Anno Accademico 2013/2014. Universita LUMSA. Facolta di ... · disposizione anche le presentazioni...
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Anno Accademico 2013/2014. Universita LUMSA. Facolta di Scienze della Formazione Primaria. Corso in Didattica delle Scienze – IV anno Prof. L. De Dominicis – Moduli 1-6
INTRODUZIONE
Queste dispense sono l’ausilio scritto a disposizione degli studenti del Corso di Didattica delle Scienze per il IV anno della Facoltà di Scienze della Formazione Primaria. A completamento di esse vengono messe a disposizione anche le presentazioni contenenti le slides proiettate durante le lezioni tenute in aula. Il corso si compone di 6 moduli, ognuno dei quali tratta una serie di argomenti correlati tra di loro e che coprono una tematica più generale. La finalità del corso è quella di sviluppare nello studente una visione delle tematiche scientifiche che vada al di là della semplice conoscenza delle nozioni. Il corso si sforza di dare una visione delle Scienze in termini di sistemi che vanno compresi nell’ambito di una loro dimensione più generale. Pensare per sistemi aiuta il processo di categorizzazione e schematizzazione alla base del metodo razionale scientifico. Volendo usare un’ analogia è come vedere una bella città da un punto d’osservazione in alto che ne permette di cogliere la sua intera bellezza, struttura ed organizzazione. I particolari che rendono bella questa città vengono percepiti con il sufficiente dettaglio e risoluzione per inquadrarli nella struttura generale che osserviamo dall’alto. Quello che in qualità di Docente mi preme comunicare allo studente che si appresta ad usare il materiale didattico messo a disposizione, è il concetto che le nozioni scientifiche presenti in esso hanno carattere soltanto strumentale, e quindi non primario, verso quella che è la vera finalità del Corso e cioè la comprensione della bellezza del mondo naturale che ci circonda attraverso lo studio delle Scienze. La finalità ultima è poi quella di essere pronti a trasmetterla e farla percepire ai futuri piccoli studenti. Invito quindi lo Studente ad avvicinarsi al materiale contenuto in queste dispense con la consapevolezza di questo spirito di scoperta della bellezza di un disegno più generale. Inoltre ci tengo a sottolineare che si tratta della prima edizione di tale materiale e che quindi potrebbe contenere errori di battitura. Me ne scuso in anticipo pregandovi cortesemente di segnalarmi ogni correzione da apportare. Colgo l’occasione per ringraziare il Prof. Luca Fiorani per i suggerimenti e per aver rivisto criticamente il materiale didattico.
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Contenuti Modulo 1: La Scienza, il Metodo Scientifico, gli Scienziati, gli Strumenti di Misura
Modulo 2: Sistemi, Variabili, Modelli Matematici e Meccanismi di Retroazione
Modulo 3. Nascita ed Evoluzione dell’Universo, il Pianeta che abitiamo, le sue Risorse Energetiche. Lo
sviluppo sostenibile.
Modulo 4. La materia e l’uomo, l'importanza dell'acqua, galleggiamento dei corpi, gli stati della materia,
cambiamenti di stato.
Modulo 5. La didattica delle Scienze: schemi di insegnamento, il linguaggio da usare, “Learning by doing”,
“Cooperative learning”, Didattica del gioco, esempi: liquidi miscibili ed immiscibili, cellule animali e
vegetali, scienze dell’alimentazione.
Modulo 6. Il concetto di onda. La luce: sorgenti luminose; ombra, trasparenza, riflessione. Il suono: esempi
di produzione e propagazione, intensità, altezza, timbro. La vista e l'udito, mezzi per la conoscenza
sensibile a distanza. Cambiamenti degli organismi: ciclo vitale di una pianta e di un animale.
Condizioni salute dell'organismo umano: igiene e salute
1. Modulo 1: La Scienza, il Metodo Scientifico, gli Scienziati, gli Strumenti
di Misura
All’interno di questo modulo andremo ad apprendere il significato e la finalità della Scienza e del lavoro di
ricerca scientifico e le basi del Metodo scientifico sviluppato da G. Galilei a cavallo tra il XVI e XVII secolo.
Inoltre verrà evidenziata l’importanza del lavoro di sintesi che gli scienziati compiono per rendere coerenti i
risultati delle osservazioni sperimentali all’interno di una teoria generale. Chiuderà il modulo una breve
trattazione sugli strumenti di osservazione e misura che giocano un ruolo determinante nel lavoro di
acquisizione dei dati scientifici.
1.1 La Scienza
Il vertiginoso sviluppo tecnologico che ha avuto inizio con la rivoluzione industriale alla fine del 1800 ha
fortemente segnato la società in cui viviamo. Le tecnologie hanno stravolto le abitudini della nostra vita
quotidiana abilitando nuove e di volta in volta più evolute forme di trasporto, di comunicazione, di
prevenzione e cura della salute, di produzione di energia, di produzione industriale, di divertimento e
quant’altro. Sebbene le cause di questa rapida accelerazione tecnologica negli ultimi due secoli siano
molteplici e la cui trattazione esula dalle finalità del presente corso, una in particolare è da ritenersi tra le
principali: l’adozione del metodo scientifico nel processo di acquisizione della conoscenza.
Facciamo un passo indietro.
L’uomo da sempre è stato spinto da una innata sete di conoscenza ad osservare, analizzare e prevedere il
comportamento del mondo che lo circonda. In questa accezione l’uomo da sempre è stato interessato alla
“Scienza”, nel termine che deriva dal latino “Scientia” e che significa “conoscenza”.
Ogni progresso del genere umano è il risultato di una conoscenza acquisita, compresa, fatta bagaglio
dell’intera comunità e tradotta poi in una “tecnologia” che ha migliorato la qualità della vita.
Ne segue che il legame indissolubile Scienza-Progresso ha caratterizzato fino ad ora il cammino dell’intera
specie umana differenziandola dalle altre specie animali.
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Alla base della conoscenza c’è l’osservazione dei fenomeni ed una loro comprensione per darne una
descrizione oggettiva, cioè indipendente dall’osservatore e verificabile da tutti.
Per esempio gli antichi greci interpretavano il tuono come segno dell’ira degli dei, una descrizione del
fenomeno non oggettiva perché presupponeva la fede nell’esistenza degli dei che non tutti i popoli
accettavano. Il tentativo di Aristotele di spiegare il fenomeno come scontro tra le nuvole segna un primo
approccio scientifico al problema in quanto le nuvole sono reali e visibili a tutti, cioè una realtà oggettiva.
La Scienza è quindi un sistema di conoscenze ottenute con procedimenti metodici e rigorosi allo scopo di
giungere a una descrizione oggettiva, della realtà e delle leggi che regolano l'occorrenza dei fenomeni.
Quindi la Scienza non soltanto è un bagaglio di conoscenze ma anche un metodo di produrre conoscenza. I
procedimenti metodici e rigorosi a cui si fa riferimento sono fondamentali per dare alla conoscenza solidità
e garantire l’affidabilità delle scoperte future. Infatti ogni scoperta porta con se una conoscenza che sarà la
base di partenza per produrre nuova conoscenza. Se le basi non sono solide tutto l’edificio è destinato a
crollare.
Si è detto che La scienza deve fornire una descrizione oggettiva delle leggi che regolano l’occorrenza dei
fenomeni che si studiano. Cosa significa oggettiva? In primis oggettiva significa che tutti devono essere
d’accordo sulla definizione dei termini che si stanno usando e sulle unità di misura usate.
Per esempio se si sta descrivendo un processo fisico e si fa riferimento alla temperatura tutti devono essere
d’accordo che la temperatura è la proprietà fisica che regola il trasferimento di energia termica da un
sistema ad un altro. Altresì tutti devono convenire che livello microscopico l'energia termica di un sistema
rappresenta l'energia cinetica media delle particelle del sistema e che tiene conto di tutti i movimenti di
traslazione, di rotazione e di vibrazione delle particelle.
Inoltre quando si fa riferimento ai valori misurati di temperatura se si usa la scala centigrada (Celsius) tutti
convengono che è quella scala nella quale si assume il valore di 0 °C corrisponde al punto di fusione del
ghiaccio e il valore di 100 °C corrisponde al punto di ebollizione dell'acqua a livello del mare.
La rigorosità nel definire ogni termine ed unità di misura che è usato nel descrivere una osservazione
scientifica è alla base del carattere oggettivo della scienza e che la rende universale: ogni laboratorio in
qualsiasi parte del pianeta potrà riprodurre un esperimento scientifico condotto altrove ripetendo le stesse
procedure poiché c’è accordo sulle definizioni dei termini usati.
L’oggettività della scienza implica la sua riproducibilità: una esperienza scientifica deve godere della
proprietà della riproducibilità, deve cioè essere possibile ripeterla da qualunque sperimentatore e
pervenendo allo stesso risultato finale ogniqualvolta si fa avvenire nelle stesse condizioni chimico-fisiche,
con gli stessi prodotti della stessa purezza, ecc. Ripetendo cioè n volte l'esperienza si devono ottenere n
volte gli stessi risultati finali.
Per esempio è una conoscenza scientifica ben acquisita che il ghiaccio fonde, cioè diventa liquido, alla
temperatura di 0°C alla pressione atmosferica. Ne deriva che in un laboratorio in qualsivoglia punto della
Terra se si riproduce una condizione di pressione atmosferica (1 atm = 760 mm Hg = 760 torr = 101 325 Pa =
1 013,25 mbar), un cubetto di ghiaccio diventa acqua alla temperatura di 0°C indipendentemente dallo
sperimentatore e da tutte le altre condizioni esterne.
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La scienza presuppone la riproducibilità, la riproducibilità a sua volta abilita il controllo dei processi: se sono
sicuro che creando una data situazione sperimentale ottengo un dato risultato allora posso dire di
controllare il processo. Se posso controllare il processo posso passare ad un livello superiore di complessità,
cioè costruire un dispositivo che risponda ad una ben determinata esigenza e che svolga un ben
determinato compito. Questa attività è chiamata ricerca applicata, cioè applico la conoscenza scientifica
acquisita per la sola esigenza di conoscere per sviluppare un’applicazione pratica. Una volta verificata che il
dispositivo funziona posso tramutarlo in un oggetto tecnologico da immettere sul mercato e creare
benessere e progresso.
Un esempio di questo tipo di processo è il telefono cellulare. I dispositivi cellulari che usiamo oggigiorno per
comunicare funzionano con il principio delle onde elettromagnetiche capaci di trasmettere informazioni. Le
onde elettromagnetiche sono particolari campi elettrici e magnetici che variano velocemente nel tempo.
Nel 550 a. Cristo, Talete di Mileto fu il primo a descrivere le proprieta' elettriche dell'ambra e della
magnetite mentre nel 1820 Hans Cristian Oersted (1777-1851) scopri l’interazione tra un filo percorso da
corrente ed un ago magnetico. Più tardi il fisico scozzese J.C.Maxwell (1831-1879) formalizzo la teoria della
propagazione delle onde elettromagnetiche. G. Marconi (1874 – 1937) tramutò in ricerca applicata la
conoscenza scientifica maturata nel corso dei secoli con il primo dispositivo capace di trasmettere
informazioni senza fili. Infine il 3 aprile 1973, Martin Cooper effettua la prima telefonata con un cellulare
marcando un significativo progresso tecnologico con un impatto notevole sulla società moderna.
Quindi la Scienza, intesa come acquisizione della conoscenza, è alla base dello sviluppo tecnologico che
nella società moderna determina la produzione di benessere ed è una delle componenti della competitività
di una Paese su scala globale.
Ne deriva che un corretto insegnamento delle Scienze sin dai primi anni formativi è a tutti gli effetti un
investimento per ogni paese sia esso industrializzato o in via di sviluppo. Oltre che formare l’alunno ad
adottare un modo attento e critico nell’osservare il mondo che lo circonda, lo abitua altresì ad esprimersi
con concetti chiari e comprensibili da tutti. I più interessati potranno poi proseguire negli studi scientifici
contribuendo a formare quelle professionalità di alto livello che sono alla base della crescita economica e
culturale del paese.
Torniamo alla domanda iniziale: perché malgrado l’uomo faccia scienza da sempre, gli ultimi due secoli
hanno visto un progresso scientifico-tecnologico così vertiginoso e mai registrato in nessuna epoca
precedente della storia umana? La risposta risiede nella graduale ma inesorabile accettazione e messa in
pratica da parte della comunità scientifica del metodo scientifico messo a punto da Galileo Galilei (1564 –
1642). Il metodo scientifico ha elevato il grado di affidabilità di ogni scoperta scientifica ottenuta seguendo i
suoi dettami e innescando un processo a catena in cui ogni scoperta è stata la base per scoperte
successive.
1.2 Il Metodo Scientifico
Malgrado Galileo Galilei venga oggi universalmente riconosciuto come il primo ad introdurre il metodo
scientifico nel processo di acquisizione della conoscenza, tale metodo è da ritenersi il frutto di uno sviluppo
storico. Il merito di Galileo è da ritenersi quello di aver sintetizzato e dato continuità a concetti e
metodologie che erano stati già applicati e dibattuti nel corso dei secoli precedenti.
Già negli antichi papiri egizi si possono trovare forme di un primitivo metodo scientifico, in particolare
applicato alla medicina ed alla imbalsamazione.
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Con i greci si assiste alla prima organizzazione razionale del pensiero ed al ricorso massivo all’osservazione
sperimentale come base di partenza per la comprensione dei fenomeni naturali. Talete di Mileto (624-548
a.C) fu il primo ad correlare l’osservazione della natura con la possibilità di prevedere e controllare i
fenomeni naturali.
Tuttavia fu Archimede (287-212 a.C.) che anticipò il moderno metodo scientifico elaborando leggi fisiche di
validità generale dal bagaglio acquisito di osservazioni sperimentali. Ne sono riprova i suoi studi
sperimentali sul galleggiamento dei corpi che lo portarono a formulare la Legge della spinta di Archimede a
cui è soggetto ogni corpo immerso in un liquido. Altri importanti contributi allo sviluppo di un metodo
scientifico furono apportati da Tommaso d’Aquino (1225-1274 ) e Leonardo da Vinci (1452–1519).
Galileo Galilei (1564-1642) diede una struttura logica alla sequenza di azioni che uno scienziato deve
percorrere nel corso della sua attività di ricerca e gli spettacolari risultati che ottenne consacrarono il
metodo da lui adottato come universalmente riconosciuto come il più rigoroso ed affidabile.
Alla base del metodo scientifico (Fig.1) c’è l’osservazione del processo che si stà studiando seguito da una
sua schematizzazione.
La fase di schematizzazione è quella in cui gli aspetti fondamentali del processo vengono individuati ed
isolati rispetto a tutti gli altri che non hanno importanza ai fini della sua comprensione. Durante questa fase
si procede a compiere le misure quantitative necessarie per caratterizzare il processo.
Figura 1 Schema del Metodo Scientifico
Segue poi un processo di misura: le grandezze fisiche, individuate come essenziali nel processo di
schematizzazione, vanno misurate fornendo un numero (con stima dell’errore) seguito da un unità di
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misura. Le grandezze fisiche devono essere definite in modo operativo, dando cioè delle regole precise per
poterle misurare.
Si passa quindi alla fase di verifica sperimentale durante il quale vengono condotti esperimenti di
laboratorio in condizioni controllate e di rigorosa riproducibilità (chiunque deve poter ripetere
l’esperimento) altresì isolando gli aspetti fondamentali del processo.
L’esperimento permette di formulare una legge che ha lo scopo di spiegare i meccanismi alla base di quel
particolare fenomeno. La legge stabilisce correlazioni quantitative tra grandezze misurate con una certa
precisione negli esperimenti ed attraverso tabelle, grafici e formule matematiche.
Questa prima fase del metodo scientifico è detta induttiva, cioè quella che porta dallo studio di dati
sperimentali alla formulazione di una regola universale.
