Antonio De Santis - Terenzio Flamini PAROLE il colore, l'odore, il rumore

44
Associazione Culturale LUMEN (onlus) Antonio De Santis - Terenzio Flamini PAROLE il colore, l'odore, il rumore maledizioni in dialetto nei paesi della Piana del Cavaliere

description

maledizioni in dialetto

Transcript of Antonio De Santis - Terenzio Flamini PAROLE il colore, l'odore, il rumore

Page 1: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

Associazione Culturale

LUMEN (onlus)

Antonio De Santis - Terenzio Flamini

PAROLEil colore, l'odore, il rumore

maledizioni in dialetto nei paesi della Piana del Cavaliere

Page 2: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

Antonio De Santis - Terenzio Flamini

PAROLEil colore, l'odore, il rumore

maledizioni in dialetto nei paesi della Piana del Cavaliere

Camerata NuovaCarsoli

Collalto SabinoColli di Monte Bove

Monte SabineseOricolaPereto

Piana del Cavaliere Pietrasecca

Poggio CinolfoRocca di Botte

TufoTurania

Vallinfreda Villa RomanaVivaro Romano

Page 3: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

Antonio De Santis - Terenzio Flamini

PAROLEil colore, l'odore, il rumore

maledizioni in dialetto nei paesi della Piana del Cavaliere

Camerata NuovaCarsoli

Collalto SabinoColli di Monte Bove

Monte SabineseOricolaPereto

Piana del Cavaliere Pietrasecca

Poggio CinolfoRocca di Botte

TufoTurania

Vallinfreda Villa RomanaVivaro Romano

Page 4: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

"Non facevano notizia i contadini.

Nascevano, figliavano, morivano"

Eugenio Scalfari

"La Repubblica", 28 Dicembre 2008

Collana i Quaderni di Lumen, n. 34

ASSOCIAZIONE CULTURALE LUMEN (onlus)67061 Carsoli (AQ) via Luppa 10e-mail: [email protected]

Nella riproduzione totale o parziale di questa pubblicazione citare l’ASSOCIAZIONE CULTURALE LUMEN

Hanno collaborato alla stampa: don Fulvio Amici, Beatrice di Pietro e Michele Sciò.

Stampato in proprioPietrasecca di Carsoli, ottobre 2009

In copertina: La Piana del Cavaliere sotto la nebbia. (Foto: A. Tarquini, 2008).

Referenze fotografiche interne:T. Flamini: pp. 14, 18-22, 25, 27, 29, 31, 34-38;M. Sciò: p. 23

Page 5: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

"Non facevano notizia i contadini.

Nascevano, figliavano, morivano"

Eugenio Scalfari

"La Repubblica", 28 Dicembre 2008

Collana i Quaderni di Lumen, n. 34

ASSOCIAZIONE CULTURALE LUMEN (onlus)67061 Carsoli (AQ) via Luppa 10e-mail: [email protected]

Nella riproduzione totale o parziale di questa pubblicazione citare l’ASSOCIAZIONE CULTURALE LUMEN

Hanno collaborato alla stampa: don Fulvio Amici, Beatrice di Pietro e Michele Sciò.

Stampato in proprioPietrasecca di Carsoli, ottobre 2009

In copertina: La Piana del Cavaliere sotto la nebbia. (Foto: A. Tarquini, 2008).

Referenze fotografiche interne:T. Flamini: pp. 14, 18-22, 25, 27, 29, 31, 34-38;M. Sciò: p. 23

Page 6: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

Prefazione

Agli ormai per fortuna numerosi "vocabolari" dialetto-italiano dei vari paesi come Carsoli, Vivaro, Pietrasecca, Pereto e di altri centri che insistono sulla Piana del Cavaliere e ai tantissimi altri che sono apparsi negli ultimi anni un po' in tutte le zone d'Italia, è sembrato mancare sempre qualcosa. In essi si trovavano infatti "i nomi comuni", "gli aggettivi", "i verbi", "i pronomi", "i so-prannomi", "i modi di dire", "i proverbi", "gli indovinelli" e così via: erano as-senti quasi sempre due forme pur diffusissime di "espressione" della parlata popolare e cioè "le bestemmie" e "le maledizioni".

Nel presente opuscolo non si vuole pubblicare "la bestemmia" seppure intesa come coloritura e che, con epiteti, forme gergali, mezze parole, ironie, spesso accompagnava il nome proprio di un santo o di Dio o della Madonna. In questa intera forma espressiva non potevano essere riportate le imprecazioni sia per una inutile e tediosa enumerazione sia per non apparire blasfemi o offensivi verso la religione. Le espressioni oltraggiose, frequentissime, nel bene e nel male erano parte integrante di un modo di esternare, anche se in maniera rozza e violenta, un moto dell'animo oltre che, si potrebbe quasi dire, una fede o un culto. Si deve comunque riconoscere che quasi sempre, da parte della nostra gente, c'era veramente poca intenzione di offendere Dio, la Madonna o i Santi e bestemmiare era sì manifestazione di crassa ignoranza oltre che reato, ma le varie più o meno forti offese alla religione o alla divinità erano un meccanico sfogo che veniva esternato imitando altri improperi di persone di generazioni precedenti, rimaste, non per loro colpa, in uno stato di grezza educazione.

Talvolta le imprecazioni erano prettamente locali e legate a culti di un paese o di una zona: la bestemmia ritenuta più grave e che veniva per così dire recitata nei massimi momenti di ira, era quasi sempre quella relativa al Santo Protettore. L'offesa al Santo era pari alla devozione che egli riscuoteva tra il popolo e quindi ognuno era oggetto, se così ci si vuole esprimere, di bestem-mie riservate! Inoltre i centri della zona di cui ci stiamo interessando, oltre appunto ai santi e alle sante (Berardo, Giovanni, Fortunia ("all'urna"), Stefa-no, Vincenzo, Vittoria, Restituta, Giorgio "a cavagliu", la Madonna……) Erano e sono accomunati - insieme al culto mariano diffuso anche in moltissi-me altre parti e dovuto spesso alla presenza di santuari dedicati alla Madonna - dalla devozione alla SS. Trinità di Vallepietra e l'imprecazione rivolta alla "Santissima" era molto ricorrente proprio per la popolarità e devozione molto sentita. Nella commistione tra sacro e profano possiamo notare come, le maledizioni, nella loro brevità e lampeggiante figura, facevano da contrap-punto alle numerosissime giaculatorie che, altrettanto spesso, si sentivano dalla bocca della gente comune.

Page 7: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

Prefazione

Agli ormai per fortuna numerosi "vocabolari" dialetto-italiano dei vari paesi come Carsoli, Vivaro, Pietrasecca, Pereto e di altri centri che insistono sulla Piana del Cavaliere e ai tantissimi altri che sono apparsi negli ultimi anni un po' in tutte le zone d'Italia, è sembrato mancare sempre qualcosa. In essi si trovavano infatti "i nomi comuni", "gli aggettivi", "i verbi", "i pronomi", "i so-prannomi", "i modi di dire", "i proverbi", "gli indovinelli" e così via: erano as-senti quasi sempre due forme pur diffusissime di "espressione" della parlata popolare e cioè "le bestemmie" e "le maledizioni".

Nel presente opuscolo non si vuole pubblicare "la bestemmia" seppure intesa come coloritura e che, con epiteti, forme gergali, mezze parole, ironie, spesso accompagnava il nome proprio di un santo o di Dio o della Madonna. In questa intera forma espressiva non potevano essere riportate le imprecazioni sia per una inutile e tediosa enumerazione sia per non apparire blasfemi o offensivi verso la religione. Le espressioni oltraggiose, frequentissime, nel bene e nel male erano parte integrante di un modo di esternare, anche se in maniera rozza e violenta, un moto dell'animo oltre che, si potrebbe quasi dire, una fede o un culto. Si deve comunque riconoscere che quasi sempre, da parte della nostra gente, c'era veramente poca intenzione di offendere Dio, la Madonna o i Santi e bestemmiare era sì manifestazione di crassa ignoranza oltre che reato, ma le varie più o meno forti offese alla religione o alla divinità erano un meccanico sfogo che veniva esternato imitando altri improperi di persone di generazioni precedenti, rimaste, non per loro colpa, in uno stato di grezza educazione.

Talvolta le imprecazioni erano prettamente locali e legate a culti di un paese o di una zona: la bestemmia ritenuta più grave e che veniva per così dire recitata nei massimi momenti di ira, era quasi sempre quella relativa al Santo Protettore. L'offesa al Santo era pari alla devozione che egli riscuoteva tra il popolo e quindi ognuno era oggetto, se così ci si vuole esprimere, di bestem-mie riservate! Inoltre i centri della zona di cui ci stiamo interessando, oltre appunto ai santi e alle sante (Berardo, Giovanni, Fortunia ("all'urna"), Stefa-no, Vincenzo, Vittoria, Restituta, Giorgio "a cavagliu", la Madonna……) Erano e sono accomunati - insieme al culto mariano diffuso anche in moltissi-me altre parti e dovuto spesso alla presenza di santuari dedicati alla Madonna - dalla devozione alla SS. Trinità di Vallepietra e l'imprecazione rivolta alla "Santissima" era molto ricorrente proprio per la popolarità e devozione molto sentita. Nella commistione tra sacro e profano possiamo notare come, le maledizioni, nella loro brevità e lampeggiante figura, facevano da contrap-punto alle numerosissime giaculatorie che, altrettanto spesso, si sentivano dalla bocca della gente comune.

Page 8: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

Oggi potremmo dire che quasi non si bestemmia più e non c'è da rammari-carsene: siamo diventati molto più "educati" e attenti al linguaggio ma non si sa quanto più solerti a non offendere l'oggetto della nostra e dell'altrui devozio-ni. Tra i motivi di questo "progresso" c'è forse una diminuita attenzione verso la religione, cattolica nel nostro caso, ma anche una crescente diffusione nella nostra società di confessioni fino a non molto tempo fa poco praticate nel nostro Paese.

Pur non essendo pienamente accettabile far delle bestemmie una esposi-zione scritta, è consentito però - e qui lo si vuole fare nella maniera più scherzo-sa e ironica possibile - ricordare e far conoscere "le maledizioni" che pure sono una specie di surrogato delle prime. Nei vari dialetti della Piana del Cavaliere mandare le maledizioni si diceva infatti "iettà la biastima" in quanto "bestem-mia" e "maledizione" erano entrambe mentalmente legate ed avevano quasi la stessa valenza, cambiava solo l'indirizzo: la bestemmia era ovviamente rivolta verso il Santo o una divinità, mentre la maledizione unicamente verso i propri simili o verso gli animali come compagni di sorte e del lavoro quotidiano e tal-volta notturno nei campi o sulle montagne o tra boschi. Gli animali! Fedeli nel lavoro, attenti nella protezione, frequenti vittime per il nutrimento dell'uomo.

Nei nostri paesi le maledizioni rimangono, in un certo senso, la fotografia pittorica- sonora e commentata della vita di tutti i santi giorni di un tempo passato. In molte imprecazione è presente, per una accentuazione verso il truce e il violento, il riferimento ai colori: rosso del sangue, nero del buio, la coloritu-ra intensamente corposa di materiale organico umano e animale. Ci si richia-ma alla morte violenta, si evocano le disgrazie più atroci e così ritorna alla mente il suono o il rumore, il colore o addirittura l'odore di cui alcune parole, alcuni fonemi, sono pervasi o meglio intrisi. Il suono aspro di alcune lettere come la "r" o la "s" ripetute accentuano la veemenza di certe espressioni malauguranti.

Il riferimento nelle maledizioni ad alcune malattie gravi e contagiose (car-bonchio) o ad interventi chirurgici "strani"(lobotomia), la difficoltà di com-prensione delle stesse parole mediche e la conseguente deformazione, faceva-no sì che alla gente semplice spesso sembrava di pronunciare quasi una for-mula magica con maggiore sonorità negativa e conseguentemente più facile a far giungere il malaugurio al destinatario.

Osservando la grande varietà di maledizioni, infine, risulta evidente la costante commistione tra sacro e profano, il ricorrente riferimento al martirio di singoli santi, alle sofferenze di Cristo sulla croce, alla celebrazione della Messa e alle varie cerimonie religiose che si svolgevano nel corso dell'anno liturgico.

*** La presente breve raccolta vuole essere, come già sottolineato in altre

occasioni, non certo un saggio antropologico sulle maledizioni presenti nei nostri dialetti ma una semplice raccolta simile ad una tavolozza piena di colori

pronta per un ideale acquarello dove è messo in risalto un mondo povero e talvolta intriso di miseria ma pieno di sentimenti forti, molto partecipati e sentiti.

