Anno V - n. 7 20 marzo · 2015 Messaggio per la Pasqua 2015 … e volti... · gnore Risorto, il...

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20 marzo · 2015 SOMMARIO OMMARIO Anno V - n. 7 Pasqua pagg. 1-10 La parola del Vescovo pag. 5 Cultura pag. 12 Attualità pagg. 14-15 Convegno liturgico diocesano pagg. 16-17 Anno della vita consacrata pag. 18 Pastorale giovanile pag. 19 Caritas pag. 20 Pastorale familiare pag. 21 Ecclesia in Gargano pagg.22-24 Messaggio per la Pasqua 2015 G li Evangelisti ci racconta- no ciò che è accaduto al- le donne mirofore la mat- tina di Pasqua: la tomba è aperta e vuota, non c’è più il corpo di Gesù morto e un angelo annun- cia loro “ Non è qui! È Risorto!”. Allo- ra “ con timore e gioia grande” es- se corsero a dare la notizia agli apo- stoli. Da tutte le pagine del Nuovo Testamento emerge insistentemen- te la gioia della Resurrezione di Cri- sto e noi suoi discepoli non possiamo non avere questa stessa gioia gran- de, permanente, in quanto il Risor- to è luce gioiosa che illumina e vivi- fica l’orizzonte della nostra vita e ci dona speranza e carità. Il nostro Dio è il Dio della vita che non poteva rimanere imbrigliato in una tomba tra i lacci della morte! L’evento della Resurrezione ha rag- giunto ogni propaggine della crea- zione e rovesciato la pietra che op- primeva ogni uomo, vincendo le te- nebre e il tempo. Egli è ora sulle stra- de del mondo e non fra le cose morte; vive in ognuno di noi, nelle nostre fa- miglie, nei nostri fratelli più piccoli, negli ultimi, nelle nostre comunità, nella Chiesa, la sua Sposa amata per la quale ha dato tutto Se stesso, e so- prattutto lì dove abbiamo bisogno di gnore Risorto, il principe della Pace, di donare pace e serenità al mondo, alle nazioni tormentate dalla guer- ra fratricida e, in particolare, a que- sti nostri fratelli perseguitati a mo- tivo del santo nome cristiano e im- pegniamoci a tutelate e a promuove- re per tutti la libertà religiosa come diritto umano fondamentale, assolu- to, sostenendo e soccorrendo questi fratelli, in patria e nelle regioni dove sono migrati. Le nostre preghiere e i nostri cuori siano innalzati per lo- ro, specialmente in questo momen- to particolare della storia del mondo. E a noi tutti che abbiamo ricevuto la ricchezza dei doni pasquali, augu- ro di custodire questo prezioso te- soro rimanendo fedeli alle esigen- ze del nostro battesimo per gustare la gloriosa visione del Risorto nella certezza della nostra resurrezione, già” avvenuta ma “non ancora” in pienezza. Sia, dunque, Gesù Risorto speran- za e conforto per tutti, in particola- re per gli ammalati, i disoccupati, i genitori e gli educatori, i migranti e i perseguitati, e per ogni situazione umana di sofferenza e di ingiustizia. E mentre invoco su tutta la nostra Arcidiocesi la benedizione del Si- gnore Risorto che infonda nel nostro tempo la ripresa della costruzione di una società pacifica e solidale, augu- ro di trascorrere santamente e nella gioia questa grande festa, fondante la nostra fede e la nostra speranza. *arcivescovo iniezioni di vita, nelle nostre giorna- te a volte amorfe che si incanalano, ogni settimana sempre uguali, dal lunedì alla domenica, e lì dove noi lottiamo, lavoriamo, amiamo, pro- gettiamo, ci stanchiamo, soffriamo, cadiamo e riprendiamo a cammina- re. E dove la notte sembra non fini- re mai, Egli promuove per noi nuo- ve albe. Dunque, Gesù di Nazareth, il Risor- to, è tutt’altro che chiuso nel suo pas- sato; è vivo nelle nostre comunità, in ognuno di noi che oggi si professa suo discepolo e che in Lui riconosce la ragione della propria vita. Il Concilio, nella Lumen Gentium, ha usato la bella espressione “ Quelli che guardano con fede a Gesù” definendo così tutti noi radunati in unità, sot- to la guida del Vescovo, nell’assem- blea pasquale che celebra il Vivente, tanto che possiamo essere conosciu- ti, e lo siamo, come quelli che cor- rono con perseveranza “fissando lo sguardo su Gesù” (Eb 12,2) il Salva- tore, cui essendo stati intimamente uniti nel battesimo e nella cresima, siamo divenuti anche noi “cristi”, un- ti, ossia di Cristo. Nei secoli, pensatori sempre più se- parati dalla vita della Chiesa han- no letteralmente disgregato i fon- damenti della fede fino all’estremo ateismo dei nostri giorni, strappan- do molti alla fede e portandoli verso una vita di negazione del Dio viven- te, in particolare della santa Resur- rezione del Signore, tanto che assi- stiamo, nel modo di sentire e di vi- vere diffuso, alla pratica delle tra- sgressioni in ogni campo e dell’ esal- tazione del proprio egocentrismo. Così le nostre strade pullulano di viandanti delusi e pieni di doman- de, bisognosi di compagnia e di testi- monianza credibile, che aspettano di incontrare in noi credenti Uno che spiegando le Scritture (cfr Lc 24,32), scaldi i loro cuori. I testimoni del Risorto che non man- cano in tutto il mondo con esempi di vita autentica e fedele, non posso- no non misurarsi con la sfida della gioia di Pasqua, a iniziare da quella che si impara donando, spogliando- si dell’Io autoreferenziale e facendo- si accoglienti. Così, mentre ci apprestiamo a ce- lebrare la Pasqua del Signore, pen- siamo particolarmente ai tanti no- stri fratelli che non possono farlo, ai cristiani nel mondo che subisco- no ostracismo, insulti, rifiuto e che vengono perfino assassinati, solo perché cristiani. Supplichiamo il Si- Michele Castoro* Che gioia, Egli vive per noi!

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20 marzo · 2015

SOMMARIO

OM

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RIO

Anno V - n. 7

Pasqua pagg. 1-10La parola del Vescovo pag. 5Cultura pag. 12Attualità pagg. 14-15Convegno liturgico diocesano pagg. 16-17

Anno della vita consacrata pag. 18Pastorale giovanile pag. 19Caritas pag. 20Pastorale familiare pag. 21Ecclesia in Gargano pagg. 22-24

Messaggio per la Pasqua 2015

Gli Evangelisti ci racconta-no ciò che è accaduto al-le donne mirofore la mat-tina di Pasqua: la tomba è

aperta e vuota, non c’è più il corpo di Gesù morto e un angelo annun-cia loro “Non è qui! È Risorto!”. Allo-ra “con timore e gioia grande” es-se corsero a dare la notizia agli apo-stoli. Da tutte le pagine del Nuovo Testamento emerge insistentemen-te la gioia della Resurrezione di Cri-sto e noi suoi discepoli non possiamo non avere questa stessa gioia gran-de, permanente, in quanto il Risor-to è luce gioiosa che illumina e vivi-fica l’orizzonte della nostra vita e ci dona speranza e carità.Il nostro Dio è il Dio della vita che non poteva rimanere imbrigliato in una tomba tra i lacci della morte! L’evento della Resurrezione ha rag-giunto ogni propaggine della crea-zione e rovesciato la pietra che op-primeva ogni uomo, vincendo le te-nebre e il tempo. Egli è ora sulle stra-de del mondo e non fra le cose morte; vive in ognuno di noi, nelle nostre fa-miglie, nei nostri fratelli più piccoli, negli ultimi, nelle nostre comunità, nella Chiesa, la sua Sposa amata per la quale ha dato tutto Se stesso, e so-prattutto lì dove abbiamo bisogno di

gnore Risorto, il principe della Pace, di donare pace e serenità al mondo, alle nazioni tormentate dalla guer-ra fratricida e, in particolare, a que-sti nostri fratelli perseguitati a mo-tivo del santo nome cristiano e im-pegniamoci a tutelate e a promuove-re per tutti la libertà religiosa come diritto umano fondamentale, assolu-to, sostenendo e soccorrendo questi fratelli, in patria e nelle regioni dove sono migrati. Le nostre preghiere e i nostri cuori siano innalzati per lo-ro, specialmente in questo momen-to particolare della storia del mondo.E a noi tutti che abbiamo ricevuto la ricchezza dei doni pasquali, augu-ro di custodire questo prezioso te-soro rimanendo fedeli alle esigen-ze del nostro battesimo per gustare la gloriosa visione del Risorto nella certezza della nostra resurrezione, “già” avvenuta ma “non ancora” in pienezza.Sia, dunque, Gesù Risorto speran-za e conforto per tutti, in particola-re per gli ammalati, i disoccupati, i genitori e gli educatori, i migranti e i perseguitati, e per ogni situazione umana di sofferenza e di ingiustizia.E mentre invoco su tutta la nostra Arcidiocesi la benedizione del Si-gnore Risorto che infonda nel nostro tempo la ripresa della costruzione di una società pacifica e solidale, augu-ro di trascorrere santamente e nella gioia questa grande festa, fondante la nostra fede e la nostra speranza.

*arcivescovo

iniezioni di vita, nelle nostre giorna-te a volte amorfe che si incanalano, ogni settimana sempre uguali, dal lunedì alla domenica, e lì dove noi lottiamo, lavoriamo, amiamo, pro-gettiamo, ci stanchiamo, soffriamo, cadiamo e riprendiamo a cammina-re. E dove la notte sembra non fini-re mai, Egli promuove per noi nuo-ve albe. Dunque, Gesù di Nazareth, il Risor-to, è tutt’altro che chiuso nel suo pas-sato; è vivo nelle nostre comunità, in ognuno di noi che oggi si professa suo discepolo e che in Lui riconosce la ragione della propria vita. Il Concilio, nella Lumen Gentium, ha usato la bella espressione “Quelli che guardano con fede a Gesù” definendo così tutti noi radunati in unità, sot-to la guida del Vescovo, nell’assem-blea pasquale che celebra il Vivente, tanto che possiamo essere conosciu-ti, e lo siamo, come quelli che cor-rono con perseveranza “fissando lo sguardo su Gesù” (Eb 12,2) il Salva-tore, cui essendo stati intimamente uniti nel battesimo e nella cresima, siamo divenuti anche noi “cristi”, un-ti, ossia di Cristo.Nei secoli, pensatori sempre più se-parati dalla vita della Chiesa han-no letteralmente disgregato i fon-

damenti della fede fino all’estremo ateismo dei nostri giorni, strappan-do molti alla fede e portandoli verso una vita di negazione del Dio viven-te, in particolare della santa Resur-rezione del Signore, tanto che assi-stiamo, nel modo di sentire e di vi-vere diffuso, alla pratica delle tra-sgressioni in ogni campo e dell’ esal-tazione del proprio egocentrismo. Così le nostre strade pullulano di viandanti delusi e pieni di doman-de, bisognosi di compagnia e di testi-monianza credibile, che aspettano di incontrare in noi credenti Uno che spiegando le Scritture (cfr Lc 24,32), scaldi i loro cuori. I testimoni del Risorto che non man-cano in tutto il mondo con esempi di vita autentica e fedele, non posso-no non misurarsi con la sfida della gioia di Pasqua, a iniziare da quella che si impara donando, spogliando-si dell’Io autoreferenziale e facendo-si accoglienti. Così, mentre ci apprestiamo a ce-lebrare la Pasqua del Signore, pen-siamo particolarmente ai tanti no-stri fratelli che non possono farlo, ai cristiani nel mondo che subisco-no ostracismo, insulti, rifiuto e che vengono perfino assassinati, solo perché cristiani. Supplichiamo il Si-

Michele Castoro*

Che gioia, Egli vive per noi!

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Periodico dell’Arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni RotondoAnno V - n. 7 del 20 marzo 2015Iscritto presso il Tribunale di Foggia al n. 13/2010del Registro Periodici - Cronologico 1868/10del Registro Pubblico della StampaDirettore responsabileAlberto CAvAllini

RedazioneUfficio per le Comunicazioni Sociali dell’ArcidiocesiVia s. Giovanni Bosco n. 41/b - Tel 0884.581899 71043 Manfredoniae-mail: [email protected]@tin.itLe foto pubblicate appartengono all’archivio fotografico dell’Ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi

Hanno collaborato a questo numero: mons. Marco Frisina, don Luigi Carbone, don Salvatore Miscio, don Gioacchino Strizzi, don Domenico Facciorusso,

suor Maria Lucia Esposto, apostola del s. Cuore - CSS -, Francesco Zannotti, Pasquale Ognissanti, Antonio Stuppiello, Tiziano Samele, Giuseppe Barracane, Domenico Trotta, Pietro Saggese, Michele Marino, Marco Lauriola, Francesco Panella, Giovanni Chifari, Nicola Parisi, Antonia Palumbo, Pasquina Tomaiuolo, Maria Chiara Bavaro, Nicoletta Gellotto Gentile, Maria Ciuffreda, Lucia Sasso

Il periodico VOCI e VOLTI è iscritto alla

Stampa:Grafiche Grilli - Via Manfredonia Km 2,200 - 71121 Foggia

Il giornale diocesano VOCI e VOLTI può essere letto in formato elettronico o scaricato dall’home page del sito della nostra Arci-diocesi: www.diocesimanfredoniaviestesangiovannirotondo.ite sul sito http://www.costruireponti.it/index.php/buona-lettura/voci-e-voltiQuesto numero è stato chiuso in redazione il 17 marzo 2015

V O C I E V O L T I

I contributi e le riflessioni a pubblicarsi nel prossimo numero di VOCI e VOLTI che uscirà venerdì 17 aprile 2015, per motivi tecnici, devono per-venire in redazione per e-mail , entro e non oltre martedì 7 aprile 2015.

Il n. 31 delle Norme Generali dell’Anno liturgico afferma: «Il giovedì della Settimana santa, al mattino, il vescovo, concele-

brando la messa con il suo presbi-terio, benedice gli oli santi e consa-cra il crisma ». Queste benedizioni non sono collegate necessariamente con l’Ultima cena o istituzione dell’Eucarestia. La motivazione

Si ricorda che sono cambiati gli indirizzi mail relativi all’Ufficio Comu-nicazioni Sociali di Manfredonia-Vieste-S.Giovanni Rotondo e al gior-nale diocesano VOCI e VOLTI.

Si prega voler inviare ogni corrispondenza ai nuovi indirizzi:

[email protected] e [email protected] Grazie per l’attenzione e cordialità.

La MEssa CrisMaLE: storia e celebrazione

don Luigi Carbone*

originaria per la loro collocazione al Giovedì santo era essenzialmente pratica: disporre di nuovo crisma per l’unzione post-battesimale e la confermazione durante la Veglia pa-squale. Il Sacramentario Gelasiano (VII-VIII secolo) contiene tre formu-lari per le messe in questo giorno. Il primo è la messa per la riconciliazio-ne dei penitenti che si svolgeva nel-

le parrocchie romane al mattino; il secondo è la messa che vedeva il ve-scovo e i presbiteri protagonisti nel-la consacrazione degli olii, e la ter-za messa veniva celebrata alla sera, quella che noi chiameremo Messa vespertina in Coena Domini.Fino al ripristino della Settimana santa da parte di Pio XII nel 1955, i tre oli erano benedetti in cattedrale dal vescovo durante la messa in Ce-na Domini, celebrata al mattino del Giovedì santo. Pio XII decretò che dal 1956 la Messa in Cena Domini venisse celebrata la sera e si conti-nuasse a benedire gli oli e a consa-crare il crisma in una messa, al mat-tino, secondo l’antica tradizione del-le Chiesa. Venne ripristinata dun-que la Messa crismale.I riformatori del Messale romano do-po il Concilio Vaticano II cercarono di trovare un tema o un’immagine unificante per la scelta e la dispo-sizione di canti, letture e preghiere della Messa crismale. L’idea di tra-sformare la “messa del crisma” in una festa sacerdotale fu un’intuizio-ne di papa Paolo VI. Poiché questa è la messa nella quale si benedice l’o-lio dei catecumeni e si consacra il crisma, oli usati nel battesimo e nel-la confermazione, e poiché la Costi-tuzione dogmatica conciliare Lumen gentium al n. 10, basa il sacerdozio universale su questi due sacramen-ti, è ovvio pensare questa messa co-me una vera e propria “festa sacer-dotale”, in cui si celebra il sacerdo-zio regale di tutti i battezzati.L’antifona d’ingresso, tratta dalla se-conda lettura (Ap 1,5-8) è una com-movente acclamazione di tutti i bat-tezzati: «Gesù Cristo ha fatto di noi un regno e ci ha costituiti sacerdoti per il suo Dio e Padre» (Ap 1,6)La stupenda nuova colletta afferma che Dio ha permesso a questa as-semblea di fedeli (laici e ministri or-dinati) di condividere la stessa con-sacrazione con la quale consacrò il suo Figlio, ungendolo con lo Spirito. La prima lettura tratta dal libro del profeta Isaia (“Lo Spirito del Signore è su di me…”) spinge il profeta a in-traprendere una missione di libera-zione in cui i futuri abitanti di Sion saranno chiamati «sacerdoti del Si-gnore, ministri del nostro Dio». Il Vangelo (Lc 4, 16-21) è la perfetta controparte della prima lettura. Ge-sù proprio all’inizio del suo ministe-ro pubblico, entra nella sinagoga di Nazareth, legge Is 61, 1-2 e dichia-

ra: «Oggi si è compiuta questa scrit-tura che voi avete ascoltato». Gesù è quindi l’unto del Signore; il Padre risuscitandolo dai morti, effonde su tutti i credenti lo stesso Spirito con cui unse Gesù, rendendoli così secondo le parole della colletta «partecipi della sua consacrazione».Dopo l’omelia segue la rinnovazio-ne delle promesse sacerdotali e il ri-to della benedizioni degli oli.Nella benedizione si segue un ordi-ne di importanza. Si comincia con la benedizione dell’olio degli infer-mi. La preghiera usata, mira al re-cupero della salute da parte di colo-ro sono unti con quest’olio, chieden-do che «quanti riceveranno l’unzione ottengano conforto nel corpo, nell’ani-ma e nello spirito, e siano liberati da ogni malattia, angoscia e dolore». Se-gue la benedizione dell’olio dei cate-cumeni che infonde vigore nei can-didati al Battesimo per rinunciare al diavolo e al peccato prima di recar-si al fonte e rinascere a vita nuova.La benedizione degli oli culmina nella consacrazione del crisma. Do-po aver versato il balsamo o altra so-stanza profumata nell’olio, il vesco-vo chiede a tutti di pregare perché Dio benedica quest’olio, affinché tut-ti coloro che saranno unti con esso possano essere trasformati interior-mente. Questo solenne invito coin-volge tutta l’assemblea. In seguito il vescovo soffia sull’apertura dell’am-polla del crisma, non più tre volte in forma di croce, come si faceva in pre-cedenza. Il soffio infatti non ha più significato esorcistico, ma di invoca-zione dello Spirito, ricordando il ge-sto del Signore risorto in Gv 20,22 «Soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spi-rito Santo”». Infine, le due preghiere (a scelta) di consacrazione del crisma ricordano che, attraverso l’unzione con il cri-sma, ai neobattezzati viene concessa la partecipazione alla missione rega-le, sacerdotale e profetica di Cristo, riallacciandosi al significato della prima unzione post-battesimale. *direttore dell’Ufficio liturgico diocesano

