“Interagire in terza branca” · INTERAGIRE: IL GIOCO SCOUT “Il gioco è il primo grande...

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TESINA DI BRANCA ROVER: INTERAGIRE IN TERZA BRANCA Pag. 1 Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici Gruppo Genova 1 – Distretto Italia Nord-Ovest – Regione Italia Nord Tesina per Tesina per Tesina per Tesina per il conseguimento il conseguimento il conseguimento il conseguimento del Brevetto di del Brevetto di del Brevetto di del Brevetto di - Capo Clan Capo Clan Capo Clan Capo Clan - “Interagire in terza branca” 2013 di Paolo Paolo Paolo Paolo Semino Semino Semino Semino

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    Associazione Italiana Guide e Scouts d’ Europa Cattolici

    Gruppo Genova 1 – Distretto Italia Nord-Ovest – Regione Italia Nord

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    ---- Capo Clan Capo Clan Capo Clan Capo Clan ----

    “Interagire in terza branca”

    2013

    di PaoloPaoloPaoloPaolo SeminoSeminoSeminoSemino

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    TESINA DI BRANCA ROVERTESINA DI BRANCA ROVERTESINA DI BRANCA ROVERTESINA DI BRANCA ROVER

    INDICEINDICEINDICEINDICE Presentazione personale.............................................................................pag. 3 Introduzione…............................................................................................pag. 5 Interagire: Il gioco scout............................................................................pag. 6 1) A che gioco giochiamo: 1.1.) Regole del giocare al fine di imparare ad interagire con gli altri ……………….pag. 9 2.) Come mai si gioca: 2.1.) Il gioco come palestra di vita ....................pag. 11 2.2.) La vita va presa come un gioco ................pag. 13 2.3.) Il gioco come percorso di strutturazione delle capacità di interazione …………………..pag. 15 3.) Cosa è un gioco: 3.1.) Simbolismo e gioco.........................................pag. 17 3.2.) Linguaggio del gioco.......................................pag. 20 3.3.) Esempio di gioco da fare in clan....................pag. 23 Conclusione................................................................................................pag. 26 Bibliografia................................................................................................pag. 28

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    PRESENTAZIONE PERSONALEPRESENTAZIONE PERSONALEPRESENTAZIONE PERSONALEPRESENTAZIONE PERSONALE Iscritto in associazione dal 1992.

    1 1991/92-ottobre 1996 RIPARTO “San Giorgio”. 2 1996-dicembre 2001 CLAN “La Lanterna”.

    Mi chiamo PAOLO SEMINO, sono nato a Genova il 30 maggio 1980, dove abito in via Ogerio Pane 5/12A. Dopo avere conseguito la Maturità Classica, mi sono laureato in Scienze dell’Educazione, indirizzo Esperti nei Processi di Formazione, presso l’Università degli Studi di Genova nel luglio 2008. Pratico il judo dal 1989; sono cintura nera 1° dan Fijlkam e ADO Uisp; insegnante tecnico inquadrato nella categoria aspirante allenatore Fijlkam; insegnante tecnico inquadrato nella categoria allenatore/istruttore ADO Uisp; componente del gruppo per la formazione e promozione regionale per il settore kata Fijlkam; ufficiale di gara inquadrato nella categoria arbitro regionale ADO Uisp. Dal 28 settembre 2000 al 19 ottobre 2001 ho prestato il servizio militare nella Marina come VFA (Volontario in Ferma Annuale) presso la Polveriera Vallegrande di La Spezia, con il grado di COMUNE 1^ Classe, FCM/SDI. Il mio rapporto con il mondo scout è cominciato grazie ad un mio compagno di scuola delle medie che mi ha invitato a partecipare ad un'uscita di riparto. Sono rimasto entusiasta delle attività che avevamo svolto e così ho iniziato la mia avventura scout. Dal 1991/92 faccio parte del GRUPPO GENOVA 1, dove sono stato ESPLORATORE per cinque anni nel RIPARTO “San Giorgio”. Nel 1996/97 sono passato nel NOVIZIATO del CLAN “La Lanterna”, dove ho firmato la CARTA DI CLAN nel settembre 1998. Il CLAN è stato parte fondamentale per la mia crescita umana, perché ha aiutato la formazione del mio carattere e della mia personalità, e mi ha fatto approfondire il rapporto con gli altri. Nel CLAN sono restato per cinque anni fino al dicembre 2001, anno in cui ho preso la PARTENZA. Negli anni di permanenza in Clan ho svolto servizio extra-associativo presso l’Albergo dei Poveri dove ho potuto aiutare gli anziani ricoverati. Compito principale era quello di presentarsi la domenica mattina nelle stanze dell'ospizio e condurre gli anziani alla messa domenicale con il sorriso e la voglia di dare gioia a persone sofferenti. La mia vita di ESPLORATORE ha avuto come luogo di attività la sede dell’Istituto Sacro Cuore (Via Lorenzo Stallo) e quella di CLAN nelle bellissime e nuovissime sedi della Parrocchia di Santa Zita (Corso Buenos Aires) dove ha sede anche la DIREZIONE DI GRUPPO. Altro servizio di cui porto sempre un ricordo stupendo è il pranzo di Natale con gli anziani della parrocchia, nel quale il mio Clan svolge ancora oggi servizio mensa e intrattenimento con giochi e canti.

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    Durante i campi estivi ho fatto il cambusiere. Dal settembre 1998 ho iniziato il mio servizio associativo come AIUTO CAPO RIPARTO nel Riparto “San Giorgio” (Genova 1); nel settembre 2001 sono passato al Riparto “Impeesa” (Genova 3); dal settembre 2002 al settembre 2005 sono tornato al Riparto “San Giorgio”; dal settembre 2005 al settembre 2008 ho prestato servizio come AIUTO CAPO CLAN nel Clan “La Lanterna”. Da quella data fino al settembre 2009 ho ripreso servizio come AIUTO CAPO RIPARTO nel Riparto “San Giorgio”; dal settembre 2007 fino al settembre 2011 ho svolto il servizio nel Gruppo Genova 1 come VICE CAPO GRUPPO. Da settembre 2011 fino ad oggi svolgo il servizio nel Gruppo Genova 1 come SEGRETARIO DI GRUPPO.

    Da gennaio 2013 fino ad ottobre 2013 ho svolto il servizio nel Genova 1 come VICE CAPO GRUPPO.

    Da ottobre 2013 fino ad oggi svolgo il servizio nel Gruppo Genova 3 come SEGRETARIO DI GRUPPO. Dal 2003/04 fino al 2005 ho svolto l'incarico di SEGRETARIO DI DISTRETTO del Distretto Cisalpino. Dal 2005/06 fino al 2010 ho svolto l'incarico di SEGRETARIO REGIONALE della Regione Italia Nord-Ovest. Dal 2010/11 fino ad oggi svolgo l'incarico di SEGRETARIO DI DISTRETTO del Distretto Italia Nord-Ovest. Nel 2006 ho partecipato al Campo Scuola di Primo Tempo di Branca Rover tenutosi sulle Alpi Apuane (Capo Campo Pasquale Cananzi) e nel 2010 al Campo Scuola di Secondo Tempo di Branca Rover tenutosi sui Monti Sibillini (Capo Campo Giuseppe Montesanto).

