[2.2-5]
Essi rappresentano la velocità e lo spostamento al termine del passo d’integrazione.
Queste possono essere espresse come:
[2.2-6]
[2.2-7]
Con passo d’integrazione Δt costante. I parametri e definiscono la variazione
dell’accelerazione all’interno del passo e controllano le caratteristiche di stabilità e di
accuratezza del metodo. Si assume che per:
2/1
4/1
il metodo risulta abbastanza accurato e stabile. Se si assume l’accelerazione costante nel
passo e pari alla media dei valori iniziali e finali si ha:
[2.2-8]
1
0
1 )(it
ii dttuuu
1
0
1 )(it
ii dttuuu
11 1 iiii ututuu
1
22
1 5.0 iiiii utututuu
)(2
11 ii uuu
46 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
t
ui+1
ui
t i+1t
u
t
ui+1
ui
t i+1t
u=1/4 =1/6
Sostituendo l’espressione [2.2-8] nell’espressione [2.2-4] ed integrando due volte si
ottiene:
[2.2-9]
[2.2-10]
Si ricavano la velocità e lo spostamento:
[2.2-11]
[2.2-12]
Queste espressioni sono analoghe alle [2.2-6] e [2.2-7] assumendo β=1/4 e γ=1/2. La
scelta di questi coefficienti conferma l’assunzione dell’accelerazione costante nel passo.
L’accelerazione nel passo può anche essere assunta lineare:
[2.2-13]
t
ui+1
ui
t i+1t
u
t
ui+1
ui
t i+1t
u=1/4 =1/6
)(2
)( 1
0
iiii uuudtuuu
)(4
)( 1
2
0
iiiii uuuudtuuu
)(4
)( 1
2
1
iiiii uut
utuu
)(2
1
2
1
iiii uut
uu
)( 1 iii uut
tuu
47 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
Sostituendo l’espressione [2.2-3] all’espressione [2.2-4] ed integrando due volte si
ottiene:
[2.2-14]
[2.2-15]
Da cui si ottengono I valori della velocità e spostamento seguenti:
[2.2-16]
[2.2-17]
Assumere una variazione lineare nel passo corrisponde a porre β=1/6 e γ=1/2 nelle
equazioni [2.2-6] e [2.2-7].
Il metodo di Newmark appena riportato è di tipo implicito, ovvero i valori della velocità e dello spostamento al termine del passo di integrazione dipendono dal valore finale dell’accelerazione, inizialmente incognito. Di conseguenza il calcolo deve essere effettuato iterativamente a partire da un valore iniziale di tentativo. E’ possibile trasformare il modello in maniera tale da renderlo esplicito, in questo caso, dato che la risposta finale dipende solo dai valori iniziali, non sono richieste iterazioni ed è possibile passare direttamente da un passo di integrazione al successivo.
Le equazioni del moto al termine ed all’inizio del passo di integrazione sono:
[2.2-18]
[2.2-19]
Sottraendo membro a membro si ha:
[2.2-20]
In forma incrementale:
[2.2-21]
Con:
)(2
)( 1
2
0
iiiii uut
uudtuuu
)(22
)( 1
32
0
iiiiii uut
uuudtuuu
)(2
11
iiii uut
uu
1
2
16
1
3
1iiiii uututuu
1111 iiii pukucum
iiii pukucum
iiiiiiii ppuukuucuum 1111
iiii pukucum
48 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
[2.2-22]
Esprimendo le relazioni [2.2-6] e [2.2-7] in forma incrementale:
[2.2-23]
[2.2-24]
Da quest’ultima si ricava l’incremento in accelerazione:
[2.2-25]
Sostituendo la [2.2-25] nella [2.2-23] si ottiene:
[2.2-26]
Sostituendo la [2.2-25] e la [2.2-26] nell’equazione del moto in forma incrementale
[2.2-21, si ha:
[2.2-27]
Ponendo:
[2.2-28]
[2.2-29]
Pertanto la [2.2-27] assume la forma:
[2.2-30]
Da cui si ricava l’incremento di spostamento nel passo d’integrazione:
iii uuu 1 iii uuu 1 iii uuu 1 iii ppp 1
iii ututu
iiii utut
utu
22
2
iiii uut
ut
u 2
1112
iiii utuut
u
1
2
iii
i
uctmucmt
p
ukct
mt
122
11
12
iiii uctmucmt
pp
1
22
11ˆ
kct
mt
k
2
1ˆ
ii puk ˆˆ
49 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
[2.2-31]
Noto iu gli incrementi di velocità e accelerazione nel passo possono essere calcolati
mediante le relazioni [2.2-26] e [2.2-25]. La risposta al tempo ti+1 può essere infine
essere determinata attraverso le relazioni [2.2-22]. In alternativa l’accelerazione può
essere anche ottenuta dall’equazione del moto [4.5-18] scritta al tempo ti+1 ovvero:
[2.2-32]
Per poter essere avviato il procedimento l’ultima relazione deve essere utilizzata al fine
di valutare l’accelerazione iniziale in funzione delle condizioni iniziali del moto:
[2.2-33]
L’utilizzo del metodo di Newmark deve essere garantito dalle condizioni di stabilità e
convergenza, in particolare si deve verificare:
[2.2-34]
Con T periodo naturale di vibrazione del sistema lineare ad un grado di libertà. Ponendo
in questa relazione β=1/4 e γ=1/2 ovvero i valori relativi all’accelerazione costante nel
passo si ha:
[2.2-35]
Questa condizione certifica che il metodo dell’accelerazione costante nel passo è stabile
per ogni valore di Δt; chiaramente tale assunzione è incondizionatamente stabile.
Ponendo invece β=1/6 e γ=1/2 si ha che il metodo dell’accelerazione lineare nel passo è
stabile se risulta:
[2.2-36]
Anche questa condizione è poco significativa perché, al fine di ottenere una
rappresentazione sufficientemente accurata dell’eccitazione e della risposta, è
necessario scegliere un intervallo di integrazione molto più piccolo di 0.551T. Questa
considerazione consente di affermare che il metodo dell’accelerazione lineare nel passo
è preferibile a quello dell’accelerazione costante per la sua maggiore velocità di
k
pu i
i ˆ
ˆ
1111
1 iiii ukucp
mu
0000
1ukucp
mu
2
1
2
1
T
t
T
t
551.0
T
t
50 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
convergenza. L’esecuzione dell’analisi dinamica non lineare tramite l’integrazione
numerica dell’equazione del moto mediante il metodo di Newmark può essere riassunta
come nella seguente flow chart:
kct
mt
k
2
1ˆ
Note le condizioni iniziali
0u 0uSpostamento Velocità
Si determina l’accelerazione iniziale
Scelti i valori da assegnare a β , γ e Δt si calcolano:
cmt
a
1ctmb
1
22
1
Per ogni intervallo di integrazione si calcolano le quantità:
iiii ubuapp ˆ
k
pu i
i ˆ
ˆ
iiii utuut
u
1
2
iiii uut
ut
u 2
1112
iii uuu 1
iii uuu 1
iii uuu 1
Terminato il primo ciclo si ripete il procedimento partendo da
sostituendo la i con i+1 ip̂
0000
1ukucp
mu
51 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
La risoluzione dell’equazione del moto che governa la risposta di un sistema MDOF è la
seguente:
[2.2-37]
Con M e C, matrici di massa e smorzamento del sistema a più gradi di libertà. Similmente
ai sistemi SDOF l’azione è descritta da una serie discreta di valori associati a intervalli di
tempo usualmente regolari e pari a Δt. Il punto di partenza è l’istante i, in cui sono note
tutte le quantità soddisfacenti l’espressione [2.2-37].
[2.2-38]
Il punto di arrivo è ricavare le stesse quantità all’istante i+1 soddisfacenti ancora
l’equazione del moto:
[2.2-39]
turMuuFtuCtuM gs ,
turMuuFtuCtuM giisii ,
turMuuFtuCtuM giisii 1111 ,
52 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
2.3 Analisi dinamica incrementale IDA
L’analisi dinamica non lineare incrementale IDA consiste in una serie di analisi dinamiche
non lineari, eseguite con accelerogrammi scalati secondo accelerazioni di picco via via
crescente al fine di ricavare particolari curve che rappresentano una misura di danno
rispetto ad una o più misure di intensità e consentono di dedurre importanti proprietà
della struttura in esame (Vamvatsikos & Cornell, 2002). Questa tipologia di analisi trova
riferimento nelle procedure per la progettazione sismica (FEMA 350, 2000) e (FEMA 351,
2000).
Parametri delle curve IDA 2.3.1 I parametri che rientrano nell’analisi IDA sono:
Accelerogramma base (a): è una singola storia temporale in termini di accelerazione caratterizzata da un suo valore massimo ben preciso. Si tratta in
pratica di un vettore i cui elementi sono a(ti) dove t {0, t1,…,tn-1};
Fattore di scala (): è uno scalare non negativo che, moltiplicato per tutti i termini dell’accelerogramma base, consente di ottenere un accelerogramma
scalato (a) con un nuovo valore massimo di accelerazione di picco a=· a;
Misura d’intensità (IM): è una funzione non negativa che dipende da aed è
monotonicamente crescente con ; le grandezze più utilizzabili per caratterizzare l’intensità di un sisma sono l’accelerazione di picco del terreno (PGA), la velocità di picco del terreno, l’accelerazione spettrale corrispondente al primo modo di vibrare della struttura (ottenuta per un rapporto di smorzamento
= 5%);
Misura di danno (DM): è un numero non negativo legato alla risposta della struttura a una data sollecitazione sismica; alcuni esempi di DM sono il taglio alla base della struttura, il massimo spostamento dell’ultimo piano, i vari indici di danno, i massimi spostamenti d’interpiano ai diversi livelli, la massima deformazione plastica. Nel caso particolare di strutture intelaiate, lo spostamento d’interpiano rappresenta comunque una misura d’insieme completa e accurata dello stato di danno poiché è strettamente collegato al collasso locale e globale e alle rotazione elastiche e plastiche dei nodi.
53 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
Proprietà generali delle curve I.D.A. 2.3.2
Le curve I.D.A. possono essere realizzate in due o più dimensioni secondo il numero di
IM scelti. Convenzionalmente la variabile IM è riportata sulle ascisse mentre la variabile
DM sulle ordinate. Alcuni esempi di queste curve vengono riportati nella Figura 2.3-1 in
cui sono evidenziati quattro diversi comportamenti strutturali relativi ad una struttura
intelaiata di cinque piani in acciaio.
La risposta è molto variabile, anche se si rilevano caratteristiche comuni, tra cui il tratto
iniziale, caratterizzato da una Sa 0.2g, quasi identico che termina con l’entrata in
campo plastico del primo elemento. La pendenza IM/DM di questo tratto prende il
nome di “rigidezza elastica” ed è una caratteristica intrinseca della struttura. Si può
notare come le quattro differenti curve terminano per valori di IM diversi. Nella curva a,
in seguito al raggiungimento della condizione di primo snervamento, si ha un sensibile
degrado della struttura con spostamenti sempre maggiori per piccole variazioni della IM.
Le curve a, b, d terminano con un plateau che indica il raggiungimento della condizione
di instabilità dinamica (definita in analogia alla instabilità statica) ed il possibile collasso
della struttura.
Figura 2.3-1 - Curve IDA per una struttura in acciaio a 5 piani con periodo fondamentale
pari a 1.8 sec, soggetta a 4 differenti registrazioni accelerometriche (Vamvatsikos & Cornell, 2002)
54 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
Il comportamento delle curve c, d evidenziano infine un andamento tutt’altro che
monotono della misura di danno, tratti in cui nonostante la sollecitazione aumenta, si
riduce la DM. Questo fenomeno è prodotto dalla comparsa di forti dissipazioni indotte
dalla deformazione plastica di alcuni elementi strutturali. Può succedere, in altre parole,
che una forte scossa iniziale produca lo snervamento di elementi strutturali presenti in
un piano, il quale funge da dissipatore, tagliando parte dell’energia indotta dall’azione
sismica e preservando gli altri piani dalla restante parte del sisma (Vamvatsikos &
Cornell, 2002).
Un esempio estremo d’incrudimento è inoltre rappresentato dal fenomeno di
“resurrezione strutturale”. Può capitare, infatti, che la risposta evidenzi un collasso, (di
norma rappresentato dalla non convergenza numerica della DM) per una data IM,
mentre per valori superiori si ritrova un danno elevato ma finito. La spiegazione di questi
comportamenti non monotoni della curva IM/DM risiedono nel fatto che, amplificando
l’accelerogramma, cicli prima poco significativi nelle prime fasi della I.D.A. crescono
alterando la struttura e dunque il suo modo di rispondere ai passi successivi con IM più
intensi.
Figura 2.3-2 - Curve IDA riguardante i cinque piani della
struttura in acciaio (Vamvatsikos & Cornell, 2002)
55 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
Raggiungimento dei livelli di performance secondo F.E.M.A. nelle 2.3.3I.D.A.
I livelli di performance o gli stati limite sono degli “ingredienti” importanti nella
Performance Based Earthquake Engineering (PBEE) e le curve I.D.A. contengono le
necessarie informazioni per determinarli. Particolare attenzione si pone ai diversi livelli
indicati dalla F.E.M.A. (Federal Emergency Management Agency) (FEMA 356, 2000)che
rappresentano delle indicazioni (prive di valore prescrittivo) sviluppate per dotare i
progettisti, nella riabilitazione di edifici danneggiati da eventi sismici, di strumenti
efficienti per la determinazione del danneggiamento degli elementi strutturali. Il
progetto ha visto la collaborazione di enti diversi come il Building Seismic Safety Council
(BSSC) e l’American Society of Civil Engineering (ASCE) e si distingue per l’innovativo
approccio di tipo performance based, cioè incentrato sullo stato di fruibilità e
danneggiamento delle strutture piuttosto che sulla resistenza degli elementi. Per
comprendere l’analisi condotta è necessario descrivere brevemente i concetti
fondamentali introdotti dalla F.E.M.A.; innanzi tutto vengono definiti quattro livelli di
performance degli edifici: 1. Operational Performance level (OL); 2. Immediate Occupancy Performance Level (IO); 3. Life Safety Performance Level (LS); 4. Collapse Prevention Performance Level (CP);
Questi livelli rappresentano dei punti discreti sull’ideale linea continua che descrive il
comportamento della struttura, e quindi sono ben individuabili nelle curve I.D.A. Ciascun
livello di risposta dell’edificio è definito in base ad un livello di performance della
struttura e da un livello di performance delle componenti non strutturali. I livelli utilizzati
per la valutazione dell’affidabilità sismica sono i seguenti:
Probabilità di superamento del sisma Periodo di ritorno [anni] Livello prestazionale
50% in 50 anni 72 75 Immediate Occupancy
20% in 50 anni 225
10% in 50 anni (BSE-1) 475 500 Life Safety
2% in 50 anni (BSE-2) 2475 2500 Collapse prevention Tabella 2.3-1 - Probabilità di superamento del sisma in funzione del periodo di ritorno per normali costruzioni [FEMA 356, C1.4]
In particolare vengono definiti il Basic Safety Earthquake 1 ed il Basic Safety Earthquake
2 (detto anche Maximum Considered Earthquake) il cui utilizzo è fondamentale nella
definizione degli obiettivi di riabilitazione. L’associazione di un livello di performance per
l’edificio e di una certa intensità della sollecitazione sismica costituisce un obiettivo di
56 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
riabilitazione. Qualsiasi combinazione può essere presa in considerazione dal
progettista, ma l’unica descritta nelle indicazioni della F.E.M.A. è il Basic Safety Objective
(BSO).
Quest’ultimo si basa su:
1. l’edificio deve soddisfare il Life Safety Building Performance level per un sisma del tipo BSE-1;
2. l’edificio deve soddisfare il Collapse Prevention Building Performance level per
un sisma di tipo BSE-2;
Figura 2.3-3 - Livelli di performance [FEMA 356 C.1.4]
Come espresso in precedenza le curve I.D.A. rappresentano un ottimo strumento per
determinare le proprietà di resistenza e duttilità della struttura, e consentono
facilmente di evidenziare il raggiungimento dei diversi livelli di performance. Tuttavia
esistono problemi riguardanti la non monotonicità delle curve IM/DM. I limiti sono,
infatti, costituiti da ben precisi valori di DM che possono essere raggiunti più volte
durante l’I.D.A. Per ovviare a questo problema si hanno a disposizione i seguenti criteri:
1. Criterio basato sulla misura del danno;
2. Criterio basato sulla misura d’intensità.
57 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
Criterio basato sulla misura del danno 2.3.4
Il DM-based rule si basa sull’affermazione se DM CDM allora lo stato limite è superato.
Di norma questo criterio è il più usato. Una rappresentazione grafica di questo criterio è
riportata nella Figura 2.3-4. Questo metodo risulta essere quello più a favore di
sicurezza, molti autori suggeriscono infatti di far riferimento alla prima intersezione tra
la curva I.D.A. e la retta limite. I metodi basati su questo criterio, hanno il limite evidente
di non poter individuare con precisione il collasso strutturale, hanno, però il vantaggio di
essere facilmente implementabili. Due esempi di questo criterio, sono presenti nelle
indicazioni della F.E.M.A. (F.E.M.A. Agency, 1997) e sono il massimo rapporto
d’interpiano/altezza di interpiano e le massime rotazioni plastiche (Tabella 2.3-2).
Massimo spostamento d’interpiano / Altezza d’interpiano
Structural Performance Levels
IO LS CP
Muratura rinforzata 0.2% 0.6% 1.5%
C.A. 1% 2% 4%
Acciaio 0,7% 2,5% 5%
Massime rotazioni plastiche [10-2 rad]
Structural Performance Levels
IO LS CP
Telai in Acciaio 2 7 10 Tabella 2.3-2 – Livelli di prestazione
Figura 2.3-4 (Vamvatsikos & Cornell, 2002)
58 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
Criterio basato sulla misura d’intensità 2.3.5
Questi metodi nascono dalla necessità di individuare in modo più accurato il collasso
dell’edificio e nel caso di IM monotoni, si può esprimere il collasso con la condizione IM
CIM . Il pregio di questo metodo, visibile nella Figura 2.3-5 è che esso genera una sola
condizione di collasso, anche se è impossibile definire un valore di CIM valido per tutte le
curve I.D.A. (Leonardo, 2005).
Figura 2.3-5 (Vamvatsikos & Cornell, 2002)
Gli stati limite di capacità sono:
Immediata Occupazione (IO);
Preventivo Collasso (CP);
Instabilità dinamica globale (GI).
In riferimento ai telai in acciaio risulta: IO il punto in cui viene superato il massimo
rapporto di spostamento di interpiano θmax = 2%; CP è il punto finale in cui la curva IDA
ha una tangente pari al 20% della pendenza elastica oppure il θmax = 10%, tra i due si
sceglie quello che raggiunge prima IM ed infine GI che rappresenta quando la curva IDA
si trova nella condizione in cui per ogni incremento di IM risulta infinita la risposta DM
(Figura 2.3-6).
Per la progettazione dei telai in acciaio è possibile usare le indicazioni della F.E.M.A.
(F.E.M.A. Agency, 1997), in cui si identifica la capacità della struttura come l’ultimo
punto della curva I.D.A. avente una pendenza pari al 20% di quella elastica. Il limite
59 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
maggiore di questo metodo è rappresentato dalla non monotonicità delle curve IDA già
trattata in precedenza.
Figura 2.3-6 - Stati limite di capacità definiti per una curva IDA (Vamvatsikos & Cornell, 2002)
Figura 2.3-7 - Esempio di curve IDA (Piluso, 2009)
60 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
Figura 2.3-8 - Assenza di collasso per instabilità dinamica (Piluso, 2009)
Figura 2.3-9 - Presenza di collasso per instabilità dinamica (Piluso, 2009)
61 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
Sintesi dei risultati dell’IDA 2.3.6
Per l’elaborazione dei dati esistono due metodi:
1. Metodi parametrici;
2. Metodi non parametrici.
I metodi parametrici prevedono di eseguire delle regressioni sui risultati delle analisi
dinamiche non lineari, in maniera tale da ottenere una relazione tra DM ed IM ed una
funzione per la dispersione βDM|IM. Uno dei vantaggi dei metodi è rappresentato dalla
possibilità di ottenere dei risultati in forma chiusa, di contro però è la scarsa flessibilità.
Vi sono differenti modi di procedere secondo il grado di approssimazione che si desidera
raggiungere.
1. Regressione globale sui dati condizionati al non collasso.
Si esegue una regressione su tutti i dati condizionati al non collasso ovvero i
risultati delle analisi dinamiche che danno un valore finito;
Figura 2.3-10 – Problematiche dell’approccio (Piluso, 2009)
62 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
Figura 2.3-11 - Problematiche dell’approccio (Piluso, 2009)
2. Regressione globale e utilizzo del modello a tre parametri, con valore costante
della dispersione condizionata al non collasso.
Si compie una regressione su tutti i dati condizionati al non collasso (NC). Si ottiene:
b
aNCSaDM Sa ,| NCDMNCSaDM |,|
La probabilità di non collasso condizionata alla Sa si esprime tramite la funzione
di Shome:
per 0aa SS :
[2.3-1]
per 0aa SS :
[2.3-2]
1| aSNC SPa
0
|
a
aaSNC
S
SSP
a
63 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
Figura 2.3-12
Figura 2.3-13 - Presume che le dispersioni siano costanti fino a quando PNC=1
Figura 2.3-14
64 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
3. Regressione di ogni singola curva IDA ed utilizzo del modello a tre parametri
Le curve IDA vengono rappresentate nel piano logaritmico da una retta di
equazione:
aii SbaDM lnlnln
Le costanti ai e bi sono ricavate mediante regressioni lineari nel piano
logaritmico. Il valore medio della risposta di tutte le IDA si ricava:
aiiaa SbamediaSNCSDMmedia lnln,|ln
Ipotizzando che la distribuzione dei parametri a e b sia log-normale, si può
scrivere:
bmedia
aaNCSaDM SamedianaS ,|
La dispersione è espressa tramite:
22
,lnln2
,|2 lnln2 babaaaaNCSaDM SSS
I metodi non parametrici, si suddividono in due categorie: 1. Running mean
Consiste nel determinare per ogni valore dell’IM, la media e la deviazione standard
attraverso il metodo dei momenti. Tale metodo cade in difetto in corrispondenza
del primo valore dell’IM per cui anche una singola analisi non converge. 2. Running fractiles
Consiste nel determinare per ogni valore dell’IM, i frattili al 16%, all’84% e la
mediana. Il beneficio rispetto al caso precedente è che essendo i frattili delle
statistiche più robuste (sono meno influenzate dai valori estremi) e assumono un
valore infinito solo quando l’hanno rispettivamente l’84, il 50 ed il 16% dei risultati
della analisi dinamiche non lineari.
Infine vi sono i metodi semi-parametrici. Essi sono dei metodi ibridi poiché applicano i
modelli parametrici alle running fractiles. Si valutano i valori della DM in corrispondenza
di ogni valore della IM, tracciando una retta orizzontale nel piano DM-IM. Alle curve non
65 CAPITOLO 2 – Tecniche di analisi non lineare
intersecate dalle rette orizzontali tracciate (significa che la struttura è già arrivata al
collasso) viene assegnato un valore infinito della DM. Si determinano la mediana e
dispersione mediante il modello a tre parametri (Piluso, 2009).
66 CAPITOLO 3 – Curve di Fragilità
CAPITOLO 3 – Curve di Fragilità
3.1 Introduzione
La determinazione del livello prestazionale delle strutture è fortemente collegata alla
probabilità che una generica domanda (DM) ecceda un soglia limite rappresentativa di
un danno strutturale.
Se questa probabilità viene correlata ad una misura d’intensità dell’azione sismica
(Intensity measure IM) quale ad esempio l’accelerazione di picco al suolo (PGA), il
risultato è la funzione probabilistica detta Curva di fragilità, che fornisce la base per
valutare l’affidabilità sismica delle strutture.
Le curve di fragilità vengono generalmente rappresentate dalla probabilità di
superamento di uno stato limite, nelle ordinate, e dall’intensità di misura dell’azione
sismica IM, per esempio la PGA o la pseudo-accelerazione spettrale del periodo
principale della struttura Sa(T1), nelle ascisse (Asamoah, 2012). Un esempio è riportato
in Figura 3.1-1.
Figura 3.1-1 - Curve di Fragilità.
67 CAPITOLO 3 – Curve di Fragilità
3.2 Metodologie per la determinazione delle curve di fragilità
La costruzione delle curve di fragilità può avvenire mediante l’uso di diversi metodi
(Jalayer, et al., 2007) (§3.2.1.), (Magenes, et al., 2010)(§3.2.2), (Spence & Le Brun, 2006),
ecc. La scelta del metodo è correlata alle tecniche di analisi necessarie per calcolare la
risposta strutturale. Tra i metodi disponibili in letteratura quello di Jalayer, Franchin e
Pinto (Jalayer, et al., 2007), basato sull’analisi probabilistica per la valutazione della
risposta strutturale (PSDA), segue l’approccio probabilistico di (Cornell & Jalayer, 2003)
determinando la risposta strutturale mediante l’uso di analisi dinamiche incrementali.
Valutazione dell’affidabilità strutturale con la PSDA 3.2.1
Per valutare l’affidabilità sismica delle strutture, espressa come frequenza media annua
di superamento, si può ricorrere al metodo proposto da (Jalayer, et al., 2007). Il
parametro principale per il funzionamento del metodo è Y, che corrisponde al rapporto
tra la generica domanda strutturale, ad esempio il massimo spostamento d’interpiano
(MIDR), e la capacità strutturale, ad esempio l’MIDR massimo fornito dalla normativa o
da prove sperimentali. Esso è espresso dalla seguente relazione:
[3.2-1]
Dove Nmech è il numero dei meccanismi di collasso ed Nj il numero dei componenti che
ne prendono parte.
La frequenza annua media di superamento per un determinato stato limite è espressa
dal seguente integrale:
[3.2-2]
Con:
aSYP |1 Probabilità di superamento del parametro Y condizionato
all’accelerazione spettrale Sa. Tale quantità rappresenta la Curva
di Fragilità;
aSa SH Frequenza media annuale di superamento di un evento sismico
con accelerazione spettrale maggiore Sa . Essa rappresenta la
Curva di pericolosità dell’accelerazione spettrale.
aSaaLS SdHSYPH
0
|1
jl
jlNl
j
Nmech
l C
DY
11minmax
68 CAPITOLO 3 – Curve di Fragilità
L’integrale [3.2-2] può essere risolto mediante integrazione numerica. Un metodo per
valutare la P(Y>1|Sa) è quello proposto da Jalayer (Jalayer, et al., 2007) che consiste nel
valutare la curva di fragilità aSYP |1 mediante la seguente distribuzione log-
normale:
[3.2-3]
Il calcolo dei parametri βY|Sa ed ηY|Sa porta molte volte a delle problematiche di
risoluzione, in quanto si riscontrano nelle analisi delle instabilità numeriche influenzando
fortemente i parametri di stima. In questi casi la funzione di della curva di fragilità viene
espressa diversamente:
[3.2-4]
Dove con L s’intende un rapporto Domanda-Capacità >> 1. La quantità P(L|Sa) è la
probabilità di avere un ampio valore di Y per una data accelerazione spettrale Sa mentre
P(Y>1|Sa,NL) rappresenta la curva di fragilità per dei valori di Y non elevati (NL). Tale
curva può essere espressa da una distribuzione log-normale:
[3.2-5]
Con βY|Sa,NL ed ηY|Sa,NL deviazione standard e mediana logaritmica di Y per una data Sa per
casi di NL. Per ovviare alle instabilità numeriche, caratteristiche delle curve IDA, al fine di
ricavare i parametri βY|Sa,NL ηY|Sa,NL e P(L|Sa), ovvero la deviazione standard logaritmica, la
media logaritmica e la probabilità di avere ampi valori di Y per una data Sa, si usano i
frattili riferiti al 16th, 50th (mediana) e 84th percentile dei dati (Figura 3.2-1).
aaNLaa SLPSLPSYPSYP ||1|1|1 ,
NLSaY
NLSaY
a NLSYP,|
,|ln1,|1
SaY
SaY
SaY
SaY
aSYP|
|
|
| ln1
ln1ln1|1
69 CAPITOLO 3 – Curve di Fragilità
Figura 3.2-1 - Esempio di curve IDA. Le curve tratteggiate sono riferite
ai frattili 16th e 84th mentre la linea continua rispetto al 50th percentile (Jalayer, et al., 2007)
In Figura 3.2-1, sono evidenziate le intersezioni delle curve IDA con la retta di Y=1 con
delle stelle, mentre in Figura 3.2-3 l’istogramma rappresenta il numero di spettri che
sono compresi in diversi range di 0,05g.
Figura 3.2-2 - Spettri elastici in termini di accelerazione per diverse registrazioni (Jalayer, et al., 2007)
70 CAPITOLO 3 – Curve di Fragilità
Figura 3.2-3 - Istogramma per Sa(T1) – Numero di spettri
all’interno di range pari a 0,05g (Jalayer, et al., 2007)
Un approccio diverso per valutare la funzione della curva di fragilità è quello di
considerare come media logaritmica ηSa,Y=1, deviazione standard logaritmica βSa,Y=1 , e
valori relativi all’accelerazione spettrale (SaY=1), quelli in corrispondenza di Y=1. Questo
metodo è basato sulla seguente assunzione:
[3.2-6]
La curva di fragilità, in questo caso, può essere espressa da una funzione di distribuzione
cumulata (CDF), considerando come media e deviazione standard logaritmica quelli in
corrispondenza di Y=1:
[3.2-7]
Quest’ultima espressione ha due vantaggi, il primo è che poiché l’accelerazione spettrale
è riferita alla condizione di Y=1 si è lontani dai casi di “convergenza – non convergenza“
(al contrario dell’espressione [3.2-4]), il secondo è che la risoluzione è meno onerosa dal
punto di vista computazionale.
a
Y
aa SSPSYP 1
|1
1,
1,1 lnln
YSa
YSaa
a
Y
a
SSSP
71 CAPITOLO 3 – Curve di Fragilità
Figura 3.2-4 - Metodo alternativo per la valutazione della
Curva di fragilità (Jalayer, et al., 2007)
La combinazione delle equazioni [3.2-7] e [3.2-2] permette di risalire alla frequenza
media annua di superamento di uno stato limite (HLS) mediante l’integrazione del
prodotto tra la CDF e la curva di pericolo (Figura 3.2-5) fornita dai sismologi per uno
specifico sito (es. www.usgs.gov)
Figura 3.2-5 – Curva di pericolosità. Nelle ordinate è riportata la
frequenza media annuale di superamento e nelle ascisse la pseudoaccelerazione spettrale. (Jalayer, et al., 2007)
72 CAPITOLO 3 – Curve di Fragilità
Per la risoluzione dell’equazione [3.2-2] è necessario fare alcune considerazioni sul
secondo membro ed in particolare sulla quantità dHSa. Il differenziale di Hsa è così
espresso:
[3.2-8]
Ricordando l’equazione [1.3-5] e derivando l’equazione [3.2-8] si ottiene:
a
k
aaSa dSSkkSdH 1
0
Infine sostituendo all’equazione [3.2-2] e ricordando il valore assoluto, si ricava:
[3.2-9]
aaSaaSa dSSHSdH '
a
k
aaLS dSSkkSYPH
1
0
0
|1
73 CAPITOLO 3 – Curve di Fragilità
Determinazione delle curve di fragilità mediante l’analisi non 3.2.2lineare
Un metodo per calcolare le curve di fragilità è quello proposto da (Magenes, et al., 2010)
basato su un’analisi stocastica non lineare. Per questa tipologia di calcolo è necessario
definire diversi parametri quali:
1. Stati limite di danno strutturale;
2. Metodo probabilistico (Monte Carlo), per generare altre variabili d’input rispetto
quelli iniziali (esempio parametri meccanici);
3. Analisi statica non lineare (Push-over), per definire alcune distribuzioni di
probabilità per diversi stati di danneggiamento strutturale;
4. Analisi dinamica non lineare, per determinare la funzione di densità di
probabilità della domanda per diverse accelerazioni al suolo per poi eseguire
una convoluzione con la probabilità cumulata per ciascuno stato di
danneggiamento strutturale.
I diversi stati limite di danno strutturale da considerare, come suggerito in (Tomazevic &
Klemenc, 1997), (Tomazevic, 1999) possono essere:
1. Limite elastico: Punto rispetto al quale si forma la prima fessurazione
significativa a causa dell’eccessivo spostamento causando
la variazione della rigidezza iniziale;
2. Massima resistenza: Determinato dal taglio e dallo spostamento
corrispondente al raggiungimento della massima
resistenza;
3. Stato ultimo: Corrispondente al decremento ultimo della resistenza
massima in un limite accettabile (ad esempio l’80% della
massima resistenza (OPCM, 20 Marzo 2003)).
E’ possibile considerare ulteriori stati quale ad esempio la prima fessurazione di taglio
nel pilastro (δs) come in Figura 3.2-6. I livelli di danno relativi alla massima resistenza e
allo stato ultimo, vengono solitamente ottenuti mediante la curva pushover (Figura
3.2-7).
74 CAPITOLO 3 – Curve di Fragilità
Figura 3.2-6 - Individuazione degli stati limite di danno strutturale (Magenes, et al., 2010)
Figura 3.2-7 - Esempio di curva di push-over (Magenes, et al., 2010)
Il metodo Monte Carlo consente di ottenere maggiori dati d’input ritenuti inizialmente
insufficienti per eseguire un’analisi di tipo stocastico. Parametri meccanici quali modulo
di taglio, resistenza di taglio per compressione nulla, coefficiente di attrito ecc. sono
quelli utilizzati in (Magenes, et al., 2010). Tuttavia i parametri che generalmente si
utilizzano sono quelli relativi alle proprietà meccaniche e alle caratteristiche dei
materiali, inoltre sono necessari range di valori realistici per ciascun parametro di
controllo.
Numerosi software permettono l’utilizzo immediato di questo metodo quali: STAC
sviluppato dal CIMNE (International Centre for Numerical Methods in Engireering) di
75 CAPITOLO 3 – Curve di Fragilità
Barcellona, GoldSim (2) , MCML (3) sviluppato da Lihong Wang (Texas A&M) e Steven L.
Jacques et al. I risultati ottenuti dal software devono essere tali da garantire: una
determinata convergenza tra le variabili d’input e di output, una determinata media ed
infine una deviazione standard stabile (Magenes, et al., 2010).
Per edifici in muratura (e.g.) (Magenes, et al., 2010)) è possibile considerare come
parametri rappresentativi quelli derivanti da analisi meccaniche effettuate su muri e
pilastri. Risultati derivanti da test sperimentali di questo tipo sono disponibili in (Faella,
et al., 1991).
Definiti i parametri di controllo è necessario effettuare diverse analisi statiche non
lineari (pushover). Per ciascuna analisi alcuni parametri vengono considerati come
“parametri fissi”, mentre altri come “variabili” (Magenes, et al., 2010). Nel dettaglio si
ha:
1. Geometria e materiali (parametri fissi) con variazione delle proprietà
meccaniche mediante il range stabilito con il Metodo Monte Carlo;
2. Geometria (parametro fisso) con variazione delle proprietà meccaniche e
materiali.
Eseguendo tutte le analisi si ottiene una distribuzione di valori dalla quale è possibile
eseguire delle analisi probabilistiche per diversi parametri. E’ evidente che maggiore è il
numero delle analisi effettuate, maggiore è l’accuratezza dei risultati ottenuti mediante
le analisi stocastiche. In letteratura (Magenes, et al., 2010), per edifici in muratura, sono
state riscontrate due serie da 1000 analisi ciascuna, determinando gli stati di danno
globali (Figura 3.2-8 e Figura 3.2-9).
