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Apprendimento di una lingua non materna (capitolo 5 del testo Manuale di didattica dell’italiano L2 di Diadori, Troncarelli, Palermo) Nella didattica delle lingue l’attenzione si è spostata dal docente al discente, sulle sue motivazioni, sui fattori interni che condizionano gli esiti dell’apprendimento e sui processi mentali messi in atto nell’acquisizione linguistica. Quindi nella prospettiva attuale non è più l’insegnamento a determinare l’apprendimento, ma sono le modalità di acquisizione linguistica a orientare le scelte metodologiche e le pratiche didattiche. Quali sono le modalità attraverso le quali si realizza l’apprendimento? Le diverse teorie dell’apprendimento sulle quali sono state sviluppate soluzioni metodologiche per l’insegnamento delle lingue non materne sono: a) comportamentismo b) cognitivismo c) socio-interazionismo d) costruttivismo a) comportamentismo : la prima teoria dell’apprendimento alla quale la glottodidattica ha fatto riferimento. Formulata e sviluppata nell’ambito degli studi psicologici per spiegare il comportamento umano e animale (Skinner, psicologo USA, 1904/1990) tale teoria è stata introdotta nella didattica linguistica da Leonard Bloomfield (linguista USA 1887/1949). Intorno agli anni 1945 Bloomfield a altri esponenti dello strutturalismo statunitense, tra cui Lado, (le cui teorie linguistiche si basnoa sulla descrizione di fatti linguistici empiricamente osservabili) elaborano il metodo audio-orale, fondato sui principi dell’analisi tassonomica (sistematica, classificatoria) e della teoria comportamentistica, prospettive di analisi dei fatti linguistici, che entrambe condividono l’adozione di un metodo induttivo. L’apprendimento di una lingua, L1 o L2, consiste nell’acquisizione di abitudini senso-motorie di carattere inconscio, che derivano dall’associazione di una particolare risposta a un determinato stimolo proveniente dall’ambiente. L’acquisizione di un’abitudine è favorita da: imitazione riproduzione di suoni e strutture ascoltate; 1

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Apprendimento di una lingua non materna

(capitolo 5 del testo Manuale di didattica dell’italiano L2 di Diadori, Troncarelli, Palermo)

Nella didattica delle lingue l’attenzione si è spostata dal docente al discente, sulle sue motivazioni, sui fattori interni che condizionano gli esiti dell’apprendimento e sui processi mentali messi in atto nell’acquisizione linguistica.

Quindi nella prospettiva attuale non è più l’insegnamento a determinare l’apprendimento, ma sono le modalità di acquisizione linguistica a orientare le scelte metodologiche e le pratiche didattiche.

Quali sono le modalità attraverso le quali si realizza l’apprendimento?

Le diverse teorie dell’apprendimento sulle quali sono state sviluppate soluzioni metodologiche per l’insegnamento delle lingue non materne sono:

a) comportamentismo

b) cognitivismo

c) socio-interazionismo

d) costruttivismo

a) comportamentismo: la prima teoria dell’apprendimento alla quale la glottodidattica ha fatto riferimento. Formulata e sviluppata nell’ambito degli studi psicologici per spiegare il comportamento umano e animale (Skinner, psicologo USA, 1904/1990) tale teoria è stata introdotta nella didattica linguistica da Leonard Bloomfield (linguista USA 1887/1949).

Intorno agli anni 1945 Bloomfield a altri esponenti dello strutturalismo statunitense, tra cui Lado, (le cui teorie linguistiche si basnoa sulla descrizione di fatti linguistici empiricamente osservabili) elaborano il metodo audio-orale, fondato sui principi dell’analisi tassonomica (sistematica, classificatoria) e della teoria comportamentistica, prospettive di analisi dei fatti linguistici, che entrambe condividono l’adozione di un metodo induttivo.

L’apprendimento di una lingua, L1 o L2, consiste nell’acquisizione di abitudini senso-motorie di carattere inconscio, che derivano dall’associazione di una particolare risposta a un determinato stimolo proveniente dall’ambiente.