A questo punto la legge viene sottoposta a verifica: la legge permette di prevedere i risultati di una serie di
esperimenti che quindi vengono condotti al fine di verificarne la validità . Se le previsioni sono confermate
dati raccolti vengono elaborati e successivamente viene formulata una teoria. La teoria ipotizza la causa o
le cause all’origine di un fenomeno mentre la legge descrive un fenomeno che avviene con una certa
regolarità.
Nel caso in cui le previsioni non vengono confermate si procede ad una nuova serie di osservazioni ed alla
formulazione di una nuova legge che verrà sottoposta a nuovi esperimenti. Questa seconda fase del
metodo scientifico è detta fase deduttiva.
Portiamo come esempio di applicazione del metodo scientifico lo studio che G. Galilei condusse sulla
caduta libera dei corpi soggetti alla gravità terreste, detta anche caduta dei gravi.
Galileo come primo passo (fase1 Osservazione) condusse una serie di osservazioni del fenomeno lanciando
dalla sommità della Torre di Pisa corpi con diversa forma e peso e ciò che era interessato a stabilire è una
legge che legasse la distanza percorsa dal corpo con il tempo impiegato dal corpo stesso a cadere. La
difficoltà principale consisteva nella difficoltà di misurare i tempi di caduta che erano molto brevi (fase 2
Misura). A quel tempo non esistendo gli orologi come li intendiamo oggi, Galileo misurava il tempo
misurando la quantità d’acqua riversata in un recipiente durante l’intervallo di tempo in considerazione.
Allora Galileo approntò un esperimento di laboratorio (fase 3 Verifica Sperimentale) in cui invece di far
cadere i corpi liberamente verso il suolo li faceva cadere lungo un piano inclinato in modo da rallentarne la
caduta e poter così misurare con maggior precisione i tempi con il suo orologio ad acqua. Inoltre
l’esperimento minimizzava l’effetto di attrito dell’aria da di cui Galileo non voleva tener conto ritenendolo
un elemento di disturbo del processo di caduta libera dei corpi (Fig.2).
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Figura 2 Galileo ed il piano inclinato. I tempi di percorrenza erano misurati con un orologio ad acqua.
Ovviamente la caduta libera era il caso limite di un piano molto inclinato. In questo modo Galileo aveva
isolato gli aspetti fondamentali del processo e reso possibile un esperimento riproducibile ed affidabile.
Le sue osservazioni lo portarono a formulare una legge di caduta dei corpi che ben oggi conosciamo e che
afferma che lo spazio s che un corpo percorre cadendo liberamente è proporzionale al quadrato del
tempo t.
La legge trovata è espressa dalla forma matematica
( )
Ove g è la costante di accelerazione di gravità e vale 9.81m/s2 ed è uguale per tutti i corpi.
Questo vuol dire che se noi gettiamo una pietra dall’alto di una torre alta 50 metri e se è talmente pesante
da non risentire dell’attrito dell’aria, questa dopo un secondo avrà percorso una distanza di 4,905m, dopo
due secondi di 19,62m e così via per arrivare a terra dopo 3,19s alla considerevole velocità di 31,29m/s.
Quindi Galileo prevede che in assenza di aria tutti i corpi cadono con la stessa velocità! Cioè se non ci fosse
l’aria un martello ed una piuma lasciati cadere dalla stessa altezza arrivano al suolo contemporaneamente.
Bisognerà aspettare il XVII secolo per avere una prima conferma di questa straordinaria scoperta quando
con il Tubo di Newton (Fig.3). Esso è costituito da un tubo di vetro, generalmente lungo un paio di metri,
chiuso ad una estremità e munito all’estremità opposta di una chiavetta che lo mette in comunicazione con
una macchina pneumatica. Introdotti in esso frammenti di piombo, ritagli di carta, piume, si fa il vuoto e lo
si capovolge e si può vedere che i corpi toccano il fondo del tubo nello stesso istante.
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Figura 3. Tubo di Newton . Si tratta di un tubo con pareti di vetro e nel quale viene fatto il vuoto. Una foglia ed un sasso
impiegano in esso lo stesso tempo per cadere dall’estremità superiore a quella inferiore.
Una verifica ben più suggestiva si è avuta durante la Missione Apollo 15 sulla Luna, notoriamente priva di
atmosfera, quando il capitano Scoot fece cadere un martello ed una piuma e verificò di fronte agli occhi di
tutto il mondo che raggiungono il suolo lunare allo stesso istante.
1.3 Chi fa la Scienza
La Scienza è il processo attraverso il quale l’uomo cerca di comprendere, spiegare e prevedere i fenomeni
che lo circondano. Quindi la Scienza è un processo cognitivo sviluppato dall’uomo e quindi con l’uomo al
centro di essa. Infatti il ricercatore elabora e sintetizza con il suo pensiero i dati che provengono dai suoi
studi in relazione alla conoscenza attuale per aumentarne il grado di comprensione.
Quindi è il pensiero umano il fattore fondamentale attraverso il quale la Scienza progredisce. Anche lo
strumento scientifico più sofisticato, l’esperimento più costoso, la mole di dati acquisiti più completi che ci
possano essere nulla sarebbero se poi non ci fosse il lavoro intellettuale dello scienziato ad organizzare e
interpretare questo lavoro di ricerca. Quindi lo sviluppo della scienza dipende dall’abilità dei ricercatori: il
fattore umano è fondamentale per il progresso. Non per nulla il progresso umano nel campo scientifico non
è avvenuto in maniera progressiva e costante. Il più delle volte è stata l’azione risolutiva di una mente
particolarmente brillante a sintetizzare ed organizzare una serie di dati ed osservazioni per poi produrre
una teoria od un modello che hanno permesso di ricondurre l’enorme bagaglio di conoscenze acquisite
entro un quadro razionale e coerente. Come abbiamo visto Galileo riuscì in questo lavoro e descrisse in
maniera rigorosa il processo di caduta degli oggetti sotto l’azione della gravità arrivando a prevedere
comportamenti poi verificati in maniera sperimentali secoli più avanti.
Un altro gigante della storia della ricerca scientifica è di ritenersi l’inglese Isaac Newton (1642 -1727) .
Isaac Newton riuscì a sintetizzare le conoscenze dell’epoca per stabilire I fondamenti della meccanica
classica, della gravitazione universale e dell’ottica geometrica
I risultati da esso ottenuti sono ancora oggi utilizzati per calcolare con precisione le traiettorie dei satelliti
artificiali e delle sonde nelle missioni spaziali, la posizione dei pianeti e I fenomeni ottici di riflessione e
rifrazione.
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Un altro grande di tutti i tempi è da considerarsi il fisico tedesco Albert Einstein (1879-1955). Einstein riuscì
a sintetizzare una serie di osservazioni sperimentali e riformulare una teoria più generale della gravitazione,
sulla relatività del moto e del tempo e sul concetto di energia.
I suoi risultati sono alla base della generazione di energia attraverso processi nucleari e del funzionamento
delle macchine acceleratrici con cui si studiano i costituenti elementari della materia. Le sue scoperte ci
hanno rivelato come il concetto di tempo e spazio siano relativi e non assoluti svelando come la struttura
del mondo in cui viviamo sia più complessa di quanto prima di lui si immaginasse.
Conoscere la vita ed il pensiero di questi grandi della scienza, sulle spalle dei quali oggi ci appoggiamo per
vedere oltre il nostro orizzonte conoscitivo, è il modo migliore per capire come il lavoro dello Scienziato sia
complesso, faticoso, pieno di travagli e come spesso per arrivare a risultati innovativi occorre attivare linee
di pensiero non convenzionali e che sfidano il senso comune.
1.3 Gli strumenti di misura
Ogni osservazione scientifica presuppone l’osservazione e la misura quantitativa di parametri fisici e
chimici. La misura avviene attraverso degli strumenti detti appunto di misura che costituiscono un corredo
essenziale al lavoro di ricerca che lo scienziato conduce.
Gli strumenti di misura permettono al ricercatore di osservare ed acquisire i dati necessari per svolgere le
varie fasi del metodo scientifico. Quindi ogni progresso nella conoscenza scientifica è legato ai progressi
fatti nello sviluppare strumenti di misura sempre più precisi e adatti allo scopo per il quale sono pensati,
progettati e realizzati.
Ogni innovazione apportata da un nuovo strumento di misura abilità nuovi percorsi di indagine e progresso
nella conoscenza scientifica.
Uno strumento di misura ideale deve essere Affidabile e Non Distruttivo.
Affidabile nel senso che deve fornire sempre gli stessi valori se le condizioni di misura non cambiano.
Non distruttivo, nel senso che non deve interferire con il processo che si stà misurando e non apportare
modifiche al campione in misura.
Oggi gli strumenti di misura scientifici si possono dividere in due grosse categorie, analogici e digitali.
Analogici: dove il formato d'uscita è tale da dare valori di misura infinitamente contigui, limitati solo dalla
risoluzione ottenibile nella lettura della scala graduata.
Digitali: dove il formato d'uscita è tale da dare sempre valori di misura discreti, pari alla variazione di un
digit.
Come esempio di strumento di misura analogico si pensi al tradizionale orologio con le lancette. Il tempo in
esso è misurato con continuità in quanto le lancette scorrono sul quadrante in maniera continua.
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L’orologio digitale ove l’ora è segnata da un display a cristalli liquidi è un esempio di orologio digitale in cui
il tempo è misurato con un intervallo minimo (digit).
2. Modulo 2: Sistemi, Variabili, Modelli Matematici e Meccanismi di
Retroazione
All’interno di questo modulo andremo ad apprendere il significato di Sistema, di Variabile. Vedremo poi
cosa sono i modelli matematici ed a cosa servono e come i Sistemi sono dotati di meccanismi di retroazione
detti feedback
2.1 I sistemi
Abbiamo introdotto nel modulo precedente il metodo scientifico ed sottolineato che il punto di partenza è l’osservazione del fenomeno che si vuole caratterizzare scientificamente. Due fasi fondamentali del processo di osservazione sono a loro volta l’individuare ed il riconoscere. Individuare nel suo significato generale di “ far emergere un’unità significativa da uno sfondo” non si
riferisce soltanto ad oggetti che possono essere concretamente separati l’uno dall’altro ma anche ad azioni,
fenomeni, a processi. Per esempio se si vuole studiare i funghi, si và nel bosco e si osserva finchè non si
individua la forma di un fungo contro lo sfondo delle foglie secche del sottobosco. L’azione di
individuazione separa cioè che è essenziale, il fungo, e su cui focalizzeremo la nostra attenzione, da tutto il
resto che lo circonda che quindi diviene l’ambiente esterno. All’azione dell’individuare segue quella del
riconoscere, processo in cui quello che si è individuato è classificato sulla base di qualcosa che conosciamo
già. Torniamo all’esempio dell’osservazione sperimentale che Galileo conduceva studiando la caduta dei
corpi dalla torre di Pisa. Galileo individua nell’oggetto che cade e nel Terra che lo attrae l’essenziale del
fenomeno. Tutto il resto è un disturbo, uno sfondo che arreca solo disturbo e non essenziale per la
comprensione del processo. L’aria è parte di questo sfondo, è solo un elemento che disturba il processo con
cui la Terra attrae il corpo verso il basso. Dopodiché nel suo processo di osservazione Galileo individua nella
caduta libera di un corpo verso il basso il caso limite di un processo noto, la caduta di un corpo lungo un
piano inclinato. Più il piano è inclinato, più la caduta di un corpo lungo di esso simula la caduta libera
dall’alto. Galileo individua l’essenza del fenomeno (corpo che cade + la Terra) e lo riconosce come un
processo limite di uno che può studiare con più facilità: Galileo schematizza il fenomeno fisico.
I processi di individuazione e riconoscimento fanno emergere dallo sfondo strutture più o meno complesse
costituite da un insieme di elementi interconnessi tra di loro ma che si comporta come un tutt'uno secondo
proprie regole generali: i Sistemi.
Individuare + Riconoscere Sistema
Un corpo che cade e la Terra che lo attrae costituiscono in cui le due parti sono interconnesse (la Terra
attrae il corpo) e che si comporta secondo leggi ben precise (la legge di caduta dei gravi trovata da Galileo).
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Il concetto di Sistema è centrale nelle Scienze, esso permette di identificare gli elementi essenziali del
fenomeno che stiamo studiando. Una volta identificato un sistema tutto il resto costituisce l’ambiente
esterno ed il sistema stesso può interagire o non con esso.
Il corpo che cade e la Terra che lo attrae sono un sistema, l’aria che esercita l’attrito o il vento che devia
l’oggetto dalla sua traiettoria sono elementi dell’ambiente esterno che interagiscono con il sistema.
Ci sono tanti tipi di sistemi, a loro volta organizzati in sottosistemi o connessi in sovra sistemi. Per esempio
un’automobile è un sistema che si compone di tanti sottosistemi quali il motore, le ruote, la carrozzeria,
l’impianto elettrico e cosi via. A sua volta un’automobile appartiene ad un sovra sistema più grande quale la
città in cui si muove.
Un altro esempio di sistema è il sistema solare composto dal Sole, dai pianeti e dai satelliti dei pianeti. Ogni
componente del sistema solare influenza il moto degli altri e le leggi della meccanica di Newton
permettono di calcolare con esattezza le orbite di tutti i pianeti e dei satelliti.
Il sistema solare è quindi composto da sottosistemi, ove ogni singolo sottosistema è un pianeta con i suoi
satelliti ma allo stesso tempo è parte di un sovra sistema più grande che è la galassia in cui viviamo.
Vediamo altri esempi di Sistemi. Il Sistema Operativo di un Computer è un insieme di processi informatici
che permette la gestione di una macchina complessa come un moderno PC. Il Sistema operativo si
compone di tanti sottosistemi che sono i vari programmi informatici che lo compongono ed allo stesso
tempo è parte di un sovra sistema quale il PC stesso.
Il Sistema Nervoso del nostro corpo è un insieme di organi ed nervi specializzato nel ricevere, trasmettere
ed elaborare gli stimoli interni ed esterni del corpo per mezzo di segnali bioelettrici, permettendoci di
relazionarsi con il nostro ambiente. Esso è costituito da tanti sottosistemi, quali il cervello, il midollo
spinale, i neuroni, etc. Al tempo stesso è parte di un sovra sistema quale il corpo umano.
Un Ecosistema è costituito da una comunità di organismi (componente biotica) ed elementi non viventi
(componente abiotica) entro la quale si vengono a creare delle interazioni reciproche. Un ecosistema si può
suddividere in sottosistemi quali la componente abiotica e quella biotica ma è anche parte di un sovra
sistema quale l’intera natura.
Le Scienza è finalizzata a descrivere il comportamento dei sistemi cioè dei meccanismi che regolano il loro
comportamento, l’interazione con l’esterno e la loro evoluzione temporale.
Ogni sistema è circondato dall’ambiente esterno ed a seconda del tipo di interazione con quest’ultimo un
sistema può essere definito aperto, chiuso o isolato (Fig.4).
Sistema Aperto: sistema che può scambiare materia ed energia con l’ambiente esterno.
Sistema Chiuso: sistema che può scambiare energia ma non materia con l’ambiente esterno.
Sistema Isolato: sistema che non può scambiare né materia né energia con l’ambiente esterno.
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Figura 4. Sistema aperto, chiuso ed isolato
Vediamo come una provetta contenete acqua a seconda di determinate condizioni possa essere un sistema
aperto, chiuso o isolato (Fig.5).
Figura 5 Una provetta di vetro con acqua può essere un sistema aperto, chiuso o isolato.
Una provetta senza tappo contenete acqua è un sistema aperto. Infatti può scambiare materia con
l’ambiente esterno tramite la superficie di separazione tra l’acqua e l’aria. Qui avviene un continuo
processo di evaporazione-condensazione delle molecole d’acqua. Il sistema può altresì scambiare calore
con l’esterno perché il vetro del contenitore è un conduttore di calore quindi se lo riscaldo trasmette il
calore acquisito all’acqua al suo interno.
Se la chiudo con un tappo ermetico diventa un sistema chiuso. Infatti in questo caso il sistema non può più
scambiare materia con l’esterno perché il tappo ermetico lo impedisce. Tuttavia lo scambio di energia
tramite le pareti del vetro è ancora possibile.