(2)
sito internet GoldSim: http://www.goldsim.com/Web/Company/ (3)
sito internet MCLM: http://omlc.ogi.edu/software/mc/
76 CAPITOLO 3 – Curve di Fragilità
Figura 3.2-8 - Risultati di analisi push-over con l'identificazione della media e della
deviazione standard della distribuzione dei valori (Magenes, et al., 2010)
Figura 3.2-9 - Identificazione degli stati di danno strutturale globali (Magenes, et al., 2010)
E’ possibile, una volta terminate le analisi, definire una distribuzione di valori per
ciascuno stato di danno. Il passo successivo è quello di plottare lo spostamento globale
della struttura ed il massimo spostamento di interpiano (MIDR) (Figura 3.2-10). Da
questo, in corrispondenza di ciascuno stato di danno strutturale, è possibile ricavare una
distribuzione di dati e quindi creare una funzione di densità di probabilità (PDF) (Figura
3.2-11)
77 CAPITOLO 3 – Curve di Fragilità
Figura 3.2-10 - Relazione tra lo spostamento globale della struttura ed il
Massimo spostamento di interpiano. La linea continua rappresenta la media, mentre quelle tratteggiate la deviazione standard positiva e negativa (Magenes, et al., 2010)
Figura 3.2-11 - Schema della procedura usata per l'identificazione dello MIDR
dipendente dagli stati limite (Magenes, et al., 2010)
La Figura 3.2-11 mostra il percorso necessario per determinare la probabilità che un
generico valore di MIDR superi il valore soglia di MIDR associato agli stati limite di danno
strutturale (precedentemente indicati con δy e δs ed espressi in termini di funzione di
78 CAPITOLO 3 – Curve di Fragilità
densità di probabilità). Dal grafico di destra, in corrispondenza dello spostamento
globale della struttura ed ad un determinato MIDR, avendo a disposizione un vasto
numero di risultati ottenuti dalle analisi pushover è possibile generare una funzione di
densità di probabilità e creare successivamente sul grafico di sinistra una funzione di
probabilità cumulata. Effettuando una convoluzione di questa funzione con la pdf degli
altri due stati limite di danno strutturale (δy e δs) si ottiene una nuova pdf rappresentata
in figura nel grafico di sinistra in neretto ed in grigio come area sottesa dalle pdf degli
stati limite relativi a δy e δs. Eseguendo questo procedimento per tutti gli stati limite di
danno identificati in precedenza, si ottengono quattro curve diverse necessarie
successivamente per il calcolo delle curva di fragilità (Figura 3.2-12).
Figura 3.2-12 - Risultato della convoluzione degli
stati limite di danno strutturale (Magenes, et al., 2010)
Il passo successivo è quello di eseguire delle analisi dinamiche incrementali.
La scelta degli accelerogrammi deve essere tale da generare degli spettri compatibili con
quello fornito dalla normativa, in particolare deve essere verificata la condizione che la
variazione dell’ordinata spettrale media degli accelerogrammi (Average spectrum)
rispetto allo spettro di riferimento, fornito dalla normativa (Target spectrum), sia pari a
un massimo del 10% in difetto (Figura 3.2-13).
79 CAPITOLO 3 – Curve di Fragilità
Figura 3.2-13 - Confronto tra lo spettro fornito dalla normativa
e quello medio relativo agli accelerogrammi selezionati (Magenes, et al., 2010)
Anche in questo caso è necessario l’utilizzo di diverse analisi facendo variare le proprietà
dei materiali. Dato l’oneroso costo computazionale che deriva da ciascun’analisi
dinamica incrementale, (Magenes, et al., 2010), suggeriscono di considerare:
1. Un primo set di analisi considerando il valor medio di ciascun parametro
meccanico e scalando la PGA per diversi valori necessari al soddisfacimento
delle richieste imposte dalle IDA;
2. Un secondo set di analisi prendendo in considerazione la variabilità dei
parametri meccanici e trascurando la variabilità indotta dalle differenti
accelerazioni al suolo.
Il risultato delle analisi plottato in termini di generica domanda strutturale
(Spostamento) e Funzione di probabilità complementare cumulativa (CCDF), per diversi
valori delle PGA, è mostrato in Figura 3.2-14.
80 CAPITOLO 3 – Curve di Fragilità
Figura 3.2-14 - Distribuzione della Funzione complementare cumulativa
dello spostamento per diversi valori di PGA (Magenes, et al., 2010)
Una volta che le funzioni di densità di probabilità dei diversi stati limite di danno
strutturale sono stati definiti dalle analisi pushover e gli spostamenti imposti alla
struttura da diverse accelerazioni sono state valutate mediante le analisi dinamiche
incrementali, è possibile effettuare una convoluzione dei due risultati ottenendo le
curve di fragilità.
Per ciascuna CCDF, relativa ad una determinata PGA, si effettua una convoluzione con le
PDF ottenute dalle analisi pushover ottenendo delle nuove curve (Figura 3.2-15).
Figura 3.2-15 - Convoluzione della CCDF con le pdf relative agli
stati limite di danno strutturale ricavati dalle analisi pushover (Magenes, et al., 2010)
Da queste l’area sottesa da ciascuna campana fornisce un punto che rappresentato
graficamente in termini di Probabilità di superamento di un determinato stato limite e
PGA fornisce una base per il calcolo delle curve di fragilità (Figura 3.2-16)
81 CAPITOLO 3 – Curve di Fragilità
Figura 3.2-16 - Valori ricavati dal calcolo delle aree post convoluzione (Magenes, et al., 2010)
Ripetendo questo procedimento per le diverse PGA e riportando i risultati in Figura
3.2-16 si ricavano le curve di fragilità (Figura 3.2-17)
Figura 3.2-17 - Curve di fragilità (Magenes, et al., 2010)
82 CAPITOLO 4 - Murature confinate
CAPITOLO 4 - Murature confinate
4.1 Aspetti tipologici
Fino all’inizio del XX secolo la muratura è stata il principale sistema strutturale utilizzato
per la costruzione di edifici medi e alti. In seguito è stata sostituita dall’avvento di nuovi
materiali, quali il calcestruzzo armato e l’acciaio, tuttavia nelle zone sismiche è ancora di
uso frequente grazie alla sua economicità, alle sue buone caratteristiche di isolamento e
alla sua flessibilità di impiego. In seguito ai diversi eventi sismici passati, è emersa
l’inadeguatezza della muratura convenzionale quale struttura antisismica. Paesi come il
Giappone hanno fissato degli obblighi sull’altezza delle costruzioni in muratura, in
particolare questa non deve essere maggiore di 9 m e comunque non più alto di tre
piani.
Tuttavia, vengono tuttora costruiti edifici in muratura in molte zone sismiche nelle quali
già molte vite sono state perse non solo a causa del crollo di singole case in pietrame,
ma anche a causa del collasso di edifici per abitazione, di scuole e di ospedali eseguiti
con questo sistema costruttivo.
Le cause delle deboli prestazioni delle strutture in muratura sottoposte ad azioni
sismiche sono le seguenti:
1. Il materiale è di per se stesso fragile, quindi il degrado della resistenza dovuto al
ripetersi dei carichi è notevole;
2. Si tratta di un materiale molto pesante;
3. Le strutture in muratura possiedono una grande rigidezza, per cui si ha una forte
risposta alle onde sismiche di breve periodo;
4. Si ha inoltre una grande variazione della resistenza in funzione della qualità di
costruzione.
La relazione carico-deformazione per un pannello murario che collassa per flessione è
approssimativamente di tipo elasto-plastico; invece la duttilità di un pannello murario
che collassa per taglio è molto piccola. Il comportamento di una costruzione nel suo
complesso risulta fragile; per questo motivo l’Uniform Building Code (UBC) ascrive le
strutture in muratura alla categoria di sistemi scatolari, e richiede che vengano
progettate contro le azioni sismiche con un fattore di risposta uguale a 1.33, che è il
83 CAPITOLO 4 - Murature confinate
doppio di quello relativo ai telai resistenti a flessione. Lo stesso approccio viene assunto
nella normativa ATC-3 (Wakabayashi, 1989).
4.1 Tipologie costruttive
I materiali usati nelle strutture in muratura variano notevolmente, e vanno da materiali
scarsamente resistenti, come il pietrame e l’adobe, a materiali resistenti alle azioni
sismiche come i mattoni e i blocchi di calcestruzzo. Il tipo di messa in opera varia dalla
muratura in pietrame senza malta alla muratura armata.
Esistono tre tipologie costruttive per le murature:
1. Muratura ordinaria;
2. Muratura armata;
3. Muratura confinata.
La muratura orinaria corrisponde ad un insieme di laterizi pieni senza fori, sovrapposti
l’uno sull’altro seguendo una particolare disposizione a T (Figura 4.1-1); la muratura
armata invece è costituita da barre di armatura annegate nel calcestruzzo, confinato da
due strati di mattoni oppure da blocchi forati disposti in un unico strato, con armatura
verticale e orizzontale all’interno di essi e con malta nelle intercapedini (Figura 4.1-2).
Figura 4.1-1 - Muratura ordinaria.
84 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.1-2 - Muratura armata in mattoni (a), muratura armata in blocchi (b)
Infine si trova la muratura confinata, oggetto di questo lavoro. Si tratta di un sistema
strutturale misto muratura-cemento armato nel quale la struttura intelaiata in c.a.
contribuisce alla resistenza alle azioni orizzontali e al confinamento delle murature
semplici.
Le fasi costruttive prevedono la costruzione prima della muratura e successivamente
dopo aver disposto le armature lungo gli elementi di contorno si procede al getto del
calcestruzzo il quale è confinato dalla muratura precedentemente realizzata (Figura
4.1-4). Questo tipo di muratura costituisce una tipologia resistente molto differente
rispetto alla muratura convenzionale (senza cordoli verticali); l’intelaiatura, infatti,
conferisce resistenza e duttilità alla risposta sismica dei pannelli poiché ne mantiene
l’integrità strutturale permettendo elevate deformazioni anelastiche e consentendo lo
sviluppo di meccanismi resistenti non possibili nelle murature semplici (D'Amore, 2007).
Le murature intelaiate, inoltre, differiscono notevolmente dagli “infill panels” moderni,
(Figura 4.1-3) nelle quali le pareti murarie, prevalentemente in laterizi forati, vengono
realizzate dopo il getto ed il disarmo delle opere in c.a.
85 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.1-3 - Infill panel moderni. Si può notare come la
tamponatura è secondaria al getto dei pilastri e travi.
Figura 4.1-4 - Fasi costruttive della muratura confinata
86 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.1-5 - Edificio in muratura confinata
87 CAPITOLO 4 - Murature confinate
4.2 Modellazione Analitica
La modellazione strutturale consente di individuare gli schemi statici che permettono di
simulare il comportamento fisico reale della struttura. A tal fine è necessario saper
scegliere il procedimento di analisi che, nel caso specifico, permetta di conciliare
l'esattezza del risultato con la sicurezza e la praticità operativa e, quindi, con l'economia
del procedimento.
La definizione di uno schema appropriato che sia al tempo stesso abbastanza semplice
da essere agevolmente calcolabile e sufficientemente complesso da mettere in conto
l'effetto delle variabili più importanti, è un altro problema cruciale dell’analisi
strutturale, poiché da tale definizione dipende oltre che l'esattezza numerica dell'analisi,
l'attendibilità dei risultati.
I codici di calcolo moderni, basati la maggior parte sugli elementi finiti, permettono
senza difficoltà alcuna la creazione di modelli strutturali spaziali che, rispetto al passato
in cui gli edifici si schematizzavano usualmente come una serie di telai piani,
rappresentano un grado di affidabilità maggiore per l’ottenimento della risposta,
permettendo l’analisi e la comprensione del comportamento globale dell’organismo
strutturale. Tuttavia, per la complessità intrinseca nel fenomeno studiato, permangono
molte difficoltà che obbligano l’ingegnere strutturista a operare a differenti livelli di
complessità. Difatti, se da una parte gli schemi molto semplificati trascurano molte
variabili e sono, almeno in linea teorica, meno esatti, essi permettono tuttavia
un’interpretazione intuitiva del comportamento strutturale, e quindi una possibilità di
controllo dei risultati che sfugge invece facilmente agli schemi più complessi. Inoltre, per
schemi semplificati si ha a disposizione un'ampia gamma di metodi di analisi. Per schemi
complessi si ha, sostanzialmente, a disposizione un solo metodo: quello degli elementi
finiti, che è stato utilizzato nel presente lavoro.
Introduzione alla modellazione a fibre e a plasticità concentrata 4.2.1
Nel corso di questa tesi si sono condotte numerose analisi dinamiche non lineari di
strutture a telaio in muratura confinata, ed in modo particolare, analisi pushover di tipo
convenzionale e analisi dinamiche incrementali IDA. Simulazioni di questo tipo
richiedono di operare nell’ambito di un programma di calcolo agli elementi finiti che,
attraverso una discretizzazione del problema ne garantisce la soluzione, il cui grado di
accuratezza dipende in primo luogo dalla tipologia di modellazione delle non-linearità.
Le analisi non-lineari richiedono l’utilizzo di un modello numerico nell’ambito di un
88 CAPITOLO 4 - Murature confinate
programma agli elementi finiti, che rappresenti il miglior compromesso possibile tra
accuratezza delle previsioni e oneri computazionali. L’aspetto primario che si deve
valutare per garantire una scelta corretta dello strumento analitico è quella della
metodologia di modellazione delle plasticità. Le possibili alternative sono due: da un lato
vi sono i modelli a plasticità concentrata sulle estremità dell’elemento (modelli a
cerniere plastiche), dall’altro quelli a plasticità distribuita sull’intero elemento (modelli a
fibre).
In questo lavoro si è utilizzato il software SeismoStruct (SeismoSoft, 2006), che utilizza
un modello a elasticità distribuita, con il così detto approccio “a fibre”. Il modello a fibre,
pur richiedendo costi computazionali maggiori rispetto ad un modello a plasticità
concentrata, assicura previsioni con un grado di precisione maggiore. Tale software
adotta una modellazione in rigidezza degli elementi finiti. I modelli ad inelasticità
concentrata provvedono a concentrare tutte le risorse inelastiche nelle cosiddette
“cerniere plastiche”: l’elemento finito è di per se elastico-lineare ma alle sue estremità
(o dove necessario) vengono introdotte delle zone a comportamento elasto-plastico o
genericamente non-lineare.
Questo tipo di approccio è computazionalmente meno dispendioso rispetto
all’approccio “a fibre” che viene descritto in seguito, di contro si ha una minore
accuratezza nella previsione della risposta non-lineare della struttura.
La modellazione a plasticità concentrata prevede che tutti gli elementi costituenti la
struttura rimangano sempre in campo elastico e che vengano introdotti, in prossimità
delle estremità di questi, elementi cerniera con comportamento anelastico laddove si
prevede la formazione di una cerniera plastica. La non-linearità rimane quindi
concentrata in pochi elementi. Il vantaggio principale di questa modellazione è che
permette di lavorare principalmente con elementi elastici, computazionalmente meno
onerosi, lasciando a pochi punti della struttura la concentrazione delle non-linearità del
materiale. Inoltre, essa è estremamente versatile in quanto permette, con un’opportuna
scelta del legame costitutivo della cerniera, di descrivere diversi fenomeni, oltre al
comportamento flessionale, che possono influenzare la risposta strutturale, quali la
deformabilità a taglio, lo scorrimento dell’armatura, la flessibilità del nodo trave-
colonna, l’interazione tra telaio e tamponamenti. Il limite di questa modellazione risiede
nella necessaria esperienza dell’operatore per stabilire dove distribuire gli elementi non
lineari e per scegliere lunghezze e curve caratteristiche che permettano di cogliere il
reale comportamento delle cerniere plastiche. Infatti, l’accuratezza dell’intera analisi
può essere compromessa qualora si sbagli la calibrazione delle curve di risposta
89 CAPITOLO 4 - Murature confinate
disponibili per gli elementi cerniera e la loro estensione. Per poter utilizzare
correttamente i codici di calcolo con elementi a plasticità concentrata nello studio di
strutture con comportamento non lineare sotto carichi ciclici, è opportuno per i diversi
elementi strutturali:
stimare in maniera adeguata nella sezione critica il diagramma momento-
curvatura in presenza di azione assiale e degrado nel tempo, causato dall’azione
ciclica del sisma, per scegliere con cognizione fra I vari modelli di interazione M-
N e di isteresi proposti in letteratura ed implementati nei codici;
prevedere una lunghezza di cerniera plastica equivalente tale per cui il prodotto
di questa per la curvatura, derivante dal modello scelto, definisca una rotazione
prossima a quella reale. Diverse formulazioni empiriche sono presenti in
letteratura e nelle norme.
Figura 4.2-1 - Esempio di: (a) modello di interazione
momento-carico assiale, (b) legame isteretico
In Figura 4.2-1 si riportano due esempi di queste curve caratteristiche: il primo è un
modello d’interazione momento-carico assiale, il secondo un modello momento-
curvatura di tipo isteretico di una generica sezione.
Nella modellazione a plasticità diffusa si considerano gli elementi di tipo trave con
comportamento anelastico: l’anelasticità è diffusa in tutto l’elemento strutturale, sia
longitudinalmente sia trasversalmente, attraverso l’utilizzo di elementi a fibre. Lo stato
di sforzo e deformazione di una sezione del generico elemento è ottenuto mediante
l’integrazione della risposta uni assiale non lineare sforzo deformazione di ciascuna delle
fibre in cui è suddivisa la sezione. Se si utilizza un numero sufficiente di fibre (100-300) in
un’analisi tridimensionale, la distribuzione delle non-linearità del materiale può essere
90 CAPITOLO 4 - Murature confinate
modellata accuratamente anche in condizioni di elevata anelasticità. La sezione è
rappresentata dalla somma delle fibre del calcestruzzo non confinato, di quelle del
calcestruzzo confinato e delle fibre delle armature longitudinali. Lo stato di sforzo e
deformazione longitudinale dell’elemento è calcolato mediante l’integrazione numerica
di un numero appropriato sezioni (sezioni di Gauss).
Figura 4.2-2 - Esempio di discretizzazione in fibre di un
elemento strutturale in c.a. utilizzando due punti di controllo (sezioni di Gauss) lungo l’elemento
Figura 4.2-3 - Discretizzazione in fibre delle sezioni
Esistono due possibili versioni alternative per una modellazione “a fibre” degli elementi
finiti, basate su una formulazione in rigidezza o in flessibilità. La prima rappresenta la
metodologia più comunemente utilizzata, in cui il campo delle deformazioni
sull’elemento viene ottenuto dagli spostamenti dei nodi di estremità attraverso
opportune funzioni interpolanti. In questo tipo di elemento finito, che in letteratura
viene chiamato displacement-based element, la compatibilità delle deformazioni è
dunque assicurata, mentre l’equilibrio delle forze lungo di esso è soddisfatto soltanto
quando viene discretizzato in un numero adeguato di elementi finiti. La limitazione
91 CAPITOLO 4 - Murature confinate
fondamentale di un tale approccio è legata alla scarsa precisione nel descrivere
comportamenti altamente non-lineari a causa dell’inadeguatezza nella rappresentazione
dell’andamento delle curvature lungo l’elemento. Nella formulazione in flessibilità
invece, le funzioni di forma vengono utilizzate per descrivere in modo esatto
l’andamento delle sollecitazioni sull’elemento in base alle forze nodali e le funzioni, che
riproducono il campo di spostamenti, si modificano nel corso delle analisi in base al
diffondersi delle deformazioni inelastiche sulla sua lunghezza. Vale a dire che, mentre
l’equilibrio delle forze è sempre soddisfatto, la compatibilità delle deformazioni viene
soddisfatta per via integrale. Questo tipo di formulazione dell’elemento finito, che viene
chiamato force-based element, pur richiedendo un aumento del costo computazionale,
assicura, anche nel caso di comportamenti fortemente inelastici, previsioni accurate
utilizzando un ridotto numero di elementi finiti. L’impiego di questa seconda tipologia di
elementi finiti (force-based element) può però esporre al rischio di un’eccessiva ed
irrealistica localizzazione delle deformazioni rispetto ad una modellazione con elementi
formulati in rigidezza. Nel caso si siano adottati materiali con comportamento
fortemente degradante dopo il picco di resistenza, questa circostanza può dar luogo a
risultati estremamente sensibili alla discretizzazione adottata ed in particolare al numero
di punti di integrazione disposti sugli elementi.
E’ bene precisare che il fenomeno della “localizzazione delle deformazioni” si manifesta
sia sugli elementi formulati “in rigidezza” che su quelli “in flessibilità” anche se secondo
quanto è presente nell’odierna bibliografia i maggiori effetti sembrano trovarsi nelle
strutture composte da elementi formulati in flessibilità.
Da quanto detto si comprende l’importanza di un’oculata scelta della mesh, la quale
deve essere sufficientemente fitta per descrivere i comportamenti fortemente non-
lineari, ma neanche troppo per evitare il fenomeno della localizzazione delle
deformazioni.
Il software SeismoStruct, utilizzato per la modellazione della struttura è un programma
di calcolo strutturale agli elementi finiti in grado di prevedere il comportamento statico
e dinamico di telai piani o spaziali sottoposti a grandi spostamenti, considerando sia gli
effetti delle non-linearità geometriche che quelli dovuti all’inelasticità dei materiali.
SeismoStruct mette a disposizione diversi modelli di comportamento meccanico,
insieme ad una serie di predefinite configurazioni sezionali e di elementi tridimensionali.
La modellazione delle non-linearità sugli elementi finiti è di tipo distribuito e discende
dunque da quella sezionale per mezzo delle fibre, vedi Figura 4.2-3, attraverso una
92 CAPITOLO 4 - Murature confinate
classica formulazione in rigidezza. Poiché gli elementi adottati sono di tipo trave (beam-
column), forze e deformazioni sezionali sono descritte dai vettori:
TxMxNxs
Txxxe
Nel caso di formulazione in rigidezza le funzioni di forma, indicate con xNu
~assicurano
la compatibilità delle deformazioni sezionali xe e degli spostamenti nodali U
attraverso la relazione:
[4.2-1]
Un problema non-lineare richiede una legge costitutiva a livello delle sezioni di tipo
incrementale, linearizzata dalla seguente:
xexkxs ~
dove, ovviamente, xk~
rappresenta la matrice di rigidezza sezionale. Globalmente, per
ogni elemento finito, indicando con Q
il vettore delle forze nodali e sostituendo la [4.2-1] , si può ricavare la relazione:
QUK ~
in cui con K~
si è indicata la matrice di rigidezza dell’intero elemento, che può scriversi
come:
[4.2-2]
La valutazione dell’integrale precedente è, in SeismoStruct, valutata numericamente
attraverso lo schema di Gauss, in base alla relazione:
[4.2-3]
Dove wIP ed xIP indicano rispettivamente il peso e la posizione del punto di integrazione
IP, mentre NIP indica il numero di tali punti di integrazione sull’elemento. Come si vede,
UxNxe u ~
dxNxkxNK U
LT
U ~~~~
0
IPUIPIP
T
U
NIP
IP
IP xNxkxNLwK~~~~
1
93 CAPITOLO 4 - Murature confinate
in questo metodo di quadratura, lo stato dell’intero elemento è derivato dalla somma
pesata dello stato sezionale in corrispondenza dei punti d’integrazione disposti lungo
l’elemento. In Figura 4.2-4 sono riportati i fattori di peso e di posizione al variare del
numero dei punti d’integrazione per lo schema di Gauss.
Figura 4.2-4 - Distribuzione dei fattori di peso e di posizione dei punti di integrazione nello schema di
integrazione di Gauss.
Si può osservare che le sezioni di estremità non rappresentano punti d’integrazione e
che a quelli prossimi ai margini dell’elemento sono assegnati pesi minori. In
SeismoStruct gli elementi finiti utilizzati sono caratterizzati dal fatto di possedere due
soli punti d’integrazione, come si può vedere in Figura 4.2-2.
Effetti del deterioramento 4.2.2
Quando sono sottoposti a forti terremoti, specialmente se di lunga durata, gli edifici
vengono sollecitati ripetutamente con carichi notevoli; nelle zone fortemente sismiche
gli edifici subiscono gli effetti di frequenti terremoti minori. In questi casi le conseguenze
del deterioramento strutturale (dovuto a precedenti carichi ciclici) sul comportamento
dell’edificio in occasione di un altro terremoto va considerato attentamente. In alcuni
tipi di struttura la resistenza può diminuire dopo ogni inversione completa di carico
Figura 4.2-5. Apparentemente esse si deformano sempre di più al succedersi dei cicli di
carico, a differenza di quelle che non presentano questo tipo di degrado.
94 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.2-5 - Degrado per carico ciclico.
A: Degredo per resistenza - b: Degrado della rigidezza (Wakabayashi, 1989)
L’acciaio è un materiale duttile e rivela un comportamento molto stabile quando é
sottoposto a carico ciclico. Gli elementi in acciaio dei telai, comunque, in certe
condizioni possono non essere abbastanza duttili, anche se l’acciaio di per sé lo e. Il
deterioramento di questi elementi e dei telai avviene innanzitutto per instabilità o per
fragilità delle giunzioni. Ad esempio un telaio i cui pilastri subiscono instabilità locali agli
estremi mostrano una isteresi a degrado come in Figura 4.2-5. ll comportamento a
degrado delle strutture in calcestruzzo armato è molto più significativo di quello degli
elementi in acciaio. Il degrado è notevole soprattutto quando si verifica un cedimento
per taglio o dell’aderenza negli elementi strutturali, nelle connessioni, o nelle pareti di
taglio. Non è eccezionale in alcuni casi un dimezzamento della capacità portante dopo
soltanto alcuni cicli di carico.
Il comportamento d’isteresi delle strutture miste è una combinazione fra i due.
L’instabilità, che spesso si verifica nelle strutture in acciaio, in questo caso viene
impedita dal calcestruzzo in cui i componenti in acciaio sono annegati. Le principali
cause di degrado sono generalmente attribuite alle caratteristiche dei componenti in
calcestruzzo armato; si può quindi affermare che le strutture miste con maggior
proporzione di acciaio presentano un miglior comportamento di isteresi (Wakabayashi,
1989).
95 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Legami costitutivi per una sezione in c.a. 4.2.3
Una generica sezione in cemento armato suddivisa in fibre consente l’utilizzo di legami
costitutivi monoassiali e differenziati per le differenti regioni della sezione. Essa è
suddivisibile in tre zone caratteristiche:
barre di armatura;
calcestruzzo non confinato;
calcestruzzo confinato.
Figura 4.2-6 - Sezioni monitorate e divisione in fibre della sezione.
L'adozione di un modello costitutivo che tenga conto del contributo del solo
calcestruzzo, ignorando l'interazione con le armature presenti nella sezione in c.a., porta
a risultati attendibili nel campo di deformazioni molto piccole. Se si vuole valutare la
risposta sotto azioni cicliche maggiori è necessaria l'adozione di modelli meglio calibrati,
che permettano di portare in conto il grado di confinamento della sezione, poiché le
evidenze sperimentali hanno messo in luce come questo parametro incida
consistentemente sulla deformazione ultima e sulle caratteristiche di deformabilità.
Vengono riportati di seguito due diversi modelli ampiamente diffusi per schematizzare il
comportamento non lineare del calcestruzzo, ovvero il modello di Kent e Park (Kent &
Park, 1971), e quello di Mander,Priestley e Park (Mander, et al., 1988).
Il modello di Kent e Park (Kent & Park, 1971), modificato da Scott et al (Scott, et al.,
1982), considera l’effetto del confinamento delle armature trasversali sul calcestruzzo.
La “curva di skeleton”, ovvero la curva inviluppo dei cicli isteretici, è rappresentata in
Figura 4.2-7.
96 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.2-7 - Legame costitutivo di Kent e Park
con:
fc’ Tensione cilindrica di rottura del calcestruzzo;
K Fattore rappresentativo dell’incremento di resistenza dovuto al
confinamento:
[4.2-4]
ρs percentuale di staffe (volume delle staffe fratto il volume del nucleo di cls):
[4.2-5]
δ Copriferro della sezione trasversale (cm);
b base della sezione (cm);
h altezza della sezione (cm);
Ast Area delle staffe (cm2);
nst numero delle staffe:
nst = 100/p
p passo delle staffe (cm) ;
fyh tensione di snervamento per le staffe;
Ɛcu Deformazione di rottura. Una espressione per la sua definizione è quella di
Scott et al.
[4.2-6]
'1
c
yhs
f
fK
10022
82
hb
hbAn ststs
3009.00004.0
yh
scu
fp
97 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Ɛc0 Deformazione in corrispondenza del picco di tensione:
Ɛc0 = 0.002K
Z Pendenza base della curva di softening:
[4.2-7]
h’ larghezza del nucleo di calcestruzzo (lato più lungo);
sh passo delle staffe;
In fase di scarico si seguono dei rami rettilinei dal punto (Ɛr,fr), appartenente alla curva di
skeleton, al punto (Ɛr,0) e successiva si ritorna all’origine seguendo l’asse delle ascisse,
poiché il modello ignora il contributo a trazione del calcestruzzo.
[4.2-8]
Il ricarico avviene, una volta raggiunto nuovamente Ɛp, sullo stesso tratto lineare di
scarico. Scarico e ricarico non potrebbero essere applicati linearmente poiché ci si trova
in un comportamento non lineare. Tuttavia, poiché questo non influisce sostanzialmente
tra il comportamento lineare e non lineare, i risultati sono comunque accurati.
Un ulteriore modello per schematizzare il comportamento del calcestruzzo è quello di
Mander, Priestley e Park (Mander, et al., 1988). Questo modello può considerare gli
effetti di una pressione laterale di confinamento costante su tutto il campo di
deformazioni.
Ks
hp
f
fZ
h
s
c
c 002.0'
75.01000'145
'29.03
5.0
co
r
co
r
co
p
13.0145.0
2
2
co
rPer
834.02707.0
co
r
co
p
2
co
rPer
98 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.2-8 - Comportamento a compressione del calcestruzzo - Modello Mander et al.
Secondo tale modello, indicando con fco ed εco la tensione e la deformazione
corrispondenti al punto di picco di resistenza a compressione per il calcestruzzo non
confinato e con fcc e εcc quelle relative al materiale confinato, il comportamento del
calcestruzzo sottoposto ad un carico di compressione monotono è descrivibile dalla
relazione:
[4.2-9]
In cui:
[4.2-10]
[4.2-11]
[4.2-12]
[4.2-13]
[4.2-14]
Con:
r
ccc
xr
rxff
1
cc
cx
secEE
Er
c
c
05000 cc fE
151
0
0
c
ccccc
f
f
cc
ccfE
sec
99 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Ɛc deformazione corrispondente all’iesima tensione;
Ɛc0 deformazione raggiunta al picco della tensione fc0 nel caso di cls non
confinato;
Ɛcc deformazione raggiunta al picco della tensione fc0 nel caso di cls
confinato;
fc0 tensione massima nel caso di cls non confinato;
fcc tensione massima nel caso di cls confinato;
Ec modulo di Young iniziale;
Esec modulo di Young secante
Il rapporto di confinamento, ovvero il rapporto tra la tensione di picco del cls confinato e
quello non confinato, secondo Mander et al. è:
[4.2-15]
Con fl pressione laterale di confinamento.
Anche per l’acciaio sono presenti in letteratura dei modelli che ne rappresentano il
comportamento ciclico. Il modello di Menegotto e Pinto (Menegotto & Pinto, 1973)
modificato da Filippou et al. (Filippou, et al., 1983), permette di descrivere il
comportamento non lineare dell'acciaio per le barre di armature. Esso include la
deformazione isotropa per incrudimento.
254.1294.71254.2 co
l
co
l
co
ccc
f
f
f
f
f
fk
100 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.2-9 - Legame costitutivo di Menegotto e Pinto
Il legame costitutivo è espresso dalla seguente relazione:
[4.2-16]
In cui:
Con:
σ Tensione normale;
Ɛ Deformazione assiale;
(Ɛr,σr) Coordinate del punto di scarico, assunto pari a (0,0) nella fase
elastica;
(Ɛ0,σ0) Intersezione dei due asintoti che definisce il punto di carico e scarico;
b Fattore di riduzione della rigidezza;
2
10a
aRR
RR
bb
/11
1
r
r
0
r
r
0
101 CAPITOLO 4 - Murature confinate
R0, a1, a2 Costanti poste pari, rispettivamente, a 20.0 , 18.5 , 0.15;
ξ Differenza tra il massimo valore di deformazione nella direzione di
carico ed Ɛ0;
Z Pendenza base della curva di softening.
Un ulteriore modello è quello bilineare incrudente, che è contemplato dalle attuali
norme tecniche (NTC08) ed è mostrato in Figura 4.2-10 con il relativo ciclo carico-
scarico.
Figura 4.2-10 - Curva di skeleton per il legame bilineare.
I tre parametri che lo definiscono sono:
fy Tensione normale di primo snervamento per l’acciaio;
E1 Modulo di Young prima dello snervamento;
E2/E1 Rapporto tra il modulo dopo lo snervamento e quello ante-
snervamento.
102 CAPITOLO 4 - Murature confinate
4.3 Modellazione dei pannelli murari
Un aspetto importante nell’analisi del comportamento degli edifici in zona sismica è la
corretta valutazione dell’influenza dei pannelli murari inseriti nei telai di cemento
armato (D'Asdia & Palombini, 1993). I pannelli murari contribuiscono in misura
sostanziale all'irrigidimento, all'irrobustimento, alla capacità di dissipare energia e
all'innesco dei meccanismi di crisi locali o globali della costruzione, governandone
attivamente la risposta sismica. Questo è dovuto essenzialmente alla modalità di
realizzazione delle stesse che usualmente sono messe in opera riempiendo l’intera
maglia strutturale senza alcun elemento di separazione. La presenza dei pannelli murari
con caratteristiche meccaniche rilevanti porta a due problemi strettamente legati alle
peculiarità dell’azione sismica. Innanzitutto, la presenza dei pannelli murari comporta un
irrigidimento dello schema e quindi una riduzione del suo periodo proprio; ciò ne
condiziona la risposta dinamica elastica e può provocare un incremento dell’azione
sismica, specialmente quando l’ossatura strutturale è molto deformabile. In secondo
luogo, la muratura ha un comportamento fragile; ciò influenza la risposta inelastica,
perché quando avviene la rottura dei pannelli, l’aliquota di azione sismica portata da essi
si scarica istantaneamente sulla struttura, col rischio di un collasso improvviso di questa.
La presenza dei pannelli murari può essere, secondo i casi, un elemento negativo o una
risorsa per la resistenza globale dell’edificio. La loro funzione benefica risiede nel fatto
che se ben distribuita, può:
Ridurre l’entità degli spostamenti orizzontali;
Fornire un contributo alla resistenza alle azioni orizzontali nel suo piano;
Dare un importante contributo alla dissipazione dell’energia, riducendo la
richiesta di dissipazione negli elementi strutturali, come messa in luce da
Houssner (1956).
Comunque, deve essere verificata la resistenza alle azioni ortogonali al piano per evitare
rischiosi o pericolosi ribaltamenti dei pannelli murari. È da sottolineare, inoltre, che
alcuni fattori possono causare effetti sfavorevoli, quali ad esempio:
L’assenza dei pannelli murari al piano terreno o in piani superiori, che genera
meccanismi di piano soffice, è stata causa di moltissimi collassi in occasione di
eventi sismici. La concentrazione del danno nei pilastri, con la formazione di
zone ad alta concentrazione di deformazioni plastiche, schematizzabili con una
cerniera, alla base ed in testa, può produrre infatti un meccanismo di piano
103 CAPITOLO 4 - Murature confinate
(Figura 4.3-1 a). È da notare che la presenza di un piano soffice è più frequente
al piano terreno come conseguenza di scelte architettoniche o funzionali.
Talvolta tale configurazione potrebbe essere conseguenza dell’evento sismico
stesso (espulsione dei pannelli di tamponamento fuori del piano o collasso nel
piano). Queste configurazioni sono anche possibili, sebbene meno frequenti, ai
piani superiori.
Distribuzioni dei pannelli murari non regolari in pianta (asimmetrie) possono
provocare effetti negativi quali ad esempio l’insorgere di modi torsionali, con
conseguente incremento della domanda in termini di spostamento della parte
meno rigida dell’edificio (Figura 4.3-1 b);
La presenza dei pannelli murari può provocare la rottura a taglio dei pilastri
(Figura 4.3-1 c). Tale caso si verifica in particolar modo in caso di muratura molto
resistente e pilastri con scarsa resistenza a taglio (dimensioni trasversali ridotte,
carenza di armatura trasversale etc.);
Nei casi in cui i pannelli murari non ricoprono in elevazione l’intera maglia del
telaio (Figura 4.3-1 d) si genera la cosiddetta colonna tozza, in cui l’elevato
gradiente di momento flettente può determinare sforzi di taglio incompatibili
con le capacità resistenti.
