Antonio Capasso 2000

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RASSEGNA DI Medicina legale Previdenziale Verso un modello europeo di valutazione del danno alla persona: un’occasione importante per la medicina legale? Pietrantonio Ricci Usura e lavori usuranti Piero Fucci I lavori usuranti alla luce della legge 335/95 Pietrantonio Ricci Considerazioni medico-legali sul concetto di “inabilità al lavoro proficuo” alla luce della sentenza Corte Cass. n. 7668/1996 Corrado Pietrantuono Mario Tursi Bruno Vitulano Indagine sulla distribuzione di frequenza delle malattie che determinano inabilità temporanea, certificate dai medici di famiglia nell’ambito territoriale della sede INPS di Napoli-Vomero Antonio Capasso “Occasione di lavoro” e “Occasione di servizio”: analogie terminologiche per concetti esegeticamente divergenti Alberto Viora Andrea Buono Una interessante tachicardia Salvatore Cocuzza Consulenza tecnica 2 2000 Anno XIII - Periodico trimestrale Sped. in a. p. - Legge 662/96 art. 2 - comma 20/c - Filiale di Roma

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RASSEGNA DI

Medicina legale Previdenziale

Verso un modello europeo di valutazione del danno alla persona:un’occasione importante per la medicina legale?Pietrantonio Ricci

Usura e lavori usurantiPiero Fucci

I lavori usuranti alla luce della legge 335/95Pietrantonio Ricci

Considerazioni medico-legali sul concetto di “inabilità al lavoro proficuo” alla lucedella sentenza Corte Cass. n. 7668/1996Corrado Pietrantuono Mario Tursi Bruno Vitulano

Indagine sulla distribuzione di frequenza delle malattie chedeterminano inabilità temporanea, certificate dai medicidi famiglia nell’ambito territoriale della sede INPSdi Napoli-VomeroAntonio Capasso

“Occasione di lavoro” e “Occasione di servizio”:analogie terminologiche per concettiesegeticamente divergentiAlberto Viora Andrea Buono

Una interessante tachicardiaSalvatore Cocuzza

Consulenza tecnica

22000Anno XIII - Periodico trimestraleSped. in a. p. - Legge 662/96art. 2 - comma 20/c - Filiale di Roma

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DirettoreMassimo PACI

Direttore ResponsabileFabio TRIZZINO

Direttore ScientificoMaurizio CECCARELLI MOROLLI

Comitato ScientificoBruno Maria ALTAMURAPaolo ARBARELLOLuigi PALMIERI (Presidente S.I.M.L.A.)Pietrantonio RICCI

Comitato di RedazioneAnita CIPRARIMarco MASSARIClaudio MELONIRosella PASTORESonia PRINCIPIBenedetto VERGARILia DE ZORZI (coordinamento)

Segretaria del Comitato di RedazionePatrizia COLABUCCI

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RASSEGNA DI

Medicina legale PrevidenzialeRivista trimestrale dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale

2Anno XIII, II trimestre 2000

SOMMARIO

EDITORIALEVerso un modello europeo di valutazione del dannoalla persona: un’occasione importante per lamedicina legale?Pietrantonio Ricci

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ARTICOLIUsura e lavori usurantiPiero Fucci

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I lavori usuranti alla luce della legge 335/95Pietrantonio Ricci

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Considerazioni medico-legali sul concetto di“inabilità al lavoro proficuo” alla lucedella sentenza Corte Cass. n. 7668/1996Corrado Pietrantuono Mario TursiBruno Vitulano

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Indagine sulla distribuzione di frequenza dellemalattie che determinano inabilità temporanea,certificate dai medici di famiglia nell’ambitoterritoriale della sede INPS di Napoli-VomeroAntonio Capasso

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“Occasione di lavoro” e “Occasione di servizio”:analogie terminologiche per concetti esegeticamentedivergentiAlberto Viora Andrea Buono

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Una interessante tachicardiaSalvatore Cocuzza

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CONSULENZA TECNICA70

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È ormai in dirittura d’arrivo il lavoro della Commissione Europea incarica-ta di razionalizzare la valutazione del danno alla persona. Tale commis-

sione è presieduta dal Prof. Lucas di Bruxelles e l’Italia è autorevolmente rap-presentata dal Prof. Bargagna.

Il documento, che è stato presentato al Colloquio europeo di Trier (Germa-nia) del tutto recentemente, è estremamente interessante.

L’aspetto più importante è rappresentato dall’introduzione dello “specialistain medicina valutativa del danno alla persona”. Tale figura specialistica vienedistinta dallo specialista in medicina legale, ritenuto come colui che esercita lamedicina legale penalistica, in particolare la tanatologica. Dopo aver sottolinea-to le differenti filosofie valutative in ambito europeo, segnatamente tra l’impo-stazione “latina” prevalentemente tabellare e l’impostazione “tedesca” prevalen-temente descrittiva, la Commissione delinea le tappe del percorso valutativo:

- una anamnesi precisa ed approfondita, in particolare delle circostanze del-l’incidente e del suo meccanismo;

- la raccolta di elementi probanti sul piano medico;- la descrizione dei sintomi attribuiti dalla vittima alle sequele traumatiche,

sia di quelli espressi spontaneamente che a seguito di precise domande;- un esame clinico generale;- un esame locale esaustivo della regione traumatizzata;- un esame loco-regionale con uno studio analitico dei movimenti semplici

e poi globale dei gesti complessi;- degli esami tecnici complementari di oggettivazione e/o di quantificazione;- una riflessione critica ma imparziale in relazione delle sequele riferite al-

l’incidente in causa, di cui ogni perizia ha bisogno;- una discussione destinata a spiegare al giudice o al Committente l’opinio-

ne del medico in termini comprensibili e a motivare chiaramente le conclusio-ni, di cui nessuna perizia può essere priva.

Riportiamo al proposito, un’espressione del prof. Lucas: “valutare, è misu-rare, studiare, comprendere poi spiegare per fare comprendere”.

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Verso un modello europeo di valutazionedel danno alla persona: un’occasioneimportante per la medicina legale?

EDITORIALE

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È un percorso valutativo assolutamente condivisibile che risponde alla filo-sofia del “descrivere, comprendere e motivare”, che è stata sempre sostenutada tanti Maestri delle varie scuole medico-legali italiane. Il documento si sof-ferma poi sulle differenti finalità di queste valutazioni nei vari Paesi europei.

Viene quindi sottolineata l’importanza della qualificazione professionaledel medico-legale di un diploma universitario di specialista in valutazione deldanno alla persona.

Questo punto è estremamente importante e delicato poiché, a nostro pare-re, tale specialista non può che essere formato in un ambito medico-legale,così come avviene nel nostro paese. Pertanto, al di là delle buone intenzionidella Commissione e della necessità di dover armonizzare situazioni diffe-renti, sia sotto il profilo giuridico che degli studi universitari, occorre vigilareaffinché questa figura specialistica rimanga nell’ambito della nostra specia-lità, come è giusto che sia per mille motivi, e non diventi terreno di caccia dialtre branche di specialisti che agiscono, in tal caso, da opportunisti: ortope-dici, geriatri, ecc.

Vengono poi esaminati i danni alla persona medicalmente compatibili e/ospiegabili. Gli studiosi distinguono il danno puramente anatomico da quelloanatomo-fisiologico.

Di estremo interesse è l’applicazione del criterio probabilistico alla valuta-zione di quei danni che, pur essendo non obiettivabili, risultano statisticamen-te associati ad una determinata modalità traumatica: ad esempio, la sindromesoggettiva dei traumatizzati cranici o “sindrome post-commotiva”.

Parimenti vengono prese in considerazione la sindrome post-traumatica dastress, il danno sessuale e il dolore. Quest’ultimo può essere preso in conside-razione in caso di persistenza a carattere eccezionalmente grave.

Sulla base di tali presupposti vengono indicati come valutabili postumi acarattere permanente:

- danno soggettivo puro residuato dopo un trauma reale;- danno anatomico puro;- danno anatomo-fisiologico;- danno psicologico;- danni particolari (comprendenti il danno della sfera sessuale, il dolore, il

danno alle specifiche attività ricreative).Particolarmente interessanti sono le considerazioni relative al danno psico-

logico, sostanzialmente coincidente con la nostra categoria di danno psichico,e ai danni particolari. Per questi ultimi il ruolo del medico valutatore deve es-sere quello di fornire al giudice gli elementi clinici plausibili ed evidenziabilisu cui basare la quantificazione.

Su questo aspetto si esprime qualche perplessità poiché è evidente che sitratta di fattispecie in cui il ruolo del medico non può che essere descritto es-sendo del tutto arbitrarie scale di valutazione o indicazioni di percentuali.

Viene quindi sottolineata la necessità di introdurre un “Barème” europeodelle incapacità personali.

Dopo aver descritto i limiti del ricorso al sistema di valutazione percentua-le, il gruppo di studio ne raccomanda l’uso secondo il criterio delle percentua-li di riferimento (taux repères o taux pivots) da intendersi come possibilità distabilire una gerarchia di svalutazione dei differenti segmenti di un organo enell’ambito di una medesima funzione.

La costruzione di un barème europeo è una sfida culturale e scientifica mol-to importante per la medicina legale italiana, minacciata di estinzione dai re-centi provvedimenti di riordino delle scuole di specializzazione medico chi-rurgiche. Appare quindi estremamente utile e tempestiva l’istituzione, già da

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qualche tempo, del Gruppo Italiano per lo studio del danno alla persona e del-la European Association of “Dommage Corporel” and for Human Rights.

Il citato documento si conclude affermando che il buon medico esperto va-lutatore europeo deve:

- essere uno specialista in valutazione di danno alla persona;- conoscere perfettamente la metodologia di accertamento dei danni sotto-

posti alla sua valutazione;- utilizzare intelligentemente uno strumento di misura affidabile e quindi un

buon barème.Egli, infine, non potrà che essere uno specialista in medicina legale.

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PROF. PIETRANTONIO RICCIDirettore della Cattedra e della Scuola di Specializzazione

in Medicina Legale e delle Assicurazioni - Facoltà di Medicina e ChirurgiaUniversità degli Studi “Magna Grecia” - Catanzaro

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L’usura è in realtà il degrado pro-gressivo della funzionalità del-

l’organismo legato all’età (fisiologi-ca), ed a fattori esterni all’organismoumano (patologica).

In riferimento all’usura fisiologicaci si chiede quali sono i limiti crono-logici rispetto all’età. Tutti sappiamoche c’è una variazione tra i minimi ei massimi dell’invecchiamento del-l’individuo, che è legato al DNA, ainostri geni, e che è diverso da indivi-duo a individuo. Se noi non sappia-mo quali sono i limiti dell’usura fi-siologica nei confronti dell’età comepossiamo parlare di usura patologicaquando è tutto l’organismo che pre-senta usura?

Potremmo parlare di usura pato-logica quando è interessato solo unsettore, una porzione dell’organismoper cui si ha un disquilibrio notevoletra le altre funzioni e quelle interes-sate dall’usura. Ogni attività umanae quindi anche il lavoro comportauna fatica e quindi anche un dispen-dio di energia.

Queste energie se non sono supera-te danno luogo alla fatica. Ma ragio-nando in questi termini qualsiasi lavo-

ro è usurante. All’epoca in cui glioperai lavoravano 10-12 ore al gior-no, anche 16 ore, è chiaro che quel la-voro diventava usurante, comportavaun’usura perché si aveva un dispendiodi energia talmente elevato e protrattonel tempo che le ore di recupero, aprescindere dalla alimentazione del-l’epoca, non erano sufficienti.

Allora era logico che una conta-dina di 50 anni avesse un invecchia-mento precoce e notevole rispetto aicittadini urbanizzati di un certo li-vello sociale. Ammesso che riuscia-mo a dire che l’usura fisiologicarientra in questi limiti su base stati-stica-epidemiologica, in sede medi-co-legale la base statistica, la baseepidemiologica che tutti noi usia-mo, è la realtà di quel singolo casoconcreto.

Stabilita l’usura fisiologica tuttoil resto può essere considerato pato-logico. La patologia può derivaredal lavoro o da altre attività, indi-pendentemente. In essa bisogna ve-dere se vi sono dei fattori di accelle-razione del degrado nell’attivitàsvolta precedentemente dal sogget-to, che possano essere dovuti al la-

Usura e lavori usuranti

Piero FUCCIDirettore dell’Istituto di Medicina Legalee delle AssicurazioniFacoltà di Medicina e ChirurgiaUniversità degli studi “Tor Vergata” - Roma

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voro intenso, continuato, con note-vole dispendio di energie o a fattoripatologici preesistenti, oppure con-temporanei. Bisogna, quindi, valu-tare quell’individuo nei confronti diquel lavoro, non solo come catego-ria, ma in riferimento alle mansioniche egli svolge. Allora potremmodire se quel lavoro è usura proprioper quella patologia, non tanto perl’individuo, quanto per l’aggrava-mento della patologia stessa.

Si possono dare delle risposte equecon lo stesso criterio che usa il Magi-strato quando deve esprimere un giu-dizio su danni non patrimoniali per-ché procede in maniera equitativa.

Sul piano legislativo la suddettaottica si è modificata, infatti si è vo-luto inserire per legge il termine la-voro usurante. Quindi l’obiettivo nonè l’usura del soggetto, è il lavoro chediventa usurante. Si è stabilito per-tanto quali fossero i lavori usuranti.Partendo dai lavori usuranti noi sta-biliamo a priori che chi fa quel lavo-ro va in usura certamente, pertantogli spetta un anticipo del pensiona-mento, cioè dell’età della pensionedi vecchiaia. Ma tutto questo do-vrebbe essere supportato da studiepidemiologici, cioè essere in gradodi stabilire ad es. che su 100 operaiche svolgono quel determinato lavo-ro usurante almeno il 50% si usura.Purtroppo mancano degli studi seriepidemiologici sull’argomento.

Prima si è deciso quali erano i la-vori usuranti, in particolare quali la-vori particolarmente usuranti eranoconnaturati con delle mansioni dimaggior aggravio dell’usura (vedi ta-bella A).

Il lavoro usurante deve essere unlavoro per cui non è possibile met-tere in atto delle misure di preven-zione, e allora, se lo osserviamo daquesto punto di vista, il campo sirestringe notevolmente. Delle cate-gorie elencate precedentemente, laCommissione è riuscita ad indivi-duare quelle con usura particolar-mente grave in riferimento a deter-

minate mansioni di maggiore gra-vità dell’usura che esse presentano,anche sotto il profilo dell’incidenzadella stessa, sulle aspettative di vitadell’esposizione al rischio profes-sionale di particolare intensità (quiè inteso come stress endogeno, noncome concretizzazione di rischio)delle peculiari caratteristiche dei ri-spettivi ambiti di attività con riferi-mento particolare alle componentisocio-economiche che le conduco-no. Essi sono i lavori in miniera, lequali mansioni vengono svolte insotterraneo con carattere di preva-lenza e continuità; lavori nelle cave:mansioni svolte dagli addetti allecave di materiale di creta e orna-mentali; lavori nelle gallerie: man-sioni svolte dagli addetti al fronte diavanzamento con carattere di preva-lenza e continuità; lavori in cassoniad aria compressa; lavoro dei pa-lombari; lavori ad alta temperatura:mansioni che espongono ad altetemperature dove non è possibileadottare misure di prevenzione qua-li quelle degli addetti alle fonderiedi II fusione, degli addetti alle fun-zioni di colata manuale e non auto-matica, lavorazioni del vetro cavoecc. Per ultimo ci sono i lavori diasportazione dell’amianto. In talecaso non è il rischio legato all’a-mianto che interessa, ma quel cheprovoca l’esposizione all’amianto,in maniera continuativa, agli addettidelle ditte specializzate che proce-dono all’asportazione dell’amianto,stando chiusi dentro uno scafandroe si vengono quasi a trovare nellastessa situazione dei palombari o diquelli che lavorano nei cassoni. Bi-sogna, pertanto, tenere conto di in-dicatori di usura quali l’attesa di vi-ta al compimento dell’età pensiona-bile (c’è un accorciamento della vi-ta? della sopravvivenza?); la preva-lenza della mansione usurante; lamancanza di possibilità di preven-zione; la compatibilità fisico-psichi-ca in funzione dell’età, l’elevata in-cidenza di infortuni con particolare

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riferimento alle fasce di età superio-re ai 50 anni, l’età media della pen-sione di invalidità, profilo ergono-mico legato ad una particolare atti-vità, l’esposizione ad agenti chimi-ci-fisici-biologici individuati secon-

do la normativa vigente cioè la 626quando non sia possibile adottaremisure di prevenzione.

In conclusione, a mio avviso, si èritornati alla monetizzazione nondel rischio ma della salute.

I lavori usuranti alla luce della legge 335/95

Pietrantonio RICCIDirettore della Cattedra e della Scuoladi Specializzazione in Medicina Legale e delle AssicurazioniFacoltà di Medicina e ChirurgiaUniversità degli studi “Magna Grecia” - Catanzaro

U na trattazione, sia pure sinteti-ca, dei concetti di usura e di

lavoro usurante in Medicina LegalePrevidenziale, deve comprendere:

- la collocazione del concetto diusura e di lavoro usurante nella siste-matica dell’invalidità pensionabile;

- la definizione di questi concetti,alla luce dell’evoluzione dottrinalee giurisprudenziale;

- gli aspetti applicativi;- i rapporti tra lavori usuranti e

pensione di vecchiaia.Quanto al primo punto è bene dire

subito che i termini di usura e di lavo-ro usurante non sono mai stati utiliz-zati esplicitamente nelle formule defi-nitorie attuali e passate dell’invaliditàpensionabile. Il lavoro usurante è sem-plicemente uno dei casi in cui il lavorosvolto dall’assicurato viene a perdereil requisito della confacenza alle attitu-dini, rispetto alla quale deve essere va-lutata l’esistenza e l’entità della ridu-zione della capacità lavorativa, ai finidel giudizio di invalidità pensionabile.

Negli anni settanta, il ricorso ge-neralizzato ed inappropriato al con-cetto di usura, affiancato alla iperva-lutazione dei fattori socioeconomici,costituì uno dei motivi di maggioredistorsione dell’iter accertativo del-l’invalidità e dell’abnorme incre-mento del numero dei pensionati.Anche oggi non è raro vedere, in ta-lune consulenze, un utilizzo impro-prio del concetto di usura, vera epropria clausola di stile che arricchi-sce solo sul piano formale le motiva-zioni di non condivisibili giudizi diinvalidità. Per questi motivi è oppor-tuno chiarire cosa debba intendersicorrettamente per usura e per lavorousurante, quando questa condizionesia rilevante ai fini medico-legali ecome vada accertata in concreto.

È opportuno precisare che il con-cetto di lavoro usurante si ritrova an-che in Medicina del Lavoro. In pra-tica, però, mentre nell’ambito del-l’invalidità pensionabile il lavorousurante è un fattore di non confa-

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cenza del lavoro, incidente sulla ca-pacità lavorativa, in Medicina delLavoro il lavoro usurante è un fatto-re di non idoneità del lavoratore.

Per quanto attiene agli aspetti de-finitori, dobbiamo innanzitutto dif-ferenziare il concetto di usura daquello di lavoro usurante.

L’accertamento dell’usura è ungiudizio diagnostico. L’accertamentodel carattere usurante di un lavoro èun giudizio prognostico. L’usura è laconseguenza di un lavoro usurante.L’usura è un danno biologico attuale.Il lavoro usurante è causa di dannobiologico futuro. Ovviamente usura elavoro usurante possono coesistere.Ciò avviene quando un soggetto“usurato” continui a svolgere un la-voro “usurante”. Per le difficoltà chesono connesse a considerare un fatto-re biologico un fattore estremamentevariabile, quindi la difficoltà di doverdifferenziare ciò che è invecchiamen-to fisiologico da ciò che è deteriora-mento, ed anche per una carenza, perquanto riguarda la Medicina del La-voro, di dati epidemiologici, di datistatistici, che in qualche modo ci pos-sono dare dei parametri di riferimen-to in merito al lavoro usurante, ondeevitare riferimenti arbitrari, può avve-nire che un soggetto “usurato” conti-nui a svolgere un lavoro usurante. Ilgiudizio prognostico in tema di dan-no futuro deve essere affidato a criterimedico-legali di certezza o quantomeno di grande probabilità, in assen-za dei quali non si parla più di dannofuturo, bensì di danno aleatorio, checome non può trovare dignità nel-l’ambito del risarcimento del dannoin responsabilità civile, non può esse-re valorizzato nel giudizio di invali-dità pensionabile.

La Giurisprudenza ha efficacemen-te sintetizzato questi concetti chiaren-do che il danno da usura è un dannofuturo quanto agli aspetti biologici,ma è un danno attuale quanto agliaspetti economici. In effetti, il lavora-tore al quale per motivi medici vieneproibita la prosecuzione dell’attività

lavorativa con ritmo normale per evi-tare che in futuro si realizzi, con crite-rio di certezza o con criterio di grandeprobabilità, un danno alla salute, vedeimmediatamente ridotta per tale moti-vo la propria capacità lavorativa. Se illavoratore continua nella propria atti-vità con il ritmo consueto ritraendoneun danno, la corresponsione dell’as-segno si traduce in una monetizzazio-ne del danno stesso. La possibilità dicontinuare a svolgere un lavoro usu-rante è esclusa solo nei casi in cui illavoratore sia sottoposto ai giudizi diidoneità qualora esplichi attività com-prese nell’elenco allegato all’art. 33DPR 303/56 sull’igiene del lavoro,sempre che, ovviamente, il giudizioprognostico di usura formulato dalmedico INPS, sia formulato anche dalmedico competente ai sensi della leg-ge 626. Nel corso degli anni molti au-tori e numerosissime sentenze dellamagistratura hanno trattato il tema dellavoro usurante e dell’usura (vedi DeZorzi e Vitiello-Rebella, Riv. Med.Leg. Prev.).

Redaelli e Iacovelli nel 1982 dava-no la seguente definizione di lavorousurante: “Il lavoro è da considerarsiusurante allorquando richiede al la-voratore uno sforzo eccessivo conconseguente abbattimento delle sueenergie psicofisiche ad un livello taleche il periodo di riposo successivonon è sufficiente al loro reintegro, on-de si ha un logoramento delle struttu-re psicofisiche del soggetto che inte-ressa in modo particolare organi giàmenomati per precedenti affezioni”.

Analogamente, le sentenze dellaCassazione hanno definito usuranteil lavoro che:

- provoca l’instaurarsi di uno sta-to patologico;

- provoca l’aggravarsi di uno sta-to patologico;

- logora le residue energie del lavo-ratore in un periodo di tempo più brevee in misura superiore a quella normale;

- determina discontinuità dell’a-zione lavorativa;

- richiede uno sforzo eccessivo;

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- comporta sfruttamento anomalodelle residue energie lavorative;

- è sproporzionato alle possibilitàpsicofisiche del soggetto;

- determina un grave pregiudizioper la residua efficienza fisica.

Dalle considerazioni che precedo-no discendono anche alcune conside-razioni applicative, supportate, peral-tro da contributi dottrinari e giuri-sprudenziali. Il primo punto riguardagli aspetti qualitativi dell’usura, rile-vanti ai fini del giudizio di invaliditàpensionabile.

Nel mod. SS4 in uso nei CentriMedico-Legali dell’INPS il sanita-rio, tra i vari quesiti ai quali deve ri-spondere, deve precisare se vi sia omeno “Usura abnorme”. Il requisitodell’abnormità dell’usura ricorre an-che in molte sentenze, le quali conmolta chiarezza precisano che l’usu-ra valutabile ai fini del giudizio diinvalidità non è quella “fisiologica”,“normale”, corrispondente cioè ainormali processi di invecchiamento,né può confondersi con la normaleevoluzione futura di un’infermità.L’usura è abnorme solo se è superio-re a quella fisiologica, che normal-mente quel tipo di lavoro comportain qualsiasi soggetto. Pertanto, il ri-lievo di un aggravamento di entitànon superiore a quella ordinaria-mente prevedibile, se non conduceal raggiungimento della soglia lega-le dell’invalidità non può condurread un giudizio di invalidità fondatosul presupposto che ciò avverrà inun futuro più o meno lontano.

Un altro punto molto importante,delineato nelle sentenze, soprattuttoquelle pronunciate nella prima metàdegli anni ottanta (poco prima dellapromulgazione della legge 222/84), èquello dei limiti di applicabilità delconcetto di usura ai fini del giudiziodi invalidità. In proposito la Cassa-zione ha chiarito che l’usura (così co-me gli altri fattori estrinseci, ivi com-presi quelli socio-economici) è valu-tabile solo quando la capacità lavora-tiva attitudinale dell’assicurato sia ri-

dotta in misura prossima alla sogliainvalidante. Questo orientamento del-la Cassazione era stato peraltro anti-cipato, sia pure in termini diversi,dalla dottrina medico-legale meno re-cente. Sin dal 1963, infatti, lo Stassiaveva affermato che un soggetto por-tatore di menomazioni incidenti inmisura non rilevante sulla capacitàlavorativa impegnato in attività usu-ranti, presentava per tale motivo unaulteriore riduzione della capacità la-vorativa che però, non necessaria-mente era tale da condurre al supera-mento della soglia invalidante. Inpratica una corretta valutazione me-dico-legale deve procedere attraversoi seguenti passaggi:

- formulazione di una precisa dia-gnosi medico-legale, qualitativa, quan-titativa e funzionale;

- stima del grado di incapacità la-vorativa;

- se la riduzione della capacità la-vorativa non si avvicina alla sogliadell’invalidità, si deve esprimere ungiudizio di non invalidità, essendodel tutto superflua ogni ulteriore in-dagine sull’usura;

- se, invece il soggetto in esame pre-senta una riduzione della capacità la-vorativa prossima alla soglia legale,occorre valutare il carattere eventual-mente usurante del lavoro svolto. Ov-viamente, il fatto che l’assicurato pre-senti una riduzione della capacità lavo-rativa che si avvicina a quella richiestadalla legge per il conseguimento del-l’assegno di invalidità, non implical’automatico riconoscimento del dirit-to. In questa situazione l’usura puòsvolgere un ruolo determinante, manon è detto che debba sussistere sem-pre e comunque. Per esempio un sog-getto affetto da insufficienza renalecronica di entità medio-lieve non com-plicata, che svolge attività leggera, pre-senta una riduzione della capacità la-vorativa che si avvicina alla soglia del-l’invalidità, ma non è un invalido pen-sionabile perché non lavora in usura.

Quando parliamo di lavoro usuran-te ci riferiamo ad un lavoro che è tale

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solo in relazione al soggetto in esa-me. In altri termini, a parità di presta-zione lavorativa l’usura abnorme puòrealizzarsi in un soggetto che presentimenomazioni suscettibili di sensibileaggravamento in seguito alla prose-cuzione dell’attività di lavoro, e nonrealizzarsi affatto in un soggetto sanoo affetto da menomazioni di lieve en-tità. Un lavoro intrinsecamente usu-rante, a prescindere dalla capacità diresistenza del lavoratore, è stato deli-neato in alcune impostazioni dottri-narie, ad esempio in quella del Pelle-grini che definisce usurante il lavoroche rende più precoce la senescenza,ed in alcune sentenze nelle quali siattribuisce tale caratteristica al lavoroche “produce l’insorgenza di un’in-fermità”. A questa impostazione, giànel 1962 si opponevano Batini e Pini,i quali ritenevano che un lavoro net-tamente usurante, caratterizzato cioèda fatica cronica, frequenti episodi difatica acuta, sforzi, non fosse ammis-sibile in una società moderna caratte-rizzata da un elevato livello di prote-zione sociale. In questa prospettiva sicolloca certamente la filosofia dellalegge 626, imperniata sul concetto diprevenzione e sulla attuazione con-creta delle misure di prevenzione suiluoghi di disciplina penalistica dellemalattie professionali, viste come le-sioni personali perseguibili d’ufficio(se gravi o gravissime). In una pro-spettiva opposta si colloca invece ladisciplina dei cosiddetti lavori usu-ranti ai fini del conseguimento dellapensione di vecchiaia.

