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Inserto redazionale M.C., aprile

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Inserto

redazionale

M.C.,

aprile

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AANNNNOO LLXXIIVVNN.. 11 -- 22000033

RREEDDAAZZIIOONNEE ee PPOOSSTTUULLAAZZIIOONNEEIstituto Missioni ConsolataViale delle Mura Aurelie, 11-1300165 ROMATel. 06/393821Fax 3938.2255E-mail: [email protected]

REDATTOREP. FRANCESCO PAVESE

Distribuzione gratuita.Il bollettino non ha quota d’abbonamento ma è sostenutocon offerte libere dei lettori

C.C.P. n. 39573001 intestato a:MISSIONI CONSOLATAViale delle Mura Aurelie, 11-1300165 ROMA

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GRAFICAP. SERGIO FRASSETTO

SALUTO 3

ATTUALITÀNostro Padre nella fede 4Un tributo di riconoscenza 7

TESTIMONIANZELa fama di santità 10

COLLABORATORIVite parallele 14

ALBUM 19

SPIRITUALITÀRecitiamo il rosario con l Allamano25

ORIZZONTEHanno scritto dell Allamano 28

RICONOSCENZA 30

PREGHIERANovena di preghiere al beato G. Allamano

IInn ccooppeerr tt iinnaa - Due santi, zio e nipote insieme: il Cafasso el’Allamano, dipinti da un giovane, all’ingresso della chiesa del-l’oratorio salesiano in Castelnuovo (Asti).

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SALUTO

Carissimi amici e lettori, ho il pia-cere di presentarvi questo insertodal titolo “Giuseppe Allamano –

dalla Consolata al mondo”, che esce conuna veste editoriale profondamente rinno-vata e che la rivista “Missioni Consolata”porterà, d’ora in avanti, tre volte all’annonelle vostre case.

Lo edita il nuovo Postulatore Generaledell’Istituto, P. Francesco Pavese, che inten-de così proseguire il prezioso servizio difare conoscere la figura, l’opera e la santitàdi vita del beato Giuseppe Allamano,Sacerdote di Torino e Rettore del Santuariodella Consolata, formatore di sacerdoti egeneroso apostolo del suo tempo, Fon-datore dei Missionari e delle Missionariedella Consolata che, dopo 100 anni, conti-nuano ad annunciare Cristo al mondo, par-ticolarmente nelle frontiere della Chiesa.

Scorrendo queste pagine ci accorgeremoimmediatamente che le vicende e l’insegna-mento del beato Allamano contengonoqualcosa che travalica la sua persona, laTorino di fine Ottocento, oppure le dueFamiglie Missionarie da lui fondate. Egli ciinvita a metterci alla sua scuola per impara-re il significato della vita cristiana vissutacon coerenza, il ruolo della missione nellavita di ciascuno di noi, la necessità di nonracchiudere gli ideali della nostra esistenzaentro confini ristretti e gretti.

L’Allamano parla ancora a noi oggi e ciinvita non a seguirlo pedestremente, ma a

guardare dove lui ha sempre puntato il suosguardo, cioè a Dio, sorgente di ogni santi-tà, per attingere la forza necessaria e rag-giungere la “misura alta di vita cristianaordinaria” (Novo Millennio Ineunte, 31).

Avviciniamoci pertanto con interesse egioia al beato Allamano e ad altre importan-ti figure della Chiesa del suo tempo, conl’interesse di chi apre un catechismo adimmagini, che illustra in molteplici manie-re e con ricchezza di forme i valori di vitaracchiusi nell’unico Vangelo di Cristo.

Sentiamo infine il nostro Beato comecompagno di viaggio nel cammino dellanostra vita. Non solo egli fu Padre per innu-merevoli Missionari e Missionarie, ma fuguida attenta e fraterna per ogni personache si avvicinava a lui per ottenere luce eincoraggiamento.

Per la fede che abbiamo nella comunio-ne dei Santi, lo possiamo sentire molto vici-no alla nostra vita. Preghiamolo e affidia-mogli le nostre preoccupazioni e le nostrecroci con molta fiducia, fino a risentire lesue parole di inconraggiamento «Avanti nelSignore, vi benedico!».

Nella Consolata vi saluto e vi benedico.P. Piero Trabucco, IMC

(Padre Generale)

16 febbraio 2003Festa del Beato Giuseppe Allamano

Ai nostri amici

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Il 30 giugno 2002, S. E. mons. JohnNjue, attualmente arcivescovo coadiutoredell’archidiocesi di Nyeri, durante unasolenne liturgia, consacrava la nuova catte-drale costruita nella periferia della cittadinadi Embu, dove era stato vescovo dal 1986,anno della fondazione della diocesi, fino aquesta data. Un atto particolare della cele-brazione consisteva nel deporre e murare inun apposito sacrario, scavato al centro del-l’altare, una reliquia del beato Giuseppe

Allamano, assieme ad un frammento dellacappella di Nguire, la prima costruita daimissionari della Consolata nella zona diKevote.

Alla consacrazione della cattedrale diEmbu hanno partecipato moltissimi fedeli,accorsi per l’occasione da tutte le parroc-chie della diocesi, accompagnati dai lorosacerdoti. Oltre a mons. Giovanni Tonucci,nunzio apostolico e ad una decina di vesco-

ATTUALITÀ

Le reliquie del beato G. Allamano deposte nell altare della Cattedrale di Embu, in Kenya.

Facciata della nuova cattedrale di Embu. Lʼarchitettura richiama la sagoma delmonte Kenya, con le guglie sormontate dalla croce. Lʼampia copertura del tettoserve anche per raccogliere lʼacqua in cisterne sistemate ai fianchi dellʼedificio.

Intervista a mons. John Njue

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ATTUALITÀvi, erano presenti, a nome del-l’Istituto, il p.Piero Trabucco, Superiore Generale, il p.Luigi Brambilla, Superiore dei Missionaridella Consolata in Kenya, assieme a diversiconfratelli. Pure Il Governo locale avevainviato suoi rappresentati.

Il rito si è svolto con una straordinariasolennità, con canti e danze, come si usa daqueste parti, assieme a molte offerte di doniin natura, per aiutare i poveri e soprattuttoi bambini di strada, ospiti del collegio che leSuore Piccole Ancelle del Sacro Cuorehanno costruito a pochi passi dalla catte-drale.

In genere, in ogni altare sono depostereliquie preferibilmente di un martire ocomunque di un santo. Il significato simbo-lico di questo gesto è di preparare unambiente dignitoso e sacro, come una pie-tra sacra, su cui immolare la Vittima Divina,che la Chiesa, nella celebrazione della SantaMessa, offre quo-tidianamente al Padre per lasalvezza di tuttal’umanità.

Subito dopoaver deposto lereliquie nel sa-crario, mons.John Njue hainiziato la cele-brazione eucari-stica, assiemeagli altri vescovied ai sacerdoti.

Nell’omelia,ha spiegato per-ché aveva sceltoproprio una reli-quia del beatoAllamano, per l’al-tare della nuovacattedrale di Em-bu. Sentiamo ilperché dalla sua

viva voce, in un’intervista che ci ha cortese-mente rilasciato a Roma, il 18 ottobre delloscorso anno.

PPeerrcchhéé uunnaa ccaatttteeddrraallee nnuuoovvaa aadd EEmmbbuu??“Era evidente non solo a me, che sono

stato il primo vescovo, dal 20 settembre1986, giorno della mia ordinazione episco-pale, ma anche ai nostri sacerdoti ed ai cri-stiani, che non si poteva continuare con lapiccola chiesa, costruita dal vostro com-pianto confratello p. Salvatore Baldazzi nel1958, divenuta ormai impari alle necessitàdi una comunità diocesana in continuo svi-luppo”.

QQuuaallee ccrriitteerriioo vvii hhaa gguuiiddaattoo nneellllaa pprrooggeettttaa--zziioonnee ddeellllaa cchhiieessaa??

“Il criterio fondamentale è stato sempli-ce: volevo che la nuova cattedrale, essendola chiesa madre della diocesi, riflettesse lanostra storia, dal punto di vista umano ecristiano. In concreto, costruire un tempio‘inculturato’, se così si può dire”.

Il vescovo mons. John Njue mentre depone le reliquiedellʼAllamano nel sacrario sotto la mensa dellʼaltare.

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ATTUALITÀSSppiieegghhii ccoommee..

“All’esterno la struttura, nelle sue grandilinee, rispecchia il monte Kenya, con lecime che si innalzano nel cielo azzurro; lostesso monte Kenya è rappresentatoo nellavetrata centrale, come sfondo allaMadonna. Per il sacramento del battesimo,poi, l’acqua viene raccolta dal tetto, comefosse un ruscello che discende dal monte.Dentro, i pilastri portanti raffigurano benel’albero sacro, il mugumo, sotto il quale inostri avi offrivano alla divinità il sacrificiodi un montone o di una capra per allonta-nare i castighi e ottenere dei favori. L’ampiospazio all’interno del tempio, illuminatodalla vetrata di fondo, rispecchia bene lavastità del territorio in cui vive la nostrapopolazione”.

IInn ppaarrttiiccoollaarree,, ppeerrcchhéé hhaa mmuurraattoo nneellll’’aallttaarreellaa rreelliiqquuiiaa ddeellll’’AAllllaammaannoo ee uunn ffrraammmmeennttooddeellllaa pprriimmaa ccaappppeellllaa??

