Annuario 2013

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Annuario 2013

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l 'Annuario 2010

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C.A.I. Venaria

Redazione:

CommissionePubblicazioni

STaMPa:

Curcio Grafiche s.r.l.Via Lanzo, 18110071 Borgaro T.se

in coPeRTina:

Gruppo della Gura visto dalla morena del Mulinet (foto: R. Rivelli)

l 'Annuario 2013

Club Alpino itAliAno

Sezione di Venaria RealeVia A. Picco, 24

Tel. 011 4522898e-mail: [email protected]

www.caivenaria.it

SommarioIl saluto del Presidente........................................................................pag. 02 “Parole e note in cordata”di Marco Perazzolo ........................................................................................pag. 03Il rifugio Eugenio Ferreri nel vallone della Guradi Claudio Picco ...............................................................................................pag. 141982: prima salita... “Armando-Gogna” allo Scarason di Fulvio Scotto .................................................................................................pag. 17Al di sopra del rifugio Davisodi Ugo Manera ...................................................................................................pag. 20

Da 150 anni il Monviso… di Giuseppe Manni .........................................................................................pag. 23Filosofia dell’Escursionismodi Davide Zangirolami ................................................................................pag. 26Traversata Cuorgnè Bellavarda - Vonzo di Roberto Fausone........................................................................................pag. 27Salita alla Punta di Mezzenile (3429 m) di Renato Rivelli ...............................................................................................pag. 43Rifugio Paolo Daviso - La festa per i cinquanta anni...di Vittorio Billera .............................................................................................pag. 46Trekking Dolomiti 2012 di Paolo Filippi ..................................................................................................pag. 48Dolomiti 2012di Giuseppe Masieri ......................................................................................pag. 50Cima Alta Luce o “Hochlicht” 3184 mdi Maria Vittoria Richetto .......................................................................pag. 52Aiguille Dibona 1981di Renato Vendramin ....................................................................................pag. 54Salita al Davisodi Marcello Marzani .....................................................................................pag. 56Storie del rifugio “Un cane di nome Leda”di Felice Bertolon ............................................................................................pag. 5824 maggio 2012 Gita al “Lago d’Afframont” di Carlo Brizio ...................................................................................................pag. 60Due tremila da ricordo con le ruote grassedi Guido Apostolo ...........................................................................................pag. 61 Map is Magik 2012di Gabriele Costantino ...............................................................................pag. 63 Ci scrivono .........................................................................................................pag. 64

Le attività sezionali - Comunicazioni - Il Consiglio Direttivo e le Commissioni - Assemblea generale dei Soci il giorno 21 marzo 2013L’Annuario si avvale della volontaria e gratuita collaborazione di Soci e simpatizzanti. La pubblicazione viene distribuita gratuitamente a tutti i Soci. Gli articoli firmati comportano per i rispettivi Autori ogni re-sponsabilità sul contenuto

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Un altro anno è trascorso: un anno pieno di av-venimenti, ma il più impegnativo per il Diretti-vo e importante per tutti i Soci è stata la ricor-renza dei 50 anni di gestione del Rifugio Paolo Daviso. L’evento è stato festeggiato in Venaria, a Forno Alpi Graie, al Daviso e a Cantoira con una buona partecipazione di Soci, amici e sim-patizzanti. Vi riporto quanto ho scritto nel libro del rifugio il 09/07/2012: “stiamo chiudendo il rifugio per questo fine settimana, che è stato speciale: speciale per tutti gli amici incontrati per questo evento; per tutti gli amici che hanno voluto salire fin quassù e festeggiare con noi; speciale per l’affetto e l’amicizia che hanno invaso questi locali... un ricordo a coloro che non sono più qui con noi ma che sicuramente ci erano vicini”. Tutte le altre attività si sono re-golarmente svolte con successo: dai corsi della Scuola G. Berutto alle uscite di escursionismo, cicloescursionismo, alpinismo giovanile, colla-borazione con le scuole e gli incontri conviviali.Nel 2013 ricorre il 150° anno di fondazione del CLUB ALPINO ITALIANO. Ci saranno fe-steggiamenti a livello regionale, intersezionale e nazionale. La nostra Sezione ha programma-to, per la ricorrenza, due momenti:il 26 Maggio al Lago di Monastero uscita con escursionismo, cicloescursionismo, e alpini-smo giovanile, e l’8 settembre al Rifugio Da-

Il saluto del Presidenteviso in concomitanza con la festa di chiusura. Continueranno le attività sezionali di sempre: all’interno dell’annuario sono elencate tutte le attività con il calendario delle uscite di sci in pista, escursionismo con alcune uscite di scial-pinismo e ciaspole, cicloescursionismo, alpi-nismo giovanile, escursionismo intersezionale (Senjor), appuntamenti al Rifugio Daviso e date importanti per la Sezione come l’Assemblea dei Soci del 21 marzo 2013 con le votazioni per il nuovo Direttivo. Nel 2013 La Scuola G. Berutto ha programmato due corsi: il 2° Corso di Escursionismo in ambiente innevato ed il 2° Corso di Escursionismo Avanzato in primave-ra. Anche negli impegni istituzionali la Sezione di Venaria è ben presente: Sarah Monasterolo, Carlo Soldera e Mauro Fantino sono stati eletti negli OTTO (organi tecnici territoriali opera-tivi) dell’area LPV (Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta) rispettivamente di Escursionismo, Alpinismo Giovanile e Rifugi, durante l’As-semblea svoltasi a Sanremo il 21 Ottobre 2012. Roberto Savio è il vice direttore della neo-nata Scuola Intersezionale CVL: scuola voluta dalle Sezioni dell’intersezionale Canavese e Valli di Lanzo per la formazione di Accompagnatori Sezionali di ciclo escursionismo ed escursioni-smo. Figure sempre più importanti per le attivi-

tà sezionali.Come spesso mi sentite dire, lo sco-po del CAI è far conoscere, amare e rispettare la montagna in tutte le sue forme.Il Direttivo in questo triennio è sempre stato attento alla comunica-zione, alla presenza sul territorio, alle attività aperte a tutti, sempre guardando avanti senza dimentica-re il passato.Questo è l’augurio che faccio al nuovo Direttivo che sarà eletto dai Soci nel prossimo mese di Mar-zo: vedere presente e passato che s’intrecciano, per immaginare sempre nuovi orizzonti

Franca Guerra

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lA VoCE DEllA MontAGnASapete, io sono convinto che raccontare sia un lusso, forzare l’immaginazione di una persona che ti ascolta, fino a farla mettere anche solo per un minuto nei tuoi panni è un gran lusso. E prima di concludere questa chiacchierata con voi, vorrei provare a farlo, vorrei provare a trasmettervi anche solo per un attimo le sen-sazioni e le emozioni che provo ogni volta che ascolto la voce della montagna. Sì, perché ora lo so: la montagna ci parla, par-la ad ognuno di noi con voce differente.

la voce della montagna la notte è il silenzio.Il silenzio di un bosco ancora avvolto nel suo nero manto mentre già occhieggiano i funghi appena risorti dall’umido sepolcro, lambiti da silenziose lumache recanti la sottile, ingom-brante esistenza sulle piccole spalle. Quando gli uccelli dormono ancora e le foglie più robuste vacillano senza osare staccarsi per non turbare quel fragile sonno, mentre quelle già cadute attutiscono il tuo passo pesante sul fondo morbido del tappeto variopinto, adagia-te l’una accanto all’altra, come sorelle in un letto di morte.E tu avanzi, nel rispetto di quella preghiera silenziosa che nell’ultima ora della notte si consuma tra le colonne di un tempio di abeti maestosi che ardiscono raggiungere il cielo e ti abbeveri a quella fonte di pace e di serenità.

la voce della montagna all’alba è il sole.La sua luce che si irradia dapprima verso l’alto, giocando con le guglie più alte, cre-

ando fasci di luce e giochi d’ombre, per poi prorompere, inondando di luce il paesaggio tutto intorno, rendendolo vivo, permettendo allo sguardo di spaziare verso vette ancora più alte, verso ghiacciai che si sciolgono in morene brillanti di granito, verso piccole valli racchiuse, verso il cielo quasi bianco che pian piano si tinge di turchese.

la voce della montagna in quota è il vento.Un vento prepotente che aggredisce, che strappa, scippa, strepita. Certe notti passate ad aggrapparsi ai paletti della tenda, per dar loro peso e non farsi spazzare via dalle raffiche a starsene storditi dal chiasso e abituarsi fino a non sentirlo, accorgersi che c’è solo quando per un momento smette. Fa una pausa, un si-lenzio che precede la nuova rincorsa. Il vento che è persona, a cui si parla, si racconta pen-sando che possa ascoltare e che spesso grida più forte in risposta, per raccontare lui. La sua furia è la voglia di essere ascoltato. E’ il sibilo del fiato, segnale dell’impegno del nostro corpo. D’estate si nasconde ma d’inver-no ecco che si mostra, esce bianco dalla boc-ca come un’onda che entra e poi balza fuori, come l’acqua marina che filtra tra le valve della conchiglia. In salita è soffio sullo sfor-zo, quando i muscoli chiedono più ossigeno. In discesa si rigira, fa un cambio di marcia e diventa più calmo. In salita ha sfacchinato, ha pompato aria urgente. In discesa può di-strarsi, scegliendo un ritmo più rilassato. La voce della montagna è l’aria pura, tersa, nitida. Venuta da lontano, respirata prima dagli alberi e da generazioni, passata su eru-

“Parole e note in cordata”

Passeggiata sui sentieri dei ricordi,arrampicando le pareti del cuore:la montagna metafora della vita

testi :Associazione Culturale Teatrale

I RETROSCENA

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zioni e roghi, su deserti e foreste, sopra i mari e sotto le ali degli uccelli. Ripulita dentro la centrifuga delle nuvole, avvitata nella spirale degli uragani, strofinata coi fulmini. E’ il can-dore della neve, quando l’inverno rallen-ta i ritmi ma non la voglia di vivere fino in fondo la sua magia. Quella che viene giù dritta o quella tormentata dal vento, quella in cui poi, ci affondi i passi, ab-bagliato dal sole che sbatte sul suo bianco e ti rimbalza in viso. Materia di nuvole, acqua distillata in cielo. E’ lo spirito dei compagni caduti in cordata o sorpresi dal-le valanghe. Quello dei partigiani che per la libertà hanno affrontato le peggiori intem-perie senza attrezzature, indifesi. E’ la ma-linconia di chi è lontano, la nostalgia di chi ricorda i suoi paesaggi, la sua vastità, la sua grandezza, la sua immensità, i suoi pano-rami sconfinati. la voce della montagna è una mirabile sinfonia orchestrata da un invisibile maestro che ritrovi ogni volta sul tuo sentiero.

E’ il rumore dei passi, il rassicurante ticchet-tio del bastone sul selciato.Un passero spaventato che si inerpica tra l’ombra di un ramo e poi frulla le ali e cin-

guetta cercando col capo un riparo, il sottile fragore di un rivolo d’acqua, il tamburellare della pioggia che insiste leggera sulla ruvida roccia come volesse forgiarne una statua, gli steli d’erba che vibrano in un dolce fruscio, lo sventagliare aristocratico d’ali di farfalla, il ronzio di api indecise tra i fiori più belli, ap-plausi di foglie pendule, il ribollire del bosco al generoso ritorno del sole, il tramestio della polvere che fluttua leggera nell’aria ad ogni movimento. La poiana che strilla volando alta per segnala-re la tua presenza ai suoi piccoli;L’aquila che caccia planando verso un piano-ro ed il suo grido richiama un piccolo aquilot-to che la segue con volo incerto; Le marmotte che si mettono in allarme e si riparano nelle tane;il suono del chiodo canterino, che più si con-ficca più aumenta l’acuto salendo di un ottava.I profumi, i colori, il caldo, il freddo, l’asciut-to e il bagnato. La montagna ci parla. Avvicinandoci ad essa con passione, per co-noscerla, per goderne le meraviglie, per sfida-re le sue vette o semplicemente vivendoalle sue pendici, con la giusta attenzione pos-siamo coglierne le parole.

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C.A.I. Venaria

Club Alpino itAliAno - Sezione di Venaria Reale

SCuolA SCiLezioni per principianti e di perfezionamento

per ragazzi e adulti due ore per classe nelle prime 5 gite con maestri al seguito

Iscrizioni: ENTRO il giovedì precedente la gitaIn Sede: Via Aldo Picco, 24 VENARIA REALE

Il mercoledì dalle ore 14 alle 15 - Il giovedì dalle ore 21 alle 22,30Tel. 011.45.22.898 (segreteria telefonica)

Il costo del pullman e dello skipass saranno comunicati nella settimana precedente l’uscitapartenza: Venaria piazza De Gasperi (davanti l’edicola)

ASSICURAZIONE: L’iscrizione al Club Alpino Italiano per il 2013 è comprensiva di assicurazione anche per la pratica dello sci in pista esclusivamente durante l’attività sezionale con una franchiglia di € 200,00

Consigliamo pertanto un’integrazione dell’assicurazione infortuni per l’attività individuale.Informazioni e sottoscrizioni in Sede

IMPORTANTE: per la partecipazione alle gite è necessario essere Soci CAI oppure sottoscrivere una assicurazione infortuni giornaliera

Alle gite possono partecipare SOCI e non SOCI, purchè siano assicurati per infortuni e Responsabilità Civile

costi: fino a 12 anni € 55,00 da 13 a 15 anni € 65,00 adulti (minimo 12 allievi) € 85,00

Per partecipare al Corso Sci si richiede l’iscrizione al Club Alpino Italianoe certificato medico per la pratica dello sci dilettantistico

iscrizioni EnTro giovEdì 20/12/2012presentazione del corso alle ore 21,00 - presso la sede: via Picco 24 - venaria reale

PROGRAMMA 20131 MONGINEVRO 13 gennaio2 BARDONECCHIA 27 gennaio3 LA TOUSSUIRE 10 febbraio4 BARDONECCHIA 24 febbraio5 VALTOURNENCHE 10 marzo6 BARDONECCHIA 17 marzoGara sci per gli allievi della scuola

7 MAEN 23-24 marzoDue giorni sulla neve ai piedi del Cervino

Eventuali variazioni di destinazione potranno verificarsi in funzione alle condizioni di innevamento

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Club Alpino itAliAno - Sezione di Venaria Reale

2° CORSO

ESCuRSioniSMoIN AMBIENTE INNEVATO

Requisiti per l’iscrizione al Corso1 – Aver compiuto 16 anni all’atto dell’iscrizione (se minore è necessario l’autorizzazione dei genitori)

2 – Essere in regola con il tesseramento CAI 3 – Essere di sana e robusta costituzione

Il corso di escursionismo in ambiente innevato è destinato a coloro che, avendo già una buona conoscenza dell’escursionismo estivo, vogliono scoprire o approfondire anche quello invernale, imparando a muoversi ed orientarsi in completa autonomia e sicurezza.

loGiStiCA E CoSto del CoRSoPer informazioni e iscrizioni è possibile consultare il sito www.caivenaria.it sotto la sezione dedicata alla Scuola di Escursionismo “Giulio Berutto”, scrivere a [email protected] oppure recarsi in sede il giovedì sera dalle 21 alle 22,30.

Il costo di partecipazione è di € 60 e comprende le spese organizzative, il materiale didattico e le attrezzature di uso collettivo.Non sono comprese le spese di trasporto e pernottamento per le uscite pratiche e le spese di eventuale noleggio del materiale personale richiesto.

PROGRAMMA 2013 *Mercoledì 9/01: presentazione del corso e chiusura delle iscrizioni *Mercoledì 16/01: abbigliamento, equipaggiamento e allenamento *Domenica 20/01: uscita pratica *Mercoledì 30/01: autosoccorso e uso

dell’ARTVA, pala e sonda

*Domenica 03/02: uscita pratica *Mercoledì 13/02: topografia e

orientamento *Domenica 17/02: uscita pratica *Mercoledì 27/02: neve e valanghe *Sabato e Dom. 2-3/03: weekend in rifugio *Mercoledì 13/03: fisiologia umana

alle basse temperature

*Domenica 17/03: uscita pratica *Mercoledì 27/03: festa di chiusura

del corso e consegna attestati Mare di nebbia al Rif. Daviso

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C.A.I. Venaria

14 ApRilEcima Mares 1654 m (valle orco)- Da Cappella “Madonna della Neve” Canischio (Courgnè, TO) 877 m- Dislivello: 777 m- Difficoltà: E

28 AprileMonte Arzola 2158 m (valle orco)- Da Posio (Ribordone, TO) 1300 m- Dislivello: 858 m- Difficoltà: E

12 MAGGiocolle della Mologna grande 2364 m (valle di gressoney)- Da Niel (Gaby, AO) 1535 m- Dislivello: 829 m- Difficoltà: EE

26 MAGGioLago di Monastero 1992 m (valli di Lanzo)- Da Colle della Croce (Chiaves, TO) 1160 m- Dislivello: 832 m- Difficoltà: Egita congiunta con ciclo escursionismo per 150 anni cAi

9 GiuGnocolle della crocetta 2641 m (valle orco)- Da fraz. Brengi (Ceresole Reale, TO) 1572 m- Dislivello: 1069 m- Difficoltà: E

Programma Escursionismo 2013

Gite di sci-alpinismo/ciaspole

Dal mese di febbraio a fine marzo, saranno programmate 4 gite effettuabili in contemporanea con attrezzatura da sci-alpinismo e con le ciaspole.

Le mete saranno individuate e inserite nel pieghevole specifico dell’attività e sarà messo a disposizione dei Soci a inizio gennaio

23 GiuGnoBecca Trecare 3033 m (valtournenche)- Da località Barmaz (Cheneil, AO) 2023 m- Dislivello: 1010 m- Difficoltà: EE

6/7 luGlioAiguilles dorèes 3440 m (vallese)- Da Champex 1477 m e rif. Cabane d’Orny 2826 m- Dislivello: 1° giorno 1349 m 2° giorno 614 m- Difficoltà: F (Necessari allenamento, attrezzatura alpinistica e conoscenza manovre per progressione ed assicurazione)

14 luGlioMonte Frioland 2720 m (valle Po)- Da Bric (Crissolo, TO) 1458 m- Dislivello: 1262 m- Difficoltà: EE

21 luGlioPiramide vincent 4215 m(valle gressoney)- Da arrivo della funivia Indren (AO) 3260 m- Dislivello: 955 m- Difficoltà: F (Necessari allenamento, attrezzatura alpinistica e conoscenza manovre per progressione ed assicurazione)

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1 SEttEMbREMonte granero 3171 m (valle Po)- Da Pian del Re (Crissolo, CN) 2020 m- Dislivello: 1151 m- Difficoltà: F

15 SEttEMbREPunta venezia 3095 m (valle Po)- Da Pian del Re (Crissolo, CN) 2020 m- Dislivello: 1075 m- Difficoltà: F

29 SEttEMbRErifugio deffeyes 2494 m (valle della Thuile)- Da Località La Joux (La Thuile, AO) 1607 m- Dislivello: 887 m- Difficoltà: E

13 ottobregita di fine stagione

La commissione di Escursionismo sezionale,si riserva di variare e/o annullare gite in caso di necessità.

