Ape dell'Isiss 10 - isissmorciano.gov.it · Partii per il Marocco il 7 ottobre 2006 con un...

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MAGGIO 2014 - ANNO 5 – N. 10 Morciano, Largo Centro Studi 12/14 www.isissmorciano.it Magazine degli studenti dell’Istituto Gobetti - De Gasperi [email protected] Fortress Europe INTERVISTE E ATTUALITÀ Da pagina 2 VOCI DAL GOBETTI - DE GASPERI Da pagina 7 IL LIBRO – Il FILM Da pagina 13 SPORT Pagina 15 PLAYLIST Da pagina 16

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MAGGIO 2014 - ANNO 5 – N. 10 Morciano, Largo Centro Studi 12/14 www.isissmorciano.it

Magazine degli studenti dell’Istituto Gobetti - De Gasperi [email protected]

Fortress Europe

INTERVISTE E ATTUALITÀ Da pagina 2

VOCI DAL GOBETTI - DE GASPERI Da pagina 7 IL LIBRO – Il FILM Da pagina 13

SPORT Pagina 15 PLAYLIST Da pagina 16

Incontro con Gabriele Del Grande Questo mare ci può dividere o unire: 3000 anni fa ci univa, ora ci divide.

“Innanzitutto bisogna capire di cosa si parla. La stessa cosa a seconda del punto di vista da cui la si guarda cambia, ma non è detto che una delle due affermazioni sia sbagliata, dipende sempre dal punto di vista!” Con questa frase Gabriele Del Grande inizia il suo incontro con le classi dell’Isiss di Morciano che si è tenuto Martedì 29 Aprile in Aula Magna. Gabriele Del Grande è un reporter esperto e testimone dei problemi relativi ai flussi migratori e ha aperto il suo Blog “Fortress Europe” nel 2006, quando si trasferì a Roma dopo aver compiuto gli studi universitari a Bologna. A Roma, trasferitosi per cercare il suo “posto nel mondo”, fece un corso di giornalismo e iniziò a scrivere nella redazione di un giornale. La domanda principale che gli diede lo spunto per aprire questo blog fu “Quante persone stanno perdendo la vita alla ricerca di un futuro migliore?” All’inizio il blog era composto da soli numeri presi da giornali, numeri che potevano far notare a tutti quante persone stessero perdendo la vita, poi pian piano ai numeri si sono accostati i nomi, e via via tutto il resto. Uno degli episodi più conosciuti è quello dell’ 11 ottobre 2013, quando una nave con più di 400 immigrati, partiti dalla Libia naufragò al largo di Malta: ci furono più di 200 morti, tutte persone con storie drammatiche, che scappavano da una crudele realtà. Basti pensare a un padre che trovandosi in acqua deve scegliere chi salvare tra i due figlioletti, troppo distanti l’uno dall’altro per strapparli entrambi dalle braccia della morte. Del Grande racconta che pochi giorni dopo questa tragedia, era in un bar alla Stazione Garibaldi, seduto al tavolo con due amici arabi. Mentre parlavano in arabo si avvicinò un ragazzo che chiedeva quale fosse il treno diretto per la Svezia. Del Grande capì subito che era uno dei ragazzi superstiti della strage di Lampedusa. Giorni dopo lo aiutarono ad andare in Svezia, e per farlo organizzarono un finto matrimonio riuscendo così a portare là anche un bambino di 11 anni e una coppia, tutti superstiti di quella strage. A metà incontro circa, Del Grande ci fa ascoltare delle canzoni che parlano della traversata del mare, e ci fa notare i diversi testi, suoni e ritmi che le canzoni hanno a seconda di come viene vista l’idea di questa lunga avventura. Come ad esempio una canzone algerina che si chiama “Partir Loin” le cui parole esprimono un gran desiderio di voler andarsene dall’Algeria, ma non importa dove, basta scappare da li. Infatti il ritornello della canzone dice “ Barca amore mio, portami fuori dalla miseria”. L’autore di questa canzone è Reda Taliani: Taliani in algerino significa Italiano, ed è soprannominano così a causa del suo modo di vestire e di comportarsi simile ad un Italiano.

In contrapposizione a questa, c’è un’altra canzone invece che è contraria alla partenza. Ed è scritta da due genitori che scoprono che il figlio è partito di nascosto per questa pericolosa avventura. Come ti è venuta in mente la creazione di questo blog? Quale lavoro hai fatto subito dopo gli studi? “Io avevo ben altri interessi, avevo la passione per le moto, lavoravo dopo la scuola per pagarmi questa passione. Con l’università mi sono un po’ aperto la mente, poiché vivevo in un paesino della Toscana. Ho studiato Storia orientale all’Università, e per mantenermi facevo il cameriere, nel frattempo frequentavo anche un concorso di giornalismo a Roma. Qui mi venne l’idea di aprire un blog, all’inizio non ci credevo più di tanto, era solo una pagina in cui far vedere alle persone quanti esseri umani stessero perdendo la vita. Volevo che queste notizie durassero, volevo che la gente lo sapesse, perché nessuno ne parlava, non volevo si perdesse in mezzo al mare. Grazie ad Internet il blog è diventato un punto di riferimento. Io avevo il mio lavoro, facevo 8 ore di lavoro al giorno, e mi “ammazzavo di lavoro” in 5 ore ,così che nelle 3 ore rimanenti mi costruivo il mio blog. Successivamente mi licenziai perché volevo andare a vedere le cose con i miei stessi occhi e non ricercare notizie e basta. Partii per il Marocco il 7 ottobre 2006 con un biglietto di sola andata, avevo circa 24 anni. Sono cose da fare con determinazione, se ci credi ottieni un risultato. Durante il viaggio ero rimasto senza soldi poiché ne avevo spesi tanti per comprare un passaporto falso che si rivelò una fregatura: non arrivò mai. Mandai una mail ai miei amici più cari che mi aiutarono e riuscii a continuare il mio viaggio. Qual è stata la cosa che ti ha fatto capire che questa è la tua strada? La verità è che non c’è un momento, sono 8 anni abbondanti che faccio avanti indietro come una trottola. Non c’è un giorno in cui ti alzi la mattina e capisci, è un progetto graduale, facendolo pian piano ti innamori di quello che fai, ti affezioni ai posti ed impari le lingue, impari ad ascoltare le storie. Abbiamo paura di aprire il muro, perché pensiamo che al di là del muro ci siano le cose peggiori come incivili, barbari. Mentre loro invece pensano che di qua ci sia il paradiso. Una storia che mi ha colpito e mi ha aiutato a cambiare prospettiva: quando ho iniziato, li vedevo più come delle vittime che come degli eroi. All’inizio del mio percorso ho conosciuto due calciatori del Camerun: questi durante una trasferta per la coppa, a fine partita, sono scappati per andare in Spagna. Hanno fatto dei provini in Spagna e l’allenatore li ha subito voluti in squadra. Hanno fatto una stagione, e poi con i soldi guadagnati sono ripartiti per una nuova meta.

Interviste e attualità

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In poche parole con i soldi di una stagione ogni volta ripartivano, questa cosa è andata avanti per circa tre anni. Sapete qual è il trucco: loro nella loro testa ci credevano, credevano in loro stessi e nella loro bravura dentro il campo da calcio. Come si fa a far capire ai ragazzi queste cose? Con le parole e con l’esperienza. Bisogna uscire dalla normalità, dalle frasi fatte. Bisogna cercare quello che vi piace, andare metaforicamente

al di là del muro. In un servizio delle Iene si vedono molti

immigrati maltrattati nei centri di accoglienza, chi si occupa di queste persone? La maggior parte di quelli che scappano sono Siriani perché in Siria c’è la guerra da 4 anni. In questi anni sono scappati circa in 7 milioni su 23 milioni, ovvero 1 su 3; ma di 7 milioni in Italia ne sono arrivati solamente 10.000, ovvero uno su mille ha continuato il viaggio, gli altri sono

rimasti al di là della frontiera ad aspettare che la guerra finisca. Qua in Italia arrivano solo i più benestanti come dottori, commercialisti, figli di famiglie per bene, farmacisti e quando arrivano qua con una certa cultura e un certo titolo di studio e vengono ammassati nei centri di accoglienza e maltrattati loro si rifiutano e scappano. Quindi secondo lei non siamo molto sensibilizzati su questo argomento? Secondo me su queste cose ognuno ha le proprie certezze, le sue frasi fatte da una parte e dall’altra del muro, ma quello che manca spesso è il racconto, la vera testimonianza. Spesso si parla sempre degli altri, ma poi gli altri non ci sono mai. Ci sono le immagini di archivio, la voce del giornalista che racconta i numeri, e se ci può essere un’altra voce, c’è quella di un politico: Ma manca sempre la voce del Protagonista. Poi ci sono per fortuna tanti giornalisti bravi che vanno nei diretti posti interessati, a far parlare le persone. La prima cosa che bisogna sempre ricordare è che prima di dire se una sedia è nera o rossa, devi girarci intorno e osservare un po’ perché da davanti la sedia la vedi rossa, ma vista da dietro è nera. Secondo lei sono gli adulti che dovrebbero sensibilizzare i giovani? Io sinceramente sono più preoccupato per gli adulti che per i giovani, perché alla fine voi giovani siete tutti stranieri in questa società, perché ogni generazione porta delle parole nuove, delle idee nuove nella società, un po’ come gli stranieri. L’identità di ognuno di noi è come una valigia e decidi tu cosa metterci dentro, ma paradossalmente le cose principali non puoi sceglierle: Se hai la pelle bianca o nera non lo decidi tu, se ti chiami Francesco o Mohamed non è una scelta che spetta a te, ma sinceramente non ci trovo differenza. Tanti ragazzi partono per riscattare non solo loro stessi ma anche i genitori.