Il piano soffice e le colonne tozze sono tra le cause più frequentemente riconosciute di
collassi e danni gravi. In sintesi le irregolarità della distribuzione dei pannelli di muratura
possono indurre la concentrazione del danno in alcuni elementi strutturali e causare
comportamenti particolarmente sfavorevoli mentre se sono adeguatamente distribuite
in pianta ed in elevazione possono contribuire significativamente alla resistenza alle
azioni sismiche e ridurre le deformazioni relative e globali delle strutture.
Figura 4.3-1 - Possibili effetti sfavorevoli dovuti alla presenza di tamponature
104 CAPITOLO 4 - Murature confinate
I modelli per le pareti in muratura 4.3.1
I modelli proposti in letteratura per l’analisi dei pannelli murari, sono numerosi
(Crisafulli, et al., 1997), (Panagiotakos & Fardis, 1996), (Perera, 2005), ecc. Tuttavia
l’insieme dei modelli disponibili può essere convenientemente suddiviso in due classi:
quella dei micromodelli e quella dei macromodelli.
In un micromodello si formula la legge costitutiva della muratura a partire da quelle dei
mattoni e della malta, considerati come elementi discreti collegati fra loro (Perera,
2005); diviene perciò necessario l’impiego di elementi finiti tridimensionali. Un
approccio di questo genere pare di difficile applicazione nelle analisi sismiche degli
edifici che s’incontrano nella pratica professionale, visti la notevole complessità della
formulazione e i lunghi tempi di calcolo. In più, nello studio del comportamento globale
di un edificio sotto l’azione sismica, sembra inopportuno voler spingere il livello di
conoscenza all’interazione fra i singoli blocchi, i letti e i giunti di malta.
4.3-1 - Comportamento isteretico degradante per un pannello in muratura
Per ovviare agli inconvenienti di questa formulazione, si può ricorrere ai macromodelli.
Essi consentono di trattare gli elementi in muratura come costituiti da un unico
materiale, studiandone la risposta in termini di tensioni e deformazioni medie.
Essi sono basati su considerazioni del comportamento meccanico globale del sistema
telaio-tamponamento e si basa sul concetto di puntone diagonale equivalente. In questa
seconda classe gli effetti locali sono controllati separatamente.
105 CAPITOLO 4 - Murature confinate
4.4 Modellazione mediante micro-modelli
Inizialmente l’attenzione dei ricercatori si è focalizzata sugli elementi d’interfaccia,
modellati come elementi joint non reagenti a trazione, ad esempio il modello di
Riddington e Smith (Riddington & Smith, 1977) simula il distacco tra pannello murario e
telaio mediante elementi che si disconnettono in corrispondenza di sforzi di trazione,
permettendo scorrimenti relativi. Modelli più dettagliati sono quelli proposti da Lotfi &
Shing (Lofti & Shing, 1994) e Mehrabi & Shing (Mehrabi & Shing, 1994), che utilizzano
l’approccio a fessurazione diffusa, sia per il telaio che per gli elementi resistenti del
pannello murario, definendo dei domini di resistenza nello spazio delle tensioni
principali. La propagazione delle fessure secondo i giunti di malta e all’interfaccia telaio-
pannello è invece modellata attraverso l’approccio a fessurazione discreta, che coglie
l’innesco e la propagazione delle lesioni sotto azioni combinate di taglio e sforzo
normale sia nel campo delle trazioni che delle compressioni.
Spesso, l’utilizzo dei micro-modelli nelle analisi dei telai con pannelli murari ha avuto
come finalità quella di calibrare i parametri per caratterizzare il legame costitutivo di
modelli più semplici, ad esempio quello a puntone equivalente. In effetti, l’utilizzo di
modellazioni dettagliate agli elementi finiti può risultare computazionalmente onerosa
per l’analisi di interi edifici, per i quali sono preferibili modellazioni semplificate che
possano cogliere adeguatamente il comportamento globale del sistema con un
ragionevole sforzo di calcolo.
4.5 Modellazione mediante macro-modelli
I macro-modelli sono generalmente basati sul concetto di Biella equivalente. Questo è
nato dall’osservazione che gli sforzi di compressione nel pannello di muratura dovuti
all’applicazione di un carico orizzontale al sistema telaio-pannello, seguono
sostanzialmente la diagonale del pannello stesso (Smith, 1962), (Mainstone, 1974).
Questa procedura è quella più frequentemente adottata per la valutazione della
rigidezza dei telai con pannelli murari, ma per avere una previsione completa della
risposta strutturale, la modellazione deve contemplare anche le caratteristiche di
resistenza nelle condizioni ultime corrispondenti a diversi modi di rottura, in tale senso
la biella equivalente costituisce soltanto un modello semplificato di un fenomeno assai
complesso, non esistendo una vera e propria materializzazione della biella.
L’idea nasce osservando lo stato fessurativo di un pannello murario in seguito
all’applicazione ciclica di una forza orizzontale: le fessure, che si sviluppano
106 CAPITOLO 4 - Murature confinate
perpendicolarmente alle direzioni principali di trazione e quindi lungo quelle di
compressione, hanno andamento diagonale e congiungono i due vertici opposti del
pannello (Figura 4.5-2); poiché esse delimitano puntoni diagonali compressi, i modelli
prevedono molto spesso bielle reagenti a compressione, affidando una piccola aliquota
alla trazione. La ciclicità del carico fa sì che queste fessure si aprano lungo entrambe le
diagonali.
Figura 4.5-1 - Modello a bielle equivalenti per un
pannello di muratura all'interno di un portale
Figura 4.5-2 - Doppia fessurazione diagonale per
taglio ciclico in un muro
Data l’eterogeneità della muratura, che presenta proprietà meccaniche variabili
localmente, la modellazione semplificata costituisce un criterio per simulare un
comportamento globale dei pannelli che deve essere calibrato su prove sperimentali ed
integrata con l’osservazione dei comportamenti effettivi. Il punto fondamentale di
questo tipo di modellazione risiede nella determinazione della lunghezza del puntone
affinché lo schema di calcolo presenti rigidezze paragonabili a quelle delle strutture
reali, e nella definizione di una legge costitutiva che includa il degrado, di resistenza e
rigidezza, sperimentalmente osservato in presenza di carichi ciclici.
107 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Analisi globale del comportamento del pannello murario sotto 4.5.1carichi laterali
Il comportamento del pannello murario e la sua interazione con il telaio è differente a
seconda del valore del carico ovvero dello spostamento di interpiano richiesto. È
ragionevole pensare che per bassi valori delle sollecitazioni, travi e pilastri restino
sostanzialmente a contatto con la muratura. Ne deriva che, per modesti valori delle
sollecitazioni laterali, telaio e pannello si comportino come un sistema unitario,
esattamente come una parete strutturale con elementi di contorno. La validità di
quest’affermazione è in realtà pregiudicata dall’aderenza, davvero modesta, che
s’instaura tra gli elementi in calcestruzzo ed il pannello, specialmente in assenza di
opportuni connettori.
Figura 4.5-3 - Deformazione laterale del telaio sotto carichi orizzontali
L’aumento d’intensità delle azioni comporta una risposta più complessa della struttura,
a causa del tentativo del telaio di deformarsi a flessione, mentre il pannello cerca di
deformarsi a taglio, come mostrato in Figura 4.5-3. Il risultato, è il distacco del pannello
dalla maglia strutturale, accompagnato da un certo scorrimento relativo sia nel senso
orizzontale sia nel senso verticale. Nella prima fase gli elementi del telaio, a contatto con
il pannello, sono soggetti essenzialmente a sforzi assiali, a seguito alla separazione
intervengono anche importanti sollecitazioni flessionali. Nello stesso tempo, il
funzionamento a taglio del pannello si trasforma nel funzionamento a puntone
equivalente. Con ciò s’intende che gli sforzi prevalenti nel muro sono adesso le tensioni
normali di compressione che viaggiano tra gli angoli caricati, rimasti a contatto col telaio.
Viceversa, gli sforzi di taglio perdono importanza anche per le lesioni inclinate che si
formano nel pannello al crescere dei carichi, che all’invertirsi delle azioni assumono la
classica forma a X. Il contatto tra telaio e pannello si estende per una lunghezza z, come
indicato in Figura 4.5-3. Per telai in calcestruzzo armato la separazione si verifica tra il
50% e il 70% della resistenza ideale a taglio del pannello in muratura. Dopo la
108 CAPITOLO 4 - Murature confinate
separazione, l’effettiva larghezza del puntone diagonale, indicata con w nella Figura
4.5-3, è inferiore a quella dell’intero pannello.
Nella seconda fase, quando è avvenuto il distacco fra il pannello e la maglia strutturale e,
soprattutto, la fessurazione a taglio del muro, è spontaneo schematizzare il telaio
tamponato come un telaio controventato da bielle diagonali reagenti a compressione e
trazione connesse con delle cerniere in prossimità degli angoli della maglia. Difatti, le
bielle esplicano la loro azione in corrispondenza del punto di intersezione tra travi e
pilastri in cui è presente una eccentricità. Tale eccentricità può essere modellata
utilizzando un collegamento rigido (rigid link) tra l’asse del pilastro e l’interfaccia di
collegamento con la muratura, posto ad una distanza pari a 1/15 della luce stessa del
pilastro, come meglio riportato in Figura 4.5-3.
Figura 4.5-4 - Posizionamento e vincoli della biella equivalente
109 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Modelli non lineari dei pannelli murari 4.5.2
La letteratura sui possibili approcci alla modellazione dei pannelli di tamponamento in
muratura in strutture intelaiate è molto ricca (Crisafulli, et al., 2010), (Mainstone, 1971),
(Perera, 2005), (Panagiotakos & Fardis, 1996) ed è disponibile una grande varietà di
modelli con diversi livelli di dettaglio basati sia su approcci a macro-elementi che su
approcci agli elementi finiti finalizzati allo studio del comportamento globale o degli
effetti locali del tamponamento sulla struttura.
Il modello più semplice (Klingner & Bertero, 1976) è quello rappresentato da un singolo
puntone compresso incernierato alle sue estremità e connesso al nodo in
corrispondenza delle intersezioni tra gli assi delle travi e dei pilastri, come mostrato in
Figura 4.5-5. Il principale limite di questo approccio è rappresentato dall’incapacità di
cogliere gli effetti locali dell’interazione tamponatura-telaio (Crisafulli, et al., 2000).
Alcune variazioni a questo approccio sono rappresentate da modelli a biella doppia o
multipla (Figura 4.5-5).
Figura 4.5-5 – Tipologie di modelli: a)singolo puntone, b) doppio puntone, c) triplo puntone
Nei modelli a singolo puntone compresso, è necessario valutare correttamente le
corrispondenti proprietà meccaniche in modo da poter rappresentare realisticamente il
comportamento del pannello murario. Considerando le numerose incertezze relative
alle proprietà della muratura, i differenti meccanismi di rottura e le ovvie semplificazioni
introdotte nel modello, la scelta delle proprietà del puntone compresso non è di
immediata valutazione. Tuttavia, numerosi studi del passato hanno consentito di
definire una serie di relazioni empiriche per la valutazione dei parametri dei modelli a
puntone diagonale in funzione delle caratteristiche meccaniche e geometriche della
muratura. I parametri fondamentali da definire sono rappresentati dalle caratteristiche
di rigidezza e resistenza del puntone compresso e dalla legge isteretica sforzi-
deformazioni che rappresenta il comportamento ciclico non lineare del pannello. Le
caratteristiche geometriche del puntone sono definite attraverso la sua lunghezza dw, il
suo spessore tw e la sua larghezza bw (Figura 4.5-6).
110 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.5-6 - Modello a puntone compresso equivalente.
La lunghezza dw è pari alla distanza tra i centri dei nodi in corrispondenza delle
intersezioni tra gli assi delle travi e dei pilastri e risulta dunque leggermente superiore
all’effettiva lunghezza della diagonale del pannello murario. Lo spessore tw del puntone
viene normalmente valutato pari allo spessore del pannello. La valutazione della
larghezza bw del puntone viene di solito valutata in termini di rapporto bw/dw, con dw
pari alla lunghezza della diagonale del pannello. In letteratura ci sono diversi modelli
disponibili per la valutazione delle caratteristiche del puntone, di cui la maggior parte si
basano sulla larghezza equivalente.
(Bertoldi, et al., 1993) suggeriscono di utilizzare come rapporto bw/dw la seguente
relazione:
[4.5-1]
Dove K1 e K2 sono parametri espressi in funzione del prodotto λh come mostrato in
Tabella 4.5-1, h è l’altezza tra gli assi delle travi e λ è un fattore che definisce la rigidezza
relativa tra il pannello ed il telaio che lo racchiude e può essere calcolato con la seguente
espressione (Smith, 1966):
[4.5-2]
In cui Ec è modulo di elasticità del calcestruzzo, Ic è momento d’inerzia della sezione
trasversale dei pilastri adiacenti al pannello di tamponamento, ed Ewθ è il modulo
elastico della muratura calcolato in funzione dell’inclinazione del puntone rispetto
all’orizzontale (θ) in accordo con la seguente equazione:
[4.5-3]
2Kh
K
d
b l
w
w
4
4
2
wcc
wm
hlE
sentE
1
2244
21
coscos
wvwvwh
wEG
senE
sen
EE
111 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Dove Ewh e Ewv sono i moduli elastici in direzione verticale ed orizzontale della muratura,
G è il modulo a taglio e υ è il coefficiente di Poisson.
Tabella 4.5-1 - Parametri del modello a puntone diagonale equivalente
Un’altra relazione è quella proposta da (Klingner, 1976):
[4.5-4]
Questa fu espressa similmente da Mainstone (Mainstone, 1971) considerando come
altezza, quella tra gli assi delle travi come in Figura 4.5-7.
Figura 4.5-7 - Caratteristiche geometriche del
puntone equivalente (Mainstone, 1971)
Sempre l’espressione [4.5-4] fu modificata da Durrani e Luo (Durrani & Luo, 1994) sulla
base di analisi numeriche dettagliate agli elementi finiti e fornirono una formulazione
per la valutazione di bw fortemente dipendente, non solo dal parametro di rigidezza λ,
ma anche dalla geometria del sistema intelaiato attraverso il coefficiente m:
[4.5-5]
Con m pari a:
[4.5-6]
4.0175.0
ww hdb
5.11.0
4
32.0
wcp
www
HEIm
HtEsendb
p
T
IL
IHm arctan
616
112 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Dove H ed L indicano, rispettivamente l’altezza e la larghezza in asse della maglia
intelaiata.
Secondo alcuni autori, le dimensioni della biella sono influenzate, non solo dai
pilastri adiacenti al pannello, ma anche dalla trave di testa appartenente alla maglia.
(Kadir, 1974) ha introdotto l’influenza della trave λT anche sulla rigidezza del
puntone:
[4.5-7]
In virtù di quanto definito, la relazione proposta per la valutazione della larghezza
del puntone equivalente bW è data dalla seguente:
[4.5-8]
In funzione degli stessi parametri λT e λP (Dawe & Seah, 1989) propongono:
[4.5-9]
Il modello di Bertoldi (Bertoldi, et al., 1993) è stato utilizzato anche per la definizione dei
criteri di resistenza in funzione dei diversi meccanismi di rottura dei pannelli di
muratura. L’approccio considera quattro differenti tipi di rottura:
1. Rotture per compressione al centro del pannello;
2. Rotture per compressione negli angoli del pannello;
3. Rotture per taglio-scorrimento del pannello;
4. Rotture per taglio-fessurazione diagonale del pannello.
A ognuno di questi meccanismi è associato un valore di resistenza σw considerata
costante sulla sezione trasversale del puntone:
Compressione al centro:
[4.5-10]
hKK
f
l
wvw
2
tan16.1
4
4
2
wTc
wmT
hlE
sentE
22
1
4
1
2Tp
wb
Tp
w
senb
cos
3
2
113 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Compressione degli angoli:
[4.5-11]
Rottura per taglio-scorrimento:
[4.5-12]
Rottura per fessurazione diagonale:
[4.5-13]
Dove fwv, fwu, e fws sono i parametri di resistenza già definiti in precedenza e σv è la
tensione di compressione verticale dovuta ai carichi da gravità, nulla nel caso di pannelli
di tamponamento senza funzione portante.
Figura 4.5-8 - Meccanismi di rottura:
a)compressione al centro del pannello, b) compressione agli angoli del pannello;
c) taglio-scorrimento; d) taglio per fessurazione diagonale
88.0
2
12.0
1
cos12.1
hKhK
senfwvw
w
w
vwuw
d
b
fsen
3.0cos45.02.1
w
w
vwsw
d
b
f
3.06.0
114 CAPITOLO 4 - Murature confinate
E’ bene osservare che tutte le relazioni illustrate sono fortemente dipendenti dalle
caratteristiche meccaniche della tamponatura ma, soprattutto dallo stato di
fessurazione del pannello. Infatti, all’aumentare delle azioni orizzontali, la risposta non
lineare del pannello subisce delle variazioni in termini di rigidezza che non sono
simulabili con nessuna delle formulazioni finora descritte. Inoltre, la variabilità della
risposta è spesso non prevedibile per quel tipo di strutture esistenti in cui è presente
una scarsa propensione degli elementi del telaio a resistere a carichi sismici non previsti
in fase progettuale (Uva, et al., 2011).
Il modello proposto in (Crisafulli, et al., 1997) (Figura 4.5-13) ha lo scopo di
rappresentare il comportamento delle murature soggette a carichi assiali ed il pannello
murario è rappresentato da quattro bielle di muratura che possono reagire sia a
compressione che trazione. Nello specifico questo modello è schematizzato da quattro
puntoni e da due molle come mostra la Figura 4.5-9; i due puntoni paralleli portano le
forze di compressione/trazione, le molle invece portano il taglio dalla cima alla base del
pannello agendo esclusivamente attraverso la diagonale compressa e il suo
funzionamento inoltre dipende dalla deformazione del pannello. Infine il modello è
costituito da quattro nodi interni che rappresentano i punti di contatto fra telaio e
pannello.
Figura 4.5-9 - Schematizzazione del modello a due puntoni.
Per caratterizzare completamente il modello occorre definire diversi elementi quali:
1. Relazione isteretica per compressione/trazione dei puntoni;
2. Relazione isteretica per taglio dei puntoni;
3. Area del puntone A1
Questa è l’area del puntone equivalente definita come il prodotto dello spessore
del pannello murario per la larghezza equivalente del puntone diagonale bw che
115 CAPITOLO 4 - Murature confinate
normalmente varia tra il 10 ed il 40 % della lunghezza della diagonale del
pannello dm (Crisafulli, et al., 2010);
4. Area del puntone A2
Quest’area è sempre relativa allo stesso puntone ed è introdotta come percentuale di
A1; mira a tener conto del fatto che, a causa della fessurazione del pannello, la lunghezza
di contatto tra telaio e pannello di tamponamento diminuisce man mano che lo
spostamento laterale e, di conseguenza, quello assiale aumentano, influenzando in tal
modo l'area della biella equivalente. Si assume che l’area vari linearmente in funzione
della deformazione del pannello (Figura 4.5-10);
Figura 4.5-10 - Variazione dell'area dei puntoni in
muratura in funzione della deformazione assiale (Smyrou, 2006)
5. Separazione verticale tra i puntoni hz
Introdotto come percentuale dell’altezza verticale del pannello, esso
corrisponde alla distanza tra il nodo interno e quello fittizio denominato in
Figura 4.5-9 “dummy node”. Valori attendibili di questo parametro variano tra
1/3 ed ½ la lunghezza di contatto z;
6. Lunghezza di contatto z
La lunghezza di contatto z, (Smith, 1966), è definita mediante l’introduzione
della rigidezza relativa adimensionale λ:
[4.5-14]
Con:
[4.5-15]
4
4
2sin
wcc
wm
hIE
tE
2z
116 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Con Ec Ic rigidezza flessionale delle colonne.
7. Dimensione X0 e Y0
Introdotti in termini percentuali rispetto alla dimensione verticale ed orizzontale
del pannello, corrispondono alla distanza che c’è tra l’asse della colonna/trave e
la faccia esterna del pannello;
8. Porzione di rigidezza assegnata al taglio γs
Rappresenta la porzione di rigidezza del pannello che dovrebbe essere assegnata
alla molla che modella il taglio per esplicare una reazione. In letteratura
(Crisafulli, et al., 1997) i valori consigliati variano tra 0.5 e 0.75;
La risposta a compressione/trazione della muratura è rappresentata da diversi cicli
isteretici che definiscono il comportamento della muratura per azioni di carico, scarico e
ricarico.
Figura 4.5-11 - Modello di Crisafulli per descrivere il
comportamento ciclico a compressione/trazione delle murature
Ogni tratto di curva (identificato in Figura 4.5-11 con un numero da 1 a 5) espresso in
(Crisafulli, et al., 1997) è stato descritto da una relazione matematica. La legge valida per
alcuni rami può rappresentare l’andamento di un ramo diverso. Un esempio è dato dal
ramo uno che si ritrova nella parte iniziale della curva (primo carico) e nella parte destra
(ultimo scarico) della Figura 4.5-11. Esso è definito dalla seguente relazione:
[4.5-16]
2
21
2
21
''21
'1
''
m
m
m
m
m
m
m
m
mm
AA
AA
ff
117 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Dove f’m è la massima tensione e Ɛ’m la corrispondente deformazione. Le costanti A1 e A2
sono funzioni delle proprietà meccaniche dei materiali, come descritti nel seguito. Il
ramo decrescente della curva d’inviluppo può essere rappresentato da una curva
parabolica espressa come:
[4.5-17]
Tale espressione modifica la pendenza della curva di inviluppo, tuttavia la scelta del
modello spetta al progettista. Il modulo tangente Et, utilizzando le espressioni [4.5-16] e
[4.5-17] diventa rispettivamente:
[4.5-18]
[4.5-19]
Il coefficiente A1 , calcolato da Sargin et al. E riportato in (Crisafulli, et al., 1997),
assumendo che il modulo tangente Et è uguale al modulo iniziale Emo in corrispondenza
di Ɛm=0, diventa:
Il coefficiente >a2, il quale controlla l’abbassamento del ramo della curva, può essere
calcolato dalla seguente relazione:
2
'
'1'
mu
mmm ff
2'
''2
mu
mmt fE
22
21
2
2121
''21
'22
'12
'
'
m
m
m
m
m
m
m
m
m
mt
AA
AAAAf
E
'
'1
m
mmo
f
EA
u
mAA
'1 12
118 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.5-12 - Curva di inviluppo per il primo ramo in
accordo alle espressioni [4.5-16] e [4.5-17]
Lo legge dello scarico e ricarico nel modello Crisafulli, è assunta costante per tutti i rami.
Ipotizzando di conoscere i valori di E1 ed E2 (Figura 4.5-13), la relazione che lo governa è
la seguente:
Con:
Dove (Ɛ1,f1) e (Ɛ2,f2) sono rispettivamente le coordinate dei punti 1 e 2 (Figura 4.5-13) e χ
rappresenta la deformazione normalizzata che varia da 0 a 1. Il modulo tangente Et, è
espresso dalla seguente relazione:
Dove:
È il modulo secante definito tra i punti 1 e 2.
2
32
2
1
1211
BB
Bffffm
12
1
m
22
32
32
2
1
2
321
1
212
BB
BBBBBBEE st
12
12
ffEs
119 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.5-13 – Curva proposta in (Crisafulli, et al., 1997) per
rappresentare le curve di scarico e ricarico.
La curva di scarico-ricarico deve necessariamente soddisfare le seguenti condizioni:
Per Ɛm = Ɛ1 (χ = 0) fm = f1 ed Et = E1
Per Ɛm = Ɛ2 (χ = 1) fm = f2 ed Et = E2
Infine i parametri B1, B2 e B3 sono:
I parametri restanti per definire il modello sono:
1. Modulo elastico di Young iniziale Em
Questo parametro rappresenta la pendenza iniziale della curva tensione-
deformazione ed il suo valore mostra un ampia variazione. In letteratura sono
riportati diversi metodi per il suo calcolo, molti del quale lo relazionano alla
tensione di compressione del materiale ovvero:
[4.5-20]
m
mm
fE
2
0
sE
EB 1
1
312 BBB
12
3 12 BE
EB
s
120 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Queste equazioni empiriche forniscono valori tra 400 fmθ < Em <1000 fmθ
(Crisafulli, et al., 1997);
2. Tensione di compressione fmθ
Questo è il parametro che principalmente controlla la resistenza del puntone e
deve essere distinto dalla tensione standard a compressione della muratura
poiché tiene conto dell’inclinazione della tensione principale di compressione ed
il modo di collasso atteso nel pannello murario. Il suo valore per pannelli murari
lunghi e corti è stimato rispettivamente tra 5,0 MPa e 3,5 MPa (Crisafulli, et al.,
2010); Tuttavia, come suggerito in (Crisafulli, et al., 2010) è possibile assumere il
valore minore tra la tensione massima di taglio per scorrimento[4.5-21] e la
tensione massima per fessurazione diagonale [4.5-22]:
[4.5-21]
[4.5-22]
3. Tensione di trazione ft
Questa rappresenta la tensione di trazione della muratura o la tensione di
adesione dell’interfaccia tra telaio e pannello murario. Generalmente è molto
bassa, tale da potersi ritenere trascurabile. (Crisafulli, et al., 2010) e (Varum,
2003) suggeriscono valori pari a 0,575 MPa.
4. Deformazione alla massima tensione Ɛm
Questa rappresenta la deformazione corrispondente alla massima tensione. Il
valore di 0,0012 mm/mm fornisce i migliori risultati (Crisafulli, et al., 2010);
sensenfm
*cos
*0
senCsen
ff
s
tbm
27.0cos
'
121 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.5-14 - Effetto del contatto locale
per la fessurazione dela muratura
5. Deformazione ultima del puntone Ɛult
Questo parametro è usato per controllare il ramo discendente della curva
tensione-deformazione, la quale è modellata con una parabola per ottenere il
migliore controllo della risposta del puntone. Il valore solitamente adottato è di
0,024 mm/mm (Crisafulli, et al., 2010);
6. Deformazione di chiusura Ɛc1
Questo parametro definisce la deformazione dopo la quale le fessure
parzialmente vicine consentono lo sviluppo delle tensioni di compressione. Per
ampi valori il suo effetto non è considerato nelle analisi, tuttavia i valori
solitamente adottati variano tra 0 e 0,003 mm/mm (Crisafulli, et al., 2010);
7. Deformazione riguardante la riduzione dell’area del puntone Ɛ1
Questo parametro rappresenta il punto in cui l’area del puntone inizia a
decrescere a causa dell’aumento di tensione non sopportabile dalla sezione e
quindi all’inizio della fessurazione; (Crisafulli, et al., 2010) suggerisce valori
compresi tra 0,0003 e 0,0008;
8. Deformazione riguardante l’area residua del puntone Ɛ2
Similmente ad Ɛ1 questo parametro rappresenta la deformazione corrispondente
all’area A2 ovvero in cui l’area del puntone si è ridotta passando da A1 ad A2;
(Crisafulli, et al., 2010) suggerisce valori compresi tra 0,0006 e 0,016.
La risposta isteretica del generico puntone compresso/teso è riportata in Figura 4.5-17.
Esso consente di tenere in considerazione l’effetto dell’apertura della chiusura ciclica
delle fessure a taglio, e i danni progressivi causati dai piccoli cicli d’isteresi (Morandi, et
al., 2011):
122 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.5-15 - Parametri associati alla curva di ricarico.
Figura 4.5-16 – Definizione del punto in cui cambia la curva di ricarico.
Figura 4.5-17 - Risposta isteretica del puntone di muratura.
123 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.5-18 - Inviluppo della risposta ciclica.
In aggiunta ai parametri meccanici prima citati, esistono altri nove fattori empirici
associati esclusivamente al ciclo di carico/scarico necessari per definire completamente
il modello, ovvero:
1. γun
Costante empirica che definisce il modulo di scarico in proporzione ad Em0 e
modifica i cicli interni, ma non dell’inviluppo:
[4.5-23]
Figura 4.5-19 - Curva tensione-deformazione per scarico.
mounun EE
124 CAPITOLO 4 - Murature confinate
2. αre
Esso preannuncia la deformazione al quale il ciclo raggiunge l’inviluppo dopo lo
scarico;
3. αch
Esso preannuncia la deformazione al quale la curva di ricarico ha un punto di
inflessione;
4. βa
Esso definisce un punto ausiliario usato per determinare la deformazione
plastica dopo lo scarico completo;
5. βch
Costante che definisce la tensione in cui si ha un punto d’inflessione della curva
di ricarico (Figura 4.5-15) secondo la relazione seguente:
[4.5-24]
Tale parametro varia tra 0.5 e 0.9 (Crisafulli, et al., 1997).
6. γplu
Costante empirica che definisce il modulo della curva d’isteresi (Figura 4.5-19),
quando la tensione è nulla dopo che si è verificato uno scarico completo delle
tensioni, in proporzione a Emo . Esso varia tra 0 ed 1 (Crisafulli, et al., 1997) :
[4.5-25]
Con e1 costante empirica che controlla l’influenza di Ɛun nella degradazione della
rigidezza. Se e1 =0, questa influenza è nulla, mentre all’aumentare di e1 l’effetto
della deformazione di scarico Ɛun nel modulo Epl,u è più significante. Valori
consigliati in (Crisafulli, et al., 1997) variano tra 1.5 e 2.0.
1
'1
, e
m
un
mounupl
EE
rechch ff
125 CAPITOLO 4 - Murature confinate
7. γplr
Esso definisce il modulo della curva di ricarico dopo lo scarico totale (Figura
4.5-15);
8. ex1
Esso controlla l’influenza di Ɛun nella degradazione della rigidezza;
9. ex2
Esso incrementa la deformazione dopo che è stata completata la curva
d’inviluppo al termine dello scarico e rappresenta per i diversi cicli ripetuti il
danno interno cumulativo; questo effetto è molto importante quando sono
presenti cicli consecutivi ripetuti dentro ulteriori cicli interni.
Valori suggeriti da Crisafulli (Crisafulli, et al., 2010) sono riportati in Tabella 4.5-2.
Tabella 4.5-2 - Parametri empirici usati da Crisafulli et al
La relazione ciclica a taglio del puntone equivalente di muratura per il modello Crisafulli
è espresso da un comportamento ciclico come in Figura 4.5-20. Crisafulli (Crisafulli, et
al., 1997) afferma che la tensione di taglio per i pannelli murari è calcolata
indipendentemente dal tipo di meccanismo di collasso (rottura per taglio-scorrimento,
fessurazione delle diagonali, rottura per compressione). Essa deriva dalla combinazione
di due meccanismi, una detta Tensione di adesione da taglio (Shear Bond Stress), l’altra
invece dalla Resistenza di attrito tra malta e mattone (Friction Resistence).
126 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.5-20 - Relazione ciclica da taglio proposta da Crisafulli.
La tensione di taglio può essere espressa come somma della tensione iniziale di
adesione da taglio τ0 più il prodotto del coefficiente di attrito μ per il valore assoluto
della forza di compressione perpendicolare all’asse longitudinale dei mattoni fn, in altre
parole:
se fn < 0:
[4.5-26]
se fn ≥ 0:
[4.5-27]
Quando è raggiunta la tensione di taglio, l’adesione tra malta e mattone svanisce
causando fessurazioni nella regione circostante. In questa fase, una parte del pannello
murario slitta e l’unico meccanismo attivo è l’attrito tra le parti. Conseguentemente la
tensione agente è:
se fn <0:
[4.5-28]
se fn ≥ 0:
[4.5-29]
Riepilogando, i parametri che governano il modello sono:
max0 nm f
0 m
max nm f
0m
127 CAPITOLO 4 - Murature confinate
1. Tensione di taglio di adesione τ0
2. Coefficiente di attrito μ
3. Massima tensione da taglio τmax
4. Fattore di riduzione del taglio αs
(Paulay & Priestley, 1992) et al suggeriscono per τ0 valori compresi tra 0,1 e 1,5 MPa, per
il coefficiente di attrito μ (Atkinson, et al., 1985) suggerisce valori tra 0,7 e 0,85, infine
per quanto riguarda la massima tensione τmax , Crisafulli (Crisafulli, et al., 1997)
suggerisce 1 MPa. Tuttavia la relazione che governa la tensione di taglio di adesione τ0
può essere assunta dalla seguente relazione:
[4.5-30]
Mentre il coefficiente di attrito:
[4.5-31]
Con b e d l’altezza e la larghezza rispettivamente del mattone. Il fattore di riduzione del
taglio rappresenta il rapporto della massima tensione di taglio e la tensione media
agente nel pannello; Crisafulli (Crisafulli, et al., 1997) suggerisce valori compresi tra 0,5 e
0,75.
Un ulteriore modello per schematizzare la Biella equivalente di muratura è quello
proposto da Perera (Perera, 2005). In questo caso il modello è espresso da una legge
non lineare, con isteresi e degradazione (pinching), basata sulla meccanica del
danneggiamento dei continui. In Figura 4.5-21 viene mostrato il concetto di
degradazione delle proprietà meccaniche: all’aumentare della deformazione si riduce
l’entità della forza massima lungo il cosiddetto ramo di softening, mentre il tratto di
ricarico presenta una pendenza minore rispetto al ramo di carico precedente. Una
trattazione di questo tipo è sicuramente molto precisa, ma richiede la definizione di
numerosi parametri, sul cui livello di conoscenza spesso pesa una notevole incertezza; in
Figura 4.5-22 si può apprezzare l’accordo fra i risultati di questa modellazione e i cicli di
isteresi ricavati per via sperimentale.
d
b21
* 00
d
b21
*
128 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.5-21 - Modello a bielle equivalenti:
Effetto pinching o di degrado della rigidezza nel processo di ricarico
Figura 4.5-22 - Confronto fra cicli di isteresi ricavati
per via sperimentale e risultati numerici
Un altro modello è quello proposto da Panagiotakos e Fardis (Panagiotakos & Fardis,
1996), basato su un puntone di muratura equivalente, con un comportamento isteretico
che tiene conto del degrado delle caratteristiche meccaniche sotto i carichi ciclici. La
skeleton curve che rappresenta tali relazioni definisce tre rami che si riferiscono ai
meccanismi che governano il comportamento della tamponatura: prima parte non
fessurata in cui è preponderante la resistenza a taglio, tratto post-fessurazione in cui
prevalgono le compressioni, parte finale di softening in cui viene meno la resistenza del
pannello; è considerata nulla la resistenza a trazione dell’elemento.
129 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.5-23 - Legame di Panagiotakos e Fardis per una tamponatura.
I parametri che, in base alle caratteristiche della muratura, definiscono i tre rami della
curva nella fase di compressione sono:
1. Rigidezza iniziale del tratto non fessurato
R1=Gw tw lw/hw [4.5-32]
2. Carico di fessurazione
Fy = fws tw lw [4.5-33]
3. Rigidezza secante del secondo tratto
R2 = Ew tw bw [4.5-34]
4. Carico Massimo
Fm = 1.2Fy [4.5-35]
5. Rigidezza del tratto di softening
R3 = (0.01 0.10) R1 [4.5-36]
(la percentuale di rigidezza residua del ramo di softening è da valutare in base alle
caratteristiche di duttilità della muratura in esame)
6. Carico residuo dopo la rottura
Fu = 0.1Fy [4.5-37]
130 CAPITOLO 4 - Murature confinate
In cui bw è la larghezza del puntone equivalente valutabile con la formula di Klinger e
Bertero:
[4.5-38]
essendo:
Gw modulo di taglio della muratura secondo la compressione diagonale;
Ew modulo di Young della muratura secondo la compressione diagonale;
Ec modulo di Young delle colonne adiacenti al pannello murario;
Ic Momento d’inerzia delle colonne adiacenti al pannello murario;
fws resistenza a taglio secondo la prova di compressione diagonale;
tw spessore del paramento murario;
lw lunghezza del paramento murario;
hw altezza del paramento murario;
λ rigidezza relativa tra pannello murario e telaio adiacente;
θ Angolo tra la diagonale (puntone) e l’asse orizzontale della trave;
Modellazione delle aperture nei pannelli murari 4.5.3
La presenza di aperture nei pannelli murari costituisce un importante fonte d’incertezza
nella valutazione del comportamento delle murature confinate.
Diversi autori hanno investigato l’influenza delle aperture sulla resistenza e rigidezza di
queste tipologie strutturali e i risultati sono molteplici in funzione della dimensione
dell’apertura e soprattutto della posizione all’interno del pannello murario.
