Anno X, n. 02 | aprile-giugno 2009 2 2009 · sentito proclamare nel Salmo responso- ... lentamente...

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Giacomo Foglio trimestrale sul Servo di Dio fra Giacomo Bulgaro (1879-1967) - Frate Minore Conventuale - Direzione e Redazione: Convento San Francesco - Piazza San Francesco 3 A - 25122 Brescia - Italia tel. 030.29.26.701 - fax 030.29.26.780 - Direttore Responsabile: p. GIANFRANCO CATTOZZO - Redazione: p. LEOPOLDO FIOR - Autorizzazione del Tribunale di Brescia n. 3 del 1998 Autorizzazione dei Superiori - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 DCB Brescia Anno X, n. 02 | APRILE-GIUGNO 2009 - Realizzazione Grafica: Cidiemme/Brescia - Stampa: Grafica Sette/Bagnolo Mella (Bs) fra Basta un sassolino O Gesù, brucia e consuma questo mio cuore con il fuoco del tuo amore, perché io possa amare solo te, che sei il mio Dio. Con la fiamma del tuo amore purifica le mie miserie e riscalda la mia freddezza. Vorrei seguirti fino alla perfezione, ma quanti intoppi incontro sul mio cammino! Basta un sassolino a farmi deviare. Le tenebre oscurano i miei occhi, ma tu, Signore, sei la luce: illuminami con lo splendore del tuo amore. (1940, q 4, 38r-39v) 2|2009

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GiacomoFoglio trimestrale sul Servo di Dio fra Giacomo Bulgaro (1879-1967) - Frate Minore Conventuale - Direzione e Redazione: Convento San Francesco - Piazza San Francesco 3 A - 25122 Brescia - Italia

tel. 030.29.26.701 - fax 030.29.26.780 - Direttore Responsabile: p. GIANFRANCO CATTOZZO - Redazione: p. LEOPOLDO FIOR - Autorizzazione del Tribunale di Brescia n. 3 del 1998Autorizzazione dei Superiori - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 DCB Brescia

Anno X, n. 02 | aprile-giugno 2009 - Realizzazione Grafica: Cidiemme/Brescia - Stampa: Grafica Sette/Bagnolo Mella (Bs)

fra

Basta un sassolinoO Gesù, brucia e consuma questo mio cuorecon il fuoco del tuo amore, perché io possa amare solo te, che sei il mio Dio.Con la fiamma del tuo amorepurifica le mie miseriee riscalda la mia freddezza. Vorrei seguirti fino alla perfezione, ma quanti intoppiincontrosul mio cammino! Basta un sassolino a farmi deviare. Le tenebre oscurano i miei occhi, ma tu, Signore, sei la luce:illuminami con lo splendore del tuo amore.(1940, q 4, 38r-39v)

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fra Giacomo n. 02 | APR.-GIu. 2009 - 2

Nella bontà enella tenerezzadi DioOmeliaper il funeraledi padre Lucio condolo

«Attendo la visita del Signore, e spero venga presto!».È questa l’espressione che eravamo soliti sentirci dire da padre Lucio in quest’ul-timo periodo della sua vita terrena. Attendeva fiducioso che il Signore lo visitasse per l’ultima volta, desideroso, come Sant’Antonio di Padova, di poter finalmente dire: «Vedo il mio Signore!»! Questa prospettiva lo riempiva di sere-nità e di gioia, quella gioia che abbiamo sentito proclamare nel Salmo responso-riale: si tratta di versetti tratti da salmi diversi che lo stesso padre Lucio ha collocato all’inizio del suo “testamento spirituale” che porta la data del 7 ottobre 2008. Inizia esprimendo lode e canto al Signore che gli ha dato sempre la forza di vivere con fedeltà la sua consacrazione religiosa e il suo ministero sacerdotale e gli stava dando - nel momento in cui scriveva - il coraggio di affrontare cristianamente la malattia che lo stava lentamente sfinendo (Sal 91,2.3.11). Continua cantando la bontà del Signore verso tutti e la sua tenerezza per ogni creatura, bontà e tenerezza che padre Lucio ha sempre sperimentato nel suo cammino di credente e che ha comu-nicato a quanti ha incontrato nella sua missione di frate e prete (Sal 144,9.21). Termina con un grido di supplica al Signore invocando “aiuto” per il difficile momento che stava vivendo, fatica che trovava una pausa e un sollievo proprio nel rapporto con Dio: «Signore, sei tu il mio rifugio» (Sal 141,2.6).

Il canto di lode a Dio, l’esperienza della tenerezza del Signore e il trovare “rifugio” nella sua presenza di Padre accogliente sono esperienze che hanno accompagna-to tutta l’esistenza terrena di padre Lucio. Di essa vorrei mettere in risalto alcuni aspetti, traendo ispirazione dalla parola di Dio che abbiamo ascoltato.Nella prima lettura, il profeta Isaia dà forma letteraria ad un suo sogno: che l’Egitto e l’Assiria, le due superpotenze del tempo, trovino finalmente la via della riconciliazione e si convertano al Signore della storia, trovando nel popolo ebraico il “ponte” che le orienta sulle vie della pace (Is 19,19-25). Era il sogno di padre Lucio: che noi francescani, pur “piccolo resto” all’interno del cristianesimo come il popolo ebraico tra le genti di allora, po-tessimo essere - nel nome di Francesco d’Assisi e di Antonio di Padova - non solo un “ponte” quanto soprattutto “una casa” in cui le altre due grandi religioni monoteistiche, ebraismo e islam, po-