L’acquisizione di un’abitudine è favorita da:

imitazione riproduzione di suoni e strutture ascoltate;

frequenza più è frequente lo stimolo prodotto, maggiore la probabilità che si consolidi un’abitudine;

rinforzo o feed back, cioè la risposta di ritorno che l’apprendente riceve dall’ambiente alla sua risposta; può essere positivo o negativo, rafforzando o inibendo l’associazione con uno stimolo.

Nella pratica didattica ai discenti si propongono unità di stimoli/risposte da esercitare in modo sistematico e padroneggiare uno alla volta e serie di discriminazioni di suoni e strutture, presentate attraverso i pattern drills, esercizi in cui le forme linguistiche sono manipolabili con tecniche di sostituzione e trasformazione.

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I pattern drills constano di una batteria di stimoli seguiti da uno spazio vuoto in cui l'allievo deve fornire la risposta, che viene poi confermata o corretta; se si usa un laboratorio audio-attivo-comparativo è possibile riascoltare l'esercizio ottenendo un prezioso feedback. Le versioni più comunicative degli esercizi strutturali evitano di concentrare l'attenzione su elementi morfosintattici o su paradigmi lessicali e includono invece atti comunicativi, spesso inseriti in microsituazioni. (drill: esercizio ripetitivo focalizzato su un elemento minimale.) Il lessico ha un ruolo di secondo piano. Se apprendere significa sviluppare abitudini senso-motorie, l’insieme di quelle già acquisite in L1 possono costituire fonte di interferenza.

In estrema sintesi, la teoria comportamentistica concepisce la competenza linguistica come un comportamento appreso con l’imitazione e la pratica. Noam Chomsky è critico e afferma che l’apprendimento linguistico non può essere ridotto alla mera formazione di abitudini (1959).

A partire dunque dagli anni 60 Chomsky sviluppa un modello alternativo fondato sui principi cognitivisti, secondo cui l’apprendimento è il risultato di un processo mentale creativo dovuto alla predisposizione, tipicamente umana, a imparare la lingua.

b) cognitivismo: una prospettiva di studio che indaga il funzionamento della mente umana (e non costituisce una scuola psicologica collocabile nel tempo e nello spazio).

La psicologia cognitivista si oppone all’empirismo comportamentista. Infatti il comportamentismo non indaga sui processi mentali messi in atto nell’apprendimento, ma limita la propria analisi ai comportamenti osservabili.

Per i cognitivisti, invece, l’organismo è un sistema attivo e complesso che recepisce lo stimolo, lo elabora, lo mette in rapporto con le strutture cognitive già costituite per attribuire un senso e scegliere risposta più adeguata.

Un meccanismo innato di acquisizione (LAD Language Acquisition Device, Chomsky 1975) consente all’individuo, a partire dai dati linguistici a cui è esposto, di formulare ipotesi di formulare su funzionamento del sistema linguistico e di verificarle, operando un confronto con l’input ottenuto dall’ambiente.

Nel modello chomskiano gli influssi ambientali rivestono importanza solo in quanto offrono opportunità all’apprendimento, perché tali dati linguistici vengono messi in relazione ai dati universali, cioè ai principi comuni a tutte le lingue e ai parametri che costituiscono la Grammatica Universale G.U.

Acquisizione L2 diversa da L1 perché l’apprendente, oltre alla conoscenza innata, ha a disposizione anche la conoscenza della L1 e possiede dunque un esempio della realizzazione dei principi universali. Il rapporto tra linguaggio e cognizione nella L2 avviene quando l’individuo è in uno stato di sviluppo cognitivo più avanzato di quello del bambino che acquisisce la lingua materna.

Il cognitivismo prevede un’elaborazione dei dati in input da parte del dispositivo mentale innato LAD, dando come esito dell’apprendimento la conoscenza implicita di un sistema di regole linguistiche, output. L’input differisce dall’intake, cioè da quanto ritenuto dalla memoria a lungo termine come risultato dei processi di elaborazione attivati dal LAD.