Secondo Sortis (Sortis, et al., 1999) la presenza delle aperture modifica il
comportamento strutturale dei pannelli murari riducendo la rigidezza e la resistenza.
Inoltre le aperture fanno decrescere il carico corrispondente all’inizio della fessurazione
con uno sviluppo prematuro delle fessurazioni a causa della concentrazione delle
tensioni nei bordi delle aperture.
Benjamin e Williams (Benjamin & Williams, 1958) misurarono una riduzione della
resistenza ultima, nelle murature confinate con aperture collocate al centro del pannello
e dimensione pari ad 1/3 di esso, pari al 50%.
wwww thhb 22175.0
4
4
2
wcc
ww
hlE
sentE
131 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Fiorato et al (Fiorato, et al., 1970) affermarono che la resistenza, di un telaio rivestito
con pannello murario, non è proporzionale alla riduzione dell’area della sezione
trasversale del pannello murario stesso per causa delle aperture. Nelle loro prove, fu
dimostrato che aperture tali da ridurre l’area della sezione trasversale orizzontale di un
pannello murario del 50%, comportavano una riduzione della resistenza di circa il 20-
28%.
Coull, come citato in (Mallick, 1971) misurò la variazione della rigidezza laterale per
effetto delle aperture in funzione della loro posizione, su murature confinate aventi le
aperture con e senza rinforzo. Queste aperture riducevano la rigidezza e la resistenza dei
telai rivestiti da pannelli murari di circa il 60-70%, mentre una riduzione del 45% per soli
pannelli murari. Il collasso avveniva a causa della rottura di uno dei nodi del pannello,
con diverse fessurazioni prima del collasso. Tuttavia il valore della rigidezza laterale
basato sulla teoria di Holmes [1961] e Smith [1962] differiva dalle prove sperimentali del
300 % (Asteris & ASCE, [2003]).
Mallick e Garg (Mallick, 1971) valutarono gli effetti della posizione delle aperture per
telai rivestiti con pannelli murari con e senza connettori di taglio. Per la prima tipologia,
per un apertura collocata lungo la diagonale del pannello murario senza connettori, la
resistenza laterale si riduceva circa del 75% e la rigidezza laterale dell’85-90% circa. Per
quanto riguarda la seconda tipologia, ovvero i telai rivestiti da pannelli murari con
connettori da taglio, le presenza delle aperture in corrispondenza delle diagonali,
riduceva la rigidezza del 60-70% in confronto ad un telaio simile senza aperture.
Liauw e Lee (Liauw, 1977) e Liaw (Liauw, 1979) affermarono che la presenza delle
aperture non influenzava la rigidezza dei telai rivestiti con pannelli murari in maniera
rilevante e lo stesso affermarono Dawe e Young (Dawe & T.C., 1985).
Utku (Utku, 1980) valutò l’effetto che produceva una singola apertura, modificandone
posizione, area e forma, sulla resistenza e rigidezza di diversi pannelli murari sottoposti a
un evento sismico. I pannelli furono analizzati assumendo un materiale dal
comportamento elastico lineare e isotropo, assumendo le piccole deformazioni ed infine
studiando il problema alle tensioni piane. Si osservò che: (1) Il fattore di scala massimo
delle tensioni cresce all’aumentare della percentuale delle aperture; (2) Il fattore di scala
massimo aumenta quando le aperture si dispongono verso l’alto; (3) Il fattore di scala
massimo aumenta in maniera proporzionale alle aperture da 1/1 a 2/1 (Asteris & ASCE,
[2003]).
132 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Thiruvengadam (Thiruvengadam H., 1980) per simulare la presenza di aperture in un
pannello murario, propose di usare diversi puntoni disposti in direzione diagonale
(Figura 4.5-24). Similmente, Hamburg (Hamgurg, 1993) propose un’ulteriore
configurazione di questi puntoni (Figura 4.5-25), ma una valutazione dettagliata era
piuttosto complicata.
Figura 4.5-24 - Formulazione dei puntoni attorno le aperture:
a) posizione delle aperture, b) puntoni per pannelli murari monolitici,
c) puntoni per pannelli murari per separazioni [Thiruvengadam, 1985]
Figura 4.5-25 - Puntoni equivalenti nei pannelli
murari con aperture [Hamburg, 1993]
Un lavoro analitico rappresentativo dell’influenza delle aperture sulla rigidezza elastica
dei pannelli murari fu presentato da Giannakas et al (Giannakas A., 1987) nel quale si
affermò che le aperture riducevano la rigidezza dei telai rivestiti con pannelli murari del
70-80% per aperture pari al 20-30% la dimensione del pannello. Assumendo un
133 CAPITOLO 4 - Murature confinate
materiale isotropo, elastico lineare ed omogeneo, Giannakas et al osservarono che
l’effetto della posizione delle aperture su un pannello murario era insignificante.
Papia (Papia, 1988) provò a stimare la perdita di rigidezza che s’instaurava in un telaio
rivestito da pannelli murari, a causa di aperture collocate al centro del pannello. Egli
utilizzò alcuni elementi finiti di tipo beam in regime elastico per discretizzare il contorno
del telaio, ed alcuni elementi di tipo shell per modellare il pannello murario. Infine egli
propose una riduzione lineare approssimata della rigidezza per diversi intervalli tra le
dimensioni del pannello murario e le dimensioni delle aperture.
Bertoldi et al (Bertoldi, et al., 1994) proposero una serie di espressioni per calcolare un
particolare coefficiente detto “di riduzione” indicato con rac. I parametri che usarono per
caratterizzare la riduzione di resistenza e rigidezza del pannello murario a causa delle
aperture furono il rapporto tra l’area delle aperture e l’area del pannello (Aa), il rapporto
tra la larghezza delle aperture e la larghezza del pannello (Ac) ed il tipo di apertura con e
senza rinforzo. In particolare le condizioni critiche per un pannello murario a causa della
presenza delle aperture erano: (Sortis, et al., 1999):
[4.5-39]
[4.5-40]
Nel caso di aperture in assenza di rinforzo, il coefficiente rac era dato dalla seguente
espressione:
[4.5-41]
Effettuando alcuni test sperimentali utilizzando un modello agli elementi finiti Bertoldi et
al (Bertoldi, et al., 1994), riuscirono a calcolare la larghezza del puntone diagonale della
muratura in presenza ed in assenza di aperture.
Mosalam et al (Mosalam, et al., 1997) affermarono che le aperture nei telai rivestiti con
i pannelli murari, comportano una resistenza iniziale più bassa ed un comportamento
duttile maggiore della struttura rispetto agli stessi telai senza le aperture. In particolare
per una riduzione dell’area della sezione trasversale pari al 17%, la resistenza massima
del telaio con pannelli murari avente delle finestre con disposizione simmetrica, risultò
quasi uguale a quella di uno stesso telaio senza le aperture, mentre la presenza di una
porta portò una riduzione della resistenza del 20%. Infine osservarono un cambiamento
%25% aA
%40% cA
193.078.0ln762.0ln322.0
ca AA
ac eer
134 CAPITOLO 4 - Murature confinate
del tipo di fessurazione, in quanto negli angoli tendevano a formarsi delle aperture,
propagandosi attraverso i nodi sottoposti alle azioni di sollecitazione.
Asteris (Asteris & ASCE, [2003]) analizzò il comportamento di un telaio ad un piano ad
unica campata rivestito da un pannello murario sottoposto ad un carico laterale (Figura
4.5-26). Egli propose un fattore di riduzione della rigidezza dei puntoni di muratura, al
fine di risalire alla larghezza equivalente del puntone diagonale compresso, valutando
anche gli effetti che provocavano le eventuali aperture, in funzione della loro posizione e
dimensione percentuale (Figura 4.5-27).
Figura 4.5-26 - Telaio ad un piano ad unica campata
usato da (Asteris 2003) per le analisi
135 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.5-27 - Tipologia di apertura analizzata in funzione della
dimensione e posizione; in figura sono evidenziati i diversi punti di contatto tra telaio e pannello murario per ciascuna analisi (Asteris & ASCE, [2003])
Per risalire alla reale risposta del sistema strutturale Asteris (Asteris, 2003) propose una
nuova tecnica agli elementi finiti basata sui punti di contatto tra il telaio ed il pannello
murario, in funzione della tipologia di apertura.
136 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.5-28 - Schematizzazione della mesh per evidenziare
i punti di contatto tra telaio e pannello murario (Asteris & ASCE, [2003])
L’analisi fu effettuata in campo elastico applicando alla struttura un carico laterale
monotono pari a 30 [kN]. In funzione della tipologia di apertura, dimensione e posizione,
fu analizzato il fattore di riduzione della rigidezza λ per i seguenti casi di studio:
1. Presenza (o no) delle aperture nei pannelli murari;
2. Percentuale delle aperture (area delle aperture/area totale pannello) pari al
4.00, 9.00, 16.00 e 25.00%;
3. Posizione delle aperture rispetto alla diagonale compressa:
Caso A: aperture sotto la diagonale compressa;
Caso B: aperture sulla diagonale compressa;
Caso C: aperture sopra la diagonale compressa.
Dai risultati si constatò che il valore più alto della riduzione di rigidezza λ avveniva
quando l’apertura si trovava in corrispondenza della diagonale compressa. Attraverso
137 CAPITOLO 4 - Murature confinate
questi risultati, fu possibile migliorare la stima della larghezza equivalente del puntone
diagonale compresso, indicato in Figura 4.5-6 con bw .
Asteris in accordo con Mainstone (Mainstone, 1971) suggerisce la seguente espressione
per il calcolo di bw:
[4.5-42]
Con λ = fattore di riduzione della rigidezza, (Figura 4.5-30, Figura 4.5-31) e
[4.5-43]
dove Eb, t e h sono rispettivamente il modulo elastico, lo spessore e l’altezza della
muratura. Es e I sono invece il modulo di Young ed il momento di inerzia degli elementi
che circondano il pannello murario, infine θ rappresenta l’angolo tra la diagonale
compressa (puntone) e l’asse orizzontale.
La larghezza del puntone equivalente di muratura in seguito alle aperture, e quindi
ridotta, può essere valutata secondo la relazione di Al Chaar (Al-Chaar, 2002):
[4.5-44]
Dove (R1)j è il fattore di riduzione che tiene conto delle aperture nei pannelli perforati,
mentre (R2)j è il fattore di riduzione che tine conto del livello di danneggiamento del
pannello murario. Essi sono definiti dalle seguenti relazioni:
[4.5-45]
Da quest’ultima equazione si nota che se l’area delle aperture è maggiore o uguale al
60% dell’area del pannello murario, allora l’effetto della tamponatura dovrebbe essere
trascurato, per cui (R1)j = 0. Indicando con h l’altezza del pannello e con t lo spessore si
ha:
4.0175.0/
hdb ww
4
4
2
IhE
sentEhh
s
b
jjredw RRab 21,
16.16.0
2
1
panel
open
panel
open
jA
A
A
AR
138 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.5-29 - CLassificazione del livello di danno nel pannello (Al-Chaar, 2002)
139 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.5-30 - Fattore della riduzione di rigidezza λ per
telai rivestiti da pannelli murari in relazione alla percentuale di apertura
(Caso B: Aperture sulla diagonale compressa) (Asteris & ASCE, [2003])
Figura 4.5-31 - Fattore della riduzione di rigidezza λ per
telai rivestiti da pannelli murari in relazione alla percentuale di apertura per differenti posizioni delle aperture (Asteris & ASCE, [2003])
Sempre in (Asteris & ASCE, [2003]) fu analizzato ulteriormente il comportamento di un
complesso strutturale a tre piani ad unica campata variando la disposizione delle
aperture. In particolare furono affrontati quattro casi (Figura 4.5-32):
1. Sistema strutturale senza aperture;
2. Sistema strutturale avente un’apertura al piano terra;
3. Sistema strutturale avente un’apertura al secondo piano;
4. Sistema strutturale avente aperture per tutti i piani (telaio nudo);
140 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Figura 4.5-32 – Tipologia di aperture studiate in (Asteris & ASCE, [2003])
In seguito ai risultati ottenuti, si asserì che:
1. In accordo con diversi autori (Tassios, 1984), la presenza dei pannelli murari
comporta nel caso A1 e A3 il decremento delle forze di taglio agente sulle
colonne del telaio, poiché una parte considerabile della forza sismica viene
assorbita dal cosiddetto pannello murario “non strutturale”;
2. Nel caso A2 le forze di taglio agenti sulle colonne sono molto più alte di quelle
ottenute dall’analisi del telaio nudo;
3. La presenza di un piano soffice, come nel caso A2, comporta nelle colonne di
questo piano un cambiamento sostanziale delle forze di taglio agenti. L’effetto
di questa azione potrebbe essere particolarmente importante per le colonne
sopravento, dove si instaurano delle tensioni aggiuntive e di conseguenza il
taglio potrebbe produrre delle conseguenze catastrofiche.
141 CAPITOLO 4 - Murature confinate
Infine in accordo con i risultati ottenuti da Buonapane et al (Buonopane & White,
[1999]) si costatò che i diversi metodi generali per misurare la resistenza di taglio
trascuravano l’interazione tra pannello/telaio sottostimando la resistenza di taglio; il
taglio agente in cima alle colonne della struttura presentava un valore superiore rispetto
a quello ottenuto alla base di ciascun piano, evidenziando qualche volta un
cambiamento di segno delle forze di taglio Figura 4.5-33.
Figura 4.5-33 - Diagramma delle forze di taglio per le colonne sopravento di un telaio rivestito da pannelli
murari costituito da tre piani ed una campata (Asteris & ASCE, [2003])
142 CAPITOLO 5 - Definizione del caso di studio
CAPITOLO 5 - Definizione del caso di studio
5.1 Introduzione
Il caso di studio descritto nel seguito è stato individuato in (D'Amore, 2007). Il sistema
strutturale scelto rientra tra le opere utilizzate in Italia per la ricostruzione delle aree
colpite dal terremoto di Messina e Reggio Calabria del 1908. Si tratta di un sistema
strutturale misto muratura-calcestruzzo armato nel quale la struttura intelaiata in c.a.
contribuisce alla resistenza delle azioni orizzontali e al confinamento delle murature
semplici. Nonostante che le modalità costruttive di queste strutture non fossero indicate
dalle normative, la loro realizzazione prevedeva la costruzione delle pareti in muratura
prima del getto delle strutture in c.a., in modo da utilizzare la muratura come
cassaforma permanente. I sistemi misti muratura-cemento armato, utilizzati in Italia per
la ricostruzione delle aree colpite dal terremoto di Messina e Reggio
Calabria del 1908, costituiscono il primo esempio di strutture in muratura confinata con
funzioni sismo-resistente, sistema che troverà ampia diffusione in tutte le zone sismiche
del Sud America e dell’America Centrale (D’Amore 1989; D’Amore, De Canini 1992,
1994). La Figura 5.1-1 mostra diversi edifici in muratura intelaiata situati a Messina
(Italia), da cui si osserva l’identica conformazione strutturale di numerosi immobili, a
ulteriore conferma della diffusione che ha avuto questa tipologia strutturale a partire dal
1909. La muratura confinata o intelaiata (Figura 5.1-2) costituisce una tipologia
strutturale resistente molto differente rispetto alla muratura convenzionale (senza
cordoli verticali); l’intelaiatura, infatti, conferisce duttilità alla risposta sismica dei
pannelli poiché ne mantiene l’integrità strutturale permettendo elevate deformazioni
anelastiche e consente lo sviluppo di meccanismi resistenti non possibili nelle murature
semplici (D'Amore, 2007).
143
Figura 5.1-1 - Edifici in muratura situati a Messina. In basso a destra è riportato un particolare della muratura
144
Figura 5.1-2 – Fasi costruttive della muratura intelaiata (D'Amore, 2007).
Si ricorda che la collaborazione tra muratura e intelaiatura in c.a. è rilevante proprio per
le modalità di esecuzione di queste strutture; infatti, a differenza dei telai in cemento
armato tamponati (costruiti in due tempi: telaio e tamponature), l’intelaiatura e la
muratura di un edificio in muratura confinata vengono realizzati contemporaneamente
(Figura 5.1-2); ciò consente di ridurre la possibilità di separazione tra gli elementi
durante la sollecitazione sismica e di aumentare notevolmente l’attrito tra muratura ed
intelaiatura e quindi la mutua azione tra gli elementi.
La valutazione della vulnerabilità sismica delle costruzioni richiede informazioni sul
sistema costruttivo da verificare, sulla geometria delle opere e sulle caratteristiche
meccaniche ed elastiche dei materiali. Si tratta di dati reperibili con onerose campagne
d’indagini da condursi su ogni singolo edificio da analizzare.
Il modello (oggetto di studio) si attiene a quello proposto in (D'Amore, 2007) il quale
deriva da indagini effettuate su un’ampia popolazione di edifici individuando delle
“classi” di strutture accomunate dal medesimo sistema costruttivo e da rilevanti
similitudini strutturali. E’ stato possibile approfondire lo studio analitico e sperimentale
del modello, per poi valutare, con ulteriori informazioni aggiuntive, l’affidabilità sismica
mediante la costruzione delle Curve di fragilità. In particolare, del modello, è stato
analizzato il comportamento di una singola parete muraria in direzione x eseguendo una
modellazione mediante il software Seismostruct v.5.2.2.
145
5.2 Descrizione degli edifici analizzati
In (D'Amore, 2007) è stata condotta un’indagine su un campione di 11 edifici ricadenti
all’interno di una zona della città di Reggio Calabria (zone limitrofe della Via De Nava)
per definire un “caso di studio” rappresentativo di un’ampia classe di edifici civili in M.I.
progettati e realizzati secondo le norme del tempo.
Figura 5.2-1 - Individuazione della zona di studio
Dall’analisi è emerso che i fabbricati sono tutti composti da due piani fuori terra; le
pareti perimetrali del pian terreno sono costruite in mattoni pieni o con blocchi di
laterizi; tutte le altre con blocchi forati di cemento o di laterizi forati della grossezza
risultante dal progetto. L’altezza d’interpiano in tutti i casi esaminati è pari a 3.90 m per
il piano terra e 3.80 m per il primo piano. Le strutture portanti verticali per il primo
piano sono costituite da montanti in cemento armato (40 x 40) posti a una distanza non
superiore ai 5 m e per il primo II da montanti (30 x 30) in prosecuzione ai primi. Detti
pilastri allineati nelle sezioni trasversali e longitudinali, sono collegati da travi orizzontali
disposte su tre piani e rispettivamente costituenti: il telaio di base, il telaio di
marcapiano e il telaio di sommità.
Le figure successive mostrano alcuni particolari dell’armatura disposta nelle travi di
collegamento di alcuni edifici oggetti di studio.
146
Figura 5.2-2 - Trave del primo piano.
Figura 5.2-3 - Trave di copertura.
Figura 5.2-4 - Trave di fondazione.
147
5.3 Caratteristiche del caso di studio analizzato
L’edificio di riferimento proposto come caso di studio, è riportato in (Figura 5.3-1). Esso
presenta due elevazioni con pianta a sezione rettangolare i cui lati hanno lunghezze di
22,84 m e 11,77 m; la copertura è stata considerata piana non accessibile per cui non
sono stati aggiunti carichi in copertura dovuti all’eventuale presenza della terrazza.
L’indice dei pieni murari (ix e iy), espresso come il rapporto tra l’area dei maschi murari in
direzione x e y e l’area dell’impalcato, è stato assunto pari al valor medio meno una
deviazione standard, μ-σ, l’indice di trasparenza (it), pari al rapporto tra l’area dei vuoti
di ciascuna parete e l’area complessiva della stessa parete, è pari al valor medio
maggiorato della deviazione standard, μ+σ. Le percentuali d’armatura di travi e pilastri
rappresentano i valori medi del campione disponibile.
Figura 5.3-1 – Pianta al piano tipo e parete muraria
proposta come caso di studio
148
Figura 5.3-2 - Telaio analizzato
Proprietà dei materiali 5.3.1
Sulla base delle indagini in situ disponibili si assume per il cls una resistenza
caratteristica Rck=1.2 kN/cm2 quindi una resistenza cilindrica a compressione
fck=1kN/cm2, una resistenza a trazione di 0.05 kN/cm2, modulo elastico iniziale E0 pari a
2000 kN/cm2, coefficiente di Poisson υ = 0.2 , deformazione ultima limitata al 3%o , una
deformazione alla massima tensione Ɛm di 0.002219 ed un peso specifico di 25kN/m3.
Per le murature di mattoni pieni al primo piano si è assunto un valore della resistenza a
compressione pari a 0.4 kN/cm2 e pari a 0.01 kN/cm2 a trazione, un modulo elastico E0 di
400 kN/cm2, uno spessore della muratura di 30 cm e un peso specifico di 10kN/m3. Le
murature in mattoni forati al II piano sono state modellate assumendo una resistenza a
trazione di 0.01 kN/cm2 e una resistenza a compressione di 0.2 kN/cm2, un modulo
elastico Emu pari a 300 kN/cm2 , uno spessore della muratura di 22 cm e peso specifico di
10kN/m3. Per i mattoni pieni si è assunta un’altezza di 3 cm una larghezza di 22 cm ed
uno spessore di 7.5 cm aventi una resistenza a compressione pari a 2.62 kN/cm2 e pari a
0.28 kN/cm2 a trazione ed un modulo elastico Em di 1298 kN/cm2.
Per l’acciaio degli elementi in c.a. si assume un comportamento elasto-plastico con
tensione di snervamento pari a 24 kN/cm2, modulo di elasticità Es di 200.000 MPa, una
deformazione ultima Ɛu di 0.253 ed peso specifico di 78kN/m3.
149
Le principali caratteristiche del caso di studio proposto sono:
B [m] 22.83
L [m] 11.77
A [m] 287.87
H1 [m] 3.90
H2[m] 3.80
Px [m] 4.34
Py [m] 4.35
ix = μx - σx [%] Piano 1 5.75
Piano 2 4.31
iy = μy - σy [%] Piano 1 5.56
Piano 2 2.01
it = μx + σx [%] Piano 1 15.19
Piano 2 16.67
it = μy + σy [%] Piano 1 13.14
Piano 2 13.49 Tabella 5.3-1 - Caratteristiche principali del caso
di studio proposto
Le caratteristiche geometriche della parete muraria studiata sono:
Trave Sezione Dimensioni B X H [cm]
Zona tensionale
Ferri Area ferri [cm²]
Copertura
Mediana 30 X 35 Tesa 3φ18 7.63
Compressa 2φ14 3.07
Incastro 30 X 45 Tesa 2φ18 + 2φ14 8.16
Compressa 1φ18 + 2φ14 3.54
Piano 1
Mediana 40 X 55 Tesa 3φ25 7.63
Compressa 2φ14 3.07
Incastro 40 X 70 Tesa 2φ25 + 2φ14 8.16
Compressa 1φ25 + 2φ8 3.54
Piano 2
Mediana 40 X 50 Tesa 4φ16 7.63
Compressa 2φ8 + 2φ14 3.07
Incastro 40 X 75 Tesa 2φ18+2φ12+2φ14+2φ16 8.16
Compressa 2φ16 3.54 Tabella 5.3-2 - Caratteristiche geometriche delle travi e armatura
Pilastri piano I 40 X 40 Af = A’f 2φ25 981.25
Pilastri piano II 30 X 30 Af = A’f 2φ18 508.68
150
Carichi agenti 5.3.2
Si analizzano dunque i carichi permanenti gravanti sulla struttura in esame:
1. Solaio di piano e di copertura:
Peso proprio del solaio 250 kg/m²
Peso del pavimento e del massetto 110 kg/m²
Peso dell'intonaco 30 kg/m²
Peso dei tramezzi 100 kg/m²
Peso delle travi secondarie 74 kg/m²
TOTALE Gsolaio 564 kg/m² Tabella 5.3-3 - Carichi verticali agenti
Il carico accidentale qk è fornito dalle NTC08 nella misura di 2,00 kN/m2 per ambienti non suscettibili di affollamento. In copertura si considera solo il carico da manutenzione qk=0,50 kN/m2.
2. Tamponature
Si sono considerati tamponamenti esterni con spessore totale di 30 cm aventi le
seguenti caratteristiche:
Carichi permanenti
Intonaco esterno g1 0,60 kN/m2
Blocco in laterizio g2 5,00 kN/m2
Intonaco grezzo g3 0,40 kN/m2
Intonaco interno g6 0,40 kN/m2
Totale Gtamp 6,40 kN/m2 Tabella 5.3-4 - Analisi dei carichi delle tamponature
3. Travi
Per il peso proprio delle travi si è assunto un peso specifico del c.a. pari a 25 KN/m3.
Carichi permanenti
Piano I (55 X 40) g 5.50 kN/m
Piano II (35 X 30) g 2.63 kN/m Tabella 5.3-5 - Analisi dei carichi delle travi
151
4. Pilastri
Per il peso proprio dei pilastri si è assunto un peso specifico del c.a. pari a 25 KN/m3.
Carichi permanenti
Piano I (40 X 40) g 4.00 kN/m
Piano II (30 X 30) g 2.25 kN/m Tabella 5.3-6 - Analisi dei carichi dei Pilastri
Si riportano di seguito i carichi unitari agenti:
Primo livello Copertura
Solaio 5,64 kN/m2 5,64 kN/m2
Totale Permanenti strutturali (G1) 5,64 kN/m2 5,64 kN/m2
Intonaco esterno 0,60 kN/m2 0,60 kN/m2
Blocco in laterizio 5,00 kN/m2
Intonaco grezzo 0,40 kN/m2
Intonaco interno 0,40 kN/m2
Totale Permanenti non strutturali (G2) 6,40 kN/m2 0,60 kN/m2
Carichi variabili d’esercizio (Qk1)
Cat. A ambienti ad uso residenziale 2,00 kN/m2 0,5 kN/m2
Carichi combinazione sismica
12.64 kN/m2 6,39 kN/m2
Tabella 5.3-7 - Riepilogo dei carichi unitari
152
Analisi dei carichi sulle travi
Il valore del carico unitario spettante a ciascuna trave vale:
qt = CG · i
Dove CG è il valore totale dei carichi gravitazionali relativi alla combinazione sismica,
calcolato in precedenza, mentre i è la larghezza della fascia di solaio spettante ad ogni
trave. Si ricava:
Travi longitudinali 1A – 1B – 1C – 1D – 1E – 1F
Trave i Primo livello Copertura
1A 2,10 25.54 kN/m 13.42 kN/m
1B 4,56 57.64 kN/m 29.14 kN/m
1C 4,56 57.64 kN/m 29.14 kN/m
1D 4,56 57.64 kN/m 29.14 kN/m
1E 4,56 57.64 kN/m 29.14 kN/m
1F 2,10 25.54 kN/m 13.42 kN/m Tabella 5.3-8 - Carichi agenti sulle travi
153
Calcolo dei pesi sismici:
La normativa prescrive di determinare i pesi sismici sommando ai carichi permanenti Gk
le azioni variabili Qk ridotte mediante il coefficiente di combinazione dell’azione variabile
Ψ2j. Gli effetti dell’azione sismica saranno valutati in relazione alle masse associate ai
seguenti carichi gravitazionali:
[5.3-1]
con:
G1 carichi permanenti da peso proprio;
G2 sovraccarichi permanenti;
Ψ2j coefficienti di combinazione pari a 0.3 ;
Qkj carichi variabili.
Incidenza solaio
Il peso proprio del solaio per il primo e secondo livello è di 5.64 kN/m2, cui si deve
aggiungere il carico accidentale Qk = 2,00 kN/m2 per ambienti a uso residenziale ridotto
attraverso il coefficiente di combinazione dell’azione variabile Ψ2j per il primo livello,
mentre 0,50 kN/m2 per la copertura. Pertanto: 1° livello: wsolaio = Gsolaio + Ψ2j · Qsolaio = 6,24 kN/m2
Ssolaio = 287.87 m2
2° livello: wsolaio = Gsolaio + Ψ2j · Qsolaio = 5,79 kN/m2
Ssolaio = 287.87 m2
Incidenza tamponature
Il peso proprio della tamponatura è Gtamp= 6,40 kN/m2 . Considerando un 25% in meno di
peso per la presenza dei vuoti (porte e finestre), che l’interpiano è pari a 3,90 m per il
primo livello e 3,80 m per il secondo livello e decurtando l’altezza delle travi, si ha:
1° livello: Itamp = 75% di
55,0
2
8,39,340,6 75% di 24,09 =18,07 kN/m
2° livello: Itamp = 75% di
35,0
2
8,340,6 75% di 11,81 =8,86 kN/m
Sviluppo tamponature = ƩIi = 6 · 11,77 + 4 · 22,83 =161,94 m
j
kjjQGGW 221
154
Incidenza travi 1° livello: Itravi = 5,50 kN/m Sviluppo travi = (6 · 11,77 + 4 · 22,83) - (0,40 · 24) = 152,34 m
2° livello: Itravi = 2,63 kN/m Sviluppo travi = (6 · 11,77 + 4 · 22,83) - (0,30 · 24) = 154,74 m
Incidenza pilastri 1° livello: Ipilastri = (0,40 · 0,40) · 25 = 4,00 kN/m 2° livello: Ipilastri = (0,30 · 0,30) · 25 = 2,25 kN/m Peso sismico del 1° livello:
Solaio Wsolaio=Ssolaio · wsolaio = 287,87 · 6,24 = 1796,31 kN 1796,31 kN
Tamponature Wtamponature=Itamp · ƩIi = 18,07 · 161,94 = 2926,26 kN 2926,26 kN
Travi Wtravi=Itravi · ƩIi = 5,50 · 152,34 = 837,87 kN 837,87 kN
Pilastri Wpilastri=npilastri · ƩIpilastri · hpil = 24 · 4,00 · 3,9 = 374,4 kN 374,40 kN
TOT 5934,84 kN
Peso sismico del 2° livello:
Solaio Wsolaio=Ssolaio · wsolaio = 287,87 · 5,79 = 1666,77 kN 1666,77 kN
Tamponature Wtamponature=Itamp · ƩIi = 8,86 · 161,94 = 1434,79 kN 1434,79 kN
Travi Wtravi=Itravi · ƩIi = 2,63 · 154,74 = 406,97 kN 406,97 kN
Pilastri Wpilastri=npilastri · ƩIpilastri · hpil = 24 · 2,25 · 1,9 = 102,6 kN 102,60 kN
TOT 3611,13 kN
Il peso sismico totale della struttura W è di 9545,97 kN. Si è assunto un peso sismico nel
telaio in esame di 9545,97/6 ovvero 1591 kN.
Nel telaio oggetto di studio, è stato applicato a ciascun nodo del primo e del secondo
piano 1/6 del peso sismico totale di ciascun livello, in altre parole (5934.84 kN/6)
applicato ai nodi del primo livello e (3611,13 kN /6) ai nodi del secondo livello.
155
5.4 Modellazione agli elementi finiti
La modellazione strutturale consente di individuare gli schemi statici che permettono di
simulare il reale comportamento della struttura. Essa consiste in un insieme di
operazioni tali da trasformare il problema fisico reale in un problema puramente
matematico. La modellazione del caso di studio è stata eseguita mediante l’ausilio del
software SeismoStruct e tutti gli elementi della struttura sono stati modellati
automaticamente agli elementi finiti dal programma. Di seguito sono riportate nel
dettaglio le sue assunzioni.
Modellazione non-lineare del calcestruzzo 5.4.1
Il calcestruzzo adottato per le sezioni delle travi e dei pilastri è quello proposto da
Mander, Priestley e Park (Mander, et al., 1988). Per il nucleo della sezione è stato scelto
un calcestruzzo confinato mentre per il copriferro è stato adottato un calcestruzzo non
confinato. Il modello del calcestruzzo, indicato in SeismoStruct con la sigla (con_ma), è
riportato in Figura 5.4-1.
Figura 5.4-1 - Modellazione del calcestruzzo in SeismoStruct- Mander et al.
Per la calibrazione del modello in SeismoStruct sono stati definiti i seguenti parametri
caratteristici: Massima tensione di compressione cilindrica fco = 10MPa, deformazione
corrispondente alla massima tensione Ɛco = 0.002219, tensione di trazione ft = 0.5MPa,
peso specifico γ = 25 kN/m3, rapporto di confinamento (riportato nel § 0) kc = 1.
156
Modellazione non-lineare delle barre di armatura 5.4.2
Per l’acciaio degli elementi in c.a. si è scelto (dai legami costitutivi proposti da
SeismoStruct) il modello proposto da Menegotto e Pinto (Figura 5.4-2) (Menegotto &
Pinto, 1973). I parametri utilizzati sono il modulo di Young E = 200000 MPa, la tensione
di snervamento fyk = 240MPa, parametro d’incrudimento tensionale μ=0.00249,
deformazione ultima
Ɛult = 0.253 e peso specifico γ =78 kN/m3.
Figura 5.4-2 - Modellazione dell'acciaio in SeismoStruct
157
Modellazione a fibre degli elementi trave e colonne 5.4.3
Gli elementi finiti adottati per schematizzare le travi e le colonne, sono stati quelli di tipo
“beam-column”. Al fine di indagare sul comportamento non lineare della struttura per
le analisi in campo non lineare tutte le sezioni degli elementi strutturali sono state
suddivise in tre zone:
Il nucleo con c.l.s. confinato;
Il copriferro con c.l.s. non confinato;
Le barre d’armatura di acciaio.
Ognuna è stata definita con fibre dalle caratteristiche fisico-meccaniche diverse. Nelle
zone dove il c.l.s. è confinato dalle staffe, sono state utilizzate delle fibre di c.l.s. con
comportamento meccanico descritto nel §5.4.1 con un fattore di confinamento (kc)
variabile in funzione dell’armatura presente nelle travi e pilastri, mentre è stato assunto
un fattore di confinamento unitario per le zone non confinate, ovvero per il copriferro
della sezione. 4 Per le barre d’armatura, sono state impiegate fibre di acciaio dal
comportamento meccanico descritto nel §5.4.2. Si veda la Figura 5.4-3 per comprendere
la suddivisione in zone della sezione proposta dal software SeismoStruct e come
vengono applicati i vari materiali alle diverse zone.
Figura 5.4-3 - Input delle proprietà della sezione
per il software SeismoStruct
In Figura 5.4-3 si nota che la zona di c.l.s. confinato è colorata in grigio scuro, mentre la
zona non confinata in grigio chiaro. Le barre d’armatura sono rappresentate con dei
tondini rossi.
4 kc = 1 indica che il grado di confinamento è nullo.
158
Per le analisi non-lineari sono stati impiegati diversi criteri prestazionali per ogni
materiale, due per il c.l.s. e due per l’acciaio.
Per qualunque tipologia di criterio prestazionale il software fornisce diverse informazioni
sulla generica fibra che ha raggiunto un determinato valore di deformazione,
indicandone posizione nella sezione e causa dell’avvenimento.
Criteri prestazionali adottati per il c.l.s. confinato:
Raggiungimento della deformazione ultima del c.l.s. (εcu)
La deformazione ultima del cls è stata posta pari a 0.0035. Per tale valore di εcu il
software considera il c.l.s. in fase di rottura, continuando l’analisi ed il
caricamento della struttura a patto che il c.l.s. sia ben confinato (Viesi, 2008);
Collasso per schiacciamento del calcestruzzo
La deformazione concernente il collasso per schiacciamento, per una qualunque
fibra di calcestruzzo confinato, è stata posta pari a 0.008.
Criterio prestazionale adottato per le barre d’armatura:
Snervamento dell’acciaio
La deformazione, per qualunque fibra d’acciaio, relativa allo snervamento è
stata posta pari a 0.00215.
Rottura dell’acciaio
La deformazione, per qualunque fibra d’acciaio, relativa alla rottura è stata
posta pari a 0.060.
Le fibre all’interno delle travi e pilastri sono state disposte in maniera tale da monitorare
istante per istante il valore di deformazione. Le fibre di controllo sono state localizzate
nei punti periferici delle sezioni situate agli estremi degli elementi strutturali, in
prossimità dell’ammorsamento fra travi e pilastri dove le tensioni, dovute all’inflessione
e di conseguenza le deformazioni sono più elevate.
Per una sezione inflessa le massime deformazioni, si hanno nei punti più distanti
dall’asse neutro, per tale motivo le fibre di controllo devono essere disposte nei quattro
spigoli delle sezioni, appena sul confine fra la zona confinata e quella non confinata (si
ammette la possibilità di espulsione del copriferro).