Questa elencazione di imprecazioni in dialetto "abruzzese" è la testimo-nianza di un mondo passato, e credo anche finito, dove comunque si evidenzia ancora una volta come l'uomo abbia sempre sentito l'esigenza di esprimere i suoi sentimenti di amore o di odio. La raccolta fa riferimento a periodi molto vicini a noi nel tempo ma le imprecazioni dell'uomo verso il proprio simile si sono manifestate fin da secoli lontanissimi.

Le formule più antiche di maledizioni le troviamo nelle cosiddette "defixio-num tabellae". Le "defixiones" erano "contenute in tavolette (appunto le "defixionum tabellae") o, meglio, fogli di piombo, spesso traforati da chiodi, su cui, oltre alla necessaria invocazione delle divinità infernali, era inciso il nome del soggetto che queste dovevano danneggiare. Queste tavolette veniva-

1no seppellite, sotto terra per far sì che i demoni infernali potessero agire" . Diffusissime nel mondo antico, sia greco che romano ne restano numerose

testimonianze risalenti al IV secolo a. C. e con incise maledizioni riferentisi agli affari (si maledice l'avversario coinvolgendo i suoi amici, familiari, animali), all'amore, alle corse con i cavalli ( "fa' impigliare i suoi cavalli, blocca la loro corsa, la loro forza, la loro anima ... la loro velocità … Strappa loro la vittoria, legali, intralciali, non farli correre, azzoppali e fa' che domani

2mattina all'ippodromo non siano capaci di correre …. o vincere …". Da queste formule derivano, provenendo quindi da mondi lontanissimi, le nostre "biastime" ma esse avevano presupposti assolutamente diversi e sovente erano forme di mera superstizione che richiamavano espressioni e riti ricondu-cibili a ciò che oggi taluni definiscono "magia nera": il termine "defixiones" deriva da "defigere", cioè anche "inchiodare, infilzare" e in esse vi era presente l'invocazione ad un ente negativo che sicuramente non appare nelle nostre imprecazioni.

In seguito anche importanti scrittori latini, come ad esempio Marziale (40-103 d. C.), non furono esenti dal riportare imprecazioni e maledizioni verso gli uomini.

1 Cfr. sito web di riferimento: http://it.wikipedia.org/wiki/Defixiones.2 COOPER Catherine F. et Al., Curse Tablets and Binding Spells from the Ancient World", New York 1992, p. 60.Cfr. inoltre: HEINTZ F., Polyglot Antioch in "Archaelogy Odyssey", November-December 2000. PRICE S., Religions of the Ancient Greeks, Cambridge 1999. SHELTON J., As the Romans did , Oxford 1997. AUDELLENT Augustus, Defixionum tabellae…, Parigi 1904. BARB A. A., La sopravvivenza delle arti magiche, in "Il conflitto tra paganesimo e cristianesi-mo nel secolo IV", Torino 1968.

6 7

Page 9: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

Oggi potremmo dire che quasi non si bestemmia più e non c'è da rammari-carsene: siamo diventati molto più "educati" e attenti al linguaggio ma non si sa quanto più solerti a non offendere l'oggetto della nostra e dell'altrui devozio-ni. Tra i motivi di questo "progresso" c'è forse una diminuita attenzione verso la religione, cattolica nel nostro caso, ma anche una crescente diffusione nella nostra società di confessioni fino a non molto tempo fa poco praticate nel nostro Paese.

Pur non essendo pienamente accettabile far delle bestemmie una esposi-zione scritta, è consentito però - e qui lo si vuole fare nella maniera più scherzo-sa e ironica possibile - ricordare e far conoscere "le maledizioni" che pure sono una specie di surrogato delle prime. Nei vari dialetti della Piana del Cavaliere mandare le maledizioni si diceva infatti "iettà la biastima" in quanto "bestem-mia" e "maledizione" erano entrambe mentalmente legate ed avevano quasi la stessa valenza, cambiava solo l'indirizzo: la bestemmia era ovviamente rivolta verso il Santo o una divinità, mentre la maledizione unicamente verso i propri simili o verso gli animali come compagni di sorte e del lavoro quotidiano e tal-volta notturno nei campi o sulle montagne o tra boschi. Gli animali! Fedeli nel lavoro, attenti nella protezione, frequenti vittime per il nutrimento dell'uomo.

Nei nostri paesi le maledizioni rimangono, in un certo senso, la fotografia pittorica- sonora e commentata della vita di tutti i santi giorni di un tempo passato. In molte imprecazione è presente, per una accentuazione verso il truce e il violento, il riferimento ai colori: rosso del sangue, nero del buio, la coloritu-ra intensamente corposa di materiale organico umano e animale. Ci si richia-ma alla morte violenta, si evocano le disgrazie più atroci e così ritorna alla mente il suono o il rumore, il colore o addirittura l'odore di cui alcune parole, alcuni fonemi, sono pervasi o meglio intrisi. Il suono aspro di alcune lettere come la "r" o la "s" ripetute accentuano la veemenza di certe espressioni malauguranti.

Il riferimento nelle maledizioni ad alcune malattie gravi e contagiose (car-bonchio) o ad interventi chirurgici "strani"(lobotomia), la difficoltà di com-prensione delle stesse parole mediche e la conseguente deformazione, faceva-no sì che alla gente semplice spesso sembrava di pronunciare quasi una for-mula magica con maggiore sonorità negativa e conseguentemente più facile a far giungere il malaugurio al destinatario.

Osservando la grande varietà di maledizioni, infine, risulta evidente la costante commistione tra sacro e profano, il ricorrente riferimento al martirio di singoli santi, alle sofferenze di Cristo sulla croce, alla celebrazione della Messa e alle varie cerimonie religiose che si svolgevano nel corso dell'anno liturgico.

*** La presente breve raccolta vuole essere, come già sottolineato in altre

occasioni, non certo un saggio antropologico sulle maledizioni presenti nei nostri dialetti ma una semplice raccolta simile ad una tavolozza piena di colori

pronta per un ideale acquarello dove è messo in risalto un mondo povero e talvolta intriso di miseria ma pieno di sentimenti forti, molto partecipati e sentiti.

Questa elencazione di imprecazioni in dialetto "abruzzese" è la testimo-nianza di un mondo passato, e credo anche finito, dove comunque si evidenzia ancora una volta come l'uomo abbia sempre sentito l'esigenza di esprimere i suoi sentimenti di amore o di odio. La raccolta fa riferimento a periodi molto vicini a noi nel tempo ma le imprecazioni dell'uomo verso il proprio simile si sono manifestate fin da secoli lontanissimi.

Le formule più antiche di maledizioni le troviamo nelle cosiddette "defixio-num tabellae". Le "defixiones" erano "contenute in tavolette (appunto le "defixionum tabellae") o, meglio, fogli di piombo, spesso traforati da chiodi, su cui, oltre alla necessaria invocazione delle divinità infernali, era inciso il nome del soggetto che queste dovevano danneggiare. Queste tavolette veniva-

1no seppellite, sotto terra per far sì che i demoni infernali potessero agire" . Diffusissime nel mondo antico, sia greco che romano ne restano numerose

testimonianze risalenti al IV secolo a. C. e con incise maledizioni riferentisi agli affari (si maledice l'avversario coinvolgendo i suoi amici, familiari, animali), all'amore, alle corse con i cavalli ( "fa' impigliare i suoi cavalli, blocca la loro corsa, la loro forza, la loro anima ... la loro velocità … Strappa loro la vittoria, legali, intralciali, non farli correre, azzoppali e fa' che domani

2mattina all'ippodromo non siano capaci di correre …. o vincere …". Da queste formule derivano, provenendo quindi da mondi lontanissimi, le nostre "biastime" ma esse avevano presupposti assolutamente diversi e sovente erano forme di mera superstizione che richiamavano espressioni e riti ricondu-cibili a ciò che oggi taluni definiscono "magia nera": il termine "defixiones" deriva da "defigere", cioè anche "inchiodare, infilzare" e in esse vi era presente l'invocazione ad un ente negativo che sicuramente non appare nelle nostre imprecazioni.

In seguito anche importanti scrittori latini, come ad esempio Marziale (40-103 d. C.), non furono esenti dal riportare imprecazioni e maledizioni verso gli uomini.

1 Cfr. sito web di riferimento: http://it.wikipedia.org/wiki/Defixiones.2 COOPER Catherine F. et Al., Curse Tablets and Binding Spells from the Ancient World", New York 1992, p. 60.Cfr. inoltre: HEINTZ F., Polyglot Antioch in "Archaelogy Odyssey", November-December 2000. PRICE S., Religions of the Ancient Greeks, Cambridge 1999. SHELTON J., As the Romans did , Oxford 1997. AUDELLENT Augustus, Defixionum tabellae…, Parigi 1904. BARB A. A., La sopravvivenza delle arti magiche, in "Il conflitto tra paganesimo e cristianesi-mo nel secolo IV", Torino 1968.

6 7

Page 10: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

In altro contesto, in altro mondo e in altro periodo storico appaiono comun-que altre esecrazioni sorprendenti per la loro presenza in un libro sacro come la Bibbia. Il Salmo 109, vv. 6-16 così recita:

Mi lanciano queste maledizioni:

''Sia nominato contro di lui un accusatore,

un malvagio stia sempre al suo fianco.

Esca dal processo condannato,

anche la sua preghiera risulti una colpa.

Abbia i giorni contati,

Il suo incarico lo prenda un altro.

I suoi figli rimangano orfani

E sua moglie diventi vedova.

I suoi figli siano vagabondi,

vadano a chiedere l'elemosina

lontano dalle loro case in rovina.

L'usuraio divori tutti i suoi beni,

un estraneo si impadronisca dei suoi guadagni.

Nessuno gli usi misericordia,

Nessuno abbia pietà dei suoi orfani.

La sua famiglia si estingua,

in una generazione scompaia il suo nome.

Siano ricordate le colpe dei suoi padri,

nulla cancelli i peccati di sua madre:

il Signore se ne ricordi sempre,

la terra dimentichi questa gente!

E ancora in vv. 17-20:

Gli piaceva maledire: sia lui maledetto!

Non voleva benedire: nessuno lo benedica!

La maledizione era la sua divisa:

essa gli penetri come acqua nel corpo,

come olio dentro le ossa!

Lo copra come un mantello,3

lo stringa come una cintura!"

Sempre scorrendo nei secoli passati , si trovano "maledizioni" scritte, anche se a margine, addirittura annotate da monaci amanuensi i quali, durante il loro attento e minuzioso lavoro di copiatura di codici e di miniatu-re di importanti opere, imprecavano contro il freddo eccessivo che congela-va le dita, contro la luce, troppo fioca per poter vedere bene nella minuscola scrittura, contro la pergamena poco adatta per assorbire in modo uniforme l'inchiostro, contro l'inchiostro troppo denso o troppo liquido e così via.

Per dare un'ulteriore esempio di ciò che ha rappresentato la maledizione anche nella letteratura di tutto il mondo e di tutti i tempi citiamo un brevissimo passo tratto dal "Re Lear" di William Shakespeare (1564-1616), dove proprio

4il re Lear impreca contro la figlia Goneril, e pur esprimendosi con un linguag-gio aulico e ricercato, è di certo molto incisivo, come spesso sono anche le nostrane e popolari imprecazioni in dialetto:

Ascolta, o Natura, ascolta! cara dea, ascolta!

Sospendi il tuo proposito, se tu intendesti

di render feconda questa creatura!

Nel suo grembo metti la sterilità!

Inaridisci in lei le fonti della generazione,

e dal suo corpo tralignato non esca mai

una figliolanza che la onori! Se deve concepire,

creale un figliuolo di fiele, che possa vivere

per essere il suo tormento perverso e snaturato!

Possa egli stampare di rughe la fronte della sua giovinezza;

possa scavarle solchi nelle gote con le lacrime che le farà versare,

possa ricambiare tutte le sue cure e sollecitudini di madre,

3 Cfr.: Salmo 109 (108), LA BIBBIA, Ed. ELLEDICI, ABU, IL CAPITELLO, EDITRICE VELAR , p. 618, Torino 2003.4 SHAKESPEARE Complete works, ed. with a glossary by W. J. CRAIG, M.A., Oxford University Press, London 1965. King Lear, Act I, Sc. IV, vv. 299-313, p. 916.