Se finita la scuola volessi partire per l’Australia, come devo muovermi? Si fa un visto turistico e lavorativo che dura sei mesi, dopo sei mesi puoi rinnovarlo, però, per rimanere, dopo un anno devi dimostrare di aver lavorato almeno tre mesi. Circa tremilioni e settecento mila ragazzi Italiani sono andati all’estero negli ultimi anni, troveresti sicuramente una buona compagnia. Come ha fatto a scegliere proprio quei paesi, che vengono visti come “l’inferno”? Un po’ per caso… nel senso: io sono cresciuto in un posto di provincia, di campagna, e già spostandomi a Roma mi si è aperta la mente. Poi quando cerchi le cose poi le trovi, a Bologna ho conosciuto per caso un’associazione che organizzava un viaggio in Tanzania e sono partito con loro per 5 settimane, sono rimasto affascinato e da lì è partito tutto. E’ l’esperienza quella che ti fa affezionare alla gente, alla cultura, alle tradizioni, al diverso modo di vivere di ogni etnia. Hai progetti per il futuro? Tipo andare a vivere fuori dall’Italia? Si, onestamente ho progetti di andare a vivere all’estero, senza nulla togliere all’Italia che è un paese bellissimo nonostante tutti i problemi. Mi piacerebbe molto Istanbul come meta in cui costruirmi un futuro, ma non si sa mai… magari tra due anni vengo a vivere a Morciano…

Federica Fabbri- 4°A

Interviste e attualità 3

Incontro con Rosaria Cascio Presidente dell’associazione “Padre Giuseppe Puglisi.

Sì, ma verso dove? “ Il 28 Febbraio si è tenuta nell’aula magna dell’ ISISS Gobetti - De Gasperi l’incontro con Rosaria Cascio. Questo evento rientra in un progetto più ampio (la sera prima la Cascio era alla biblioteca di Cattolica) che avrebbe visto quella sera il cantautore palermitano Pippo Pollina con il suo acoustic quartet esibirsi al teatro della Regina di Cattolica L’incontro con gli studenti morcianesi è stato organizzato da Paolo Saracino fondatore dell’associazione culturale Cubia di Cattolica. L’ incontro si è svolto in due parti: nella prima la Cascio, che è lei stessa insegnante in un liceo palermitano, ha parlato della sua esperienza e delle motivazioni che l’hanno portata a fondare l’associazione anti-mafia Padre Giuseppe Puglisi. Nella seconda gli studenti del Gobetti hanno posto delle domande alla relatrice. Ne è scaturito un confronto positivo che ancora una volta ha dimostrato quanto sia positivo far si che nella scuola pubblica possano esserci dei momenti di confronto di questo tipo. La Cascio ha conosciuto Padre Puglisi nel 1978, quando fu il suo professore di religione al Liceo Classico Vittorio Emanuele II di Palermo. Da lì accolse la sua proposta di frequentare i gruppi giovani vocazionali che iniziava a promuovere in città e fu così fino alla sua morte. Nacque un’amicizia profonda che divenne occasione di crescita umana e spirituale. Rosaria Cascio sostiene che quanto è successo a Brancaccio ha tanto da dire non solo a Palermo ma a tutti quei luoghi in cui la dignità umana è calpestata da una qualsivoglia organizzazione o azione criminale. Padre Puglisi ha concretizzato, in soli tre anni, una controproposta di amore cristiano che ha fatto tanta paura alla mafia, da molti ritenuta onnipotente, da convincerla ad ucciderlo. E’ riuscito a coniugare diritti, dignità di persona, carità evangelica e azione sociale e culturale in modo così efficace da riuscire ad iniziare un percorso di riumanizzazione che un colpo di pistola ha tentato d’interrompere Due sono in sintesi gli aspetti più importanti dell’esperienza di Padre Puglisi: il primo è la dimensione di orientamento al senso della vita che ha segnato tutta la vita di Puglisi. La Cascio spiega infatti che per lei

che è un’educatrice, è uno stile, un modo di essere insegnante, perché i ragazzi hanno bisogno di testimoni, di esempi coerenti e non di persone che parlano senza coerenza di vita. La seconda dimensione è quella di controproposta al dominio mafioso. Dimostra infatti che la battaglia per i diritti calpestati è possibile ed è efficace soprattutto se coniugata con i valori cristiano del Vangelo . Purtroppo, girando per l’ Italia, si avverte che la diffusione della mafia non è più solo un patrimonio del ”Sud”, ma ormai si è infiltrata anche nelle regioni del Nord, soprattutto nella Lombardia e nell’Emilia, perché è dove c’è denaro che c’è l’interesse della mafia sanguinosa. Tutti dovremmo credere in associazioni come quella in memoria di Padre Puglisi, perché solo con l’unione e la convinzione di tutti si può pensare di poter sconfiggere un domani, non troppo lontano, la mafia.

Valentina Sanchi 2°A

Pippo Pollina & Palermo Acoustic Quintet L’appartenenza Europa Tour

La sera del 28 febbraio, noi studenti dell’ ISISS di Morciano, dopo aver aderito ad un progetto di educazione alla legalità in collaborazione con l’associazione “Padre Giuseppe Puglisi. Si, ma verso dove?”, cominciato in mattinata, ci siamo recati al concerto di Pippo Pollina al Teatro della Regina di Cattolica. Poco prima dell’inizio del concerto, alcuni ragazzi delle classi quinte del nostro istituto hanno reso omaggio ai grandi personaggi che hanno dedicato la loro vita a combattere la mafia, leggendo alcune loro celebri frasi. Poi prima di “uscire di scena” hanno mostrato uno striscione con scritto “ E se ognuno fa qualcosa allora si può fare molto..”, la famosa frase detta da Don Pino Puglisi, un prete di Palermo ucciso da Cosa Nostra nel 1993. Poi è cominciato il concerto di Pippo Pollina, dove lui e la sua band “ Palermo Acoustic Quintet” si sono esibiti in canzoni tratte dal loro ultimo album “L’appartenenza”, ma anche altre che lo hanno reso celebre. Pippo Pollina è un cantautore Siciliano, già intervistato dalla nostra redazione due anni fa: il cantante Palermitano sin da giovane si è impegnato nella lotta contro la mafia entrando nella redazione del mensile antimafia “ I siciliani giovani”, della quale faceva parte Giuseppe Fava, il giornalista ucciso da Cosa Nostra a Catania, e continuando questa sua determinata lotta tutt’ora tramite canzoni e progetti. Anche secondo Pippo Pollina ognuno può e deve fare qualcosa; lui ha scelto la musica; e per fare qualcosa non è necessario lanciarsi in politica, ma ognuno nel suo piccolo può fare tanto, non rimanendo indifferente ed in silenzio davanti a tutto ciò.

La Redazione

Interviste e attualità

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Tecnologie e futuro L’esistenza umana avrà flusso circolare?

E’ proprio vero che non si sa mai cosa aspettarsi dal futuro. Quello che solo alcuni decenni fa era fantascienza e compariva in centinaia di film appassionanti e amati dal pubblico, ora è realtà, o quanto meno fra poco tempo potrebbe esserlo. Per chi nasce in questa generazione di “BOOM tecnologico” è difficile capire i cambiamenti, la rivoluzione della vita degli esseri umani, che un giorno, se questo giorno ci sarà, comparirà sicuramente nei libri di storia dei nostri posteri. Smartphone, tablet, un Google che ci stupisce con le sue applicazioni e computer sempre più innovativi, e-book e tante altre intelligenze artificiali stanno diventando il principale passatempo di questa nuova generazione, tanto da poter parlare di una nuova “era informatica”. Queste tecnologie sarebbero nate per migliorare la nostra vita, per aiutarci nel lavoro automatizzandolo e farci risparmiare del tempo che avremmo potuto utilizzare diversamente, magari dedicandoci più a noi stessi e a ciò che amiamo. Insomma avrebbero dovuto aiutarci a fare qualche passo avanti verso quella sorta di utopia umana che è la felicità. Ma guardiamoci intorno: siamo riusciti nel nostro intento? Noi siamo felici? Probabilmente pochi riuscirebbero a rispondere di sì. Un po’ per la crisi che ci sta investendo (forse dovuta anche ad un sistema economico poco flessibile che non è stato capace di adattarsi a questo nuovo mondo), un po’ per la delusione nel constatare che più cerchiamo di essere felici, e più ci allontaniamo da questo traguardo, un po’ per la società che cerca la felicità nel proprio egoismo, ci accorgiamo di non essere pieni. E ci sentiamo quasi soffocati, non liberi come speravamo di diventare con le nuovi “grandi democrazie”, raggiunte con grandi sacrifici di generazioni passate.

Non liberi di vivere

davvero come

vogliamo e quasi spinti a

comportarci in un certo modo, tanto da non avere più tempo per noi.