Carissimo p. Lucio,in poche righe vogliamo ringraziarti per tutto quello che hai fatto per la bellezza cultuale ed artistica di questa chiesa, per i suoi fedeli, ma soprattutto per l’impegno profuso nel far conoscereil servo di Dio,fra Giacomo Bulgaro. Sull’abbrivio del p. Renato Belluzzo, tu hai preso il largo: trascrizione, schedatura, computerizzazione completa dei suoi “Diari”.Hai archiviato metodicamente tuttoil materiale riguardante fra Giacomo ed hai stesouna corposa e minuziosa biografia della “Vita di fra Giacomo Bulgaro”.Hai fortemente voluto e realizzato questa pubblicazione, che oggi ti ricorda, per presentare la fragrante bellezza della spiritualità francescana narrata per noi da questo semplice “poverello di Brescia”, che, sorridente, ti avrà accolto sulla porta del Paradiso e non si offenderà se questa volta ci appropriamo di qualche paginetta del “vostro” foglio per dedicarla a te. Grazie per tutto quelloche hai fatto e, dall’alto, continuerai a fareper tutti noi.

tessero incontrarsi nel dialogo e nella riconciliazione. Mi ha sorpreso ricevere, mentre papa Benedetto era pellegrino in Terra Santa (8-15 maggio), una cartolina in cui padre Lucio esprimeva il suo sogno che la nostra Provincia religiosa trovasse il coraggio per aprire una casa in Terra Santa quale luogo di accoglienza di ebrei e musulmani. Ma ancor più mi ha stupito, leggendo le lettere depositate in archivio a suo nome, il suo amore per l’islam, amore maturato negli anni trascorsi presso il nostro Convento Sant’Antonio di Istanbul (1973-1982). Lasciando la Turchia, così si esprime: «La sorpresa più grande che ho avuto a Istanbul la devo all’islam. Venendo qui, nulla sapevo di vero sulla vita musulmana. La frequenza con gente piena del senso di Dio, carica di preghiera e sottomissione; poi la pratica di qualche gruppo di impegno musulma-no e la lettura illuminata di alcuni testi m’hanno dato modo di saper riconoscere l’opera dello Spirito di Cristo in ogni ge-sto e parola che dal cuore musulmano sale a Dio come adorazione e attesa. Nella chiesa di Sant’Antonio sono stato spettatore della verità del salmo “Ecce quam bonum et quam jucundum …” ogni volta che girandomi attorno vedevo a me uniti in preghiera forse più musulmani che cristiani. Anch’io ho frequentato le moschee nell’ora della preghiera, per unire alla voce di tanti esseri amati da Dio anche la mia nella quale per il bat-tesimo il Padre riconosce quella di Gesù. C’è un posto ad Istanbul dove ogni volta che mi sono recato all’ora della preghiera musulmana, pubblicamente s’è nominato Gesù e Maria, sia per farmi piacere sia per sottolineare che l’Islam sintetizza in sé tutta la profezia (…) L’Islam non si sente estraneo alla nostra fede e Cristo nel Corano ha un rilievo più grande di quanto ordinariamente i musulmani stes-si ritengono. Forse verrà il giorno in cui, mossi anche dalla nostra intercessione, gruppi mistici musulmani daranno più peso a quanto di santo e vero il Corano dice su Gesù, guidando così l’Islam in-tero verso una affezione più profonda al mistero del Signore (…) Lascio la Turchia con l’emozione di chi parte dalla casa dei suoi …» (Istanbul 3.9.1982).Ed ecco il suo sogno: che noi francescani potessimo «avvertire che oggi l’islam invoca dal cristianesimo atteggiamenti di stima, di comprensione, d’amore». E allora suggeriva che la nostra Provincia potesse aprire un piccolo convento in Cappadocia in cui i frati non fossero preoccupati di “convertire” i musulma-

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fra Giacomo n. 02 | APR.-GIu. 2009 - 3

