Antigono - Pietro Metastasio

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, pseudonimo di Pietro Antonio Domenico Bonaventura Trapassi (Roma, 3 gennaio 1698 – Vienna, 12 aprile 1782)

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PIETRO METASTASIO ANTIGONO InterlocutoriANTIGONO re di Macedonia.BERENICE principessa d'Egitto, promessa sposa d'Antigono.ISMENE figliuola D'Antigono, amante d'Alessandro.ALESSANDRO re d'Epiro, amante di Berenice.DEMETRIO figliuolo d'Antigono, amante di Berenice.CLEARCO capitano d'Alessandro ed amico di Demetrio.ScenaL'azione si rappresenta in Tessalonica, citt marittima di Macedonia.Atto 1, sc.1 No; tutto, o Berenice,Tu non apri il tuo cor: da pi profondeRecondite sorgentiDerivano i tuoi pianti. E ti par pocoQuel che sai de' miei casi? Al letto, al tronoDel padre tuo vengo d'Egitto: appenaQuesta reggia m'accoglie, ecco gelosoPer me del figlio il genitore; a milleSospetti esposta io senza colpa, e senzaDelitto il prence ecco in esiglio. E questoDe' miei mali il minor. Sente AlessandroChe, a lui negata, in moglieAntigono m'ottiene; , amante offeso,Giovane e re, l'armi d'Epiro aduna,La Macedonia inonda, e al gran rivaleVien regno e sposa a contrastar. S'affrettaAntigono al riparo, e m'abbandonaSul compir gl'imenei. Sola io rimango,N moglie, n regina,In terreno stranier, tremando aspettoD'Antigono il destin; penso che privoD'un valoroso figlioNe' cimenti per me; mi veggo intornoDi domestiche fiamme e pellegrineQuesta reggia avvampar; so che di tantiIncendi io son la sventurata face;E non basta? e tu cerchiAltre cagioni al mio dolor? Son degniQuesti sensi di te; ma il duol, che nasceSol di ragion, mai non eccede, e sempreIl tranquillo carattere conservaDell'origine sua. Quelle, onde un'almaTroppo agitar si sente,Son tempeste del cor, non della mente. Come! d'affetti alla ragion nemiciPuoi credermi capace? Io non t'offendo,Se temo in te ci che in me provo. Anch'ioOdiar deggio Alessandro,Nemico al padre, infido a me: vorrei,Lo procuro, e non posso. E ne' tuoi casiQual parte aver degg'io? Come Alessandro il mio, Demetrio forseHa sorpreso il tuo cor. Demetrio! Ah! dondeSospetto s crudel? Dal tuo frequenteParlar di lui, dalla piet che n'hai,Dal saper che in EgittoTi vide, t'ammir; ma, pi che altronde,Dagli sdegni del padre. Ei non cominciaOggi ad esser geloso. ver, fu sempreQuesto misero affettoD'un eroe cos grande il sol difetto.Ma vero ancor che l'amor suo la spemeEra Demetrio; e che or lo scacci a caso.Credibile non . Chi sa? PrudenteDi rado amor: qualche furtivo sguardoQualche incauto sospir, qualche improvvisoMal celato rossor forse ha traditiDel vostro cor gli arcani. Un s gran tortoNon farmi Ismene. Io, destinata al padre,Sarei del figlio amante? Ha ben quel figlioOnde sedur l'altrui virt. Fin oraIn s giovane et mai non si videMerito egual: da pi gentil sembianteAnima pi sublimeFin or non traspar. Qualunque il vuoi,Ammirabile ognor, principe, amico,Cittadino, guerrier... Taci: opportuneLe sue lodi or non son. De' pregi io voglioSol del mio sposo ora occuparmi. A luiMi destinar gli di;E miei sudditi son gli affetti miei. Di vantarsi ha ben ragione,Del suo cor, de' propri affettiChe dispone a suo piacer.Ma in amor gli alteri dettiNon son degni assai di fede:Libert co' lacci al piedeVanta spesso il prigionier.Atto 1, sc.2 Io di Demetrio amante! Ah! voi sapete,Numi del ciel, che mi vedete il core,S'io gli parlai, s'ei mi parl d'amore.L'ammirai; ma l'ammiraOgnun con me: le sue sventure io piansi;Ma chi mai non le pianse? troppo, vero,Forse tenera e vivaLa piet che ho di lui; ma chi prescriveLimiti alla piet? chi pu... Che miro!Demetrio istesso! Ah! perch viene? ed ioPerch avvampo cos? Principe, e ad ontaDel paterno divieto, in queste soglieOsi inoltrarti? Ah! Berenice; ah! vieni;Fuggi, siegui i miei passi. Io fuggir teco!Come? dove? perch? Tutto perduto; vinto il genitor; son le sue schiereTrucidate o disperse. Andiam: s'appressaA queste mura il vincitor. Che dici!Antigono dov'? Nessun sa darmiNuova di lui. Ma, se non vive il padre,Tremi Alessandro: il sangue suo ragioneMi render... Deh! non tardiam. Va: prendi,Principe generoso,Cura di te. D'una infelice a' numiLascia tutto il pensier. Che! sola in tantoRischio vuoi rimaner? Rischio pi grandePer la mia gloria il venir teco. AvrebbeL'invidia allor per lacerarne alcunaApparente ragion. Gi il tuo ritornoNe somministra assai. Parti; rispettaDel padre il cenno e l'onor mio. Non bramoChe conservarti a lui,Vendicarlo e morir. Soffri ch'io possaCondurti in salvo; e non verr, lo giuro,Mai pi su gli occhi tuoi. Giurasti ancoraL'istesso al re. Disubbidisco un padre,Ma per serbarlo in vita. Ei non vivrebbe,Se ti perdesse. Ah! tu non sai qual sorteD'amore inspiri. Ha de' suoi doni il CieloTroppo unito in te sola. Ov' chi possaMirarti e non languire?Perderti, Berenice, e non morire? Prence! (Che dissi mai!) Passano il segnoQueste premure tue. No; rasserenaQuel turbato sembiante:Son premure di figlio, e non