Ai sensi dell’art. 1 del Decreto Le-gislativo 374/93 “sono considerati la-vori particolarmente usuranti quelliper il cui svolgimento è richiesto unimpegno psicofisico particolarmenteintenso e continuativo, condizionatoda fattori che non possono essere pre-venuti con misure idonee”.

Mentre la legge 626 vede la pre-venzione in una luce positiva, il DL374/93 ammette in via di principiol’esistenza di attività lavorative rispet-to alle quali non è possibile appresta-

re idonee misure preventive. Non ècompito del medico-legale stabilire seesistano o meno idonee misure pre-ventive per le lavorazioni indicate dal-la tabella annessa al DL 374/93, inquesta sede preme solo tenere distintigli effetti del riconoscimento ope le-gis di lavoro particolarmente usurantedalle problematiche previdenziali atti-nenti l’invalidità pensionabile.

Il carattere particolarmente usuran-te del lavoro rilevante ai fini del giu-dizio di invalidità va riconosciuto so-lo quando in presenza di menomazio-ni che di per sé riducano la capacitàlavorativa in una misura che si ap-prossima ai due terzi, si accerti (concriterio di certezza o almeno di gran-de probabilità) un nesso di causalitàtra la prosecuzione del lavoro e unfuturo aggravamento dello stato psi-co-fisico del soggetto.

Il lavoro ope legis particolarmen-te usurante è tale solo ai fini dellalegge che per questi casi prevede unanticipo dell’età pensionabile di duemesi per ogni anno di lavoro, finoad un abbuono massimo di 5 anni.

Questa norma confermata anchedalla legge 335/95, consente a partico-lari categorie di lavoratori di conserva-re di fatto i vecchi limiti di età pensio-nabile per vecchiaia, innalzati per lageneralità dei lavoratori dalla vigentedisciplina della materia. La legge335/95, inoltre, rende meno gravosoanche il limite di anzianità contributi-va “per i lavoratori impegnati in lavoriparticolarmente usuranti, per le carat-teristiche di maggiore gravità dell’u-sura che questi presentano, anche sot-to il profilo dell’aspettativa di vita edell’esposizione al rischio professio-nale di particolare intensità”.

In conclusione, in ambito previ-denziale si deve solo tener conto delrapporto sussistente tra infermità elavoro svolto e stabilire di volta involta se esistano o meno i presuppo-sti dell’usura abnorme, a prescindereo meno dall’inserimento del lavorosvolto dall’assicurato nella categoriadei lavori particolarmente usuranti.

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L a valutazione dell’inabilità al la-voro proficuo, richiesta ai fini

del riconoscimento del diritto all’as-segno per il nucleo familiare (ANF)dei lavoratori dipendenti o dei titolaridi pensioni o di prestazioni economi-che previdenziali derivanti da lavorodipendente, appare talora non parti-colarmente agevole, verificandosispesso recentemente, alla luce dellasentenza n. 7668 del 1996 della Cortedi Cassazione (8), che tale giudiziodebba essere espresso nei confrontidi soggetti in età avanzata, non piùcollocati o quantomeno difficilmentecollocabili nel mondo del lavoro.

In effetti, pur apparendo il suddet-to parametro di riferimento valutati-vo alquanto discutibile almeno neisoggetti ultrasessantacinquenni, è daritenere che il diritto giurispruden-ziale, come ribadito per altro dallacircolare esplicativa INPS n. 11 del21.01.1999 (9), abbia voluto mante-nere un’uniformità “normativa” cir-ca il parametro medico-legale digiudizio per il riconoscimento deldiritto all’ANF per tutti i soggettimaggiorenni “di qualsiasi età”, aprescindere da ogni limite anagrafi-

co, subordinando lo stesso all’accer-tamento di un’impossibilità assolutae permanente di dedicarsi ad un pro-ficuo lavoro, a causa di infermità odifetto fisico o mentale.

A nostro avviso l’interpretazionedella suddetta normativa non ha tro-vato un’univoca applicazione, essen-dosi spesso riscontrata una palese“difformità” ed una “disomoge-neità” dei giudizi medico-legaliespressi in merito, in particolare peri soggetti ultrasessantacinquenni: atal fine, se è vero che tali soggettinon sono collocabili al di fuori del-l’arco della vita lavorativa per anto-nomasia (non a caso in ambito INPSnon sussiste alcun limite massimo dietà al di sopra del quale cessi l’ob-bligo di versare i contributi per qual-siasi reddito da lavoro) (9), è pur ve-ro che il parametro valutativo previ-sto, ossia l’inabilità al lavoro profi-cuo, appare senza dubbio meno re-strittivo di quello statuito dall’art. 2della L. 222/84, richiedendo che ilgiudizio medico-legale si basi, oltreche sulle condizioni biologiche del-l’individuo, anche sulla valutazionedi fattori socio-economico-ambien-

Considerazioni medico-legali sul concettodi “inabilità al lavoro proficuo” alla lucedella sentenza Corte Cass. n. 7668/1996

Corrado PIETRANTUONO Mario TURSI Bruno VITULANODirigente medico 1° livello Dirigente medico 2° livello Dirigente medico 1° livelloSede Regionale INPS - Napoli Sede Regionale INPS - Napoli INPS - Napoli

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tali, variabili nel tempo e nello spa-zio, in grado di ripercuotersi sullaconcreta possibilità del soggetto diimpiegare proficuamente le proprie,sia pur residue, energie lavorative.

Ciò premesso, appare utile richia-mare la vigente normativa inerenteil riconoscimento del diritto all’as-segno per il nucleo familiare, al finedi consentire la maggiore unifor-mità possibile nella valutazione me-dico-legale dei singoli casi, unifor-mità che rappresenta sempre unodei principali obiettivi dell’attivitàsanitaria istituzionale.

Evoluzione legislativa e normativa(3), (4), (12)

1. Accordo interconfederale del-l’11.10.1934: Cassa Nazionale perassegni familiari a “favore degli ope-rai con famiglia a carico e per l’in-cremento demografico della Nazione(gli assegni familiari spettavano aglioperai capi-famiglia che lavoravanoper almeno 40 ore settimanali edavevano a carico figli di età inferioreai 14 anni compiuti).

2. Regio Decreto Legge n. 1632del 21.08.1936: dispose la correspon-sione degli assegni familiari ai pre-statori d’opera, qualunque fosse ladurata settimanale del lavoro.

3. Legge n. 2233 del 25.10.1937:all’art. 29 stabiliva che “Gli assegnidi cui all’art. 27 sono corrisposti perciascun figlio a carico d’età inferioreai 14 anni compiuti per i prestatorid’opera non aventi qualifica di impie-gato o funzioni equivalenti. Tale limi-te può essere prorogato fino a sedicianni se il figlio a carico si trova pergravi infermità di mente o di corponell’assoluta e permanente impossi-bilità di dedicarsi ad un lavoro profi-cuo o frequenti una scuola professio-nale o media di 1° grado. Per i figlidegli impiegati il limite di età è di 18anni”.

4. Regio Decreto Legge14.04.1939, n. 636, convertito nella

Legge 06.07.1939, n. 1232: all’art.12 prevedeva che “...La pensionecalcolata... è aumentata di un decimodel suo ammontare per ogni figlio acarico del pensionato di età non su-periore ai 15 anni o anche di età su-periore purché inabile al lavoro...” edall’art. 13 che “Nel caso di morte delpensionato o dell’assicurato... spettauna pensione al coniuge ed ai figlisuperstiti che al momento della mor-te del pensionato o assicurato nonabbiano superato l’età di 15 anni o,per gli assicurati appartenenti allacategoria degli impiegati, quella di18 anni, ovvero siano riconosciutiinabili al lavoro...”.

5. Decreto Legislativo del Capoprovvisorio dello Stato del 16.09.1946,n. 479: “L’assegno familiare per i figlio persone equiparate a carico, i quali sitrovino per gravi infermità di mente edi corpo nella assoluta e permanenteimpossibilità di dedicarsi ad un profi-cuo lavoro, è corrisposto senza alcunlimite di età”.

6. Legge 04.04.1952, n. 218, con-cernente il “Riordinamento dellepensioni dell’assicurazione obbliga-toria per l’invalidità, la vecchiaia edi superstiti”: modificava ed integra-va il Regio Decreto Legge 636/39 ela L. 1272/39, parificando, ad esem-pio, l’età a 18 anni per tutti, senzaspecificare per altro il concetto di“inabile al lavoro”.

7. Testo Unico sui trattamenti difamiglia n. 797 del 30.05.1955: al-l’art. 4 rimandava, per la concessio-ne degli assegni familiari, ai criteristabiliti per l’assicurazione obbliga-toria per l’invalidità, la vecchiaia edi superstiti; gli artt. 1, 3, 5, 6, 7, 8 e19 specificavano le posizioni sog-gettive del nucleo familiare ed ilconcetto di vivenza a carico; eranoinoltre previste la decorrenza del di-ritto agli assegni (art. 11), l’adegua-mento dell’assegno al periodo di pa-ga (art. 12), la corresponsione del-l’assegno per il periodo di ferie epreavviso (art. 13), nonché di infor-tunio, malattia, gravidanza e purpe-

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rio e richiamo alle armi (artt. 14, 15,16, 17 e 18), la corresponsione dellaprestazione in caso di occupazionepresso più datori di lavoro (art. 20), itermini di prescrizione (artt. 223, 32e 44), ecc.

8. Decreto Presidente della Re-pubblica 26.04.1957, n. 818: all’art.39 prevedeva che “Ai fini dell’appli-cazione degli art. 12 e 13, sub art. 2della Legge 04.04.1952, n. 218, ...,si considerano inabili le personeche, per grave infermità fisica omentale, si trovino nella assoluta epermanente impossibilità di dedicar-si ad un proficuo lavoro”.

9. Legge 585/67: estendeva il bene-ficio degli assegni familiari anche amezzadri, coloni e coltivatori diretti.

10. Legge 222/84: all’art. 8 indivi-duava nel concetto di inabilità dall’art.2 il requisito medico-legale per tutte lealtre prestazioni previdenziali, ivicompreso pertanto il riconoscimentodel diritto agli assegni familiari.

11. Decreto Legge 13.03.1988, n.69, convertito nella Legge 13.05.1988,n. 153: costituisce, allo stato attuale, ilprincipale riferimento legislativo perquanto attiene la disciplina degli asse-gni familiari.

Innanzitutto, al comma 1 dell’art.2, stabilisce che, a decorrere dal-l’01.01.1988, per i lavoratori dipen-denti (ivi compresi i lavoratori di-soccupati indennizzati, cassaintegra-ti, assenti per malattia, maternità orichiamo alle armi, in aspettativa percariche pubbliche elettive o sindaca-li, in congedo matrimoniale, assistitidall’assicurazione contro la tuberco-losi) ed ai titolari di pensioni e diprestazioni economiche previdenzia-li derivanti da lavoro dipendente delsettore privato e pubblico (lavoratorie pensionati dello Stato e degli Entipubblici anche non territoriali), gliassegni familiari, le quote di aggiun-ta di famiglia, ogni altro trattamentodi famiglia comunque denominato ela maggiorazione di cui all’art. 5 delDecreto Legge 29.01.1983, n. 17,convertito nella Legge 25.03.1983,

n. 79, sono sostituiti, ove ricorranole condizioni, dall’“Assegno per ilNucleo Familiare” (7).

Per altro, a nostro avviso, al ri-guardo sussistono fondati dubbi dilegittimità costituzionale della sud-detta norma legislativa laddove pre-vede una palese difformità di tratta-mento per i nuclei familiari dei lavo-ratori autonomi e dei pensionati dalavoro autonomo, avendo esplicita-mente escluso dall’ambito della suaapplicazione (4), (7):

- i lavoratori autonomi cui gli asse-gni familiari sono stati estesi con parti-colari disposizioni di legge, quali cara-tisti imbarcati sulla nave da loro stessiarmata di cui all’art. 10 della Legge 16ottobre 1973, n. 676 ed armatori e pro-prietari-armatori di cui all’art. 12 dellaLegge 26.07.1984, n. 413;

- i compartecipanti familiari ed ipiccoli coloni cui gli assegni familiarisono stati estesi dall’art. 11 della Leg-ge 14.07.1967, n. 585, e che sono statiequiparati ai giornalieri di campagnadell’art. 8 della Legge 12.03.1968, n.334, nonché i piccoli coltivatori direttiper le giornate di lavoro autonomocon le quali integrano le giornate dieventuale lavoro agricolo dipendente;

- i coltivatori diretti, mezzadri ecoloni, ai quali gli assegni familiarisono stati estesi dalla suddetta Leg-ge 585/1967;

- i pensionati delle Gestioni spe-ciali per i lavoratori autonomi.

A tali categorie di lavoratori e/opensionati continuano pertanto ad ap-plicarsi le specifiche normative degliassegni familiari e delle quote di mag-giorazione di pensione e, ove richie-sto, il concetto medico-legale di “ina-bilità” di riferimento sarà quello pre-visto dall’art. 2 della Legge 222/84: alriguardo, se è verosimile che taleorientamento trovi il suo fondamentonella convinzione che sia più tutelanteper il soggetto minorato un nucleoche, avendo introiti autonomi (per al-tro anche più difficilmente controlla-bili fiscalmente rispetto a quelli da la-voro dipendente) e maggiori discre-

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zionalità, può più facilmente ed util-mente inserire nell’azienda familiareun proprio componente, è altresì in-confutabile che l’attuale stato norma-tivo contravviene a quei principi dipari dignità sociale e di uguaglianzagarantiti ad ogni cittadino dalla vigen-te Costituzione.

Al comma 2 dell’art. 2 della me-desima legge è previsto poi che il ri-conoscimento e la determinazionedell’importo dell’assegno competa-no, in misura differenziata, in rap-porto al numero dei componenti ilnucleo familiare ed al relativo reddi-to complessivo: la prestazione è, in-fatti, determinata in importi decre-scenti per scaglioni crescenti di red-dito e cessa in corrispondenza di so-glie di esclusione diverse a secondadella tipologia familiare. Peraltro ilivelli di reddito, rivalutati annual-mente con effetto dal 1° Luglio diciascun anno, sono tuttavia incre-mentati ulteriormente, con aumentianch’essi rivalutati annualmente conle stesse modalità, per i nuclei fami-liari che comprendono “soggetti chesi trovino, a causa di infermità o di-fetto fisico o mentale, nell’assoluta epermanente impossibilità di dedicar-si al proficuo lavoro ovvero, se mi-norenni, che abbiano difficoltà per-sistenti a svolgere i compiti e le fun-zioni proprie della loro età” (non-ché, sia pure in misura minore, perle famiglie monoparentali, ossiaqualora il richiedente o la richieden-te l’assegno si trovi nella condizionedi vedovo/a, divorziato/a, separato/alegalmente, celibe e/o nubile o instato di abbandono da parte dell’al-tro coniuge) (4), (7).

Al comma 3 del medesimo art. lanorma rinvia, per quanto non dispo-sto espressamente, al T.U. delle nor-me sugli assegni familiari ed a quel-le che disciplinano gli altri tratta-menti familiari, sebbene debbanoessere considerate superate, avendoil nuovo istituto inteso a sopperirealle esigenze economiche del nucleofamiliare globalmente considerato,

piuttosto che accordare una specifi-ca tutela al lavoratore o pensionatocui fa carico il mantenimento deicomponenti il suo nucleo familiare,sia la disciplina delle posizioni sog-gettive (non assumendo più rilievola posizione del capofamiglia) sia ilprincipio della vivenza a carico (inquanto del tutto irrilevante l’accerta-mento della posizione economica dinon autosufficienza del soggetto conriferimento alla particolare situazio-ne reddituale), benché lo stesso con-servi la sua completa validità per al-tri diritti e/o benefici ad essa con-nessi, tra cui, ad esempio, il dirittoall’assistenza di malattia per i fami-liari a carico secondo la preesistentedisciplina degli assegni familiari o ildiritto all’indennità di malattia nellamisura normale ai lavoratori ricove-rati in luogo di cura qualora abbianofamiliari a carico (7).

Volendo ora addentrarsi nel meri-to della normativa in oggetto, esu-lando da tale trattazione i limiti dilivello reddituale, appare invece op-portuno sottolineare innanzitutto lacostituzione del “nucleo familiare”,i cui componenti vanno individuaticon riferimento al richiedente l’as-segno (4), (7), (10):

1. Lavoratori dipendenti e titolaridi pensione diretta (vecchiaia, an-zianità, invalidità, inabilità):

- il richiedente l’assegno;- il coniuge, purché non legalmen-

te ed effettivamente separato e chenon abbia abbandonato la famiglia;

- i figli legittimi e legittimati e quel-li equiparati ai sensi del D.P.R. n.818/1957 (adottivi ed affiliati, naturalilegalmente riconosciuti o giudizial-mente dichiarati, nati da precedentematrimonio dell’altro coniuge, minoriregolarmente affidati dai competentiorgani a norma di legge) minori di an-ni 18;

- i figli ed equiparati maggiorenniche si trovino, a causa di infermità odifetto fisico o mentale, nell’assolu-ta e permanente impossibilità di de-dicarsi ad un lavoro proficuo;

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- i fratelli, sorelle e nipoti del ri-chiedente di età inferiore ai 18 anniovvero senza limiti di età, qualora sitrovino nell’assoluta e permanenteimpossibilità di dedicarsi ad un la-voro proficuo, nel caso che sianoorfani di entrambi i genitori e nonabbiano conseguito il diritto a pen-sione ai superstiti.

2. Titolari di pensioni ai superstiti(derivante da lavoro dipendente):

- il coniuge superstite contitolaredella pensione;

- i figli ed equiparati minori, tito-lari o contitolari della pensione;

- i figli ed equiparati maggiorenniinabili ad un proficuo lavoro, anchese non contitolari della pensione.

La norma per altro statuisce, alcomma 8 dell’art. 2, che il nucleofamiliare può essere composto an-che da una sola persona, laddove sitratti di orfano titolare di pensioneai superstiti da lavoro dipendenteche non abbia compiuto il 18° annodi età o inabile ad un proficuo lavo-ro, se maggiorenne (4), (7), (8).

Ed è proprio in rapporto a tale ulti-ma previsione lagislativa che la Cortedi Cassazione si è espressa con sen-tenza n. 7668 del 1996, con la qualeè stato sancito che l’ANF su pensio-ne ai superstiti può essere erogato an-che quando il nucleo familiare sia co-stituito unicamente dal coniuge su-perstite, sostenendo che l’espressione“nucleo composto da una sola perso-na” è astrattamente riferibile a cia-scuno dei componenti la famiglia,per cui “la persona” che può costitui-re nucleo da sola può essere non solol’orfano ma anche il coniuge super-stite purché, ovviamente, in possessodei presupposti fondamentali (minoreetà o, se maggiorenne, inabilità al la-voro proficuo) richiesti per la sussi-stenza di un nucleo familiare compo-sto da una sola persona.

Con Circ. n. 98 del 06.05.98 dellaDirezione Centrale Prestazioni Tem-poranee, e successivo Messaggio n.28842 del 31.07.98 della DirezioneCentrale per la Tecnologia Informati-

ca, l’INPS, anche al fine di evitaresoccombenze in sede giudiziaria, harecepito il nuovo principio stabilitocon la suddetta sentenza, impartendole istruzioni operative per dare attua-zione alla stessa, autorizzando la li-quidazione della prestazione, nei li-miti della prescrizione quinquennale,su richiesta degli interessati (8).

Il recepimento da parte dell’Istitu-to del nuovo principio ha comporta-to un notevole afflusso delle richie-ste di ANF da parte di coniugi su-perstiti contitolari di pensioni deri-vanti da lavoro dipendente, essendo-si creata, sulla scorta della suddettasentenza, la condizione per gli stessidi costituire un “nucleo familiarecomposto da una sola persona”: nonessendo per altro tale condizione diper sé stessa sufficiente per il rico-noscimento del diritto all’ANF, ve-nendo richiesta altresì un’età minoreo un’inabilità al lavoro proficuo incaso di maggiorenni, tale evenienzaha comportato un notevole carico la-vorativo per i sanitari dell’Istituto,chiamati a doversi esprimere non so-lo sulla sussistenza, o meno, di un’i-nabilità al lavoro proficuo ma anchesulla decorrenza della stessa, nei li-miti della prescrizione quinquenna-le, in soggetti spesso in età avanzata,ponendo problematiche interpretati-ve e valutative di non sempre facilerisoluzione.

In effetti, il recupero, per i sogget-ti maggiorenni, del concetto di “ina-bile al proficuo lavoro” operato dallaL. 13.05.1988, n. 153, è espressionedell’evidente intento del legislatoredi stabilire, ai fini del riconoscimen-to del diritto all’ANF, requisiti menorestrittivi rispetto all’inabilità previ-sta dall’art. 2 della L. 222/84, perl’eventualità di doversi esprimere an-che nei confronti di soggetti che, acausa delle loro minorazioni somato-psichiche, non abbiano mai svoltoalcuna attività lavorativa.

La finalità di tutela economica delnucleo familiare globalmente consi-derato, prima sottolineata, appare ul-

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teriormente rafforzata dalla manifestavolontà del legislatore di tener contoanche della situazione di maggior“bisogno” di quei nuclei familiaricomprendenti soggetti minori che, acausa di minorazioni psico-fisiche,presentassero “difficoltà persistenti asvolgere i compiti e le funzioni pro-prie della loro età”: in tale caso, peraltro, non essendo possibile prenderein considerazione eventuali ipoteticheattività lavorative, la norma ha giusta-mente subordinato il diritto all’accer-tamento di uno stato di “incapacità”,e non di una condizione di inabilità.

In definitiva il riconoscimento del-l’inabilità al proficuo lavoro compor-ta l’inclusione del nucleo familiare ela maggiorazione del livello reddi-tuale, se relativa ad un figlio o equi-parato maggiorenne (compreso ilfratello, la sorella ed il nipote orfanodi entrambi i genitori e senza dirittoalla pensione ai superstiti) mentrel’inabilità del richiedente (pensiona-to) o del coniuge e le persistenti dif-ficoltà a compiere gli atti e le funzio-ni proprie dell’età del figlio o equi-parato minore (compreso il fratello,la sorella ed il nipote orfano di en-trambi i genitori e senza diritto allapensione ai superstiti) consente solol’aumento del livello reddituale, trat-tandosi di soggetti di per sé facentiparte del nucleo familiare.

Considerazioni medico-legali

Dal punto di vista prettamente me-dico-legale le maggiori difficoltà diapplicazione della suddetta normativasi incontrano nella valutazione deisoggetti in età avanzata, in quanto, es-sendosi operato il recupero del concet-to di “inabile al lavoro proficuo” senzaalcun limite anagrafico, il diritto allaprestazione è subordinato all’accerta-mento di una condizione biologica ingrado di annullare la possibilità di im-piegare proficuamente le proprie resi-due energie lavorative per “tutti i sog-getti maggiorenni di qualsiasi età” (9).

Per altro il progressivo invecchia-mento demografico tipico delle so-cietà industrializzate fa sì che pro-prio una fascia sempre più ampia dipersone in età “avanzata”, quanto-meno sotto il profilo dell’arco dellavita lavorativa, sia sottoposta a valu-tazioni medico-legali per il ricono-scimento del diritto a prestazioni ditipo assistenziale e previdenziale,ponendo spesso gli operatori sanitarinelle condizioni di doversi esprimerecon riferimento a dettati legislativispesso difformi tra loro e non corre-lati alla mutate condizioni sociali:nel caso specifico dell’ANF, poi, purtenendo conto dell’ampio dibattitoparlamentare in corso, non può esse-re trascurato l’attuale limite anagrafi-co dei 65 anni che la vigente norma-tiva pone come età “pensionabile”,per il diritto alla pensione di vec-chiaia, per la maggioranza dei lavo-ratori dipendenti, in quanto, se è veroche la legislazione consente il lavoroanche in età più avanzata, è altresìinconfutabile che tale eventualità èpiù concretamente prospettabile perdeterminate categorie di lavoratori(lavoratori autonomi o liberi profes-sionisti) ma appare invece solo alea-toria, tenuto conto anche dell’attualemercato del lavoro, per quelle dei la-voratori dipendenti.

Ciò premesso, risulta senza dubbiocontraddittorio da un lato porre ilsuddetto limite dei 65 anni (che, anostro parere, costituisce allo statol’unico punto di riferimento “anagra-fico” attendibile, in quanto regola-mentato legislativamente, apparendoogni altro limite diversamente assun-to del tutto arbitrario, perché privo diqualsiasi fondamento giuridico) co-me età anagrafica per il diritto allapensione di vecchiaia e, dall’altro, ri-chiedere per il riconoscimento diun’altra prestazione l’accertamentodi una capacità al lavoro proficuo insoggetti che tale limite hanno rag-giunto ed oltrepassato.

In realtà almeno per questi ultimi,per la maggioranza dei quali appare

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senza dubbio opinabile riferirsi adeventuali ipotetiche attività lavorative,in quell’ottica di “uniformità” di cri-teri valutativi più volte sollecitata dal-la dottrina medico-legale, sembrereb-be senza dubbio più consono assume-re anche in ambito previdenziale co-me parametro valutativo di riferimen-to “le difficoltà persistenti a svolgere icompiti e le funzioni proprie dell’età”(in analogia a quanto attualmente pre-visto già dalla stessa Legge 153/88per i minori nonché, nel campo assi-stenziale, dalla legislazione attinenteil campo dell’invalidità civile), para-metro che, anche se di non sempreagevole apprezzamento, appare co-munque più aderente alla realtà indi-viduale e socio-ambientale.

Per quanto più volte invocato dallastessa magistratura, spesso chiamataad esprimersi per le contraddizioniinsite nell’attuale giungla normativa,il mancato intervento legislativo diriforma globale, organica e sistemati-ca dell’assistenza e della previdenzasociale non fa altro, a nostro parere,che investire di responsabilità abnor-mi il settore della medicina legale as-sicurativa, chiamata spesso ad emet-tere giudizi fondati su parametri di ri-ferimento non solo difformi ma an-che, e soprattutto, anacronistici edinadeguati alle mutate condizioni so-ciali: se, infatti, è fin troppo ovvioche ogni operatore medico-legaledebba necessariamente attenersi allanormativa vigente, è altrettanto veroche, nel caso specifico, vanno tenutein debito conto le difficoltà ed i dubbiche possono insorgere allorché ci sitrovi dinanzi a soggetti che, per la so-la età anagrafica, risultano in concre-to solo eccezionalmente collocabilinell’attuale mercato del lavoro, che,anch’esso in continua trasformazioneed evoluzione, ormai non consentepiù di prendere in considerazione“astratte” tipologie lavorative.