Ultima cena, Chiesa dei Cappuccini - Monte Sant’Angelo

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La categoria “mistero pa-squale” compare dall’ini-zio e ripetutamente nei do-cumenti del Vaticano II. La

Sacrosanctum Concilium la pone co-me base della sua riflessione teologi-ca sulla liturgia. L’art. 5, dopo aver riassunto la storia della salvezza tut-ta tesa alla realizzazione del miste-ro nascosto dai secoli in Dio, il dise-gno cioè di condurre tutti gli uomini alla salvezza e alla conoscenza del-la verità, afferma che questa opera – che, in presenza del peccato, oltre alla modalità di adorazione-culto ha assunto anche quella della liberazio-ne-riconciliazione con Dio – prepa-rata e prefigurata nelle grandi ope-re compiute da Dio nell’Antico Testa-mento, si è realizzata nella morte-risurrezione-ascensione di Cristo, che è il suo “passare oltre”, “saltare” presso il Padre, nella Gloria: la Pa-squa cristiana. L’espressione miste-ro è mutuata sia dalla cultura e dalla lingua greca sia dalle civiltà meso-potamiche in cui si indicava un pia-no segreto, un discorso divino desti-nato ad essere rivelato. Simile a que-sto è il particolare significato con cui il termine compare nei Vangeli, do-ve il mistero indica la realtà del re-gno di Dio nascosto alla massa, ma rivelato dal Padre ai discepoli, scelti tra i piccoli e i semplici Mc 4,11; Mt 13, 11; Lc 8, 10). Più antica la parola Pasqua, essa compare dell’AT. Dall’aramaico pa-schà e dall’ebraico pesah, sembra, appunto, che il termine significasse danzare, saltare, rituale che si svol-

geva durante la festa. E se pensiamo alla civiltà pastorale dei patriarchi e dei loro antenati, capiamo come la sorte degli uomini e degli armenti fosse spesso determinata dai buoni o cattivi pascoli. In particolare la sta-gione primaverile era vista, ed anco-ra lo è, anche presso di noi, come mo-mento di speranza, di rinascita per la luce e il calore che aumenta, per la vegetazione che riprende: spunta dal terreno l’erba, sugli alberi le gemme preparano i frutti. L’augurio e la speranza di un nuovo e migliore inizio riempie il cuore de-gli uomini. Ecco che i pastori nomadi sacrificavano un agnello al Dio che proteggeva il clan nella sua esisten-za nomade, sotto la cupola del cielo di ogni stagione. In epoca biblica la protezione di Dio è descritta nella scena di Yhwh che, in Egitto, passa oltre le case degli Israe-liti contrassegnate dal sangue dell’a-gnello sacrificato (Es 12, 13.23.27). Un passaggio è anche quello d’Isra-ele che dall’Egitto, terra di schiavitù, cammina verso la terra della libertà in cui sarebbe stato possibile rende-re culto al proprio Dio, un passaggio che lo ricompatta come popolo sal-vato da Dio e reso libero di espri-mere il proprio assenso o rifiuto alla sua proposta di alleanza. Il pesach d’Israele dalla schiavitù alla liber-tà è il modello che fa da riferimento al nuovo e definitivo passaggio alla libertà, alla gloria di Dio Padre che con la risurrezione avviene in Ge-sù morto sulla croce, l’unico media-tore, perché nella sua persona si in-

La PasQUa DEL siGNOrE

contrano il movimento ascendente, vertice della ricerca e della natura umana, della tensione dell’uomo ver-so Dio, e il movimento discendente, l’impegno più completo di Dio verso coloro che sono i detentori della sua alleanza. Ma Israele non fu fedele al Signore, il culto alle divinità cananee e una condotta spesso egoistica e di sopraf-fazione verso i poveri; l’elaborazione e l’applicazione legalistica di precet-ti religiosi che spesso rendevano im-possibile la stessa carità ai più debo-li provocarono le denunce dei profeti che richiamavano il popolo a ritorna-re al Signore, ad imitarne la giusti-zia. Alcuni di essi arrivarono a pro-spettare una nuova alleanza tra Dio e Israele, una legge nuova che non fosse semplice costrizione esteriore, ma una discesa dello Spirito stesso di Dio nel cuore dell’uomo per incli-

antonio stuppiello*

narlo al bene. “Vi aspergerò con ac-qua pura e sarete purificati… mette-rò dentro di voi uno spirito nuovo. Por-rò il mio spirito dentro di voi”(Ez 36, 25-27). I profeti non furono ascoltati, an-zi furono perseguitati. “Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo:-Avranno rispetto per mio figlio!- Ma i contadini, visto il figlio … lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero”(Mt 21, 37-39). Il Figlio, il Cristo è il vero mediatore. Il Cristo è la pasqua, il passaggio che metterà in contatto gli uomini con Dio, il me-diatore, la vittima pasquale, la nuo-va alleanza; Giovanni Battista lo an-nuncia designandolo come l’Agnel-lo di Dio. Gesù Cristo è il vero agnello pasqua-le, Egli è il Risorto, Egli è la porta per il Padre, Egli è perpetuamente in stato di Pasqua. Le sue sofferen-ze sono cessate, sta vivendo per l’e-ternità. Il sacrificio e la risurrezione del Cristo non sono un avvenimen-to del passato, ma un fatto presente, perpetuo. Infatti, nell’Eucaristia Cri-sto vive ora. Nella persona del Cristo – Dio fatto uomo – unico mediatore, si coniuga-no la natura umana e quella divina. La natura umana nella sua condizio-ne mortale e la natura divina come traboccante di vita, sono in una con-dizione di perpetua comunicazione. Nello stesso movimento in cui la vit-tima pasquale è proiettata in Dio me-diante il suo sacrificio, la vita di Dio, il suo Spirito, giunge nell’Agnello pa-squale, con tale abbondanza che può comunicarsi a tutti i fratelli umani del Cristo. L’amore del Padre per il Figlio è lo Spirito Santo, le relazio-ni tra le Persone della santa Trinità sono quest’atto d’amore che da sem-pre e per sempre sostiene l’universo e l’uomo, anche quando tutto sarà ri-capitolato in Dio, tutto sarà trasfigu-rato, ma l’Amore vivificante non fi-nirà mai.

*parrocchia s.Maria del Carmine, Monte Sant’Angelo

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Il Vangelo della veglia pasquale dell’anno B ci parla degli eventi successi all’alba del primo gior-no dopo il sabato, ed anche noi

con le donne che vanno al sepolcro (Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Salòme), dobbiamo fare un cammino di fede per riconoscere Gesù risorto. È importante sottoline-are come le tre donne siano dinami-che: camminano nella notte. Fuori è ancora buio, ma forse è buio soprat-tutto nei loro cuori (nei nostri cuori, no?!?); è il buio della desolazione e dello sconforto. Sono certe (forse lo siamo anche noi) che il loro rappor-to con Gesù è stato interrotto in ma-niera definitiva. Anche noi portiamo gli aromi, segno di voler “dar vita” nel nostro cuore alla memoria di chi consideriamo morto e sepolto. Come alle donne, in questo cammino che ci porta alla contemplazione del Ri-sorto, ci assalgono i dubbi: «Chi ci fa-rà rotolare via la pietra dall’ingres-so del sepolcro»? (v. 3). Ma se con co-raggio “alziamo lo sguardo” (cf v. 4) ci accorgiamo che la Vita, che è Ge-sù Cristo, è venuta fuori dal sepol-cro e ha tolto anche gli ostacoli (la “pietra”) che stavano nel nostro cuo-re per farci diventare aperti alla vi-ta nuova, alla novità di Dio. Dobbia-mo solo “entrare” (cf v. 5), cioè essere coinvolti in questo “mistero” ed il se-gno più evidente che Gesù è risorto deve essere la nostra vita fatta di an-nunzio, di testimonianza e di amore. Dopo essere entrate nel sepolcro, le donne videro un giovane seduto sulla destra e vestito con una veste bianca, segno del mondo di Dio, del-la festa e della gioia.

Giuseppe Barracane*

«Ed ebbero paura» (v. 5): quando Dio si manifesta abbiamo sempre pau-ra, eppure la sua epifania si rende evidente nelle realtà più semplici e ordinarie della vita. Egli non cerca il chiasso o le apparenze, ma agisce discretamente ed è necessario ave-re occhi per scoprire i segni del suo passaggio nella nostra vita. «Non ab-biate paura» dice il giovane in bian-che vesti (v. 6), proprio perché chi ha scoperto il Signore e l’ha accolto nel-la sua vita, non ha nulla da temere. Infatti, scrive s. Paolo «Chi ci separe-rà dall’amore di Cristo? Forse la tri-bolazione, l’angoscia, la persecuzio-ne, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?... Ma noi siamo più che vinci-tori grazie a Colui che ci ha amati» (Rm 8, 35.37). Il messaggero di Dio rassicura le donne: «Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui» (Mc 16, 6). Gesù è identificato come il “Crocifisso” proprio perché il Calva-rio è la manifestazione più traspa-rente del suo amore. Ritorna il tema della ricerca, l’impe-gno di scoprire, dietro ad ogni vol-to di uomo o di donna, il volto di Dio. Da qui nasce per le donne/per noi, la missione: annunziare con le parole e con le opere l’evento prodigioso della risurrezione di Gesù che ci ha cam-biato la vita. Da qui anche il com-pito di “vederlo” in Galilea nascosto in chi incontriamo quotidianamen-te; in chi forse ci dà fastidio e per noi non ha una storia degna da raccon-tare, ma sicuramente ha un futuro da vivere; in chi ha bisogno solo di un sorriso e/o di essere abbraccia-to. Papa Francesco ha scritto che il

Risorto «…avanza vittorio-so nella storia insieme con “quelli che stanno con lui… i chiamati, gli eletti, i fede-li” (Ap 17, 14)… La risurre-zione di Cristo produce in ogni luogo germi di questo mondo nuovo; e anche se vengono tagliati, ritornano a spuntare, perché la risur-rezione del Signore ha già penetrato la trama nasco-sta di questa storia, perché Gesù non è risuscitato inva-no. Non rimaniamo al mar-gine di questo cammino del-la speranza viva» (Evange-lii gaudium, n. 278).

*dottore in sacra teologia

andiamo al sepolcro insieme alle donne per fare

l’esperienza di Gesù risorto

La Pasqua è la prin-cipale fe-stività del

Cristianesimo. Es-sa celebra la ri-surrezione di Ge-sù, avvenuta do-po tre giorni dalla sua morte in cro-ce. Quest’anno la domenica di Pa-squa sarà celebra-ta il 5 aprile. Ogni anno la data cam-bia perché segue i cicli lunari, ovvero essa è successi-va al primo plenilunio dopo l’equino-zio di primavera. Una bella tradizione è quella di rega-lare in questo periodo uova di cioc-colato, anche se anticamente le uo-va donate erano quelle vere il cui gu-scio veniva colorato. L’uovo simbo-leggia la rinascita e la vita che rico-mincia. La Pasqua per i Cristiani di tutto il mondo è la definitiva vitto-ria di Gesù Cristo, figlio unigenito di Dio, sulla ‘morte’ e sul ‘male’. I Padri della Chiesa e gli scrittori cri-stiani hanno dato un enorme contri-buto alla comprensione della Pasqua intesa come risurrezione dai morti. Così Ippolito di Roma: “per mezzo tuo sono state fugate le tenebre delle morte, la vita è data a tutti, le porte del cielo si sono spalancate”; o Gio-vanni Crisostomo: “È risorto il Cri-sto, e tu sei stato precipitato. È risor-to il Cristo, e i demoni sono caduti. È risorto il Cristo, e gioiscono gli ange-li. È risorto il Cristo, e regna la vita. È risorto il Cristo, e non c’è più nessun morto nei sepolcri”; o Agostino di Ippona: “Noi celebriamo la Pasqua in modo che non solo rievochiamo il ricordo d’un fatto avvenuto, cioè la morte e la risurrezione di Cristo, ma lo facciamo senza tralasciare nessu-no degli altri elementi che attestano il rapporto ch’essi hanno col Cristo, ossia il significato dei riti sacri cele-brati. […] Nella passione e risurrezione del Si-

gnore vien messo dunque in risalto il passaggio dalla presente vita mor-tale a quella immortale, ossia il pas-saggio dalla morte alla vita”; o Gio-vanni Damasceno: “Il Risorto al ter-zo giorno celebriamolo come Dio on-nipotente, che stritolò le porte dell’A-de, svegliò dalla tomba i santi fede-li, apparve alle donne che portava-no i profumi, come a lui piace, a esse per prime disse: «Gioite!», portando il gaudio agli apostoli, egli unico datore della vita”...tanto per citarne alcuni. Il Dio uno e trino dunque adorato dai cristiani non è una bella icona, ma un Dio che vive. Tema degli esercizi spirituali che il Papa, insieme ai Cardinali della Cu-ria romana, ha vissuto ad Ariccia in preparazione della Santa Pasqua 2015 è stato infatti “Servitori e pro-feti del Dio vivente”, e i temi trattati sono stati “ritornare alle radici”, “di-re no all’ambiguità”, “dagli idoli va-ni alla pietà vera”, “dalla fuga al pel-legrinaggio” come a dire che per te-stimoniare che Dio vive nella storia e nella vita di ognuno occorre ritor-nare alle radici autentiche della vi-ta cristiana, vivere in modo lineare e coerente con le proprie convinzio-ni, non lasciarsi coinvolgere da tut-to ciò che ruota intorno poiché effi-mero rispetto all’Assoluto, vivere la vita terrena – in attesa della propria ‘pasqua’ – come un pellegrinaggio verso la ‘terra promessa’, verso l’As-soluto, verso Dio.

Tiziano samele

Pasqua, Cristo ha vinto!

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5[La Parola del Vescovo]

Michele Castoro*

tice del male, dalle onde della pas-sione e delle lusinghe che la società mette su un falso piatto d’oro. Lo abbiamo sentito: anche Gesù è passato dall’esperienza delle tenta-zioni. Ma Lui non si è lasciato pren-dere dalle provocazioni. Allora, cosa fare? Questi gli eserci-zi quaresimali tradizionali: la pre-ghiera, il digiuno, la vigilanza, la ri-nuncia a divertimenti o beni super-flui e, specialmente, la condivisione fraterna con i poveri. Ma c’è anche un’altra importante penitenza ed è la fedeltà ai propri doveri. La Paro-la di Dio, poi, sia il nostro alimen-to quotidiano: “Non di pane soltan-to vivrà l’uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio”. È il modo più sicuro per vincere il ma-ligno. Gesù stesso ce ne ha dato l’e-sempio nel deserto. Diceva il santo monaco Giovanni Climaco: “Colui che procede nel suo cammino secondo Dio non finirà mai di essere in festa”. Ecco: la Quaresi-ma è il tempo della gioia perché è il tempo del ritorno a Dio.Così, rinnovati nello spirito, possia-mo giungere a celebrare con gioia i misteri della Pasqua.