Non ci bastano più i nostri 80 anni di vita e speriamo di allungarla per guadagnare del tempo. Perché? Forse l’esistenza umana avrà flusso circolare? Costretta a salire, salire, arrivare all’apice dello sviluppo, per poi cominciare la discesa verso la disfatta? O forse continueremo ancora con la nostra salita, col progresso dal punto di vista tecnologico e scientifico, senza riuscire a conciliarlo con lo sviluppo della vera essenza dell’uomo? “Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo.” Così recita Quasimodo nella sua poesia, descrivendo l’uomo “evoluto” come uomo mai cambiato realmente. E da una parte indubbiamente non si sbaglia. Potendo confrontare le sue parole con bombe atomiche, massacri, camere a gas della seconda guerra mondiale, che rappresentano solo pochi esempi di quello di cui l’uomo è capace di creare, senza riuscire allo stesso tempo a capacitarsi del modo in cui usarli, ha tristemente ragione. Da un certo punto di vista siamo fortunati a convivere quotidianamente con strumenti che ci permettono di collegarci a qualsiasi parte del mondo o trovarci in diversi luoghi contemporaneamente, che ci sostituiscono in certe mansioni o che ci permettono di accedere a migliaia di informazioni con grande semplicità, ma dall’altra ci ritroviamo ad essere quasi schiavizzati da questi strumenti, schiavizzati dalle nostre vite, schiavi di questo mondo. Insomma il risultato definitivo di questo sviluppo tecnologico è ancora da raggiungere e valutare e sia che sarà un risultato positivo, sia il contrario, sarà il derivato diretto dell’uso che ne abbiamo fatto. Chissà, forse il futuro che ci aspetta è una popolazione meticcia, composta da esseri umani veri e propri e macchine, ma una cosa è certa: non riusciremo mai a creare una macchina capace di provare emozioni come noi, graziati da questa unica capacità soprannaturale.

Valbona Jonuzi 4°A

Interviste e attualità

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Vuoi fare lo scrittore? Inizia con l’avere una connessione ADSL...

Avete una storia nel cassetto ma non avete né tempo, né voglia, né coraggio per tentare la tortuosa strada della pubblicazione? Vi piacerebbe che i vostri pensieri e il mondo creatosi nella vostra mente venga conosciuto, compreso e magari anche apprezzato al di là di uno spazio virtuale chiamato “blog”, come ce ne sono già a milioni? No, questo non è l’inizio di un classico annuncio per artisti incompresi alla Andrea Diprè (e i più fini “intenditori” del mondo del web sanno di cosa sto parlando), né tantomeno una malriuscita pagina promozionale. Quelle appena scritte sono solo alcune delle domande alle quali il crescente fenomeno del “self-publishing” si propone di dare una risposta. Si dice che l’arte sia la sola cosa che rimane di noi in questo mondo, ciò che facciamo e ciò che lasciamo ha più valore se riesce ad imprimere un ricordo in qualcuno. E quale ricordo migliore di un’opera scritta, materiale, tangibile. Un qualcosa che anche se facesse schifo.. Beh, almeno potrebbe essere utile sotto la gamba di un tavolo traballante. Questo ragionamento invece, è in parte in contrasto con il sopracitato mondo del self-publishing. Ma cerchiamo di capire il perché; riassumendo brevemente, il concetto di self-publishing è piuttosto semplice: hai una storia, la affidi a un sito, te la pubblica (online in formato epub o pdf) a tuo nome, non paghi nulla (o quasi) e tutto ciò che viene è di guadagnato. Facile, no? Apparentemente lo è.

Nei fatti, fa un po’ senso vedere la propria opera trattata come un qualsiasi altro romanzo di Dan Brown sullo Store di Amazon. A dire il vero, alcuni

ritengono questa pratica sempre più diffusa anche

fin troppo semplice. Chiunque può scrivere una qualsiasi cosa e poi vedersela pubblicata pagando (non più di € 4) il semplice codice da assegnare all’opera? In alcuni casi è così, ed è nella totale assenza di una qualsiasi forma di controllo o recensione che spesso e volentieri

tramite Amazon, iBook Store ed altri portali del genere si corre il rischio di trovare opere scritte in maniera approssimativa e zeppe di errori e refusi di vario genere. La maggior parte di queste piattaforme però, al contrario di quanto sostengono i detrattori del self-publishing, applica una selezione. Chiaramente i criteri non possono essere rigidi come nel pubblicare un libro in carta con la Mondadori, ma in genere quel minimo di controllo garantisce una qualità quantomeno decente e un contenuto che non violi alcuna norma di legge. Migliaia di nuove storie e nuovi autori si affacciano ogni giorno in questo mondo, e questo fa riflettere molto se si pensa che l’Italia è da sempre tra gli ultimi posti nelle classifiche dei lettori. Come può una persona pretendere di scrivere se non si è mai sforzata di leggere? Ritrovarsi con l’avere sempre più scrittori e sempre meno lettori è il più grande paradosso di un sistema come il self-publishing; un sistema che è destinato a cambiare il mondo dell’editoria e al quale anche le grandi case editrici guardano con paura ma anche con un curioso interesse. Esse infatti, non solo osservano ma anzi cercano di sfruttare al meglio i prodotti di questo mondo proponendo loro contratti di pubblicazione. Comunque vada e in ogni campo, basta ricordare che al giorno d’oggi non è mai troppo tardi o troppo presto per sognare, basta avere una connessione internet e occasionalmente una carta di credito...

Alessio Carcaiso 4°A

Interviste e attualità

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Magazine degli studenti dell’Isiss Gobetti – De Gasperi, scaricabile dal sito www.isissmorciano.it Gli studenti che vogliono partecipare possono inviare i loro articoli in formato Word all’indirizzo email [email protected] La Redazione: Luca Ranaudo 4°A, Alessia Masini 4°A, Valbona Jonuzi 4°A, Alessio Carcaiso 4°A, Federica Fabbri 4°A, Elisabeth Dudchenko 4°A, Davide Cohen 4°J, Valentina Sanchi 2°A, Asia Ravaioli 2°A Coordinatore: Prof. Giuseppe Vanni

Rockbalancing Renato Brancaleoni, per tanti anni Prof. di Educazione

Fisica nella nostra scuola, ci spiega l’incredibile arte delle pietre in equilibrio

Renato Brancaleoni, nato a Rimini nel lontano 1946, risiedo a Riccione, ex insegnante di Educazione Fisica e allenatore di Atletica Leggera. La riviera romagnola e marchigiana sono i luoghi preferiti per le mie effimere performances (Misano, Cattolica, Gabicce, Baia Vallugola, Castel di Mezzo e Fiorenzuola di Focara). Amante della natura , camminando spesso sulla battigia ho sempre osservato i sassi ed apprezzato le loro forme ed il colore. Navigando in internet alla ricerca di informazioni sui sassi, ho scoperto che a San Francisco ed in Germania c'erano due signori che mettevano i sassi in equilibrio ed è stato subito amore a prima vista. Dal 2006 ho iniziato questa forma di Landart con grande giovamento psicofisico. Nel 2010 in Italia bastavano le dita delle mani per contare i praticanti , nel 2011 ci siamo ritrovati in 8 a Portonovo (AN) per un meeting tutto italiano e l'anno successivo grazie alla forza aggregativa di Facebook siamo riusciti a formare un gruppo internazionale di circa 1000 praticanti che organizzano e diffondono il bilanciamento delle pietre. Sono così nati i BAWI (Balancing Art World Intermeeting). Pietre in equilibrio, rockbalancing, Saxa Libra, non è stato ancora definito ufficialmente e in ogni nazione viene chiamato diversamente, ma l'obbiettivo è quello di sovrapporre sassi creando delle strutture effimere con diverse tecniche. Una costante è rappresentata dal fatto che tutti i bilanciamenti devono rispettare le leggi della fisica e considerare che il baricentro deve cadere nella base di appoggio, sfruttando l’attrito tra i sassi e le eventuali concavità o convessità che facilitano il contatto tra le loro superfici. Non esiste una metodologia codificata ed ognuno deve muoversi secondo il suo sentire. Tra i vari stili si possono ricordare: � Pietre sovrapposte ( cairn o segnavia ) � Equilibri puri (ricerca di equilibri tra due o più sassi) � Counter – balances (squilibri che si compensano) � Free-style (miste, archi e composizioni con materiali vari)

Il bilanciamento dei sassi è un gioco e va preso con un pizzico di ironia, in genere non si parte con un progetto ma ci si lascia guidare da ciò che si trova nei luoghi di gioco, all’inizio è utile praticarlo in luoghi appartati senza la presenza di spettatori e la base deve essere ben ancorata al terreno mentre tutto il resto viene da sé e dal desiderio che abbiamo di sorprenderci ricordando che sono possibili cose che sembrerebbero impossibili.

E’ una buona abitudine quando si abbandona il luogo di gioco lasciarlo esattamente come era prima senza pericoli latenti per persone o animali. A volte ho l'impressione che i sassi stiano in equilibrio solo per farmi un piacere poi, sempre per farmi un piacere, dopo essersi fatti fotografare,

ritornano accomodandosi sulla sabbia pronti per altre

esperienze....loro sanno cose che a me sfuggono e cercano di comunicarmele....