Palon di Resy (foto: D. Boccaccio)

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C.A.I. Venaria

(foto: C. Soldera)

Alpinismo GiovanileProgramma attività 2013

L’attività 2013 è caratterizzata da una serie di proposte rivolte ai ragazzi che potranno eventualmente essere accompagnati dai loro genitori (escluso il trekking in tenda); non è previsto alcun costo di iscrizione all’attività in quanto la partecipazione alle singole ini-ziative sarà libera, fatto salva l’iscrizione al CAI ed eventuali costi vivi.

L’attività di Alpinismo Giovanile è organiz-zata e coordinata da Accompagnatori CAI di Alpinismo Giovanile titolati (AAG), che ga-rantiranno la loro presenza costante durante tutte le gite.

Domenica 7 Aprilegita sulle montagne a ridosso del mareGita escursionistica di apertura sulle monta-gne Liguri in collaborazione con i ragazzi e gli accompagnatori di Alpinismo Giovanile della Sezione CAI di Sampierdarena; località da definire.gita aperta ai ragazzi ed ai loro genitori

Domenica 21 Aprilevisita all’Ecomuseo delle Miniere e della val germanascaUna breve escursione in mezzo ai boschi e poi visita alla miniera di talco più grande d’Europa (zona Miniera Gianna o Paola)gita aperta ai ragazzi ed ai loro genitori

Domenica 5 MaggioUna giornata in palestra di roccia.Prova di arrampicata sportiva in uno dei più bei siti adatti ai ragazzi, sulle pareti di Montestrutto (Settimo Vittone); luogo facilmente accessibi-le, è ideale anche per chi non arrampica.gita aperta ai ragazzi ed ai loro genitori (che vogliono provare…)

Domenica 19 Maggiogita sulle nostre montagneGita escursionistica sulle montagne di casa nostra in collaborazione con i ragazzi e gli accompagnatori di Alpinismo Giovanile del-la Sezione CAI di Sampierdarena; località da definire.gita aperta ai ragazzi ed ai loro genitori

Domenica 2 Giugnogita in malgaGita in alpeggio dove potremo imparare la lavorazione del latte e latticini (burro, for-maggio) e la cura degli animali della malga.gita aperta ai ragazzi ed ai loro genitori

22-23-24 Giugno Trekking in tendaAlla scoperta della natura trascorrendo tre giorni in tenda ed imparando ad organizzare la nostra permanenza in un ambiente sprov-visto delle solite comodità.gita aperta ai soli ragazzi (eventuale collaborazione di alcuni genitori per i trasferimenti)

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7 aprile (domenica)Le colline di vignale Monferrato (a cura di M. Peverada e c. Fornero)Km 40 - Dislivello 450 m - Difficoltà: MC/MC

28 Aprile (domenica)Lago di osiglia - Appennino Ligure (a cura di M. Peverada e r. savio)Km 35 - Dislivello 1000 m- Difficoltà MC/MC

12 Maggio (domenica)Periplo Alpe del conte - val di Lanzo (a cura di M. Aires e r. savio) nell’ambito delle manifestazioni cAi 150Km 30 - Dislivello 1200 m - Difficoltà: MC+/MC+

26 Maggio (domenica)i Laghi di Monastero - val di lanzo (a cura di r. savio e P. varetto) nell’ambito delle manifestazioni cAi 150 - gita in collabo-razione con l’escursionismo sezionaleKm 40 - Dislivello 1300 m - Difficoltà: MC/MC+

Pedaliamo con la Bici da Montagna

1 e 2 Giugno (sabato e dom.)Xii raduno intersezionale MTB cAi a sarzana (sP)

8 Giugno (sabato)colle Laz’Arà 1595m - val chisone (a cura di g. Apostolo e P. Marretta)Km 35 - Dislivello 1200 m - Difficoltà MC/BC

22 Giugno (sabato)i Monti della Luna - Alta valle susa (a cura di r. savio e M. Aires)Km 40 - Dislivello 1200 m - Difficoltà MC/BC

7 luglio (domenica) valle della rho e col replanette - valle susa (c. Fornero, P. varetto, s.giorgini)Km 40 - Dislivello 1500 m - Difficoltà MC/BC+

20 luglio (Sabato)conca cialancia e i 13 Laghi - val germa-nasca (a cura g. Apostolo e P. Marretta e in

Anche il calendario per il 2013 prevede uscite iniziali facili e di media difficoltà, adatte a tutti, per poi passare a gite più impegnative sia

fisicamente che tecnicamente. Le gite proposte potranno subire delle modifiche, in funzione delle condizioni meteorologiche.

Buone pedalate a tutti!

Col Sollieres (foto: R. Savio)

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collaborazione con il cAi di novi Ligure, referente Max gastaldi)Km 50 - Dislivello 2000 m - Difficoltà: BC/BC+

8 Settembre (domenica)colle invergneux 2905 m - valle d’Aosta (a cura c. Fornero e P. varetto) Km 40 - Dislivello 1400 m - Difficoltà: BC/BC+

21 Settembre (sabato)col Fetita 2556 m - valle d’Aosta (a cura di g. Apostolo e r. savio)Km 35 - Dislivello 1400 m - Difficoltà BC/BC+

3-4-5-6 ottobreManifestazioni cAi 150 con escursioni ai piedi del Monviso con percorsi da definire

12 e 13 ottobre (sabato e dom.)Week end nel Finalese - Liguria (a cura di s. giorgini, g. Apostolo e P. Marretta)Full immersion di due giorni sui numerosi percorsi che caratterizzano la zona (tra cui il famoso percorso della 24h) con difficoltà da MC a BC+

27 ottobre (domenica)gita conclusiva con pranzo in AgriturismoLocalità da definire - Escursione Facile

Potranno essere programmate ulteriori escursioni in collaborazione con altre Se-zioni CAI che verranno comunicate tem-pestivamente a tutti gli iscritti.

Elenco degli accompagnatori/collaboratori che contribuiranno alla

realizzazione del programma: - Aires Matteo -- (ASE-C - Sezione di Viù)- Apostolo Guido, Fornero Claudio, Mar-

retta Pierfranco, Savio Roberto, Varetto Paolo -- (ASE-C - Sezione di Venaria)

- Peverada Massimo -- (Collaboratore Se-zione di Venaria)

Per informazioni rivolgersi in sede cAi venaria - via A.Picco 24 -10078 venaria reale - Tel. 011.4522898 al giovedì sera, o contattare:• Roberto Savio (ASE-C) tel. 011.2053861 -

380.4218115 - e-mail: [email protected]• Guido Apostolo (ASE-C) tel. 348.7431317

011.4526751 - e-mail: [email protected]

Scala delle difficoltà CAI MTBTC (turistico) percorso su strade sterrate dal fon-

do compatto e scorrevole, di tipo carrozzabileMC (per cicloescursionisti di media capacità tecni-

ca) percorso su sterrate con fondo poco scon-nesso o poco irregolare (tratturi, carrarecce…) o su sentieri con fondo compatto e scorrevole

BC (per cicloescursionisti di buone capacità tecni-che) percorso su sterrate molto sconnesse ed ac-cidentate o su mulattiere e sentieri dal fondo piut-tosto sconnesso ma abbastanza scorrevole oppure compatto ma irregolare, con qualche ostacolo naturale (per es. gradini di roccia o radici)

OC (per cicloescursionisti di ottime capacità tec-niche) come sopra ma su sentieri dal fondo molto sconnesso e/o molto irregolare, con presenza significativa di ostacoli

REGOLAMENTO • Lo scopo delle gite è quello di trascorrere una

giornata in compagnia, nel massimo della sicu-rezza e nel pieno rispetto per l’ambiente: ogni decisione, azione e reazione da parte del Ca-pogita, così come di ciascun partecipante, deve sempre rapportarsi a tale considerazione.

• E’ vietata qualsiasi forma di gara durante le escursioni

• Le decisioni del Capogita devono essere scru-polosamente rispettate, sia prima che durante l’escursione. Sono assolutamente da esclude-re le iniziative personali: chi si allontana dal gruppo di propria iniziativa o non segue le indicazioni dei responsabili se ne assume la piena responsabilità.

• Il Capogita, qualora le condizioni atmosfe-riche, del percorso e delle condizioni fisico/tecniche dei partecipanti non siano favorevoli potranno variare la località e il percorso in programma o annullare l’escursione.

• Tutti i partecipanti, senza distinzione alcuna, sono obbligati a prestare soccorso e comun-que a collaborare in caso di necessità.

• Nel caso di percorrenza di strade aperte al traffico veicolare, tutti i partecipanti devono attenersi alle disposizioni del vigente Codice della Strada.

• I Capigita si configurano come persone vo-lontarie che agiscono gratuitamente e il cui accompagnamento costituisce prestazione di mera cortesia.

E’ obbliGAtoRio l’uSo DEl CASCoL’organizzazione declina ogni responsabilità per eventuali incidenti e danni a cose o persone.

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l ’Annuario 2013

24 GEnnAioPiAn sErPEis (1603 m)val d’ Ala (con ciapsole)da Martassina 1200 mRitrovo Germagnano ore 9 Ivo Reano 3455039993Sez. Lanzo

21 fEbbRAiociMA BossoLA (1509 m)valchiusella (con ciaspole)Da Rueglio 700 mRitrovo Rueglio ore 9Bruno Rebora 3391930136Sez. Chivasso

21 MARzoPArAi AUTA (MonTE APPArEgLio) 370 mDa PavoneRitrovo a Pavone ore 9Beppe Martino 3387582737Sez. Cuorgnè

18 ApRilEM. cALvo (1357 m)Prealpi canavesaneDa Campo 530 m (Castellamonte) Ritrovo Castellamonte ore 8.30Cecilia Genisio 3474942938Sez. Forno C.

Gite IntersezionaliAnno 2013

23 MAGGiocoLLE coLoMBArdo (1898 m)valle di viùDa Villa di Lemie 869 mRitrovo Viù ore 8Carlo Brizio 3288331491Sez. Venaria

27 GiuGnoLAgo cHiAro (2094 m)valle di gressoneyDa Varelli 957 m (Issime) Ritrovo Issime ore 8Valter di Bari 3477844147Sez. Ivrea

19/22 luGlioTrEKKing grUPPo ArgEnTErAAlpi MarittimeSeguirà programma dettagliatoIscrizioni entro 15 maggio 2013Bruno Rebora 3391930136Sez. Chivasso

25 luGlioPIAN DELLA VALLETTA (2300 m)Valle SoanaDa Tressi 1185 (Forzo) Ritrovo a Cuorgnè ore 7.30Dario Bertotti 3470172527Sez. Rivarolo C.

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C.A.I. Venaria

22 AGoStorif. TAzzETTi (2642 m )- valle viù Da Lago Malciaussia 1805 mRitrovo Viù ore 8Franco Gulielmotto 3389682333Sottosezione Viù

26 SEttEMbREAnELLo P. TrE vEscovi (2347 m) – MoMBAronE (2371 m) - EporedieseDa Trovinasse 1374 m Ritrovo Settimo Vittone ore 8Bruno Rebora 3391930136Sez. Chivasso

24 ottobREBivAcco gAndoLFo 2220 mval d’AlaDa Balme 1435 mRitrovo Germagnano ore 8Franco Gugliemotto 3389682333Sottosezione Viù

21 noVEMbREAnELLo cHiodAioLi h. max 1151 m valle LanzoDa Mezzenile 680 mRitrovo Germagnano ore 8.30Bruno Visca 3497336929Sez. Lanzo

12 DiCEMbREPivEronE/MAgnAno (coMUniTA’ di BosE) serra Morenica ivrea Da Piverone 317mRitrovo Piverone ore 9Valter di Bari 3477844147Sez. Ivrea

La partecipazione alle escursioni è limitata ai soli soci cai. Le merende sinoire verranno programmate di volta in volta a discrezione del responsa-bile gita.i partecipanti sono tenuti ad avvisare il responsabile della gita per l’adesione.

Gressoney - da Staffal verso il Rif. Oreste (foto: E. Bravo)

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l ’Annuario 2013

Il Rifugio Ferreri è uno dei più an-tichi rifugi del CAI, la prima costru-zione risale al 1887. Fu il secondo ricovero costruito nelle Valli di Lanzo dopo quello eretto nel 1880 al Crot del Ciaussinè (dove ora sorge il rifu-gio Gastaldi). Costruito per interes-samento dell’avvocato Corrà, grande esploratore delle Valli di Lanzo, fu intitolato al Ferreri nel 1950. Attualmente è in precarie condizioni per quanto riguarda gli interni e i serramenti, mentre muri e tetto, costruiti con la solida pietra del vallone, si presentano inte-gri e robusti.Nel 1976 il gruppo occidentale del C.A.A.I. (Club Alpino Accademico Italiano) posizionò, 350 metri più in alto, un bivacco sulla morena sottostante i Ghiacciai del Mulinet, per sosti-tuire proprio il rifugio Ferreri già allora quasi inagibile, ma dopo cinque anni venne distrutto dall’urto d’aria provocato da una valanga.Tre anni dopo fu eretto un nuovo bivacco 70 metri più a valle e intitolato a Michele Rive-ro, anche questo ebbe vita breve: scomparve nell’inverno 1987-88 a causa di una valanga.Il 12 ottobre del 1996 venne inaugurato l’ulti-mo bivacco Rivero, posizionato su di una cre-sta morenica a sud del precedente. Nel 2009 anche questo venne completamente distrutto dall’ennesima valanga.La capanna prima e il bivacco poi erano punto di partenza per molte ascensioni delle selvag-ge pareti terminali del Vallone della Gura e servivano a mitigare, anche se solo parzial-mente, l’asprezza di questi luoghi dove, ancora ai giorni nostri, è possibile vivere l’avventura del grande alpinismo di scoperta, punto fermo ed inalienabile del pensiero accademico.“Errare humanum est”, ma perseverare…,

Il rifugio Eugenio Ferreri nel vallone della Gura (2207 m)

di Claudio picco (presidente Gruppo

occidentale C.A.A.i.)

Una foto storica del Rifugio della Gura, 2207 m (dal 1950 dedicato a Eugenio Ferreri)

quindi, pur con grande dispiacere, nella ri-unione C.A.A.I. del 2010 è stata approvata all’unanimità la scelta di non ricostruire per la quarta volta il bivacco.Pur avendo pienamente condiviso la decisio-ne, mi era rimasto un fastidio dentro, fastidio generato principalmente da due aspetti, uno logistico e l’altro umano.Il primo, forse egoistico, era la mancanza di un punto di appoggio per servire quell’area, cime e pareti su cui hanno lasciato la firma i migliori nomi di alpinisti piemontesi di almeno tre generazioni, dal Vaccarone al Corrà a Ric-chiardi da Rivero a Mellano, da Motti a Grassi a Manera, fino alle ultime realizzazioni di Blatto, anche se oggi come punto d’appoggio ci si può avvalere del rifugio Daviso aggiungendo cin-quanta minuti agli avvicinamenti.Il secondo era l’inaccettabile rinuncia ad un nostro bivacco che restasse a ricordo di Mi-chele Rivero.Parlando un giorno di queste idee con l’amico Marco Blatto, profondo conoscitore ed inna-morato della zona, sono venuto a conoscenza della sua idea di risistemazione del vecchio ricovero Ferreri, un progetto da lui portato avanti come presidente di zona del GISM (Gruppo Italiano Scrittori di Montagna) di cui il Ferreri era socio.

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C.A.I. Venaria

Abbiamo così unito le forze coinvolgendo, senza alcuna fatica ad onor del vero, Osvaldo Marengo, presidente della sezione di Torino del CAI, proprietaria della struttura.Dopo riunioni, verifiche e sopraluoghi, si è deciso di dare il via al progetto di riportare in uso il vecchio ricovero e di ricordare Rive-ro, e nella primavera del 2012 il CAI Torino, per dare ancora più peso alla comune inizia-tiva, ha concesso l’affidamento del ricovero al C.A.A.I. per trenta anni ed ha accettato di contitolarlo Ferreri-Rivero. Il C.A.A.I. si è preso l’impegno di mantenere e possibilmente ripristinare la vecchia e robu-sta costruzione. Una prima tranche di lavori consistente nella pulizia interna con sostituzione degli arredi, dei materassi e delle coperte, attualmente inu-tilizzabili, è in previsione a breve, possibil-mente entro l’inverno.Con l’occasione si potrebbe aggiungere una prima parziale revisione dei serramenti, porta esterna e due finestrelle, e del pavimento nella zona ingresso, marcio a causa dell’infiltrazio-ne delle acque di scolo della neve accumulata tra il ricovero e la parete strapiombante che lo sovrasta.Progetto più ambizioso e costoso sa-

rebbe il rifacimento completo del pavimento, con la costruzione di canali di scolo al di sotto, la revisione del tetto e la messa in opera di un piccolo pannello fotovoltaico di servizio, come da un’ipotesi dell’architetto che ha preparato un primo abbozzo di progetto, per un costo stimato di circa 20.000 euro (al momento irraggiungi-bili). Un primo contributo elargito dal Rotary Valli di Lanzo ci permetterà, economicamente, di realizzare la prima parte del progetto, ma con-tiamo anche sull’aiuto di amici e volontari per il trasporto di materiali e per i lavori manuali, piccoli o grandi, necessari in questa fase.Per la parte più ambiziosa del progetto è stata aperta una sottoscrizione sia in valle che sul conto del CAAI, al momento con esiti tutt’al-tro che incoraggianti…. Ma non ci arrendiamo, contiamo per la pros-sima stagione di aver portato a termine i primi indispensabili lavori e di aver risistemato e se-gnalato il sentiero di accesso, altro punto do-lente perché ormai invaso dalla vegetazione.

A seguire alcune informazioni sugli alpinisti cui il bivacco sarà dedicato.Michele RiveroPinerolese (1906-1971), fu importante figura

Il Ferreri oggi

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pubblica nella magistratura arrivando a rico-prire la carica di Presidente di Sezione della Corte d’Appello di Torino.Membro del C.A.A.I. dal ‘45 e socio della Sezione di Torino, mise a disposizione la sua esperienza ricoprendo per molti anni la carica di vice presidente della sezione e presidente della Commissione Tecnica del C.A.A.I. contribuen-dovi alla stesura dello statuto e dei regolamenti del sodalizio. Tra le sue maggiori imprese alpi-nistiche ricordiamo importanti ripetizioni, la 2ª salita della cresta des Hirindolles alle Jorasses, la prima ripetizione dell’Androsace salendo la Kuffner al Maudit e in assoluto la prima ascen-sione della Ovest al Piz Roseg con Chabod e la prima salita del bellissimo spigolo ovest delle Petit Jorasses con Castelli.Nel vallone della Gura la prima salita dello spigolo est dell’Uja di Mezzenile e poi anco-ra nel ’38 affronta l’estesa muraglia est della Cresta di Mezzenile. A queste si aggiungono numerose ascensioni in bassa quota, tra tutte lo spigolo Rivero alla Sbarua, alla parete dei Militi e alla Torre Germana.

Eugenio FerreriTorinese (1882-1946), fu illuminato visio-nario della futura evoluzione dell’alpinismo. Fondò a soli sedici anni il gruppo alpinistico studentesco SARI, applicandosi all’insegna-mento dei fondamenti dell’arrampicata e del movimento in montagna.Membro del C.A.A.I. dal ’22 per la sua attivi-tà alpinistica di prim’ordine, culminata con la prima salita della parete nord della Ciamarel-la nello stesso anno; divenne socio del GISM per le sue divulgative pubblicazioni, in par-ticolare con le pregevoli ed accurate mono-grafie “Itinerari alpini” preludio a quelle che nel tempo diventeranno i volumi della collana “Guida dei Monti d’Italia”.