*arcivescovo

la per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che tu per-doni, perdona per amore; sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene» (In Epist. Joannis ad Parthos VII, 8: PL 35, 2033).Proprio nel ritmo convulso dei no-stri giorni, è necessario ritornare ad una vita virtuosa, regolata dagli insegnamenti di Gesù; è necessa-rio recuperare il senso di Dio. Papa Francesco, nel messaggio per que-sta Quaresima, ha voluto richiamar-ci una esortazione dell’Apostolo Gia-como: “Rinfrancate i vostri cuori” (Gc 5,8). Egli afferma: “L’indifferenza verso il prossimo e verso Dio è una re-ale tentazione anche per noi cristia-ni. Abbiamo perciò bisogno di senti-re in ogni Quaresima il grido dei pro-feti che alzano la voce e ci svegliano”.Il Papa, poi, aggiunge: “Siamo satu-ri di notizie e immagini sconvolgenti che ci narrano la sofferenza umana e sentiamo nel medesimo tempo tut-ta la nostra incapacità ad interveni-re. Che cosa fare per non lasciarci as-sorbire da questa spirale di spavento e di impotenza?”. Egli suggerisce tre rimedi: la preghiera, la carità e la solidarietà.Allora, alleniamoci per uno stile cristiano più rigoroso. Riscopriamo la preghiera in famiglia. Facciamo qualche gesto di penitenza, di rinun-cia, di astinenza. Per esempio, aste-niamoci dal giudicare gli altri e sco-priremo il bene che è in loro. Aste-niamoci dal lamentarci e scoprire-mo le meraviglie della vita. Astenia-moci dal risentimento e scopriremo la gioia del perdono. Anche questa è conversione.Ci siamo sentiti ripetere all’inizio del cammino quaresimale: “Con-vertiti e credi al Vangelo!”. È Gesù stesso che ci esorta ad una vita più sobria e conforme ai suoi insegna-menti.Le tentazioni per continuare a vive-re una vita scialba e abitudinaria so-no tante, esposti come siamo all’or-goglio, alla superbia, alla sete di po-tere e di ricchezze. Dobbiamo dun-que vigilare per non essere trascinati dal vor-

rinnovati nello spirito, celebriamo con gioia i Misteri della Pasqua

La Chiesa si preoccupa du-rante la Quaresima, tratteg-giata dall’abbondanza dei testi della liturgia, di mo-

strarci quale debba essere l’orienta-mento della nostra vita, e ci fornisce i sussidi utili a percorrere con de-cisione e coraggio questo itinerario spirituale. Così davanti a noi già si intravede la luce della Pasqua.L’appello alla conversione affiora co-me tema dominante nella liturgia e riguarda tutti noi. Nella preghiera ci rivolgiamo al Signore perché ciascu-no intraprenda “un cammino di vera conversione” che è nostalgia di Dio e che è l’intraprendere il cammino di ritorno a Lui. È un impegno che as-sumiamo, rinnovando la nostra fe-deltà a Cristo, unico nostro Salvato-re, morto e risorto per noi. Vivere la conversione significa pro-clamare che l’amore vince ogni ma-le, supera ogni tristezza, fa andare oltre ogni fragilità. Abbiamo la pos-sibilità di vivere la Quaresima parte-cipando alle varie iniziative pastora-li proposte nelle nostre parrocchie e, magari, programmando anche una buona confessione.Sant’Agostino ha una bella preghie-ra al riguardo: “O Dio, allontanar-si da te è cadere, ritornare a te è ri-sorgere; uscire da te è morire, av-viarsi a te è rivivere”.

Siamo invitati a tornare ad una vita virtuosa. È proprio mediante l’eser-cizio delle virtù, infatti, che si edi-fica e cresce in noi la vita buona del Vangelo. Le virtù, ci ricorda il Cate-chismo della Chiesa Cattolica, sono, in ciascuno di noi, delle disposizioni abituali e stabili a fare il bene, anzi a dare il meglio di noi stessi nella ri-cerca del bene e nello scegliere il be-ne quando concretamente ci dispo-niamo ad agire (cfr CCC 1803-1811; Comp 377- 383).Oggi assistiamo indubbiamente a una eclisse delle virtù. Una volta, nella pratica educativa il concetto di virtù giocava un ruolo fondamenta-le. Oggi perfino il termine non si usa più. Sono piuttosto i vizi quelli che interessano e “intrigano”. Nel modo di sentire diffuso, in effetti, è la tra-sgressione ad apparire prometten-te. Eppure, anche oggi non manca una certa riscoperta delle virtù, ba-sta pensare nella ricerca di una au-tenticità nella vita, al desiderio di fe-licità che alberga nel cuore dell’uo-mo. In questo dinamismo c’è già la base della vita morale, ch’è poi come la molla per la ricerca di una pienez-za che solo Dio può donare.«Ama e fa’ ciò che vuoi» (Dilige, et quod vis fac), diceva sant’Agostino e proseguiva: «sia che tu taccia, ta-ci per amore; sia che tu parli, par-

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Via Crucis [Pasqua]

La ventitreesima giornata di preghiera (24 marzo 2015) in memoria dei missiona-ri martiri sarà vissuta dalla

parrocchia s. Nicola di Mira con una Via Crucis vivente e missionaria in memoria dei Missionari martiri che si svolgerà venerdì 27 marzo alle 18 e che avrà come titolo “nel segno del-la croce”. I‘veri’ protagonisti della Via crucis, una settantina in tutto, saranno i bambini del catechismo e i ragazzi dell’Azione Cattolica della parrocchia che percorreranno le vie della città e aiuteranno la comunità a pregare e a riflettere, mettendo in scena l’incal-zante lotta tra la Morte e la Vita. Nel susseguirsi di avvenimenti e perso-naggi, dal tradimento di Giuda alla drammatica vicenda del Getsemani, dal processo alla crocifissione di Ge-sù, si mediterà il continuo e durissi-mo faccia a faccia tra Morte e Vita e le vicende del Cristo e quelle di molti uomini del terzo millennio che trasci-nano una vita senza senso oppure so-

vivente per le vie della città organizzata dai ragazzi

Maria Ciuffreda*

no condannati alla miseria e sfidano la morte per sopravvivere. Con que-sta Via Crucis vivente, a partire dal-la passione di Cristo e dalla sua vitto-ria sulla morte, vogliamo aprire uno spiraglio di speranza per tutti.La Via Crucis si aprirà con una ca-techesi introduttiva, tenuta dal par-roco don Michele Pio Cardone che ci parlerà della durezza, della violenza, della tragedia delle vite di tanti mis-sionari, spezzate drammaticamente ogni anno, i quali sull’esempio di Ge-sù, donano la vita, perdonando i loro carnefici. Ecco perché ogni martirio, dai tempi di Santo Stefano in poi, va riletto su quello di Gesù, testimone e rivelatore di Dio Padre che ama e per-dona. Ed i missionari vengono perse-guitati e uccisi perché sono i portato-ri del Vangelo che da sempre capovol-ge le logiche umane fondate su egoi-smo e ingiustizia. Dopo la catechesi del parroco, si proseguirà con le sta-zioni della Via Crucis. Il tutto culmi-nerà con un momento di preghiera co-munitario. *catechista

“Miserere”, il lamen-to che cerca la mi-sericordia, è il sal-mo, come testimo-

nia il titolo, scaturito dal cuore del re Davide, redarguito da Natan e pen-tito dopo il suo adulterio (cfr 2Sam. 11-12), che manifesta tutta la contri-zione di un uomo cosciente del male commesso. Il testo altamente dram-matico, riletto alla luce della storia del re Davide e della riflessione pro-fetica, propone varie tematiche che conferiscono al salmo 50 un respiro tale da superare l’esperienza indivi-duale del peccatore per assurgere a canto universale di lode per la mise-ricordia di Dio. Questo canto è passa-to di bocca in bocca, da quella del Re e del popolo d’Israele a quelle di mi-liardi di uomini che si sono succedu-ti nelle generazioni e continua come supplica a risuonare in questo tem-po di Quaresima sulla bocca dell’uo-mo del nostro tempo, che è perduto, ma che vuole intraprendere un cam-mino di conversione. Così è avvenu-to a Vico del Gargano, dove le Con-fraternite hanno saputo pregare nel corso dei secoli fino ad oggi, con i lo-ro cori per le strade del paese, il can-to del Miserere, per preparare il cuo-re dei fedeli a una vita nuova, acco-gliente il Risorto. Il Miserere – nel-la tradizione - si cantava durante tut-to il periodo della Quaresima, sia du-rante le funzioni liturgiche che nelle case e nei campi durante la raccolta delle olive da schiere di uomini che facevano risuonare i versi del salmo da una collina all’altra. Per cantar-lo nella melodia tradizionale viche-se occorre tanta abilità tecnica come spiegano i pochi vecchi cantori. Ri-suona nel buio delle sere della dome-nica, al termine della Via Crucis, a Vico del Gargano; qui in quest’ango-lo di terra ove la tradizione popolare ha collocato la Via Crucis non al ve-nerdì, bensì alla domenica, per con-

sentire a tutti –contadini e borghe-si, poveri e ricchi – di poter prendere parte alla pia devozione. È un canto di una bellezza straziante, intonato dagli uomini delle Confraternite che già fanno pregustare nel cuore la de-lizia della speranza che è la Resurre-zione di Cristo.Ogni Confraternita mantiene le pro-prie caratteristiche timbriche musi-cali: il Miserere intonato dal gruppo di anziani ha un’aura di mistero, un suono arcaico al quale s’ispira il can-to dei più giovani. Le voci di prima e di seconda producono un lamento sonoro doloroso che si diffonde nelle strette vie del borgo antico e nell’a-scolto se ne percepisce un forte sen-so di pietà e di commozione. I cantori assumendo una circolarità fisica, fanno promanare una sonori-tà che avvolge ed esprime “comunio-ne di fede”, mentre le parole del Sal-mo di Davide si percepiscono a tratti.Il Miserere è un canto che cerca la riconciliazione e genera armonia e identità, così quest’antica città, attra-verso questa poesia, cerca la riconci-liazione con la sua antica storia fat-ta di cultura e di bellezza. Il salmo, poi, accompagna ogni momento ri-tuale della Settimana Santa e trova il suo culmine nelle processioni del Venerdì Santo. In quest’angolo di terra garganica, come in altre regioni d’Italia, gli uo-mini delle Confraternite custodisco-no questa poesia e prestano la loro voce potente e dolcissima con irre-futabile forza e dolce speranza. E co-me spesso accade, la poesia, quan-do è grande, non resta confinata in un genere letterario, ma torna a far-si viva vigorosa e prende corpo nel-la preghiera che le parole del salmi-sta “miserere mei Deus secundum magnam misericordiam tuam…:” le uniche adeguate per noi, re bam-bini, sperduti nel mistero dell’esi-stenza.

A cominciare dal primo sabato di quaresima e così per tutti i sabati fino a Pasqua nella parrocchia s. Maria Maggiore si svolge la pia pratica della Via Matris ossia la contemplazione dei sette dolori di Maria Vergine, con canti struggenti che penetrano nel l’animo dei

fedeli fino alle lacrime. Il Venerdì Santo si celebra il commovente rito dell’A-gonia di Cristo: da mezzogiorno alle tre del pomeriggio, un padre “predica-tore” parla della Passione e Morte di Gesù a una folla commossa e partecipe tanto che la chiesa, per quanto grande, a stento riesce a contenerla. Il rito si chiude con la processione per il paese di Cristo morto, seguito dalla sua san-tissima Madre, l’ Addolorata. Oggi, queste pie pratiche continuano, ma sembrano svuotate del loro spiri-to più vero e autentico. Si osserva scarsa partecipazione, tiepidezza, distra-zione, indifferenza, forma senza sostanza.La quaresima, tempo forte dello spirito, che l’uomo dovrebbe dedicare co-me cammino verso la Pasqua con la preghiera e la mortificazione dei sen-si, non è più adeguatamente vissuta da molti. Si va, ad esempio, in pellegri-naggio al Crocifisso di Varano, non con spirito contrito, bensì per puro desi-derio di un diversivo, o si segue la processione di Cristo Morto forse solo per farsi una chiacchierata con l’amico che s’incontra. Mi piace, perciò, ricorda-re il Guicciardini “tutti sappia-mo avere a morire, tutti viviamo come se fussimo certi avere sem-pre a vivere”e l’Ungaretti “si sta come/d’autunno/sugli alberi/le foglie” per sottolineare la fragi-lità dell’uomo e la precarietà del-la vita che Cristo ha redento.

“Gli ultimi avvenimenti, soprattutto in Iraq e in Siria, sono molto preoccupanti. Assistiamo ad un fenomeno di terrorismo di di-mensioni prima inimmaginabili. Tanti nostri fratelli sono per-seguitati e hanno dovuto lasciare le loro case anche in manie-

ra brutale. Vorremmo dare il maggiore aiuto possibile alle comunità cristiane per sostenere la loro permanenza nella regione. Non possiamo rassegnarci a pensare al Medio Oriente senza i cristiani…”. (Papa Francesco)La Comunità diocesana è stata chiamata dall’Arcivescovo a rendersi solida-le con i nostri fratelli cristiani di oriente, cui è destinato il frutto della “qua-resima di carità 2015”.

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OViCO DEL GarGaNO

il Miserere, canto di Passione e di Comunione, preludio della Pasqua

Nicola Parisi

Quaresima di Carità 2015

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2 Vivere intensamente i riti della settimana santa

Francesco Panella

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5[Pasqua]

I luoghi della celebrazione: (1)

l’ambone

Nel solco di una devozio-ne secolare ed autenti-ca, frutto di quell’ amo-re che “tutto scusa, tutto

crede, tutto spera, tutto sopporta” (1 Cor 13,7) in tutti i paesi del nostro Gargano viene particolarmente sen-tita e celebrata con manifestazioni di pietà popolare la Passione del Si-gnore. Il volto del Crocifisso morente e quello del Cristo morto, assieme a quello della Mater dolorosa, consola-ta dai cuori dei fedeli contemplanti, sono pagine di pietà popolare di su-blime bellezza, non facilmente leggi-bili dai visitatori, turisti o pellegri-ni, con cui l’anima popolare garga-nica attraverso la sua pietas ha inte-so esprimere da secoli la grandezza dell’amore del “Divino Paziente”, il Cristo Redentore.Si tratta di manifestazioni secola-ri che ripetono ai cuori credenti che Christus passus est pro nobis e che invitano a contemplare “de visu” quanto Cristo ha fatto per l’uomo. E se si contempla il mistero dell’amo-re che ha spinto il Signore a dare sì grande prova, in queste manifesta-zioni di pietà popolare si continua a testimoniare coralmente di voler ri-amare l’Amato, in risposta a quell’ amore suo che consuma.Scriveva il grande poeta Mario Lu-zi “Quanto deve a questa immedesi-mazione totale con l’amore e con il dolore materno, vissuti senza privile-gio e riserva, la devozione a Maria? … Il potente romanico delle laudi del grande frate-poeta Jacopone la assi-mila fino in fondo al destino della cre-atura e solo per questa via ne fa ri-

conoscere la celestiale elezione. Ma-ter dolorosa, o come dice nella lau-da “mater nigra” “mamma scura”: ecco l’attributo che ha richiamato su Maria la preghiera e la confidente at-tesa delle moltitudini. La pena solita-ria e inconsolabile e la pubblica cala-mità portano ugualmente a pronun-ciare il suo nome”.Pietas, dunque, di fedeli che contem-plano il mistero della Passione con vivissime manifestazioni che vivo-no con schietta passione di cuori e che si traducono in una incompri-mibile risposta di compassione e di umanità.

Il soffermarsi davanti alle imma-gini che raffigurano la passio-ne di Cristo è devozione molto antica. Anche a Peschici le due

confraternite del SS.mo Sacramento e del Purgatorio animano e fanno ri-vivere la secolare pietà popolare nel Venerdì antecedente la Pasqua.La processione del Venerdì Santo, preceduta da quella del Miserere che si svolge alle quattro del mat-tino, coinvolge le due Confraternite e appassiona molti giovani avendo conservato in gran parte i ritmi e le cadenze antiche e presentando tan-te sfumature originali che è bello co-gliere e gustare. La sera del Venerdì Santo, due cortei processionali, uno con la statua del Cristo morto, accompagnato da tut-ti gli uomini e l’altro con la statua dell’Addolorata, seguita dalle don-ne velate a lutto, percorrono nei due sensi, senza mai incontrarsi, le vie del centro storico. Esse si incontrano al termine del cammino processio-nale sotto la Torre del Ponte, all’in-gresso del borgo antico, ove il sacer-

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La pietà popolare nella nostra terra

alberto Cavallini PEsC

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riTi E TraDiZiONi DELLa sETTiMaNa saNTa

Michele Marino*

dote tiene un’accorata omelia che ha per tema il dolore della Vergine Ad-dolorata che ha finalmente ritrova-to il figlio morto dopo una lunga e affannosa ricerca. È questo il pun-to culminante della processione del-la passione del Signore in quanto il sacerdote invita a meditare e vivere cristianamente il mistero del dolo-re. Questa omelia del sacerdote con-clude il “Planctus Mariae” e l’inno “Stava Maria dolente”, cantati dalle donne durante la Via Crucis e la pro-cessione. Chiudo con una piccola tradizione in uso anche in altri paesi del Gar-gano: le donne di Peschici per orna-re i sepolcri mettono, all’inizio della quaresima, alcuni semi di grano in una camera senza luce, in modo che i germogli perdano il loro colore na-turale. Le piantine, poste in piccoli vasi, sono collocate nei cosiddetti ‘se-polcri’ o sugli altari vicino alle sta-tue di Cristo Morto e della Madonna Addolorata. Come Cristo è stato nel-la tomba ed è risorto, così i piatti con-tenenti il grano piantato nella terra che marcisce, muore e rinasce a nuo-va vita, sono simbolo del mistero del-la morte e resurrezione di Cristo.