“Ho pensato al grande lavoro svolto daiMissionari della Consolata. Noi oggi siamocristiani perché il beato Giuseppe Allamanoha mandato, nel lontano 1902, i suoi primimissionari in Kenya. La nostra fede cristia-na è una eredità sacra, che dobbiamo custo-dire e promuovere. Sentiamo di avere unagrande responsabilità, non solo verso i pio-nieri del passato, ma anche nei confrontidei cristiani che verranno dopo di noi.

Ecco il perché di queste reliquie, sullequali Gesù sacramentato sarà sempredegnamente offerto al Padre, per il bene diquesta gente e di tutta l’umanità, ogni voltache il Vescovo o un sacerdote celebrerà la

Santa Messa. Chi poteva esseredeposto in questo altare, comesimbolo della fedeltà al passato edella proiezione verso il futuro, senon il beato Giuseppe Allamano,che noi giustamente consideriamoil Padre nella fede cattolicadell’Embu?”.

Guardando bene la vetrata difondo della cattedrale, nella corni-ce che inquadra la figura centraledella Madonna, noto anche l’im-magine del Beato Allamano. A lui,nonostante che non abbia maimesso piede in Africa durante tuttala sua vita terrena, affidiamo confiducia questa giovane Chiesa diEmbu, perché ormai qui tutti loconsiderano di casa.

La prima concelebrazioneeucaristica, nella cattedrale.Si noti sullo sfondo la grandevetrata con la figura del-lʼAllamano nella cornice (inbasso, a sinistra).

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ATTUALITÀ

Un tributo di riconoscenza al Beato Giuseppe

INAUGURATO UN MONUMENTO IN SUO ONORE IN OCCASIONE DEL CENTENARIO DELL’EVANGELIZZAZIONE IN KENYA

Il nunzio apostolico, mons. G.Tonucci pronuncia la preghiera della benedizione della statua dellʼAllamano.

Nel 2001, i Missionari della Consolatahanno celebrato, in tutte le nazioni dovesono presenti, il centenario della fondazio-ne dell’Istituto. Questa celebrazione è statasentita in modo particolare nel Kenya, per-ché con l’inizio dell’Istituto è coincisa l’e-vangelizzazione, da parte dei Missionaridella Consolata, di una notevole parte diquesta nazione, in particolare nella zonacentrale e in quella nord orientale.

È noto come il Beato Allamano sognasseper i suoi missionari una missione inEtiopia. Non essendo possibile, in queltempo, ottenere il permesso di entraredirettamente nel paese, l’Allamano scelse diarrivarvi partendo dal Kenya. Il progettofallì, perché il p. Angelo Dal Canton, chetentò di attraversare clandestinamente ilconfine con due giovani africani, venne sor-preso e dovette addirittura subire un perio-

do di prigionia. Questo progetto fu quindidimenticato e all’Etiopia si arrivò, per altravia, solo nel 1913.

A noi, però, non è difficile scorgere inquesto “fallimento” le vie della Provvidenza.Giunti in Kenya, infatti, i Missionari dellaConsolata non rimasero inoperosi. Anzi,con un’intensa attività di promozioneumana e di evangelizzazione, riuscirono adimpiantare una tale rete di missioni attornoal monte Kenya, che in pochi anni la situa-zione sociale e religiosa di quella zona delPaese si trasformò radicalmente. Sono orasette le fiorenti diocesi nate come frutto delloro lavoro, con un totale di circa tre milio-ni di fedeli.

Questi cristiani si ritengono, senza alcundubbio, figli spirituali del beato Allamano.Per questo il centenario dell’Istituto, cele-

brato nel 2001, è stato molto sentito da essi,come pure quello dell’inizio dell’evangeliz-zazione, celebrato nel 2002. Definire questemanifestazioni “entusiaste” non è certo esa-gerazione, quando si pensa alle migliaia dipersone che, il 29 giugno scorso, si sono“arrampicate “ sulle pendici della catenadell’Aberdare per partecipare alla celebra-zione eucaristica a Tuthu, sull’esatto postodove cento anni prima i Missionari dellaConsolata avevano celebrato la primaMessa.

Nel contesto di queste ricorrenze, natu-ralmente, non poteva mancare un ricordoparticolare per colui che era stato lo stru-mento della Divina Provvidenza per la chia-mata alla vita cristiana di queste persone, lequali amano definire il beato GiuseppeAllamano il loro “Padre nella Fede”. A talescopo si pensò di erigere un monumento in

ATTUALITÀ

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Le donne dellʼazione cattolica posano davanti al monumento subito dopo la benedizione.

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ATTUALITÀsuo onore nel centro dei Missionari dellaConsolata al Sagana, che ora è denominato“Allamano Centre”. In mezzo al verde, dadove si diramano le strade che portano allevarie opere di questo centro, campeggiauna statua del Beato, con sullo sfondo l’im-magine della Vergine Consolata ed alcunelapidi che ricordano gli eventi più significa-tivi del cammino dei “Cento Anni diConsolazione in Kenya”.

Anche per questa iniziativa la risposta fuentusiasta. Il 5 ottobre 2002, nel dodicesi-mo anniversario della beatificazionedell’Allamano, e giornata di chiusura delcentenario della presenza dell’Istituto inKenya, una ingente folla si riversò ancora alSagana per una solenne celebrazione, cul-minata con la benedizione della statua.Presiedette il nunzio apostolico, mons.

Giovanni Tonucci, attorniato dal vecovolocale, mons. Peter Kihara, da mons. An-thony Ireri Mukobo e da mons.VirgilioPante, tutti tre Missionari della Consolata.Numerosissimi erano pure i sacerdoti e reli-giosi presenti, non solo della Consolata, maanche diocesani e di altre Congregazioni.

Il nunzio sottolineò l’importante contri-buto dato dai figli e figlie dell’Allamano allanascita e sviluppo della Chiesa in Kenya.Particolarmente toccante il ringraziamentofinale della signora Christine Ngari, un’an-ziana dirigente di Azione Cattolica e mem-bro di comitati ecclesiali a livello diocesanoe nazionale. A nome di tutti i cristiani ellarese un solenne e cordiale tributo di ricono-scenza al “Padre a cui essi devono la VitaCristiana, e gran parte del progresso socialeverificatosi nei 100 anni appena trascorsi”.

P. Pietro Baudena

Con il nunzio apostolico, sono presenti tre nostri confratelli vescovi: (da sinistra)mons. A. I. Mukobo, ausiliare di Nairobi; mons. P. Kihara, vescovo di Murangʼa,cui appartiene la missione del Sagana e mons. V. Pante, vescovo di Maralal.

TESTIMO-

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In una predica tenuta ad Alba (Cuneo)nel 1924, il venerabile Giacomo Alberione,Fondatore della Pia Società S. Paolo, siesprimeva in questi termini parlando aiseminaristi: «Volete incontrare dei santiviventi? Andate a Torino e visitate il canoni-co Allamano e don Rinaldi; andate inLiguria e troverete padre Semeria; spingete-vi in Sicilia e ancora potete incontrare ilcanonico Di Francia” (testimonianza di donLorenzo Berteca). I santi si riconosconofacilmente tra di loro, perché sono sensibilialle cose dello spirito. Se si è attenti, è pos-sibile riconoscere i santi viventi, perché daessi emana una luce ed una forza che siimpone e attrae al bene.

Parlando dell’Allamano, si deve ammet-tere che, anche mentre era ancora in vita,veniva considerato come un sacerdote diqualità superiore, un vero santo. Questafama di santità si è mantenuta, anzi è addi-rittura accresciuta dopo la sua morte. LaChiesa l’ha ufficialmente riconosciuta ele-vandolo agli onori degli altari e proponen-dolo come protettore e modello di vita nonsolo per i suoi missionari e missionarie, maanche per tutti i cristiani.

Crediamo di fare cosa utile e gradita acoloro che conoscono il beato Allamano,apprezzano e seguono la sua spiritualità,pubblicando parti scelte delle testimonian-ze, rilasciate al processo canonico, che si èconcluso con la sua beatificazione. Si trattadi preziose memorie di testimoni ufficial-mente convocati, che hanno vissuto con lui

o che lo hanno conosciuto da vicino.Inizieremo dalle testimonianze di sacer-

doti diocesani e di laici. In un altro numerodella rivista, proseguiremo con quelle diMissionari e di Missionarie della Consolata.Ovviamente, si dovranno fare delle scelte,perché i testimoni sono molti, cercando divalorizzare, volta per volta, il pensiero dipersone differenti, al fine di poter allarga-re il più possibile l’orizzonte delle infor-mazioni.

Per facilitare la lettura di queste pagine,facciamo presente che tutti i testimoni adun processo canonico devono risponderesotto giuramento sugli stessi quesiti, chehanno come obiettivo di indagare su tuttol’arco della vita del servo di Dio, di cui sideve provare la santità e cioè: sulla sua per-sonalità, il genere di vita, le attività, l’eserci-zio eroico delle virtù, la fama di santità dicui era ed è circondato, ecc. La Chiesa vuolerendersi conto, attraverso testimoni pre-scelti, informati e oggettivamente credibili,sia favorevoli che contrari, di che cosapensa il popolo di Dio, assistito dalloSpirito, su un candidato agli onori deglialtari.

PPAARRLLAANNOO II SSAACCEERRDDOOTTII DDII TTOORRIINNOO

MMoonnss.. EEddooaarrddoo BBoossiiaa ((††11994499)), sacerdo-te torinese, Prefetto della Basilica diSuperga, che ebbe l’Allamano come diretto-re spirituale in seminario e poi consigliereper tutta la vita: «La sua morte suscitò gran-

PARLANO I TESTIMONIA cura di p. Antonio Bellagamba, Vice Superiore Generale

La fama di santità

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TESTIMONIANZEde rimpianto. La voce unanime che correvasopra ogni bocca, ed anche da me ripetuta,era questa: che sarebbe stato santificato.