159
Per ogni sezione sono state disposte diverse fibre di controllo. Per ciascun elemento
finito di tipo beam (pilastri e travi) sono state adottate (come da default del programma)
200 fibre con 4 sezioni di integrazione, come mostrato in Figura 5.4-4, mentre per gli
elementi finiti di tipo truss sono state adottate (come suggerito nella guida del
programma) 100 fibre, come mostrato in Figura 5.4-5,
Figura 5.4-4 - Numero di fibre per gli elementi beam.
Le non linearità di tipo geometrico sono state considerate automaticamente dal
software garantendo la valutazione degli effetti derivanti da effetti locali
(comportamento trave-colonna) che quelle prodotte globalmente dai grandi
spostamenti, attraverso l’utilizzo di una formulazione co-rotazionale, nella quale, gli
spostamenti locali e le forze interne all’elemento sono riferiti a un sistema mobile di
corde (Viesi, 2008).
Figura 5.4-5 - Numero di fibre per gli elementi truss.
160
Modellazione dei pannelli murari 5.4.4
Per schematizzare il comportamento del pannello murario sono stati adottati due
modelli aventi travi e pilastri dalle stesse caratteristiche geometriche e meccaniche, e
diversa schematizzazione dei pannelli murari. Il primo modello e nel seguito chiamato
“Modello ad un puntone” è costituito da un semplice puntone diagonale equivalente ed
il secondo a doppio puntone diagonale equivalente (Figura 5.4-6) chiamato in seguito
“Modello a due puntoni”. Nel primo modello le diagonali di muratura equivalenti sono
sempre convergenti nei nodi d’intersezione travi-pilastri, mentre nel secondo modello
questo non avviene; in questo caso le parti interessate al collegamento con i puntoni
equivalenti sono sia i nodi d’intersezione trave-colonna che i nodi all’estremità superiore
ed inferiore dei pilastri (Figura 5.4-6). Le caratteristiche geometriche dei pannelli murari
sono riportate in Tabella 5.4-1.
Figura 5.4-6 - Modelli del telaio con singole bielle equivalenti a sinistra (modello ad un puntone),
e con doppie bielle equivalenti a destra (modello a due puntoni).
161
unità Parete 1°Piano
Sinistra Parete 2°Piano
Sinistra Parete 1° Piano
Centrale Parete 2° Piano
Centrale Parete 2°Piano
Destra
H1 m 3.9 3.80 3.90 3.80 3.90
H m 3.625 3.90 3.625 3.90 3.625
hw m 3.35 3.45 3.35 3.45 3.35
Lep m 4.6 4.60 3.38 3.38 4.59
Lw m 3.8 4.00 2.58 2.78 3.79
dw m 5.07 5.28 4.23 4.43 5.06
tw m 0.30 0.22 0.30 0.22 0.30
dm m 4.66 4.95 4.06 4.08 4.65
Tabella 5.4-1 - Caratteristiche geometriche dei pannelli murari
Avendo indicato con H1 l’altezza tra la quota del terreno ed il primo piano, con H
l’altezza tra gli assi delle travi, con Lep la lunghezza esterna fra i pilastri, con hw , Lw , dw ,
tw , l’altezza interna, la lunghezza interna, la diagonale interna e lo spessore del pannello
murario rispettivamente e con dm la lunghezza del puntone (strut) (Figura 4.5-9).
Come si nota dalla Tabella 5.4-1, lo spessore dei pannelli murari del primo e del secondo
piano è rispettivamente di 30 e 22 cm. I laterizi esenti da fori hanno dimensioni
5,5X11X25 cm e la malta cementizia della muratura possiede una resistenza a
compressione pari a 5 MPa.
Per il puntone equivalente di muratura si è assunta una reazione a compressione e
trazione, non considerando l’eventuale forza di taglio trasmessa dalla muratura come
riportata in (Crisafulli, 1997). Per il ciclo d’isteresi a compressione/trazione del puntone
di muratura equivalente (Figura 5.4-7) è stato adottato il modello di Mander, Priestley e
Park (§0) con kc unitario. In particolare si è assunto un modulo iniziale di Young E =
10005,1 kg/cm2 in accordo con l’equazione [4.5-20], una tensione di resistenza a
compressione fmθ = 10 kg/cm2 in accordo con l’equazione [4.5-21], una tensione di
resistenza a trazione ft = 1 kg/cm2, una deformazione alla massima tensione Ɛm = 0.002,
un peso specifico γ = 10 kN/m3.
162
Figura 5.4-7 - Ciclo d'isteresi per il puntone equivalente
L’area del puntone è stata calcolata dal prodotto dello spessore tw per la larghezza
equivalente del puntone bw calcolata in accordo con (Mainstone, 1971) mediante la
relazione [4.5-4]. Si precisa che per modellare l’intero telaio, sono stati adottati sei
pannelli murari diversi in funzione delle caratteristiche geometriche e meccaniche e
quindi sei modellazioni come quella appena esposta.
La modellazione delle aperture è stata eseguita in accordo con (Asteris & ASCE, [2003])
(valutando la posizione e la percentuale di apertura rispetto all’area totale del pannello)
per la valutazione della rigidezza relativa tra pannello murario e telaio circostante, e con
(Al-Chaar, 2002) per valutare la riduzione di area equivalente del puntone. Il pannello
centrale del primo piano, presenta un apertura con area di 2.86 m2 e quindi una
percentuale di apertura rispetto all’area totale del 33% (Area totale = 8.64 m2). Il
pannello del secondo piano invece presenta area di 1.82 m2 e quindi una percentuale di
apertura rispetto all’area totale del 19% (Area totale = 9.59 m2). Il fattore di riduzione
della rigidezza relativa (Figura 4.5-30) è risultato pari a 0.23 per il primo piano e 0.40 per
il secondo. La larghezza del puntone ridotta è stata valutata mediante la relazione
[4.5-44] ed è risultata pari a 0.159 per il pannello a primo piano e 0.16 per quello del
secondo. L’area del puntone equivalente quindi è stata valutata dal prodotto dello
spessore del pannello murario per l’area del puntone ridotta appena citata. Si riportano
in Tabella 5.4-2 i parametri utilizzati per ciascuna parete:
163
unità Parete 1°Piano
Sinistra Parete 2°Piano
Sinistra Parete 1° Piano
Centrale Parete 2° Piano
Centrale Parete 1°Piano
Destra Parete 2°Piano
Sinistra
A1 m2 0.2619 0.1549 0.0915 0.1433 0.2615 0.1547
hz m 0.436 0.36 0.26 0.25 0.44 0.36
γ kN/m3 10.0 10.0 10.0 10.0 10.0 10.0
t m 0.30 0.22 0.30 0.22 0.30 0.22
Ɛ'm - 0.002 0.002 0.002 0.002 0.002 0.002
μ - 0.516 0.516 0.516 0.516 0.516 0.516
τ0 kN/m2 271 271 271 271 271 271
τmax kN/m2 1.45 1.45 1.45 1.45 1.45 1.45 Tabella 5.4-2 - Parametri utilizzati per la modellazione dei pannelli murari.
In Figura 5.4-9 è riportato il risultato finale della modellazione. Il nodo evidenziato in
rosso servirà come punto di controllo nelle analisi statiche non lineari .
Figura 5.4-8 - Modello 1 - Con un puntone (Output SeismoStruct).
Figura 5.4-9 – Modello 2 – Con doppio puntone (Output SeismoStruct).
Nodo di controllo
164
Calibrazione del modello analitico 5.4.5
Le analisi vengono svolte utilizzando un semplice macromodello con elementi diagonali.
I parametri del modello vengono ricavati con le espressioni riportate nel §4.5.2. Per
verificare la credibilità della modellazione le previsioni del modello vengono confrontate
con i risultati delle prove sperimentali di Crisafulli (Crisafulli, 1997).
In Figura 5.4-10, si riportano le proprietà del prototipo soggetto a prove cicliche a
spostamenti imposti secondo il protocollo di prova riportato in Figura 5.4-11.
Figura 5.4-10 – Geometria e proprietà del prototipo (Crisafulli, 1997)
165
Figura 5.4-11 - Time History degli spostamenti (Crisafulli, 1997).
Il prototipo è costituito da una trave e due colonne in c.a. dalle dimensioni
rispettivamente pari a 0.15 X 0.15 m, e 0.2 X 0.15 m. Le proprietà del calcestruzzo e
dell’acciaio sono riportate in Tabella 5.4-3, Tabella 5.3-4Tabella 5.4-4 e Tabella 5.4-5,
mentre le proprietà della muratura in Tabella 5.4-6.
Resistenza cilindrica a compressione
fC 31200 [kPa]
Resistenza a trazione ft 0
Deformazione alla massima tensione
ƐC 0.002[m/m]
Fattore di confinamento kC 1.2 Tabella 5.4-3 - Proprietà del calcestruzzo confinato
Resistenza cilindrica a compressione
fC 31200 [kPa]
Resistenza a trazione ft 0
Deformazione alla massima tensione
ƐC 0.002[m/m]
Fattore di confinamento kC 1.02 Tabella 5.4-4 - Proprietà del calcestruzzo non confinato
Tensione di snervamento
fy 323000 [kPa]
Modulo di Young ES 2.0700E+008 [KPa]
Rapporto di incrudimento
μ 0.004
Tabella 5.4-5 - Proprietà dell'acciaio
166
unità
Resistenza a trazione ft kN/m2 0.1
Resistenza a compressione fm kN/m2 950
Modulo di Young Em kN/m2 1100000
Area Puntone A1 A1 m2 0.1
Area puntone A2 A2 = %A1 % 70
Lunghezza di contatto equivalente hz % 7
Offset orizzontale X0 % % 5
Offset verticale Y0 % % 5
Rigidezza assegnata al taglio γS - 50.0
Peso specifico γ kN/m3 10.0
Spessore t m 0.09
Deformaziona alla max tensione Ɛ'm - 0.001
Deformazione ultima Ɛu - 0.02
Deformazione di chiusura Ɛcl - 0.002
Costante γun - 2.00
Costante αre - 1.50
Deformazione (area puntone A1) Ɛ1 - 0.0004
Deformazione (area puntone A2) Ɛ2 - 0.0008
Costante αch - 0.6
Costante βa - 2.00
Costante γplr - 1.10
Costante ex1 - 1.50
Costante ex2 - 1.00
Costante βch - 0.7
Fattore di ricarico della rigidezza γplu - 1.00
Fattore di riduzione del taglio αs - 1.6
Coefficiente di attrito μ - 0.2
Tensione di adesione τ0 kN/m2 50
Tensione tangenziale massima τmax kN/m2 200
Tabella 5.4-6 - Proprietà del pannello murario. I diversi coefficienti in tabella sono relativi al modello di Crisafulli (Crisafulli, 1997)
Le previsioni del modello analitico sono confrontate in Figura 5.4-16 con i risultati
sperimentali.
167
Figura 5.4-12 - Risultati dai test sperimentali di Crisafulli (Crisafulli, 1997)
Figura 5.4-13 - Risultati del modello ad un puntone
Figura 5.4-14 - Risultati del modello a due puntoni
168
Figura 5.4-15 - Sovrapposizione delle curve cicliche. In rosso il modello ad un puntone, in nero il modello a due puntoni
Figura 5.4-16 - Sovrapposizione delle curve delle prove sperimentali e dei modelli analitici. In blu quelli
sperimentali, in rosso il modello con un puntone, in nero il modello con due puntoni.
I risultati di questo confronto mostrano che il semplice modello a puntoni è in grado di
cogliere gli aspetti essenziali della risposta ciclica quali il valore del taglio alla base ed il
progressivo degrado di resistenza e rigidezza cicliche.
169 CAPITOLO 6 - Valutazione dell’affidabilità sismica delle murature confinate
CAPITOLO 6 - Valutazione dell’affidabilità sismica delle murature confinate
6.1 Affidabilità strutturale: Applicazione al caso di studio
Per determinare l’affidabilità sismica delle strutture in muratura confinata, è richiesta la
conoscenza della risposta del complesso strutturale in termini di Domanda e Capacità.
Oggetto di questo capitolo è l’applicazione delle tecniche e procedure esposte nei
paragrafi precedenti, al fine analizzare il comportamento di una struttura nei confronti
dell’azione sismica e di stimarne i livelli prestazionali espressi in termini di frequenza
annua media di superamento. Adottando come Domanda l’accelerazione spettrale
corrispondente al periodo principale della struttura, indicato con Sa(T1), e come Capacità
il massimo spostamento di interpiano (MIDR), sono state eseguite diverse analisi
dinamiche incrementali (IDA), facendo uso delle registrazioni accelerometriche
opportunamente selezionate dal database dell’European Strong Motion e riportate in
Appendice A. Sono state ricavate successivamente le Curve di Fragilità mediante
l’approccio di Jalayer (Jalayer, et al., 2007) (§3.2.1), che forniscono la base per calcolare
la frequenza media annua di superamento di opportuni stati limite. L’analisi del
comportamento sismico del caso di studio, è stata eseguita mediante l’ausilio di due
software:
1. SeismoStruct v.5.2.2, con licenza “Academic” rilasciata dalla Seismosoft
(http://www.seismosoft.com), per il calcolo del modello agli elementi finiti;
2. Rexel v.3.4 (beta), sviluppato dal dipartimento di Ingegneria strutturale
dell’università di Napoli Federico II e liberamente scaricabile da internet
(http://www.reluis.it), per la selezione degli accelerogrammi naturali spettro-
compatibili.
170 CAPITOLO 6 - Valutazione dell’affidabilità sismica delle murature confinate
Diagramma di flusso della procedura implementata 6.1.1La parte applicativa è stata così articolata:
I Fase: Modellazione strutturale agli elementi finiti del caso di studio con l’ausilio del software SeismoStruct v 5.2.2;
II Fase: Selezione degli accelerogrammi naturali dal database dell’European
Strong-Motion mediante l’ausilio del software Rexel v 3.4; III Fase: Esecuzione dell’analisi modale, pushover e dinamiche incrementali; IV Fase: Elaborazione dei risultati mediante foglio di calcolo Matlab.
Nella pagina successiva viene riportata una flow chart delle procedure eseguite:
171 CAPITOLO 6 - Valutazione dell’affidabilità sismica delle murature confinate
Tipologia strutturale (caso di studio)
Esecuzione delle Analisi dinamiche incrementali “IDA” mediante
Seismostruct
RISULTATI
Curve IDA in termini di Accelerazione spettrale Sa(T
1) corrispondente al
periodo fondamentale della struttura e MIDR (Maximum Interstorey
Drift)
Costruzione delle Curve di fragilità con il metodo Jalayer e Pinto
Curve IDA in termini di Accelerazione
spettrale Sa(T1)
corrispondente al periodo
fondamentale della struttura e
Rapporto Domanda/Capacità Y
Istogramma del numero di spettri
all’interno di diversi range
spettrali
Frequenza annua media di superamento
di un determinato stato limite H
LS
Set di 7 accelerogrammi dall’European Stron Motion
selezionati mediante software Rexel
Telaio nudo Pannelli murari +
Modellazione strutturale agli elementi finiti con plasticità diffusa mediante Software “Seismostruct”
Analisi dinamica incrementale IDA in termini di MIDR e Taglio alla base
Implementazione in Matlab di un algoritmo per la creazione di:
172 CAPITOLO 6 - Valutazione dell’affidabilità sismica delle murature confinate
Analisi modale 6.1.2
Il calcolo dei modi è eseguito dal programma di calcolo utilizzando il metodo di Lanczos.
Nelle tabelle successive si riporta l’output del programma relativo ai periodi
fondamentali e le relative masse partecipanti. Modello ad un puntone:
Mode Period Frequency Angular Frequency
(sec) (Hertz) (rad/sec)
1 0.174951 5.715879 35.91393
2 0.080278 12.45673 78.26795
3 0.055167 18.12671 113.8935
4 0.053328 18.75183 117.8212
5 0.050882 19.65326 123.485
6 0.045533 21.96219 137.9925
7 0.034441 29.03486 182.4314
8 0.043065 23.22085 145.9009
9 0.038942 25.6791 161.3465
10 0.037582 26.60822 167.1844 Tabella 6.1-1 - Periodi e frequenze modali
Mode Period Ux Uy Uz
(sec) - - -
1 0.174951 12.5854 0 0.0001
2 0.080278 4.9339 0 -0.0004
3 0.055167 -0.0006 0 12.5668
4 0.053328 -0.1805 0 -0.0505
5 0.050882 0.0002 0 1.0308
6 0.045533 0.281 0 -0.0077
7 0.034441 -0.1238 0 0.0087
8 0.043065 0.0005 0 1.0445
9 0.038942 0.0005 0 1.6251
10 0.037582 0.0014 0 0.5971 Tabella 6.1-2 – Fattori di partecipazione modali
173 CAPITOLO 6 - Valutazione dell’affidabilità sismica delle murature confinate
Mode Period Massa Individuale Massa cumulativa
(sec) Ux Uy Uz Ux Uy Uz
- - - - - -
1 0.174951 158.3933 0 0 158.3933 0 0
2 0.080278 24.34365 0 0 182.7369 0 0
3 0.055167 0 0 157.9256 182.7369 0 157.9256
4 0.053328 0.032566 0 0.002546 182.7695 0 157.9282
5 0.050882 0 0 1.06262 182.7695 0 158.9908
6 0.045533 0.078974 0 0.000059 182.8484 0 158.9908
7 0.034441 0.015332 0 0.000076 182.8638 0 158.9909
8 0.043065 0 0 1.09089 182.8638 0 160.0818
9 0.038942 0 0 2.640912 182.8638 0 162.7227
10 0.037582 0.000002 0 0.356547 182.8638 0 163.0793 Tabella 6.1-3 – Massa modale effettiva traslazionale
Mode Period Massa Individuale Massa cumulativa
(sec) Ux Uy Uz Ux Uy Uz
- - - - - -
1 0.174951 86.54% - 0.00% 86.54% - 0.00%
2 0.080278 13.30% - 0.00% 99.85% - 0.00%
3 0.055167 0.00% - 86.29% 99.85% - 86.29%
4 0.053328 0.02% - 0.00% 99.86% - 86.29%
5 0.050882 0.00% - 0.58% 99.86% - 86.87%
6 0.045533 0.04% - 0.00% 99.91% - 86.87%
7 0.034441 0.01% - 0.00% 99.92% - 86.87%
8 0.043065 0.00% - 0.60% 99.92% - 87.47%
9 0.038942 0.00% - 1.44% 99.92% - 88.91%
10 0.037582 0.00% - 0.19% 99.92% - 89.11% Tabella 6.1-4 – Massa modale effettiva traslazionale percentuale
174 CAPITOLO 6 - Valutazione dell’affidabilità sismica delle murature confinate
Figura 6.1-1 - Primo modo di vibrare T = 0.175 (sec)
Figura 6.1-2 - Secondo modo di vibrare T = 0.08 (sec)
Figura 6.1-3 - Terzo modo di vibrare T = 0.055 (sec)
175 CAPITOLO 6 - Valutazione dell’affidabilità sismica delle murature confinate
Modello a due puntoni:
Mode Period Frequency Angular Frequency
(sec) (Hertz) (rad/sec)
1 0.172045 5.812422 36.52052
2 0.078505 12.738 80.03521
3 0.056799 17.60583 110.6207
4 0.054053 18.50031 116.2409
5 0.051236 19.51734 122.6311
6 0.045919 21.77751 136.8321
7 0.043059 23.22374 145.9191
8 0.038183 26.18997 164.5565
9 0.032357 30.9051 194.1824
10 0.030644 32.6331 205.0398 Tabella 6.1-5 - Periodi e frequenze modali
Mode Period Ux Uy Uz
(sec) - - -
1 0.172045 12.5589 0 0.0267
2 0.078505 5.0177 0 -0.0214
3 0.056799 -0.0073 0 12.412
4 0.054053 0.1402 0 -2.4128
5 0.051236 0.0431 0 0.8728
6 0.045919 0.267 0 0.4074
7 0.043059 0.0005 0 1.0485
8 0.038183 -0.0072 0 0.8335
9 0.032357 0.0048 0 -2.1919
10 0.030644 0.1233 0 0.0602 Tabella 6.1-6 – Fattori di partecipazione modali
176 CAPITOLO 6 - Valutazione dell’affidabilità sismica delle murature confinate
Mode Period Massa Individuale Massa cumulativa
(sec) Ux Uy Uz Ux Uy Uz
- - - - - -
1 0.172045 157.7248 0 0.000712 157.7248 0 0.000712
2 0.078505 25.17687 0 0.000459 182.9017 0 0.00117
3 0.056799 0.000054 0 154.0588 182.9017 0 154.06
4 0.054053 0.019654 0 5.821434 182.9214 0 159.8814
5 0.051236 0.001858 0 0.761732 182.9232 0 160.6432
6 0.045919 0.071305 0 0.165978 182.9945 0 160.8091
7 0.043059 0 0 1.099271 182.9945 0 161.9084
8 0.038183 0.000052 0 0.6948 182.9946 0 162.6032
9 0.032357 0.000023 0 4.804294 182.9946 0 167.4075
10 0.030644 0.015214 0 0.003629 183.0098 0 167.4111 Tabella 6.1-7 – Massa modale effettiva traslazionale
Mode Period Massa Individuale Massa cumulativa
(sec) Ux Uy Uz Ux Uy Uz
- - - - - -
1 0.062027 35.33% - 0.01% 35.33% - 0.01%
2 0.056705 0.12% - 84.18% 35.45% - 84.19%
3 0.052327 13.14% - 2.12% 48.60% - 86.31%
4 0.044682 29.98% - 0.02% 78.57% - 86.33%
5 0.04957 0.56% - 0.55% 79.14% - 86.89%
6 0.032438 0.00% - 2.54% 79.14% - 89.43%
7 0.030649 0.00% - 0.00% 79.14% - 89.43%
8 0.027184 0.00% - 2.01% 79.14% - 91.44%
9 0.024838 5.30% - 0.00% 84.44% - 91.44%
10 0.026461 0.02% - 0.00% 84.46% - 91.44% Tabella 6.1-8 – Massa modale effettiva traslazionale percentuale
177 CAPITOLO 6 - Valutazione dell’affidabilità sismica delle murature confinate
Figura 6.1-4 - Primo modo di vibrare T = 0.172 (sec)
Figura 6.1-5 - Secondo modo di vibrare T = 0.078 (sec)
Figura 6.1-6 - Terzo modo di vibrare T = 0.057 (sec)
178 CAPITOLO 6 - Valutazione dell’affidabilità sismica delle murature confinate
Definizione dell’azione sismica locale 6.1.3
Si è valutata la risposta della struttura con riferimento alla località di Reggio Calabria
(Italia), del quale si conoscono i seguenti parametri:
Latitudine: 38.172403°
Longitudine: 15.645569°
Classe del terreno di sottofondo: C
Categoria topografica: T1
Vita nominale: 50 anni
Classe d’uso: II
Stato limite: SLV
Componente dell’azione orizzontale
Lo spettro di risposta elastico della componente orizzontale dell’accelerazione è
riportato in Figura 6.1-7. Esso presenta un’accelerazione massima attesa pari a 0.35g,
amplificazione massima 0.84g e un periodo di inizio del ramo a velocità costante pari a
0.56 s.
Figura 6.1-7 - Spettro elastico della componente orizzontale (Output Rexel)
Gli accelerogrammi utilizzati, sono stati accuratamente selezionati dal database
dell’European Strong Motion e si riferiscono ad una magnitudo 5 “M ” compresa tra 5.35
e 7.5 con una distanza più vicina dalla faglia di rottura “r ” compresa tra 0 e 10 km per
5 L’individuazione della coppia magnitudo-distanza per la località in esame è stata
ottenuta mediante il programma Rexel.
179 CAPITOLO 6 - Valutazione dell’affidabilità sismica delle murature confinate
un terreno di tipo C con riferimento a sei località: Buia (Friuli-Venezia-Giulia), Kalamata
(Grecia), South Iceland (Islanda), Dinar (Turchia), Gulf of Corinth (Grecia) e Montenegro.
Figura 6.1-8 - Disaggregazione della pericolosità sismica per la località
di Reggio Calabria per un periodo di ritorno di 475 anni (SLV) (output Rexel)
I dati relativi la disaggregazione della pericolosità sismica si riferiscono a due ordinate
spettrali: 0 s (PGA) e 1 s. Dai dati ottenuti le coppie di magnitudo 5.3÷7.5 M e distanze
di 0÷10 Km sono quelle che con maggiore probabilità causano l’accelerazione al suolo
del sisma di progetto. La selezione ottimale sarebbe quella di accelerogrammi con
uguale classe di sottosuolo in quanto essi potrebbero replicare tutti gli aspetti legati alla
modifica del segnale dovuta alla risposta sismica locale. Tuttavia, la ricerca con questa
impostazione non ha fornito risultati per cui si è optato per la ricerca di segnali con
qualsiasi classificazione del sito. Comunque, si rimarca che l’informazione relativa alla
microzonazione sismica resta contenuta all’interno dello spettro target.
Per la selezione degli accelerogrammi naturali il programma ha rilevato la presenza di 44
registrazioni secondo due direzioni ortogonali relative a 30 eventi sismici distinti
caratterizzati da magnitudo e distanza compatibili con l’intervallo di ricerca.
180 CAPITOLO 6 - Valutazione dell’affidabilità sismica delle murature confinate
Figura 6.1-9 - Plot preliminare dei segnali sismici compatibili rilevati e relativo spettro medio
La compatibilità dell’ordinata spettrale media degli accelerogrammi (Average spectrum)
con lo spettro di riferimento delle NTC (Target Spectrum) è garantita nell’intervallo 0.15
– 2 sec fino a un massimo del 10% in difetto come indicato nelle norme (Eurocodice 8,
2004), (OPCM, 20 Marzo 2003), inoltre il limite superiore dello stesso scarto è stato
posto pari al 30%.
Dato l’esiguo numero degli accelerogrammi disponibili, sette, è stato necessario lavorare
con degli accelerogrammi scalati rispetto alla PGA, com’è intuibile dall’analisi della
stessa Figura 6.1-9. La Figura 6.1-11 mostra l’output fornito dal programma con le
relative registrazioni sismiche selezionate con relativo fattore scala, mentre in Tabella
6.1-9 vengono riportati tutti gli accelerogrammi selezionati e utilizzati nelle analisi
successive.
181 CAPITOLO 6 - Valutazione dell’affidabilità sismica delle murature confinate
Figura 6.1-10 - Limiti di compatibilità dell'ordinata spettrale media (Output Rexel)
Figura 6.1-11 - Accelerogrammi selezionati e relativo spettro medio con
evidenziato lo spettro di riferimento e i relativi limiti di compatibilità (Output Rexel)
182 CAPITOLO 6 - Valutazione dell’affidabilità sismica delle murature confinate
ID Earthquake Date M Fault
Mechanism Epicentral
Distance [km] PGA_X [m/s
2]
PGA_Y [m/s
2]
EC8 Site class
63 Friuli
(aftershock) 15/09/76 6 thrust 9 1.0686 0.9324 C
192 Kalamata 13/09/86 5.9 normal 10 2.1082 2.9095 B
1635 South
Iceland 17/06/00 6.5 strike slip 7 6.1359 5.018 B
192 Kalamata 13/09/86 5.9 normal 10 2.1082 2.9095 B
349 Dinar 01/10/95 6.4 normal 8 2.6739 3.1306 C
280 Gulf of Corinth
04/11/93 5.3 normal 10 0.6725 1.0199 B
108 Montenegro (aftershock)
24/05/79 6.2 thrust 8 1.1723 2.6239 B
mean:
6.03
8.85714 2.2771 2.6491
Tabella 6.1-9 - Registrazioni accelerometriche per 5.3 ≤ M ≤ 7.5 e 0 ≤ r ≤ 10 km selezionati dal database del E.S.M.
Tutti gli accelerogrammi sono riportati graficamente in Appendice A.
183
Risultati delle analisi statiche non lineari 7.1.1
In Figura 6.1-1 sono mostrate le curve pushover in termini di taglio alla base [kN], lungo
le ordinate, e spostamento di un punto di controllo [m] (definito nel §5.4.4), lungo le
ascisse, per i casi studiati.
Figura 6.1-1 - Curva di Pushover. Modello ad un puntone (curva in nero),
modello a due puntoni (curva in rosso)
Confrontando le due curve si osserva che la rigidezza iniziale delle due strutture coincide
fino al raggiungimento di Tb = 270 kN per uno spostamento in testa alla struttura di 0.5
cm. Per spostamenti maggiori, la rigidezza di entrambi inizia a decrescere garantendo
comunque un incremento di resistenza fino al picco di 473 [kN] per il modello ad un
puntone e 400 [kN] per il modello a due puntoni, con spostamenti rispettivamente di 5
cm e 3,5 m. La differenza sostanziale si nota per la capacità di deformazione post-picco
in quanto mentre per il modello ad un puntone lo spostamento ultimo è di 30 cm per i
modello a due puntoni si ha 4,2 cm con una differenza dell’86%. Per ciascun modello, il software ha individuato il raggiungimento dei criteri prestazionali (§5.4.3) riportati di seguito:
0
50
100
150
200
250
300
350
400
450
500
0.00 0.02 0.04 0.06 0.08 0.10 0.12 0.14 0.16 0.18 0.20 0.22 0.24 0.26 0.28 0.30
Tagl
io a
lla b
ase,
Tb [
kN]
Spostamenti [m]
Analisi Pushover
184
Modello ad un puntone:
#####################################################
Performance Criteria (Output SeismoStruct)
---------------------------------------------
Otpt No: 3 LF= 0.05024, yield reached. Elm: b-ni3-13-ni3-14.
Steel Strain = 0.003676 - Sec(3)
Otpt No: 4 LF= 0.07179, yield reached. Elm: bni13-ni14. Steel
Strain = 0.005894 - Sec(3)
Otpt No: 4 LF= 0.07179, yield reached. Elm: b111-i11. Steel
Strain = 0.003466 - Sec(0)
Otpt No: 5 LF= 0.09274, yield reached. Elm: b111-i11. Steel
Strain = 0.00268 - Sec(1)
Otpt No: 5 LF= 0.09274, yield reached. Elm: bn211-ni2-11. Steel
Strain = 0.002266 - Sec(0)
Otpt No: 6 LF= 0.11389, yield reached. Elm: b112-ni21. Steel
Strain = 0.004058 - Sec(0)
Otpt No: 7 LF= 0.13531, yield reached. Elm: col-310-311. Steel
Strain = 0.002353 - Sec(0)
Otpt No: 7 LF= 0.13531, yield reached. Elm: b112-ni21. Steel
Strain = 0.002932 - Sec(1)
Otpt No: 8 LF= 0.15662, yield reached. Elm: col-310-311. Steel
Strain = 0.002387 - Sec(3)
Otpt No: 9 LF= 0.17806, yield reached. Elm: col-210-211. Steel
Strain = 0.002458 - Sec(0)
Otpt No: 9 LF= 0.17806, yield reached. Elm: col-311-312. Steel
Strain = 0.002637 - Sec(0)
Otpt No: 9 LF= 0.17806, yield reached. Elm: col-311-312. Steel
Strain = 0.002624 - Sec(3)
Otpt No: 10 LF= 0.19957, yield reached. Elm: b111-i11. Steel
Strain = 0.002543 - Sec(2)
Otpt No: 10 LF= 0.19957, yield reached. Elm: col-211-212. Steel
Strain = 0.002752 - Sec(3)
Otpt No: 10 LF= 0.19957, yield reached. Elm: col-410-411. Steel
Strain = 0.002263 - Sec(0)
Otpt No: 12 LF= 0.24186, fracture reached. Elm: b-ni3-13-ni3-14.
Steel Strain = 0.061428 - Sec(3)
Otpt No: 13 LF= 0.26332, yield reached. Elm: bn211-ni2-11. Steel
Strain = 0.002606 - Sec(1)
Otpt No: 13 LF= 0.26332, yield reached. Elm: b112-ni21. Steel
Strain = 0.00261 - Sec(2)
Otpt No: 13 LF= 0.26332, yield reached. Elm: b-ni3-23-ni3-24.
Steel Strain = 0.004695 - Sec(3)
Otpt No: 14 LF= 0.28412, yield reached. Elm: col-110-111. Steel
Strain = 0.00227 - Sec(0)
Otpt No: 14 LF= 0.28412, fracture reached. Elm: bn211-ni2-11. Steel
Strain = 0.061396 - Sec(0)
Otpt No: 16 LF= 0.32775, yield reached. Elm: col-211-212. Steel
Strain = 0.002185 - Sec(0)
Otpt No: 16 LF= 0.32775, crush_unc reached. Elm: col-410-411. Unc Conc
Strain = -0.003773 - Sec(0)
Otpt No: 17 LF= 0.34931, fracture reached. Elm: bni13-ni14. Steel
Strain = 0.063336 - Sec(3)
Otpt No: 17 LF= 0.34931, yield reached. Elm: b-n311-ni3-11. Steel
Strain = 0.002452 - Sec(0)
Otpt No: 18 LF= 0.37059, crush_unc reached. Elm: col-310-311. Unc Conc
Strain = -0.003649 - Sec(0)
Otpt No: 18 LF= 0.37059, crush_unc reached. Elm: col-310-311. Unc Conc
Strain = -0.003588 - Sec(3)
Otpt No: 19 LF= 0.39160, yield reached. Elm: bni13-ni14. Steel
Strain = 0.00236 - Sec(2)
Otpt No: 21 LF= 0.43235, crush_unc reached. Elm: col-210-211. Unc Conc
Strain = -0.003646 - Sec(0)
185
Otpt No: 23 LF= 0.47440, yield reached. Elm: col-111-112. Steel
Strain = 0.002254 - Sec(0)
Otpt No: 24 LF= 0.49573, yield reached. Elm: b111-i11. Steel
Strain = 0.002203 - Sec(3)
Otpt No: 25 LF= 0.51705, crush_unc reached. Elm: b-ni3-13-ni3-14. Unc
Conc Strain = -0.003536 - Sec(3)
Otpt No: 26 LF= 0.53836, yield reached. Elm: b112-ni21. Steel
Strain = 0.002298 - Sec(3)
Otpt No: 26 LF= 0.53836, yield reached. Elm: b-ni3-13-ni3-14.
Steel Strain = 0.00311 - Sec(2)
Otpt No: 30 LF= 0.62388, fracture reached. Elm: b-ni3-23-ni3-24.
Steel Strain = 0.062663 - Sec(3)
Otpt No: 32 LF= 0.66653, crush_unc reached. Elm: b-ni3-23-ni3-24. Unc
Conc Strain = -0.003655 - Sec(3)
Otpt No: 32 LF= 0.66653, crush_conf reached. Elm: col-410-411. Conf Conc
Strain = -0.0082 - Sec(0)
Otpt No: 36 LF= 0.75076, crush_unc reached. Elm: col-211-212. Unc Conc
Strain = -0.003551 - Sec(3)
Otpt No: 38 LF= 0.79252, yield reached. Elm: b-ni3-23-ni3-24.
Steel Strain = 0.002354 - Sec(2)
Otpt No: 39 LF= 0.81360, yield reached. Elm: bni23-ni24. Steel
Strain = 0.002278 - Sec(3)
Otpt No: 39 LF= 0.81360, yield reached. Elm: b-n311-ni3-11. Steel
Strain = 0.002261 - Sec(1)
Otpt No: 40 LF= 0.83448, crush_unc reached. Elm: col-110-111. Unc Conc
Strain = -0.003594 - Sec(0)
Otpt No: 41 LF= 0.85554, crush_unc reached. Elm: col-311-312. Unc Conc
Strain = -0.003501 - Sec(0)
Otpt No: 41 LF= 0.85554, crush_unc reached. Elm: col-311-312. Unc Conc
Strain = -0.003534 - Sec(3)
Otpt No: 47 LF= 0.98141, crush_unc reached. Elm: bn211-ni2-11. Unc Conc
Strain = -0.003529 - Sec(0)
Otpt No: 51 LF= 1.06592, crush_conf reached. Elm: col-310-311. Conf Conc
Strain = -0.00805 - Sec(3)
Figura 6.1-2 - Raggiungimento dei criteri prestazionali
per i diversi elementi della struttura: in azzurro la rottura per schiacciamento del calcestruzzo non confinato
in blu la rottura per schiacciamento del calcestruzzo confinato, in rosso chiaro lo snervamento dell'acciaio,
in rosso scuro la rottura dell’acciaio.