*collaboratore parrocchiale Sant’Elia Profeta

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015 [Pasqua]

È una sera, quella di Pasqua, che ci offre l’opportunità di sostare e indugiare, ri-flettendo con calma, gra-

zie alla continua proclamazione del-la stessa pericope evangelica, ripe-tuta per ben dodici volte nel vespro secondo la liturgia bizantina, anche se in lingue diverse e sconosciute, sul celebrato mistero del Risorto che assaporiamo con gioia. E soprattut-to ci invita a entrare nell’atmosfera vissuta dai discepoli e dai primi cri-stiani dopo quell’annuncio, incredi-bile e impensato, vivo e palpitante, della gloriosa resurrezione di Cristo Signore.Il vespro bizantino celebrato all’ab-bazia di Pulsano la sera di Pasqua accompagna l’umana attitudine al-

sera di Pasqua, cuori che partecipano alla ricerca

alberto Cavallini

la riflessione e alla compenetrazione del mistero, favorendo e facilitando il raccoglimento personale, rinsal-dando la fede nell’evento pasquale ed aprendo alla condivisione frater-na. Allo scopo, i monaci, “ruminatori della Parola” aiutano continuamen-te i fedeli, attraverso la lectio, a quel-la necessaria preparazione, remota e prossima, indispensabile per la cele-brazione dei divini misteri.Nell’inno di benedizione che costi-tuisce l’incipit della sua prima lette-ra, l’apostolo Pietro ci dice che la re-surrezione di Cristo è “rigenerazio-ne”, “è fonte di speranza viva”, “ è per un’eredità singolare” che ci con-sente di godere delle gioie di una vi-ta senza fine, la vita divina appun-to. E la ripetizione della proclama-zione dell’Evangelo di quella prima sera del giorno nuovo e senza tra-monto che ci parla di Tommaso e del-la duplice apparizione del Risorto, la prima, assente l’ apostolo, la secon-da con Tommaso presente, è come

un dittico del mirabile evento cele-brato e annunciato dall’apostolo Pie-tro nella sua lettera, che incide nei cuori dei partecipanti al vespro, se ascoltatori attenti, il grande mistero della gloriosa resurrezione di Cristo Signore. La scena dell’apparizione, presente Tommaso, è dall’evangeli-sta Giovanni raccontata e tutta in-centrata sull’incontro e sul dialogo tra Gesù e Tommaso, apostolo incre-dulo. E se non ci è dato di sondare le ragioni della sua incredulità, tutta-via, in quanto coinvolti nel racconto dall’Evangelista che ci chiede così di essere “lectores in fabula”, parteci-piamo alla ricerca di Tommaso e con-dividiamo la sua professione di fede in Gesù, il Risorto, attraverso la no-stra professione con le stesse parole del “Mio Signore e mio Dio!”A sera iniziata, terminato il vespro bizantino con al centro la mirabile pericope giovannea proclamata in dodici lingue ed ai quattro punti car-dinali, segno di quella missione affi-

data da Gesù ai discepoli – “anch’io mando voi nel mondo” - la luna pie-na di marzo comincia a illuminare la notte della nostra Pasqua, mentre serbiamo le parole della Scrittura. E se già comincia la stupenda luna di primavera ad essere meno tonda e se sembra che le nubi la coprano a tratti per far spazio alle stelle, allora capiamo che proprio a noi ‘stelle’ vi-venti, a noi discendenza amata e più numerosa delle stelle del cielo, è af-fidato di realizzare nel nostro tem-po la generazione nuova che rende presente nella storia di oggi l’Evento fondante la fede nel Risorto.

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Gesù ha detto: “Io sono il pa-ne disceso dal cielo… il pa-ne di Dio è colui che discen-de dal cielo e dà la vita al

mondo”. Allora gli dissero: “Signore, dacci sempre questo pane”… Gesù ri-spose: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete”. (Gv 6)Memori di queste parole del Signore, il pane che consumiamo quotidiana-mente è diventato per noi cristiani un simbolo speciale, particolarmen-te presente sulla tavola del giorno di Pasqua in quanto rimando a Gesù che si dona col Suo corpo nella divi-na Eucaristia.Nei forni di Monte Sant’Angelo è consolidata tradizione preparare le “pan’ttèdd” di pane intrecciato, da benedire poi in chiesa e da consu-mare durante i giorni di Pasqua e Pasquetta.La particolarità del pane di Pasqua sta proprio nella possibilità di man-

il pane di Pasqua della tradizione garganica

giarlo accompagnando le pietan-ze tipiche delle feste pasquali come agnello, ricotta, formaggi, arrosti. Presente in tutte le regioni italiane con varianti che riguardano la pre-senza o assenza di uova che sono il simbolo della vita nuova, la treccia pasquale garganica è espressione della nostra antica tradizione cri-stiana. Con fantasia e passione in cucina sarà un gioco da ragazzi an-che per voi preparare per le prossi-me festività il pane pasquale, una ri-cetta unica, tipica della tradizione, che arricchirà il banchetto pasqua-le di gusto e di antichi sapori. Ingredienti (per 4 persone)500 g di farina di grano tenero 500 g di farina di mais 200 ml di latte 50 g di olio 40 g di lievito di birra SaleBuccia grattugiata di 1 limone 2 -3 uova intere

i biscotti rodiani della “penitenza”

Lucia sasso

La Quaresima vede sulle tavo-le di noi Rodiani alcuni dol-ci che riportano alla mente la storia e la tradizione della

nostra città. Naturalmente in ogni città della nostra Arcidiocesi trovia-mo dei prodotti tipici, perciò voglio farvi conoscere i BISCOTTI DELLA PENITENZA che caratterizzano la tradizione rodiana e la cui origine è davvero antica, tant’è che gli storici della nostra terra, tra cui Michelan-gelo De Grazia, li ricordano in alcu-ni versi. Tra gli ingredienti è presen-te la buccia di arancia, prodotto tipi-co di Rodi, prezioso in cucina e per la salute. E il nostro parroco di s. Ni-cola, don Michele Pio Cardone, be-nedice i biscotti che le tutte le signo-

re della parrocchia preparano per la Quaresima. Si tratta di un momen-to molto bello e suggestivo che valo-rizza e tiene vive le nostre belle tra-dizioni .

Ingredienti 150g di farina d’avena o di frumen-to 00 180g di zucchero a velo 30g di cacao amaro 2 albumi oppure 80g di albumi li-quidi la scorza grattugiata di 1 arancia PreparazioneIn una ciotola grande unire zucche-ro, farina e cacao. Mescolare bene.Montare a neve gli albumi e incor-porare delicatamente con la mistu-ra a base di farina, zucchero e cacao.Aggiungere la scorza grattugiata dell’arancia.Inserire il composto in una tasca da pasticciere (o crearla arrotolando a cono un pezzo di carta antiaderente da forno) e su una placca rivestita di carta da forno formare varie lettere dell’alfabeto in stampatello.Infornare a 150°C per circa 10-15 minuti.Lasciare raffreddare.ConsigliFare attenzione perché appena esco-no dal forno sono un po’ morbidi e possono rompersi! Una volta raffred-dati sono duri e croccanti.

LE aZiENDE DELL’OPEra Di PaDrE PiO

azienda Posta la Via s.s. 89 Località Amendola (FG) Tel. 0881700466 - Fax 0881-700-571 [email protected]

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Pasquina TomaiuoloLa porta della vita

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1. Mescolate il sale con le farine. Sciogliete il lievito nel latte a tem-peratura di circa 30 °C e versatelo nell’impasto di farina. Quando la farina avrà assorbito il lat-te, aggiungete l’olio, quindi aggiun-gete le uova, la buccia grattugiata del limone e infine il sale.

2. Lasciate riposare per 10 mi-nuti e formate tre filoni da in-trecciare; lasciate lievitare fi-no al raggiungimento del dop-pio del loro volume e, come da tradizione, “nascondete” delle uova intere, simbolo di rinasci-ta, all’interno dell’impasto. Infor-nate a 200 °C per circa 40 minuti. Servite in tavola la treccia pasqua-le avvolta in un panno bianco.

Qualcuno lo sa.Una notte come tante,avvolto in fasce,in una grotta è nato un Bimbo, fra le braccia della Madre.La porta è spalancata.Molti lo sanno.Un giorno come tanti,avvolto in fasce,in una grotta è sepolto un Uomo, fra le braccia della Morte.La porta è sigillata.L’Uomo morto respira, al buio, dentro, solo.E la grotta si gonfia, si gonfia di respiro.Non ce la fa più. Scoppia.E il masso rotola via.L’Uomo diventa Luce e vive.Esce e chiude la porta spalancata.La Morte urla da dentro.Batte i piedi, batte i pugni.Sente freddo. Si avvolge nelle fasce.Le fasce la stringono forte.La morte soffoca pian piano.Al buio. Dentro. Sola.Tutti lo sanno: Gesù è risorto.

È tradizione preparare per la Pasqua graziosi dolci tipici della tra-dizione dolciaria peschiciana: i taralli fatti con farina, lievito ma-dre, olio, semi di finocchio e vino bianco, comunemente chiamati in dialetto “culac”; e poi in varie forme le classiche “panitell” e i

“can’strill, a forma di piccoli cestelli, decorati in vari modi e rigorosamen-te portanti nel mezzo l’immancabile uovo sodo, destinati a rendere felici i bambini. (M.M.)

Dolci

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“Il Risorto,unico Datore di Vita, ha stritolato le porte degli inferi ed ha svegliato dalla tomba i santi fedeli, è apparso alle donne

che portavano i profumi, come a lui piace, e a esse per prime ha detto “Gioite!

e portate questa gioia agli apostoli e a tutti i fratelli”. (s. Giovanni Damasceno)

Se il Risorto è ora presente sempre nella nostra storia e ci conduce al Pa-

dre, accogliamo nella fede questo grande mistero di riconciliazione.

È l’augurio che rivolgiamo ai lettori che seguono e sostengono con inte-

resse questo mezzo di comunicazione sociale della nostra Arcidiocesi che

cerca di illuminare le menti con la bellezza della Parola e delle nostre pa-

role, nella consapevolezza di rivolgersi a tutti con l’attenzione che si de-

ve ad ogni persona.Il direttore e la redazione di VOCI e VOLTI

Buona e Santa Pasqua 2015

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ifeelCUD

[I feel Cud]

Destinando l’8xmille aiu-terai la tua parrocchia. È questo lo slogan che pro-muove in tutte le comunità

il concorso ifeelCUD, giunto alla sua quinta edizione. Ogni parrocchia potrà parteciparvi iscrivendosi su www.ifeelcud.it e ideando un pro-getto di utilità sociale per la pro-pria comunità. Concorrerà così alla vincita di un contributo economico per la rea-lizzazione dell’idea proposta.In palio 8 premi, da un minimo di 1.000 euro fino a un massimo di 15.000 euro, ai quali si aggiunge, per le parrocchie che abbiano presenta-to anche un video, il premio del pub-blico per il filmato più votato online. “Questo bando nazionale, rivolto alle parrocchie, ha come obiettivo contri-buire a far realizzare progetti di uti-lità sociale che spesso poi diventano

valide alternative e risposte concrete alle famiglie in difficoltà, ai giovani e agli anziani. Penso in particolare ad alcune par-rocchie in contesti sociali a rischio o caratterizzati da povertà e disoccupa-zione anche giovanile”, afferma Mat-teo Calabresi responsabile del Servi-zio Promozione della C.E.I. “Lo scorso anno – continua Calabresi – fu pos-sibile dare una mano alle parrocchie vincitrici che presentarono opere uti-li a tutta la comunità: un centro d’a-scolto per i giovani, spazi ricreativi per gli anziani e per le attività spor-tive dei ragazzi, un laboratorio soli-dale, un doposcuola. Speriamo di po-ter fare altrettanto anche quest’anno”.Le parrocchie verranno premiate da un’apposita giuria in base alla qua-lità del progetto che presenteranno, secondo criteri pubblicati sul sito. Quindi, una volta scelte le 8 vincitri-

Dal primo marzo è tornato ifeelCUD, concorso nazionale rivolto alle parrocchie

che premia progetti di utilità sociale

ci, queste saranno, in seconda bat-tuta, ordinate in graduatoria in ba-se alle schede CU* (ex CUD) raccolte. Per partecipare basta ideare un pro-getto, creare una squadra e iscri-versi online sul sito www.ifeelcud.it in accordo con il parroco a parti-re dal primo marzo. Per chi vuole è possibile realizzare anche un vi-deo che illustri l’idea che si intende realizzare. Per poter partecipare sa-rà necessario organizzare una rac-colta delle schede allegate al mo-dello CU (almeno 30) per la scelta dell’8xmille tra le persone esonerate dalla dichiarazione dei redditi. Ogni scheda sarà inserita in busta chiusa e portata ad un CAF (mecca-nismo nel regolamento in allegato 1).Tutti gli approfondimenti sul con-corso su www.ifeelcud.it dal pri-mo marzo.

*I titolari del solo modello CU (ex CUD) sono coloro che possiedono esclusivamente redditi di pensione, di lavoro dipendente o assimilati, e sono esonerati dalla presentazione della dichiarazione dei redditi. Tuttavia possono destinare l’8xmil-le attraverso l’apposita scheda alle-gata al CU. In alternativa a questa scheda, si può utilizzare quella alle-gata alle istruzioni del Modello Uni-co, fascicolo 1 (scaricabile da www.ifeelcud.it).

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Ierofanie e luoghi di culto

AssociazioneInternazionaleRicerche sui Santuari

Monte Sant’Angelo (FG), 21-23 aprile 2015Auditorium ‘Bronisław Markiewicz’ - Santuario di San Michele Arcangelo

IV Convegno Internazionale AIRS

Santuariodi San MicheleArcangelo

LiBri

Come supplemento a Vi-ta Diocesana, Bollettino dell’Arcidiocesi di Manfre-donia, Vieste, S. Giovanni

Rotondo, a. LI, n.1, gen.-giu. 2014, è stato pubblicato, postumo, di don Silvestro Mastrobuoni (Cerreto San-nita, 1889 – Manfredonia 1966), il “Diario di Guerra dall’8 settembre data infausta all’11 ottobre 1944”, pp. 36, a cura del nipote, Renato Pe-scitelli, con la presentazione dell’ar-civescovo Michele Castoro. Il “Diario” si sostanzia, in effetti, come il completamento di un altro “Diario”, già edito, quello dell’arci-vescovo Andrea Cesarano.I riferimenti sono, per lo più, uguali, ma, come scrive monsignor Castoro, “…nelle pagine di Cesarano traspare la preoccupazione, come primo re-sponsabile del suo popolo, e dunque figura di protagonista dell’intera tra-ma, in specie di quella che si macchi-na a livelli più alti e nella quale egli eccelle per le doti di mediazione, di fermezza….”. Il Mastrobuoni, povero e buon sacer-dote, con l’indole di voler sapere tut-to e di tutti (egli è uno storico, con la consapevolezza che la realtà che vive è storia), “si mostra puro e spassiona-to osservatore attento di quanto acca-de in basso e attorno - sempre Casto-ro -, egli è un testimone sorto all’inter-no del popolo, di cui annota le vicen-de e ne ascolta le voci”.

Ed in don Silvestro le “notizie”, le in-formazioni, i particolari sono più co-piosi. Sorprendono, in vero, la noti-zia, poco nota, che il re Vittorio Ema-nuele III è stato a Manfredonia, , che nel porto sipontino si sono ancorate, di volta in volta, numerose navi, che hanno sbarcato, uomini, macchine da guerra e munizioni, per essere poi depositate, giù, presso il Cande-laro, in contrada S.Lucia.Non manca la visione degli assal-ti ai magazzini dei “viveri”, dell’ab-battimento del faro, del brillamen-to di parte del castello, nonché del-le incursioni aree, che sorvolano la città di Manfredonia, per cui è pure da credere che si sia avuta la prote-zione del manto misericordioso del-la Madonna di Siponto, per lo scam-pato pericolo.Il Mastrobuoni, questo lo scrive, co-me pure descrive la paura della po-vera gente, a causa sia dei tedeschi, “occupatori”, divenuti, dopo l’8 set-tembre, da amici, nemici, e sia a cau-sa degli anglosassosi, “liberatori” che pur bombardano le città e le po-polazioni inermi, per cui non si ha il senso della realtà.Anche in Mastrobuoni si pone, co-me in Cesarano, il dilemma circa il comportamento dei tedeschi e degli alleati, una problematica non facile a spiegarsi e a risolversi; ma vieppiù vi è, a fine occupazione tedesca, il pericolo bolscevico, sempre latente,

“Diario di Guerra” di don silvestro Mastrobuoni

[Cultura]

e della Russia bolscevica che era (o avrebbe dovuto essere) una nazione “liberatrice”, per cui i vari esponen-ti del Comitato di Liberazione vengo-no visti con un certo distacco, se non proprio con diffidenza, per il futuro della Chiesa cattolica.Ma al di là di queste “digressioni”, nel “Diario” è palpitante la “paura” del popolo sipontino.E’ una paura che attanaglia, e i ri-cordi ci assalgono (noi c’eravamo, noi abbiamo sentito, noi abbiamo vi-sto), mal sopiti, anzi, respinti dalla mente, ma che ci sconvolgono, così all’improvviso, come folgori acce-canti nelle notti di tempesta, nella mal sicurezza del presente. per una mancata protezione paterna, con la madre che invoca il nome del mari-to, “disperso in guerra”, combatten-te sul fronte russo, forse già morto, sul campo di battaglia o in un cam-po di prigionia, sepolto sotto la ter-ra brulla sulla quale nasceranno poi i girasoli. E la mente si rifiuta, si ne-ga ai ricordi di un bimbo di 4-5 an-ni, così come accade a don Mastro-buoni che annota, nel suo “Diario”, il 22 settembre, “-…L’animo si rattri-sta sempre più/ Trovo pena a registra-re queste notizie./ Vorrei lasciare que-sta penna che piange già sulle sventu-re della Patria che non ha più amici ma soli nemici, dentro e fuori”.E lo stesso facciamo noi, ma prima rievocando la memoria di Silvestro

Mastrobuoni (nostro professore di religione nelle Scuole Secondarie di 2° grado), e ringraziare suo nipote e l’arcivescovo Castoro, per questo nuovo importante tassello di storia che ci hanno voluto donare.