d'amante. Non pi: lasciami sola. Almen... Non voglioUdirti pi. Ma qual delitto... Ah! parti:Antigono potrebbeComparir d'improvviso. Ah, qual saria,Giungendo il genitore,Il suo sdegno, il tuo rischio, il mio rossore! Dunque... N vuoi partir? Dunque a tal segnoIn odio ti son io... Fuggi! ecco il re. Non pi tempo. Oh Dio!Atto 1, sc.3 (Eccola: in odio al CieloTanto non sono. Ho Berenice ancora:Il miglior mi rest). Sposa... Ah, che miro!Qui Demetrio, e con te! Dunque il mio cennoUbbidito cos? Signor... Non venne..Ud... Mi spiegher. Gi ti spiegasti,Nulla dicendo. E tu, spergiuro... Il cenno,Padre, s'io violai... Parti. Ubbidisco.Ma sappi almeno... Io di partir t'impongo,Non di scusarti. Al venerato imperoPiego la fronte. (Oh genitor severo!) A torto spergiuroQuel labbro mi dice:Son figlio infelice,Ma figlio fedel.Pu tutto negarmiMa un nome s caroNon speri involarmiLa sorte crudel.Atto 1, sc.4 (Povero prence!) Or perch taci? Or puoiSpiegarti a tuo talento. I miei gelosiEccessivi trasportiPerch non mi rinfacci? Ingrata! Un regnoPerder per te non curo: gran compensoLa sola BereniceD'ogni perdita mia, ma un figlio, oh di!Ma un caro figlio, onde superbo e lietoEro a ragion, perch sedurmi, e farneUn contumace, un disleal? S dolceSpettacolo per te dunque, crudele,Il vedermi ondeggiar fra i vari affettiDi padre e di rival? Deh! ricomponi,Signor, l'alma agitata. Io la mia destraA te promisi, e a seguitarti all'araSon pronta, ove ti piaccia. Il figlio degno,Se mai lo fu, dell'amor tuo. Non venneChe a salvarmi per te; n dove io sonoMai pi comparir. Padre! E ritorniDi nuovo, audace? Uccidimi, se vuoi;Ma salvati, signor. Nel porto giuntoTrionfando Alessandro, e mille ha secoLegni seguaci. I tuoi fedeli ha voltoTutti in fuga il timor. Pi difensoriNon ha la reggia o la citt: se tardi,Preda sarai del vincitor. PerdonaSe violai la legge: era il salvartiTroppo sacro dover; ma sfortunatoA tal segno son io,Che mi costa un delitto il dover mio. (Che nobil cor!) Se di seguir non sdegniD'un misero il destin, da queste soglieTrarti poss'io per via sicura. miaLa sorte del mio sposo. Ah! tu mi rendiFra' disastri beato. Andiam... Ma IsmeneLascio qui fra' nemici? Ah! no: si cerchi...Ma pu l'indugio... Io con la figlia, amici,Vi seguir: voi cauti al mar frattantoBerenice guidate. Avversi di,Placatevi un momento, almen per lei. la belt del cieloUn raggio che innamora,E deve il fato ancoraRispetto alla belt.Ah! se piet negateA due vezzosi lumiChi avr coraggio, o numi,Per dimandar piet?Atto 1, sc.5 E, fra tante tempesteChe sar di Demetrio? Esule, afflitto,Chi sa dove lo guida... Aim! non possoDunque pensar che a lui? Dunque fra' labbriSempre quel nome ho da trovarmi? Oh Dio!Che affetto mai, se non amore il mio?Io non so se amor tu sei,Che penar cos mi fai;Ma, se amor tu fossi mai,Ah! nasconditi nel sen.Se di nascermi nel pettoImpedirti io non potei,A morirvi ignoto affettoObbligarti io voglio almen.Atto 1, sc.6 Tutto alla tua fortunaCede, o mio re. Solo il tuo nome ha vinto:Tessalonica tua. Mentre venistiTu soggiogando il mar, trascorsi in vanoCon le terrestri schiereIo le campagne intorno. Alcun non osaMirar da presso i tuoi vessilli; e sonoSgombre le vie di Macedonia al trono. Oh, quanto a me pi caroIl trionfo saria, se non scemasseDella sorte il favoreTanta parte di merto al mio sudore!Ma d'Antigono avestiContezza ancor? No: estinto:Per ventura ei rest. Dunque m'involaLa fortuna rubellaLa conquista maggior. Non la pi bella:Berenice tua preda. ver? SorpresaFu da me nella fuga. I tuoi guerrieriOr la guidano a te: di pochi istantiIo prevenni i suoi passi. Ah! tutti or sonoPaghi i miei voti: a lei corriam. T'arresta:Odo strepito d'armi.Atto 1, sc.7 Il padre mioDeh! serbami, Alessandro. Ov'? Superbi,Ancora io non son vinto. Ol! cessateDagl'insulti, o guerrieri; e si rispettiD'Antigono la vita. Infausto donoDalla man d'un nemico! Io questo nomeDimenticai, vincendo. Hanno i miei sdegniPer confine il trionfo. E i miei non sonoSpoglia del vincitor. Ma Berenice,Oh di! vien prigioniera. A questo colpoCede la mia costanza.Atto 1, sc.8 Io son, lo vedo,Fra' tuoi lacci, Alessandro, e ancor nol credo.A' danni di chi s'ama, armar feroceI popoli soggetti nuovo stil di conquistare affetti. (Mille furie ho nel cor). Guardami in volto,Principessa adorata, e dimmi poiQual pi ti sembri il prigionier di noi. (Infido!) (Audace!) Io di due scettri adornaT'offro la destra, o mio bel nume, e voglioChe mia sposa t'adori e sua reginaMacedonia ed Epiro. Andiam. Mi sembraLungo ogni istante. Ho sospirato assai. Ah! tempo di morir. Padre, che fai? Qual furor! Si disarmi. E vuoi la morteRapirmi ancora? Io de' trasporti tuoi,Antigono, arrossisco. In faccia all'ireDella nemica sorte,Chi nacque al trono esser dovria pi forte. No, no: qualor si perdeL'unica sua speranza, vilt conservarsi, e non costanza. Consolati: al destinoL'opporsi van. Son le vicende umaneDa' fati avvolte in tenebroso velo;E i lacci d'Imeneo formansi in Cielo. (Fremo!) Andiam, Berenice; e innanzi