Se poi lo avvolgo in un thermos isolante avrò un sistema chiuso. Infatti il thermos isolante impedisce anche
il solo scambio di energia termica tramite le sue pareti.
2.2 Le variabili
Ogni sistema è identificato da un suo stato inteso come insieme dei valori dei parametri che lo identificano.
Se questi valori non variano nel tempo il sistema è detto in equilibrio.
Prendiamo per esempio una pentola senza coperchio con dell’acqua dentro e posta sopra un fornello a gas
spento. Si tratta di un sistema aperto il cui stato è definito dalla temperatura dell’acqua, dalla quantità di
acqua e dalla pressione atmosferica. Il sistema è in equilibrio se la fiamma è spenta in quanto questi valori
non variano se non ci sono altre cause esterne.
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L’accensione del fornello a gas comporterà la variazione del sistema acqua con il tempo: il sistema è fuori
equilibrio. Infatti un sistema in cui i valori dei parametri che lo caratterizzano varia nel tempo è detto fuori
equilibrio o in disequilibrio.
Se accendiamo il gas del fornello il sistema scambierà calore e materia con l’esterno infatti acquisisce
energia termica ed le molecole di acqua iniziano ad evaporare passando dallo stato liquido a quello
gassoso. La sua temperatura e pressione varieranno nel tempo: il sistema è fuori equilibrio. All’ebollizione
il fenomeno è evidente anche visivamente.
I sistemi fuori equilibrio o che tendono all’equilibrio sono caratterizzati da valori variabili dei parametri che
lo caratterizzano. Il sistema passa da uno stato ad un altro perché sono variabili i valori dei parametri
chimico-fisici che lo caratterizzano. Il concetto di variabile, inteso come grandezza che può assumere valori
diversi all’interno di un dato intervallo, è quindi strettamente connesso a quello di evoluzione di un
sistema: un sistema evolve da uno stato di equilibrio ad uno di non equilibrio perché i valori dei parametri
che lo caratterizzano variano sotto l’azione di un input esterno.
Le variabili che descrivono lo stato di un sistema non sono in genere indipendenti tra di loro ma sono
legate da ben precise relazioni. Al variare di una il valore delle altre varierà in maniera deterministica
secondo ben precise leggi.
Se si riesce a trovare la relazione tra le variabili in forma matematica si può descrivere l’evoluzione dello
stato di un sistema.
La ricerca della dipendenza funzionale tra variabili che descrivono un sistema è uno dei momenti chiave del
processo di acquisizione della conoscenza scientifica.
Nell’esempio della pentola di acqua sul fuoco senza coperchio andiamo a vedere quali sono le variabili in
gioco
Le variabili del fenomeno sono
1) Il tempo
È una variabile fondamentale, ogni processo fisico-chimico o biologico che evolve lo fa nel tempo.
Si tratta di una variabile particolare che può soltanto crescere, cioè in un esperimento posso
passare da un tempo t1 ad un tempo t2 maggiore ma mai viceversa!
2) Quanta acqua c’è
La quantità di acqua presente nella pentola al momento della preparazione del sistema dipende da
quanta ne metto dentro ma poi può variare perché all’aumentare della temperatura dell’acqua
sotto l’azione della fiamma essa evapora
3) Quanto scalda il fuoco (Potenza della fiamma)
Posso sempre regolare la potenza della fiamma di un fornello a gas. Maggiore è la potenza, più
velocemente l’acqua si calda e più velocemente evapora.
4) Temperatura dell’acqua
La temperatura iniziale dell’acqua dipende da quella dell’ambiente circostante poi tale temperatura
varia in funzione della potenza della fiamma, del suo tempo di accensione.
5) Quanto velocemente evapora l’acqua.
Dipende dalla potenza della fiamma.
Come esempio di determinazione della relazione tra variabili posso misurare la temperatura T
dell’acqua in gradi centigradi con un termometro immerso nella pentola in funzione del tempo.
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Il tempo t=0 è l’istante in cui si accende il fornello. Si ottiene un grafico una volta fissata la quantità
d’acqua (550g) e le condizioni della fiamma (gas alto).
Figura 6 Andamento della temperatura dell’acqua in funzione del tempo di accensione del fornello
Come si può vedere la temperatura cresce in maniera lineare all’aumentare del tempo sino a quando non si
raggiunge il valore di 100°C in cui l’acqua inizia ed evaporare. Durante l’evaporazione la temperatura
rimane costante. Siamo di fronte ad un cambiamento di stato (lo tratteremo in dettaglio in un altro modulo
più avanti) da liquido a gassoso.
Se lascio invariata le condizioni di potenza del gas e vario la quantità d’acqua ho che nel caso in cui ho una
minore quantità di acqua raggiungo prima la temperatura di ebollizione (100°C)
Figura 7 In alto andamento della temperatura di 330g di acqua in funzione del tempo di accensione del fornello a gas. Grafico in
basso: stessa misura ma per 500g di acqua.
2.2 Modelli Matematici
15
Le semplici relazioni tra variabili trovate per il processo di variazione della temperatura dell’acqua in una
pentola in funzione del tempo di accensione del fornello a gas sono tipiche di sistemi semplici in cui le
grandezze variabili fisiche in gioco sono in numero limitato e legate da semplici relazioni. Tuttavia non tutti i
sistemi sono semplici, nel senso che è semplice predire il loro comportamento. Esistono dei sistemi che per
l’elevato numero delle variabili in gioco e per i complessi meccanismi che regolano la loro interdipendenza
non hanno la possibilità di essere descritti così semplicemente ed anche il loro comportamento non può
essere determinato con certezza. Tali sistemi sono detti complessi e vengono più propriamente descritti da
modelli matematici complessi. Galileo diceva che la matematica è il l’alfabeto con cui Dio ha scritto
l’Universo per sottolineare come la matematica sia lo strumento che ad oggi conosciamo più adatto a
descrivere e prevedere il comportamento della Natura.
I modelli matematici
approssimano la realtà
fanno previsioni
sono sviluppati con il metodo "trial and error": ipotesi (→ equazioni) (equazioni →) previsioni
confronto tra previsioni e osservazioni (revisione delle ipotesi)
I modelli consentono "esperimenti numerici"
Generalmente, il modello descrive la probabile evoluzione dello stato di un sistema sulla base di dati iniziali
forniti dall'utente (l'input) restituendo dei dati finali (output).
Un esempio di sistema complesso e modello matematico sviluppato per prevederne il comportamento è
quello dell’atmosfera e delle previsioni metereologi che.
Si tratta di un sistema estremamente complicato in cui l’input è costituito dall’informazione sullo stato
atmosferico attuale. Vengono immessi nel modello i valori della temperatura, della pressione atmosferica,
della direzione dei venti e quant’altro di utile presi nel momento attuale e come misurati dalle stazioni
meteorologiche. Questi dati vengono forniti come input al modello basato su equazioni matematiche
complicatissime , dette di Navier-Stokes che calcolatori potentissimi risolvono. L’output che tali calcolatori
forniscono al termine della computazione sono le previsioni atmosferiche. Logicamente più sono precisi i
dati d’ingresso (input) e più preciso il calcolo fatto dai computers, più affidabili saranno le previsioni
meteorologiche.
Un altro concetto importante e che caratterizza il comportamento dei sistemi in generale è la loro capacità
di esercitare controlli più o meno complessi sul proprio stato con meccanismi di retroazione detti feedbacks
I feedback in genere agiscono per riportare all’equilibrio un sistema che tende ad essere portato fuori
equilibrio da un input.
Lea Figura 8 illustra in maniera schematica come questo avviene.
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Figura 8 Schema del meccanismo di controllo tramite feedback in un sistema
L’input produce un output nel sistema, tale output viene esaminato dal sistema e và ad influenzare il
successivo input per riportare il sistema sotto controllo.
Facciamo un semplice esempio: il galleggiamento di una boa.
Ricordiamo il principio base del galleggiamento di un corpo: un corpo galleggia perché riceve dall’acqua una
spinta verso l’alto pari al peso della quantità di acqua che ha spostato (principio di Archimende)
Ora se una boa sotto l’effetto del suo peso tende ad affondare, la forza di Archimede aumenta perché la
parte di boa immersa nell’acqua aumenta e quindi tende a farla risalire; invece se la boa tende a risalire la
forza di Archimede diminuisce e quindi la boa ridiscende perché il suo peso ora preomina. L'intero sistema
si porta alla stabilità, cioè la boa galleggia ad una ben determinata altezza. Se un disturbo influenza la boa
(per esempio le onde), il sistema reagisce oscillando, ma mantiene comunque la stabilità.
Altro esempio di azione di controllo su un sistema tramite feedback è l’Omeostasi nel corpo umano, cioè
retroazione per mantenere la temperatura corporea. Esso è descritto in Figura 9. Se il nostro ipotalamo
registra un aumento di temperatura nel nostro corpo attiva il processo di sudorazione che provoca la
perdita di calore attraverso la sudorazione dalla pelle. Quindi la sudorazione è un processo di feedback
attraverso il quale il nostro corpo tenta di abbassare la temperatura interna avvertendo un suo
innalzamento. Questo spiega perché spesso quando si ha la febbre alta si suda, è il tentativo di feedback del
corpo di riportarsi in condizioni normali.
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Figura 9 schema del processo di feedback detto Omeostasi e che assicura il controllo dell temperatura corporea
3. Modulo 3. Nascita ed Evoluzione dell’Universo, il Pianeta che
abitiamo, le sue Risorse Energetiche,
3.1 Nascita ed evoluzione dell’Universo
Non c’è dubbio che la vita è una fantastica avventura. Le difficoltà ed i problemi si alternano alle gioie ed
alle soddisfazioni in un quadro unico per ognuno di noi. La nostra vita può essere vista come un romanzo di
cui ogni giorno scriviamo una nuova puntata. Ma se volessimo veramente scrivere un romanzo sulla nostra
vita dovremmo seguire la regola delle 5W. La regola è stata inventata dagli anglosassoni e asserisce che per
raccontare bene una storia bisogna dare risposta a queste cinque domande
WHO («Chi»)
WHERE («Dove»)
WHAT («Cosa»)
WHEN («Quando»)
WHY («Perché»)
Alla domanda WHO? la risposta è semplice, ognuno di noi è il protagonista del romanzo della propria vita.
Alla domanda WHERE? la risposta non è più cosi immediata. Per millenni l’uomo si è chiesto quale
struttura, dimensione ed estensione avesse lo spazio in cui viviamo. Al di là della casa, del giardino, della
città ove conduciamo la nostra vita quotidiana, la risposta più difficile da dare e che ha impegnato le menti
e la curiosità di filosofi e scienziati è su come è fatto l’Universo in cui viviamo? Quanto è grande lo spazio
che comprende la terra, il sole, le stelle che vediamo in cielo la notte ed esistono altre stelle e pianeti oltre
a quelli che vediamo?
Ognuno di noi è un essere spazio-temporale, viviamo infatti in un dato luogo e in un determinato periodo
storico e capire bene come è fatto il "luogo" in cui viviamo è per noi una necessità. Abbiamo bisogno infatti
di un "dove" per poter esplicare la nostra esistenza . Che cosa sarebbe di noi senza un "dove"? Per auto-
comprenderci abbiamo bisogno di situarci e di conoscere il luogo del nostro stare
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La scienza ha pian piano svelato che lo spazio in cui viviamo ha dimensioni sconfinate ed è popolato da un
numero impressionante di stelle e pianeti raggruppati in macrosistemi chiamate galassie.
Gli strumenti che hanno permesso di scoprire questa fantastica realtà sono i potentissimi telescopi e
radiotelescopi che l’uomo ha sempre più perfezionato. I telescopi sono occhi che permettono di vedere
oggetti a distanze grandissime pari a miliardi e miliardi di chilometri. I radiotelescopi si spingono ancora più
oltre misurando l’emissione della radiazione dei corpi celesti lontanissimi e non visibile ai telescopi.
L’universo osservabile è incredibilmente vasto. La nostra galassia ha un diametro di circa 100.000 anni-luce
ed è composta da circa 100 miliardi di stelle di cui il nostro Sole è soltanto una di esse. Ma nell’universo
oggi osservato vi sono non meno di altri 100 miliardi di galassie.
Gli oggetti più distanti da noi che siamo in grado di osservare (quasars e galassie) sono distanti circa 10
miliardi di anni-luce. Il che vuol dire che la luce che noi riceviamo oggi da questi oggetti è partita da loro 10
miliardi di anni fa.
L'anno luce è un'unità di misura della lunghezza, definita come la distanza percorsa dalla luce nell'intervallo
di un anno.
Infatti la luce è composta di particelle dette fotoni che viaggiano alla velocità più elevata che si conosca ma
comunque non infinita.
Questa velocità è pari a 300.000KM al secondo.
Per cui un fotone, una particella che costituisce la luce in un anno percorre una distanza pari a
Velocità della luce x giorni in un anno x ore in un giorno x minuti in un ora x secondi in un minuto.
Inserendo i numeri abbiamo
Anno luce =300.000 x 365 x 24 x 60 x 60 = 9461 miliardi di KM
La conoscenza dei corpi celesti che popolano l’Universo è stata ancora più ampliata da un potente
telescopio chiamato HUBBLE, dal nome di un famoso astrofisico autore di scoperte fondamentali per la
comprensione dell’Universo, e che è stato lanciato in orbita attorno alla Terra.
l telescopio spaziale HUBBLE è posto negli strati esterni dell'atmosfera terrestre, a circa 560 km di altezza,
in orbita attorno alla Terra (ogni orbita dura circa 92 minuti). È stato lanciato il 24 aprile 1990 con lo Space
Shuttle Discovery e permette di osservare gli spazi interstellari senza l’interferenza dell’atmosfera terrestre.
Continua ancora oggi a fornire immagini strabilianti raccolte nei punti più lontani dell’Universo e che
contribuiscono ad accrescere la nostra conoscenza sul Cosmo.
La domanda naturale osservando l’Universo è: come e quando è nato? Se vogliamo mantenere l’analogia
con la regola delle 5W, con queste due risposte stiamo rispondendo a What? e When?
Le risposte allo stato attuale delle conoscenze scientifiche in nostro possesso sono.
Come: le osservazioni attuali permettono di concludere che l’Universo nasce con una grande esplosione
detta Big Bang.
Questa considerazione è basata sul dato sperimentale che l’Universo si stà espandendo e che tutto lo
spazio cosmico è pervaso da un rumore di fondo eco della grande esplosione iniziale
Quando: l’Universo è nato almeno 16 miliardi di anni fà.
L’oggetto stellare osservato da noi più lontano dista 16 miliardi di anni luce.
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L’osservazione alla base della Teoria del Big Bang è il dato sperimentale che le galassie si allontanano tra di
loro, come frammenti di una grossa palla di materia esplosa. Questa scoperta è stata fatta da Hubble
osservando attentamente la luce emessa dalle galassie con strumenti detti spettrometri che permettono di
scomporre la luce nei suoi colori costituenti. Si è notato che tale decomposizione mostrava le
caratteristiche di un oggetto in moto di allontanamento dalla Terra (effetto Doppler). Inoltre si è notato che
le Galassie a noi più lontane si allontanano con velocità maggiore.
Altra prova a supporto della Teoria del Big Bang è il rumore di fondo nell’Universo. Questo rumore è nella
forma di una radiazione, detta Radiazione Cosmica di Fondo, che viene interpretata come l’eco
dell’esplosione che ancora si propaga in tutto l’Universo. Gli scopritori di tale rumore di fondo, gli americani
Penzias e Wilson, vinsero nel 1978 il Premio Nobel per questa fondamentale scoperta.
Se l’Universo è nato con una grande esplosione detta Big Bang in cui tutta la materia è stata poi dispersa
nello spazio, la domanda che viene naturale chiedersi è: quanto tempo fa è avvenuta questa esplosione.
La risposta che glia astrofisici possono dare ad oggi è che l’Universo è il Big Bang è avvenuto almeno 13.5
miliardi di anni fa.