Prof. Renato Brancaleoni

Per info: [email protected] https://www.flickr.com/photos/59125128@N00 www.facebook.com/renato.brancaleoni

GRADART Una giornata tra cultura medievale e arte contemporanea

Il giorno 14 marzo 2014 ci siamo ritrovati all’entrata del Castello di Gradara per visitarlo accompagnati dai professori Giuseppe Vanni e Ignazio Bonadies. Vedendo il castello da fuori, la prima cosa che abbiamo notato è stata

la sua grandezza e il suo buono stato nonostante tutto ciò che ha passato. Inizialmente la guida ci ha illustrato la prigione dove torturavano e uccidevano i condannati. Tra i vari metodi di tortura ci ha colpito quello delle corde, che consisteva nello spezzare gli arti superiori delle spie per costringerle a parlare.

Voci dal Gobetti – De Gasperi

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In un angolo della stanza vi era una cisterna, subito abbiamo pensato fosse un contenitore per i cadaveri, in realtà serviva solamente come recipiente per l’acqua piovana che era indispensabile durante gli assedi. Saliti al piano superiore la guida ci mostrò le varie stanze.

Erano tutte molto grandi, con pavimenti rifiniti e pareti dipinte, in alcune erano presenti dei passaggi segreti per sfuggire agli attacchi nemici. Tutto nel castello era organizzato in modo da garantire la sopravvivenza di ogni abitante che ci risiedeva. Importante frammento della storia di questa fortezza è il famoso racconto dell’amore tra Paolo, Francesca e Giangiotto. La fanciulla era promessa sposa al brutto Giangiotto, ma i genitori sapendo che se Francesca l’avesse visto all’altare non si sarebbe sposata e avrebbe preferito diventare sposa di Dio, decisero di mandare il bel fratello, già sposato, Paolo, per conto di Giangiotto. Giustamente la donna vedendo quel bel ragazzo cadde nell’inganno e si sposò. Solo la mattina dopo si accorse di aver passato la notte con il vero marito. Scioccata dall’accaduto decise di morire lentamente smettendo di mangiare e bere finché Paolo non l’avesse salvata. Quando Paolo venne a sapere del comportamento dell’amata corse in suo aiuto, così iniziarono a frequentarsi di nascosto finché il marito li scoprì. Giangiotto era pronto ad uccidere il fratello, ma Francesca si mise tra l’amante e la spada, che li trafisse entrambi. Dopo di loro il castello fu abitato ancora fino al 1983 da diversi nobili che mantennero l’integrità della residenza. Usciti dal castello abbiamo fatto il giro delle mura, il panorama era magnifico e si coglieva bene la sua imponenza. Per farci interagire con l’arte, le ragazze di GradaraInnova, l’agenzia che si occupa della promozione delle attività del Castello, ci hanno dato la possibilità di partecipare al progetto GradArt, che ha l’ obbiettivo di creare una mostra che sia agibile a tutti sfruttando i cinque sensi: infatti, insieme a noi c’erano anche dei ragazzi disabili accompagnati dai loro educatori delle cooperative del Circondario.

Siamo stati guidati da due artiste in contrapposizione, Simona,la tosta, e la femminile Elisabetta. La prima crea degli animali con oggetti di rifiuto, mentre la seconda dipinge su tela quello che prova dentro di sé. Insieme a loro abbiamo contribuito a realizzare una struttura a spirale composta da tante palle di corda ricoperte di essenze come caffè, lavanda o cannella.

Altri hanno risposto a delle domande, registrando la loro voce che sarebbe poi servita come sottofondo durante la mostra. Dopo esserci divertiti sporcandoci le mani, ci siamo rilassati passeggiando e godendoci la natura che ci circondava, anche grazie alla bella

giornata soleggiata che ci ha accompagnati per tutta la visita. La giornata è stata veramente piacevole, non ci siamo mai annoiati e , soprattutto, abbiamo colto tutte le informazioni che la guida e i professori ci hanno trasmesso.

Cristina Alati, Maria Chiara Rosa 2°A

4°A e 4°B, turisti a Napoli. Dal 2 al 5 aprile le classi 4°A e 4°B hanno visitato

una meravigliosa città, Napoli, e la costiera amalfitana Siamo partiti alle ore 7.00 da Morciano alla volta di Napoli, per un lungo viaggio che sembrava non finire mai. La prima tappa, autogrill a parte, è stata Ercolano. Qui una bravissima e “buffa” guida ci ha condotto nella vera e propria Ercolano, quella di cui tutti avevamo sentito parlare tanto. La visita guidata è durata circa due ore e mezza. In serata siamo arrivati in hotel, Hotel Futura a Casoria.

Voci dal Gobetti – De Gasperi

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La prima serata è stata un po’ movimentata, d'altronde tutti eravamo frenetici per la nostra prima gita. La mattina dopo siamo partiti di buon ora per la Costiera Amalfitana. Già intravederla dall’alto mozzava il fiato: era meravigliosa. Abbiamo fatto sosta a Sorrento dove noi alunni ci siamo dedicati un po’ alla visita autonoma della città, e allo sfrenato shopping: c’erano veramente negozi bellissimi. Dopo circa un’ora siamo ripartiti per una escursione di sei ore di tutta la Costiera Amalfitana. Ci siamo fermati a Posillipo, ma purtroppo abbiamo potuto solo osservarla dall’alto, mentre ad Amalfi abbiamo potuto ammirare tutta la sua magnificenza.

Dopo la lunga escursione

siamo tornati in Hotel, tutti

abbastanza stanchi, ecco perché la seconda serata è stata più tranquilla. Il terzo giorno la sveglia è suonata e tutti abbiamo avuto un pensiero

comune: Finalmente

Napoli! Siamo stati l’intera giornata alla scoperta di Napoli: La Spaccanapoli,

La cappella Sansevero e

Cristo Velato, e tutta la fantastica città così frenetica e caotica da togliere quasi il fiato. Napoli è veramente stupenda, calorosa, sempre in movimento, ti fa venire proprio la voglia di viverla e ti rende partecipe quasi ti avvolgesse. Anche qua le più fanatiche per i negozi hanno potuto sfogare la loro “sete di shopping”. L’ultimo giorno ci siamo svegliati tutti così malinconici, la nostra gita stava volgendo al termine e nessuno ci voleva credere, quella città ci aveva rubato un pezzo di cuore. Siamo partiti sempre di buon ora, come tutte le mattine, per la Reggia di Caserta e i suoi Giardini. Anche quest’ultimi davvero belli. Dopo pranzo, con gran malinconia, siamo partiti per il ritorno; tutti speravamo che il viaggio durasse il più possibile. Nessuno voleva tornare a casa e disfare la valigia, così piena di ricordi e meravigliose esperienze. Personalmente consiglio vivamente come meta Napoli, perché penso che una città che ti da emozioni come questa sia difficile trovarla. Ringrazio, a nome di tutti, le professoresse Barazzoni Stefania, Marocchino Margherita e Casadei Paola, che ci hanno accompagnato in questa fantastica esperienza. E per quanto riguarda questa gita: sarà che è stato il primo viaggio di istruzione, sarà che la compagnia ha fatto una buona parte, sarà che questa città è davvero mozzafiato, saranno le persone che ci abitano e il loro spirito così allegro.. Ma penso che davvero nessuno si scorderà mai questa esperienza.

Federica Fabbri 4°A

Le Voci del Gobetti-De Gasperi Noi crediamo in un mondo migliore!

Il giorno 11 marzo 2014, per i 100 giorni, il nostro istituto ha organizzato come ogni anno un concerto; questo progetto dei Prof. Galli Renzo e Di Nunzio dà la possibilità agli studenti di esibirsi sul palco del padiglione fieristico di Morciano di Romagna. La mattinata si è aperta verso le 9.45 con un breve intervento dell'assessore Filippo Ghigi e del nostro ex preside, Franco Raschi. Il vero e proprio concerto è iniziato verso le ore 10, con l'entrata sul palco dell'alunna Molinaro Noemi di 4F che ha eseguito un'impeccabile performance, seguita poi dalle alunne Martina Castiello di 2E e Francesca Bernardini. Dopo una piacevole ora di buona musica, la presentatrice acclama sul palco il nostro "puledrino di razza pregiata", Lisa Bretani, che si esibisce cantando la celebre colonna sonora del famoso Titanic, My heart will go on di Celine Dion, Se telefonando di Mina e, dulcis in fundo, A chi mi dice dei Blue. Ed eccoci pronti per l'esibizione che tutti stavano aspettando con ansia e che ogni anno fa commuovere: il piccolo spettacolo di magia e illusionismo della nostra Gilly, che quest'anno si è superata portando sul palco un piccolo coniglietto... Tornando alla musica è ora il momento di Sara Contadini con The crow and the butterfly e Nicole Rossi di 4E con La notte.

Voci dal Gobetti – De Gasperi

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Arriva il momento clou del nostro concerto: "L'angolo dell'Isiss", in cui ogni anno si ricordano le opere di alcuni personaggi importanti della storia, citando i loro aforismi più importanti. Lo scorso anno si erano ricordati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; questa è stata la volta di Nelson Mandela e Martin Luther King. Il concerto continua, con la voce di Federica Casciani, Sonia Ruggiero, Martina Gaudenzi e, per concludere, un altro asso nella manica del nostro istituto, Lisa Bretani, che si esibisce nelle ultime canzoni dell'evento: Adagio e Halleluja. Per chi volesse assistere al concerto/spettacolo teatrale di fine anno scolastico, l'appuntamento è il 29 maggio alle ore 20.30, sempre al Palafiera di Morciano.