Ricordo che lo visitai poco prima dell’ul-tima malattia, quando era già alquanto indi-sposto, ed avendogli manifestato il rincre-scimento generale che la sua opera di sacer-dote non potesse più esplicarsi, egli midisse: ‘non si fa mai tanto, come quando sifa la volontà del Signore’. Fin da quando ilServo di Dio era ancora in vita, godeva largafama di santità presso ogni ceto di persone.Io posso attestare che questa fama, la qualeandava continuamente aumentando agrado a grado che il Servo di Dio andavaavanti in età, era veramente meritata.

Dopo la sua morte, tale fama non solo siè mantenuta, che anzi è andata continua-mente aumentando, senza che per nulla siastata artificiosamente promossa da veruno.Anche oggi questa fama vige presso ogniceto di persone»

MMoonnss.. EEmmiilliioo FFeelliicciiaannoo VVaacchhaa ((††11995555)),sacerdote torinese, parroco dell’ImmacolataConcezione in Torino: «Se io imparai adamarlo e stimarlo ancor prima di conoscer-lo, ciò fu per le lodi che sentivo da tutti, eparticolarmente dal predetto Prevosto diBusano. […]. Ricordo la Messa d’oro cele-brata nel settembre 1923 dal can. Allamanoal Santuario della Consolata. La pietà concui lo vidi celebrare, la numerosa corona dicompagni superstiti e di Sacerdoti Torinesi,il magnifico discorso di occasione del suocompagno di corso mons. Ressia di Mon-dovì, mi rimasero profondamente impressinella memoria, e mi confermarono la stimae la venerazione di cui il Servo di Dio eracircondato».

CCaann.. GGiiuusseeppppee CCaappppeellllaa ((††11994466)), sacer-dote torinese, scelto dall’Allamano comecollaboratore al Santuario della Consolata epoi divenuto suo successore quale Rettoredel Santuario stesso: «Durante la malattia, il

Servo di Dio dimostrò perfetta rassegnazio-ne alla volontà del Signore; desiderava dirimanere solo, per potersi meglio concen-trare nella preghiera. Ogni mattina, io cele-bravo la Santa Messa nella camera vicinaalla sua. Egli vi assisteva, e faceva ogni mat-tina la santa comunione, dopo la quale midiceva: ‘Ah! La Comunione è una gran cosa,ma quale sacrificio per me, non poter cele-brare la Messa’.

[…] La sua preghiera preferita in quel-l’ultimo periodo era la invocazione: ‘MariaMadre di grazia, dolce Madre di clemenza,proteggici dal nemico ed accoglici nell’oradella morte’, che ripeteva con maggior fre-quenza, man mano che si avvicinava almomento del trapasso.

[…] La morte del Servo di Dio avvennealle ore 4,10 del giorno 16 febbraio 1926,presenti noi sacerdoti della Casa, qualchemissionario e alcune suore. La sua fu vera-mente una morte da santo […]. I visitatoridimostravano la loro grande venerazioneverso il Servo di Dio, facendo toccare allasua salma oggetti religiosi e anche cercandodi asportare delle reliquie, tanto che fudovuto mettere un servizio apposito ondenon avvenissero a crearsi disordini. Lasalma era esposta di fronte all’altare sulquale spiccava il quadro del beato Cafasso.Sembrava che lo zio guardasse al nipote consenso di compiacenza.

[…] Particolare degno di nota è questo:che lo stagnino, nel chiudere il feretro, sug-gerì che fosse costrutto a doppio spessore,perché, diceva, non deve fermarsi al cam-posanto, ma dovrà essere trasportato, allu-dendo con questo alla convinzione cheaveva nella di lui elevazione agli onori del-l’altare.

[…] Il concorso dei Torinesi a visitare lasalma del Servo di Dio e ai suoi funerali fuveramente imponente, e assolutamentespontaneo. Si udirono molti esclamare: Èmorto un santo! È morto il santo dellaConsolata!

TESTIMO-

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[…] Si può dire che la grande maggio-ranza del clero diocesano ricorreva a lui perconsiglio. Nei ceti popolari poi, godevafama di sacerdote intemerato, di un veroServo di Dio. Ne era prova il largo concor-so di penitenti che accorreva al suo confes-sionale, e l’affluenza di gente che ricorreva alui per consiglio e conforto.

[…] Questa fama, che era veramentespontanea mentre il Servo di Dio era in vita,non solo non andò scemando dopo la suamorte, ma andò invece aumentando in ogniceto di persone. […] ed è anche conferma-ta dal fatto che molte persone ragguardevo-li, di quando in quando si rivolgevano alSantuario chiedendo quando si sarebbe ini-ziato il processo di beatificazione».

CCaann.. mmoonnss.. NNiiccoollaa BBaarraavvaallllee ((††11995577)),

sacerdote torinese, uno dei figli spiritualipiù cari dell’Allamano, a cui successe nelcanonicato, suo stretto collaboratore alSantuario e successore come Rettore delSantuario stesso: «Io visitai parecchie volte,durante la sua esposizione, la salma delServo di Dio. Sentii molti a dire: ‘Sembra unSanto! Era un Santo’. Sentii magnificare lasua carità ed il suo zelo. E coloro che dice-vano essere morto un Santo erano personecolte, sacerdoti, parroci, e anche qualchecanonico.

A proposito della fama di santità, di cuiera già circondato in vita il Servo di Dio,ricordo il seguente episodio. Mons. F. Perlosubito dopo la sua consacrazione episcopa-le venne a Caramagna (paese nativo), ovefece la prima assistenza pontificale […].Dopo le funzioni pomeridiane vi fu il solito

I canonici Cappella(sinistra) e Baraval-le (destra) in unafotografia che risaleagli anni ʼ40. Al centro mons.Francesco Imberti,vescovo di Vercelli.

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TESTIMONIANZEricevimento in casa mia. Il Servo di Dio,intervenuto a questo ricevimento, si tennealquanto in disparte, e sedutosi accanto amia madre, la interpellò se era contenta cheio mi fossi fermato alla Consolata, perchécosì potevo svolgere la mia missione sottolo sguardo della Madonna. […] Mia madrericordò sempre questo suo incontro e que-sto discorso, dicendo che era persuasa diaver parlato con un santo.

Altra prova della stima e venerazione incui era tenuto il Servo di Dio, l’ebbi in occa-sione della beatificazione del Cafasso[…].Notai che il S. Padre lo accolse molto affa-bilmente […]. Nell’uscire poi dalla Basilica,fu circondato da una vera ondata di ammi-ratori, sia ecclesiastici che laici, i quali loportavano quasi in trionfo fuori dellaBasilica e andavano a gara per baciargli lemani.

Dopo la sua morte, questa fama non solosi è mantenuta ma si può dire che è andataaumentando. Per conto mio posso attestare,che essendo succeduto al Servo di Dio nellamansione di Rettore del Santuario, la primanotte che dormii nell’appartamento delRettore, dato il mio temperamento moltosensibile, nel pensare alle virtù, alle fasi del-l’ultima malattia, e alla morte del Servo diDio, […] fui sorpreso da tale apprensione,che non mi permise di prendere sonno.

La mattina seguente, pregai il Servo diDio di ottenermi dalla Consolata la serenitàe la tranquillità necessaria per attendere aidoveri del mio ufficio. E da quel giorno nonebbi più apprensioni di sorta. Ed io attri-buisco questa calma e serenità ad interces-sione del Servo di Dio».

PPAARRLLAANNOO II LLAAIICCII

SSiigg.. CCeessaarree SSccrroovveerroo ((††11995511)), diPasserano (Asti), sposato e padre di fami-glia, per 26 anni domestico personaledell’Allamano alla Consolata: «Fin da quan-

do era in vita, il Servo di Dio era circonda-to da larga fama di santità. Ricordo conquanta deferenza si presentavano a lui per-sonaggi di grande importanza, quali vesco-vi, principi, ecclesiastici illustri, e membriinsigni del laicato cattolico. Questa fama amio giudizio, era ben meritata per le virtùche brillavano nel Servo di Dio. Ritengo chedetta fama dopo la morte non sia scompar-sa, ma continui tuttora […] Come ho detto,io nutro devozione per il Servo di Dio; misono fatto da me stesso una preghiera con cuiogni giorno imploro la sua intercessione».

SSiigg..nnaa PPiiaa CClloottiillddee AAllllaammaannoo ((†† 11996666)),figlia del fratello Ottavio; rimasta orfana dipadre molto giovane, ebbe lo zio cometutore. Fu insegnante a Castelnuovo:«L’impressione che riportai nel trovarmiaccanto a lui, si è che egli non solo fosse unsacerdote zelante e pio, ma altamente dota-to di spirito soprannaturale, delicatissimo esapientissimo nel dare consigli. […]

Crescendo in età, questa mia impressio-ne si andò maggiormente confermando inme nei molteplici incontri e contatti cheebbi con lui. Sentii parlare del Servo di Diodalla mia mamma, la quale lo ritenne unsacerdote veramente santo; e così da tutti icongiunti non solo, ma da tutti i conoscen-ti del paese, i quali lo ritenevano un sacer-dote di preclare virtù, ed al quale professa-vano la stima più illimitata .