ni a Cristo quanto di farsi testimoni di Cristo mediante l’accoglienza, l’ascolto e il dialogo, la preghiera e la celebrazione liturgica. E questo sull’esempio del nostro Serafico Padre San Francesco che «nella sua visita all’Oriente, illuminato da Dio aveva ben compreso che il cristiano serve all’islam nella misura in cui sa essergli vicino con l’umiltà, la riparazione, l’infi-nito amore ch’erano nel cuore del Verbo Incarnato» (Roma 8 maggio 1983).Testimoniare «l’infinito amore che è nel cuore del Verbo Incarnato»: ecco non più il sogno quanto il “propositum vitae”, la “regola di vita” che padre Lucio si era dato e alla quale ha cercato di essere fedele fino in fondo, pur nella consape-volezza dei suoi limiti e delle sue fragilità. Il vangelo ascoltato in cui Gesù interroga Pietro sull’essenziale della vita cristiana e del ministero sacerdotale (Gv 21,15-19) ci fa dire che ciò che conta è - nelle relazioni tra cristiani - il far risplendere l’amore profondo che ci lega al Signore e tra di noi. È quanto aveva vissuto padre Lucio ad Istanbul, città in cui - afferma in una sua lettera - «ho sperimentato un’unità nel quotidiano, stillata da una rete invisibile di amicizie e parentele per cui tutte le diverse comunità di qui si sono venute a trovare come compenetra-te l’una nell’altra e a riconoscersi un’unica famiglia». C’è una «unità dei cuori che non è costruita necessariamente su quel-la delle menti: c’è un ambito vastissimo per la differenziazione teologica pur entro i limiti di una reciproca accoglienza spiri-tuale» costruita sull’amore verso l’unico Signore di tutti (Istanbul 3.9.1982). La stessa pagina evangelica di Giovanni ci porta ora ad immaginare l’intimo colloquio tra il Cristo Risorto e padre Lucio sulla qualità del suo amore testi-moniato in vita, un colloquio che termi-na con quella parola decisiva da parte del Signore: «Seguimi». Come a dire: «Vieni, servo buono e fedele, e ricevi il premio che ti ho preparato: tu hai dato umanamente tutto te stesso per il mio Regno e per l’unità della mia Chiesa, io ti dono la pienezza della vita, in eterno!». E possiamo immaginare ancora che ad accompagnare padre Lucio nell’ultimo suo viaggio incontro al Risorto ci sia anche un Confratello a lui molto caro, il Servo di Dio fra Giacomo Bulgaro per il quale padre Lucio ha speso tante energie umane e spirituali: ne ha fatto conosce-re gli scritti, l’ha fatto amare da tanta gente non solo in Brescia ma anche in altre parti d’Italia. E si è sempre sentito attratto dalla bontà semplice e discreta che fra Giacomo aveva vissuto e dalla sua sincera ricerca del volto di Dio anche nei momenti di difficoltà. Pure padre Lucio non ha mai smesso di cercare nel Signore il suo punto d’appoggio, il suo “rifugio” - come ricordato nel salmo citato all’inizio, specie nei momenti in cui in Turchia ha vissuto quella che lui denomina “solitu-dine spirituale” e nei tempi più recenti quando si era reso conto che “sorella morte” stava bussando alla sua porta. La sua ricerca trova ora finalmente l’oggetto del desiderio di ogni credente: incontrare “nella bontà e tenerezza” il Dio della vita che gli dice ancora una volta e in modo definitivo «Seguimi!».

p. gianni Cappelletto,29 maggio - Basilica del Santo

Omelia di p. Leopoldo Fior, guardianodel convento di Brescia, nella concelebrazionein suffragio di p. Lucio Condolo.

“Dio non è il Dio dei morti, ma dei vivi”: così terminava il Vangelo appena ascoltato. Otto giorni fa il Signore ha chiamato a sé p. Lucio. Molti di voi sapevano da tempo che p. Lucio soffriva per una malattia che all’inizio sembrava di poco con-to, ma che pian piano si è rivelata in tutta la gravità, fino a consumar-lo piano piano proprio come una candela che la fiamma brucia e lo-gora. una malattia lunga e dolorosa che gli ha causato tanta sofferen-za, sopportata con forza d’animo, con coraggio e santa rassegnazio-ne; con grande dignità e tanta fe-de. Questa sera vogliamo ricordare questo nostro fratello con affetto e riconoscenza. Padre Lucio ha dato tanto a questa chiesa, ma soprat-tutto alle persone che la frequen-tano. La vostra presenza dice della stima, della gratitudine per questo frate che accoglieva con il sorriso, disponibile all’ascolto, pronto ad incoraggiare e a donare la parola buona che trasmetteva fiducia e speranza. Ora è accanto al Signore; per sempre accanto a quel Dio che ha testimoniato da credente ve-ro, seguendo l’ideale di Francesco d’Assisi. Lo ricordiamo non con la nostalgia di chi lo sa perduto per sempre, ma chi lo considera viven-te con il Signore. E vogliamo anche cogliere i segni di vita e di bene che ci ha lasciato. E mi piace collegarmi alla Parola di Dio appena ascoltata; un testo che ci introduce al mistero della sofferenza e della morte sen-za restarne oppressi. La Parola di Dio ci ha parlato dell’esperienza di due persone in difficoltà. La situa-zione di Tobi si fa sempre più pe-sante, come pesante è quanto sta vivendo una giovane donna, tanto lontana da lui: Sara protagonista di una vicenda che ha dell’incredibi-le, del paradossale: per sette volte, infatti, è andata sposa, rimanendo costantemente vedova. Ciò, oltre al dolore personale, la rende oggetto