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    INTROINTROINTROINTRODUZIONEDUZIONEDUZIONEDUZIONE

    Ho scelto l'argomento del gioco perchè mi ha sempre entusiasmato e sorpreso, fin da quando ero esploratore, il cercare di capire quale funzione pedagogica possa avere. Il gioco ha un valore importante per i ragazzi di tutte le fascie di età, tanto che Baden- Powell, l'ha indicata come uno dei quattro punti fondamentali di formazione per il ragazzo.

    Attraverso il gioco, il ragazzo può:

    � sviluppare la personale responsabilità per la propria salute; � sperimentare e scoprire aspetti sconosciuti del proprio carattere; � imparare a comunicare con gli altri; � prendere coscienza della cordinazione fisica e migliorare lo sviluppo

    fisico; � conoscere meglio sé stesso e i propri limiti; � collaborare con gli altri; � imparare che non sempre si può vincere in un'attività e che si devono

    rispettare le regole; � imparare a dare libero sfogo alla fantasia, pur seguendo delle regole.

    Per questi motivi ritengo che il gioco si debba inserire all'interno

    dell'attività di clan, anche se molte volte viene considerato una perdita di tempo. È invece necessario farlo praticare ai ragazzi, trovando giochi adatti per la fascia d'età compresa tra i 16 e i 21 anni. Il gioco può essere utilizzato anche come momento di svago dalle attività programmate.

    Ho scelto questa immagine perché per poter fare qualsiasi cosa ci vuole sempre la collaborazione di un compagno.

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    INTERAGIRE: IL GIOCO SCOUTINTERAGIRE: IL GIOCO SCOUTINTERAGIRE: IL GIOCO SCOUTINTERAGIRE: IL GIOCO SCOUT

    “Il gioco è il primo grande educatore. Uno degli scopi dello scoutismo è quello di offrire al ragazzo giochi di squadra e attività che possano potenziarne la salute e la vigoria fisica ed aiutare a formarne il carattere”.1

    Nello scautismo ripetiamo spesso che facciamo tutto attraverso il gioco, ma non facciamo mai nulla per gioco: con questo vogliamo intendere che tutto nelle attività scout deve avere un fine educativo e che tutto deve passare attraverso dei mezzi attivi come ad esempio il gioco. Il gioco ha la sua potenzialità educativa che consiste nel poter contribuire a sviluppare la personalità e il carattere del ragazzo. Il ragazzo per crescere ha bisogno di espirmere i dinamismi che sono in lui, di scoprire il mondo che lo circonda e di esplorarne le possibilità e i limiti. È necessario che, affinchè vengano espresse le potenzialità individuali, il gioco risponda ad alcune caratteristiche, che sono: 1) lo scopo fisico e morale: “Quando i giochi sono usati con precisi scopi equivalgono, ai fini dell'educazione dei bambini, ad ore passate sui banchi della scuola”.2 I giochi vanno considerati in funzione dei benefici morali e fiscici che possono portare ai ragazzi. 2) Il gioco scout è spesso costruito in modo da non premiare solo il risultato materiale, ma anche lo stile e la qualità del gioco. 3) “È importante organizzare giochi e gare in modo che tutti i ragazzi, in quanto possibile, vi prendano parte”.3 4) Il gioco non deve emarginare i meno dotati, anzi deve cercare di dare loro l'occasione di esercitarsi di più. Baden-Powell ripete spesso: “Nelle gare in cui, per il numero dei partecipanti, è necessario fare diverse batterie, le finali dovrebbero svolgersi tra i perdenti e non, come di solito avviene, tra i vincitori; lo scopo di chi gioca dovrebbe perciò essere di evitare di essere meno bravo […]; questa forma di gara dà la possibilità ai meno bravi di esercitarsi più degli altri”.4 5) Baden-Powell considera i giochi individuali ed emulativi non interamente educativi, per quanto eccitanti e interessanti siano per i ragazzi.”5 Egli mette l'accento su quelli in cui “Il ragazzo non gioca per il proprio onore e gloria, ma per aiutare la sua squadra”.6 In sostanza ci vuole la competitività tra le squadre ma non tra le persone. “I giochi devono essere organizzati soprattutto sotto forma di incontri di squadra, in modo che ogni squadra sia formata da una pattuglia”.7

    I giochi di squadra soprattutto di tipo sportivo sviluppano qualità come il coraggio, lealtà, disciplina, padronanza di sé, astuzia, forza d'animo, leadership,

    1 Baden-Powell, Il libro dei Capi, Editrice Ancona, p. 95 2 Baden-Powell, Manuale dei Lupetti, Nuova Fiordaliso, 1999, Parte terza Le attività del Metodo 3 Baden-Powell, Suggerimenti per l'educatore scout, Ancora, 1989, p. 86 4 Baden-Powell, Suggerimenti per l'educatore scout, Ancora, 1989, p. 87-88 5 Baden-Powell, Taccuino - Scritti sullo scautismo, Nuova Fiordaliso 1997, p. 183 6 Baden-Powell, Taccuino - Scritti sullo scautismo, Nuova Fiordaliso 1997, p. 184 7 Baden-Powell, Suggerimenti per l'educatore scout, Ancora, 1989, p. 86-87

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    altruismo e spirito di collaborazione; sono essi che consentono al ragazzo di essere giocatore anziché spettatore, tanto che Baden-Powell dice: “Nel gioco vogliamo che il 90% divengano giocatori anziché avere, come generalmente avviene, il 90% di spettatori. Vogliamo anche la mentalità dei gareggianti si elevi al di sopra del professionismo, della caccia alle medaglie, del far quattrini e delle scommesse, e che essi giochino per l'onore e per lo spirito sportivo”.8

    I giochi di squadra consentono di associare al gioco i ragazzi di diverse classi sociali, anche quelle più modeste, i quali hanno pochissime occasioni di gioco.

    Dice Baden-Powell: “Siamo proprio come dei mattoni di un muro: ognuno di noi ha il suo posto, anche se può sembrare un piccolo posto in confronto alla grandezza del muro. Ma se un mattone si rompe o scivola fuori posto, gli altri cominiciano a dover sopportare uno sforzo anormale, appaiono fessure e il muro si sgretola”.9

    Lo scoutismo non disdegna giochi fisicamente duri, Baden-Powell dice: ”Non approvo la moderna tendenza di porre la 'sicurezza innanzitutto', al di sopra di qualunque cosa. Una certa misura di rischio è necessaria alla vita, ed una certa misura di allenamento nell'affrontare i rischi è pure necessaria per prolungare questa vita. Uno scout dev'essere preparato ad affrontare difficoltà e pericoli nella vita. È per questo che noi non vogliamo presentargli attività troppo molli”. 10

    I ragazzi, prima di potersi dare con tutta tranquillità a sforzi violenti, devono avere un fisico sviluppato con una nutrizione adeguata e con la cura della propria igiene personale per quanto riguarda la pulizia, il riposo, l'uso di vestiti adatti.

    Come per tutto lo scoutismo, anche e soprattutto per i giochi, non si possono dare modelli ben precisi, ma solo alcuni suggerimenti generali, che il Capo dovrà, con creatività e fantasia, adattare alle circostanze locali, cioè ai ragazzi e al terreno su cui opera.11

    Lo scoutismo non è una scienza da studiare solennemente, né una collezione di dottrine e di testi; neppure un codice militare per inculcare disciplina ai ragazzi, ma è un gioco allegro all'aperto dove uomini-ragazzi e ragazzi possono vivere insieme l'avventura come fratelli maggiori con fratelli minori, crescendo in salute e in felicità, in abilità manuale e in disponibilità ad aiutare il prossimo12.