[…] Ricordo a questo proposito, cheessendosi recato il Servo di Dio aCastelnuovo per le feste della beatificazionedel Cafasso, una donna, vedendo moltissi-me persone ad ossequiarlo […], stupitaebbe a chiedere: ‘Ma…è più canonico chenon vescovo?’. In Castelnuovo poi egli eraritenuto un degno e fedele imitatore delSanto suo zio. E gli stessi suoi coetanei ave-vano il massimo concetto di lui e delle suevirtù. Dopo la sua morte, questa fama èandata e va continuamente crescendo pres-so ogni ceto di persone”. �

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COLLABORA -

Iniziamo una rubrica intitolata “I suoi piùstretti collaboratori per la missione”.Intendiamo presentare alcuni tra i primi mis-sionari e missionarie che sono stati più viciniall’Allamano. Potremo così evidenziare comel’Allamano abbia saputo offrire e ricevereabbondante e concreta collaborazione per met-tere in atto la sua responsabilità di fondatore didue Istituti missionari, oltre che di Rettore delprestigioso Santuario della Consolata.

Troveremo, senza peraltro sorprenderci, chetra lui e i suoi più stretti collaboratori si èinstaurata non solo una piena intesa sul pianooperativo, ma anche e soprattutto una profon-da comunione spirituale a livello di ideali divita. Per alcuni si può anche parlare di amici-zia, nonostante che l’Allamano appaia sempresu un livello più elevato, come isolato e circon-dato da venerazione, a motivo della sua supe-riore personalità da tutti riconosciuta.

Come è giusto, incominciamo dal primo epiù stretto collaboratore in assoluto, il can.Giacomo Camisassa, che ha condiviso con lui,per più di 40 anni, gli impegni apostoliciriguardanti il Santuario della Consolata e quel-

li per le missioni.Da un volumetto promanoscritto (Torino

1998), intitolato “L’Allamano visto da vicino –Vite parallele”, di p. Igino Tubaldo, autore dinumerosi studi sulla storia dell’Istituto e sulFondatore, oltre che di carattere teologico, sce-gliamo alcuni brani significativi sul rapportoche intercorse tra il Fondatore, beato GiuseppeAllamano e il Confondatore, can. GiacomoCamisassa. La scelta non è facile, perché tuttociò che li riguarda risulta importante. Tuttavia,per ragioni di spazio, dobbiamo limitarci adalcune pagine su questi temi: le loro vite viste inparallelo, il loro primo incontro, il lavoro con-corde per il restauro del santuario e per lacostruzione della casa madre, la base umana espirituale della loro intesa.

VVIITTEE IINN PPAARRAALLLLEELLOO

Già gli antichi greci erano a conoscenzadi questo genere letterario, che consistevanel presentare le gesta dei personaggi stori-ci, non isolati, ma accostati a due a due o

G. Allamano - G. Camisassa

VITE

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COLLABORA -per categorie al fine di farne emergere lesomiglianze e le dissomiglianze.

Plutarco (45 d.C. – 127), per esempio,scrisse un’opera dal titolo “Vite parallele”: cisono giunti cinquanta ritratti biografici dicui 42 in parallelo. È come una galleria diquadri, divisi a stanze, che illustrano la sto-ria di Roma o della Grecia attraverso perso-ne vive e concrete […].

Anche i santi generalmente non agironoda soli, non tanto perché seppero servirsi dicollaboratori, ma perché tra i collaboratorici fu sempre qualcuno che per scelta o pervocazione risulta più collaboratore di altri,fino al punto che l’uno non sarebbe quelloche è senza l’altro. E viceversa.

L’Allamano non è l’Allamano, cioè il ret-tore della Consolata e del ConvittoEcclesiastico, l’insegnante di Teologia mora-le, il fondatore dei Missionari e delleMissionarie della Consolata, il loro padre eformatore, il convinto divulgatore della san-tità del Cafasso… senza il can. GiacomoCamisassa. E il Camisassa non è ilCamisassa senza l’Allamano.

Se nella storia della spiritualità apostoli-ca ci sono due figure di cui è possibile trac-ciare in parallelo le loro rispettive vite,quasi a fonderle, queste sono precisamentel’Allamano e il Camisassa. Sono due eccel-lenti esponenti dell’apostolato missionario,che nuotano nella corrente dello stessofiume e che a riva, grondanti della stessaacqua, s’incontrano nello stesso punto enello stesso momento.

Se si volesse individuare le leggi chediressero lo sviluppo storico dell’Istituto, laprima sarebbe quella di accostarel’Allamano al Camisassa. Essi, in un certosenso, già appaiono uniti prima ancora delcosiddetto “storico incontro”, perché respi-rarono la stessa atmosfera spirituale, quasicome due persone immerse nella stessa cor-rente di un fiume, trascinati nella stessadirezione. Pur con la diversità di qualcheanno percorsero gli stessi sentieri formativi:

Oratorio Don Bosco, seminario diocesano,Convitto, sacerdozio…, gli stessi modellispirituali.

LLOO ““SSTTOORRIICCOO IINNCCOONNTTRROO””

Il Camisassa è più giovane dell’Allamanodi tre anni. Ma pur con un numero così esi-guo di anni si può dire che il Camisassa nonsolo respirò la medesima aria spiritualedell’Allamano, ma che fu suo discepolo, peril fatto che, quando nel 1873 il Camisassaentrò nel Seminario di Torino per i corsiteologici, l’Allamano era direttore spirituale,e per cinque anni (dal 1873 al 1879) ilCamisassa approfittò della guida spiritualedell’Allamano. È qui, in seminario, durantequesti cinque anni, che l’Allamano e ilCamisassa si conobbero.

Generalmente tutte le biografie inizianodal principio, cioè, dalla nascita, se non daprima. Non è, però, necessario. […] Pertutti, a ben osservare, c’è un momento dellavita che diventa decisivo, senza essere ilprimo, o perché è un velo che si squarcia elascia intravedere che quello è proprio ilpunto a cui tutto per vie misteriose e liberetende e da cui, per riconoscimento e volutadeterminazione tutto dipende, anche lamorte.

Nelle “vite parallele” dell’Allamano e delCamisassa questo momento decisivo è il 2-3 ottobre 1880, quando l’Allamano, il 2ottobre, entra come rettore del Santuariodella Consolata, raggiunto il giorno dopodal Camisassa. Questo ingresso, avvenutoalla spicciola, […] unì le due vite, e costituìl’inizio di un lungo cammino. A questa datava il primato. Tra l’inizio e il compimento cisono 42 anni di intensa attività svolta insie-me e di comune accordo.

Nelle vite dell’Allamano e del Camisassaci sono altri fatti importanti. Ma questo del2-3 ottobre 1880 è veramente il “primo”, eche per la centralità possiede tutte le prero-

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COLLABORA -gative della sorgente. Da questo centro deri-va tutto il resto, come una specie di eco. Ècome un centro di gravità, che nelle perso-ne è più opera dello spirito che della mate-ria. Sebbene sia legato ad un luogo fisico ead una parcella di tempo, questo centro ètale non in forza di leggi storiche dellenecessità o del caso, ma per la ricchezza e lasovrabbondanza dello spirito che lo ricono-sce, lo domina, l’approva e lo arricchisce,giorno dopo giorno, di forze e di bellezza.

Fu un Superiore Generale, padreDomenico Fiorina, in una lettera circolaredell’8 dicembre 1966, a qualificare come“storico” questo “incontro” dell’Allamano edel Camisassa. E tale è da ritenersi.

LLAAVVOORROO CCOONNCCOORRDDEE PPEERR IILL SSAANNTTUUAARRIIOO EE LLAA CCAASSAA MMAADDRREE

Il Santuario della Consolata era vecchio.All’inizio, quando nel 1880 l’Allamano e ilCamisassa vi entrarono, oltre che vecchio oantico, appariva alquanto trascurato e quasiabbandonato. In letargo, sarebbe megliodire. L’antico trasudava vecchiume col tipi-co cattivo odore della muffa. Ma questoproblema era già stato risolto con l’ordine,la pulizia, le funzioni ben fatte, i canti e conle porte sempre aperte.

Ora però con l’avvicinarsi delle festecentenarie del 1904, l’Allamano e ilCamisassa avvertirono un altro difetto gravedel loro santuario: respirava male, vale adire, che per l’afflusso dei fedeli, anche neigiorni normali, nel tempio mancava l’aria esi respirava male. Era troppo piccolo.

Devono essere intercorsi intensi scambidi idee tra l’Allamano e il Camisassa. Allafine decisero: si doveva giungere al 20 giu-gno 1904 con un santuario rimesso a nuovoe più ampio.

Per l’esecuzione del piano l’Allamanopose tutto in mano al Camisassa. I lavoriiniziarono nel 1898. Furono anni di nonpoche preoccupazioni per entrambi, perchéoccorreva far fronte alle ingenti spese e sal-dare tutte le fatture. Il Santuario venneampliato con l’aggiunta di due cappellelaterali, abbellito con marmi e oro.

Il Camisassa era sempre presente nellaprogettazione dei lavori e nell’esecuzione.Furono soprattutto anni di grande solida-rietà. Non solo tra l’Allamano e ilCamisassa, ma anche tra chi stava trasfor-mando così il Santuario e i fedeli che con-tribuirono in massa alle spese. I fedeli eranomessi al corrente dei lavori e delle spesedalla rivista “La Consolata”, fondata nel1899, proprio per mettere tutto in chiaro.

Per il 20 giugno 1904 tutto era pronto.L’Allamano può presentare ai fedeli il san-tuario “rinnovato”. Lo fece con le parole

I canonici Allamano e Camisassa in unmomento di distensione in montagna (pro-babilmente in un villaggio delle Valli diLanzo).

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COLLABORA -bibliche: Sapientia aedificavit sibi domum (laSapienza si è edificata la casa), intendendoper “Sapienza” la Consolata stessa.