Per finire mi rivolgo alla Presidenza e a tutti voi soci della Sezione di Venaria, che per mol-ti anni avete curato il vecchio ricovero, chie-dendo la vostra collaborazione, con consigli e/o materiali nel momento in cui inizieremo, spero presto, i primi lavori di ristrutturazione.

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C.A.I. Venaria

Sono le otto e trenta. Gradualmente le goc-ce diradano e cessa di piovere, ma la parete, se mai avessimo pensato di avere un alibi per desistere, ecco che ci si presenta ironicamente asciutta poiché, almeno nella metà inferiore essa è verticale e strapiombante. Dopo un at-timo di incertezza, giunti in cima agli instabili ghiaioni di base, ci prepariamo e attacchiamo la via. Parte Guido, salendo il diedro iniziale. Poi tocca a me. Afferro con decisione, a due mani, il primo appiglio della via, una netta fessura orizzontale. Ma come stacco i piedi da terra, la fessura si apre e tutto un blocco, che sarà almeno venti chili, crolla all’istante tra le mie gambe. Io resto appeso alle corde: un avvio poco incoraggiante davvero… Conduce ancora Guido sulle prime difficili lunghezze di corda su cui prevale l’arrampicata artificia-le. Abbiamo quasi l’impressione di correre, per guadagnare tempo, agevolati dal fatto di trovare gran parte dei chiodi già in posto. Con la corda ben tesa davanti a me, non indugio a studiare i passaggi e mi aggrappo a tutto ciò che penzola da questa roccia friabile, con

1-8-1982, G.Ghigo esce dalla grotta del primo bivacco Gogna (foto: F. Scotto)

[………..] Venerdì 31 luglio 1982: è una grande emozione trovarsi nella stessa malga dove bivaccavano Alessandro Gogna e Paolo Armando nei giorni della loro grande avven-tura nel 1967. Guido (Ghigo - n.d.r.) ed io sia-mo appena saliti, in un pomeriggio nebbioso, lungo il sentiero del Vallone del Marguareis, qui nel cuore delle Alpi Liguri. Cuciniamo sul fornelletto una schifosa minestra liofilizzata e quindi ci sforziamo di dormire, dopo aver spiato un’ultima volta la sagoma della grande parete dello Scarason. Eccola lassù, la si intu-isce scura nella penombra di un cielo a tratti velato da masse di vapori erranti.La notte trascorre in un sonno agitato e più volte interrotto: chi mai potrebbe riposare in una vigilia come questa. Partiamo che è anco-ra buio. Già ieri a fondovalle il tempo era un po’ incerto, quindi non ci colgono del tutto di sorpresa i primi goccioloni di pioggia… Salendo verso la nostra montagna ci trovia-mo presto avvolti da bagliori temporaleschi, cui fa seguito un violento scroscio d’acqua. Mi spoglio per mettere all’asciutto in fondo al sacco i miei indumenti e proseguo in mu-tande, ma con l’ombrello! Cerco di ignorare la sensazione di freddo che mi prende ad ogni colpo di vento, mentre arranchiamo per ripidi pendii di erba e sassi, attraversando fitti ce-spugli grondanti acqua che creano su di noi un effetto del tipo spazzolone da autolavaggio. Uno Scarason da inferno dantesco ci attira ma sembra respingerci nello stesso tempo, sini-stramente illuminato da un raggio di sole che lacera l’orizzonte come un faro e, insinuando-si sotto la nera coltre di nubi, arriva al centro della parete.

1982: prima salita in giornata della via “Armando-Gogna”

allo Scarason di fulvio Scotto

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l’unico obiettivo di fare presto. Ciò nonostan-te provo una certa emozione, manco fossero reliquie, nel vedere e toccare chiodi e cunei di cui avevo letto nel libro di Gogna e nel pen-sare ai momenti di lotta e di paura che questi ferri rugginosi e dall’aspetto preoccupante, sono costati ai primi salitori. In verità anche con parecchio materiale già in posto trovo la salita molto impegnativa. La roccia calcarea è friabile, come nelle previsioni, e si sgreto-la in più punti. I chiodi vanno tutti verificati e ribattuti, ma soprattutto è fastidiosa l’erba che ingombra le fessure. Ci si trova a volte, uscendo da difficili strapiombi, ad affrontare passaggi di estremo impegno aggrappati a ciuffi erbosi, oppure con le unghie conficcate nel terriccio. Mentre salgo mi viene il pensie-ro che qualcuno, forse, potrebbe obiettare che questa non è arrampicata! Sicuramente potrei rispondergli che questa è una grossa salita al-pinistica e ancor di più è un’avventura vera! Purché non vada a finir male… Alle dodici

e trenta, con tre ore e mezza di arrampicata, raggiungiamo dopo sei lunghezze, la grotta del primo bivacco di Gogna e Armando: un profondo e umido buco nel quale ci rilassiamo per un momento. Poi riparte ancora Guido per un altro tiro di corda e io dal fondo del buco lo fotografo in controluce. Raggiunge la cima dell’aguzzo pilastrino sospeso a metà parete. In questo punto i primi salitori riuscirono a proseguire facendo piramide umana l’uno sull’altro. Tocca a me passare davanti. Se lo hanno fatto loro, lo potrò ben fare anch’io… Per proseguire salgo dunque in piedi, prima sulle spalle e poi, non essendo proprio un “vatusso”, anche sul casco di Guido, mentre lui cerca di mantenersi in equilibrio, peral-tro piuttosto traballante, sull’esile spuntone. Sotto di noi si spalanca un pauroso vuoto di oltre duecento metri fino ai ghiaioni basali. Dopo qualche incerto tentennamento mi de-cido, e lasciato il malfermo appoggio sul ca-sco del compagno, mi impegno su una placca verticale assai delicata. Poco più su riesco a piazzare un chiodino a punta in un buchetto e quindi raggiungo una fessura strapiombante obliqua verso destra e intasata di erba. Pietre e terriccio si staccano cadendo su Guido che stoicamente sopporta. Qui i chiodi sono ormai rari e comunque arrugginiti e marci. Il tiro è di quelli duri: sesto e artificiale precario. Con una serie di contorti movimenti, mi aggrap-po ai ciuffi d’erba, in atteggiamenti che mi rendono più simile a un babbuino che a uno scalatore. Infine giungo ad uno strano antro che, come una grotta a sviluppo verticale, per-mette di attraversare internamente un settore strapiombante di parete. Arrampico in questa specie di enorme canna fumaria, con le pareti laterali lisce e umide, mentre quella di fondo è sporca di sterco di uccelli. Faccio sosta. Vigorosamente, per aiutarlo a far più presto sui passaggi marci, recupero Guido che sale con grande decisione e, per un attimo, in un passo su erba, resta appeso. Ma lui neanche si scompone, e in breve mi raggiunge. Proseguo per due lunghezze finalmente per bei diedri e fessure grigiastre su difficoltà più abbordabili, fino a ristabilirmi su una cengetta erbosa. Il passaggio successivo, verso sinistra, supera una friabilissima parete a strapiombo ed esce agosto 1987, Fulvio Scotto durante

l’apertura della via Diretta (foto: A. Parodi)

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su un ripido pendio er-boso: ancora difficol-tà molto sostenute in libera e un passaggio in artificiale. Mi volto verso il basso per foto-grafare Guido in sosta sul terrazzino: attorno a lui nell’obiettivo del-la macchina fotogra-fica c’è più erba che roccia. Poi raggiungo un pino nano contorto che pare aver lottato anche lui contro que-sto ambiente ostile per restare aggrappato lì. Pochi metri più in alto c’è il posto del secon-do bivacco dei primi salitori, molto scomodo perché in discesa. Ancora un passo impegnati-vo, infine sbuco su più accessibili rocce erbo-se ma gradinate. La cresta sommitale è ormai vicina e la stanchezza, dopo tante ore di dif-ficile arrampicata e di tensione, si fa sentire. All’inizio della quattordicesima lunghezza lascio nuovamente passare Guido per l’ultimo camino di sessanta metri, anch’esso viscido e scivoloso. Sulla cresta gli ultimi raggi del sole ci rag-giungono da occidente, mentre la luna è già salita nel cielo. La gioia e la soddisfazione di questa ascensione sono troppo grandi e trop-po interiori in confronto alla mia capacità di esprimerle nelle poche righe di un raccon-to. Gran festa: è la conclusione liberatrice di una grande avventura iniziata alcuni anni prima, fra le mura di casa, leggendo un libro. Un’aspirazione, un sogno che sembrava proi-bito e che si è realizzato, una vicenda della storia alpinistica che abbiamo potuto rivisita-re e fare nostra: la terza ripetizione di una via importante e la sua prima salita realizzata in giornata, senza bivacco. Sono le nove di una estiva serata di fine luglio: la nostra salita è durata dodici ore. Ci aspetta ormai una lun-ga discesa, sotto la luna, con i piedi doloran-ti nelle pedule d’arrampicata. Gli scarponi li abbiamo lasciati alla base della via con uno degli zaini e il mio ombrello. Domani risalirò a recuperare il tutto. A mezzanotte siamo alla malga, ove ci cori-

chiamo dentro ai sac-chi piuma. Beviamo avidamente, con la gola arsa e impastata, un po’ di vino che il pa-store ha avanzato in un bottiglione. Poco dopo Guido russa come un pacifico escursioni-sta. Per me dormire è impossibile… Ora che la tensione ha la-sciato il posto alla più grande soddisfazione, godo crogiolandomi

nel pensiero dell’azione di poche ore prima. Rivivo le emozioni e i batticuori che mi han-no accompagnato nell’ultima indimenticabile avventura e che ormai già appartengono alla sfera dei ricordi.[………..] La mattina dopo ero nuovamente lì, alla base della montagna a riempirmi gli oc-chi di quella parete inondata di sole, a fotogra-farla, a rivedere uno per uno tutti i passaggi che mi avevano impegnato poche ore prima, e ad ac-corgermi nel contempo di quanta parete ci fosse ancora per sognare impossibili avventure…”

(tratto da “Scarason”, Edizioni Versante Sud, 2012)

…e lo Scarason entrò definitivamente nella mia vita di alpinista…Cinque anni dopo, nell’87, vi aprii in quattro giorni (…dopo un primo tentativo duratone tre…) la Via Diretta con Andrea Parodi e Ser-gio Calvi, una grande avventura. Negli anni a seguire ne ho scritto la storia in un libro di oltre trecento pagine, incontrando tut-ti gli alpinisti (pochi per la verità e tutti “per-sonaggi” di primo piano) che hanno vissuto l’avventura della sua scalata. Molti anni dopo, nel 2011 lo scalo per la terza volta, aprendovi una seconda via nuova: “La tana del Drago” (…e nel nome di questa via è racchiusa tutta una storia…). Nel 2012 il libro “Scarason” finalmente esce pubblicato da Versante Sud. In risposta ai miei timori, è un inaspettato e molto gratificante successo. Con Angelo Siri vi abbiamo fatto su anche un film “Scarason, l’anima del Marguareis”.

la parete dello Scarason (foto: F. Scotto)

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l ’Annuario 2013

Settembre 2012, saliamo lungo la Val Gran-de di Lanzo diretti a Forno Alpi Graie per poi proseguire e scalare nel vallone di Sea. La giornata è bellissima, la luce preautun-nale conferisce plasticità al panorama che ci circonda; giunti alla borgata Prati della Via la testata della Val Grande si offre ai nostri sguardi. Quante volte l’ho ammirata passando in questo punto della valle! Oggi però la vista di quelle pareti fa sorgere in me un senso di nostalgia e di rimpianto, questi sentimenti non sono generati dalla consape-volezza che ormai non vivrò più grandi av-venture su di esse, ma perché sono cambia-te, non sono più quelle che io avevo salito: i canaloni di neve che le incidevano e davano risalto alle strutture rocciose sono scom-parsi, i ghiacciai, piccoli ma tormentati si sono ritirati e quasi non si notano più. E’ un peccato, il riscaldamento degli ultimi anni ha causato dei danni irreparabili a quell’am-biente di alta montagna che ha attratto me e tanti altri appassionati.La testata della Val Grande ha sempre eser-citato nei miei confronti una grande attra-zione, la notai la prima volta quando rag-giunsi con mio padre il rifugio Daviso, non avevo ancora cominciato a scalare. L’anno successivo calzai per la prima volta i ram-poni per salire il canalone nevoso del colle Girard. Nel 1961 ero militare, in crisi di astinenza da montagna, un mattino, all’albeggiare, sca-valcai il muro di cinta della caserma Monte Grappa per prendere il treno a Porta Nuova ed andare a scalare, nell’ eccitazione dell’atto clandestino saltai giù a pie pari dal muro e mi procurai delle dolorosissime contusioni ai tal-loni. Una settimana dopo, ancora dolorante, richiesi la licenza ordinaria che mi era dovuta, per andare a scalare. Con un giovane amico raggiunsi il rifugio Daviso, il giorno dopo sa-limmo la Levanna, in salita tutto andò bene, in discesa i miei talloni cominciarono a dole-

Al di sopra del rifugio Daviso di ugo Manera

re, fu una tortura, non ce la feci a raggiungere Forno Alpi Graie. Mi fermai all’imbrunire nei prati prima dei casolari, il mio amico scese in paese, riuscì a farsi servire nel negozio di alimentari ormai chiuso e ritornò su da me con pane, formaggio ed un fiasco di chianti. Finimmo tutto il vino e dormimmo nel prato sotto il cielo stellato avendo come unica pro-tezione un foglio di giornale a testa. Al mat-tino il dolore ai piedi si era attenuato e con la prima corriera scendemmo a valle.Fin dalla prima metà degli anni ’60 il mio al-pinismo si orientò esclusivamente alle grandi difficoltà, sulla testata della Val Grande molte strutture destavano il mio interesse e per ve-

Motti al Bec di Mea

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C.A.I. Venaria

derle da vicino salii con Piero Giglio nell’esta-te 1966 per ripetere la via Mellano alla Punta Corrà; quando fummo alla base osservai che esisteva, sulla stessa parete, un altro sperone parallelo al nostro obiettivo. Su due piedi de-cisi di tentare una nuova via, ne venne fuori una magnifica ed impegnativa scalata.La nuova via sulla Corrà aveva ancora accre-sciuto il mio interesse per le pareti che incom-bono su Forno Alpi Graie. Allora sempre più spesso scalavo con Gian Piero Motti e molti dei nostri progetti nascevano in comune; egli aveva una casa a Breno, passava molto tempo in Val Grande ed era un profondo conoscito-re di quelle montagne. Nell’ottobre 1968 mi propose di tentare l’apertura di una via lun-go uno spigolo che ardito scendeva da una piccola punta senza nome, posta sulla cresta di Mezzenile. La stagione era avanzata e la prima neve già caduta, le giornate corte ma il tempo bello e stabile. Combinammo di trovar-ci un venerdì sera al rifugio Daviso, eravamo in quattro: Gian Piero, Ezio Comba, Ilio Piva-no ed io; i miei tre amici salirono al rifugio nel pomeriggio, io li raggiunsi alla sera dopo la giornata lavorativa. Partimmo a notte fonda e all’alba eravamo alla base del nostro spigolo, attaccammo divisi in due cordate: Gian Piero con Ezio, io con Ilio. Fu una dura lotta che ci impegnò per sette ore, uscimmo in vetta eu-forici e felici per la bella e difficile scalata e

Gian Piero propose di dare un nome alla pic-cola cima dedicandola ad Antonio Castagneri, celebre guida delle val-li di Lanzo del periodo classico. Ci aspettava una lunga discesa ed il giorno stava finendo. Presto divenne buio e noi eravamo ancora alti alla ricerca del canalino giusto per scendere sul ghiacciaio, Ezio era sfi-nito e voleva fermarsi a bivaccare, lo convin-cemmo a proseguire e finalmente toccammo il ghiacciaio, mettemmo

via corde e materiale, calzammo i ramponi ma non tutto era finito. Quando stavamo per toccare i ghiaioni, nel buio sentimmo un’im-precazione e vedemmo la luce della pila di Gian Piero scomparire in direzione dei ghia-ioni: era scivolato sul ghiaccio vivo e si era ferito seriamente alla mani nel tentativo di arrestarsi. Lo raggiungemmo lentamente per evitare anche noi di incorrere in una scivolata e lo trovammo seduto su un masso sconsolato e dolorante ad osservarsi le mani che gronda-vano sangue. La bella giornata aveva avuto un epilogo imprevisto e spiacevole; medicam-mo alla meglio il nostro amico e lentamente, al buio, scendemmo a Forno Alpi Graie. La stanchezza e l’incidente a Gian Piero avevano spento momentaneamente l’entusiasmo per la bella ed impegnativa avventura, entusiasmo che ritornò in modo imperativo nei giorni che seguirono. Gian Piero impiegò quasi un mese a guarire dalle ferite alle mani.La bastionata Gura Martelot è rivolta pre-valentemente ad est ed è riparata dal vento, questo fa si che i venti invernali che spirano da nord ovest vi accumulino sopra molta neve spazzata dai ghiacciai del versante francese; neve che ricopre ogni sporgenza e spesso si incolla anche sulle rocce verticali. Queste par-ticolari condizioni tenevano lontani gli scala-tori alla ricerca di primizie nella stagione più fredda. Negli anni ’70 l’alpinismo invernale

Bec di Mea anni 60

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l ’Annuario 2013

era in auge, c’era una vera corsa ad accapar-rarsi “prime” invernali sulle pareti difficili; a Torino io ero tra i più scatenati in questa ri-cerca. La testata della Val Grande compari-va spesso nei miei progetti ma le condizioni sfavorevoli di innevamento mi orientavano verso altri obiettivi. Finalmente, in un inver-no poverissimo di neve, pensai fosse giunto il momento giusto. Convinsi Corradino Rabbi e Mariangelo Cappellozza a seguirmi e in una sera fredda e serena salimmo al rifugio Ferre-ri, la nostra meta era la via Mellano alla Punta Corrà. Non c’era assolutamente neve, non ne pestammo per tutto il sentiero, per altro peri-coloso per il ghiaccio formatosi con l’acqua di scolo. Anche la parete, quando la scorgemmo al mattino alla luce del primo sole, ci apparve completamente pulita e questo ci indusse ad una decisione avventata: quella di non por-tare materiale da bivacco per essere leggeri. Trovammo una realtà diversa da come appa-riva: la neve portata dal vento invece c’era ed assieme al ghiaccio copriva ogni cengia, ogni appiglio ed intasava ogni fessura. Queste condizioni resero la scalata molto impegnati-va e condizionarono la nostra velocità. Come capocordata dovetti impegnarmi al massimo e toccammo la cima della Corrà che già la notte era scesa. Una discesa notturna non era possibile e fummo costretti al bivacco. Non

avevamo portato nulla e l’ unica protezione fu infilare i piedi nei nostri zaini; a 3300 metri di quota una notte stellata invernale è dura da trascorrere coperti solo dagli indumenti da scalata. Ma passò anche quella ed al mattino intirizziti, ma senza danni, iniziammo a scen-dere lungo il canalone del Colle Santo Stefa-no, la neve era in buone condizioni, presto ci riscaldammo e velocemente raggiungemmo il ghiacciaio.Il motivo conduttore del mio alpinismo fu per molti anni quello di scoprire dei problemi per poi risolverli per cui ero sempre molto attento a scrutare pareti per scoprire segreti nascosti. Fin da quando salimmo la Punta Castagneri avevo notato che parallelo al nostro spigolo ne scendeva un altro, dalla cresta di Mezzenile, ancora più ardito. Negli anni a seguire ebbi ancora modo di osservarlo e lo inclusi nelle lista dei numerosi miei progetti. Un gior-no decisi di andare a vederlo da vicino. Ero con Enrico Pessiva, dormimmo nel bivacco dell’Accademico che oggi non esiste più ed alle prime luci, come al solito, eravamo alla base molto determinati. Fascie di strapiombi interrompevano la linea perfetta dello spigo-lo e promettevano una rude e difficile scalata, non avevo dubbi però, una ormai lunga espe-rienza mi garantiva che comunque una solu-zione l’avremmo trovata. Le soluzioni c’era-

no sempre e tutte eleganti anche se difficili. Ne venne fuori una magnifica via su ottima roccia. Fummo veloci e quella volta non ci furono imprevisti di nessun genere.Ritornai ancora sopra al Daviso per cercare altri problemi, trac-ciai un’altra nuova via ma non fu bella come le altre, non stesi neanche la relazione tecnica e la dimenticai.Ho scalato innumerevoli monta-gne in Europa e fuori dall’Europa ma la testata della Valle Grande rimane nell’Olimpo dei miei ri-cordi. E’ per questo che oggi, vedendola spoglia delle sue linee bianche che tanto ho ammirato, provo un po’ di tristezza.costiera Gura Mezzenile