8 9

Page 11: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

In altro contesto, in altro mondo e in altro periodo storico appaiono comun-que altre esecrazioni sorprendenti per la loro presenza in un libro sacro come la Bibbia. Il Salmo 109, vv. 6-16 così recita:

Mi lanciano queste maledizioni:

''Sia nominato contro di lui un accusatore,

un malvagio stia sempre al suo fianco.

Esca dal processo condannato,

anche la sua preghiera risulti una colpa.

Abbia i giorni contati,

Il suo incarico lo prenda un altro.

I suoi figli rimangano orfani

E sua moglie diventi vedova.

I suoi figli siano vagabondi,

vadano a chiedere l'elemosina

lontano dalle loro case in rovina.

L'usuraio divori tutti i suoi beni,

un estraneo si impadronisca dei suoi guadagni.

Nessuno gli usi misericordia,

Nessuno abbia pietà dei suoi orfani.

La sua famiglia si estingua,

in una generazione scompaia il suo nome.

Siano ricordate le colpe dei suoi padri,

nulla cancelli i peccati di sua madre:

il Signore se ne ricordi sempre,

la terra dimentichi questa gente!

E ancora in vv. 17-20:

Gli piaceva maledire: sia lui maledetto!

Non voleva benedire: nessuno lo benedica!

La maledizione era la sua divisa:

essa gli penetri come acqua nel corpo,

come olio dentro le ossa!

Lo copra come un mantello,3

lo stringa come una cintura!"

Sempre scorrendo nei secoli passati , si trovano "maledizioni" scritte, anche se a margine, addirittura annotate da monaci amanuensi i quali, durante il loro attento e minuzioso lavoro di copiatura di codici e di miniatu-re di importanti opere, imprecavano contro il freddo eccessivo che congela-va le dita, contro la luce, troppo fioca per poter vedere bene nella minuscola scrittura, contro la pergamena poco adatta per assorbire in modo uniforme l'inchiostro, contro l'inchiostro troppo denso o troppo liquido e così via.

Per dare un'ulteriore esempio di ciò che ha rappresentato la maledizione anche nella letteratura di tutto il mondo e di tutti i tempi citiamo un brevissimo passo tratto dal "Re Lear" di William Shakespeare (1564-1616), dove proprio

4il re Lear impreca contro la figlia Goneril, e pur esprimendosi con un linguag-gio aulico e ricercato, è di certo molto incisivo, come spesso sono anche le nostrane e popolari imprecazioni in dialetto:

Ascolta, o Natura, ascolta! cara dea, ascolta!

Sospendi il tuo proposito, se tu intendesti

di render feconda questa creatura!

Nel suo grembo metti la sterilità!

Inaridisci in lei le fonti della generazione,

e dal suo corpo tralignato non esca mai

una figliolanza che la onori! Se deve concepire,

creale un figliuolo di fiele, che possa vivere

per essere il suo tormento perverso e snaturato!

Possa egli stampare di rughe la fronte della sua giovinezza;

possa scavarle solchi nelle gote con le lacrime che le farà versare,

possa ricambiare tutte le sue cure e sollecitudini di madre,

3 Cfr.: Salmo 109 (108), LA BIBBIA, Ed. ELLEDICI, ABU, IL CAPITELLO, EDITRICE VELAR , p. 618, Torino 2003.4 SHAKESPEARE Complete works, ed. with a glossary by W. J. CRAIG, M.A., Oxford University Press, London 1965. King Lear, Act I, Sc. IV, vv. 299-313, p. 916.

8 9

Page 12: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

con le risa e il disprezzo: sicché ella possa provare

quanto sia più crudele del dente di una serpe,5avere un figliuolo ingrato! Andiamo, andiamo!

In un passato prossimo c'è stato anche chi ha ritenuto quasi più grave 6"mandare le maledizioni" che "bestemmiare". Giuseppe Gioacchino Belli,

tanto per avvicinarci ad un ambito popolaresco e dialettale, era di questo parere e in un suo componimento è interessante osservare come una madre ammonisce il figlio spiegandogli che imprecare contro persone è forse più deplorevole che bestemmiare (perché Dio alla fin fine non ci fa molto caso):

L'imprecazzione

……………………………………..

Nu lo sai che ccos'è un'imprecazzione?

è ppiú ppeggio assai ppiú dd'una bbiastima.

Perché cquesta er Zignore nu la stima

nemmanco pe 'na coccia de melone:

eppoi, bbeato lui, sta ttant'in cima

che nnun j'ariva a un pelo de cojjone7E in un altro sonetto questa volta sulla bestemmia :

Primo, nun pijjà er nome de Ddio in vano

Bbada, nun biastimà, Ppippo, ché Iddio

è Omo da risponne pe le rime.

Ma che ggusto sce trovi a ste biastime?

5 Cfr.:http://www.readme.it/libri. 6 G. G. BELLI, sonetto n. 647, L'imprecazzione, 22 dicembre 1832. E cfr. siti web di riferimento.7 G. G. BELLI, sonetto n. 232, Primo, nun pijjà er nome de Ddio in vano, 12 novembre 1831. E cfr. M. Teodonio (a cura di), G. G. Belli, Tutti i sonetti, edizione integrale, EULOGOS 2007.

Hai l'anima de turco o dde ggiudío?

C'è bbisoggno de curre in zu le prime

a attaccà cor pettristo e cor pebbío?

Chi a sto monno ha ggiudizzio, Pippo mio,

pijja li cacchi e lassa stà le scime.

Poi, sce sò ttante bbelle parolacce!

Di' ccazzo, ffreggna, bbuggera, cojjoni;

ma cco Ddio vacce cor bemollo vacce.

Ché ssi lleva a la madre li carzoni,

e jje se sciojje er nodo a le legacce,8

te sbaratta li moccoli in carboni.

***

La presente ricerca e raccolta di "maledizioni" è stata fatta registrando nel corso del tempo un patrimonio assolutamente orale. Essa potrebbe continuare svelando certamente altre frasi, altre imprecazioni che spesso possono ancora rimanere nascoste nella memoria di molte persone. Noteremmo ancora meglio quanto la fantasia popolare abbia inciso nella composizione di queste "colora-te sonorità" e vedremmo con più chiarezza un fattore comune a molti malau-guri e cioè quanta ironia è intriseca a certe espressioni. Sarei grato a coloro che volessero suggerire e aggiungere altre "biastime". Vorrei inoltre ricordare che pur presentando tutte le espressioni di maledizione in maniera spontanea e scherzosa, tuttavia sono ben consapevole di quante implicazioni linguistiche, sociali e antropologiche comporti ogni singola frase. Altri, mi auguro, cure-ranno questi studi.

Un ringraziamento particolare a tutti coloro che hanno collaborato sugge-rendo e consigliando, in particolare il gruppo di "studentesse" e di "studenti" della Università della Terza Età di Pereto e ancora Antonio Battisti, Mariella Demichele, Annarita Eboli, Michele Sciò, Maria Lina Tabacchi e Adriano Tarquini.

Terenzio Flamini

8 In ambito romanesco è nota anche una canzone indicativa per la presenza della maledizione: "Te possino dà tante cortellate, pè quante messe ha detto l'arciprete. Pè quante vorte ha detto orate frate, te possino dà tante cortellate…".

10 11

Page 13: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

con le risa e il disprezzo: sicché ella possa provare

quanto sia più crudele del dente di una serpe,5avere un figliuolo ingrato! Andiamo, andiamo!

In un passato prossimo c'è stato anche chi ha ritenuto quasi più grave 6"mandare le maledizioni" che "bestemmiare". Giuseppe Gioacchino Belli,

tanto per avvicinarci ad un ambito popolaresco e dialettale, era di questo parere e in un suo componimento è interessante osservare come una madre ammonisce il figlio spiegandogli che imprecare contro persone è forse più deplorevole che bestemmiare (perché Dio alla fin fine non ci fa molto caso):

L'imprecazzione

……………………………………..

Nu lo sai che ccos'è un'imprecazzione?

è ppiú ppeggio assai ppiú dd'una bbiastima.

Perché cquesta er Zignore nu la stima

nemmanco pe 'na coccia de melone:

eppoi, bbeato lui, sta ttant'in cima

che nnun j'ariva a un pelo de cojjone7E in un altro sonetto questa volta sulla bestemmia :

Primo, nun pijjà er nome de Ddio in vano

Bbada, nun biastimà, Ppippo, ché Iddio

è Omo da risponne pe le rime.

Ma che ggusto sce trovi a ste biastime?

5 Cfr.:http://www.readme.it/libri. 6 G. G. BELLI, sonetto n. 647, L'imprecazzione, 22 dicembre 1832. E cfr. siti web di riferimento.7 G. G. BELLI, sonetto n. 232, Primo, nun pijjà er nome de Ddio in vano, 12 novembre 1831. E cfr. M. Teodonio (a cura di), G. G. Belli, Tutti i sonetti, edizione integrale, EULOGOS 2007.

Hai l'anima de turco o dde ggiudío?

C'è bbisoggno de curre in zu le prime

a attaccà cor pettristo e cor pebbío?

Chi a sto monno ha ggiudizzio, Pippo mio,

pijja li cacchi e lassa stà le scime.

Poi, sce sò ttante bbelle parolacce!

Di' ccazzo, ffreggna, bbuggera, cojjoni;

ma cco Ddio vacce cor bemollo vacce.

Ché ssi lleva a la madre li carzoni,

e jje se sciojje er nodo a le legacce,8

te sbaratta li moccoli in carboni.

***

La presente ricerca e raccolta di "maledizioni" è stata fatta registrando nel corso del tempo un patrimonio assolutamente orale. Essa potrebbe continuare svelando certamente altre frasi, altre imprecazioni che spesso possono ancora rimanere nascoste nella memoria di molte persone. Noteremmo ancora meglio quanto la fantasia popolare abbia inciso nella composizione di queste "colora-te sonorità" e vedremmo con più chiarezza un fattore comune a molti malau-guri e cioè quanta ironia è intriseca a certe espressioni. Sarei grato a coloro che volessero suggerire e aggiungere altre "biastime". Vorrei inoltre ricordare che pur presentando tutte le espressioni di maledizione in maniera spontanea e scherzosa, tuttavia sono ben consapevole di quante implicazioni linguistiche, sociali e antropologiche comporti ogni singola frase. Altri, mi auguro, cure-ranno questi studi.

Un ringraziamento particolare a tutti coloro che hanno collaborato sugge-rendo e consigliando, in particolare il gruppo di "studentesse" e di "studenti" della Università della Terza Età di Pereto e ancora Antonio Battisti, Mariella Demichele, Annarita Eboli, Michele Sciò, Maria Lina Tabacchi e Adriano Tarquini.

Terenzio Flamini

8 In ambito romanesco è nota anche una canzone indicativa per la presenza della maledizione: "Te possino dà tante cortellate, pè quante messe ha detto l'arciprete. Pè quante vorte ha detto orate frate, te possino dà tante cortellate…".

10 11

Page 14: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

A9Te pozzi abbotta' e po' pozzi scoppa' = che tu possa gonfiarti e poi scoppiare!

Te pozzanu abbrucia' viu = essere bruciato, arso vivo.10

Te pozzanu fa' accia e omo = essere ridotto come Cristo dopo la flagellazione.

Te pozzi accioppa' = azzopparsi.

Te pozzanu da' co' gliu accoraturu (o in alternativa) - afferraturu = essere 11

ucciso come un porco.

Pozzi murì agganghitu = un misto tra "ghiacciato" e "impiccato". A scelta o entrambi.

Te sse pozza agghietta' la rogna = attaccare, contagiare la rogna.

Te pozzanu fa' agru e dorge, comme gliu lèpere = in "agrodolce", come si cucina la lepre.

Te pozzanu ammazza' = maledizione semplice, chiara, diretta.

Te pozzanu ammazzà comme un pórco = essere ammazzato come un porco. Sempre molto diretta, sicuramente molto più chiara per chi assisteva alla scena cerimonia dell'uccisione del maiale.

Te pozzanu ammazza' cogli sassi, cucì non è bona mancu la pelle = è chiaro che la pelle non si concia con le sassate.

Te pozzanu appicca' all'anginata = appiccare agli uncini dove venivano poste le pecore o i conigli per essere scuoiati.

Te pozzanu arrocena' = arroventare.

Te pozzanu dà un'archibugiata alla schina = preso a pallettoni, come poteva 12

accadere ai ladri o ai traditori.