all'araLa destra tua, pegno d'amor... T'inganni,Se lo speri, Alessandro. Io f promisiAd Antigono: il sai. (Respiro!) Il sacroRito non vi leg. Basta la fedeA legar le mie pari. (Ah, qual contentoM'inonda il cor!) Pu facilmente il nodo,Onde avvinta tu sei,Antigono disciorre. Io non vorrei. No! Che avvenne, Alessandro? onde le cigliaS stupide e confuse? onde le goteCos pallide e smorte?Chi nacque al trono esser dovria pi forte. (Che oltraggio, oh di!) Consolati. Al destinoSai che l'opporsi van. Dunque io non venniQui che agl'insulti ed a' rifiuti! AvvolgeGli umani eventi un tenebroso velo;E i lacci d'Imeneo formansi in Cielo. Toglietemi, o custodi,Quell'audace d'innanzi. In questo statoA rendermi infelice io sfido il fato.Tu m'involasti un regno,Hai d'un trionfo il vanto;Ma tu mi cedi intantoL'impero di quel cor.Ci esamini il sembiante;Dica ogni fido amanteChi pi d'invidia degno:Se il vinto o il vincitor.Atto 1, sc.9 Che Alessandro m'ascoltiPosso sperar? (Dell'amor suo costeiParlar vorr). Non m'odi? E ti par questoDe' rimproveri il tempo? Io chiedo soloChe al genitore appressoAndar mi sia permesso. Ol! d'IsmeneNessun limiti i passi. (Oh, come veroChe ogni detto innocenteSembra accusa ad un cor che reo si sente!)Sol che appresso al genitoreDi morir tu mi conceda,Non temer ch'io mai ti chiedaAltra sorte di piet.A chi vuoi prometti amore:Io per me non bramo un coreChe professa infedelt.Atto 1, sc.10 Alla reggia, o Clearco,Berenice si scorga. E tu, pi saggia... Signor... Taci. Io ti lascioSpazio a pentirti. I sbiti consigliNon son sempre i pi fidi:Pensa meglio al tuo caso, e poi decidi.Meglio rifletti al donoD'un vincitor regnante,Ricordati l'amante,Ma non scordarti il re.Chi si ritrova in tronoDi rado in van sospira;E dall'amore all'iraLungo il cammin non .Atto 1, sc.11 (Da tai disastri almenoLungi Demetrio, e palpitar per lui,Mio cor, non di). Del genitor la sorte,Per piet, chi sa dirmi?... Ah! principessa,Tu non fuggisti? E tu ritorni? In vanoDunque sperai... Ma questi pur Clearco. Oh quale incontro, oh qualeAita il Ciel m'invia! Diletto amico,Vieni al mio sen... Non t'appressar: tu seiMacedone alle vesti; ed io non sonoTenero co' nemici. E me potrestiNon ravvisar? Mai non ti vidi. Oh stelle!Io son... Taci, e deponiLa tua spada in mia man. Che! D'AlessandroSei prigionier. Questa merc mi rendiDe' benefizi miei? Tu sogni. Ingrato!La vita, che ti diedi,Pria vuo' rapirti... Intempestive, o prence,Son l'ire tue. Cedi al destin: quel brandoLascia e serbati in vita; io tel comando. Prendilo, disleal! Non adirarti,Guerrier, con lui: quell'eccessivo scusaImpeto giovanil. Con BereniceMi preceda ciascuno: i vostri passiRaggiunger. Ti raccomando, amico,Quel prigionier: trascorse, ver, parlandoOltre il dover; ma le miserie estremeTurbano la ragion. Se dir potessiQuanto siamo infelici,So che farei pietade anche a' nemici. pena troppo barbaraSentirsi, oh Dio! morir,E non poter mai dir:"Morir mi sento."V' nel lagnarsi e piangere,V' un'ombra di piacer;Ma struggersi e tacerTutto tormento.Atto 1, sc.12 Or chi dirmi oser che si ritroviGratitudine al mondo,Fede, amist? Siam soli al fin: ripigliaL'invitto acciaro; e ch'io ti stringa al pettoPermettimi, signor. Come! fin ora... Fin ora io finsi. Allontanar convenneTutti quindi i custodi: in altra guisa,Io mi perdea senza salvarti. Ah! dunqueA torto io t'oltraggiai. Dunque... Il periglioTroppo grande per te: fuggi, ti serbaA fortuna miglior, principe amato;E pensa un'altra volta a dirmi ingrato. Ascoltami. Non posso. Ah! dimmi almenoChe fu del padre mio. Il padre prigionier. Salvati. Addio.Atto 1, sc.13 Ch'io fugga, e lasci intantoFra' ceppi un padre! Ah! non fia ver. Se amassiLa vita a questo segno,Mi renderei di conservarla indegno.Contro il destin, che fremeDi sue procelle armato,Combatteremo insieme,Amato genitor.Fuggir le tue ritorteChe giova alla mia fede?Se non le avessi al piede,Le sentirei nel cor.Atto 2, sc.1 Che prigioniero e vintoUn nemico m'insultiTranquillo io soffrir? No: qual rispettoNel vincitor dessi al favor de' numiVuo' che Antigono impari. A' piedi tuoiMio re, d'essere ammessoDimanda uno stranier. Chi fia? Nol vidi;Ma sembra a' tuoi custodiUom d'alto affar. Tace il suo nome, e vuoleSol palesarsi a te. Che venga. Udiste?Lo stranier s'introduca. E tu (perdona,Signor, se a troppo il zelo mio s'avanza)In s fauste vicendePerch mesto cos? Di BereniceNon udisti il rifiuto? Eh! chi disperaD'una belt severa,Che da' teneri assalti il cor difende,De' misteri d'amor poco s'intende.Di due ciglia il bel serenoSpesso intorbida il rigore;Ma non sempre crudelt.Ogni bella intende appienoQuanto aggiunga di valoreIl ritegno alla belt.Atto 2, sc.2 D'Antigono il pungenteParlar superbo e l'oltraggioso risoMi sta sul cor. Se non punissi... Accetta,Eroe d'Epiro, il volontario omaggioD'un nuovo adorator. Chi sei? Son ioL'infelice Demetrio. Che! d'Antigono il figlio? Appunto. Ed osiA me, nemico e vincitor, dinanziSolo venir? S. Dalla tua grandezzaLa tua virt