Pasquale Ognissanti

Lunedì 20 aprile, alle 19, nella sa-la mons. Valentino Vailati in via Arcivescovado, sarà presentato il “Diario di guerra” di don Sil-vestro Mastrobuoni con gli inter-venti di:- mons. Michele Castoro, arcive-scovo- dr Renato Pescitelli, nipote di don Mastrobuoni- prof Giuseppe Dibisceglia, do-cente nella Facoltà Teologica Pu-gliese e nell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Giovanni Pao-lo II” di Foggia.Moderatore: dr Alberto Cavallini, direttore dell’Ufficio per le comu-nicazioni sociali dell’Arcidiocesi

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L’ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE PER LE RICERCHE SUI SANTUARI (AIRS)

IL CENTRO DI STUDI MICAELICI E GARGANICIDELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI ALDO MORO

L’ ISTITUTO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE "G. T. GIORDANI"

organizzano a Monte Sant’Angelo un ciclo di conferenze

PROGRAMMA

4 marzo 2015, ore 10.30GIORGIO OTRANTO, Presidente AIRS

L’identità culturale dell’Europa tra passato e presente

5 marzo 2015, ore 9.30LUIGI PIACENTE, Università di Bari

Strade e mezzi di trasporto nella Roma imperiale: preistoria delle ‘auto blu’

27 marzo 2015, ore 10.30LUCA AVELLIS, Università di BariFede e cultura nell’antica iconografia cristiana

20 aprile 2015, ore 10.30TIZIANA DRAGO, Università di BariLa lettera d’amore: percorsi letterari tra antico e moderno

PIETRO TOTARO, Università di BariMedee antiche e moderne

21 aprile 2015, ore 9.30ROBERTO RUSCONI, Università di Roma TrePapa Francesco sfida la Chiesa e il mondo

Le conferenze si svolgono presso la sede dell’Istituto, via Orto Cappuccini, 1

La cittadinanza è invitata

Ierofanie e luoghi di culto

AssociazioneInternazionaleRicerche sui Santuari

Monte Sant’Angelo (FG), 21-23 aprile 2015Auditorium ‘Bronisław Markiewicz’ - Santuario di San Michele Arcangelo

IV Convegno Internazionale AIRS

Santuariodi San MicheleArcangelo

Comitato scientifico:Giancarlo Andenna Accademia dei Lincei Immacolata Aulisa Università degli Studi di Bari Aldo MoroSofia Boesch Centro Europeo di Studi Agiografici - RietiAda Campione Università degli Studi di Bari Aldo MoroLaura Carnevale Università degli Studi di Bari Aldo MoroGino Alberto Faccioli ISSR “Santa Maria di Monte Berico” - VicenzaGiorgio Otranto Università degli Studi di Bari Aldo MoroRoberto Rusconi Università degli Studi Roma TreLadislao Suchy Basilica di San Michele ArcangeloAndré Vauchez Institut de FranceCatherin Vincent Université Paris Ouest Nanterre La DéfenseGiovanni Vitolo Università degli Studi di Napoli Federico II

Segreteria organizzativa:Michele LaricchiaLuca AvellisAngela LaghezzaOttavio ArdilloAlessandra Campione

Tel. 080.571.79.32 - [email protected]; [email protected] il Convegno Roberto Rusconi aggiornerà sullo status delle pubblicazioni relative al Censimento dei santuari cristiani d’Italia.

L’ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE PER LE RICERCHE SUI SANTUARI (AIRS)

IL CENTRO DI STUDI MICAELICI E GARGANICIDELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI ALDO MORO

L’ ISTITUTO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE "G. T. GIORDANI"

organizzano a Monte Sant’Angelo un ciclo di conferenze

PROGRAMMA

4 marzo 2015, ore 10.30GIORGIO OTRANTO, Presidente AIRS

L’identità culturale dell’Europa tra passato e presente

5 marzo 2015, ore 9.30LUIGI PIACENTE, Università di Bari

Strade e mezzi di trasporto nella Roma imperiale: preistoria delle ‘auto blu’

27 marzo 2015, ore 10.30LUCA AVELLIS, Università di BariFede e cultura nell’antica iconografia cristiana

20 aprile 2015, ore 10.30TIZIANA DRAGO, Università di BariLa lettera d’amore: percorsi letterari tra antico e moderno

PIETRO TOTARO, Università di BariMedee antiche e moderne

21 aprile 2015, ore 9.30ROBERTO RUSCONI, Università di Roma TrePapa Francesco sfida la Chiesa e il mondo

Le conferenze si svolgono presso la sede dell’Istituto, via Orto Cappuccini, 1

La cittadinanza è invitata

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Destinandol’8xmille aiuterai la tua parrocchia.

Il concorso è organizzato dal Servizio C.E.I. per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica.

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PRIMO PREMIO

15.00

0 €

CONCORSO

PER LE PARROCCHIE

E I PARROCCHIANI

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Partecipa al concorso ifeelCUD. In palio fondi* per realizzare un progetto di solidarietà per la tua comunità. Scopri come su www.ifeelcud.it.

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5 [Attualità]

Per l’edizione 2015 della Set-timana dell’Educazione che si è svolta dal 2 al 9 marzo scorsi presso la Scuola Pri-

maria dell’Istituto Comprensivo “Giordani-De Sanctis”, il tema pre-scelto, nell’ambito dell’ampio set-tore dell’educazione proprio della scuola, è stato “Ognuno ha qualco-sa dentro di sé …” intorno al quale sono state organizzate tante diverse iniziative: dalla proiezione del film “Kung fu Panda” alle relative rifles-sioni, all’incontro di bambini e geni-tori allo stadio comunale con calcia-tori e mister del Manfredonia ASD,

all’ascolto e commento della nota canzone “Pensa così”, all’incontro con i genitori e con una responsabile educativa della Casa Famiglia “don Carmone”, alla celebrazione eucari-stica finale nella chiesa parrocchia-le s. Michele arcangelo.Il tema sviluppato nella Settimana evidenziante particolarmente ciò che è racchiuso nell’animo di ogni bambino, ha rimarcato la fondamen-tale centralità dell’importante am-bito basato sulla fiducia in se stessi, nelle proprie capacità che determi-nano quel ‘per come si è’, in cui cre-scere, sentirsi accettati e amati. Dunque, la Settimana dell’Educa-zione è un evento annuale di appro-fondimento e promozione del gran-de e vasto tema dell’educazione nel-la sua complessa problematicità che coinvolge dirigente, docenti, genito-ri, educatori e alunni, attraverso l’al-leanza tra pensiero cattolico e laico, tra scuola e famiglie, che la rete cul-turale della nostra Arcidiocesi orga-nizza, all’inizio della primavera, in collaborazione con la Scuola, intor-no a un tema che serve da filo ros-

Antonia Palumbo*

settimana dell’Educazione

so per riflessioni, spettacoli, incon-tri con personalità, laboratori didat-tici, visite guidate, che rendono più speciale l’esperienza degli alunni, attentamente guidati da docenti ed educatori nella loro crescita umana. Tutta la Settimana dell’Educazione si è sviluppata di edizione in edizio-ne, in qualità e quantità, grazie alla fattiva adesione di preside, docenti, genitori e alunni.Nell’attuale contesto di crisi del pro-getto educativo che gli studiosi as-similano a un autentico ‘sfinimento’, importante è la sinergia tra pensie-ro cattolico e mondo della Scuola, tra laici e credenti, un’alleanza che è oc-casione imperdibile per confrontar-si e far crescere le nuove generazio-ni con lo sguardo rivolto alle molte-plici culture del nostro tempo al fine di educare a un’umanità nuova, nel-lo spirito del cammino della Chiesa italiana verso il 5° Convegno Eccle-siale Nazionale di Firenze del pros-simo novembre.

*insegnante della Scuola Primaria De Sanctis

Man

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nia

Garantire e salvaguarda-re il pluralismo dell’in-formazione. Due termini di una spinosa questione

che attiene ai fondamenti di uno Sta-to moderno. La garanzia è stata di re-cente sottolineata dal neo presiden-te della Repubblica, Sergio Mattarel-la. Nel discorso di insediamento, nel ribadire che il suo ruolo è quello di “garante della Costituzione” e che “la garanzia più forte consiste nella sua applicazione” lo ha poi declinato in diverse accezioni, tra cui una ha ri-guardato “l’autonomia ed il plurali-smo dell’informazione, presidio di democrazia”.Nonostante questo forte richiamo ve-nuto dalla più alta carica del Paese, l’attualità riporta tutti a confrontar-si con la salvaguardia del pluralismo per quanto riguarda il delicato snodo della libertà di stampa. Il costante ri-dimensionamento avvenuto negli ul-timi anni, spesso in maniera retroat-tiva, al sostegno all’editoria sta por-tando al collasso numerose testate. Già diverse hanno chiuso i battenti, nel silenzio e nel disinteresse quasi generalizzato. Un autentico battage, spesso urlato e giocato sul web, ha associato il soste-gno da parte dello Stato a una sorta

di privilegio riservato a pochi favo-riti. Il solo mercato, lo abbiamo riba-dito anche su queste colonne in di-verse occasioni, non può bastare a regolare un settore così delicato. Ne va di una parte della libertà dei cit-tadini cui sarebbe preclusa un’am-pia facoltà di scelta tra mezzi di in-formazione.Ecco perché è partita una vasta cam-pagna istituzionale (#menogiornali-menoliberi) a cui è associata una pe-tizione online sostenuta da numero-se sigle dell’editoria non profit. Si va dai settimanali cattolici ai quotidia-ni locali e nazionali (questo giorna-le compreso), tutti uniti nella tutela del pluralismo e nel chiedere una ri-forma urgente dell’intero comparto.I pericoli di una concentrazione dell’informazione in Italia riguarda-no ogni mezzo, con evidenti vantag-gi per i maggiori network. In gioco non ci sono solo migliaia di posti di lavoro, pure importantissimi. In que-sti giorni e ancora una volta, c’è una ricchezza di esperienze di una parte viva del Paese che, se dovesse rima-nere senza voce, rischia l’irrilevan-za. Siamo certi che nessuno si augu-ra che ciò possa accadere.

*presidente nazionale della FISC

Sì, però… Però ci sono più di 200 giornali in Italia che fanno informa-zione come nessuna grande testata mai potrà fare. Però dovrai ri-nunciare al tuo quotidiano locale, al settimanale della tua comuni-tà, alla rivista che la pensa come te. Però c’è un mondo di 3000 per-

sone che rischia il posto di lavoro. E che risparmio è? In pochi anni il fondo pubblico per l’editoria è calato del 90%. Però questo Paese potrà fare a meno dell’informazione libera? Quella senza profitti, senza padroni, senza catene?Senza fondo per l’Editoria non profit l’informazione libera va a fondo: firma anche tu, adesso.

#menogiornalimenoliberi

Meno Giornali, meno liberi

Francesco Zannotti*

Basta soldi ai giornali, dice qualcuno

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5[Attualità]

li sottolinea nella famiglia il primo luogo in cui “la differenza di gene-ri” ci arricchisce, in un contesto che, per ragioni complesse, vorrebbe can-cellarla in nome dell’uguaglianza. È questa di marzo, dunque, un’oc-casione importante per continuare a dire grazie alle donne che “ci tra-smettono la capacità di vedere oltre - vedono oltre, loro -, di capire il mon-do con occhi diversi, di sentire le cose con cuore più creativo, più paziente, più tenero”, come ha sottolineato Pa-

GrazieGGraziead Antonia, Pasqui-

na, Nicoletta, Maria Chia-ra, Lucia e tante altre ami-che: sono le donne che col-

laborano al nostro giornale. Domeni-ca 8 marzo si è celebrata la Giornata internazionale della donna ed a Ro-ma è stata apposta anche una signi-ficativa firma ecumenica in calce a un appello contro la violenza sulle donne. Anche il messaggio per la prossima Giornata delle comunicazioni socia-

educativo in atto: da qui il desiderio di confronta-re posizioni diverse, lai-che e cristiane,che oggi si vanno cer-cando sempre più. Dunque, impor-tante è l’alleanza tra pensiero laico e credente basata sulle parole comuni. Dopo aver sottolineato l’attenzione alle culture e all’umanità che ci ha preceduto, il relatore ha sottolinea-to l’importanza di conservare la me-moria perché non è possibile vive-re un presente de-storificato. Attra-verso un rapido excursus sulle varie educazioni ha proposto, infine, l’im-portante alleanza basata su quelle importanti parole, comuni a creden-ti e laici come educare per protegge-re, custodire, creare, progredire , che devono suscitare il desiderio di in-contrarsi. Don Lieggi ha parlato del nuovo Umanesimo in Gesù Cristo quanto mai necessario per superare la pigri-zia, stigmatizzata nel vangelo (cfr Mt 11), e citando i teologi Balocco e Alet-ti ha parlato della necessità di pas-sare dal Cristocentrismo, cioè dal di-scorso su di Lui, al Cristomorfismo o Cristologizzazione, ossia all’ordine proveniente da Cristo, che determi-na la svolta della comunicazione-an-nuncio al mondo della buona notizia.

Chiese di Puglia verso Firenze 2015

Ed infine, ciò che viene proposto dalle parole e dalle azioni di Gesù è la

messa in opera di scelte che non val-gono solo per i cristiani, ma che han-no senso per tutti quelli che vogliono vivere pienamente la loro umanità e che possono, perciò, realizzarsi pie-namente in quello che sono.Nell’aula gremita di partecipanti, erano presenti anche i vescovi Ca-cucci, Angiuli, Martella, Cornacchia. Nel pomeriggio è seguito l’incontro tra i direttori degli Uffici comunica-zioni sociali delle diocesi con i vesco-vi Luigi Martella e Vito Angiuli, pre-senti anche don Piero De Santis , di-rettore dell’Istituto Pastorale Puglie-se, e don Francesco Zaccaria e don Francesco Nigro, membri dello stes-so Istituto. *direttore dell’ufficio per le comunicazioni

sociali dell’arcidiocesi

Alberto Cavallini*

L’itinerario regionale di pre-parazione delle Chiese di Puglia al 5° Convegno Ec-clesiale Nazionale che si

terrà dal 9 al 13 novembre prossimi in Firenze e che avrà a tema “In Ge-sù Cristo, il Nuovo Umanesimo”, ha compiuto la sua terza tappa lo scorso 27 febbraio presso l’aula ma-gna del Pontificio Seminario Regio-nale di Molfetta ove si è affrontato il complesso e delicato tema dell’Edu-care a una nuova umanità attraver-so un dialogo e un confronto con le prospettive antropologhe della cul-tura contemporanea.Vivissimo e assai interessante il dia-logo a due voci, una laica, quella del prof Duccio Demetrio, già ordinario di Filosofia dell’educazione all’uni-versità di Milano-Bicocca, e una cri-stiana, quella del prof sac Jean Paul Lieggi, docente della Facoltà teologi-ca Pugliese, i quali hanno cercato di illustrare e recuperare il significa-to fondamentale delle “educazioni” il cui senso profondo sembra oggi es-sere stato dimenticato.Il prof Demetrio nella lectio magi-stralis tenuta ha sottolineato la sua ricerca personale nel campo dell’e-ducazione pur nella sua grande pro-blematicità, con la crisi del progetto

CHIESA CATTOLICA ITALIANA

pa Francesco all’Angelus di domeni-ca 8 marzo. Grazie, Donne!

