APCE Notizie - 42 - dicembre 2010

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Questo numero è dedicato a Pietro Pedeferri n. 42 - dicembre 2010 www.apce.it Periodico registrato presso il tribunale di Roma al n. 67 in data 17.02.98 - Spedizione in abbonamento postale 70% - Roma

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Associazione per la Protezione dalle Corrosioni Elettrolitiche Rivista scientifica per l’informazione e la prevenzione delle corrosioni elettrolitiche delle strutture metalliche (cathodic protection).

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Questo numeroè dedicato a

Pietro Pedeferri

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n° 42 - dicembre 2010

LA REDAZIONE INFORMA

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7EDITORIALEProtezione catodica: un po’ di storia

8PIETRO PEDEFERRINote biografiche

PIETRO PEDEFERRILa corrosione nel calcestruzzo

36CORSI APCE

19PIETRO PEDEFERRILa prevenzione catodica

22PIETRO PEDEFERRISensori per i beni culturali

24PIETRO PEDEFERRIArmature in acciaio zincato

27PIETRO PEDEFERRIAcciai inossidabili per applicazioni biomediche

30INGEGNERIAPietro Pedeferri “Corrosion Engineer”

32TITANIOCROMIAPietro Pedeferri e la colorazione del titanio

35QUIZPronto per l’esame?

15PIETRO PEDEFERRILa protezione catodica delle strutture offshore

5NEWS 4

APCE NOTIZIE Periodico trimestrale

Direttore responsabileAlessandro Troiano (SNAM RETE GAS)

Promozione e sviluppoVincenzo Fiore c/o APCE Via M.E. Lepido, 203/1540135 BolognaTel. 051 414 0816Fax. 051 414 [email protected]

Consulenza editoriale e impaginazioneMassimiliano Medei Santa Marinella (RM)[email protected]

StampaGIMAX - Santa Marinella (RM)Via Valdambrini, 22 - Tel. 0766 511.644

RedazionePoliLaPPc/o Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “G. Natta”,Politecnico di MilanoVia Mancinelli, 7 – 20131 MilanoTel. 022 399 3194Fax 022 399 [email protected]

Comitato di redazioneLuciano Lazzari (Politecnico di Milano)Marco Ormellese (Politecnico di Milano)MariaPia Pedeferri (Politecnico di Milano)Davide Gentile (APCE-UCEMI)Vincenzo Fiore (SNAM RETE GAS)

Comitato editorialeUmberto Lebruto (RFI)Massimo Tiberi (GEA)Giuseppe Maiello (NAPOLETANAGAS)Paolo Del Gaudio (IRIDE)Ezio Coppi (Esperto)

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N E W S

NUOVA SEDE PER L’UFFICIO CORROSIONI ELETTROLITICHE DI MILANO

L’APCE ha trasferito l’Ufficio Corrosioni Elettrolitiche di Milano (UCEMI) in: Via Balduccio da Pisa, 15 - 20139 Milano presso la società A2A Reti Gas SpAI riferimenti del sig. Davide Gentile sono: Tel. 02 77206644 • Fax 02 77206645 • e-mail: [email protected]

CORSO DI PROTEZIONE CATODICA NEL CALCESTRUZZO

APCE in collaborazione con il Politecnico di Milano, gruppo PoliLaPP (Politecnico di Milano, Laboratorio diCorrosione dei Materiali Pietro Pedeferri), terrà un corso sulla protezione catodica del calcestruzzo armatosecondo i requisiti della norma europea UNI EN 15257 per la certificazione degli addetti di protezione catodi-ca, dal 11 al 16 aprile 2011, presso il Politecnico di Milano, Dipartimento CMIC “Giulio Natta”.Il corso è organizzato con il supporto della società De Nora e sarà tenuto in lingua inglese. Al termine del corsosarà possibile sostenere gli esami per il conseguimento della certificazione europea di livello 2 nel settore calce-struzzo rilasciato dall’Organismo di Certificazione CICPND. Per informazioni dettagliate, consultare il sitowww.apce.it o il sito www.polilapp.chem.polimi.it

MANIFESTAZIONI ORGANIZZATE DA AIM

• IX edizione Giornate Nazionali sulla Corrosione e Protezione, 6-8 luglio 2011, Villa Mondragone, Monte PorzioCatone (per informazioni www.aimnet.it/gncorr2011.htm)

• Rivestimenti e protezione dalla corrosione di tubazioni per impieghi nelle reti oil & gas (in via di definizioneaprile/maggio 2011)

CONVEGNO NAZIONALE AIM

Si è svolta dal 10 al 12 novembre 2010 la 33a edizione del Convegno Nazionale AIM presso la Facoltà diIngegneria dell’Università di Brescia. Nella prima giornata, durante la sessione plenaria, sono state consegnate lemedaglie di titanio, di rame, di alluminio e di acciaio inossidabile; questa ultima è stata dedicata alla memoria delprof. Gabriele Di Caprio, scomparso nello scorso aprile, che ha insegnato presso il Politecnico di Milano el’Università di Ancona (ora Politecnica delle Marche) e ha lasciato un ottimo ricordo presso tanti suoi colleghi.La sessione di corrosione, che si è svolta nella prima mattina del convegno, ha visto una buona partecipazione(7 presentazioni orali e alcuni contributi alla sessione poster). Maggiori informazioni sul convegno sul sitohttp://www.metallurgia-italiana.net.

CHIARIMENTI PER L'USO DELL’ARGANO AUSILIARIO NELLE MACCHINEPERFORATRICI E DI PALIFICAZIONE

Le Direzioni Generali per l’Attività Ispettiva e per la Tutela delle Condizioni di Lavoro del Ministero del Lavoroe delle Politiche Sociali hanno emanato, in data 14 ottobre 2010, un parere in riferimento al regime cui deve sot-tostare l’impiego dell’argano ausiliario nelle macchine perforatrici ed apparecchiature di palificazione. Il Ministero, dopo aver specificato in via preliminare che non è la denominazione a individuare la classificazionedella macchina bensì la funzione da essa concretamente svolta, e dopo aver costatato che quando l’argano ausi-liario ha configurazione tale da poter essere utilizzato al di fuori della sua specifica destinazione esso diventa atutti gli effetti un’attrezzatura per il sollevamento indifferenziato di materiali per la quale vige l’obbligo di verifi-che periodiche. In estrema sintesi, dunque, in relazione alle esigenze di sicurezza relative alla loro funzionalità, ancorché associa-ta a quella di perforazione quale apparecchio di sollevamento, gli argani:

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La programmazione dei prossimi numeri di APCE notizie fino a dicembre 2011è già stata pianificata per stimolare i lettori a intervenire con loro proposte, testi-monianze ed esperienze.

N.43 – Marzo 2011, sarà dedicato alla manutenzione della PC, con riferimento ai rivestimenti,alle apparecchiature elettriche e elettroniche, ai dispersori e agli elettrodi di riferimento.Sono attesi e incoraggiati interventi di esperienze e applicazioni da parte degli operato-ri e degli addetti.

N.44 – Giugno 2011, sarà dedicato al telecontrollo della PC con l’intento di fare il punto delleapplicazioni a oggi sperimentate e realizzate. Su questo tema, sempre di grande attualità,pensiamo che i contributi possano essere numerosi, interessanti e stimolanti.

N.45 – Settembre 2011, sarà dedicato alle interferenze con specifico riferimento alle esperien-ze pratiche sia di controllo sia di monitoraggio.

N.46 – Dicembre 2011, sarà dedicato ai modelli matematici usati in PC sia per l’ingegneria siaper il monitoraggio. Questo tema potrà essere esteso anche alle applicazioni diverse daiterreni, come quelle marine e per l’interno delle apparecchiature.

Call for papers / richiesta di contributiTutti i lettori sono caldamente invitati a pubblicare le loro esperienze nei prossiminumeri tematici. La scadenza per i contributi del n. 43, dedicato alle tecniche di manu-tenzione, è il 28 febbraio. Se avete dubbi, scrivete o telefonate alla redazione.

La redazione informa n. 39 - dicembre 2009

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4AEEG

Progetto semplificazione

Delibera per il trasporto

del gas naturale

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Intervista Ing. C. Pillon

ACEGAS APS

Spazio CIG

La responsabilità giuridica

parte seconda

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Spazio CIG

Vietato il “fai da te”

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8Recenti attivazioni delle lineeferroviare AV/AC italiane

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42010Forum Italiano Sicurezza Gas

Interferenza da correntealternata: prove sul campo

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n. 40 - giugno 2010w w w . a p c e . i t

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Spazio CIGCompletato l’assetto normativo

per i nuovi materiali

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PROTEZIONE CATODICARiferimenti Normativi

PROTEZIONE CATODICARiflessioni sui dato AEEG

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CERTIFICAZIONE DEL PERSONALE

Le regole nella protezione catodica

n. 34 - settembre 2008w w w. a p c e . i t

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ASSOCIAZIONE PER LA PROTEZIONE DALLE CORROSIONI ELETTROLITICHE

• dal punto di vista costruttivo, devono essere conformi ai requisiti di sicurezza previsti per i rischi pertinenti aquesto tipo di funzionalità, sia che questa sia prevista espressamente dal fabbricante, sia che questa sia conse-guenza, come detto, di un uso improprio ma ragionevolmente prevedibile in relazione alla specifica destinazio-ne della stessa.

• per quanto riguarda la sicurezza durante l'esercizio, devono essere sottoposti al regime di controllo di cuiall'art. 71, comma 8, del d.lgs. n. 81/2008, e se rientranti, per le ragioni esposte sopra, tra le attrezzature indivi-duate nell'allegato VII del citato decreto, vanno assoggettati anche alle procedure di verifica periodica di cuiall'art. 71, comma 11.

NUOVI MODULI DI DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ DEGLI IMPIANTI (DM 37/08)

Dal 28 luglio 2010 le dichiarazioni di conformità degli impianti da parte delle imprese installatrici e degli uffici tec-nici interni d’imprese non installatrici dovranno essere rilasciate su nuovi moduli. È stabilito dal Decreto 19/5/10 "Modifica degli allegati al decreto 22 gennaio 2008, n. 37 concernente il regolamen-to in materia di attività di installazione degli impianti all'interno degli edifici" (pubblicato in G.U. il 13 luglio 2010).Il Decreto modifica solo il modello della dichiarazione di conformità che deve rilasciare un'impresa installatriceal termine della realizzazione degli impianti ovvero l’ufficio tecnico interno delle imprese non installatrici cheinterviene sui propri impianti.

REGOLAZIONE DELLA QUALITÀ DEL SERVIZIO DI STOCCAGGIO DEL GAS NATURALE PER ILPERIODO DI REGOLAZIONE

L’Autorità per l’energia elettrica e il gas in data 29 novembre 2010 ha pubblicato sul proprio sito(www.autorita.energia.it) la delibera 22 novembre 2010 - ARG/gas 204/10 “Testo Unico della regolazione dellaqualità e delle tariffe del servizio di stoccaggio del gas naturale per il periodo di regolazione 2011-2014 (TUSG):approvazione della Parte I. Regolazione della qualità del servizio di stoccaggio del gas naturale per il periodo diregolazione 2011-2014 (RQSG)”.La delibera entrerà in vigore il primo gennaio 2011 per le disposizioni contenute nelle Sezioni I e III e dal primoaprile 2011 per le restanti disposizioni contenute nella RQSG, allegata alla delibera.

APCE Notizie augura a tutti i suoi lettoriun proficuo e sereno 2011

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l’editorialedi alessandro troiano

Protezione Catodica:un pò di storia

a tecnica della protezione catodica muove i primi passi ufficialmentein Inghilterra nel 1824 ad opera di sir Humpry Davy. Nato aPenzance, Gran Bretagna, nel 1778 da padre falegname, diventòprofessore di chimica alla Royal Institution a soli 24 anni ed è con-siderato uno dei padri dell'elettrochimica moderna. Davy èforse più noto come l’inventore della omonima lampada disicurezza, usata dai minatori nelle miniere di carbone per

abbassare il livello di rischio di esplosione dovuto alla presenza disacche di gas naturale combustibile.

Nel 1824 propose di installare dei blocchi di ferro alla copertura inrame di una nave, nel primo tentativo di protezione catodica.

Mentre il successo fu ampio nella prevenzione della corrosione delrame, il ferro annullava le proprietà protettive degli ossidi di rame

che si formano in seguito alla corrosione del rame immerso inacqua di mare, il cui scopo primario era impedire la crescita di mol-

luschi allo scafo, che così necessitava di lunghe operazioni di pulitu-ra in cantiere. Un secolo dopo la sua invenzione, la tecnica della

protezione catodica si affermava negli Stati Uniti e soltanto a parti-re dagli anni '60 in tutto il mondo. Le prime applicazioni in Italia

avvengono attorno al 1930 per la protezione delle guaine in piom-bo dei cavi telefonici. Ma se la nascita dunque della protezione cato-

dica si deve ad un luminare inglese, l’impulso alla diffusione dellamoderna tecnica di protezione delle strutture metalliche a contat-

to con agenti corrosivi è sicuramente legato ad un illustre catte-dratico italiano, prof. Pietro Pedeferri, scomparso nel 2008. È per-

tanto con grande vanto e onore che dedichiamo questo numerodi APCE Notizie alla figura assai speciale del prof. Pedeferri. A

detta di molti che hanno avuto la for-tuna di conoscerlo, colpiva la sua cordialità e spontaneità nel suo modo di relazionarsi con le

persone. Quando parlava del suo lavoro, della corrosione o della protezione catodica, di cui siè occupato con grandissima competenza per decenni, trasmetteva un ché di molto serio su

tutto ciò che è scienza, tecnologia e ingegneria. Questi aspetti della sua figura sono tratteggia-ti nel profilo e nel lavoro scientifico illustrati negli interventi dei suoi allievi nelle pagine che

seguono. Pietro Pedeferri ha svolto un importante ruolo anche in APCE come direttore deicorsi di formazione e di aggiornamento e negli incontri tra tecnici. Ha contribuito a introdur-

re il rigore dell’elettrochimica nel nostro mondo di praticoni della protezione catodica con ilbeneficio di una più completa comprensione della materia. Si narra di un amichevole diverbio

che il prof. Pedeferri ebbe durante un corso di protezione catodica al Politecnico di Milano sulruolo dell’ossigeno nelle applicazioni marine, dove l’ossigeno a differenza dei terreni, svolge un

ruolo preminente rispetto al rivestimento isolante. Forse per molti addetti di allora, si parla ditrent’anni fa, non era mai stata nemmeno pronunciata la parola ossigeno; oggi il quadro è diver-

so e Pedeferri e la sua scuola hanno dato un contributo determinante al chiarimento di tuttiquesti aspetti. Il prof. Pedeferri inoltre è stato maestro e divulgatore della cultura della prote-

zione catodica con la pubblicazione di apprezzati libri sull’argomento, oggi usati come mate-riale di riferimento per i corsi e per la consultazione. Vale la pena inoltre ricordare che era

anche un artista, come testimoniano alcune opere che i lettori potranno apprezzare su que-sto numero. Ringraziamo dunque il prof. Pedeferri per il lavoro svolto nel passato e la sua

scuola per i contributi che continuano a dare all’APCE e alla ricerca nel campo della prote-zione catodica.

Alessandro Troiano

Anticipiamo ai lettori che la prima settimana di ottobre si svolgerà il ConvegnoNazionale APCE in occasione del trentennale della fondazione, in una sede da definire.