La teoria della Grammatica Universale ha definito un metodo (metodo cognitivo) di scarsa applicazione in ambito didattico, ma ha dato impulso a studi sugli errori e sulla lingua dell’apprendente.

In breve Chomsky:

1. la capacità del linguaggio è caratteristica solo umana2. gli esseri umani nascono con dispositivo LAD per acquisire linguaggio3. lingua comportamento governato da regole e non da abitudini

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4. non si apprendono reazioni, ma regole per produrre reazioni5. gli universali linguistici sono categorie comuni a tutti gli uomini e a tutte le

lingue

Chomsky non si è mai interessato direttamente alla glottodidattica ma ha contribuito alla riflessione sulle strategie di apprendimento e pur indirettamente ha contribuito alla rivalutazione di alcune tecniche didattiche:

a) permettere e rispettare il periodo di silenzio dell’apprendente b) lasciar commettere errori con cui l’apprendente verifica le sue ipotesic) dare spazio a espressione libera e creatività, anche a spese della correttezzad) usare esempi non grammaticali per indurre discente a verificare limiti di

applicazione di una regola e acquisire generalizzazioni

Cognitivismo e comportamentismo in un certo senso sono simili, perché entrambe le teorie considerano l’apprendimento linguistico come fenomeno intra-organico (riguarda il singolo individuo), in realtà è un fenomeno inter-organico e sociale, nell’interazione tra individui.

c) Il ruolo dell’ambiente viene considerato dalla teoria socio-interazionista, che pur muovendosi in un’ottica innatista, considera l’acquisizione della lingua come il risultato della c ollaborazione tra l’apprendente e i suoi interlocutori e della relazione dinamica tra fattori esterni e meccanismi interni all’individuo.

Jerome Bruner (psicologo USA): apprendimento linguistico inizia quando adulto e bambino entrano in reciproca interazione, il cui input prodotto attiva il LAD (Bruner 1983). Cooperazione tra adulto e bambino rende possibile lo sviluppo della competenza linguistica e influisce sull’apprendimento. Il dispositivo per l’acquisizione della lingua è attivato dal contributo dell’adulto che modella e struttura l’input, rendendo possibile la comunicazione e fornendo un sistema di supporto definito da Bruner LASS (Language Acquisition Support System). Così anche nell’apprendimento di una lingua straniera: nella conversazione tra parlante nativo e apprendente straniero l’input linguistico è caratterizzato da continui aggiustamenti (semplificazione lessicale e sintattica, richieste di comprensione …) attuate in base al feed-back dall’apprendente. Tale cooperazione viene definita negoziazione dei significati, che dà origine a un input comprensibile in grado di promuovere apprendimento linguistico.

La teoria/ipotesi socio-interazionista rivaluta dunque il ruolo dell’ambiente e dell’input a cui l’apprendente è esposto e ha promosso così lo sviluppo di studi linguistici sulle funzioni svolte nell’apprendimento dalla lingua utilizzata dagli adulti nei confronti dei bambini (motherese) e dai parlanti nativi con gli stranieri (foreigner talk).

Le dinamiche dell’apprendimento linguistico sono infatti da comprendere considerando l’interazione tra gli interlocutori (produzione dell’apprendente, dell’adulto o del parlante nativo), estendendosi dunque al processo discorsivo in cui si manifesta la competenza parziale e transitoria dell’apprendente, poiché input e output sono in stretta correlazione.

La funzione svolta dall’input nell’apprendimento di una lingua non materna è evidenziata anche dalla second language acquisition theory (SLAT), formulata da Stephen Krashen nel 1977, sulla base della quale l’autore ha elaborato con Tracy Terrell il natural approach, che si propone di seguire nell’insegnamento di L2 i ritmi naturali e i principi che guidano l’acquisizione spontanea.

Più che di un metodo vero e proprio si tratta di una serie di principi che orientano l’azione didattica, al fine di riprodurre in ambito istruttivo un itinerario simile a quello seguito dall’apprendente in contesto spontaneo.

