“P savoiardo III-2... · 2007. 3. 31. · manipolo di star internazionali, tra cui Bruce...

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R omano, 78 anni, Ennio Morricone ha ricevuto l’ Oscar alla carriera il 25 feb- braio scorso nel Kodak Theatre di Los Angeles. E’ l’unico vero vincitore della notte più famosa dell’anno, quella attesa da tutta Hollywood. Dedicata non ai comuni mortali, ma alle stelle del cinema, quest’anno la notte degli Oscar ha premiato il compositore italiano Ennio Morricone con un Oscar alla carriera per le sue indimenticabili colonne sonore. La consegna della mitica statuetta da parte di Clint Eastwood è stata accompagnata da una standing ovation. Morricone, dopo aver ringraziato in inglese, visibilmente commosso, ha dedicato il premio a sua moglie. Nato nel 1929, già a tredici anni lavorava in un’orchestrina come “trombista” (così come si definisce lui stesso) e, da adulto, dopo alcuni anni trascorsi a fare il canzonettista per la RAI, si dedica completamente a comporre. La notorietà gli arriva grazie alle colonne sonore da lui composte per gli “spaghetti” western di Sergio Leone con Clint Eastwood: “Per un pugno di dollari”, “Per qualche dollaro in più” …, che lo consacrano e lo portano a lavorare in film prestigiosi come “C’era una volta in America”, “Gli Intoccabili”, “Nuovo cinema Paradiso”, “La leggenda del pianista sull’ oceano”, per citarne solo alcuni. In occasione dell’Oscar, esce un cd intitolato «WE ALL LOVE ENNIO MORRICONE», in cui un manipolo di star internazionali, tra cui Bruce Springsteen, Céline Dion, Andrea Bocelli, i Metallica, omaggiano, con un album-tributo, il gigante della musica applicata al cinema. Uno dei pezzi più attesi è quello composto sul tema di “C’era una volta in America”, intitolato “I knew I loved you”, cantato da Céline Dion in onore di Morricone proprio nel corso della cerimonia degli Oscar. Ennio Morricone ha ricevuto in passato ben cinque nomination (“I giorni del cielo”, “Mission”, “Gli Intoccabili”, “Bugsy” e “Malena”) andate a vuoto. E ora l’Academy ha premiato il grande compositore italiano con l’Oscar alla carriera, riconoscendo, sia pure tardivamente, la sua genialità e il suo talento. Mattia Tedeschi 2°F 11 I DETENUTI CHIETINI STAR TEATRALI PER UN GIORNO “P erdere la libertà solo per soldi non ha senso”. Questo è il messaggio che otto detenuti del carcere chietino di Madonna del Freddo hanno voluto mandare ai numerosi spettatori che, lo scorso Mercoledì 24 Gennaio, si sono recati presso il Teatro Supercinema di Chieti per assistere al loro primo spettacolo teatrale. Iniziato verso le 11 circa, lo spettacolo ha descritto come ogni giorno i carcerati vivono a partire dal risveglio fino alla sera. Un po’ emozionati all’inizio, gli otto protagonisti, per lo più partenopei, hanno saputo però poi sciogliersi interpretando alla perfezione il ruolo di se stessi, con uno stile alla Eduardo de Filippo. Lo spettacolo, per il quale i detenuti hanno lavorato per un anno, seguendo un apposito corso di teatro a cura del regista dell’evento, Gabriele Tinari, è stato provato solo in carcere e gli attori le prove le hanno fatte solo lì e non hanno potuto mai neanche collaudare l’acustica per le canzoni con le quali hanno terminato. Terminata la rappresentazione, sono stati invitati tutti a pranzare al Grand’Albergo Abruzzo assieme ad esponenti della Caritas, della Chiesa e soprattutto ai loro familiari, ai quali almeno fino alle 18 sono potuti stare vicino. Un detenuto in particolare è parso molto emozionato nel rivedere sua figlia di sei anni, alla quale non è potuto mai stare accanto. Sia il pranzo sia le altre spese per la giornata sono state tutte generosamente sostenute dal Ministero di Grazia e Giustizia; insomma hanno potuto trascorrere una giornata davvero unica ragazzi che, a circa venticinque anni, se non meno, si sono trovati a recitare, in maniera impeccabile, davanti al pubblico accorso numeroso grazie alla pubblicità da parte della stampa locale ed all’ingresso gratuito. Gli spettatori hanno con numerosi e lunghi applausi dimostrato