Sarà un importante appuntamento per fare un bilancio di questi fruttuosi trent’anni attra-verso i contributi dei soci e degli operatori oltre che fornire un’occasione di incontro e di

scambio di opinioni e di esperienze.

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Pietro Pedeferri

Luciano Lazzari,Lucia Mazza

ietro Pedeferri ci lasciava il 3 dicembre 2008 dopo un’intensa e poliedrica vitadi scienziato e tecnologo, di artista, di docente universitario. Pietro nasce aDelebio (Sondrio) il 21 dicembre 1938 e dopo il conseguimento della maturitàclassica nel liceo Piazzi di Sondrio, nel 1957 si iscrive al Biennio Propedeuticodi Ingegneria dell’Università di Pavia, vincendo un posto presso l’Almo Collegio

Borromeo retto dal letterato Cesare Angelini che eserciterà una forte influenza sulla suasensibilità di artista. Approda poi al Politecnico di Milano, dove si laurea nel 1963 inIngegneria Chimica con il Professor Roberto Piontelli, direttore dell’Istituto di Chimica-fisica, Elettrochimica e Metallurgia, si distingue come studente brillante e meritevole, gua-dagnandosi riconoscimenti e borse di studio, come la mitica “De Nora”.Esclusi brevi periodi, nel ’73 a Cambridge, a partire dal 1980 a Bari (dove vince la cattedradi Elettrochimica) ed esclusi alcuni distacchi presso l’Università Somala di Mogadiscio, è alPolitecnico di Milano che svolge la carriera universitaria, a partire dal 1965 come assisten-te di Chimica-Fisica, poi nel 1968, come libero docente in Elettrochimica, ottiene l’incari-co per il primo corso di Corrosione e Protezione dei Materiali Metallici mai attivato in Italia:“il più antico, in nessun momento il più vecchio!” come amava affermare. Dal 1983 è profes-sore ordinario di Corrosione e Protezione dei Materiali fino alla scomparsa: in questa disci-plina crea una vera e propria scuola dove formare numerosi eredi, preparare il terreno perapplicazioni e sviluppi sempre nuovi, tessere e rafforzare una fitta rete di rapporti interna-zionali, promuovere e divulgare la cultura corrosionistica ancora carente in alcuni settori.In parallelo desideriamo ricordare che Pietro è stato per dieci anni membro del Consigliodi Amministrazione del Politecnico e dal 1993, per due mandati, Direttore delDipartimento di Chimica Fisica Applicata e poi membro del Senato Accademico. Dal 2003,per meriti scientifici, è ammesso a far parte del prestigioso Istituto Lombardo Accademiadi Scienze e Lettere.

Il docente e lo scienziatoNei più svariati ruoli, Pietro Pedeferri si distingue per qualità professionali e scientifichemai disgiunte da eccezionali doti umane. Positivo e appassionato sa trasmettere rigore eserietà nel modo più cordiale, ricco di humour e di leggerezza. Intellettualmente curioso,instancabile, incurante delle difficoltà, indaga vie inesplorate mettendo corpo e anima nelvortice delle attività da lui stesso create anche in campo artistico. Schietto e sanguigno,esercita tutta la sua vis polemica, quando sono in gioco i valori e gli ideali in cui crede, peresempio riguardo la politica e la gestione universitaria. Con energia ed entusiasmo conta-giosi attira e coinvolge i suoi collaboratori in molteplici progetti, valorizzando le compe-tenze e le risorse altrui. Brillante conferenziere e abile comunicatore irradia calore e sim-patia, riuscendo a trasformare anche i difetti (come il disordine e la distrazione) in elemen-ti divertenti e alla fine costruttivi. Affascinante docente lascia una traccia indelebile neisuoi numerosi allievi cui insegna tanto, senza mai mettersi in cattedra.I principali contributi scientifici del lavoro di Pietro Pedeferri vanno individuati nell’intrec-cio personale e creativo delle sue attività di docente universitario, di scienziato e di arti-sta. Come scienziato, convinto che la ricerca segue le applicazioni e viceversa, ha dato deci-sivi apporti teorici e tecnologici nei molteplici campi in cui si è via via impegnato e che ha

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contribuito a consolidare:• ossidazione per via elettrochimica del

titanio con sorprendenti esiti artistici; • effetto anodico (elettrochimica per la

produzione dell’alluminio), studio del-l’influenza dell’accelerazione di gravità;

• corrosione localizzata degli acciai inos-sidabili;

• bio-corrosione (comportamento deimateriali metallici nelle protesi inseritenel corpo umano) e biomateriali; stu-dio dell’influenza della deformazioneplastica sul comportamento a corro-sione; tensocorrosione;

• protezione catodica;• corrosione delle armature nelle strut-

ture in calcestruzzo armato (dove simanifestano seri problemi di durabi-lità);

• infragilimento da idrogenoPioniere in quest’ultimo filone di ricerca, con-segue risultati assolutamente innovativi edoriginali ormai recepiti nell’ambiente scienti-fico e nelle normative internazionali:• nel 1991 mette a punto un metodo, da

lui battezzato “prevenzione catodica”che consiste nell’applicare al calcestruz-zo armato la tecnica elettrochimica dellaprotezione catodica (usata per le tuba-zioni interrate come i metanodotti o perle strutture marine). Metodo per esem-pio adottato nella Sydney Opera Housee su ponti autostradali, anche in Italia;

• propone l’uso di particolari diagrammipotenziale-cloruri, anche questi acqui-siti in tutta la letteratura specialistica escientifica che a buon diritto sono i“Diagrammi Pedeferri”.

L’attività scientifica è testimoniata da unavastissima produzione di oltre 350 pubbli-cazioni e da 25 libri. Presterà sempremolta attenzione ai risvolti applicativi, eben gli si addice la massima di Heinsenbergper cui “l’esperto è chi conosce alcuni deipeggiori casi che possono avvenire nel suocampo e sa come evitarli”. Limitandoci quiai temi corrosionistici, i suoi contributisono importanti sia sotto il profilo teorico(Corrosion Science), sia sotto quello inge-gneristico (Corrosion Engineering). Perquesto i suoi manuali, i suoi libri specialisti-ci sono molto apprezzati nelle Universitàcome nell’Industria.Tra i manuali è doveroso citare almenoquelli sulla Protezione Catodica (dallaprima edizione di trent’anni fa, alle edizio-ni italiana e inglese di Polipress del 2006) equello sulla Corrosione delle armature nelcalcestruzzo armato pubblicato anche ininglese da Wiley-VCH nel 2004.Più recentemente sono usciti da Polipressdue volumi sulla Corrosione e Protezione:il risultato, quasi il distillato di una più chequarantennale instancabile attività nelcampo. Anche le piacevoli e sapienti lettu-re personali che corredano l’ultima versio-

ne svelano tutta la passione e tutto l’amo-re da lui profusi in questo settore.

L’artistaPietro è coinvolto dalla stessa passione edallo stesso amore nel vivere l’avventuradell’ossidazione anodica del titanio: netraccerà la storia nel libro Titaniocromia(ed altre cose), Edizioni Iterlinea del 1999.Fin dal ’67 individua i principi sottostanti laformazione di colori sulla superficie deltitanio e i mezzi tecnici per ottenerli.Prefigurandosi nuove potenzialità espressi-ve nel campo della comunicazione visiva,raccoglie la sfida di un uso artistico dellesue intuizioni e delle sue scoperte: laTitaniocromia, appunto.Il processo tecnico attraverso cuiPedeferri produce i suoi quadri è parteintrinseca della sua pittura, in un’ineditainscindibile fusione fra ricerca sperimenta-le cromatica e ricerca formale estetica.Come un artista rinascimentale, partedalla materia costitutiva dei suoi colori perrealizzare la sua tavolozza, non utilizzando-la però a posteriori, ma componendolaproprio nei singoli gesti del procedimentocreativo.Per più di quarant’anni dipinge su titanioproducendo e controllando elettrochimica-mente l’ossido che si forma sulla superficiedel metallo, in grado di riflettere e rifrange-re la luce, per effetto del fenomeno detto“interferenza”. Sfruttando quella che chiama“memoria del titanio” ottiene due scale cro-matiche ricche di toni e di iridescenze, rego-la sistemi per vedere l’invisibile, per “ferma-re l’attimo”.La profondità della preparazione scientifi-ca è un presupposto necessario (se purnon sufficiente) al risultato artistico. E cherisultato: le sue opere sono meravigliedella fantasia, piene di sollecitazioni esteti-che, emozionanti nelle cromie, vibrantinella luce, preziose come gioielli.La sfida artistica è vinta: partendo dagli inco-raggiamenti di Bruno Munari riceverà gliapprezzamenti più lusinghieri. Nel 1989 aParigi ottiene il premio “Science pour l’art”.Partecipa a svariate mostre in Italia e all’e-stero ed espone in numerose e prestigiosesedi tra cui la Fondazione Corrente e laTriennale di Milano. Completa con le suepiastrine le edizioni poetiche Pulcino-Elefante di Alberto Casiraghi. Al Politecnicoporta l’arcobaleno dei suoi colori tra l’altronell’Aula Magna e nell’atrio centrale.Di una personalità così ricca e vivacecome quella di Pietro Pedeferri, ciascunoha una sfaccettatura da cogliere, un aspet-to da amare, un momento da condividere;tutti ne conservano un ricordo vivido ecolorato come il “suo” titanio che conti-nua a regalare bagliori della luce che hadentro.

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La corrosionedelle armaturenel calcestruzzo

In passato era opinione comune che le strutture in calcestruzzo armatofossero intrinsecamente durevoli. A partire dalla fine degli anni '70, difronte all'aumentare dei casi di degrado, ai rischi per la sicurezza e aglialti costi di manutenzione, la prospettiva è cambiata e si è compresal’importanza di prevenire il degrado del calcestruzzo e, soprattutto, lacorrosione delle armature. Questo cambiamento di prospettiva è statosicuramente merito di persone come Pietro Pedeferri, che proprio inquel periodo ha iniziato a interessarsi a questo argomento; Pietro hafornito un contributo notevole alla comprensione dei meccanismi dellacorrosione delle armature nel calcestruzzo e della sua prevenzione, ealla sua divulgazione scientifica e tecnica.Anche in questo campo Pietro ha saputo incarnare tutti gli aspetti chedovrebbero caratterizzare un professore universitario: lo scienziato, ildidatta e il divulgatore delle conoscenze.

p i e t r o p e d e f e r r i

di

Fabio BolzoniPolitecnico di MilanoDipartimento CMIC“G. Natta”Via Mancinelli 720131 Milano

enni storiciLa sensibilità ante litteram di Pietro Pedeferri per il tema della corrosione dellearmature nel calcestruzzo armato (c.a.) è testimoniata dalla presenza di un capi-tolo relativo nel suo libro di corrosione e protezione dei materiali metallici pub-blicato nel 1978 [1], e nel libro “Protezione catodica” scritto con Luciano Lazzarinel 1981 [2].

L’attività fino al 1982-83 è essenzialmente legata all’interesse generale di Pietro per la corrosionedel calcestruzzo e alla sua curiosità. L’attività di consulenza “pratica” era saltuaria e per lo più lega-ta all’analisi di casi di corrosione ricorrenti su tubazioni annegate in conglomerati cementizi, spes-so attribuite da coloro che avevano subito il danno all’azione di non meglio precisate correnti“vaganti”. L’inizio della stagione più feconda può essere fatto risalire al 1983. È l’anno in cui morì DanySinigaglia, e Pietro seppe rilanciare il gruppo di ricerca in un momento difficile. L’ing. Grandi, ex-presidente di ENI, che aveva fondato in quegli anni la Nuova Polmet, richiese una consulenza sullavalutazione dell’aggressività dei terreni e l’individuazione dei criteri di protezione di una condottain calcestruzzo precompresso. La relazione che Pietro fece insieme a Tommaso Pastore fu la basedell’articolo presentato per il secondo corso di aggiornamento sulla protezione catodica [3], ripre-so e pubblicato negli atti dell’Istituto di Meccanica Teorica e Applicata di Udine [4]. In questo arti-colo e nei successivi il problema, l’individuazione dei fenomeni di corrosione, la precisazione di unmodello elettrochimico e, soprattutto, la divulgazione scientifica e tecnica furono la prima e prin-cipale attività che ha indubbiamente contribuito a rendere più consapevole l’intero settore delladurabilità delle strutture in c.a. in Italia. Quest’attività è stata senza dubbio il principale merito diPietro nella fase iniziale. Non era proprio scontato dialogare con un settore tradizionalmente chiu-so a contributi esterni. Questo professore, che parlava di elettrochimica e della corrosione dellearmature, è stato allo stesso tempo dirompente e assolutamente necessario per creare una nuovacoscienza della durabilità di queste strutture. L’attività di divulgazione scientifica e tecnica è proseguita poi mediante l’organizzazione di con-vegni e corsi di istruzione permanente sulla corrosione delle armature nel calcestruzzo, tenu-

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ti fino al 2004; in particolare sono stati orga-nizzate varie edizioni dei corsi di formazio-ne permanente del Politecnico di Milanosulla corrosione delle armature, dal 1987 al1999, la prima delle quali pubblicata cometesto [5] e 5 edizioni sulla durabilità dellestrutture in calcestruzzo armato, annual-mente dal 2000 al 2004.Tra il 1996 e il 2007 l’attività di divulgazionescientifica e tecnica di Pietro Pedeferri siconcretizzò nella pubblicazione, anche conaltri colleghi europei, di quattro libri sullacorrosione delle armature nel calcestruzzo,dei quali tre in italiano e uno in inglese editodalla prestigiosa casa editrice internazionale,Wiley [6-9]. Anche per quanto riguarda l’attività di ricercail 1983 fu un anno molto importante: Pietro eTommaso Pastore andarono insieme alla con-ferenza di Londra organizzata dalla SCI. Pietroritrovò, dopo molti anni, Carmen Andradeche si occupava dello studio della corrosionedelle armature mediante tecniche elettrochi-miche, e altri ancora: Arup che aveva da pocopubblicato i fondamenti elettrochimici perl’interpretazione delle misure di potenziale;Tuutti, da poco dottore di ricerca con la suadissertazione sul modello della corrosionedelle armature, che precisava i concetti diperiodo d’innesco e propagazione; c’era il gio-vane Isecke che presentava gli esiti dello stu-dio sul collasso della Berlin Congress Hall; emolti altri ancora [10]. In pratica erano pre-senti tutti i gruppi che hanno fornito un con-tributo originale alla comprensione della cor-rosione nel calcestruzzo. Questo è il momen-to fondamentale che ha agganciato il gruppodi ricerca a una realtà internazionale. La colla-borazione con alcuni gruppi di ricerca all’a-vanguardia, soprattutto in ambito europeo siè poi consolidata nel corso degli anni ’90 esuccessivi mediante la partecipazione a pro-grammi di ricerca europei (COST), in partico-lare: COST 509 “Corrosion and protection ofmetals in contact with concrete” (1991-1996), COST 521 “Corrosion of steel inreinforced concrete structures. Prevention,monitoring and maintenance” (1997-2002),COST 534 “New materials, systems, methodsand concepts for prestressed concrete struc-tures” (2002-2007). La cooperazione con igruppi di ricerca all’avanguardia in ambitoeuropeo è stata rafforzata anche mediante leesperienze di ricerca di alcuni ricercatori, piùo meno giovani (Luca Bertolini, Fabio Bolzoni,Maddalena Carsana, Elena Redaelli, FedericaLollini, Marco Manera) presso l’InstitutoTorroja di Madrid (Spagna), la AstonUniversity di Birmingham e l’UniversitàTecnica di Trondheim (Regno Unito), il TNOdi Delft (Olanda)e l’Università di Leeds. L’attività sperimentale, in un primo periodo(anni ’80), si svolse in gran parte sul camponon disponendo di attrezzature per confezio-nare provini in calcestruzzo. In questi anniPietro collaborò soprattutto con De Nora