Volendo ora entrare nel merito del-la normativa oggetto della presentedisamina, una prima significativa os-servazione medico-legale riguarda

l’entità della menomazione, in sé eper sé stessa considerata, che devesottendere “l’inabilità al lavoro profi-cuo”: mentre l’art. 39 del DPR n.818/1957 (3), (4) stabiliva che fosse-ro da considerarsi “inabili” le perso-ne che, per “grave” infermità fisica omentale, si trovassero nell’assoluta epermanente impossibilità di dedicarsiad un proficuo lavoro, l’art. 2 dellaLegge n. 153/1988 (6) prevede inve-ce che l’inabilità al lavoro proficuodiscenda da infermità o difetto fisicoo mentale: la mancata aggettivazionefa quindi ritenere che non sia indi-spensabile che la minorazione sia ne-cessariamente “grave”, ma che siasufficiente che il quadro patologicodell’individuo sia tale da ripercuoter-si sulla sua realtà biologica in misurasignificativa e tale da annullare, tenu-to conto anche dell’influenza eserci-tata dai fattori extra-biologici, la ca-pacità di utilizzare le residue energiepsico-fisiche in un’attività lavorativa“proficua”.

Una seconda considerazione medi-co-legale riguarda poi le implicazioniconnesse al parametro valutativo adot-tato: infatti, secondo consolidati indi-rizzi giurisprudenziali, è “proficuo” illavoro di chi svolge una “attività capa-ce di procurare un reddito”.

A tal fine, peraltro, è altresì neces-sario accertare che le possibili attivitàsvolgibili da un soggetto menomatosiano conformi alla sua dignità ed aiprincipi etico-sociali dell’ambiente incui vive: come afferma il Ferrami(11), non si può definire “proficuo”nel senso inteso dal legislatore il la-voro svolto da un “individuo che, inipotesi, consegue un guadagno suffi-ciente a garantirgli l’esistenza me-diante lo svolgimento di attività im-morali o pericolose o degradanti ri-spetto alla classe sociale cui appartie-ne o la cui esplicazione gli è consen-tita solo dal senso di fraternità e ca-rità umana del datore di lavoro, ovve-ro mediante l’accattonaggio”.

Non si può quindi ignorare, quan-tunque il disposto legislativo non fac-

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cia cenno alcuno alle “attitudini”, cheun’attività proficua, atta a soddisfarele esigenze minime di vita, debbasvolgersi con una certa aderenza allecondizioni di ambiente ed all’educa-zione del soggetto e che la “generi-cità” del lavoro proficuo debba essereintesa con riferimento alle occupa-zioni effettivamente ascrivibili al sog-getto in esame.

Da tali considerazioni appare pale-se che, poiché l’attuale parametro diriferimento valutativo, limitatamenteagli assegni per il nucleo familiare, èl’assoluta e permanente impossibi-lità, a causa di infermità o difetto fisi-co o mentale, di dedicarsi ad un lavo-ro proficuo, ossia in grado di procac-ciare un utile economico, la stimadelle condizioni biologiche dell’indi-viduo assume valenza esclusivamen-te ai fini delle ripercussioni sulla suacapacità di guadagno: nel concetto di“lavoro proficuo” è insito il criterioper cui non è richiesto il riscontro diun’assoluta e permanente incapacitàlavorativa a svolgere qualsiasi attivitàlavorativa ma è sufficiente che il sog-getto sia ritenuto non idoneo a dedi-carsi ad un lavoro atto a soddisfare lesue primarie esigenze di vita senzausura delle sue residue energie, percui, a tal fine, occorrerà necessaria-mente considerare le circostanze am-bientali dell’attività lavorativa.

Pur essendo senza dubbio menoampiamente trattati i quesiti concer-nenti “l’inabilità” rispetto a quelli re-lativi “all’invalidità” pensionabile an-te Legge 222/84, appare utile riporta-re alcune sentenze della Corte diCassazione, che più volte si è espres-sa in tal senso in merito al concetto di“lavoro proficuo” (10), (12):

- Corte Cass., sent. n. 1090/67:“...deve intendersi per lavoro profi-cuo il lavoro utile e cioè tale da as-sicurare il soddisfacimento delle siapur minime esigenze vitali e dellenecessità di vita, in relazione allecondizioni patologiche del soggetto,alla sua età ed al sesso, alle condi-zioni ambientali e sociali”.

- Corte Cass., sent. n. 3877/68:“...l’inabilità al lavoro proficuo siconcreta nello stato di colui che,per una grave infermità fisica omentale, versi nell’assoluta e per-manente impossibilità di dedicarsiad un proficuo lavoro, cioè di svol-gere un’attività fonte del minimo in-dispensabile per vivere: tale impos-sibilità non può essere intesa comemancanza di qualsiasi capacità asvolgere un qualsiasi lavoro, né puòessere preso in considerazione losvolgimento di attività lavorativa incondizioni del tutto particolari emarginali o in maniera usurante, epertanto deve intendersi per lavoroproficuo quello utile, tale da assicu-rare il soddisfacimento delle sia purminime esigenze vitali, in relazionealle condizioni patologiche del sog-getto, alla sua età, al sesso ed allecondizioni ambientali e sociali...”.

- Corte Cass., Sez. Civ., n. 1595/69:“...occorre tener conto non solo del-l’incidenza delle infermità del sogget-to sulla sua capacità lavorativa maanche, e soprattutto, della sua capa-cità di guadagno, che comprende, an-zi presuppone, la capacità di lavoro,ma esprime un concetto più ampio, infunzione di fattori soggettivi (età, co-gnizioni, attitudini del soggetto) edestrinseci o ambientali, che possonoinfluire favorevolmente o negativa-mente sulla concreta possibilità che illavoratore utilizzi in modo proficuo econtinuativo le sue residue energie...”.

- Corte Cass., Sez. Civ., n. 728/74:“...la capacità di guadagno, pur an-noverando nelle sue componenti lacapacità lavorativa, assume una piùampia consistenza per la valutazionedi altri fattori soggettivi (sesso, età,...)ed economico-sociali (luogo in cuil’assicurato risiede, richiesta ed offer-ta di lavoro, possibilità di concorren-za di forze valide) che possono influiresulla concreta possibilità per il mino-rato di utilizzare in modo proficuo lesue residue energie lavorative”.

- Corte Cass., Sez. Lav., n. 5939/80:“...l’assoluta e permanente impossibi-

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lità di dedicarsi ad un proficuo lavo-ro... non si identifica con la totale in-capacità di lavoro, essendo sufficientea detti fini accertare che, a causa dellecondizioni di salute, da porre in corre-lazione ai fattori oggettivi di naturaambientale ed economico-sociale, fos-sero incapaci in concreto di applicarsiad un lavoro produttivo di adeguatoprofitto, e cioè idoneo a provvedere, inmodo normale non usurante alle esi-genze di vita...”.

Tale interpretazione giurispruden-ziale è per altro pienamente condivisaanche da Iacovelli G. (13), che, in se-de di commento al concetto di inabi-lità ex art. 2 della L. 222/84, afferma-va: “La differenza concettuale che ri-sulta dal confronto è certamente si-gnificativa. Infatti, la qualificazionedell’attività lavorativa come ‘profi-cua’, contenuta nella precedente nor-mativa, ha permesso interpretazioni -confermate da pronunzie della Supre-ma Corte - secondo le quali per esse-re riconosciuto inabile ad un lavoroproficuo non era necessario che ilsoggetto fosse inabile a qualsiasi atti-vità lavorativa ma bastava che non sipotesse dedicare ad un lavoro idoneoa poter soddisfare le sue primarie esi-genze di vita senza usura delle sue re-sidue energie e che ai fini di tale ac-certamento occorreva anche conside-rare le circostanze ambientali dell’at-tività lavorativa. È del tutto evidenteche la nuova normativa con l’assolu-to e preclusivo riferimento all’impos-sibilità di svolgere “qualsiasi” atti-vità lavorativa contrasta apertamentecon la linea interpretativa giurispru-denziale derivata dal precedente rife-rimento al lavoro proficuo, in partico-lare laddove la Cassazione escludevaesplicitamente che dovesse sussiterel’impossibilità a svolgere qualsiasiattività lavorativa”.

Sulla scorta delle suddette consi-derazioni è possibile pertanto affer-mare che ogni giudizio di “inabilitàal lavoro proficuo” non possa nonbasarsi sull’attenta valutazione didue componenti (10):

- l’efficienza psico-fisica del sog-getto, tale da renderlo direttamenteutilizzabile (collocabile) nel merca-to del lavoro;

- le condizioni dell’ambiente eco-nomico-sociale con il quale il sog-getto interagisce, in relazione a con-crete possibilità di collocamento, equindi, la variabilità, con riferimentoin particolare al fattore professiona-le, cronologico e topografico, delmercato del lavoro (in tal senso an-dranno attentamente valutati le even-tuali precedenti esperienze lavorati-ve, le cognizioni ed attitudini delsoggetto, l’eventuale maggiore o mi-nore qualificazione professionale, illuogo di residenza, la richiesta e l’of-ferta di lavoro, la concorrenza di for-ze valide, ecc.).

La possibilità del singolo indivi-duo di svolgere un lavoro proficuo,pertanto, oltre a presupporre la capa-cità di lavoro, appare dunque dipen-dente anche da altri fattori: intrinsecial soggetto (età, sesso, cultura, mo-ralità, ecc.) oppure estrinseci, appar-tenenti cioè all’ambiente economi-co-sociale in cui interagisce.

In tale ambito, quindi, l’accerta-mento della sola infermità o difettofisico o mentale non è di per sé suf-ficiente ad emettere un motivato pa-rere di inabilità o di non inabilità, inquanto occorrerà altresì verificare leripercussioni delle minorazioni psi-co-fisiche sulla capacità lavorativa e,conseguentemente, sulla concretacapacità del soggetto di utilizzare“proficuamente” le sue residue ener-gie lavorative, tenendo per altro indebito conto i fattori estrinseci pro-pri del contesto sociale in cui egli èinserito.

In definitiva il doversi esprimerein merito alla capacità al lavoro pro-ficuo, da ritenersi quale estrinseca-zione economica della capacità dilavoro, richiede pertanto che il giu-dizio medico-legale non possa pre-scindere da una concomitante valu-tazione delle condizioni di mercato,dell’ambiente e della concorrenza.

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Per quanto attiene alla fase di ac-certamento di tali fattori estrinseci,occorre considerare che se la valuta-zione della capacità lavorativa, conil suo aspetto esclusivamente ergo-biologico, rientra senza alcun dub-bio nella sfera di competenza medi-co-legale, i presupposti bio-socio-economici della proficuità del lavororichiedono invece competenze inambiti diversi.

In realtà, pur apparendo come solu-zione ideale quella di affiancare all’o-peratore medico-legale figure profes-sionali specializzate nell’ambito delladisamina dei fattori c.d. extrabiologi-ci, tenuto conto della loro estrema va-riabilità, nelle more risulta comunquenecessario che anche l’apprezzamen-to di tali fattori non esuli per il mo-mento dall’ambito di competenza me-dico-legale, in quanto questa apparel’unica strada percorribile onde preve-nire possibili ingerenze, già verifica-tesi per il passato, allorché l’art. 36della Legge 30.04.1970, n. 639, avevademandato ai Comitati Provincialiistituiti presso le sedi INPS la disami-na delle situazioni socio-economichedella provincia ai fini della decisione,di pertinenza degli stessi Comitati, deldiritto alle prestazioni previdenziali intema di invalidità pensionabile.

Al riguardo anche Antoniotti e Val-legiani (2) affermavano che mentrefosse da ritenere di sicura pertinenzamedica la valutazione della compo-nente ergo-biologica, rappresentatadall’entità della riduzione dell’effi-cienza psico-fisica e dal conseguentetasso di riduzione della capacità lavo-rativa, l’esame dei fattori socio-eco-nomici-ambientali dovrebbe essereinvece demandato ad esperti in mate-ria, onde stabilire una chiara delimita-zione tecnica tra giudizio medico-le-gale e giudizio socio-economico; sul-la stessa linea il Soprana (18) ed ilCattabeni (5), laddove evidenziavanole difficoltà di giudizio dipendentidall’incidenza delle condizioni eco-nomico-sociali sulla possibilità diconcreto guadagno.

Altra materia dibattuta in dottrinariguarda poi la rilevanza da attribuireai fattori extrabiologici: mentre ilPellegrini (16) attribuiva infatti note-vole importanza ai fattori economici,inerenti all’ambiente ed al mercatodi lavoro, il Puccini (17), pur ricono-scendo il ruolo di tali fattori nell’in-fluenzare le attitudini personali, indi-cava come fattore condizionante pri-mario di uno stato di invalidità l’alte-razione dello stato di salute, “nonpotendosi avere invalidità senza me-nomazione psico-somatica”.

Peraltro anche la giurisprudenza siè espressa in merito con indirizzispesso contrastanti, con sentenzedella Suprema Corte che da un latoattribuiscono un notevole peso allecondizioni economico-sociali (ades., Corte Cass., 25.01.1969, n. 230)ed altre che invece pongono una piùnetta distinzione tra “invalidità” ed“incollocabilità” per sfavorevoli con-dizioni economico-ambientali” (Cor-te Cass., 18.01.1969, n. 111: “...pergiungere all’accertamento dello sta-to di invalidità, una volta esclusodetto stato per la nessuna o minimaincidenza sulla capacità di guada-gno delle malattie denunciate ed ac-certate, non può pretendersi che lacondizione di invalido sia desuntadal giudice con riferimento esogenoagli elementi estrinseci ed ambienta-li suddetti” (12).

Una posizione simile assume an-che la sentenza n. 819 del 1986 (12),laddove afferma che “ad integrarel’inabilità, prescritta dall’art. 22Legge 903/65, ai fini della pensionedi reversibilità, possono concorrereanche i fattori extrabiologici (sogget-tivi e socio-economici), ma questinon possono però assumere un ruolopreponderante rispetto alla incidenzainabilitante delle gravi infermità”:tale orientamento, seppure espressocon riferimento ad altra normativa,appare, a nostro avviso, quello piùequo e condivisibile, in quanto impli-citamente sottolinea come, comun-que, alla base del riconoscimento di

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uno stato di inabilità al lavoro profi-cuo, come già affermato dal Puccini,vi debba essere comunque una condi-zione di minorazione psico-fisica, in-discutibile fattore primario, e che lavalutazione extrabiologica può esseresolo complementare, ma non sostitu-tiva, a quella ergo-biologica.

Tenendo conto di queste considera-zioni, appare di più facile risoluzioneanche un’altra non infrequente pro-blematica, ossia quella dell’eventualeretrodatazione del diritto alla presta-zione: se infatti è vero che il ricono-scimento di uno stato di inabilità allavoro proficuo non può, e non deve,discendere da un’esclusiva disaminadei fattori c.d. extrabiologici, ma rico-nosce come “primum movens” un’in-fermità o difetto fisico o mentale, èaltresì chiarito che “l’onere della pro-va” spetti all’istante e che, in assenzadi adeguata documentazione, ogni re-trodatazione appare piuttosto arbitra-ria, ove si eccettuino patologie che,per la loro rilevante entità clinica, fac-ciano presumere con certezza, se nonassoluta quantomeno medico-legale,la sussistenza pregressa dello stato diinabilità.

Al riguardo, riteniamo infatti chesolo l’applicazione di una rigorosametodologia medico-legale, pur po-tendo in qualche caso portare a con-clusioni abnormi (si pensi all’ottan-tenne privo di documentazione pro-bante e con un quadro patologico dinon particolare rilevanza!), consentadi limitare interpretazioni soggettivegravate da ampia discrezionalità.

In conclusione, a nostro avviso, ènecessario che nel valutare il singolocaso ci si chieda se, tenuto conto del-le suddette variabili, l’individuo siain grado, o meno, di svolgere un’atti-vità lavorativa che lo renda indipen-dente, sotto il profilo economico, ri-spetto al suo nucleo familiare, ovve-ro se, tenuto conto delle menomazio-ni di cui è portatore, possa in concre-to, e non astrattamente, spendere leproprie energie residue in un’attivitàlavorativa che sia (10):

- consona alla dignità della perso-na umana e rispettosa dei fondamen-tali diritti costituzionali di libertà edautonomia;

- giuridicamente valida (paga, con-tributi, assicurazioni, ecc.) e non at-tribuita a titolo pietistico;

- durevole e continuativa nel tempo;- non usurante, pericolosa (per sé, i

compagni o l’ambiente lavorativo),degradante, illecita (contraria al dirit-to) o immorale (non accettabile dallacomunità);

- atta ad assicurare con sufficientestabilità un minimo di reddito per sod-disfare le primarie esigenze di vita.

Ove il giudizio medico-legale sifondi sull’attenta analisi dei suddettifattori, per altro non sempre agevole,richiedendo una conoscenza di ele-menti extra-biologici caratterizzati,al mondo d’oggi, da un’estrema va-riabilità (non è un caso che da tempoil termine di “flessibilità”, con tuttele sue implicazioni, aleggi in ogni di-scussione sull’occupazione lavorati-va), riteniamo che anche i casi di piùdifficile valutazione possano esseredecisi con sufficiente equità: se è ve-ro infatti che, in ambito medico-lega-le, non possono esistere assiomi dialcun genere (9), è altrettanto vero, anostro parere, che il singolo casodebba essere considerato in concre-to, e non astrattamente, in tutte le suesfaccettature, valutando pragmatica-mente non se il soggetto abbia unagenerica capacità lavorativa ma se,stante le minorazioni di cui è porta-tore, possa realmente utilizzare pro-ficuamente in un qualsiasi lavorol’efficienza psico-fisica di cui dispo-ne e quindi se abbia una capacità diguadagno, ancorché minima, taleperò da garantirgli un’autosufficien-za economica, ossia un reddito ingrado di soddisfare le sue primarieesigenze di vita.

In conclusione, in ogni caso concre-to, occorrerà ricorrere a quella “perso-nalizzazione” del giudizio medico-le-gale che, ove si tengano in debito con-to i criteri valutativi su esposti, non so-

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lo garantirà una “uniformità” di parerima, lungi dal creare eccessive discre-zionalità, permetterà anche una corret-ta interpretazione dei principi ispiratoridella norma.

RIASSUNTO

Gli AA. affrontano le problema-tiche medico-legali connesse al ri-conoscimento del diritto all’Asse-gno per il Nucleo Familiare (ANF)in ambito INPS, alla luce dellaSentenza della Corte Cassazione n.7668/1996, soffermandosi in parti-

colare su quelle inerenti al parame-tro di valutazione richiesto per isoggetti in età avanzata, spesso soloipoteticamente collocabili nel mon-do del lavoro.

Al riguardo si sottolinea l’inade-guatezza del concetto di “inabilitàal lavoro proficuo” per tali indivi-dui e si auspica un intervento legi-slativo di riforma globale e sistema-tica dell’assistenza e della previden-za sociale che finalmente unifichi iparametri valutativi richiesti ai finidel diritto alle varie prestazioni,adattandoli peraltro alle mutatecondizioni sociali.

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4) ATTI UFFICIALI INPS: «L’Assegno peril Nucleo familiare (raccolta sistema-tica delle norme vigenti in materia dicorresponsione della prestazione)».Suppl. Giugno 1991.

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6) CIRCOLARE INPS AREA SANITARIA IN-VALIDITÀ ED INABILITÀ N. 195 DEL

5.9.1989: «Istruzioni operative al per-sonale medico in materia di concessio-ne dell’assegno per il nucleo familiare(Legge 13 maggio 1988, n. 153)».

7) CIRCOLARE INPS SERVIZIO PRESTA-ZIONI GESTIONI SPECIALI, SERVIZIO

RAPPORTI E CONVENZIONI INTERNAZIO-NALI N. 12 DEL 12.01.1990: «Discipli-na dell’assegno per il nucleo familia-re. Riepilogo e coordinamento dei cri-teri normativi».

8) CIRCOLARE INPS DIREZIONE CENTRA-LE PRESTAZIONI TEMPORANEE N. 98DEL 6.5.1998: «Assegno per il nucleofamiliare. Nucleo familiare compostodal solo coniuge superstite».

9) CIRCOLARE INPS DIREZIONE CENTRA-LE PRESTAZIONI-COORDINAMENTO GE-NERALE MEDICO-LEGALE N. 11 DEL

21.1.1999: «Assegno per il nucleo fa-miliare. Accertamento inabilità aproficuo lavoro dei soggetti ultrases-santacinquenni. Riepilogo disposizio-ni in materia di accertamento inabi-lità».

10) DE ZORZI L., PIGA C.: «Il lavoro pro-ficuo nella normativa previdenziale:invalidità pensionabile e tutela di fa-miglia a confronto». Rass. Med. Leg.Prev., 1996; 2: 21-26.

11) FERRAMI A.: «Sul concetto di proficuolavoro ai sensi dell’art. 4 del T.U. del-le norme sugli assegni familiari». Atti

del III Convegno di studio per i medi-ci dell’INPS. Salsomaggiore, 1969.

12) INPS: «Elementi di Medicina Socialee Assicurativa nei Settori di Interven-to dell’INPS» (a cura del Servizio Sa-nitario). Roma, 1974.

13) IACOVELLI G.: «Profili medico-legalidella nuova disciplina dell’invaliditàpensionabile». Le nuove leggi civilicommentate, 1985; 2-3: 436-446.

14) INTRONA F.: «Revisione della discipli-na dell’invalidità pensionabile (Legge12 giugno 1984). Riflessioni medico-legali». Atti del convegno “Invaliditàe Tutela”, Montegrotto Terme, 1985.

15) MARCHESE F.: «Legge 12 giugno 1984,n. 222, art. 2: Pensione Ordinaria diInabilità». Riv. It. Med. Leg., 1988; X:735-741.

16) PELLEGRINI: «Problemi dell’assicura-zione per l’invalidità e vecchiaia». As-sistenza Sociale, 1939; 41: 232-238.

17) PUCCINI C., NANETTI I., NATHAN F. E

SABATTANI P.G.: «Invalidità pensiona-bile - Problemi medico-legali». 1969.

18) SOPRANA C.: «La valutazione medico-legale dell’invalidità». Relazione alConvegno nazionale di studio su l’in-validità pensionabile, Milano, 1963.

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P er lo studio in oggetto sono sta-te esaminate certificazioni me-

diche, riguardanti lavoratori dipen-denti assicurati INPS, per 5637 pe-riodi di malattia compresi tra il 1°gennaio ’98 e il 31 dicembre ’98, dicui 3956 riguardanti soggetti ma-schi e 1681 femmine.

Ciascun periodo comprende unoo più certificati che attestano sia uncontinuum di giorni di malattia chesuperi l’arco del mese ed imputatoal mese d’insorgenza che una reci-diva/ricaduta nell’ambito dello stes-so mese, ciò al fine di poter valutarecorrettamente l’incidenza e la pre-valenza delle singole malattie.

Di ciascun caso sono stati compu-tati anche i giorni di malattia, che am-montano complessivamente a 54.302,di cui 37.033 riguardanti soggetti ma-schi e 17.269 femmine.

L’ambito territoriale di osserva-zione è stato quello della sede IN-PS di Napoli-Vomero che compren-de i CAP: 80127/28/29/31/45, inpratica la zona alta della città e laperiferia di Chiaiano-Piscinola; adessa affluisce una popolazione dicirca 31.000 lavoratori assicurati

con l’Istituto, di cui al 60% è rap-presentato da lavoratori dipendentied il restante 40% da autonomi. Ilnumero di certificati esaminati, fo-tocopiati e ordinati per mese dicompetenza-sesso-classe d’età, cor-risponde quasi al totale pervenuto,in quanto sono stati esclusi soltantoi certificati con diagnosi illeggibileo privi di dati anagrafici che hannoinciso in misura percentuale irrile-vante. Dall’esame dei dati e dei re-lativi grafici (vedi Tabelle 1 e 2) sievince che il tasso di morbosità èdel 29.6%; il 50% delle malattie èconcentrato nei primi quattro mesidell’anno, con punte massime neimesi di Febbraio e Marzo; la mag-gior parte delle malattie diagnosti-cate nell’intero periodo consideratonei maschi è compresa nelle classid’età dai 35 ai 55 anni e nelle don-ne tra i 26 e i 35 anni (Tabella 3) edè rappresentata in maggior misuradalle malattie infettive. Queste nel-la quasi totalità consistono in in-fluenza e c.d. “sindromi influenza-li” e, per poche unità, in altre ma-lattie infettive, mentre non si sonoriscontrate certificazioni di infezio-

Indagine sulla distribuzione di frequenzadelle malattie che determinano inabilitàtemporanea, certificate dai medicidi famiglia nell’ambito territorialedella sede INPS di Napoli-VomeroAntonio CAPASSODirigente medico-legale 1° livelloSede INPS Napoli-Vomero

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TABELLA 1 - Distribuzione dei casi di malattia per sesso e mese d’insorgenza nel 1998

1998 GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC Totali

Maschi 424 603 556 391 412 305 244 109 266 282 236 128 3956

Femmine 171 284 258 185 172 121 68 24 100 135 110 53 1681

Totali 595 887 814 576 584 426 312 133 366 417 346 181 5637

ni da HIV e di TBC. Le MalattieInfettive, infatti, incidono sul totaledei 15 gruppi di patologie nella mi-sura del 20.4% e sono concentrate,come prevedibile, nei primi tre me-si dell’anno considerato nella misu-ra del 62%, percentualmente distri-buite in maniera simile nei due ses-si (Tabelle 4, 5 e 6).

I giorni di malattia raggiungono illoro picco più alto nei mesi di Feb-braio/Marzo e, al contrario, il mini-mo nei mesi di Agosto e Dicembre(Tabella 7).

Il valore medio complessivo deigiorni di malattia è di 9.6 ed è quasisimile nei due sessi (9.3 nei maschie 10.3 nelle femmine); esso si di-scosta sensibilmente dalla mediacomplessiva per i Tumori (24.2), leMalattie Cardiache (22.6), Malattieper la gravidanza (22.8), MalattieEndocrine (20.1), Malattie Psichi-che (18.5) e Malattie da traumi(16.2) (Tabella 8).

Dall’esame dei dati raccolti,quindi, non si evincono particolaridiscrepanze o anomalie, ad eccezio-

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ne forse dell’elevato valore mediodei giorni di malattia per tumori -malattie cardiache ed endocrine,che può essere indizio di croniciz-zazione; per le malattie da traumi,che possono, nei casi di responsabi-lità di terzi o di infortunio, essereespressione di malattia da indenniz-

zo. A tal riguardo si precisa che nel1998 la Sede di Napoli-Vomero haproceduto a surroga per responsabi-lità di terzi in 42 casi e solo in 22casi la competenza è stata ricono-sciuta all’INAIL, perché infortunisul lavoro. Un altro dato da valutaree tenere sotto controllo è il discreto

TABELLA 2 - Distribuzione dei casi di malattia per classi d’età e sesso nel 1998

1998 < 25 26/35 36/45 46/55 56/65 Totali

Maschi 256 1043 1090 1107 460 3956

Femmine 180 660 378 377 86 1681

Totali 436 1703 1468 1484 546 5637

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TABELLA 3 - Distribuzione dei casi per sesso e tipo di patologia nel 1998

1998 M. Inf. Psic. SNC Re.a.v. Re.b.v. Car. Vas. Dig. Osteo. Traum. Genur. Tumo. Endo. Grav. Varie Totali

Maschi 759 186 452 400 293 123 153 350 469 319 77 51 21 – 303 3956

Femmine 393 126 135 215 108 17 43 107 127 88 71 20 10 95 126 1681

Totali 1152 312 587 615 401 140 196 457 596 407 148 71 31 95 429 5637

LEGENDA:M. Inf. = Malattie infettive.Psic. = Malattie psichiatriche.SNC = Sistema nervoso.Re.a.v. = Malattie alte vie respiratorie.Re.b.v. = Malattie basse vie respiratorie.Car. = Malattie cardiache.Vas. = Malattie vascolari.Dig. = Malattie Apparato digerente.Osteo. = Malattie osteoarticolari.Traum. = Malattie da traumi.Endo. = Malattie endocrine.Genur. = Malattie Genito-urinarie.Tumo. = Tumori.Grav. = Malattie per la gravidanza.