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Le 5 ipotesi dell’approccio naturale di Krashen e Terrell:

1. acquisizione/apprendimento2. monitor (controllo produzione, processazione regole)3. ordine naturale4. input comprensibile5. filtro affettivo

Lo spostamento dell’attenzione

dal funzionamento processi mentali alla dimensione sociale e interattiva (primo cognitivismo) (socio-interazionismo)

trova ulteriori sviluppi con il:

d) costruttivismo, secondo cui la conoscenza è il risultato di una costruzione attiva del soggetto, socialmente negoziata e condivisa

anni 80 ambito innatista centralità al discente risultato dell’apprendimento è la conoscenza costruita attivamente

dall’apprendente, che integra nuove conoscenze con quelle già acquisite.

costruttivismo: affonda radici filosofiche nel pensiero di Vico, Kant, Wittgenstein, Goodman e implicazioni dagli studi di Piaget. Vico: precursore del costruttivismo contemporaneo, contrapponendosi a Cartesio afferma che la conoscenza non può basarsi solo sull’evidenza dei fatti e la oro dimostrazione razionale, ma è originata da un’azione costruttiva dell’uomo. In modo analogo Kant, pur in pieno Illuminismo, afferma che conoscere non consiste nel rilevare fatti fenomenici, ma in attività di elaborazione realizzata attraverso forme a priori, proprie di tutti gli esseri pensanti.

Sviluppo del costruttivismo da attribuire alla crisi del pensiero razionalista, positivista e neopositivista. Conoscenza non come descrizione realtà esterna all’individuo, immutabile, oggettiva e misurabile, ma come costrutto personale mentale soggettivo, fondato su dati esperienziali, condiviso socialmente. Non si tratta però di un movimento completamente nuovo, in quanto i primi pensieri costruttivisti risalgono al filosofo napoletano Giambattista Vico (1668-1744), il quale diceva: "Il vero è identico al fatto", o anche "... la verità umana è ciò che l’uomo conosce costruendolo con le sue azioni e formandolo attraverso di esse".

L’approccio si dice costruttivista in quanto tiene in considerazione il punto di vista di chi osserva, di chi esamina; esso considera il sapere come qualcosa che non può essere ricevuto in modo passivo (come affezione del mondo esterno) dal soggetto, ma che risulta dalla relazione fra un soggetto attivo e la realtà. La realtà, in quanto oggetto della nostra conoscenza, sarebbe dunque creata dal nostro continuo "fare esperienza" di essa. La determiniamo dal modo, dai mezzi, dalla nostra disposizione nell’osservarla, conoscerla e comunicarla. Si forma nei processi d’interazione ed attraverso l’attribuzione di significati alla nostra esperienza. In questi processi il linguaggio ha certamente un ruolo fondamentale. La "costruzione" si poggia quindi su mappe cognitive che servono agli individui per orientarsi e costruire le proprie interpretazioni.

In sostanza ciascun individuo costruisce una sua "mappa di significati" personali, che gli consentano di vivere in quello che ciascuno sperimenta come il suo mondo. D'altra parte appare fondamentale, in questo processo di costruzione, il mondo sociale nel quale il soggetto è inserito, e del quale egli condivide i significati. Anche l'azione e l'intervento sulla realtà hanno spesso carattere sociale, sia in quanto avvengono attraverso o all'interno di gruppi, sia in quanto avvengono attraverso la mediazione del linguaggio (Jean Piaget). L’ambiente in quest'ottica cessa d’essere luogo denso di "informazioni" precostituite all'esterno, da "trarre" o "raccogliere", per divenire luogo di esperienza, che offre diverse possibilità ed opportunità di costruire informazioni e conoscenze.

Rifacendosi a Piaget, Jonassen (1994) considera la conoscenza come risultatp di negoziazione interna e negoziazione sociale.