nelle ricerche per la sviluppo del sistema ano-dico e caratterizzazione degli anodi di titanioattivato per la protezione catodica e sull’ispe-zione e diagnosi. Nel 1986 ci fu la prima appli-cazione in Italia, a Trieste, della mappatura dipotenziale a una struttura in calcestruzzoarmato, ispirata dai lavori di Pietro Pedeferri.Nello stesso periodo (1987-88) vi fu la primaapplicazione della protezione catodica sulponte di Rioveggio nel tratto appenninicodell’Autostrada del Sole. Dopo qualche annovi fu la prima applicazione della tecnica di“prevenzione catodica” realizzata dalla NuovaPolmet. Poiché erano presenti cavi di precom-pressione in acciaio ad alta resistenza suscet-tibili di infragilimento da idrogeno, Pedeferrisuggerì un nuovo approccio di monitoraggiodella protezione catodica, intrinsecamentesicuro, che si basa sulla misura del potenzialedell’anodo unitamente a quello del catodo.Questo nuovo metodo portò allo sviluppo diun brevetto, denominato commercialmenteMinimonitor dalla proprietaria Nuova Polmet.L’attività di ricerca sperimentale presso ilDipartimento di Chimica Fisica Applicata (oradi Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “G.Natta”) del Politecnico di Milano fu avviataalla fine degli anni ’80 con i provini di calce-struzzo preparati da laboratori esterni: i primilavori riguardarono i metodi di ispezione,monitoraggio e protezione catodica. Nellostesso periodo fu finanziata con un progettomulti sponsor (Società Autostrade SpA,Snamprogetti SpA, Oronzio de Nora SpA,Nuova Polmet Cathodic Protection SpA, AlgaSpA) una ricerca dal titolo “Corrosione dellearmature in strutture in cemento armato eprecompresso: valutazione dei parametri diprogetto della protezione catodica ed indivi-duazione delle condizioni di insorgenza deifenomeni di interferenza ed infragilimento”.All’inizio degli anni ’90 iniziava la sperimenta-zione sulle armature di acciaio inossidabile epochi anni dopo sugli inibitori di corrosione.

Pietro docente al Politecnico di Milano

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Successivamente l’attività del gruppo diricerca diretta da Pietro Pedeferri si è note-volmente estesa e diversificata, compren-dendo oltre agli argomenti citati anche lacorrosione da correnti disperse, il ripristinodelle strutture in c.a. carbonatate con meto-di elettrochimici, gli inibitori di corrosione. Ilnumero di pubblicazioni scientifiche e divul-gative sull’argomento è cresciuto molto,così come numerosi sono stati i contratti diricerca sia con aziende private sia con ilministero (PRIN). L’attività di ricerca rice-vette un nuovo impulso quando, alla metàdegli anni ’90, grazie a Pietro Pedeferri eLuca Bertolini, fu costituito il LaboratorioMateriali Cementizi e Durabilità, presso ilDipartimento. Non è possibile qui riassumere tutti i con-tributi alla comprensione dei fenomeni dicorrosione delle armature nel calcestruzzoe della sua prevenzione portati da PietroPedeferri e dal suo gruppo di ricerca. Diseguito si farà un breve cenno alla proble-matica della corrosione delle armature,all’uso delle misure di potenziale per l’ispe-zione e il monitoraggio e ai contributi allosviluppo dell’uso di armature in acciaio inos-sidabile [11], mentre la tematica della pre-venzione catodica è trattata a pagina 19.

La corrosione delle armatu-re nel calcestruzzo

Le armature di acciaio nel calcestruzzosono protette dalla corrosione grazie allecondizioni di passività che si instaurano acontatto con la soluzione alcalina contenutanei pori della pasta cementizia. La corrosio-ne delle armature può essere indotta dallacarbonatazione del calcestruzzo o dallapenetrazione di cloruri. Nel primo caso, l’anidride carbonica presen-te nell’atmosfera può reagire con i compo-sti alcalini presenti nella soluzione dei poridel calcestruzzo (NaOH, KOH) e nellamatrice cementizia sotto forma di Ca(OH)2

(portlandite). La carbonatazione porta il pHdella soluzione dei pori a valori prossimi allaneutralità, per cui l'acciaio nel calcestruzzocarbonatato non è più passivo. La corrosione da cloruri avviene quandoquesti ioni penetrano all’interno del calce-struzzo e raggiungono alla superficie dell’ar-matura una concentrazione superiore a unvalore critico, necessario per depassivare learmature. Spesso Pietro, per rendere piùagevole la comprensione del comportamen-to corrosionistico dell’armatura in acciaio alcarbonio (comune) nel calcestruzzo lo para-gonava a quello di un acciaio inossidabileAISI 304 (18%Cr 8%Ni) in soluzioni neutre.Il tempo necessario perché gli agenti aggres-sivi arrivino a livello delle armature e neprovochino la depassivazione, detto tempodi innesco della corrosione, dipende princi-palmente dalle caratteristiche del calce-struzzo, in particolare dalla sua permeabilità(e quindi dalla porosità) e dallo spessore dicopriferro. Dopo l’innesco della corrosio-ne, l’acciaio depassivato diviene suscettibilealla corrosione, con una velocità che dipen-de dalle condizioni di esposizione ambienta-le. Questo periodo, detto tempo di propaga-zione, termina nel momento in cui vieneraggiunto un determinato stato limite, oltreil quale le conseguenze della corrosionepossono compromettere le prestazionidella struttura. I prodotti di corrosione,infatti, occupano un volume da 2 a 6 voltesuperiore rispetto al volume del ferro equando si accumulano all’interfaccia traarmatura e calcestruzzo possono provocarela fessurazione del copriferro o il suo distac-co. Nel caso della corrosione da cloruri, cheavviene in forma localizzata tipo pitting, l’at-tacco corrosivo può portare in tempi relati-vamente brevi a una riduzione inaccettabiledella sezione resistente dell’armatura.

Ispezione e monitoraggiodelle strutture

in calcestruzzo armato Una metodologia corretta di ispezione emonitoraggio delle strutture in calcestruzzoarmato è di fondamentale importanza per laprevenzione della corrosione e la progetta-zione degli interventi di ripristino. Una delletecniche non distruttive che si possono uti-lizzare a questo scopo è la misura delpotenziale delle armature, in particolare latecnica della mappatura di potenziale, giàricordata in precedenza. La misura di potenziale è di facile esecuzio-ne ma deve essere correttamente interpre-tata tenuto conto dei contributi spuri qualila caduta ohmica nell’elettrolita e i potenzia-li di giunzione interliquido. Fatte salve que-ste precisazioni, l’applicazione delle misuredi potenziale su strutture reali ha mostratoche lo stato di corrosione può essere inter-pretato da queste misure: la Figura 1, ispira-

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ta dai lavori di Arup, come già ricordato, erapresente già nel testo di ProtezioneCatodica del 1981 a testimoniare l’interesseprecoce di Pietro per questa tematica [2],ed è stata poi aggiornata nei testi successivi[3-9, 12].

Prevenzione della corrosionenel calcestruzzo

Oggi sono disponibili normative nazionali einternazionali, proposte a partire dagli anni’90, che, in funzione dell’ambiente, propon-gono limiti sulla composizione del calce-struzzo, sullo spessore del copriferro e sul-l’esecuzione delle strutture (stagionatura). Ilrispetto di queste normative eliminerebbe,per vite di servizio usuali, comprese tra 50 a75 anni e anche più lunghe nel caso di cor-rosione da carbonatazione, la grande mag-gioranza dei casi di corrosione. Vi sono alcuni casi di grande importanzapratica nei quali il rispetto degli standard,secondo l’opinione di molti studiosi, nonpuò garantire la vita utile della struttura.Questo accade in presenza di ambientimolto aggressivi, in particolare per la pre-senza di cloruri (ambiente marino o saliantigelo) e/o di vite di servizio molto lun-ghe. In questi casi, è possibile fare ricorsoalle cosiddette “protezioni aggiuntive” chepossono modificare le caratteristiche delcalcestruzzo o delle armature (in massa o disuperficie) e dell’ambiente esterno.

Armaturein acciaio inossidabile

Le armature in acciaio inossidabile si sonodimostrate efficaci nella prevenzione dellacorrosione anche in ambienti molto aggressi-vi. Il loro uso è stato proposto principalmen-te nel caso di ambienti contaminati da cloru-ri, come il ponte di Progreso, in Messico,costruito negli anni ’30 del secolo scorso. Inalcuni casi, come nella Guild Hall Yeast aLondra, sono state usate anche in ambienteinteressato solo dalla carbonatazione, per

garantire vite di servizio molto lunghe. Fino aoggi le applicazioni sono limitate, probabil-mente a causa del costo elevato dell’armatu-ra in acciaio inossidabile (8-10 volte rispettoa quelle usuali in acciaio al carbonio, ma ilcosto finale dell'opera non supera in genereil 10%). I risultati ottenuti nelle numerose pubblica-zioni di Pietro Pedeferri e collaboratori sul-l’argomento hanno permesso di evidenziareil ruolo dei diversi fattori che influenzano ilcomportamento. Sulla base dei risultati ottenuti nei laboratoridel Politecnico di Milano, confrontati conquelli ottenuti presso altre istituzioni di ricer-ca e con l’esperienza di campo, sono statimessi a punto dei diagrammi (Figura 2) cheindicano i campi di applicabilità dei diversimateriali (acciaio comune o diversi tipi diacciaio inossidabile) in funzione dell’aggres-sività ambientale: contenuto di cloruri, pHdell’ambiente (calcestruzzo alcalino o car-bonatato), temperatura. Credo che questi

Figura 1- Potenziali dell’acciaio nel calcestruzzo incondizioni di corrosione libera e conpolarizzazione esterna (da Arup emodificata in [2-9, 12])

Figura 2 - Campi di applicabilità dei diversi acciai inossidabili decapati in ambienti contenenti cloruriesposti a temperatura di 20°C e 40°C [7, 8, 11].

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diagrammi debbano essere chiamati dia-grammi “Pedeferri”, perché fu Pietro adavere l’idea di elaborare in questo modo irisultati delle prove sperimentali e a propor-li per la prima volta nel 1998, e successiva-mente, ad affinarli in base alle nuove cono-scenze acquisite nella sperimentazione. Di seguito si riassumono brevemente leprincipali informazioni tratte da questi dia-grammi. In calcestruzzo alcalino a 20°C, gliacciai inossidabili austenitici AISI 304L(1.4307) con 18% Cr e 8% Ni possonoessere utilizzati in calcestruzzo contenentefino a 5% di cloruri, limite che aumenta sesi utilizzano acciai austenitici con molibde-no 316L (1.4404) o duplex 24-05-2,5(1.4462). In presenza di ossidi di saldaturaquesti limiti diminuiscono fino al 3,5%, valo-re comunque difficilmente raggiungibilenelle strutture reali. La concentrazionemassima di cloruri tollerabile dai diversi tipidi armatura diminuisce sensibilmente con latemperatura (quindi in ambiente tropicale).In calcestruzzo carbonatato la concentra-zione critica di cloruri diminuisce moltosoprattutto a temperatura più elevata.

Accoppiamento galvanicocon le armature

in acciaio al carbonioÈ stato chiaramente dimostrato dagli studicondotti dal gruppo di ricerca del prof.Pedeferri che le armature di acciaio inossi-dabile non aumentano il rischio di corrosio-ne per contatto galvanico: fino a quandoentrambi i materiali sono passivi il potenzia-le di corrosione è praticamente identico e

quindi non si verificano in pratica effettinegativi. La macrocoppia provoca effettisignificativi solo se l’acciaio al carbonio sicorrode in calcestruzzo carbonatato o con-tenente cloruri. Ma anche in questo caso,l’aumento della velocità di corrosione del-l’acciaio al carbonio in presenza di collega-mento con l’acciaio inossidabile è inferioreall’effetto dell’accoppiamento con le areepassive di acciaio al carbonio che circonda-no l’area che subisce l’attacco localizzato. Inpresenza di ossidi di saldatura sull’acciaioinossidabile, l’incremento della velocità dicorrosione sull’acciaio al carbonio è moltosuperiore e non trascurabile. Il rischio dicorrosione per contatto galvanico puòessere comunque ridotto eliminando condecapaggio la scaglia di ossidi da saldatura.Questo permette di diminuire i costi del-l’applicazione degli acciai inossidabili con unloro uso “intelligente” solo nelle parti piùesposte della struttura.

Effetto della presenzadi correnti disperse

Il comportamento degli acciai inossidabiliin presenza di correnti disperse di originecontinua è stato studiato verso la metàdegli anni ’90: in calcestruzzi senza cloruriil comportamento degli acciai inossidabili èanalogo a quello delle comuni armature. Incalcestruzzi con cloruri invece gli acciaiinossidabili si comportano meglio anche inqueste situazioni perché mantengono lapassività in presenza di un contenuto dicloruri molto più elevato rispetto ai comu-ni acciai.

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1. P. Pedeferri, Corrosione e protezione dei materiali metallici, CLUP, Milano, 19782. L. Lazzari, P. Pedeferri, Protezione catodica, CLUP, Milano, 1981.3. P.Pedeferri, T. Pastore, “Corrosione delle armature nel cemento armato o precompresso e

protezione catodica”, in B. Mazza (a cura di), Secondo corso di aggiornamento sulla pro-tezione catodica, p.335-353, CLUP, Milano, 1984.

4. T. Pastore, P. Pedeferri, “La corrosione delle armature nel calcestruzzo”, Atti dell’istituto diMeccanica Teorica e Applicata dell’Università di Udine, 1985.

5. P. Pedeferri (a cura di), Corrosione e protezione di strutture metalliche e in cementoarmato negli ambienti naturali, CLUP, Milano, 1987.

6. P. Pedeferri, L. Bertolini, La corrosione nel calcestruzzo e negli ambienti naturali, Mc-GrawHill, Milano, 1996.

7. P. Pedeferri, L. Bertolini, La durabilità del calcestruzzo armato, McGraw-Hill, Milano, 2000.8. L.Bertolini, B.Elsener, P.Pedeferri, R.Polder, Corrosion of Steel in Concrete: Prevention,

Diagnosis, Repair, Wiley-VCH, Weinheim, 2004.9. P. Pedeferri, La corrosione delle armature nel calcestruzzo, AICAP, 2007. 10. Corrosion of reinforcements in concrete constructions, Society of chemical industry,

London, 198311. P. Pedeferri, Progresses in prevention of corrosion in concrete, Rendiconti Istituto

Lombardo Accademia di scienze e lettere, B, Vol. 138 (2004), Fascicoli 1 e 2, Milano, 2005.12. P. Pedeferri, Corrosione e protezione dei materiali metallici, volume 1 e 2, Polipress,

Milano, 2007.