Alla base di tale affermazione c’è il dato sperimentale che l’oggetto stellare più lontano dalla Terra è stato
osservato alla distanza di 13.5 miliardi di anni luce. Questo significa che la luce che oggi vediamo
osservando questo oggetto è stata emessa 13.5 miliardi di anni fa. Quindi questo significa che l’oggetto
esisteva già 13.5 miliardi di anni fa e quindi l’Universo è almeno vecchio quanto questo oggetto. Ma
probabilmente lo è ancora di più, perché più osserviamo oggetti lontani da noi più indietro andiamo nel
tempo.
Per capire bene questo concetto osserviamo lo schema in figura 8. Supponiamo di avere una lampadina
spenta ed un osservatore (l’occhio umano in figura) posti alla distanza di 300.000km. Se ad un certo punto
accendo la lampadina la luce impiegherà un secondo a raggiungere l’occhio dell’osservatore. Quindi
l’osservatore vede la luce che la lampadina ha emesso 1 secondo prima.
Figura 10 Un osservatore posto a 300.000km di distanza da una lampadina vede la sua luce 1 secondo dopo che la lampadina stessa viene accesa
In figura 9 al posto della lampadina abbiamo l’oggetto più lontano dalla Terra fino ad ora visto. Poiché è
distante 13.5 miliardi di anni luce, la luce da esso emessa ha impiegato 13.5 miliardi di anni a raggiungerci.
Stiamo vedendo l’oggetto come era 13.5 miliardi di anni fa!
300.000 Km
1 secondo
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Figura 11 La luce emessa dall’oggetto a noi più lontani ha impiegato 13.5 miliardi di anni a raggiungerci
Dal momento che è avvenuto il Big Bang la materia che oggi forma l’universo ha iniziato a formarsi. La
temperatura dell’Universo era altissima e solo dopo 1 secondo dalla nascita è scesa ad 1 miliardo di gradi
centigradi!
Man mano che il tempo passava l’universo si è raffreddato e dopo 3 minuti si sono formate le particelle
elementari che dopo 300.000 anni hanno formato gli atomi, i costituenti fondamentali della materia come
oggi la vediamo e percepiamo
Soltanto dopo qualche miliardo di anni si sono iniziate a formare le prime stelle ed i primi pianeti.
Figura 12. La storia dell’Universo dal Big Bang ad oggi
La figura in alto (Fig.10) descrive in maniera chiara ed intuitiva cose è successo dal momento del Big Bang
(l’esplosione in rosso all’ estrema sinistra dell’immagine) fino alla comparsa dell’uomo (all’estrema destra
13.5 miliardi di anni luce
13.5 miliardi di anni
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dell’immagine stessa). In alto è visibile la scala temporale che va dai primi secondi di esistenza dell’Universo
sino ai giorni d’oggi, 15 miliardi di anni dopo, in cui è comparso l’uomo. La scala in basso invece indica come
la temperatura dell’Universo all’inizio fosse eccezionalmente alta, dell’ordine di miliardi di miliardi di gradi
centigradi. Man mano che il tempo è passato l’Universo si è raffreddato ed oggi gli spazi interstellari sono
freddi con temperature ben al di sotto dello zero.
Volendo restare nell’ambito dell’analogia della storia dell’universo raccontata con la regola delle 5W resta
da dare ancora una risposta
WHY?
Cioè perché, ma qui ci fermiamo e rimandiamo ad altri corsi……
3.2 Il Pianeta che abitiamo
L’Universo si è evoluto nel corso dei 15 miliardi di anni trascorsi dal Big Bang fino al suo stato attuale. Ma la
storia continua, l’Universo è ancora in evoluzione e non apparirà così alle future generazioni nel corso di
qualche miliardo di anni, ammesso che la razza umana non si sia ancora estinta….
Il pianeta che abitiamo, la Terra ha avuto anch’esso una sua evoluzione e tanto bello esso ci appare, nel suo
colore dominante blu dovuto ai mari, nelle foto che ci inviano le sonde in orbita attorno ad essa tanto era
inospitale e desolato quando inizio a formarsi.
Si perché la Terra non è eterna ed anch’essa ha avuto un inizio ed avrà, ahime, una fine.
L’inizio della Terra, la sua nascita, risale a circa 4.5miliardi di anni fa. Una bella età per questa signora e che
oggi comunque qualche acciacco comincia a mostrarlo…
Per seguire lo sviluppo della Terra dalla sua formazione al suo stato attuale immaginiamo di paragonare la
sua età (4.5 miliardi di anni) ad un anno terrestre: così facendo, ogni giorno di questo calendario
corrisponde a 12.328.767 anni reali. In pratica la Terra nasce il 1 gennaio, mentre adesso è la mezzanotte
del 31 dicembre.
In questa analogia nel mese di gennaio (da 4500 a 4117 milioni di anni) nasce il sistema solare. Prima di
tutto la temperatura dell’Universo stà diminuendo ed avviene la Contrazione: un fenomeno ove le
particelle di ferro e silicio si uniscono a polveri, gas e ghiaccio.
Si passa poi alla fase di Differenziazione: gli elementi pesanti cadono verso il centro, gli elementi più leggeri
rimangono in superficie
Infine si forma l’ Atmosfera: un miscuglio di gas composto da metano, idrogeno, azoto, vapore acqueo ed
anidride carbonica. Notare che l’ossigeno non è ancora presente tuttavia questo processo è fondamentale
per la comparsa della vita sulla terra che avverrà in seguito.
Durante il periodo compreso tra 4117 e 3772 milioni di anni di anni fa e che corrisponde al mese di febbraio
nel nostro schema avviene un fatto fondamentale: compare la vita sulla terra nella forma di molecole
organiche. Questo fatto è stato anche dimostrato dall’esperimento di Miller-Urey.
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L'esperimento di Miller-Urey rappresenta la prima dimostrazione che molecole organiche si possono
formare spontaneamente, nelle giuste condizioni ambientali, a partire da sostanze inorganiche più semplici.
L'esperimento fu condotto negli anni 50 da Stanley Miller e dal suo docente, il premio Nobel Harold Urey,
per dimostrare la teoria di Oparin e Haldane, i quali ipotizzavano che le condizioni della Terra primordiale
avessero favorito reazioni chimiche conducenti alla formazione di composti organici a partire da
componenti inorganiche.
Si definisce composto organico un composto in cui uno o più atomi di carbonio sono uniti ad atomi di altri
elementi.
Nel mese di marzo e cioè tra 3772 e 3390 milioni di anni fa nascono i primi organismi viventi.
Fra le molecole che si sono create, ce ne sono alcune molto particolari perché si uniscono a formare i
coacervati.
Successivamente compaiono i primi organismi capaci di fotosintesi, procarioti anaerobi fotosintetici, le
prime alghe.
Grazie alla fotosintesi delle alghe inizia a formarsi un'atmosfera in cui è finalmente presente anche
l'ossigeno.
Sempre durante il mese di marzo, cioè tra 3772 e 3390 milioni di anni fa, inizia la deriva dei continenti, cioè
quello spostamento delle enormi masse di terra emersa sul pianeta e che continuerà a far cambiare
fisionomia al nostro pianeta fino ad oggi. Infatti all’inizio tutti i continenti erano uniti a formare un’unica
terra emersa detta Pangea.
Ad aprile, 3390 a 3020 milioni di anni fa, le alghe si danno un gran da fare per arricchire l'atmosfera di
ossigeno. I batteri e le alghe sono ancora per molto tempo gli unici abitatori della Terra. La terra che i fiumi
hanno strappato dai continenti è trasportata fino agli oceani, dove è sedimentata. Lo strato di questi
sedimenti cresce, pesa e sprofonda fino a solidificarsi: si formano le rocce.
A maggio (3020-2638 milioni di anni fà) si formano le catene montuose: prodotte dallo scontro delle regioni
della crosta terrestre che si muovono grazie alle forze che provengono dal mantello.
Queste orogenesi saranno sempre presenti durante tutta la vita della Terra, come i fenomeni di deriva dei
continenti che le provocano.
Durante il mese di giugno (-2638 a -2268 milioni di anni fa) Il pianeta Terra continua nella sua lenta ed
inesauribile evoluzione:
1. aumenta il numero dei vulcani
2. aumenta il numero delle specie viventi
3. l'atmosfera cambia la sua composizione arricchendosi sempre di più in ossigeno
4. gli oceani diventano sempre più pieni di acqua salata.
A Luglio (2268 a 1886 milioni di anni fà) l’atmosfera è ora simile alla nostra per quanto riguarda la
concentrazione di azoto (80%); l’ossigeno ancora non è al suo massimo, ma è sempre più presente.
Ad Agosto (1886 a -1504 milioni di anni fa) l'Atmosfera è prevalentemente costituita da:
78 % Azoto (N2)
23
20% Ossigeno (O2)
2 % Argon (Ar), anidride carbonica (CO2) ed elementi vari che cambiano da regione a regione in modo quasi
casuale.
Il 21 agosto comincia a formarsi lo strato di Ozono (O3)
L’atmosfera ha ormai raggiunto la sua configurazione attuale. Vediamola un po’ più in particolare
Quanto è spessa l'Atmosfera e dove comincia lo Spazio Siderale?
L'Atmosfera viene suddivisa in quattro strati chiamati SFERE in base all'andamento della temperatura con la
quota:
TROPOSFERA (da 0 a 10km) – La temperatura diminuisce con la quota
STRATOSFERA (10km a 50km) – La temperatura aumenta con la quota
MESOSFERA (da 50km a 80km) - La temperatura diminuisce con la quota
TERMOSFERA (da 80km a 100km) – La temperatura aumenta con la quota
Settembre (da 1504 a 1134 milioni di anni fà) è un mese in cui non ci sono grosse evoluzioni ed la situazione
comincia a stabilizzarsi.
Ad ottobre (da 1134 a 752 milioni di anni fa) compaiono le prime colonie di organismi unicellulari, come ad
esempio i Volvox, e con esse, la differenziazione cellulare. Il 10 ottobre compaiono le prime cellule
eucariote cioè cellule complesse.
A novembre (752 a 382 milioni di anni fà) la vita sulla Terra subisce un'impennata clamorosa e spettacolare:
17 Novembre (540 milioni di anni fa) nascono i trilobiti
27 Novembre si formano i primi scheletri e il primo pesce
28 novembre nascono i primi anfibi.
A Dicembre si completano importanti processi evolutivi.
2 Dicembre: durante il Carbonifero compaiono le prime foreste di felci e conifere, che daranno origine
agli enormi giacimenti di carbone.
13 Dicembre: il primo dinosauro.
31 Dicembre: si sviluppa l’uomo
31 Dicembre (gli ultimi 10 minuti di evoluzione): nella savana africana gli Homo sapiens-sapiens si sono
ben evoluti.
L’uomo quindi compare sulla Terra molto tardi, la sua è a tutt’oggi una piccola comparsa dalla brevissima e
quasi insignificante durata rispetto all’intero film della vita della Terra: eppure quanto forte è stata la sua
impronta sul pianeta!
Questa facile ed intuitivo metodo di descrivere la storia del nostro pianeta può essere utilizzato come
modello di esperienza didattica. Si può dividere la classe in 12 gruppi ed assegnare la preparazione di un
cartellone rappresentante un mese nella scala temporale che abbiamo adottato. Su ogni cartellone saranno
indicati gli aspetti principali relativi allo sviluppo del pianeta in quel periodo. I cartelloni possono poi essere
affissi in maniera sequenziale alle pareti ed ognuno dei dodici gruppi esporrà la propria parte partendo dal
mese di gennaio fino a dicembre.
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Uno strumento molto interessante e che può attirare l’attenzione dei ragazzi per mostrare come il nostro
pianeta sia molto complesso è la bussola.
Come sapete si tratta di un ago di materiale ferroso che ha la proprietà di puntare sempre verso la stessa
direzione indipendentemente da come si fa ruotare la struttura che la sorregge. Questa direzione è il nord
della terra cioè verso il Polo Nord Magnetico che è un po’ differente da quello geografico (Fig.13)
Figura 13. La Bussola punta sempre il suo ago verso nord.
Questa proprietà deriva dal fatto che al centro della Terra si genera un forte campo magnetico che quindi
orienta la bussola.
Si può stimolare la capacità di osservazione della classe portando in aula una bussola (oppure perché no,
costruirne in classe una!) ed effettuare una serie di osservazioni con i ragazzi e lasciarli liberi di
commentare.
3.3 L'energia e Le Risorse Energetiche del Pianeta
L'uomo è figlio della Terra, da essa nasce e da essa trae il nutrimento per la crescita ed il sostentamento.
Ma c'è di più, il pianeta Terra offre all'uomo le risorse energetiche per far sì che la sua vita possa essere un
susseguirsi di azioni. Il concetto di energia è molto complesso ed è stato uno di quelli che più hanno
occupato le menti e gli studi dei fisici di tutti i tempi. Eppure esiste un modo semplice di definire l'energia:
energia è qualsiasi tipo di azione che contribuisce cambiare lo stato di un sistema.
Facciamo un semplice esempio. Un automobile se spenta è ferma ed è un sistema in equilibrio, nessuno dei
suoi parametri che la caratterizzano cambia nel tempo. La sua posizione è sempre la stessa, la sua velocità è
pari a zero, la temperatura del motore sempre uguale e pari a quella dell'ambiente circostante. Se vogliamo
far muovere l'automobile dobbiamo accenderla attraverso la chiave di accensione: ecco che l'energia entra
in gioco. L'apparato di accensione basato su dei circuiti elettrici e sulla batteria della macchina mette in
moto la macchina, tutte le spie di controllo si accendono, il motore inizia a scaldarsi. Inseriamo la marcia e
partiamo: l'automobile ha variato il suo stato, ora la sua posizione varia nel tempo, la sua velocità anche e
la temperatura del motore aumenta. Tutto ciò è avvenuto perchè abbiamo innescato nell'automobile delle
fonti di energia, vediamo quali:
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1) energia elettrica attraverso la batteria che ha azionato di conseguenza tutti gli apparati elettrici
dell'automobile
2) energia da combustione dovuta al carburante che bruciando nel motore genera calore e pressione
3) energia meccanica che la pressione dovuta all'energia da combustione aziona gli ingranaggi che fanno
girare le ruote.
Quindi energia è sinonimo di azione, di lavoro, di cambiamento di uno stato. Ma anche lavoro da effettuare
per mantenere uno stato che le forze naturali tenderebbero ad annullare. Infatti quando l'automobile è a
regime e viaggia a velocità costante dobbiamo continuare a fornire energia al motore per proseguire il
nostro viaggio perchè le forze d'attrito esercitate dalla strada sulle ruote tenderebbero a far fermare
l'automobile.
L'energia per far muovere l'automobile ce la fornisce la Terra. La batteria è basata su un liquido naturale, il
combustibile in genere è benzina che viene estratta dalle viscere della Terra e che è il prodotto della
decomposizione dei fossili nel corso di milioni di anni. L'energia meccanica deriva dalla combustione ed
aumento di pressione dell'aria nel motore, aria che è immessa nel motore dall’atmosfera terrestre.
Quindi la Terra ci fornisce le risorse energetiche alla base della nostra vita quotidiana. Queste risorse
energetiche possono essere classificate in due grandi gruppi: Risorse non rinnovabili e Risorse Rinnovabili.
Andiamo a vedere più in dettaglio cosa significa questa categorizzazione.
Le Risorse NON RINNOVABILI comprendono il petrolio, il carbone, il gas naturale e l’energia nucleare. Esse
tendono ad esaurirsi man mano che l’uomo le usa, sia per l'impossibilità a rigenerarsi, sia per il lungo
tempo necessario a ciò. Prendiamo l’esempio del petrolio, la risorsa non rinnovabile più usata e conosciuta.