In campo educativo: recupero di componenti delle teorie pedagogiche-didattiche che hanno posto l’accento su dimensione olistica, negoziale, contestuale e sociale dell’’apprendimento, inteso come elaborazione di costruzioni mentali soggettive (Varisco 2002)

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Quindi, l’apprendimento non consiste nell’acquisizione di particolari contenuti pre-selezionati e pre-ordinati, ma nella produzione di rappresentazioni multiple della conoscenza, con metodologia fondata sull’autonomia, sulla collaborazione, sulla consapevolezza dei processi conoscitivi messi in atto dal discente e sull’allestimento di ambienti formativi.

ambiente formativo: spazio reale o virtuale nel quale gli studenti interagiscono tra loro o con il docente, disponendo di risorse (materiali, cd-rom,dizionari, info dal web …) per un apprendimento attivo e partecipativo. Azioni svolte per realizzare obiettivi concordati e gestite in modo collaborativo dietro alla guida del docente, che stimola la partecipazione, fornisce supporto e incoraggia l’apprendimento (Varisco 2002).

Ciò non implica il ricorso a percorsi di autoapprendimento, ma l’impiego di strategie e tecniche che

promuovano un apprendimento attivo e partecipativo sviluppino abilità metacognitive focalizzino l’attenzione sul processo piuttosto che sul prodotto

dell’apprendere.Il costruttivismo non ha dato vita a un modello didattico univoco, bensì a una serie di soluzionibasate sull’allestimento di ambienti formativi, i cui presupposti comuni sono:

enfasi su costruzione della conoscenza, piuttosto che sulla riproduzione del sapere

incremento di motivazione e interattività compiti autentici, connessi al reale per favorire apprendimento esperienziale

e costruzione attiva del soggetto attività basate sulla negoziazione interpersonale e sulla cooperazione valorizzazione delle differenze individuali possibilità di itinerari didattici personalizzati

Aspetti di tali modelli didattici proposti e i principi di fondo del costruttivismo si sono estesi all’insegnamento linguistico L2, conducendo alla sperimentazione di programmazioni didattiche che favoriscono la partecipazione attiva dei discenti ai contenuti e alla definizione dei percorsi di apprendimento.

La spinta costruttivistica si nota anche nell’interesse verso la classe come ambiente di interazione sociale e comunità di apprendimento, in cui è promossa la costruzione cooperativa della conoscenza.

E’ nel campo delle nuove tecnologie educative che il costruttivismo offre il suo maggiore contributo (e-learning).

interlingua IL Selinker 1972

E’ il sistema linguistico in evoluzione dell’apprendente di una lingua non materna.

Ogni apprendente ha la propria IL, che si evolve durante il percorso di apprendimento, in base alle ipotesi che il soggetto stesso si costruisce sul funzionamento della L2. Permeabile e instabile per definizione, IL è influenzata dalla madrelingua e dalle altre lingue note, ma ha anche caratteristiche proprie.

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Il termine fu introdotto da Selinker nel 1972 e indica la competenza parziale e transitoria di chi apprende una seconda lingua. Questo termine si è affermato su etichette proposte da altri autori come dialetto idiosincratico - competenza di transazione (Corder 1983) o sistema approssimativo (Nemser 1971).

Tutti gli autori riconoscono, dietro alle produzioni poco articolate e devianti degli apprendenti una nuova lingua, l’esistenza di un sistema strutturato, dinamico, a complessità crescente e con principi provvisori di regolarità.

L’interlingua è un continuum di sistemi linguistici provvisori, personali, parziali che si creano nella mente di chi apprende una lingua seconda, straniera o classica.

Corder considera la lingua dell’apprendente caratterizzata dalla combinazione di:

ristrutturazione dovuta alla graduale trasformazione del sistema della L1, inizialmente trasferito, e segnalato da errori di trasfert e

ricreazione formulazione di ipotesi sul funzionamento lingua d’arrivo, provata da presenza di errori di sviluppo.

Si tratta, infatti, di competenze caratterizzate dall'interferenza della lingua materna, che tuttavia si riduce progressivamente. Gli errori di un allievo risultano utili per scoprire se la sua interlingua coincide con quella prevista a quello stadio dello studio di una lingua. Commettere errori è “un modo per l’apprendente di mettere alla prova le sue ipotesi sulla natura della lingua che sta imparando” (Pit Corder 1967) “Gli errori sono indicativi del “sillabo incorporato nell’apprendente” (Pit Corder 1981)

Secondo alcune teorie, mentre la padronanza linguistica è propria della lingua materna ed etnica, nello studio di lingue seconde, straniere e classiche non si può avere altro risultato che un'interlingua, per quanto di ottima qualità.