9 Il verbo abbotta' fa riferimento anche all'azione di soffiare attraverso un cannello posto sotto la pelle delle pecore uccise per far sì che questa si staccasse in modo uniforme e senza danni per la conciatura. 10 Deriva dalla espressione in lingua latina Ecce homo (= "ecco l'uomo", Giov. XIX, 5 ) che Pilato asserisce nel mostrare alla folla Gesù dopo essere stato deriso e incoronato di spine. La maledizione, oggi non più in uso, è un bell'esempio di quanto la gente comune durante la lettura del "passio", pur non conoscendo il latino, assorbisse tuttavia pienamente il significato di ciò che ascoltava. Inoltre è interessante osservare che l'avverbio latino "ecce", all'orecchio di chi parlava comunemente dialetto, suonava come la parola-sostantivo "accia" che indica la "canapa già battuta e resa filo", con cui si tesseva un panno quotidianamente presente nelle ca-se di lavoratori della terra (la sparra). Infine non va dimenticato il suono casualmente dispre-giativo di "accia".11 Alla maniera antica: con lo stiletto di ferro diretto al cuore.12 Maledizione più antica di altre - visto il bisogno di ricorrere all'archibugio- ma sempre efficace!

13

Page 15: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

A9Te pozzi abbotta' e po' pozzi scoppa' = che tu possa gonfiarti e poi scoppiare!

Te pozzanu abbrucia' viu = essere bruciato, arso vivo.10

Te pozzanu fa' accia e omo = essere ridotto come Cristo dopo la flagellazione.

Te pozzi accioppa' = azzopparsi.

Te pozzanu da' co' gliu accoraturu (o in alternativa) - afferraturu = essere 11

ucciso come un porco.

Pozzi murì agganghitu = un misto tra "ghiacciato" e "impiccato". A scelta o entrambi.

Te sse pozza agghietta' la rogna = attaccare, contagiare la rogna.

Te pozzanu fa' agru e dorge, comme gliu lèpere = in "agrodolce", come si cucina la lepre.

Te pozzanu ammazza' = maledizione semplice, chiara, diretta.

Te pozzanu ammazzà comme un pórco = essere ammazzato come un porco. Sempre molto diretta, sicuramente molto più chiara per chi assisteva alla scena cerimonia dell'uccisione del maiale.

Te pozzanu ammazza' cogli sassi, cucì non è bona mancu la pelle = è chiaro che la pelle non si concia con le sassate.

Te pozzanu appicca' all'anginata = appiccare agli uncini dove venivano poste le pecore o i conigli per essere scuoiati.

Te pozzanu arrocena' = arroventare.

Te pozzanu dà un'archibugiata alla schina = preso a pallettoni, come poteva 12

accadere ai ladri o ai traditori.

9 Il verbo abbotta' fa riferimento anche all'azione di soffiare attraverso un cannello posto sotto la pelle delle pecore uccise per far sì che questa si staccasse in modo uniforme e senza danni per la conciatura. 10 Deriva dalla espressione in lingua latina Ecce homo (= "ecco l'uomo", Giov. XIX, 5 ) che Pilato asserisce nel mostrare alla folla Gesù dopo essere stato deriso e incoronato di spine. La maledizione, oggi non più in uso, è un bell'esempio di quanto la gente comune durante la lettura del "passio", pur non conoscendo il latino, assorbisse tuttavia pienamente il significato di ciò che ascoltava. Inoltre è interessante osservare che l'avverbio latino "ecce", all'orecchio di chi parlava comunemente dialetto, suonava come la parola-sostantivo "accia" che indica la "canapa già battuta e resa filo", con cui si tesseva un panno quotidianamente presente nelle ca-se di lavoratori della terra (la sparra). Infine non va dimenticato il suono casualmente dispre-giativo di "accia".11 Alla maniera antica: con lo stiletto di ferro diretto al cuore.12 Maledizione più antica di altre - visto il bisogno di ricorrere all'archibugio- ma sempre efficace!

13

Page 16: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

13Te pozzanu arrusti' i capigli a unu a unu = arrostire i capelli uno ad uno.

Te pozzanu caccia' l'assogna còmme agli pórci = una delle parti che si toglie-14vano al maiale dopo essere stato squartato era la "sugna".

13 Maledizione solo apparentemente bonaria e scherzosa.14 La sugna era, tra l'altro, utile per ingrassare e ammorbidire materiale di cuoio, utilissimo nel mondo contadino.

14

BPozzi 'bbaia' = abbaiare.

15Pozzi cammina' co' gliu bastone = camminare con il bastone. 16

Te sse pozza bee un gliupu = essere bevuto da un lupo.

Te sse pozza magna' un gliupu… coll'acqua vicinu… cucì ce ve' beenno = 17

essere mangiato da un lupo.

Te pozzanu mette a bolle = essere messo a bollire. 18Te pozzanu iettà la biastima = ti "auguro" che ti mandino tante maledizioni!

19Te pozzanu reporta' co' gli biunzi = essere riportato a casa con i bigonci.

Pozzi i' a fa terra pe' le bocalette = fare terra per i piccoli boccali di ceramica 20per il vino.

Te sse pozza 'ncolla' iu bobbo = essere portato via dal "Bobbo" (riferito ai bambini).

21Pozzi fa' iu bótto = fare il bòtto.

15 Non perché si è diventati vecchi con gli anni (quindi campando tanto), ma perché impediti da malattia o incidente. Rispetto ad altre maledizioni, è quasi un complimento. 16 Dopo che il malcapitato era stato ridotto a forma liquida. 17 Con l'acqua pronta per deglutire meglio e più velocemente.18 V. la "Prefazione" al presente fascicolo. 19 I bigonci, caricati sui muli o sugli asini, venivano utilizzati principalmente per trasportare l'uva, ben pigiata con le mani, dalla vigna a casa. Servivano comunque anche per trasportare sassi, sabbia, terra etc. 20 Di significato oscuro. Si potrebbe azzardare: una volta morto diventare stabbio sparso nelle vigne per renderle più fertili e quindi produrre più vino da servire con i boccali. Comunque la "biastima" è piuttosto scherzosa.21 Talvolta si aggiungeva: "comme quigliu 'e Tagliacozzo". Si accenna al fatto che negli anni '30 e '40, ma anche più di recente, a Tagliacozzo c'era il più famoso "sparatore" della zona, il capostipite della famiglia Iacobone, specialista in fuochi d'artificio. Cfr. A. BATTISTI, Piccolo dizionario dialettale di Pietrasecca, Ed. "Lumen", Carsoli 2001.

15

Camerata Nuova (RM), 2009

Page 17: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

13Te pozzanu arrusti' i capigli a unu a unu = arrostire i capelli uno ad uno.

Te pozzanu caccia' l'assogna còmme agli pórci = una delle parti che si toglie-14vano al maiale dopo essere stato squartato era la "sugna".

13 Maledizione solo apparentemente bonaria e scherzosa.14 La sugna era, tra l'altro, utile per ingrassare e ammorbidire materiale di cuoio, utilissimo nel mondo contadino.

14

BPozzi 'bbaia' = abbaiare.

15Pozzi cammina' co' gliu bastone = camminare con il bastone. 16

Te sse pozza bee un gliupu = essere bevuto da un lupo.

Te sse pozza magna' un gliupu… coll'acqua vicinu… cucì ce ve' beenno = 17

essere mangiato da un lupo.

Te pozzanu mette a bolle = essere messo a bollire. 18Te pozzanu iettà la biastima = ti "auguro" che ti mandino tante maledizioni!

19Te pozzanu reporta' co' gli biunzi = essere riportato a casa con i bigonci.

Pozzi i' a fa terra pe' le bocalette = fare terra per i piccoli boccali di ceramica 20per il vino.

Te sse pozza 'ncolla' iu bobbo = essere portato via dal "Bobbo" (riferito ai bambini).

21Pozzi fa' iu bótto = fare il bòtto.

15 Non perché si è diventati vecchi con gli anni (quindi campando tanto), ma perché impediti da malattia o incidente. Rispetto ad altre maledizioni, è quasi un complimento. 16 Dopo che il malcapitato era stato ridotto a forma liquida. 17 Con l'acqua pronta per deglutire meglio e più velocemente.18 V. la "Prefazione" al presente fascicolo. 19 I bigonci, caricati sui muli o sugli asini, venivano utilizzati principalmente per trasportare l'uva, ben pigiata con le mani, dalla vigna a casa. Servivano comunque anche per trasportare sassi, sabbia, terra etc. 20 Di significato oscuro. Si potrebbe azzardare: una volta morto diventare stabbio sparso nelle vigne per renderle più fertili e quindi produrre più vino da servire con i boccali. Comunque la "biastima" è piuttosto scherzosa.21 Talvolta si aggiungeva: "comme quigliu 'e Tagliacozzo". Si accenna al fatto che negli anni '30 e '40, ma anche più di recente, a Tagliacozzo c'era il più famoso "sparatore" della zona, il capostipite della famiglia Iacobone, specialista in fuochi d'artificio. Cfr. A. BATTISTI, Piccolo dizionario dialettale di Pietrasecca, Ed. "Lumen", Carsoli 2001.

15

Camerata Nuova (RM), 2009

Page 18: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

17

C22Te pozzanu caccia' le budella = tirar fuori le interiora.

Te pozzanu caccia' iu core = tirar fuori il cuore.

Te pozzanu caccia' le mazza = variante a tirar fuori le "budella".

Te pozzanu caccia' 'i occhi = tirar fuori gli occhi.

Te pozzanu fa' cama = ridurre come la pula dei chicchi di grano.23Te pozza sona' a mórto la campana = suonare a morto per te.

Te pozzanu taglia' iu cannarózzo = tagliare la trachea o la carotide (gargarozzo).24

Te sse pozza fa' (o vinì) un cancaru = venire un cancro.

Te sse pozza fa' un cancaru 'n cuiu = più dettagliata e forse più feroce.

Te pozzanu scinica' i cani = essere strappato a pezzi dai cani. 25

Te pozza vini' iu capusturnu = venire il capostorno. 26Te pozzanu ietta' agliu carracciu 'e Cuglia = buttato in un fossato scosceso.

27Te sse pozza fa’ un carbugnu = qui si "augura" un carbonchio.

Te pozzanu carpi' la lengua = carpire la lingua.

Te pozzi ceca' = accecare.28Te pozzanu ceca' quantu si' bella = per una donna, ottimo complimento.

Pozzi murì céco = morire cieco.

22 Praticamente con lo stesso trattamento riservato ai porci ammazzati.23 Sempre per gli altri suona la campana!?24 Maledizione molto generica ma purtroppo direttamente brutale.25 "Il capostorno è termine comune per definire una malattia delle pecore, cosidetta perché gli animali colpiti spesso "girano in tondo", con la testa piegata da un lato. Tale forma morbosa è data da lesioni meningee e encefaliche causate da larve di un insetto (Oestrus ovis) che depone le larve "schizzandole" in volo sulle narici delle pecore. La larva poi migra verso i seni nasali e paranasali per completare il ciclo e non di rado si localizza in modo aberrante a livello meningeo causando la malattia". 26 In genere in questo luogo appena fuori il paese, venivano buttati, insieme alla immondizia più varia, gli animali morti.27 "Malattia infettiva batterica degli animali e dell'uomo sostenuta da Bacillus antraci". Cfr. BATTISTI, cit., alla voce. Nei tempi passati era sicuramente molto temuta. 28 Il complimento è espresso in maniera certamente pesante, ma era tipico nella società contadina.

Te sse pozza fa' un cécuiu 'n cuiu e non te sse pozza spurà = un comedone sul 29sedere di difficile soluzione.

Te sse pozza fa' un cécuiu sottotigliu = un comedone nella ascella (esatta-mente!).

Non ce pozza remani' mancu la cennere 'e gliu fóco = non solo morto bruciato ma anche le ceneri buttate ai quattro venti.

Te pozzanu spacca' le cerevella = spaccare il cervello.

Te pozzanu da' 'na chioata 'nfronte = una chiodata in fronte.

Te pozzanu mette tre chioi = i tre chiodi del crocifisso.

Te pozzanu tronca' le cianghi = troncare le gambe.

Pozzi stira' le cianghi 'n curtu tempo = tirar le cuoia a breve. 30

Te pozzi struppia', ceca', 'nferma' etc., cicu cicu = rimanere storpio, cieco, infermo.

31Te pozzanu fa' cimìcu = essere ridotto come un cimìcu.

Te pozzanu fa' a cinìchi o cinichigli = essere fatto a pezzetti o pezzettini.