di aver gradito molto il messaggio e di non voler cadere nello stesso errore. Gli attori hanno potuto poi parlare anche agli spettatori del tgR Abruzzo e delle televisioni private. Lo spettacolo, senza dubbio istruttivo per tutti, è stato presentato dalla direttrice del carcere di Chieti e terminato con alcune domande del pubblico rivolte ai personaggi presenti al Supercinema, esclusi i detenuti. Un giorno che quindi rimarrà impresso nella memoria dei detenuti, star del mondo teatrale, e soprattutto nelle menti del pubblico, che ha saputo ricevere il messaggio positivo mandato indirettamente, facendosi travolgere dalla magia del momento. Daniele Marchesani 4° Inf A I l protagonista delle vicende narrate ne “La notte” è lo stesso autore, Elie Wiesel. Tutto inizia a Sighet, una città rumena , dove il giovane Eliezer vive in una comunità ebraica. È il 1941 ed Elie ha 12 anni. In quel periodo studiava il Talmud ed era profondamente religioso. Conosce poi un uomo di nome Moshè, detto lo “Shammash”, il quale viene deportato perché straniero. Questi vede di persona gli orrori commessi dalla Gestapo. Tornato in patria, avvisa i suoi concittadini, in maggioranza ebrei, di fuggire dall’incombente minaccia, ma nessuno gli crede: pensano che sia matto. Il tempo passa fino al 1944: quando Hitler sembra ormai sconfitto, a Sighet fanno la loro comparsa i primi soldati tedeschi; tutti gli ebrei sono prima rinchiusi in due ghetti, poi deportati. Cosi inizia la vicenda di Elie che passerà i successivi mesi della sua vita, fino all’inverno del 1945, in un orrore indicibile in cui, isolato dal mondo, se ne crea uno nuovo, nel quale il ritmo non è scandito da giorni, mesi, anni ma dalla fatidica “ultima notte”. L’ “ultima notte” è quella che Elie passa a Sighet, ma è anche l’ultima notte passata tra gli orrori di Auschwitz e di Buchenwald e ancora l’ultima notte con suo padre. Ma quante “ultime notti” può sopportare il ragazzo religioso e devoto che si vede buttato in un incubo, che”scopre tutto a un tratto il male assoluto”? Cito le parole della bellissima prefazione di Mauriac. Lo stesso Elie dice: ”Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata. Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto. Mai dimenticherò quelle fiamme che consumarono per sempre la mia fede. Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere. Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto. Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai.” È proprio nel finale della storia, quando i deportati sono fatti evacuare dal campo, che Elie si rende conto che non era solo la libertà ad essere stata sottratta a quegli uomini, ma la loro umanità. Egli nota come intorno a sé non vi sia più nessun legame, ma solo un’ assidua corsa alla sopravvivenza, ignorando un padre ferito o un figlio indifeso.Questo era accaduto, l’orrore non era solo costituito da tutto ciò che i torturatori avevano loro inflitto, ma anche dalla lenta, inesorabile, inevitabile reificazione dell’individuo che in lui si manifesterà alla morte del padre, quando non pianse, ma che si manifesterà anche in tutti gli altri superstiti che, una volta liberi, non disperavano nè meditavano vendetta, mangiavano. Il romanzo, autobiografico, ha la struttura di un lungo, dettagliato e disperato flash-back ed è una delle testimonianze più inconfutabili della Shoah. Notizie sull’autore: Elie Wiesel nasce a Sighet , in Romania, nel 1928. Viene deportato con la famiglia nei campi di concentramento di Auschwitz e Buchenwald, dove perde la madre, le sorelle e il padre. Nel 1986 è insignito del premio Nobel per la pace;attualmente insegna all’università di Boston. Recentemente è tornato alla cronaca, perché ha subito un’ aggressione, senza conseguenze gravi, da parte di un negazionista americano, il quale forse voleva rapirlo per poi obbligarlo a negare l’esistenza della Shoah. Giacomo Puca 2°F 10 La recensione Elie Wiesel: “La notte“ Con prefazione di François Mauriac Nella notte delle stelle brilla una stella italiana Oscar alla carriera per Ennio Morricone I detenuti teatini