Bibliografia

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ietro Pedeferri ha fortemente contribuito negli anni ’80 alla razionalizzazionedelle condizioni di protezione catodica (PC) delle strutture metalliche ope-ranti in ambiente marino. Da ricordare la relazione generale tenuta dal Prof.Pedeferri alle giornate di studio sulla “Corrosione Marina” organizzata dalCentro Corrosione AIM e dal Laboratorio del CNR per la corrosione mari-na dei metalli, a Genova, il 20 marzo 1980 che è stata poi pubblicata su “La

Metallurgia Italiana” del 1981 [1]. La memoria è stata tradotta e pubblicata a cura delMinistero della Difesa inglese, che era venuto in possesso dell’articolo in italiano [2].In quegli anni, la protezione catodica delle strutture offshore era al centro dell’inte-resse nella comunità scientifica per i notevoli risvolti economici e tecnici che essa compor-tava. Infatti lo sfruttamento dei pozzi petroliferi al largo delle coste rendeva necessario ilricorso a speciali strutture metalliche, dette strutture “offshore”, le cui parti immerse dove-vano essere protette dalla corrosione e la PC si presentava come il rimedio più efficace enello stesso tempo più economico. Tuttavia si erano registrati dei tragici insuccessi che neavevano messo in discussione l’affidabilità.

Pietro si era prima incuriosito e poi decisamente appassionato al problema e da ottimodivulgatore quale era si era posto l’obiettivo di razionalizzare la materia e di renderla frui-bile al più vasto pubblico di addetti rispetto alla ristretta cerchia dei ricercatori. Ed è cosìche ha trasferito nel suo testo di PC un capitolo piuttosto copioso di informazioni sul tema,poi ripreso negli interventi sopra citati, di cui vogliamo sottolinearne i punti salienti.

Le condizioni di protezione delle strutture offshoreLa PC delle strutture offshore si attua prevalentemente con sistemi ad anodi galvanici. La PCa corrente impressa è infatti raramente impiegata a causa dell’eccessiva potenza richie-sta, della non disponibilità di energia, del precoce consumo degli anodi e soprattutto dellasua scarsa affidabilità dato l’elevato rischio di rottura dei conduttori anodici. La PC adanodi galvanici è invece più diffusa e maggiormente gradita, non richiedendo alcun eserci-zio; va detto che tuttavia richiede un’attenta progettazione, pena la mancata protezioneanche dopo brevissimi tempi, come avvenuto nel Mare del Nord negli anni ’60.Sull’esperienza maturata nel golfo del Messico, dove erano presenti già negli anni ‘50 più dimille piattaforme, si era consolidata una filosofia di progetto, estesa poi per le applicazioninella maggioranza dei mari, basata su un calcolo delle strutture per resistere ai carichi mas-simi cui possono essere soggette durante gli uragani, o la cosiddetta tempesta dei 100 anni,e sull’applicazione di una adeguata protezione catodica ottenuta mantenendo il potenzialedelle strutture sufficientemente negativo, pari a −800 mV ACC (elettrodo di Ag/AgCl).Questo valore non deriva dal fatto che solo a potenziali così negativi si raggiunge una ridu-zione sufficiente della velocità di corrosione; infatti, già potenziali di −700, −750 mV ACCbasterebbero per ridurre di alcune decine di volte la velocità di corrosione. Il valore è inve-ce stato scelto perché solo il raggiungimento di potenziali così negativi consente la separa-zione e la conservazione nel tempo dei depositi calcarei che ricoprono la struttura e per-mettono di ridurre notevolmente la corrente di protezione, quindi, il costo della PC. Per le

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La protezionecatodica dellestrutture offshore

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Marco OrmelleseFabio BolzoniPolitecnico di MilanoDipartimento CMIC G. NattaVia Mancinelli 720131 Milano

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parti appoggiate sul fondale marino, la PCdeve servire anche per combattere l’azionedi batteri solfato riduttori, per cui si rendenecessario portare il potenziale a −900 mVACC. Queste condizioni di protezione non valgo-no se la struttura è soggetta a sollecitazionidi fatica, come per esempio accade sui nodidelle piattaforme dove, a causa delle condi-zioni ambientali di agitazione del mare, pos-sono insorgere fenomeni noti come corro-sione-fatica. Pedeferri ha studiato e allertato sul proble-ma della corrosione-fatica, che stava procu-rando tante preoccupazioni alle compagniepetrolifere: lo studio dei fenomeni di corro-sione-fatica e le relative tecniche di preven-zione e protezione lo hanno sempre moltoappassionato [3]. Appariva chiaro che ilfenomeno di fatica era legato a svariati para-metri che esercitavano un’influenza talvoltaopposta: le condizioni di protezione, in ter-mini di potenziale e densità di corrente, l’in-fluenza dell’ossigeno, i parametri di fatica. Ilpunto critico era comunque la definizionedel potenziale di protezione per quellestrutture che operano in mari caratterizzatida forte agitazione (il Mare del Nord, peresempio) e pertanto soggette anche a cor-rosione-fatica.

Le condizioni di protezionedelle strutture offshore in

presenza di corrosione-faticaLa progettazione delle prime piattaformenel mare del Nord seguiva la filosofia sopraesposta. Purtroppo, gli effetti di una situazio-ne ambientale e di carico molto severa cau-sarono in tempi molto brevi l’insorgenza digravi fenomeni di fatica: il disastro della

SeaGem e l’affondamentodi altre piattaforme mobili

va attribuito afenomeni di corro-sione-fatica. Si cambiò pertanto

il modo di progetta-re le strutture per

tener conto del fattoche il meccanismo dicedimento più probabi-le era appunto quello di

corrosione-fatica: sic-come la frequenza

delle variazioni dicarico, legata aquella del moto

ondoso, è

relativamente bassa (inferiore a 0,2 Hz) ci sitrova nelle condizioni in cui il fenomeno difatica può essere notevolmente influenzatodalla presenza di un ambiente aggressivo. Sisono quindi moltiplicati negli anni ’80 glistudi sul comportamento a fatica in acqua dimare degli acciai al carbonio-manganeseusati per queste applicazioni e in particolaredei giunti saldati, in condizioni di corrosionelibera o in PC a diversi livelli di potenziale.

Come ben riassunto da Pedeferri, l’espe-rienza di laboratorio consente di afferma-re che per quanto riguarda la variazionedel fattore di intensità degli sforzi(ΔK = β (σmax - σmin) a½ ), dove K è il fat-tore di intensificazione degli sforzi, β è unfattore di forma , σmax e σmin sono il caricomassimo e minimo, rispettivamente, e a è ladimensione del difetto, valgono le seguenticonsiderazioni:• per bassi valori di ΔK

o se il potenziale di protezione è pari a−800 mV ACC, la velocità di avanza-mento delle cricche di fatica è mini-ma;

o se il potenziale di protezione inferio-re a −1300 mV ACC, si osserva unforte aumento della velocità di cre-scita della cricca;

• per alti valori di ΔKo se il potenziale di protezione è pros-

simo a −700 mV ACC, la velocità diavanzamento della cricca è minima(di valore uguale a quella che si misu-ra in aria)

o se il potenziale di protezione è pari a−800 mV ACC (nelle migliori condi-zioni di fatica a più bassi ΔK), la velo-cità di avanzamento della criccaaumenta di circa 3 volte (risultandopiù o meno uguale a quella di corro-sione libera)

o se il potenziale di protezione è pari a−1000 / −1100 mV AAC, la velocitàdi avanzamento della cricca aumentaanche di 4-5 volte.

Pedeferri, allora, si domandò: qual è ilpotenziale di protezione da adottare?L’analisi delle condizioni di lavoro di unastruttura offshore mostra che nelle realicondizioni di esercizio, la presenza di eleva-ti ΔK (che si hanno per cricche moltoprofonde al termine della vita della struttu-ra, o in seguito ad elevate variazioni di cari-co, che solo raramente si producono) èlimitata a periodi di breve durata, che cor-

rispondono a una piccola percentua-le della vita della struttura.

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La maggior parte del tempoinvece la struttura opera incondizioni di fatica conbasse variazione del fattoredi intensità degli sforzi.Pertanto nella valutazionedel danno complessivo pesamolto di più l’avanzamentodella cricca prodotto dallafatica a bassi ΔK che nonquello ad alti ΔK. Quindi, nel caso delle strut-ture offshore, rifacendosi alle esperienzedi laboratorio, il potenziale di protezionepiù adatto per limitare i danni provocatidai fenomeni di fatica sembra essere lostesso che si consiglia per prevenire lacorrosione generalizzata, ossia −800 mVACC. Devono però essere assolutamenteevitate condizioni di sovraprotezione: que-ste infatti, non solo comportano un inutilesperpero economico, ma, in presenza difenomeni di fatica, causano un notevoleaumento della velocità di avanzamentodelle cricche.

Densità di correntedi protezione

Riportiamo infine alcune considerazionesu un altro punto di notevole interesse,che ha sempre animato il prof. Pedeferri,ossia il legame tra la corrente di protezio-ne e il processo di riduzione di ossigeno. Come noto, per il raggiungimento delpotenziale di protezione è necessarioapplicare una corrente catodica che dipen-de dalle condizioni ambientali e dallasuperficie esposta della struttura. In breve,la corrente di protezione è uguale alla cor-rente che i processi catodici sono in gradodi erogare al potenziale di protezione. Siccome a potenziali di −800 mV ACC ilprocesso catodico è costituito praticamen-te solo dalla riduzione di ossigeno in condi-zioni di controllo di diffusione, in primaapprossimazione è possibile ritenere che lacorrente di protezione misuri in unità elet-trochimiche la quantità di ossigeno che puògiungere alla superficie metallica nell’unità ditempo. Essa dipende: dalla concentrazionedell’ossigeno disciolto, dalla temperatura,dalla velocità e dal grado di turbolenza del-

l’acqua alla superficie metallica e, a partire dalmomento in cui la superficie è ricoperta daldeposito calcareo, anche dalle caratteristichedi tale rivestimento. Si passa pertanto davalori di 20 mA/m2, tipici di strutture immer-se nel fango marino, dove l’apporto di ossige-no è ridotto, a valori prossimi 80-90 mA/m2,tipici ad esempio delle strutture operanti nelMar Mediterraneo, nel Golfo del Messico olungo le coste Africane, fino a valori anchesuperiori a 200 mA/m2, tipici di struttureoperanti in acque agitate, per esempio nelMar del Nord. In generale, nel primo periodo di funziona-mento, quando le strutture non sono rico-perte dal deposito calcareo, il sistema diprotezione impone densità di correntesuperiore di circa il 30% rispetto a quellanecessaria per la protezione in condizionidi regime. Queste correnti non sono tut-tavia sufficienti per portare immediata-mente la struttura al potenziale di prote-zione. La sua polarizzazione avviene lenta-mente nel tempo parallelamente alla sepa-razione dei depositi calcarei e posso pas-sare parecchi mesi prima che il potenzialesi stabilizzi.

ConclusionePietro Pedeferri ha dedicato parte dellasua ricerca svolta negli anni ’80 allo studiodelle condizioni di protezione catodicadelle strutture offshore. Tra le varie tema-tiche affrontate, quelle che lo hanno disicuro più appassionato sono legate alladeterminazione delle condizioni di prote-zione catodica (potenziale e densità dicorrente) in presenza di corrosione-fatica,problematica che ha causato in quegli annitragici disastri.

1. P. Pedeferri, Aspetti e problemi della protezione catodica delle strutture offshore, LaMetallurgia Italiana, 73, 2 (1981), pp. 75-81

2. P. Pedeferri, Aspects and problems of cathodic protection for offshore structures,Procurement Executive Ministry of Defence, DRIC Translation, Controller HMSO,London, 1986

3. D. Sinigaglia, G. Re, P. Pedeferri, Cedimento a fatica e ambientale dei materiali metallici, Ed.Clup Milano, 1979.

Bibliografia

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e armature di acciaio nel calcestruzzo si trovano inizialmente in condizioni dipassività, e quindi la loro velocità di corrosione è trascurabile indipendentemen-te dalle condizioni di umidità. Tuttavia, la passività può essere persa se il calce-struzzo a contatto con l’armatura perde le sue caratteristiche protettive, cioèl’alcalinità e l’assenza di cloruri. L’alcalinità del calcestruzzo viene persa per effet-to della reazione di carbonatazione, che è un fenomeno che interessa le strut-

ture esposte all’atmosfera. I cloruri, invece, possono penetrare nel calcestruzzo quando questo sitrova esposto ad ambienti marini oppure ad ambienti in cui vengono utilizzati sali antigelo. Mentrela corrosione dovuta alla carbonatazione ha una morfologia di tipo generalizzato, cioè avviene inmodo uniforme sulla superficie dell’armatura a contatto con il calcestruzzo carbonatato, la cor-rosione da cloruri ha una morfologia di tipo localizzato, caratterizzata da attacchi penetranti.

La vita di servizio di una struttura in calcestruzzo armato può quindi essere distinta in due fasi(Figura 1): una fase di innesco, in cui le armature sono passive, ma nel calcestruzzo si stanno veri-ficando i fenomeni che porteranno alla loro depassivazione, e una fase di propagazione, in cui learmature sono attive e si corrodono con una velocità che dipende dalle condizioni di umidità edal contenuto di cloruri, se presenti. La fase di propagazione termina in corrispondenza di unevento critico nella vita della struttura: ad esempio la fessurazione del calcestruzzo, dovuta all’ef-fetto espansivo dei prodotti di corrosione, oppure il distacco del copriferro, che viene espulsoquando si accumulano quantità significative di prodotti di corrosione alla superficie dell’armatu-ra, oppure, nel caso estremo, il collasso della struttura. In genere, nelle strutture in calcestruzzoarmato, la corrosione dell’armatura si manifesta attraverso i danneggiamenti del copriferro, cheprecedono le conseguenze strutturali dovute alla diminuzione dello spessore dell’armatura.Tuttavia, anche la fessurazione e il distacco del copriferro possono avere conseguenze moltoserie in quanto promuovono la propagazione della corrosione dell’armatura e limitano la funzio-nalità della struttura, ad esempio per quanto riguarda gli aspetti legati alla sua sicurezza (basti pen-sare alle conseguenze della caduta di frammenti di calcestruzzo). Pertanto le strutture in calce-struzzo armato danneggiate dalla corrosione richiedono interventi di manutenzione per inter-rompere il fenomeno corrosivo e ripristinare le condizioni di sicurezza strutturale e funzionale.

Dagli anni ‘70 la protezione catodica è utilizzata per bloccare la corrosione delle armature diacciaio nelle strutture in calcestruzzo. La protezione catodica è un metodo di intervento per lestrutture danneggiate dalla corrosione in quanto consente, con una densità di corrente dell’or-dine di 10 mA/m2, di bloccare la propagazione della corrosione, nonostante l’armatura sia a con-tatto con un calcestruzzo non protettivo (Figura 2). A differenza dei terreni o dell’acqua di mare,dove è necessario che la corrente catodica applicata porti il potenziale dell’acciaio al di sotto del

L

La prevenzione catodica, introdotta da Pietro Pedeferri, rappre-senta un’applicazione innovativa dei metodi elettrochimici, non

come metodi di intervento per rimediare ai danni della corrosio-ne, ma come strumento di progetto per prevenire la corrosione

e aumentare la vita di servizio delle strutture in calcestruzzoarmato e calcestruzzo armato precompresso esposte

in condizioni ambientali aggressive.