di disprezzo. Con nel cuore tanta amarezza, ma anche con immensa fiducia e totale abbandono, essi si rivolgono a Dio con due stupende preghiere.Pur nella morsa del dolore, si rivol-gono a Dio adorandolo, lodandone la grandezza e la giustizia e dichia-rando la loro illimitata fiducia. Nel dolore si aprono alla confidenza, non con presunzione di chi vuole piegare la volontà di Dio alla pro-pria; ma rimettendosi e alla bontà di Colui che tutto guida con giu-stizia e amore. Quando molti anni dopo la vicenda di Tobi e Sara, ver-rà Gesù, ci insegnerà a rivolgerci con cuore aperto a Dio; ci dirà che pregare è entrare in rapporto dia-logico con un Dio che è “Padre”, è tuffare il proprio cuore, le proprie ansie, le proprie lotte, le proprie gioie, tutto in Lui, aprendosi alla riconoscenza e alla lode consape-voli che il Signore non lascerà so-li, ma “invierà il suo santo angelo a soccorrerci” secondo modalità e tempi determinati dal suo amore. una preghiera, quindi, non gretta, egoistica, ma a largo respiro; che termina in un fiducioso atto di ab-bandono: “Signore disponi di me secondo il tuo volere!”.Ho ripreso il testo della liturgia del giorno perché trovo che sia par-ticolarmente indicata per fare da commento all’ultimo periodo di vi-ta di p. Lucio.Molti di voi lo avete conosciuto, apprezzato e ritenuto tra gli amici più cari; avete continuato a man-tenere con lui il legame dell’amici-zia e in questi ultimi periodi, quel-li segnati dalla malattia, sapendo che i frequenti ricoveri in ospeda-le rendevano difficoltosa la visita, siete rimasti in contatto mediante telefono. una breve conversazione, qualche messaggino perché non era proprio possibile fare di più. E p. Lucio con quel pudore che aveva sempre caratterizzato tutta la sua

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vita, tendeva a nascondere la gravità del male (non ha mai detto “sto male”, ma sempre “sto benino”); era lui che infon-deva fiducia e speranza, ma una frase sempre ripeteva a tutti: “siamo qui, nel-le mani Dio e aspetto che venga a pren-dermi”. Consapevole, anche se nessuno osava dirglielo, che i suoi giorni volge-vano ormai al termine. Ma non era spa-ventato dalla morte. Lo sorreggeva una grande fede maturata alla scuola della Parola di Dio, nutrita dalla preghiera e dal colloquio con Dio, confrontata con la Regola professata nell’Ordine francesca-no. una fede matura che lo ha preparato a morire da credente con nel cuore la serenità di chi sa che sta per compier-si un incontro straordinario e definitivo, quello con Dio. È questo il senso di quel “siamo qui, nelle mani Dio e aspetto che venga a prendermi”.Nel giorno del funerale il P. Provinciale nel tracciare le tappe più significati-ve della sua esistenza, ha citato anche quello scritto che P. Lucio ha steso nello scorso ottobre e che consideriamo il suo testamento spirituale.Ripercorrendolo troviamo le espressio-ni che abbiamo colto anche nella pri-ma lettura di oggi: la lode e il canto al Signore che gli ha dato sempre la forza di vivere con fedeltà la s-ua consacra-zione religiosa e il suo ministero sacer-dotale e gli stava dando - nel momento in cui scriveva - il coraggio di affrontare cristianamente la malattia che lo stava lentamente sfinendo; gratitudine per un Dio quotidianamente scoperto nelle persone e nel creato; la supplica nella prova e l’abbandono in Dio. Mi pare che siano questi i suggerimenti che p. Lucio rivolge a noi che lo stiamo ricordando. Ci dice che sono queste le coordinate di una vita di fede. Con con-cretezza ci ricorda che la vita più essere più o meno lunga (p. Lucio è morto a 64 anni, un’età che è quella della maturità, ma che resta ancora l’età dei progetti). La durata non lo decidiamo noi; impor-tante però non è vivere tanto, ma vivere bene. Il suo esempio ci sproni a lasciar-ci guidare sempre dal Signore, certi che ogni situazione sarà Provvidenza, sarà cioè bene per noi.

Il suo testamento spirituale

È bello dar lode al Signore, / cantare al tuo nome, o altiSSimo,

Sull’arpa a dieci corde e Sulla lira, / con canti Sulla cetra. /

tu mi doni la forza di un bufalo, / mi coSpargi di olio Splendente.

(Sal 91, 2.3.11)

buono È il Signore verSo tutti, /

la Sua tenerezza Si eSpande Su tutte le creature.

canti la mia bocca la lode del Signore, / in eterno e per Sempre. amen!

(Sal 144, 9.21)

con la mia voce al Signore grido aiuto, /

con la mia voce Supplico il Signore: / Signore, Sei tu il mio rifugio.

(Sal 141, 2.6)

Con il battesimo, ricevuto nel giorno dedicato alla memoria del beato Odorico da Pordenone, m’è

entrato nel cuore anche un anelito missionario di cui approfittò p. Francesco Faldani, mentre

passava nelle scuole pubbliche in ricerca vocazionale. Entrai con gioia nel seminario francescano

di Camposampiero (Pd). Concluso il ginnasio a Brescia-Pedavena, fui ammesso al noviziato nel

convento del Santo, a Padova, ed emisi la professione temporanea dei voti religiosi il 26.9.1962.

Studiai teologia a Padova, nel tempo esaltante del Concilio Vaticano II.

Seguì un intenso biennio al Pontificio Istituto Orientale di Roma. Ebbi poi l’imprevisto e doloroso

trasferimento a Istanbul (Turchia), dove vissi dieci anni, i più belli e i più motivati della mia

vita. Nel frattempo fui ordinato sacerdote a Padova il 15.12.1973.

Rientrato in Italia il 13.9.1982, fui collocato per qualche mese a Roma-Cecchignola, poi nella

basilica del Santo, nel convento San Francesco di Treviso ed infine nel convento di Brescia, dove

ebbi l’opportunità di familiarizzare con il Servo di Dio fra Giacomo Bulgaro, che da adolescente

avevo conosciuto e servito. La sua spiritualità, tutta mariana e francescana, m’ha avvolto e

coinvolto. Purtroppo non mi ha trascinato ed elevato, come pure avrei voluto.