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Romano, 78 anni, Ennio Morricone ha ricevuto l’ Oscar alla carriera il 25 feb-braio scorso nel Kodak Theatre di Los Angeles. E’ l’unico vero vincitore della

notte più famosa dell’anno, quella attesa da tutta Hollywood. Dedicata non ai comuni mortali, ma alle stelle del cinema, quest’anno la notte degli Oscar ha premiato il compositore italiano Ennio Morricone con un Oscar alla carriera per le sue indimenticabili colonne sonore. La consegna della mitica statuetta da parte di Clint Eastwood è stata accompagnata da una standing ovation.Morricone, dopo aver ringraziato in inglese, visibilmente commosso, ha dedicato il premio a sua moglie.Nato nel 1929, già a tredici anni lavorava in un’orchestrina come “trombista” (così come si definisce lui stesso) e, da adulto, dopo alcuni anni trascorsi a fare il canzonettista per la RAI, si dedica completamente a comporre.La notorietà gli arriva grazie alle colonne sonore da lui composte per gli “spaghetti” western di Sergio Leone con Clint Eastwood:

“Per un pugno di dollari”, “Per qualche dollaro in più” …, che lo consacrano e lo portano a lavorare in film prestigiosi come “C’era una volta in America”, “Gli Intoccabili”, “Nuovo cinema Paradiso”, “La leggenda del pianista sull’ oceano”, per citarne solo alcuni.In occasione dell’Oscar, esce un cd intitolato

«WE ALL LOVE ENNIO MORRICONE», in cui un manipolo di star internazionali, tra cui Bruce Springsteen, Céline Dion, Andrea Bocelli, i Metallica, omaggiano, con un album-tributo, il gigante della musica applicata al cinema.Uno dei pezzi più attesi è quello composto sul

tema di “C’era una volta in America”, intitolato “I knew I loved you”, cantato da Céline Dion in onore di Morricone proprio nel corso della cerimonia degli Oscar.Ennio Morricone ha ricevuto in passato ben cinque nomination (“I giorni del cielo”, “Mission”, “Gli Intoccabili”, “Bugsy” e “Malena”) andate a vuoto.E ora l’Academy ha premiato il grande compositore italiano con l’Oscar alla carriera, riconoscendo, sia pure tardivamente, la sua genialità e il suo talento.

Mattia Tedeschi 2°F

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I DETENUTI CHIETINI STAR

TEATRALI PER UN GIORNO

“Perdere la libertà solo per soldi non ha senso”. Questo è il messaggio che otto detenuti del

carcere chietino di Madonna del Freddo hanno voluto mandare ai numerosi spettatori che, lo scorso Mercoledì

24 Gennaio, si sono recati presso il Teatro Supercinema di Chieti per assistere al loro primo spettacolo teatrale. Iniziato

verso le 11 circa, lo spettacolo ha descritto come ogni giorno i carcerati vivono a partire dal risveglio fino alla sera.Un po’ emozionati all’inizio, gli otto protagonisti, per lo più partenopei, hanno saputo però poi sciogliersi interpretando alla perfezione il ruolo di se stessi, con uno stile alla Eduardo de Filippo. Lo spettacolo, per il quale i detenuti hanno lavorato per un anno, seguendo un apposito corso di teatro a cura del regista dell’evento, Gabriele Tinari, è stato provato solo in carcere e gli attori le prove le hanno fatte solo lì e non hanno potuto mai neanche collaudare l’acustica per le canzoni con le quali hanno terminato. Terminata la rappresentazione, sono stati invitati tutti a pranzare al Grand’Albergo Abruzzo assieme ad esponenti della Caritas, della Chiesa e soprattutto ai loro familiari, ai quali almeno fino alle 18 sono potuti stare vicino. Un detenuto in particolare è parso molto emozionato nel rivedere sua figlia di sei anni, alla quale non è potuto mai stare accanto. Sia il pranzo sia le altre spese per la giornata sono state tutte generosamente sostenute dal Ministero di Grazia e Giustizia; insomma hanno potuto trascorrere una giornata davvero unica ragazzi che, a circa venticinque anni, se non meno, si sono trovati a recitare, in maniera impeccabile, davanti al pubblico accorso numeroso grazie alla pubblicità da parte della stampa locale ed all’ingresso gratuito. Gli spettatori hanno con numerosi e lunghi applausi dimostrato di aver gradito molto il messaggio e di non voler cadere nello stesso errore. Gli attori hanno potuto poi parlare anche agli spettatori del tgR Abruzzo e delle televisioni private. Lo spettacolo, senza dubbio istruttivo per tutti, è stato presentato dalla direttrice del carcere di Chieti e terminato con alcune domande del pubblico rivolte ai personaggi presenti al Supercinema, esclusi i detenuti. Un giorno che quindi rimarrà impresso nella memoria dei detenuti, star del mondo teatrale, e soprattutto nelle menti del pubblico, che ha saputo ricevere