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La prevenzionecatodica

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Luca Bertolini,Maddalena Carsana,Matteo Gastaldi,Elena RedaelliPolitecnico di MilanoDipartimento CMIC“G. Natta”Via Mancinelli 720131 Milano

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potenziale di equilibrio (e quindi in condizio-ni di immunità), nel calcestruzzo è sufficienteche il potenziale sia inferiore al potenziale diprotezione Epro (si parla di condizioni di passi-vità perché l’armatura si ripassiva). La prote-zione catodica nel calcestruzzo è nata perproteggere i ponti autostradali oppure lestrutture marine, in cui i cloruri avevano cau-sato la corrosione dell’armatura; in seguito èstata applicata anche a strutture interessate

da carbonatazione. Oggi la protezione catodi-ca è riconosciuta come l’unica tecnica ingrado di bloccare la corrosione di una arma-tura a contatto con calcestruzzo inquinato dacloruri anche in tenori molto elevati.

Negli anni ‘90 Pietro Pedeferri propose di uti-lizzare la protezione catodica su strutture incalcestruzzo armato nuove, non ancora inte-ressate dalla corrosione, sebbene a rischio dicorrosione per la presenza di cloruri nel-l’ambiente di esposizione. Chiamò questanuova tecnica “prevenzione catodica” perdistinguerla dalla protezione catodica inquanto l’applicazione della corrente adarmature passive (a contatto con un calce-struzzo alcalino e privo di cloruri) consentedi aumentare il tenore di cloruri necessarioper innescare la corrosione fino a valorimolto elevati, che possono non essere rag-giunti durante la vita utile di progetto della

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Figura 1 - Schematizzazionedella vita di servi-zio di una struttu-ra in calcestruzzoarmato in relazio-ne alla corrosionedelle armature(p è la penetrazio-ne della corrosione,t è il tempo).

Figura 2 - Effetto dell’appli-cazione della pro-tezione catodicasull’avanzamentodella corrosionedell’armatura.

Figura 3 - Effetto dell’applicazione della preven-zione catodica sull’innesco della corro-sione dell’armatura.

Figura 4 - Diagramma Pedeferri che descrive le condizioni di corrosione delle armature nel calcestruzzoin funzione del potenziale e del contenuto di cloruri. Il percorso 1→4→5/6→ descrive il fun-zionamento della protezione catodica, mentre il percorso 1→2→3→ descrive il funziona-mento della prevenzione catodica.

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struttura (Figura 3). Questo effetto puòessere compreso facendo riferimento al dia-gramma che descrive la relazione tra poten-ziale dell’armatura e contenuto di cloruri(Figura 4), in cui si vede che nella zona A, perpotenziali superiori al potenziale di pitting, lacorrosione si può innescare e propagare; lazona B è la zona di passività imperfetta, dovela corrosione può propagare, ma non si inne-sca; la zona C è la zona di passività perfetta,dove la corrosione non si innesca né propa-ga; nelle zone D e E si ha sviluppo di idroge-no con rischio di infragilimento degli acciaiad alta resistenza. Rispetto alla protezionecatodica, in cui si deve bloccare la corrosio-ne dopo l’innesco abbassando il potenzialefino o in prossimità alla zona C (seguendoquindi il percorso 4→5 o 4→6), la preven-zione catodica richiede una minore polariz-zazione (percorso 1→2), e quindi una mino-re corrente. Il tenore di cloruri nel calce-struzzo a contatto con l’armatura aumentanel tempo per effetto della penetrazione dal-l’ambiente (percorso 2→3), ma l’innescodella corrosione, rappresentato dall’ingressonella zona A, avviene per tenori di cloruripiù elevati: questo comporta un aumentodella vita di servizio della struttura in calce-struzzo armato. Questo diagramma è oggiriconosciuto internazionalmente comeDiagramma Pedeferri.

Poiché la polarizzazione richiesta dalla pre-venzione catodica è piccola, si elimina ilrischio di infragilimento da idrogeno e quin-di la tecnica può essere applicata anche allestrutture precompresse che contengonoacciai ad alta resistenza. La prevenzione cato-dica ha però molti altri vantaggi rispetto allaprotezione catodica: la minore corrente

applicata riduce la potenza elettrica necessa-ria e attenua tutti gli effetti negativi legati allacircolazione di corrente, come ad esempiol’acidificazione all’anodo; la distribuzione dicorrente è più uniforme grazie alla migliorepolarizzabilità dell’acciaio passivo. Inoltre, lapredisposizione del sistema di prevenzionegià nella fase di progetto consente di ottimiz-zarne tutti gli aspetti progettuali, come adesempio il posizionamento del sistema ano-dico, l’inserimento di opportuni elettrodi diriferimento per il monitoraggio, oltre ovvia-mente a evitare le riparazioni e i ripristinilocalizzati generalmente necessari in unastruttura dove la propagazione della corro-sione ha già danneggiato il calcestruzzo.

La prevenzione catodica è oggi recepita dallanormativa europea sulla protezione catodicanel calcestruzzo armato ed è consideratauna protezione aggiuntiva al pari, ad esem-pio, dell’utilizzo degli acciai inossidabili. Vieneutilizzata in tutto il mondo per prevenire lacorrosione delle armature in ambientiaggressivi per la presenza di cloruri, in parti-colare su ponti e viadotti su cui si utilizzanosali antigelo o in ambienti marini. Tra le appli-cazioni si può citare la Opera House diSydney dove alle nuove strutture in calce-struzzo armato precompresso del molo,sostituite per problemi di corrosione, è stataapplicata la prevenzione catodica. I principidella prevenzione catodica sono stati utiliz-zati anche in altre applicazioni: ad esempio èstato proposto l’inserimento di anodi galva-nici nelle zone dove il calcestruzzo danneg-giato viene riparato localmente, in modo daprevenire l’innesco della corrosione nellezone adiacenti, e quindi consente di aumen-tare la durabilità dell’intervento.

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1. P. Pedeferri, “Cathodic protection of new concrete constructions”, in: Proc. Int. Conf.Structural Improvement through Corrosion Protection of Reinforced Concrete, Instituteof Corrosion, London, 1992.

2. P. Pedeferri, “Protezione e prevenzione catodica delle armature nelle costruzioni in c.a. ec.a.p.”, L’Edilizia, Ottobre 1993, pp. 69-81.

3. P. Pedeferri, “Cathodic protection and cathodic prevention”, Construction and BuildingMaterials, Vol. 10, No. 5, pp. 391-402, 1996.

4. L. Bertolini, F. Bolzoni, L. Lazzari, T. Pastore, P. Pedeferri, “Cathodic protection and cathodicprevention in concrete: principles and applications”, Journal of Applied Electrochemistry,Vol. 28, 1321-1331, 1998.

5. L. Bertolini, F. Bolzoni, M. Gastaldi, T. Pastore, P. Pedeferri, E. Redaelli, “Effects of cathodicprevention on the chloride threshold for steel corrosion in concrete”, ElectrochimicaActa, Vol. 54, 1452-1463, 2009.

6. A. Cheaitani, P. Pedeferri, B. Bazzoni, P. Karajayli, R. Dick, “Performance of cathodic preven-tion system of Sydney Opera House underbroadwalk after 10 years of operation”, in:Proc. Int. Conf. Corrosion/06, NACE, Houston, paper 06342, 2006.

7. C.L. Page, G. Sergi, “Developments in cathodic protection applied to reinforced concrete”,Journal of Materials in Civil Engineering, Vol. 12, No. 1, pp. 8-15, 2000.

8. Marcel Pourbaix, Lectures on electrochemical corrosion, Plenum Press, New York, 1973.9. European Standard EN 12696, Cathodic protection of steel in concrete, 2000.

Bibliografia

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manufatti in bronzo dorato rappresentano, nell’ambito della conservazione delpatrimonio storico-artistico, una sfida conservativa estremamente complessa. Sitratta, infatti, di un sistema bimetallico assai critico in quanto, tra oro e bronzo,nel tempo e in relazione all’ambiente circostante, si ha la formazione di prodottidi corrosione che costituiscono elemento destabilizzante. Sfortunatamente talicomposti sono difficilmente rimovibili in profondità senza danneggiare in modo

irreparabile lo strato di doratura. In genere si tratta di opere di elevato pregio storico-artistico,basti pensare, per esempio, ai cavalli in bronzo dorato della Basilica di San Marco a Venezia, alla sta-tua equestre di Marco Aurelio a Roma o alle Porte di Lorenzo Ghiberti del Battistero di Firenze.Tali opere, dopo lunghi e difficilissimi interventi di restauro, sono state musealizzate poiché, a causadella loro estrema instabilità, necessitano di essere conservate in condizioni di atmosfera control-lata. Tale situazione non è da imputare all’oro, che è stabile e difficilmente soggetto a degrado. Sonopiuttosto la corrosione del bronzo sottostante (fortemente accelerata dall’accoppiamento galva-nico con l’oro) e la formazione di composti salini di corrosione con aumento decisivo di volumeche provocano tensioni e distacco della doratura (Figura 1).

Il sensoreIl monitoraggio dello stato di conservazione dei manufatti artistici, è oggi un aspetto molto impor-tante nelle strategie di salvaguardia del patrimonio culturale. Esso deve essere, ove possibile, noninvasivo e non distruttivo e realizzabile in-situ, direttamente sul manufatto. A tale scopo, nel casodi opere metalliche, tecniche come la misura del potenziale e della Resistenza di PolarizzazioneLineare (Rp) [1], e la Spettroscopia di Impedenza Elettrochimica (EIS) [2] sono state adattate adapplicazioni nel campo dei beni culturali, utilizzando un elettrodo-sonda studiato espressamenteper consentire misure in campo su manufatti metallici [3-6]. Tuttavia queste metodologie nonsono attualmente applicabili a sistemi bimetallici come i bronzi dorati a causa delle difficoltà nel-l’interpretazione dei dati. Una promettente alternativa, già proposta in passato per lo studio del

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Un grato ricordo va alla memoria di Pietro Pedeferri per ipreziosi consigli, per l’instancabile entusiasmo e per lapassione per l’arte. A lui dobbiamo la strada intrapresa ela nascita del Laboratorio Materiali e Metodi per ilPatrimonio Culturale

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Sensori galvaniciper la conservazionedi opere in bronzo dorato

di

S. Goidanich,L. Brambilla,L. TonioloPolitecnico di MilanoDipartimento CMIC“G. Natta”Via Mancinelli 720131 Milano

Figura 1 - Pustole di corrosione che provocano distacco della doratura sulla superficie della Porta del Paradisodi Lorenzo Ghiberti, Firenze.

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comportamento di bronzi dorati esposti all’a-perto [7-9], è l’utilizzo di “sensori galvanici”che simulino il comportamento del manufat-to in oggetto e permettano, mediante la misu-ra della corrente di macrocoppia, il monito-raggio in continuo della velocità di corrosio-ne. Partendo dai promettenti risultati di pre-cedenti lavori degli anni ‘70 [7-9], sono statimessi a punto dei nuovi sensori galvanici perlo studio e il monitoraggio di bronzi dorati. InFigura 2 è riportato uno schema dei sensorigalvanici in bronzo patinato e dorato chesono stati realizzati. La lega utilizzata è unalega quaternaria di rame (Cu 93,1%; Zn 3,2%;Sn 2,6%; Pb 1,1%, percentuali in peso). La“patina artificiale” che è stata interposta trabronzo e oro è costituita da una miscela diCuCl, CuCl2 e CuSO4⋅5H2O. L’elevato conte-nuto di CuCl e CuCl2 è stato appositamenteintrodotto per rendere la patina e la superfi-cie bronzea particolarmente reattive all’umi-dità, permettendo così di simulare le condi-zioni di un bronzo dorato che ha sviluppatoprodotti di corrosione estremamente desta-bilizzanti. Tali sensori si sono dimostrati un potentestrumento per lo studio di nuove metodolo-gie conservative di opere in bronzo dorato.Essi permettono il monitoraggio in continuodella corrente di macrocoppia (e quindi dellavelocità di corrosione), fornendo quindi datiquantitativi sulla velocità di degrado di bronzidorati che abbiano sviluppato prodotti di cor-rosione instabili tra oro e bronzo. In questomodo è quindi possibile valutare l’impatto di

diverse metodologie di pulitura, l’efficacia diprotettivi e/o del controllo dei parametriambientaliSensori galvanici sono stati impiegati con suc-cesso in un Progetto di ricerca condotto incollaborazione con l’Opificio delle PietreDure di Firenze, per valutare le nuove condi-zioni climatiche per l’esposizione al pubblicodella Porta del Paradiso di L. Ghiberti [10-11]e si sono dimostrati un fondamentale stru-mento per la scelta finale e il controllo dellametodologia espositiva.Tuttavia la messa a punto dei sensori galva-nici più idonei e durevoli per il monitoraggioin continuo necessita di ulteriori approfon-dimenti. I sensori fino ad ora realizzati, infat-ti, si sono dimostrati estremamente sensibi-li all’ umidità dell’ ambiente circostante.Questo li rende uno strumento estrema-mente sensibile, ma allo stesso tempo facil-mente deteriorabile e dunque non moltodurevole. Si è rilevato inoltre un problemadi riproducibilità del segnale a parità di con-dizioni ambientali. Per questi motivi è attual-mente in corso una nuova fase di ricercavolta ad implementare sensori più durevoli eche presentino maggiori garanzie di ripro-ducibilità del segnale.

RingraziamentiSi ringraziano i colleghi del Laboratorio scien-tifico dell’Opificio delle Pietre Dure diFirenze per la collaborazione e la disponibilitàdelle opere e dei materiali.

Figura 2 - Schema di unsensore galvani-co. Per ragioni dileggibilità dellafigura le dimen-sioni delle diverseparti non sono inscala. In partico-lare sono statiingranditi signifi-cativamente glispessori dellapatina artificialee della doratura.

1. ASTM G 59-97 (2003)2. ASTM G 106-89 (1999)3. M. Bartolini, B. Colombo, M. Marabelli, A. Marano and C. Parisi, Proceedings of the International conference on Metals

Conservation Metal 95, Ed LD. MacLeod, S. Pennec & L. Robbiola, James & James, London, (1997), 43-494. P. Letardi, A. M. Beccaria, M. Marabelli & G. D'Ercoli, Proceedings of the International conference on Metals Conservation

Metal98, Ed W. Mourey & L. Robbiola, James & James, London, (1998), 303-3085. C. Bartuli; R. Cigna; O. Fumei, Studies in Conservation, 44(4) (1999) 245-2526. Edith Joseph, Paola Letardi, Rocco Mazzeo, Silvia Prati and Mariangela Vandini, Proceedings of the International conference on

Metals Conservation Metal 07, ed. C. Degrigny, R. Van Langh, I. Joosten, B. Ankersmit, (5) (2007) 71-777. Alessandrini, G. Dassù, P. Pedeferri, G. Re, Studies in Conservation, 24 (1979), 108-1248. B. Mazza, P. Pedeferri, G. Re and D. Sinigaglia, 4th European Symposium on Corrosion Inhibitors, Ferrara (1975), 552-5639. B. Mazza, P. Pedeferri, G. Re and D. Sinigaglia, Behaviour of a galvanic cell simulating the atmospheric corrosion conditions of

gold plated bronzes, Corrosion Science, 17 (6) (1977) 535-54110. S. Goidanich, B. Salvadori, S. Porcinai, A. Cagnini, A.M. Giusti, R. Boddi, S. Siano, D. Camuffo, L. Toniolo, D. Matera, R. Mazzeo, S.