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C.A.I. Venaria

Da 150 anni il Monviso costituisce l’icona del Club Alpino Italiano. In occasione delle ce-lebrazioni per i cento anni di fondazione, nel 1963, anche le Poste Italiane ricordarono l’av-venimento con l’emissione di un francobollo in cui compariva, a pieno campo, il Monviso.Di questa montagna, a cui è legata la nasci-ta del Club Alpino Italiano, caratterizzata da una storia ricca di avvenimenti Giovanni Ber-toglio scrive: “Pareva nato, diremo così, con la camicia, il Monviso. Solitario come il Cer-vino, come la Grivola, ma visibile quello da tutta la pianura degli Insubri… sono passati secoli, ed il Monviso è sempre là, intatto e in-tangibile, difeso più dalla paura degli uomini che dalle sue difficoltà. La curiosità sorta ver-so la natura dalle ricerche degli enciclopedisti trova invece sulle sponde del Lemano l’uomo che spingerà sé e gli altri con inesausta ener-gia alla scoperta delle Alpi…………..”.Il Vesulus è il monte, tra i pochissimi che

Da 150 anni il Monviso…di Giuseppe Manni

possedevano un nome, maggiormente citato nell’antichità classica dove erano noti con il Monviso il monte Caenia (Plinio), i Monti Adula e Ocra (Strabone). Ricordato da Vir-gilio, Pomponio Mela, da Plinio il Vecchio e altri autori latini viene rappresentato, senza nome, in una carta medioevale (Mappamondo detto Borgiano, 1430) decisamente emergente dalla catena alpina e con alla base l’origine del fiume Po.Citato da Dante nel canto XVI dell’Inferno e in uno scritto di Leonardo del 1511 è spesso, con il Mon Gales, l’unica montagna che com-pare nei primi atlanti geografici di questo se-colo (G.Gastaldi, G.A. Magini, G. Mercatore) in cui si trovano anche descrizioni e carte (Fra Leandro Alberto, Gleilkerek) che raffigurano la vetta del Monviso e un laghetto. Ora se si può pensare che alla base di ciò vi sia “una leggenda locale diffusa e conosciuta” non è illogico ritenere che detto laghetto sia la rap-

Il Monviso dal Passo della Losetta

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l ’Annuario 2013

presentazione approssimativa del Ghiacciaio pensile Coolidge, che sorge nella parte alta della montagna e può essere assimilato a un lago ghiacciato.Nel 1627 viene pubblicata a Cuneo una “Re-latione di Monviso et dell’origine del fiume Po” dell’abate Valeriano Castiglione, sto-riografo milanese, a cui è allegata una carta topografica di Giacomo Antonio Biga. L’aba-te parte a cavallo da Crissolo e raggiunge il “prato che chiamiamo del Re” quindi pro-seguendo a piedi tocca le sorgenti del Po, il Lago Losetto inferiore e il Lago Soprano dal quale contempla e viene tentata una misura-zione del “Monte Vesulo, il più alto delle Alpi Cottie…… di figura piramidale alto trabucchi 544…..” ossia 1675 metri (da sommarsi alla quota del Lago Soprano).Occorre compiere un balzo di circa 200 anni per incontrare un nuovo fatto interessante che riguardi il Monviso. Nel 1833 e 1835 viene pubblicata la “Statistica della Provincia di Saluzzo” di Eandi in cui compare una carta del Monviso frutto del lavoro del capitano Felice Muletti e del geom. Domenico Ansaldi su commissione dello stesso Eandi. In questa

carta vengono am-piamente descritte le valli d’accesso, passi e punte secondarie. Nell’appendice della “Statistica”, pubbli-cata nel 1835, non solo si ipotizza la possibilità di salita della montagna lungo il versante Sud, ma si riferisce che il geom. Ansaldi il 24 agosto 1835, con due com-pagni, l’abbia tentata raggiungendo una quota intorno ai 3700 m. Fermatosi a que-sta altezza per la neb-bia giudicò gli osta-coli, che il maltempo ingigantiva, difficili ma superabili.Intorno al 1860 inizia

la conquista delle grandi montagne delle Alpi Occidentali. Nel 1859 cade La Grivola, nel 1860 il Gran Paradiso e nel 1861 il Monviso. I primi salitori G. Mathews, T.W.Jacomb con G.B. e M. Croz effettuarono l’ascensione il 30 agosto 1861 grazie anche ai suggerimenti di J. Ball che invitò Mathews ad esplorare il versante meridionale della montagna.La seconda ascensione è di F. Fox Tuckett con M. Croz, P.Perren e Bartolomeo Peyrot (por-tatore e primo italiano sulla vetta del Monvi-so), quindi il 12 agosto 1863 Quintino Sella, Paolo e Giacinto Ballada di S. Robert, Gio-vanni Barracco con R. Gertoux, G.Badolino, e G.B. Abbà effettuano la terza ascensione as-soluta e prima italiana.A seguito di questa salita Quintino Sella scri-verà a Bartolomeo Gastaldi una lunghissima lettera (si veda R.M. genn-febb 1963) che può essere considerata come il manifesto di fon-dazione del Club Alpino Italiano. Tra le tante pagine che la compongono non si può dimen-ticare la chiusura che rende l’idea di cosa fos-se l’alpinismo pionieristico: “Questa nuova salita sul Monviso varrà a porre fuori dubbio come essa si possa fare e presto e (relativamente

Anno 1627: operazioni di misurazione dell’altezza del Monviso(disegno tratto dal volume: le grandi Alpi nella cartografia, vol. II di L. e G.

Aliprandi, Priuli e Verlucca editore, per gentile concessione)

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parlando) facilmente. La è una gita che da To-rino si compie comodamente in quattro giorni e può quindi raccomandarsi a chiunque voglia farsi un’idea delle incomparabili soddisfazioni che si provano nei viaggi alpini”.Il Club Alpino Italiano viene fondato il 23 ottobre 1863 con l’assemblea tenutasi al Ca-stello del Valentino e con l’adesione di circa 200 fondatori di ogni parte d’Italia. Il primo

presidente eletto è il barone Fernando Perrone di San Martino.

bibliografia1 Leonardo da Vinci e le Alpi di G. Uzielli in

Bollettino 1889, 81

2 Il Monviso di Giovanni Bertoglio e Una salita al Monviso di Quintino Sella in RM 1963 genn-febb.

3 Guida del Monviso di Severino Bessone – CAI Sez. di Torino 1957

4 Monte Viso-Alpi Cozie Meridionali di Mi-chelangelo Bruno-CAI-TCI 1987

5 Josias Simler et les origines del l’alpinisme jusqu’en 1600 di W.A.B. Colidge-Greno-ble 1904

6 Scoperta e conquista delle Alpi di Aurelio Garobbio-Baldini e Castoldi 1955

7 Le grandi Alpi nella cartografia di Laura e Giorgio Aliprandi-Priuli e Verlucca editori 2007Francobollo celebrativo “centenario CAI”

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E’ una bella giornata; anche oggi come tutte le domeniche, sono in montagna. Zaino in spalla e via.Parto sempre con un sospiro di chi non è certo di farcela.Il primo tratto è nel bosco, mi piace molto il suo odore; quando vengo in montagna non mi lavo neanche la faccia, solo i denti, voglio sentire bene i suoi profumi.Esco nei prati, si apre un bel panorama, cerco subito di indi-viduare la mia meta, do un’occhiata alla carta per esserne certo. Scavalco un ruscello, seminando il panico tra giovani piccole rane, mi sono sentito Gulliver, poi alzo gli occhi e mi sento lillipuziano.Passo una pietraia, ci sono degli ometti ad in-dicarmi la via, ne sistemo uno che è franato; in alto su una roccia scorgo, in controluce, la sagoma di un camoscio; forse mi osserva; sul sentiero una cavalletta fugge nella mia direzi-one, sembra accompagnarmi.Mi fermo a bere, sto sudando molto; guardo l’ora e l’altitudine, trecento metri di dislivello ancora, la punta mi appare lontana.Riprendo a camminare, fischi di marmotte sembrano prendermi in giro, come il tifoso con il calciatore che non corre abbastanza.Devo coprirmi un po’, il vento è fresco, il colle è vicino. Nell’ultimo tratto, quando capisco che sono quasi arrivato, passa la stanchezza e aumento il passo; inizio a vedere dall’altra parte della cresta, mi emoziona sempre, ep-pure di là non ci sono che altre montagne e vallate, posti in cui sono già stato. La pros-

Filosofia dell’Escursionismodi Davide zangirolami

estratto da “Manuale di Escursionismo”

pettiva, però, è sempre diversa; la natura, il tempo, la stagione, non si ripetono mai.Quando arrivo in punta sono felice, soddisfat-to, eppure come diceva Hegel, sono solo sopra un cumulo di sassi. Forse sono pazzo, e molti potrebbero confer-marlo, visto le decisioni che ho preso nella vita.Sono in piedi in equilibrio sul sasso più alto, contento come un bambino.Guardo lontano i ghiacciai, la vastità delle montagne, guardo le nuvole sotto di me, guar-do il mio paradiso.Sento l’aria fresca e il calore del sole.Ascolto il fruscio del vento e il battito d’ali di un gracchio alpino, ascolto il silenzio.Respiro l’odore puro dell’aria, respiro la se-renità.Penso a me, alla mia vita, penso alle tristezze e alle gioie, penso all’amore.Non sono religioso, ma dentro il mio cuore ho una cosa grande.Sento che salirò le montagne per sempre.

(foto: D. Zangirolami)

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Tempo fa sul sito www.gulliver.it ho letto la descrizione di una traversata che da Bal-massa, una località situata sopra ad Alpette in bassa Valle Orco, giungeva in vetta alla Bellavarda ed era stata compiuta in 2 giorni da franco@A camminando per circa 18 ore. Questo percorso mi ha fatto venire l’idea di inventarmi una lunghissima traversata di cre-sta sullo spartiacque che divide la bassa Valle di Lanzo da quella dell’Orco, partendo però dalla pianura. Ho fatto questa traversata ad inizio estate per utilizzare il massimo numero di ore di luce e darmi quindi un margine teo-ricamente sufficiente per poterla compiere in una sola giornata.Era ormai da qualche tempo che pensavo a questo giro e mi allenavo, sia portando sem-pre con me moltissima acqua per fare peso, sia scegliendo gite con un forte dislivello e un grande spostamento. Anni fa mai mi sarei

Traversata CuorgnèBellavarda – Vonzo (23 giugno 2012)

di Roberto fausone

Croce sulla Bellavarda (foto: R. Fausone)

sognato di fare salite anche ”solo” con 1800-2000 metri di dislivello o con più di 15-18 chilometri di percorso e invece negli ultimi anni eccomi qua a scegliere gite con sempre maggiore dislivello e lunghezza. Eppure c’è una molla dentro di me che mi spinge a fare queste scelte, e dislivelli prossimi ai 2000 metri li percorro molto frequentemente. Chis-sà fino a che punto avrò voglia di spingermi? Eccomi al giorno fatidico! Parto una ventina di minuti prima dell’alba dalla Piazza Martiri della Libertà di Cuorgnè ed in breve arrivo alla Cappella di S. Giusto da dove inizia la bella mulattiera segnata con il numero 406. Supero alcune borgate e arrivo a Giaudrone, dove l’anno passato feci una lunga uscita cre-puscolare con l’amico Maurizio. Conosco ab-bastanza bene il prossimo tratto del percorso ma procedo con alcune difficoltà poiché mi manca l’energia e credo che la causa princi-

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pale sia il caldo patito l’ultima settimana sul lavoro che è stato veramente massacrante! Vado avanti a barrette energetiche, ma nean-che dopo la terza (che per me è una quantità enorme), riesco a procedere meglio. Crackers e poi cioccolato, insomma sto facendo fuori tutti i viveri ma sempre senza benefici, poiché non riesco a trovare il ritmo dei giorni migliori. Ovviamente sto procedendo lentamente rispet-to alle mie abitudini e sto faticando molto più di quello che sarebbe normale. Tutto questo sta succedendo nonostante che, sia alla partenza, sia in questo primo tratto di bosco mai troppo fitto, ci sia una gradevole brezza fresca. Insom-ma conosco troppo bene le mie reazioni in mon-tagna da non sapere come controllarle per riu-scire a continuare, pur sapendo che mi aspetterà un percorso veramente interminabile.Arrivato a Monsuffietto incontro 3 pastori con i quali mi soffermo a parlare un po’ e si stupiscono alla scoperta del percorso che vo-glio fare. Uno dice che non arriverò neanche al lago di Monastero, mentre un altro crede molto di più nella possibilità che potrei farcela.

Ovviamente so che questo potrebbe es-sere l’ultimo posto dove trovare l’acqua e ne approfitto come ho fatto finora a ogni fontana, anche perché ho con me ben 3 litri e mezzo di liquidi, ma di più non potevo proprio portarne!Proseguendo un po’ meglio salgo la sempre faticosissima Cima Mares dal Colle della Bassa e dopo avere incontra-to il primo escursionista della giornata, arrivo al Monte Soglio dove ne incon-tro un secondo che sta apprestandosi a scendere da dove è arrivato. Scambia-mo alcune impressioni sulla giornata e quando sa delle mie intenzioni e che sono ormai a corto di viveri mi dice: “Io sto scendendo e ormai non ho più bisogno di energia e ti lascio di cuore quanto ho ancora, cioè una banana e una barretta proteica”. Io accetto mol-to volentieri ed è in questo momento che entra prepotentemente nei miei pensieri una delle idee che ho della montagna. Innanzitutto solidarietà e condivisione anche con lo scono-sciuto e, infatti, non saprò nemmeno

come si chiama l’escursionista benefattore. Proseguo sulla cresta e faccio immediata-mente fuori la banana vedendone subito i be-nefici. Non passa molto tempo prima di man-giare anche la barretta regalatami e vedo che finalmente le gambe iniziano a girare bene. Ho in pratica salito metà del dislivello con difficoltà fisiche molto evidenti, ma ora tutto sembra cambiare. Era ora!Salgo velocemente l’Uja e sempre in traversa-ta, tocco il Bric Volpat incrociando un giova-ne escursionista, poi l’Angiolino e la Vacca-rezza. Finora la giornata si è mantenuta bella, tenendo lontana la preoccupazione causata dalle previsioni meteo non fantastiche per il pomeriggio. Proseguo sempre in cresta, le nebbie arrivano a coprire tutto; prima sono rade poi s’infittiscono e corrono su per i pen-dii portando talvolta con sé delle folate di aria quasi bollente.Dopo il Monte Croass, la cresta si fa certa-mente più impegnativa e un po’ esposta ed ora la traccia scompare quasi del tutto, ma essere qui avvolto da queste nebbie è affascinante e

Cresta per l’Angiolino e la Vaccarezza (foto: R. Fausone)

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provoca emozioni molto intense. Continuo a camminare e guardarmi intorno senza sosta mentre proseguo per la vetta successiva che mi porterà in quota sopra al lago di Monastero, insomma avrò ancora un lungo tratto, ma sono ormai arrivato nella parte finale del tragitto. Superata anche questa vetta, scendo per prati ripidissimi fino al Colle di Perascritta che deve il nome a un masso pieno di incisioni e, poco più in basso, incontro 2 ciclo-escursionisti. Col-go l’occasione di questo incontro per chiedere se hanno dell’acqua da darmi e siccome l’han-no presa poco sotto a dove ci troviamo, me la daranno ancora freschissima. Nuovamente mi torna in mente il concetto della solidarietà in montagna.Qui faccio la mia prima vera sosta di una ventina di minuti. So che potrebbe sempre arrivare la pioggia da un momento all’altro, ma direi che me la sono proprio meritata! Dopo la sosta, continuo la mia salita verso la Rossa, la supero e poi scendo lungo la sua ripidissima cresta Ovest fino al Colle della Gavietta. Ormai mi rendo conto che è fatta, ma il timore della pioggia mi consiglia di sal-tare la Punta Marsè per puntare direttamente alla Bellavarda percorrendo un sentiero molto esposto. Arrivato all’Alpe Soglia che è posta esattamente sotto la direttrice di vetta della Punta Marsè, trovo una graditissima sorpre-sa: una fontanella alla quale dissetarmi e prendere acqua fresca da portare con me per questo ultimo tratto del mio lungo viaggio. Dall’Alpe Soglia seguendo un discreto sen-tiero punto direttamente all’ultima cima del-

la mia traversata che è però ancora distante. Raggiungo la Bellavarda senza alcuna diffi-coltà e mi sento finalmente arrivato! Pec-cato solo per le nebbie che spesso coprono il paesaggio, ma la soddisfazione è veramente grande. Sosto un quarto d’ora prima di inizia-re l’ultima discesa che mi porterà a Vonzo, e durante questo tratto incontrerò la mia prima vipera dell’anno. Arrivando a Vonzo mi met-to in contatto con chi mi verrà a recuperare e che “purtroppo” sta già arrivando. Già! È un vero peccato, perché avrei certamente prose-guito volentieri e senza difficoltà ancora al-meno fino a Chialamberto nel fondovalle, ma non posso permettermi di perdere il passag-gio vista la distanza che mi separa dall’auto. Tale percorso si è rivelato essere la salita più lunga che abbia mai compiuto finora, e in par-ticolare per ciò che riguarda la distanza. Alla fine il giro sarà superiore ai 32 chilometri e con ben 3150 metri di dislivello ed in fondo impiegherò “solo” poco più di 12 ore, soste comprese. Per informazioni sul percorso ve-dere il sito internet: www.gulliver.it.