    Il gioco scout deve essere anche “entusiasmante” e divertente;13 se per qualsiasi motivo un gioco diventa noioso o ripetivo non è più scout. Lo

    8 Headquarters' Gazette, 1920 9 Yarns for Boy Scouts, 1909, p. 51 10 Baden-Powell, Suggerimenti per l'educatore scout, Ancora, 1989, p. 104 11 Baden-Powell, Manuale dei Lupetti, Nuova Fiordaliso, 1999, Parte terza - Le attività del Metodo, p. 18, 54-

    55 12 Baden-Powell, Il libro dei capi, Nuova Fiordaliso, 1999 vedere illustrazione p. 41 13 Baden-Powell, Suggerimenti per l'educatore scout, Ancora, 1989, p. 83, 86 Baden-Powell, Taccuino - Scritti sullo scautismo, Nuova Fiordaliso 1997, p. 289

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    scoutismo non è veramente tale se non dà in primo luogo ciò che i ragazzi gli chiedono: l'allegria, la gioia di vivere, l'apprezzamento dei lati belli della vita.

    Il Capo può insegnare al ragazzo ad essere personalmente responsabile della propria salute e come acquistarla e conservarla. La salute fisica porta con sé la salute nervosa e quella della mente. Ecco dove la nostra formazione del carattere si innesta sulla formazione fisica.

    Risulta da alcuni studi che molte persone sono individui fisicamente inabili, i quali, se avessero ricevuto un po' di cura e d'interesse, sarebbero divenuti sani ed perfettamente inseriti. I rapporti sono di estrema importanza perchè indicano contemporaneamente la carenza ed il rimedio; se prendiamo i ragazzi in tempo potranno essere salvati a decine ogni anno e divenire cittadini forti e capaci. Si deve tenere presente che la salute fisica non è necessariamente il risultato di un addestramento a carattere militare. L'allenamento fisico si adatta bene al sistema muscolare già formato dell'adulto, anche se non è acquisito con un metodo naturale. Sono i sani giochi all'aperto, oltre ad una sana alimentazione e ad un giusto riposo, che danno al ragazzo salute e forza fisica in modo naturale.

    I giochi scout di movimento sono la migliore forma di educazione fisica, in quanto hanno anche un valore educativo, morale e non costano troppo dato che non richiedono materiali di dispendiosa manutenzione.

    Lo scopo di chi gioca dovrebbe essere di evitare di essere il meno bravo e cercare di essere il migliore. I ragazzi in gamba si batteranno con lo stesso accanimento che metterebbero nel lottare per arrivare al primo posto; queste forme di gare danno la possibilità ai meno bravi di esercitarsi più degli altri.

    Si deve cercare durante il gioco di mantenere il morale dei ragazzi ad un alto livello. I ragazzi dovrebbero essere un punto d'onore per la squadra; qualunque possa essere la loro delusione non devono mostrare altro che ammirazione cordiale per la squadra avversaria. Ciò richiede doti reali di padronanza di sé e di altruismo, contribuisce a creare dappertutto quella buona atmosfera di cui c'è tanto bisogno per distruggere i pregiudizi.

    Ho scelto questa immagine per indicare che gli scout durante un gioco

    sono tutti fratelli e se dovessero perdere la partita vanno a stringere la mano all'avversario. Ci si deve ricordare il quarto articolo della legge scout che dice: “Lo scout è amico di tutti e fratello di ogni altro scout”.

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    1.) 1.) 1.) 1.) A CHE GIOCO GIOCHIAMO:A CHE GIOCO GIOCHIAMO:A CHE GIOCO GIOCHIAMO:A CHE GIOCO GIOCHIAMO:

    1.1.) 1.1.) 1.1.) 1.1.) REGOLE DEL GIOCARE AL FINE DI IMPARARE AD REGOLE DEL GIOCARE AL FINE DI IMPARARE AD REGOLE DEL GIOCARE AL FINE DI IMPARARE AD REGOLE DEL GIOCARE AL FINE DI IMPARARE AD INTERAGIRE CON GLI ALTRIINTERAGIRE CON GLI ALTRIINTERAGIRE CON GLI ALTRIINTERAGIRE CON GLI ALTRI

    C'è modo e modo di giocare, ma c'è uno stile inconfondibile che è tipico

    dello scoutismo: 1) il gioco fa affidamento nella lealtà del giocatore, sul suo onore, anche per questo tra i giochi che Baden-Powell predilige sono i grandi giochi all'aperto, in quanto l'arbitro non può essere dappertutto e “La lealtà è elemento essenziale”14, tanto che Baden-Powell dice: ”Giocate lealmente voi stessi e insistete sul gioco leale degli altri”15; 2) durante il gioco i giocatori dovranno osservare strettamente le regole16, “Perchè sono regole e perchè così essi sono leali verso l'altra parte”17, e obbedire “Sempre di buona voglia ed immediatamente” agli ordini del capitano della squadra18 ; 3) “Alla fine del gioco è norma di correttezza che il vincitore simpatizzi con il vinto e che questi sia il primo ad applaudire il vincitore e a congratularsi con lui; bisogna insistere su questo comportamento finchè diventi un'abitudine”19; 4) il gioco scout non ammette recriminazioni o malumori: “I ragazzi dovrebbero farsi un punto d'onore di non reclamare mai per errori nell'arbitraggio o per le tattiche usate dai loro avversari quando la loro squadra viene sconfitta; qualunque possa essere la loro delusione, non devono mostrare altro che ammirazione cordiale per il campo avversario”20; 5) se un ragazzo si fa male giocando, deve dar prova di spirito spartano: “Dolori mortali sul campo e allontamenti in lacrime non devono essere tollerati” e “Ogni esagerata espressione di dolore da parte di chi abbia preso un calcio negli stinchi o subito altri incidenti durante il gioco dovrà essere rintuzzata con l'ironia”21; questa regola vale anche per le ragazze che anch'esse devono imparare, tramite i giochi di squadra, “A prendere colpi duri senza batter ciglio”22.

    14 Baden-Powell, Suggerimenti per l'educatore scout, Ancora, 1989, p. 63 15 Baden-Powell, Scautismo per ragazzi, Nuova Fiordaliso 2001, p. 296 16 Baden-Powell, Suggerimenti per l'educatore scout, Ancora, 1989, p. 63 17 Baden-Powell, Taccuino - Scritti sullo scautismo, Nuova Fiordaliso 1997, p. 183 18 Baden-Powell, Manuale dei Lupetti, Nuova Fiordaliso, 1999, Capitolo XIII - Spirito sportivo 19 Baden-Powell, Suggerimenti per l'educatore scout, Ancora, 1989, p. 63 Baden-Powell, Manuale dei Lupetti, Nuova Fiordaliso, 1999, Capitolo XIII - Spirito sportivo 20 Baden-Powell, Suggerimenti per l'educatore scout, Ancora, 1989, p. 91 Baden-Powell, Manuale dei Lupetti, Nuova Fiordaliso, 1999, Capitolo XIII - Note per i Capi branco e

    Capitolo XIII - Spirito sportivo 21 Baden-Powell, Suggerimenti per l'educatore scout, Ancora, 1989, p. 91 Baden-Powell, Manuale dei Lupetti, Nuova Fiordaliso, 1999, Capitolo XIII - Note per i Capi branco e

    Capitolo XIII - Spirito sportivo 22 Girl Guiding, p. 56 Per acquistare forza fisica, Baden-Powell consiglia alle ragazze il salto alla corda, il cannottaggio, la

    scherma, il nuoto, il tennis e la palla a mano (Girl Guiding, p. 119)

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    Se si giocasse senza regole, il gioco degenerebbe in una baraonda priva di risultati positivi. Mettersi d'accordo con gli altri sulle regole significa rinunciare ai propri egoismi e imparare a rispettare le idee e le esigenze degli altri.