Prati, A. Addis, D. Prandstraller, M. Matteini, D. Pinna, Lo Stato dell’Arte 7, p. 35-41, eds. Daniela Rullo, Nardini Editore, 2009,ISBN 9788840441771

11. S. Goidanich, L. Toniolo, D. Matera, B. Salvadori, S. Porcinai, A. Cagnini, A. M. Giusti, R. Boddi, A. A. Mencaglia, S. Siano, D.Camuffo, C. Bertolin, R. Mazzeo, S. Prati, A. Addis, D. Prandstraller, M. Matteini, D. Pinna, Proceedings of Metal 2010, Int.Conference on Metal Conservation, 151-159

Bibliografia

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Armature diacciaio zincato

l maggior limite alla durabilità delle strutture in calcestruzzo è attualmente costi-tuito dalla corrosione delle armature [1]. Tra i possibili accorgimenti per miglio-rare la resistenza alla corrosione delle armature nel calcestruzzo, recentementeè stato preso in maggiore considerazione l’utilizzo di barre d’armatura di acciaiozincato. Le armature zincate vengono prodotte mediante immersione delle barredi acciaio, previa un’appropriata preparazione superficiale, in un bagno di zinco

fuso per circa 2 minuti. Lo spessore del rivestimento che si ottiene può variare a secondadel processo e del tipo di acciaio, ma generalmente è intorno a 100 µm. L’interesse che vienerivolto alle armature zincate è dovuto al loro costo moderato rispetto ad altri sistemi diprotezione preventiva e al fatto che lo zinco all’interno del calcestruzzo si passiva e, al con-trario di quanto avviene per l’acciaio non zincato, mantiene la sua passività anche quando lapasta di cemento subisce un abbassamento del pH (pH<11) a causa della carbonatazione oquando il tenore di ioni cloruro supera quello considerato critico per l’acciaio nero.Riguardo alla concentrazione critica di cloruri all’interfaccia fra armatura zincata e calce-struzzo necessaria per innescare la corrosione delle armature zincate, non esistono datiassoluti; tuttavia, prove sperimentali condotte nelle stesse condizioni ambientali indicano chetale concentrazione risulta circa 3 volte superiore a quella che provoca l’innesco della cor-rosione sulle armature di acciaio non zincato [2].Il ritardo nella corrosione dell’acciaio, nel caso di armature zincate, comunque, non dipendesolo dal maggiore tempo necessario affinché le specie aggressive raggiungano i valori criticisulle armature, ma anche dal fatto che lo zinco, pur corrodendosi, esplica la sua funzione pro-tettiva nei confronti dell’acciaio sottostante. In questo periodo, contrariamente a quantoaccade alle armature di acciaio non rivestito, i prodotti di corrosione dello zinco non pro-vocano danneggiamenti meccanici al calcestruzzo circostante, non essendo prodotti espan-sivi (a meno di concentrazioni elevatissime di cloruro). Al contrario, i prodotti di corrosio-ne dello zinco, sigillando i pori e le eventuali micro fessurazioni nell’intorno dell’armatura,rallentano la velocità di corrosione. Inoltre, durante questo periodo, lo zinco esercita ancheuna protezione catodica sull’acciaio che viene progressivamente scoperto dalla graduale cor-rosione del rivestimento.Tutto ciò comporta un incremento di durabilità delle strutture in calcestruzzo, come rappre-sentato schematicamente, in Figura1, dall’ormai accettato modello di Tuutti [3]. Nonostante irisultati positivi riportati nella letteratura tecnica relativa all’utilizzo dell’acciaio zincato instrutture reali [4,5], esistono ancora delle perplessità, soprattutto in Europa, per un impiegointensivo di tale materiale anche se, in Italia, negli ultimi anni si è registrato un incremento diutilizzo che comunque resta molto basso rispetto alla produzione di acciaio per le armature,come mostrato in Figura 2. Tra i vari aspetti che generano dubbi relativamente all’utilizzo dellearmature zincate, soprattutto da parte dei progettisti, si possono citare:

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È doveroso ricordare Pietro Pedeferri quale esperto corrosioni-sta a tutto campo; non esiste argomento in tale settore per ilquale non era in grado di dare la giusta interpretazione, la suaconsulenza ed i suoi consigli. È stata una fortuna averlo cono-sciuto e essergli stato amico; il ricordo è giornaliero dalmomento che le sue monografie sono costantemente presentisui nostri tavoli di lavoro.

Romeo FratesiDipartimento FIMETUniversità Politecnicadelle Marche - Ancona

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• l’aderenza delle armature zincate al cal-cestruzzo anche relativamente all’indicedi aderenza

• l’eventuale danneggiamento meccanicodurante la piegatura delle barre dellostrato di zinco

• quando è consigliabile l’uso di barre zin-cate e quanto può aumentare la durabi-lità delle strutture con la loro adozione

• il costo aggiuntivo dell’armatura zincata.

AderenzaPer quanto riguarda l’aderenza delle barrezincate al calcestruzzo occorre distingueretra barre nervate e barre lisce; ciò perché lamisura dell’aderenza è effettuata medianteprove di pull-out (sfilamento delle barre dalcalcestruzzo tirandole longitudinalmente) enel caso di barre nervate la resistenza allo sfi-lamento è dovuta principalmente alle carat-teristiche geometriche delle nervature (indicedi aderenza), mentre per le barre lisce l’ade-renza è dovuta all’interazione chimico-fisicadella superficie della barra con il calcestruzzo. È stato sperimentalmente dimostrato, ed èormai riconosciuto da tutti, che le barre liscezincate hanno maggiore aderenza al calce-struzzo rispetto alle corrispondenti barre diacciaio nero (Figura 3). Ciò è dovuto al fattoche durante la fase di presa del cemento, lozinco reagisce con la calce d’idrolisi e i suoiprodotti di reazione, non espansivi, penetranonei pori della pasta di cemento rendendo piùdensa la zona di transizione tra zinco e calce-struzzo. Così questi prodotti contribuisconoa sigillare i pori e i micro vuoti nella zonainterfacciale causando la formazione di pontitra il metallo e il calcestruzzo, come già docu-mentato in letteratura [6]. Nel caso di barredi acciaio nervate la tensione di aderenza rica-vata con le prove di pull-out risulta uguale siaper le barre di acciaio nero che per quellezincate, poiché in questo caso l’aderenza trabarra e calcestruzzo è dovuta soprattutto allageometria superficiale delle barre.

Danneggiamenti del rivestimentoLe criccature del rivestimento, così come ildistacco di piccole scaglie di rivestimentoche si possono produrre durante la piegatu-ra non sono pregiudizievoli per l’utilizzodelle armature zincate. Tali difetti sono con-templati dalle normative ed è anche previstaun’operazione di riparazione nelle zone didistacco o di taglio mediante l’uso di verniciricche di polvere di zinco o mediante zinca-tura a spruzzo. Tali accorgimenti sono utiliper lo più durante lo stoccaggio delle arma-ture in cantiere poiché quando le barresono inglobate nel calcestruzzo lo zinco, cir-costante gli spot senza rivestimento, eserci-ta normalmente una protezione galvanicanei confronti dell’acciaio scoperto preser-vandolo dalla corrosione.

Uso delle armature zincatee durabilità

Lo strato di zinco, dopo una sua iniziale cor-rosione durante la presa del calcestruzzo (sicalcola che in questa fase c’è un consumo dizinco di 5-10 µm), si passiva anche se il cal-cestruzzo è un ambiente con alcalinità rela-tivamente elevata [6,7]. Le armature zincateinoltre, hanno un buon comportamento incalcestruzzo carbonatato grazie alla stabilitàdel film protettivo che rimane tale anche inambiente neutro o debolmente acido, alcontrario invece di quanto avviene per le

Fig. 1: Schematizzazione dell’incremento di durabilità di una struttu-ra in calcestruzzo in seguito all’uso di armature zincate.

Fig. 2: Produzione di barre di acciaio e di acciaio zincato per arma-tura, in Italia, nel quadriennio 2003-2006.

Fig. 3: Forza di aderenza in funzione dello scorrimento relativobarra/calcestruzzo per barre lisce (φ=16mm) di acciaio eacciaio zincato nella prova di pull-out, dopo 60 giorni di sta-gionatura del calcestruzzo in aria umida.

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barre di acciaio nero. La velocità di corro-sione infatti, in calcestruzzo carbonatato,rimane a valori molto bassi (~1µm/anno),circa un ordine di grandezza inferiore aquella che si osserva sulle armature non zin-cate [8]. Questo buon comportamentoviene mantenuto anche in presenza di cloru-ri in tenori non troppo elevati. Quando il calcestruzzo alcalino viene con-taminato da cloruri, il rivestimento di zincopuò essere soggetto ad attacco corrosivolocalizzato, solo per tenori di cloruri dicirca tre volte superiori rispetto a quantoavviene per l’acciaio non zincato e quindi iltempo di incubazione della corrosione èpiù lungo, come mostrato in Figura 1. Inogni caso, anche supponendo che la corro-sione localizzata si sia innescata, la velocitàdi corrosione tende ad essere comunqueminore nel caso dello zinco rispetto aquella dell’acciaio, perché la superficie zin-cata costituisce un pessimo catodo per lariduzione dell’ossigeno. L’incremento di durabilità delle strutturearmate di acciaio zincato rispetto a quelletradizionali è piuttosto considerevole nelcaso in cui la corrosione sia dovuta allacarbonatazione (50-100 anni, consideratala velocità di corrosione dello zinco nel cal-cestruzzo carbonatato e lo spessore delrivestimento), mentre è di difficile quantifi-cazione nel caso di contaminazione del cal-

cestruzzo da parte dei cloruri. In quest’ul-timo caso si può ipotizzare che il tempo diinnesco della corrosione è circa tre voltesuperiore a quello che sarebbe per unastruttura tradizionale, quindi tutto dipendedalla velocità con cui questi ioni raggiungo-no le armature: per una struttura cheopera in zona costiera è prevedibile unbuon incremento di durabilità poiché èipotizzabile una penetrazione relativamen-te lenta dei cloruri all’interno del calce-struzzo, mentre, per esempio, per un impal-cato di un viadotto che viene ripetutamen-te cosparso di sali disgelanti, dove quindi icloruri possono raggiungere concentrazio-ni elevate sulle armature in tempi relativa-mente brevi, tale incremento potrebbeessere contenuto. Da qui derivano le indi-cazioni generali per che cosa utilizzare learmature zincate e dove: per strutture leg-gere con basso spessore di copriferro, pre-fabbricati per uso industriale, strutture diponti, ciminiere e torri di raffreddamento,strutture edificate in zone costiere, infra-strutture portuali.

CostiPer quanto riguarda l’incremento di costo diuna costruzione in calcestruzzo con l’impie-go di armature in acciaio zincato è sbagliatoconsiderare l’incremento di costo delle solearmature; occorre tener conto invece del-l’incremento di costo percentuale che com-porta tale impiego commisurato ai costi del-l’intera struttura. Un esempio è indicato inTabella1 per una costruzione mediamentearmata del tipo civile abitazione. È evidentecome, a fronte di un costo doppio dellearmature zincate rispetto a quelle di acciaionero, l’incremento di spesa per l’interaopera sia del 3,9%, incremento ben giustifi-cato se si considerano le ripetute e onero-se spese di manutenzione ordinaria estraordinaria necessarie durante la vita inservizio di tali costruzioni.

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1. P. Pedeferri, L. Bertolini, 2000, “La durabilità del calcestruzzo armato”, McGraw-Hill 2. S.R. Yeomans, 1994, “Performance of Black, Galvanized, and Epoxy-coated Reinforcing

Steel in Cholride-Contaminated Concrete”, Corrosion, 50(1), 72-813. K. Tuutti, 1982, “Corrosion of Steel in Concrete”, Swedish Foundation for Concrete

Research, Stockolm, 19824. D. Stark, 1984, “Measurements Techniques and evaluation of Galvanized Reinforcing Steel

in Concrete Structures in Bermuda”, ASTM-STP 713, 132-1415. CEB (Comité-International du Béton), 1992, Protection System Reinfocement”, Bulletin

d’Information N. 2116. R. Fratesi, G. Moriconi, L. Coppola, 1996, “The Influence of Steel Galvanization on Rebars

Behaviour in Concrete”, in Corrosion Reinforcement in Concrete Construction, Ed. byC.L. Page, P.B. Bamforth , J.W Figg, Publ. Royal Society of Chemistry

7. A. Macias, C.Andrade, 1987, “Corrosion of Galvanized Steel Reinforcement in AlkalineSolutions”, Br. Corr. Jr., 22 (2), p. 119

8. E. Maahan, B. Soresen, 1986, “The Influence of Microstructure on the CorrosionProperties of Hot-Dip Galvanized Reinforcement in Concrete”, Corrosion, 42 (4), p. 187

Bibliografia

Tab. 1: Calcolo dell’incremento dei costi dovuti all’impiego di armatu-re di acciaio zincato per un opera mediamente armata.

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a fabbricazione di dispositivi impiantabili nel corpo umano con finalità struttu-rali, in generale per il settore ortopedico e odontoiatrico, richiede l’utilizzo dimateriali ad alta resistenza e ad alto modulo elastico, tipicamente leghe metal-liche. Tra i metalli utilizzabili nel corpo umano per la sostituzione di ossa, dentie funzioni scheletriche troviamo alcuni acciai inossidabili austenitici, in gradodi abbinare alle necessarie proprietà meccaniche (elevato modulo elastico, alta

resistenza meccanica, tenacità e resistenza a fatica) gli imprescindibili requisiti biologici richie-sti dalle specifiche applicazioni (in prima approssimazione, resistenza alla corrosione e biocom-patibilità).Con gli acciai inossidabili austenitici sono oggi realizzati molti dispositivi ortopedici, e in parti-colare molti mezzi di osteosintesi, dispositivi in grado di supportare e trasmettere i carichinella fase di riparazione delle fratture ossee. Questi dispositivi sono generalmente rimossi altermine della loro funzione (dopo circa 6-12 mesi). Oltre a queste applicazioni temporanee, gliacciai inossidabili austenitici trovano applicazione per la fabbricazione di dispositivi impiantabi-li permanenti, quali componenti di protesi articolari d’anca, ma anche per dispositivi cardiova-scolari e di altri settori della medicina.I vantaggi nell’utilizzo degli acciai inossidabili per la fabbricazione dei mezzi di osteosintesisono:• basso costo,• buone proprietà meccaniche, soprattutto allo stato incrudito,• facilità di lavorazione per deformazione plastica,• facilità di lavorazione per asportazione di truciolo,I principali limiti nel loro utilizzo sono:• presenza di nichel, elemento che può dare luogo in molti pazienti a fenomeni di reazione

allergica,• suscettibilità nel corpo umano a fenomeni di corrosione in fessura, soprattutto nelle varian-

ti a basso tenore di molibdeno e azoto.Tra i problemi relativi alla corrosione, proprio quella in fessura, che si verifica in interstizi comequelli che si formano tra teste delle viti e loro sedi nelle placche per osteosintesi, o nelle zonedi contatto tra i chiodi endomidollari e gli elementi di fissaggio, determina un significativoaumento del rilascio di ioni metallici nei tessuti adiacenti agli impianti. Tali ioni possono deter-minare irritazioni locali, infiammazioni croniche e soprattutto, per la presenza di nichel, feno-

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Acciai inossidabiliper applicazionibiomediche

p i e t r o p e d e f e r r i

di

Roberto Chiesa,Alberto Cigada,Gianni RondelliDipartimento di Chimica,Materiali e IngegneriaChimica ‘G. Natta’,Politecnico di Milano

Pietro Pedeferri alla fine degli anni ‘70 è stato il promotore einiziatore di una linea di ricerca relativa ai biomateriali, studian-do per primo le proprietà corrosionistiche degli acciai inossida-bili. Il suo contributo è stato fondamentale per la creazione diuna scuola di ricerca sui biomateriali all’interno del Politecnico

di Milano, oggi riconosciuta a livello internazionale, attiva sumolte tematiche e linee di ricerca del settore biomedico.