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valore medio dei giorni per malattiepsichiche, che nella quasi totalitàconsistono in sindromi ansioso-de-pressive; le nevrosi, infatti, se da unlato sono indubbiamente espressio-ne del sempre crescente stress da la-voro o da particolari situazioni fa-miliari ed esistenziali, dall’altrovanno accuratamente controllate dalpunto di vista medico-legale, perchédi questo tipo di patologia si può fa-cilmente abusare nella certificazio-ne per le oggettive difficoltà di con-testazione sia nel merito clinico chemedico-legale.

Nel calcolo della variabilità delnumero di casi osservati per gruppidi malattie si calcola una media di375.8 casi x gruppo con una Va-rianza di 58.42, Deviazione Stan-dard 7.64 e Coefficiente di Varia-zione 2.03; per quanto riguarda igiorni di malattia relativi alle osser-vazioni per gruppi di patologia si èriscontrata una Media di 3620 gior-ni con una Varianza di 346.69, De-viazione Standard di 18.61 e Coef-ficiente di Variazione di 0.51;espressione, quindi, di bassa di-spersione.

TABELLA 4 - Anno 1998: distribuzione dei casi di malattie infettive per mesi d’insorgenza nei due sessi

Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic Totali

M 109 227 136 58 55 23 9 5 30 40 44 23 Mal. infett. M 759

F 54 118 74 30 21 14 1 2 15 23 31 10 F 393

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TABELLA 5 - Anno 1998: Distribuzione dei casi per classi d’età e patologie in femmine

1998 M. Inf. Psic. SNC Re.a.v. Re.b.v. Car. Vas. Dig. Osteo. Traum. Genur. Tumo. Endo. Grav. Varie Totali

< 25 47 21 8 25 10 – 1 18 10 13 8 – – 13 6 180

26/35 171 45 41 107 41 2 12 35 31 28 27 – 1 67 52 660

36/45 87 28 28 46 27 – 8 22 35 22 20 6 2 14 33 378

46/55 72 24 42 30 25 11 19 26 41 20 16 13 7 1 30 377

56/65 16 8 16 7 5 4 3 6 10 5 – 1 – – 5 86

Totali 393 126 135 215 108 17 43 107 127 88 71 20 10 95 126 1681

LEGENDA:M. Inf. = Malattie infettive. Psic. = Malattie psichiatriche.SNC = Sistema nervoso. Re.a.v. = Malattie alte vie respiratorie.Re.b.v. = Malattie basse vie respiratorie. Car. = Malattie cardiache.Vas. = Malattie vascolari. Dig. = Malattie Apparato digerente.Osteo. = Malattie osteoarticolari. Traum. = Malattie da traumi.Endo. = Malattie endocrine. Genur. = Malattie Genito-urinarie.Tumo. = Tumori. Grav. = Malattie per la gravidanza.

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TABELLA 6 - Anno 1998: Distribuzione dei casi per classi d’età e patologie in maschi

1998 M. Inf. Psic. SNC Re.a.v. Re.b.v. Car. Vas. Dig. Osteo. Traum. Genur. Tumo. Endo. Varie Totali

< 25 64 11 14 30 18 1 7 16 19 43 6 – 3 24 256

26/35 260 81 84 134 75 4 14 97 87 111 14 9 – 73 1043

36/45 215 50 149 119 72 19 44 115 119 80 20 1 1 86 1090

46/55 165 33 154 88 81 59 54 93 191 53 23 19 10 84 1107

56/65 55 11 50 28 48 40 34 29 55 32 14 22 7 35 460

Totali 759 186 451 399 294 123 153 350 471 319 77 51 21 302 3956

TABELLA 7 - Distribuzione per sesso e mesi d’insorgenza dei giorni di malattia

1998 GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC Totali

Maschi 3521 5189 4969 3835 3434 3157 2682 1123 2530 3252 2215 1126 37033

Femmine 1722 2906 2435 1790 1988 1331 961 220 1110 1447 977 382 17269

Totali 5243 8095 7404 5625 5422 4488 3643 1343 3640 4699 3192 1508 54302

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TABELLA 8 - Rapporto tra il numero dei casi e i giorni di malattia

1998 M. Inf. Psic. SNC Re.a.v. Re.b.v. Car. Vas. Dig. Osteo. Traum. Genur. Tumo. Grav. Endo. Varie Totali

Casi 1152 312 587 615 401 140 196 457 596 407 148 71 95 31 429 5637

Giorni 5912 5783 5439 3351 3801 3166 1957 3168 4755 6608 1634 1720 2169 624 4215 54302

Medie 5,1 18,5 9,2 5,4 9,4 22,6 10 6,9 7,9 16,2 11 24,2 22,8 20,1 9,8 9,6

RIASSUNTO

L’Autore ha per la prima voltaproceduto a una valutazione epi-demiologica in ambito INPS dellemalattie certificate dai medici difamiglia che determinano inabi-lità temporanea. L’indagine èsenz’altro utile sia per le imme-diate conseguenti valutazioni me-dico-legali che per successivi studiprospettici.

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N ell’ambito della disciplina me-dico-legale si è soliti distin-

guere la “medicina giuridica” e la“medicina forense”: la prima ha uncarattere eminentemente teorico edè finalizzata alla elaborazione cor-retta delle nuove norme giuridiche(jus condendum) e all’interpretazio-ne esatta di quelle già codificate(jus condito); la seconda ha finalitàeminentemente applicative e offregli strumenti medico-scientifici peril corretto inquadramento giuridicodelle singole fattispecie.

Spetta dunque agli studiosi dellamedicina giuridica il delicatissimocompito di predisporre, mettere apunto, comprendere, valutare, com-mentare le norme del diritto attinentiall’ambito medico-legale. È un im-pegno che coinvolge docenti di dirit-to e di medicina legale, magistrati,avvocati, legislatori. Ed è proprio illegislatore che, potendo (e volendo)disporre dell’ausilio tecnico deglistudiosi della materia, è chiamato avarare norme che dovrebbero sem-pre avere prerogative di chiarezza,intellegibilità, coerenza ordinamen-tale.

È ben noto però a chi opera nel set-tore come non sempre sia agevolel’interpretazione delle norme: le diffi-coltà esegetiche derivano essenzial-mente dalla proliferazione e dalla stra-tificazione nel tempo di leggi, regola-menti, disposizioni attuative, fenome-ni questi riscontrabili in altri campi deldiritto che pregiudicano la funziona-lità dei sistemi normativi. Una direttaconseguenza di questa “superfetazio-ne” normativa è l’aumento smisuratoed anomalo del contenzioso giudizia-rio, con allungamento dei tempi di de-cisione delle cause e con la formula-zione di sentenze a volte contorte econtraddittorie.

In tale contesto, paradigmatica è ladefinizione dei concetti di “occasionedi lavoro” (art. 2 del Testo UnicoD.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124) e di“occasione di servizio” (art. 41 R.D.5 settembre 1895, n. 603), attinentirispettivamente all’infortunisticaINAIL e alla pensionistica privilegia-ta da causalità di servizio per i dipen-denti civili e militari dello Stato. Sitratta di due nozioni che, pur ruotan-do su terminologie analoghe, espri-mono contenuti del tutto divergenti.

“Occasione di lavoro” e “Occasionedi servizio”: analogie terminologicheper concetti esegeticamente divergenti

Alberto VIORA Andrea BUONODirigente medico-legale 1° livello Ufficiale MedicoD.G. INPS - Roma Sanità Militare Esercito - Roma

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“Occasione di lavoro”

L’articolo 2 del Testo Unico (D.P.R.30 giugno 1965 n. 1124) stabilisce chel’assicurazione comprende “tutti i casidi infortunio avvenuti per causa vio-lenta in occasione di lavoro, da cui siaderivata la morte o un’inabilità per-manente al lavoro, assoluta o parzia-le, ovvero un’inabilità temporanea as-soluta che importi l’astensione dal la-voro per più di tre giorni”.

Il legislatore, con tale definizione,ha inteso circoscrivere il perimetrodegli eventi che, pur verificatisi nelcorso del lavoro, possano rientrarenella tutela assicurativa.

Il lavoro costituisce la condizioneattraverso la quale la causa violentaproduce l’evento dannoso. In questoambito assicurativo l’occasione deveessere intesa come l’“atmosfera lavo-rativa” (6) nell’ambito della quale av-viene l’incontro tra la causa violentae l’uomo. Il termine occasione deveessere quindi inteso come situazionein stretta connessione causale conl’attività di lavoro. L’infortunio è daritenersi assicurato ogni qual volta siail lavoro a determinare il rischio dicui è conseguenza l’infortunio stesso.Per poter valutare correttamente unevento di tipo infortunistico, è dun-que essenziale l’esatta individuazionedel rischio che lo ha generato (8).

Sugli elementi costitutivi del ri-schio sussistono - come noto - orien-tamenti già consolidati: qui ci si li-mita a ricordare che sono sicuramen-te esclusi dall’ambito dell’infortuniosul lavoro gli eventi conseguenti alrischio generico, vale a dire quellesituazioni di pericolo comune, allequali sono esposti nella stessa misuratutti gli uomini, indipendentementedalla loro attività lavorativa. Sono al-tresì esclusi gli eventi determinati daun “rischio elettivo”, vale a dire dallacreazione da parte del prestatore d’o-pera di una situazione pericolosa,svincolata dalle esigenze lavorative.Rischio generico e rischio elettivorappresentano situazioni nelle quali,

pur potendo il soggetto trovarsi inambito lavorativo, l’evento non è ri-conducibile nel suo determinismo afinalità lavorative e viene dunque amancare l’occasione di lavoro. Le si-tuazioni in cui si concretizza l’occa-sione di lavoro sono quelle determi-nate dal “rischio specifico”, che deri-va dalle condizioni peculiari di undeterminato lavoro, cui soggiaccionoesclusivamente coloro che esplicanotale tipo di mansioni, e dal “rischiogenerico aggravato”, che incombe suogni soggetto, anche se interessa al-cune categorie professionali con par-ticolare frequenza.

Decisiva sul punto è la posizionedella Corte Costituzionale, con la sen-tenza n. 462/1989 (4). Secondo la Su-prema Corte “resta escluso che l’assi-curazione contro gli infortuni del la-voro possa essere invocata per copri-re i rischi generici ai quali sono espo-sti tutti i cittadini, che potranno gio-varsi eventualmente, al riguardo, dialtre forme di assicurazione, contro lamalattia e contro l’invalidità, trovan-do garanzia costituzionale nello stes-so art. 38, comma 2, Cost. al di fuoridel concetto di infortunio sul lavoro”.

“Occasione di servizio”

Completamente diverso è il ruoloche svolge la nozione di “occasione diservizio” nell’ambito delle prestazionilegate alla pensionistica privilegiata,incentrata sulla “causa di servizio”.

Come noto, lo Stato riconosce unequo indennizzo e/o il diritto alla pen-sione privilegiata ai dipendenti cheabbiano riportato una menomazionecausalmente connessa con il serviziosia militare, ordinario o di guerra, siacivile prestato in una qualsiasi pubbli-ca amministrazione.

Elemento chiave è dunque la causadi servizio: si intende con essa il nes-so causale che esiste tra l’espletamen-to degli obblighi derivanti dal rappor-to di impiego e l’alterazione dello sta-to di salute del dipendente (1).

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Nel corso degli anni la nozione di“causa di servizio” ha subito unalunga evoluzione, in senso espansi-vo. In una prima fase applicativa siaffermava che le pensioni privilegia-te per inabilità o morte spettavanosoltanto quando il servizio avessecostituito la causa unica, diretta edimmediata dell’evento dannoso (art.13, comma 1 del R.D. 21 novembre1923, n. 2480)1.

Ci si è successivamente resi contoche un concetto così restrittivo delrapporto di causalità mal si prestava avalutare eventi determinatisi in servi-zio, ma che riconoscevano una genesimultifattoriale. È dunque prevalsol’orientamento volto a conferire rile-vanza anche alla concausa di servi-zio, come si evince dall’art. 64, com-ma 3 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n.1092, che afferma la sussistenza deldiritto al trattamento pensionisticoprivilegiato per il dipendente statale,qualora risulti affetto da infermità olesioni inducenti menomazioni del-l’integrità personale causa di inabilitàal servizio e che siano dipendenti dafatti di servizio secondo un rapportocausale, ovvero concausale efficientee determinante.

Completamente diverso è il ruoloche in tale campo riveste l’occasionedi servizio. Il rapporto di contrappo-sizione che le due nozioni (causa eoccasione) assumono in tale campo èben evidenziato nell’art. 41 del R.D.603 del 5 settembre 1895 (Regola-mento per l’esecuzione del testo uni-co sulle leggi sulle pensioni civili emilitari del 21 febbraio 1895, n. 70):“Nei giudizi sulla provenienza delleferite, lesioni od infermità, i consiglidi amministrazione, o le autorità ci-vili e militari che ne facciano le veci,avranno cura di distinguere bene lacausa di servizio specificata all’arti-colo precedente, dalla semplice oc-casione di servizio”. La stessa nor-ma si preoccupa di definire l’occa-sione, come “quel fatto o quella cir-costanza attinente al servizio, che hasoltanto un nesso casuale con la le-

sione o infermità, di cui la causa ve-ra e propria sta nel novero dei fattiestranei al servizio”.

Nella costruzione legislativa adot-tata sono dunque chiari i tratti defini-tori dell’occasione, così come la ra-tio sottostante della disciplina: l’in-tento è quello di escludere dall’in-dennizzo i fatti che non sono né effi-cienti né determinanti per la produ-zione dell’evento, anche se gli acca-dimenti stessi si sono determinati inun contesto lavorativo.

Profili sistematici

Per poter meglio comprendere ildiverso significato delle due defini-zioni “occasione di lavoro” e “occa-sione di servizio” e, soprattutto, ten-tare di ricostruirne le rispettive fina-lità normative, può essere utile un ac-cenno al concetto di “occasione” nel-l’ambito della dottrina del “rapportodi causalità”. Ancor prima, nella ri-costruzione sistematica, un punto dipartenza è il significato che il termineoccasione assume nella linguisticacomune.

Secondo la definizione dello Zin-garelli, per occasione [di derivazionelatina - da occàsum, supino di occi-dere “cadere”, comp. di ob. “davanti”e cadere “cadere”] deve intendersi:“1) caso favorevole ed opportuno,momento o situazione particolarmen-te adatta a qualcosa; 2) oggetto, arti-colo e sim. che si può acquistare a unprezzo particolarmente vantaggioso;3) causa, motivo, pretesto; 4) avveni-menti, circostanza, situazione”. Piùcompiutamente, il dizionario enciclo-pedico Treccani attribuisce ad occa-sione il significato primo di “circo-stanza o concorso di circostanze cherendono possibile l’avverarsi di unfatto, o che danno opportunità di farequalche cosa”, mentre nella secondaaccezione, occasione viene definitacome “motivo, pretesto, opportunitàa qualche cosa, con riferimento a fat-ti che favoriscono il prodursi di un

1 Art. 13, comma 1 delR.D. 21 novembre 1923, n.2480: “Le pensioni privile-giate per inabilità o morteda causa di servizio spetta-no soltanto quando il servi-zio ha costituito la causaunica, diretta ed immediatadell’infermità, della lesioneo della morte”.

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evento pur non essendo la causa verae necessaria né sufficiente a determi-narlo”. Emerge chiaramente, da que-ste definizioni, la sostanziale diver-sità di significato che il termine puòassumere.

Sul piano tecnico-scientifico, ladottrina dell’occasionalità, nell’ambi-to del rapporto di causalità, si è svi-luppata in contrapposizione a quelladella concausalità, con il fine di di-stinguere la causa e la concausa dal-l’antecedente occasionale.

La vigente normativa penale - sucui si basa la dottrina del rapporto dicausalità in tutti i campi del diritto -adotta (art. 41, codice penale) una so-luzione rigorosa ai fini della valuta-zione del concorso di cause: “Il con-corso di cause preesistenti, simulta-nee o sopravvenute, anche se indi-pendenti dall’azione od omissionedel colpevole, non esclude il rappor-to di causalità fra l’azione od omis-sione e l’evento. Le cause sopravve-nute escludono il rapporto di causa-lità quando sono state da sole suffi-cienti a determinare l’evento...”.

L’attuale codice ha dunque abbon-donato la teoria della “causa efficien-te”, sostituendola con quella della“conditio sine qua non” o della “equi-valenza delle cause”. Tale criteriolo-gia, sviluppata principalmente da vonBuri, si incentra sul principio secondoil quale “deve considerarsi causaogni singola condizione dell’evento,vale a dire ogni antecedente senza ilquale il risultato non si sarebbe avve-rato”.

L’applicazione della teoria soprarichiamata consente di porre sullostesso piano e di considerare equi-valenti, ai fini della produzione del-l’effetto, tutti gli antecedenti che viabbiano concorso, a condizione cheil loro intervento sia stato necessa-rio per la produzione dell’evento.

È peraltro opportuno chiarire che“Il principio della equivalenza causa-le, accolto nell’art. 41 c.p., non po-stula la parità delle cause, bensì lanecessarietà di ogni causa nel mec-

canismo di produzione dell’evento”(Cass. Pen. Sez. V, 20 marzo 1979).

La dottrina dell’occasione è statadunque elaborata proprio per valu-tare adeguatamente quei casi neiquali vi sia una sproporzione tra lagravità dell’evento e la tenuità del-l’antecedente.

Per occasione, in ambito medico-legale, si intende quell’antecedente diinteresse giuridico che possiede un’ef-ficienza causale minima. Essa possie-de i caratteri della esiguità, della gene-ricità e della teorica sostituibilità. Conla sua minima efficienza lesiva, l’oc-casione favorisce il concretarsi di unevento già maturo per la sua realizza-zione.

Utili per la loro chiarezza e com-pletezza ci sembrano le caratteristichedell’antecedente occasionale elencateda Palmieri e Zangani (9):

1. esiguità del fatto, rispetto all’ef-fetto;

2. essere ultimo degli antecedentidell’evento;

3. la sua sostituibilità teorica e quin-di la sua genericità;

4. l’essere sprovvisto di capacità le-siva rispetto all’uomo sano e normale;

5. la sua equiparabilità quantitativaagli atti ordinari fisiologici della vitavegetativa e di relazione (il tossire, lostarnutire, il defecare, ecc.).

Così sull’occasione si esprimevanoil Borri e coll. (2): “Quest’occasioneè, di regola, un fatto annoverabile frale comuni normali consuetudinarieevenienze della vita vegetativa o di re-lazione, che viene ad assommarsi aduna condizione anormale preesistentela quale, per essere un antecedentenecessario e anormale ha in sé i requi-siti della causa. Causa però che godedi una certa capacità di immanenzaed alla quale ben poco occorre per en-trare nella attualità. Stabilito questo,tosto risalta uno dei caratteri dell’oc-casione, già da noi segnalato, cioè adire la sua piccolezza, e l’essere con-siderabile, se presa a sé, come di nes-suna importanza; tale insomma da es-sere incapace a recar danno all’uomo

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sano e da diventare efficace soloquando coesista una condizione anor-male tanto grave da risentire sinistra-mente perfino di avvenimenti che sipossono chiamare fisiologici o quasifisiologici. A definire completamentel’occasione, servono però, oltre a que-sto criterio, per così dire, quantitativo,anche altri criteri. Noi abbiamo rile-vato infatti che la occasione è quelfatto che traduce, dalla immanenza evirtualità nella attualità, la vera causae al quale, una volta avveratosi, l’ef-fetto consegue inmediatus. Onde ap-pare, come altra delle caratteristichedella occasione, questa: che essa èl’ultima delle cause. Infine la praticaci insegna che questo piccolo fatto in-terviene all’ultimo momento a deter-minare il tracollo; si che noi lo desi-gnammo come estrinsecativo ovvero“momento liberatore”. Ma esso, nonrappresenta, in genere, un fatto speci-fico, anzi è facilmente sostituibile e,dell’avvenimento, coincide assai piùcon il momento della comparsa, diquel che non aderirne alla peculiaritàed essenzialità: peculiarità ed essen-zialità che sono, invece, da riferirsi alcomplesso condizionale immanente.La occasione non è quindi una condi-tio sine qua non: la sua necessarietàè, si, integrale, ma la sua sostituibilitàè così d’ampio margine, che non vaesclusa ad ogni modo una inerenza dinecessarietà specifica”.

Notevole il contributo del Gerinin materia (6): “Proprio per evitareerrori di interpretazione, non sembraopportuno usare nella prassi medi-co-legale il termine di occasione, in-teso come una varietà di causa, ecioè come un antecedente la cui in-tensità causale sembra sproporzio-nata all’evento che si è prodotto. Altermine occasione deve essere man-tenuto invece, il significato coerenteche toglie ad esso ogni forza causa-le”. Secondo l’Autore è opportunodistinguere il “momento scioglienteo liberatore”, che è un antecedentecausale dotato di apparentementeminima efficienza lesiva, ma sempre

necessario al verificarsi dell’evento,ed il “momento rivelatore”, che è unantecedente assolutamente privo divalore causale. Attraverso l’analisidella dottrina dell’occasione, si puòfinalmente tentare di interpretare ilsignificato attribuito a questo termi-ne nei due ambiti infortunistico edella pensionistica privilegiata.

Non sembra esserci dubbio che nel-l’articolo 2 del Testo Unico (D.P.R. 30giugno 1965 n. 1124) il termine occa-sione sia utilizzato con significato chenulla ha a che vedere con quanto ana-lizzato dalla dottrina sopra richiamatanell’ambito del rapporto di causalità.Nell’area dell’infortunistica INAILl’espressione deve essere intesa comefinalità di lavoro. L’occasione di lavo-ro è in questo caso un requisito indi-spensabile per il perfezionamento del-l’infortunio sul lavoro; se essa mancal’infortunio non è indennizzabile.L’occasione rimane comunque ben di-stinta dal concetto di causa: il nessocausale deve esistere tra il fatto ester-no violento e la lesione, mentre è ri-chiesto un rapporto di occasione tral’accadimento ed il lavoro. Si può indefinitiva affermare che, in ambitoinfortunistico, la parola occasione siaimpiegata nell’accezione della linguaitaliana di circostanza, opportunità,momento o situazione adatta.

Ben diversa è la valenza del termi-ne nell’ambito della pensionstica pri-vilegiata: l’art. 41 del R.D. 603/1895è estremamente chiaro nell’afferma-re che si intende per occasione quelfatto o quella circostanza attinente alservizio, che ha soltanto un nesso ca-suale con la lesione o l’infermità, dicui la causa vera e propria sta nel no-vero dei fatti estranei al servizio.

In questo caso, quindi, viene attri-buito al termine occasione il signifi-cato di mera coincidenza: il soggettoè sì in ambito lavorativo, ma il lavoronon ha alcuna attinenza con l’evento,è un fattore di tipo casuale (e noncausale), fortuito.

A ben guardare, il significato dioccasione in questo ambito si avvici-

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na al concetto che ritroviamo nelladottrina della occasionalità, ma nonnel senso di momento liberatore o ri-velatore: il soggetto può cioè trovarsiin occasione di servizio, ma il servi-zio stesso può non giocare il benchéminimo ruolo nel determinismo del-l’evento. L’occasione di servizio hain questo senso un valore di esclusivacoincidenza di tempo e/o di luogo.Nitida, in tal senso, la sentenza dellaCorte dei Conti, sez. III, 30 luglio1987, n. 60943 (5): “Esula dal con-cetto di concausa efficiente e deter-minante, ai fini del riconoscimentodel nesso di causalità tra il servizio el’infermità denunciata, la definizionedel servizio come fattore scatenante,che indica solo l’occasione tempora-le che ha determinato il manifestarsidell’infermità, la cui etiopatogenesi èda ricercare in agenti generativiestranei al servizio e la cui eviden-ziazione si sarebbe normalmentecompiuta anche al di fuori di esso”.

In conclusione, è utile riportarequanto affermano in materia Mac-chiarelli e Feola (7), condividendonein pieno il pensiero: “Appare eviden-te in definitiva che sono la stessa ge-nericità del termine di occasione e lamolteplicità dei significati che glivengono conferiti a suggerire di ab-bandonarne l’uso, sostituendolo, a

seconda delle esigenze di specie, conaltro che meglio si correli al casoconcreto: momento sciogliente o li-beratore (in tal caso riconoscendogliuna sia pur minima efficienza causa-le), momento rivelatore (ricordandoperò che ciò che rivela non causa),coincidenza, finalità di lavoro”.

RIASSUNTO

Gli Autori rilevano le oggettivedifficoltà che a volte si riscontranonel campo del diritto e, nella fatti-specie, in ambito medico-legale,nell’interpretazione dei termini uti-lizzati per la formulazione dei di-spositivi legislativi. A paradigma ditale asserzione analizzano il diversosignificato dei concetti di “occasio-ne di lavoro” (art. 2 del Testo UnicoD.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124) e di“occasione di servizio” (art. 41 R.D.5 settembre 1895, n. 603), attinentirispettivamente all’infortunisticaINAIL e alla pensionistica privile-giata da causalità di servizio per idipendenti civili e militari dello Sta-to. Viene condiviso l’auspicio di al-cuni autori, affinché il termine oc-casione venga di volta sostituito conespressioni che meglio si correlinoal caso concreto.

Bibliografia

1) ANTONIOTTI F., DE TULLIO O., DI LU-CA N.M.: «La causa di servizio, l’equoindennizzo e l’azione di risarcimentodei pubblici dipendenti». Seconda edi-zione, Giuffrè Editore, Milano, 1989.

2) BORRI L., CEVIDALLI A., LEONCINI F.:«Trattato di medicina legale». Vallar-di, Milano, 1922.

3) Cassazione Penale Sez. V, 20 marzo1979. Riv. It. Med. Leg., 1980; 2: 923.

4) Corte Costituzionale, sentenza n.462/1989.

5) Corte dei Conti, sez. III, 30 luglio1987, n. 60943. Riv. Corte dei Conti,1988; 2: 163.

6) GERIN C., ANTONIOTTI F., MERLI S.:«Medicina legale e delle assicurazio-ni». Società Editrice Universo, Roma,1992.

7) MACCHIARELLI L., FEOLA T.: «Medici-

na legale». Edizioni Minerva Medica,Torino, 1995.

8) MERLUZZO C., VIORA A.: «Problematichemedico-legali nei rapporti INPS-INAIL intema di incapacità temporanea». Rass.Med. Leg. Prev., 1995; 4: 17-34.

9) ZANGANI P., SCIAUDONE G., PALMIERI

V.M. ET AL.: «Medicina legale e delleassicurazioni». Morano Editore, Na-poli, 1990.