[…] Le celebrazioni con la partecipazio-ne di un Legato Pontificio, cardinali, arcive-scovi e vescovi… riuscirono grandiose. Inagosto l’Allamano e il Camisassa si ritiraro-no al Pian della Mussa a Balme (in monta-gna) per qualche giorno di riposo, senzadubbio, meritato.

Intanto al Santuario era stata data “aria”,ma non solo da un punto di vista architet-tonico, quanto piuttosto spirituale. Perchénel frattempo con i missionari in Kenya ilSantuario si era trasformato in una pedanadi lancio, anzi in un verocentro propulsore intutte le direzioni, centrodi riferimento e di gravi-tazione, come nell’orga-nismo umano è il cuore.

Anche la casa cheospitava i missionari inpreparazione, la cosid-detta Consolatina, ormairespirava male, divenuta“assolutamente insuffi-ciente ai nuovi bisognidell’Istituto”. S’imponevala costruzione di un edi-ficio più grande che pre-vedesse i futuri sviluppi,capace di ospitare alme-no un duecento persone.

[…] Nel 1905 l’Al-lamano acquista un ter-reno di 12.000 mq in viaCirconvallazione 514-516 (ora Corso F. Ferrucci, 14). I lavori verie propri iniziarono, pare, nel marzo del1905 o poco dopo.

Toccò ancora una volta al Camisassaprendere in mano l’impresa fino alla finedei lavori nel 1909. C’era anche il problemadi non lieve entità di reperire i fondi.L’Allamano e il Camisassa mettono a dispo-

sizione beni e denari propri, e per il resto siaffidano alla Provvidenza, che ancora unavolta non venne meno. Perché ancora unavolta i fedeli della Consolata vedono leMissioni come un prolungamento delSantuario, e corrispondono sulla fiducia.

Questa solidarietà, che è molto di più diun gemellaggio tra Santuario e Missioni, èl’aspetto più vitale e genuino di questi annidi intenso lavoro. Non c’è infatti nulla chepiù colpisca gli occhi della gente che la con-cordia tra gli esecutori di piani arditi. Taleconcordia tra l’Allamano e il Camisassa erapiù che evidente e alla Consolata tutti losapevano e la respiravano come un’atmosfe-

ra. È questa concordia a causare la solida-rietà dei fedeli e il non aspettare che tuttocada dal cielo.

La nuova casa madre dei Missionaridella Consolata venne inaugurata il 23 otto-bre 1909, anno fatidico nella storiadell’Istituto e delle Missioni: “anno di graziae di letizia” lo definì l’Allamano. Ancora

I canonici Camisassa e Allamano con un gruppo dilaici che hanno terminato il corso di esercizi spirituali,in montagna, presso il Santuario di S. Ignazio.

COLLABORA -oggi la Casa Madre, come il Santuario dellaConsolata, possono considerarsi un memo-riale del patto vicendevole tra l’Allamano eil Camisassa.

IILL PPAATTTTOO DDII DDIIRRSSII SSEEMMPPRREE LLAA VVEERRIITTÀÀ

Alcune frasi e alcuni atteggiamenti rive-lano ciò che l’Allamano era per il Camisassae ciò che il Camisassa era per l’Allamano.

Una sofferenza del Camisassa nell’ultimasua malattia fu di recare pena all’Allamano.Quando nel suo torpore anche prolungatol’Allamano entrava nella stanza, al primosaluto, si destava immediatamente perrispondergli.

Il migliore elogio che il Camisassa fecedell’Allamno, oltre al comportamento ditutta la sua vita, avvenne a S. Ignazio, inoccasione della partenza di quattro missio-nari l’8 luglio 1921. Disse: «[…] il padrenon è da meno di suo zio (S. GiusppeCafasso) e di altri santi di cui leggiamo lavita, e verrà un giorno in cui leggeremoanche la sua». Anche questa profezia, che èla terza, si è pienamente avverata.

Quanto poi l’Allamano stimasse ilCamisassa, oltre ad averlo anche dimostra-

to con tutta la vita, appare da queste sueaffermazioni proferite durante la sua malat-tia e dopo la sua morte: «Per lui ho offertola vita, ma vale niente» – «Senza di mepotete fare, ma senza di lui, no» – «Tocca ame fare i suoi elogi. Era sempre intento asacrificarsi, pur di risparmiare me; era unuomo che aveva l’arte di nascondersi e pos-sedeva la vera umiltà» – «Con la sua morteho perso tutte due le braccia» – «Quale per-dita per il Santuario e più per l’Istituto e perle Missioni… Egli viveva per voi e per leMissioni» – «Non potremo certo dimenti-carlo e dimenticare il bene che fece al-l’Istituto, per il quale si sacrificò fino all’ul-timo respiro» – «Erano 42 anni che erava-mo insieme, eravamo una cosa sola…» –«Tutte le sere passavamo in questo mio stu-dio lunghe ore… Qui nacque il progettodell’Istituto, qui si è parlato di andare inAfrica…Insomma tutto si combinava qui».

[…] Ciò che colpisce non è solo la col-laborazione, quanto piuttosto lo stile concui questa collaborazione venne attuata eper così tanti anni. […] Questo stile è tuttoin quelle parole dell’Allamano: «Abbiamopromesso di dirci la verità e l’abbiamo sem-pre fatto».

P. Igino Tubaldo

Il Camisassacon quattromissionari partenti perlʼAfrica nellaseconda spedizione del15.12.1902:(da sinistra inpiedi) chiericoG. Cravero e fr.A. Anselmetti;(seduti) p. A. BordaBossaba e p. G. Perlo.

Che l’Allamano sia stato amante dellefotografie non si può dire. Quelle cheabbiamo sono un po’ come rubate, quasi asua insaputa o comunque scattate dietromolta insistenza. Praticamente le foto che sipossono definire passabili sono quelle del50° anniversario dell’ordinazione sacerdo-tale. Proprio in quell’occasione egli si adat-tò, con questo commento: «Tanto lo so chela fotografia ci vuole e che pubblicherete.Per pubblicare una fotografia mostro, tantovale pubblicarne una decorosa».

Però le fotografie dei suoi missionari ledesiderava. Appena ricevute le prime dalKenya, scrisse: «Tutti gradirono tanto lefotografie, nelle quali però osservai chesiete un po’ malinconici, forse per la stan-chezza del viaggio? Sono certo che moral-mente siete allegri, e questo è il più, ma nontrascurate il corporale, usando a voi ed aicari giovani (i due fratelli coadiutori) lenecessarie attenzioni» (Lett., III, 352).

Al coadiutore Benedetto Falda, che sof-friva un po’ di nostalgia, scrisse affettuosa-mente: «Puoi mandare i ritratti a chi credi,ed anche a me che così ti rivedrò in effigiee ti abbraccerò come fossimo presenti»(Lett., V, 95).

In questa rubrica intitolata “Albumdell’Allamano” (benché lui non ne abbia

mai avuto uno), abbiamo pensato dimostrare alcune sue fotografie, illustrando-le nel limite del possibile e aggiungendo lepiù interessanti interpretazioni che di essesono state fatte da pittori più o meno cono-sciuti, in tempi diversi e in varie parti delmondo. I quadri che ritraggono l’Allamanoo da solo o, più spesso, assieme alla suagente, sono ormai sparsi un po’ dovunque.Guardandoli ci rendiamo conto quanto ecome egli sia ancora vivo, presente e ope-rante, nel ricordo dei suoi figli e figlie eanche nelle comunità ecclesiali dove essilavorano.

La fotografia più nota dell’Allamano,benché non sia la prima, forse è quella chelo ritrae, nella villa di Rivoli (Torino), sedu-to alla scrivania, con la penna in mano, inuna stanza tappezzata e con alle spalle unaporta ed un caminetto. Sulla scrivania sonosparsi vari fogli e, sul lato sinistro, un librocapovolto. Sul caminetto ci sono il crocifis-so di metallo e la statua della Consolata dimarmo bianco, con in mezzo un vaso.L’Allamano ha lo sguardo rivolto verso ilbasso, il volto un po’ chino e leggermentegirato a destra. Questa foto è stata fatta indue pose, come si nota dallo sfondo e dallaposizione delle dita che tengono la penna.

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Ciò che interessa di più è il volto. Èquello di un uomo sulla cinquantina, daicapelli abbastanza folti, che stanno imbian-candosi, con fronte ampia. Non si direbbe ilvolto di un uomo appena uscito da unagrave malattia. È il volto di un uomo matu-ro, che ispira fiducia.

Questa fotografia è considerata tra le piùespressive e potremmo addirittura definirlala fotografia della nostra origine. Spessevolte, infatti, è stata pubblicata con la dida-scalia: «L’Allamano attende alla stesura dellecostituzioni», indicando con ciò un eventopiù ideale che storico. Pur non conoscendoesattamente quando è stata scattata, si vuoleidealmente ricollegare questa fotografia alperiodo della convalescenza che l’Allamanoha fatto a Rivoli, dopo la grave malattia, chelo aveva portato in punto di morte e dallaquale era uscito con uno speciale interven-to della Consolata. Perciò è una foto cara alnostro Istituto, perché ci ricorda il momen-to in cui l’Allamano ha espresso la sua pienadisponibilità alla fondazione, scrivendo alsuo Arcivescovo e chiedendo umilmente econ fede l’ubbidienza.