Il direttore di VOCI e VOLTI

Donne

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Cantare la [Convegno Liturgico Diocesano]

ed un canto, una contemplazione e un inno di ringraziamento a Dio: in una parola, è il “salmo responsoria-le” che segue la proclamazione del-la lettura sacra precedente, che l’at-tualizza e la universalizza metten-do in bocca ad ogni uomo che viene salvato dalle acque del peccato co-me Israele le parole “Voglio cantare in onore del Signore, perché ha mira-bilmente trionfato…”. L’evento salvi-fico si trasforma in canto, la lode na-sce dal profondo della storia di sal-vezza per allargarsi al mondo.Così per altri cantici, come quello di Debora di Gdc 5, canto di guerra ed epopea di Israele, quello di Anna di 1Sam 2, canto di ringraziamento e di gioioso stupore della potenza sal-vifica del Signore che “fa partorire la sterile”, i salmi di Davide, sia quel-li contenuti nei libri di Samuele che quelli estrapolati e confluiti nel Sal-terio, tutti con la loro ambientazione storica e l’evento a cui si riferiscono, come ad esempio il Miserere (Sal 51).Il Salterio è, difatti, la raccolta di tut-ti quei canti che possono riassume-re i diversi sentimenti, le diverse re-

La musica nella Sacra Scrittura

Nella Sacra Scrittura l’uso della musica riflette l’u-so che se ne faceva mon-do antico, ma con un’in-

terpretazione nuova e fondamenta-le per il significato che viene ad oc-cupare all’interno della Liturgia cri-stiana.È Dio stesso a suscitare il canto nel cuore dell’uomo e ad innalzarlo con la lode fino a lui, è sempre lui a suggerire le parole e a sostenere il canto fino ad unirsi egli stesso, in Cristo, al grande canto della creazione rinnovata. I cantici dell’Antico Testamento sono sempre inseriti in modo molto preciso all’interno dell’evento narrato.Se prendiamo, ad esempio, l’episodio del Miracolo del Mare in Es 14-15, no-tiamo che il racconto “in prosa” ci de-scrive il prodigio e le azioni dei pro-tagonisti per poi fermarsi in una sor-ta di stasi contemplativa affidando al canto il commento dell’evento. Il Canto del Mare di Es 15 diviene co-sì, allo stesso tempo, un commento

azioni: le gioie e le sofferenze, la vi-ta e la morte che si alternano nella vita dell’uomo. Tutto questo è posto dinanzi a Dio, in dialogo con Lui, in preghiera. Il Sal-mo 150, che chiude il Salterio, enu-mera tutti gli strumenti musicali che si uniscono alla lode del creden-te. I diversi strumenti sono simbo-li della creazione stessa: le pelli dei tamburi, le corde dei salterii e del-le cetre, ilegni e i metalli dei flauti e dei sistri, il corno d’ariete dello shophar, giac-ché tutte le creature, insieme all’uo-mo e al suo canto, debbono simbo-licamente essere presenti nella lo-de a Dio.Negli scritti profetici gli oracoli sono composti in poesia ritmica e, proba-bilmente, in canto.Così, libri come il Cantico dei canti-ci, sono impensabili senza il riferi-mento alle strutture musicali, inter-ne ed esterne, fondamentali per la lo-ro stessa comprensione.Anche il Nuovo Testamento si inseri-sce appieno in questa tradizione, so-prattutto con Luca che, imitando lo stile greco dei LXX, ci mostra Maria cantare il suo Magnificat a commen-to gioioso delle parole di Elisabetta, come avevano già fatto nell’Antico Testamento Anna, Debora e Giuditta.Lo stesso fanno, con tono profetico,

Zaccaria nel suo Benedictus e il vec-chio Simeone nel suo Nunc dimittis. Alla nascita del Salvatore, gli ange-li cantano il Gloria, loro inno di lode in Betlem, mentre Paolo di Tarso in-serisce inni e cantici nelle sue lette-re, canti sicuramente usati nelle li-turgie delle primitive comunità cri-stiane.La Scrittura ci insegna quindi a non staccare mai il canto dall’evento sal-vifico e a non dimenticare l’impor-tanza di esprimere, con la parteci-pazione totale dell’uomo, al canto di Dio e della creazione redenta.

La musica nella Liturgia

La Liturgia è il rinnovarsi dell’even-to salvifico nella storia degli uomini, la porta aperta che ci mette in comu-nicazione diretta con la redenzione di Cristo. Cantare questa redenzio-ne è compito della musica liturgica, che non solo è sempre sacra, ma de-ve anche rispondere a canoni preci-si dettati dalla Chiesa che ne disci-plina e sceglie l’uso nella celebrazio-ne dei misteri. La musica, come pri-ma si diceva riguardo ai cantici bi-blici, è il linguaggio che sottolinea, interpreta e traduce in modo artisti-co e nello stesso tempo rituale l’even-to teologico vissuto.

di mons. Marco Frisina

Musica e liturgia alla ricerca del Volto di Cristo

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5[Convegno Liturgico Diocesano]

Mons. Marco Frisina, romano, dopo gli studi classici si è diplomato in composizione al Conservatorio di Santa Cecilia. Nel 1978 è en-trato come alunno al Pontificio Seminario Romano Maggiore com-piendo gli studi teologici presso la Pontificia Università Gregoria-

na e conseguendo la Licenza in Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico. Or-dinato sacerdote nel 1982, da allora svolge il suo ministero nella Diocesi di Ro-ma. Attualmente è Presidente della Commissione Diocesana per l’Arte Sacra ed i Beni Culturali, Consultore del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e Rettore della Basilica di Santa Cecilia in Trastevere. È docente presso la Pontificia Università Lateranense e presso la Pontificia Uni-versità della Santa Croce. Nel 1984 ha fondato - e da allora dirige - il Coro del-la Diocesi di Roma, attualmente composto da oltre 250 elementi e nato per l’a-nimazione delle più importanti liturgie diocesane, molte delle quali presiedu-te dal Santo Padre. All’animazione di queste, si sono aggiunti negli anni Con-certi in molte Diocesi italiane ed estere e la partecipazione a numerosi eventi istituzionali. Dal 1991 è anche Maestro Direttore della Pontificia Cappella Mu-sicale Lateranense. Nel 1997 è stato nominato da Papa Giovanni Paolo II Acca-demico Virtuoso Ordinario della Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Letteratura dei Virtuosi al Pantheon.Ha composto ed eseguito dinanzi ai Pontefici Giovanni Paolo II e Benedetto XVI oltre 20 Oratori sacri ispirati a personaggi biblici o alla vita di grandi santi. Ac-canto a queste composizioni, meritano di es-sere citati altri due oratori sacri:“Cantico dei Cantici” scritto nel 2009 e “Passio Caeciliae” del 2011. È stato responsabile musicale di alcu-ni importanti eventi del Grande Giubileo 2000, come la Giornata Mondiale della Gioventù e, re-centemente, dell’evento RAI “La Bibbia Gior-no e Notte - la più lunga diretta della storia te-levisiva”.

A questo punto occorre soffermarsi sulla distinzione tra musica sacra e musica per la Liturgia, poiché negli ultimi secoli le due cose non sono an-date insieme sempre in modo pacifi-co e chiaro. Se noi volessimo esegui-re tutto il repertorio sacro del 1700 / 1800 durante una celebrazione litur-gica, ci troveremmo in difficoltà e a volte addirittura in imbarazzo, poi-ché le strutture musicali non sempre sono compatibili con i suoi ritmi e le sue caratteristiche, e la stessa liber-tà di espressione di alcune partitu-re mal s’addice al senso stesso del-la Liturgia.Nella Liturgia la musica non deve mai sovrapporsi all’azione liturgi-ca, ma deve formare un tutt’uno con essa e da essa deve essere governa-ta. La celebrazione del mistero del-la nostra salvezza esige che la mu-sica non esibisca sé stessa, bensì il mistero che celebra. A questo scopo, l’esperienza della Chiesa ha da sem-

pre considerato normativo il canto gregoriano, non per immobilizzare il repertorio del canto liturgico, ben-sì per fissarne i canoni in modo ta-le che ogni produzione musicale per la Liturgia abbia le medesime carat-teristiche per quanto riguarda sia il contenuto che la forma.Le forme del canto gregoriano so-no infatti semplici, chiare e capaci di adattarsi ad ogni tempo e ad ogni linguaggio musicale sperimenta-bile nei secoli: l’antifona, la salmo-dia, il responsorio, l’acclamazione etc., tutte forme che prevedono in-terventi molteplici non solo del coro e dell’assemblea, ma anche del cele-brante, del salmista e del piccolo co-ro in dialogo con gli altri.Tutto ciò dimostra, a mio avviso, che gli indirizzi del Vaticano II non sono altro che una riaffermazione di que-gli stessi principi che hanno anima-to la produzione gregoriana, anche se ci si riferisce ad un’esperienza culturale e storica diversa: la molte-plicità delle forme gregoriane si pre-sta al canto delle lodi di Dio di ogni epoca e luogo. Il gregoriano non met-te le parole sulla musica, ma fa sì che la musica allarghi, dilati il valore di una parola: è musica al servizio della Parola di Dio, quindi musica al ser-vizio di Cristo.Nella mia esperienza di musicista ho avuto modo di riflettere spesso sull’importanza del testo che viene cantato. La musica liturgica è sem-pre al servizio delle parole che ven-gono proclamate, il suo ruolo è quel-lo di esaltarne i significati e di far-li penetrare più profondamente nel cuore dei fedeli. In questo senso il fi-ne della musica liturgica viene rag-giunto, e questo fine è diverso da quello degli altri generi musicali in quanto si propone principalmente la celebrazione del mistero di Dio e la comunicazione di esso al cuore de-gli uomini. Gli altri generi musica-li possono sottolineare altri aspet-ti ma, certamente, non hanno come scopo principale questa dimensione verticale e “mistica” propria del ge-nere liturgico.Nell’esperienza della Chiesa, anche l’uso della polifonia è poi divenuto un modo prezioso per esprimere il

mistero celebrato e per sottolinea-re l’aspetto contemplativo della ce-lebrazione liturgica esaltando il te-sto cantato in modo tutto particolare attraverso il contrappunto e le armo-nie che ne derivano, ma questo sem-pre in funzione dell’azione liturgi-ca: nei momenti giusti, ad esempio al momento dell’Offertorio o come se-condo canto di Comunione, quando tutto il popolo si è comunicato ed è seduto in raccoglimento, si può pre-gare tutti insieme con un meravi-glioso mottetto di Palestrina.Il canto dell’assemblea rientra anch’esso in questa tradizione e de-ve obbedire al contesto celebrativo. Non è semplicemente un momento per far partecipare l’assemblea con il canto, ma la normale espressione del popolo di Dio che si unisce alla preghiera della Chiesa.La musica liturgica è, dunque, com-posta dall’equilibrio di tutti gli ele-menti che la compongono: il canto della tradizione gregoriana distribu-ito tra soli, coro e assemblea, il can-to delle parti proprie del presiden-

te dell’assemblea e del salmista, la polifonia antica e moderna propria del coro, i canti assembleari. A tut-to ciò si può aggiungere l’utilizzo de-gli strumenti per arricchire e sotto-lineare alcune celebrazioni secondo le caratteristiche dei diversi tempi liturgici. Credo che l’uso degli stru-menti, pur non essendo essenziale, possa aggiungere colore ed emozio-ne sia alla musica che all’interpreta-zione del testo che viene musicato.Il Concilio ricorda, infine, anche il valore della musica sacra non litur-gica che, come spiegavo sopra, per ragioni funzionali e di struttura in-terna dei brani musicali, non è pos-sibile eseguire durante la Liturgia. Per me sono comunque un modo fan-tastico di recuperare il grande patri-monio musicale sacro e, d’altra par-te, di creare composizioni di più am-pio respiro e di più libera ispirazio-ne in cui le caratteristiche più spe-cificamente musicali possono emer-gere con maggiore libertà.

(1 continua)

Quest’anno, il nostro Convegno Liturgico Diocesano ha visto

come relatore la partecipazione di mons. Marco

Frisina, compositore di musica sacra noto

in tutto il mondo.

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5 [Anno della Vita Consacrata]

Mi piace iniziare questa mia rif lessione con le parole di papa Benedet-to XVI: “Voi religiosi non

avere solo una gloriosa storia da ri-cordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire!”Per tanti di noi religiosi è stato pro-prio così, abbiamo vissuto una storia da ricordare e raccontare. Che ne sa-rebbe stato della nostra vita se non ci fosse stato l’incontro con il Signo-re che ha suscitato tante domande esistenziali che non hanno ricevu-to subito risposta nella nostra since-ra ricerca di Dio, ma che sono state espressione di chi voleva dare sen-so e valore alla vita e spenderla per Uno, cui vale veramente la pena do-narsi.

Nell’Anno dedicato alla vita consacrata uno spunto in-teressante può essere for-mulato a partire da un’in-

tuizione antica eppure eternamente feconda. Parliamo della nota intui-zione di San Benedetto dell’ ora et la-bora, un’espressione carica di profe-zia anche ai giorni nostri. Ed è altre-sì utile richiamare brevemente il di-scorso pronunciato dal Papa emerito, Benedetto XVI, nella sua visita apo-stolica in Austria, nel 2007, all’Ab-bazia benedettina di Heiligenkroutz. In quell’occasione Papa Benedetto richiamò quella che è ritenuta l’es-senza della vita monastica, vale a di-re, assomigliare agli angeli, e quindi essere dediti all’adorazione e al solo compito dell’Officium. Proprio qui si inserisce la novità be-nedettina. Possiamo dire che si trat-ta di una questione di sguardi. In-fatti il monaco guardando a Dio e contemplando la sua grandezza nel-

la preghiera adorante non può non trovar trasformato il suo vedere. E cioè, suggerisce Papa Benedetto, con quello stesso sguardo con cui guarda Dio, il monaco, guarda al mondo. Per questa ragione egli riesce ad ama-re e trasfigurare il mondo, perché lo guarda con gli occhi amorevoli, ric-chi di Dio. Ma c’è di più, da questo sguardo orante deriva anche il lavoro, la pos-sibilità cioè di rendere il mondo più bello, un’opportunità per trasformar-lo. Ecco un aspetto della vita consacra-ta che andrebbe forse maggiormen-te valorizzato. Chi guarda a Dio cam-bia, si converte, e poi quando guar-derà gli altri e il mondo non riusci-rà a trattenere quest’amore trasfor-mante. Quando poi la preghiera è pu-rificata dall’ascolto e dalla custodia della Parola, allora ne scaturisce un servizio ancor più profetico e credi-bile.

religiosi, una grande storia da costruiresuor Maria Lucia Esposto*

Gesù, dapprima, indica a un consa-crato la via di un’ordinaria santità quotidiana, perciò il desiderio e la ricerca diventano sempre più strug-genti, e poi ci educa e ci allontana da tutto quello che credevamo fos-sero valori indispensabili e validi e ci conduce nell’abisso che è dentro di noi e che trasforma in una sorgente ricolma d’amore per un nuovo inizio, per una più radicale adesione a Lui attraverso un cammino di sequela, fatto tutto di ascolto, riflessione, di-scernimento.Anche per me, come tanti chiamati alla vita consacrata, questa è stata la prima fase del mio percorso, ma quando tutto sembrava chiaro e mi aspettavo lode e congratulazioni per quella mia nuova scelta di vita, Egli mi ha fatto sentire il suo sguardo e mi ha condotto per sentieri inattesi e impensati verso la totale rinunzia a tutto quello che credevo di esse-re. Così l’ho seguito come sono e per quello che poveramente sono, sen-za avanzare riconoscimenti e sen-za preoccuparmi di cosa fare di più.

Oggi, dopo 25 anni di vita religiosa nell’Istituto delle Apostole del s. Cuo-re di Gesù, lasciandomi sempre fis-sare dallo sguardo di Gesù e stupi-re dall’infinito amore del suo Cuo-re, nella fedeltà al carisma di madre Clelia Merloni che ha marchiato la sua esistenza con il motto “Dio So-lo” e firmato con le parole di s. Pa-olo “Charitas Christi urget nos” lo stemma distintivo del nostro Istitu-to di Apostole del s. Cuore, da lei fon-dato proprio per dare amore, gloria e riparazione al Cuore di Gesù. E in quel nome di Apostole c’è tutto il pro-gramma di vita di noi figlie di madre Clelia. Da parte mia, ho trovato quel campo vero e giusto dove lo sguardo che mi ha fissato e chiamato mi ha condotta a realizzare la mia vocazio-ne. Approfondendo e studiando il ca-risma di madre Clelia, la sua statura spirituale, i suoi scritti pedagogici e dottrinali, e i campi di apostolato do-ve Ella ha voluto le sue figlie - missio-ni, ospedali, , assistenza agli anzia-ni, alle famiglie e all’uomo in qualsi-asi stato di bisogno e di povertà - oggi più che mai, posso dire che è attuale e urgente il modello di religiosa che madre Clelia ha voluto per le sue fi-glie e di cui la Chiesa e l’uomo di og-gi hanno bisogno.Noi Apostole, come tutti i religiosi, per rispondere alle esigenze e alle domande della Chiesa e dell’uomo e per conformarci sempre più alla Fon-datrice ci sforziamo ogni giorno di rinascere nello Spirito, essere libere da paure dell’oggi, del passato e del

domani, denunciare i diritti di chi non ha voce o è scartato dalla socie-tà. Ed ogni giorno chiediamo con in-sistenza al Signore la forza di vive-re, lavorare, gioire, soffrire, sogna-re, accettare anche le delusioni, per-donare, saper perdere senza sentir-ci distrutte, metterci in discussione senza indebolire la fede, portare la pace dove c’è inquietudine, usare le nostre mani per accarezzare, cura-re, donare, indicare la strada giusta a chi l’ha smarrita.Ci sforziamo di essere sempre in co-munione con Dio per suscitare la no-stalgia di Lui e della Chiesa e ben sappiamo che in tanto benessere si può vivere povere, in tanta corruzio-ne si può vivere libere, in tanta vo-glia di potere si può vivere obbedien-ti. Perciò viviamo con la certezza che c’è una forza che ci sostiene e che non verrà mai meno: l’Amore di Dio. Abbiamo un’unica ambizione: esse-re al servizio degli altri senza cer-care sistemazioni o posti d’onore ed essere sempre dono per tutti senza avanzare diritti, avendo nel cuore il nostro motto “Dio Solo” e così esse-re per la Chiesa e per tutti, donne che parlano con la propria vita e non con le sole parole.E mentre ringrazio chi prega affin-ché noi religiose possiamo essere come Gesù ci vuole, assicuro la mia preghiera quotidiana.