Alessia Masini 4°A

Destinazione Dublino Anche quest’anno dal nostro Istituto e dal Lion’s Club

sono state finanziate delle Borse di Studio per gli alunni più meritevoli.

Sabato 17 maggio 2014 dalle ore 11.45 alle ore 12.45 presso l’Aula Magna dell’istituto si è tenuta la proclamazione dei vincitori delle Borse di Studio “Dott. Giuseppe Montanari e Cav. Oreste Angelini” - V edizione, a.s. 2013/2014. Quest’anno la borsa di studio consiste in un viaggio studio a Dublino. Gli invitati sono stati i quattro alunni vincitori (Jonuzi Valbona, IV A; Masotano Remo Pio, IV J; Miniero Pablo Maria, IV H; Bacchini Sara Sabrina, IV E), i relativi genitori, e tutte le classi terze dell’istituto, che rappresentano gli alunni in gara per il conseguimento delle Borse di Studio del prossimo anno.

La Redazione

La Grande Crisi Poesie in mostra a Cattolica

Sabato 26 aprile, presso la Galleria Santa Croce a Cattolica, siamo andate a visitare Horror Vacui – La Grande Crisi, la mostra di poesia contemporanea del nostro professore d’italiano e storia, Giuseppe Vanni. Era molto tempo che desideravamo visitarla, curiose di quelli che potessero essere i pensieri e i desideri più profondi del nostro Prof. che quasi ogni mattina ci presenta in classe. Presso la sala di allestimento abbiamo potuto osservare alcune delle poesie scritte dal nostro professore, presentate su tele accompagnate da foto che rendevano ancor più l’idea del contenuto. Come poesie contemporanee i temi più trattati riguardavano principalmente la crisi economica, che porta come conseguenza una crisi morale, dei valori. Erano comunque presenti poesie che distoglievano dal pessimismo che portava il principale argomento. Il pomeriggio è stato davvero interessante e ci ha fatto capire quanto sia importante riscoprire la poesia che dai giovani, ma anche in generale, è poco seguita, pur vivendo in un paese che ha alle spalle una grande storia. Ringraziamo il nostro professore per l’opportunità che ci sta dando di scoprire il mondo della poesia non solo attraverso la scuola .

Asia Ravaioli, Valentina Sanchi 2°A

Progetto regionale scuole libere dal fumo Esperienza di Peer Education sul fumo: intervento di

prevenzione del tabagismo (e promozione della disassuefazione) realizzato dai ragazzi per i ragazzi

Abbiamo aderito molto volentieri alla proposta del coordinatore del

progetto prof. Bastianelli Demetrio, nostro ex insegnante di scienze, di far parte dei Peer educators nell’ambito del progetto sulla prevenzione del tabagismo.

Voci dal Gobetti – De Gasperi

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Nella nostra classe III A hanno aderito al progetto gli studenti Del Prete Giulia, Fabbri Federico, Gjoni Eva, Krastev Marco, Manzaroli Chiara e Veznovets Viktor. L’esperienza l’abbiamo condivisa assieme ai ragazzi della III K/M Casadei Davide, Cavoli Alessandro, Cecchini Francesco, Giorgi Alessandro, Righi Andrea, Sasso Simone, Venturini Enrico e Zeka Fidan. Nei mesi di dicembre e gennaio abbiamo svolto a scuola 4 incontri di formazione del gruppo dei tutors di circa 2 ore l’uno, a cura degli operatori dell’Istituto Oncologico Romagnolo e dell’Azienda USL di Rimini. La D.ssa Silvia Di Marco e la D.ssa Concari Ilaria, hanno dimostrato grande professionalità e disponibilità a chiarire ogni nostro dubbio e soddisfare ogni nostra curiosità. Questi incontri ci hanno permesso, in modo interessante e partecipativo, di acquisire nuove informazioni e curiosità sul fumo di tabacco. Al termine del percorso formativo, facendo tesoro delle esperienze maturate, noi tutors ci siamo coordinati con l’aiuto degli operatori IOR AUSL, per organizzare le attività da proporre ai ragazzi delle classi prime. Noi “peer” ci siamo così divisi in gruppi di due o tre ragazzi, per poter intervenire in tutte le classi prime. I nostri compagni più giovani durante il progetto si sono dimostrati davvero partecipativi ed interessati alle nostre esposizioni e riteniamo di avere indicato loro dei buoni motivi per non iniziare a fumare e, per chi già fuma, di aver dato il nostro utile contributo perché possano smettere. Pensiamo che questa esperienza abbia aiutato oltre ai ragazzi delle prime a informarsi sui danni del fumo, anche noi “peer”, facendoci aprire gli occhi sugli innumerevoli effetti che il fumo ha sul nostro corpo. A questo proposito è stato davvero interessante svolgere gli esperimenti con il fumatore meccanico nel laboratorio di chimica e capire quante e quali sostanze nocive derivanti dalle combustioni di sigarette possono accumularsi nei nostri polmoni. In conclusione possiamo dire che, per tutti, è stata un’esperienza davvero importante e significativa e speriamo che la scuola aderisca ogni anno a questo utile progetto, sperando di continuare a farne parte.

Giulia Del Prete, Federico Fabbri, Eva Gjioni, Chiara Manzaroli, Federica Pioppi e Viktor Veznovets 3°A.

Otello Dall’Otello di Shakespeare il nuovo Otello

di Luigi Lo cascio

Martedì 25 febbraio la classe 4°A accompagnata dal prof. Vanni si è recata al teatro Regina di Cattolica per assistere allo spettacolo di cui di seguito alleghiamo il comunicato stampa del Regina di Cattolica. “A partire dall’Otello di Shakespeare, un altro

Otello. Mettere in scena l’intero testo e per di più nella versione compiuta e statuaria dell’originale, appare impresa fuori misura. Così il regista, insieme per prudenza e devozione nei confronti del modello, ha cercato di cavarne un soggetto. Si metteranno a fuoco soltanto alcune parti del testo di partenza, quelle che obbligano a confrontarsi con l’enigma di certe passioni umane. Aldilà del tiro infame che l’onesto Iago gioca ad Otello, è solo una serie di parvenze e malintesi il nostro universo di relazioni? Davvero anche l’amore è puro abbaglio?

È forse connaturato alle passioni più travolgenti il fatto di racchiudere, nel loro cuore più intimo e sconosciuto, una luce sinistra, lama affilata che ustiona gli occhi e acceca la mente consegnandola prima al tumulto, poi al furore?”

Poker de L’Ape dell’Isiss! Per la quarta volta consecutiva i ragazzi

dell’Isiss Gobetti – De Gasperi di Morciano di Romagna si aggiudicano il premio nazionale per il miglior giornalino scolastico

Il nostro giornalino, l’Ape dell’ Isiss dell’Istituto Gobetti – De Gasperi di Morciano di Romagna, diretto dal Prof. Giuseppe Vanni e da nove giovani giornalisti, si è riconfermato per la quarta volta consecutiva tra i vincitori del concorso nazionale per il miglior giornalino scolastico, sezione scuole medie superiori, indetto anche quest’anno dall’Istituto Comprensivo di Manocalzati in provincia di Avellino, in ricordo del Dirigente Didattico Carmine Scianguetta. Il giornale spedito al concorso di quest’anno conteneva l’importante articolo sulla strage della stazione di Bologna, realizzato grazie alla diretta testimonianza di Anna Pizzirani, la vice-presidente dell’Associazione dei Familiari delle Vittime, intervistata dalla redazione dell’Ape dell’Isiss, in cui ha raccontato nel dettaglio alcuni passaggi particolarmente significativi e svelato molti retroscena del percorso processuale che ha caratterizzato gli anni successivi alla strage. Il concorso vinto dai ragazzi della redazione del Gobetti – De Gasperi si svolge sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, ha il patrocinio del Ministero della Pubblica Istruzione, dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, della Regione Campania, del quotidiano Il Mattino ecc. La valutazione dei giornali è stata effettuata, inizialmente, da una commissione preposta ad un primo livello di selezione; successivamente da una giuria composta da giornalisti della stampa locale e nazionale e da alcuni alunni tra i più meritevoli dell’Istituto Comprensivo che ha organizzato il concorso. La premiazione è prevista per il 17 maggio 2014 a Manocalzati.