misuro;E, fidandomi a un re, poco avventuro. (Che bell'ardir!) Ma che pretendi? ImploroLa libert d'un padre;N senza prezzo: alle catene io vengoAd offrirmi per lui. Brami un ostaggio?L'ostaggio in me ti dono.Una vittima vuoi? vittima io sono.Non vagliono i miei giorniAntigono, lo so; ma qualche pesoAl compenso inegual l'acerbo aggiungaDestin del genitore,La piet d'Alessandro, il mio dolore. (Oh dolor che innamora!) falso dunqueChe il genitor severoDa s ti discacci. Pur troppo vero! vero! E tu per lui... Forse d'odiarmiEgli ha ragione. Io, se l'offesi, il giuroA tutti i numi, involontario errai:Fu destin la mia colpa; e volli e voglioPria morir ch'esser reo. Ma, quando a tortoM'odiasse ancor, non prenderei consiglioDal suo rigor. (Che generoso figlio!) Non rispondi, Alessandro? il veggo, hai sdegnoDell'ardita richiesta. Ah! no: rammentaChe un figlio io son; che questo nome scusaAd ogni ardir; che la natura, il Cielo,La f, l'onor, la tenerezza, il sangue,Tutto d'un padre alla difesa invita;E tutto dessi a chi ci di la vita. Ah! vieni a questo seno,Anima grande, e ti consola. AvraiLibero il padre: a tuo riguardo, amicoL'abbraccer. Di tua piet mercedeTi rendano gli di. L'offerto acciaroEcco al tuo pi. Che fai? Prence, io non vendoI doni miei. La tua virt li esige,Non li compra da me. Quanto gli tolsiTutto Antigono avr: non mi riserboDe' miei trofei che Berenice. (Oh di!)T'ama ella forse? Io nol so dir, ma parliDemetrio, e m'amer. Ch'io parli? Al gratoTuo cor bramo doverla. Ove tu voglia,Tutto sperar mi giova:Qual forza hanno i tuoi detti io so per prova.Sai qual ardor m'accende,Vedi che a te mi fido:Dal tuo bel cor dipendeLa pace del mio cor.A me, che i voti tuoiScorsi pietoso al lido,Piet negar non puoi,Se mai provasti amor.Atto 2, sc.3 Misero me, che ottenni! Ah, Berenice,Tu d'Alessandro, e per mia mano! Ed ioEsser quello dovrei... No, non mi sentoTanto valor: morrei di pena; impiegoTroppo crudel... Che! puoi salvare un padreFiglio ingrato, e vacilli? Il dubbio ascondi;Non sappia alcun vivente i tuoi rossori:Se dovessi morir, salvalo e mori.Ardir! l'indugio colpa. Andiam... Ma vieneLa principessa appunto. Ecco il momentoDi far la prova estrema.Assistetemi, o numi: il cor mi trema. (Qui Demetrio! S'evti: troppo rischioL'incontro suo). Deh! non fuggirmi: un breveIstante odimi, e parti. In questa guisaTu i giuramenti osservi? Ogni momentoMi torni innanzi? Il mio destino... Addio:Non voglio udir. Ma per piet... Che brami?Che pretendi da me? Rigor s grandeNon merit mai di Demetrio il core. (Ah! non sa che mi costa il mio rigore). Ricusar d'ascoltarmi... E ben: sia questaL'ultima volta; e misurati e breviSiano i tuoi detti. Ubbidir. (Che pena,Giusti numi, la mia!) De' pregi tuoiEccelsa BereniceOgni alma adoratrice. (Aim! spiegarsiEi vuole amante). Ognun che giunga i lumiSolo a fissarti in volto... Prence, osserva la legge, o non t'ascolto. L'osserver. (Costanza!) Il re d'EpiroArde per te; gli affetti tuoi richiede:Io gl'imploro per lui. Per chi gl'implori? Per Alessandro. Tu! S. Render puoiUn gran re fortunato. E mel consigli? Io te ne priego. (Ingrato!Mai non m'am). Perch ti turbi? Ha sceltoVeramente AlessandroUn opportuno intercessor. Gran drittoIn vero hai tu di consigliarmi affetti. La cagion se udirai... Necessario non : troppo ascoltai. Ah! senti. Al padre mioE regno e libert rende Alessandro,S'io gli ottengo il tuo amor. Della mia penaDeh! non rapirmi il frutto: la pi grandeChe si possa provar. Parmi che tantoCodesta pena tua crudel non sia. Ah! tu il cor non mi vedi, anima mia.Sappi... Prence, vaneggi? A quale eccesso... A chi deve morir tutto permesso. Taci. Sappi ch'io t'amo, e t'amo quantoDegna d'amor tu sei; che un sacro... oh Dio!...Dover m'astringe a favorir gli affettiD'un felice rivale.Or di': qual pena alla mia pena uguale? Ma, Demetrio! (Ove son?) Credei... Dovresti..Quell'ardir m' s nuovo...(Sdegni miei, dove siete? Io non vi trovo). Piet, mia bella fiamma: il caso mioN' degno assai. Lieto morr, s'io deggioA una man cos cara il genitore. Basta. (E amar non degg'io s amabil core!) Ah! se insensibil menoFossi per me; s'io nel tuo petto avessiDestar saputo una scintilla, a tantePreghiere mie... Dunque tu credi... Ah! prence...(Stelle! io mi perdo). Almen finisci. Oh di!Va: far ci che brami. E quel sospiroChe volle dir? Nol so: so ch'io non possoVoler che il tuo volere. Ah! nel tuo voltoVeggo un lampo d'amor, bella mia face. Crudel, che vuoi da me? Lasciami in pace.Basta cos; ti cedo:Qual mi vorrai, son io;Ma, per piet lo chiedo,Non dimandar perch.Tanto sul voler mioChi ti don d'imperoNon osa il mio pensieroN men cercar fra s.Atto 2, sc.4 Che ascoltai! BereniceArde per me. Quanto mi disse o tacqueTutto prova d'amor. Ma in quale istanteNumi, io lo so! Qual sacrifizio, o padre,Costi al mio cor! Perdonami, se alcunaLagrima ad onta mia m'esce dal ciglio:Bench pianga l'amante, fido il figlio. Io vidi BerenicePartir da te. Che ne ottenesti? Ottenni(Oh Dio!) tutto, o signor. Tua sposa (io