Te pozzanu fa' comme un coreveglio = bucato come un crivello.

Te pozzanu corevella' = essere passato al crivello.

Pozzi muri' cretto = morire con delle crepe sulla pelle causate da eccessivo rigonfiamento.

Te pozzi fa' la croce e non retrova' la capoccia = farsi il segno della croce senza trovarsi più la testa.

Te pozzanu appicca' alla croce = non essere crocifisso, ma con evidente allusione.

Te pozzanu mette 'n croce comme Giasù Cristu = maledizione con chiarifica-zione quasi blasfema.

Te pozzanu 'mpiccà agliu paiu 'e la cuccagna = impiccato al palo della cucca-32

gna.

29 Cecuiu = Comedone, piccola pustola cutanea. V. BATTISTI, cit., alla voce. In italiano suonerebbe grosso modo così: "Ti "auguro" che ti si formi un comedone sul sedere e ti rimanga in pieno gonfiore senza mai rompersi". Il commento definitivo rimane sempre al lettore.30 Cicu = piccolo. "Augurio" polivalente applicabile generalmente ai bambini o comunque a persone di non grande corporatura o semplicemente in senso figurato.31 Cimìcu= Sedum album, piccola pianticella con foglie verdi che assomigliano a chicchi di riso. Cfr. BATTISTI, cit. Alla voce.32 Trave molto lunga e fina sulla cui sommità venivano posti dei doni da vincere in premio una volta saliti fino alla cima aiutandosi soltanto con mani e piedi.

16

Page 19: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

17

C22Te pozzanu caccia' le budella = tirar fuori le interiora.

Te pozzanu caccia' iu core = tirar fuori il cuore.

Te pozzanu caccia' le mazza = variante a tirar fuori le "budella".

Te pozzanu caccia' 'i occhi = tirar fuori gli occhi.

Te pozzanu fa' cama = ridurre come la pula dei chicchi di grano.23Te pozza sona' a mórto la campana = suonare a morto per te.

Te pozzanu taglia' iu cannarózzo = tagliare la trachea o la carotide (gargarozzo).24

Te sse pozza fa' (o vinì) un cancaru = venire un cancro.

Te sse pozza fa' un cancaru 'n cuiu = più dettagliata e forse più feroce.

Te pozzanu scinica' i cani = essere strappato a pezzi dai cani. 25

Te pozza vini' iu capusturnu = venire il capostorno. 26Te pozzanu ietta' agliu carracciu 'e Cuglia = buttato in un fossato scosceso.

27Te sse pozza fa’ un carbugnu = qui si "augura" un carbonchio.

Te pozzanu carpi' la lengua = carpire la lingua.

Te pozzi ceca' = accecare.28Te pozzanu ceca' quantu si' bella = per una donna, ottimo complimento.

Pozzi murì céco = morire cieco.

22 Praticamente con lo stesso trattamento riservato ai porci ammazzati.23 Sempre per gli altri suona la campana!?24 Maledizione molto generica ma purtroppo direttamente brutale.25 "Il capostorno è termine comune per definire una malattia delle pecore, cosidetta perché gli animali colpiti spesso "girano in tondo", con la testa piegata da un lato. Tale forma morbosa è data da lesioni meningee e encefaliche causate da larve di un insetto (Oestrus ovis) che depone le larve "schizzandole" in volo sulle narici delle pecore. La larva poi migra verso i seni nasali e paranasali per completare il ciclo e non di rado si localizza in modo aberrante a livello meningeo causando la malattia". 26 In genere in questo luogo appena fuori il paese, venivano buttati, insieme alla immondizia più varia, gli animali morti.27 "Malattia infettiva batterica degli animali e dell'uomo sostenuta da Bacillus antraci". Cfr. BATTISTI, cit., alla voce. Nei tempi passati era sicuramente molto temuta. 28 Il complimento è espresso in maniera certamente pesante, ma era tipico nella società contadina.

Te sse pozza fa' un cécuiu 'n cuiu e non te sse pozza spurà = un comedone sul 29sedere di difficile soluzione.

Te sse pozza fa' un cécuiu sottotigliu = un comedone nella ascella (esatta-mente!).

Non ce pozza remani' mancu la cennere 'e gliu fóco = non solo morto bruciato ma anche le ceneri buttate ai quattro venti.

Te pozzanu spacca' le cerevella = spaccare il cervello.

Te pozzanu da' 'na chioata 'nfronte = una chiodata in fronte.

Te pozzanu mette tre chioi = i tre chiodi del crocifisso.

Te pozzanu tronca' le cianghi = troncare le gambe.

Pozzi stira' le cianghi 'n curtu tempo = tirar le cuoia a breve. 30

Te pozzi struppia', ceca', 'nferma' etc., cicu cicu = rimanere storpio, cieco, infermo.

31Te pozzanu fa' cimìcu = essere ridotto come un cimìcu.

Te pozzanu fa' a cinìchi o cinichigli = essere fatto a pezzetti o pezzettini.

Te pozzanu fa' comme un coreveglio = bucato come un crivello.

Te pozzanu corevella' = essere passato al crivello.

Pozzi muri' cretto = morire con delle crepe sulla pelle causate da eccessivo rigonfiamento.

Te pozzi fa' la croce e non retrova' la capoccia = farsi il segno della croce senza trovarsi più la testa.

Te pozzanu appicca' alla croce = non essere crocifisso, ma con evidente allusione.

Te pozzanu mette 'n croce comme Giasù Cristu = maledizione con chiarifica-zione quasi blasfema.

Te pozzanu 'mpiccà agliu paiu 'e la cuccagna = impiccato al palo della cucca-32

gna.

29 Cecuiu = Comedone, piccola pustola cutanea. V. BATTISTI, cit., alla voce. In italiano suonerebbe grosso modo così: "Ti "auguro" che ti si formi un comedone sul sedere e ti rimanga in pieno gonfiore senza mai rompersi". Il commento definitivo rimane sempre al lettore.30 Cicu = piccolo. "Augurio" polivalente applicabile generalmente ai bambini o comunque a persone di non grande corporatura o semplicemente in senso figurato.31 Cimìcu= Sedum album, piccola pianticella con foglie verdi che assomigliano a chicchi di riso. Cfr. BATTISTI, cit. Alla voce.32 Trave molto lunga e fina sulla cui sommità venivano posti dei doni da vincere in premio una volta saliti fino alla cima aiutandosi soltanto con mani e piedi.

16

Page 20: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

18 19

Te pozzanu raccoglie co' gliu cucchiaru = raccolto con il cucchiaio. 33

Te pozza da' un curbu 'mpetto = avere un colpo al petto. 34Te pozza da' un curbu e mezzo = avere un colpo e mezzo.

Te pozza da' un curbu a campa', cucì te gliu pó gode = essere colpito da un accidente (qualunque esso sia), purchè tu rimanga vivo e te lo possa godere.

Pozzi fa la fine 'e gliu cutturu: i' ancinu 'ncanna e la fiamma 'ncuiu = finire 35

come il paiuolo: con la fiamma sotto e il gancio "alla gola".

Pozzi cammina' a cuiu pe' terra = camminare strisciando il culo.

33 Espressione molto usata, quasi confidenziale.34 Per non fare conto pari.35 Conosciutissimo. Reso famoso dalle cantate tra amici.

DTe sse pozzanu 'ncolla' i diavui = essere portato via sulle spalle dai diavoli.

Te sse pozza 'ncolla' iu diavuiu = essere portato via sulle spalle dal diavolo. 36

Te pozzi sdirrupa' = cadere in un dirupo.

36 E poteva accadere facilmente per chi frequentava quasi quotidianamente i boschi o le montagne.

Carsoli anni ‘50 (cartolina)Collalto Sabino anni ‘70 (cartolina)

Page 21: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

18 19

Te pozzanu raccoglie co' gliu cucchiaru = raccolto con il cucchiaio. 33

Te pozza da' un curbu 'mpetto = avere un colpo al petto. 34Te pozza da' un curbu e mezzo = avere un colpo e mezzo.

Te pozza da' un curbu a campa', cucì te gliu pó gode = essere colpito da un accidente (qualunque esso sia), purchè tu rimanga vivo e te lo possa godere.

Pozzi fa la fine 'e gliu cutturu: i' ancinu 'ncanna e la fiamma 'ncuiu = finire 35

come il paiuolo: con la fiamma sotto e il gancio "alla gola".

Pozzi cammina' a cuiu pe' terra = camminare strisciando il culo.

33 Espressione molto usata, quasi confidenziale.34 Per non fare conto pari.35 Conosciutissimo. Reso famoso dalle cantate tra amici.

DTe sse pozzanu 'ncolla' i diavui = essere portato via sulle spalle dai diavoli.

Te sse pozza 'ncolla' iu diavuiu = essere portato via sulle spalle dal diavolo. 36

Te pozzi sdirrupa' = cadere in un dirupo.

36 E poteva accadere facilmente per chi frequentava quasi quotidianamente i boschi o le montagne.

Carsoli anni ‘50 (cartolina)Collalto Sabino anni ‘70 (cartolina)

Page 22: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

20 21

FPozzi fa' 'na fine brutta = fare una brutta fine.

Te 'sse pòzza magna' iu fóco = essere mangiato dal fuoco.

Te pozzanu caccia' lo frittu = tirar fuori tutti i pezzettini di carne adatti per essere fritti.

Te pozzanu tracina' co' 'na funi 'nganna = strascinato con il cappio al collo.

Te pozza da' un furmine = essere colpito da un fulmine.

GTe pozzanu fa' a glibbre = essere ridotto a pezzettini pesanti non più di una

libbra.

Te pozzanu retrova' gnirminitu = essere ritrovato (per caso, ovviamente) ormai pieno di vermi.

Colli di Montebove anni ‘50 (cartolina)

Monte Sabinese, 2009

Page 23: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

20 21

FPozzi fa' 'na fine brutta = fare una brutta fine.

Te 'sse pòzza magna' iu fóco = essere mangiato dal fuoco.

Te pozzanu caccia' lo frittu = tirar fuori tutti i pezzettini di carne adatti per essere fritti.

Te pozzanu tracina' co' 'na funi 'nganna = strascinato con il cappio al collo.

Te pozza da' un furmine = essere colpito da un fulmine.

GTe pozzanu fa' a glibbre = essere ridotto a pezzettini pesanti non più di una

libbra.

Te pozzanu retrova' gnirminitu = essere ritrovato (per caso, ovviamente) ormai pieno di vermi.

Colli di Montebove anni ‘50 (cartolina)

Monte Sabinese, 2009

Page 24: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

37 Chiaro riferimento alle sofferenze patite sulla croce.38 O morto in un "sudario" o forzatamente immobilizzato disteso, bisognoso comunque di essere rigirato con un lenzuolo (magari l'unico disponibile). 39 Lobotomia: "intervento chirurgico che ha lo scopo di interrompere totalmente le connessioni tra il lobo frontale e il resto del cervello, spec. il talamo, nel trattamento di alcune malattie mentali". Cfr. Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana 1998, Bologna 1997, alla voce. Per l'utilizzo del particolare termine medico V. Prefazione.

22 23

I

Te pozzanu appicca' agliu iammero = appiccare al legno ricurvo dove si appendeva il maiale per essere squartato.

Te pozza vini' la iermecara = avere vermi nelle feci o il verme solitario (verminara).

Te pozzanu ietta' a fiume = buttare a fiume.

Pozzi ietta' la mercia = buttar fuori la "mercia" (poltiglia di residui organici umani).

Pozzi ietta' lo frittu = buttare il fritto.

Pozzi ietta' sangue = buttare sangue.

Pozzi ietta' un pezzo 'e core = buttare un pezzo di cuore.

Pozzi ietta' un pezzo 'e pormone = buttare un pezzo di polmone.

Pozzi ietta' un pormone 'e sangue = buttare un polmone pieno di sangue.

Pozzi i' all'inferno = andare all'inferno.

L37Pozzi ietta' lacreme 'e sangue = lacrime di sangue.

Pozzi remani' a lengua attorta = talvolta, dopo una paresi o similari piacevoli "colpi", si rimane con la lingua "torta".

38Te pozzanu reota' co' gliu lenzoio = rivoltare con un lenzuolo.

Te pozzanu mette a lessa' dravendo a un callarozzo = essere lessato dentro un calderone.

Pozzi i' pe' 'limosena = andare a chiedere l'elemosina.

Te pozzanu fa' a lommegli = essere ridotto a "filetti" come quelli ricavati dai lombi del maiale.