Alessia Masini 4°A

Voci dal Gobetti - De Gasperi

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Orchidea selvaggia Un’improvvisa scoperta nel giardino dell’Isiss

La prof.ssa Manuela Casadei ci segnale una importante e curiosa scoperta effettuata da lei stessa. Durante la prima settimana di maggio: alcune orchidee spontanee nel giardino della nostra scuola! La professoressa, oltre ad essere una brava insegnante di diritto, è anche un’esperta e appassionata di botanica. Le orchidee della specie Ophrys Apifera, piccole ma

coloratissime, passano quasi

inosservate nella numerosa varietà di piante e arbusti che crescono nel grande giardino. Tuttavia si tratta di piante non comuni e di particolare valore naturalistico; oltre ad essere molto delicate, raramente nascono in modo spontaneo nei giardini comuni, perché necessitano di un clima e di condizioni particolari per svilupparsi. “L’orchidea ha bisogno di un micro clima caldo-umido che difficilmente si presenta nell’ambiente comune che ci circonda” ha spiegato la prof.ssa Federica Giacomazzi, docente presso il neonato istituto agrario dell’ISISS “mentre qui nel nostro giardino sono nate ben due diverse specie, entrambe rare. Sarà nostro compito, ed in particolare della I G, salvaguardare le piante con attenzione e perizia”. Al momento, nel timore che i lavori di potatura e cura del giardino da parte degli addetti alla manutenzione potesse essere loro fatale, le piante sono state prelevate e saranno sistemate in appositi vasi dai ragazzi dell’IPA, che si sono rivelati quanto mai utili per l’ISISS. Con l’aiuto del prof. Paolo Ricci le orchidee riusciranno a rimanere in vita e proliferare –speriamo- nel giardino della nostra scuola.

Prof.ssa Laura Giambartolomei

Podio per la poetessa dell’Isiss Federica Bianchini, classe 4°B, si aggiudica

il terzo premio al prestigioso concorso di poesia dedicato a Morena Ugolini

Venerdì 16 maggio alle 21 presso l'Aula Magna dell'Istituto per il Turismo Marco Polo di Rimini si è tenuta la premiazione dell'XI edizione del "Premio di poesia e prosa breve" promosso dall'Associazione Culturale Morena Ugolini, Lions Club Rimini e dal Comune di Rimini.

Morena Ugolini era una studentessa riminese la cui breve vita è stata segnata da una grave malattia degenerativa che non le ha impedito però di comporre belle e profonde poesie. A suo ricordo è stata fondata l'Associazione ed è stato istituito il premio letterario.

Nella serata della premiazione sono stati letti -con un suggestivo sottofondo musicale d'arpa- alcune poesie di Morena Ugolini e i testi finalisti mantenendo il segreto; solo all'ultimo sono stati ufficializzati i nomi dei vincitori.

Oltre alle categorie sopradette, è stata anche riservata una sezione per l'espressione artistica grafica (disegno, fotografia). Nella rosa dei candidati della sezione poesia anche la nostra studentessa Federica Bianchini di IV B che si è classificata Terza; il componimento è di impostazione moderna, senza rima nè verso ma con un contenuto profondissimo che riguarda l'amore ed il tradimento.

Il premio è consistito nella pubblicazione del testo e un dono pecuniario di 100 euro. Ad allietare la serata (e ad aumentare la tensione per la suspence!) un gruppo d'archi. Era presente la Dirigente dell'Istituto M. Polo e la Presidentessa del Lion Club di Rimini. A conclusione è stato offerto anche un piccolo buffet. Complimenti Federica, da me e da tutta la IV B!

Prof.ssa Laura Giambartolomei

Voci dal Gobetti – De Gasperi

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Ma le stelle quante sono Storia di un ragazzo e di una ragazza

Questo libro, scritto da Giulia Carcasi, racconta la storia di una ragazza e un ragazzo, in un periodo della loro vita, pieno di ostacoli e dilemmi. Questi ultimi hanno diciotto anni, frequentano la stessa scuola, la stessa classe, gli stessi professori e gli stessi amici. La loro preoccupazione più grande è l’ esame di maturità, al quale arrivano dopo aver superato varie prove, non solo scolastiche, ma anche amorose e familiari. Sin dalla prima superiore, essi si piacevano, solo che non hanno mai avuto il coraggio di dichiararsi fino alla fine dei diciotto anni.

Il romanzo ha due facce, due sessi, due voci e due storie parallele che, infine, si intrecciano per un amore solo. I protagonisti sono Alice e Carlo. Alice è una ragazza tranquilla, solare, che si ritiene diversa e non adatta rispetto agli altri ragazzi della sua età; pensa che “ esista un tempo per ogni cosa “, e ritiene molto importante la propria istruzione. Mentre Carlo è un ragazzo timido, un po’ imbranato, che vorrebbe una ragazza, Alice, ma è convinto che a lei non importi nulla di lui. Gli altri personaggi sono Milla, la sorella minore di Alice; la mamma e il papà di Alice;

Carolina, la migliore amica di Alice; Giorgio, un ragazzo che esce con Alice e Ludovica, una ragazza facile che esce con Carlo.

Dopo tanti sforzi, tra distrazioni, delusioni, prese di coscienza e problemi familiari; Alice e Carlo si fidanzano, scoprendo finalmente tutto l’ amore che provavano l’ uno per l’ altro. Le principali tematiche affrontate nel libro sono l’ amore, la scuola e la famiglia. Soprattutto, l’ amore viene rappresentato come un sentimento da trovare dentro di noi, che quando lo troviamo, non dobbiamo farlo fuggire, ma dobbiamo condividerlo con un’ altra persona , perché nessuno è fatto per stare da solo. Inoltre questo libro è molto interessante perché ti fa capire sia il modo di pensare di Alice, femminile, e sia quello di Carlo, maschile. La cosa essenziale da cogliere, da questo romanzo, è che siamo noi a dover dare un senso alla nostra vita, a tutto il tempo che passerà, e che ci riusciremo al meglio solo se avremo accanto una persona con cui condividere le cose belle e brutte che ci riserverà la vita, invecchiando insieme, così vivendo una storia indimenticabile.

Cristina Alati 2°A

Hannah Arendt La banalità del male

La sera del 27 gennaio alcuni alunni della classe 4°A si sono recati assieme al Prof. Giuseppe Vanni al Cinepalace di Riccione per guardare il film “Hannah Arendt”, un film drammatico e biografico del 2012 diretto da Margarethe von Trotta, distribuito nelle sale in occasione della Giornata della Memoria.Prodotto in Germania, Lussemburgo e Francia, tratta la vita della filosofa e teorica politica ebraico - tedesca Hannah Arendt, interpretata da Barbara Sukowa.

Il libro – Il film

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Hannah ha cinquant’anni ed è emigrata negli Stati Uniti nel 1940, dove vive felicemente a New York con il marito, il poeta e filosofo tedesco Heinrich Blücher; ha già pubblicato testi fondamentali di teoria filosofica e politica e insegna in una prestigiosa Università. Agli inizi

degli anni ’60 il criminale di guerra Adolf Eichmann viene rapito dal Servizio Segreto israeliano e la Arendt si sente in dovere di seguire l’intero processo tenuto a

Gerusalemme: chiede e ottiene

così di essere inviata come reporter della prestigiosa rivista “New Yorker”. Hannah nota che Eichmann, uno dei gerarchi artefice dello sterminio degli ebrei nei lager, si dichiara semplice esecutore di ordini. Alla fine del processo pubblica il libro “La banalità del male” (1963), dove emerge la controversa teoria per cui proprio l'assenza di radici e di memoria e la mancata riflessione sulla responsabilità delle proprie azioni criminali farebbero sì che esseri spesso banali si trasformino in autentici agenti del male.

Una pellicola non facile da seguire, ma molto interessante, dal tratto filosofico. Attraverso gli inserti originali del processo Eichmann si possono cogliere gli stati d’animo dell’imputato: si ritiene innocente con una paradossale serenità d’animo, data dalla sua convinzione che lui ha solamente eseguito gli ordini dati, e che, anche se è l’artefice di tutte quelle morti, è come se non lo riguardassero. Come se questo suo pensiero fungesse da corazza contro tutti i sensi di colpa che potrebbe avere. Devastante è vedere lo sguardo colmo di paura, timore e sofferenza dei sopravvissuti, persone non in collera ma che, stremate, si sono semplicemente arrese, al contrario di Hannah che, in un certo senso, vuole farsi carico della loro rabbia e sete di giustizia.

Alessia Masini 4°A

Saw l’enigmista Il dono della vita

Voglio svelare uno dei film che ha maggiormente suggestionato

il pubblico, il film in questione è

“Saw l'enigmista”.