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Tabella I – ISO 5832 - Materiali metallici da impianto

Tipo Sigla ISO Composizione chimica %Carico di rottura

(MPa) Sforzo di snervamento

(MPa)

Acciai inossidabili

AISI 316L 5832-1 D Fe=resto, Cr=17-19, Ni=13-15, Mo=2,25-3,5, N<0,10 690-1100 190-690

AISI 317L 5832-1 E Fe=resto, Cr=17-19, Ni=14-16, Mo=2,35-4,2, N=0,1-0,2 800-1100 285-690

alto azoto 5832-9 Fe=resto, Cr=19,5-22, Ni=9-11, Mo=2-3, Mn=2-4,25, N=0,25-0,5 740-1800 430-n.d.

Leghe di cobalto

per getti 5832-4 Co=resto, Cr=26,5-30, Mo=4,5-7, Ni<2,5 665 450

semilavorate 5832-5 Co=resto, Cr=19-21, W=14-16, Ni=9-11 860 310

5832-6 Co=resto, Ni=33-37, Cr=19-21, Mo=9-10,5 800-1200 300-1000

5832-7 Co=39-42, Cr=18,5-21,5, Ni=15-18, Mo=6,5-7,5, Fe=resto 950-1450 450-1300

5832-8 Co=resto, Ni=15-25, Cr=18-22, Mo=3-4, W=3-4, Fe=4-6 600-1580 275-1310

5832-12 Co=resto, Cr=26-30, Mo=5-7, Ni<1 750-1172 550-827

Titanio e leghe di titanio

titanio puro 5832-2 G1 Ti=resto, O<0,18 240 170

5832-2 G2 Ti=resto, O<0,25 345 230

5832-2 G3 Ti=resto, O<0,35 450 300

5832-2 G4 Ti=resto, O<0,45 550-680 440-520

Ti6Al4V 5832-3 Ti=resto, Al=5,5-6,75, V=3,5-4,5 860 780

Ti5Al2,5Fe 5832-10 Ti=resto, Al=4,5-5,5, Fe=2,5-3 900 800

Ti7Al8Nb 5832-11 Ti=resto, Al=5,5-6,75, Nb=6,5-7,5 900 800

meni di sensibilizzazione allergica.L'insorgenza di tali fenomeni comporta lanecessità di rimuovere anzitempo i compo-nenti metallici.Nel passato per la fabbricazione di impiantisono stati impiegati vari tipi di acciai inossi-dabili austenitici, molto spesso dalle pro-prietà meccaniche e soprattutto corrosioni-stiche inadeguate [1]. Non sono stati infre-quenti casi di fallimenti legati a importantifenomeni corrosivi. Questi eventi eranosoprattutto legati all’utilizzo di acciai inossi-dabili inadeguati. L’analisi degli espianti fallitiha permesso di evidenziare come alcunimateriali fossero fondamentalmente nonadatti alle condizioni di utilizzo [2], e comefosse cogente approntare una normativache regolamentasse composizione e pro-prietà dei materiali metallici utilizzabili perapplicazioni in vivo.

Acciai inossidabilistandardizzati ISO

Oggi norme internazionali regolano l’utiliz-zo nel corpo umano di specifici materialimetallici fissando per essi la composizione ele proprietà meccaniche minime garantite.In particolare la norma ISO 5832 (Tabella I),che elenca composizione e proprietà mec-caniche dei materiali metallici per applica-zioni biomediche, contempla alcune tipolo-gie di acciai inossidabili, leghe di cobalto-cromo, titanio e leghe di titanio.

Per quanto specificatamente riguarda gliacciai inossidabili, la ISO 5832 prevede l’uti-lizzo di tre sole classi per applicazioni nelcorpo umano, e precisamente:• ISO 5832-1 Composition D• ISO 5832-1 Composition E• ISO 5832-9L’acciaio più tradizionale è l’ISO 5832-1Composition D, corrispondente sostanzial-mente ad un tradizionale acciaio AISI 316L,che contiene cromo (17-19%), nichel (13-15%), molibdeno (2,25-3,5%) e azoto(<0,10%) ed è caratterizzato da elevatapurezza (bassi tenori di zolfo, fosforo einclusioni). La resistenza alla corrosione diquesto acciaio è relativamente bassa, e lorende suscettibile di corrosione in fessuranel corpo umano. Le caratteristiche mecca-niche dipendono dal tasso di incrudimento,ma non sono in generale particolarmenteelevate. Tuttavia è il materiale metallico piùeconomico previsto dalle normative e puòessere facilmente lavorato sia per deforma-zione plastica che per asportazione di tru-ciolo, condizioni che lo rendono particolar-mente utilizzato.L’acciaio ISO 5832-1 Composition E contie-ne cromo (17-19%), nichel (14-16%), molib-deno (2,35-4,2%) e azoto (0,10-0,20%); imaggiori tenori di molibdeno e azotorispetto al tradizionale acciaio ISO 5832-1Composition D lo rendono più resistentealla corrosione in fessura, anche se non puòessere considerato immune da tale forma di

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corrosione nel corpo umano.L’acciaio ISO 5832-9 contiene cromo (19,5-22%), nichel (9-11%), molibdeno (2-3%)manganese (2-4,25%) e azoto (0,25-0,5%);l’alto tenore di azoto garantisce una migliorresistenza alla corrosione in fessura (soprat-tutto se il tenore di molibdeno si avvicina al3%) e migliori caratteristiche meccaniche siaallo stato solubilizzato, che incrudito; a ciò fafronte tuttavia un maggior costo e una piùdifficile lavorabilità per deformazione plasti-ca e asportazione di truciolo.Gli acciai descritti, come peraltro tutti imateriali metallici contemplati dalla normaISO 5832, devono la loro resistenza alla cor-rosione alla formazione di uno strato pro-tettivo di ossido (film di passività), che liprotegge dalla corrosione, e che è in grado

di riformarsi quando viene danneggiato. Incondizioni particolari, in ragione della speci-fica composizione, possono insorgere feno-meni di corrosione localizzata (corrosioneper vaiolatura, in fessura, corrosione persfregamento,), che portano ad un aumentodel tenore di rilascio di ioni metallici e/opossibilità di eventi di rottura dovuti a feno-meni di corrosione/fatica. La selezione delmateriale più idoneo, anche mantenendosiall’interno di quelli previsti dalle normative,deve essere effettuata in considerazione deltipo di dispositivo e della sua funzione. Uncorretto approccio progettuale e di selezio-ne risultano quindi oggi fondamentali perevitare o quantomeno limitare la possibilitàdi fallimento dei moderni dispositivi biome-dici impiantabili.

1. P. Pedeferri, A. Cigada, B. Mazza, D. Sinigaglia, Influence of Cold Plastic Deformation onCritical Pitting Potential of AISI 316L and 304L Steel in an Artificial Physiological SolutionSimulating the Aggressive of the Human Body, Journal of Biomedical Materials Research,11, 503-512 (1977)

2. P. Pedeferri, A. Cigada, B. Mazza, G.A. Mondora, G.. Re and D. Sinigaglia, Corrosion andDegradation of Implant Materials, ASTM STP 684, p. 144. ASTM, Philadelphia (1979)

Bibliografia

Laboratorio di Corrosione dei Materiali “Pietro Pedeferri”

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ver conosciuto il prof. Pietro Pedeferri, prima come docente carismatico epoi come collega nelle attività di consulenza industriale inerenti la corrosio-ne è stata una grande fortuna, così come la conoscenza e la collaborazionecon il prof. Giuseppe Bianchi. Bianchi, prima da solo, a partire dagli anni cin-quanta, e poi insieme a Pedeferri, hanno fortemente contribuito a porre inItalia le basi di una ingegneria razionale della corrosione, in parallelo a un ana-

logo processo in atto nel mondo, soprattutto in quello anglosassone. Entrambi sono staticapiscuola, ed entrambi hanno influenzato la nutrita schiera dei “corrosionisti" italiani.Non è questa la sede per proporre un confronto tra le loro figure di scienziati della cor-rosione, confronto che sarebbe per altro utile per capire i progressi fatti in Italia in que-sto campo, e l’ampiezza dell’eco che questi hanno avuta anche all’estero; vedremo di tor-narci in una occasione futura se non altro per lasciare una testimonianza alle giovanileve. Qui vogliamo piuttosto far emergere i contributi di Pietro Pedeferri nella nostra -e non solo nostra - formazione di esperti e cultori della materia.Dobbiamo partire ancora da Bianchi, che nel suo ultimo intervento al congresso interna-zionale di corrosione del 1990 ha sottolineato come la corrosione abbia attraversatonella seconda metà del novecento tre periodi distinti: dapprima, la scienza della corrosio-ne, poi l’ingegneria della corrosione, e da ultimo ma altrettanto importante la standardiz-zazione e informatizzazione delle conoscenze sulla corrosione. Pietro ha contribuito atutte e tre le fasi sebbene con pesi differenti, e per certi versi è andato anche oltre.Pietro si sentiva un ingegnere, elettrochimico, e per questo metteva gli aspetti applicati-vi su un piano di riguardo. La sua bravura è stata quella di coniugare la scienza, ancheelettrochimica, con le applicazioni industriali.Ed è da questo connubio che è nata verso la fine degli anni settanta la sua determina-zione a scrivere un manuale di corrosione. Il libro di Fontana-Greene prima e il libro diBianchi-Mazza subito dopo, infatti, lo avevano fortemente impressionato e influenzato;tuttavia Pietro ne evidenziava anche alcune importanti lacune proprio sugli aspetti cheamava definire appunto ingegneristici. Pietro in quegli anni si stava occupando, insieme aDany Sinigaglia, di meccanica della frattura e di fatica, e scopriva il fondamentale sinergi-smo tra la meccanica, ossia l’ingegneria per definizione, e l’interazione con l’ambiente,cioè la corrosione.Il suo libro, Corrosione e protezione dei materiali metallici, è un primo sforzo per chia-rire queste azioni “interdisciplinari” e fornire ai tecnici solidi strumenti per fare valuta-zioni e previsioni. È su questa strada che Pietro ha orientato il suo gruppo di ricerca ei suoi allievi. L’idea di fare della corrosione una professione, da noi intrapresa a metàdegli anni ottanta, è senza dubbio stata ispirata anche da Pietro, che come docente alPolitecnico di Milano svolgeva attività di consulenza e per questo era cercato dalle indu-

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Pietro Pedeferri“corrosionengineer”

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di

Luciano LazzariPolitecnico di MilanoDipartimento CMIC“G. Natta”Via Mancinelli 720131 Milano

Bruno BazzoniCescor srlVia Maniago 1220134 Milano

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strie. Di noidue, Luciano era stato allievodi Pietro, poi tesista e ricercatore prima dipassare all’industria, mentre Bruno erastato tesista “prestato” dal prof. Bianchi alPolitecnico di Milano. Per inciso, Bianchi siera laureato in ingegneria elettrotecnicaproprio al Politecnico di Milano. Negli anniottanta, appunto, abbiamo tentato la stra-da dell’impresa industriale proprio nelcampo dell’ingegneria della corrosione,così come Pedeferri pensava. Due erano lecose che Pietro amava di questa professio-ne: il gusto della comprensione dei casi,soprattutto per quanto riguarda la diagno-si, e la passione per la loro soluzione equindi la corretta scelta dei materiali e deitrattamenti: in sintesi, l’ingegneria dellacorrosione.Durante la preparazione del suo testo dicorrosione e protezione, Pietro si eraappassionato alla protezione catodica,maturando l’idea di scriverne un libroperché l’argomento, ancora una volta, siprestava con meravigliosa simbiosi a trat-tare di elettrochimica e di progettazionedi impianti. In quel periodo infatti, Pietroera stato affascinato dalle applicazionimarine, come si descrive in un altro con-tributo, in cui curve di polarizzazione,legge di Faraday, misure in campo, solleci-tazioni meccaniche confluivano a delineareuno scenario complesso e intricato diparametri, in cui però si affacciava la solu-zione ingegneristica che Pietro definivainaspettata ed elegante, come nel casodella corrosione-fatica in presenza appun-to di protezione catodica. In quegli anni nell’Università nascevano isettori scientifico-disciplinari e gli univer-sitari erano chiamati a scegliere a qualenuovo settore appartenere.L’elettrochimica era stata cancellata comeindirizzo autonomo, per cui la gran partedegli elettrochimici erano propensi a con-fluire nel raggruppamento di Chimica-fisi-ca, come poi fecero in massa; Pietro perònon seguì gli elettrochimici, ma scelse con

chiara lun-gimiranza di aderire alsettore di Scienza e Tecnologiadei Materiali.Per Pietro era chiaro che uningegnere della corrosione nonpoteva assimilarsi ai chimico-fisici,e questo non per pregiudizio dalmomento che era stato allievo di uno deipiù famosi chimico-fisici italiani del nove-cento, il prof. Piontelli, ma per la semplicee per lui chiara ragione che la corrosionefa parte dell’ingegneria, non disgiungibiledalle applicazioni reali dei materiali. Pietro è stato un grande professore, lega-tissimo al suo Politecnico di Milano, macon alcuni aspetti atipici: vogliamo ricorda-re la sua attitudine eclettica, che trovavaprobabilmente radici nella sua culturaanche umanistica e testimoniata dalla ric-chezza dei suoi lasciti artistici e letterari,oltre che scientifici, e una grande curiosità.Ed è stata la curiosità, insieme alla passio-ne, il motore della sua attenzione per ilmondo industriale, fosse quello del petro-lio, o dell’automobile o delle grandi operedi ingegneria, come ha anche ricordatonelle belle letture che completano ognicapitolo dell’ultima edizione del suo librodi corrosione e protezione. In questi ambi-ti, direttamente o attraverso i suoi colla-boratori, ha collocato la sua disciplina,quella dell’ingegneria della corrosione, conuna visione ampia e razionale.Si può senza dubbio affermare che la suasensibilità per alcuni temi, per esempio ladurabilità delle grandi opere, prefigurinol’intuizione di situare una competenza spe-cialistica, quella appunto di corrosion engi-neering, all’interno di tematiche interdisci-plinari e più generali, quali l’integrità dellestrutture, la sicurezza e la tutela dell’am-biente, così come oggi è sempre più richie-sto. E di questa visione, nella nostra attivitàprofessionale gli siamo debitori.