186
Modello a due puntoni:
######################################################
Performance Criteria – (Output SeiSmostruct)
---------------------------------------------
Otpt No: 7 LF= 0.01592, yield reached. Elm: col310-311ab. Steel
Strain = 0.004762 - Sec(4)
Otpt No: 8 LF= 0.01931, yield reached. Elm: col310-311ab. Steel
Strain = 0.002202 - Sec(3)
Otpt No: 13 LF= 0.03111, yield reached. Elm: col310-311bba. Steel
Strain = 0.002606 - Sec(0)
Otpt No: 15 LF= 0.03649, yield reached. Elm: col310-311bba. Steel
Strain = 0.00225 - Sec(1)
Otpt No: 17 LF= 0.04040, yield reached. Elm: b-ni3-13-ni3-14.
Steel Strain = 0.002451 - Sec(2)
Otpt No: 19 LF= 0.04496, yield reached. Elm: bni13-ni14. Steel
Strain = 0.002193 - Sec(2)
Otpt No: 25 LF= 0.05832, yield reached. Elm: col310-311bba. Steel
Strain = 0.002304 - Sec(2)
Otpt No: 27 LF= 0.06272, yield reached. Elm: b111-i11. Steel
Strain = 0.002225 - Sec(0)
Otpt No: 27 LF= 0.06272, yield reached. Elm: col310-311ab. Steel
Strain = 0.00222 - Sec(2)
Otpt No: 39 LF= 0.08904, yield reached. Elm: col211-212baa. Steel
Strain = 0.003109 - Sec(4)
Otpt No: 41 LF= 0.09342, yield reached. Elm: col310-311bba. Steel
Strain = 0.002328 - Sec(3)
Otpt No: 41 LF= 0.09342, yield reached. Elm: b112-ni21. Steel
Strain = 0.00245 - Sec(0)
Otpt No: 42 LF= 0.09560, yield reached. Elm: col211-212baa. Steel
Strain = 0.00248 - Sec(3)
Otpt No: 46 LF= 0.10432, yield reached. Elm: b111-i11. Steel
Strain = 0.002238 - Sec(1)
Otpt No: 46 LF= 0.10432, yield reached. Elm: bn211-ni2-11. Steel
Strain = 0.002459 - Sec(0)
Otpt No: 54 LF= 0.12163, yield reached. Elm: C312-N-2-C-DX-S.
Steel Strain = 0.00229 - Sec(0)
Otpt No: 55 LF= 0.12379, yield reached. Elm: col210-211aa. Steel
Strain = 0.002306 - Sec(0)
Otpt No: 55 LF= 0.12379, yield reached. Elm: col310-311bba. Steel
Strain = 0.002247 - Sec(4)
Otpt No: 59 LF= 0.13248, yield reached. Elm: col211-212baa. Steel
Strain = 0.002232 - Sec(2)
Otpt No: 61 LF= 0.13678, crush_unc reached. Elm: col210-211aa. Unc Conc
Strain = -0.003758 - Sec(0)
Otpt No: 61 LF= 0.13678, yield reached. Elm: col410-411a. Steel
Strain = 0.002461 - Sec(0)
Otpt No: 64 LF= 0.14438, crush_unc reached. Elm: col410-411a. Unc Conc
Strain = -0.003636 - Sec(0)
Otpt No: 64 LF= 0.14438, yield reached. Elm: b112-ni21. Steel
Strain = 0.002151 - Sec(1)
Otpt No: 65 LF= 0.14527, yield reached. Elm: C312-N-2-C-DX-S.
Steel Strain = 0.002152 - Sec(1)
Otpt No: 66 LF= 0.14737, yield reached. Elm: col310-311ab. Steel
Strain = 0.002247 - Sec(1)
Otpt No: 66 LF= 0.14737, yield reached. Elm: CN2CDXI-311. Steel
Strain = 0.002267 - Sec(4)
Otpt No: 68 LF= 0.15203, crush_conf reached. Elm: col210-211aa. Conf Conc
Strain = -0.00823 - Sec(0)
Otpt No: 69 LF= 0.15418, crush_unc reached. Elm: C312-N-2-C-DX-S. Unc
Conc Strain = -0.003513 - Sec(0)
Otpt No: 71 LF= 0.15853, crush_conf reached. Elm: col410-411a. Conf Conc
Strain = -0.008187 - Sec(0)
187
Otpt No: 74 LF= 0.16485, yield reached. Elm: CN2CDXI-311. Steel
Strain = 0.002241 - Sec(3)
Figura 6.1-3 - Raggiungimento dei criteri prestazionali per i diversi
elementi della struttura: in rosso lo snervamento dell'acciaio, in azzurro la fessurazione del calcestruzzo.
Dalla Figura 6.1-1 e Figura 6.1-2 si nota come l’introduzione del secondo puntone
diagonale equivalente comporta una diversa risposta strutturale e soprattutto un
diverso tipo di danneggiamento. Osservando nel dettaglio la Figura 6.1-2, si nota come
alla base dei pilastri (cerchiati in rosso) si genera una condizione critica a causa delle
forze concentrate derivanti dai puntoni, aventi diversa altezza d’azione. Questo
dettaglio, non riportato nella risposta del modello ad un puntone, è molto utile nel caso
in cui si debba eseguire un intervento di ripristino strutturale in seguito ad un evento
sismico. L’aumento d’armatura in queste porzioni di pilastri, o l’eventuale inserimento di
elementi di rinforzo, porterebbe un aumento della capacità strutturale.
188
Risultati delle analisi dinamiche non lineari incrementali 7.1.2
La Figura 6.1-4 mostra il risultato delle curve IDA in termini di MIDR (massimo
spostamento d’interpiano), lungo le ascisse, e pseudoaccelerazione spettrale relativa al
periodo principale di vibrazione della struttura Sa(T1), lungo le ordinate. La Figura 6.1-5
invece mostra il risultato delle curve IDA in termini di MIDR (massimo spostamento
d’interpiano), lungo le ascisse, e taglio alla base [kN], lungo le ordinate.
Confrontando le curve (Sa(T1) –MIDR) e (Tb-MIDR), si nota un analogo MIDR ma una
diversa forma delle curve. L’andamento delle curve (Tb – MIDR) è pressoché continuo e
poco frastagliato, al contrario delle curve (Sa(T1) – MIDR).
Modello ad un puntone:
Figura 6.1-4 - Curve IDA, per un set di 7 accelerogrammi opportunamente
selezionati, in termini di Sa(T1) e MIDR.
189
Figura 6.1-5 - Curve IDA per un set di 7 accelerogrammi opportunamente selezionati,
in termini di Taglio alla base e MIDR
Modello a due puntoni:
Figura 6.1-6 - Curve IDA per un set di 7 accelerogrammi opportunamente
selezionati, in termini di Sa(T1) e MIDR.
0
100
200
300
400
500
600
700
0.00 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.06 0.07 0.08
Shea
r b
ase,
Tb [
kN]
Maximum inter-story drift angle, θmax
Incremental Dynamic Analisys
190
Figura 6.1-7 - Curve IDA, per un set di 7 accelerogrammi opportunamente selezionati,
in termini di Taglio alla base e MIDR
Dai risultati ottenuti si evince che l’inizio della fase post-elastica differisce per entrambi i
modelli, e condizione analoga avviene sia per il taglio massimo alla base che per il
massimo spostamento d’interpiano. In particolare, per il modello ad un puntone si ha un
MIDR all’inizio della fase plastica di 0.005 corrispondente ad un taglio alla base di 250 kN
e un drift massimo di 0.08 con un taglio massimo alla base di circa 600 kN,; per il
modello con due puntoni si ha invece un drift all’inizio della fase plastica di 0.003
corrispondente ad un taglio alla base di 180 kN e un drift massimo di 0.057 con un taglio
massimo alla base di circa 520 [kN].
0
100
200
300
400
500
600
0.00 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.06
Shea
r b
ase,
Tb [
kN]
Maximum inter-story drift angle, θmax
Incremental Dynamic Analisys
191
Curve di Fragilità 7.1.3
In accordo all’equazione [3.2-7] e alla [3.2-9] sono state valutate le Curve di Fragilità e la
HLS per tre livelli prestazionali (tabelle FEMA 356, C. 1.4):
1. IO (Immediate Occupancy) MIDRmax = 0.2%;
2. LS (Life Safety) MIDRmax = 0.6%;
3. CP (Collapse Prevention) MIDRmax = 1.5%.
I passi eseguiti sono i seguenti:
1. Determinazione delle curve IDA in termini di (Sa(T1)-MIDR) (Figura 6.1-4 e Figura
6.1-6); 2. Determinazione delle curve IDA in termini di (Sa(T1)-Y) (Figura 6.1-9, Figura 6.1-8,
Figura 6.1-10;Figura 6.1-12, Figura 6.1-13, Figura 6.1-14); 3. Determinazione delle ordinate spettrali dall’intersezione tra la retta Y=1 e le
curve IDA; 4. Determinazione della media e deviazione standard logaritmica dei punti
d’intersezione del passo precedente; 5. Calcolo della funzione di densità di probabilità log-normale PDF e funzione di
probabilità cumulativa log-normale CDF con media e deviazione standard logaritmica di cui al passo precedente;
6. Costruzione delle curve di fragilità; 7. Determinazione della frequenza annua media di superamento HLS.
Nel primo passo, si sono ricavate le curve IDA in termini di pseudo-accelerazione
spettrale Sa(T1) (Figura 6.1-4 e Figura 6.1-6) e il massimo spostamento di interpiano di
calcolo. I risultati delle analisi sono riportati in Appendice D.
Nel secondo passo il parametro Y è stato assunto pari al rapporto tra il massimo
spostamento d’interpiano (MIDR) di calcolo derivante dalle analisi IDA e MIDRmax
valutato per i tre livelli prestazionali riportati su. I risultati sono in Appendice D
Nel terzo passo si sono valutate le ordinate spettrali delle curve IDA (Sa(T1)-Y) in
corrispondenza dell’intersezione con la retta verticale Y=1. I risultati sono riportati nella
pagina seguente.
192
Modello ad un puntone:
Accelerogrammi Sa(Y=1) per
MIDRmax =0.002
Sa(Y=1) per
MIDRmax =0.006
Sa(Y=1) per
MIDRmax =0.015
Dinar 0.1653 0.2553 0.4754
Friuli 0.2109 0.3845 0.6179
Gulf of Corinth 0.2462 0.4250 0.7450
Kalamata (x) 0.1599 0.2829 0.4921
Kalamata (y) 0.1543 0.2253 0.3687
Montenegro 0.1335 0.1865 0.2633
South of Iceland 0.1758 0.3136 0.5332
Modello a due puntoni:
Accelerogrammi Sa(Y=1) per
MIDRmax =0.002
Sa(Y=1) per
MIDRmax =0.006
Sa(Y=1) per
MIDRmax =0.015
Dinar 0.1494 0.2334 0.4374
Friuli 0.2006 0.3420 0.5491
Gulf of Corinth 0.2200 0.3974 0.6699
Kalamata (x) 0.1438 0.2563 0.4706
Kalamata (y) 0.1430 0.2126 0.3462
Montenegro 0.1254 0.1697 0.2980
South of Iceland 0.1388 0.2741 0.4944
Nel quarto passo si è valutata la media logaritmica e deviazione standard
logaritmica (parametri βSa,Y=1 e ηSa,Y=1 ), riportate nelle equazioni [6.1-1] e [6.1-2], delle
ordinate spettrali ricavate al passo precedente. In corrispondenza di Y=1 si è quindi
valutata l’intersezione con l’accelerazione spettrale indicata con Sa,iY=1 , determinando in
corrispondenza di tale intersezione la media dei valori logaritmici e la deviazione
standard logaritmica. I risultati sono:
[6.1-1]
[6.1-2]
n
i
ixn
x1
ln ln1
Media logaritmica
Deviazione standard logaritmica 2
1
1
2
lnln1
1
n
i
i xxn
193
Modello ad un puntone Modello a due puntoni
MIDRmax MIDRmax
0.002 0.006 0.015 0.002 0.006 0.015
Media log βSa,Y=1 -1.7445 -1.2527 -0.7414 -1.8510 -1.3470 -0.8259
Deviazione
standard log ηSa,Y=1 0.1898 0.2688 0.3160 0.1921 0.2653 0.3114
Questo procedimento è stato eseguito per ciascun stato limite di danno considerato
(assunto come domanda strutturale) ovvero per MIDRmax = 0.002, 0.006 e 0.015. Tali
analisi vengono ripetute per ciascun modello rappresentativo delle aleatorietà di
modellazione. I risultati di queste curve sono riportati in Figura 6.1-8, Figura 6.1-9 e
Figura 6.1-10 per il modello ad un puntone, Figura 6.1-12, Figura 6.1-13 e Figura 6.1-14
per il modello a due puntoni.
Nel quinto passo, noti la media logaritmica e deviazione standard logaritmica, si
è calcolata la Funzione di densità di probabilità PDF log-normale mediante l’equazione
[6.1-3] e successivamente la Funzione di probabilità cumulativa CDF log-normale
mediante l’equazione [6.1-4]. I risultati delle PDF sono visibili nella Figura 6.1-8, Figura
6.1-9 e Figura 6.1-10 per il modello ad un puntone, Figura 6.1-12, Figura 6.1-13 e Figura
6.1-14 per il modello a due puntoni.
[6.1-3]
[6.1-4]
Plottando nel piano (CDF-Sa,iY=1) la CDF e i valori Sa,i
Y=1 (rispettivamente lungo le ordinate
e ascisse), si sono ricavate le curve di fragilità per i tre livelli prestazionali. In Figura
6.1-15 sono riportate le curve di fragilità per il modello ad un puntone, mentre in Figura
6.1-15 le curve di fragilità per il modello a due puntoni.
2
2
ln2
2
1,;
x
ex
xyProbability Density Function
Cumulative Distribution Function dxxyY
,;
194
Figura 6.1-8 - Analisi dinamica incrementale per il modello ad un puntone.
Risultati per il livello prestazionale IO (Immediate Occupancy)
Figura 6.1-9 - Analisi dinamica incrementale per il modello ad un puntone.
Risultati per il livello prestazionale LS (Life Safety)
195
Figura 6.1-10 - Analisi dinamica incrementale per il modello ad un puntone.
Risultati per il livello prestazionale CP (Collapse Prevention).
Figura 6.1-11 - Curve di fragilità per il modello ad un puntone
IO
LS
CP
196
Risultati relativi al secondo modello:
Figura 6.1-12 - Analisi dinamica incrementale per il modello a due puntoni.
Risultati per il livello prestazionale IO (Immediate Occupancy)
Figura 6.1-13 - Analisi dinamica incrementale per il modello a due puntoni.
Risultati per il livello prestazionale LS (Life Safety)
197
Figura 6.1-14 - Analisi dinamica incrementale per il modello a due puntoni.
Risultati per il livello prestazionale CP (Collapse Prevention).
Figura 6.1-15 - Curve di fragilità per il modello a due puntoni
IO
LS
CP
198
Figura 6.1-16 - Confronto delle curve di fragilità tra il modello ad un puntone (blu) ed il modello a due puntoni (rosso).
199
Affidabilità Sismica 7.1.4
Per valutare la frequenza media annua di superamento, si è fatto riferimento alla curva
di pericolosità ricavata con riferimento alla località d’interesse e riportata in Figura
6.1-17.
Figura 6.1-17 - Curva di pericolosità
Mediante l’espressione [3.2-9], integrata mediante il codice di calcolo in Appendice C, si
sono ricavate le tre frequenze medie annue di superamento degli stati limite:
Livello prestazionale Modello ad un puntone Modello a due puntoni
HLS Periodo di ritorno T
HLS Periodo di ritorno T
IO = MIDR max=0.002 0.006812 147 0.007667 130
LS = MIDR max=0.006 0.003798 263 0.004298 233
CP = MIDR max=0.015 0.001730 578 0.002011 497
Infine si è valutata la probabilità P(Y>1|Sa) in corrispondenza delle probabilità di
eccedenza della Tabella 2.3-1, (riportate anche nelle FEMA 356 - C1.4) e qui riproposte:
2% in 50 anni;
10% in 50 anni;
22% in 50 anni;
50% in 50 anni.
Quindi, dalla curva di pericolosità, in corrispondenza dei livelli di frequenza riportati in
Tabella 6.1-1, si sono ricavate le seguenti pseudo-accelerazioni spettrali Sa(T1):
200
Periodo di ritorno T [anni]
λ - frequenza annuale di
superamento Sa(T1)
2% in 50 anni 2475 0.0004 -
10% in 50 anni 475 0.0021 0.80 g
22% in 50 anni 201 0.005 0.55 g
50% in 50 anni 72 0.0139 0.35 g Tabella 6.1-1 – Pseudo-accelerazioni spettrali
relative le probabilità di superamento
E infine dalle Curve di Fragilità si sono ricavati i seguenti valori:
Probabilità di superamento
del sisma
Periodo di ritorno T [anni]
λ - frequenza media annua di superamento
Sa(T1) P(Y>1|Sa)
Modello ad un puntone
P(Y>1|Sa) Modello a
due puntoni
2% in 50 anni 2475 0.0004 - - -
10% in 50 anni 475 0.0021 0.80 g 100% 100%
22% in 50 anni 201 0.005 0.55 g 100% 100%
50% in 50 anni 72 0.0139 0.35 g 100% 100% Tabella 6.1-2 – Probabilità di superamento del rapporto critico Y per lo stato limite (IO)
Periodo di ritorno T [anni]
λ - frequenza media annua di superamento
Sa(T1) P(Y>1|Sa)
Modello ad un puntone
P(Y>1|Sa) Modello a
due puntoni
2% in 50 anni 2475 0.0004 - - -
10% in 50 anni 475 0.0021 0.80 g 100% 100%
22% in 50 anni 201 0.005 0.55 g 98% 99%
50% in 50 anni 72 0.0139 0.35 g 77% 86% Tabella 6.1-3 – Probabilità di superamento del rapporto critico Y per lo stato limite (LS)
Periodo di ritorno T [anni]
λ - frequenza media annua di superamento
Sa(T1) P(Y>1|Sa)
Modello ad un puntone
P(Y>1|Sa) Modello a
due puntoni
2% in 50 anni 2475 0.0004 - - -
10% in 50 anni 475 0.0021 0.80 g 95% 97%
22% in 50 anni 201 0.005 0.55 g 67% 77%
50% in 50 anni 72 0.0139 0.35 g 16% 23% Tabella 6.1-4 – Probabilità di superamento del rapporto critico Y per lo stato limite (CP)
201 CAPITOLO 7 – Considerazioni conclusive e sviluppi futuri
CAPITOLO 7 – Considerazioni conclusive e sviluppi futuri
Questo lavoro ha avuto come oggetto di studio la valutazione dell’affidabilità sismica dei
sistemi misti muratura-c.a. (murature confinate). Per determinare il livello prestazionale
espresso in termini di frequenza annua media di superamento di un determinato stato
limite, è stata svolta un’analisi probabilistica per la valutazione della risposta strutturale
(PSDA) su due modelli rappresentativi del caso di studio, avvalendosi sia delle tecniche
di analisi dinamica non lineare (analisi dinamiche incrementali) che delle Curve di
Fragilità.
Mediante un’analisi probabilistica della pericolosità sismica (PSHA), secondo le ipotesi
semplificative di Cornell e Jalayer (Cornell & Jalayer, 2003), si è ottenuta la curva di
pericolosità locale del sito. Questa curva è stata ricavata per un periodo di riferimento di
475 anni (relativo allo stato limite di salvaguardia della vita).
Si è quindi sviluppato un modello analitico agli elementi finiti delle strutture da
analizzare. Nella modellazione sono state adottate due differenti schematizzazioni del
pannello murario per tener conto delle incertezze aleatorie di modellazione strutturale.
Nel primo caso il pannello è stato schematizzato attraverso due bielle diagonali
equivalenti con estremità convergenti nei nodi del telaio, mentre nel secondo caso il
pannello è stato schematizzato attraverso quattro bielle diagonali equivalenti, due per
ciascuna diagonale, con estremità convergenti sia nel nodo del telaio che alla base dei
pilastri. Per ciascun modello sono state eseguite, un’analisi statica non lineare
(pushover) e successivamente analisi dinamiche non lineari incrementali (IDA) con sette
differenti accelerogrammi opportunamente selezionati dal database dell’European
Strong Motion” per un totale di 400 analisi IDA.
I risultati delle analisi pushover hanno evidenziato che:
1. la rigidezza iniziale dei due modelli è pressoché coincidente;
2. la resistenza massima fornita dai due modelli differisce del 15%;
3. Lo spostamento ultimo dei due modelli differisce notevolmente dell’86%.
Mentre per il modello ad un puntone lo spostamento ultimo è risultato di 30 cm,
per il modello a due puntoni lo spostamento ultimo è risultato di 4,2 cm.
202 CAPITOLO 7 – Considerazioni conclusive e sviluppi futuri
Nel modello ad un puntone la capacità strutturale è controllata, nella maggior parte dei
casi, dalla capacità deformativa dei pilastri. In particolare il meccanismo di collasso nei
pilastri del primo livello riguarda la rottura delle barre in acciaio, mentre per quelli del
piano terra riguarda la rottura del calcestruzzo. L’introduzione del secondo puntone
diagonale equivalente comporta una diversa risposta strutturale e soprattutto un
diverso tipo di danneggiamento, localizzato alle estremità pressoinflesse dei pilastri in
c.a. privi di adeguato confinamento. Questo aspetto della risposta peraltro suffragato
dai risultati sperimentali non viene colto dal modello ad un puntone nel quale la crisi si
verifica globalmente nell’intero elemento. Questo dettaglio è molto utile nel caso in cui
si debba eseguire un intervento di ripristino strutturale in seguito ad un evento sismico.
L’incremento d’armatura in queste zone critiche, o l’eventuale inserimento di elementi
di rinforzo, porterebbe un aumento della capacità strutturale.
I risultati delle analisi dinamiche non lineari incrementali, hanno evidenziato che
il collasso può avvenire sia per alti, che per bassi valori del massimo spostamento di
interpiano (MIDR). Per uno degli accelerogrammi utilizzati (Gulf of Corinth) si è
evidenziato un alto valore della pseudoaccelerazione spettrale in corrispondenza di un
MIDR non elevato pari a circa 0.035. Questo dettaglio, non presente nel piano “Taglio
alla base (Tb) – MIDR”, mostra che le curve IDA nel piano (Sa(T1);MIDR) riescono a
cogliere maggiori informazioni sull’entità del danno procurato dal singolo evento
sismico. Riguardo alla capacità deformativa ultima di entrambi i modelli, le analisi
dinamiche incrementali forniscono una differenza del 55%, contro l’86% derivante dalle
analisi pushover.
Dalle analisi dinamiche incrementali mediante l’approccio di Jalayer (Jalayer, et
al., 2007) sono state ricavate le Curve di Fragilità relativamente ai tre stati di danno
“Immediate Occupancy (IO)”, “Life Safety (LS)” e “Collapse Prevention (CP)” per un
periodo di ritorno di 475 anni. Dalle curve di fragilità emerge che il modello con due
puntoni diagonali equivalenti presenta una maggiore probabilità di collasso rispetto al
modello con un puntone diagonale.
Dalla valutazione della frequenza annua media di superamento HLS per lo stato
limite di salvaguardia della vita, emerge che per il livello prestazionale “Collapse
Prevention”, entrambi i modelli presentano un periodo di ritorno di superamento dello
stato limite rispettivamente pari a 578 e 497 anni, superiore alla soglia limite di 475 anni
relativa agli SLV. Per quanto riguarda invece i livelli prestazionali “Immediate Occupancy
e Life Safety” entrambi i modelli presentano un periodo di ritorno di superamento dello
203 CAPITOLO 7 – Considerazioni conclusive e sviluppi futuri
stato limite inferiore alla soglia limite di 475 anni relativa agli SLV. La struttura è quindi
in grado di fornire un sufficiente livello prestazionale per il Collapse Prevention ma non
per l’Immediate Occupancy e Life Safety.
Livello prestazionale Modello ad un puntone Modello a due puntoni
HLS Periodo di ritorno T
HLS Periodo di ritorno T
IO = MIDR max=0.002 0.006812 147 0.007667 130
LS = MIDR max=0.006 0.003798 263 0.004298 233
CP = MIDR max=0.015 0.001730 578 0.002011 497
Ulteriori ricerche appaiono indispensabili al fine di pervenire ad una migliore
comprensione dei fenomeni coinvolti e dei parametri di controllo. Si suggerisce
un’estensione dello studio sulle Curve di Pericolosità Italiane, e l’implementazione di
analisi dinamiche incrementali con un set di accelerogrammi più ampio, poiché
l’attendibilità dei risultati è fortemente influenzata dal numero di analisi eseguite.
204 CAPITOLO 7 – Considerazioni conclusive e sviluppi futuri
205 Bibliografia
Bibliografia
Al-Chaar, G., 2002. Evaluating Strength and Stiffness of Unreinforced Masonry
Infill Structures, s.l.: s.n. Asamoah, M., 2012. Generation of analytical fragility curves for Ghanaian non-
ductile reinforced concrete frame buildings, s.l.: International Journal of the Physical Sciences Vol. 7(19), pp. 2735-2744, Available online at http://www.academicjournals.org/IJPS, DOI: 10.5897/IJPS11.1541, ISSN 1992 - 1950 © 2012 Academic Journals.
Asteris, P. & ASCE, M., [2003]. Lateral Stiffness of Brick Masonry Infilled Plane Frames, s.l.: s.n.
Atkinson, R., Noland, J. & Abrams, D., 1985. A Deformation Failure Thepry for Stack-Bond Brick Masonry Prism in Compression, s.l.: s.n.
Benjamin, J. & Williams, H., 1958. The behavior of one story brick shear walls, s.l.: ASCE.
Bertoldi, S., Decanini, L. & Gavarini, 1993. Telai tamponati soggetti ad azione sismica, un modello semplificato: confronto sperimentale e numerico, s.l.: s.n.
Bertoldi, S., Decanini, L., Santini, S. & Via, G., 1994. Analytical models in infilled frames, Vienna, Austria: Proceeding of the 10th European Conference On Earthquake Engineering.
Bosco, M., Ghersi, A. & Marino, E., 2007. Una più semplice procedura per la valutazione della risposta sismica delle strutture attraverso analisi statica non-lineare, s.l.: s.n.
Buonopane, S. & White, R., [1999]. Pseudodynamic testing of a masonry infilled reinforced concrete frame, s.l.: J. Struct. Eng., 125(6),578–589..
CEN, 1998. Eurocode 8: Design of structures for earthquake resistance, s.l.: s.n. Cornell, A. & Jalayer, F., 2003. A Technical Framework for Probability-Based
Demand and Capacity Factor Design (DCFD) Seismic Formats. Pacific Earthquake Engineering Research Center.
Crisafulli, F., 1997. Seismic behaviour of reinforced concrete structures with masonry infills, PhD Thesis, s.l.: s.n.
Crisafulli, F., Carr, A. & Park, R., 2000. Analytical modelling of infilled frame structures - A general review - Bulletin of the New Zealand Society for Earthquake Engineering. Vol.33 No.1. s.l.:s.n.
Crisafulli, F. et al., 2010. Implementation and verification of a masonry panel model for nonlinear dynamic analysis of infilled RC frames, s.l.: Bull Earthquake Engineering.
D'Amore, E., 2007. Gli edifici in muratura intelaiata realizzati in italia dopo il terremoto di Messina 1908. "Definizione di un caso di studio per la valutazione della vulnerabilità sismica", s.l.: Anidis.
206 Bibliografia
D'Asdia, P. & Palombini, F., 1993. La modellazione della tamponatura secondo lo schema di puntone equivalente nell'analisi dei telai soggetti a forze orizzontali. 6° Convegno nazionale - L'ingegneria sismica in Italia, Perugia.. s.l.:s.n.
Dawe, J. & Seah, C., 1989. Analysis of concrete masonry infilled steel frames subjected to in-plane loads. Proceeding of the 5th Canadian Masonry Symposium, pp. 329-340, Vancouver., s.l.: s.n.
Dawe, J. & T.C., Y., 1985. An investigation of Factors Influencing the Behaviour of Masonry Infills in Steel Frames Subjected to In-plane Shear, Melbourne, Australia: s.n.
Durrani, A. & Luo, Y., 1994. Seismic retrofit of flat-slab buildings with masonry infills. Proceeding from the NCEER Workshop on Seismic Response of Masonry Infills. Report NCEER-94-0004, pp. 1/3-8., s.l.: s.n.
Eurocodice 8, 2004. Design of structures for earthquake resistance, s.l.: s.n. F.E.M.A. Agency, F. E. M., 1997. Guidelines for the Seismic Rehabilitation of
Buildings, Commentary of the Guidelines for the Seismic Rehabilitation of Buildings. FEMA-273, FEMA-274, October..
Faella, G., Manfredi, G. & Realfonzo, R., 1991. Comportamento sperimentale di pannelli in muratura di tufo sottoposti ad azioni orizzontali di tipo ciclico.
Fajfar, P., 1999. Capacity spectrum method based on inelastic demand. Earthquake Engineering and Structural Dynamics 28, pp. 979-993: John Wiley & Son, Ltd., s.l.: s.n.
Fajfar, P. & Gašperšic, P., 1996. The N2 method for the seismic damage analysis of RC buildings.” EarthquakeEngrg. and Struct. Dyn. 25(12), 31-46., s.l.: s.n.
FEMA 350, 2000. Recommended seismic design criteria for new steel moment-frame buildings. Report No. FEMA-350, SAC Joint Venture, Federal Emergency Management Agency, Washington DC, 2000, s.l.: s.n.
FEMA 351, 2000. Recommended seismic evaluation and upgrade criteria for existing welded steel moment-frame buildings. Report No. FEMA-351, SAC Joint Venture, Federal Emergency Management Agency, Washington DC, 20000, s.l.: s.n.
FEMA 356, 2000. Prestandard and Commentary for the seismic rehabilitation of buildings. s.l.:s.n.
Filippou, F., Popov, E. & Bertero, V., 1983. Modelling of R/C joints under cyclic excitations. ASCE Journal of Structural Engineering (Vol. 109, No. 11, 2666-2684).. s.l.:s.n.
Fiorato, A., Sozen, M. & Gamble, W., 1970. An investigation of the Interaction of Reinforced Concrete Frames with Masonry Filler Walls, Urbana-Champaign IL, USA: Report UILU-ENG-70-100.
Freeman, S., 1998. The capacity spectrum method as a tool for seismic design. Proc. of the 11th European Conference on Earthquake Engineering, Parigi, Francia, s.l.: s.n.
Giannakas A., P. D. F. M., 1987. The influence of the position and the size of openings to the elastic rigidity of infill walls, Xanthi, Kavala, Greece: Proc., 8th Hellenic Concrete Conf.pp 49–56.
207 Bibliografia
Giugliano, M., 2009. Tesi di dottorato: Influenza dei criteri di progettazione sull'affidabilità sismica dei controventi concentrici. C.1-P.5, s.l.: s.n.
Jalayer, F. & Cornell, C., 2002. Alternative Nonlinear Demand Estimation Mtehods for Probability-Based Seismic Assessments, s.l.: Earthquake Engineering and structural Dynamics.
Jalayer, F., Franchin, P. & Pinto, P., 2007. A scalar damage measure for seismic reliability analysis of RC frames, s.l.: EARTHQUAKE ENGINEERING AND STRUCTURAL DYNAMICS.
Johnson, R. A., 2007. Probabilità e Statistica per Ingegneria e Scienze. s.l.:PEARSON Prentice Hall, Bruno Mondadori.
Kadir, M., 1974. The structural behaviour of masonry infill panels in framed structures. PhD Thesis, University of Edinburgh., s.l.: s.n.
Kent, D. & Park, R., 1971. “Flexural members with confined concrete. Journal of the StructuralDivision, ASCE, Vol. 97, ST7.. s.l.:s.n.
Klingner, R. & Bertero, V., 1976. Infilled Frames in Earthquake-Resistant Construction, University of California, Berkley, Report No.EERC 76-32. s.l.:s.n.
Leonardo, B., 2005. Analisi dinamica incrementale e analisi secondo le indicazioni F.E.M.A..
Levine, M., Krehbiel, C. & L.M., B., 2006. Statistica. s.l.:Apogeo. Liauw, T., 1979. Tests on multistory infilled frames subject to dynamic lateral
loading, s.l.: J. Am. Concr. Inst., 76(4), 551–560. Liauw, T. S., 1977. On the behaviour and analysis of multi-story infilled frames
subject to lateral loading, s.l.: Proc., Inst. Civ.Eng., Struct. Build., 63, 641–656.. Lofti, H. & Shing, P., 1994. Interface Model Applied to Fracture od Masonry
Structures. Jr of Structural Engineering, 120 (1), pp.63-80. s.l.:s.n. Magenes, G., Rota, M. & Penna, A., 2010. A Methodology for deriving analytical
fragility curves for masonry buildings based on stochastic nonlinear analyses. 1 Febbraio .Volume 32.
Mainstone, R. J., 1971. On the stiffnesses and strengths of infilled frames, s.l.: Proc. Inst. Civ. Eng., Struct. Build., (iv), 57–90..
Mallick, D. R., 1971. Effect of openings on the lateral stiffness of infilled frames, s.l.: Proc., Inst. Civ. Eng., Struct. Build., 49,.
Mander, J., Priestley, M. & Park, R., 1988. Theoretical stress-strain model for confined concrete. Journal of Structural Engineering, Vol.114, No.8, pp.1804-1826. s.l.:s.n.
Mehrabi, A. & Shing, P., 1994. Finite element modelling of masonry-infilled rc frames. Journal of Structural Engineering, ASCE, U.S.A., 123(5),604-613. s.l.:s.n.
Menegotto, M. & Pinto, P., 1973. Method of analysis for cyclically loaded R.C. plane frames including changes in geometry and non-elastic behaviour of elements under combined normal force and bending.. s.l.:s.n.
Morandi, P., Hak, S. & G., M., 2011. Comportamento sismico delle tamponature in laterizio in telai in c.a.: definizione dei livelli prestazionali e calibrazione di un modello numerico, s.l.: s.n.
208 Bibliografia
Mosalam, K., White, R. & Gergely, P., 1997. Static response of Infilled Framed using Quasistatic Experimentation, s.l.: ASCE Journal of Structural Engineering, vol.123, No.11, pp.1462-1469.
NTC, 2008. Norme tecniche per le costruzioni, s.l.: s.n. OPCM, O. d. P. d. c. d. M., 20 Marzo 2003. Primi elementi in materia di criteri
generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica. GU n.72 del 8-5-2003, con maggiori modifiche in OPCM 3431.2005. Issue 3274.
Panagiotakos, T. & Fardis, M., 1996. Seismic response of infilled rc frames structures. proceedings of 11th World Conference on Earthquake Engineering; Paper n.225, Acapulco. s.l.:s.n.
Papia, M., 1988. Analysis of Infilled Frames Using a Coupled Finite Element and Boundary Element Solution Scheme, s.l.: International Jounal for Numeric Methods In Engineering, vol.26, pp.731-742.
Paulay, T. & Priestley, M., 1992. Seismic Design of Reinforced Concrete and Masonry Buildings, s.l.: s.n.
Perera, R., 2005. Performance evaluation of masonry-infilled RC frames under cycling loading based on damage mechanics, s.l.: Engineering Structures.
Petrini L., P. R. C. G., 2004. Criteri di progettazione Antisismica degli Edifici. s.l.:IUSS Press - Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia.
Piluso, V., 2009. Metodologies for Seismic Reliability Evaluation. Riddington, J. & Smith, S., 1977. Analysis of infilled frames subject to racking
with design reccomendations. The Structural Engineer, 55(6):263-68. s.l.:s.n. Santini, A., 2011. Appunri del corso di "Dinamica delle strutture".Facoltà degli
studi Mediterranea di Reggio Calabria., s.l.: s.n. Scott, B., Park, R. & Priestley, M., 1982. Stress-strain behavior of concrete
confined by overlapping hoops at low and high strain rates. ACI Journal, Jan.-Feb. 1982. s.l.:s.n.
SeismoSoft, 2006. SeismoStruct - A computer program for static and dynamic nonlinear analysis of framed structures (online). Available from URL:http://www.seismosoft.com, s.l.: s.n.
Shome, N. & Cornell, C., 1999. Probabilistic seismic demand analysis of nonlinear structures, Report n. RMS-35, Department of Civil and Environmental Engineering, Stanford University, Stanford, California.. s.l.:s.n.