moro!)Ella sar. Le tue promesse adempi:Io compite ho le mie. Fra queste braccia,Caro amico e fedel... Ma quale affannoPu turbarti cos? Piangi, o m'inganno? Piango, ver, ma non procedeDall'affanno il pianto ognora:Quando eccede, ha pur taloraLe sue lagrime il piacer.Bagno, ver, di pianto il ciglio;Ma permesso al cor d'un figlioQuesto tenero dover.Atto 2, sc.5 Or non v' chi felicePi di me possa dirsi. Ecco il pi caroD'ogni trionfo. Oh quanto, ancorch infido,Compatisco Alessandro! Essere amante,Vedersi disprezzar, son troppo in vero,Troppo barbare pene. Tanto per me non tormentarti, Ismene. L'ingrata BereniceAl fin pensar dovea che tu famosaLa sua belt rendesti. Uguali andrannoAi d remoti, e tu cagion ne sei,Tessalonica a Troia, Elena a lei. Forse m'ama perci. T'ama? E mia sposaOggi esser vuole. (Oh di!) D'un cangiamentoTanto improvviso io la ragion non vedo. Della piet d'Ismene opra lo credo. Ah, crudel! mi deridi? Eh! questi nomiD'infido e di crudel poni in oblio,Principessa, una volta. I nostri affettiScelta non fur, ma legge. Ignoti amanti,Ci destinaro i genitori a un nodo,Che l'anime non strinse. Essermi IsmeneGrata d'un'incostanza al fin dovria;Onde il frutto comun, la colpa mia. E perch dunque amoreTante volte giurarmi? Io lo giuravaSenza intenderlo allor. Credea che sempre,Alle belle parlando,Si parlasse cos. Tanta in EpiroInnocenza si trova?Atto 2, sc.6 I nostri sdegni,Amico re, son pur finiti: il cieloAl fin si rischiar. Perch? Qual nuovoParlar? Vedesti il figlio? Nol vidi. A lui dunque usurpar non voglioDi renderti contentoIl tenero piacer. Parlagli, e poiVedrai che fausto d questo per noi.Dal sen delle tempeste,D'un astro all'apparir,Mai non si vide uscirCalma pi bella.Di nubi s funesteTutto l'orror manc;E a vincerlo bastSolo una stella.Atto 2, sc.7 L'arcano io non intendo. BereniceGi d'Alessandro amante; a lui la manoConsorte oggi dar: questo l'arcano. Che! L'afferma Alessandro. E BereniceDisporr d'una fedeChe a me giur? Di s gran torto il figlioMi sar messaggier? Mi chiama amicoPer ischerno Alessandro? A questo segnoChe fui re si scord? No: comprendestiMale i suoi detti. Altro sar. Pur troppo,Padre, egli ver: troppo l'infido io vidiLieto del suo delitto. Taci. E qual gioia hai di vedermi afflitto?Scherno degli astri e giocoSe a questo segno io sono,Lasciami almen per poco,Lasciami dubitar.De' numi ancor nemiciPur pietoso donoChe apprendan gl'infeliciS tardi a disperar.Atto 2, sc.8 Ah! gi che amar chi l'amaQuel freddo cor non sa, perch, imitandoAnch'io la sua freddezza,Non imparo a sprezzar chi mi disprezza?Perch due cori insiemeSempre non leghi, Amore?E, quando sciogli un core,L'altro non sciogli ancor?A chi non vuoi contento,Perch lasciar la spemePer barbaro alimentoD'un infelice ardor?Atto 2, sc.9 Dunque nascesti, ingrato,Per mia sventura? il pi crudel nemicoDunque ho nutrito in te? Bella mercedeDi tante mie paterne cure e tantiPalpiti che mi costi! Io non pensaiChe di me stesso a render te maggiore:Non pensi tu che a lacerarmi il core. Ma credei... Che credesti? Ad AlessandroCon quale autorit gli affetti altruiArdisti offrir? Chi t'insegn la fedeA sedur d'una sposa,E a favor del nemico? Il tuo periglio... Io de' perigli mieiVoglio solo il pensiero. A te non liceDi giudicar qual siaIl mio rischio maggior. Se di te stesso,Signor, cura non prendi, abbila almenoDi tanti tuoi fidi vassalli: un padreLor conserva ed un re. Se tanto beneNon vuol congiunto il Ciel, renda feliceL'Epiro Berenice,Tu Macedonia. gran compenso a questaDel ben, che perder, quel che le resta. Generoso consiglio,Degno del tuo gran cor! Degno d'un figlio,Che forse... I passi mieiGuardati di seguir.Atto 2, sc.10 Cangi sembianza.Antigono, il tuo fato. Oh fausto evento!Oh lieto d! Sappi... Gi so di quantoD'Alessandro alla sposaSon debitor. Ma d'una f disponi,Che a me legasti, io non disciolsi. Oh di,Non ci arrestiam. Per quel cammino ignoto,Che quindi al mar conduce, alle tue schiereSollecito ti rendi; ed AlessandroFarai tremar. Che dici! Ai muri intornoL'esercito d'Epiro... gi distrutto:Agenore, il tuo duce, intera palmaNe riport. Dal messaggier, che ascosoNon lungi attende, il resto udrai. T'affretta;Ch assalir la citt non ponno i tuoi,Fin che pegno vi resti. Onde soccorsoEbbe Agenore mai? Dal suo consiglio,Dall'altrui fedelt, dal negligenteFasto de' vincitori. Ei del conflittoUn gli avanzi inosservato, e venneIl primo fallo ad emendar. Di forzeTanto inegual, no, non potea... Con l'arteIl colpo assicur. Fiamme improvviseEi sparger fe' da fida mano ignotaFra le navi d'Epiro. In un momentoPort gl'incendi il ventoDi legno in legno; e le terrestri schiereGi correano al soccorso. Allor ferociEntran nel campo i tuoi. Quelli non sannoChi gli assalisca, e fra due rischi oppressiCadono irresoluti,Senza evitarne alcuno. All'armi in vanoGridano i duci: il bellicoso invitoAtterrisce o non s'ode. Altri lo scampoNon cerca, altri nol trova. Il suon funestoDel ripercosso acciar, gli orridi carmiDi mille trombe, le minacce, i