Alcuni dati sul percorso:dislivello: 3150 mdistanza: 32 kmpartenza: Cuorgnè Piazza Martiri

della Libertà (414 m) arrivo: Vonzo (1200 m)Vette salite: C. Mares; M. Soglio; C. dell’Uja;

Bric Volpat; C. dell’Angiolino; M. Vaccarezza; M. Croass; P. dell’Aggia; La Rossa; Bellavarda

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Foto Archivio Sezione Cai Venaria

Salita a Punta Udine 3022 m

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Piani di Verra al rientro dal Palon di Resy

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Dolomiti - Torre Toblin

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Scuola Escursionismo G. Berutto1º Corso Escursionismo in ambiente innevato

Verso il Rifugio Giacoletti sullo sfondo il Monviso

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Cicloescursionismo il “Riposo” dei mezzi

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Verso la Cima Alta Lucesullo sfondo il Monte Rosa

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Cicloescursionismo verso il Col Entrelor

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Scuola G. Berutto2º Corso base di Escursionismo - Guglia Rossa 2548 m

Verso la Guglia Rossa2º Corso base di Escursionismo - Scuola G. Berutto

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Pronti per la partenza...

Tutti in fila...

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Scuola di sci - La Toussuire

Sosta a Prarotto

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La Punta di Mezzenile è una vetta che trac-cia il confine fra l’Italia (vallone della Gura delimitato dal ghiacciaio nord del Mulinet) e la Francia delimitata dalla parte alta del val-lone dell’Arc. La gita era stata organizzata dal Club Alpino sezione di Cuorgnè. Quando il vice-presidente Flavio mi chiese se ero di-sposto a dare una mano per la buona riuscita della gita, la mia risposta fu affermativa con la sola perplessità delle mie capacità tecniche e fisiche di raggiungere la vetta. Il mio entusiasmo era dettato dal fatto che lo scorso anno, in compagnia di due amici alpinisti, Roberto e Maurizio, avevo salito la Punta Corrà e la Torre Bramafam situate vicino alla Mezzenile ma raggiungibili con

Salita alla Punta di Mezzenile(3429 m)

di Renato Rivelli (GiSM)

Le montagne non si conquistano, ma si sognano e si amanoG.P. Motti

difficoltà molto più limitate.In quella occasione ero rimasto intimorito dalla vista dello sperone roccioso che mi si poneva davanti e le mie perplessità erano aumentate quando, alla ricerca di relazioni dettagliate, avevo trovato come uniche infor-mazioni le poche e scarne indicazioni riporta-te sulla Guida dei Monti d’ Italia di G. Berutto e L. Fornelli risalenti a più di trent’anni fa. Proprio per questi motivi, giustamente, nei volantini in cui era pubblicizzata la gita, ve-niva chiaramente indicato che la salita alla Punta Mezzenile (difficoltà: AD+) era riser-vata alle cordate di comprovata esperienza.La gita era stata programmata per i giorni 21 e 22 luglio. Il primo giorno dovevamo arri-

Alla base del ghiacciaio du Mean (foto: F. Chiarottino)

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vare al Refuge des Evettes posto a quota 2590 m, partendo dalla fra-zione l’Ecot, dotata di comodo par-cheggio. Durante il viaggio ho avu-to modo di conoscere qualcuno dei soci che partecipavano alla gita; in particolare vorrei citare Flavio Se-ren, il quale era nello stesso tempo autista del nostro pulmino e valido alpinista. Inoltre mi ha fatto piace-re conoscere Aldo Perino, istruttore INSA CAI Sezione Cuorgnè, il qua-le, alla veneranda età di 73 anni è salito anche lui in punta alla Mez-zenile. Nei suoi confronti ho avuto molta ammirazione e un briciolo d’invidia…Giunti al rifugio abbiamo potuto am-mirare un panorama fantastico sulle vette che sovrastavano i ghiacciai du Grand Mean, du Mulinet, des Sources de l’Arc e quello des Evettes. Le pun-te più appariscenti erano quelle del vicino Mont Seti e du Grand Mean; all’estrema sinistra faceva capolino la Levanna Orientale mentre all’estrema destra si poteva vedere la parete nord della Piccola Ciamarella.Consumata la cena, i gestori ci comunicano che la sveglia, al mattino seguente, sarebbe stata uguale per tutti e cioè alle 4, orario in cui il gruppo più numeroso avrebbe consu-mato la colazione e sarebbe partito per l’Al-baron di Savoia. Di conseguenza il nostro gruppo, costituito da 11 persone è partito alle 4,45 con le pile frontali cercando di tro-vare il sentiero offuscato dal buio e da una nebbia molto fitta che per fortuna in matti-nata si è poi dissolta.Arrivati sul Glacier du Mean ho subito no-tato che la parte terminale del ghiacciaio aveva formato un laghetto, sicuramente ine-sistente 10 anni fa quando col Gruppo Al-pinistico eravamo saliti all’Uja della Gura. Breve pausa e foto a volontà. Ripartiamo dopo aver messo i ramponi ai piedi e deciso le cordate. Fino al Col du Grand Mean non ci sono particolari difficoltà: i pochi crepac-ci sono ben visibili e facilmente evitabili. Da lì però le difficoltà aumentano, infat-

ti, il pendio finale che porta al Colle della Gura presenta tratti con pendenza di 40° e con la parte terminale composta da passaggi di misto con ghiaccio, roccette e terriccio inconsistente. Usando molta circospezione abbiamo raggiunto il colle; davanti a noi compare la punta di Mezzenile, affiancata dall’esile ed aguzza Uja di Mezzenile. Ci togliamo i ramponi e ci apprestiamo ad af-frontare la salita. Sono solo 150 metri di ar-rampicata, ma dove è più agevole passare? Ognuno di noi dà una sua personale inter-pretazione. Per fortuna Marco Blatto, uno dei responsabili della gita, aveva già salito questa vetta e, senza esitare, trova il punto più agevole da cui partire. Io faccio parte della seconda cordata. Inizio la scalata e mi rendo subito conto che le difficoltà princi-pali consistono nella presenza di rocce in-stabili che potrebbero provocare una caduta di pietre sulla cordata sottostante. In questa occasione ho sfornato tutta la mia esperien-za accumulata in salite di creste e di vet-

Uja di Mezzenile vista dal colle della Gura (foto: R. Rivelli)

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Primo tiro verso la Punta di Mezzenile (foto: R. Rivelli)

In punta (foto: R. Rivelli)

te facili dove non è importante superare il grado ma è indispensabile sapersi muovere su terreni d’avventura. Marco Blatto è salito utilizzando all’occorrenza protezioni mobi-li e attrezzando le soste con clessidre, nut e friend. La presenza di alcuni spezzoni di corda ormai obsoleti mi ha fatto capire di essere sulla giusta via. L’ultimo tiro, quello che porta in punta, l’abbiamo fatto di conserva, era un tiro facile ma con alcuni tratti di vetrato! Il panorama dalla punta era stupendo! In uno squarcio di visibilità abbiamo potuto ammirare in lonta-nanza il gruppo del Mon-te Bianco e, molto più vicina, la parete nord del-la Ciamarella con tratti di neve e ghiaccio pur-troppo sempre più esili. Eravamo tutti soddisfatti della salita effettuata ma ormai era giunto il mo-mento di scendere. Una delle possibilità ipotiz-zate con Marco era di costeggiare a livello di cresta l’Uja della Gura, la Punta Corrà, la Tor-re Bramafam e arrivare al colle di S. Stefano. Da qui, salendo allo sperone posto a quota 3120 metri, si sarebbe

potuto scendere dalla cresta di S. Stefano raggiungendo il ghiacciaio sud del Mulinet e infine il sentiero che porta a Forno Alpi Graie, una discesa che avrebbe superato i 2000 metri di dislivello. Questa va-riante era possibile solamente se la visibilità e le condizioni meteo fossero state ottimali. Purtroppo però il versante ita-liano era sovrastato da nebbia e nuvole nere che non promet-tevano nulla di buono e non ci consentivano neppure di valutare in maniera precisa le condizioni della crepaccia

terminale. Per questo motivo e per la stan-chezza che incominciava a serpeggiare den-tro di me, abbiamo deciso che la soluzione più ragionevole era quella di scendere con il gruppo fino alla base di partenza. Come degna conclusione di una gita che ha la-sciato all’interno di ognuno di noi una serie di ricordi molto belli e intensi, non poteva mancare una sosta all’incantevole paesino di Bonneval Sur Arc dove una bibita fresca e un panino ci hanno ridato la forza e la vo-glia di commentare le emozioni vissute in quel week-end in Francia.

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In questa breve cronistoria, si racconta quanto è avvenuto nel periodo dei festeggiamenti per i cinquanta anni di gestione del rifugio Paolo Daviso. Era il 1962, quando il Cai di Venaria Reale accettò di gestire il rifugio, situato nel comune di Groscavallo (Torino), in Val Gran-de di Lanzo, nelle Alpi Graie, a 2.280 m, più precisamente nel Vallone della Gura, anfitea-tro terminale dell’Alta Val Grande di Lanzo. Era l’Italia del boom economico, in cui si volevano dimenticare i sacrifici di un tempo non molto lontano, la fine della seconda guer-ra mondiale, momento dedicato alla rinascita di una nazione. Si sa, la gente di montagna è coriacea e convive col sacrificio, ama un ambiente con cui lotta quotidianamente, un paesaggio che è sinonimo di caparbietà. Non poteva finire quindi che così, rimboccando-si le maniche e ricostruendo là, in un luogo che non è stato risparmiato dalla forza della montagna, con valanghe e avversità natura-li che avrebbero scoraggiato i più. Il Daviso era una scommessa: questo luogo siamo noi,

Rifugio Paolo DavisoLa festa per i 50 anni di gestione della Sezione Cai di Venaria Reale

di Vittorio billera

questo rifugio dobbiamo accudirlo per offrirlo agli amanti della natura. E quindi, da venerdì 29 giugno, iniziando da Venaria Reale, pres-so l’Auditorium della scuola Don Milani, dalle ore 21, si è festeggiato assieme alla cittadinanza, alle autorità locali e ai soci, quest’ambito obiettivo, cinquanta anni inin-terrotti di gestione del rifugio Paolo Daviso. È stata l’occasione per rivedere i gestori che hanno contribuito a questo risultato e tutti quelli che hanno frequentato la sezione ve-nariese e il rifugio stesso. L’occasione per rivedere le generazioni che hanno incontra-to il Daviso, l’hanno vissuto, l’hanno amato e odiato, luogo di partenza per avventure alpinistiche, luogo di arrivo, luogo di me-ditazione. Si è dato il via ai festeggiamenti il 29 giugno, con i saluti della presidentessa Franca Guerra che ha fatto gli onori di casa. Alcune autorità politiche, tra cui il vicesinda-co Paolo Berger e il consigliere della Provin-cia di Torino, Salvino Ippolito, hanno voluto manifestare con la loro presenza e con i loro

discorsi volti a porre l’ac-cento sulla vicinanza alla sezione locale del Cai e «l’infaticabile diffusione del rispetto della natura e della montagna. Esempio per le giovani generazioni, esempio di coerenza per la comunità, che si evince anche dalla loro passione con cui svolgono la loro opera di volontariato». Uno scambio tra le parti ha siglato il momento d’in-contro. La presentazione di testi sulla montagna, come il libro di Giuseppe Manni “Alpi Occidenta-Rif. Daviso 8 luglio 2012 - Festa dei 50 anni di gestione

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li esplorazione e conquista – dalle origini al 1890”, e, a sorpresa per la platea della scuola Don Milani, la pubbli-cazione a cura della sezione locale del Cai “…e la storia continua – Venticinque anni di gestione del rifugio Paolo Daviso – 1988 – 2012”, di Fe-lice Bertolone, continuazione della storia del rifugio realiz-zata per i primi venticinque anni da Giulio Berutto. Vi è stata anche la gradita parteci-pazione del presidente del Cai di Torino, Osvaldo Marengo, il quale dichiara «il rifugio è una parte di me poiché ne sono stato ispettore e perciò com-prendo l’impegno dei gestori che si sono succeduti nel tempo. Per noi è una punta di diamante che brilla costantemente». Inoltre, i soci Vittorio Billera, Salvatore La Mendola e Battista Riccardo, dopo un’attenta ricerca, recuperando la documentazione anche tra i soci, hanno proposto un filmato con fotogra-fie che hanno ricostruito la storia di questi ul-timi cinquanta anni del rifugio. Poi i canti di montagna, col concerto del Coro Edelweiss, del Cai di Torino. Da sabato 30 giugno la fe-sta si è trasferita in Val Grande di Lanzo, tra Forno Alpi Graie e Cantoira, dove, tra balli, la mostra fotografica “Noi e il Rifugio”, a cura di Alessandro Talpo, spettacoli teatrali (com-movente la pièce scritta da Marco Perazzolo e interpretata da “I Retroscena”, con le musiche dei Crazy4Sax, nel cortile dell’albergo Savo-ia di Forno Alpi Graie), è continuata la festa, dove la sera si è danzato con la tradizione oc-citana. Domenica 1° luglio, dopo i saluti del sindaco di Groscavallo, Giuseppe Giacomel-li, è stato il momento del premio “Montagna viva”, consegnato a chi vive di montagna e per la montagna. Ben cinque hanno ricevuto il riconoscimento: le famiglie Angelo Ala, Mi-chelino Tommasone, Franco Cerato, Daniele Troglia Gamba e l’Azienda Agricola “I Casta-gni”, di Mauro Garbolino. Domenica 8 luglio l’ascensione al rifugio Paolo Daviso, tutti alla ricerca del fresco per festeggiare con un ricco programma, che ha previsto anche la possi-

bilità di salire con un servizio di elicottero. In una giornata che poi si è annuvolata, ma che non ci ha scoraggiato, i tanti soci e amici che hanno raggiunto il rifugio hanno vissuto una festa indimenticabile. La musica di sot-tofondo della fisarmonica, i canti a cappella che partivano di tanto in tanto dalle ugole dei tanti presenti, ha reso ancor più soave il con-vivio. La presenza di alcuni vecchi gestori, gli amici ritrovati di un tempo, i bambini che con tanta fatica, ma con tanto orgoglio hanno raggiunto la meta, ha fatto da cornice a una festa importante per la sezione. È sta-to inaugurato e benedetto il preingresso e il locale scarponi da don Andrea parroco della chiesa di San Abate a Rivoli, poi è seguita la Santa Messa col ricordo dei caduti in mon-tagna, sulle pareti vicine al rifugio e di cui un cippo raccoglie la testimonianza. La po-lentata accompagnata da salsiccia e vino ha compiaciuto i tantissimi ospiti i quali, dopo pranzo, sazi di cibo e pathos, sono scesi a valle. L’intenso programma, svolto ricordia-molo, grazie all’impegno costante dei soci, si è chiuso venerdì 13 luglio a Cantoria, con la presentazione, anche in questo importante co-mune montano, della mostra fotografica “Noi e il Rifugio” e altri appuntamenti. L’augurio è di una lunga vita al Daviso, che già ha su-perato l’esistenza di molti dei suoi visitatori. Il grazie va a coloro che nei diversi modi lo frequentano, a chi ama la montagna e ci ha lasciato il rifugio a sentinella dell’ambiente incontaminato di lassù.

Rif. Daviso 8 luglio 2012 - S. Messa al cippo

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Trekking Dolomiti 2012di paolo filippi

Galleria Monte Paterno (foto: A. Salvagnini)

Nonostante l’estate abbia deciso, con preci-sione diabolica, di lasciar posto all’autunno proprio nei giorni del suo svolgimento il no-stro trekking è, tutto sommato, stato fortuna-to.Fortunato poiché, in barba alle catastrofiche previsioni meteorologiche, siamo riusciti ugualmente a percorrere gli itinerari che ci eravamo prefissati e non sono mancate schia-rite che ci hanno consentito di godere del pa-norama unico di queste famose montagne.Inoltre la cupa atmosfera nuvolosa ha contri-buito a rendere, se possibile, ancora più seve-ri i grandiosi ambienti su cui si sviluppano i tracciati che abbiamo percorso. Il continuo passaggio delle nuvole, che come quinte teatrali, aprivano e chiudevano l’oriz-zonte, svelando ora una serie di guglie, ora una parete vertiginosa oppure una verde val-lata coperta di boschi, rendevano il percorso sorprendente con immagini, a volte repentine, che penso rimarranno sicuramente per noi tut-

ti difficilmente dimenticabili.Anche la pioggia che ogni tanto ci ha accom-pagnato e pure una breve e leggera grandinata (non ci siamo fatti mancare niente) ci ha con-sentito comunque di arrivare ragionevolmente asciutti nei vari posti tappa.Ognuno di noi ha vissuto a modo suo questa esperienza traendone impressioni e ricordi del tutto personali. Per quanto mi riguarda ne conserverò un bellissimo ricordo. Sia per la suggestione di attraversare queste montagne, veri simboli della storia dell’alpini-smo di tutte le epoche: chiunque sia appassio-nato di montagna conosce le grandi imprese dei più celebri alpinisti di tutti i tempi realizzate su queste pareti, note per la loro ardita bellezza.Sia per l’impressione suscitata da ciò che ri-mane delle opere che testimoniano le incredi-bili ed eroiche imprese sia degli alpini che dei kaiserJager nella prima guerra mondiale: le ferrate, i sentieri attrezzati, le fortificazioni e le gallerie che attraversano creste e pareti per

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ogni dove ricordano l’enorme sforzo e la vita eccezionalmente difficile vissuta da questi uo-mini, purtroppo per una causa così feroce ed impietosa come la guerra. Infine non ultimo i compagni di viaggio sem-pre allegri, disponibili, spiritosi e soprattutto dotati di un’ottimismo inossidabile e contagioso anche il primo e secondo giorno in cui, date le condizioni meteo e soprattutto le previsioni per i giorni a venire, sembrava impossibile realizzare alcunché di ciò che avremmo voluto fare.