Si ritiene ormai provato scientificamente che il petrolio ha la sua origine nella decomposizione dei resti
vegetali ed animali che nel corso di milioni di anni si sono stratificati. La pressione crescente degli strati
superiori ha innescato dei meccanismi chimici che hanno trasformato questi resti di animali e piante in una
melassa altamente energetica, il petrolio appunto. Anche il carbone ed il gas naturale derivano da questi
lentissimi processi di decomposizione di materiale organico e per questo insieme al petrolio costituiscono la
grande famiglia dei combustibili fossili. Il carbone in particolare deriva dalla decomposizione di intere
foreste. Quest risorse sono quindi NON RINNOVABILI perché esse impiegano milioni di anni a formarsi, un
tempo infinitamente più lungo rispetto a quello con cui le consumiamo. Quindi la definizione di NON
RINNOVABILI è non strettamente rigorosa ma basata su considerazioni pratiche. Il petrolio finirà tra circa
100 anni, anche se qui i pareri sono discordanti e c’è un grosso dibattito in corso, ma tra qualche milione di
anni sarà di nuovo disponibile…..basta dare il tempo alle piante ed a viventi do oggi di trasformarsi in fossili
e poi in combustibili!
Le Risorse RINNOVABILI sono quelle che oggi attirano di più l’interesse perché possono rappresentare la via
per un futuro più ecologicamente sostenibile da dare ai nostri figli. Esse sono di molteplice natura ovvero
l'energia derivante da sole, vento, correnti marine, maree, salti d’acqua e così via. Sono accomunate dal
fatto che in linea di principio non si esauriscono mai, indipendentemente da quanta energia usiamo.
Prendiamo l’energia eolica, ovvero prodotta dai venti: finchè il nostro pianeta avrà un’atmosfera ci saranno
i venti e quindi la possibilità di estrarre energia dal suo moto. Se un giorno scomparisse l’atmosfera non
avremmo più energia eolica ma allora i problemi per noi sarebbero un po’ più complessi….
Andiamo ora a vedere un po’ più in dettaglio come si sono formati i combustibili fossili. Iniziamo dal
Carbone.
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Il carbone che si estrae oggi si è formato centinaia di milioni di anni fa nelle paludi preistoriche (345 – 280
milioni si anni fa, periodo Carbonifero). L'ambiente caldo-umido del periodo Carbonifero favorisce
l'espansione delle paludi nelle zone costiere e la crescita di immense foreste. Le zone paludose sono
scenario di abbassamento e innalzamento delle acque marine, provocando il susseguente sprofondamento
della materia organica nel fondale marino.
Le zone costiere periodicamente sommerse sono anche la principale causa della morte di grandi quantità di
foreste e della successiva rinascita del manto vegetale nel momento in cui le terre costiere riemergono. I
resti organici delle piante si accumulano sul fondale marino (o della palude) sotto uno strato di fango e di
sabbia, iniziando il processo di sedimentazione. In un ambiente ad elevata pressione per la presenza
dell'acqua sovrastante e privo di ossigeno atmosferico, i batteri anaerobi riducono progressivamente le
quantità di idrogeno, azoto e ossigeno dalla materia organica vegetale, accentuandone la concentrazione
del carbonio. Al termine di questo lungo processo di trasformazione, detto carbonizzazione, la materia
organica iniziale si è trasformata in carbone, ossia nella materia che oggi utilizziamo come risorsa fossile
energetica.
Passiamo ora a dare una breve descrizione del meccanismo che ha portato alla formazione del petrolio e
del gas naturale. Essi hanno avuto origine negli oceani preistorici (30 – 180 milioni di anni fa).
I resti di organismi marini e piante che crescono sui fondali oceanici, e in misura minore di organismi
terrestri trasportati in mare dai corsi d’acqua, si depositano sul fondo e vengono ricoperti da sabbia, fango
e detriti. In assenza di aria, le sostanze organiche sono attaccate e decomposte da microrganismi. A poco a
poco il carbonio e l’idrogeno prevalgono sugli altri elementi e si formano gli idrocarburi, in parte gassosi e in
parte liquidi, che si accumulano nelle rocce, soprattutto in quelle porose.
Con il tempo le rocce liberano gli idrocarburi di cui sono imbevute, che tendono a salire finché non
incontrano un terreno impermeabile. Qui rimangono intrappolati a formare giacimenti dove, oltre al
petrolio, è spesso presente il metano.
Un’altra fonte di energia non rinnovabile molto importante è quella nucleare. Questa forma di fonte
energetica è classificata tra quelle non Rinnovabili perché è basata su reazioni a catena in materiali presenti
in natura in quantità limitata quali Uranio, Plutonio e Torio.
Nelle reazioni di fissione nuclei di atomi pesanti (uranio, plutonio e il torio) si spezzano producendo nuclei
con numero atomico minore, diminuendo la propria massa totale e liberando una grande quantità di
energia.
Passiamo ora alla descrizione generale delle Fonti di Energia Rinnovabili. La più conosciuta è quella Solare.
Il Sole invia sulla Terra una grande quantità di energia. L’energia consente la vita sulla Terra attraverso ciclo
dell’acqua, venti, movimento delle masse d’acqua, fotosintesi. In particolare, l’energia del Sole può essere
catturata da dei pannelli, detti appunto pannelli solari e convertita in essi in energia elettrica con un
processo con bassissimo, se non nullo, rilascio di inquinanti. Per dare un’idea di quanta energia emette il
Sole si tenga presente che soltanto il 25% di essa raggiunge la superficie terrestre, l’altra va dispersa in vari
processi quali riflessione ed assorbimento da parte dell’atmosfera.
Tra le più importanti risorge energetiche rinnovabili vanno annoverate quelle derivanti dall’acqua e dal
vento. L’energia Eolica sfrutta la rotazione di pale meccaniche mosse dai venti. Questa energia meccanica
derivata dal moto delle pale sotto l’azione del vento è poi trasformata in energia elettrica attraverso delle
speciali turbine.
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Per sfruttare a pieno la forza dei venti ormai si preferisce installare queste pale in mare aperto dove i venti
sono più forti e dove l’impatto delle pale sull’ambiente è mitigato. Queste installazioni sono dette “offshore
wind farm”. La più grande di esse che comprende centinaia di pale eoliche è in costruzione nel Nord della
Scozia in pieno Mare del Nord ove i venti raggiungono anche la velocità di 60/70 km orari.
L’acqua stessa è alla base di importanti fonti energetiche rinnovabili, si pensi alla potenza delle cascate che
con la loro forza ed energia azionano turbine per poi generare energia elettrica. L’Itali è il paese al mondo
ove questa forma di energia idroelettrica è più sfruttata data la ricchezza di acqua del nostro territorio.
Ma ultimamente si stanno affermando anche altre forme di fonti rinnovabili di energia basate sulla forza
delle acque e specificatamente sulla forza delle onde e delle maree. Esse sono basate sul principio che ogni
moto porta con sé energia e che questa energia può essere trasformata in energia elettrica se aziona una
turbina.
Un’altra forma di energia rinnovabile è quella che sfrutta il calore della Terra. All’interno della Terra è
contenuta una quantità enorme di calore, ma esso può essere sfruttato solo in quelle zone dove si trovano
rocce calde, cioè nelle zone vulcaniche. Qui nel sottosuolo, è presente acqua riscaldata dal magma, con
opportune perforazioni essa viene raggiunta e il vapore viene inviato alla turbina, collegata all’alternatore
che produce energia elettrica.
Chiudiamo questo capitolo dedicato alle fonti energetiche rinnovabili con l’energia dalle biomasse.
Le biomasse sono tutti i materiali organici che possono essere trasformati in combustibili
L’energia contenuta in questi materiali deriva dall’energia solare (fotosintesi). Questa energia proviene
anche dagli scarti dell’agricoltura e dell’allevamento degli animali sottoposti a particolari processi che li
trasformano in combustibili solidi, liquidi e gassosi, utilizzabili per la produzione di calore o di elettricità
(e.g. fermentazione biologica).
Figura 14 Schema riassuntivo delle energie rinnovabili
3.4 Lo sviluppo sostenibile
Produrre energia è molto dispendioso sia in termini di costo, sia di impatto sull’ambiente. Si pensi
all’estrazione del petrolio: per produrlo bisogna perforare la terra fino a più di mille metri di profondità
infliggendo alla terra vere e proprie ferite! Inoltre si pensi alle terribili conseguenze di una fuoriuscita di
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petrolio nel mare e l’inquinamento che ne consegue. Spesso per ripulire una zona marina dalle
conseguenze di un rilascio di petrolio e ristabilire le condizioni originali per la flora e la fauna servono
centinaia di anni.
Eppure l’energia è fondamentale per la nostra vita e il nostro sviluppo. Il termine sviluppo sostenibile è
stato coniato proprio per indicare che è un diritto dell’uomo sfruttare le risorse naturali ma che deve farlo
nel rispetto della natura ed assicurando che la generazione presente soddisfi i propri bisogni senza
compromettere le capacità delle future generazioni di soddisfare i loro. Non possiamo distruggere la natura
per soddisfare oggi le nostre esigenze e quindi negare alle generazioni future questa possibilità.
Un uso corretto e responsabile delle risorse energetiche è il primo contributo che ognuno di noi può dare
allo sviluppo sostenibile. Se consumiamo soltanto l’energia di cui abbiamo veramente bisogno e non la
sprechiamo già contribuiamo ad preservare la nostra Terra.
Di fondamentale importanza è educare e rendere coscienti gli alunni sin dai primi anni scolastici di questa
problematica. Da qui il ruolo fondamentale che gioca l’insegnamento nell’ambito della formazione primaria
su questo tema. Molto si può fare ed ecco una lista di argomenti che si possono affrontare in questa ottica:
spegnere le luci quando non servono
spegnere la televisione, il computer e la stampante quando non serve
non sprecare l’acqua
non sprecare la carta
non sprecare il cibo
non aprire il frigorifero inutilmente
collaborare nella raccolta differenziata
sensibilizzare gli altri, i genitori per primi ad adottare tali precauzioni.
È fondamentale prevedere un approccio basato su diverse metodologie didattiche, tra cui principalmente:
muovere dall’ambiente di vita quotidiano dei bambini, dalle loro esperienze e ampliare il loro
orizzonte di conoscenze.
promuovere il punto di vista, le preconoscenze, le esperienze dei bambini, partire da esperimenti:
solo partendo dal loro reale modo di porsi si può pensare di poter modificarne i comportamenti
inadeguati;
favorire l’esplorazione e la scoperta diretta dell’ambiente, problematizzandolo, per spingere gli
alunni a cercare soluzioni anche innovative ai problemi;
sviluppare competenze nel pianificare, investigare, raccogliere, documentare, analizzare e
presentare dati per aiutare i bambini a capire che la realtà nella quale vivono non è qualcosa di
scontato e immodificabile, ma è frutto di decisioni e comportamenti a volte sbagliati e che anche
loro possono e hanno diritto di diventare soggetti attivi nella trasformazione del territorio. E per
questo indagare comportamenti virtuosi e al contrario, comportamenti scandalosi;
integrare la didattica di classe e del territorio con le risorse offerte da internet e dalle nuove
tecnologie;
Le piste da proporre dovrebbero promuovere anche un punto di vista interculturale e favorire la
cittadinanza attiva, fattori trasversali, questi, che dovrebbero essere il fulcro della didattica
contemporanea.
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In ogni caso l’educare all’agire deve essere la stella polare di tale azione.
4. La materia e l’uomo, l'importanza dell'acqua, galleggiamento dei corpi,
gli stati della materia, cambiamenti di stato.
Il tema generale di questo modulo è la materia. Come abbiamo visto l’uomo è spinto da un innato
desiderio-bisogno di conoscere come è fatto lo spazio in cui vive ma altrettanto forte è la necessità di
conoscere, capire e saper utilizzare la materia che compone e che si trova sul Pianeta che abitiamo. Il
nostro mondo è riempito dalla materia, parola che non a caso deriva dal latino “mater” cioè madre. La
materia è la madre del nostro mondo, da essa tutto discende ed ad essa sempre tendiamo. Se restiamo sul
nostro Pianeta, l’acqua è la materia più presente. Il 70% della superficie terrestre è ricoperta dai mari, più
del 70% del nostro corpo è fatto di acqua. Non a caso la materia più presente sul nostro pianeta è quella da
cui scaturisce la vita, senza acqua non nasce vita. Un motivo in più per considerare la materia acqua come
la "mater" per eccellenza.
L’uomo ha subito capito le potenzialità offerte dalla materia ed i grandi benefici che ne potevano scaturire
dal saperla utilizzare, dal controllarla, dal capirne le proprietà. Ben presto ha capito che lavorando le pelli e
creando gli indumenti avrebbe potuto scaldarsi, cosi come le pietre lavorate ed appuntite sarebbero potute
diventare strumenti di caccia preziosi. Per non parlare del fuoco, che scaturiva dallo sfregamento di legnetti
e che cambio il modo di vivere degli uomini primitivi: potevano illuminare la notte, cuocere i cibi, scacciare
gli animali….
Più l’uomo capiva la materia che lo circondava, più progrediva e più migliorava le sue condizioni di vita:
conoscenza della materia e progresso, un binomio indissolubile anche ai giorni nostri. Non per nulla Homo
Sapiens è l’anello finale attuale dell’evoluzione umana che ha saputo affermare il suo controllo sulla natura,
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sul mondo, sulle cose e non sempre con effetti positivi, si pensi alla triste immagine del fungo atomico su
Hiroshima...
L'acqua è uno dei temi fondamentali da trattare nell'ambito della scuola primaria per rendere i bambini
coscienti dell'importanza che riveste nella nostra vita e quanto è fondamentale consumarla con giudizio,
solo quando se ne ha bisogno e con parsimonia. Inoltre quanto è importante preservare tutti i tipi di
ambienti acquiferi dai grandi oceani al più piccolo dei ruscelli.
Vediamo un esempio tratto da un'iniziativa di un importante industria che ha prodotto e messo a
disposizione sul web una scheda didattica sull'acqua. La scheda è adatta per bambini della I o II classe
Ecco di seguito parte delle pagine che costituiscono la scheda. Tra i passaggi a cui occorre prestare più
attenzione c'è quello del ciclo dell'acqua. Esso ci garantisce la continua presenza di acqua sul nostro
Pianeta. Altro punto fondamentale ed a cui occorre dare particolare enfasi è la possibilità dell'acqua di
presentarsi nei tre stati della materia possibili e cioè liquido (acqua da bere), solido (ghiaccio), gassoso
(vapor acqueo, quel fumo che vediamo da scaturire da un pentolino con acqua che bolle). Altro punto
fondamentale è la proprietà dei corpi di galleggiare in acqua, proprietà che deriva dal famoso principio di
Archimede.
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I concetti espressi possono essere approfonditi nelle classi dalla terza in poi. Tra questi quello del
galleggiamento è sicuramente il più stimolante. I corpi galleggiano a causa della spinta che ricevono
dall'acqua sottostante. Consideriamo il corpo che galleggia della persona in Figura. Esso è un corpo in
equilibrio su cui agiscono due forze uguali ed opposte. La forza di gravità, di color rosso, che tende a
spingere il corpo verso il basso. La forza della spinta dell'acqua sottostante , in color verde, che spinge il
corpo verso il basso. Se le due forze sono di uguale intensità, cioè spingono con la stessa forza, il corpo
galleggia. Se la forza in rosso prevale il corpo affonda.
Figura 15 Equilibrio nel galleggiamento: freccia verde=spinta di Archimede, Freccia rossa= attrazione gravitazionale (forza peso)
La forza in verde che l'acqua esercita sul corpo è detta spinta di Archimede. La spinta di Archimede è pari al
peso del liquido che il corpo sposta. Quindi un corpo quando si immerge più acqua sposta più spinta verso
l'alto riceve, più ha probabilità di galleggiare
Il concetto di spinta di Archimede viene affrontato nelle scuole medie tuttavia a livello di scuola primaria è
di estremo interesse stimolare le capacità cognitive dei bambini su due processi così diffusi nella vita
quotidiana come l'affondamento ed il galleggiamento degli oggetti.