39Te pozzanu fa' la ludumia = fare la lobotomia.

Oricola, 2009

Pereto, anni ‘50 (cartolina)

Page 25: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

37 Chiaro riferimento alle sofferenze patite sulla croce.38 O morto in un "sudario" o forzatamente immobilizzato disteso, bisognoso comunque di essere rigirato con un lenzuolo (magari l'unico disponibile). 39 Lobotomia: "intervento chirurgico che ha lo scopo di interrompere totalmente le connessioni tra il lobo frontale e il resto del cervello, spec. il talamo, nel trattamento di alcune malattie mentali". Cfr. Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana 1998, Bologna 1997, alla voce. Per l'utilizzo del particolare termine medico V. Prefazione.

22 23

I

Te pozzanu appicca' agliu iammero = appiccare al legno ricurvo dove si appendeva il maiale per essere squartato.

Te pozza vini' la iermecara = avere vermi nelle feci o il verme solitario (verminara).

Te pozzanu ietta' a fiume = buttare a fiume.

Pozzi ietta' la mercia = buttar fuori la "mercia" (poltiglia di residui organici umani).

Pozzi ietta' lo frittu = buttare il fritto.

Pozzi ietta' sangue = buttare sangue.

Pozzi ietta' un pezzo 'e core = buttare un pezzo di cuore.

Pozzi ietta' un pezzo 'e pormone = buttare un pezzo di polmone.

Pozzi ietta' un pormone 'e sangue = buttare un polmone pieno di sangue.

Pozzi i' all'inferno = andare all'inferno.

L37Pozzi ietta' lacreme 'e sangue = lacrime di sangue.

Pozzi remani' a lengua attorta = talvolta, dopo una paresi o similari piacevoli "colpi", si rimane con la lingua "torta".

38Te pozzanu reota' co' gliu lenzoio = rivoltare con un lenzuolo.

Te pozzanu mette a lessa' dravendo a un callarozzo = essere lessato dentro un calderone.

Pozzi i' pe' 'limosena = andare a chiedere l'elemosina.

Te pozzanu fa' a lommegli = essere ridotto a "filetti" come quelli ricavati dai lombi del maiale.

39Te pozzanu fa' la ludumia = fare la lobotomia.

Oricola, 2009

Pereto, anni ‘50 (cartolina)

Page 26: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

40 "Giacomo Matteotti (1885-1924), politico. Deputato e segretario del Partito socialista (1922), fu rapito e, [dopo affannose ricerche ritrovato . Era stato] assassinato dai fascisti per aver denunciato i brogli e le violenze di cui si erano resi colpevoli gli uomini del regime durante le elezioni. Il ritrovamento del suo cadavere, il 10 giugno 1924, provocò profonda indignazione pubblica e una protesta in parlamento". V. Il piccolo Rizzoli-Larousse, Milano 2004, alla voce.41 Rocco sarebbe nato a Montpellier nel 1295 e morto nel 1327. Patrono contro la peste è un santo molto popolare e venerato. 42 Il grande Ettore Petrolini sul palcoscenico usava, come espressione adatta prima di un giuramento, affermare elegantemente: "Ch'io possa fare una sboccata di sangue se non è vero!". 43 Usato come eufemismo in maniera scherzosa.

24 25

MTe pozzanu passa' agliu macininu = passare al macinino del caffè.

Te pozza vini' lo male mazzigliu = avere una forte infiammazione del malleolo.

Te pozzanu squarta' co' la mannara = essere squartato con la mannaia.

Te pozzanu tronca' (o cionca') le mani = tagliare le mani. 40

Pozzi spari' comme Matteotti = sparire come Matteotti.

Pozzi fa' le mazza = evacuare le interiora.

Te pozzanu ficca' alle mazza 'e gli ciglitti = una volta triturato, essere infilato nelle interiora degli uccelletti.

Pozzi 'mballocca' = avere la lingua parzialmente impedita a seguito di paresi o simile e non poter parlare liberamente.

Te pozzi 'mbiaca' comme San Rocco = avere le piaghe come quelle di San 41Rocco .

Te pozzanu retrova' 'mbuzzatu = essere ritrovato ormai imputridito.

Te pozzanu da' 'na cortellata alla mirza = coltellata alla milza.42

Pozzi fa' un 'moccone 'e sangue = fare un boccone di sangue.

Te pozza sona' a morto la campana = suonare a morto la campana.

Te pozzanu retrova' pe' via 'e mosche = essere ritrovato individuando il cadavere dal ronzio delle mosche sopra la carogna.

Te pozzanu mozza' mani e pei = mozzare mani e piedi.

Te pozzi 'mpazzi' = impazzire.

Pozzi muri' 'mpiccatu = morire impiccato.

43Che sci 'mpisu = che tu possa essere appeso.

Te pozzi 'mpuglini' = essere attaccato dai pidocchi "puglini" (tipici pidocchi delle galline).

Te pozzi 'mpulacra' = impellagrare, colpito da pellagra.

Pozzi casca' a muccu 'nnanzi = cadere a terra con il "muso" davanti.

Te sse pozza scioglie iu muglìcaru = sciogliere l'ombelico.

Piana del Cavaliere, anni ‘30 (cartolina)

Page 27: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

40 "Giacomo Matteotti (1885-1924), politico. Deputato e segretario del Partito socialista (1922), fu rapito e, [dopo affannose ricerche ritrovato . Era stato] assassinato dai fascisti per aver denunciato i brogli e le violenze di cui si erano resi colpevoli gli uomini del regime durante le elezioni. Il ritrovamento del suo cadavere, il 10 giugno 1924, provocò profonda indignazione pubblica e una protesta in parlamento". V. Il piccolo Rizzoli-Larousse, Milano 2004, alla voce.41 Rocco sarebbe nato a Montpellier nel 1295 e morto nel 1327. Patrono contro la peste è un santo molto popolare e venerato. 42 Il grande Ettore Petrolini sul palcoscenico usava, come espressione adatta prima di un giuramento, affermare elegantemente: "Ch'io possa fare una sboccata di sangue se non è vero!". 43 Usato come eufemismo in maniera scherzosa.

24 25

MTe pozzanu passa' agliu macininu = passare al macinino del caffè.

Te pozza vini' lo male mazzigliu = avere una forte infiammazione del malleolo.

Te pozzanu squarta' co' la mannara = essere squartato con la mannaia.

Te pozzanu tronca' (o cionca') le mani = tagliare le mani. 40

Pozzi spari' comme Matteotti = sparire come Matteotti.

Pozzi fa' le mazza = evacuare le interiora.

Te pozzanu ficca' alle mazza 'e gli ciglitti = una volta triturato, essere infilato nelle interiora degli uccelletti.

Pozzi 'mballocca' = avere la lingua parzialmente impedita a seguito di paresi o simile e non poter parlare liberamente.

Te pozzi 'mbiaca' comme San Rocco = avere le piaghe come quelle di San 41Rocco .

Te pozzanu retrova' 'mbuzzatu = essere ritrovato ormai imputridito.

Te pozzanu da' 'na cortellata alla mirza = coltellata alla milza.42

Pozzi fa' un 'moccone 'e sangue = fare un boccone di sangue.

Te pozza sona' a morto la campana = suonare a morto la campana.

Te pozzanu retrova' pe' via 'e mosche = essere ritrovato individuando il cadavere dal ronzio delle mosche sopra la carogna.

Te pozzanu mozza' mani e pei = mozzare mani e piedi.

Te pozzi 'mpazzi' = impazzire.

Pozzi muri' 'mpiccatu = morire impiccato.

43Che sci 'mpisu = che tu possa essere appeso.

Te pozzi 'mpuglini' = essere attaccato dai pidocchi "puglini" (tipici pidocchi delle galline).

Te pozzi 'mpulacra' = impellagrare, colpito da pellagra.

Pozzi casca' a muccu 'nnanzi = cadere a terra con il "muso" davanti.

Te sse pozza scioglie iu muglìcaru = sciogliere l'ombelico.

Piana del Cavaliere, anni ‘30 (cartolina)

Page 28: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

44 Richiamo alle numerose immagini di Santa Lucia presenti nelle case o nei santini: qui spesso la santa veniva raffigurata nell'atto di porgere un vassoio con sopra due occhi con esplicito riferimento al suo martirio.

26 27

N

Pozzate remani' 'incacchiati còmme gli cani = rimanere forzatamente accop-piati a lungo come i cani (in maniera che non possiate nascondere la vostra unione peccaminosa).

Te pozzanu mette 'na pezza 'ncuiu = variante scherzosa.

Te pozzanu retrova' 'ndingatu = essere ritrovato irrigidito.

Te sse pozza fa' un 'ndrillingu = ("inter lingua") venire le convulsioni o tremito.

Te sse pozza fa' un 'ndrillingu comme agliu bove = precisazione interessante ma di incerta interpretazione.

Te pozzi 'nferma' = rimanere infermo.

Te pozzanu 'nghioa' alla croce = inchiodare alla croce.

Te pozzi 'nginniri' = incenerire.

Te pozzanu retrova' 'ngrofatu agliu foco = con il "grugno" in mezzo al fuoco del camino.

Te sse pozzanu 'ngrofa' sotto = mettere sotto per menarti.

Non nne pozza i' più la nòa = che non ve ne sia più notizia (dell'altro, natural-mente).

Pozza rini' la nòa = che possa ritornare la notizia (della tua fine, naturalmente).

Se pozza perde iu nòme = la cosiddetta "damnatio memoriae".

Non pozzi fa' notte = non arrivare a vedere la notte, (quasi un colpo secco).

Te pozzanu fa' 'ntremmezzo = equivale a spaccare a metà.

Pozzi rini' 'ntremmorto = tornare tramortito.

Pozzi cammina' 'nzinucchiuni = camminare in ginocchio.

O

Pozzi fa' 'na ommecata - o in alternativa - occata 'e sangue = vomitare o riempirsi la bocca di sangue per poi vomitare.

Pozzi fa' 'na occata 'e chioi = una "sboccata di chiodi" (quindi hai mangiato unicamente chiodi).

Te pozzanu cava' 'i occhi e mittitigli 'mani = cavare gli occhi e metterteli in 44

mano.

Te sse pozza ota' cei = ti possa girare la testa ( = rivoltare e girare il cielo).

Pietrasecca anni ‘60 (cartolina)

Page 29: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

44 Richiamo alle numerose immagini di Santa Lucia presenti nelle case o nei santini: qui spesso la santa veniva raffigurata nell'atto di porgere un vassoio con sopra due occhi con esplicito riferimento al suo martirio.

26 27

N

Pozzate remani' 'incacchiati còmme gli cani = rimanere forzatamente accop-piati a lungo come i cani (in maniera che non possiate nascondere la vostra unione peccaminosa).

Te pozzanu mette 'na pezza 'ncuiu = variante scherzosa.

Te pozzanu retrova' 'ndingatu = essere ritrovato irrigidito.

Te sse pozza fa' un 'ndrillingu = ("inter lingua") venire le convulsioni o tremito.

Te sse pozza fa' un 'ndrillingu comme agliu bove = precisazione interessante ma di incerta interpretazione.

Te pozzi 'nferma' = rimanere infermo.

Te pozzanu 'nghioa' alla croce = inchiodare alla croce.

Te pozzi 'nginniri' = incenerire.

Te pozzanu retrova' 'ngrofatu agliu foco = con il "grugno" in mezzo al fuoco del camino.

Te sse pozzanu 'ngrofa' sotto = mettere sotto per menarti.

Non nne pozza i' più la nòa = che non ve ne sia più notizia (dell'altro, natural-mente).

Pozza rini' la nòa = che possa ritornare la notizia (della tua fine, naturalmente).

Se pozza perde iu nòme = la cosiddetta "damnatio memoriae".

Non pozzi fa' notte = non arrivare a vedere la notte, (quasi un colpo secco).

Te pozzanu fa' 'ntremmezzo = equivale a spaccare a metà.

Pozzi rini' 'ntremmorto = tornare tramortito.

Pozzi cammina' 'nzinucchiuni = camminare in ginocchio.

O

Pozzi fa' 'na ommecata - o in alternativa - occata 'e sangue = vomitare o riempirsi la bocca di sangue per poi vomitare.

Pozzi fa' 'na occata 'e chioi = una "sboccata di chiodi" (quindi hai mangiato unicamente chiodi).

Te pozzanu cava' 'i occhi e mittitigli 'mani = cavare gli occhi e metterteli in 44

mano.