Il primo giorno arriviamo al Rif. Auronzo immerso nelle nuvole, non piove. Dopo il caffè d’obbligo partiamo per il Rif. Locatel-li. Le nuvole si alzano un po’ ed alla Forcella di Lavaredo riusciamo a vedere la base del-le mitiche pareti nord e dello spigolo giallo che ne costituisce l’inizio delle stesse sul lato orientale. Più tardi, giunti al Locatelli, le nubi si alzano ulteriormente lasciando finalmente scoperte a tratti le Tre Cime, il Paterno e la Torre di Toblin. Le nostre speranze per il giorno dopo vengono notevolmente ridimensionate dal gestore del rifugio che alla domanda sull’anda-mento del tempo inizialmente non risponde a parole ma con un’espressione del viso che non lascia dubbi, confermata dal successivo verdetto “brutto tempo fino a Giovedì”.Al mattino della Domenica infatti il tempo è orribile, tutto è coperto da una spessa coltre di nubi e piove ad intermittenza. Nessuno vuole stare fermo ad annoiarsi in rifugio e così deci-diamo di visitare le gallerie del Monte Paterno, se non altro non saremo esposti alla pioggia. Al ritorno da questo giro mattutino, nonostan-te l’inclemenza del tempo, Io, Carlo e Carla ci consultiamo sull’opportunità di salire co-munque al Paterno, mentre discutiamo sulla fattibilità di percorrere questo itinerario arriva Angelo che propone invece di andare alla Torre di Toblin, è sicuro che migliorerà. Il tempo gli darà ragione, nel pomeriggio infatti le nuvole si aprono consentendoci di percorrere la ferrata in alcuni tratti persino al sole e soprattutto per-mettendoci di godere dello spettacolare pano-rama. Inoltre l’opportunità di poter telefonare a casa, cosa impossibile per assenza di segnale dal rifugio, trasforma per qualche minuto la cima in un call center. Alla sera tutte le vette

sono scoperte e compare perfino qualche stella.Lunedì mattina il cielo è completamente nu-voloso ma le punte compreso il Paterno, nostra meta, sono al di sotto della copertura. Ci pre-pariamo e partiamo inseguiti da una trentina di AlpenJager dell’esercito Tedesco giunti al rifugio il giorno precedente. Ripercorriamo le gallerie ed alla fine di queste, dopo esserci im-bragati, proseguiamo sulla facile ferrata prima verso la Forcella del Camoscio e poi, deviando dal percorso, verso la cima del Paterno. Ritor-nati alla forcella salutiamo Carlo e Carla che torneranno al loro camper parcheggiato appena sopra il lago di Misurina. Noi proseguiamo su di uno splendido sentiero attrezzato scavato nella roccia allietati da un fugace e timido temporale che, oltre alla pioggia, dispensa una brevissima grandinata. Dopo esserci fermati al Rif. Pian di Cengia, deliziosa piccola struttura tutta in legno, per mangiare e riposarci scendiamo al Rif. Zsig-mondy – Comici al cospetto della parete nord della Croda dei Toni.L’ultimo giorno di vera traversata in quota pre-vede il percorso del “Sentiero degli Alpini” , tragitto grandioso per ambiente e lunghezza che, sotto una breve pioggia, oltre che ai soliti splendidi scorci su appicchi e pareti aggettan-ti, ci regala l’attraversamento di una gagliarda cascatella praticamente a picco sull’unico pas-saggio possibile. La parte del sentiero che si sviluppa sul versante Nord della Cima Undici, subito dopo l’omonima forcella è notoriamente la più pericolosa in presenza di neve. Non es-sendoci traccia di quest’ultima il percorso del sentiero attrezzato risulta piacevole e facile. Dopo una breve ferrata un sentierino conduce al Passo della Sentinella. La discesa da questa al Rif. Berti, già perfettamente visibile, richiede una certa attenzione poiché, data la pendenza e la consistenza del ghiaione è facile scaricare su chi sta più in basso sassi di varia dimensione. Arriviamo al Rif. Berti dove Angelo, finalmente dopo tanto tedesco, trova un gestore veneto.Mercoledì dal rifugio scendiamo nella Val Padola per ricongiungerci con gli amici escursionisti. Il percorso non ha storia se non fosse per la bellezza di questa valle, la vista della Cima Undici a cui abbiamo gira-to intorno ed il Passo della Sentinella lassù, alto, all’orizzonte.

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DOLOMITI 2012di Giuseppe Masieri

Quando Angelo circa 10 mesi fa propose que-sta vacanza escursionistica sulle Dolomiti io e mia moglie Susanna ci trovammo entusiasti dell’ idea e ci iscrivemmo subito.Furono organizzati 2 gruppi, uno pensato ad una escursionistica “dolce” alla portata di tutti, l’altro più impegnativo indirizzato alle vie ferrate.Io e Susanna aderimmo al primo, personal-mente per me un po’ a malincuore visto che durante questi anni di frequentazione del Cai di Venaria l’ambiente e lo spirito dei suoi soci mi hanno stimolato a voler provare nuove esperienze per scoprire e amare la montagna.Le gite escursionistiche organizzate nei 3 giorni utili, tolto i viaggi di andata e ritorno avevano le seguenti mete: giro attorno alle Tre Cime di Lavaredo, dal passo Tre Croci al rifugio Lorenzi, dal rifugio Bosi al Monte Piana, pernottamento e ristoro per l’intera va-canza il Rifugio Auronzo a 2330 m.Premetto che le condizioni metereologiche

non hanno di certo favorito il nostro sog-giorno sulle Dolomiti ma sicuramente non hanno inciso sul morale e sullo spirito di adattamento del gruppo che, coordinato in maniera esemplare da Anna, si è adattato alle variazioni sbarazzine del tempo con decisio-ni condivise da tutti e senza inutili e contro-producenti polemiche.Arrivati a destinazione nel pomeriggio inol-trato, troviamo la nebbia che avvolge il ri-fugio. Il freddo ma soprattutto il vento ci intirizzisce la pelle; qui a malincuore ci sepa-riamo dal gruppo delle ferrate che prosegue verso il rifugio Locatelli distante circa h 1.30 e ci sistemiamo nelle camere assegnate.Il personale è accogliente ed il rifugio dimo-stra tutte le sue potenzialità ricettive. La pre-senza di un grande salone dove si pranza e si soggiorna ci offre una bellissima vista verso le montagne circostanti.Visto il tempo perturbato, il giorno dopo de-cidiamo di visitare alcune località della Val

Finalmente tutti insieme! (foto: G. F. Pinarello)

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Pusteria, cosiddetta “valle verde”: Dobbiaco, poi Brunico e prima di rientrare al rifugio una capatina al lago di Misurina.Una giornata per cosi dire dedicata al ter-ritorio e alle sue bellezze, all’attenzione che gli abitanti di queste zone dedicano al proprio ambiente e alle proprie case, i cui balconi sembrano veri e propri giardini sospesi. Non sono mancati gli acquisti di prodotti locali, cartoline e qualche ricordino per i propri cari.La giornata “clou” è sicuramente quella del giro attorno alle Tre Cime di Lavare-do, un percorso con qualche difficoltà ma appagato da viste mozzafiato. Ci sono stati momenti veramente emozionanti quando anche Anna e Claudia, tra virgolette le per-sone che si pensava avessero più difficoltà nel completare l’escursione, sono arrivate, prima al rifugio Locatelli e poi di ritorno al rifugio Auronzo. Tanti abbracci e compli-menti sinceri accompagnati da qualche lacri-ma delle nostre “eroine”.Le serate al rifugio fanno storia a se, in fondo anche se ci si conosce tutti, i momenti che si trascorrono insieme a cena seduti tutti at-torno a un tavolo e vicino a un bel camino che ti scalda, condividendo le emozioni della giornata oppure raccontando di se, fanno ap-prezzare e scoprire la qualità delle persone e ripagano l’animo come e forse ancor più di qualche gita non realizzata.Il penultimo giorno, visto che la pioggia non si era dimenticata di noi per tutta la mattina-

ta, abbiamo optato per una visita a Cortina, località famosa per le frequentazioni vip e... per i controlli della Guardia di Finanza. Dal primo pomeriggio invece con il sopravvenire del bel tempo ci siamo avviati verso quella che era la nostra meta programmata, il Monte Piana e, avendo solo mezza giornata a dispo-sizione parecchi di noi hanno deciso di uti-lizzare il servizio jeep che da Misurina porta fino al rifugio Bosi, per poter poi passeggia-re con più calma su questa montagna ricca di storia e di sofferenza ma anche con delle viste spettacolari a 360 gradi sulle più belle montagne delle Dolomiti.Nel percorrere questa grande cima piatta, simbolo degli scontri fra Italiani e Austriaci nella prima guerra mondiale, si viene circon-dati da resti di trincee e gallerie scavate dai soldati e da simboli di pace nel ricordo dei caduti come le croci o la campana comme-morativa. Tutto ciò suscita per chi visita que-sti luoghi non solo tristezza ma anche il senso di assurdità che la guerra lascia, quando la si rivive a distanza di tempo e da spettatore.E’ arrivato il giorno della partenza e del ri-congiungersi con il gruppo delle ferrate. An-che questo è stato un semplice ma intenso momento di allegra comunanza con scambio di abbracci, strette di mano ed emozioni. Il raccontarsi attraverso parole e foto sul pul-lman, tutti insieme, fino a casa.... ne è la de-gna conclusioneAngelo, per favore, prenota le Dolomiti an-che nel 2013!

P. Iva 01854880018

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CIMA ALTA LUCE o “Hochlicht” 3184 m

di Maria Vittoria Richetto

“Ascolta la saggezza del silenziolasciati cullare da sussurri del vento tra le rocce

assapora la pace…e ama…” (anonimo)

Ogni esperienza comporta una certa fatica. Oggi la tecnica offre tutto subito, solo pre-mendo un pulsante, o ingoiando pillole o cambiando canale! E ti dicono che se fati-chi significa che qualcosa non funziona... ma porca miseria! PROMESSE: nell’azione vedi poi inequivocabilmente se mantengono o no. Orbene, leggendo sul mio PC, l’avviso di una gita Cai Venaria, inviatami dal solerte zelan-te e iperattivo Aldo, decido di parteciparvi. Premessa: dall’inoltrata primavera e per tutta l’estate, ho perseguito il peso ideale!! Essen-doci riuscita alla grande, e quindi non avendo più troppo fardello addosso, rientro nei “pan-

tatrekking” del 2008, e mi concedo uno…sconfinamento. Luglio e agosto li ho trascorsi quasi sempre in montagna, e ho camminato parecchio, però mai così in alto. Ce la farò? Certo la meta è allettante ma…Incoraggiata da Giuly, dal Marretta e da al-cuni amici (che sanno esserlo veramente, che non sono solo un aggregato di individui) e che in fondo mi vogliono bene, mi ritrovo al fon-do della valle di Gressoney, in località Staf-fal. Siamo un bel gruppetto, 25 persone che si fiondano velocemente in un bar per un caffè “risvegliatore”. Nota dolente: le pochissime

Ghiacciaio del Lyskamm visto dalla cima Alta Luce (foto: M. V. Richetto)

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verso cima Alta Luce (foto: M. V. Richetto)

brioches finiscono in un attimo, la delusio-ne è ben dipinta sui volti dei “rimasti senza” peccato. Mesti ci avviamo a prendere la fu-nivia fino all’alpe Gabiet, e qui gli over 60 invano chiedono la riduzione del biglietto. Da queste parti le riduzioni sono solamente per gli over 80. Eh! si, i tempi cambiano, la vita s’allunga… Un tempo, a quest’età si poteva andare al massimo <a badanti>, non all’Alta Luce. Boh! E’ già allettante l’idea di evitare i 550 metri di dislivello, che ritorna il sorriso su molti volti. Gli accompagnatori, Davide e Ste-fania si attivano diligentemente e compattano il gruppo che rimane tale per una mezz’ora, poi ciascuno con il proprio passo, lemme lemme inizia la salita. Seguiamo il segnavia 6A, superiamo pianori lasciando indietro un paio di piccoli laghetti e cominciano ad arri-vare pendii più marcati… e la Maria Vittoria “tranfia”. La mia ormai “personal trainer”, Stefania, mi consiglia una sosta e uno spunti-no. Accetto e mi rincuoro ripartendo baldan-zosa. E’ un sentiero ben marcato e devo dire agevole, anche se i balzi di pietrine e pietroni mi “sfraccano” le caviglie. Ormai sono quasi tre ore che cammino, sperando di farmi cosa gradita, chi gentilmente adegua il suo passo al mio, mi indica l’ormai visibile cupolone

della cima… Ohi! Ohi! Ho un motto interio-re di scoramento, e poiché mi viene proposto di alleggerirmi dello zaino, accetto! Cavalier Francesco ha vinto la gara e lo sottrae alla ge-nerosa madamigella Stefania. Questa gara di solidarietà, in alta quota mi rinfranca, ma un vuoto di stomaco e un lieve giramento di te-sta subito dopo, obbligano il buon Davide, già quasi alla cima, a tornare… per portarmi della cioccolata. Gesù, erano mesi che non ne vede-vo neanche la carta (sic! la dieta)…non ricor-davo più quanto è buona. Guarda cosa deve fare uno per peccare di gola. Un po’ di ometti sparsi qua e là sul tragitto, i segni gialli sulle pietre, sempre più scarsi e il demordere della ripidità mi stanno dicendo che sto arrivando alla campanella della vetta. Yes you can? Certamente, fatto! Mi ci vuo-le un momento per riprendermi e gustare il grandioso panorama verso le vette del crinale di confine, le cime, i ghiacciai del Lyskamm. Assaporo il tutto, ristorata da una brezza rige-neratrice, apprezzo il sorso d’acqua, e il ripo-so, e i complimenti del gruppo. Il panorama di questo anfiteatro, visto dai 3184 m dell’Al-ta Luce, è mozzafiato. Grazie organizzatori, amici, solerti sentinelle dei “caini” lenti. An-che questa è felicità!

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AIGUILLE DIBONA 1981di Renato Vendramin

La telefonata dell’amico Angelo Gaido, dal pinerolese, non poteva che giungere gradi-ta. L’uggiosa pioggia che da qualche giorno è continua, non lascia previsioni rosee per questo fine settimana, dove un cambiamento al bello sembra assai improbabile. Incredibi-le, Angelo per questo week and, mi propone una salita di roccia in Delfinato. Ma, ribatto io, con questo tempo pessimo, non ci penso nemmeno. Lui incalza perorando la sua causa: “dai pigrone, ti sto proponendo una salita ma-gnifica, vedrai il tempo migliorerà e tornere-mo soddisfatti”. Insomma, dopo svariati “ tira e molla” mi propone un’alternativa: partire, fare tappa in trattoria a Castel del Bosco nel comune di Roure, a mangiar lumache, eppoi se il tempo persiste al brutto, si rientra a casa. Vabbè! mi lascio convincere, e con ancora nel-le orecchie l’eco delle sue parole, del suo de-cantarmi la salita, e del bel tempo che arriverà e che… bla… bla… bla, faccio i preparativi. Scopro che altri due amici, Beppe e Cesare, ci raggiungeranno domenica e faranno con noi la salita alla Dibo-na. Ed eccoci qui, con le gambe sotto il tavolo a mangiar lumache, ma del bel tempo, neanche un accenno, anzi continua a piove-re. Il “diavoletto tentatore” torna alla carica: “fuma parei” (facciamo così) saliamo al Sestriere, poi giun-ti a Cesana… ri-facciamo il punto, “che ti costa, tanto a casa devi tornare no”? Desisto dal ribattere, e ci ritro-viamo in Delfinato,

al cospetto del massiccio montuoso Meije-Ràteau-Soreiller, dove ci fermiamo nel gra-zioso paesino di La Berard. “Questo paese ha un’anima fatta di spazio. Esso ha bisogno di molta aria e molto cielo per respirare” Gaston Rebuffat.Il mio umore nel frattempo era cambiato in meglio, ero alla “Mecca” dell’alpinismo fran-cese dopo Chamonix, non potevo che essere entusiasta. Angelo era un buon ragazzo, un ot-timo arrampicatore sia su roccia che su ghiac-cio, ma altrettanto un buon bevitore e soprat-tutto un incallito fumatore. Viaggiare con lui nella “Fiat 500” era come viaggiare in una ca-mera a gas! Altro che ossigenarsi, non solo, ri-schiavo anche la salute, poiché i finestrini era-no costantamente aperti per via dei… fumi. A la Berard ormai è sera, e oltre al buio scende pure la nebbia; non sapendo dove chiedere informazioni, bivacchiamo sotto il tetto spor-gente di un gran roccione, intravisto entrando in paese. Che Albergo! A debita distanza, ci accingiamo a passare la notte, non fa freddo,

Aiguille Dibona (foto: F. Marretta)

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Aiguille Dibona visto dal Rifugio Soreiller (foto: F. Marretta)

è questa nebbia che crea umidità. Alle quattro del mattino una pioggerellina che dovrebbe conciliare il sonno, a me fa venire il nervoso. Verso le otto non piove più. Stiracchiando-ci, ci prepariamo a lasciare… il bivacco. La nebbia dirada, se ne va veloce fino a lasciar-ci intravedere sprazzi di cielo azzurro. Poche ciance, zaini in spalla ci incamminiamo verso il Rifugio “du Soreiller”a 2719 m. Ci arrivia-mo verso le undici, e prenotati i posti letto, usciamo a guardarci intorno. Che meraviglia! Mai visto una guglia, un obelisco di pietra simile, incute un rispetto riverente. Aiguille Dibona, vista dal Rifugio si direbbe un ago piantato lì, tra i sassi, l’urlo pietrificato. Inten-diamo fare la via Boell, Berthet, Stofer. Bene, mi dico, domani ti saliremo, oggi ci godiamo la stupenda giornata di sole, dopo tanta piog-gia. Il tempo pareva non passare mai. C’era fermento dentro e fuori dal rifugio, ragazzi con corde e attrezzatura, che “entravano” in quel circo di pietre disperdendosi per le varie vie. Io e Angelo ci siamo guardati un attimo, poi senza profferir parola e, preso il materia-le che reputavamo occorente partiamo anche noi. Angelo conosceva la via per averla letta su un libro, e ne portava copia in tasca, poiché dell’amico conosco la bravura, lo seguo fidan-domi. Trovato il punto d’attacco, iniziamo i tiri. Davanti a noi, in ombra, una parete ver-

ticale rossastra, che partendo dalla base della guglia andava formando una lunga muraglia. Salendo, si udivano sovente i ri-chiami delle varie cor-date sparse qua e là. Stavamo arrampican-do abbastanza veloci, e presto ci troviamo su uno spigolo, ben soleggiato, che vista ragazzi! Mozzafiato, ed esposizione nel vuoto fantastica. Era-vamo molto in alto, vedevo il rifugio in basso e le persone parevano formichi-

ne indaffarate. Eravamo fermi per studiare il successivo tiro che pareva oltre che duretto, anche molto esposto, aereo. Intuiamo che la placca verticale che porta verso destra lascia intravedere la cresta finale. Ahi! Ahi! Però vedo Angelo perplesso, bofonchia tra se e se, poi estrae la sua sigaretta e i tiri per un pò li fa con lei! Colmato il bisogno… si riparte. Che brivido questo passaggio in piena esposizio-ne, col rifugio sotto sempre più piccolo. Poi terminati alcuni altri passaggi, ci ritroviamo in vetta. Incredibile, vetta di cui ricordo poco, tranne il cielo che stava nuovamente passan-do dal grigio al nero, le nuvole minacciose ci misero una fretta matta. La discesa effettuata ancora legati, a tratti era affollata, chi saliva chi scendeva, c’era fermento, occorreva fare molta attenzione. Alla fine poco dopo le di-ciotto eccoci nuovamente al rifugio. Incredi-bile, stava cominciando a nevicare, e proprio quando stavano arrivando gli amici Beppe e Cesare. Che pazzo tempo! Nevicò tutta la notte, l’indomani, con venti centimetri di neve sotto i piedi, non ci restò che scendere a valle. Noi due tronfi e contenti e i nostri amici inve-ce, alquanto dispiaciuti. Qui mi è spontaneo citare una frase letta su un mio vecchio libro scolastico “ non perdere l’ora” o se volete “Carpe diem” (cogli l’attimo) come scrisse il poeta latino Orazio nelle Odi.