gridiDi chi ferisce o muor, le fiamme, il sangue,La polve, il fumo e lo spavento abbatteI pi forti cos, che un campo interoDi vincitor vinto si trova, e tuttoSu i trofei, che usurp, cade distrutto. Oh numi amici! Oh amico Ciel! Si vadaLa vittoria a compir.Atto 2, sc.11 Fermati! altroveMeco, signor, venir tu di. Che fia! Ben lo temei. Ma che si brama? Un pegnoGrande, qual or tu sei, vuol custoditoGelosamente il re. Sieguimi. Al cennoIndugio non concedeIl caso d'Alessandro e la mia fede. Barbari di! Che fiero colpo questo! Sognai d'esser felice, e gi son desto.Sfogati, o ciel, se ancoraHai fulmini per me;Ch oppressa ancor non La mia costanza.S, reo destin, fin oraPosso la fronte alzar,E intrepido mirarLa tua sembianza.Atto 2, sc.12 Demetrio, ah! fuggi almeno,Fuggi almen tu. Mia Berenice, e il padreAbbandonar dovr? Per vendicarloSerbati in vita. Io vuo' salvarlo, o voglioMorirgli accanto. E morir felice,Or che so che tu m'ami. Io t'amo! Oh di!Chi tel disse? onde il sai?Quando d'amor parlai? Tu non parlasti,Ma quel ciglio parl. Fu inganno. Ah! lasciaA chi deve morir questo conforto.No, crudel tu non sei; procuri in vanoFinger rigor: ti trasparisce in voltoCo' suoi teneri moti il cor sincero. E tu dici d'amarmi? Ah! non vero.Ti sarebbe pi caraLa mia virt; non ti parria trionfoLa debolezza mia; verresti menoA farmi guerra; estingueresti un foco,Che ci rende infelici,Pu farci rei; non cercheresti, ingrato!Saper per te fra quali angustie io sono. Berenice, ah! non pi: son reo; perdono.Eccomi qual mi vuoi: conosco il fallo;L'emender. Da cos bella scortaSe preceder mi vedo,Il cammin di virt facile io credo.Non temer, non son pi amante;La tua legge ho gi nel cor. Per piet! da questo istanteNon parlar mai pi d'amor. Dunque addio... Ma tu sospiri? Vanne: addio. Perch t'arresti? Ah, per me tu non nascesti! Ah, non nacqui, oh Dio, per te! Che d'Amor nel vasto imperoSi ritrovi un duol pi fiero,No, possibile non .Atto 3, sc.1 Non lo speri Alessandro: il patto indegnoAborrisco, ricuso. Io BereniceCedere al mio nemico! E qual ci restaAltra speme, signor? Va: sia tua curaChe ad assalir le muraAgenore s'affretti:Pi del mio rischio, il cenno mio rispetti. Padre, ah, che dici mai! Sarebbe il segnoDel tuo morir quel dell'assalto. Io farmiParricida non voglio. Or senti. Un fidoVeleno ho meco, e di mia sorte io sonoArbitro ognor. Sospender per pocoL'ora fatal; ma, se congiura il vostroTardo ubbidir col mio destin tiranno,Io so come i miei pari escon d'affanno. Gelar mi fai. Deh!... Che ottenesti, Ismene?Risolvesti, signor? S: ad AlessandroGi puoi del voler mioNunzio tornar. Ma che a lui dir degg'io? Di' che ricuso il trono;Di' che piet non voglio;Che in carcere, che in soglioL'istesso ognor sar;Che della sorte ormaiUso agl'insulti io sono;Che a vincerla imparai,Quando mi lusing. Custodi, a voi consegnoQuel prigionier. Se del voler sovranoQuesta gemma real non vi assicura,Disserrar non osateDi quel carcer le porte.Chi trasgredisce il cenno reo di morte. Clearco, ah! non partir: senti, e, pietosoDi s fiere vicende... Perdona, udir non posso: il re m'attende.Atto 3, sc.2 Or che far? Se affrettoAgenore all'assalto, d'AlessandroVittima il padre; e, se ubbidir ricuso,Lo sar di se stesso. Onde consiglioIn tal dubbio sperar? Lode agli di!Ho la met dell'opra. Ah! dove ardisci,German... T'accheta, Ismene. In queste spoglieUn de' custodi io son creduto. E vuoi... Cambiar veste col padre;Far ch'ei si salvi, e rimaner per lui. Fermati. Oh generosa,Ma inutile piet! Perch? Di questoOrrido loco al limitare accantoHa il suo nascosto ingressoLa sotterranea via, che al mar conduce:Esca Antigono quindi, e in un momentoNel suo campo sar. Racchiuso, oh Dio!Antigono col; n quelle porteSenza la regia improntaV' speranza d'aprir. Che! giunto in vanoFin qui sarei? N il pi crudele questoDe' miei terrori. Antigono ricusaFuribondo ogni patto; odia la vita,Ed ha seco un velen. Come! A momentiDunque potrebbe... Ah! s'impedisca. Or tempo d'assistermi, o numi. Aim! che speri? Costringere i custodiQuelle porte ad aprir. T'arresta. AffrettiCos del padre il fato. ver. Ma intanto,Se il padre mai... Misero padre! Addio!Soccorrerlo convien. Ma qual consiglio... Tutto oser: son disperato e figlio. Funesto ad AlessandroQuell'impeto esser pu. Che! per l'ingratoGi palpiti, o cor mio?Ah, per quanti a tremar nata son io!Che pretendi, Amor tiranno?A pi barbari martriTutti or deggio i miei sospiri;Non ne resta un sol per te.Non parlar d'un incostante:Or son figlia e non amante;E non merita il mio affannoChi piet non ha di me.Atto 3, sc.3 Dunque l'offerta paceAntigono ricusa? Ah! mai non speriPi libert. Senza quest'aureo cerchio,Ch'io rendo a te, non s'apriran le porteDel carcer suo. Da queste mura il campoO Agenore allontani, o in faccia a luiAntigono s'uccida. . Io la minacciaCauto in uso porr; ma d'eseguirlaMi guardi il Ciel: tu perderesti il pegnoDella tua sicurezza. Assai pi giova,Che i fervidi consigli,Una lenta prudenza ai gran perigli.Guerrier, che