    Per il Capo è molto utile osservare ciascun ragazzo singolarmente mentre gioca, per scoprire i lati meno appariscenti del suo carattere che altrimenti non conoscerebbe, anche se molte volte non è facile comprenderli: serve un occhio ben allenato per potersene accorgere.

    È proprio osservando i ragazzi quando giocano che si riesce a scoprire chi sono realmente, senza simulazioni o atteggiamenti, perchè in quel momento i ragazzi sono veramente se stessi.

    Ho scelto questa immagine perchè si vede come i ragazzi durante i giochi sono veramente impegnati in ciò che fanno e sono veramente se stessi.

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    2.) 2.) 2.) 2.) COME MAI SI GIOCA:COME MAI SI GIOCA:COME MAI SI GIOCA:COME MAI SI GIOCA:

    2.1.) 2.1.) 2.1.) 2.1.) IL GIOCO COME PALESTRA DI VITAIL GIOCO COME PALESTRA DI VITAIL GIOCO COME PALESTRA DI VITAIL GIOCO COME PALESTRA DI VITA

    Baden-Powell dice che il gioco è presente sia nell'animale che nell'uomo: è una forma di attività originaria che si manifesta nei primi stadi dell'esistenza ed è quindi collegata con gli istinti più profonfi nel ragazzo, con il suo dinamismo universale. Questa interpretazione sottolinea come il gioco serva al bambino per prendere possesso del proprio corpo, per conoscere i propri limiti, per esplorare gli spazi di libertà di cui dispone, per provare a vuoto certe funzioni fisiche e mentali di cui avrà bisogno da adulto, per giocare a fare quanto non può ancora fare, per simulare situazioni che si presenteranno più tardi senza incorrere nei conseguenti rischi, per sfogare il suo istinto combattivo e il suo bisogno di far rumore. Baden-Powell dice: ”L'istinto naturale del bambino è di sviluppare la propria personalità tramite un esercizio che chiamiamo gioco; egli ha un desiderio innato di realizzarsi: vuol fare cose e superare difficoltà per essere soddisfatto”23. Si coglie in Baden-Powell il fatto che: “Il gioco è la cosa più importante della vita di un bambino”24, mentre la stessa cosa non la si può dire per l'adulto che lo considera solo un passatempo. L'attività ludica rappresenta per il bambino quello che il lavoro è per l'adulto.

    Baden-Powell passa subito dal terreno scientifico a quello applicativo. Sul gioco spontaneo del bambino e dell'adolescente, Baden-Powell inserisce, in base alle varie fasce di età, il gioco dello scautismo e la proposta che ne fa l'educatore scout.

    “Il nostro metodo di formazione consiste nell'educare dal di dentro piuttosto che istruire dal di fuori; nell'offrire giochi ed attività che, mentre sono attraenti per il bambino, lo educheranno seriamente dal punto di vista morale, mentale, fisico”25.

    Il fine dell'educatore è di insegnare a ben vivere. “Negli scouts noi possiamo mostrare ad ogni ragazzo, di città o di campagna, come divenire un buon giocatore”26.

    È ovvio che “Le nozioni astratte, e in particolare quelle morali e spirituali, non debbono e non possono essere sottoposte, sempre e ad ogni costo, in forma di gioco”27.

    Baden-Powell comprende tra i giochi alcune forme di attività di espressione quali i processi fittizi, i dibattiti, le recite, o attività quali gli esercizi

    23 Baden-Powell, Taccuino - Scritti sullo scautismo, Nuova Fiordaliso 1997, p. 72-73 24 Life's Snags, p. 24-25 25 Baden-Powell, Manuale dei Lupetti, Nuova Fiordaliso, 1999, Parte terza - Scopo dell'educazione Lupetto Girl Guiding, p. 179 26 Baden-Powell, Suggerimenti per l'educatore scout, Ancora, 1989, p. 88 27 P. P. Severi, Lo scaustimo cattolico italiano, Modena 1969, p. 221

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    di equilibrio (cui egli teneva molto, vedendo nell'equilibrio fisico il riflesso morale)28, o il seguire una pista, o infine semplici esercizi fisici29.

    Ho scelto questa immagine perché durante il gioco i ragazzi collaborano per conseguire uno scopo, utilizzando la loro prestanza fisica.

    28 Baden-Powell, Suggerimenti per l'educatore scout, Ancora, 1989, p. 104 29 Baden-Powell, Manuale dei Lupetti, Nuova Fiordaliso, 1999, Parte terza - Le attività del Metodo

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    2.2.) 2.2.) 2.2.) 2.2.) LA VITA VA PRESA COME UN GIOCOLA VITA VA PRESA COME UN GIOCOLA VITA VA PRESA COME UN GIOCOLA VITA VA PRESA COME UN GIOCO

    Il gioco diviene per Baden-Powell un modo con cui guardare all'esistenza. Dice Baden-Powell: “Non prendere le cose troppo sul serio” e consiglia al giovane la ricerca della felicità: “ma trai il miglior partito da ciò che hai, e considera la vita come un gioco, ed il mondo come un campo da gioco”.

    Baden-Powell cita una frase di Shackleton: ”La vita è la più grande di tutti i giochi, ma c'è il pericolo di trattarla come un gioco da nulla”30.

    L'essenziale è cercare di vedere l'aspetto gioco anche in ciò che si deve fare: “I migliori lavoratori, come anche coloro che sono più felici nella vita, considerano il loro lavoro come una specie di gioco: più esso è impegnativo, più c'è da divertirsi”.

    Baden-Powell dice ancora: “Il nostro lavoro diviene leggero se lo consideriamo come un gioco, in cui noi siamo i giocatori di una squadra, che giochiamo ciascuno al suo posto, e tutti insieme per il bene della squadra; e quando ne afferriamo lo spirito, scopriamo subito che non è soltanto un gioco, ma un grande gioco”31.

    Baden-Powell ha la sua ricetta per affrontare le difficoltà: “Trovando una difficoltà, sorriderle e affrontarla concretamente”32. Trovando un cattivo carattere, giocare il gioco consiste nello scoprire il 5% (almeno) di buono che c'è in lui, e svilupparlo fino all'80% o al 90%33. Trovando un avversario, è bene non contrapporsi violentemente a lui, cercando di orientarlo gradatamente nella direzione che riteniamo migliore 34.

    Baden-Powell afferma che, per superare le difficoltà della propria vita, è necessario incollarsi alla vita, come il buon cavaliere si incolla al cavallo, seguendolo nei suoi scatti bruschi, procedendo non di forza ma di agilità, con pazienza e buon umore. Ed è questo atteggiamento che lo ha salvato da ogni scoraggiamento, permettendogli di compiere la sua opera di educatore e di mantenere sempre, con saldezza di principi, un'altissima ispirazione ideale.