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Scopo del lavoro

N ella pratica clinica e medico-legale quotidiana ci si può im-

battere nella valutazione di episoditachicardici dalla cui corretta dia-gnosi dipendono le strategie clini-che e medico-legali da adottare.

Esistono, infatti, svariati quadri ta-chicardici e/o tachiaritmici alcuni deiquali rivestono il carattere di beni-gnità, altri il carattere di potenzialemalignità o di franca malignità.

Quest’ultimo concetto è da riferire,fondamentalmente, alla possibilitàche alcuni ritmi cardiaci rapidi, possa-no generare aritmie maligne e rappre-sentare causa di impegno emodinami-co severo o di morte improvvisa.

Se si parte da tale presupposto, èpriva di ogni fondamento la tesi, pertanto tempo sostenuta, che un’arit-mia sopraventricolare (SV) avesse insé il carattere di benignità, mentresolo per le aritmie ventricolari (V)poteva essere invocata la caratteristi-ca di pericolosità.

La difficoltà nel poter formulareun giudizio prognostico risiede nellapossibilità di pervenire ad una dia-

gnosi quanto più precisa dell’aritmiain questione e ciò, per il clinico, rap-presenta la capacità di instaurare unaterapia efficace, mentre, per il medi-co-legale, è essenziale al fine di unavalutazione del danno in rapporto al-la capacità e alle attitudini lavorativedel soggetto in esame.

Non è infrequente assistere ad in-terventi terapeutici disastrosi o a va-lutazioni medico-legali inadeguate aseguito di un’errata diagnosi dell’a-ritmia o per il mancato riconoscimen-to del meccanismo elettrofisiologicodell’aritmia stessa, spesse volte, didifficile interpretazione.

Il presente lavoro trae lo spunto daun caso clinico venuto alla osserva-zione dello scrivente durante la nor-male attività clinica e medico-legalequotidiana ed è sembrato utile de-scriverlo in quanto contiene in sé, dauna parte, alcune caratteristiche tipi-che di una malattia aritmica relativa-mente frequente (o, quantomeno co-nosciuta), nella popolazione genera-le, e, dall’altra, alcuni caratteri menocomuni che è necessario conoscereal fine di pervenire ad una valutazio-ne quanto più reale di essa.

Una interessante tachicardia

Salvatore COCUZZADirigente medico-legale 1° livelloD.G. INPS - Enna

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Il caso clinico in sé, inoltre, vuolerappresentare uno spunto interessan-te nella trattazione di un fenomenoaritmico che, anche se non frequen-temente, può occorrere nell’attivitàcardiologica di tutti i giorni.

La strutturazione del lavoro preve-derà, pertanto, la descrizione del ca-so clinico cardiologico, il suo com-mento, l’analisi della documentazio-ne strumentale disponibile ed, infine,le considerazioni medico-legali chene possono scaturire.

Per motivi di opportunità, la dia-gnosi del caso, le considerazioni cli-niche e medico-legali sono imper-niate sulle dimostrazioni ottenibilitramite esami diagnostici non invasi-vi di facile esecuzione nei gabinettidiagnostici INPS, tralasciando quelliinvasivi che, per opportuno rigorescientifico, verranno, comunque, ci-tati e descritti.

Del caso clinico cardiologico ver-ranno, inoltre, prese in considerazio-ne le caratteristiche peculiari di esso,accennando, solo superficialmente,alle diverse varianti riscontrabili nel-la malattia di base.

Il materiale iconografico è tratto,quasi esclusivamente, da casisticapersonale inerente all’argomento.

Alla fine del lavoro verranno men-zionate quelle voci bibliograficheutili alla trattazione completa edesaustiva del disordine aritmico inquestione, nonché quei riferimentirecenti indicanti le opinioni attualisull’argomento.

Caso clinico

Il caso clinico riguarda un giova-ne di 24 anni, manovale, senza al-cun dato patologico da rilevare nel-l’anamnesi remota.

Da alcuni anni egli riferisce episo-di, spesso parossistici, di cardiopal-mo considerati secondari alla perso-nalità ansiosa del soggetto.

Essi, inoltre, specie durante affati-camento fisico, sono stati accompa-

gnati da vertigini, sudorazione fred-da e pallore.

Il padre, da anni, presenta fibrilla-zione atriale (FA) senza causa orga-nica manifesta e saltuari episodi dicardiopalmo parossistico che, con-trollati tramite terapia con verapamil,ad uno studio elettrofisiologico(SEF), di qualche anno fa, furonofatti risalire alla presenza di un Kentocculto (conduzione esclusivamenteretrograda).

Il giovane, durante il periodo esti-vo, dopo una giornata afosa e di fati-coso lavoro, improvvisamente, ebbead accusare moderato obnubilamen-to del sensorio, cardiopalmo, sensodi testa vuota, vertigini, pallore, su-dorazione fredda, moderata dispneaed astenia intensa.

Trasportato al Pronto soccorso del-l’ospedale della città in cui lavorava,gli venne riscontrata, auscultatoria-mente, una tachiaritmia parossisticada verosimile FA e valori pressori di90/60 mm/Hg.

L’ECG di superficie a 12 deriva-zioni permise ai sanitari di porrediagnosi di tachiaritmia parossisticaa complessi larghi da FA in Wolf-Parkinson-Withe (WPW) di tipo A(Figura 1A e B).

Sottoposto a terapia antiaritmicacon amiodarone ev., si osservò la gra-duale cessazione dell’aritmia dopocirca 14 ore dal suo esordio ed unECG, effettuato in ritmo sinusale, ri-sultò suggestivo per preeccitazione(Figura 2), mentre l’esame ecocardio-grafico mise in evidenza una modestadilatazione atriale sinistra verosimil-mente post-FA.

Nei giorni successivi fu ulterior-mente valutato dal punto di vista car-diologico ed ecografico, senza riscon-tro di cardiopatia sottostante e, per-tanto, dimesso in terapia con amioda-rone alla dose di 200 mg 2 volte algiorno per 5 giorni a settimana e conil consiglio di sottoporsi a studio elet-trofisiologico ai fini di una eventualeablazione, tramite radiofrequenza, delfascio anomalo.

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FIGURA 1

FA preeccitata - Caso clinico.I due tracciati (A e B), a 12 derivazioni, sono stati registrati in ambiente ospedaliero, rispettivamenteall’ingresso (A), e dopo 12 ore (B). È evidente una tachicardia irregolare a complessi larghi che fa sup-porre la presenza di FA. Il QRS ha una durata di circa 0,17 sec., il suo asse è diretto a destra (DII, DIII,aVF, aVR), ed in V1 è presente un’apparente onda R monofasica, mentre in V5-6 si evidenzia un com-plesso RS. La morfologia e la durata del QRS, nonché l’asse della T, sono variabili, potendosi notarecomplessi quasi normali (battito 5 in DI-II-III del tracciato A e battito 4 in aVR del tracciato B), e com-plessi variamente preeccitati. La Fc media è intorno a 200 b/m’ e l’intervallo RR minimo, tra il 2° e 3°battito del tracciato A, in DI-II-III, tra il 6° ed il 7° battito del tracciato A, in V1-2-3 e tra il 2° e 3° bat-tito del tracciato B in V6, si aggira intorno a 220 msec. Le caratteristiche su descritte indicano la pre-senza di una FA preeccitata ad alta frequenza da fascio di Kent laterale sinistro.

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Dopo circa 2 mesi si presentò adun controllo cardiologico riferendol’episodio su descritto, frequenti mabrevi episodi di cardiopalmo paros-sistico, specie dopo sforzo, associatia vertigini, sudorazione ed astenia,malgrado terapia con amiodarone,senza finestra terapeutica settimana-le alla dose di 200 mg 2 volte algiorno.

Un ECG di superficie confermòla preeccitazione e non mise in luceepisodi tachiaritmici.

Un ECG dinamico secondo Holtera 3 derivazioni (CM5, CM1 e CM3),confermò la preeccitazione, per tuttoil periodo di registrazione, e svelò lapresenza di due brevi episodi di ta-chicardia idioventricolare asintoma-tica (Figura 3).

Il giovane paziente è in attesa dieffettuare SEF al fine di un’ablazio-ne a radiofrequenza dell’eventualefascio anomalo.

Basi elettrofisiologichedella preeccitazione

Durante lo sviluppo embrionale delcuore, atri e ventricoli sono connessitra loro, oltre che dal punto di vistaanatomico, anche dal punto di vistaelettrico tramite residui di fibre mu-scolari comuni aventi capacità di con-durre impulsi elettrici.

Allorché, alla nascita e nella pri-missima infanzia, tale sviluppo vienecompletato, tessuto fibroso si posi-ziona tra la linea di separazione idea-le tra atri e ventricoli in maniera daseparare anche dal punto di vistaelettrico, tali strutture (40).

In una percentuale non indifferentedi cuori normali si può assistere allapermanenza di fasci muscolari rudi-mentali di miocardio comune aventila caratteristica di poter condurrel’impulso elettrico dagli atri ai ventri-coli e/o viceversa.

FIGURA 2

Preeccitazione - Caso clinico.Il tracciato si riferisce allo stesso paziente dopo cessazione della tachiaritmia da FA preeccitata. Si no-ta come la direzione dei vettori del QRS ricalchi, all’incirca, quella durante tachiaritmia. In particola-re, è presente una deviazione assiale destra, QRS positivo in V1, RS in V5-6, QS in aVL. Il ritmo è rego-lare con frequenza di circa 96 b/m’ ed è evidente un accorciamento dell tratto PR con franca onda delta,visibile, soprattutto, nelle precordiali destre. Il tratto ST e l’onda T risultano normalizzati. Il quadro in-dica una preeccitazione da fascio di Kent laterale sinistro.

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La normale e fisiologica connessio-ne elettrica tra queste due strutture, nelcuore adulto normale, si attua, com’ènoto, tramite il nodo atrio-ventricolare(AV) ed il fascio di HIS (Figura 4A).

Fisiologicamente essi attuano un“filtraggio” elettrico ed un rallenta-mento degli impulsi che, originatisidagli atri, depolarizzano i ventricoli(Figura 4B).

Infatti, stimoli elettrici sopraventri-colari eccessivamente frequenti, ven-gono rallentati al fine di proteggere iventricoli da una eccessiva scarica distimolazione che si tradurrebbe inuna loro non adeguata contrattilità.

Il nodo AV ed il fascio di HIS, rap-presentano il tessuto di conduzionefisiologico del cuore, contengono fi-bre lente, Ca-dipendenti, che sonosoggette ad un autocontrollo frequen-ze cardiaca (Fc)-dipendente perquanto riguarda la loro refrattarietà acondurre impulsi ai ventricoli (14).

Si realizza, cioè, un sistema di pro-tezione che aumenta la sua refratta-rietà all’aumentare degli impulsi chead esso pervengono, notandosi vice-versa, per Fc più basse, il contrario.

I fasci muscolari anomali, che inter-connettono gli atri ai ventricoli, inve-ce, sono costituiti da fibre di miocar-

FIGURA 3

Registrazione Holter - Caso clinico.Si nota di base la presenza di una modesta preeccitazione per via di un’onda R in CM1 ed RS in CM5con tratto PR appena accorciato in CM5 e CM3 ed accenno ad onda delta in CM1. Nella prima striscia(A), un battito di fusione ventricolare innesca una tachicardia idioventricolare lievemente irregolare. Leonde P, durante tachicardia, cadono sul QRS o immediatamente dopo, dimostrandosi dissociate da que-sto. Il battito di fusione ventricolare rappresenta una tripla fusione in quanto prodotta dal contributodell’impulso ventricolare ectopico, dell’impulso sinusale normalmente condotto attraverso il nodo AV edell’impulso sinusale condotto attraverso il fascio di Kent laterale sinistro ed il miocardio ventricolarecomune. Nella seconda striscia (B), non si osserva battito di fusione in quanto il primo battito ventrico-lare ha caratteristiche di maggiore precocità. La probabile spiegazione del fenomeno, comunque beni-gno, è da addebitare, verosimilmente, all’effetto dell’amiodarone assunto (200 mg x 2), e, comunque, ri-sulta in ogni caso un reperto occasionale in soggetti con cuore normale.

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dio comune e la conduzione attraversodi essi, che avviene con un meccani-smo Na-dipendente, soggiace in ma-niera modesta a regolazione (14).

Sono delle fibre attraverso cui unimpulso elettrico viaggia, nella mag-gior parte dei casi, in maniera velocesenza alcun controllo di sicurezzaFc-dipendente.

Queste fibre muscolari, se benstrutturate, hanno la proprietà di con-durre velocemente e costantementegli impulsi che, dagli atri, si dirigonoai ventricoli e viceversa, e, poichésono in grado di alterare la normaleconduzione dell’impulso ai ventrico-

li, prendono il nome di “fasci ano-mali”.

A seguito della loro alta velocità diconduzione dell’impulso hanno, pertan-to, la proprietà di eccitare prematura-mente (preeccitare, cioè), una parte o latotalità del miocardio ventricolare (59).

Tali fibre possono risiedere in qua-lunque regione della connessioneanatomica AV con esclusione di quel-la zona posta tra la valvola mitralicae la radice aortica (16), (40).

In base alla loro localizzazione so-no state individuate tre principali tipidi fibre che interconnettono l’atrio conil ventricolo con modalità diverse:

FIGURA 4

Anatomia e fisiologia del tessuto di conduzione.Rappresentazione schematica del sistema di conduzione cardiaco (A) e della formazione e conduzionedell’impulso elettrico normale (B). Le frecce indicano la direzione della propagazione dell’impulso,mentre i numeri le corrispettive fasi all’ECG di superficie (V5). (AD ed AS: Atrio destro e sinistro; VDe VS: Ventricolo destro e sinistro; SA: Nodo senoatriale; AV: Nodo atrioventricolare; HIS: Fascio diHis; Dx e Sn: Branca destra e sinistra; PD e PS: Fibre di Purkinje di destra e di sinistra).

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1) Fascio o fibre di Kent

Di gran lunga il più comune; connet-te direttamente gli atri ai ventricolarioperando un reale by-pass del nodo AV.

2) Fibre di Mahaim

Molto rare; connettono il nodo AVcon il ventricolo destro.

3) Fibre o fascio di James

Connettono gli atri all’ultima por-zione del nodo AV.

Non tutti gli impulsi che si origina-no dagli atri, in presenza di un fascioanomalo, hanno la capacità di eccitareprematuramente i ventricoli, e ciò di-pende da diversi fattori quali lo svilup-po del fascio stesso, la sua lunghezza,l’eccitabilità, le dimensioni delle ca-mere cardiache, ruolo del SistemaNervoso Autonomo (SNA), etc. (Figu-ra 5A), fino al punto da osservare lapreeccitazione della totalità del mio-cardio ventricolare (Figura 5B).

Fra i due estremi esistono svaria-te situazioni intermedie strettamente

dipendenti dalla porzione più o me-no grande di ventricolo preeccitatodal fascio anomalo (51).

Quest’ultimo, inoltre, ha la carat-teristica proprietà di connettereelettricamente gli atri al miocardioventricolare comune e non al siste-ma di conduzione ventricolare, rap-presentato dalle fibre del Purkinje,ove la velocità dell’impulso è piùrapida e diversa è la propagazionevettoriale.

Ne deriverà, nel caso tipico, che unimpulso originatosi dagli atri, giun-gerà ai ventricoli in un tempo piùbreve (PR corto), procederà più len-tamente attraverso il miocardio ven-tricolare comune, avente caratteristi-che e velocità di conduzione diverserispetto alle fibre del Purkinje (ondadelta), ed infine, attuerà una “fusio-ne” con impulso che, nel frattempo, èstato condotto attraverso il normaletessuto di conduzione (QRS largo).

Tale meccanismo realizzerà il qua-dro elettrocardiografico classico dellapreeccitazione che si identifica con PRcorto (1), onda delta (2) e QRS largo(3) (Figura 5B).

FIGURA 5

Preeccitazione - Conduzione.Il diverso contributo del fascio anomalo alla depolarizzazione ventricolare, condizionerà la morfologiae la durata del QRS-T

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Tale evidenza subisce, per i moti-vi su accennati, ampie variazioni di-pendenti dalla distanza tra nodo SAe ventricoli e quindi dalla lunghezzae dimensioni del fascio anomalo(PR più o meno corto), dalla percen-tuale di ventricolo preeccitato (ondadelta e QRS largo), e dal ruolo delSNA (56).

Si assisterà, pertanto, a gradi di-versi di preeccitazione in dipenden-za dell’impegno del fascio anomaloe dello stato del nodo AV a cui cor-risponderanno evidenze elettrocar-diografiche multiformi che si mani-festano dando origine al quadro ti-pico appena descritto fino a quadrinormali o quasi normali di “preecci-tazione non manifesta” (40).

La sede del fascio anomalo è quel-la che condizionerà la morfologia ela direzione dei complessi elettrocar-diografici a 12 derivazioni in quantoesso, eccitando miocardio comuneventricolare, genererà un’onda di de-polarizzazioone avente velocità, ca-ratteristiche e sede diverse, motivoper cui diversa sarà la morfologia deicomplessi e l’orientamento dei vetto-ri sull’ECG di superficie.

Le tecniche di mappaggio cardia-co e di elettrocardiografia intracavi-taria, hanno messo in risalto il de-corso di questi fasci anomali, e, daqueste osservazioni, si è potuti per-venire ai diversi quadri elettrocar-diografici caratteristici (preeccita-zione da via accessoria laterale sini-stra, laterale destra, postero-settaledestra, sinistra, etc.) (2), (10), (21),(27), (34), (35), (36), (44).

Ciò è stato di fondamentale impor-tanza al fine della messa a punto del-le tecniche ablative, una volta chirur-giche, ora, più frequentemente, tra-mite radiofrequenza.

Pertanto i termini, una volta inuso di “preeccitazione di tipo A, B,C, etc., dovrebbero essere definiti-vamente abbandonati non solo permotivi di opportunità e precisionediagnostica, ma anche, e soprattut-to, per evitare possibili confusioni

diagnostiche nelle tachicardie o neiritmi a complessi larghi in genere.

Infine, un’altra caratteristica deicomplessi preeccitati è la frequenteosservazione di modificazioni delvettore di ripolarizzazione ventricola-re sinistro che, nei casi tipici, manife-sta opposta polarità rispetto all’ondadelta (40), (56).

Esse, ovviamente, come quelle ri-scontrabili nelle turbe di conduzioneintraventricolare o nel sovraccaricosistolico ventricolare sinistro deisoggetti “ipertrofici”, impediscono lavalutazione ergometrica di un’ische-mia che dovrà essere ricercata, inquesti pazienti, tramite altre metodi-che ed in particolare quella scintigra-fica (7), (55).

Fin qui ci si è dilungati nella de-scrizione degli aspetti della preeccita-zione quale anomalia elettrica ed in-teressante rilievo e curiosità elettro-cardiografica che, sicuramente, po-trebbe rimanere tale se non si asso-ciasse, in circa il 50% dei casi (16),ad episodi tachiaritmici a volte peri-colosi per la vita del paziente stesso,e all’insorgenza di turbe emodinami-che variamente impegnative.

Tali episodi concretizzano e rea-lizzano le varie “sindromi” da preec-citazione descritte in letteratura dicui la più frequente è la sindrome diWolf-Parkinson-Withe (WPW), chesi caratterizza per la presenza di unfascio di Kent anomalo.

Sulla descrizione di un particolareaspetto di essa si fonda il presente la-voro, tralasciando quella secondaria afascio anomalo di Mahain (oltremodorara), e quella di Lown-Ganong-Levi-ne, secondaria a fascio anomalo di Ja-mes, che, seppur di frequente riscon-tro, proprio per i meccanismi anato-mici ed elettrici su cui si fonda, nonsolo non dovrebbe fregiarsi dell’ap-pellativo di “sindrome”, ma non do-vrebbe neanche essere annoverata traquelle forme di preeccitazione cau-santi episodi tachiaritmici (7), (40).

Infine, non è da sottovalutare il fat-to che un’aritmia a rapida risposta

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ventricolare, anche se intermittente,ma persistente nel tempo, così comeuna FA, possano compromettere, inun periodo relativamente breve, lafunzionalità meccanica ventricolare e,di conseguenza, l’efficienza di pompa.

È oramai risaputo che i ritmi rapidiventricolari hanno la proprietà di in-taccare, specificatamente, il substratoenergetico cellulare (16).

Per la FA, poi, al meccanismo sud-detto, si aggiunge la persistente desin-cronizzazione elettrica degli atri conconseguenziale loro dilatazione edautomantenimento dell’aritmia atrialestessa.

Epifenomeno costante in queste si-tuazioni, è la progressiva perdita dicontrattilità del miocardio ventricola-re, motivo per cui, sia dal punto di vi-sta clinico che medico-legale, è im-portante non sottovalutare il pazienteo l’assicurato che risulta essere affet-to da una tachiaritmia reiterantesi neltempo, magari non sufficientementepericolosa al fine di dare esito ad unatachicardia minacciosa.

La cardiomiopatia post-tachicar-dia rappresenta una realtà patologicaspesso misconosciuta che non sot-tende ad una patologia cardiaca chia-ramente manifesta, è reversibile en-tro certi limiti al cessare della tachia-ritmia stessa, è rapidamente invali-dante (16), (40).

Sindrome diWolf-Parkinson-Withe

L’incidenza della preeccitazioneventricolare nella popolazione ge-nerale, sembra aggirarsi intorno allo0,3-0,4%, tra tutti coloro che, persvariati motivi, vengono sottoposti asemplice controllo elettrocardiogra-fico routinario (7), (14).

I soggetti che manifestano crisitachiaritmiche sono, in maggioran-za, giovani al di sotto dei 30 anni dietà ed esenti da patologia cardiaca,anche se non è raro riscontrare il di-sturbo in età adulta o presenile in in-

dividui che, in precedenza, non ave-vano mai manifestato sintomi (16).

In circa la metà dei casi si assistealla realizzazione di una sindromedi WPW vera e propria con episoditachiaritmici eclatanti (17).

Secondo altri AA., fino all’80% deisoggetti con preeccitazione ha svilup-pato o svilupperà tachiaritmie (14).

È tra questa categoria di soggettiche si riscontra il maggior numerodi casi di arresto cardiaco (16), men-tre solo nel 27% degli asintomaticisi assiste a tale evento.

Se, invece, viene presa in conside-razione la possibilità di reiterazione,nel tempo, di tachicardia reciprocan-te AV o FA, in soggetti che, già, ave-vano avuto una o più crisi aritmiche,vi è una fondata probabilità, in ragio-ne di circa il 40%, che esse si ripre-senteranno (16).

Il dato singolare non è dato, tan-to, dall’incidenza della preeccita-zione tra la popolazione, poiché es-sa, non è catalogabile tra le formearitmiche frequenti, quanto perchéin un buon 25% circa, dei soggettiche si sottopongono ad una valuta-zione aritmologica, la diagnosi defi-nitiva è da ascrivere alla WPW.

Dai dati presenti in letteratura (48),inoltre, circa il 40% delle tachicardiesopraventricolari (TSV), riscontratein ambiente extraospedaliero, risulta-no, dopo SEF, dipendere o associarsia WPW.

Se, infine, si ragiona sul dato cheil 20% circa delle chiamate alle unitàcoronariche mobili è rappresentatoda emergenze tachiaritmiche e che diesse circa il 95% sono di origine so-praventricolare, si perviene all’as-sunto che la WPW, nella sua estrin-secazione tachiaritmica, assume unruolo preminente quali genesi di arit-mie (48).

Delle vie accessorie presenti nellaWPW si è già parlato in precedenza(fascio o fibre di Kent).

Circa le loro caratteristiche vi èda precisare come, nella stragrandemaggioranza dei casi, esse siano co-

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stituite da fibre a conduzione rapidadotate di breve periodo refrattario,ridotto, ulteriormente, dalla stimola-zione adrenergica o, quantomeno,insensibile alla stimolazione vagalea differenza di quanto constatato alivello del nodo AV (41).

La conduzione dell’impulso elet-trico, attraverso esso, può realizzarsiper via esclusivamente retrograda,anterograda o mista e di ciò se neavrà evidenza nel tipo di tachiarit-mia che verrà osservata all’ECG disuperficie o, con più precisione, allostudio elettrofisiologico (SEF).

Generalmente vi è accordo sul fat-to che una WPW (conduzione ante-rograda) manifesta, debba prevedere,per i motivi che si spiegheranno piùavanti, anche la possibilità di condu-zione retrograda dell’impulso lungoil fascio anomalo (16).

Più precisamente, se la conduzio-ne attraverso tale via avviene in ma-niera retrograda, si realizzerà un cir-cuito di depolarizzazione da macro-rientro in cui l’impulso originato dalnodo SA o dagli atri, raggiungerànormalmente i ventricoli attraverso ilnodo AV e “rientrerà” verso le came-re atriali attraverso il fascio anomaloeventualmente desincronizzandol’attività elettrica di esse e dando esi-to ad una FA (16), (40).

Se, viceversa, la via anterogradaverrà rappresentata dal fascio ano-malo stesso, il ritorno dell’impulsoagli atri si realizzerà attraverso il no-do AV.

Nel primo caso si assisterà allaclassica tachicardia ortodromica reci-procante AV, caratterizzata tipicamen-te da QRS stretto ed onda P retrogra-da, e, nel secondo caso, si avrà evi-denza di tachicardia antidromica, ol-tremodo rara, caratterizzata dalla clas-sica onda delta e da QRS largo (Figu-ra 6A e B).

Il primo tipo di tachicardia è circa15 volte più comune del secondo,rappresentando la forma tachiaritmicamaggiormente osservabile nellaWPW che, elettrocardiograficamente,

non ne rappresenta la classica sindro-me elettrocardiografica (Figura 7).

Anche la prognosi di dette tachi-cardie varia in maniera notevole inquanto, per i motivi che si accenne-ranno più avanti, la tachicardia reci-procante ortodromica da rientro AVè sensibile, spesso, alle manovre va-gali (allungamento del periodo re-frattario del nodo AV), ed ai farmaciche, specificatamente, riducono lavelocità di conduzione AV.

Nel caso di una tachicardia anti-dromica, invece, la frequenza discarica sinusale o atriale, condizio-nerà non solo il quadro ECG (prati-camente classico per WPW), ma an-che, troppo spesso, quello emodina-mico, strettamente dipendente dallafrequenza di scarica stessa.

Ciò, come si è accennato in prece-denza, dipenderà sostanzialmentedalla lunghezza della via anomala aconduzione anterograda, dal numeroe dalla consistenza dei suoi fasci, dal-le dimensioni atriali, dall’influsso delsistema neurovegetativo e dalle di-mensioni del ventricolo.

La seconda, in ordine di frequenzae, purtroppo, più temibile evenienzaaritmica riscontrabile nella WPW è lafibrillazione atriale preeccitata ri-scontrata nel nostro caso clinico (56).

Di essa, pertanto, d’ora in avanti,si parlerà cercando di individuarne icriteri morfologici e di pericolositàda attribuirle al fine di una ragiona-ta valutazione medico-legale.

La FA in genere, nella sua genesi,riconosce quale meccanismo unfronte d’onda multiplo di rientro in-traatriale (Moe - 1959 e 1964, citatoin 40).

Ciò fa sì che all’interno dell’atriovengano a realizzarsi svariati frontid’onda indipendenti che depolariz-zeranno, in momenti diversi, il mio-cardio atriale (Figura 8A).