i colpi affretta,Trascura il suo riparo,E spesso al nudo acciaroOffre scoperto il sen.Guerrier, che l'arte intende,Dell'ira, che l'accende,Raro i consigli accetta,O li sospende almen.Atto 3, sc.4 Vedersi una vittoriaSveller di man, dell'adorato oggettoI rifiuti ascoltar, d'un prigionieroSoffrir gl'insulti, e non potere all'iraScioglier il fren, questa un'angustia... Ah! dove...Il re... dov'? Che vuoi? Voglio... Son io...Rendimi il padre mio... (Numi, che volto!Che sguardi! che parlar!) Demetrio! e ardisci... Tutto ardisce, Alessandro,Chi trema per un padre... Ah! la dimoraSaria fatal: sollecito mi porgiL'impressa tua gemma real. Ma questa preghiera o minaccia? ci che al padreEsser util potr. Parti. Io perdonoA un cieco affetto il temerario eccesso. Non partir, se pria... Prence, rammentaCon chi parli, ove sei. Pensa, Alessandro,Ch'io perdo un genitor. Quel folle ardirePi mi stimola all'ire. Umil mi vuoi?Eccomi a' piedi tuoi. Rendimi il padre,E il mio nume tu sei. Suppliche o votiPi non offro che a te: gi il primo omaggioEcco nel pianto mio. Piet per questaInvitta mano, a cui del mondo interoAuguro il fren; degli avi tuoi realiPer le ceneri auguste,Signor, piet! Placa quel cor severo;Rendi... Lo speri in vano. In van lo spero! S. Antigono vogl'ioVittima a' miei furori. Ah! non l'avrai. Rendimi il padre o mori! Ol! Taci, o t'uccido. E tu scordasti... Tutto, fuor ch'io son figlio. Il regio cerchioPorgi: dov'? Che tardi? E speri, audace,Ch'io pronto ad appagarti... Dunque mori! Ah, che fai! Prendilo e parti. Eumene! Eumene! Ove son io? T'affrettaCorri, vola, compisci il gran disegno:Antigono disciogli: eccoti il segno. ( folgore ogni sguardoChe balena in quel ciglio). (A sciorre il padreDi propria man mi sprona il cor; m'affrenaIl timor che AlessandroTurbi l'opra, se parto. In due vorreiDividermi in un punto). Ancor ti restaAltro forse a tentar? Perch non togliQuell'orribil sembiante agli occhi miei? (Andr? No: perdereiIl frutto dell'impresa). Ah! l'insensatoN pur m'ascolta. AltroveIl passo io volger. Ferma! Son ioDunque tuo prigionier? Da queste soglieVivi non uscirem, fin che sospesaD'Antigono la sorte. (Ah! s'incontri una morte:Questo troppo soffrir). Libero il passoLasciami, traditore, o ch'io... Ma il CieloSoccorso al fin m'invia. Stelle, Clearco!Che fo? Se a lui m'oppongo,Non ritengo Alessandro. Ah! fosse almenoIl padre in libert.Atto 3, sc.5 Mio re, chi maiDalla tua man la real gemma ottenne? Ecco, e vedi in qual guisa. O Ciel! che tenti?Quel nudo acciar... Non appressarti, o in senoD'Alessandro l'immergo. Ah, ferma! (ComePorgergli aita?) O lascia il ferro, o il padreVolo fra' ceppi a ritener. Se parti,Vibro il colpo fatale. Ah, no! (Qual nuovaSpezie mai di furor!) Prence, e non vedi... No; la benda ho sul ciglio. Dunque Demetrio un reo? Demetrio un figlio. Non toglie questo nomeAlle colpe il rossor. Chi salva un padre,Non arrossisce mai. D'un tale eccessoAh! che dir chi t'ammir fin ora? Che ha il Manlio suo la Macedonia ancora. Non pi, Clearco: il reo punisci. Io donoGi la difesa alla vendetta. Assali,Ferisci, uccidi: ogni altro sforzo vano. Corri, amato germano,Siegui i miei passi. Il tuo coraggio ha vinto:Il padre in libert. Fra le sue bracciaVolo a rendere intero il mio conforto. Grazie, o di protettori! eccomi in porto. Che ci resta a sperar? (Qual nero occaso,Barbara sorte, a' giorni miei destini!) Del dover se i confiniTroppo, o signor, l'impeto mio trascorse,Perdono imploro: inevitabil motoFuron del sangue i miei trasporti; io stessoPi me non conoscea. Moriva un padre:Non restava a salvarloAltra via da tentar. S gran cagioneSe non scusa al violento affetto,Ferisci: ecco il tuo ferro. ecco il mio petto! S, cadi, empio!... Che fo? Punisco un figlio,Perch al padre fedel? trafiggo un seno,Che inerme si presenta a' colpi miei?Ah! troppo vil sarei. M'offese, vero;Mi potrei vendicar; ma una vendettaCos poco contesaMi farebbe arrossir pi che l'offesa.Bench giusto, a vendicarmiIl mio sdegno in van m'alletta:Troppo cara la vendetta,Quando costa una vilt.Gi di te con pi bell'armiIl mio cor vendetta ottieneNello sdegno che ritiene,Nella vita che ti d.Atto 3, sc.6 Demetrio, assai facesti:Compisci or l'opra. Il genitore salvo,Ma suo rival tu sei. Depor convieneO la vita o l'amor. La scelta dura;Ma pur... Vien Berenice. Intendo. Oh di!Gi decide quel volto i dubbi miei. Oh illustre, oh amabil figlio! oh prence invitto,Gloria del suol natio,Cura de' numi, amor del mondo e mio! (Ove son!) Principessa,Qual trasporto, quai nomi! E chi potrebbe,Chi non amarti, o caro? salvo il regno,Libero il padre, ogni nemico oppressoSol tua merc. S'io non t'amassi... Ah! taciIl dover nostro... Ad un amor, che nasceDa tanto merto, debil freno. Oh Dio!Amarmi a te non lice. Il ciel, la terra,Gli uomini, i sassi, ognun t'adora; io solaVirt s manifestaPerch amar non dovr? Che legge questa? La man promessa... maggior fallo il darlaSenza il cor, che negarla. Io stessa in facciaAl mondo intero affermer che seiTu la