Te sse pozza ota' cei = ti possa girare la testa ( = rivoltare e girare il cielo).

Pietrasecca anni ‘60 (cartolina)

Page 30: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

45 La maledizione è estensibile : Te "gliu, la, gli" pozzi piagne" riferita a terze persone. 46 Cfr. BATTISTI A., cit., alla voce.

28 29

PNon pozzi trova' un'ora 'e pace = non trovare un'ora di pace.

Te pozzanu da' (tira') 'na palla 'mpetto = certo le palle di una volta da tirare sul petto erano soltanto quelle di fucile o peggio di cannone.

Pozzi muri' co' la paglia 'mocca = anche vivendo sempre in mezzo ad animali da stalla, non è una bella fine. Si può fare una fine così augurabile anche perché non avendo altro da mangiare ci si poteva arrangiare....

Pozzi fa' un pezzo 'e sangue = vomitare il sangue non liquido ma "a pezzi".45Te sse pozzanu piagne = tutto sommato una maledizione pietosa.

Te pozza vini' la pipìta comme alle cagline = essere colpito dalla medesima malattia tipica delle galline che rendeva loro difficoltosa la respirazione per cui apparivano spesso con la lingua fuori del becco.

Pozzi sta' pistu = essere pestato.

Pozzi muri' de' pizzichi = usatissimo nella Capitale d'Italia.

Te pozzanu fa' a porbette = essere fatto a polpette (affettuoso!).

Pozzi sputa' un pezzo 'e pormone = sputare un pezzo di polmone.

Pozzi fa' la puschia = fare la bava.46

Te 'sse pozza fa' 'na puschia = venire una pustola maligna.

Te sse pozza fa' 'na pustèma 'mpetto = una apostema (formazione ascessuale con contenuto purulento di odore sgradevole) sul petto, con evidente richia-mo a pustola della peste e simili.

Te sse pozza mette alle cento pelli = che ti si blocchi nello stomaco.

QPozzi i' sperso comme gliu quatrinu = andare sperduto come poteva accadere per la moneta di un quattrino.Te pozzanu fa' a quarti = macellato come le bestie di consistente corporatura che vengono divise in quarti.

Poggio Cinolfo anni ‘20 (cartolina)

Page 31: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

45 La maledizione è estensibile : Te "gliu, la, gli" pozzi piagne" riferita a terze persone. 46 Cfr. BATTISTI A., cit., alla voce.

28 29

PNon pozzi trova' un'ora 'e pace = non trovare un'ora di pace.

Te pozzanu da' (tira') 'na palla 'mpetto = certo le palle di una volta da tirare sul petto erano soltanto quelle di fucile o peggio di cannone.

Pozzi muri' co' la paglia 'mocca = anche vivendo sempre in mezzo ad animali da stalla, non è una bella fine. Si può fare una fine così augurabile anche perché non avendo altro da mangiare ci si poteva arrangiare....

Pozzi fa' un pezzo 'e sangue = vomitare il sangue non liquido ma "a pezzi".45Te sse pozzanu piagne = tutto sommato una maledizione pietosa.

Te pozza vini' la pipìta comme alle cagline = essere colpito dalla medesima malattia tipica delle galline che rendeva loro difficoltosa la respirazione per cui apparivano spesso con la lingua fuori del becco.

Pozzi sta' pistu = essere pestato.

Pozzi muri' de' pizzichi = usatissimo nella Capitale d'Italia.

Te pozzanu fa' a porbette = essere fatto a polpette (affettuoso!).

Pozzi sputa' un pezzo 'e pormone = sputare un pezzo di polmone.

Pozzi fa' la puschia = fare la bava.46

Te 'sse pozza fa' 'na puschia = venire una pustola maligna.

Te sse pozza fa' 'na pustèma 'mpetto = una apostema (formazione ascessuale con contenuto purulento di odore sgradevole) sul petto, con evidente richia-mo a pustola della peste e simili.

Te sse pozza mette alle cento pelli = che ti si blocchi nello stomaco.

QPozzi i' sperso comme gliu quatrinu = andare sperduto come poteva accadere per la moneta di un quattrino.Te pozzanu fa' a quarti = macellato come le bestie di consistente corporatura che vengono divise in quarti.

Poggio Cinolfo anni ‘20 (cartolina)

Page 32: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

47 Esplicito riferimento alle frequenti "lotte rusticane".

RTe pozzanu tronca' le raccia = troncare le braccia.

47Te pozzanu da' 'na rasuiata 'nfronte = una rasoiata sulla fronte.

Te pozzanu fa' la recchia iu tóccio più rósso = se di una persona fatta a pezzi rimane , come pezzo più grosso, l'orecchio, allora…!

Pozzi magna' e refa' fore = mangiare e subito dover vomitare.

Pozzi magna' e reommeca' = mangiare e vomitare, mangiare e vomitare, mangiare e vomitare… non è cosa buona.

Te pozzanu ammolla' alla refóta = essere immerso nella gora del mulino ad acqua.

Te pozzanu retrova' refriddu = trovarti ormai crepato da un pezzo, ormai freddo.

Te pozzanu da’ tante schioppettate agliu bottone 'egliu reggipettu pe' quante foglie stau alla pacina 'e la Madonna = maledizione un po’ ricercata e prolissa ma chiara.

Pozzi remagnatte = rimangiare te stesso (a volte uno dice, la fame!)

Pozzi 'i remunnu = andare in giro mondato, ovvero scorticato come un palo per una staccionata oppure le castagne una volta bollite senza la prima buccia.

Te pozzanu reporta' 'n quattro = una volta a casa solo i morti venivano riporta-ti in quattro persone.

Te pozzanu reporta' co' la scala = per chi moriva nei campi, la scala a pioli era ovviamente il mezzo più comodo e immediato per riportare la salma a casa.

Te pozzanu reporta' co' la sedia = meno grave che essere riportati con la scala, ma chissà quanto meglio!

Te pozzanu reporta' a pei 'nnanzi = il morto veniva trasportato verso casa sempre con i piedi davanti.

Non te pozzi resbeglia' = non risvegliarsi.

Non pozzi revini' = non è certo un buon augurio per chi parte.

Te pozzanu da' lo riciatu còmme a le cagline = se si è giunti ad essere imboc-cati solo con semolino e simili oppure addirittura sostenuti con minuzzaglia tritata di farina ed acqua, non è un buon segno.

Te pozzanu retrova' rienno = trovarti dopo lunghissima ricerca o meglio casualmente, scheletro (il teschio evidenzia i denti. Altra interpretazione: se ridi senza ragione, sei impazzito.

Pozzi i' in ruina = andare in rovina.

30 31

Rocca di Botte inizi ‘900 (cartolina)

Page 33: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

47 Esplicito riferimento alle frequenti "lotte rusticane".

RTe pozzanu tronca' le raccia = troncare le braccia.

47Te pozzanu da' 'na rasuiata 'nfronte = una rasoiata sulla fronte.

Te pozzanu fa' la recchia iu tóccio più rósso = se di una persona fatta a pezzi rimane , come pezzo più grosso, l'orecchio, allora…!

Pozzi magna' e refa' fore = mangiare e subito dover vomitare.

Pozzi magna' e reommeca' = mangiare e vomitare, mangiare e vomitare, mangiare e vomitare… non è cosa buona.

Te pozzanu ammolla' alla refóta = essere immerso nella gora del mulino ad acqua.

Te pozzanu retrova' refriddu = trovarti ormai crepato da un pezzo, ormai freddo.

Te pozzanu da’ tante schioppettate agliu bottone 'egliu reggipettu pe' quante foglie stau alla pacina 'e la Madonna = maledizione un po’ ricercata e prolissa ma chiara.

Pozzi remagnatte = rimangiare te stesso (a volte uno dice, la fame!)

Pozzi 'i remunnu = andare in giro mondato, ovvero scorticato come un palo per una staccionata oppure le castagne una volta bollite senza la prima buccia.

Te pozzanu reporta' 'n quattro = una volta a casa solo i morti venivano riporta-ti in quattro persone.

Te pozzanu reporta' co' la scala = per chi moriva nei campi, la scala a pioli era ovviamente il mezzo più comodo e immediato per riportare la salma a casa.

Te pozzanu reporta' co' la sedia = meno grave che essere riportati con la scala, ma chissà quanto meglio!

Te pozzanu reporta' a pei 'nnanzi = il morto veniva trasportato verso casa sempre con i piedi davanti.

Non te pozzi resbeglia' = non risvegliarsi.

Non pozzi revini' = non è certo un buon augurio per chi parte.

Te pozzanu da' lo riciatu còmme a le cagline = se si è giunti ad essere imboc-cati solo con semolino e simili oppure addirittura sostenuti con minuzzaglia tritata di farina ed acqua, non è un buon segno.

Te pozzanu retrova' rienno = trovarti dopo lunghissima ricerca o meglio casualmente, scheletro (il teschio evidenzia i denti. Altra interpretazione: se ridi senza ragione, sei impazzito.

Pozzi i' in ruina = andare in rovina.

30 31

Rocca di Botte inizi ‘900 (cartolina)

Page 34: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

S48Te pozzanu fa' 'na saleca 'e botte = tante botte quanto è lunga una "saleca".

Pozzi piscia' sangue = il significato è chiarissimo.

Pozzi caca' sangue = ugualmente chiarissimo.

Pozzi sputa' sangue = sputare sangue.

Pozzi caca' sangue e mercia = meno chiaro ma più efficace (sangue e poltiglia).

Ne pozza rini' la sarma = tornare a casa la salma.

Pozzi i' a fa' a sbatticuiu = prendere una persona in due e tenendolo per le mani e per i piedi fargli sbattere il culo al muro o simile.

Te pozzi scapoccia' = ti si possa staccare la testa, anche senza bisogno di essere tagliata.

Te pozzanu ammazza' prima che me ne scordo = …. prima che me ne dimenti-chi.

Te 'sse pozzanu sdeora' i cani arrabbiati = essere divorato dai cani.

Te pozzanu sdiglibbra' = essere fatto a pezzi del peso massimo di una libbra.

Te pozzanu sfittuccia' = essere fatto a fettuccie molto piccole.

Te pozzanu spacca' iu core = spaccare il cuore (troppo comune).

Te pozzanu spacca' 'mmezzo co' l'accetta = spaccato a metà con l'accetta.

Pozzanu ammazzamme e spaccamme ecco, se non è bero! = una delle poche imprecazioni rivolte a se stessi.

Pozzi muri' a un letto 'e spidale = morire in ospedale? No, meglio nel proprio letto.

Pozzi sputa' sangue e doppo un'ora sangue ancora = tanto chiara quanto cinico.

Te pozzanu scanna' comme un porco = l'idea è sempre quella legata all'uccisione di animali.

Te pozzi scacchia' = divaricare le gambe fino a rompersele.

Pozzi schiatta' = schiattare.

48 La "saleca" era la parte finale e lunga della camicia dalla vita in giù, lasciata fuori sopra ai pantaloni. Generalmente si lasciava così sciolta quando si mieteva per non permettere alle spighe o alla pula di entrare dentro i pantaloni. Oggi, ironia dei tempi, è di gran moda: spesso è così lasciata per coprire la pancia eccessiva!

Te pozzanu fa' 'na schina comme 'na maése = rendere la schiena appiattita e con i solchi (per le botte) come vengono fatti per il maggese.

Te pozzanu scinica' = essere stracciato ovvero fatto a pezzi irregolari.

Te pozzanu fa' comme lo scocchiatu (scocchìtu) = essere ridotto come il cumulo di trucioli e cortecce verdi tolte ai pali e paletti.

Pozzi scoppa' = scoppiare (breve e concisa).

Te pozzanu fa' 'i occhi comme ddu scoppe 'e patane = (senza commento..)49

Te pozzanu scorteca' comme San Bartolommeo = scorticare.

Te pozzi scossa' = rompersi le cosce.

Te pozzanu recapa' la scrima = segnare la riga dei capelli con un taglio netto.50Te pozzi scuglia' = sforzarsi fino a farsi fuoriuscire "la cuglia".

Te pozzi sderrena' = rompersi le reni.

Te pozzanu seziona' = sezionare.

Te pozzi sfracella' = sfracellarsi.

Te pozzi sgrina' = rompersi la schiena.

Te pozzanu appicca' la sorrecchia 'ngoglio = appendere sul collo il falcetto per mietere. Non è molto elegante!

Te pozzanu da' tanti curbi pe' quanti buci te' iu sotacciu = tanti colpi quanti buchi ha il setaccio per passare la farina.