Constatazione finale di tale eventoè l’annullamento della funzione emo-dinamica degli atri che, in diastole,contribuiscono, per circa il 15-20%,al riempimento ventricolare.

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Il perpetuarsi di tale meccanismo èstrettamente dipendente da diversevariabili che trovano nella refrattarietàdifferenziata di porzioni di miocardioatriale, la principale causa (16).

Quest’ultima, a sua volta, si giovadello stato di dilatazione degli atri edella possibilità che i diversi frontid’onda possano essere condotti in zo-ne adiacenti in maniera più o menorapida (42).

La FA avrebbe poteri devastantisull’emodinamica dei ventricoli qua-lora questi ultimi non fossero protettidalla refrattarietà elettrica, notoria-mente lunga, del nodo AV.

Se ciò non accadesse, e tenuto con-to che la FA rappresenta l’aritmia piùdiffusa, si constaterebbero numerosis-simi casi di aritmia rapida emodina-

micamente incompatibili con la vita oinnescanti aritmie ventricolari causadi morte improvvisa.

Nella WPW, oltre alla tachicardiareciprocante su descritta (ortodro-mica, generalmente), la FA rappre-senta la seconda aritmia in ordine difrequenza (14), (56).

Dal punto di vista clinico taleevenienza ha la possibilità di con-cretizzare un grave rischio di morteimprovvisa a causa della possibileinsorgenza di fibrillazione ventrico-lare (FV).

La giustificazione elettrofisiologi-ca risiede nella peculiarità del fascioanomalo (di Kent, nella maggioran-za dei casi), che manifesta un perio-do refrattario di breve durata ed aconduzione anterograda (19), (52).

FIGURA 6

Diversa utilizzazione del fascio anomalo.Meccanismo di propagazione dell’impulso tramite fascio anomalo nella tachicardia da rientro AV orto-dromica (A), ed antidromica (B). Il tracciato A si riferisce ad un soggetto di 53 anni che da alcuni anniaccusa angor a seguito di cardiopalmo parossistico. L’esame coronarografico dimostrò una stenosi cri-tica dell’IVA ed una stenosi del 50% della coronaria destra non dominante. L’esame Holter mise in evi-denza accessi di tachicardia reciprocamente da rientro AV ortodromica. Il tracciato B si riferisce, inve-ce, ad una donna di 33 anni, sintomatica per cardiopalmo da molti anni, con tachicardia antidromica amedia frequenza da WPW laterale sinistro.

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La maggiore pericolosità di una FApreeccitata, rispetto a quei soggetticon tachicardia preeccitata antidromi-ca, risiede non solo nelle caratteristi-che di conducibilità del fascio anoma-lo, ma anche dalla frequenza di scari-ca sopraventricolare che, com’è noto,è notevolmente maggiore e, soprattut-to, caotica, nella FA (Figura 8B).

A tale proposito si è visto che purnon essendo presente alcuna modifi-

cazione macroscopica strutturaleatriale, debba postularsi la presenza diuna anomalia atriale primaria che fa-ciliti l’instaurarsi di un’aritmia ad altafrequenza condotta ai ventricoli (42).

Il 9-10%, infatti, dei soggetti conWPW sottoposti ad ablazione “cer-ta” del fascio anomalo, continua asviluppare recidive tachiaritmiche, eciò è in accordo con quanti ritengonoche la situazione elettrica degli atri

FIGURA 7

Tachicardia ortodromica.I tracciati si riferiscono ad una donna di circa 70 anni che da qualche tempo accusa cardiopalmo conti-nuo ed accentuazione della dispnea da sforzo con ECG di base normale (A). Nella striscia continua (B),si evidenzia una tachicardia regolare, a complessi stretti, con frequenza di circa 133 b/m’. In apparenzasembra trattarsi di una tachicardia sinusale con BAV di I grado; se però, si analizza la derivazione V1,ci si accorge come l’onda P sia fortemente positiva ed appuntita, manifestando un asse che da sinistrasi dirige a destra, in alto e posteriormente (-90/100°), indicante una “retroattivazione” atriale operatada un fascio anomalo (verosimilmente sinistro). L’onda P, pertanto, frammista alla T ed evidenziante, avolte, il segno del “cammello” (DII), è parte integrante del QRS che la precede e non del successivo. IlQRS a complessi stretti si realizza per conduzione anterograda lungo il nodo AV normale, mentre l’on-da P è opera della retroattivazione dell’impulso tramite via anomala (figura 6A). I caratteri che diffe-renziano elettrocardiograficamente questo tipo di tachicardia (da rientro AV), da quella da rientro delnodo AV, risiedono nella lunghezza del tratto RP che, nella seconda evenienza, non è mai superiore a 70msec., per gli evidenti motivi elettrofisiologici che ne stanno alla base. Da alcuni anni la paziente prati-ca terapia con verapamil e non ha più riferito cardiopalmo.

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in FA favorisca la reinsorgenza di ta-chiaritmia (29).

Se ne deduce come la lunghezza“finale” del periodo refrattario nellavia anomala condizionerà, in ultimaanalisi, il realizzarsi di ritmi rapidiventricolari.

Tale velocità di conduzione, comesi accennava più sopra nel presentelavoro, non è strettamente dipenden-te dalla sola via anomala ma ricono-sce delle “modulazioni” sia in sensofacilitante che rallentante (58):

1) presenza di fasci anomali oc-culti con conduzione anterograda e/oretrograda;

2) lunghezza e capacità condutti-va del fascio anomalo;

3) dimensioni e vulnerabilità elet-trica atriale;

4) refrattarietà del nodo AV, di-pendente sostanzialmente dall’inte-grità delle sue fibre e dalla contem-poranea terapia farmacologica an-

tiaritmica in grado di alterare la ve-locità/conduzione dello stimolo;

5) sensibilità del fascio anomaloe del nodo AV agli impulsi neurove-getativi;

6) refrattarietà del miocardio ven-tricolare alla conduzione dello sti-molo.

Tra di essi spiccano in importanzala elevata vulnerabilità atriale, intesacome possibilità di indurre, tramiteSEF, una FA od un flutter atriale (fa)per un periodo superiore a 30 secon-di (o a 60 secondi, secondo AA. - 8),e la conduttività del fascio di Kent,dipendente, a sua volta, oltre che dal-le caratteristiche elettriche intrinse-che del fascio stesso anche da altrifattori e tra questi grosso risalto, ri-tengo, debba essere rivolto alle in-fluenze neurovegetative (vago e sim-patico) (16).

La vulnerabilità atriale, oltremodospiccata nella WPW, sembra giusti-

FIGURA 8

FA preeccitata.Meccanismo di formazione e propagazione dell’impulso nella fibrillazione atriale “comune” (A), e nel-la fibrillazione atriale preeccitata (B). La diversa frequenza di scarica ventricolare, secondaria al man-cato utilizzo del nodo AV, compromette e condiziona l’emodinamica cardiaca.

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ficare l’insorgenza di FA in soggetticon tachicardia reciprocante da rien-tro AV, dimostrando che quest’ulti-ma aritmia è alla base del successivosviluppo di FA tachiaritmica.

Alla vulnerabilità atriale deve es-sere associata, nel determinismo del-la FA tachiaritmica, una elevata epersistente conduttività retrograda edanterograda del fascio di Kent (19),(47), (52).

A riprova di ciò è stato dimostra-to come nei soggetti con pregressecrisi tachiaritmiche, tale condutti-vità è piena, al contrario dei sogget-ti asintomatici (16).

Elettrofisiologicamente, nel sog-getto normale, una stimolazione adre-nergica ha la capacità di ridurre il pe-riodo refrattario del nodo AV al finedi favorire quell’aumento di Fc che,in ultima analisi, si tradurrà in aumen-to della gittata cardiaca.

Tale meccanismo, inoltre, facilital’aumento di Fc durante sforzo fisi-co garantendo una gittata cardiacaadeguata alle esigenze dell’organi-smo che, altrimenti, potrebbe essereassicurata solo da un maggior riem-pimento diastolico ventricolare pos-sibile solo fino ad un limitato au-mento dei diametri cavitari.

La stimolazione adrenergica seda una parte, in linea del tutto teori-ca, potrebbe “ridurre” la porzione dimiocardio ventricolare preeccitato(per facilitazione della conduzionenel nodo AV), dall’altra facilita, inmaggior misura, la conducibilità at-traverso la via anomala riducendonela refrattarietà.

Da studi mirati si è potuto appura-re come lo sforzo fisico, il tilt-test ol’infusione di beta-agonisti, abbianoun duplice effetto nella WPW (38),(41), (45), (53), (57), (58), (60).

Da una parte essi, riducendo ilperiodo refrattario del fascio ano-malo, ne aumenterebbero la velocitàdi conduzione e, dall’altra, agireb-bero sul miocardio ventricolare mi-gliorandone, pertanto, l’eccitabilitàdurante FA (37).

Anche la somministrazione di be-ta-bloccanti, paradossalmente, nonha eccessivo influsso sulla refratta-rietà del fascio anomalo, non tantoper inefficacia in senso stretto, quan-to per una sua maggiore influenzainibitoria sul nodo AV (41).

Se ne deduce come la stimolazioneadrenergica e, di conseguenza, tuttequelle manovre, circostanze sociali oattività fisiche idonee alla sua stimola-zione, agiscano, nella gran maggio-ranza dei casi, più consistentementesul fascio anomalo che non sul nodoAV, grazie ad un’attivazione comples-sa e combinata che coinvolge contem-poraneamente diverse strutture cardia-che (atri in FA, nodo AV, fascio ano-malo, miocardio ventricolare) (41).

L’effetto del vago, invece, si estrin-seca più spiccatamente sul nodo AVpiuttosto che sul fascio anomalo, per-petuando ed aggravando la FA preec-citata.

Le manovre vagali, infatti, pur es-sendo spesso efficaci nella tachicar-dia reciprocante ortodromica, inquanto hanno la proprietà di inter-rompere un circuito circolare forma-to dal fascio anomalo e dal nodo AV,non hanno alcun effetto, o tendonoad aumentare la frequenza di scaricadella FA, in quanto agiscono più sulnodo AV (spettatore pressoché passi-vo), e meno sul fascio anomalo (37),(38), (41), (43).

Non è infrequente, infatti, osser-vare la cessazione di una tachicar-dia da rientro AV a seguito di stimo-lazione vagale a cui il paziente si èabituato a ricorrere al primo segnodi sintomatologia aritmica.

In alcuni casi, in cui il fascio ano-malo ha capacità di conduzione siaretrograda che anterograda, si può as-sistere, a seguito di manovre vagali,all’interruzione della tachicardia darientro AV ortodromica ed alla realiz-zazione di una tachicardia da rientroantidromica, segno del maggior in-flusso vagale sul nodo AV e slatentiz-zazione di una via alternativa prefe-renziale anomala (Figura 9) (40).

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FIGURA 9

Ruolo del tono vagale sulle vie anomale.Questo tracciato Holter che è stato registrato in una giovane donna di 31 anni la quale, fin dalla fan-ciullezza ha avvertito, in maniera ciclica, cardiopalmo parossistico accompagnato a vertigini e confu-sione mentale rappresenta un caso paradigmatico dell’influsso del tono vagale sulle normali vie di con-duzione e su quelle anomale. Negli anni, ella ha imparato ad interrompere le crisi tramite manovra diValsalva. Durante la registrazione sono stati rilevati due episodi tachicardici regolari con frequenzacardiaca intorno ai 180-200 b/m’, innescati da un’extrasistole sopraventricolare (striscia A). Durantela tachicardia sii intravede un’onda P che cade a circa 90 msec. dal nadir dell’onda R, risulta positivain CM1, si inserisce sull’onda T deformandola e, pertanto, induce a pensare ad una tachicardia darientro AV (striscia B). Dopo qualche minuto di tachicardia, la paziente effettua, ripetutamente, una ma-novra di Valsalva (striscia C). La tachicardia, così, cambia morfologia, dimostrandosi regolare, a com-plessi larghi ed a frequenza di circa 250 b/m’. Dopo tale episodio la tachicardia cessa e riprende il nor-male ritmo sinusale. La possibile spiegazione del fenomeno è da riportare all’influsso del vago sulla ta-chicardia da rientro ed in particolare sulla via ortodromica rappresentata dal nodo AV. Quest’ultimo,bloccato dall’attività vagale, non consente più la realizzazione del circuito di rientro e quindi possibi-lità di retroconduzione del fascio anomalo che, raramente, ha la capacità di condurre anche per via an-terograda. La successiva tachicardia a complessi larghi (striscia C), durante manovra vagale, può esse-re interpretata (trattasi di registrazione Holter), come tachicardia ventricolare o, più verosimilmente,come tachicardia SV preeccitata, a conduzione antidromica, per utilizzo di una seconda via anomala.

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Il vago ha la capacità di agire, pro-lungandone la refrattarietà, sul fascioanomalo sia in senso anterogrado cheretrogrado, ma tale proprietà è con-trobilanciata fortemente da una piùaccentuata prevalenza del simpaticonelle situazioni di stress e da una suamaggiore attività sul nodo AV.

In maniera opposta il vago riducela refrattarietà atriale consentendouna maggiore frequenza di scaricanella FA (41).

Ciò, nella realtà, si traduce nel fattoche quelle attività fisiche e/o psichicheche sottendono ad un aumento del to-no adrenergico, hanno, potenzialmen-te, la possibilità di ridurre la refratta-rietà del fascio anomalo stesso.

Contrariamente a ciò che si pensa,pur essendo stati condotti studi ap-profonditi sull’argomento, molto de-ve essere compreso circa l’influssodel SNA sulla genesi delle aritmie.

Che ciò si verifichi costantemen-te è concetto oramai consolidato dacirca un ventennio, mentre riman-gono meno chiare le modalità direalizzazione.

Sono note a tutti le classificazionicaratteriali operate negli anni ’70 (23),(46), tra componenti di tipo A e B chehanno rappresentato la prova di svi-luppo di coronaropatia e gravità di es-sa nell’uomo.

A tutt’oggi è stato invocato unmeccanismo a mediazione neuroen-docrina (catecolamine e cortisolo,principalmente), sui centri cerebralisuperiori in grado di condizionarel’attività elettrica e vascolare cardia-ca (24).

A titolo di esempio si cita un re-cente lavoro (18), nel quale veniva-no sottoposti a studio elettrofisiolo-gico, dopo induzione, alcuni pazien-ti “pretrattati” con stress mentale.

In questi si vide come lo stress fa-cilitasse l’insorgenza di aritmie anchegravi rispetto ai pazienti di controllo.

Negli ultimi anni si è visto comeanche nei pazienti normali, oltre chein quelli affetti da malattia cardiova-scolare, vi siano evidenze di varia-

zioni consistenti della variabilità del-la Fc, valutabile tramite elettrocar-diogramma dinamico secondo Holtersecondo il dominio della frequenza eche essa sia legata, fondamentalmen-te, all’influsso del SNA.

In particolare, le componenti spet-trali a bassa frequenza legate, preva-lentemente, al tono simpatico, da cuidipende una riduzione della variabi-lità della Fc, hanno la capacità di fa-vorire episodi aritmici, mentre, ilcontrario si osserva se vi è prevalen-za delle componenti ad alta frequen-za, segno di maggiore influenza va-gale (18).

Da quanto riportato si evince co-me svariati siano i fattori che posso-no condizionare una tachiaritmia daFA preeccitata.

Dalla combinazione di questi fattoriverrà realizzata la sindrome che, per-tanto, prevede uno stato particolaredegli atri, una conducibilità nel nodoAV e nel fascio anomalo, le influenzedel SNA e la recettività ventricolare.

Anche se sommariamente, se nededuce come la preeccitazione ven-tricolare possa estrinsecarsi in diverse“realtà” elettrocardiografiche e clini-che dipendenti non da singole noso-logie, quanto dal diverso “status” ec-cito-conduttivo della via anomala edelle strutture anatomiche interessateal fenomeno.

È, pertanto, di estrema importan-za individuare la possibilità che sirealizzi una forma aritmica piutto-sto che un’altra; da ciò dipenderà ilgiudizio clinico di gravità, la terapiae l’eventuale ricaduta in ambito me-dico-legale.

Lo studio elettrofisiologico tran-sesofageo o intracavitario ha aiutatomolto nell’individuazione dei sog-getti a rischio.

Esso si prefigge lo scopo di regi-strare l’attività elettrica cardiaca, divalutare alcuni parametri di conduci-bilità del sistema di conduzione fi-siologico ed anomalo e di indurrearitmie allo scopo di studiarne le ca-ratteristiche elettriche specifiche.

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Metodologicamente, l’approccio sirealizza tramite l’introduzione di elet-trodi in esofago (SEF transesofaeo oSETE), o all’interno delle cavità car-diache (SEF intracavitario o SEE) (16).

In linea di massima, il primo vienespecificatamente impiegato nello studiodell’attività atriale e nella sua stimola-zione, nonché nello studio della vulne-rabilità atriale, della conduzione del no-do AV, della conduzione dello stimoloattraverso fasci anomali in senso ante-rogrado e nella inducibilità di quasi tut-te le forme aritmiche da rientro.

Lo SEE, invece, è finalizzato, so-prattutto, allo studio dell’attività elet-trica ventricolare e della conduzioneretrograda di vie anomale.

Pur essendo le due metodiche, spes-se volte, complementari, generalmentelo SETE è riservato all’elettrofisiologiaSV, mentre lo SEE a quella V.

Il primo, inoltre, non prevede l’u-so di apparecchiature radiologiche,può essere effettuato durante test er-gometrico, è poco costoso e, soprat-tutto, di rapida esecuzione.

Al fine del presente lavoro ci si sof-fermerà solo sul primo, rimandandoalle voci bibliografiche specifiche sial’approfondimento dello SEF in gene-rale, che la trattazione della metodicaintracavitaria (16).

Lo scopo fondamentale dello SETEè primariamente quello di individuare,nei casi dubbi (per la verità frequenti),l’attività atriale in soggetti con aritmiesopraventricolari o supposte tali.

Le derivazioni esofagee, infatti,danno la possibilità di amplificare edifferenziare l’attività atriale da quel-la ventricolare.

I vantaggi che ne conseguono so-no indubbi nella differenziazione deiritmi rapidi SV e, soprattutto, nelladiagnosi differenziale tra aritmie SVa complessi larghi e TV.

Altro fondamentale impiego delloSETE verte alla stimolazione dell’atti-vità atriale ed all’induzione delle for-me aritmiche da rientro (5), (53), (55).

I parametri ottenibili sono rappre-sentati, principalmente, da:

a) studio della vulnerabilità atria-le, intesa non solo come possibilitàdi induzione, a seguito di opportunostimolo, di FA o fa, quanto di man-tenimento, per un periodo superiorea 30 sec., dell’aritmia indotta.

Tale studio è di fondamentale im-portanza al fine di chiarire la possi-bilità di un’autoalimentazione delletachicardie da rientro da fascio ano-malo e rappresenta una delle carat-teristiche (come si vedrà più avanti),al fine della reiterazione dell’arit-mia stessa (9), (16), (17).

b) studio della conducibilità ante-rograda del fascio anomalo, intesacome possibilità e velocità a con-durre stimoli elettrici SV attraversola via anomala stessa.

Il parametro ricavabile è rappresen-tato dalla refrattarietà effettiva del fa-scio anomalo che si tradurrà nella pos-sibilità più o meno grande di condurretutti o solo una parte degli impulsi SV.

Ciò sarà obiettivato, in pratica,nella misurazione dell’RR minimoottenibile dopo induzione dell’arit-mia o tramite tachiaritmia SV spon-tanea (16), (40).

È un marker prognostico fonda-mentale nel WPW in quanto rappre-senta l’epifenomeno dell’attività ven-tricolare da tachicardia SV preeccitatae da esso dipenderà l’adeguatezza del-la contrattilità ventricolare e la possi-bilità di realizzazione di TV o FV.

c) caratteristiche di conducibilitàdel nodo AV. Essenziale ai fini delladeterminazione delle caratteristichedi percorribilità dell’impulso elettri-co attraverso il nodo AV sia in sensoanterogrado che retrogrado, anchealla luce del condizionamento su diesso operato dalla terapia farmaco-logica e dal SNA (16), (40), (51).

Individuazione dei soggetti arischio di aritmie ventricolarirapide e di morte improvvisa

Negli anni si è cercato, da partedi diversi Autori, di individuare il

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rischio sia di sviluppare tachicardierapide, tra soggetti con preeccita-zione asintomatica, sia la possibilitàdi morte improvvisa o di ricompar-sa di FA preeccitata in soggetti chegià ne avevano avuto evidenza clini-ca (33).

In letteratura non esiste, in atto,univocità di opinioni poiché se vifosse, varrebbe la pena di sottoporrea SEF tutti quei soggetti con segnielettrocardiografici di preeccitazione.

Alcuni punti, però, risultano essen-ziali al fine di valutare il rischio di in-duzione di aritmie a rapida frequenzaventricolare e morte improvvisa:

1) I soggetti che, in emergenza, so-no stati resuscitati da crisi di TV oFV, a seguito di FA preeccitata, hannomostrato quasi sempre un intervalloRR minimo, durante FA da WPW,uguale o inferiore a 250 msec. (32).

Da ciò ne deriverebbe la conclusio-ne di sottoporre ad induzione, tramiteSEF, tutti i soggetti con preeccitazionesintomatica e non, onde valutare taleparametro e, di conseguenza, “isolare”o trattare terapeuticamente coloro chepresentino tali caratteristiche.

Da questi studi è emerso il datoche circa il 17-20% di tali soggettipresentava, durante FA preeccitataindotta, un intervallo RR uguale oinferiore a 250 msec., e che solo il16-49% dei soggetti sintomatici oasintomatici per tachiaritmie andavaincontro ad aritmie ventricolari fata-li negli anni, motivo per cui non ègiustificabile l’esecuzione routina-ria di uno SEF non privo di rischi(14), (16).

2) La maggior parte dei soggetticon FA preeccitata ad alta frequenzae con RR uguale o inferiore a 250msec., hanno manifestato, successi-vamente, una recidiva spontanea del-l’aritmia, malgrado in molti casi,fossero stati sottoposti a terapia an-tiaritmica preventiva (16).

3) Anche se non da tutti ammes-so, l’utilizzo di farmaci antiaritmicidi classe I o III, sembrerebbe avereeffetti favorevoli circa la scomparsa

di onda delta, ma solo in coloro neiquali viene riscontrata una FA in-dotta con RR > 270 msec. (14).

4) Si è cercato, pertanto, di indi-viduare altri parametri che possanoinquadrare ed individuare i soggettiad alto rischio di FA ed aritmie ven-tricolari fatali.

Si è intuito che oltre alla valutazio-ne dell’RR uguale o < 250 msec., du-rante tachicardia spontanea o indottatramite SEF, fossero richiesti alcunialtri criteri di ammissione quali leprove di vulnerabilità atriale, intesacome inducibilità di FA o fa > a 30sec. (o 60 sec., secondo AA.), e lapossibilità di conduzione retrogradaattraverso il fascio di Kent (42).

Da queste sperimentazioni ne èscaturita una guida volta a discrimi-nare i soggetti a rischio (Tabella 1)(4), (31).

La mancata presenza dei tre crite-ri suddetti indica una probabilità dipresentazione di FA preeccitata diappena l’1% (16).

Da quanto emerso risulta come lavalutazione del rischio di aritmieventricolari minacciose o morte im-provvisa, non sia così facilmenteprognosticabile anche al fine del-l’instaurazione di una terapia medi-ca preventiva, ablativa o chirurgica.

La maggior parte degli Autori èconcorde nel considerare ad alto ri-schio quei soggetti che hanno già svi-luppato spontaneamente una FApreeccitata con RR minimo uguale oinferiore a 250 msec e che questi ma-nifesteranno una recidiva dell’aritmia(3), (16), (17), (19), (40), (47), (52).

Del resto questa categoria di pa-zienti rimane certamente candidataalla terapia medica o ablativa che,pur non essendo esente da rischi, vainstaurata in maniera assoluta (7).

Da quanto su riportato se ne dedu-ce come la WPW e, più specificata-mente, la FA preeccitata, al di là del-lo schematismo elettrofisiologico po-stulato, soggiace a delle regole o adelle regolazioni non sempre preve-dibili che coinvolgono la vulnerabi-

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lità atriale, la lunghezza del fascioanomalo, la refrattarietà del nodo AVe del fascio di Kent, l’eccitabilità delmiocardio ventricolare, l’influenzadel sistema nervoso autonomo e l’u-so di farmaci antiaritmici e le nostreattuali conoscenze, anche se limitate,hanno lo scopo di separare i casi adalto rischio da quelli a basso rischioal fine di una valutazione clinica e/omedico-legale (14), (17), (47).

In quest’ultimo ambito, per ovvimotivi, non è fornita l’opportunità disottoporre a SEF né, tantomeno, in-durre una tachiaritmia in soggetti a“rischio”, motivo per cui l’intervalloRR minimo rappresenta, con tutte lelimitazioni su accennate, l’unico ele-mento discriminante, sempreché,l’assicurato non si sia già sottopostoad altri accertamenti (40).

Ai fini lavorativi, inoltre, è benesottolineare come il rischio non è dariferire solamente alla possibilità dimorte improvvisa (effettivamente noncomune), quanto, e soprattutto, allealterazioni emodinamiche evidenzia-bili durante crisi tachiaritmiche che,spesso, limitano fortemente molte at-tività lavorative o rappresentano unpericolo non trascurabile per chi leesegue.

Non esiste, del resto, accordo traricercatori nemmeno nell’individua-zione di quei soggetti che, sicura-

mente, o con alta probabilità, ripre-senteranno una crisi tachiaritmicaemodinamicamente instabile.

Spesso, inoltre, in un numero con-sistente di casi, la crisi tachiaritmicaè il primo sintomo di un disordineelettrofisiologico fino ad allora nonnoto (16).

Principi di terapia

Questo capitolo del lavoro non vuo-le rappresentare una disquisizioneeminentemente clinica, ma, piuttosto,e soprattutto, un accenno di fonda-mentale importanza ai fini della emen-dabilità necessaria per pervenire ad unoculato giudizio medico-legale sulpossibile svolgimento di attività lavo-rative consone alle attitudini dell’assi-curato in esame.

Ciò è fondamentale anche per sfa-tare il luogo comune di considerarepatologia invalidante e ad alto ri-schio solo le aritmie ventricolari, ri-servando quasi a semplice curiositàelettrocardiografica quelle sopraven-tricolari.

Spesso tale assunto risulta erratoed errate sono le considerazioni cli-niche e medico-legali.

Il caso clinico trattato è interes-sante anche per questo concetto edè la prova di come un’aritmia SV

TABELLA 1 - Rischio di presentazione di fibrillazione ventricolarein soggetti con tachiaritmie nel WPW

ALTO RISCHIO BASSO RISCHIO

Episodi di FA o fa Assenza di episodi di FA o fapreeccitate spontanee preeccitate spontanee

Episodi di tachicardia Assenza di episodi spontaneida rientro AV spontanei di TSV o intermittenti

RR più corto < 240 msec. durante FA RR più corto > 250 msec. durante FApreeccitata spontanea preeccitata spontanea

RR più corto < 280 msec. durante FA RR più corto > 280 msec. durante FAindotta allo SEF indotta allo SEF

Realizzazione di FA Periodo refrattariopreeccitata spontanea o indotta > 30 sec. effettivo ventricolare > 190 msec.