Smith, S., 1962. Lateral stiffness of infilled frames, s.l.: J. Struct. Div - ASCE, 88(6), 183–199.
Smith, S., 1966. Behaviour of square infilled frames, s.l.: Journal of the Structural Division.
Smyrou, E., 2006. Implementation and verification of a masonry panel model for nonlinear dynamic analysis of infilled RC frames, Pavia: s.n.
Sortis, A., Pasquale, G. & Nasini, U., 1999. Criteri di Calcolo per la Progettazione degli Interventi - Terremoto in Umbria e Marche del 1997, s.l.: Sallustriana, Rome, Italiy.
209 Bibliografia
Spence, R. & Le Brun, B., 2006. Earthquake Scenarios for European Cities – The RISK-UE Project,Bulletin of Earthquake Engineering Special Issue, Volume 4, N. 4, 319-463., s.l.: s.n.
Tassios, T. P., 1984. Masonry infill and R. C. walls (An invited state-of-the-art report), Warsaw,Poland: Proc., 3rd Int. Symp. on Wall Structures.
Thiruvengadam H., 1980. On the Natural Frequencies of Infilled Frames, s.l.: Jounal of Earthquake Engineering and Structural Dynamics, Vol.13 pp.507-526.
Tomazevic, M., 1999. Seismic damage to masonry buildings. Correlation between damage and seismic resistance of masonry walls and buildings.
Tomazevic, M. & Klemenc, I., 1997. Seismic behaviour of confined masonry walls. Earthq Eng Struct Dyn, pp. 26:1059-71.
Utku, B., 1980. Stress magnifications in walls with openings, Istanbul, Turkey: Proc.7th World Conf. on Earthquake Engineering, Vol. 4, pp 217-224.
Uva, G., Raffaele, D., Porco, F. & Fiore, A., 2011. Effetti delle tamponature sulle prestazioni sismiche di edifici in c.a.: problemi di analisi e modellazione, s.l.: Anidis.
Vamvatsikos, D. & Cornell, C., 2002. Incremental Dynamic Analysis, s.l.: Earthquake Engineering Structural Dynamic.
Varum, H., 2003. Seismic assessment, Strengthening and Repair of Existing Buildings, s.l.: s.n.
Viesi, F., 2008. Tesi di laurea: Confronto tra modellazioni a plastiità diffusa e concentrata per strutture in c.a,: La scuola di Bisignano, s.l.: s.n.
Wakabayashi, M., 1989. Progettazione di strutture antisismiche. s.l.:McGraw-Hill.
210 Abbreviazioni
Abbreviazioni
ASCE American Society of Civil Engineering
BSO Basic Safety Objective
BSSC Building Seismic Safety Council
CDF Cumulative Distribution Function Funzione di Distribuzione Cumulata o Funzione di Ripartizione
CCDF Complementary Cumulative Distribution Function
Funzione di distribuzione cumulata complementare
CM Capacity Measure Capacità Strutturale
DCFD Demand and Capacity Factor Design Progettazione sismica basata sulla capacità e domanda
DM Damage Measure Domanda Strutturale
FEMA Federal Emergency Management Agency
LRFD Load and Resistance Factor Design Progettazione sismica basata sul carico e resistenza
MAF Mean Annual Frequency Frequenza Media Annuale
MIDR Maximum Interstorey Drift Ratio Massimo spostamento di interpiano
PBEF Performance Based Earthquake Engineering
PBSD Performance Based Design Progettazione sismica basata sulle prestazioni
PDF Probability Density Function Funzione di Densità di probabilità
PSDA Probabilistic Seismic Demand Analysis Analisi probabilistica della risposta strutturale
PSHA Probabilistic Seismic Hazard Analysis Analisi probabilistica della pericolosità sismica
RTR Record to Record Variability Valutazione della risposta strutturale al variare dell’accelerazione al suolo
TPT Total Probability Theorem Teorema della probabilità totale
211 APPENDICE A: Accelerogrammi usati nelle analisi
APPENDICE A: Accelerogrammi usati nelle analisi
Vengono riportati di seguito tutti gli accelerogrammi utilizzati nelle analisi prelevati dal
database dell’European Strong Motion.
Figura 6.1-1 - Friuli (aftershock) 15/09/1976 Waveform 133
Figura 6.1-2 - Montenegro (aftershock) 24/05/1979 Waveform 230
Figura 6.1-3 – Kalamata 13/09/1986 Waveform 413 SF =1.6154
Figura 6.1-4 - Kalamata 13/09/1986 Waveform 413 SF =1.1705
212 APPENDICE A: Accelerogrammi usati nelle analisi
Figura 6.1-5 - Gulf of Corinth 04/11/1993 Waveform 578
Figura 6.1-6 – Dinar 01/10/1995 Waveform 879
Figura 6.1-7 - South Iceland 17/06/2000 Waveform 6263
213 APPENDICE B: Richiami di Probabilità
APPENDICE B: Richiami di Probabilità
214
215
216
11.1 Distribuzione di probabilità
Una distribuzione di probabilità è un modello matematico che collega i valori di una
variabile alle probabilità che tali valori possano essere osservati.
Le distribuzioni di probabilità vengono utilizzate per modellare il comportamento di un
fenomeno di interesse in relazione alla popolazione di riferimento, ovvero alla totalità
dei casi di cui lo sperimentatore osserva un dato campione. In questo contesto la
variabile di interesse è vista come una variabile casuale (o variabile aleatoria, v.a) la cui
legge di probabilità esprime il grado di incertezza con cui i suoi valori possono essere
osservati.
In base alla scala di misura della variabile d’interesse X, possiamo distinguere due tipi di
distribuzioni di probabilità:
1. distribuzioni continue: la variabile viene espressa su una scala continua;
2. distribuzioni discrete: la variabile viene misurata con valori numerici interi;
Formalmente, le distribuzioni di probabilità vengono espresse da una legge matematica
detta funzione di densità di probabilità (indicata con f(x)) o funzione di probabilità
(indicata con p(x)) rispettivamente per le distribuzioni continue o discrete.
217
11.2 Media e Varianza di una distribuzione di probabilità
La media (o valore atteso) μ e la varianza σ2 (deviazione standard σ) di una v.a. X sono i
parametri di maggiore interesse della distribuzione di probabilità di X, in quanto essi
esprimono rispettivamente la tendenza centrale e la variabilità della v.a. X
Media:
1
discretacon x ,
continuacon x ,
i
ii xpx
dxxfx
[11.2-1]
Varianza:
[11.2-2]
Deviazione standard:
[11.2-3]
N
xN
i
i
1
2
2
1
2
2
2
discretacon x ,
continuacon x ,
i
ii xpx
dxxfx
218
11.3 Distribuzione normale o gaussiana
La distribuzione normale (o distribuzione Gaussiana) è un tipo di distribuzione continua
ed ha una forma campanulare e simmetrica. Le sue misure di tendenza centrale quali
valore atteso, mediana e moda coincidono, inoltre la variabile aleatoria con
distribuzione normale ha un range infinito, cioè assume valori da - a + (Levine, et
al., 2006).
La funzione di densità di probabilità normale è data dalla seguente espressione:
[11.3-1]
Dove:
μ valore atteso della popolazione;
X valori assunti dalla variabile aleatoria, con X
Si nota che la funzione di densità di probabilità normale dipende soltanto dai valori
assunti dai due parametri μ e σ. Specificando particolari combinazioni di μ e σ si
ottengono differenti distribuzioni di probabilità normali come in (). Le distribuzioni A e B
hanno lo stesso valore atteso μ e differiscono per il valore assunto dallo scarto
quadratico medio σ; le distribuzioni A e C, al contrario, pur avendo lo stesso scarto
quadratico medio differiscono per il valore atteso; infine le distribuzioni B e C hanno
valori diversi per entrambi i parametri.
Figura 11.3-1 - Tipologie di forme della funzione di distribuzione normale
2
2
2exp
2
1
Xxf
219
11.4 Distribuzione Log-Normale
La distribuzione log-normale si usa per variabili casuali tali che il loro logaritmo abbia
una distribuzione normale. La sua densità di probabilità è data da :
2
lnexp
2
12
2
x
xxf
0 0,per x
0xf altrove
[11.4-1]
In cui ln x è il logaritmo naturale di x. Il grafico della distribuzione log-normale con μ = 0
e σ = 1 è mostrato nella Figura 11.4-1. Come si può vedere dalla figura questa
distribuzione è positivamente asimmetrica, ossia ha una lunga coda a destra. Per
determinare la probabilità che una variabile casuale con distribuzione log-normale
assuma un valore compreso tra a e b (0 < a < b) dobbiamo calcolare l’integrale (Johnson,
2007):
[11.4-2]
Figura 11.4-1 - Grafico della densità di probabilità log-normale con μ =0, σ =1
dx
x
x
b
a
2
2
2
lnexp
2
1
220
11.5 Probabilità Poissoniana di accadimento
La distribuzione poissoniana delle probabilità ipotizza che se un evento è del tutto
casuale, noto il numero medio di accadimenti nel periodo considerato (y), la probabilità
che un evento accada n volte nel periodo T è data dalla seguente relazione:
[11.5-1]
Se un evento casuale si verifica mediamente una volta l’anno (y = 1), la probabilità di
due accadimenti annui è pari al 18,4%.
La probabilità dipende quindi dall’intervallo temporale di riferimento VR , in cui è noto il
numero medio di accadimenti dell’evento casuale. Dividendo il numero medio di
accadimenti per il periodo ad esso correlato, si ottiene la frequenza media di
accadimento dell’evento λ.
[11.5-2]
Dividendo invece il periodo di riferimento con il numero medio di accadimenti, si ottiene
l’intervallo temporale medio tra gli accadimenti dell’evento. Questo intervallo è
chiamato periodo di ritorno TR. Il periodo di ritorno e la frequenza sono uno l’inverso
dell’altra, ovvero TR=1/ λ.
La probabilità che l’evento casuale non si verifichi nel periodo di riferimento può essere
calcolata mediante la relazione di Poisson particolarizzata per nessun evento. La
relazione [11.5-1] diventa:
[11.5-3]
ll complemento ad uno di P0 esprime la probabilità che almeno un evento si verifichi nel
periodo VR considerato, e cioè:
[11.5-4]
La relazione [11.5-4] permette di ottenere la relazione tra il periodo di ritorno e la
probabilità di superamento, fissato il periodo di riferimento. Dalla [11.5-4] si ottiene:
[11.5-5]
yn
n en
yp
!
RR VV
n
R eeV
p
!00
RV
VRn epp
11
VR
RR
p
VT
1ln
RVy
221
Ad esempio la probabilità che almeno un evento sismico con periodo di ritorno T di 475
anni accada nell’intervallo di tempo VR = 50 anni, è:
Tale valore corrisponde allo Stato limite di salvaguardia della vita per il periodo di
riferimento di 50 anni. La PVR viene detta probabilità di superamento o di eccedenza.
A titolo di esempio, in riferimento alla curva di pericolosità in Figura 11.5-1, ad una
frequenza media annuale di superamento λSa = P0 = 0.0084 corrisponde un periodo di
ritorno T = 1/λ di 119 anni. La probabilità che almeno un evento sismico accada in un
periodo di riferimento di 50 anni, è:
Figura 11.5-1 - Esempio di curva di pericolosità.
%1010.01 475/50 epVR
%3434.01 119/50 epVR
222 APPENDICE C: Listato in Matlab della procedura sviluppata
APPENDICE C: Listato in Matlab della procedura sviluppata
Si riporta di seguito il listato in Matlab 6 per la costruzione delle curve di fragilità e la
valutazione della frequenza media annua di superamento di un determinato stato limite.
Il codice richiama diversi file per l’esecuzione delle analisi. E’ fondamentale che tutti
questi siano collocati all’interno di una stessa cartella.
I dati in input necessari per l’esecuzione del programma sono:
1. Risultati delle analisi dinamiche incrementali IDA in termini di MIDR, salvati in un
file di testo, in una colonna; questo deve essere fatto per tutti gli
accelerogrammi.
Esempio: res_Dinar.txt
6 Matlab: E’ un linguaggio di alto livello e un ambiente interattivo per il calcolo numerico, l'analisi
e la visualizzazione dei dati e la programmazione http://www.mathworks.it/products/matlab/
223 APPENDICE C: Listato in Matlab della procedura sviluppata
2. Accelerogrammi salvati in file di testo, composti da due colonne: nella prima deve essere riportato il tempo, nella seconda i valori dell’accelerazione espressi in [g]; Esempio: Dinar.AT2
3. Periodo fondamentale della struttura, in secondi;
4. Fattori scala per ciascun accelerogramma salvati in file di testo composti da una
sola colonna. Questi vengono utilizzati per ciascun accelerogramma per eseguire
le curve IDA;
Esempio: SF_Dinar:
224 APPENDICE C: Listato in Matlab della procedura sviluppata
5. Spostamento di interpiano ultimo;
6. Rapporto di smorzamento strutturale;
7. Dati della curva di pericolosità;
I dati in output sono:
1. Curve di fragilità;
2. Diagrammi delle curve IDA in termini di Accelerazione spettrale corrispondente
al periodo fondamentale di vibrazione della struttura e MIDR;
3. Diagrammi delle curve IDA in termini di Accelerazione spettrale corrispondente
al periodo fondamentale di vibrazione della struttura e rapporto Y
(Domanda/Capacità) ;
4. Istogramma delle accelerazioni spettrali ricadenti in determinati range spettrali;
5. Frequenza media annua di superamento di un determinato stato limite;
6. Media dei punti di intersezione delle curve IDA con il rapporto Y;
7. Deviazione standard dei punti di intersezione delle curve IDA con il rapporto Y.
Sono stati creati diversi file di esecuzione collegati tramite collegamenti di tipo
“function”. Il primo file denominato “load_accelerogrammi” possiede al suo interno una
225 APPENDICE C: Listato in Matlab della procedura sviluppata
funzione di richiamo di tutti i 7 accelerogrammi da utilizzare per l’analisi, uguali a quelli
utilizzati per eseguire le analisi IDA.
file load_accelerogrammi.m:
%Caricamento degli accelerogrammi disp ('Caricamento degli accelerogrammi') format long
load Dinar.AT2; load Friuli.AT2; load Gulf_of_Corinth.AT2; load Kalamata1.AT2; load Kalamata2.AT2; load Montenegro.AT2; load South_Iceland.AT2;
---------------------
Il secondo file di esecuzione è denominato “Calcolo.m“. Esso richiama gli
accelerogrammi del file precedente e mediante il fattore scala, imposto inizialmente,
scala gli accelerogrammi e calcola volta per volta l’accelerazione spettrale
corrispondente al periodo fondamentale di vibrazione Sa(T1), necessario per la creazione
delle curve IDA secondo il metodo di (Vamvatsikos & Cornell, 2002). Per tale processo
sono state utilizzate diverse function. Tra queste vi è una denominata “SPEC_GHM”
scaricabile dal sito web: http://alum.sharif.edu/~tazarv/ che permette di creare uno
spettro di risposta elastico partendo da alcuni accelerogrammi di tipo naturali. File Calcolo.m: %%Questo codice di calcolo permette di ottenere diversi grafici in
riferimento a F.Jalayer, P.Franchin eE.Pinto - "A scalar damage
measure for seimsic reliability analysis od RC frames".
%I risultati sono: %1- Curve di Fragilità per 3 stati limite IO, LS e CP; %2- Valutazione dell'affidabilità sismica mediante la valutazione
%della frequenza media annua di superamento degli stati limite IO,
%LS e CP; %3- Curve IDA in termini di pseudoaccelerazione spettrale in
%corrispondenza del periodo principale di vibrazione Sa(T1) e
%Massimo spostamento di interpiano (MIDR); %4- Costruzione delle IDa in termini di Sa(T1) e rapporto
%domanda/capacità (Y). %% %Murdica Gaetano Hermann, Ingegneria Civile, Università
Mediterranea %di Reggio Calabria
226 APPENDICE C: Listato in Matlab della procedura sviluppata
%% %INTPUT----------------------------------------------------------- %Geometrici: hi = 3.625; %hi:
Altezza interpiano n_accel = 7; %n_accel
Numero di accelerogrammi impiegati nell'analisi n_piani = 2; %n_piani
Numero dei piani del fabbricato
%Caratteristiche meccaniche: csi_s = 0.05;
%csi_s: Rapporto di smorzamento strutturale T1 = 0.17495121;
%T1: Periodo principale di vibrazione della struttura
%Livelli prestazionali FEMA 356 - Chapter 1 - table:C1.4:
IO = 0.002;
%IO: Immediate Occupancy LS = 0.006;
%LS: Life Safety CP = 0.015;
%CP: Collapse Prevention
%SF=Fattore scala degli accelerogrammi
%% %ALGORITMO DI CALCOLO %-----------------------------------------------------------------
-------- format long
a1=Dinar; a2=Friuli; a3=Gulf_of_Corinth; a4=Kalamata1; a5=Kalamata2; a6=Montenegro; a7=South_Iceland;
load SF_Dinar.txt; load SF_Friuli.txt; load SF_Gulf_of_Corinth.txt; load SF_Kalamata1.txt; load SF_Kalamata2.txt; load SF_Montenegro.txt; load SF_South_Iceland.txt;
227 APPENDICE C: Listato in Matlab della procedura sviluppata
HLS=zeros(3,1);
%Creo il vettore per determinare le ordinate spettrali in
corrispondenza %delle curve IDA per Y=1 SY_res=zeros(1,n_accel);
%Al termine dell'analisi verranno creati dei file all'interno
%della cartella principale con le siglie I, L ed U; questi
%corrispondono ai %grafici del punto 4) con I=IO, L=LS, U=CP livelli=['I';'L';'U'];
for ciclo=1:length(livelli)
if ciclo==1 teta_max = IO; elseif ciclo==2 teta_max = LS; else teta_max = CP; end
SY=zeros(1,n_accel); mSxg=zeros(n_accel,1); mSxgT1=zeros(n_accel,1);
if ciclo==1 media_log_res=zeros(length(livelli),1); log_stdev_res=zeros(length(livelli),1); end
%E' fondamentale che le lunghezze dei vettori relativi ai fattori
%scala ed ai risultati della generica domanda, siano uguali.
for i=1:n_accel if i==1 load res_Dinar.txt; result_MIDR=res_Dinar; accelerogramma=a1; SF=SF_Dinar; elseif i==2 load res_Friuli.txt; result_MIDR=res_Friuli; accelerogramma=a2; SF=SF_Friuli; elseif i==3 load res_Gulf_of_Corinth.txt; result_MIDR=res_Gulf_of_Corinth; accelerogramma=a3; SF=SF_Gulf_of_Corinth;
228 APPENDICE C: Listato in Matlab della procedura sviluppata
elseif i==4 load res_Kalamata1.txt; result_MIDR=res_Kalamata1; accelerogramma=a4; SF=SF_Kalamata1; elseif i==5 load res_Kalamata2.txt; result_MIDR=res_Kalamata2; accelerogramma=a5; SF=SF_Kalamata2; elseif i==6 load res_Montenegro.txt; result_MIDR=res_Montenegro; accelerogramma=a6; SF=SF_Montenegro; elseif i==7 load res_South_Iceland.txt; result_MIDR=res_South_Iceland; accelerogramma=a7; SF=SF_South_Iceland; end
[teta,Y1,Sxg,SxgT1,SY1]=IDA(SF,teta_max,accelerogramma,result_MIDR
,T1);
if i==1 A=Y1; A1=Sxg; elseif i==2 B=Y1; B1=Sxg; elseif i==3 C=Y1; C1=Sxg; elseif i==4 D=Y1; D1=Sxg; elseif i==5 E=Y1; E1=Sxg; elseif i==6 F=Y1; F1=Sxg; elseif i==7 G=Y1; G1=Sxg; end SY_res(ciclo,i)=SY1; SY(1,i)=SY1; mSxg(i,1)=max(Sxg); mSxgT1(i,1)=SxgT1;
229 APPENDICE C: Listato in Matlab della procedura sviluppata
%GRAFICO 7 - Genero le curve IDA con ascisse il massimo
%spostamento di interpiano---------------------------------------- hold on; plot(teta,Sxg,'b-*','LineWidth',2) grid on xlabel('Maximum Inter-storey drift angle,
\theta_m_a_x','FontSize',16); ylabel('S_a(T_1) [g]','FontSize',16); title('Incremental Dynamic Analysis','FontSize',16) end
set(1,'Filename','IDA-drift','Paperorientation','rotated',... 'paperPosition',[-1.089 0.216 31.84
20.59],'paperpositionmode','manual') print -dpdf IDA-drift %stampo file pdf nella cartella
hold off; close all
maxSxg=max(mSxg); Sxg=maxSxg; SxgT1=mSxgT1;
figure('Name','Incremental Dynamic Analysis','NumberTitle','off') %Grafico 1 - Genero le curve IDA---------------------------------
for i=1:n_accel if i==1 Y=A; Sxg2=A1; elseif i==2 Y=B; Sxg2=B1; elseif i==3 Y=C; Sxg2=C1; elseif i==4 Y=D; Sxg2=D1; elseif i==5 Y=E; Sxg2=E1; elseif i==6 Y=F; Sxg2=F1; elseif i==7 Y=G; Sxg2=G1; end
%Genero la retta verticale da sovrapporre al diagramma
230 APPENDICE C: Listato in Matlab della procedura sviluppata
gx=ones(2,1); gy=zeros(2,1); gy(2,1)=mSxg(i,1); g=ones(1,n_accel);
%Grafico 2 - Curve IDA + Retta verticale + punti intersezione hold on; for i=1:n_accel if SY(1,i)>0 plot(Y,Sxg2,gx,gy,g,SY(1,:),'g*') else plot(Y,Sxg2,gx,gy) end end grid on
xlabel('Rapporto Domanda/Capacità Y','FontSize',16); ylabel('S_a(T_1) [g]','FontSize',13); title('Incremental Dynamic Analysis','FontSize',16) end
%-----------------------------------------------------------------
------- %CALCOLO DELLA MEDIANA, DEVIAZIONE STANDARD, VARIANZA E PDF LOG-
NORMALE
%Creo un vettore SY ordinato in senso crescente per il calcolo
%della %mediana SY0=sort(SY);
% 1 - Mediana n=length(SY); if rem(n,2)==0 %numero pari th1=n/2; th2=(n/2)+1; mediana=(SY0(th1)+SY0(th2))/2; else %numero dispari th=(n+1)/2; mediana=SY0(th); end
%2 - Media media=mean(SY0);
%3 - Media logaritmica log_SY0=log(SY0); media_log=mean(log_SY0); media_log_res(ciclo,1)=mean(log_SY0);
231 APPENDICE C: Listato in Matlab della procedura sviluppata
%4 - Deviazione Standard % stdev=sqrt(sum((SY-mediana).^2)/n_accel); stdev=std(SY,1);
%5 - Deviazione Standard logaritmica log_stdev=std(log_SY0,1); log_stdev_res(ciclo,1)=std(log_SY0,1);
% 6 - Varianza varianza=stdev^2;
%Definisco i punti in cui calcolare e plottare la curva pdf
(start_pdf e %end_pdf) start_pdf=0; end_pdf=1.5;
dSax=0.001; SYpdf=start_pdf:dSax:end_pdf; lSYpdf=length(SYpdf);
%Distribuzione Normale della pdf PDF=pdf('lognormal',SYpdf,media_log,log_stdev);
%La curva pdf appena calcolata deve essere aggiunta al grafico
%delle curve IDA. %Data la dimensione (in termini grafici) della pdf che è
%maggiore del riquadro, è necessario scalare l'ascissa della
%funzione.
Scala=0.2; %scala del 80% for j=1:lSYpdf PDF(j)=PDF(j)*Scala; end
%Il vettore PDFg serve per spostare la curva in
%corrispondenza di Y=1 PDFg=PDF+1; plot(PDFg,SYpdf,'-m','LineWidth',2) if ciclo==1 axis([0 8 0 1]) elseif ciclo==2 axis([0 6 0 1]) else axis([0 3 0 1.5]) end set(1,'Filename','IDA','Paperorientation','rotated',... 'paperPosition',[-1.089 0.216 31.84
20.59],'paperpositionmode','manual') print ('-dpdf',livelli(ciclo))
232 APPENDICE C: Listato in Matlab della procedura sviluppata
hold off; close all %-----------------------------------------------------------------
%CALCOLO DELLA FUNZIONE DI DISTRIBUZIONE CUMULATA LOG-NORMALE CDF maxSxg=max(max(Sxg)); infinito=1; dSax=0.0001; Sax=0:dSax:infinito; lSax=length(Sax);
if ciclo==1 CDF = zeros(3,lSax); end
CDF(ciclo,:) = logncdf(Sax,media_log,log_stdev); %-----------------------------------------------------------------
%CALCOLO DELLA FREQUENZA MEDIA ANNUA DI SUPERAMENTO--------------- %discretizzo la curva di pericolosità della zona (dSaHz) Start_hazard_curve=0.04; End_hazard_curve=infinito; dSahzc=Start_hazard_curve:dSax:End_hazard_curve;
%trovo il passo in cui il vettore Sax è pari a 0.04 cont=lSax-length(dSahzc);
%Creo la funzione della curva di pericolosità HSa=zeros(lSax-cont,1); i=1; for j=cont:lSax-1 if Sax(j)<=0.3887906 HSa(i,1)=0.001785*Sax(j)^-1.826846; elseif Sax(j)<0.459301 && Sax(j)>0.3887906 HSa(i,1)=0.001487*Sax(j)^-2.009612; elseif Sax(j)<=0.8094994 && Sax(j)>=0.459301 HSa(i,1)=0.001337*Sax(j)^-2.163151; elseif Sax(j)<1.0905922 && Sax(j)>0.8094994 HSa(i,1)=0.001264*Sax(j)^-2.412676; else HSa(i,1)=0.001292*Sax(j)^-2.665779; end i=i+1; end
loglog(dSahzc',HSa(:,1),'r-','LineWidth',2);grid on title('Hazard curve','FontSize',16); xlabel('S_a(T_1)','FontSize',16); ylabel('H_S_a(S_a)','FontSize',16);
233 APPENDICE C: Listato in Matlab della procedura sviluppata
set(1,'Filename','Hazard_curve','Paperorientation','rotated',... 'paperPosition',[-1.089 0.216 31.84
20.59],'paperpositionmode','manual') print -dpdf Hazard_curve %stampo file pdf nella cartella close all
i=1; for j=(cont+1):(lSax-1) x=(HSa(i,1)+HSa(i+1,1))*0.5; y=(CDF(ciclo,j)+CDF(ciclo,j+1))*0.5; ft=y*x; HLS(ciclo,1)=HLS(ciclo,1)+ft*dSax; i=i+1; end disp('Frequenza annua media di superamento dello stato limite') HLS(ciclo,1) %----------------------------------------------------------------- end
%GRAFICO 5 - CURVA DI FRAGILITÀ----------------------------------- for i=1:3 hold on plot(Sax,CDF(i,:),'b-','LineWidth',2) grid on xlabel('S_a(T_1) [g]','FontSize',16); ylabel('P(Y>1|S_a)','FontSize',16); title('Curva di fragilità','FontSize',16) end set(1,'Filename','FragilityCurve','Paperorientation','rotated',... 'paperPosition',[-1.089 0.216 31.84
20.59],'paperpositionmode','manual') print -dpdf FragilytyCurve %stampo file pdf nella cartella close all %----------------------------------------------------------------
%CREAZIONE DELL'ISTOGRAMMA PER S(T1)------------------------------ Xm=round(10*(max(SxgT1)))/10; Xmax=Xm+1; dx_ist=0.05; x_ist=0:dx_ist:Xmax; lx_ist=length(x_ist); ist=zeros(1,(lx_ist-1)); DSa=zeros(1,(lx_ist-1)); for p=2:(lx_ist-1) DSa(1,p)=DSa(1,(p-1))+dx_ist; end
for j=1:n_accel for i=2:(lx_ist-1) if SxgT1(j)<DSa(1,i)&& SxgT1(j)>DSa(1,i-1)
234 APPENDICE C: Listato in Matlab della procedura sviluppata
ist(1,i)=ist(1,i)+1; end end end
%GRAFICO 6 - ISTOGRAMMI------------------------------------------- %nel caso in cui le barre si sovrappongono è sufficiente
%modificare il valore da 1 ad 0.9 cioè bar(DSa,ist,0.9) bar(DSa,ist,1) grid on xlabel('S_a(T_1) [g]','FontSize',16); title('Istogramma per Sa(T_1) per un set di 7
accelerogrammi','FontSize',16) set(1,'Filename','Istogramma','Paperorientation','rotated',... 'paperPosition',[-1.089 0.216 31.84
20.59],'paperpositionmode','manual')
print -dpdf Istogramma %stampo file pdf nella cartella close all %-----------------------------------------------------------------
disp('Analisi completata')
%15. STAMPA SU FILE DEI RISULTATI file='risultati.txt'; TX=fopen(file,'wt'); fprintf(TX,'______________________________________________________
_____________________\n\n'); fprintf(TX,' TESI DI LAUREA MAGISTRALE\n'); fprintf(TX,' A.A.2011/12 Università Mediterranea - Facoltà di
ingegneria\n'); fprintf(TX,' Studente: Murdica Gaetano Hermann - Matricola
95557\n'); fprintf(TX,' Relatore: Prof.Ing Enzo D''amore\n'); fprintf(TX,'______________________________________________________
_____________________\n\n'); fprintf(TX,' *-----------------------------*\n'); fprintf(TX,'Analisi dinamica incrementale IDA e Curve di fragilità
per un edificio in\n'); fprintf(TX,'muratura confinata\n '); fprintf(TX,' *-----------------------------
*\n\n\n');
fprintf(TX,'\n\n\n________________________________________________
___________________'); fprintf(TX,'\nINPUT
************************************************'); fprintf(TX,'\n*************** DATI DELLA STRUTTURA
*****************\n\n');
235 APPENDICE C: Listato in Matlab della procedura sviluppata
fprintf(TX,'Altezza interpiano
........................................ Hi [L]
=%3.2f\n',hi); fprintf(TX,'Periodo fondamentale di vibrazione della
struttura......... T1 [L/m^3] =%3.3f\n',T1); fprintf(TX,'Coefficente di smorzamento
strutturale..................... csi [L/m^3] =%3.2f\n',csi_s); fprintf(TX,'Numero di
piani............................................ csi [L/m^3]
=%3.2f\n',n_piani);
fprintf(TX,'\n\n\n*************** DATI ACCELEROGRAMMI
*****************\n\n'); fprintf(TX,'Numero accelerogrammi utilizzati per
analisi............... n [ad] =%3.2f\n',n_accel);
fprintf(TX,'\n\n\n******************* DATI
FEMA*************************\n\n'); fprintf(TX,'MIDR per Immediate
Occupation............................. n [ad]
=%3.4f\n',IO); fprintf(TX,'MIDR per Life
Safety...................................... n [ad]
=%3.4f\n',LS); fprintf(TX,'MIDR per Collapse
prevention.............................. n [ad]
=%3.4f\n',CP);
fprintf(TX,'\n\n\n\n\n\n__________________________________________
_________________________'); fprintf(TX,'\nOUTPUT
***********************************************'); fprintf(TX,'\n************ RISULTATI ANALISI- RISPOSTA
*************\n\n'); fprintf(TX,'Frequenza media annua di superamento dello stato
limite.... HLS [sec^-1] =%3.6f\n',HLS); fprintf(TX,'Mediana dei punti di intersezione delle curve IDA con
Y=1.. eta_d [ad] =%3.4f\n',mediana); fprintf(TX,'Deviazione standard dei punti di inters.curve IDA con
Y=1.. eta_d [ad] =%3.4f\n',stdev); fclose(TX);
File IDA.m: %Questa funzione consente di determinare i valori di Y e i valori
%di pseudoaccelerazione spettrale Sa(T1).
236 APPENDICE C: Listato in Matlab della procedura sviluppata
function
[teta,Y,Sxg,SxgT1,SY]=IDA(SF,teta_max,accelerogramma,result_MIDR,T
1)
k = length(SF); Sxg = zeros(k+1,1); SxgT1 = 0; g = 0.9806;
a1=accelerogramma;
%Calcolo la S(T1) per i diversi accelerogrammi for j=1:k col2=SF(j)*a1(:,2); col1=a1(:,1); Acceler=[col1,col2]; n=length(a1); [T,Spa,Spv,Sd]=SPEC_GHM(a1(2,1),Acceler(:,2),5,g,a1(n,1));
[Sx]=SPEC_GHM2(T1,Spa,T); Sxg(j+1)=Sx; disp ('Calcolo accelerazione spettrale in corrispondenza del
periodo principale di vibrazione per il fattore scala:') disp (SF(j)) j=j+1; end disp ('Calcolo accelerazione spettrale in corrispondenza del
periodo principale di vibrazione per accelerogramma') col2=a1(:,2); col1=a1(:,1); Accelerogramma=[col1,col2]; n=length(a1);
[T,Spa,Spv,Sd]=SPEC_GHM(a1(2,1),Accelerogramma(:,2),5,g,a1(n,1)); [Sx]=SPEC_GHM2(T1,Spa,T); SxgT1=Sx;
%COSTRUISCO I VETTORI DI Y E TETA PER L'ELABORAZIONE DEI DATI result=result_MIDR; teta=zeros(k+1,1); Y=zeros(k+1,1);
%CALCOLO IL MASSIMO SPOSTAMENTO DI INTERPIANO for i=1:k teta(i+1)=result(i); Y(i+1)=teta(i+1)/teta_max; end
%TROVO I PUNTI DI INTERSEZIONE TRA L'ACCELERAZIONE SPETTRALE S(T1)
E LA %RETTA Y=1
237 APPENDICE C: Listato in Matlab della procedura sviluppata
%Conto quante volte il rapporto critico Y è inferiore ad 1. Il %valore che segue questo risultato, sarà quello che supera Y=1
%e tramite interpolazione lineare posso calcolare la Sa(Y=1)
%chiamata SY pos1=0; for i=1:(k+1) if Y(i)<1 pos1=pos1+1; end end
SY=0;
if pos1==(k+1) SY=0; elseif pos1>0 SY2=Sxg(pos1+1); SY1=Sxg(pos1); X2=Y((pos1+1)); X1=Y(pos1); SY=SY2-(X2-1)*(SY2-SY1)/(X2-X1); end
end
238 APPENDICE C: Listato in Matlab della procedura sviluppata
File SPEC_GHM.m: %% Elastic Response Spectra % This is a function to generate elastic response specra including
%Displacement Spectrum, Pseudo Acceleration Spectrum and Pseudo
%Velocity Spectrum which are needed in "Response Spectrum
%Analysis" of Structures. In this function to solve "Equation of
%Motions" for different periods, Newmark Linear Method % has been used.
%% @ Mostafa Tazarv, Carleton University, May 2011
%% SPEC Function Help:
% INPUTS: % dt: Time Interval (Sampling Time) of Record % Ag: Ground Motion Acceleration in g % zet: Damping Ratio in percent (%); e.g. 5 % g: Gravitational Constant; e.g. 9.81 m/s/s % endp: End Period of Spectra; e.g. 4 sec
% OUTPUTS: % T: Period of Structures (sec) % Spa: Elastic Pseudo Acceleration Spectrum % Spv: Elastic Pseudo Velocity Spectrum % Sd: Elastic Displacement Spectrum
function [T,Spa,Spv,Sd]=SPEC(dt,Ag,zet,g,endp) u=zeros(length(Ag),1); v=zeros(length(Ag),1); ac=zeros(length(Ag),1); Ag(end+1)=0; T(1,1)=0.00; for j=1:round(endp/dt) % equation of
motion(Newmark linear method) omega(j,1)=2*pi/T(j); % Natural Frequency m=1; k=(omega(j))^2*m; c=2*m*omega(j)*zet/100; K=k+3*c/dt+6*m/(dt)^2; a=6*m/dt+3*c; b=3*m+dt*c/2; for i=1:length(u)-1 u(1,1)=0; %initial conditions v(1,1)=0; ac(1,1)=0; df=-(Ag(i+1)-Ag(i))+a*v(i,1)+b*ac(i,1); % delta Force du=df/K; dv=3*du/dt-3*v(i,1)-dt*ac(i,1)/2; dac=6*(du-dt*v(i,1))/(dt)^2-3*ac(i,1);
239 APPENDICE C: Listato in Matlab della procedura sviluppata
u(i+1,1)=u(i,1)+du; v(i+1,1)=v(i,1)+dv; ac(i+1,1)=ac(i,1)+dac; end Sd(j,1)=max(abs((u(:,1)))); %Sv(j,1)=max(abs(v)); %Sa(j,1)=max(abs(ac))/g; Spv(j,1)=Sd(j)*omega(j); Spa(j,1)=Sd(j)*(omega(j))^2/g; T(j+1,1)=T(j)+dt; end Ag(end)=[]; T(end)=[]; Sd(2,1)=0; Spv(1:2,1)=0;Spa(1:2,1)=max(abs(Ag))/g;
File SPEC_GHM2.m:
%Calcolo della pseudoaccelerazione spettrale in riferimento al
%periodo principale di vibrazione della struttura
%----------------------------------------------------------------- %Parametri: %T1: Periodo principale di vibrazione della struttura %Sx: Pseudoaccelerazione spettrale
%Inizio algoritmo function [Sx]=SPEC_GHM2(T1,Spa,T) %T1=0.11; i=1;
%Calcolo di S(T1) while T1>T(i) i=i+1; end Sx=Spa(i)-1/((T(i)-T(i-1))/(Spa(i)-Spa(i-1)))*(T(i)-T1);
240 APPENDICE D: Risultati numerici delle analisi dinamiche incrementali
APPENDICE D: Risultati numerici delle analisi dinamiche incrementali
Vengono riportate nelle pagine seguenti le diverse tabelle contenenti i risultati numerici
delle analisi dinamiche incrementali.