il messaggio positivo mandato indirettamente, facendosi travolgere dalla magia del

momento.Daniele Marchesani 4° Inf A

Il protagonista delle vicende narrate ne “La notte” è lo stesso autore, Elie Wiesel. Tutto inizia a Sighet, una città rumena , dove il giovane Eliezer vive in una comunità ebraica. È il 1941 ed Elie

ha 12 anni. In quel periodo studiava il Talmud ed era profondamente religioso. Conosce poi un uomo di nome Moshè, detto lo “Shammash”, il quale viene deportato perché straniero. Questi vede di persona gli orrori commessi dalla Gestapo. Tornato in patria, avvisa i suoi concittadini, in maggioranza ebrei, di fuggire dall’incombente minaccia, ma nessuno gli crede: pensano che sia matto. Il tempo passa fino al 1944: quando Hitler sembra ormai sconfitto, a Sighet fanno la loro comparsa i primi soldati tedeschi; tutti gli ebrei sono prima rinchiusi in due ghetti, poi deportati.Cosi inizia la vicenda di Elie che passerà i successivi mesi della sua vita, fino all’inverno del 1945, in un orrore indicibile in cui, isolato dal mondo, se ne crea uno nuovo, nel quale il ritmo non è scandito da giorni, mesi, anni ma dalla fatidica “ultima notte”. L’ “ultima

notte” è quella che Elie passa a Sighet, ma è anche l’ultima notte passata tra gli orrori di Auschwitz e di Buchenwald e ancora l’ultima notte con suo padre.Ma quante “ultime notti” può sopportare il ragazzo religioso e devoto che si vede buttato in un incubo, che”scopre tutto a un tratto il male assoluto”? Cito le parole della bellissima prefazione di Mauriac. Lo stesso Elie dice: ”Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata.Mai dimenticherò quel fumo.Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto.Mai dimenticherò quelle fiamme che consumarono per sempre la mia fede.Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto

per l’eternità il desiderio di vivere.Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto.Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai.” È proprio nel finale della storia, quando i deportati sono fatti evacuare dal campo, che Elie si rende conto che non era solo la libertà ad essere stata sottratta a quegli uomini, ma la loro umanità. Egli nota come intorno a sé non vi sia più nessun legame, ma solo un’ assidua corsa alla sopravvivenza, ignorando un padre ferito o un figlio indifeso.Questo era accaduto, l’orrore non era solo costituito da tutto ciò che i torturatori avevano loro inflitto, ma anche dalla lenta, inesorabile, inevitabile reificazione dell’individuo che in lui si manifesterà alla morte del padre, quando non pianse, ma che si manifesterà anche in tutti gli altri superstiti che, una volta liberi, non disperavano nè meditavano vendetta, mangiavano.Il romanzo, autobiografico, ha la struttura di un lungo, dettagliato e disperato flash-back ed è una delle testimonianze più inconfutabili della Shoah.Notizie sull’autore: Elie Wiesel nasce a Sighet , in Romania, nel 1928. Viene deportato con la famiglia nei campi di concentramento di Auschwitz e Buchenwald, dove perde la madre, le sorelle e il padre. Nel 1986 è insignito del premio Nobel per la pace;attualmente insegna all’università di Boston. Recentemente è tornato alla cronaca, perché ha subito un’ aggressione, senza conseguenze gravi, da parte di un negazionista americano, il quale forse voleva rapirlo per poi obbligarlo a negare l’esistenza della Shoah.

Giacomo Puca 2°F

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La recensione

Elie Wiesel: “La notte“Con prefazione di François Mauriac

Nella notte delle stelle brilla una stella italiana

Oscar alla carrieraper Ennio Morricone

I detenuti teatini