Nel 2005 ricevetti un’altra grande grazia: da Brescia fui riportato a Padova, nella casa di

sant’Antonio. Ero malato di leucemia, ma non lo sapevo. Fino ai sessant’anni godetti sempre

di salute forte e di tanta energia, che mi consentirono un attivismo incessante e, spero, utile.

Poi, l’ora del tramonto: sono agli inizi, a metà del percorso, o sto arrivando all’ultima stazione?

Non lo so e nessuno me ne parla.

So che ora vorrei essere come una delle belle giornate estive che, dopo aver irradiato tanta calda

felicità, concludono con una festa di raggi dorati e rosati, un trionfo di colori che rallegra e

rasserena chi li sta a gustare. Vorrei riuscire a rendere bella anche la mia malattia, che mi fa

paura; voglio viverla con Gesù, innestata del tutto nei suoi dolori.

Due sentimenti premono chiassosamente nel mio animo.

Non ho parole per ringraziare il Signore del tanto che ho avuto nella vita terrena. Tutta

la mia riconoscenza vada a quanti mi hanno aiutato, compatito, perdonato; a quanti mi hanno

corretto e pungolato, a quanti - poco o tanto - si sono occupati di me. Dal cielo voglio e devo

concretizzare il mio grazie. Non ho parole per domandare perdono del bene non realizzato

e, con esso, del male fatto in pensieri, parole e opere. Chiedo perdono a Dio di non essere stato

come Lui sperava da me; chiedo perdono ai fratelli di non aver agito come avrei dovuto, cioè con

il cuore e con lo stile di Gesù, di Maria, di Francesco, di Antonio, di fra Giacomo.

Domando perdono a chi ho offeso, giudicato, deluso, amareggiato, a quanti ho indotto a tiepidezza.

Chiedo perdono a quanti hanno dovuto assaporare il peggio di me.

Infine, non ho parole per ringraziare i miei confratelli, i frati della mia Provincia religiosa,

per la benevolenza, la fraternità e la carità che hanno usato nei miei confronti. In ogni convento

mi sono trovato bene, bene accolto, accettato com’ero, stimolato dai loro buoni esempi, sostenuto

dalla loro preghiera: tanto e tanto ho ricevuto dai miei confratelli. Grazie.

Concludo il primo capitolo della mia vita, quello terreno, con tanta gioia, contento di

ciò che ho avuto e contento d’aver utilizzato questi anni in ciò che ho creduto, cercato

e anche amato. Deo gratias, semper. Amen.

p. Lucio Condolo - Padova, 7.10.2008

fra Giacomopadre Lucio

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fra giacomo story

Alle prese con il diavolo

Il suo testamento spirituale

È bello dar lode al Signore, / cantare al tuo nome, o altiSSimo,

Sull’arpa a dieci corde e Sulla lira, / con canti Sulla cetra. /

tu mi doni la forza di un bufalo, / mi coSpargi di olio Splendente.

(Sal 91, 2.3.11)

buono È il Signore verSo tutti, /

la Sua tenerezza Si eSpande Su tutte le creature.

canti la mia bocca la lode del Signore, / in eterno e per Sempre. amen!

(Sal 144, 9.21)

con la mia voce al Signore grido aiuto, /

con la mia voce Supplico il Signore: / Signore, Sei tu il mio rifugio.

(Sal 141, 2.6)

Con il battesimo, ricevuto nel giorno dedicato alla memoria del beato Odorico da Pordenone, m’è

entrato nel cuore anche un anelito missionario di cui approfittò p. Francesco Faldani, mentre

passava nelle scuole pubbliche in ricerca vocazionale. Entrai con gioia nel seminario francescano

di Camposampiero (Pd). Concluso il ginnasio a Brescia-Pedavena, fui ammesso al noviziato nel

convento del Santo, a Padova, ed emisi la professione temporanea dei voti religiosi il 26.9.1962.

Studiai teologia a Padova, nel tempo esaltante del Concilio Vaticano II.

Seguì un intenso biennio al Pontificio Istituto Orientale di Roma. Ebbi poi l’imprevisto e doloroso

trasferimento a Istanbul (Turchia), dove vissi dieci anni, i più belli e i più motivati della mia

vita. Nel frattempo fui ordinato sacerdote a Padova il 15.12.1973.

Rientrato in Italia il 13.9.1982, fui collocato per qualche mese a Roma-Cecchignola, poi nella

basilica del Santo, nel convento San Francesco di Treviso ed infine nel convento di Brescia, dove

ebbi l’opportunità di familiarizzare con il Servo di Dio fra Giacomo Bulgaro, che da adolescente

avevo conosciuto e servito. La sua spiritualità, tutta mariana e francescana, m’ha avvolto e

coinvolto. Purtroppo non mi ha trascinato ed elevato, come pure avrei voluto.

Nel 2005 ricevetti un’altra grande grazia: da Brescia fui riportato a Padova, nella casa di

sant’Antonio. Ero malato di leucemia, ma non lo sapevo. Fino ai sessant’anni godetti sempre

di salute forte e di tanta energia, che mi consentirono un attivismo incessante e, spero, utile.

Poi, l’ora del tramonto: sono agli inizi, a metà del percorso, o sto arrivando all’ultima stazione?