    Quello di prendere la vita come un gioco non è certo un invito alla vuota spensieratezza o alla leggerezza, ma da un lato un richiamo ai propri limiti (non prendere le cose troppo sul serio cominciando da se stessi), dall'altro un incitamento all'ottimismo, alla gioia, alla capacità di godere la vita come dono di Dio.

    30 Baden-Powell, La Strada verso il Successo, Ancora, 1990, p. 18 31 Life's Snags, p. 58 32 Baden-Powell, Scautismo per Ragazzi, Nuova Fiordaliso, 1999, p. 311 33 Baden-Powell, Suggerimenti per l'educatore scout, Ancora, 1989, p. 22-23 34 Cfr. M. Sica, Introduzione a Baden-Powell, Giochi scout, Nuova Fiordaliso, 1999, p. 20

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    Ho scelto questa immagine perchè nella vita niente è impossibile da realizzare: basta volerlo e basta che la persona coinvolta non si faccia demoralizzare dalla prima difficoltà.

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    2.3.) 2.3.) 2.3.) 2.3.) IL GIOCO COME PERCORSO DI STRUTTURAZIONE IL GIOCO COME PERCORSO DI STRUTTURAZIONE IL GIOCO COME PERCORSO DI STRUTTURAZIONE IL GIOCO COME PERCORSO DI STRUTTURAZIONE DELLE CAPACITÀ DI INTERAZIONEDELLE CAPACITÀ DI INTERAZIONEDELLE CAPACITÀ DI INTERAZIONEDELLE CAPACITÀ DI INTERAZIONE

    Nel gioco i ragazzi sperimentano la loro capacità di saper comunicare in

    modo adeguato secondo le diverse circostanze, di mettersi alla prova nelle attività pratiche e di avere rapporti di collaborazione e socializzazione con le altre persone.

    Oltre ad un momento di svago, che da la possibilità di rompere la monotonia della routine quotidiana, il gioco abitua i ragazzi a fidarsi degli altri, e, soprattutto nei momenti di difficoltà, a dare aiuto senza chiedere nulla in cambio, ad utilizzare l'astuzia per sconfiggere l'avversario in modo corretto, consentendo la vittoria della propria squadra.

    È importante che nei giochi vengano coinvolti tutti i partecipanti e, per ottenere questo risultato, il Capo deve renderlo molto coinvolgente, suscitando entusiasmo già nel modo in cui viene proposto. In realtà, i buoni giocatori sanno approfittare dei momenti di gioco per divertirsi, indipendentemente da quello che viene loro proposto, ma la curiosità e il coinvolgimento individuale sono sempre indispensabili.

    Nel gioco si deve impedire che un gruppo ristretto di giocatori possa escludere gli altri, per non fare sentire in modo marcato le differenze che ci possono essere tra le persone più o meno dotate, in modo che tutti i componenti si coordinino e collaborino insieme per raggiungere l'obiettivo.

    I Capi devono cercare di non proporre sempre gli stessi giochi, altrimenti i ragazzi si annoiano e, per far sì che ciò non avvenga, è bene introdurre sempre piccole varianti che sollecitino la curiosità dei ragazzi a sperimentare nuove emozioni.

    Nel gioco ci devono essere regole, poche ma chiare, che evitino inconvenienti e situazioni spiacevoli. Se per qualche motivo un ragazzo non dovesse rispettarle, è fondamentale che il Capo glielo faccia osservare ed eventualmente lo sospenda per alcuni secondi.

    Il fatto che il gioco si sviluppi in maniera imprevista in genere non è un male, perchè abitua i ragazzi a saper utilizzare le nuove occasioni che si presentano, senza averle necessariamente programmate, adeguandosi rapidamente.

    Alla fine del gioco, si deve evitare di dare premi alla squadra vincitrice, perchè, nel gioco scout, non conta la vittoria in sé, ma come i ragazzi hanno giocato e come hanno collaborato gli uni con gli altri. L'essersi dimostrati migliori degli altri sarà la migliore ricompensa per i vincitori.

    Non si deve mai lasciare che il gioco duri troppo a lungo: il Capo lo prolunga fino a quando il divertimento sale al massimo, attende ancora qualche minuto, così che i giocatori possano gustarlo fino in fondo, poi lo sospende e ne comincia un altro. Nei ricordi dei giocatori si fisserà questo momento di gioia ed essi saranno desiderosi di riprovarlo.

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    Al termine di ogni attività si deve sempre verificare se i ragazzi si sono divertiti oppure no, e se qualche cosa poteva essere realizzata in modo diverso, così da riuscire a migliorare ogni volta l'effetto positivo del giocare insieme. Durante la verifica, non ci si deve limitare a considerare i dettagli, ma bisogna soprattutto valutare l'efficacia di quel particolare tipo di gioco, del suo lancio, dello spirito con cui è stato condotto e dell'apprezzamento dei ragazzi.

    Ho scelto questa immagine per indicare il fatto che i ragazzi durante il

    gioco hanno collaborato tutti insieme per raggiungere l'obiettivo e sono molto contenti nell'esservi riusciti.

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    3.3.3.3.) ) ) ) COSA È UN GIOCO:COSA È UN GIOCO:COSA È UN GIOCO:COSA È UN GIOCO:

    3.1.) 3.1.) 3.1.) 3.1.) SIMBOLISMO E GIOCOSIMBOLISMO E GIOCOSIMBOLISMO E GIOCOSIMBOLISMO E GIOCO

    L'organizzazione simbolica nasce parallelamente al gioco in un periodo della vita in cui non è ancora organizzato l'umorismo, ma è presente il sorriso, quale prima organizzazione delle emozioni piacevoli che, insieme al pianto, disegna la prima regola di relazione.

    Questa organizzazione gioco-simbolo è la base di quelle che saranno alcune delle attività della mente che conferiscono senso; il gioco è peculiare dell'attività umana, ma è possibile osservarlo, quale forma organizzativa, anche in animali non primati. Se è vero che è possibile anche nell'animale una primitiva organizzazione simbolica che presiede a schemi delle attività istintuali, il confronto gioco-simbolo-emozioni è specificatamente umano perchè riunisce azione (gioco) - significazione (simbolo) - affetto (sorriso).

    Secondo la psicologia analitica vengono attribuite al gioco una funzione biologica ed una funzione trascendente. L'aspetto biologico è in funzione dello sviluppo e delle sue tematiche specifiche, che, nello scoutismo, viene offerto dalle premesse che Capo e ragazzo organizzano, tra le quali possiamo ricordare l'ambientazione del gioco che proviene dal mondo interno.

    In riferimento alla funzione trascendente del gioco, la proposta ludica è di tipo rituale e cioè introduce delle regole; queste sono le basi della relazione, della sua localizzazione nel tempo e nello spazio. L'attenzione data dallo scoutismo alle cerimonie non è disgiunta dal gioco per gli aspetti che le cerimonie rappresentano.

    Il successo dello scoutismo, dal punto di vista psicologico, risiede nella proposta che lo distingue da altri movimenti educativi che pure utilizzano il gioco, ma si prefiggono altri fini, come l'apprendimento di concetti e nozioni. Il gioco scout non è solo il precursore del lavoro, né è come il gioco simbolico il precursore della poesia che pure è scansione di significati al servizio della relazione.