Lui stesso ha raccontato questo eventocon parole molto semplici, in una conferen-

za agli allievi del 24 aprile 1910: «Diecianni fa ero incorso in una gravissima malat-tia che mi portò fino alle porte del Paradiso,d’onde fui ricacciato qui in terra, perchénon ero ancora degno; il nostro Card.Arcivescovo veniva a trovarmi quasi tutte lesere, e siccome avevamo già parlato di que-sta istituzione, gli dissi: ‘Sicché ormaiall’Istituto penserà un altro’ […]. Egli peròmi rispose: ‘No, guarirai, e lo farai tu’. Esono guarito. Andai poi a fare la convale-scenza a Rivoli, e là, il giorno di S. Fedeleda Sigmaringa (di cui sono sempre statodevoto fin dal tempo del seminario) posisull’altare una lunga lettera in cui si decide-va la fondazione: celebrai la Messa in onoredel Santo, indi andai ad impostare la letterache inviavo al Cardinale Arcivescovo. […]Quando venni a Torino a prendere la rispo-sta di quella lettera (nella quale, disse ilCardinale, avevo accumulato più ragionicontro che pro), dissi al Cardinale:‘Dunque, sulla tua parola getterò la rete’»(Conf. IMC, I, 332-334).

Qui di seguito pubblichiamo alcuneinterpretazioni ideali di questa fotografia,tra le moltissime (oltre una cinquantina traquadri, busti e statue) che esistono.

ALBUM

Quadro ad olio su legno compensato (cm80 x 65), opera del pittore torineseGarrone, eseguito su incarico del p. T.Gays. È il primo quadro del Fondatore chel’Istituto abbia fatto dipingere. Come sinota, l’atteggiamento dell’Allamano ripro-duce la fotografia di Rivoli, ma appare piùvecchio, con i capelli interamente bianchi econ i lineamenti un po’ alterati. È in coppiacon un altro simile del Camisassa, piùsomigliante, e si trova attualmente nellacasa generalizia a Roma.

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ALBUM

Quadro ad olio su tela (m 1 x cm 75) della pit-trice romana sr. Geltrude Mariani, delle SuoreFrancescane Missionarie di Maria. Era statocommissionato da p. B. Durando nel 1960,che l’ha portato con sé negli U.S.A., per alcu-ni anni, e poi riportato in Italia. Anche questo dipinto rispecchia il volto dellafotografia di Rivoli e ritrae solo il busto. Datutti è ritenuto il più riuscito per l’interpreta-zione dello spirito abitualmente raccoltodell’Allamano, la sua espressione serena, ildosaggio dei colori e l’armonia dell’insieme.Le sue riproduzioni a colori sono le più diffu-se nell’Istituto e le più gradite. Non è conside-rato il quadro ufficiale, ma praticamente lo è,almeno fino ad ora. Non c’è il corrispondentedel Camisassa. Si trova nell’ufficio delSuperiore Generale a Roma.

Quadro ad olio su tela (m 1,60 x 1,20),opera del pittore B. Traverso, eseguitoin occasione della beatificazione del-l’Allamano. La sua composizione e isuoi contenuti sono simili a quelli del-l’arazzo a pag. 22. Il viso rispecchiaesattamente la fotografia di Rivoli.Particolare interessante è che l’Al-lamano accarezza, in atteggiamento ditenerezza, il capo di un bimbo africa-no, in braccio alla mamma. Il quadro è posto nella cappella di sini-stra, guardando l’altare, del Santuario‘Beato Giuseppe Allamano’, annessoalla nostra casa madre in Torino, doveriposano le spoglie mortali delFondatore e del Can. G. Camisassa.

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ALBUM

Arazzo a tempera su tela (dimensioni standard degli arazzi esposti dalle logge dellaBasilica di S. Pietro), del pittore veneziano B. Traverso, commissionato per la beati-ficazione dell’Allamano nel 1990. Come si vede, il volto è quello della fotografia diRivoli, molto rassomigliante. La scena rispecchia bene lo spirito missionario

dell’Allamano e dell’Istituto. LaConsolata risulta l’ispiratrice e ilsostegno. La mano destra del-l’Allamano si posa sul mappa-mondo per esprimere la suaattenzione per tutti i popoli,mentre la sinistra è aperta inatteggiamento di accoglienza. In basso sono schierati i rap-presentanti della Chiesa, del-l’Istituto e dei popoli: mons. F.Perlo, primo vescovo e primosuperiore generale dell’Istituto,dopo il Fondatore; mons. C.Gatimu, primo vescovo africanodi Nyeri; un fratello coadiutore euna suora; rappresentanti deipopoli dell’Africa, dell’AmericaLatina e dell’Asia, continentidove l’Istituto è impegnatoattualmente nella sua missione.Questo quadro è stato ammiratoda molte persone in Italia,durante le riprese televisive indiretta del rito della beatificazio-ne il 7 ottobre 1990. Il suo valo-re consiste soprattutto nel ricor-darci quell’indimenticabile gior-no. Date le sue dimensioni, èstato sistemato nell’abside dellagrande cappella delle Missio-narie della Consolata a Gru-gliasco (TO).

Curioso quadro ad olio su legno (m 1,50 x 1 circa), ritagliato a forma di Africa, opera di sr. Ancilla,Missionaria della Consolata. L’Allamano, con il volto ispirato dalla fotografia di Rivoli, è in piedi e sem-bra toccare tutti gli stati africani dove lavorano i suoi figli e figlie. I raggi che partono dalla Consolata,posta nel punto più alto, illuminano il volto dell’Allamano e indicano l’ispirazione originaria e il lega-

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ALBUM

Quadro ad olio su tela (m 1,40 x 2,40)eseguito dal pittore etiope MarkosKesella, nel 1982, su commissionedella comunità dei Missionari dellaConsolata che opera in Etiopia. Il volto dell’Allamano si ispira allafotografia di Rivoli. La composizionedel dipinto contiene tutti gli elementiche caratterizzano la personalitàdell’Allamano, che il pittore ha eviden-ziato ponendolo al centro della scena,più grande delle altre figure, vestitodei paramenti sacerdotali, in atto dibenedire. La Consolata, dai colorivivaci, è molto vicina a lui e, in certoqual modo, emerge dalla folla. Sembravoglia suggerire che dietro ad ogniattività dell’Allamano in favore dellagente c’è sempre lei. Attualmente èesposto nell’ampio refettorio dellacasa generalizia in Roma.

me interiore che esiste tra lui e laMadonna. L’Allamano, molto granderispetto alle altre figure, è circondato daafricani. Questo quadro è nella cappelladel seminario teologico dei Missionaridella Consolata a Langata (Nairobi,Kenya). I seminaristi, entrando in chiesa,incontrano subito il loro padre che li acco-glie e li accompagna nella preghiera.

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Mosaico (m 2,00 x 1,20) sulla facciatadella chiesa parrocchiale di Rumuruti,Kenya. La figura dell’Allamano che poggiala mano sul mappamondo, con accantol’effigie della Consolata, è evidentementeripresa dall’arazzo eseguito dal Traversoper la beatificazione. Questa parrocchia è ancora affidata aiMissionari della Consolata, i quali inten-dono così ricordare ai fedeli che entrano inchiesa, che l’Allamano continua ad essereper essi padre nella fede, modello di vitacristiana ed intercessore presso la SS.Consolata.

Affresco, nel braccio di sinistra del portico anti-stante al Santuario “SS. Consolata e BeatoGiuseppe Allamano”, costruito da fratel G. Argesea Mukululu, sul limitare della foresta delNyambeni, nella diocesi di Meru, in Kenya. È operadel sacerdote italiano Don Bartolomeo Perrone. Lesembianze dell’Allamano si ispirano alla foto-grafia di Rivoli. È la prima delle sette sceneche descrivono le varie opere dei nostri mis-sionari e lo sviluppo della Chiesa locale in

Kenya (mentre nel braccio didestra del portico sono affre-scati i quindici misteri delrosario). Si vede l’Allamano,in un nimbo, che proteggeuna barca su cui ci sonodiversi africani e i primi quat-tro nostri missionari (foto-grafie stampate su maioli-che), assieme al Capo Karoli,quello che li ha accolti efavoriti fin dall’inizio e chepoi ha voluto essere battezza-

to. Il significato simbolico della composizione èevidente. Questa barca, che rappresenta laChiesa, in cento anni, ha percorso un lungoviaggio, portando in porto i suoi passeggeri, incompagnia dei missionari e con la protezionedell’Allamano.

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SPIRITUALITÀ

Il mese di maggio è dedicato allaMadonna. Ogni cristiano, che non si lascisoverchiamente distrarre dalle preoccupa-zioni della vita, di sicuro onora la Madre delSignore, anche con la recita del Rosario,specialmente in questo anno 2003 che ilPapa Giovanni Paolo II, con la LetteraApostolica “Rosarium Virginis Mariae” del16 ottobre 2002, ha proclamato “Anno delRosario”. L’obiettivo che il Santo Padre si èproposto con questa iniziativa, per espri-merlo con le sue parole, è «la contempla-zione del volto di Cristo in compagnia e allascuola della sua Madre Santissima».«Recitare il Rosario - dice il Papa – infatti,non è altro che contemplare con Maria ilvolto di Cristo» (n.3). «Una preghiera cosìfacile, e al tempo stesso così ricca, meritadavvero di essere riscoperta dalla comunitàcristiana» (n.43).

Dopo essersi raccomandato ai Vescovi,ai sacerdoti, ai teologi e ai consacrati, ilPapa si rivolge a tutta la comunità cattolicacon queste sentite parole: «Guardo a voitutti, fratelli e sorelle di ogni condizione, avoi famiglie cristiane, a voi ammalati eanziani, a voi giovani: riprendete con fidu-cia tra le mani la corona del Rosario, risco-prendola alla luce della Scrittura, in armo-nia con la Liturgia, nel contesto della vitaquotidiana. Che questo mio appello noncada inascoltato!» (n. 43).