Ricerche sullo sviluppo dell’interlingua hanno evidenziato che il percorso di acquisizione linguistica procede attraversando le stesse fasi per tutti gli apprendenti, indipendentemente dalle loro L1 e dall’età.

teoria della processabilità procedure di elaborazione cognitiva - Pienemann 1998

Le sequenze evolutive dell’interlingua sono spiegate anche sulla base di abilità procedurali acquisite dall’apprendente. La teoria della processabilità, proposta da Pienemann (1998) prevede che in ogni stadio di sviluppo l’apprendente possa disporre di procedure di elaborazione cognitiva, per produrre e comprendere solo le forme linguistiche che è in grado di processare in quello stadio.

Queste procedure sono acquisite gradualmente, secondo una gerarchia di processabilità, in cui l’ordine è implicazionale, cioè ogni procedura costituisce un

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prerequisito per l’acquisizione di quella di livello successivo.

L’ordine di acquisizione rispecchia l’attivazione delle procedure nella produzione linguistica:

- procedura lemmatica : identificazione di lemmi: casa, albero, libro (in teoria non s’impiega alcuna procedura, si identificano lemmi, imparati senza essere analizzati);

- procedura categoriale : inizia l’analisi delle forme linguistiche e l’assegnazione di lemmi a categorie. Modifiche morfologiche alla parola (libro, libri), le parole ancora considerate separatamente, senza scambio di informazioni tra gli elementi;

- procedura sintagmatica : parole assemblate, accordi tra la testa e gli altri costituenti dei sintagma (accordo all’interno del sintagma): libri interessanti, ho magiato;

- procedura frasale : scambio di informazioni tra sintagmi, formazione di frasi (accordo tra soggetto e verbo: Mario legge);

- procedura subordinativa : scambio di informazioni tra frasi, produzione di proposizione subordinate, distinte da quelle principali: Lucia spera di venire.

La gerarchia della processabilità descrive un percorso obbligato dell’apprendente nell’acquisire le abilità procedurali nello sviluppo delle sequenze dell’interlingua.

Tuttavia l’interlingua è variabile, perché cambia nel tempo da individuo a individuo e anche nelle produzioni dello stesso apprendente: variabilità intrasoggettiva, cioè fattori esterni e interni dell’apprendente e variabilità intersoggettiva, aspetti diversi in diversi apprendenti.

Per spiegare la variabilità a cui è soggetta l’interlingua, Pienemann ricorre alla nozione di “spazio delle ipotesi”, cioè la gamma limitata di soluzioni che si presentano all’apprendente per affrontare problemi di apprendimento.

In ogni stadio di sviluppo, le procedure di elaborazione linguistica sono come un insieme di opzioni strutturali tra cui l’apprendimento è libero di scegliere per realizzare le proprie produzioni. Le strategie impiegate influiscono sugli esiti evolutivi dell’interlingua, poiché l’accumularsi di scelte in direzione di una soluzione strutturale può precludere il passaggio dell’interlingua allo stadio successivo, determinando la fossilizzazione.

La teoria della processabilità, prendendo in considerazione aspetti cognitivi di natura universale e coniugandoli con aspetti formali, costituisce una teoria psicolinguistica applicabile all’acquisizione di quasi tutte le L2, sia in contesto spontaneo che guidato.(Secondo Pallotti 2005 fanno eccezione solo poche lingue che non hanno le procedure per la subordinazione.)

apprendimento linguistico e fasce di età (ruolo del fattore età)

Ricerche sullo sviluppo dell’interlingua hanno evidenziato che il percorso di acquisizione linguistica procede attraversando le stesse fasi per tutti gli apprendenti, indipendentemente dalle loro L1 e dall’età. Somiglianze, dunque, nel percorso seguito, mentre differenze si possono osservare relativamente ai tempi, alle modalità e ai risultati conseguiti in fasce d’età diverse. (Ellis 1985)

