Anteprima-Don gallo e i suoi fratelli

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Così diversi, così uguali - Giovanna Benetti

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Giovanna Benetti

DON GALLOE I SUOI FRATELLIcosì diversi così uguali

prefazione di Vito Mancuso

con testo inedito di don Andrea Gallo

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© Il Segno dei Gabrielli editori, 2014Via Cengia 67 − 37029 San Pietro in Cariano (Verona)Tel. 045 7725543 − fax 045 6858595mail [email protected]

ISBN 978-88-6099-230-7

StampaLitografia de “Il Segno dei Gabrielli editori”San Pietro in Cariano (VR), Maggio 2014

In copertina Foto di Pino Bertelli per la Comunità San Benedetto

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INDICE

PREFAzIONE di Vito Mancuso 9

UNA COMUNITà ChE S’INTERROGAtesto inedito di don Andrea Gallo 13

INTRODUzIONEDon Andrea Gallo: prete, uomo, testimone, profeta 17

L’AqUILA è VOLATA IN CIELO 33

IntervisteDON GALLO è ANCORA VIVO 41

Don Federico Rebora 45Don Paolo Farinella 46Don Vitaliano Della Sala 48Domenico Bozzo Costa Cataldi 51Anna Raybaudi 54Clara Ghibellini 56Franca Speranza Cosulich 57Nicola Di Francescantonio 58Alessandra Ballerini 61Laura Guglielmi 62Carla Peirolero 69Roberta Alloisio 71Pino Petruzzelli 73

SAN BENEDETTO AL PORTO. Una Comunità di uguali 75Domenico Chionetti 78Michela 80

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Marino 81Osteria marinara ’A Lanterna 82Fabio Scaltritti 85La Comunità a Santo Domingo 86La libreria. Barbara, Angelo e Ilaria 88Negozio-bottega “Ciacchi” 90Comunità Agostinis di Genova 92Ottavio 96Cinzia 97Carmine 98Albachiara 99hamo 101Mustafà 103Mario 104Sirio 106Claudio 108Christian 109Julian 110Salvatore 111Gilmor 112Maurizio 113Picchio 115Ivan 116Cascina Canepa di Mignanego (Genova) 117Salvatore 118Sabrina 119Mohammad 120Cascina Rangone di Frascaro (Alessandria) 121hassan 123Valentino 124Casa di quartiere di Alessandria 124

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Desidero ringraziare il professor Vito Mancuso per la sua appassionata prefazione; tutti i membri della

Comunità San Benedetto: Lilli per la pazienza e la disponibilità, Domenico (Megu) e Fabio per la costante

e stimolante assistenza e tutte le persone che sono state intervistate, dalle ragazze e i ragazzi ospiti agli esterni,

collaboratori preziosi e indispensabili.

Giovanna Benetti

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PREFAzIONE

di Vito Mancuso

Don Andrea Gallo vivrà nell’immaginario degli italiani con il suo sigaro, il cappello nero e l’immancabile collet-to da prete, i segni più caratteristici della doppia appar-tenenza che ha contraddistinto la sua lunga, tormentata, ma felice esistenza: l’appartenenza al mondo e alla Chie-sa, alla terra e al cielo.

Mondo e Chiesa, terra e cielo, sono termini che per la cultura dominante sono decisamente contrapposti, ma che per don Gallo erano allo stesso modo importanti per-ché ha dedicato la vita proprio alla pensabilità della loro unione nell’esistenza concreta delle persone. Il primo po-sto però, tra mondo e Chiesa, per don Gallo spettava al mondo, e il primo posto tra terra e cielo spettava alla ter-ra, perché era solo in funzione del mondo e della terra che per lui aveva senso parlare “poi” di Chiesa e di cielo. La stola sacerdotale, che egli amava e a cui è sempre stato fedele, veniva “dopo” la sciarpa arcobaleno con i colori della pace che spesso indossava, e veniva “dopo” la sciar-pa rossa da partigiano spesso parimenti indossata per l’ideale di giustizia e di uguaglianza che a lui richiamava.