241 APPENDICE D: Risultati numerici delle analisi dinamiche incrementali
Risultati delle analisi dinamiche incrementali IDA mediante Seismostruct - Modello ad un puntone – Sa(T1)-MIDR
Fattore scala Dinar
Fattore
scala Friuli
Fattore
scala
Gulf of
Corinth
Fattore
scala
Kalamata
(x)
Fattore
scala
Kalamata
(y)
Fattore
scala
Monten
egro
Fattore
scala
South of
Iceland
0.1 0.0005 0.1 0.0001 0.1 0.0002 0.1 0.0003 0.1 0.0004 0.1 0.0001 0.1 0.0009
0.1275 0.0007 0.395 0.0006 0.2 0.0003 0.27 0.0013 0.16 0.0008 0.31 0.0003 0.15 0.0015
0.155 0.0008 0.4 0.0006 0.495 0.0007 0.3 0.0016 0.22 0.0010 0.4 0.0005 0.2 0.0034
0.1825 0.0011 0.69 0.0013 0.7 0.0010 0.44 0.0037 0.25 0.0016 0.51 0.0008 0.25 0.0043
0.21 0.0013 0.7 0.0013 0.89 0.0015 0.5 0.0046 0.28 0.0024 0.7 0.0012 0.3 0.0063
0.2375 0.0017 0.985 0.0026 1.2 0.0032 0.61 0.0065 0.34 0.0044 0.72 0.0013 0.35 0.0086
0.265 0.0028 1.28 0.0040 1.285 0.0036 0.7 0.0082 0.4 0.0064 0.92 0.0033 0.4 0.0103
0.2925 0.0038 1 0.0027 1.68 0.0058 0.78 0.0094 0.46 0.0082 1 0.0043 0.45 0.0124
0.32 0.0046 1.3 0.0041 1.7 0.0060 0.9 0.0119 0.52 0.0101 1.13 0.0064 0.5 0.0152
0.3475 0.0054 1.575 0.0061 2.075 0.0089 0.95 0.0128 0.55 0.0110 1.3 0.0094 0.53 0.0170
0.375 0.0059 1.6 0.0063 2.2 0.0097 1.1 0.0180 0.58 0.0123 1.33 0.0100 0.64 0.0233
0.4 0.0063 1.87 0.0085 2.47 0.0115 1.12 0.0187 0.64 0.0153 1.54 0.0142 0.77 0.0294
0.4025 0.0064 1.9 0.0087 2.7 0.0132 1.29 0.0250 0.7 0.0188 1.6 0.0164 0.78 0.0299
0.43 0.0071 2.165 0.0114 2.865 0.0144 1.3 0.0252 0.76 0.0221 1.74 0.0212 0.852 0.0326
0.4575 0.0079 2.46 0.0146 3.2 0.0163 1.46 0.0302 0.82 0.0254 1.9 0.0258 0.9 0.0341
0.485 0.0086 2.5 0.0149 3.26 0.0166 1.5 0.0311 0.85 0.0273 1.95 0.0268 0.924 0.0349
0.5125 0.0093 2.675 0.0168 3.5 0.0175 1.63 0.0374 0.88 0.0289 2.15 0.0315 0.996 0.0370
0.54 0.0100 2.755 0.0179 3.655 0.0180 1.8 0.0463 0.902 0.0303 2.2 0.0324 1 0.0371
0.5675 0.0106 2.85 0.0191 3.8 0.0184 1.97 0.0545 0.924 0.0316 2.36 0.0355 1.068 0.0402
0.595 0.0114 3 0.0210 4.05 0.0191 2 0.0556 0.94 0.0323 2.56 0.0389 1.14 0.0436
0.6225 0.0121 3.025 0.0213 4.1 0.0193 0.946 0.0328 2.6 0.0395 1.212 0.0471
0.65 0.0130 3.05 0.0216 4.4 0.0200 0.968 0.0340 2.77 0.0420 1.284 0.0502
0.7 0.0147 3.2 0.0233 4.445 0.0202 0.99 0.0352 2.97 0.0452 1.356 0.0534
242 APPENDICE D: Risultati numerici delle analisi dinamiche incrementali
0.82 0.0205 3.375 0.0250 4.7 0.0208 1.012 0.0366 3 0.0455 1.428 0.0562
0.94 0.0266 3.5 0.0266 4.84 0.0213 1.034 0.0379 3.18 0.0473 1.5 0.0587
1 0.0297 3.55 0.0271 5 0.0217 1.056 0.0394 3.38 0.0517
1.06 0.0329 4 0.0332 5.235 0.0228 1.078 0.0406 3.4 0.0521
1.18 0.0397 4.5 0.0401 5.5 0.0245 1.1 0.0419 3.59 0.0558
1.3 0.0456 5 0.0473 5.63 0.0253 3.79 0.0592
1.42 0.0509 5.5 0.0534 6 0.0274 3.8 0.0592
1.54 0.0550 6 0.0579 6.025 0.0276
1.6 0.0586 6.42 0.0300
6.5 0.0303
6.8 0.0320
6.815 0.0321
7.21 0.0347
7.605 0.0368
8 0.0387
243 APPENDICE D: Risultati numerici delle analisi dinamiche incrementali
Risultati delle analisi dinamiche incrementali IDA mediante Seismostruct - Modello a due puntoni– Sa(T1)-MIDR
Fattore scala Dinar
Fattore
scala Friuli
Fattore
scala
Gulf of
Corinth
Fattore
scala
Kalamata
(x)
Fattore
scala
Kalamata
(y)
Fattore
scala Montenegro
Fattore
scala
South of
Iceland
0.1 0.0004 0.1 0.0002 0.2 0.0004 0.1 0.0004 0.1 0.0005 0.1 0.0002 0.1 0.0010
0.2 0.0012 0.2 0.0003 0.7 0.0013 0.185 0.0007 0.1575 0.0009 0.265 0.0004 0.165 0.0029
0.3 0.0051 0.345 0.0005 1.2 0.0035 0.27 0.0016 0.215 0.0013 0.43 0.0006 0.23 0.0046
0.4 0.0071 0.59 0.0011 1.7 0.0071 0.355 0.0030 0.2725 0.0026 0.5 0.0008 0.295 0.0070
0.42 0.0074 0.7 0.0014 1.75 0.0075 0.44 0.0044 0.33 0.0047 0.595 0.0010 0.36 0.0097
0.44 0.0081 0.835 0.0019 1.89 0.0088 0.5 0.0056 0.3875 0.0068 0.76 0.0020 0.4 0.0114
0.46 0.0087 1.08 0.0036 2.02 0.0099 0.525 0.0061 0.445 0.0083 0.9 0.0042 0.425 0.0124
0.48 0.0093 1.2 0.0044 2.16 0.0110 0.61 0.0077 0.5 0.0107 0.925 0.0046 0.5 0.0158
0.5 0.0099 1.325 0.0053 2.2 0.0114 0.695 0.0091 0.5025 0.0107 1.09 0.0068 0.565 0.0196
0.6 0.0133 1.57 0.0068 2.29 0.0120 0.78 0.0109 0.56 0.0135 1.255 0.0103 0.63 0.0233
0.62 0.0140 1.7 0.0080 2.43 0.0131 0.865 0.0128 0.6175 0.0160 1.3 0.0116 0.7 0.0267
0.64 0.0148 1.815 0.0090 2.56 0.0145 0.9 0.0134 0.675 0.0196 1.42 0.0140 0.75 0.0286
0.66 0.0155 2.2 0.0136 2.7 0.0158 0.95 0.0147 0.7325 0.0237 1.425 0.0143 0.796 0.0306
0.68 0.0161 2.7 0.0200 2.83 0.0166 1.035 0.0181 0.79 0.0275 1.47 0.0160 0.842 0.0328
0.7 0.0172 3.2 0.0259 2.97 0.0175 1.2 0.0248 0.8475 0.0313 1.7 0.0244 1 0.0416
0.705 0.0176 3.7 0.0340 3.1 0.0181 1.25 0.0263 0.9 0.0347 1.75 0.0258 1.05 0.0438
0.75 0.0205 4.2 0.0420 3.2 0.0185 1.285 0.0276 0.905 0.0352 1.8 0.0271 1.07 0.0451
0.755 0.0209 4.3 0.0437 3.7 0.0200 1.37 0.0313 0.95 0.0380 1.85 0.0281 1.09 0.0460
0.9 0.0308 4.35 0.0441 4.2 0.0208 1.4 0.0329 0.9625 0.0388 1.9 0.0293 1.11 0.0473
1.05 0.0409 4.4 0.0452 4.7 0.0216 1.455 0.0362 1 0.0412 2 0.0310 1.13 0.0483
1.15 0.0463 4.45 0.0458 5 0.0227 1.5 0.0390 1.02 0.0429 2.5 0.0384 1.15 0.0492
4.5 0.0468 5.5 0.0259 1.54 0.0405 1.05 0.0443 2.8 0.0436 1.17 0.0503
6 0.0288 1.6 0.0444 1.0775 0.0458 3.1 0.0512 1.19 0.0512
6.05 0.0292 1.62 0.0452 1.1 0.0474 3.4 0.0570 1.21 0.0519
244 APPENDICE D: Risultati numerici delle analisi dinamiche incrementali
6.1 0.0295 1.625 0.0459 1.135 0.0494 1.23 0.0531
6.15 0.0299 1.64 0.0469 1.15 0.0505 1.25 0.0539
6.5 0.0324 1.3 0.0565
6.6 0.0329
6.7 0.0333
6.8 0.0341
6.9 0.0347
245 APPENDICE D: Risultati numerici delle analisi dinamiche incrementali
Risultati delle analisi dinamiche incrementali IDA mediante Seismostruct - Modello ad un puntone – Sa(T1)-Y – Per MIDRmax =0.002
Fattore scala
Dinar Fattore
scala Friuli
Fattore scala
Gulf of Corinth
Fattore scala
Kalamata (x)
Fattore scala
Kalamata (y)
Fattore scala
Montenegro Fattore
scala South of Iceland
0.1 0.248 0.1 0.071 0.1 0.087 0.1 0.154 0.1 0.215 0.1 0.067 0.1 0.438
0.1275 0.328 0.395 0.298 0.2 0.153 0.27 0.646 0.16 0.386 0.31 0.174 0.15 0.725
0.155 0.421 0.4 0.304 0.495 0.351 0.3 0.775 0.22 0.507 0.4 0.261 0.2 1.713
0.1825 0.544 0.69 0.631 0.7 0.510 0.44 1.849 0.25 0.815 0.51 0.387 0.25 2.172
0.21 0.653 0.7 0.652 0.89 0.745 0.5 2.286 0.28 1.184 0.7 0.587 0.3 3.149
0.2375 0.841 0.985 1.291 1.2 1.594 0.61 3.237 0.34 2.213 0.72 0.627 0.35 4.293
0.265 1.403 1.28 1.978 1.285 1.799 0.7 4.105 0.4 3.217 0.92 1.651 0.4 5.133
0.2925 1.904 1 1.331 1.68 2.911 0.78 4.708 0.46 4.096 1 2.173 0.45 6.198
0.32 2.305 1.3 2.064 1.7 3.017 0.9 5.949 0.52 5.052 1.13 3.175 0.5 7.580
0.3475 2.679 1.575 3.059 2.075 4.429 0.95 6.414 0.55 5.501 1.3 4.690 0.53 8.500
0.375 2.969 1.6 3.147 2.2 4.854 1.1 8.985 0.58 6.136 1.33 4.999 0.64 11.635
0.4 3.170 1.87 4.229 2.47 5.729 1.12 9.359 0.64 7.666 1.54 7.122 0.77 14.679
0.4025 3.190 1.9 4.360 2.7 6.622 1.29 12.489 0.7 9.397 1.6 8.216 0.78 14.927
0.43 3.569 2.165 5.725 2.865 7.194 1.3 12.619 0.76 11.063 1.74 10.585 0.852 16.302
0.4575 3.943 2.46 7.302 3.2 8.134 1.46 15.088 0.82 12.690 1.9 12.903 0.9 17.072
0.485 4.306 2.5 7.473 3.26 8.283 1.5 15.552 0.85 13.649 1.95 13.376 0.924 17.467
0.5125 4.654 2.675 8.394 3.5 8.752 1.63 18.688 0.88 14.442 2.15 15.744 0.996 18.510
0.54 4.979 2.755 8.936 3.655 8.983 1.8 23.157 0.902 15.147 2.2 16.217 1 18.528
0.5675 5.298 2.85 9.538 3.8 9.207 1.97 27.254 0.924 15.803 2.36 17.738 1.068 20.124
0.595 5.694 3 10.493 4.05 9.535 2 27.784 0.94 16.156 2.56 19.465 1.14 21.784
0.6225 6.066 3.025 10.635 4.1 9.632 0.946 16.401 2.6 19.739 1.212 23.555
0.65 6.518 3.05 10.781 4.4 9.998 0.968 17.018 2.77 20.988 1.284 25.115
0.7 7.370 3.2 11.636 4.445 10.080 0.99 17.597 2.97 22.579 1.356 26.718
0.82 10.255 3.375 12.495 4.7 10.410 1.012 18.299 3 22.738 1.428 28.122
0.94 13.284 3.5 13.295 4.84 10.627 1.034 18.962 3.18 23.638 1.5 29.360
1 14.871 3.55 13.528 5 10.838 1.056 19.701 3.38 25.873
1.06 16.474 4 16.591 5.235 11.387 1.078 20.308 3.4 26.062
246 APPENDICE D: Risultati numerici delle analisi dinamiche incrementali
1.18 19.856 4.5 20.046 5.5 12.261 1.1 20.975 3.59 27.924
1.3 22.821 5 23.651 5.63 12.653 3.79 29.592
1.42 25.466 5.5 26.693 6 13.694 3.8 29.606
1.54 27.521 6 28.965 6.025 13.784
1.6 29.316 6.42 15.005
6.5 15.163
6.8 16.003
6.815 16.066
7.21 17.341
7.605 18.412
8 19.358
247 APPENDICE D: Risultati numerici delle analisi dinamiche incrementali
Risultati delle analisi dinamiche incrementali IDA mediante Seismostruct - Modello ad un puntone – Sa(T1)-Y – Per MIDRmax =0.006
Fattore scala Dinar
Fattore
scala Friuli
Fattore
scala
Gulf of
Corinth
Fattore
scala
Kalamata
(x)
Fattore
scala
Kalamata
(y)
Fattore
scala
Montene
gro
Fattore
scala
South of
Iceland
0.1 0.083 0.1 0.024 0.1 0.029 0.1 0.051 0.1 0.072 0.1 0.022 0.1 0.146
0.1275 0.109 0.395 0.099 0.2 0.051 0.27 0.215 0.16 0.129 0.31 0.058 0.15 0.242
0.155 0.140 0.4 0.101 0.495 0.117 0.3 0.258 0.22 0.169 0.4 0.087 0.2 0.571
0.1825 0.181 0.69 0.210 0.7 0.170 0.44 0.616 0.25 0.272 0.51 0.129 0.25 0.724
0.21 0.218 0.7 0.217 0.89 0.248 0.5 0.762 0.28 0.395 0.7 0.196 0.3 1.050
0.2375 0.280 0.985 0.430 1.2 0.531 0.61 1.079 0.34 0.738 0.72 0.209 0.35 1.431
0.265 0.468 1.28 0.659 1.285 0.600 0.7 1.368 0.4 1.072 0.92 0.550 0.4 1.711
0.2925 0.635 1 0.444 1.68 0.970 0.78 1.569 0.46 1.365 1 0.724 0.45 2.066
0.32 0.768 1.3 0.688 1.7 1.006 0.9 1.983 0.52 1.684 1.13 1.058 0.5 2.527
0.3475 0.893 1.575 1.020 2.075 1.476 0.95 2.138 0.55 1.834 1.3 1.563 0.53 2.833
0.375 0.990 1.6 1.049 2.2 1.618 1.1 2.995 0.58 2.045 1.33 1.666 0.64 3.878
0.4 1.057 1.87 1.410 2.47 1.910 1.12 3.120 0.64 2.555 1.54 2.374 0.77 4.893
0.4025 1.063 1.9 1.453 2.7 2.207 1.29 4.163 0.7 3.132 1.6 2.739 0.78 4.976
0.43 1.190 2.165 1.908 2.865 2.398 1.3 4.206 0.76 3.688 1.74 3.528 0.852 5.434
0.4575 1.314 2.46 2.434 3.2 2.711 1.46 5.029 0.82 4.230 1.9 4.301 0.9 5.691
0.485 1.435 2.5 2.491 3.26 2.761 1.5 5.184 0.85 4.550 1.95 4.459 0.924 5.822
0.5125 1.551 2.675 2.798 3.5 2.917 1.63 6.229 0.88 4.814 2.15 5.248 0.996 6.170
0.54 1.660 2.755 2.979 3.655 2.994 1.8 7.719 0.902 5.049 2.2 5.406 1 6.176
0.5675 1.766 2.85 3.179 3.8 3.069 1.97 9.085 0.924 5.268 2.36 5.913 1.068 6.708
0.595 1.898 3 3.498 4.05 3.178 2 9.261 0.94 5.385 2.56 6.488 1.14 7.261
0.6225 2.022 3.025 3.545 4.1 3.211 0.946 5.467 2.6 6.580 1.212 7.852
0.65 2.173 3.05 3.594 4.4 3.333 0.968 5.673 2.77 6.996 1.284 8.372
0.7 2.457 3.2 3.879 4.445 3.360 0.99 5.866 2.97 7.526 1.356 8.906
0.82 3.418 3.375 4.165 4.7 3.470 1.012 6.100 3 7.579 1.428 9.374
0.94 4.428 3.5 4.432 4.84 3.542 1.034 6.321 3.18 7.879 1.5 9.787
248 APPENDICE D: Risultati numerici delle analisi dinamiche incrementali
1 4.957 3.55 4.509 5 3.613 1.056 6.567 3.38 8.624
1.06 5.491 4 5.530 5.235 3.796 1.078 6.769 3.4 8.687
1.18 6.619 4.5 6.682 5.5 4.087 1.1 6.992 3.59 9.308
1.3 7.607 5 7.884 5.63 4.218 3.79 9.864
1.42 8.489 5.5 8.898 6 4.565 3.8 9.869
1.54 9.174 6 9.655 6.025 4.595
1.6 9.772 6.42 5.002
6.5 5.054
6.8 5.334
6.815 5.355
7.21 5.780
7.605 6.137
8 6.453
249 APPENDICE D: Risultati numerici delle analisi dinamiche incrementali
Risultati delle analisi dinamiche incrementali IDA mediante Seismostruct - Modello ad un puntone – Sa(T1)-Y – Per MIDRmax =0.015
Fattore scala Dinar
Fattore
scala Friuli
Fattore
scala
Gulf of
Corinth
Fattore
scala
Kalamata
(x)
Fattore
scala
Kalamata
(y)
Fattore
scala
Monten
egro
Fattore
scala
South of
Iceland
0.1 0.033 0.1 0.009 0.1 0.012 0.1 0.021 0.1 0.029 0.1 0.009 0.1 0.058
0.1275 0.044 0.395 0.040 0.2 0.020 0.27 0.086 0.16 0.051 0.31 0.023 0.15 0.097
0.155 0.056 0.4 0.041 0.495 0.047 0.3 0.103 0.22 0.068 0.4 0.035 0.2 0.228
0.1825 0.073 0.69 0.084 0.7 0.068 0.44 0.247 0.25 0.109 0.51 0.052 0.25 0.290
0.21 0.087 0.7 0.087 0.89 0.099 0.5 0.305 0.28 0.158 0.7 0.078 0.3 0.420
0.2375 0.112 0.985 0.172 1.2 0.213 0.61 0.432 0.34 0.295 0.72 0.084 0.35 0.572
0.265 0.187 1.28 0.264 1.285 0.240 0.7 0.547 0.4 0.429 0.92 0.220 0.4 0.684
0.2925 0.254 1 0.178 1.68 0.388 0.78 0.628 0.46 0.546 1 0.290 0.45 0.826
0.32 0.307 1.3 0.275 1.7 0.402 0.9 0.793 0.52 0.674 1.13 0.423 0.5 1.011
0.3475 0.357 1.575 0.408 2.075 0.591 0.95 0.855 0.55 0.734 1.3 0.625 0.53 1.133
0.375 0.396 1.6 0.420 2.2 0.647 1.1 1.198 0.58 0.818 1.33 0.667 0.64 1.551
0.4 0.423 1.87 0.564 2.47 0.764 1.12 1.248 0.64 1.022 1.54 0.950 0.77 1.957
0.4025 0.425 1.9 0.581 2.7 0.883 1.29 1.665 0.7 1.253 1.6 1.095 0.78 1.990
0.43 0.476 2.165 0.763 2.865 0.959 1.3 1.683 0.76 1.475 1.74 1.411 0.852 2.174
0.4575 0.526 2.46 0.974 3.2 1.084 1.46 2.012 0.82 1.692 1.9 1.720 0.9 2.276
0.485 0.574 2.5 0.996 3.26 1.104 1.5 2.074 0.85 1.820 1.95 1.783 0.924 2.329
0.5125 0.621 2.675 1.119 3.5 1.167 1.63 2.492 0.88 1.926 2.15 2.099 0.996 2.468
0.54 0.664 2.755 1.191 3.655 1.198 1.8 3.088 0.902 2.020 2.2 2.162 1 2.470
0.5675 0.706 2.85 1.272 3.8 1.228 1.97 3.634 0.924 2.107 2.36 2.365 1.068 2.683
0.595 0.759 3 1.399 4.05 1.271 2 3.705 0.94 2.154 2.56 2.595 1.14 2.904
0.6225 0.809 3.025 1.418 4.1 1.284 0.946 2.187 2.6 2.632 1.212 3.141
0.65 0.869 3.05 1.437 4.4 1.333 0.968 2.269 2.77 2.798 1.284 3.349
0.7 0.983 3.2 1.551 4.445 1.344 0.99 2.346 2.97 3.011 1.356 3.562
0.82 1.367 3.375 1.666 4.7 1.388 1.012 2.440 3 3.032 1.428 3.750
0.94 1.771 3.5 1.773 4.84 1.417 1.034 2.528 3.18 3.152 1.5 3.915
1 1.983 3.55 1.804 5 1.445 1.056 2.627 3.38 3.450
250 APPENDICE D: Risultati numerici delle analisi dinamiche incrementali
1.06 2.197 4 2.212 5.235 1.518 1.078 2.708 3.4 3.475
1.18 2.647 4.5 2.673 5.5 1.635 1.1 2.797 3.59 3.723
1.3 3.043 5 3.153 5.63 1.687 3.79 3.946
1.42 3.395 5.5 3.559 6 1.826 3.8 3.947
1.54 3.669 6 3.862 6.025 1.838
1.6 3.909 6.42 2.001
6.5 2.022
6.8 2.134
6.815 2.142
7.21 2.312
7.605 2.455
8 2.581
251 APPENDICE D: Risultati numerici delle analisi dinamiche incrementali
Risultati delle analisi dinamiche incrementali IDA mediante Seismostruct - Modello a due puntoni– Sa(T1)-Y – MIDRmax = 0.002
Fattore scala Dinar
Fattore
scala Friuli
Fattore
scala
Gulf of
Corinth
Fattore
scala
Kalamata
(x)
Fattore
scala
Kalamata
(y)
Fattore
scala Montenegro
Fattore
scala
South of
Iceland
0.1 0.208 0.1 0.111 0.2 0.198 0.1 0.203 0.1 0.266 0.1 0.102 0.1 0.494
0.2 0.603 0.2 0.171 0.7 0.656 0.185 0.354 0.1575 0.432 0.265 0.203 0.165 1.426
0.3 2.570 0.345 0.258 1.2 1.743 0.27 0.820 0.215 0.637 0.43 0.314 0.23 2.299
0.4 3.546 0.59 0.531 1.7 3.536 0.355 1.488 0.2725 1.314 0.5 0.394 0.295 3.523
0.42 3.682 0.7 0.708 1.75 3.757 0.44 2.224 0.33 2.356 0.595 0.510 0.36 4.859
0.44 4.037 0.835 0.972 1.89 4.378 0.5 2.803 0.3875 3.404 0.76 0.976 0.4 5.682
0.46 4.341 1.08 1.823 2.02 4.937 0.525 3.028 0.445 4.150 0.9 2.095 0.425 6.201
0.48 4.637 1.2 2.212 2.16 5.507 0.61 3.830 0.5 5.325 0.925 2.300 0.5 7.913
0.5 4.939 1.325 2.644 2.2 5.681 0.695 4.542 0.5025 5.362 1.09 3.378 0.565 9.778
0.6 6.662 1.57 3.419 2.29 5.980 0.78 5.451 0.56 6.728 1.255 5.143 0.63 11.626
0.62 7.017 1.7 4.002 2.43 6.561 0.865 6.397 0.6175 7.993 1.3 5.814 0.7 13.356
0.64 7.416 1.815 4.522 2.56 7.262 0.9 6.706 0.675 9.825 1.42 6.981 0.75 14.300
0.66 7.768 2.2 6.815 2.7 7.880 0.95 7.333 0.7325 11.863 1.425 7.125 0.796 15.324
0.68 8.066 2.7 10.000 2.83 8.315 1.035 9.035 0.79 13.770 1.47 7.980 0.842 16.406
0.7 8.588 3.2 12.952 2.97 8.772 1.2 12.386 0.8475 15.660 1.7 12.225 1 20.780
0.705 8.790 3.7 16.987 3.1 9.029 1.25 13.127 0.9 17.331 1.75 12.891 1.05 21.921
0.75 10.232 4.2 20.983 3.2 9.251 1.285 13.796 0.905 17.606 1.8 13.567 1.07 22.548
0.755 10.473 4.3 21.857 3.7 10.021 1.37 15.632 0.95 18.983 1.85 14.050 1.09 23.016
0.9 15.404 4.35 22.035 4.2 10.380 1.4 16.474 0.9625 19.419 1.9 14.638 1.11 23.650
1.05 20.467 4.4 22.591 4.7 10.809 1.455 18.075 1 20.600 2 15.521 1.13 24.157
1.15 23.130 4.45 22.922 5 11.336 1.5 19.483 1.02 21.450 2.5 19.223 1.15 24.589
4.5 23.394 5.5 12.957 1.54 20.256 1.05 22.156 2.8 21.779 1.17 25.155
6 14.418 1.6 22.215 1.0775 22.913 3.1 25.576 1.19 25.577
6.05 14.588 1.62 22.579 1.1 23.702 3.4 28.502 1.21 25.940
6.1 14.737 1.625 22.936 1.135 24.697 1.23 26.540
6.15 14.967 1.64 23.467 1.15 25.256 1.25 26.975
252 APPENDICE D: Risultati numerici delle analisi dinamiche incrementali
6.5 16.178 1.3 28.271
6.6 16.438
6.7 16.635
6.8 17.044
6.9 17.338
253 APPENDICE D: Risultati numerici delle analisi dinamiche incrementali
Risultati delle analisi dinamiche incrementali IDA mediante Seismostruct - Modello a due puntoni– Sa(T1)-Y – MIDRmax = 0.006
Fattore scala Dinar
Fattore
scala Friuli
Fattore
scala
Gulf of
Corinth
Fattore
scala
Kalamata
(x)
Fattore
scala
Kalamata
(y)
Fattore
scala Montenegro
Fattore
scala
South of
Iceland
0.1 0.069 0.1 0.037 0.2 0.066 0.1 0.068 0.1 0.089 0.1 0.034 0.1 0.165
0.2 0.201 0.2 0.057 0.7 0.219 0.185 0.118 0.1575 0.144 0.265 0.068 0.165 0.475
0.3 0.857 0.345 0.086 1.2 0.581 0.27 0.273 0.215 0.212 0.43 0.105 0.23 0.766
0.4 1.182 0.59 0.177 1.7 1.179 0.355 0.496 0.2725 0.438 0.5 0.131 0.295 1.174
0.42 1.227 0.7 0.236 1.75 1.252 0.44 0.741 0.33 0.785 0.595 0.170 0.36 1.620
0.44 1.346 0.835 0.324 1.89 1.459 0.5 0.934 0.3875 1.135 0.76 0.325 0.4 1.894
0.46 1.447 1.08 0.608 2.02 1.646 0.525 1.009 0.445 1.383 0.9 0.698 0.425 2.067
0.48 1.546 1.2 0.737 2.16 1.836 0.61 1.277 0.5 1.775 0.925 0.767 0.5 2.638
0.5 1.646 1.325 0.881 2.2 1.894 0.695 1.514 0.5025 1.787 1.09 1.126 0.565 3.259
0.6 2.221 1.57 1.140 2.29 1.993 0.78 1.817 0.56 2.243 1.255 1.714 0.63 3.875
0.62 2.339 1.7 1.334 2.43 2.187 0.865 2.132 0.6175 2.664 1.3 1.938 0.7 4.452
0.64 2.472 1.815 1.507 2.56 2.421 0.9 2.235 0.675 3.275 1.42 2.327 0.75 4.767
0.66 2.589 2.2 2.272 2.7 2.627 0.95 2.444 0.7325 3.954 1.425 2.375 0.796 5.108
0.68 2.689 2.7 3.333 2.83 2.772 1.035 3.012 0.79 4.590 1.47 2.660 0.842 5.469
0.7 2.863 3.2 4.317 2.97 2.924 1.2 4.129 0.8475 5.220 1.7 4.075 1 6.927
0.705 2.930 3.7 5.662 3.1 3.010 1.25 4.376 0.9 5.777 1.75 4.297 1.05 7.307
0.75 3.411 4.2 6.994 3.2 3.084 1.285 4.599 0.905 5.869 1.8 4.522 1.07 7.516
0.755 3.491 4.3 7.286 3.7 3.340 1.37 5.211 0.95 6.328 1.85 4.683 1.09 7.672
0.9 5.135 4.35 7.345 4.2 3.460 1.4 5.491 0.9625 6.473 1.9 4.879 1.11 7.883
1.05 6.822 4.4 7.530 4.7 3.603 1.455 6.025 1 6.867 2 5.174 1.13 8.052
1.15 7.710 4.45 7.641 5 3.779 1.5 6.494 1.02 7.150 2.5 6.408 1.15 8.196
4.5 7.798 5.5 4.319 1.54 6.752 1.05 7.385 2.8 7.260 1.17 8.385
6 4.806 1.6 7.405 1.0775 7.638 3.1 8.525 1.19 8.526
6.05 4.863 1.62 7.526 1.1 7.901 3.4 9.501 1.21 8.647
6.1 4.912 1.625 7.645 1.135 8.232 1.23 8.847
6.15 4.989 1.64 7.822 1.15 8.419 1.25 8.992
254 APPENDICE D: Risultati numerici delle analisi dinamiche incrementali
6.5 5.393 1.3 9.424
6.6 5.479
6.7 5.545
6.8 5.681
6.9 5.779
255 APPENDICE D: Risultati numerici delle analisi dinamiche incrementali
Risultati delle analisi dinamiche incrementali IDA mediante Seismostruct - Modello a due puntoni– Sa(T1)-Y – MIDRmax = 0.015
Fattore scala Dinar
Fattore
scala Friuli
Fattore
scala
Gulf of
Corinth
Fattore
scala
Kalamata
(x)
Fattore
scala
Kalamata
(y)
Fattore
scala Montenegro
Fattore
scala
South of
Iceland
0.1 0.028 0.1 0.015 0.2 0.026 0.1 0.027 0.1 0.036 0.1 0.014 0.1 0.066
0.2 0.080 0.2 0.023 0.7 0.087 0.185 0.047 0.1575 0.058 0.265 0.027 0.165 0.190
0.3 0.343 0.345 0.034 1.2 0.232 0.27 0.109 0.215 0.085 0.43 0.042 0.23 0.307
0.4 0.473 0.59 0.071 1.7 0.471 0.355 0.198 0.2725 0.175 0.5 0.053 0.295 0.470
0.42 0.491 0.7 0.094 1.75 0.501 0.44 0.297 0.33 0.314 0.595 0.068 0.36 0.648
0.44 0.538 0.835 0.130 1.89 0.584 0.5 0.374 0.3875 0.454 0.76 0.130 0.4 0.758
0.46 0.579 1.08 0.243 2.02 0.658 0.525 0.404 0.445 0.553 0.9 0.279 0.425 0.827
0.48 0.618 1.2 0.295 2.16 0.734 0.61 0.511 0.5 0.710 0.925 0.307 0.5 1.055
0.5 0.658 1.325 0.353 2.2 0.757 0.695 0.606 0.5025 0.715 1.09 0.450 0.565 1.304
0.6 0.888 1.57 0.456 2.29 0.797 0.78 0.727 0.56 0.897 1.255 0.686 0.63 1.550
0.62 0.936 1.7 0.534 2.43 0.875 0.865 0.853 0.6175 1.066 1.3 0.775 0.7 1.781
0.64 0.989 1.815 0.603 2.56 0.968 0.9 0.894 0.675 1.310 1.42 0.931 0.75 1.907
0.66 1.036 2.2 0.909 2.7 1.051 0.95 0.978 0.7325 1.582 1.425 0.950 0.796 2.043
0.68 1.075 2.7 1.333 2.83 1.109 1.035 1.205 0.79 1.836 1.47 1.064 0.842 2.187
0.7 1.145 3.2 1.727 2.97 1.170 1.2 1.651 0.8475 2.088 1.7 1.630 1 2.771
0.705 1.172 3.7 2.265 3.1 1.204 1.25 1.750 0.9 2.311 1.75 1.719 1.05 2.923
0.75 1.364 4.2 2.798 3.2 1.233 1.285 1.839 0.905 2.347 1.8 1.809 1.07 3.006
0.755 1.396 4.3 2.914 3.7 1.336 1.37 2.084 0.95 2.531 1.85 1.873 1.09 3.069
0.9 2.054 4.35 2.938 4.2 1.384 1.4 2.197 0.9625 2.589 1.9 1.952 1.11 3.153
1.05 2.729 4.4 3.012 4.7 1.441 1.455 2.410 1 2.747 2 2.069 1.13 3.221
1.15 3.084 4.45 3.056 5 1.512 1.5 2.598 1.02 2.860 2.5 2.563 1.15 3.279
4.5 3.119 5.5 1.728 1.54 2.701 1.05 2.954 2.8 2.904 1.17 3.354
6 1.922 1.6 2.962 1.0775 3.055 3.1 3.410 1.19 3.410
6.05 1.945 1.62 3.010 1.1 3.160 3.4 3.800 1.21 3.459
6.1 1.965 1.625 3.058 1.135 3.293 1.23 3.539
6.15 1.996 1.64 3.129 1.15 3.367 1.25 3.597
256 APPENDICE D: Risultati numerici delle analisi dinamiche incrementali
6.5 2.157 1.3 3.769
6.6 2.192
6.7 2.218
6.8 2.273
6.9 2.312
257 APPENDICE D: Risultati numerici delle analisi dinamiche incrementali
258