*apostola del s. Cuore di Gesù, caposala del reparto di oncoematologia pediatrica

di Casa Sollievo della Sofferenza

Giovanni Chifari

ANNO DELLA VITA CONSACRATA

Guardare a Dio per trasformare il mondo

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5[Pastorale giovanile]

“Voi giovani siete dei bravi esploratori… Nell’invitarvi a ri-scoprire la bellez-

za della vocazione umana all’a-more, vi esorto anche a ribellarvi contro la diffusa tendenza” a ba-nalizzarlo. Lo scrive il Papa nel messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù che viene celebrata a li-vello diocesano nella Domenica delle Palme.Quello di quest’anno è il secon-do dei tre messaggi del Papa dedi-cati alle beatitudini evangeliche che stanno scandendo la prepara-zione al raduno internazionale in programma in Polonia nel 2016.“Trent’anni fa – ricorda papa Fran-cesco – Giovanni Paolo II istituì le Giornate Mondiali della Gioventù. Il santo Pontefice, celeste Patrono delle GMG, interceda per il nostro pellegrinaggio verso Cracovia”.

ProgrammaBisogna arrivare entro le 9.00. Ogni gruppo giovani parrocchiale che proviene da fuori Manfredonia viene ospitato e gemellato con una parrocchia di Manfredonia. Fino alle 10.30 c’è il tempo per fare uno scam-bio di esperienze tra i giovani del-le diverse parrocchie e per ricevere una breve testimonianza da parte di un religioso/a. Poi ci si avvia verso Piazza del Popolo.

Alle 11.00 ci si raduna tutti in Piaz-za del Popolo per ascoltare la testi-monianza del giovane Ismaele La Vardera, ventunenne siciliano im-

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SErVIZIo DIoCESaNo PaSToraLE gIoVaNILE e VoCaZIoNaLE

GiOrNaTa DiOCEsaNa DEi GiOVaNi“Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”

22 marZo 2015 – maNFrEDoNIa

pegnato nella lotta alla criminalità. Alle 12.00 celebriamo l’Eucaristia nella Cattedrale e presiede mons. Michele Castoro.

Alle 13.00 si torna in Piazza del Po-polo per consumare il pranzo a sac-co e fare festa con spettacoli, balli, giochi e racconti della Missione gio-vani.

Alle 16.00 conclusione.

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015 [Caritas]

Dai dati della Caritas della nostra diocesi, desunti dai servizi alla persona pre-senti in 12 comuni (men-

se, centri di ascolto, dispensari, mi-nori, immigrati, anziani, giovani, ecc.), emerge il quadro di un terri-torio malato ed in certi casi anche in modo molto grave. Difficile è so-stenere la speranza che, però, non manca di essere raccontata in for-me diverse da un crescente volonta-riato, sempre più formato e appas-sionato, ma con meno risorse mate-riali. In forte aumento le famiglie in condizioni di deprivazione, cioè se-gnate dal non poter sostenere spe-se impreviste (anche sanitarie), non poter riscaldare adeguatamente l’a-bitazione, non aver soldi per pagare bollette o mutui. Tanti i disagi cau-sati dalla perdita del lavoro. In au-mento esponenziale i giovani disoc-cupati (anche con una laurea), mol-ti dei quali hanno smesso di cerca-re un lavoro. Aumenta la sofferenza mentale, la rabbia e la sfiducia ver-so le istituzioni. I mali poi prodotti dal gioco d’azzardo incidono pesan-temente sulla famiglia.Nel dettaglio. Sono circa quattro-mila le famiglie assistite gratui-tamente dai quarantaquattro servi-zi del volontariato cattolico presen-ti in dodici paesi della diocesi. Il ventisette percento in più rispet-to all’anno 2014.

Questa espressione di soli-darietà fraterna si concre-tizza attraverso la conse-gna di prodotti alimenta-

ri acquistati presso i supermercati del vostro comune e di aree limitro-fe: è un gesto di condivisione non del superfluo, ma dei bisogni quotidia-ni a favore delle fasce più disagia-te per un più organico aiuto a sin-goli indigenti e/o a comunità (case

DoSSIEr CarITaS DIoCESaNa

aumentano le povertà ma anche le risorse umane

don Domenico Facciorusso*

Aumentano le richieste di sostegno psicologico di persone gravate da sofferenza economica a causa della perdita del lavoro. In rilevante au-mento anche la ludo dipendenza, spesso legata all’usura.Dalle opere segno, censite in dioce-si e confluite nella Carta Servizi Caritas 2015 emerge anche il volto della speranza. Si tratta dei volon-tari che, con passione ed intelligen-za crescente, alimentando la “banca del tempo”, sostengono la presenza di una chiesa “ospedale da campo do-po la battaglia – come l’ha definita papa Francesco – capace di curare le ferite e di riscaldare il cuore”. È il volto della speranza: sono 41 le par-rocchie, infatti, e 3 le associazioni di volontariato cattolico presenti in 12 paesi della diocesi. Si tratta della fe-de operativa nella carità di circa 280 volontari impegnati a vivere i valo-ri della cittadinanza attiva. Le ope-re segno da essi sostenuti sono 21, tra cui emergono per il considerevo-le operato: le 3 mense cittadine Cari-tas, in cui confluiscono ogni giorno 93 bisognosi (il 32% in più rispetto all’anno 2014, i pasti elargiti in tota-le gratuità sono 280 al mese); i 40 di-spensari alimenti diffusi in diocesi (a cui si aggiungono i servizi offer-ti dagli sportelli dei Centri di Ascol-to) che sostengono settimanalmente più di 3.200 famiglie (il 27% in più rispetto all’anno 2014). La realtà de-gli immigrati e dei rifugiati è parti-colarmente presente a Zapponeta e a Borgo Mezzanone. In quest’ultima circoscrizione del comune Sipontino si segnala il dormitorio Caritas “casa speranza”, che accoglie gratuitamen-te immigrati di passaggio. In tutti i paesi poi si registra il “movimento” delle “badanti” straniere, molto me-no però rispetto a qualche anno fa. Tra le nuove fragilità rilevate dal-lo sportello antiusura, presente nel-la Caritas diocesana e collegato al-la fondazione “Buon Samaritano” di Foggia, c’è quella del gioco d’azzar-do patologico, che si configura sem-pre più oggi come una delle forme di dipendenza senza droga. La ludodi-pendenza, infatti, è in forte aumen-

to nel territorio e sempre più legata alla piaga dell’usura. Un’altra nuova fragilità portata dall’odierna crisi economica è quel-la legata all’esistenza: ai 9 centri di ascolto presenti in 4 città della dio-cesi confluiscono le richieste di so-stegno psicologico (42% in più rispet-to al 2014), spesso dovuto al panico o all’angoscia per l’incapacità nel ge-stire il cambiamento sociale (perdi-ta del lavoro, sofferenza economica). Significativo, presso la sede della Ca-ritas diocesana, il progetto nazionale (CEI-ABI) denominato “prestito della speranza”, attraverso il quale si è vo-luto dare più credito alle famiglie e persone in temporanea difficoltà, fa-vorire il finanziamento di microim-prese, generando così nuovi posti di lavoro.In definitiva, per curare le ferite e riorganizzare la speranza nell’arci-diocesi, occorre continuare a soste-

nere la formazione del volontariato ed elaborare iniziative solidali rea-lizzate in rete tra parrocchie e pos-sibilmente con altri attori sociali. In tal senso, già nelle vicarie di Vieste e di San Giovanni Rotondo si è avviato un percorso di “pastorale integrata”, cioè comuni iniziative solidali e la gestione di un unico magazzino ali-menti. Nella stessa prospettiva la re-alizzazione di collette alimentari cit-tadine finalizzate ad rafforzare il de-siderio ecclesiale di farsi prossimo alla famiglia ferita dai bisogni pri-mari. In definitiva, “la carità – ha sottolineato il vescovo Castoro nel-le conclusioni al convegno – non è un optional per la chiesa. Dobbiamo essere in grado di ascoltare e di im-medesimarci, di esprimere solidarie-tà. Oggi abbiamo una nuova consa-pevolezza: siamo vicini a chi vive nel bisogno”.

*direttore Caritas diocesana

Colletta alimentare

Il 2 Marzo a Monte Sant’Angelo, il direttore della Caritas diocesa-na, don Domenico Facciorusso, alla presenza dell’arcivescovo

mons. Michele Castoro, ha presen-tato i dati statistici relativi alle pover-tà e risorse del territorio, desunti dai servizi di prossimità sociale raccolti nell’annuale Carta Servizi Caritas 2015. All’incontro è intervenuto il sin-daco, Antonio Di Iasio, i parroci e re-ligiosi della città dell’Arcangelo, e nu-merosi animatori impegnati nella testi-monianza della solidarietà cristiana.

famiglia – mense – caritas parroc-chiali). Nei prossimi giorni di que-sta Quaresima saranno effettuate le seguenti raccolte alimentari vica-riali: a Monte Sant’Angelo, Vieste e S. Giovanni Rotondo il 28 marzo a Manfredonia il 20 e il 21 marzoCONDIVIDIAMO I BISOGNI DEI FRATELLI PIU’ SFORTUNATI PER CONDIVIDERE IL SENSO DELLA VITA.

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21[Pastorale familiare]

Si è tenuto qualche giorno fa il Laboratorio di pastorale familiare con l’intervento di mons. Renzo Bonetti. Il mes-

saggio che abbiamo raccolto, parteci-pandovi come famiglia-porzione del-la più grande famiglia-parrocchia, e che vorremmo coltivare e condivi-dere nel quotidiano, è stato questo: la famiglia cristiana è Vangelo vivo, segno e presenza di Gesù, riflesso dell’immagine di Dio, del suo amo-re per l’Umanità. Nella famiglia vis-suta secondo questo disegno, Dio ha trovato il segno più bello che poteva trovare nel mondo per rendere visi-bile agli uomini il suo volto e il suo amore. Nel matrimonio è Dio-Amore che rende eterno, come Lui è eterno, l’a-more tra gli sposi e li rende capa-ci di percepire quell’anticipo di Uni-tà infinita con Dio. Cristo domanda a noi sposi cristiani di lasciare tra-sparire dal nostro vivere quotidia-no, sia come sposi che come genitori, come famiglia tra le famiglie, nel so-ciale, nel lavoro, nelle relazioni quo-

“La famiglia protagonista dell’azione pastorale in parrocchia”Domenico Trotta e Nicoletta Gellotto Gentile*

ViEsTE – LaBOraTOriO Di PasTOraLE FaMiLiarE

tidiane, quanto Lui ami la Chiesa-Sposa. È questa la missione affidata agli sposi. Non è un amore limita-to quello che gli sposi cristiani sono chiamati a vivere perché Cristo stes-so, che viene ad abitare nella loro re-lazione, nella loro comunione, li fa capaci di amare come Lui. E questo ci induce a riflettere sul valore del-la corretta percezione del corpo, che mons. Bonetti ha sottolineato nei la-vori conclusivi, evidenziando quan-to sia importante che i genitori af-fianchino i loro figli perché capisca-no il senso della propria corporalità e li aiutino ad averne la giusta per-cezione, dalla primissima infanzia (quando riconoscono il proprio cor-po nella comunicazione con gli altri) alla maturità, perché scoprano che il corpo, tempio dello Spirito Santo, è dono ricevuto e dono da rendere al Signore, quale che sia la loro vo-cazione, nel matrimonio o nella vita consacrata. A tal proposito molto ci ha affascina-to il riferimento che padre Bonetti ha fatto ad una “moda” che sta prenden-

do piede in America, quella della fi-glia adolescente che chiede al pro-prio padre di benedirla con il dono dell’anello di castità, da portare con orgoglio tra i suoi coetanei perché di-ca, come segno visibile, il suo esse-re consapevole dell’importanza del suo corpo, dimora dello Spirito San-to, tanto da preservarlo come dono, fino all’offerta di sé nel matrimonio, come sposa. Nella realtà quotidiana le famiglie che hanno sperimentato, conosciu-to – e che si impegnano ad incarna-re – il valore del sacramento del ma-trimonio, quale segno e specchio del legame tra Cristo e la sua Sposa, so-no chiamate a rendersi comparteci-pi, corresponsabili, insieme ai sacer-doti, della costruzione della Chiesa, popolo di Dio. Con la loro vita, con la loro testimonianza, con il loro vissu-to, con il loro quotidiano, sono chia-mate a diventare protagoniste dell’e-vangelizzazione, al fianco dei sacer-doti, a vantaggio, in primo luogo, di quelle famiglie che, pur essendo uni-te dal matrimonio celebrato in Chie-

sa, non hanno mai conosciuto la bel-lezza della loro coniugalità, non san-no di essere il riflesso dell’immagi-ne di Dio, né che la loro unione è l’e-spressione dell’amore di Cristo per la Chiesa, cosicché queste prendano coscienza della dote preziosa ricevu-ta e, consapevoli di poter diventare documenti che parlano di Dio, pos-sano a loro volta, con l’esempio della propria vita, prima ancora che con la parola, essere strumento di pastora-le familiare.

*coniugi del gruppo famiglie della parrocchia s. Michele – Manfredonia

apertura dell’anno Giudiziario del Tribunale Ecclesiastico regionale Pugliese ‘2015’

alcuni dati relativi alla nostra arcidiocesiMaria Chiara Bavaro*

L’attività dell’Anno giudizia-rio del Tribunale Ecclesia-stico Pugliese si è aperta ufficialmente il 28 febbraio

presso la sede di Bari, alla presenza di Mons. F. Cacucci, Vescovo di Ba-ri, di Mons. V. Paglia, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, di Mons. P. Larocca, Vicario Giudi-ziale del Tribunale, nonché alla pre-senza degli ufficiali operatori presso il Tribunale e infine degli Avvocati.L’attività giudiziaria si è presenta-ta sotto nuove spoglie. Il processo e la prassi processuale, anche nell’ot-tica delle revisioni richieste da Pa-pa Francesco, sta subendo dei cam-biamenti positivi tutti orientati alla celerità e alla sua miglior efficien-za oltre che alla questione, di per sé molto rilevante, dei costi. In tal sen-so una collaborazione interessante è sorta tra i Tribunali Ecclesiastici Regionali del Meridione che, in ve-ra sinergia, stanno avanzando nuo-ve linee per lo snellimento delle pro-cedure. A tale proposito il Vicario Giudiziale ha presentato un quadro molto ras-sicurante fornendo dati certi e tan-gibili. Nel 2014 sono stati introdotti presso il Tribunale Ecclesiastico Pugliese 220 libelli (rispetto ai 213 del 2013)

evidenziando ‘un trend positivo che si è registrato in Puglia rispetto al-le altre Regioni italiane, dove, inve-ce, si è avuta una sensibile flessione delle richieste di nullità matrimonia-li’. Questo dato, secondo la riflessio-ne sensibile di Mons. Larocca, non può che riflettere ‘la fiducia dei fede-li pugliesi verso il Tribunale Ecclesia-stico Regionale e il valore che si at-tribuisce al sacramento del matrimo-nio’. Mentre sono state decise in to-tale 260 cause che hanno risolto que-stioni pendenti fin dal 2007.Interessante è il dato della durata dei matrimoni dichiarati nulli nel 2014: 10 giorni per il più breve e 30 anni per il più lungo.È emersa, tuttavia, ‘la necessità di diffondere con maggiore spirito di carità l’opportunità di rivolgersi a questo Tribunale, poiché secondo i dati Istat relativi al 2012 (ultimi da-ti disponibili pubblicati il 23 giugno 2014), risulta che in Puglia sono sta-te evase 4713 separazioni presso i Tri-bunali civili (n. 2943 presso il distret-to della Corte di Appello di Bari, e n. 1770 presso quello di Lecce)’, tra le quali molte provengono da matrimo-ni religiosi che potrebbero beneficia-re del procedimento di dichiarazio-ne di nullità. Mons. Larocca, a riguardo, ha sotto-

lineato ‘l’importanza di sfatare mol-ti luoghi comuni relativi alla dispen-diosità delle cause matrimoniali e al-la complessità, nonché durata, dei processi canonici’, e ciò in linea con le definizioni della CEI. In tal senso, e per il desiderio di venire incontro al maggior numero di fedeli, Mons. Larocca ha messo in atto la decisio-ne della Conferenza Episcopale Pu-gliese, di affidare l’ascolto e la con-sulenza dei fedeli che si orientano al-la richiesta di nullità matrimoniale, esclusivamente ai Vicari giudiziali delle singole diocesi. È venuta me-no, infatti, l’opera del Patrono Stabi-le inviato dal Tribunale Ecclesiastico Pugliese presso il Palazzo Vescovi-le di Foggia, poiché questi, d’ora in-nanzi dovrà concentrare la sua atti-vità solo presso la sede del Tribunale Ecclesiastico Pugliese. La modifica, più propriamente, risponde anche alla necessità di garantire una mag-giore e migliore presenza in udien-za del Patrono Stabile.I dati che riguardano la nostra Ar-cidiocesi, invece, sono nella media. Nel 2014 sono stati introdotti 11 li-belli, rispetto ai 37 introdotti nella Diocesi di Bari-Bitonto, ed ai 3 intro-dotti nella Diocesi di Lucera-Troia. Sono state decise 9 cause, tutte affer-mative, in cui ha prevalso l’esclusio-

ne dell’indissolubilità, seguita dall’e-sclusione della prole e dalla simula-zione totale del consenso. Ha preval-so la tendenza a riconoscere il ma-trimonio come dissolubile, e dunque un bene provvisorio.Per tutte le novità introdotte ci si at-tende grande fermento, soprattutto entro le singole Diocesi. Il rapporto sinergico, infatti, tra Uffici diocesa-ni di pastorale familiare, Consultori familiari diocesani e Tribunale Ec-clesiastico, auspicato da Mons. La-rocca, potrà attuare nuove iniziati-ve comuni per rendere più semplice l’accostamento allo strumento giudi-ziario senza perdere di vista il bene delle singole ‘anime’.