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possa rappresentare fonte di discus-sione circa la sussistenza di invali-dità più o meno emendabile.

Si tratterà, inoltre, per ovvi moti-vi, della sola terapia a lungo termi-ne, della profilassi e della preven-zione dell’episodio acuto.

Scopo della terapia, che ha regi-strato molti progressi negli ultimi 10anni, è quello di prevenire, nel me-dio e lungo termine, o eliminare deltutto, le crisi tachiaritmiche stabiliz-zando, così, l’emodinamica ed il ri-schio di aritmie fatali.

Storicamente, si è assistito allosforzo di studiare farmaci antiaritmi-ci nuovi e più efficaci ma, contem-poraneamente, si è cercato di analiz-zare i meccanismi elettrofisiologiciche stanno alla base della realizza-zione delle aritmie stesse.

Una svolta fondamentale fu realiz-zata (1967), allorché furono perfezio-nate le metodiche atte a sottoporre ilpaziente a SEF, decisivo alla compren-sione delle stesse aritmie e al consen-suale mappaggio elettrico cardiaco.

Grazie all’utilizzo di tali metodichesi riuscirono a comprendere i mecca-nismi aritmici e fu possibile, pertanto,applicare non più delle terapie empiri-che, basate sull’osservazione degliepifenomeni aritmici o non aritmici,quanto mirare all’interruzione delmeccanismo elettrico stesso.

In origine la terapia era esclusiva-mente farmacologica, tra l’altro tra-mite l’ausilio di agenti antiaritmicidivenuti oggi obsoleti o, addiritturacontroindicati (digitale, etc.).

Dal 1968 furono tentati i primi in-terventi chirurgici ablativi ma essi,all’inizio, approssimativi nella loroefficacia, furono gravati da un’altapercentuale di complicanze.

Tramite SEF, i farmaci ebbero unruolo di maggiore peso, perché dive-nuti più selettivi nell’interromperel’aritmia o nel controllarla, con risul-tati più incoraggianti e duraturi.

Lo stesso dicasi per l’ablazionechirurgica che, se guidata e ragiona-ta, mediante SEF e mappaggio, riu-

scì a dimostrare la sua efficacia neltempo.

Ma né la terapia farmacologica,né quella chirurgica risultarono alta-mente efficaci e, soprattutto prive dirischi o effetti collaterali.

I farmaci hanno sempre avuto lacaratteristica della imprevedibilità edell’effetto proaritmico in quanto laloro attività non si è mai dimostrataspecifica sul singolo disordine arit-mico, manifestando sempre attivitàsu altri meccanismi o distretti elettri-ci. Pertanto, l’assunto postulato neglianni, per gli antibiotici (un farmacoper ogni infezione), non è stato, inatto, individuato, non solo per i moti-vi su descritti, inerenti al farmacostesso, quanto e soprattutto, per lavariabilità dell’aritmia stessa.

La terapia ablativa chirurgica, dicontro, efficace frequentemente,sottende manovre cruente e ad altorischio di complicanze.

Si ricercava, pertanto, una metodi-ca che unisse in sé le caratteristichedi efficacia con quelle degli scarsi ef-fetti collaterali.

Nel 1982 si pervenne, così, allasperimentazione della tecnica ablati-va non chirurgica con DC shock che,dal 1988, viene praticata tramite ra-diofrequenza (RF).

Essa impiegata contemporaneamen-te a SEF, si è dimostrata altamente effi-cace nella cessazione di tachiaritmiespesso pericolose per la vita stessa.

A) Farmaci

Il razionale nell’impiego di so-stanze farmacologicamente attive insenso antiaritmico persegue fonda-mentalmente due scopi:

• inibire o sopprimere l’aritmia SVo ventricolare innescante la tachiarit-mia;

• inibizione diretta della via ac-cessoria inibendone o rallentandonela conduzione per allungamento delsuo periodo refrattario.

La maggior parte dei farmaci anosttra disposizione se, da una parte

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risponde in linea teorica, a tali re-quisiti, dall’altra presenta degli in-convenienti rappresentati da scarsao solo modesta selettività di azione.

A questo concetto va aggiunto ilfatto di un riscontro della variabilitàelettrica della stessa aritmia, motivoper cui il farmaco testato può nonmostrare efficacia, può mostrare ef-ficacia solo parziale o, addiritturapresentare effetti collaterali anchepericolosi e rischiosi nel trattamen-to della stessa aritmia.

La proaritmicità, in particolare, co-sì tanto dibattuta e paventata, non èfrutto solo di considerazioni teorichequanto, soprattutto, di evidenze prati-che quotidiane, al punto da sconsi-gliare l’uso di antiaritmici, qualoranon siano oltremodo evidenti effettiemodinamici deleteri per la vita o lasalute del paziente.

La WPW, ed in particolare la for-ma con FA ad alta frequenza, ha rap-presentato, negli anni un banco diprova all’utilizzo di svariate catego-rie di sostanze, molte delle quali,agli albori dell’aritmologia clinica(es. digitale), furono causa di insuc-cessi clamorosi.

Nell’epoca odierna lo SEF ha rap-presentato un valido ausilio, assiemeall’Holter-ECG, nella guida al loroimpiego, circoscrivendo l’utilizzo so-lo per alcuni di essi.

I farmaci che, attualmente trovanouna indicazione al postulato su espres-so, sono rappresentati da quelli appar-tenenti alle classi:

a) I Classe A (chinidina, disopi-ramide, procainamide).

Sono i farmaci che, classicamen-te bloccano i canali del sodio duran-te la fase di depolarizzazione rapidadel potenziale di azione a cui conse-gue un rallentamento della condu-zione ed un prolungamento del pe-riodo refrattario della via accesso-ria, con conseguente riduzione dellarisposta eccitatoria ventricolare du-rante FA preeccitata.

Tale meccanismo di azione, è allabase anche dei seri problemi proa-

ritmici che possono conseguire conil loro utilizzo.

I risultati, a lungo termine, sonobuoni (circa il 60-70% di remissio-ne), ma gli effetti collaterali, la fre-quente somministrazione e le inte-razioni con altri farmaci, ne consi-gliano l’uso solo in alternativa allealtre due classi (14).

b) I Classe C (flecainide, propa-fenone).

Questi farmaci hanno la caratteri-stica di allungare il periodo refratta-rio anterogrado della via accessoriae, contemporaneamente, di preveni-re l’induzione di FA (39), (49).

Spesso, all’inefficacia del primo noncorrisponde quella del secondo (14).

Utilizzati su cuori normali indu-cono raramente altre aritmie e la lo-ro efficacia, sulla interruzione dellaconduzione anterograda e sulla for-mazione di FA, si aggira intorno al30-40%.

La grossa limitazione è rappresen-tata da un annullamento o comunqueda una forte riduzione della loro effi-cacia sotto sforzo fisico, a seguito diun aumento di increzione di noradre-nalina (14), motivo per cui da alcuniAutori è consigliato il contempora-neo utilizzo di beta-bloccanti.

Altra limitazione è rappresentatadalla possibile inducibilità di f.a. (16).

c) III Classe (sotalolo, amioda-rone).

Agiscono tramite allungamentodella durata del potenziale d’azionecon conseguente allungamento del pe-riodo refrattario e dell’intervallo QT.

Il sotalolo è risultato efficace incirca il 60% dei casi nell’interrom-pere o nel ridurre i sintomi tachia-ritmici e la notevole maneggevolez-za, nonché l’assenza di effetto ino-tropo negativo, lo rendono preferi-bile rispetto ai farmaci di classe IAe IC (15).

Infine, l’amiodarone, consideratooggi antiaritmico “ad ampio spettro”,oltre a possedere gli effetti del sotalo-lo, ha anche proprietà di classe I edeffetti Ca-antagonisti.

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Effetti sfavorevoli sono rappresen-tati dall’allungamento del tratto QT,torsione di punta, fibrosi polmonare,influenza sul metabolismo tiroideo.

Sembra che la capacità di preven-zione di tachiaritmia da FA nel WPWsia superiore al sotalolo e si aggiri in-torno al 70% (14).

B) Trattamento chirurgico

Dal 1968 si iniziò a trattare chirur-gicamente i pazienti affetti da tachia-ritmie preeccitate e particolarmentela WPW con crisi frequenti di FA.

Malgrado gli entusiasmi del pri-mo ventennio d’esperienza e mal-grado l’utilizzo di approcci cardio-chirurgici sempre meno aggressivi,tale metodica ha, ultimamente, su-bito un inesorabile declino legato,soprattutto, alle complicanze di unvero e proprio intervento cardiochi-rurgico ed agli alti costi che ne con-seguono.

Rimane, però, la metodica di piùsicura efficacia e di maggior preci-sione nell’interruzione dei fasci ac-cessori in quasi il 100% dei casi erappresenta un metodo curativo del-l’aritmia (20), (28), (49), (50).

C) Ablazione transcatetere

È la metodica che, dal 1987, vienequasi routinariamente, utilizzata nel-l’interruzione “mirata” e sotto guidaelettrofisiologica (12), (49).

Le percentuali di riuscita si aggi-rano intorno al 90% e, secondo alcu-ni AA., fino al 94% (6), (14), (30).

È una tecnica in rapida espansio-ne, economica, semplice e veloceanche se le complicanze, anche mor-tali, non sono assolutamente da tra-scurare.

Braunwald (7), riporta le statisti-che americane ed europee, che coin-cidono con quelle di diversi AA. nelvalutare l’incidenza di complicanzeintorno al 4-5%.

Tra di esse, tamponamento cardia-co, BAV completo, perforazione

atriale, sepsi stafilococciche, acciden-ti neurologici, rischio di complicanzemaligne a seguito di esposizione ra-diologica e morte, (0,2-0,3%).

Ciò ha ridotto gli entusiasmi tracoloro che vedevano l’ablazione qua-le panacea a qualunque costo perse-guibile, anche nelle situazioni a mag-gior rischio (53).

Come per l’ablazione chirurgica,il trattamento, se coronato da suc-cesso, risulta curativo e definitivo.

Le svariate possibilità terapeuti-che della FA preeccitata, pertanto,inducono ad alcune considerazioni:

• la terapia medica antiaritmica alungo termine, allo scopo di preveni-re le crisi tachiaritmiche, è risultataessere efficace con farmaci di classeIII ed in particolare con amiodarone.

In generale essa non è priva di ri-schi gravi ed il successo terapeutico(consistente nella cessazione com-pleta delle crisi), è osservabile in cir-ca il 60% dei casi.

In alternativa vengono utilizzati ifarmaci di classe IC o, più raramen-te, quelli di classe IA che, pur essen-do, probabilmente, più efficaci, sonogravati da maggiori effetti collateraliproaritmici. La terapia medica con-trolla la sintomatologia ma non eli-mina il difetto elettrico e, pertanto,deve essere intrapresa per tutta la vi-ta o fino a quando si avrà evidenzaelettrofisiologica di una sua remis-sione (7), (14).

• La terapia chirurgica, pur essendoefficace e definitiva quasi nel 100%dei casi, non è esente dai rischi legatiad un intervento cardiochirurgico veroe proprio ed è, pertanto, da riservare aicasi in cui i farmaci e l’ablazione sia-no risultati fallimentari, oppure, eletti-vamente, qualora il paziente debba es-sere, comunque, sottoposto ad inter-vento cardiochirurgico per altre noso-logie cardiologiche (valvulopatia, car-diopatie congenite, etc.) (7), (8).

• L’ablazione transcatetere tramiteradiofrequenza è terapia di elezionenei casi a rischio, ed è coronata dasuccesso in oltre il 90% dei casi, ma

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presenta un alto indice di compli-canze (5% circa), se si considera ilfatto che i pazienti che vi si sotto-pongono sono, per lo più, giovani edesenti da malattie (7), (16), (26).

La recidiva di tachicardia è stima-ta intorno al 10-15% (7).

Le indicazioni assolute e relative,vengono, comunque, qui di seguitoriportate:

Assolutea) Tachiaritmie frequenti ad ele-

vata frequenza ventricolare e nondominate dalla terapia medica.

b) Tachiaritmia da FA ad elevatafrequenza ventricolare, spontanea ofacilmente inducibile, con RR mini-mo < 250 msec. e con episodi di TVo FV.

c) Gravi effetti collaterali secon-dari a terapia farmacologica.

Relativea) Tachiaritmie di breve durata,

emodinamicamente stabili, ma soloparzialmente dominate da terapia me-dica.

b) Controindicazioni all’utilizzodi farmaci antiaritmici.

Considerazioni medico-legali

Dai dati fisiopatologici, clinici eterapeutici, più sopra riportati, è fon-damentale, dopo essere pervenuti aduna diagnosi clinica e strumentale,valutare la ricaduta della tachiaritmiada FA nella WPW sulla valutazionemedico-legale quotidiana a mentedella Legge 222/84 in particolare.

Alcune considerazioni ritengo sia-no essenziali al fine di perseguire taleobiettivo, che, se attentamente analiz-zate, potranno essere di estrema utilitànel quantizzare la capacità lavorativadi questi oggetti.

A) La malattia colpisce soggetti,spesso, esenti da cardiopatia organi-ca senza predilezione per la loro età.

B) Lo stress psico-fisico, intesocome attivazione del sistema adre-nergico, risulta essere un potentefattore facilitante e reiterante le crisi

tachiaritmiche che, per i motivi piùsopra esposti, incidono sull’emodi-namica cardiaca.

C) Risulta documentato come taleevenienza aritmica sia gravata da unnon trascurabile rischio di morte im-provvisa, specie nei pazienti che pre-sentano un RR minimo uguale o in-feriore a 250 msec., durante tachia-ritmia spontanea, un’inducibilità diFA o fa allo SEF di almeno 30 sec.ed una percorribilità bidirezionalesia del fascio anomalo che del nodoAV (25).

In questi soggetti, tra l’altro, è altala possibilità di ripresentazione del-l’aritmia.

D) La terapia medica antiaritmicaoltre che parzialmente efficace, risul-ta a volte, pericolosa e non definitivae dovrà essere intrapresa per lunghiperiodi di tempo o per tutta la vita(7), (16).

E) La terapia chirurgica, anche seefficace in quasi il 100% dei casi edefinitiva, presuppone un vero e pro-prio intervento cardiochirurgico (7).

F) La terapia ablativa tramite ra-diofrequenza, discretamente efficacee definitiva, è gravata da un’alta per-centuale di complicanze anche fata-li, tenendo conto del fatto che essaviene praticata su soggetti sani espesso di giovane età (7), (11).

Proceduralmente, è fondamentalepervenire ad una diagnosi quantopiù precisa del fenomeno tachiarit-mico, evitando, per le ovvie impli-cazioni medico-legali che ne posso-no derivare, di sottoporre l’assicura-to ad accertamenti che possonocomportare rischi alla salute.

Schematicamente l’iter medico-le-gale e clinico dovrebbe vertere su al-cuni punti essenziali:

Anamnesi

È basilare per conoscere gli ante-cedenti clinici del soggetto (ricoveriospedalieri, visite cardiologiche,esami strumentali, etc.), che verran-no attentamente studiati al fine di

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avere un’idea del tipo di aritmia oc-corsa, le modalità e le circostanze diinnesco (riposo, lavoro, svago, etc.),gli esami praticati e le terapie intra-prese, la loro efficacia ed i conse-guenziali effetti collaterali, gli inter-valli di tempo liberi dalle crisi.

Spesso tali soggetti “veramentearitmici” sono forniti di poderosa do-cumentazione comprovante le crisistesse, la loro durata, gli esami prati-cati, spesso invasivi, nonché l’effica-cia della terapia.

Sarà essenziale conoscere se, nel-l’ambito familiare, tali disturbi elet-trici cardiaci si siano presentati nelpassato e quali siano stati i presidiefficaci o meno utilizzati per l’inter-ruzione della crisi acuta.

Come nel caso clinico descritto,non è infrequente riscontrare pato-logie aritmiche che sottendono adun meccanismo da rientro, correlatealla WPW.

A causa dell’ampia variabilità elet-trofisiologica, è possibile che nei di-versi componenti familiari essa sipossa manifestare in maniera diversasia dal punto di vista sintomatologicoche elettrocardiografico e ciò, secon-do alcuni Autori (16), pare aumentareil rischio di tachiaritmia.

Sarà essenziale indagare sulla pre-senza di altre anomalie congenitecardiache come l’anomalia di Ebsteino il prolasso valvolare mitralico sianel soggetto in esame che nei suoi fa-miliari.

Molto spesso, però, come nel ca-so clinico descritto, l’episodio ta-chiaritmico rappresenta l’unico sin-tomo d’esordio senza evidenza dipatologia associata.

In questo caso l’anamnesi, se po-sitiva, non rappresenta altro che unaretrospettiva di sintomi, malori o di-sturbi considerati, al momento delloro verificarsi, come di poco contoe transitori.

All’opposto, com’è frequente os-servare, l’assicurato indicherà, ricor-derà o descriverà con maggiore enfa-si sintomi anche singolari che, proba-

bilmente, non hanno mai avuto nullaa che fare con il corteo sintomatolo-gico caratteristico della malattia e ciòsia per suggestione psicologica o, an-cora peggio, per “sindrome da inden-nizzo”.

La caratteristica peculiare della ta-chiaritmia da FA preeccitata è rap-presentata dal parossismo delle crisi,ad inizio e cessazione improvvise,con maggiore o minore relazione conil riposo, con la veglia o con i pasti.

Con una certa frequenza le crisivengono scatenate da eccessi di an-sia o da sforzo fisico.

Esse, inoltre, si accompagnano,spesso a vertigini, sudorazione, pallo-re ed astenia. Nei casi più gravi è lasincope il sintomo di esordio che èsegno dell’inadeguatezza della gittatasistolica e della vasodilatazione con-seguente all’aumentata Fc.

Per la sindrome suddetta, però, è da-to osservare svariate possibilità di esor-dio in stretto rapporto con i presuppo-sti elettrofisiologici più sopra esposti.

Esame obiettivo

Di grossa importanza se tendentead evidenziare una patologia cardia-ca associata, ma di nessuna rilevan-za se il fenomeno aritmico interes-sa, come nella maggior parte dei ca-si, un cuore sano e soggetti giovani.

Piuttosto, sarà necessario e fon-damentale, anche tramite l’ausiliodi esami strumentali, indagare sullasituazione emodinamica del sogget-to se affetto da episodi tachicardicie/o tachiaritmici recidivanti.

La cardiomiopatia post-tachicar-dica è una realtà nosologica che vapresa sempre in considerazione inquesti soggetti (16).

Non è di raro riscontro una sinto-matologia dispnoica ingravescente chetroverà il suo corrispettivo funzionalein una riduzione della contrattilitàmiocardica senza apparente causa.

Anche altri distretti potranno esse-re interessati al fenomeno, quali quel-lo renale e quello circolatorio.

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In questi soggetti è, poi, da tenerein considerazione la ricaduta dellasindrome sul sistema nervoso, bersa-glio di microembolie post-aritmicheche, al pari dei soggetti con prolassovalvolare mitralico, sono più comunidi quanto ritenuto nel passato (7).

Esami strumentali

Sono di enorme significato per sta-bilire lo “stato” di malattia e al di fuo-ri delle crisi tachiaritmiche.

Tali accertamenti serviranno ad ana-lizzare l’eventuale disordine elettricocardiaco (ECG di superficie), a seguir-lo nel tempo, nell’intento di osservarel’eventuale innesco dell’aritmia in rela-zione con un’attività quotidiana o lavo-rativa o di reperire altre aritmie asso-ciate (ECG dinamico secondo Holter).

Spesso, come si è accennato in pre-cedenza, la presenza di un’extrasisto-le atriale che inneschi un’aritmia so-praventricolare non a complessi lar-ghi, può far propendere per un’arit-mia da rientro AV ed essere la spia diuna tachicardia reciprocante ortodro-mica.

Così, la cessazione dell’aritmiastessa, se verificatasi dopo l’effettua-zione di manovre che prevedono unimpegno del vago, possono far pro-pendere per un’aritmia che facilmenteviene innescata da stress psico-fisico.

La presenza, la morfologia delleonde P o di aritmie ventricolari as-sociate, il tratto PR o RP, l’evidenzadi complessi aberranti in fase 3 etc.,sono tutti segni che se presenti o in-dividuati, magari dopo diverse regi-strazioni, indicano il tipo di aritmiamaggiormente ricorrente ed il loroinnesco e cessazione.

Non va dimenticato, peraltro, co-me nei soggetti con FA preeccitata,deve essere operante una conduzioneretrograda attraverso il fascio anoma-lo e che raramente nei pazienti asin-tomatici ciò si riscontra.

Pertanto, le crisi tachiaritmiche,brevi o prolungate, addotte anamne-sticamente dai pazienti che ne sono

affetti, non indicano necessariamen-te una tachiaritmia da FA preeccita-ta, ma possono, più spesso, essererappresentate da crisi tachiaritmicheda rientro AV (17).

È la maggiore o minore vulnera-bilità atriale (per cause non ancoradel tutto comprese), che determineràla realizzazione di una tachiaritmiada FA preeccitata che, a sua volta,alimenterà ulteriormente, la maggio-re vulnerabilità atriale.

L’esame Holter ha, inoltre, il van-taggio di analizzare il ritmo e l’attivitàelettrica cardiaca in relazione allanormale attività quotidiana e lavorati-va dell’assicurato, anche se il disturboelettrico non ha caratteristiche di in-nesco fisso e preordinato, ma soggia-ce, spesso, a capricciose regole nonancora chiarite.

Il riscontro “fortunoso” di una ta-chiaritmia preeccitata da FA, speciese durante attività psico-fisiche im-pegnative, dovrà essere prova di uninflusso facilitante del simpaticosulla conduzione in senso anterogra-do del fascio anomalo e come taleconsiderarlo ai fini valutativi, cosìcome la possibilità di reiterazionedell’aritmia.

Spesso, tale rispondenza non vie-ne evidenziata, non tanto per la man-cata influenza dell’influsso simpati-co, quanto per gli svariati fattori checontribuiscono all’innesco della ta-chiaritmia.

Pertanto, mentre una registrazio-ne positiva per evento tachiaritmicopuò, sicuramente, apportare infor-mazioni sull’aritmia (grande speci-ficità dell’esame), una mancata os-servazione del fenomeno non è se-gno di esclusione di patologia arit-mica (scarsa sensibilità).

Non a caso le linee guida sull’uti-lizzo dell’ECG dinamico secondoHolter prevedono l’impiego sistema-tico di esso nei casi di sintomatolo-gia soggettiva per aritmie, episodisincopali e vertigini, mentre risultaancora controverso l’uso routinariodi tale metodica nei soggetti a ri-

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schio di aritmie (compresi quelli conWPW) (1).

In questi soggetti è d’obbligo unesame ecocardiografico tendente adescludere la presenza di patologieassociate.

Nella maggior parte dei pazienticon anamnestiche crisi tachiaritmi-che, non si riscontra alcuna anomaliastrutturale e/o contrattile, o quanto-meno, visualizzabile con le comunitecniche ultrasonografiche.

Più spesso, come accennato in pre-cedenza, la depressione contrattile po-st-tachicardica, si rileva con lo stessopattern ecocardiografico della cardio-miopatia dilatativa ma da essa va di-stinta per i meccanismi fisiopatologiciche ne stanno alla base (16).

L’esame non riveste grossa im-portanza nella recenza del fatto acu-to, in quanto, come nel caso clinicodescritto, può essere riscontrata unalieve dilatazione della camera atria-le sinistra post-FA.

Piuttosto, è da tenere in debito con-to come la WPW, in genere, è di ri-scontro relativamente frequente insoggetti con prolasso valvolare mitra-lico (PVM), mentre, a dispetto dellestatistiche (a dire il vero poco nume-rose), lo stesso non può dirsi per ilprolasso.

Sembra, pertanto, che le due con-dizioni siano indipendenti e che so-lo un fenomeno di coincidenza rea-lizzi l’associazione.

Infatti, la “preeccitazione sintoma-tica” incide per meno dell’1% nellapopolazione generale (non è però da-to sapere l’incidenza degli asintoma-tici!), mentre il prolasso mitralico haun’incidenza di circa il 3-5% (7),motivo per cui è deduttivo mettere indubbio tale associazione.

Ciononostante, nel caso di conco-mitante coesistenza delle due for-me, è bene operare anzitutto una va-lutazione dell’impegno funzionalevalvolare mitralico e, se tale inci-denza è presente, indirizzarsi versola valutazione dell’insufficienza mi-tralica.

Più interessante appare, invece, lacoesistenza del disturbo tachiaritmicocon le aritmie, a volte sorprendente-mente “abbondanti” nel PVM che, aldi là di una curiosità elettrocardiogra-fica, possono interferire, stimolare o,addirittura, interrompere una tachi-cardia da fibrillazione atriale preecci-tata nella WPW.

L’ECG da sforzo, benché noneseguibile presso i gabinetti diagno-stici INPS, non aggiunge alcunainformazione di rilievo ai dati otte-nuti con i precedenti esami, né è do-tato, come l’ECG dinamico, di buo-na sensibilità nel dimostrare l’inne-sco di una tachicardia da FA preec-citata in relazione allo sforzo.

L’esame che più di ogni altro po-trebbe dirimere i dubbi circa la pre-senza di un rischio tachiaritmico èrappresentato dallo SEF, transeeso-fageo o intracavitario, che è in gra-do di mettere in luce due meccani-smi fondamentali al verificarsi del-l’evento: l’inducibilità dell’aritmia ela vulnerabilità atriale.

Per i motivi organizzativi e struttu-rali ma, soprattutto, per i rischi con-nessi all’utilizzo della metodica, essonon è esame praticabile in ambito me-dico-legale, ma è spesso, esibito dal-l’assicurato al momento della visita.

Tramite esso l’elettrofisiologo va-luterà la terapia da intraprendere che,se indirizzata verso l’ablazione, avrà,certamente, il significato di esistenzadi tachiaritmia ad alto rischio.

A prescindere dagli entusiasmi ec-cessivi nei confronti dell’ablazionetramite radiofrequenza che, in alcunicasi, ha anche rappresentato una me-todica di “cosmesi elettrica”, è indub-bio che, per le complicanze che da es-sa possono derivare, verrà applicata edintrapresa solo in quei soggetti, per lamaggioranza giovani ed esenti da altremalattie cardiologiche e non, nei qualii benefici in termini di qualità di vita edi riduzione di rischio aritmico morta-le, risultano decisamente superiori airischi e le complicanze che la metodi-ca può comportare (5% circa) (7).

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Nella nostra valutazione, in gene-re, deve essere presa in considerazio-ne una ricaduta sull’attività lavorati-va del soggetto, intesa quale coinvol-gimento funzionale dell’apparatocardiovascolare nell’espletamento diuno sforzo fisico e/o psichico.

Tale rapporto diretto di capacitàfunzionale non può prescindere daquei fattori insiti nell’individuo eche lo distinguono nettamente daglialtri lavoratori.

Questi fattori, rappresentati princi-palmente dall’istruzione scolastica,dalle precedenti esperienze lavorati-ve, dall’esperienza lavorativa specifi-ca, rientrano nelle attitudini indivi-duali e consentono una versatilità diimpiego nel campo del lavoro tali daconsiderarli markers fondamentalinell’espletamento di mansioni e nellareperibilità del lavoro stesso.