è stato questo primato del mondo e della terra che ha condotto don Gallo ad essere un prete ribelle, contesta-tore, mai allineato con i dettami della gerarchia, soprat-tutto in campo etico e sociale. Un ribelle per amore, per amore del mondo e della sua gente, mai invece contro la sua Chiesa solo per il fatto di essere contro. Se don Gallo è giunto spesso ad essere “contro”, lo ha fatto solo per-ché era la condizione di essere “per”, per essere al fian-

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co dei più emarginati, dei più umili, dei più bisognosi, e per non tradire mai la sua coscienza con il dover ripetere precetti o divieti di cui non vedeva il senso o che riteneva ingiusti.

Una volta gli chiesero che cosa pensasse della Trinità, come riuscisse a conciliare il rebus di questo Dio unico in tre persone, con tutte le processioni, le missioni e gli altri complessi concetti speculativi che il dogma trinita-rio porta con sé. Egli rispose che non si curava di que-ste sottigliezze dogmatiche perché gli importava solo una cosa: che Dio fosse antifascista! Al di là della brillante battuta che forse gli servì per uscire indenne dai labirinti insidiosi della teologia trinitaria, in cui è facile perder-si, l’espressione “Dio antifascista” racchiude al meglio il messaggio spirituale che la vita di don Gallo ha rappre-sentato e continuerà a rappresentare per tutti coloro che l’hanno amato, l’hanno applaudito e hanno letto i suoi libri: intendo riferirmi alla cultura della pace, della soli-darietà e della giustizia; alla lotta contro l’arroganza del potere e del denaro; al rifiuto di ogni forma di violenza, anche solo verbale, per ricorrere invece all’arma sempre più efficace dell’ironia e dell’umorismo.

quello che mi colpiva e mi piaceva di don Gallo era che in lui, a differenza degli altri cristiani contestatori e di una certa musoneria risentita abbastanza diffusa nella sua parte politica, mancavano del tutto il risentimento e l’astio, per lasciare spazio invece ad un’allegria di fondo, una bonarietà, uno sguardo pulito, un accordo armonio-so con il ritmo della vita, come si percepiva anche dalla musicalità grave della sua bellissima voce.

L’ultima volta che l’ho visto è stato all’indomani dell’ele-zione di Papa Francesco, quando Fabio Fazio ci chiamò nel suo programma per commentarla. Don Gallo fu bril-lantissimo, ogni sua parola suscitava un lungo applauso del pubblico, era felice come un bambino per la speranza che il Papa venuto “dalla fine del mondo” stava riapren-

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do ai credenti come lui, quelli che sono nella Chiesa non a dispetto del mondo, ma per servirne al meglio la vita, cioè cercando di dare agli uomini ciò che il mondo costi-tutivamente non può dare, vale a dire la speranza che i sa-cri ideali dell’umanità (il bene, la giustizia, l’amore) non siano illusioni destinate a credere “all’apparir del vero”, ma la dimensione più profonda dell’essere da cui ognuno di noi proviene e ritornerà. Era proprio per questa spe-ranza che don Gallo credeva in Dio e nel messaggio di Gesù. Egli vedeva in questa fede uno dei più nobili gesti d’amore verso la vita e verso gli uomini che l’attraversano spesso soffrendo. La fede di don Gallo era un profetico atto di fedeltà al mondo e di amore per gli uomini.

In un cattolicesimo come quello del nostro paese, spes-so privo di schiettezza e di libertà di parola, calcolatore, politico, amico del potere, caratterizzato da un confor-mismo che fa allineare pubblicamente tutti alla voce del padrone, compresi coloro che privatamente fanno i pro-feti e gli innovatori, in questo cattolicesimo cortigiano e privo di coraggio, la figura di don Gallo con il suo sigaro e il suo cappello ha svettato e svetterà per onestà intellet-tuale e libertà di spirito, perché egli non temeva di ripe-tere dovunque (che fosse in tv o davanti al suo vescovo o in una pubblica piazza per lui non aveva importanza) i concetti sostenuti tra nuvole di fumo nelle lunghe nottate genovesi con gli amici della sua Comunità.

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