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Salita al Davisodi Marcello Marzani

Agosto 2012, giornata luminosa ma calda, davvero troppo calda anche in monta-gna. Da Forno Alpi Graie imbocco il sentiero 315 e mi dirigo verso il rifugio Daviso. La curiosità di trascorrere una notte in quota, di provare l’esperienza del rifugio alpino, insie-me al desiderio di sfuggire almeno per qual-che ora dall’afa cittadina, mi hanno convinto a calzare gli scarponi e partire. Ho letto e riletto diverse descrizio-ni dell’itinerario, sempre con l’intima spe-ranza di trovare da qualche parte commenti incoraggianti quali “piacevole escursione”, “percorso non eccessivamente faticoso”… La cosa certa è che mi aspettano oltre mille metri di dislivello, in una giornata caldissi-ma e con indosso uno zaino che ogni volta mi sembra più pesante. Le buone intenzio-ni, quelle di eliminare il superfluo, lascia-no sempre spazio al dilemma: “E se proprio adesso ne avessi bisogno?”. E così anche oggi non mi sono fatto mancare nulla, dal binocolo al pacchetto di medicazione, dalle pile di ri-

serva per la macchina fotografica al GPS. A tratti salgo con scioltezza, a trat-ti arranco lungo la traccia contrassegnata dai segnali bianco-rossi che, pur talvolta sbiaditi, sono sempre rassicuranti. Con un po’ di fru-strazione prendo atto delle ottimistiche previ-sioni sui tempi di percorrenza incise sulle ta-belle di legno che incontro lungo la via. Dopo le prime due ore di cammino volgo lo sguar-do, velato da un po’ di sconforto, alla traccia che ancora una volta s’inerpica a perdita d’oc-chio su per il costone e ripenso a quello che c’è scritto sulla guida: “… superato il bivio, si guadagna rapidamente quota …”. Salire si sale, ma resta qualche dubbio sulla reale rapi-dità con la quale guadagnerò quota. Il paesaggio attorno è comunque magnifico e, raggiunto il torrente Gura, mi sento in pace con me stesso e col mondo. L’impetuoso incedere delle acque, lo stridulo richiamo dei gracchi, il metallico rintocco dei campanacci degli animali in alpeggio sono la colonna sonora di questa mia piccola impresa

(Foto: M. Marzani)

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Sistemazione del sentiero Gias Roccette (foto: F. Guerra)

estiva. Sono certo che ne valga la pena. Un ultimo sforzo e fi-nalmente raggiungo l’edificio in pietra grigia sul quale due targhe indicano rispet-tivamente la quota del Daviso, 2280 m, ed annunciano il benve-nuti al rifugio. I ge-stori mi ricevono con la cordialità e la sem-plicità che si addicono al luogo. Mi sforzo di essere disinvolto, assumo l’atteggia-mento dell’escursioni-sta navigato, ma se seguissi il mio istinto li abbraccerei esultando: “Ce l’ho fatta! Evviva!”. Davanti al the che mi offrono e che accetto quasi commosso, circondato da immagini e ricordi di veri alpinisti, mi sento quasi in imbarazzo e mi lascio sfuggire una frase un po’ ipocrita, del tipo: “Però, bella passeggiata …”. Altro che passeggiata! Fossi da solo mi getterei sulla branda con le gam-be verso l’alto, ma ho una dignità, stanno arrivando altri escursionisti ed anche gra-zie alla bevanda calda riprendo energia; faccio una bella doccia che mi rinvigorisce e mi godo il rifugio ed i suoi dintorni. En-tro, esco, apro e chiudo lo zaino, fotografo i fiori, scruto l’orizzonte. La sensazione è quella atavica del viandante che dopo un lungo peregrinare, con gran sollievo, ri-para in un luogo sicuro. Sistemo con cura i miei effetti personali nella zona notte; nell’arredamento predomina il legno e l’ambiente ricorda l’interno di un antico bastimento. Ho quasi la sensazione di tro-varmi a bordo di un veliero e di accinger-mi a preparare la cuccetta in previsione di chissà quale traversata. La promiscuità dei letti a castello mette allegria, mi riporta alla mente l’atmosfera delle gite scolastiche, delle vacanze, dei viaggi. In attesa che giunga l’ora di cena passeggio attorno al rifugio: non mi stan-cherei mai di contemplare le bandiere agi-

tate dal vento, la continua sfida fra le nubi e il sole, gli insetti che ronzando si conten-dono lo spazio sulle corolle di fiori, le ac-que fragorose che si gettano a valle. Si cena presto, tutti hanno appetito e desiderio di ri-posare. Ci siamo incontrati da pochi istanti eppure condividiamo il pasto con l’allegria e la cordialità di chi si conosce da sempre. Il segreto è che tutti abbiamo in comune la passione per la montagna e l’amore per la natura. Poi, l’esperienza più entusiasmante: con indosso un pile, una giacca a vento, con una coperta sulle ginocchia ci sediamo l’uno accanto all’altro sulla terrazza. Che meravi-glia rabbrividire mentre laggiù, a valle, non si chiude occhio per il caldo! Scrutiamo il cielo: sono i giorni di San Lorenzo, tempo di stelle cadenti. Eccone una … poi un’altra, un’al-tra ancora! E’ uno spettacolo commovente e grandioso. Improvvise scie luminose solcano il cielo suscitando ogni volta stupore e me-raviglia. Ognuno di noi esprime in segreto i propri desideri. Tra i miei, anche se non si do-vrebbe rivelare, anche quello di visitare altri rifugi. L’indomani riparto di buon’ora, vor-rei fermarmi ancora, ma devo rientrare. Scen-do dal sentiero che passa per il rifugio Ferreri, attraverso il rio e prima di calarmi nel vallone getto un ultimo sguardo al rifugio Daviso. Ar-rivederci a presto!

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In montagna ho sempre e soltanto trovato ami-ci: anche a quattro zampe

Tutti gli anni nel mese di agosto, finita la ge-stione, scendendo a valle dal rifugio Daviso, passavo a trovare i margari alle baite del Gran Pian. Una bella fetta di toma, un panetto di bur-ro, una bottiglia di latte e lo zaino finiva per es-sere di nuovo pieno come quando ero arrivato con le provviste. Ma quell’anno Maria, la figlia del margaro, mentre facevamo i conti, ha volu-to farmi un regalo. Mi ha accompagnato dietro la baita e mi ha mostrato la nidiata di cuccioli che la sua brava guardiana della mandria ave-va concepito qualche giorno prima. “Ne pren-da uno, glielo regalo, altrimenti mio padre gli farà fare una brutta fine!” Pensando alle ultime parole e avendomi assicurato che fosse un ma-schio, mi sono lasciato convincere. Il problema adesso era dove sistemarlo per la discesa. Nello zaino neanche a pensarci, altrimenti mi avrebbe “condito” tutti i viveri freschi di giornata. Così ho provato a metterlo dentro una borsa di nay-lon che a metà strada aveva già regolarmente sfondato. Non mi restava altro che prenderlo in braccio e rendermi conto che il suo intestino funzionava regolarmente. Arrivato a Forno, il più era fatto, ma durante il viaggio ho potuto constatare che qualcosa non era di suo gradi-mento. Evidentemente pativa il mal d’auto, perché continuò a completare lo svuotamento del suo intestino fino a Venaria. Arrivato a casa, moglie, figli, nipoti, tutti erano entusiasti. Per mangiare fu perfino trovato un biberon, anche se lui gradiva solo il latte nel tegamino. In poco tempo è cresciuto rotondo come un porcellino, ma durante lo sviluppo mi sono accorto che Maria aveva barato sullo stato civile, non era un maschio come mi aveva detto, ma una pro-sperosa femmina. Il battesimo avvenne casual-mente: il fatto di avere scelto un nome mitolo-

gico, Leda, non influì sul suo comportamento, sempre amichevole e ubbidiente. Però il fatto che dopo tre mesi cominciasse a superare i 50 centimetri di altezza cominciava a insospettirmi sulla paternità: la madre che governava la mandria al pascolo era molto più piccola. Infatti, quando la portai dal veterinario, mi informò che era un incrocio di pastore bergamasco e pastore tedesco. Mi avevano sempre detto che i “bastardotti” di re-gola sono più intelligenti di quelli di razza e da Leda ne ebbi la piena conferma. Ricordava il mio orario di lavoro e sia al mattino sia la sera si trova-va puntuale sul portone di casa a salutarmi. È stato così fino ai giorni in cui sono andato in pensione. Abbaiava solo ai forestieri, perché i parenti e gli amici li riconosceva tutti. Il suo divertimento più grande era correre con i miei nipoti sui prati lungo la Stura, per poi buttarsi in acqua e fare una bel-la nuotata. Aveva perfino imparato a passare nei solchi del giardino per non calpestare il semina-to. Ma quello che purtroppo non avevo potuto insegnarle era l’educazione sessuale. Una volta all’anno, quando le veniva “ël gigèt”, Leda spa-riva per due o tre giorni e andava a cercarsi un compagno che fosse di suo gradimento, quindi ritornava mortificata e con le orecchie basse e per tre mesi era tranquilla. Finchè avveniva la naturale conclusione: l’uovo si schiudeva, con dentro nove cuccioli la prima volta, dieci la se-conda e undici la terza. Da sola e in tre anni avrebbe provveduto a evadere tutte le domande di adozione presso il canile di Torino. Durante l’ultimo parto, prima che la portassi dal veteri-nario a prendere provvedimenti, me l’aveva fat-ta grossa. Alle tre di notte del mese di maggio aveva svegliato tutto il vicinato con i suoi guaiti, perché quando giungeva l’ora del parto lei vole-va essere accudita. Come posto aveva scelto la

Leda lungo le rive della Stura (Foto: F. Bertolone)

Storie del rifugio

Un cane di nome Leda

di felice bertolone

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Primo sole al Daviso

più bella aiuola del giar-dino e, quando sono ar-rivato io in pigiama, uno dopo l’altro, aveva già depositato sette cagno-lini tra tulipani, narcisi e giacinti in fiore. Non sapevo più che pesci, pardon che cani piglia-re: era notte e i cuccioli cominciavano a scap-pare da tutte le parti, malgrado Leda cercasse di riunirli raccogliendoli con la bocca. Alla fine per salvarmi ho trovato la soluzione: ho messo un po’ di fieno dentro una carriola da muratore, e poi li ho caricati tutti. Quando Leda ha visto e capito la mia intenzione, è salita anche lei so-pra e così ho potuto portarli sotto la tettoia dove c’era la sua cuccia. Ma siccome dentro non ci stavano tutti, durante l’allattamento, la mag-gior parte rimaneva fuori ad aspettare il proprio turno di alimentazione. Dopo quell’episodio notturno ho capito perfettamente il senso della parola “cagnara”. A parte questo, penso di non aver mai visto una madre così premurosa. Latte

ne aveva per tutti e guai a chi osa-va toccare i suoi cuccioli. Dubito che sapesse contare, ma quando ho cominciato a farne sparire qualcuno, un pò con le buone un pò con le cattive, mi mostrava i denti e così oltrechè penare a trovare clienti ho rischiato an-che di farmi mordere. Passate le

fregole, come ho detto prima, l’ho portata dal veterinario affinchè provvedesse a evitare a lei e a me queste impreviste conseguenze, per con-tinuare a vivere in traquillità gli anni seguenti in compagnia di tutta la mia famiglia. Con il passare del tempo, purtroppo anche lei, insieme a me, è diventata vecchia, e all’età di quattor-dici anni ha cominciato a non sentire più bene e a peggiorare di salute. D’inverno aveva preso l’abitudine di andare a crogiolarsi sotto le auto che arrivavano in cortile per sentire il caldo del motore, finchè una volta un autista disattento, non vedendola, l’ha presa sotto. L’ho sotterrata nel prato dietro casa ed ora una rustica “losa” rappresenta un caro ricordo della mia vita.

P.I. 07651380011

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24 maggio 2012 Gita al “LAGO d’AFFRAMONT”

(una gita un po’ speciale)

di Carlo brizio

Il 24 maggio, si sa, è una data importante nel-la storia d’Italia, ad essa è dedicato un canto divenuto popolare: La leggenda del Piave.Per motivi più banali, la data sopra citata, ha assunto un imprevisto importante significato. Infatti, in quell’ultimo giovedì di maggio si è svolta la gita intersezionale dei “Seniores CVL (Intersezionale Canavese – Valli di Lan-zo)” al Lago di Afframont. Programmata dal rappresentante del CAI di Venaria, in quella gita si è verificato il record di presenze: ben 84 partecipanti. Dopo il ritrovo alla stazione ferroviaria di Germagnano, il gruppo riparte e, alle ore nove, si avvia sul sentiero che inizia dal Vil-laggio Albaron di Balme 1440 m.I gitanti, capogruppo in testa e, come di solito, Cecilia Genisio in chiusura, giungono all’Alpe del Roc 1635 m dove affrontano l’impegnativo guado del Rio che scende dal lago.Superato il guado si prosegue fino all’Alpe Pian Ciavana 1787 m, dove una breve sosta permette al gruppo di ricompattarsi.Poco dopo è l’attraversamento di un modesto

nevaio a rallentare ancora la marcia.Il vallone ora si apre e consente di vedere un contrafforte naturale oltre il quale c’è la meta della nostra gita: il Lago d’Afframont 1986 m.Sono le 11 e 30 quando, superato l’ultimo al-peggio, siamo in vista del Lago 1986 m, la cui superficie è ancora completamente ghiac-ciata. Una decina d’escursionisti decide di proseguire fino al Forte 2366 m, salita non agevole, indicata E+/EE. Tutti gli altri, trovata una sistemazione fra i massi, si dedicano allo spuntino quotidiano.Commenti, ricordi di gite passate, progetti per prossime gite, foto di gruppo e poi si inizia la discesa. Alle 15 siamo di ritorno alle auto. Saluti, scambio d’indirizzi e-mail con l’impegno di scambiare le foto, poi si parte. Tutti soddisfatti per la bella giornata di sole, per la meta interessante e la cordia-lità che contraddistingue sempre le gite In-tersezionali.Particolarmente soddisfatti i rappresentanti del CAI venariese per il nuovo record di pre-senze stabilito e, per ora, imbattuto.

Nei pressi del lago di Afframont

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Quando ad ottobre, come ogni anno, io e Ro-berto insieme a Claudio, Paolo e Pier, nonché Massimo, ci troviamo a definire il programma delle gite di cicloescursionismo, è davvero tutto un programma!Ognuno di noi tira fuori dal cassetto dei propri ricordi ed esperienze, mille proposte, mille sa-lite, mille sensazionali discese da raccontare, mille punte, colli, mulattiere, sentieri, sezioni tecniche e naturalmente emozioni vissute con meravigliosi compagni di gite, momenti unici da raccontare e ricordare insieme, ideali fram-menti di montagna vissuta che facciamo affiora-re dalle cellette dei nostri bei ricordi vissuti con passione ed entusiasmo insieme ai nostri simili con i quali le condividiamo.

Non è una gara, non una sfida né rivalità di alcun tipo, è semplice, genuino, sano entusiasmo.

In tutto questo turbinìo di proposte, lo scorso anno, dal manipolo di noi accompagnatori di cicloescursionismo, esce la proposta di effettua-re come Sezione CAI Venaria, ben due tremila metri in sella alle nostre amate bikes dalle “ruote grasse”, che questo anno, insieme allo XI Radu-no Intersezionale CAI MTB LPV al Colle del Someiller a 3007m di quota, fanno un bel trittico di alte quote pedalate.

Laghi Djouan e Colle dell’Entrelor (3002 m) Valsavaranche – 8 settembre 2012.Lungh.: 30 Km. - Disl.positivo: 1480 m - Diff. (Scala CAI): BC+/BC (tratto colle OC+) - Ci-clabilità: s.75% - d.98%

I laghi Djouan sono già di per sé una meta inse-rita in un contesto a dir poco spettacolare: alla vista della austera Grivola, segue quella del ma-estoso massiccio del gruppo del Gran Paradiso e tutti i suoi ghiacciai ed importanti vette che lo compongono. Approcciamo la salita percorren-do la splendida mulattiera reale caratterizzata da una prima parte di rampe davvero provanti

Due tremila da ricordo con le ruote grasse

di Guido Apostolo

ma con un ottimo fondo, sino a giungere al ma-gnifico pianoro ove è situata la casa di caccia di Orvieille. Dopo una breve sosta procediamo e, superata una malga le cose si fan serie, si avanza con sempre importanti pendenze, ma da ora in poi su sentiero che i più percorreranno per circa il 70-80% in sella sfidando loro stessi e le pro-prie capacità tecniche sui massi, buche, dossi e magnifici tornantini con grande soddisfazione ed entusiasmo.

Arriviamo ai laghi carichi di quella bella fatica sana e rigenerante lo spirito. Volgiamo tutti lo sguardo verso il colle, sì, quello del titolo del-la locandina, ci siamo, è lui, è lì che ci aspetta, sono almeno 450 metri di dislivello, e nonostan-te le informazioni raccolte da amici ed in rete, in tutta onestà non sappiamo quanto si potrà re-almente ciclare in salita e quanto varrà la pena portarsi sin lassù con le bici se poi la discesa non varrà poi così la pena. I capigita della giornata (io e Roberto) non hanno davvero avuto biso-gno di esortare il numeroso gruppo odierno di partecipanti (20 bikers!) ad effettuare la seconda parte dell’ascesa. Solo in 3-4 difatti rimarranno a godersi il bel sole ai laghi. Il sentiero sale irto e sinuoso su per le ciaplere alpine e, nonostante il bel gruppo coeso, inevitabili sono un po’ di scollamenti in gruppetti separati, ma siamo co-munque tutti in vista. Diversi sono i tratti a spin-ta e faticosi e, verso la parte finale, come già sa-pevamo, ci è toccato inesorabile lo “spallaggio” della bici. Per qualcuno anche la quota insieme alla fatica, si fa sentire, ma realizziamo che il gruppo nel complesso si sta muovendo davvero bene e senza eccessivi ritardi o problemi. Arri-viamo finalmente al colle! L’entusiasmo è alle stelle, e tre di noi portano persino le proprie bici su sino alla crestina dello stesso, vicino all’iscri-zione. I pochi escursionisti che transitano sul colle ci fanno mille domande e noi volentieri chiacchieriamo con loro, però senza rinunciare a rifocillarci e riprendere un poco le forze! Al

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colle la temperatura è davvero piacevole e non c’è vento, siamo tutti felici e non vediamo l’ora di goderci la fantastica discesa. Essa risulta de-cisamente tecnica per i primi 100 metri di di-slivello, percorsi in sella da pochi, mentre nel tratto successivo le complicazioni della discesa si attenuano, consentendoci, sempre con buona tecnica ed attenzione, di percorrere il successivo dislivello negativo sino ai laghi dove intrapren-diamo la successiva magnifica discesa nell’ irto bosco che conduce a fondovalle su innumerevo-li giocosi tornantini e dove il mitico ‘Orso’, al suo camper, ci riserva la sorpresa di un graditis-simo ‘happy hour’ mangereccio e festoso! Oltre 20 gli entusiasti partecipanti.