Circa la valutazione aritmologica,poco è stato scritto o riportato inambito medico-legale e ciò è dipesoin primo luogo dalle frammentarieconoscenze cardiologiche nel cam-po, dalla individualità delle aritmiestesse e dalla eccessiva prudenza ri-servata nella valutazione di esse.

Ci si è trovati, spesso, di fronte ademinenti cardiologi, iperspecializzatiin elettrofisiologia o elettrocardiolo-gia, ma poco interessati ai risvolti me-dico-legali e lavorativi o, al contrario,di fronte a seri e preparati medici le-gali con insufficiente preparazionearitmologica.

Molto spesso, inoltre, il cardiologoha valutato le aritmie solo dal puntodi vista clinico, mentre il medico-le-gale ha spostato il suo interesse sullagenesi aritmologica e non tanto suisuoi riflessi funzionali o sulla ricadu-ta nell’attività lavorativa.

Uno sforzo enorme di convergen-za dottrinale, forse l’unico nel suogenere, è stato operato, nel 1989 e,successivamente, rivisto nel 1995,dal Comitato Organizzativo Cardio-logico per l’Idoneità allo Sport (CO-CIS), costituitosi grazie alla collabo-razione di diverse Società cardiolo-

giche e con la consulenza di svariatieminenti medici legali (13).

Nei protocolli realizzati, ai fini del“giudizio di idoneità allo sport ago-nistico”, si possono trovare riferi-menti utilissimi sulla valutazionemedico-legale di svariate patologiecardiologiche di frequente riscontronei gabinetti diagnostici INPS.

Lo sforzo consistente operato nelCOCIS dagli esperti, non è stato tan-to quello di stabilire l’iter diagnosti-co-valutativo delle singole patologiecardiovascolari, quanto quello diclassificare primariamente, la tipolo-gia dell’esercizio stesso o delle disci-pline sportive e, secondariamente,l’impegno cardiaco occorrente nel lo-ro svolgimento.

Si è cercato, cioè, di analizzarenon tanto lo sforzo fisico come entitàa sé stante e causa di semplice di-spendio energetico, quanto il tipo disforzo occorrente nell’espletamentodell’esercizio fisico ed il conseguen-ziale coinvolgimento dell’apparatocardiovascolare nel suo svolgersi.

Nel risalire alla tipologia dell’e-sercizio fisico si è pervenuti alla con-clusione che a parità di dispendioenergetico si poteva assistere a varicoinvolgimenti dell’apparato cardio-vascolare che avevano ripercussionisull’attività contrattile, sulla Fc, sulSNA, sulle resistenze periferiche osulla sfera psichica dell’atleta.

Da ciò la necessità di catalogarele diverse discipline sportive da unpunto di vista fisiologico-funzionalee, conseguentemente, di adattare itest semeiologici ed il parere di ido-neità o non idoneità a questi para-metri.

La similitudine operativa in ambi-to previdenziale scaturisce in manie-ra ovvia, pur essendo di più arduarealizzazione in quanto nel valutarel’impegno cardiovascolare in un la-voratore, bisogna esulare tassativa-mente (con le dovute eccezioni), dal-la specificità lavorativa o di eserci-zio, ma valutare l’attitudine lavorati-va stessa del singolo e le potenzialità

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di attuazione di essa in presenza dimalattia cardiovascolare.

Le divergenze sorgono, però, nelpotere intraprendere lo studio semeio-logico-valutativo proposto dal COCISin relazione alle svariate condizionipatologiche.

In ambito medico-legale, come giàaccennato in precedenza, non è con-sentito sottoporre gli assicurati a que-gli esami che possano comportaredelle complicazioni alla salute deglistessi (ed in primo luogo lo SEF),motivo per cui i riscontri patologicivanno interpretati tramite gli accerta-menti strumentali praticabili e la do-cumentazione in possesso dell’assi-curato.

Fatte queste debite precisazioni sipotranno, nel caso di soggetti affettida FA preeccitata, prevedere due ipo-tesi principali:

A) L’assicurato pur evidenziandoall’ECG di superficie, segni di preec-citazione non ha mai presentato epi-sodi spontanei di FA preeccitata o ta-chicardia reciprocante di durata > 30secondi sia a riposo che durante quel-le attività lavorative e/o psico-fisichea cui egli, regolarmente e quotidiana-mente, si sottopone.

Nei casi in cui sia stato inoltresottoposto ad induzione di aritmiatramite SEF questo è risultato nega-tivo per insorgenza di tachicardia re-ciprocante ortodromica e/o di FAsostenuta (> 30 secondi), e con RRminimo > 240 msec.

In questi casi, qualunque attivitàlavorativa è consentita senza limita-zioni, ed il giudizio medico-legalesarà, senz’altro, di non invalidità.

B) L’assicurato ha manifestatocrisi spontanee di FA preeccitata (>30 secondi), con RR minimo ≤ 250msec., o se, con evidente preeccita-zione ma asintomatico, sottoposto aSEF, ha accusato una FA o tachicar-dia reciprocante AV di durata > 30secondi, facilmente inducibili, (altavulnerabilità atriale).

Rientrano in questa categoria an-che quei soggetti che hanno manife-

stato episodi tachiaritmici e/o tachi-cardici di durata inferiore a 30 se-condi in corrispondenza di sforzi fi-sici.

Per i soggetti di cui al punto B, lanostra valutazione in ambito medico-legale, sarà condizionata dalla capa-cità lavorativa dei vari assicurati eprecisamente:

1) Soggetti con pregresse e docu-mentate crisi tachiaritmiche da FApreeccitata, trattata tramite ablazio-ne transcatetere a RF o tramite tera-pia ablativa chirurgica.

Per essi, qualunque sia l’età e l’atti-vità lavorativa, e sempre che non ri-corrano altre patologie concorrenti ocoesistenti, si dovrà prevedere un giu-dizio di non invalidità se da più di 4-6mesi non si siano manifestate crisispontanee o (se disponibile), qualorauno SEF, post-ablazione, entro unmese dall’intervento, abbia dato esitonegativo circa l’inducibilità dell’arit-mia e la non vulnerabilità atriale.

2) Soggetti con crisi di FA preec-citata sostenuta (> 30 secondi) econ RR minimo ≤ 250 msec., digiovane età, senza patologie cardio-logiche associate e con “ampia” ca-pacità lavorativa. Per costoro vaprevisto, ugualmente un giudizio dinon invalidità alla luce del loro pos-sibile riadattamento lavorativo in at-tività che non comportino stress psi-co-fisici impegnativi.

In questa categoria vanno inclusianche quegli assicurati che posseggo-no una sufficiente cultura, abbianoconseguito una specializzazione tec-nico-professionale adeguata e chenon svolgono attività lavorative stres-santi dal punto di vista psico-fisico orischiose per la loro od altrui incolu-mità.

È evidente come in tali soggettiviene a mancare un fattore potenzial-mente scatenante che è rappresentatodalla facilitazione adrenergica sul fa-scio anomalo.

Il lavoro, pertanto, quale fonte distress, sia fisico che psichico, è in-fluente sullo scatenamento delle cri-

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si e quindi non determinante nellareiterazione delle stesse.

Così, anche, le crisi tachiaritmi-che, che mediamente hanno il carat-tere di saltuarietà e, comunque, dibreve durata, non hanno influenzasulla capacità lavorativa dell’indivi-duo preso in considerazione.

3) Soggetti di giovane età, esenti daaltre patologie, che posseggono unascarsa o nulla preparazione culturaleo lavorativa, ove, si siano verificate lesuddette crisi con RR minimo docu-mentato < 250 msec., o siano andatiincontro a crisi tachiaritmiche ventri-colari serie o che siano stati da esseresuscitati e che svolgano un’attivitàlavorativa attitudinale a notevole im-pegno fisico e di non trascurabile pe-ricolosità per sé e per gli altri compa-gni di lavoro.

Per essi sembra equo prevedere ungiudizio di invalidità con possibilitàdi revisione a medio termine, alla lu-ce del fatto che in un buon numero dicasi di FA preeccitata, si assiste, do-po i 30 anni di età, ad un diradamen-to delle crisi tachiaritmiche, ad un’at-tenuazione della sintomatologia o,addirittura, ad una loro scomparsa.

4) Soggetti di età non più giovanecon esperienza lavorativa specificae consolidata che per il tipo di lavo-ro da essi svolto soggiacciono ad ungravoso stress fisico.

Vanno inclusi in questo gruppoanche quei soggetti che “specializza-ti” in un’attività lavorativa non gra-vosa dal punto di vista fisico, svolga-no mansioni di alta responsabilità edin front-line, evenienza che aumentail tono adrenergico.

Per essi si dovrà prevedere un giu-dizio di invalidità fino a quando nonsarà comprovata la cessazione dellecrisi spontaneamente o tramite terapia.

RIASSUNTO

Prendendo lo spunto da un ca-so di FA preeccitata, se ne eviden-ziano i meccanismi elettrofisiolo-

gici, la presentazione clinica, l’itersemeiologico e la terapia in attosuggeriti dalla letteratura corren-te, al fine di pervenire ad una pro-posta valutativa medico-legale al-la luce della Legge 222/84.

Al di là dell’incidenza della FApreeccitata nella popolazione ge-nerale (per fortuna non comune),la nosologia pone grossi problemidi inquadramento elettrofisiologi-co, clinico e medico-legale.

È, fondamentalmente, l’ampiavariabilità di presentazione del-l’aritmia, dipendente da meccani-smi elettrofisiologici complessi enon sempre prevedibili, che impo-ne cautela nel valutare un’aritmiapericolosa per la vita o la ripre-sentazione dell’aritmia stessa.

Gli esami semeiologici impiegabilisono sufficientemente affidabili nellavalutazione del disturbo elettrico,anche se, spesso, non praticabili.

Le terapie testate nell’interrom-pere parzialmente o definitiva-mente l’aritmia di base, presenta-no una serie di vantaggi ma, con-temporaneamente, delle compli-canze di cui deve essere tenutoconto nella valutazione costo-be-neficio da esse derivanti e nelleconseguenziali valutazioni medi-co-legali circa l’emendabilità dellamalattia stessa.

Pur essendo una malattia pluri-fattoriale, si è potuto appurare co-me il tono adrenergico può svolge-re una funzione determinante alloscatenamento-facilitazione dellecrisi tachiaritmiche e ciò è di fon-damentale importanza ai fini dellavalutazione ergometrica in ambitolavorativo.

Essa, dovrà insistere più sul tipodi attività svolta dall’assicuratoche sulla quantità di energia im-piegata a compierlo, non trascu-rando quelle che sono le attitudinilavorative stesse dei soggetti presiin esame.

Alla luce di quanto detto, pro-prio per la occasionalità e bizzarria

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del fenomeno aritmico in quantotale, la valutazione medico-legaleproposta non vuole rappresentareun inquadramento definitivo inambito medico-legale, quanto unsuggerimento “valutativo” alla lucedella tipologia lavorativa riscontra-bile da caso a caso, nonché un invi-to ad un approccio metodologico diparticolari aritmie che, nella lororealizzazione, prevedono complica-ti meccanismi elettrofisiologici mo-

dulati sia dallo sforzo che dalle va-riazioni del tono neurovegetativo.

Le trattazioni sull’argomento,oltremodo frammentarie e nondefinitive, sono di ausilio nello sti-molare una metodologia di ap-proccio che include la fisiopatolo-gia, la clinica, la terapia, al fine digiungere ad una valutazione me-dico-legale quanto più rivolta al-l’assicurato e non al disordineelettrico di base.

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L a Consulenza proposta ai nostri lettori inquesto numero della Rivista è molto scar-

na e schematica. E tuttavia è utile per unasottolineatura della differenziazione tra re-quisiti per l’assegno ordinario di invaliditàe requisiti per la pensione di inabilità.

L’attenta lettura della relazione permet-te, inoltre, di avvertire la presenza delConsulente Tecnico di Parte INPS (citatoperaltro dal C.T.U.), il quale ha certamen-te influito nella scelta delle indagini medi-co-legali esperite.

Trattasi nel caso di un soggetto di sessomaschile, Sig. A.F., già titolare di assegnodi invalidità dal ’93, il quale nel ’97, al-l’età di 47 anni, presentava domanda dicorresponsione di pensione di inabilità.Essendo stata respinta detta domanda eavendo prodotto ricorso avverso tale giudi-zio, veniva sottoposto a visita collegialecon esito ancora negativo, per cui adivale vie legali. In data 14.01.99 veniva sot-toposto a visita da parte del Dott. R.C.,CTU nominato dal Giudice del Lavoro diLa Spezia.

Il Consulente Tecnico d’Ufficio confer-ma il giudizio di invalidità già espressodai sanitari dell’INPS riconoscendo una ri-duzione permanente a meno di 1/3 del-la capacità lavorativa del soggetto in oc-

cupazioni confacenti alle proprie attitudi-ni, ma nega la sussistenza di una assolutae permanente impossibilità di svolgerequalsiasi attività lavorativa.

Il periziato risulta affetto da “Sindromepsicorganica con segni di deficit mnesicocognitivi e sfumata sofferenza piramidalearto inferiore sinistro in soggetto con en-cefalopatia ischemica multifocale. Cefa-lea vasomotoria ricorrente. Grave ipoacu-sia recettiva cocleare destra sui 500-800Hz; subcofosi ed areflessia labirintica sn”.

La diagnosi veniva formulata a seguitodegli accertamenti specialistici eseguiti:visita ORL; visita neurologica; visita pres-so Centro di Salute Mentale. Questa no-tazione è di particolare interesse in quan-to conferma la tesi, dallo scrivente sempresostenuta, che il ricorso alla Specialisticaè di fondamentale importanza per la piùequa e corretta valutazione dei casi. Infat-ti, le considerazioni medico-legali svoltedal C.T.U., peraltro ridotte al minimo indi-spensabile, fanno riferimento quasi esclu-sivamente agli accertamenti espletati.

La documentazione agli atti dimostrala validità di detti accertamenti e, conse-guentemente, dell’approccio medico-lega-le dei Sanitari dell’Istituto, la cui presenzanel corso delle operazioni peritali ancora

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CONSULENZA TECNICAa cura di Matteo Pirrone*

* Dirigente medico il Setto-re Contenzioso - D.G. INPS.

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una volta si manifesta come elemento diindispensabile utilità.

Relazione diconsulenza tecnica medico-legale

nei confronti di A.F.

Giudice del Lavoro Dr. G.P.

Consulente Tecnico d’Ufficio Dott. R.C.

L’Ill.mo Sig. Giudice del Lavoro, PretoreDr. G.P. nominato il sottoscritto Dott. R.C.Consulente Tecnico d’Ufficio nella causaA.F. contro l’INPS lo convocava all’udien-za del 14.12.98 per il giuramento di ritoe la proposizione del seguente quesito:

“Dica il C.T.U., esaminati gli atti dicausa, visitato l’assicurato, disposti gliesami medico-specialistici necessari, sesussistono o meno infermità tali da deter-minare, ai sensi dell’art. 2 della legge222/84 una impossibilità a svolgerequalsiasi attività lavorativa.

Determini la data dell’insorgenza dell’i-nabilità pensionabile qualora questa siasuccessiva alla presentazione della do-manda in sede amministrativa”.

Storia

In data 28.2.97 il Sig. A.F., già titola-re di assegno di invalidità dal 1993, pre-sentava all’INPS domanda di correspon-sione di pensione di inabilità.

In data 19.5.97 la predetta domandaveniva respinta.

Avverso il suddetto provvedimento, indata 8.7.97, l’A. proponeva ricorso cheveniva respinto in data 8.10.97.

In data 5.2.98, il Sig. A. decideva, per-tanto, di ricorrere al Magistrato del Lavoro.

Il giorno 14.1.99 ho dato inizio alleattività peritali, convocando l’assicuratonel mio Studio.

Per l’INPS era presente il dr. E.

Periziando

A.F., nato a F. (SP) e residente e domi-ciliato a La Spezia, della cui identità sono

certo avendo preso visione della Carta diIdentità n... rilasciata in data... dal Sinda-co di La Spezia.

Anamnesi familiare

Padre vivente di 74 aa in a.b.s.Madre vivente di 73 aa in a.b.s.Ha due fratelli ed una sorella in a.b.s.

Anamnesi fisiologica

Nato prematuro da parto distocico con le-sione acustica e frattura di spalla e di gamba.

Sviluppo somato-psichico normale.Non ha prestato servizio militare di le-

va per motivi sanitari.Alimentazione ed appetito normali.Non fuma e non beve.Ritmo sonno-veglia irregolare: si sve-

glia 2-3 volte per notte.Alvo e diuresi regolari.

Anamnesi patologica remota

• Ricorda i comuni esantemi infantili.• A 9 aa ca. il pz. ha iniziato a pre-

sentare crisi convulsive generalizzate not-turne per le quali è stato in trattamentocon “Luminalette”.

• A 19 aa Epatite di tipo B.• Nel ’89 a 39 aa episodio confusio-

nale durato tre giorni durante il quale ilpz. sarebbe rimasto a letto incapace diparlare pur rimanendo integre tutte le altrefunzioni. Da allora accusa un notevolecalo delle capacità mnesiche.

• Nell’agosto ’94 ricovero presso laClinica Neurologica dell’Università di...,dimesso con diagnosi di “...encefalopatiamultinfartuale...”.

• Nel settembre ’94 ricovero pressol’Ospedale di..., dimesso con diagnosi di“Encefalopatia multinfartuale”.

• Nel ’97 ricovero presso il reparto diNeurologia dell’Ospedale civile S., dimes-so con diagnosi di “Encefalopatia multin-fartuale. Involuzione psicologica. Cefalea.Cisti aracnoidea”.

• Riferisce di essere stato sottoposto 7-8 anni fa ad intervento di “emorroidecto-mia” presso il Reparto di chirurgia dell’O-spedale S.

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Anamnesi lavorativa

Ha iniziato a lavorare all’età di 12 aanella ditta a conduzione familiare.

Dal ’72 al ’89 svolto l’attività lavorati-va di autista.

Attualmente non svolge alcuna attivitàlavorativa.

Esame obiettivo generale

Normotipo in buone condizioni generali.Altezza 172 cm. Peso 75 kg. Mucose visi-bili normoirrorate. Non cianosi, non edemi.

Apparato respiratorio

Torace normoconformato, normoespan-dibile. FVT normotrasmesso. MV normale.

Apparato cardiovascolare

Pressione arteriosa 150/90 mmHg.Polso 72 bpm, ritmico.Aia cardiaca nei limiti.Non segni di scompenso.

Apparato digerente

Addome trattabile.Organi ipocondriaci nella norma.

Apparato urinario

Manovra del Giordano negativa bila-teralmente. Punti ureterali non dolenti.

Apparato osteoarticolare

Grosse articolazioni ispettivamente efunzionalmente normali.

Esiti di fratture polso dx e sx con resi-duate algie meteo disfunzionali.

Esiti fratture gomito sx e stiloide ulnare sx.Esiti di intervento chirurgico di capsulo

plastica per lussazione scapolo omeralecon modesta ipotrofia del cingolo. Riferi-sce dolore articolare al rachide cervicale.

Sistema nervoso e psiche

Il pz. appare vigile ed orientato neltempo e nello spazio.

Stato ansio depressivo.Deficit mnesico a breve medio termine.

Orecchio e udito

Cofosi a sx-Ipoacusia a dx.Grave deficit uditivo bilaterale.

Esami specialistici e strumentali effettuatie loro esito

Visita ORL

La visita specialistica ORL eseguita indata 19.1.99 presso lo studio del dr.M.B. ha dato il seguente esito.

Esame obiettivo ORL

Otoscopia: membrane timpaniche bila-teralmente opacate.

Esami strumentaliEsame audiometrico tonale: ipoacusia

recettiva cocleare destra con curva rapi-damente declive sui toni medio gravi, subcofosi a sx.

Esame impedenziometrico: Ty bilateral-mente di tipo “A” (normale); riflessi stape-diali a destra presenti solo a 500 e1000 Hz ed ai valori messimi di stimola-zione; a sinistra presenti su tutte le fre-quenze a valori di soglia progressivamen-te aumentati dai 500 ai 4000 Hz.

Esame vestibolare: areflessia vestibolaresinistra in fase di compenso centrale.

DiagnosiGrave ipoacusia recettiva cocleare de-

stra sui 500-8000 Hz; subcofosi ed are-flessia labirintica sx.

Visita neurologica

La Visita specialistica neurologica ese-guita in data 18.1.99 presso lo studiodel dr. G.M. ha dato il seguente esito:

Esame NeurologicoNervi cranici integri. Riflesso fotomoto-

re diretto e consensuale presente bilateral-mente. Assenza di nistagmo spontaneo.Riflessi profondi presenti ai quattro arti,simmetrici, da segnalare la prevalenzadel rotuleo sinistro sul controlaterale. Eu-metria e diadococinesia conservate. Mu-scolatura normotonica normotrofica. Sfu-

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mata ipostenia sinistra in Mingazzini artiinferiori, mantiene la posizione nelle altreprove antigravitarie. Babinski in flessionedorsale a sinistra. Mantiene la posizionedi Romberg.

Esame psichicoLucido, orientato, collaborante. Acce-

de al colloquio con modalità ansiosa.Facies espressione di disagio e perples-sità. Tono dell’umore orientato in sensodistimico. Ideazione formalmente corret-ta polarizzata su contenuti di inadegua-tezza con difficoltà di astrazione simbo-lizzante. Deficit della memoria a lungotermine.

Mini Mental State Rapido: nei limiti del-la norma.

DiagnosiSindrome psicorganica con segni di

deficit mnesico cognitivi e sfumata soffe-renza piramidale arto inferiore sinistro insoggetto con encefalopatia ischemicamultifocale.

Cefalea vasomotoria.ConclusioniLa compromissione neuropsicologica è

stata quantizzata con esami specifici pres-so la divisione di Neurologia dell’Ospe-dale di... in data 13.2.99 e appare al-l’esame clinico essere stabilizzata. Laeziopatogenesi organica del quadro èstata documentata con esami morfologici(RMN encefalo) e funzionali flussimetrici(SPECT cerebrale). È presente una cefaleavasomotoria ricorrente ed invalidante. So-no presenti, dal punto di vista psichico,nuclei depressivi, di inibizione comporta-mentale, di ridotte capacità di astrazione,giudizio e simbolizzazione, che limitanol’ambito relazionale del Sig. A.

Centro Salute Mentale

Dalla certificazione redatta in data13.1.99 dal dr. G.G. del Centro di Salu-te Mentale dell’USL... si evince:

Al momento attuale A.F. è regolarmen-te seguito dallo specialista neurologo chenel gennaio ’98 certifica che le condizio-ni neuropsicologiche sono peggiorate (ca-lo della memoria a medio breve termine,compromissione per le gnosie visuo per-cettive, per l’orientamento temporo spa-

ziale, disturbi del carattere con variazionibrusche del comportamento), è seguitocon colloqui regolari presso questo Cen-tro per un disturbo depressivo legato allacondizione neurologica (soprattutto la gra-ve perdita di memoria) ed al cambiamen-to lavorativo (gestiva una ditta di autotra-sporti e non è più in grado di svolgere ta-le attività).

Discussione

Per la Legge 222/84, si riconosce in-valido l’assicurato la cui capacità di lavo-ro, in occupazioni confacenti le proprieattitudini, sia ridotta in modo permanentea meno di 1/3, mentre è inabile l’assicu-rato che si trovi nell’assoluta e permanen-te impossibilità a svolgere qualsivoglia at-tività lavorativa.

Il periziando è portatore di una patolo-gia complessa interessante diversi apparatie sistemi, più in dettaglio risulta affetto da:

• Sindrome psicorganica con segni dideficit mnesico cognitivi e sfumata soffe-renza piramidale arto inferiore sinistro insoggetto con encefalopatia ischemicamultifocale.

• Cefalea vasomotoria ricorrente.• Grave ipoacusia recettiva cocleare

destra sui 500-8000 Hz; subcofosi edareflessia labirintica sx.

La sindrome psicoorganica rilevata dientità medio-lieve appare ad oggi stabi-lizzata nei suoi aspetti neuropsicologicimentre è presente una sfumata sofferenzapiramidale, il tutto su una base organicaaccertata.

Il danno uditivo rilevato appare marca-to mentre l’areflessia vestibolare sinistrasembra in fase di compenso centrale ridu-cendosi, pertanto, il danno vestibolare.

Particolare rilievo assume, invece, lacefalea vasomotoria per il carattere ricor-rente ed invalidante correlato con la scar-sa risposta farmacologica.

Per quanto sopra esposto, consideratal’obiettività clinica e gli esiti degli accerta-menti strumentali eseguiti e/o agli atti, siritengono le condizioni cliniche del... nondi impedimento alla prosecuzione dell’at-tività lavorativa ma tali da ridurne la ca-pacità di lavoro oltre i due terzi.

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Conclusioni

A seguito degli accertamenti effettuati,e per le considerazioni predette, ritengodi poter così rispondere al quesito posto-mi dalla S.V.:

Il periziato affetto da:• Sindrome psicorganica con segni di

deficit mnesico cognitivi e sfumata soffe-renza piramidale arto inferiore sinistro insoggetto con encefalopatia ischemicamultifocale.

• Cefalea vasomotoria ricorrente.• Grave ipoacusia recettiva cocleare

destra sui 500-8000 Hz; subcofosi edareflessia labirintica sx.

All’epoca della presentazione delladomanda amministrativa ed a tuttoggi:

• NON si trovava e NON si trovanell’assoluta o permanente impossibi-lità di svolgere qualsiasi attività lavora-tiva;

• aveva SI ed ha SI ridotta in modopermanente a meno di 1/3 la propriacapacità di lavoro in occupazioni confa-centi le proprie attitudini.

Il C.T.U.

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L a “Rassegna di Medicina Legale Previdenziale”, di seguito denominataMP, pubblica lavori originali su argomenti di medicina legale e/o di disci-

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DATTILOSCRITTI

I lavori devono essere dattiloscritti chiaramente; tutte le pagine, compresequelle della bibliografia, devono essere progressivamente numerate. L’elabo-rato deve svolgersi su una media di circa 20-25 pagine, essendo tuttavia am-messe eccezioni.

TABELLE

Le tabelle, numerate progressivamente con numeri arabi, devono esserebattute su fogli separati dal testo. La didascalia deve contenere le informazio-ni necessarie per interpretare la tabella stessa. Nel punto del testo dove siesplica il significato della tabella proposta, la parola “tabella” deve esserescritta per esteso e seguita dal numero d’ordine.

FIGURE E GRAFICI

Le figure e i grafici devono essere numerati progressivamente con numeriarabi. Per le sole figure, le rispettive didascalie devono essere stampate su fo-gli a parte.

Nel dattiloscritto deve essere indicato il posto loro destinato.Eventuali grafici e fotografie - che possono essere pubblicati solo in bianco

e nero - devono essere ben contrastati e stampati con le dizioni chiare e leggi-bili e contrassegnati con le indicazioni “alto” e “basso”,

Nel punto del testo dove si esplica il significato della figura proposta, la pa-rola “figura” deve essere scritta per esteso e seguita dal numero d’ordine.

RIASSUNTO

Il riassunto deve esporre in modo coinciso (30 righe dattiloscritte circa), main modo sufficientemente illustrativo, il contenuto, i risultati e le conclusionidel lavoro.

BIBLIOGRAFIA

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