    È difficile definire un affetto, anche se tutti ne abbiamo avuto esperienza; la difficoltà di definirlo nasce dalla qualità dell'affetto stesso, che può essere considerato una sorta di energia psichica e come tale presiede a diverse trasformazioni. L'affetto, o anche l'emozione, non possono essere studiati in quanto tali, ma attraverso i prodotti che vengono generati (ad esempio la mimica o la parola).

    Di solito questi prodotti si chiamano rappresentazioni se vivono nella mente di chi li produce, indipendentemente dal fatto che siano comunicate o meno; inoltre le vie di comunicazione sono diverse e la parola non è certo l'unica forma di relazione, anche se di fatto è quella privilegiata.

    Nel caso del gioco è possibile osservare l'espressione degli affetti attraverso un'attenzione mirata agli atteggiamenti assunti dal giocatore e

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    all'equilibrio tra eccitazione e inibizione. Quando il gioco si svolge nell'ambito della relazione, l'organizzazione degli affetti risulta complessa, anche in giochi elementari e semplici.

    Nel ”gioco del fazzoletto”, ad esempio, il ragazzo, oltre che ad abituarsi ad uno sforzo di concentrazione, acquisisce la disposizione a non recedere nell'azione: così il ragazzo verifica gli effetti della sua energia affettiva e sviluppa una più ampia conoscenza e padronanza di se stesso.

    Il gioco è allora un'attività simbolica, perchè veicola e sviluppa la coscienza, e conferisce al soggetto la premessa per scoprire chi è o che cosa potrebbe essere.

    Il gioco raggiunge il suo senso solo se il giocatore si lascia prendere totalmente da esso e si concentra esclusivamente su ciò che deve fare.

    Esistono vari livelli di gioco il cui apice è rappresentato dal “grande gioco” che è definibile come un insieme di prove intercalate in un'ambientazione, in base al metodo identificato da Baden-Powell.

    È necessario, per qualsiasi forma di gioco, sapere che non riguarda solo il pensiero di chi lo organizza, ma rappresenta una sintesi di più elementi psichici di percezione, affetti, idee e ricordi, tra i partecipanti.

    La nascita di simboli personali è per certi versi la costruzione di quel mondo dei sogni in cui è possibile giocare.

    Tra le varie funzioni del gioco-simbolo, vi è quella della relazione. Winnicott ha elaborato la nozione di “oggetto transizionale” che ha la funzione, nella connessione tra gioco e simbolo, di mediare la separazione dalla madre; l'oggetto è un giocattolo che sostituisce un oggetto reale (la madre). In quest'ottica dunque, il simbolo è qualcosa che sostituisce una figura specifica (appunto quella della madre), come del resto nella vita di tutti i giorni, tutta una serie di oggetti, assolveranno ad una serie di sostituzioni: della figura paterna, dei parenti più cari, degli amici e persino degli avvenimenti importanti. Tutti questi oggetti non danno solo inizio all'avvenimento, ma, a fronte dell'oggetto simbolico, si possono avere diversi significati: un significato collettivo condiviso e compreso, un significato latente e infine un significato individuale.

    La comprensione dei simboli può essere parziale o anche del tutto incompresa dalla maggior parte delle persone comuni e può venire intuita solo ad esempio dai teologi.

    I simboli collettivi a significato latente, quelli nei quali la dimensione simbolica è maggiormente accentuata, si intrecciano secondo alcuni filosofi, con il mito che è la forma che spiega l'origine di un vissuto umano.

    L'analisi comparata dei simboli può essere di aiuto alla comprensione della relazione che quell'oggetto ha assunto nella collettività.

    L'ordine simbolico, rappresentato dagli oggetti personali ed individuali dell'oggetto simbolico, non può essere separato dalla storia personale perchè l'oggetto simbolico è storia personale; mentre la sua qualità deve ricercarsi nelle funzioni che il simbolo stesso assolve.

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    Poiché in origine il termine simbolico era riservato alla proprietà dell'oggetto il quale, essendo diviso a metà, consentiva a due oggetti che possedevano una delle due parti di riconoscersi, il simbolo porta in sé la proprietà di essere un oggetto originariamente diviso. Si può dedurre che il simbolo assolve ad una funzione di sostituto dell'altro.

    Per comprendere la funzione strutturante del simbolo a livello personale, può essere di grande aiuto lo studio delle organizzazioni simboliche collettive: un esempio è fornito dall'organizzazione spazio-temporale che si lega a simboli ciclici. Si può fare una domanda che consiste nel chiedersi se l'apprendimento del tempo cronologico generi qualche confusione nella misura in cui le cose semplici possono essere rese complesse (come ad esempio la molteplicità degli orologi nella varietà delle forme non aiutano il bambino all'acquisizione della nozione di tempo). Si tratta di una problematica che riguarda il plusvalore simbolico che l'oggetto offre nell'organizzazione della mente.

    Ho scelto questa immagine per indicare che questo simbolo ad una persona comune non significa niente, invece per noi scout è il saluto ed è il modo con cui gli scout di tutto il mondo si riconoscono.

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    3.2.) 3.2.) 3.2.) 3.2.) LINGUAGGIO DEL GIOCOLINGUAGGIO DEL GIOCOLINGUAGGIO DEL GIOCOLINGUAGGIO DEL GIOCO

    Al di là di queste considerazioni teoriche e più semplicemente, si può definire il gioco come il modo naturale del bambino di conoscere il mondo, e quindi come lo strumento di mediazione e di comunicazione fra il bambino e l'ambiente che gli sta intorno. Da molti pedagogisti perciò viene considerato come uno strumento didattico assai utile perchè permette al bambino di imparare, di apprendere, riducendo al minimo il suo sforzo ed aumentando al massimo il suo interesse.

    Alcuni studi etologici dimostrano che la selezione di una capacità ludica ha avuto importanza fondamentale per l'evoluzione della specie. Il gioco serve ad individuare comportamenti che sono destinati più tardi a risolvere problemi effettivi.

    Il gioco non è solo in funzione di un'azione specifica e circoscritta nel tempo e nello spazio, ma serve anche a dare strumenti che in futuro possono risultare utili alla soluzione di problemi pratici.

    Baden-Powell aveva talmente intuito l'importanza del gioco nel processo educativo che non solo ne aveva raccomandato l'utilizzo continuo, ma ne aveva anche suggerito una varietà tale da rendere difficile ogni criterio di catalogazione.

    Lo studioso R. Caillois propone nel suo libro “I giochi e gli uomini”, una suddivisione dei giochi in quattro categorie principali a seconda che predomini il ruolo della “competizione”, del “caso”, della “maschera” o della “vertigine”35.

    Fanno parte della “competizione” tutti i giochi individuali o a squadre che richiedono impegno personale, conoscenza di abilità e competenze specifiche, anche se dell'aspetto agonistico si cerca di fare un uso educativo. Si possono considerare facenti parti della categoria “maschera” tutte quelle attività in cui i soggetti devono assumere dei ruoli diversi e recitare una parte precisa. Nei giochi scout possiamo trovare molti esempi di queste categorie di giochi; come pure abbiamo molti esempi che potremmo qualificare come appartenenti alla categoria della “vertigine”: gridare l'urlo della squadra, corse a precipizio e qualsiasi altra attività sfrenata dotata di un effetto liberatorio.