Potrà risultare strano all'apparenza, inadeguato o deludente ma vi farò cambiare le aspettative alla fine dell'articolo. Il primo film venne girato in soli 18 giorni e nel mese di gennaio 2004 avvenne la prima proiezione al Sundance Film Festival. In seguito uscì nei cinema statunitensi il 29 ottobre 2004 e nei cinema italiani solo il 14 gennaio 2005. Il primo film è diretto da James Wan, successivamente seguiranno diversi sequel e la formazione di una saga composta da 7 film. Questo film è famoso tra i generi horror e splatter. La storia narra in breve dell'astuto e moribondo serial killer Jigsaw (comunemente chiamato l'enigmista), portatore di cancro inoperabile al cervello. Le sue vittime vengono catturate e poste in trappole mortali, dalle quali è possibile uscire solo facendo una scelta che, solitamente, porta a una mutilazione ed a una sofferenza. Jigsaw mette alla prova le sue "cavie" colpevoli di aver disprezzato “il dono della vita” per vedere se sono degne di continuare la loro vita che fino a quel momento hanno disprezzato (ad esempio, fra le vittime c'è una tossicodipendente, un dottore senza valori morali, uno stupratore ecc..). Il film riesce a trasmettere un'atmosfera ricca di tensione e angoscia, servendosi di effetti e scene particolari (con l'utilizzo dei flashback) e rappresentazioni figurative (i diabolici marchingegni e la famosissima mascotte che entrerà in scena in tutti i film chiamata ”il pupazzo”), donando così una visione molto tesa, fragile, inverosimile ma ricca di vitalità e tensione. Saw regala un finale a sorpresa in ogni suo film, lasciando a bocca aperta lo spettatore e intenzionato a continuare il sequel per i vari dubbi che gli vengono presentati. Il merito della saga è quello di aver creato un nuovo tipo di film: lo psyco-splatter, in quanto è sia thriller che pieno di effetti speciali, i più esagerati e mai visti. Questo film regala una grandissima morale, facendo riflettere su quanto possa essere prezioso il dono della vita, mostrando inizialmente quanto il mondo sia bello, semplice nella sua apparenza, ma quanto esternamente sia sporco e sofferente andando sempre di più alla sua radice. Ci pone esempi di persone egoiste, crudeli e depresse che non riescono ad apprezzare la vita nel suo splendore, diversamente da chi soffre di malattie gravi e terminali. Il film costringe la gente a pensare a se stessa e ad assaporare il dono della vita nella sua pienezza. L'idea è quella di usare ogni mezzo per portare le persone a riflettere su come stiano vivendo la propria vita. Quindi, il film va oltre il sangue mostrandosi uno dei pochi horror che ha un forte legame psicologico e una grande morale! In conclusione consiglio vivamente di guardare questo film a tutti e in particolare a chi non pensa spesso al dono prezioso che è la vita. Imparando così quanto sia importante. Chiudo con la famosissima frase citata in ogni Saw : “Vivere o morire, fa la tua scelta”(l'enigmista).

David Cohen- 4°J

Il film

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Blue Jasmine Storia di una caduta

Blue jasmine, uscito nelle sale lo scorso dicembre, è un film diretto da Woody Allen la cui musa ispiratrice questa volta è Cate Blanchett. L’attrice veste i panni di

Jasmine, protagonista la cui storia è più vera

che surreale. Jasmine è una donna di classe di Park Avenue sposata con Hal, un uomo d’affari che la ricopriva di attenzioni e regali, ma che era anche un truffatore e un traditore. La fine del loro matrimonio porta Jasmine alla bancarotta e all’esaurimento nervoso. Sola e sconsolata decide allora di trasferirsi a San Francisco dalla sua sorella adottiva Ginger, che è sempre stata considerata di “sangue peggiore” rispetto a Jasmine. La poca autostima di Ginger la porta a frequentare uomini etichettati come “sfigati” dalla sorella che la convince ad aprire i suoi orizzonti amorosi. Jasmine prova a cominciare una nuova vita ma i suoi rapporti con gli uomini sono basati su delusioni e bugie, e questo conduce la donna ad inabissarsi sempre più. Quello di Jasmine è un monologo perché non trova mai un interlocutore possibile che se stessa con cui condividere la sua tragicomica vita. E’ una donna che non sa adattarsi al presente ma è ancorata al passato che spesso riaffiora nella sua vita nonostante lei cerchi di evitarlo. Blue Jasmine è un complesso ritratto femminile descritto con una rara maturità e compassione che non è facile trovare nel cinema d’oggi. E’ il racconto di una psicologia femminile fragile e incerta, una tragicommedia amara e disillusa. Il cinismo e il poco ottimismo di Allen sono cosa nota, ma la crudeltà della storia della protagonista non è poi così impossibile. Difatti non è così difficile che la nostra vita sia segnata da incontri e storie incredibili. Inoltre la bravura della Blanchett è essenziale per evidenziare al meglio un’opera che è già di per sé più che intensa. Questa condizione è fondamentale per rappresentare le insicurezze, i monologhi, i pensieri e gli stati d’animo della Jasmine ricca e povera, la vanità e la disperazione. E’ ancora una volta il destino a farla da padrone, infatti più la protagonista cerca di scappare dai suoi problemi e dalla confusione più in fretta viene raggiunta dai malesseri; infatti quello che non sa è che lei è vittima di se stessa. Vittima di un essere egoista, un malessere che la perseguiterà per tutta la vita. Guardando il film è difficile rimanere indifferenti all’amarezza e alla solitudine della protagonista che cerca di sopravvivere con dignità alla sua irrefrenabile caduta.

Elisabeth Dudchenko 4°A

Atletica leggera Uno sport nato per dare emozioni

L’atletica è un insieme di discipline che caratterizzano uno sport nato per dare emozione per chi lo pratica e per chi lo guarda. E’ uno sport formato da 21 specialità di corsa, salto, lancio e marcia e contribuisce a migliorare le doti di coordinazione, agilità, velocità e potenza. Questo sport fa da sempre parte dell’uomo solo che con i secoli ha smesso di essere una sua parte abitudinale. Nell’antichità si correva, lanciava e saltava per sopravvivere; nei secoli l’atletica leggera si è evoluta e le attività motorie dell’uomo di sono sempre più ridotte, ma rimane sempre una delle attività più naturali ed istintive che esistano nell’ambito sportivo. Basta pensare alla partenza dei 100 metri: allo sparo bisogna reagire il più rapidamente possibile e poi correre veloce. Può sembrare un’azione di grande semplicità mentre per poterla compiere nel migliore dei modi c’è bisogno di molta tecnica e allenamento. Poi le distanze aumentano e si passa dai 200/400 metri al mezzofondo, che comprende distanze dagli 800/1500 metri. Il mezzofondo è una delle discipline che personalmente preferisco. Esso è una disciplina di resistenza che consiste nella capacità di allenare il fiato e riuscire a compiere distanze lunghe con la minor fatica possibile. Il fiato è una qualità che può essere allenata facilmente ma che continua a dare buoni risultati anche dopo molto allenamento. Naturalmente di discipline dell’atletica ce ne sono davvero tante e ognuna cerca di sviluppare le abilità di ogni atleta nel migliore dei modi. C’è una grande scelta nel praticare l’atletica, che quindi, come sport individuale, mette se stessi in competizione con gli altri. Esso stimola la conoscenza di sé insegnando a mettersi in gioco, a formare la volontà di migliorarsi e di superare i propri limiti. Ma l’atletica leggera è soprattutto uno sport di gruppo durante il quale si condividono con i compagni gli impegni degli allenamenti e ci si sostiene a vicenda. Questo è uno sport che vorrei proporre a chiunque; in quattro anni che lo pratico sono sempre riuscita a tirare fuori il meglio di me in quella pista dello stadio di Santamonica che con il tempo è diventata qualcosa di davvero speciale, che è riuscita a farmi conoscere persone fantastiche e a scoprire una passione che spero di portare sempre nel cuore.

Giulia Gamboni 1°A

Il film - Sport

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MONDOVISIONE

Ligabue raccontato con gli occhi di una Fan In questo libro, (Urlando contro il cielo) “il Liga” si racconta, racconta di sé ma più che altro dei suoi anni sopra al palco; delle sue canzoni, del lavoro che c’è stato prima di arrivare ad essere quello che è oggi, il rocker italiano. In questa intervista con Massimo Cotto riusciamo a comprendere lo stile, il significato e la vita di Luciano; anche se, a parer mio, le sue canzoni parlano da sole. Per canzoni non intendo il testo in sé, perché se il sound non va non si riesce ad esprimere e a “far passare” fino in fondo quello che si ha da dire. In questo Liga è imbattuto in Italia. Liga scrive e se ne frega, nel senso che lui non si sente nessuno, a volte non si sente in grado di essere così importante da poter pensare a un qualcosa, buttarlo giù, trovare gli accordi e farlo diventare un successo universale. Non ha questa presunzione, ma arriva a un punto dove riesce più a trattenere quello che ha in testa e allora scrive, scrive e se ne frega.

È così che fa un rocker alla fine. Ha fatto lo stesso anche con questo libro, sa che il suo racconto non può arrivare a tutti, come sa che c’è gente molto più brava di lui a farlo, ma l’ha fatto. Perché è pur sempre un modo per comunicare, ed è questo che

ogni artista fa, comunica. Che sia un pittore, un attore, uno scrittore, cantante, scultore, tutti sono li a fare quel che fanno per cercare di comunicare un qualcosa alla gente; e se ci riescono, si realizzano. Man mano che leggevo questo libro, (il quale lo si può ritrovare in biblioteca) man mano che si spolveravano i titoli delle canzoni, la mia mente si bloccava per far spazio alla mia voce; e dopo aver canticchiato la canzone di cui si stava parlando, ricominciavo a leggere. Sa amante di Liga mi ha fatto piacere conoscere questo lato genuino che gli appartiene a lui, ma anche alle sue canzoni; perché nascono così, genuine. Ad esempio “Urlando contro il cielo” nasce un giorno che Luciano ascoltava “ a palla” una canzone mentre era un macchina, a palla nel gergo d’oggi sta per: ad alto volume, a un certo punto scende e caccia un urlo liberatorio contro il cielo. È bello scoprire come nascono certe canzoni. “urlando contro il cielo è una delle tante che mi piace. Nel testo la frase che preferisco è: “il patto è stringerci di più, prima di perderci”. E chi ci avrebbe mai pensato? Solitamente quando stai perdendo un amico o un fidanzato, che so io, l’unica cosa che ti viene in mente da fare è mandarlo/a a quel paese e andare per la propria strada; ma questa mentalità dello “stringersi di più” mi piace, la preferisco e la condivido. È una canzone liberatoria, una di quelle da urlare in macchina, ma mai come “Certe notti”. Certe notti è stato il successo più grande per questo rocker di Correggio, e pensare che la persona che, tra tutti, non si sa spiegare questo successo, è proprio lui. Nemmeno io saprei spiegarmelo, ma chissà perché, una sera in macchina, “a zonzo” con delle amiche, appena è partita questa canzone ci siamo messe a urlare tutte e quattro come delle deficienti! Li mi sono sentita più felice e libera di urlare quanto mi pare. Una frase nel libro che mi ha colpita molto è questa: “ Se continui a cercare ragioni per rimandare, ogni giorno ne incontrerai una valida”. Verissimo.