Una semplice esperienza che può essere condotta per spiegare in maniera intuitiva il principio di Archimede
può essere condotta utilizzando una bacinella quasi piena di acqua ed un pezzo di plastilina. Dapprima si
chiama un alunno e lo si fà lavorare la plastilina fino a formare una palla densa. Gli si chiede poi di
immergerla in acqua. La classe potrà notare che la pallina di plastilina affonda. Adesso recuperiamo la
pallina e dopo averla asciugata chiediamo all'alunno di lavorarla fino a renderla simile ad una barchetta,
con una superficie quasi piatta ed un pò curva ai bordi. Adesso proviamo ad immergerla nella bacinella. La
classe constaterà che adesso la barchetta di plastilina galleggia. La conclusione evidente è che le proprietà
di galleggiamento o affondamento non dipendono dal materiale soltanto ma anche dalla forma che esso
assume. Nel secondo caso la barchetta di plastilina galleggia perchè la sua superficie è maggiore e sposta
un volume di acqua maggiore che nel caso in cui assume la forma di pallina. Per il principio di Archimede
quindi la barchetta di plastilina riceve una spinta verso l'alto dall'acqua sottostante maggiore di quella che
riceve la pallina. Potete far divertire i ragazzi e mettere dei pesi sulla barchetta di plastilina finchè non
affonda! In questo caso il peso del sistema barchetta + oggetti vince la spinta che il sistema riceve
dall'acqua sottostante ed affonda.
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Figura 16 Esperienza di galleggiamento con la plastilina
Potete sorprendere i vostri ragazzi eseguendo lo stesso esperimento con un arancia immersa nella bacinella
prima con la buccia e poi sbucciata. Come per miracolo, l'assenza della buccia fà affondare l'arancia che
invece prima galleggiava!
Figura 17 Esperienza di galleggiamento con l’arancia con e senza buccia
Provate a stimolare la discussione in classe sul perchè di questo comportamento e confrontate le risposte
con la vera spiegazione. Il motivo di tale comportamento è dovuto al fatto che togliendo la buccia, l'arancia
sposta meno acqua quando viene immersa e quindi riceve una spinta di Archimede verso l'alto minore
rispetto a quando la buccia è presente e quindi affonda.
La forza di spinta che l'acqua può esercitare è veramente forte, provate a mostrare ai ragazzi la foto di una
superpetroliera e tentare di far capir loro quanto deve essere forte la spinta di Archimede per farla
galleggiare! Notare la forma piatta del suo scafo: è fatto apposta per massimizzare la spinta di Archimede.
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Figura 18 L’incredibile potenza della spinta di Archimede: galleggiamento di una superpetroliera dal peso di trecento milioni di chili!
Chiedete ai ragazzi perchè se una falla si apre nello scafo ed entra acqua la nave affonda. Semplice, la
spinta di Archimede resta la stessa ma il peso della nave aumenta e quindi vince trascinando la nave a
fondo!
La materia che ci circonda può presentarsi in diversi stati fisici. I tre stati che si presentano in natura in
maniera visibile sono quelli solido, liquido e gassoso. Il primo passo per consapevolizzare gli alunni delle
prime due classi su questa diversità in cui la materia può presentarsi in natura è quella di saper
categorizzare gli elementi in base allo stato fisico in cui si presentano. Ciò può essere fatto attraverso
oggetti reali portati in classe. Questo permette ai ragazzi di coinvolgere la loro sensorialità per classificare
gli oggetti proposti. Si tratta di un primo approccio sperimentale in cui osservazione e misura permettono
una schematizzazione e classificazione. Gli alunni avranno modo di classificare come solidi gli oggetti che al
loro tatto appaiono duri, resistenti e la cui forma non è modificabile. Avranno modo di classificare liquidi gli
elementi che danno un senso di umidità e bagnato al tatto e che hanno bisogno di un contenitore e che
prendono la forma del contenitore. Infine avranno modo di classificare come gas gli elementi volatili, che
tendono a non poter essere afferrati ed a salire verso l'alto a differenza di gas e liquidi che invece hanno la
caratteristica di cadere verso il suolo se lasciati liberi. Come esempio di gas si può portare il fumo di una
candela accesa in classe.
Il passo successivo consiste nello spiegare perchè questi tre stati della materia si comportano cosi
differentemente, quale è l'origine fisica di questo diverso comportamento. La fisica moderna ha dato una
esauriente spiegazione basata sulla struttura più infinitesima della materia che oggi sappiamo essere
costituita da atomi. Il concetto di atomo è senz'altro avanzato per le scuole primarie. Ricordiamo che un
atomo è costituito da un nucleo contenente particelle cariche positivamente dal punto di vista elettrico
dette protoni unite ad altre neutre dette neutroni. Attorno al nucleo ruotano gli elettroni, con carica
elettrica negativa e mille volte più leggeri rispetto a protoni e neutroni.
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Figura 19 L’Atomo
Gli atomi appartengono a quel mondo detto microscopico le cui dimensioni sono dell'ordine del
miliardesimo di miliardesimo di metro e che nessuno ha mai visto! Il modello di atomo appartiene al
modello di materia che la fisica ha costruito interpretando una molteplicità di esperimenti che potevano
essere spiegati in maniera soddisfacente introducendo il concetto di atomo.
Bene, gli atomi esercitano delle forze tra di loro di natura elettrica e queste forze tendono a tenere gli
atomi legati tra di loro. Nei solidi queste forze sono molto forti e tengono i vari atomi talmente legati l'uno
con l'altro che praticamente hanno una posizione ben precisa e fissa l'uno rispetto all'altro. Da qui la
proprietà dei solidi di avere forma propria e volume proprio.
Nei liquidi queste forze sono un pò più deboli e gli atomi possono muoversi con una maggiore libertà l'uno
rispetto all'altro dando al liquido la proprietà di variare la sua forma ma mantenendo lo stesso volume.
Nei gas i vari atomi sono per lo più indipendenti l'uno dall'altro e non esercitano nessuna forza tra di essi se
non molto flebile e questo ne spiega la loro proprietà di non avere nè una forma nè un volume proprio.
Come mostrato in figura è in ultima analisi la densità degli atomi, cioè quanto sono "impacchettati" l'uno
con l'altro a determinare quanto forti siano le forze d'interazione tra di essi e quindi lo stato fisico.
Figura 20 Gli stati della materia e la densità degli atomi che la compongono
I solidi hanno elevate densità, cioè gli atomi sono molto vicini l'uno con l'altro come le persone sulla metro
quando è piena. Nei liquidi la densità è intermedia e gli atomi godono di una relativa libertà di movimento.
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Nei gas la densità è talmente bassa che gli atomi hanno distanze tra di loro talmente grandi che le forze tra
di loro non hanno alcun effetto.
Si può coinvolgere gli alunni in classe in un gioco in cui ognuno di essi rappresenta un atomo. Fateli mettere
l'uno vicino all'altro molto stretti e chiedete a quello al centro di muoversi. L'alta densità con cui i bambini
sono raggruppati impedisce a quelli al centro di muoversi ed uscire. Bene, questo simula il comportamento
degli atomi in un solido. Adesso dite a bambini di allontanarsi un pò l'uno dall'altro e quindi diminuite la
loro densità. Adesso ognuno di loro avrà un pò più libertà di movimento anche se non potrà proprio
muoversi dove vuole. Questa situazione simula quella di un liquido. Se adesso agli alunni viene chiesto di
mettersi molto lontano uno dall'altro, compatibilmente con lo spazio della classe, vedrete che questa
condizione di bassa densità consentirà loro di godere di libertà di movimento, come gli atomi in un gas.
Interessante può essere mettere alla prova gli alunni chiedendo perchè il gas è l'unico stato della materia
che ha la capacità di sfidare la forza di gravità e salire verso l'alto, cosa che ne liquidi ne solidi possono fare.
Riceverete le risposte più disparate ma vale la pena mettere alla prova la capacità dei ragazzi di
interpretare le osservazioni fisiche. Di fatto il motivo risiede nella incapacità della forza di gravità di
esercitare una forza intensa sul singolo atomo di un gas.
Questa tendenza dei gas a non essere controllati, a salire verso l'alto, ne determina la loro particolare
pericolosità quando sono fonte d'inquinamento.
Le principali fonti di inquinamento atmosferico nelle città sono rappresentate dagli impianti di
riscaldamento invernali e dal traffico veicolare; infatti le combustioni che avvengono in questi macchinari
producono molti prodotti di rifiuto, che spesso sono gas tossici o potenzialmente tossici.
Tra i prodotti di rifiuto pericolosi ricordiamo il monossido di carbonio, il cui livello di concentrazione
nell’atmosfera è andato diminuendo, grazie alla progressiva introduzione delle marmitte catalitiche e alle
campagne di controllo delle emissioni.
Logico richiamare l'attenzione dei bambini sull'emissione di gas di scarico dalle marmitte delle automobili
nel traffico e sulla tendenza del gas rilasciato, per lo più anidride carbonica, a salire verso l'alto.
Un materiale che si presenta in uno stato fisico in una data condizione può cambiare stato e presentarsi poi
in un'altro stato fisico. L'esempio più evidente è quello dell'acqua che può presentarsi nello stato solido
(ghiaccio), Liquido e gassoso (vapor acqueo). In figura la terminologia delle varie transizioni di stato
Figura 21 Le varie transizioni di stato dell’acqua
La temperatura è gran parte delle volte il fattore che determina lo stato di una sostanza anche se altri
fattori concorrono ad accelerare o rallentare il processo. Ecco di seguito una semplice esperienza che
mostra come più aumenta il calore più velocemente avviene la fusione del ghiaccio.
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Il calore non è l'unico parametro che determina la velocità della reazione Ecco di seguito una semplice
scheda che illustra tramite un'esperienza da condurre in classe come la presenza di sale nell'acqua abbassi
la temperatura alla quale l'acqua ghiaccia.
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I passaggi di stato della materia sono intimamente connessi a livello microscopico al fatto che la
temperatura fà aumentare il moto degli atomi. Cioè più riscaldiamo un materiale più i suoi atomi si
agiteranno, più si agiteranno più tenderanno a respingersi, minore sarà la loro densità e quindi meno legati
tra di loro. Questo spiega perchè all'aumentare della temperatura i materiali tendono a passare dallo stato
solido a quello liquido e poi a quello gassoso. Riprendiamo l'esempio che possiamo realizzare in classe.
Mettiamo i ragazzi ben aggruppati l'uno all'altro per simulare uno stato solido. Adesso simuliamo che
riscaldiamo il gruppo, cioè chiediamo loro di agitarsi (piano però altrimenti....). I ragazzi potranno vedere
che agitandosi acquisteranno una loro mobilità e che il gruppo tende a disgregarsi.
L'analogia è: gruppo fermo e compatto (solido) → fornisco calore → il gruppo si agita → il gruppo si
disgrega (liquido)
Vediamo un'altra interessante esperienza da condurre in classe che evidenzia come la pressione anche
quando la temperatura non cambia può apportare dei cambiamenti di stato.
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5. La didattica delle Scienze: schemi di insegnamento, il linguaggio da
usare, “Learning by doing”, “Cooperative learning”, Didattica del gioco,
esempi: liquidi miscibili ed immiscibili, scienze dell’alimentazione.
I moduli precedenti sono stati dedicati ad una revisione di alcuni concetti fondamentali delle scienze per
avere un quadro più generale di cosa significa “ fare scienza”. Questo ci ha permesso di acquisire una
visione d’insieme del processo attraverso il quale la conoscenza scientifica è generata e quello che la
scienza persegue. Questo è un passo necessario per chi si appresta ad insegnare scienza nell’ambito della
scuola primaria: per insegnare bene bisogna trasmettere sicurezza. Più noi siamo padroni della materia che
insegniamo, più lo studente percepirà questa nostra padronanza della materia e sarà affascinato da quanto
gli proponiamo di apprendere. La conoscenza piena di un argomento comporta anche la proprietà di
linguaggio e quindi la possibilità di “accattivarsi” l’interesse dell’ascoltatore.
Passiamo ora a vedere nello specifico quale strategia dobbiamo adottare per stimolare al massimo
l’interesse dei nostri piccoli alunni verso le Scienze e massimizzare il loro apprendimento.
Partiamo dal punto già detto sulla proprietà di linguaggio. Abbiamo visto nel modulo 1 che la Scienza deve
essere oggettiva e rigorosa. Così dovrebbe essere il nostro linguaggio quando insegniamo Scienza ai nostri
piccoli alunni, dobbiamo sforzarci di essere il più possibile oggettivi, cioè trasmettere loro conoscenza che
non dipende dal nostro punto di vista. Inoltre dobbiamo essere rigorosi, cioè precisi e definire in maniera
chiara e precisa ogni concetto che andiamo ad introdurre. Il termine rigoroso è spesso associato al termine
“noioso” nell’accezione comune. Non è il nostro caso, rigoroso per chi insegna scienza significa
semplicemente trasmettere sicurezza, cioè sapere il significato di ogni parola che si usa e tutti sappiamo
quanto i bambini hanno bisogno di sicurezza…..
Concentriamoci all’inizio sull’alunno che abbiamo di fronte, egli prima di essere alunno è un bambino e si
presenta di fronte a noi il primo giorno di scuola con il suo bagaglio di conoscenze acquisite, attraverso
esperienze e scoperte personali. Queste conoscenze sono state acquisite osservando ed ascoltando il
mondo che lo circonda. Il ruolo della scuola nell’insegnamento delle Scienze deve essere quello di
stimolare, supportare ed organizzare questo processo di acquisizione di conoscenze attraverso il metodo
dell’AZIONE-SCOPERTA. La scuola deve assecondare la naturale propensione del bambino a fare esperienza,
evitando impatti traumatici ma nello stesso tempo razionalizzando questo processo.
Nell’integrazione AZIONE - SCOPERTA è il bambino il principale protagonista. Sono loro in prima persona a
costruire le proprie conoscenze attraverso l’AZIONE cioè la partecipazione attiva in classe.
Questa azione si esplicita attraverso l’osservazione e interpretazione dei fatti osservati e di esperimenti
proposti in classe. All’AZIONE segue la SCOPERTA, cioè l’acquisizione di conoscenza. Il Bambino ha
sperimentato, ha agito, ha fatto esperienza e sulla base di questa esperienza ha acquisito una conoscenza.
Vi ricordate nel modulo 1 la definizione di “SCIENZA” come “ acquisizione di conoscenza”? Bene nel
processo di AZIONE-SCOPERTA che il bambino conduce a scuola sotto la guida dell’insegnante c’è un
primordiale atteggiamento scientifico, un primo approccio al “metodo scientifico di Galileo” trattato nel
modulo 1.
Si tratta del concetto di apprendimento del Pedagogo John Dewey che si può riassumere nel concetto del
“learning by doing”, cioè dell’imparare facendo,principio fondamentale della “scuola attiva”.
L’insegnamento non deve essere subito passivamente attraverso la ricezione di nozioni mnemoniche, me
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deve essere il risultato dell’attività volontaria del bambino, impegnato in lavori che rispondano ai suoi
interessi.
Vediamo un’esempio di esperienza che possiamo condurre in classe applicando il metodo del “learning by
doing”.
Classi : II o III elementare
Materiale occorrente: un bicchiere da tavola pieno a tre-quarti di acqua, due contenitori di vetro simili ma
di diverse dimensioni.
Figura 22 Contenitori in vetro per esperienza sul “learning by doing”
Domanda dell’insegnante alla classe: che forma hanno i liquidi?
Si ascoltano le risposte dei vari alunni chiedendo ad ognuno di loro che fornisce una risposta di motivarla in
base alle proprie osservazioni personali
Esperimento: si chiama un alunno a versare il contenuto del liquido nel bicchiere prima in un contenitore di
vetro e poi nell’altro
Interpretazione dell’esperimento: si stimola il ragazzo sperimentatore a trarre delle conclusioni scientifiche
dall’esperienza condotta. Importante: cercare di aiutare l’alunno ad esprimersi in maniera chiara e rigorosa.
Conclusione: i liquidi hanno la forma del recipiente che li contiene.
Quindi tramite questa semplice esperienza didattiche si è appreso (“learning”) attraverso un esperimento
(“by doing”) che i liquidi non hanno una forma propria ma che si adattano alla forma del recipiente che li
contiene.
Si provi a stimolare la classe chiedendo che forma hanno i solidi ed i gas e si tragga la regola generale!