Non lo so e nessuno me ne parla.

So che ora vorrei essere come una delle belle giornate estive che, dopo aver irradiato tanta calda

felicità, concludono con una festa di raggi dorati e rosati, un trionfo di colori che rallegra e

rasserena chi li sta a gustare. Vorrei riuscire a rendere bella anche la mia malattia, che mi fa

paura; voglio viverla con Gesù, innestata del tutto nei suoi dolori.

Due sentimenti premono chiassosamente nel mio animo.

Non ho parole per ringraziare il Signore del tanto che ho avuto nella vita terrena. Tutta

la mia riconoscenza vada a quanti mi hanno aiutato, compatito, perdonato; a quanti mi hanno

corretto e pungolato, a quanti - poco o tanto - si sono occupati di me. Dal cielo voglio e devo

concretizzare il mio grazie. Non ho parole per domandare perdono del bene non realizzato

e, con esso, del male fatto in pensieri, parole e opere. Chiedo perdono a Dio di non essere stato

come Lui sperava da me; chiedo perdono ai fratelli di non aver agito come avrei dovuto, cioè con

il cuore e con lo stile di Gesù, di Maria, di Francesco, di Antonio, di fra Giacomo.

Domando perdono a chi ho offeso, giudicato, deluso, amareggiato, a quanti ho indotto a tiepidezza.

Chiedo perdono a quanti hanno dovuto assaporare il peggio di me.

Infine, non ho parole per ringraziare i miei confratelli, i frati della mia Provincia religiosa,

per la benevolenza, la fraternità e la carità che hanno usato nei miei confronti. In ogni convento

mi sono trovato bene, bene accolto, accettato com’ero, stimolato dai loro buoni esempi, sostenuto

dalla loro preghiera: tanto e tanto ho ricevuto dai miei confratelli. Grazie.

Concludo il primo capitolo della mia vita, quello terreno, con tanta gioia, contento di

ciò che ho avuto e contento d’aver utilizzato questi anni in ciò che ho creduto, cercato

e anche amato. Deo gratias, semper. Amen.

p. Lucio Condolo - Padova, 7.10.2008

il giorno 4 marzo 2009, ci è pervenuta questa breve annotazione su fra giacomo:nota che collima con uno di questi fatti raccontati da p. renato Belluzzocon la coreografia pittorica di emanuela Zanardini.

“Pensando alla vita di fra’ Giacomo Bulgaro, ricordo questo particolareche raccontavano; che quando andavaalla chiesa di San Giovanni si sentivadi colpo un legaccio al collo dei piediche lo tratteneva e doveva lottareper continuare la strada. Dicevano che fossero tentazioni del demonio”.

e p. renato così narra…«Il re delle tenebre, si sa, non prova simpatia per nessuno, per alcuni poi... Il santo Curato d’Ars la sapeva lunga in proposito; ma pure fra Giacomo ha conosciuto gli allegri scherzi e i tiri birboni del nemico numero uno!Ancora giovinetto, recandosi ogni mattino molto presto ad assistere alla messa nella parrocchia di San Giovanni, mentre svelto percorreva la Via Capriolo sentiva degli «inciampi» ai piedi, come fili di ferro che attraversavano la strada, e gli sembrava di dover cadere.Aveva paura? Di che? “La mia mente era assorta nelle divine contemplazioni senza curarsi delle vie terrene!” E così, mentre percorreva il vasto cortile che immetteva nella detta via, dei sassi nell’oscurità gli piovevano addosso. Giacomo non si impressionava, non dimentico di quanto gli aveva detto la Vergine: “Sei insidiato da

satana! Non temere, figlio, non temere: gli spauracchi di satana sono fantasie”. Alle volte il diavolo si faceva più impertinente e arrogan-te. “Una notte, che mi ero alzato dal letto per recitare le preghiere, dopo circa dieci minuti che mi ero inginocchiato davanti all’altarino che mi ero formato nella mia camera, mentre ero in preghiera (dopo mezzanotte), sento un rumore nella cucina. Si udivano come due o tre persone che erano ivi entrate e stavano rovesciando i cassettoni e correvano di qua e di là e chiacchieravano tra loro e non capivo le parole. Un forte brivido mi assale e, rimanendo fermo nella posizione in cui mi ero inginocchiato, pregavo con più fervore. Un pensiero rapido mi passa per la mente, era il mio Dio che mi avvi-sava dell’infernale tentazione. Finii la preghiera e andai con tutta tranquillità a riposare, senza curarmi delle suggestioni diaboliche. La mattina, alle ore cinque, mi alzai per andare nella Chiesa di San Francesco per udire la Messa. Uscendo dalla camera passai per la cucina... tutto era in ordine perfetto”.“Sei insidiato da Satana ma non temere, fi-glio. Sii tranquillo, gli aveva detto più volte la Vergine, la Mamma combatterà con te”.E con tale difesa, il nemico poteva passare?»

fra Giacomo n. 02 | APR.-GIu. 2009 - 5

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radunoQuanta acqua è passata sotto i ponti: un cinquantennio celebrato assieme ripercorrendo tempi passati impressi su foto d’epoca un po’ ingiallite, ma ancora leggibili e pregne di significato. Poi la santa Messa con ugole per nulla arrugginite, e… tanti ricordi durante il pranzo in comune con chiacchere a ruota libera. Preparato dal dinamico trio Zambelli, Scanzi, Manenti e supporti vari, il 17 maggio, una ottantina di “ex-ragazzini del 1959”, che avevano frequentato le medie a Rivoltella di Desenzano ed il ginnasio a Pedavena in provincia di Belluno, si sono ritrovati nel nostro convento di Brescia. Ecco una foto che li ritrae ancora arzilli, anche se i capelli sono un po’ ingrigiti o diradati, e con un ARRIVEDERCI a presto!