*avvocato della Rota Romana

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015 [Ecclesia in Gargano]

Dal 22 al 29 marzo, la co-munità della parrocchia s. Francesco vedrà la pre-senza operosa ed animatri-

ce di cinque religiosi, due sacerdoti e tre laici, dell’Oasi di Betania di Ter-lizzi, che gireranno per le strade, en-trando in case e scuole, e visiteran-no in particolare la periferia dove po-tranno incontrare una realtà umana diversa da quella che frequenta abi-tualmente la Chiesa e dove parleran-

“La ViTa come DONO e CHiaMaTa all’amore”

Marco Lauriola *

la vita quale dono e progetto di amo-re di Dio.Ecco gli appuntamenti: martedì 24 alle ore 18.00 - celebra-zione eucaristica e conferimento del mandato agli operatori pastorali da parte del parroco don Francesco;giovedì 26 alle ore 18.00 - adorazio-ne eucaristica presieduta dal nostro Arcivescovo mons. Michele Castoro; venerdì 27 alle ore 15.30 - Via Cru-cis commentata;sabato 28 alle ore 18.00 - celebra-zione eucaristica conclusiva e aga-pe fraterna.

*animatore della liturgia

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MissiONE DELL’Oasi Di BETaNia

Francesco Panella

no soprattutto con l’esempio e con la forza dell’amore di Cristo.Dal 26 al 28 marzo essi anime-ranno le ormai istituzionali so-lenni “Quarantore”di adorazio-ne eucaristica. Ritorniamo alle pie pratiche con spirito contrito e penitente,viviamo secondo gli inse-gnamenti evangelici, cerchiamo il Regno di Dio e tutto il resto ci sarà dato in sovrappiù.

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un cammino di fede ripresoPietro Saggese

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lire la continuità di un percorso di vita, cui si sta ri-dando vitalità e slancio, attraver-so omelie e cate-chesi. Sulla scor-ta di quanto è av-venuto per l’edi-ficio chiesa s. An-

tonio, riaperto per quella ferma vo-lontà capace di liberarlo dalle ragna-tele e riportarlo a luogo di preghiera, don Antonio sollecita in tutti i fedeli il personale rinnovamento, a partire dal modo di vivere il Cristianesimo, per essere testimoni di una Chiesa unita e viva e capaci di testimoniare il Cristo Risorto per le vie del mondo. Riconciliazione, Eucarestia, Parola di Dio sono il cardine della pastora-le di don Antonio sempre convinto che se c’è buona semente, ci saran-no anche buoni frutti. Certo, non so-no poche le difficoltà per il ministero in Foresta, ma prevale la gioia di es-sere al servizio di quanti vi si reca-no da ogni parte del Gargano. Le Co-rali del ss. Crocifisso di Varano e di s. Maria Maggiore di Ischitella ani-mano spesso con i loro canti la litur-gia, diffondendo le loro note e le lo-ro voci nell’ambiente circostante, in-nalzandole fino al cielo a lode e glo-ria di Dio.Perciò, ogni fedele in cuor suo rin-grazia il nostro arcivescovo, mons. Michele Castoro, e il comandante della Forestale, dr Claudio Angeloro, che hanno reso possibile a tanti que-sto cammino spirituale che, come auspica Pasquale De Simone, possa continuare «… in questo meraviglio-so lembo del nostro Gargano. La natu-ra incontaminata, la salubrità del cli-ma, siano sempre più efficaci stimoli perché i ‘frequentatori’ della Foresta possano trovare sempre, nelle dome-niche e nelle festività, un’adeguata e

accogliente presenza spiri-tuale, a gloria del Signore e ad onore di tutta la nostra Arcidiocesi. La nostra Ma-dre s.Maria, s. Antonio, s. Giovanni Gualberto, celeste patrono dei Forestali, bene-dicano questo cammino di fede intrapreso».

Tra gli al-ti faggi a 800 metri di altitu-

dine, in uno sce-nario che meglio di qualsiasi altro esprime l’armo-nia del creato che Francesco di As-sisi ha insegnato a considerare co-me espressione del Creatore, la chie-setta s. Antonio in Foresta Umbra, un tempo al servizio solo della comu-nità di boscaioli e carbonai, accoglie oggi quanti in cerca di pace e sere-nità vi approdano per rinfrancare le membra e lo spirito. La sua riapertura è stata voluta da mons. Michele Castoro, arcivesco-vo, con la erezione a rettoria e la no-mina a rettore di don Antonio Cri-scuoli. Questo cammino di fede è ini-ziato il 1° novembre scorso, festa di Ognissanti, ed è accompagnato dal-la numerosa e gioiosa presenza do-menicale dei fedeli che giungono da Foggia e dai diversi paesi del Garga-no per cantare la gloria del Signore. Tante le emozioni tra i presen-ti quando si odono i rintocchi del-la campana del vecchio campanile - quanto resta dell’antica chiesa par-rocchiale sant’Antonio - che annun-cia il momento della preghiera in un ambiente che si presenta come il luo-go ideale per farlo, perché tutto in Foresta Umbra invita a lodare il Si-gnore, attraverso l’armonia e la bel-lezza del creato che avvolge la chie-setta, oggi rinata con la puntuale ce-lebrazione eucaristica domenicale e la catechesi. Come è stato più volte sottolineato, la fede è sempre palpabile tra tutti i presenti, assieme ad armonia, par-tecipazione, condivisione, gioia, ac-coglienza, fratellanza e solidarie-tà. Tante le emozioni an-che per don Antonio Cri-scuoli, prima di tutto per l’incarico di rettore e poi per aver ritrovato tanti fra-telli cui continuare ad an-nunciare il profondo amo-re per Cristo, che, quanto più è grande, tanto più è incontenibile. I ricordi si intrecciano quasi a stabi-

Nell’itinerario pastorale del-la parrocchia “S. Maria della Luce” di Mattinata, nell’anno della Vita con-

sacrata e nel contesto della Quaresi-ma, si svolgeranno dal 24 al 28 mar-zo incontri formativi e di preghiera sul tema: “la vita come dono e chia-mata all’amore”, animati dalle Suo-re Discepole di Gesù Eucaristico, dai gruppi ecclesiali e dai volontari.Gli operatori pastorali saranno im-pegnati ogni giorno in parrocchia, nei centri di ascolto nelle famiglie, nelle scuole, nella visita a domicilio agli ammalati impediti. Non man-cherà particolare attenzione a disa-bili, volontari e famiglie del laborato-rio “Culturarte UAL” e ai gruppi gio-vanili della comunità parrocchiale, invitati a riflettere sulla chiamata al-

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5[Ecclesia in Gargano]

È trascorso un anno dalla morte del compianto mons. De Nittis, volato al cielo il 10 marzo 2014, un giorno

di inizio settimana, come tanti, che non lasciava presagire la fine im-minente e tragica del nostro Nun-zio Apostolico. La notizia si è diffu-sa veloce come il vento in quel fre-sco e luminoso lunedì di marzo. Tut-ti sono accorsi increduli al civico 4 di via Pastore, nella casa che lo ha vi-sto nascere, per constatare l’accadu-to. Sì, alle prime ore dell’alba, in pre-da a qualche malore, inciampando nell’ultima rampa di scale, è morto, solo e insanguinato come Cristo, don Franco, come affettuosamente lo ha sempre chiamato la gente viestana che lo ha visto nascere e crescere fi-no al Sacerdozio e poi all’Episcopato. Nato il 3 luglio 1933, dopo gli studi a Manfredonia nel Seminario dioce-sano e quelli liceali e teologici a Be-nevento, è stato ordinato sacerdote nella cattedrale di Vieste il 15 luglio 1956 da mons. Andrea Cesarano. Do-po un anno come Vicerettore del Col-legio S. Cuore, è stato inviato a Ro-ma per gli studi giuridici nell’Acca-demia Ecclesiastica, dove ha avuto come compagno di studi il reveren-do Angelo Sodano, poi Cardinale Se-gretario di Stato.

Il Comune di Vieste per ricordare alle generazioni presenti e future la figura e l’opera dell’illustre figlio della città ha intitolato al compianto mons. Fran-cesco De Nittis,, nel primo anniversario della scomparsa, una via del cen-tro cittadino, quella stessa dove Egli ha abitato per molti anni.La comunità parrocchiale della concattedrale, invece, ha voluto che un arti-stico busto marmoreo riproducente egregiamente la nobile sembianza dell’a-mato Nunzio apostolico mons. De Nittis, realizzato dal laboratorio di scultu-ra Lithos di Vieste e benedetto dall’arcivescovo mons. Michele Castoro l’11 marzo scorso, ricordasse e rendesse presente la generosa testimonianza di mons. Franco De Nittis. Il busto, esposto dapprima in concattedrale sarà defi-nitivamente collocato presso il Centro di spiritualità e preghiera s. Salvatore.Il basamento dell’artistica scultura porta significativamente la commoven-te invocazione che sintetizza la ricca vita sacerdotale, vissuta e testimonia-ta da mons De Nittis:

“O Signore Iddio nella semplicità del mio cuore ti ho offerto con gioia tutto”

α 1933 α 2014Anno Domini 2015

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ste Mons. De Nittis, una vita umile e generosa,

piena di gratitudine e caritàdon Gioacchino Strizzi*

Ha iniziato così nel 1961, dopo gli studi a piazza della Minerva, il giro del mondo nel Servizio Diplomatico della Santa Sede, a partire dal Viet-nam del Sud e passando per i cinque continenti (Columbia – Libano – Onu - Laos….). L’allora Segretario di Stato mons. Agostino Casaroli il 2 maggio 1981 lo ha ordinato Vescovo nella no-stra cattedrale di Vieste tra una fiu-mana di gente. Promosso Nunzio in Papua Nuova Guinea e Isole Salomo-ne ha ospitato per tre giorni il Santo pontefice Giovanni Paolo II. Succes-sivamente è stato Nunzio Apostolico e Rappresentante pontificio in El Sal-vador dal 24 gennaio 1985 al 25 giu-gno 1990; ancora, Nunzio Apostolico e Rappresentante pontificio in Hon-duras dal 10 aprile 1986 al 25 giu-gno 1990, ed infine, Nunzio Aposto-lico e Rappresentante pontificio in Uruguay dal 25 giugno 1990 all’11 novembre 1999. Nella nazione Sudamericana, poi, una volta lasciato il Servizio diplo-matico, è ritornato più volte nel pe-riodo invernale. Infatti, mons. De Nittis, innamorato del sole, scherzo-samente si è autodefinito “l’uomo di una sola stagione: l’estate”. Nell’ulti-mo anno, invece, è stato definitiva-mente tra noi nella parrocchia catte-drale dove era stato battezzato e or-dinato Sacerdote e Vescovo. Mons. De Nittis è stato profonda-mente umano; il suo tratto umile e affabile lo ha reso vicino a tutti, so-prattutto a semplici e poveri: tante volte lo si è visto comprare nei mer-catini rionali alimenti vari che dona-va a persone indigenti ed interloqui-re con tutti in dialetto, lui che cono-sceva bene 4 lingue, per non mette-re a disagio nessuno. Cultore di Spiritualità biblica, ricor-dato da tutti per le citazioni dei brani evangelici durante le omelie, ha det-tato corsi biblici a prelati nelle varie nazioni e molto spesso anche al Cen-tro di Spiritualità. Tutta la sua vita e la sua predicazione sono state in-centrate sulla persona di Gesù Cro-cifisso e Risorto. In obbedienza totale, ha accettato ogni cambiamento di Nunziatura fa-cendosi ammirare per il suo taglio pastorale, e come ha detto nell’Ome-lia funebre l’Arcivescovo Castoro: “… Sì, egli è stato un diplomatico al servi-zio della Santa Sede, ha avuto a che fare con politici, con governi, ha do-vuto svolgere incarichi diplomatici e politici e tuttavia in questo ministero egli ha voluto essere anzitutto un sa-cerdote. Egli non ha voluto essere un politico, un diplomatico nel senso del mondo ma ha concepito il suo servi-zio come agire sacerdotale”. Altro tratto della sua spiritualità è

stata la povertà effettiva; l’incontro con Madre Teresa di Calcutta nelle Favelas lo ha segnato profondamen-te! . E’ vissuto nella casa paterna con essenzialità: “ un solo piatto” dice-va e nella spesa, non disdegnata ma fatta personalmente, comprava l’es-senziale e raccoglieva, ne sono testi-mone, le briciole dalla tavola per non buttare nulla! I risparmi di 40 anni di lavoro all’E-stero come rappresentante del San-to Padre li ha devoluti per la costru-zione del Centro di Spiritualità e Pre-ghiera San Salvatore, un’ Opera ma-gnifica a servizio della formazio-ne di ragazzi, giovani, famiglie e di quanti vogliono riflettere e pregare. Il suo testamento è il riflesso della sua vita intesa come gratitudine e carità: infatti, soleva ripetere spesso “dalla Chiesa ho ricevuto e alla Chie-sa devo dare”. Grazie, Monsignore,

Mons. De Nittis

da tutti noi, Vescovo – sacerdoti – popolo, e da questa Comunità che ha beneficiato della Tua presenza umi-le, affettuosa e generosa. Dal Cielo, dove sei, benedici tutti noi!

*parroco della concattedrale e Vicario Episcopale Territoriale

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[Attualità]

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Martedì 2412.00 Consiglio di amministrazione CSS - Roma

Mercoledì 259.30 Settimana dell’Educazione Scuola “Tancredi” - Monte Sant’Angelo

Giovedì 2611.00 S. Messa in preparazione alla Pasqua con i giovani

dell’IISS Giordani Santuario S. Michele, Monte Sant’Angelo18.00 Adorazione Eucaristica - Mattinata

Venerdì 279.30 Formazione Permanente del Clero - Manfredonia19.30 Passione vivente - Vieste

Domenica 29 - delle Palme10.30 Processione e S. Messa - Cattedrale - Manfredonia18.00 Processione e S. Messa - Concattedrale - Vieste

Martedì 318.00 S. Messa - Cappella Grande Casa Sollievo della Sofferenza18.00 S. Messa, Poliambulatorio - S. Giovanni Rotondo

APRILE

1- Mercoledì17.00 Messa Crismale - Cattedrale

Apr

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MARZO

Venerdì 20 9.30 Ritiro del Clero Manfredonia17.00 S. Messa Crocifisso di Foce Varano

Sabato 217.30 S. Messa durante il Convegno regionale

CARITAS – S. Giovanni Rotondo19.30 S. Messa e Cresime Sacra Famiglia - Manfredonia

Domenica 22 V di Quaresima12.00 S. Messa durante la Giornata diocesana dei Giovani - Manfredonia18.00 S. Messa con l’Associazione Artigiani Spirito Santo - Manfredonia

2 - Giovedì santo9.00 Ufficio delle letture - Cattedrale19.00 Messa in coena Domini - Cattedrale

3 - Venerdì santo9.00 Ufficio delle letture - Cattedrale17.30 Celebr. della Passione - Cattedrale20.00 Via Crucis cittadina - Manfredonia

4 - Sabato santo9.00 Ufficio delle Letture - Cattedrale22.00 Veglia Pasquale - Cattedrale

5 - Domenica di Pasqua11.00 S. Messa - Cattedrale18.00 S. Messa - Santuario - S. Giovanni Rotondo

Giovedì 918.00 Cresime - S. Antonio - Peschici

Venerdì 1018.00 Cresime - S. Giuseppe - Vieste

Sabato 119.30 Consiglio affari economici Collegio dei Consultori Curia Arciv. - Manfredonia18.00 Cresime - S. Elia - Peschici

Domenica 12 – II di Pasqua11.00 Cresime - S. Maria Maggiore - Ischitella 18.00 S. Messa - Foce Varano

Lunedì 139.30 Processione e S. Messa - Madonna di Loreto -

Peschici

Martedì 1418.00 Cresime - S. Nicola - Rodi Garganico

Mercoledì 1518.00 Cresime - S. M. di Merino - Vieste

Giovedì 1618.00 Cresime - Ss Pietro e Paolo - Vico del Gargano

Venerdì 17 9.30 Ritiro del Clero - Manfredonia17.00 Convegno storico - Intervento su mons. Andrea

Cesarano - Manfredonia