Sulla diversità dell’apprendimento nelle diverse fasce di età sono date spiegazioni e interpretazioni

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sul piano:

1) cognitivo impiego di strutture cognitive e concettuali già acquisite e consolidate, differenti capacità cognitive e conoscenze

2) neurobiologico individuazione di periodi critici e/o sensibili

3) psicolinguistico ipotesi dell’accesso al meccanismo innato di acquisizione (accesso diretto alla GU)

1) I migliori esiti a breve termine di adolescenti e adulti (rispetto ai bambini che però conseguono livelli più elevati di competenza in periodi più prolungati di esposizione a L2) sono da attribuire a capacità cognitive elaborate e complesse, a una maggior conoscenza del mondo e miglior consapevolezza del funzionamento di una lingua (Pallotti 1998). Secondo Krashen l’apprendimento linguistico in età adulta si caratterizza per l’uso più esteso del monitor; possedendo una maggiore capacità di astrazione e sistematizzazione rispetto ai più giovani, l’adulto è indotto a riflettere sul funzionamento della lingua, utilizzando la conoscenza consapevole delle regole per pianificare, guidare e controllare la propria esecuzione, conseguendo così migliori risultati nelle prime fasi di contatto con la lingua straniera.

2) Il primo a ipotizzare l’esistenza di un periodo critico d’età, oltre il quale l’apprendimento di una L2 è faticoso e può essere anche un insuccesso, fu il neurolinguista Eric Lenneberg (1967).Secondo la teoria formulata da Lenneberg il periodo critico si colloca intorno ai 12 anni, oltre al quale si ridurrebbe la plasticità cerebrale, per via della lateralizzazione dei due emisferi e sarebbe più difficile l’ apprendimento linguistico.

Studi successivi hanno dimostrato che per l’apprendimento di una seconda lingua non si può individuare un unico periodo critico, ma più periodi sensibili in relazione a diverse aree della lingua e dovuti alle fasi di maturazione cerebrale che mettono in relazione vari aspetti dell’apprendimento di L2 con l’età, le abilità cognitive, gli aspetti della memoria, le motivazioni e le conoscenze.La fonologia è il livello maggiormente sensibile (età puberale è una soglia temporale, dopo la quale è difficile acquisire pronuncia nativa di una L2; altri dicono già verso i 6 anni si verifica riduzione della capacità apprendimento fonologia); per la morfologia e la sintassi periodo sensibile più tardivo, ma sempre nell’adolescenza; lessico e pragmatica sono aree che non conoscono periodi sensibili connessi all’età. (Diadori 2009)

3) L’ipotesi di un periodo critico, dopo il quale non sarebbe più possibile apprendere una lingua con competenza quasi nativa è stata messa anche in relazione all’accesso al meccanismo innato di acquisizione, la Grammatica Universale di Chomsky. In ambito innatista sono state sostenute 3 posizioni sul ruolo della GU nell’apprendimento di L2:

1. possibilità accesso diretto alla GU2. possibilità accesso indiretto alla GU (trasferimento parametri da

L1 a L2)3. impossibilità accesso alla GU: l’apprendimento di L2 non si

realizzerebbe utilizzando il LAD, ma facendo ricorso ad altre facoltà cognitive, come la capacità generale di risoluzione problemi.

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L’accesso diretto alla GU, che consente apprendimento L2 con gli stessi parametri con cui si realizza quello di L1, sarebbe correlato all’età.

In età adulta, l’individuo non potendo più accedere alla GU, se non indirettamente attraverso L1, utilizza meccanismi cognitivi che tuttavia non consentono il conseguimento di elevato grado di competenza a tutti i livelli della lingua.

Altri fattori connessi all’età di apprendente sono quelli relativi alla motivazione e alla dimensioni psicoaffettive.

Una veloce occhiata al testo a pag. 111 e 112 per vedere le principali differenze tra

bambini / adolescenti / adulti

in merito alle motivazioni, alla dimensione psicoaffettiva e di conseguenza agli approcci glottodidattici più indicati.

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