Ho visto la gioiasul volto

della Chiesauna testimonianza

all’indomani dell’ordinazione

Nel mese di maggio frate Francesco, un giovane frate

della comunità di Brescia, è stato ordinato sacerdote.

La celebrazione ha avuto luogo nella chiesa francescana della

sua città natale, la Basilica di San Francesco a Ravenna, sabato

9 maggio 2009 alle ore 16.00. Tra i presenti anche molti amici

bresciani, oltre ai molti confratelli provenienti da Brescia, Padova e

dall’Emilia-Romagna.Domenica 24 maggio,

poi, fr. Francesco ha presiedutoper la prima volta la santa Messa

nella nostra chiesa di Brescia.

Carissimi,con queste righe desiderio condividere con voi ciò che ho vissuto e vivo attorno all’ordinazione presbiterale, celebrata lo scorso sabato 9 maggio. Sento di voler-lo e doverlo fare per i traboccanti senti-menti di gratitudine che provo in questo periodo. Ho manifestato in vario modo il mio ‘grazie’ a tanti, ma credo di dove-re un grazie speciale a fra’ Giacomo. In questi anni vivo nel ‘suo’ convento e cer-tamente mi ha accompagnato con la sua generosa ed affettuosa preghiera.I giorni dell’ordinazione mi hanno dona-

to moltissimo. Anzitutto la presenza viva del Signore, che ha vegliato con amore i miei slalom tra un impegno e l’altro. Il dono di un sacramento e di una nuo-va identità, che non so se riuscirò mai a comprendere fino in fondo. La consa-pevolezza viva e sensibile delle molte cure che ho ricevuto e ricevo dai miei confratelli, familiari ed amici.E poi varie ed intense emozioni: una non piccola novità interiore - matura-ta anche grazie a questo passaggio - è stata proprio una rinnovata capaci-tà di gustare e condividere ciò che ho provato.Prima dell’ordinazione tanta trepida-zione: ansietà, dubbi, paure, preoccu-pazioni. E poi dentro la liturgia di or-dinazione e oltre: pace, pace e ancora pace. Infine una gioia sovrabbondante. Il bello e il soprannaturale di questa gioia sta nel fatto che mi è stata dona-ta! Dall’Alto. E dai molti presenti (con il corpo, oppure no). Era ed è una gio-ia incapace di stare immobile: si spo-stava continuamente di mano in mano e spessissimo tornava tra le mie mani. una vera gioia di Chiesa!Sì, credo proprio che non riuscirò a di-menticare facilmente questi giorni, per-ché ho potuto vedere il volto della Chie-sa brillare di gioia. Credo proprio sia importate che io faccia tesoro di questa esperienza unica, perché - come mi ha scritto un giovane prete bresciano - so già che le difficoltà e le sofferenze non mancheranno nel ministero. Ma allora potranno trovare senso e persino utili-tà se entreranno in dialogo con la gioia: mia e della Chiesa.Grazie ancora, e ricordiamoci nella pre-ghiera. Lo dico a fra’ Giacomo... ma an-che a voi tutti suoi devoti ed amici!

frate Francesco ravaioli

presepioAnche quest’anno ci è giunta la richie-sta di poter vedere, almeno in foto, in tutto il suo splendore, il proscenio del presepio tanto ammirato dai visitatori. Ecco esauditi soprattutto coloro a cui il “Foglio di Fra Giacomo” giunge valican-do la provincia di Brescia. Per i cinque realizzatori dell’opera sarà certamente nuovo motivo di vanto. Ora aspettiamo Piero con i nuovi progetti! Ahi! o “No problem”… ?

ConcertoToh! Chi si rivede? Con gioiosa sorpresa, è Matteo Baxiu, non più in veste dell’allora studente curvo sui libri del nostro liceo, ma, oggi, in gran forma e come direttore d’orchestra! Sotto la sua direzione, i bresciani hanno potuto gustare l’esecuzione della “Nelsonmesse” di Franz Joseph Haydn per solisti, coro ed orchestra. La critica ha sottoli-neato le “ottime qualità dell’orche-stra e, soprattutto, del coro… che hanno restituito alla messa tutto il suo splendore, animata da una vibrante tensione ritmica grazie ai tempi staccati dal direttore Baxiu, capace di coniugare una solida visione d’insieme con una squi-sita attenzione alle molte finezze che ne caratterizzano la scrittura. Successo caloroso”.