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L’ossidazione anodica del titanio Così come la maggior parte dei metalli esistenti in natura, il titanio ha una colorazione grigiochiara: fanno eccezione l’oro e il rame, mentre tutti gli altri metalli presentano un colore chevaria dal grigio scuro al bianco. Tuttavia, in alcuni casi le superfici metalliche possono ricoprirsidi ossidi colorati: è ciò che avviene, ad esempio, nel caso del ferro ricoperto dalla ruggine e delrame, che si ricopre di una patina verde o nera a seconda dello stato di ossidazione del rame.Esiste un altro motivo per cui alcuni metalli possono assumere una particolare colorazione,ossia la formazione sulla superficie di uno strato sottile trasparente, in grado di dar luogo alfenomeno d’interferenza della luce. È questo il caso del titanio.La superficie del titanio normalmente è ricoperta da un film protettivo di ossido di titanio dipochi nanometri di spessore,ma mediante tecniche elet-trochimiche di anodizzazioneè possibile far accrescere lospessore del film di ossido.Come mostrato in Figura 1, ilprocesso di anodizzazioneconsiste nel collegare elettri-camente il metallo da ossida-re, che funge da anodo, a uncatodo per mezzo di un gene-ratore di corrente continua,che incrementando la tensio-ne di cella permetta il passag-gio di elettroni dall’uno all’al-tro; per chiudere il circuito idue elementi devono essereimmersi in una soluzione elet-trolitica.Quando all’interno della cellaelettrolitica così formata sichiude il circuito, gli elettroni

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La tecnica impiegatada Pietro Pedeferriper colorare il titanio

t i t a n i o c r o m i a

di

MariaPia Pedeferri,BarbaraDel Curto,Maria VittoriaDiamantiPolitecnico di MilanoDipartimento CMIC“G. Natta”Via Mancinelli 720131 Milano

Pietro Pedeferri aveva scoperto che il titanio si colorava insuperficie se sottoposto a una ossidazione anodica, durante unaserie di esperimenti su metalli, detti metalli valvola, per la lorocaratteristica di formare ossidi superficiali con proprietà semi-conduttrici, ai quali appartiene anche il titanio. E aveva subitonotato che i colori dipendevano dalla tensione applicata, per cuisi era chiesto se mai esistesse una correlazione tra tensione ecolore. Ben presto si accorse che aveva visto giusto e che i coloripotevano essere riprodotti: nacque così la sua personalissima eunica tecnica per colorare il titanio.

Fig. 1: Cella di anodizzazione del titanio

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“prodotti” all’anodo sono trasportati e “con-sumati” al catodo: avvengono quindi le reazio-ni anodica e catodica. La prima è rappresenta-ta dall’ossidazione dell’anodo, con passaggio dielettroni da esso al catodo attraverso il colle-gamento elettrico esterno. I cationi metallicicosì formati si combinano con gli anioni pre-senti nella soluzione, siano essi ioni ossigenoo anioni più complessi, derivati dalla reazionecatodica di riduzione, creano uno strato diossido. Al procedere della reazione, la tensione dicella aumenta e, se si raggiunge il potenziale dibreakdown, corrispondente alla perdita dipotere isolante da parte dell’ossido, altri pro-cessi possono instaurarsi come reazione ano-dica al posto dell’ossidazione, quali lo sviluppodi ossigeno o l’ossidazione di soluti presentinel bagno. Molte sono le condizioni sperimentali chepossono influenzare le caratteristiche dell’os-sido di titanio in formazione, quali la compo-sizione, la morfologia superficiale, il tipo diossido che si forma (amorfo, rutilo o anata-sio), il suo spessore e le sue capacità protetti-ve. Al variare di alcuni parametri, vale a direimponendo valori alti o bassi di tensione dicella o densità di corrente e cambiando lasoluzione utilizzata, si possono ottenerecaratteristiche dell’ossido molto differenti(Figura 2).In particolare, per la formazione di un ossidoamorfo, uniforme, caratterizzato da una colo-razione uniforme e omogenea è necessarioutilizzare soluzioni prive di fluoruri, tensionedi cella non superiore ai 100-140 V (a secon-da del tipo di soluzione e della densità di cor-rente imposta) e densità di corrente nontroppo elevate, tipicamente inferiori a 20mA/cm2. Superando i valori indicati di voltag-gio e densità di corrente si verifica la forma-zione di micro-archi elettrici localizzati sullasuperficie: questo tipo di anodizzazione pren-de il nome di Anodic Spark Deposition, e con-duce alla cristallizzazione dell’ossido e allaperdita del colore. Infine, una morfologiamolto particolare di ossido può essere otte-nuta usando bagni contenenti fluoruri; in que-sto caso, mantenendo il voltaggio applicato tra10 e 40 V, si ottiene un ossido amorfo conmorfologia a nanotubi il cui diametro e spes-sore possono essere modulati cambiando iparametri di processo e in particolare la ten-sione di cella, il tempo di trattamento e laconcentrazione di fluoruri. È possibile ottene-re nanotubi con diametri di decine di nano-metri e spessori variabili da qualche centinaiodi nanometri a decine di micron.

Gli ossidi di titanio e il coloreCome accennato sopra, la superficie del tita-nio è normalmente ricoperta da un film pro-tettivo di ossido di titanio di pochi nanome-tri di spessore. Mediante l’anodizzazione èpossibile accrescere lo spessore dell’ossido:

aumentando la tensione di cella utilizzatadurante l’anodizzazione lo spessore cresce,passando dal nanometro alle centinaia dinanometri, e, di conseguenza, cambia il colo-re risultante sulla superficie. All’aumentaredel voltaggio i colori cambiano nella sequen-za: giallo – porpora – blu – azzurro – argen-to – giallo – rosa – violetto – cobalto – verde– verdegiallo – rosa – verde. Lo spessore e,quindi, il colore dipendono pertanto dal vol-taggio applicato (Figura 3). Particolare atten-zione deve essere posta al trattamento che lasuperficie deve subire: infatti, pur essendo

relativamente semplice ottenere i colori d’in-terferenza, risulta più complesso ottenerlicon elevata intensità e luminosità, soprattut-to nel caso degli ossidi di alto spessore, acausa della non omogeneità dell’ossidolungo tutta la superficie.È importante sottolineare che le proprietàdi resistenza a corrosione, biocompatibilitàe atossicità del titanio sono esaltate dallapresenza di un film di ossido accresciuto

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Fig. 2: Differenti caratteristiche dell’ossido di titanio al variare deiparametri

Fig. 3: Colori e spessori dell’ossido di titanio in funzione della tensio-ne di cella

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rispetto a quello che si forma spontanea-mente all’aria.Le proprietà dei film “colorati” che si for-mano durante il processo di anodizzazionedel titanio sono fortemente condizionate

dalla fase iniziale del trattamento. Se il“primo” film si forma con adeguata morfo-logia e nanostruttura, anche il film che siaccresce successivamente conserva taliproprietà. Se il “primo” film si forma inmodo incontrollato, il film che si accrescesu di esso diviene non aderente e fragile. Ilmetodo che consente d ottenere filmnanostrutturati in modo adeguato per poiconsentire l’ottenimento di colori saturi ebrillanti è stato sviluppato e messo apunto da Pietro Pedeferri, Dal suo lavoro ènato il brevetto EP 1 199 385 A2 -19.10.2001 “Method of coloring titaniumand its alloys through anodic oxidation”,che consente la colorazione anodica deltitanio garantendo, rispetto a tutti gli altritrattamenti oggi presenti sul mercato,maggiore gamma di colori, maggiore bril-lantezza e saturazione dei colori stessi,maggiore resistenza all’abrasione. Questo metodo è anche una potentissimatecnica per dipingere. Svincolandosi dallaconfigurazione classica della cella elettroli-tica con anodo e catodo affacciati eimmersi in una soluzione, e inglobando difatto elettrolita e catodo in un pennello,come mostrato in Figura 4. PietroPedeferri ha inventato anche una nuovatecnica pittorica oltre a ottimizzare edampliare la tavolozza dei colori. In questomodo Pedeferri, elettrochimico artista, èstato in grado di produrre segni e disegnisul titanio fissando con colori da lui sceltile successive posizioni del pennello mossoa suo piacimento sulla superficie metallica.O ancora guidando un liquido sulla super-ficie per farne apparire il movimento chela fantasia gli ha già fatto intravedere.

Fig. 4: Tecnica usatada Pedeferriper dipingeresu titanio

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Pronto per l’esame di certificazione?

Ecco le soluzioni delle cinque domande di base presentate nel numero 41 di APCE Notizie.

D1. CORROSIONE. La corrosione a umido è un processo di tipo elettrochimico (risp. B), costituita da due processiparziali: il processo anodico di dissoluzione del metallo (con produzione di elettroni) e il processo catodico, che negliambienti naturali è la riduzione dell’ossigeno disciolto nell’elettrolita (con consumo degli elettroni prodotti)

D2. ELETTROTECNICA. In un circuito elettrico in c.c. alimentato alla tensione di 50 V è presente un ramocostituito da due resistenze in parallelo del valore di 5 e 10 Ω. La resistenza equivalente del ramo in que-stione è di 3.33 Ω (risp. C). Nel caso di resistenze in parallelo infatti la resistenza equivalente si calcola comereciproco della somma dei reciproci delle due resistenze (1/Req = 1/R1 + 1/R2).

D3. NORMAZIONE. Che cosa sono le norme UNI o CEI? Sono norme degli organismi di normazione nazio-nali (risp. C)

D4. CERTIFICAZIONE. In base al regolamento sulla certificazione del personale, il periodo di validità dellacertificazione è di 5 anni dalla data indicata sul certificato (risp. C), come riportato nel Regolamento CIC-PND sulla Certificazione del personale addetto alla protezione catodica

D5. SICUREZZA. È obbligatorio installare una adeguata segnaletica di sicurezza nei luoghi ove esistanoimpianti elettrici? Si, sempre (risp. A)

Per qualsiasi chiarimento contattateci al sito [email protected].

Sperando che abbiate risposto correttamente alle cinque domande, proponiamo ora cinque nuovi quiz,sempre per la certificazione di 1 livello in tecnico di protezione catodica per strutture metalliche inter-rate. Questa volta vi sottoporremo domande all’interno delle tematiche specifiche.

D1. PROVVEDIMENTI DI PROTEZIONE. Qual è il sistema di protezione che assicura neltempo un’affidabile durata delle strutture metalliche interrate e immerse: a. solo rivestimento a base di pitture c. rivestimento organico più rivestimento metallicob. rivestimento organico più protezione catodica d. rivestimento metallico più inibitori

D2. RIVESTIMENTI (Protezione passiva). Qual è il minimo valore della tensione di prova perla verifica della continuità del rivestimento in polietilene di una struttura metallica:a. 1.5 kV c. 10000 Vb. 25 kV d. 12.5 kV

D3. INDAGINI PRELIMINARI. Ponendo l’elettrodo di riferimento al Cu-CuSO4 saturo sullasuperficie del terreno e sulla verticale di una rete di distribuzione protetta catodicamente einterferita da corrente dispersa variabile, il valore della misura di potenziale ON è compren-sivo della caduta di tensione IR causata da:a. corrente di protezione e correnti disperse c. solo correnti disperseb. solo corrente di protezione d. in protezione catodica la IR è sempre nulla

D4.ATTUAZIONE. La protezione catodica di strutture interrate estese in lunghezza o di reti didistribuzione interferite da campi elettrici variabili nel tempo in intensità e senso si attuaimpiegando (A/A = alimentatori automatici):a. A/A a corrente costante c. A/A a potenziale costante con corrente di baseb. alimentatori semplici d. anodi di magnesio

D5.VERIFICHE E CONTROLLI. Per eseguire le misure di potenziale su una struttura interratain PC, dove deve essere collocato l’elettrodo di riferimento al Cu-CuSO4 saturo portatilerispetto alla struttura:a. in posizione remota (fuori del campo delle correnti) c. sulla verticaleb. lateralmente a più di 0,5 m dalla verticale d. vicino al posto di misura

• Le risposte nel prossimo numero.

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Associazione per la protezione dalle corrosioni elettrolitiche

Livello Livello 2Corso di addestramento

Livello 1 e Livello 2 (*)Corso di aggiornamento

Aprile Settembre Maggio Ottobre

18-22Italgas Mestre

(VE)

19-23Enel Rete Gas

Perugia

18-19Politecnicodi Milano

04-05Italgas

Mestre (VE)

ProtezioneCatodica di Strutture

Metalliche

Corsi di

CORSI DI ADDESTRAMENTO PER LA CERTIFICAZIONE La certificazione delle figure professionali è uno strumentoimportante alla base dei processi di costruzione e assicurazio-ne della qualità, in genere complementare alla certificazionedei sistemi e dei prodotti, ed è essenziale per i processi in cuila componente umana svolge un ruolo delicato ai fini dellaqualità dei risultati dei processi medesimi.L'APCE, per assicurare la certificazione delle persone cheintendono operare con competenza riconosciuta e attestata nelcampo della protezione catodica di strutture metalliche, hacostituito il Centro Formazione APCE (CFA) diretto dal prof.Luciano Lazzari del Dipartimento di Chimica, Materiali eIngegneria Chimica “Giulio Natta” del Politecnico di Milano edha reso operante la collaborazione con il CICPND (CentroItaliano di certificazione per le prove non distruttive e per i pro-cessi industriali), organismo di certificazione del personaleaccreditato ACCREDIA anche nel campo della protezione cato-dica di strutture metalliche (Certificato di Accreditamento SIN-CERT n. 012C, rev. 1 del 23.03.2001).

DESTINATARI DEI CORSII corsi di addestramento sono rivolti alle persone che intendo-no conseguire la certificazione e possono dimostrare di esse-re in possesso di un’esperienza lavorativa nel settore per ilquale si candidano di almeno un anno per il livello 1 e di due,tre e quattro anni (in base al tipo di istruzione) per il livello 2.

CORSI DI ADDESTRAMENTO ED AGGIORNAMENTO NEL SETTORE DELLE STRUTTURE METALLICHE INTERRATE

(*)Corso d’aggiornamento per le persone in possesso dellacertificazione di livello 1 e 2

CALENDARIO CORSO BASE PROTEZIONE CATODICA

CORSO TECNICHE DI MISURAZIONI Il corso delle tecniche di misurazioni è rivolto agli operatori,tecnici e quadri che operano nell’ambito della protezione cato-dica e interessati a richiamare o approfondire la norma UNI EN13509 “Tecniche di misurazioni per la protezione catodica”. Il corso base è da considerarsi propedeutico o integrativo aicorsi di addestramento e/o d’aggiornamento inerente la certi-ficazione del personale.

CALENDARIO CORSO TECNICHE DI MISURAZIONI

INFORMAZIONIA.P.C.E. - Ufficio Corrosioni Elettrolitiche di Milano

c/o A2A Reti Gas SpAVia Balduccio da Pisa, 15 - 20139 Milano

tel. 02 77206644 - fax 02 77206645e-mail: [email protected]

A.P.C.E. – Segreteriac/o Snam Rete Gas

Via M.E. Lepido, 203/15 - 40135 Bolognatel. 051 4140816 - fax 051 4140838

e-mail: [email protected]

Livello 1 Corso di addestramento

Marzo Giugno

21-25Italgas Mestre (VE)

06-10Enel Rete Gas

Perugia

Destinatari Marzo Ottobre

Tecnici ed operatoriinteressati ad appren-dere o incrementare lenozioni di protezione

catodica

08-09Politecnico

Milano

25-26Politecnico

Milano

Destinatari Maggio Ottobre

Tecnici ed operatoriinteressati ad appren-dere o incrementare letecniche di misurazioni

10-11Politecnico

Milano

27-28Politecnico

Milano

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