Nella spiritualità mariana degli Istitutifondati dal beato Giuseppe Allamano, ilRosario occupa un posto importante.Nessun figlio o figlia dell’Allamano si per-metterebbe di omettere questa preghiera

giornaliera. Chi ha impresso tale “simpatia”per il Rosario è stato proprio il Fondatore, ilquale non ha mancato di valorizzare ognioccasione propizia per aiutare a compren-dere ed a vivere i profondi valori spiritualicontenuti in questa preghiera. Quanti cono-scono e vogliono bene all’Allamano posso-no partecipare di questo spirito mariano eporsi, a pieno diritto, alla sua scuola, assie-me ai Missionari e Missionarie dellaConsolata, per riscoprire, qualora fossenecessario, la bellezza del Rosario e recitar-lo con fiducia.

““LLAA PPRREEGGHHIIEERRAA QQUUOOTTIIDDIIAANNAA DDII TTUUTTTTAA LLAA VVIITTAA””

L’Allamano era un innamorato delRosario. Nella sua pedagogia, più che ladottrina, che pure c’è in abbondanza, emer-ge il suo cuore di Padre che insegna ai figlie figlie a pregare la Madonna e li incoraggiaad essere costanti. Non è tanto il teologoche parla, quanto l’uomo di Dio, il santo,che insegna ciò che vive.

L’Allamano è un uomo molto realista enon chiude gli occhi di fronte alla realtà.Aiutato dalla sua lunga esperienza di edu-catore, si rende conto che il Rosario, data laripetitività delle preghiere che lo compon-gono, può ingenerare un certa noia in chi lorecita, con il pericolo di venire trascurato.Impressiona l’insistenza con cui incoraggiaa superare questa sensazione, che è più psi-cologica che spirituale. Ecco alcune sueespressioni molto chiare: «Riguardo a que-sto benedetto Rosario io ho sempre paura

RECITIAMO IL ROSARIO

22000033:: AANNNNOO DDEELL RROOSSAARRIIOO

SPIRITUALITÀ

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che si dica così, tanto per togliere un peso”»(Conf. MC, II, 357). «[…] che non venga intesta che il Rosario sia una ripetizione noio-sa. È noioso dire alla Madonna che levogliamo bene?» (Conf. MC, II, 149); «IlPadre Lacordaire dice: ‘L’amore non ha cheuna parola, più si ripete, più è dolce, ed èsempre nuova’» (Conf. MC, I, 183). E quil’Allamano porta la propria esperienza per-sonale, che ci fa comprendere come eglisapeva ripetere le ‘Ave Maria’, senzaannoiarsi, con intensità interiore: «Quandoio dico che voglio bene alla Consolata, checosa devo dire… dirò sempre quello”»(Conf. MC, I, 183); «Prendete amore,stima, affezione al S. Rosario, non credeteloun peso, ma un peso soave» (ibid.).

Per l’Allamano il Rosario è “preghieradel cuore” e con questa convinzione superacerte obiezioni che si sentono in giro: «NelRosario vi sono tante Ave Maria, tutto ugua-le, una dopo l’altra […]. Quando diconocosì è segno che non lo recitano con ilcuore» (Conf. IMC, II, 687); «Come sonobelle le parole dell’Angelo! Ogni paroladell’Ave Maria è d’oro. Ora se una cosa èbella e buona la si ripete sempre. Non cistanchiamo mai! Il provar noia a dire ilRosario è segno delle anime tiepide» (Conf.IMC, III, 468); «Mai stancarsi di ripetere:Ave Maria […]. La Madonna non si annoiaa sentirlo» (Conf. MC, III, 406).

VVAALLOORREE DDEELL RROOSSAARRIIOO

L’Allamano si sofferma volentieri ad illu-strare il valore del Rosario, perché è unapreghiera completa, composta da una partevocale e da una di meditazione. Ecco comespiega il valore del Rosario in quanto pre-ghiera vocale: «Il Signore poteva insegnarcitante preghiere, eppure alla domanda degliApostoli: ‘insegnaci a pregare’, non risposeche colle poche domande del ’Padre nostro’;

e gli Apostoli si ritennero soddisfatti. L’AveMaria poi a comporla intervennero DioPadre, l’Arcangelo Gabriele, S. Elisabetta daDio ispirata e la Chiesa; ed è così corta…(Conf, IMC, II, 370-371). L’Allamano insi-ste nel dire che «dopo il ‘Padre nostro’,l’‘Ave Maria’ è la preghiera più eccellente,perché è quella che piace di più allaMadonna» (Conf. IMC, II, 684). È propriola caratteristica del ‘Padre nostro’ e dell’‘AveMaria’, due preghiere essenziali e ispirate,che convince ed entusiasma l’Allamano, ilquale assicura che la loro recita, per chi hafede e non è distratto, diventa “corta esoave” (Conf. IMC, II, 371).

L’Allamano illustra anche l’aspetto medi-tativo del Rosario: «Come preghiera menta-le [il Rosario] è la migliore meditazionesulla vita di Nostro Signore e della SS.Vergine; meditazione che rende soave tuttala recita» (Conf. IMC, II, 371). «Quel quar-to d’ora, se si meditano i misteri, passacome il fumo […] e così noi meditiamo unavolta una cosa e una volta l’altra» (Conf.IMC, II, 373; cf. Conf. MC, I, 184). Allesuore il Fondatore ha spiegato tre modi dimeditare mentre si recita il Rosario: 1)meditare il senso delle parole che si ripeto-no nelle singole preghiere; 2) riflettere sulvalore dei misteri, che lui spiega uno peruno; 3) immaginare la scena dei misteri,facendoci aiutare anche dalla fantasia (cf.Conf. MC, II, 360).

IILL RROOSSAARRIIOO IINNCCIIDDEE NNEELLLLAA VVIITTAA

Per ultimo sottolineo l’aspetto probabil-mente più caratteristico della dottrinadell’Allamano sul Rosario e cioè: in ognimistero, si possono scoprire virtù proprie diGesù e di Maria, che noi dobbiamo chiede-re per ottenerle e poi sforzarci di metterle inpratica. Il Rosario, quindi, diventa unascuola di vita e chi lo recita bene e con rego-

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larità sicuramente progredisce nella vitaspirituale. Anche su questo punto è preferi-bile lasciare la parola all’Allamano.

Merita di essere riportato un brano diuna conferenza fatta agli allievi missionari il3 ottobre 1915, sulla festa del Rosario. Percomprenderne lo stile, si tenga presente cheegli parlava a dei ragazzi che si preparavanoper essere missionari, e quindi doveva usareun linguaggio semplice, adatto alla loromentalità, ma comunque esatto nei conte-nuti: «Al primo mistero gaudioso ci vienesubito in testa quali virtù ha esercitato laMadonna: l’amore alla castità, all’umiltà, alsacrificio. Ebbene anche noi, per l’interces-sione della Madonna, domandiamo questevirtù. […]

Così sarà il secondo mistero: la visitazio-ne; carità verso il prossimo. La Madonnanon è andata da S. Elisabetta a divertirsi! Èandata per servire quale umile ancella: farleda mangiare; farle ciò di cui aveva bisogno.E noi così preghiamo la Madonnaper ottenere la carità verso gli altri.[…] Meditiamo le sue parole; ilsuo contegno grave, pio, caritate-vole, umile, come di chi porta in séNostro Signore.

Nei misteri dolorosi: Gesù nel-l’orto deve commuoverci. Soffreper chi? Anche per me […] e poigli apostoli che lo abbandonano.Un pensiero per volta, non tuttiinsieme: una volta uno e una voltaun altro. Nei misteri gloriosi, ladiscesa dello Spirito Santo: pare diessere nel cenacolo; pregare che ilSignore mandi lo Spirito Santo:spirito di pietà, di timore di Dio; esi domanda una grazia inerente aquesto mistero.

Se reciteremo così il Rosarionon resta arido e soddisfa.Sentiremo così un nuovo impulsoin noi a praticare le virtù […], mabisogna che lo diciamo con gusto»

(Conf. IMC, II, 373-374).Concludendo, ecco gli ultimi incorag-

giamenti, molto semplici e cordiali, chel’Allamano paternamente rivolge a chi lovuole accompagnare nella recita delRosario: «Qual piacere sarà per la Madonnasentirsi dire tante volte: Ave Maria! Ma biso-gna che le diciamo con sempre più fervore.Il S. Rosario deve essere il nostro pane quo-tidiano» (Conf. MC, III, 112). «Il Rosariopoi, naturalmente, deve essere la vostra pre-ghiera quotidiana di tutta la vita; mailasciarlo» (Conf. MC, III, 461; cf. I, 347).«Dunque oggi (era il 7 ottobre 1917) desi-dero che facciate il proponimento di diresempre il Rosario […]: mai che si vada aletto senza aver recitato il Rosario» (Conf.IMC, III, 168); «Bisogna fare in modo che ilRosario ci sia di soddisfazione per tutta lavita» (Conf. IMC, III, 138).

P. Francesco Pavese

SPIRITUALITÀ

ALFREDO CATTABIANI, BeatoGiuseppe Allamano (1851-1926),Padre dei Missionari della

Consolata, in ‘Il Santo dei miracoli’, N.7,luglio 2002, pp. 22-23: nella rubrica “Isanti del XX secolo”, l’autore traccia unbreve e completo profilo del beatoAllamano, evidenziando la sua opera difondatore di due Istituti missionari.