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notizie in pillole testimonianze

● Cari P. Leopoldo e Mario,come promesso Vi voglio fare parte della nascita di Stefanoil 19 gennaio di quest’ anno.Solo dopo cinque mesi (era il 28 nov. 2007) della nostra visita a Brescia e dell’affido a fra Giacomo di questo desiderio espresso dalla Serena e da Claudio di avere un terzo figlio, la grazia è arrivata!Mia figlia aveva già accantonatoil desiderio, essendo passatipiu di due anni dalla loro decisione, ma il provvidenziale incontrocon P. Leopoldo a Veneziae il suo invitoha reso possibile la cosa.Non vi nascondo che non mi trattengo dal publicizzare questo fatto allepersone che conosco e che possono essere in questa situazione.Vi allego una foto di Stefano che già sorride a meno di due mesi.Vi saluto e spero di rivedervi presto.paolo e Tina Micaglio

● Al ritorno dai funerali di p. Lucio,in pullman, abbiamo voluto ricordare alcuni momenti vissuti con lui, abbiamo anche sorrisonel ricordo della sua cordialità e del suo spiccato senso dell’umorismo. P. Lucio era semplice, umile, accogliente con tutti. Di intelligenza vivace, aperto, estremamente generoso, si donava al Signoree con noi tutti senza risparmiarsi.“Lo zelo per la tua casa mi ha divorato” (Salmo 69) così diceva mio marito quando ne parlavamo. Ma ciò che più mi piace sottolineare è che era dotato di una grande spiritualità, io personalmente rimanevo colpita dalle sue intense omelie, mio marito diceva spesso “bisognerebbe mettere un registratore per riascoltarle”. Nonostante tutto era schivo, riservato, è vissuto sempre nel

13 giugnoSant’Antonio, ancora mattatore per l’afflusso dei tanti devoti che sono venuti a pregarlo nella nostra chiesa.Tante le celebrazioni contornate da una festa esterna ricca di bancarelle, mercatino per le missioni ed una spettacolare esposizione di quadridel grande pittore trentino di Isera, Gianni Turella.

Quadri di Gianni Turella

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GiacomoFoglio trimestrale sul Servo di Dio fra Giacomo Bulgaro (1879-1967) - Frate Minore Conventuale - Direzione e Redazione: Convento San Francesco - Piazza San Francesco 3 A - 25122 Brescia - Italia

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Anno X, n. 01 | aprile-giugno 2009 - Realizzazione Grafica: Cidiemme/Brescia - Stampa: Grafica Sette/Bagnolo Mella (Bs)

fra

Basta un sassolinoO Gesù, brucia e consuma questo mio cuorecon il fuoco del tuo amore, perché io possa amare solo te, che sei il mio Dio.Con la fiamma del tuo amorepurifica le mie miseriee riscalda la mia freddezza. Vorrei seguirti fino alla perfezione, ma quanti intoppiincontrosul mio cammino! Basta un sassolino a farmi deviare. Le tenebre oscurano i miei occhi, ma tu, Signore, sei la luce:illuminami con lo splendore del tuo amore.(1940, q 4, 38r-39v)

2|2009

la testimonianza

nascondimento, pur essendo apprezzato e stimato da quantilo avvicinavano.La sua vita si è conclusa con atroci sofferenze, ma p. Lucio non ha mai detto “sto male”,anzi ha conservato il sorrisoe la serenità fino all’ultimo giorno. Nel ringraziare il Signore per il grande dono di p. Lucio, voglio salutarlo utilizzando le sue stesse parole nell’ultimo ‘sms’ inviatomiil 24.05.09: “Un caloroso saluto”.anna Conti

● A 8 anni io, Lidia, con la mia mamma venivo in città a portare a fra Giacomo in convento di san Francesco in città le varie scarpe da riparare: eravamo tanti fratelli. Intanto che fra Giacomo le riparava andavamo a trovare le mie zieche si trovavano ricoveratenella struttura della casa di Dio, in Via Moretto. Al susseguirsi delle

altre settimane io non volli andare dalle zie e mi sostai con il frate intanto che riparava le scarpe e cominciò a raccontarmi che era birichino perché dopo morto il suo papà aveva trovato delle amicizie non troppo brave e la sua mamma era dispiaciuta. Lui a me disse “Te non fare piangere la tua mamma, ti prego fai la brava”.Mi raccontò che una notte una vocina nel sonno le disse di cambiar vita. Un giorno seguente bussò alla porta del convento perché voleva confessarsi e le raccontò al sacerdote che si trovava a pregare davanti al tabernacolo in Chiesa di San Francesco. E in confessione le disse il sogno. Questo Frate sacerdote le chiese se era in casa con qualcuno e lui disse che era solo perché era morta anche la mamma. Le chiesero se voleva rimanere con loro in convento. Lui accettò e mi disse che vivono

ora sempre lì, ora mi trovo qua d’allora. Lui mi ripetè tante volte di non fare come lui perché altrimenti avrei dato dispiacere e Gesù e alla Madonnina Santa. Tutte le volte che andavo in convento mi fermavo con Lui mi raccontava un’infinità di episodi, riguardanti San Francesco a talpunto che volevo seguire le orme di San Francesco e al Signore però con preghiere e meditazione prima di essere professa perché non mi sembrava di essere degna di appartenere a tanti Fratelli nel Signore. Ora sono molto contenta di appartenere al Terz’Ordine Secolare Francescano, da ben 35 anni fa. Io di questo Frate Giacomo ho dei bellissimi ricordi e lo ricordo ogni giorno nelle mie preghiere ché mi aiuti ad essere umile come lo era Lui e lo ringrazio ancora per quello che mi ha trasmesso con la sua semplicità e parole vere.Turra Serena lidia