Altrettanto fondamentale come il “learning by doing” risulta essere il concetto di “cooperative learning” o
“ apprendimento cooperativo”. Il “cooperative learning” è un metodo di insegnamento/apprendimento in
cui la variabile significativa,nelle interazioni tra insegnante e studenti, tra studenti e curricolo e studente e
studente, è proprio la cooperazione tra studenti. Le tecniche del lavoro di gruppo, che sono condivise
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anche da altri metodi di insegnamento, nel “cooperative learning” sono fortemente caratterizzate e si
identificano “nell’interdipendenza positiva, nell’interazione faccia a faccia, nell’insegnamento diretto e
nell’uso delle abilità interpersonali, nell’agire in piccoli gruppi eterogenei, nella revisione del lavoro svolto e
nella valutazione individuale e di gruppo”. Un concetto fondamentale del “cooperative learning” quindi è
l’interdipendenza all’interno del gruppo di lavoro: “Essere in interdipendenza con qualcuno significa che per
realizzare qualcosa o raggiungere uno scopo non è possibile agire da soli. Gli altri sono necessari e
indispensabili”. In altre parole, l’interdipendenza positiva si stabilisce quando “ognuno si preoccupa e si
sente responsabile non solo del proprio lavoro, ma anche di quello di tutti gli altri”.
Il “cooperative learning” acquisisce particolare importanza nell’ambito dell’insegnamento della scienza
perché ogni disciplina scientifica non può prescindere dal lavoro di gruppo ed il contributo di ogni
ricercatore in un laboratorio è fondamentale per raggiungere il comune obbiettivo.
Nel “cooperating learning” le attività scientifiche implicano una suddivisione in gruppi che lavorino in
stretta collaborazione, i bambini cooperano per risolvere un problema, per raggiungere uno scopo, per
rispondere ad un quesito.
Vediamo un esempio di esperienza didattica che si può condurre in “cooperative learning”.
Si suddivide una classe di IV o V elementare in gruppi di 5-6 bambini.
Materiale: si distribuiscono ad ogni gruppo tre bicchieri trasparenti, meglio se delle provette in vetro da
laboratorio, vuoti. Inoltre si distribuisce una bottiglietta di acqua naturale del rubinetto, un bicchierino con
un po’ di olio di oliva, un bicchierino con dell’alcool. Un taccuino ed una penna per riportare i risultati
dell’esperimento e provare a trarre una conclusione generale.
Esperimento. Si riempie ognuna delle tre provette o bicchiere a metà con l’acqua. Poi in due si versa un po’
di olio di oliva e nella terza solo alcool. In una delle due provette in cui avevamo versato l’olio d’oliva
versiamo anche un po’ di alcool.
Questa è la situazione che gli alunni si troveranno di fronte ai loro occhi.
Figura 23 Il risultato dell’esperienza sulla miscibilità/immiscibilità dei liquidi
Olio
Acqua +
Alcool
Acqua
Olio
Acqua
Alcool
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Una sola combinazione, e cioè acqua + alcool, si è perfettamente miscelata dando origine ad un liquido in
cui non riusciamo più a distinguere i due liquidi originali che abbiamo mischiato tra di loro.
In tutti e due gli altri casi i liquidi si comportano come se si respingessero tra di loro e non si mischiano
I bambini sono invitati a scrivere una relazione finale sull’esperimento e possibilmente trarre delle
conclusioni generali.
Analisi finale: si procederà a leggere in aula le relazioni che ognuno dei gruppi ha prodotto procedendo poi
ad una discussione generale.
Si illustrerà poi ai bambini che quello che si è osservato è il comportamento dei liquidi miscibili ed
immiscibili.
Due liquidi sono detti miscibili se una volta mischiati tra di loro generano un liquido nel quale non sono più
riconoscibili separatamente (esempio acqua ed alcool).
Due liquidi si dicono immiscibili se una volta mischiati tendono a restare separati e quindi ad essere ancora
ben riconoscibili (esempio acqua ed olio).
Quando tentiamo di mischiare due liquidi immiscibili il più pesante resta a fondo e quello più leggero gli
galleggia sopra.
Nel caso in cui misceliamo prima acqua, poi olio e poi alcol otteniamo un liquido immiscibile perché l’alcool
è immiscibile con l’olio ed è più leggero di esso. Questo spiega la situazione osservata nella terza provetta a
destra in Fig.14
Di fatto ciò che stiamo realizzando è quella che i chimici chiamano una soluzione cioè una miscela di due o
più componenti. In una soluzione possiamo distinguere il solvente ed il soluto.
Il solvente è il componente in quantità maggiore (l’acqua in tutti i casi di fig.14).
Il soluto è il componente presente in quantità minore (alcool ed olio d’oliva in Fig.14).
Se consideriamo le particelle che costituiscono i due liquidi possiamo dire che se i liquidi sono miscibili le
particelle si mischiano liberamente le une con le altre (Fig.15, sinistra). Se i due liquidi sono immiscibili le
particelle restano ben separate le une dalle altre e non si mischiano.
Figura 24 Liquidi Miscibili a sinistra e immiscibili a destra
La raccomandazione è quella di adattare in tutte le esperienze in classe una didattica del gioco, cioè un
atteggiamento volto ad esaltare un approccio fantasioso, volitivo e collaborativo. Il gioco è un’attività
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caratteristica dei bambini, della quale resta testimonianza fin dai tempi più antichi e nelle più diverse
culture. Il bambino apprende giocando e il gioco diviene raffinata strategia di esplorazione e conoscenza
del reale; il gioco è un modo di affrontare vita e apprendimento. n Attraverso il gioco il bambino
sperimenta numerose abilità, mette alla prova le proprie potenzialità, saggia la socialità, sviluppa strategie
di approccio e conoscenza del mondo che lo circonda: opera concretamente percorsi
metacognitivi. Il gioco simbolico, ma anche le altre attività ludiche, quali i giochi di movimento, i giochi con
le costruzioni, i giochi di gruppo, hanno molto spesso effetti positivi sullo sviluppo delle abilità
metacognitive e della personalità in generale.
Un esempio di apprendimento con didattica del gioco: le scienze dell’alimentazione
Classi: I Elementare
PERCORSO DA REALIZZARE:
* Che cosa mangiare ? (Descrizione dell’attività)
* Quando mangiare ? (fase dell’attività)
* Come mangiare ? (fase dell’attività
* Perché mangiare ? (procedimento)
* Cosa ho imparato sugli alimenti ? (Verifica del laboratorio “Alimenti e sapori a mensa”)
DESCRIZIONE
Nel momento in cui si pensa di realizzare un percorso formativo-didattico dell’educazione alimentare
bisogna tener conto l’importanza di realizzare iniziative determinanti per aiutare i bambini a “crescere
insieme”, adottando metodi alimentari che aiutano a prevenire disturbi legati ad una alimentazione
sbagliata. Gli alimenti , il modo di cucinarli , le regole della convivenza sono un aspetto importante di tutte
le culture occidentali ed orientali tanto che è importante affrontare questo argomento con particolare cura
e sensibilità. In quest’ottica il servizio Mensa rappresenta una grande opportunità di conoscenza e di
scambio tra le vari culture. E’ in queste situazioni che spesso i bambini si scambiano opinioni esprimendo i
loro gusti “alimentari”; è in queste occasioni che sbocciano amicizie e complicità. Trattare questo
argomento con i bambini può consentire la conoscenza delle diverse e svariate abitudini alimentari ,
insegnare il piacere della condivisione , ma soprattutto consente agli alunni stranieri un lessico di base sia
dei cibi che delle stoviglie.
Fasi di lavoro
Il lavoro dovrebbe essere strutturato in più Fasi da realizzarsi nell’arco di un quadrimestre. Didatticamente
possiamo disporre dei seguenti obiettivi da raggiungere:
Obiettivo Formativo Generale
Imparare ad utilizzare il momento mensa come luogo gioioso , gustando insieme i vari cibi nel reciproco
rispetto dell’altro;
1) Stimolare la consapevolezza e la maturazione di comportamenti responsabili;;
2) Sviluppare il senso di appartenenza sociale nella condivisione del pasto;
3) Sviluppare la consapevolezza di interiorizzare i valori come: il rispetto di sé e dell’altro;
4) Favorire l’autonomia del bambino attraverso un uso adeguato del tempo mensa;
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5) Abituare i bambini a conoscere e assaggiare tutti i cibi presenti nel menù della mensa scolastica;
6) “Incrementare” il consumo di frutta e verdura;
7) Sviluppare la conoscenza di un lessico di base sia dei cibi che delle stoviglie;
Metodologia
v Degustazioni alimentari
v Ricerche di intelligenti ricette per stare bene con il cibo;
v Cartelloni di gruppo
v Discussione
v Produzione di materiale fotografico
PROCEDIMENTO
Fasi operative da svolgersi durante il momento della Mensa
Perché mangiamo ?
Obiettivo : Comprensione della necessità di nutrirci in modo sano .
Possiamo iniziare il nostro progetto proponendo una discussione sul fatto che il corpo umano è una
macchina “perfetta” e che per lavorare continuamente necessita di introdurre “carburante”, ossia l’energia
necessaria per muoversi e per compiere tutte le attività mentali. Affrontiamo, allora, il discorso delle calorie
e il discorso sulla varietà degli alimenti: proteine, zuccheri e grassi. Dopo aver diviso le due classi in tanti
gruppi, effettuiamo una classificazione degli alimenti attraverso i sette gruppi alimentari:
* Carne,uova , pesce;
* Latte e derivati;
* Cereali ( pane , pasta , riso , patate …)
* Legumi secchi;
* Oli e grassi;
* Frutta e verdura .
Informiamo i bambini l’importanza dei gruppi 1-2-4 che hanno una funzione costruttrice-riparatrice in
quanto aiutano l’organismo a crescere e a riparare le parti che si consumano; i gruppi 3 e 5 hanno una
funzione energetica; i gruppi 6 e 7 hanno una funzione regolatrice e protettiva. A questo punto i bambini
prenderanno coscienza del fatto che ha un’importanza prioritaria assumere cibi sani e semplici.
Attività formative: Gioco n.1 “Pesca – Indovina”
Obiettivo: Aumentare il consumo di frutta e verdura
Mettiamo in un sacco di iuta della frutta e della verdura di varie stagioni. Cerchiamo do dividere gli alunni
in due squadre e sorteggiamo quale inizia per prima. Il rappresentante della squadra sorteggiata, bendato,
pesca nel sacco un solo alimento. A questo punto l’insegnante, prima pescare dal sacco un alimento, poi
propone alle due squadre una serie di domande:
* Di quale alimento si tratta ?
* Che gusto ha? Dolce, salato o acido?
* E’ meglio mangiarlo crudo o cotto ?
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* In quanti e quali modi lo avete già mangiato ?
* Conoscete qualche ricetta per cucinarlo ?
Ad ogni risposta esatta si segnerà un punto, per ogni risposta errata si toglie un punto .
* VERIFICA
Nel verificare gli obiettivi raggiunti dobbiamo fare attenzione al rispetto delle regole, all’ utilizzo delle
stoviglie e nel nominarle correttamente. Si dovrà, inoltre, dare una maggiore chiarezza su come deve
essere una corretta alimentazione nell’arco della giornata , su ciò che è meglio nutrirsi . Per ultimo si
verificheranno anche le capacità di socializzare dei bambini.
Portiamo adesso un esempio di come può essere strutturata una esperienza didattica da eseguire in classe
sull’osservazione al microscopio di cellule animali e vegetali.
Destinatari: classe V
L’esperienza didattica è rivolta a ragazzi della classe V perché richiede conoscenze di base sulle cellule
acquisite negli anni precedenti e una manualità già specifica.
Traguardi delle competenze:
L’alunno ha capacità operative, progettuali e manuali, che utilizza in contesti di esperienza-conoscenza per
un approccio scientifico ai fenomeni.
Prerequisiti:
• Osservare, descrivere, confrontare, correlare elementi della realtà circostante: distinguere piante e
animali;
• Riconoscere la diversità dei viventi (intraspecifica e interspecifica), differenze/somiglianze tra
piante, animali, altri organismi.
• Individuare il rapporto tra strutture e funzioni negli organismi osservati/osservabili, in quanto
caratteristica peculiare degli organismi viventi in stretta relazione con il loro ambiente.
Obiettivi specifici di apprendimento
• Sviluppare la capacità di problematizzare la realtà
• Individuare procedure e strumenti di approccio
• Organizzare percorsi di esperienza
• Fare acquisire agli alunni un metodo scientifico, inteso come metodo razionale che si concretizza nella
capacità di esaminare organismi, situazioni, fatti
• Riconoscere analogie e differenze
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• Introdurre un linguaggio scientifico che permetta di descrivere le esperienze fatte seguendo un metodo
sistematico e utilizzando termini specifici
• Capire cosa sanno/immaginano i bambini degli organismi piccolissimi
• Legare queste osservazioni/riflessioni ad alcune idee essenziali sulle cellule e sugli organismi unicellulari
• Attraverso esperimenti far osservare come i microrganismi, invisibili ad occhio nudo, manifestano la loro
presenza trasformando la materia
• Effettuare esperienze cambiando alcune condizioni per cominciare a intuire la complessità del mondo
intorno a noi
• Osservare la struttura degli esseri viventi e la funzione di ciascuna struttura
Contenuti
• Gli esseri viventi e le loro caratteristiche ;
• Le parti della cellula: la membrana, il citoplasma e il nucleo
• Cellule procarioti e cellule eucarioti
• Le caratteristiche delle cellule vegetali
• Le caratteristiche delle cellule animali
Attività
• Osservare un ingrandimento di un particolare tessuto visto al microscopio
• Confronto tra la cellula animale e la cellula vegetale
• Formulare e verificare ipotesi attraverso il confronto e la discussione in classe
• Fare esprimere agli alunni il loro immaginario scientifico
• Effettuare classificazioni, generalizzazioni, cogliere proprietà, analogie, differenze
• Descrivere parti e funzioni delle cellule
• Organizzare e strutturare una prima sintesi di ciò che gli alunni hanno osservato integrandola con le
conoscenze possedute
• Osservazioni dirette
• Semplici esperimenti in classe
• Realizzazione di disegni e cartelloni
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Competenze in uscita
• saper osservare al microscopio
• saper osservare, riconoscere e descrivere le caratteristiche delle cellule vegetali e animali
Introduzione all’esperienza didattica:
L’attività didattica inizierà con la spiegazione delle caratteristiche degli esseri viventi per poter poi
introdurre gradualmente le cellule animali ed infine le cellule vegetali.
Un essere vivente è definito tale solo se possiede tutte queste caratteristiche contemporaneamente:
o I viventi si nutrono, cioè sono in grado di assumere sostanze dall’ambiente esterno, queste sostanze
vengono poi utilizzate per ricavare i materiali e l’energia per mantenersi in vita, crescere, riparare le ferite e
sostituire parti del corpo invecchiato o danneggiate, in sostanza per tutte le funzioni vitali. Le sostanze di
rifiuto vengono poi eliminate e restituite all’ambiente. A seconda del modo di nutrirsi i viventi si
distinguono in : organismi eterotrofi che come gli animali assumono il nutrimento dall’esterno cibandosi di
altri esseri viventi o dei loro residui e gli organismi autotrofi che come le piante e le alghe sono in grado di
assorbire sostanze dall’ambiente e fabbricare da sé il nutrimento grazie a un processo detto fotosintesi
clorofilliana.
o I viventi compiono un ciclo, cioè ogni essere vivente nasce, cresce, si riproduce e muore. L’insieme
di queste tappe costituisce il ciclo vitale dell’organismo. Durante il ciclo vitale ogni organismo si modifica
continuamente.
o I viventi si riproducono, cioè sono in grado di generare individui simili a se stessi.
o I viventi reagiscono agli stimoli esterni.
o I viventi sono adattati all’ambiente, cioè la forma e le funzioni degli organismi sono il risultato di un
adattamento alle condizioni ambientali ( anche le piante si adattano all’ambiente in cui vivono).
o I viventi evolvono nel tempo, cioè riescono ad adattarsi meglio all’ambiente in cui vivono e possono
trasmettere le loro caratteristiche alle generazioni successive, così a poco a poco gli esseri viventi si
trasformano secondo un processo che prende nome di evoluzione.