Tra l’altro, dice: «Giuseppe Allamano,che ha formato tanti parroci senza mai esse-re stato parroco e nemmeno vicecurato,guida da lontano dei missionari in un Paeseche non ha visto né mai vedrà. Ma non è unimprovvisatore: ha studiato accuratamente iproblemi su buoni testi; e perciò può per-mettersi di ammonire i futuri missionari:‘Nessuno dica: dobbiamo andare in Africafra i servaggi. E che? Forse che gli africaninon sono uomini come noi? Sotto la scorzadella pelle nera, hanno un cuore buono eun sentire delicato’».

PIER GIUSEPPE ACCORNERO,Adolfo Barberis, il cuore e il sorrisodi un Padre, ed. San Paolo,

Cinisello Balsamo (MI), 2002, 224 pp. Sitratta di una interessante biografia del Servodi Dio Adolfo Barberis (1884-1967), polie-drica figura di sacerdote, maestro e consi-gliere del clero, fondatore del “FamulatoCristiano”, che ha avuto molti contatti con

l’Allamano, essendo allora segretario del-l’arcivescovo card. Agostino Richelmy, e poisempre amico dei Missionari dellaConsolata.

In questo libro l’Allamano e i suoi mis-sionari sono citati diverse volte (pp. 56-57,60, 62, 66-67, 78, 112, 137, 168). In parti-colare segnaliamo le pp. 56-57, dove si puòleggere una sintetica presentazionedell’Allamano e della sua opera missionaria.Soprattutto sono interessanti le pp. 66-67,dove, sotto il significativo titolo: “DonAdolfo affascinato dal carisma diAllamano”, viene descritto l’influsso che lapersonalità e l’opera dell’Allamano hannoavuto sul Barberis.

Tra l’altro si legge: «Don Barberis nonvive direttamente queste esaltanti o trava-gliate vicende – che fanno parte della storiadella Chiesa torinese – ma esse in qualchemodo influenzano la sua formazione. Èaffascinato dalla personalità di questi ‘gran-di’ – Francesco di Sales, Cottolengo,Cafasso, Bosco – e in particolare del carismadi Allamano che unisce rigore di insegna-mento, attenzione al nuovo che avanza eapertura alle missioni […]».

LAURETTA TREVISIO, QuandoTorino pregava, Immagini e testimo-nianze di devozione popolare e di

carità torinesi, ed. Il Punto, Torino 2002.Uno studio accurato, con abbondante

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HANNO SCRITTO

Diamo notizia di pubblicazioni recenti che si sono interessate del beato Giuseppe Allamano.

documentazione fotografica, sulle varieforme di devozione di cui è rimasta tracciain Torino. È un percorso storico, artistico eculturale in una città che abbonda di“segni” nel campo della fede e della carità.Questo volume è dedicato alla Consolata econtiene uncapitoletto sullaCasa Madre deiMissionari dellaConsolata. Tral’altro si legge:«Nel cortileinterno dellaCasa Madre dicorso Ferrucci,all’altezza dellefinestre del 3°piano, in unagrande nicchiaazzurra, alta cir-ca 3 metri, concornice in stuccobianco e tettuc-cio di riparo adarco, fa bellamostra di sé unastatua della Con-solata inmarmo bianco che vennedonata ai missionaridall’Allamano nel mar-zodel 1925, in occasionedel suo onomastico.

Questa grande statuaoriginariamente stava nelcorridoio del Convitto,proprio sulla soglia del-l’appartamento dell’Al-lamano ed era moltonota a tutti perché i reli-giosi avevano l’abitudinedi baciarle il piede quan-do passavano di lì.

Il 7 marzo su un camion dei pompieri, lastatua arrivò all’Istituto mentre si ultimava-no i lavori della grandiosa nicchia. Il 19

marzo si celebrarono i festeggiamenti per ilPatrono S. Giuseppe con messa solenne enel pomeriggio un camion trasportò la sta-tua, che provvisoriamente era stata colloca-ta sotto i portici, fino davanti all’andronenell’esatto punto in cui doveva essere solle-

vata. Mentre si prepa-ravano le funi e le car-rucole arrivò Monsi-gnor Perlo che, indos-sati i paramenti sacri,benedisse solennemen-te la statua; subitodopo le catene si mise-ro in movimento e laConsolata lentamentevenne elevata mentre leSuore e i Missionaricantavano le lodi alla S.Vergine.

[…] Purtroppo ilBeato Allamano nonpoté assistere alla ceri-

monia perchécostretto a lettoda malattia […].Questa bella sta-tua andò in fran-tumi con il bom-b a r d a m e n t odell’8 dicembre1942 e fu poisostituita conuna copia.

Grandissimoera l’affetto del-l’Allamano per laMadonna: ‘L’homessa a custodee Patrona di que-sta casa e fa Lei’.[…] I Missionari

hanno innalzato all’Allamano, in occasionedella sua beatificazione, avvenuta il 7 otto-bre 1990, una statua bronzea nel cortiledell’Istituto». �

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TTEESSTTIIMMOONNIIAANNZZAA DDAA NNOONN PPEERRDDEERREEIl p. Igino Carnera, Missionario della

Consolata, scrive: «Ho potuto avvicinare lasignora Maria Laura Ghirardi, ammiratricee devota del beato Giuseppe Allamano.Nata a Torino nel 1911, risiede ora a SestriLevante, sola nel suo appartamento, visitatadal figlio che lavora a Genova. Venuta aconoscenza che i Missionari della Consolatasono a Cavi di Lavagna, a due passi dallasua città, mi fa chiamare per manifestarmiun ricordo per lei molto caro e descrivermii suoi lontani incontri con l’Allamano.

Un suo fratello, Antonio, nato nel 1903,a 12 anni entrò fra gli aspiranti missionari evi rimase fino a 18 anni. Durante la sua per-manenza all’Istituto, la sorellina più giova-ne, proprio lei Maria Laura, si ammalò dipolmonite. Ricorda di aver avuto 8 annicirca. Allora non si parlava di antibiotici e ilmedico prescrisse impiastri caldi sul petto esulla schiena, che però valsero a poco. Labambina si aggravò e la mamma, disperata,pensò di avvisare subito il figlio Antonio. La

notizia arrivò all’orecchio dell’Allamano, ilquale fece subito chiamare il ragazzo e, cosìa bruciapelo, gli disse: ‘Devo comunicartiuna notizia poco bella. Tua sorella è malata,piuttosto grave. Preparati, vai subito a casa,ma vai con fiducia. Dirai alla mamma cheMaria guarirà, vivrà a lungo e farà un granbene’. La signora Maria Laura, commossanel riferire queste parole, aggiunse: ‘Tutte levolte che andavo in corso Ferrucci a trova-re mio fratello Antonio, l’Allamano mi met-teva una mano sulla testa e mi esortava adessere buona, obbediente ed a voler bene aGesù. Per ricordarmelo, ecco, guardi nelmio libro di preghiera: porto sempre l’im-magine del Beato Allamano e lo prego per imiei famigliari e per i Missionari’.

La signora Maria Laura Ghirardi, con isuoi 91 anni compiuti, viene regolarmentein chiesa, nella parrocchia di S. Antonio aSestri Levante, con la vivacità di una giova-ne, riconoscente al santo Fondatore deiMissionari della Consolata».

P. Igino Carnera

RICONOSCEN -

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PREGHIERA

I Missionari dellaConsolata, con quantisono loro vicini, han-no l’esperienza dellacontinua ed efficaceintercessione del loroFondatore, il beatoGiuseppe Allamano,non solo nelle grandinecessità, ma anchenelle ordinarie situa-zioni della vita.

Sappiamo che ilbeato Giuseppe Alla-mano era interiormen-te convinto che sareb-be stato vicino ai suoi,anche dopo la morteterrena. Lo ha manife-stato più volte, instil-lando grande fiducia.Abbiamo così la garanzia di possedere unaguida illuminata per la vita e l’apostolato, eun protettore potente presso Dio e la SS.Consolata.

Ecco alcune espressioni che manifestanoquesta coscienza dell’Allamano: «Quandosarò poi lassù, vi benedirò ancora di più;sarò poi sempre dal balcone (per guardarvi,benedirvi e seguirvi)»; «Quando sarò inParadiso, pregherò per voi […], perché velo prepariate pieno di meriti»; «(per voi)farò più di là che non di qua». «(Il mio spi-rito non è di far rumore), ma farò, farò»;«Dal Paradiso mi farò sentire»; «Speromorendo di divenire vostro protettore incielo».

Noi, se siamo attenti, possiamo percepi-re e valorizzare, nella nostra vita quotidia-na, questa presenza attiva dell’Allamano.

Più lo conosciamo e glivogliamo bene, e piùsiamo in grado di fidar-ci della sua intercessio-ne presso Dio e la SS.Consolata. Quando ab-biamo qualche necessi-tà, non temiamo diinvocarlo.

Per questo motivo iMissionari e le Missio-narie della Consolatahanno preparato unanovena, che può aiuta-re ad implorare grazieed aiuti dal Padre cele-ste e dalla SS. VergineConsolata con fiducia,per intercessione del-l’Allamano. Chi volesseavere un libretto di

questa novena può richiederlo a:

MISSIONARI DELLA CONSOLATACorso Ferrucci, 1410138 TORINO

(oppure)

Viale delle Mura Aurelie, 11-1300165 ROMA

MISSIONARIE DELLA CONSOLATAVia Cassia km 37 – Bivio Umiltà01036 NEPI (VT)

(oppure)

Corso Allamano, 13710095 GRUGLIASCO (TO)

Novena di preghiere per intercessionedel beato Giuseppe Allamano