    Come dicono Bertolini e Pranzini, difficilmente si può dire che vi siano giochi scout che possano rientrare nella categoria del “caso”: in un movimento educativo che educa all'impegno personale non possono rientrare attività nelle quali il giocatore abdica alla propria volontà e si abbandona al destino, come succede in molti giochi di azzardo. Tuttavia una certa percentuale di casualità è presente in tutte le attività umane e quindi anche nel gioco: la funzione del gioco quindi può essere anche quella di insegnarci ad accettare gli eventi imprevisti.

    35 R. Callois, I giochi e gli uomini - La maschera e la vertigine, cit. da P. Bertolini e V. Pranzini, Pedagogia

    scout, Nuova Fiordaliso, 2001

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    È forse nella misura in cui il bambino è vicino all'animale che i giochi

    d'azzardo non hanno per lui l'importanza che ricoprono nell'adulto. Per il ragazzo giocare è agire. I giochi nelle loro infinite forme sono sistemi di segni più o meno

    convenzionalizzati e per giocare è necessario un segnale meta comunicativo che consente di distinguere il gioco dal non gioco, e senza questa distinzione il gioco si trasformerebbe in delirio.

    È interessante la distinzione che viene fatta da J. Huizinga fra gioco e gioco falso, tipico del puerilismo36. Secondo l'autore si deve riconoscere a “Baden-Powell il merito di avere capito, per primo, la forza sociale degli adolescenti organizzati e di averla convertita in quella sua stupenda creazione

    36 J. Huizinga, Homo Ludens, Einaudi, 1973, p. 242

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    dei giovani esploratori. Si tratta di un gioco educativo di non ancora adulti, adattato con talento eccezionale alle tendenze e alle abitudini di quella età, di cui sa usare con effetto utile. Altra cosa è quando quelle stesse abitudini penetrano in occupazioni che vogliono passare per serie e che sono cariche delle oscure passioni della lotta politica e sociale. Huizinga si domanda: “bisogna considerare come funzione ludica si o no il puerilismo che prospera rigogliosamente nella vita odierna?”.

    Come sostiene R. Caillois, dare la preferenza alla “competizione”, alla “maschera” o alla “vertigine”, o magari anche al “caso”, contribuisce a decidere l'avvenire di una civiltà e quindi a maggior ragione l'avvenire di una persona. Incanalare la riserva di energia disponibile presente nell'uomo verso un'attività ludica piuttosto che un'altra, esprime una scelta indiscutibile che il Capo deve compiere consapevolmente.

    Ho scelto questa immagine perchè lo scout ragiona sempre prima di parlare e non usa mai un linguaggio pieno di volgarità.

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    3.3.3.3.3.3.3.3.) ) ) ) ESEMPIO DI GESEMPIO DI GESEMPIO DI GESEMPIO DI GIOCO DA IOCO DA IOCO DA IOCO DA FARE IN CLANFARE IN CLANFARE IN CLANFARE IN CLAN

    Gioco sulla progressioneGioco sulla progressioneGioco sulla progressioneGioco sulla progressione È un gioco di percorso “dal vivo”, nel senso che viene tracciato per terra

    un percorso a forma di “R-S” di 30 caselle, più Inizio e Arrivo. Ogni squadra, composta da 4-6 ragazzi di branca rover, designa una pedina che dovrà muoversi sul percorso. Eventualmente si può anche usare un cartellone e normali pedine.

    Scopo del giocoScopo del giocoScopo del giocoScopo del gioco Essere la prima squadra a completare il percorso, oltrepassando la casella

    Arrivo. Per fare questo occorre superare le prove proposte di volta in volta nelle singole caselle.

    TurnoTurnoTurnoTurno Al proprio turno, ogni squadra tira un dado (si consiglia un grande dado di

    gommapiuma) e avanza sul percorso del numero di caselle indicato; tenta poi di portare a termine la prova designata per la casella di arrivo.

    Se la prova non è superata, la squadra potrà tirare di nuovo il dado dopo essere rimasta ferma un turno.

    Alcune caselle possono mandare avanti o indietro di un numero di caselle pari al lancio di un dado (d6). In questo caso andrà effettuata la prova corrispondente alla nuova destinazione.

    Elenco delle caselle nel percorsoElenco delle caselle nel percorsoElenco delle caselle nel percorsoElenco delle caselle nel percorso Questa disposizione ovviamente è puramente indicativa e può essere

    cambiata a seconda delle esigenze. 1. Ho capito che in branca rover non ho capi ma Maestri e Fratelli Maggiori:

    avanza di 6 caselle 2. Prova di Comunità 3. Imprevisto: Tenda 4. Prova di Fiducia 5. Ho poca voglia di venire a riunione: indietreggia di 6 caselle 6. Prova di Strada 7. Prova di Servizio 8. Imprevisto: Animazione 9. Prova sull’Incontro con Gesù 10. Ho capito che il noviziato/clan sono io e mi diverto quanto più mi metto in gioco: avanza di 6 caselle 11. Prova Jolly 12. Basket, calcio, compiti in classe, morose/i e impegni vari...: indietreggia di d6 caselle 13. Imprevisto: Fornellini 14. Prova di Avventura

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    15. Prova di Responsabilità 16. Prova Jolly 17. Fare comunità non vuol dire soltanto stare bene tra di noi ma anche...: se completi in modo intelligente avanzi di 6 caselle. 18. Imprevisto: Tenda 19. Prova sull’Incontro con Gesù 20. Prova di Comunità 21. Imprevisto: Animazione 22. Prova Jolly 23. Prova di Fiducia 24. Prova di Avventura 25. Siamo in pochi e non mi diverto...: indietreggia di 6 caselle 26. Si gioca poco...: indietro di 6 caselle 27. Prova di Responsabilità 28. Prova di Servizio 29. I capi fanno fare tutto a noi: indietreggia di 6 caselle 30. Prova di Strada

    Le proveLe proveLe proveLe prove � Strada: lungo la Strada, non solo quella di asfalto, è importante ricordarci

    del ritmo degli altri, metterci nei loro panni, camminare nelle scarpe degli altri…! I componenti della squadra si scambiano le scarpe tra loro e ballano.

    � Comunità: ogni persona è importante nella comunità, come in una piramide: se manca un mattone, è l’insieme che rischia di crollare...La squadra forma una piramide umana (carponi), con eventualmente qualche capo volenteroso a supplire alle carenze di persone. Ma non è finita...una volta fatta la piramide dovranno eseguire un ban (ovviamente mentre sono in formazione piramidale).

    � Servizio: è necessario sapersi mettere a disposizione del prossimo. La squadra compie qualche servizio, a seconda del luogo e della situazione in cui si gioca (pulire il cortile, lavare le gavette, eccetera...). La prova è riuscita se riescono a completare il servizio prima che stia di nuovo a loro nel turno successivo.

    � Fiducia: i novizi e i rover devono avere fiducia nei capi, che hanno più esperienza (e più errori) alle spalle. Almeno due ragazzi della squadra si sottopongo alla “prova di fiducia”, ossia buttarsi all’indietro nelle braccia di un capo che li afferri. Si consigliano capi robusti. Le altre squadre possono fare da elemento di disturbo, ma solo a voce (“Ehi, capo, dove stai andando?!?”).

    � Incontro con Gesù: Baden-Powell diceva di saper vedere nel prossimo quel 5% di buono che lo caratterizza...Gesù ha detto di vederlo in ogni fratello. Un membro della squadra, scelto dai capi, mima di fronte agli

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    altri quella che ritiene essere la propria caratteristica migliore (il 5% di buono). La prova è superata se indovinano entro due minuti.