mia fiamma, e che non capaceD'altra fiamma il mio core. Oh assalto! oh padre! oh Berenice! oh amore! Dir che tua son ioFin da quel giorno... Addio, mia vita, addio. Dove... (aim!) dove corri? A morire innocente. Anche un momentoSe m'arresti, gi tardi. Oh Dio, che dici!Io manco.. Ah! no... Deh! non opporti. AppenaTanta virt mi restaQuanta basta a morir: lasciami questa.Gi che morir degg'io,L'onda fatal, ben mio,Lascia ch'io varchi almenoOmbra innocente.Senza rimorsi allorSar quest'alma ognor,Idolo del mio seno,A te presente.Atto 3, sc.7 Berenice, che fai? Muore il tuo bene,Stupida, e tu non corri!... Oh Dio! vacillaL'incerto passo; un gelido mi scuoteInsolito tremor tutte le vene,E a gran pena il suo peso il pi sostiene.Dove son? Qual confusaFolla d'idee tutte funeste adombraLa mia ragion? Veggo Demetrio; il veggoChe in atto di ferir... Fermati, vivi:D'Antigono io sar. Del core ad ontaVolo a giurargli f: dir che l'amo;Dir... Misera me! s'oscura il giorno!Balena il ciel! L'hanno irritato i mieiMeditati spergiuri. Aim! lasciateCh'io soccorra il mio ben, barbari di.Voi m'impedite, e intantoForse un colpo improvviso...Ah! sarete contenti; eccolo ucciso.Aspetta, anima bella: ombre compagneA Lete andrem. Se non potei salvartiPotr fedel... Ma tu mi guardi e parti!Non partir, bell'idol mio:Per quell'onda all'altra spondaVoglio anch'io passar con te.Voglio anch'io... Me infelice!Che fingo, che ragiono?Dove rapita sonoDal torrente crudel de' miei martri?Misera Berenice, ah! tu deliri.Perch, se tanti sieteChe delirar mi fate,Perch non m'uccidete,Affanni del mio cor?Crescete, oh Dio! crescete,Fin che mi porga aita,Con togliermi di vita,L'eccesso del dolor.Atto 3, sc.8 Ma Demetrio dov'? perch s'involaAgli amplessi paterni? Ol! correte:Il caro mio liberator si cerchi,Si guidi a me. Fra tue catene al fine,Antigono, mi vedi. E ne son lieto,Per poterle disciorre. Ad AlessandroRendasi il ferro. E in quante guise e quanteTrionfate di me! Per tante offeseTu libert mi rendi; a mille acciariEspone il sen l'abbandonata IsmenePer salvare un infido. Quando? Son pochi istanti. Io non vivrei,S'ella non era. Ah! se non sdegna un core,Che tanto l'oltraggi... Salva, se puoi...Signor... salva il tuo figlio. Aim! che avvenne? Perch viver non sa che a te rivale,Corre a morir. M'ama: l'adoro: ormaiTradimento il tacerlo. Ah! si procuriLa tragedia impedir. Volate...Atto 3, sc.9 tarda,Padre, gi la piet: gi pi non viveIl misero german. Che dici! Io moro. Pallido su l'ingresso or l'incontraiDel giardino reale. "Addio" mi disse"Per sempre, Ismene. Un cor, dovuto al padre,Scellerato io rapii; ma questo acciaroMi punir." Cos dicendo, il ferroSnud, fugg. Dove il giardin s'imboscaCorse a compir l'atroce impresa; ed ioL'ultimo, oh Dio! funesto grido intesi,N accorrer vi potei:Tanto oppresse il terrore i sensi miei. Chi pianger non dovria! Dunque per colpa mia cadde trafittoUn figlio, a cui degg'ioQuest'aure che respiro! un figlio, in cuiLa f prevalse al mio rigor tiranno!Un figlio... Ah! che dirannoI posteri di te? Come potraiL'idea del fallo tuo, gli altri e te stesso,Antigono, soffrir? Mori: quel figlioCol proprio sangue il tuo dover t'addita.Atto 3, sc.10 Antigono, che fai? Demetrio in vita. Come! Cercando asiloContro il furor de' tuoi, dov' pi neroE folto il bosco io m'era ascoso. Il prenceV'entr; ma in quell'orror, di me pi nuovo,Visto non vide; onde serbarlo in vitaLa mia pot non preveduta aita. Ma crederti poss'io? Credi al tuo ciglio.Ei vien. Manco di gioia. Ah, padre! Ah, figlio! Io Berenice adoro:Signor, son reo: posso morir, non possoLasciar d'amarla. Ah! se non delittoChe il volontario errore,La mia colpa la vita e non l'amore. Amala, tua: piccolo premio a tanteProve di f. Saria supplizio un donoChe costasse al tuo core... Ah! sorgi; ah! taci,Mia gloria, mio sostegno,Vera felicit de' giorni miei!Una tigre sarei, se non cedesseNell'ingrato mio pettoAll'amor d'un tal figlio ogni altro affetto. Padre, sposa, ah! dunque insiemeAdorar potravvi il core,E innocente il cor sar! Figlio amato! Amata speme! Chi negar potrebbe amoreA s bella fedelt? Se, mostrandovi crudeli,Fausti numi, altrui beate; Se tai gioie, o fausti cieli, Minacciando, altrui donate; Oh minacce fortunate!Oh pietosa crudelt! Per contento io mi rammentoDe' passati affanni miei. Io la vostra intendo, o di,Nella mia felicit. Io la vostra intendo, o di,Nella mia felicit.LicenzaSe dolce premio alla virt d'un padre,Adorabil monarca, de' figli l'amore, oh come, oh quantoPi d'Antigono il sai! Non son ristrettiI tuoi paterni affettiFra i confini del sangue; hanno i tuoi regniTutti il lor padre in te, per te ciascunoHa di Demetrio il cor. La fede altruiE la clemenza tua sono a vicendaE cagione ed effetto. Un figlio soloAntigono vant ne' suoi perigli:Quanti i sudditi tuoi sono i tuoi figli.Piovono gli astri amiciGl'influssi lor feliciSui voti che si spargonoIn questo d per te;Voti, che con l'affettoMisurano il rispetto,Che in dolce error confondonoSempre col padre il re.