Quante volte vogliamo rimandare qualcosa? Liga spiega che ha il problema contrario, e fa un esempio dei diversi modi di fare e pensare mettendosi in paragone con Barbacci. Spiega che Barbacci sarebbe in grado di lavorare a una strofa per settimane pur di cercare di migliorarla e che, fino a che non gli si punta una pistola in testa, non si schioderebbe dalla consolle; perché secondo Barbacci essa è “ perfettibile”. Per Liga è diverso, secondo Liga la strofa è al top così come esce. Da qui, un’altra cosa che mi ha colpita, quando gli viene chiesto che cosa sarebbe essere al top, Liga risponde dicendo una frase che solo un rocker può pensare. Non ha fatto tanti giri di parole, ha racchiuso tutto il concetto dicendo: “ quando giri attorno al fuoco, ma non ti scaldi più”.Starei a spiegare tutti i punti che mi sono piaciuti di questo libro ma sono tanti. Quando spiega che “A che ora è la fine del mondo?” è partita guardando Berlusconi in Tv, non tanto per Berlusconi in sé, ma per la calamita che si ha sempre più verso la tecnologia. Quando mette in chiaro, una volta per tutte che non c’è nessuna rivalità tra lui e Vasco, o quando spiega il suo film “Radiofreccia”. Mi soffermo sull’ultima cosa, che racchiude un po’ il concetto del libro, ovvero “Chi è Ligabue?”.A questa domanda lui risponde così: “ Uno che fa musica, ma non la possiede, perché la musica è come una puttana: quando pensi che sia tua, lei va da un altro. Uno che non ha paura di mostrare i propri limiti..”. Ligabue è questo: una persona che non è piena di sé, ma si riempie grazie alla forza che il pubblico gli dà. Non ha paura o vergogna di dire grazie, di dire che si ritiene fortunato del “lavoro” che fa e che ci tiene ad arrivare al cuore di tutti, anche dei muratori mentre addentano un panino in pausa pranzo. A luglio andrò al suo concerto, sarà per me il primo. Nonostante conosca le sua canzoni e, grazie a questo libro, un lato di Luciano che non conoscevo, non sarà mai come vederlo all’opera dal vivo. Lui ha realizzato un sogno facendo quello che fa, citando una canzone, del suo nuovo album Mondovisione: “sono sempre i sogni a dare forma al mondo, sono sempre i sogni a fare la realtà”.Per quanto riguarda questo nuovo album lo trovo un po’ “controcorrente”, in quanto, a parer mio, il Liga ha voluto dare una svolta al suo solito repertorio. Questo album è un mix di stili. Ha introdotto canzoni un po’ più commerciali ma pur sempre mantenendo la sua linea da rocker che ormai è il suo marchio. Non potremo mai avere un Liga del tutto “smielato” e melodico nelle canzoni che fa; anche se in “per sempre” riesce a trasmettere un forte sentimento sia a

Playlist

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livello di testo che di melodia. È un album nuovo, stravagante ma sempre bello e di successo per me. Nuovo si, ma che non abbandona mai le sue radici classiche da rocker. Molte persone lo definiscono un album polito, per via di alcune canzoni che sembrano tirare qualche “frecciatina”, ma in realtà per me di politico ha ben poco. Semplicemente c’è un po’ di indignazione, risentimento e forse anche un po’ di rabbia nei confronti della società odierna. Quello che mi piace di questo album però è appunto questo mix di idee, stili e pensieri. Riusciamo a ritrovare il solito Liga ma sotto tante vesti e aspetti. Un Ligabue arrabbiato, ma allo stesso tempo speranzoso in un cambiamento. Un Ligabue rocker, spensierato ma mai frivolo in ciò che fa. Perché Liga è questo. Ci mette passione e punta sempre ad arrivare al cuore delle persone. Concludo dicendo che in questo album Liga cerca forse di arrivare ad un punto di incontro con noi adolescenti, come se volesse “dimostrare” che ci capisce; anche se, lasciatemelo dire, questo nuovo taglio da giovincello non gli si addice molto. Per me Liga non è Liga senza quei suoi capelli lunghi e sciolti; la camicetta sbottonata, i suoi jeans e stivaletti un po’ country che lo contraddistinguono.

Martina Tordi 4°A

Tim Minchin: quando la musica diventa commedia,

e qualcosa di più...

Certe volte la musica è l’unico modo che abbiamo per rendere interessante ed emozionante un mondo che ai nostri occhi rischia di apparire sempre più monotono e privo di valore. Un paio di cuffie, una camminata sulla spiaggia, un panorama rilassante, una corsa all’aperto, esercizi in palestra; cazzeggio sul divano o semplice isolamento dal resto del mondo sotto a un’improvvisata coperta. Eppure c’è chi, certe volte, non riesce nemmeno ad abbandonarsi a questi pensieri. Ed ha bisogno di un aiuto in più, ha bisogno di una musica che non solo faccia da contorno ma che proponga temi e discorsi in grado di essergli d’aiuto, a volte. Musica, arte, che stampi semplicemente un sorriso sul volto di chi la ascolta, altre volte. È questo il caso della cosiddetta “musica comica”; canzoni spesso di protesta o di discussione riguardo ai temi di tutti i giorni. Dannatamente orecchiabili e profondamente significative, per quanto a volte banali e scontate. Promotore di questo genere è senza dubbio Tim Minchin, comico, attore e musicista australiano diventato noto al grande pubblico principalmente per il suo ruolo nell’ultima stagione della serie tv Californication (meglio conosciuta qui da noi come “quell’allegra serie col tizio che ha fatto x-files e che va in onda dopo la mezzanotte su Italia1”). La musica di Minchin, come la maggior parte della

musica comica, non ha un vero e proprio genere di appartenenza. Alcune canzoni sono puramente rock, altre placidamente soft, per spaziare dal country al (occasionalmente) pop. Il genere non ha poi così tanta importanza, conta ciò che Minchin dice e ciò che fa durante i suoi spettacoli. È difficile trovare paragoni o similitudini, bisogna vederlo e ascoltarlo per tentare quantomeno di comprenderlo. Durante i suoi spettacoli alterna la musica ad alcuni monologhi e spezzoni comici, i più dei quali incentrati sulla religione e sulle credenze delle persone. Minchin è dichiaratamente ateo, gran parte delle persone segue i suoi show proprio per le sue ponderate, ma semplici al tempo stesso, discussioni sulla religione. Una delle sue più grandi opere si chiama proprio “Thank You God”, canzone nella quale racconta di un suo particolare incontro avuto con un fan in un autogrill durante il suo ultimo tour in Australia. Sam, il nome di questo fan, gli si avvicinò chiedendogli perché Tim non credesse in Dio, e gli spiegò la sua fede dovuta al fatto che sua madre guarì all’improvviso da una malattia all’occhio solo dopo che un’intera congrega di amici e parenti si riunì nella piccola chiesa della loro città a pregare per sua madre. Tim rispettò le opinioni del fan e si fece fare una foto con lui firmando un autografo, ma allo show successivo gli dedicò quella canzone nella quale il ritornello recita “Grazie Dio per aver guarito la cataratta della madre di Sam”, identificando in questa storia l’ennesima assurdità (“una particolare preghiera, in una particolare chiesa, a una particolare versione di Dio, per una particolare donna preferibilmente bianca e ricca”, e vi garantisco che è veramente orecchiabile!) di una religione alla quale non crede. Caratteristica della sua musica è il fatto di non essere mai volgare, o almeno non esageratamente fuori dal contesto. Minchin rispetta ogni idea altrui, ma non riesce a resistere all’impulso di controbattere non appena sente qualcosa che contrasta con le sue di idee e lo fa sfornando magnifiche canzoni. Al di là della religione, tema ricorrente di Minchin nei suoi spettacoli e nelle sue canzoni è il rapporto comico, d’amore e di crescita di vita con sua moglie Sarah. “So long as we are together”, canzone scritta originariamente per lei e comparsa poi anche nella serie tv Californication, è forse uno dei pezzi più belli e poco noti al tempo stesso del genere. Minchin non crede in Dio, ma crede nella bontà dell’uomo e nel fatto che la vita valga vissuta per quello che è: una fantastica corsa della quale bisogna approfittare di ogni secondo in più che ci viene concesso.

È questo ciò che insegna ai suoi figli ed è questo ciò che cerca di dire con i suoi spettacoli e con la sua straordinaria musica. Se vi va, cercatelo su Google nel caso vi resti un po’ di spazio nella memoria del vostro telefono o vogliate semplicemente farvi una risata migliorando il vostro

inglese oltretutto… Ne vale davvero la pena!

Alessio Carcaiso 4°A

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