    � Avventura: è il sapersi mettere in gioco, e sorridere di fronte a ogni difficoltà, anche se apparentemente insuperabile. La squadra deve effettuare un passaggio alla marinara portando in bocca un coltello (di gomma!). Le altre squadre fanno da elemento di disturbo tentando di far ridere gli avversari. Se il coltello cade, la prova non è superata. Si può porre un tempo limite per superare la prova.

    � Responsabilità: ogni membro della comunità è responsabile degli altri, e talvolta deve prendersi il peso dei problemi altrui...

    La squadra deve compiere un percorso avanti e indietro, di volta in volta

    lasciando un membro all’Arrivo (in questo modo la squadra si assottiglia sempre più finché non rimane un solo membro). Quando sono in quattro, cinque o sei viene portata una persona col metodo del “missile” (lo si tiene per gli arti). Quando sono in tre, due persone fanno la seggiolina per il terzo. Quando sono in due, uno prende a cavalcioni l’altro. Quando è rimasto solo il “muletto”, questi ritorna alla partenza e tutta la squadra corre a prenderlo. La prova è superata se viene compiuta entro un tempo limite. Jolly: i capi o gli avversari scelgono la prova! Eventualmente si può effettuare una prova aggiuntiva per la squadra che supera l’arrivo. Imprevisti Tenda: la squadra deve montare una tenda nel giro di cinque minuti o smontarla in tre. Fornellini: la squadra deve cucinare dell’ottimo pop corn nel giro di un turno. Animazione: la squadra deve proporre un ban o una danza (magari personalizzati).

    L’arrivoL’arrivoL’arrivoL’arrivo L’Arrivo in realtà è la...Partenza. Si può leggere un brano della carta di

    clan in proposito e/o fare effettuare alla squadra una prova supplementare.

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    CONCLUSIONECONCLUSIONECONCLUSIONECONCLUSIONE Breve sBreve sBreve sBreve sintesi degli argomenti trattati intesi degli argomenti trattati intesi degli argomenti trattati intesi degli argomenti trattati 1. Il gioco scout è un elemento essenziale per la crescita personale, in grado di rendere i ragazzi più determinati nell’affrontare i diversi momenti della vita, di sviluppare il senso di appartenenza, collaborazione e tenacia, di affrontare con lealtà e coerenza ogni difficoltà interpersonale, di superare i propri limiti caratteriali e psicologici. 2. Il gioco scout è un momento di crescita fisica e psicologica che, attraverso il rispetto delle regole, favorisce una presa di coscienza di valori etici e morali e l’importante capacità di non prendersi troppo sul serio, ma di imparare ad usare comportamenti autoironici e rilassati nel confronto con gli altri. Il gioco diventa dunque “palestra di vita”, in cui ogni azione, anche simbolica, ha un preciso significato e serve per raggiungere un obiettivo. 3. Il gioco scout insegna ad usare un linguaggio adeguato alle circostanze, senza trascendere nel tono della voce o nei modi, ma utilizzando comportamenti che nella vita potranno servire a risolvere problemi pratici. Il ragazzo scout impara giocando ad avere tolleranza e rispetto verso gli altri, e a comprendere che i problemi interpersonali non si risolvono con gli insulti, ma cercando di dialogare utilizzando ragionamenti corretti ed onesti. 4. Il gioco scout insegna la fiducia negli adulti (i Capi), considerati come fratelli maggiori, e dunque il desiderio di imitarne i comportamenti. Ecco perché si richiede al Capo (come a tutti gli adulti in generale) di saper essere, in ogni circostanza, figure di riferimento. Nella loro vita i ragazzi ricorderanno gli insegnamenti ricevuti giocando e ne faranno tesoro, molto più che se, invece del gioco, si fossero utilizzati altri metodi educativi. Il Capo, da parte sua, pur avendo più esperienza dei ragazzi, dovrà migliorarsi continuamente, sia dal punto di vista delle conoscenze personali, sia da quelle dei rapporti umani, dovrà imparare ad essere umile e capace di chiedere aiuto agli altri, nel caso di difficoltà. In pratica alla “crescita” del Capo corrisponderà immediatamente quella del ragazzo. È essenziale dunque avere “buoni” Capi.

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    Considerazioni personaliConsiderazioni personaliConsiderazioni personaliConsiderazioni personali Nel mondo d’oggi, dove la sopraffazione è spesso la regola, ritengo essenziale educare ad un corretto modo di rapportarsi con gli altri, perché solo nel sereno confronto tra esseri umani i problemi possono essere risolti. Vivere il mondo scout significa così non considerarsi mai superiori a nessuno, apprezzare le differenze e cercare in ogni modo di integrare coloro che consideriamo diversi da noi, perché sono proprio le diversità che ci arricchiscono. Da sempre nel gioco tutti gli esseri umani trovano unità e convivenza. Allora il gioco scout deve servire anche a questo: abituare i ragazzi ad essere tra loro fratelli, ad aiutarsi, a confrontarsi e a trovare insieme le modalità di una nuova e diversa convivenza.

    Desidero infine ringraziare il Commissario Nazionale branca Rover Giuseppe Montesanto per la possibilità che mi ha dato di scegliere l’argomento su cui fare la tesina e su come organizzarla, e l’Incaricato di Distretto di branca Rover Stefano Broggini per avermi dato alcuni suggerimenti su come rendere la tesina più fruibile e più interessante per il lettore.

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    BIBLIOGRAFIABIBLIOGRAFIABIBLIOGRAFIABIBLIOGRAFIA LIBRILIBRILIBRILIBRI Baden-Powell, Giocare il gioco, Editrice Ancona 2003, p. 92, 96 Baden-Powell, Giochi scout, Nuova Fiordaliso, 1999, p. 12-21, 20 Baden-Powell, Il libro dei Capi, Editrice Ancona, p. 95 Baden-Powell, La Strada verso il Successo, Ancora, 1990, p. 18 Baden-Powell, Manuale dei Lupetti, Nuova Fiordaliso, 1999, Parte terza Le attività del Metodo, p. 18, 54-55; Capitolo XIII - Spirito sportivo; Parte terza - Scopo dell'educazione Lupetto; Parte terza - Le attività del Metodo Baden-Powell, Scautismo per ragazzi, Nuova Fiordaliso 2001, p. 296, 311 Baden-Powell, Suggerimenti per l'educatore scout, Ancora, 1989, p. 22-23, 63, 83, 86, 87-88, 91, 104 Baden-Powell, Taccuino - Scritti sullo scautismo, Nuova Fiordaliso 1997, p. 72-73, 183, 184, 289 R. Callois, I giochi e gli uomini - La maschera e la vertigine, Bompiani 1981, p. 28 J. Huizinga, Homo Ludens, Einaudi, 1973, p. 242 P. Bertolini, V. Pranzini, Pedagogia scout, Nuova Fiordaliso, 2003, p. 90-93 V. Pranzini, S. Settineri, Simbolismo scout, Nuova Fiordaliso, 2004, p. 28-35 P. P. Severi, Lo scaustimo cattolico italiano, Modena 1969, p. 221 RIVISTERIVISTERIVISTERIVISTE Girl Guiding, p. 56, 119 Headquarters' Gazette, 1920 Life's Snags, p. 24-25, 58 Yarns for Boy Scouts, 1909, p. 51