Ad un’indagine più approfondita, che richiede l’uso del microscopio, gli esseri viventi rivelano un’altra
caratteristica distintiva rispetto agli oggetti inanimati: risultano essere costituiti da piccolissime unità
chiamate cellule. Ogni cellula, anche non si la si può vedere ad occhio nudo, funziona in modo autonomo
ed è in grado di svolgere tutte le numerose funzioni che consentono ad un organismo di mantenersi in vita.
Alcuni esseri viventi, come batteri e protozoi, sono costituiti da una sola cellula e sono perciò detti
organismi unicellulari, altri come le piante, gli animali e funghi sono detti organismi pluricellulari perché
sono costituiti da molte cellule.
L’insieme degli studi al microscopio e le osservazioni di numerosi ricercatori permisero di arrivare alla
moderna definizione della cosiddetta teoria cellulare secondo la quale:
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1. Tutti i viventi sono formati da una o più cellule,
2. Le cellule costituiscono le unità fondamentali di ciascun organismo;
3. Tutte le cellule derivano da altre cellule.
Grazie all’invenzione del microscopio è stato possibile osservare le strutture cellulari della materia vivente.
Infatti si tratta di uno strumento ottico particolare che riesce ad ingrandire centinaia e più volte qualsiasi
oggetto purché molto piccolo e trasparente. Le cellule della maggior parte degli organismi viventi, pur
presentando una serie di differenze tra loro, risultano formate da questi costituenti principali:
o La membrana cellulare che racchiude la cellula come involucro;
o Il nucleo che è una massa tondeggiante contenente sostanze che gli permettono di svolgere le
funzioni di controllo di tutte le attività della cellula; tali sostanze sono organizzate in piccole
strutture dette cromosomi;
o Il citoplasma, di consistenza gelatinosa, che contiene strutture, dette organuli, che
consentono alla cellula di svolgere le sue funzioni.
In base alla loro complessità si possono distinguere le cellule procarioti e le cellule eucarioti.
Le cellule procarioti hanno una struttura semplice e primitiva sono piccolissime quindi osservabili solo al
microscopio. Non possiedono un nucleo delimitato da una membrana. Gli organismi composti da questo
tipo di cellule sono detti organismi procarioti e sono tutti unicellulari. Sono procarioti i batteri e le alghe
azzurre.
Le cellule eucariote sono più complesse di quelle procarioti. Hanno un nucleo ben definito, delimitato da
una membrana, la membrana nucleare, che lo separa dal citoplasma. Sono anche più grandi e dispongono
di numerosi organuli immersi nel citoplasma.
La cellula animale ha un nucleo tondeggiante delimitato da una doppia membrana interrotta da pori che
mettono in comunicazione il suo interno con il citoplasma.
La cellula vegetale si distingue da quella animale perché possiede alcune strutture in più: parete cellulare
esterna alla membrana circonda la cellula conferendo forma regolare e rigidità, la parete cellulare è
formata da una sostanza detta cellulosa.
Attività di Laboratorio
ATTIVITA’ SU TESSUTI ANIMALI
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Cosa ci occorre….
o Microscopio ottico
o Bastoncino di legno o un cucchiaino
o Vetrini
o Contagocce
o Blu di metilene o altro colorante.
ATTIVITA’ : osservazione delle cellule della mucosa della bocca
Con un cucchiaino si sfrega lievemente la superficie interna della guancia, prelevando un po’ di cellule della
mucosa che riveste la parte interna della bocca. Il materiale ottenuto si depone sul vetrino e con il
contagocce si aggiunge una goccia d’acqua e una di colorante. Si osserva il preparato al microscopio
Domande guida all’osservazione :
- quale forma hanno le cellule?
- i contorni delle cellule si vedono bene?
- ogni cellula presenta un nucleo ben visibile?
- il nucleo si trova al centro della cellula o spostato vicino alla membrana?
- all’interno della cellula distingui qualcos’altro , a parte il nucleo?
Dopo aver eseguito questa attività si possono trarre le seguenti conclusioni :
Le cellule animali sono avvolte da un rivestimento sottile che si chiama membrana cellulare.
Il loro interno è tutto pieno di citoplasma, che appare finemente granuloso .
Il nucleo si trova al centro della cellula ed è ben visibile .
ATTIVITA’ SU TESSUTI VEGETALI
Cosa ci occorre….
o Microscopio ottico
o Cipolla
o Pinzette
o Contagocce
o Vetrino da microscopio
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o Acqua distillata
o Tintura di iodio
o Vetrini
1 ATTIVITA’ : osservazione dell’epidermide di cipolla
Tagliare uno spicchio di cipolla: la cipolla è composta da molte squame rivestite internamente da una
sottile pellicina; con il coltellino si solleva un pezzetto della pellicina e si deposita sul vetrino portaoggetti;
mettere una goccia d’acqua contenente del blu di metilene sulla pellicina.
Coprire il tutto con un vetrino copri oggetti e osservare al microscopio.
Domande guida all’osservazione:
- quale forma hanno le cellule ?
- i loro contorni si vedono bene ?
- all’interno delle cellule vedi un puntino particolarmente colorato (il nucleo) ?
- riesci a vedere il nucleo in tutte le cellule ?
- il nucleo si trova al centro della cellula o verso una sua parete ?
- vedi qualcos’altro all’interno della cellula , a parte il nucleo ?
6. La luce: sorgenti luminose; ombra, trasparenza, riflessione. Il suono: esempi
di produzione e propagazione, intensità, altezza, timbro. La vista e l'udito,
mezzi per la conoscenza sensibile a distanza. Cambiamenti degli organismi:
ciclo vitale di una pianta e di un animale. Condizioni salute dell'organismo
umano: igiene e salute
L’onda è uno dei fenomeni naturali più comuni ed ai quali siamo più abituati sin da piccoli eppure è allo
stesso tempo uno di quelli di più difficile comprensione. Allo stesso tempo è uno dei più usati nel linguaggio
comune, chi non ha mai usato il termine onda elettromagnetica o forno a microonde?
Esiste un modo per cercare di chiarire tale concetto e capirlo meglio dal punto di vista fisico ed è quello di
introdurre il concetto di propagazione.
Facciamo un esempio: il gioco del passaparola. Mettiamo alcuni alunni in fila e chiediamo al primo di
sussurrare una parola all’orecchio del vicino il quale poi la ripeterà a quello successivo e cosi via. La parola
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sarà alla fine giunta all’ultimo bambino della fila che la ripeterà cosi che il primo della fila potrà verificare
che l’informazione è stata trasmessa correttamente. Bene, l’informazione si è propagata lungo la fila senza
che nessun bambino si sia mosso. L’informazione si è propagata senza alcun spostamento d parte di
nessuno. Bene questo è quello che fa un’onda, propaga qualcosa senza bisogno che qualcosa si sposti di
molto per propagarla.
Prendiamo un altro esempio, la “OLA” che gli spettatori fanno allo stadio. Ognuno resta fermo al suo posto
seduto ma si alza solo quando è il suo momento: tutti restano seduti al loro posto ma un’onda si propaga
per lo stadio con un carico di energia ed entusiasmo. Ecco un’onda è una propagazione di energia senza che
la materia si allontani dal suo posto. Già mi vedo che un alunno vi dirà “Professore, ma l’onda che vedo in
riva al mare trasporta l’acqua, tanto che se mi metto con l’ombrellone troppo vicino mi bagna tutto!”. Bene
osservazione arguta, ma potute rispondere che quella non è un’onda nel senso fisico ma che i fisici la
chiamano moto vorticoso. La vera onda in mare è quella che potete osservare in alto mare e qui è facile
constatare che un pezzo di polistirolo che galleggia in acqua si solleva soltanto al passaggio dell’onda
marina e non viene trascinato via: resta al suo posto. Al passaggio dell’onda l’acqua del mare si alza solo un
po’ di livello come gli spettatori quando è il loro turno nell’OLA”!
Queste onde di cui abbiamo portato l’esempio sono dette meccaniche. Esse sono una perturbazione o, più
semplicemente, un movimento, generato da una sollecitazione, che si propaga all’interno di un mezzo
materiale, mettendo in movimento zone via via più lontane dalla zona in cui l'onda è stata generata. Si
propaga un’onda in una corda tesa con un estremo fissato se viene fatto oscillare l’altro estremo, si
propaga un’onda alla superficie di uno specchio d’acqua se vi si fa cadere una goccia o un sasso, si sta
propagando un’onda nell’aria ogni volta che ascoltiamo un suono.
Via via che si propaga, l’onda si attenua. Così, dopo un certo tempo dalla caduta di un sasso, l’acqua di uno
stagno ritorna calma.
Un’onda è caratterizzata da due parametri: l’intensità ed il periodo. Per esempio per un’onda che viaggia in
alto mare l’intensità è quanto è alta l’onda mentre il periodo è quanto tempo passa tra un’onda ed un’altra.
L’inverso del periodo è detto frequenza.
Quello che molti non sanno è che la luce e il suono sono delle onde, di diversa natura ma onde!
Partiamo dalla luce e partiamo da due concetti quasi scontati ma che spesso dimentichiamo: la luce nasce
da una sorgente e percepiamo la luce attraverso i nostri occhi.
Partiamo dal primo concetto: qualsiasi tipo di luminosità i nostri occhi percepiscono sarà possibile
ricondurlo ad una sorgente. Provate a eseguire in classe il seguente lavoro di gruppo nello spirito del
“coopeative learning”. Chiedete ad ogni gruppo di identificare nella classe il maggior numero di sorgenti
luminose possibili e di indicare vicino al nome di ogni sorgente una descrizione del tipo di luce emessa,
indicando per esempio il colore e quanto è forte in intensità. Vi aspetterete che tutti i gruppi indicheranno il
Sole come sorgente della luce che entra dalle finestre della classe, che le lampade sul soffitto sono la
sorgente della luce che permette di vedere meglio (accendetele prima…!). I gruppi più perspicaci e
collaborativi tra di loro vi indicheranno qualche lumicino di qualche spia accesa magari sul computer in
classe e quant’altro.
In ogni caso nessun gruppo riuscirà a trovare una forma di luminosità percepita dagli occhi e che non può
essere ricondotta ad una sorgente. La conclusione è che la luce nasce da una sorgente che è sempre
individuabile e che è sempre un materiale. Questa è la conclusione più importante a cui dovete condurre i
ragazzi: la luce nasce dalla materia. La luce così impalpabile ed eterea nasce da quanto di più concreto
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esista, la materia stessa. Oggi la fisica spiega in maniera esauriente il processo di emissione della luce e ci
dice che sono gli atomi, i più piccoli costituenti della materia stessa ad emettere la luce se vengono
chiamati a farlo. Questa “chiamata ad emettere luce” è detta eccitazione. Prendiamo una lampadina ad
incandescenza, di quelle che ormai stanno per essere sostituite da quelle a basso consumo.
Se la lampadina è spenta possiamo vedere chiaramente attraverso il bulbo di vetro il filamenti, un filetto di
materiale metallico, il tungsteno. Esso è collegato tramite dei fili alla base della lampadina. Bene se la
lampadina è spenta essa non emette luce ed il filamento è opaco. Possiamo dire che gli atomi, le particelle
di materia che costituiscono il filamento stanno a riposo in uno stato di equilibrio (ricordate il modulo 1 e la
lezione sui sistemi in equilibrio…?) e non emettono luce.
Figura 25 Lampadina ad incandescenza
Se accendiamo la luce tramite l’interruttore vediamo che il filamento diventa incandescente ed emette una
luce bianca uniformemente distribuita in tutto lo spazio, cioè la luce esce da ogni punto del bulbo di vetro.
Bene, l’interruttore che abbiamo spinto ha eccitato gli atomi nel filamento di tungsteno ed essi hanno
reagito emettendo la luce! Il sistema è passato da una situazione di equilibrio in cui non emetteva luce ad
un nuovo stato di equilibrio in cui la emette. Qual’ è la differenza tra questi due stati di equilibrio? Semplice
che quello in cui non emette luce è uno stato di equilibrio naturale e che non ci costa nulla mantenerlo (la
luce spenta non si paga!) mentre quello in cui è accesa è uno stato di equilibrio che ci costa mantenerlo,
come ci accorgiamo con la bolletta della luce!
Potete adesso divertirvi a sollecitare i ragazzi in classe con un altro piccolo ma semplice esperimento.
Portate con voi in classe una lampada da tavolo con una lampadina ad incandescenza ed un piccolo
puntatore laser che avrete avuto modo di acquistare (spero sui fondi della scuola…!).
Adesso accendete la lampada ed il puntatore laser magari puntandolo sul soffitto (attenzione agli occhi
sempre!) e chiedete ai ragazzi quali differenze notano nei due tipi di luce emessi.
Le principali differenze che dovrebbero notare sono riassunte nella tabella di seguito
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Colore Direzione
Lampadina Bianco Illumina tutta la classe
Laser Rosso Illumina solo un punto
Le differenze sono notevoli e questo fa del laser una sorgente di luce particolarmente sofisticata. Prima di
tutto per quanto vi possiate sforzare e far sforzare i ragazzi ed i loro genitori non troverete mai un negozio
in cui vi potranno vendere un puntatore laser con luce di colore bianco. Ma nemmeno un laser capace di
illuminare tutta la stanza: la luce laser ha sempre un colore ben definito e illumina sempre un solo punto.
Queste due proprietà vengono chiamate dagli addetti ai lavori coerenza temporale e spaziale e sono alla
base delle fantastiche proprietà del laser che ora è sempre più utilizzato in vari settori dalla medicina alla
tecnologia domestica.
Le ombre sono uno dei fenomeni più comuni legati alla presenza della luce e di fatto ci fanno capire che la
luce è qualcosa che si propaga dalla sorgente fino al punto in cui la si osserva. Infatti se interponiamo un
ostacolo tra la sorgente e lo schermo la luce viene interrotta e sullo schermo non c’è illuminazione cioè ho
l’ombra. Quindi l’osservazione dell’ombra è il metodo più diretto per evidenziare che la luce ha una
sorgente e che si propaga dalla sorgente verso gli oggetti. Data la semplicità del fenomeno delle ombre
esso si presta a molte esperienze didattiche utili e semplici da realizzare. Eccone una proposta
rappresentazione grafica dell’ombra:
(aree principali coinvolte: educazione all'immagine, educazione linguistica, matematica/geometria)
I bambini osservano e disegnano, in cortile, l'ombra proiettata da un loro compagno che "fa la statua",
oppure da un albero basso, o da un vaso con fiori, o da altri oggetti di forma abbastanza complicata
(l'oggetto deve essere uguale per tutti i bambini, al fine di consentire la discussione successiva). I disegni
vengono appesi alle pareti dell'aula e discussi.
L'insegnante dovrebbe fare emergere (possibilmente utilizzando le critiche espresse in classe) gli errori più
grossolani e il fatto che il disegno può risultare diverso a seconda della posizione dell'osservatore. Su tutto
ciò si costruisce (con i vari contributi individuali) un testo di sintesi che viene affiancato ai disegni.
L'insegnante a questo punto (visti gli errori, le imprecisioni, i dubbi) propone di disegnare in cortile l'ombra
di un altro oggetto più semplice (ad esempio una scatola). Si torna in classe a commentare i disegni
prodotti. A distanza di qualche giorno il lavoro può continuare con il disegno a memoria di una situazione di
ombre come quella proposta nella Fig.26
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Figura 26 Schema dell’esercizio proposto sull’individuazione di dove si formerà l’ombra.
Eppure non tutti gli oggetti producono un’ombra se interposti tra la sorgente luminosa ed uno schermo in
cui andiamo a compiere l’osservazione. L’atmosfera terrestre è il caso più evidente: l’aria che respiriamo è
un mezzo materiale vero e proprio eppure la luce lo attraversa come se non ci fosse.