Te pozzanu spacca' iu core = è troppo chiara.

Te pozzanu spacca' mezzo = sezionare esattamente a metà

Te pozzanu raccoglie co' la sparra = essere raccolto con canovaccio di cucina.51Te pozzanu spella' viu = essere scorticato vivo.

Te pozzanu ficcà 'nu spidaroio 'ncanna = infilare lo spiedo alla gola.

Pozzi sprefonna' = augurio di poter sprofondare sottoterra, possibilmente.

Te pozzanu spura' le pupille 'e gli occhi = far scoppiare le pupille (espressione piuttosto ricercata!).

Te pozzanu squarta' comme gli porci = è troppo chiara!

Te pozzanu squinterna' = squinternare.

49 L'apostolo Bartolomeo, dopo essere stato percosso con randelli, venne scorticato vivo.50 In latino coleus = testicolo. Ma anche "scroto" da "cuna" = culla.51 Vedi nota n. 49. Questa maledizione ricorda anche la condanna del mitologico satiro Marsia che, per aver perso una gara musicale con Apollo, fu appeso ad un abete e scorticato.

32 33

Page 35: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

S48Te pozzanu fa' 'na saleca 'e botte = tante botte quanto è lunga una "saleca".

Pozzi piscia' sangue = il significato è chiarissimo.

Pozzi caca' sangue = ugualmente chiarissimo.

Pozzi sputa' sangue = sputare sangue.

Pozzi caca' sangue e mercia = meno chiaro ma più efficace (sangue e poltiglia).

Ne pozza rini' la sarma = tornare a casa la salma.

Pozzi i' a fa' a sbatticuiu = prendere una persona in due e tenendolo per le mani e per i piedi fargli sbattere il culo al muro o simile.

Te pozzi scapoccia' = ti si possa staccare la testa, anche senza bisogno di essere tagliata.

Te pozzanu ammazza' prima che me ne scordo = …. prima che me ne dimenti-chi.

Te 'sse pozzanu sdeora' i cani arrabbiati = essere divorato dai cani.

Te pozzanu sdiglibbra' = essere fatto a pezzi del peso massimo di una libbra.

Te pozzanu sfittuccia' = essere fatto a fettuccie molto piccole.

Te pozzanu spacca' iu core = spaccare il cuore (troppo comune).

Te pozzanu spacca' 'mmezzo co' l'accetta = spaccato a metà con l'accetta.

Pozzanu ammazzamme e spaccamme ecco, se non è bero! = una delle poche imprecazioni rivolte a se stessi.

Pozzi muri' a un letto 'e spidale = morire in ospedale? No, meglio nel proprio letto.

Pozzi sputa' sangue e doppo un'ora sangue ancora = tanto chiara quanto cinico.

Te pozzanu scanna' comme un porco = l'idea è sempre quella legata all'uccisione di animali.

Te pozzi scacchia' = divaricare le gambe fino a rompersele.

Pozzi schiatta' = schiattare.

48 La "saleca" era la parte finale e lunga della camicia dalla vita in giù, lasciata fuori sopra ai pantaloni. Generalmente si lasciava così sciolta quando si mieteva per non permettere alle spighe o alla pula di entrare dentro i pantaloni. Oggi, ironia dei tempi, è di gran moda: spesso è così lasciata per coprire la pancia eccessiva!

Te pozzanu fa' 'na schina comme 'na maése = rendere la schiena appiattita e con i solchi (per le botte) come vengono fatti per il maggese.

Te pozzanu scinica' = essere stracciato ovvero fatto a pezzi irregolari.

Te pozzanu fa' comme lo scocchiatu (scocchìtu) = essere ridotto come il cumulo di trucioli e cortecce verdi tolte ai pali e paletti.

Pozzi scoppa' = scoppiare (breve e concisa).

Te pozzanu fa' 'i occhi comme ddu scoppe 'e patane = (senza commento..)49

Te pozzanu scorteca' comme San Bartolommeo = scorticare.

Te pozzi scossa' = rompersi le cosce.

Te pozzanu recapa' la scrima = segnare la riga dei capelli con un taglio netto.50Te pozzi scuglia' = sforzarsi fino a farsi fuoriuscire "la cuglia".

Te pozzi sderrena' = rompersi le reni.

Te pozzanu seziona' = sezionare.

Te pozzi sfracella' = sfracellarsi.

Te pozzi sgrina' = rompersi la schiena.

Te pozzanu appicca' la sorrecchia 'ngoglio = appendere sul collo il falcetto per mietere. Non è molto elegante!

Te pozzanu da' tanti curbi pe' quanti buci te' iu sotacciu = tanti colpi quanti buchi ha il setaccio per passare la farina.

Te pozzanu spacca' iu core = è troppo chiara.

Te pozzanu spacca' mezzo = sezionare esattamente a metà

Te pozzanu raccoglie co' la sparra = essere raccolto con canovaccio di cucina.51Te pozzanu spella' viu = essere scorticato vivo.

Te pozzanu ficcà 'nu spidaroio 'ncanna = infilare lo spiedo alla gola.

Pozzi sprefonna' = augurio di poter sprofondare sottoterra, possibilmente.

Te pozzanu spura' le pupille 'e gli occhi = far scoppiare le pupille (espressione piuttosto ricercata!).

Te pozzanu squarta' comme gli porci = è troppo chiara!

Te pozzanu squinterna' = squinternare.

49 L'apostolo Bartolomeo, dopo essere stato percosso con randelli, venne scorticato vivo.50 In latino coleus = testicolo. Ma anche "scroto" da "cuna" = culla.51 Vedi nota n. 49. Questa maledizione ricorda anche la condanna del mitologico satiro Marsia che, per aver perso una gara musicale con Apollo, fu appeso ad un abete e scorticato.

32 33

Page 36: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

Pozzi stoffeta' = un recipiente di legno si fa in mille pezzi dopo che si sono rotti i cerchi.

Pozzi i' a lengua stracinuni = camminare con la lingua che striscia per terra.52

Te pozzi struppia' = storpiare (usatissimo!).

Te pozzi stucca' 'mezzo = rompersi (esattamente) a metà.

Te pozzanu da' 'na subbiata 'mpetto = la "subbia" (la lesina), è lo strumento più acuminato del calzolaio.

Pozzi stinnirica' subbitu = essere morto stecchito e irrigidito.

Te pozzi sdellenza' = ridursi a brandelli. Essere fatto a fette o strisce come le "lenze" di terreno.

Possi sbommeta' = scoppiare talmente forte da produrre e lasciare l'eco.

Te pozzanu sgrulla' = scrollare.

Pozzi sua' sangue = sudare sangue.

Te pozzi strippa' = morire con la pancia completamente strappata.

Pozzi muri' svenatu = morire svenato.

Te pozzanu sventra' = essere sventrato.

52 Spesso era unito all'altro "augurio": "Te pozzi ceca' ". Talvolta si completava: "Te pozzi struppia' alle cianghi e ceca' agli occhi" ma nella veemenza della maledizione, qualcuno si "impicciava" e gridava: "Te pozzi struppia' agli occhi e ceca' alle cianghi"!

T53Te pozzanu fa' iu cuiu comme un tavuiero = fare il culo come una spianatora.

Te pozzanu fa' a tocci = fare a pezzi.

Te pozzanu retrova' appiccatu a un trave = appeso ad un trave.

Te sse pozza mette sotto un treno = rimanere sotto un treno.

Te pozzanu trita' comme le sasicce = triturare come la carne per fare le salsicce.

Te pozzanu trucida' = essere trucidato.

Pozzi rini' a tuccitti = tornare a pezzettini.

53 Tavola ampia per ammassare o per versarci la polenta prima di essere mangiata.

34 35

Tufo anni ‘30 (cartolina)

Turania, 2006

Page 37: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

Pozzi stoffeta' = un recipiente di legno si fa in mille pezzi dopo che si sono rotti i cerchi.

Pozzi i' a lengua stracinuni = camminare con la lingua che striscia per terra.52

Te pozzi struppia' = storpiare (usatissimo!).

Te pozzi stucca' 'mezzo = rompersi (esattamente) a metà.

Te pozzanu da' 'na subbiata 'mpetto = la "subbia" (la lesina), è lo strumento più acuminato del calzolaio.

Pozzi stinnirica' subbitu = essere morto stecchito e irrigidito.

Te pozzi sdellenza' = ridursi a brandelli. Essere fatto a fette o strisce come le "lenze" di terreno.

Possi sbommeta' = scoppiare talmente forte da produrre e lasciare l'eco.

Te pozzanu sgrulla' = scrollare.

Pozzi sua' sangue = sudare sangue.

Te pozzi strippa' = morire con la pancia completamente strappata.

Pozzi muri' svenatu = morire svenato.

Te pozzanu sventra' = essere sventrato.

52 Spesso era unito all'altro "augurio": "Te pozzi ceca' ". Talvolta si completava: "Te pozzi struppia' alle cianghi e ceca' agli occhi" ma nella veemenza della maledizione, qualcuno si "impicciava" e gridava: "Te pozzi struppia' agli occhi e ceca' alle cianghi"!

T53Te pozzanu fa' iu cuiu comme un tavuiero = fare il culo come una spianatora.

Te pozzanu fa' a tocci = fare a pezzi.

Te pozzanu retrova' appiccatu a un trave = appeso ad un trave.

Te sse pozza mette sotto un treno = rimanere sotto un treno.

Te pozzanu trita' comme le sasicce = triturare come la carne per fare le salsicce.

Te pozzanu trucida' = essere trucidato.

Pozzi rini' a tuccitti = tornare a pezzettini.

53 Tavola ampia per ammassare o per versarci la polenta prima di essere mangiata.

34 35

Tufo anni ‘30 (cartolina)

Turania, 2006

Page 38: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

U

Te pozzanu ietta' nuacchiu 'mézzo alle urtiche = buttato nudo in mezzo alle ortiche.

54Pozzi fini’ a urtichella = finire all'inferno.

V

Te pozzanu vatte comme gli fasoi (o lo raniturcu) = essere battuto come si battevano i baccelli dei fagioli o le pannocchie del granturco.

Te pozzanu taglia' la venarderia = tagliare l'aorta.

54 Luogo che, oltre a tante altre sofferenze molto più dolorose, pare offra prati ricolmi di ortiche sulle quali si è costretti a rotolarsi nudi.

36 37

Villa Romana, 2009)

Vallinfreda, 2009)

Page 39: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

U

Te pozzanu ietta' nuacchiu 'mézzo alle urtiche = buttato nudo in mezzo alle ortiche.

54Pozzi fini’ a urtichella = finire all'inferno.

V

Te pozzanu vatte comme gli fasoi (o lo raniturcu) = essere battuto come si battevano i baccelli dei fagioli o le pannocchie del granturco.

Te pozzanu taglia' la venarderia = tagliare l'aorta.

54 Luogo che, oltre a tante altre sofferenze molto più dolorose, pare offra prati ricolmi di ortiche sulle quali si è costretti a rotolarsi nudi.

36 37

Villa Romana, 2009)

Vallinfreda, 2009)

Page 40: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

38

Z

Te pozzanu abbotta' comme 'na zampogna = essere gonfiato come una zampogna.

Te pozzanu mozza' iu puccigliu 'e le zinne = mozzare il capezzolo delle 55

mammelle .

Te sse pozza fa' un zinzaru = espressione sconosciuta, forse solo onomatopeica.

Te 'sse pozza magna' Zi' Mèo = essere mangiato da "zi' Meo" (bonario).

Vivaro Romano, 2006)

55 Riferimento al martirio di Sant'Agata. Alla santa furono tagliati i seni, qui però si fa cenno soltanto ai capezzoli!

Page 41: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore

38

Z

Te pozzanu abbotta' comme 'na zampogna = essere gonfiato come una zampogna.

Te pozzanu mozza' iu puccigliu 'e le zinne = mozzare il capezzolo delle 55

mammelle .

Te sse pozza fa' un zinzaru = espressione sconosciuta, forse solo onomatopeica.

Te 'sse pozza magna' Zi' Mèo = essere mangiato da "zi' Meo" (bonario).

Vivaro Romano, 2006)

55 Riferimento al martirio di Sant'Agata. Alla santa furono tagliati i seni, qui però si fa cenno soltanto ai capezzoli!

Page 42: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore
Page 43: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore
Page 44: Antonio De Santis - Terenzio Flamini  PAROLE  il colore, l'odore, il rumore