Col Leynir (3084 m) da Chiapili di sopra – Alta Valle Orco – Parco del Gran Paradiso – 23 set-tembre 2012.Lungh.: 29 Km. - Dislivello positivo: 1480 m - Difficoltà (Scala CAI): BC+/BC+ - Ciclabilità: s.85% - d.99%

Ho personalmente sperimentato l’itinerario che conduce al bel Col Leynir durante una bellissi-ma escursione a piedi effettuata con il gruppo escursionismo del CAI Venaria, e successiva-mente durante l’ascesa al Taou Blanc effettuata in MTB lo scorso anno. Da queste esperienze, nasce l’idea di proporre in sociale questo bel-lissimo itinerario in quota. I partecipanti, no-nostante il tempo incerto, sono ben 27; sono

numeri importanti per una cicloescursione di questo livello. Partiamo da Chia-pili di sopra percorrendo lo splendido ‘sentiero Chabod’ che è poi la strada o mulat-tiera reale e ben presto venia-mo attanagliati dalla nebbia che, fitta, ci accompagnerà sino al Colle del Nivolè! Nessuno si perde d’animo e più volte lungo la salita ci aspettiamo per raggruppar-ci e scambiarci brevemente le opinioni sulla salita e la meteo. Giungiamo quindi al bellissimo pianoro del Col-le del Nivolè e imboccato il sentiero 3c; prendiamo a sa-

lire nuovamente in un ambiente che man mano pervade i nostri animi che bramano colli, monti e panorami che tolgono il fiato. L’ambiente di quota diventa spettacolare e lo sguardo rimane rapito dalle vette della Anguille Rousse e della Cima del Carro, della Gran Vaudala, della Ga-lisia, della punta e ghiacciaio della Basei, del-la Vaudaletta e più ad Est della punta Violetta e della P.ta Fourà, passando per il M.te Taou Blanc, e ad ammirare il gruppo del Gran Pa-radiso, quello del Monte Bianco, le Levanne e tutto il delfinato francese. Superata quota 2780 m circa, l’ambiente si fa lunare, quasi desertico-roccioso, e, intrapreso un tratto di salita a porta-ge obbligatorio, giungiamo alla nostra agognata e bellissima meta: il Colle Leynir, al cospetto dell’ormai purtroppo morente ghiacciaio della Vaudaletta a Sud-Ovest e del plateau del M.te Taou Blanc a Nord-Est. Ci rifocilliamo con un bel sole e prendiamo a scendere quasi per intero sul percorso dell’andata con una ciclabilità che a queste quote è sorprendentemente e praticamen-te del 100%. L’entusiasmo e la soddisfazione sono massimi.

Due gran belle gite da ricordare, due quote rag-giunte da segnare sul proprio palmares di bikers, un gruppo di cari amici con i quali abbiamo con-diviso giornate da ricordo! Grazie a tutti loro queste esperienze diventano uniche, irripetibili, indelebili.

Col Leynir scendendo sotto alla zona lunare (foto: S. Giusto)

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Nei giorni 02-03 giugno 2012, alcuni ragazzini del CAI di Venaria: io, Marcello B. , Giacomo P. , Giacomo D. , Andrea F. , gli accompa-gnatori Angelo S. e Carlo S. , partiamo in macchina per an-dare in Liguria a Santo Ste-fano d’Aveto per partecipare al raduno Nazionale dell’Al-pinismo Giovanile. Durante il viaggio ci siamo fermati in un Autogrill per mangiare.Quando siamo arrivati abbia-mo fatto conoscenza con gli altri ragazzini e ragazzine provenienti da altre regioni. In seguito sono state spiegate le regole dell’Orienteering, gioco che avremo fatto alla sera e il giorno successivo. Dopo cena con le pile, siamo andati in giro per il paese, a cercare le lan-terne (che erano state posizionate in alcune parti di quella località) nelle quali erano stati inseriti dei biglietti, con scritto un pezzo di frase. Trovato tutte le lanterne con i bigliettini all’interno abbiamo ricostruito la frase: “L’Orienteering è bello perché fa muo-vere gambe e cervello”. La nostra squadra è arrivata seconda. Terminato il gioco abbiamo preso una cioccolata calda e poi siamo anda-

Map is Magik 2012Gabriele Costantino

ti a dormire. Il mattino successivo, dopo aver fatto colazione, siamo tornati in paese, per fare un’altra attività. Dopo aver formato le squadre, ci è stata consegnata una mappa in quanto questa attività si svolgeva nel bosco. L’orientamento è stato più difficile della sera prima e dopo cinque ore siamo riusciti a tornare alla base. I primi tre gruppi han-no ricevuto un premio, tutti gli altri il premio di consolazione. Siamo tornati a casa stanchi ma felici, contenti di aver conosciuto altri ra-gazzini e ragazzine della nostra età, speriamo che il prossimo anno si possa ripetere questa BELLA ESPERIENZA.

(foto: A. Salvagnini)

P. IVA 09136260016

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P.I. 04931790010

P.I. 00946860012

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Notizie dalla Biblioteca Sezionaledi Renato Rivelli

La nostra biblioteca fra libri di Letteratura, Manuali, guide di Escursionismo, Alpi-nismo, Scialpinismo e guide Naturalistiche, annovera più di 650 volumi. Inoltre in sede è anche possibile consultare e prelevare videocassette e DVD di montagna. In questo ultimo anno abbiamo acquisito diverso materiale, iniziamo dai libri:

WAltER bonAtti l’uoMo, il Mito

di roberto serafin

Il libro si avvale della presentazione di Ales-sandro Gogna e Simone Moro; ripercorre le tappe di un uomo il quale, oltre ad essere uno degli alpinisti più forti del mondo, era anche uno scrittore, un ecologista, un intellettuale autodidatta. La sua morte avvenuta un anno fa ha lasciato sgomenti tutti.

RAzzo RoSSo Sul nAnGA pARbAt

di reinhold Messner

In questo libro Messner ci propone la sua testimonianza, molto sofferta, di quanto ac-cadde 40 anni prima quando una valanga tra-volse il fratello Gunther al ritorno dal Nanga Parbat. In quella occasione Reinhold Messner fu ingiustamente accusato di aver abbandona-to il fratello.

AttoRno Al SuDtiRolo di reinhold Messner

In questo libro Messner ci descrive la scalata di 300 e più cime del Sudtirolo effettuata nel 1991 con l’amico Hans Kammerlander.

tEMpEStA Sul MAnASlu tragedia sul tetto del mondo

di reinhold Messner

Si tratta di una spedizione in Himalaya lungo il versante sud del Manaslu. Messner ci rac-conta l’avventura subìta in discesa quando una spaventosa bufera di neve obbligò lui ed i suoi compagni ad una drammatica gara fra la vita e la morte.

DEl SEntiMEnto DEllA VEttA E DEllA MEtA

di Marco Blatto e spiro dalla Porta Xidias

In questo volume i due autori ci fanno capire che nell’alpinismo come pure nella salita ad una vetta sia possibile intraprendere un viag-gio interiore verso la “meta” dove non prevale la ricerca della difficoltà bensì la realizzazio-ne di una esperienza interiore.

SCARASon di Fulvio scotto

L’autore dell’opera è mem-bro del CAAI, del GISM e dell’Alpine Club. Fulvio Scotto pratica l’alpinismo estivo, invernale, spesso in solitaria da oltre 35 anni. I ri-conoscimenti che ha ottenuto sono da attribuirsi soprattutto all’alpinismo esplorativo con un centinaio di vie nuove sia su roccia che su ghiaccio. Questo suo libro ci pro-pone una ricostruzione puntigliosa ed esaustiva dei tentativi di salita alla parete dello Scaranson.

AuDioViSiVi DVDBattista Riccardo e Salvatore La Mendola hanno realizzato due video-itinerari molto in-teressanti; il primo riguarda il Sentiero Duca degli Abruzzi, un sentiero in alta quota che collega il rifugio Daviso col rifugio Jervis in valle dell’Orco passando per il colle del-la Piccola. Il percorso è stato attrezzato con opportuna segnaletica grazie all’intervento di volontari delle sezioni interessate. 1° Corso di escursionismo in ambiente inne-vato 2012. Nell’ambito della scuola di Escur-sionismo “Giulio Berutto” è stato realizzato un filmato con le immagini delle gite con le ciaspole nel periodo invernale.

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P.I. 10480960011

DOMENICA 21 AprIlE 2013 GITA rEGIONAlE CAI pIEMONTE

“GiRo DEllE CinQuE toRRi” nelle langhe Astigiane

P R O G R A M M AGiRo lunGo- RitRoVo: in piazza del Castello a Monastero Bormida alle ore 7,00 per l’iscrizione.- pARtEnzA: alle ore 8 dalla piazza del Castello di Monastero Bormida.- pERCoRSo: KM. 30 di facile sentiero prevalentemente in terra battuta. L’itinerario è segnato

con vernice gialla ( rombo o linea) e segnavia CAI con indicazione 5T.- DiSliVEllo: in salita mt. 1.100 circa, altrettanto in discesa. - ARRiVo: in piazza a Monastero dopo 8/9 ore di cammino.

GiRo CoRto- RitRoVo: in piazza a San Giorgio Scarampi alle ore 8.30 per l’iscrizione.- pARtEnzA: alle ore 9.30 dalla piazza di San Giorgio Scarampi.- pERCoRSo: Km. 18 di facile sentiero prevalentemente in terra battuta. L’itinerario è segnato

con vernice gialla (rombo o linea ) e segnavia CAI con indicazione 5T.- DiSliVEllo: in salita mt. 450, in discesa mt. 1.100.- ARRiVo in piazza a Monastero dopo 5/6 ore di cammino.

Ulteriori informazioni si possono avere telefonando alla sede CAI Club Alpino Italiano, via Monteverde n. 44 ACQUI TERME - tel. 0144/56093-3486623354

ogni giovedì sera dalle ore 21 alle ore 23.

Sezione Acqui terme

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Trekking anno 2013 19 – 22 Luglio

organizzazione CAI Chivasso

QuATTro gIornI In vAlle geSSo nel gruppo dell’ArgenTerA

Percorso in quattro tappe da rifugio a rifugio sulle mulattiere reali e sui sentieri attorno alle più belle vette del gruppo. Nel seguito il programma dettagliato del percorso che verrà meglio illustrato nella riunione dei partecipanti che si terrà a Chivasso, sede CAI, via del Castello 8 mercoledì 10 Luglio alle ore 21. Per raggiungere Terme di Valdieri e ritorno sarà proposto l’uso del pullman.

La partecipazione è riservata ai soci cai in regola con il bollino 2013

organizzazione ed accompagnamento è a cura della sezione di chivasso.

responsabili organizzazione ed accompagnamento: Ferrero Varsino Alessandro 3338247760,

Ferrarsi Domenico 3344117014, Rebora Bruno 3391930136

Quota indicativa 170 euro (130 euro per i nati nell’anno 1988 e seguenti)

La quota comprende:• Trasporto in pullman con partenze da Leinì e Chivasso per Terme di Valdieri e ritorno• trattamento di mezza pensione nei rifugi• sacco pranzo nei giorni 20-21 e 22• organizzazione ed accompagnamento

Per motivi organizzativi e logistici i posti disponibili sono 35

iscrizioni entro Venerdì 31 Maggio 2013 con versamento di caparra di 50 euro

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TESSERAMENTOla Sede sezionale è aperta tutti i giovedì,

dalle ore 21,00 alle ore 23,00

QUoTE sociALi AssociATivE 2013:

ragazzi fino a 17 anni Euro 16,00 Secondo giovane dello stesso nucleo familiare associato Euro 9,00 Familiari Euro 22,00 Ordinari Euro 41,00

Ammissione nuovi Soci Euro 4,00

QuotA AGEVolAtA SoCio GioVAnEfAMiGliE nuMERoSE

• il comitato direttivo centrale ha stabilito che a partire dal secondo socio giovane appartenente al nucleo famigliare con cui coabita la quota da ver-sarsi sarà di Euro 9,00

• Per poter beneficiare di tale quota occorre che al momento della nuova iscrizione o del rinnovo vi siano le seguenti condizioni:

Capo nucleo ordinario quota intera

1° socio giovane quota intera

2° socio giovane quota agevolata e così via…

• Ad ogni socio verranno consegnati n° 2 buoni pernottamento da consumare al rif. daviso o ai rifugi convenzionati. (i buoni pernottamento sono personali, utilizzabili solo abbinati al trattamento di mezza pensione)

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C.A.I. Venaria

• Ai nuovi iscritti sarà inoltre consegnato il distintivo cAi e una copia del regolamento generale. A cura della sede centrale, verrà recapitato ai soci ordinari la rivista bimestrale mentre “Lo scarpone” sarà consultabile on line sul sito: www.cai.it dalla sezione sarà inviata la periodica Lettera ai soci e consegnato l’Annuario.

• Per l’iscrizione va compilata l’apposita domanda disponibile in segreteria, o sul nostro sito www.caivenaria.it con allegata fotografia formato tessera. i minori di 18 anni dovranno far firmare la domanda da un genitore.

si rAccoMAndA di rinnovArE L’iscrizionE EnTro E non oLTrEiL 31 MArzo PEr EviTArE LA sosPEnsionE dELLA

coPErTUrA AssicUrATivA E L’invio dELLE PUBBLicAzioni.

La SegreteriaATTENZIONE !

Tutti i Soci al momento dell’iscrizione o del rinnovo, sono tenuti a sottoscrivere, per conoscenza e accettazione,

il consenso del trattamento dei dati personali e/osensibili, ai sensi dell’articolo 13 del D.Lgs 196/2003

ALBERGO RISTORANTE

SAVOIA ✩✩✩

Forno Alpi GraieTel. 0123 81.042 – 81.184APERTO TUTTO L’ANNOpunto di ristoro pista sci di fondo P.iva 10537210014

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P.I. 02768730018

P.I. 00716770011

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C.A.I. Venaria

• soccorso ALPino Per: il rimborso di tutte le spese incontrate nell’ope-

ra di ricerca, salvataggio e/o recupero, sia tentata che compiuta (massimale per Socio 25mila Euro)

• rEsPonsABiLiTA’ civiLE solo in attività sezionale

Per: indennità al risarcimento quale civilmente

responsabili ai sensi di legge per danni in-volontari cagionati a terzi (soci e non soci) per morte, lesioni personali e per danneg-giamenti a cose e/o animali, in conseguen-za di un fatto accidentale verificatosi in relazione ai rischi insiti in tutte le attività sezionali svolte dall’assicurato.

Il socio CAI è assicurato:• inForTUnio solo in attività sezionale

con i seguenti massimali:

- morte Euro 55.000,00

- invalidità permanente Euro 80.000,00

- spese mediche Euro 1.600,00 (relativa franchigia di Euro 200,00)

con la quota integrativa di Euro 3,76 all’at-to dell’iscrizione o del rinnovo, compilan-do e firmando l’apposito modulo da ritira-re in segreteria i massimali saranno:

- morte Euro 110.000,00

- invalidità permanente Euro 160.000,00

- spese mediche Euro 2.000,00 (franchigia invalidità permanente 3%)

AttEnzionEL’AssicUrAzionE inForTUni E’ vALidA soLo dUrAnTE LE ATTiviTA’ sEzionALi

Date da RicordareGioVEDi 21 MARzo 2013 AssEMBLEA soci E voTAzioni dirETTivo TriEnnio 2013-2016

DoMEniCA 27 ottobRE 2013 cAsTAgnATA in sEdE

DoMEniCA 10 noVEMbRE 2013 FEsTA sociALE

SAbAto 14 DiCEMbRE 2013 sErATA dEgLi AUgUri

MARtEDi’ 31 DiCEMbRE 2013 cAPodAnno in sEdE

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Consiglio Direttivo per il triennio 2010/2013

in carica sino al 21 marzo 2013

L’anno 2010 il giorno 11 marzo alle ore 21, in Venaria Reale, presso la Sede Sociale di Via Picco 24, in seguito a regolare convocazione, si è riunita l’assemblea dei Soci della Sezione di Venaria Reale del Club Alpino Italiano per il rinnovo del Consiglio Direttivo che risulta così composto:

Presidente Guerra Franca

vice Presidente Savio Roberto

segretario Pinarello Milevia

Tesoriere Perino Aldo

consiglieri Apostolo Guido - Bravo Elvezio La Mendola Salvatore - Miceli Rocco

Monasterolo Pierangelo - Pinarello Milevia Riccardo Battista - Soldera Carlo

delegato convegni Salvagnini Angelo

revisori dei conti Picatto Luciana Richetto Maria Vittoria Vidili Anna

commissione Escursionismo Astolfi Manlio - Benedicenti Gianni Di Mario Antonello - Filippi Paolo Impellizzeri Sebastiano La Mendola Salvatore Monasterolo Sarah - Odenato Carla Riccardo Battista - Savio Roberto

Alpinismo giovanile Filippi Paolo - Odenato Carla Riccardo Battista - Salvagnini Angelo Soldera Carlo

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C.A.I. Venaria

commissione Pubblicazioni Biblioteca Apostolo Guido - Bertolone Felicee Attività culturali Billera Vittorio - La Mendola Salvatore Richetto Maria Vittoria - Rivelli Renato Soldera Carlo

cicloescursionismo Apostolo Guido - Fornero Claudio Peverada Massimo - Savio Roberto Varetto Paolo

commissione rifugio Bravo Elvezio Fantino Mauro - Miceli Rocco Odenato Carla - Picatto Luciana Pinarello Milevia - Racca Silvio Santolin Gianni - Talpo Alessandro

Escursionismo intersezionale Carlo Brizio

sci di Pista Bravo Elvezio - Di Mario Antonello Filippi Paolo - Guerra Franca La Mendola Salvatore - Miceli Rocco Salvagnini Angelo

scuola Escursionismo “giulio Berutto”: Sarah Monasterolo AE - Paolo Filippi AAG

Ezio Boschiazzo ANE Manlio Astolfi CNSAS Salvatore La Mendola ASE Sebastiano Impellizzeri ASE Davide Boccaccio ASE Mario Antonello ASE Pierangelo Monasterolo AA Carla Odenato AAG Battista Riccardo AAG - Carlo Soldera AAG

sede Bravo Elvezio

Situazione Soci a Fine 2012 Ordinari: n° 312 Familiari: n° 132 Giovani: n° 111 Totale Soci: n° 555

- 76 -

l ’Annuario 2013

15-16 GiuGno 2013 riForniMEnTo E APErTUrA

8 SEttEMbRE 2013FEsTEggiAMEnTi PEr i 150 Anni dEL cAi

22 SEttEMbRE 2013cHiUsUrA

Ubicazione Alpi Graie Meridionali - Val Grande di Lanzo

Località Vallone della Gura Comune di Groscavallo (Torino)

Telefono 0123-506749 Apparecchio di emergenza nel locale invernale

Proprietà CAI - Sez. di Torino - Via Barbaroux 1 tel. 011 546031

Gestione CAI - Sez. di Venaria Reale via Aldo Picco 24 Per informazioni: in sede tel. 011 4522898

Categoria D. Tariffario fissato dalla Commissione Centrale Rifugi del CAI

Posti letto n°18 + 6

Servizio Alberghetto nei periodi d’apertura

Illuminazione Elettrica

Riscaldamento GPL

Apertura Nel fine settimana da metà giugno a metà settembre, continuativa dall’ultima settimana di luglio a fine agosto

Locale invernale Con sei posti letto, sempre aperto nei periodi di chiusura del rifugio

Rifugio Paolo Daviso 2280 m

Appuntamenti

A Venaria dal 1928

SHOW ROOM SEDE COMMERCIALE10078 VENARIA REALE - Corso Garibaldi, 189 TEL. 011.455.10.13 - 011.455.12.25 - FAX 011.495.578

SEDE ASSISTENZIALE10078 VENARIA REALE - Viale Roma, 1

TEL. 011.495.222 - 011.495.272 - FAX 011.495.362www.molinar.it

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