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HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 Sede centrale, via Carlo Errera 7, 00176 RM; Sede operat., via degli Avieri, 00143 RM; Sede legale, via S.Rita 22, 36010 Zanè (VI) Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, facebook: hdig.ong website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected] , [email protected] ; IBAN Banca Friuladria (ag.Thiene-VI): IT43 M 053 3660 7900 0004 6284703 1 ANNO 2018 NOtizie dAl 08 Aprile Al 15 Aprile NOtizie e iNfOrmAziONi SUll’AfricA e, iN pArticOlAre, SUllA SOmAliA e SUi pAeSi del cOrNO d’AfricA, rAccOlte dA AgeNzie, grUppi, iStitUziONi, cON pAreri, cONSiderAziONi ed OSServAziONi SOmmAriO Pag. 02 - 08 apr. Lascia lo speaker del Parlamento, chiusa la crisi politica Pag. 02 - 08 apr. Almeno 7 morti nella esplosione di una mine nella Somalia centrale Pag. 02 - 08 apr. I nostri soldati cacciati dal Niger e dalla Tunisia Pag. 04 - 08 apr. Angola: l'aeroporto di Luanda riprende i voli dopo l'incidente di un aeroplano in atterraggio Pag. 04 - 08 apr. Angola. BNA recupera $ 500 milioni illegalmente trasferiti a Londra Pag. 04 - 09 apr. Somalia sequestra quasi 10 mln Usd su aereo arrivato da Abu Dhabi Pag. 04 - 10 apr. Somalia: tribunale militare conferma condanna a morte per maggiore Abdinassir Hosh Pag. 05 - 11 apr. Emirati-Somalia: ministero degli Esteri di Abu Dhabi condanna il sequestro a bordo del volo della Royal Jet a Mogadiscio. Pag. 05 - 11 apr. Egitto. Trentasei condanne a morte per le stragi in due chiese copte Pag. 06 - 12 apr. Intrigo a Mogadiscio, la Somalia a rischio golpe Pag. 08 - 13 apr. In Somalia una bomba è esplosa durante una partita di calcio, al Shabaab ha rivendicato l’attentato Pag. 08 - 13 apr. Somalia: Jawari ufficializza dimissioni, “lascio per preservare unità del parlamento” Pag. 09 - 14 apr. Africa: Amnesty International, condanne a morte in diminuzione nel 2017 Pag. 10 - 14 apr. Germania, Forze armate tedesche estendono propria presenza nel Sahel Pag. 10 - 14 apr. EUTM, l’Italia in Somalia. Concluso il secondo corso Genio Militare a favore dell’Esercito Somalo Pag. 11 - 14 apr. Somalia: autorità del Sud-ovest offrono 15 mila dollari a disertore al Shabaab Pag. 11 - 14 apr. Somalia-Emirati: capo di Stato maggiore somalo Gorod, autorità di Abu Dhabi autorizzate a inviare denaro a Mogadiscio Pag. 12 - 15. apr. Focus su alcune aree di crisi africane Pag. 13 - 15 apr. Angola. Il Presidente João Lourenço invitato a partecipare alla conferenza sul bacino del fiume Congo

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HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583

Sede centrale, via Carlo Errera 7, 00176 RM; Sede operat., via degli Avieri, 00143 RM; Sede legale, via S.Rita 22, 36010 Zanè (VI)

Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, facebook: hdig.ong website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected], [email protected];

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ANNO 2018 NOtizie dAl 08 Aprile Al 15 Aprile

NOtizie e iNfOrmAziONi SUll’AfricA e, iN pArticOlAre, SUllA SOmAliA e SUi pAeSi del cOrNO d’AfricA, rAccOlte dA AgeNzie, grUppi, iStitUziONi,

cON pAreri, cONSiderAziONi ed OSServAziONi

SOmmAriO Pag. 02 - 08 apr. Lascia lo speaker del Parlamento, chiusa la crisi politica

Pag. 02 - 08 apr. Almeno 7 morti nella esplosione di una mine nella Somalia centrale

Pag. 02 - 08 apr. I nostri soldati cacciati dal Niger e dalla Tunisia

Pag. 04 - 08 apr. Angola: l'aeroporto di Luanda riprende i voli dopo l'incidente di un aeroplano in atterraggio

Pag. 04 - 08 apr. Angola. BNA recupera $ 500 milioni illegalmente trasferiti a Londra

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Pag. 04 - 10 apr. Somalia: tribunale militare conferma condanna a morte per maggiore Abdinassir Hosh

Pag. 05 - 11 apr. Emirati-Somalia: ministero degli Esteri di Abu Dhabi condanna il sequestro a bordo del volo della Royal Jet a Mogadiscio.

Pag. 05 - 11 apr. Egitto. Trentasei condanne a morte per le stragi in due chiese copte

Pag. 06 - 12 apr. Intrigo a Mogadiscio, la Somalia a rischio golpe

Pag. 08 - 13 apr. In Somalia una bomba è esplosa durante una partita di calcio, al Shabaab ha rivendicato l’attentato

Pag. 08 - 13 apr. Somalia: Jawari ufficializza dimissioni, “lascio per preservare unità del parlamento”

Pag. 09 - 14 apr. Africa: Amnesty International, condanne a morte in diminuzione nel 2017

Pag. 10 - 14 apr. Germania, Forze armate tedesche estendono propria presenza nel Sahel

Pag. 10 - 14 apr. EUTM, l’Italia in Somalia. Concluso il secondo corso Genio Militare a favore dell’Esercito Somalo

Pag. 11 - 14 apr. Somalia: autorità del Sud-ovest offrono 15 mila dollari a disertore al Shabaab

Pag. 11 - 14 apr. Somalia-Emirati: capo di Stato maggiore somalo Gorod, autorità di Abu Dhabi autorizzate a inviare denaro a Mogadiscio

Pag. 12 - 15. apr. Focus su alcune aree di crisi africane

Pag. 13 - 15 apr. Angola. Il Presidente João Lourenço invitato a partecipare alla conferenza sul bacino del fiume Congo

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08 apr. Lascia lo speaker del Parlamento, chiusa la crisi politica

Lo speaker del Parlamento somalo, Mohamed Sheikh Osman Jawari, ha rassegnato le sue dimissioni prima che alle camere approdasse una mozione di sfiducia presentata contro di lui. Si chiude così una fase particolarmente delicata per la politica del Paese africano. "Ci eravamo appena riuniti per discutere la mozione contro Jawari - ha raccontato alla Reuters il deputato Dahir Amin Jesow - quando è arrivato il suo vice e ci ha letto la lettera di dimissioni". Tira un sospiro di sollievo il ministro degli Affari costituzionali, Abdirahman Hosh Jibril, che in un tweet ha scritto: "Abbiamo applaudito, il passo

indietro è stato approvato secondo la Costituzione. E' la fine della crisi politica". In precedenza Jawari aveva provato a resistere, respingendo l'ipotesi delle dimissioni. "Non lavoro per loro - aveva detto - non ho intenzione di lasciare". La crisi parte da lontano, ma negli ultimi giorni aveva raggiunto livelli insostenibili. Le accuse contro l'ex speaker (in sostanza il presidente del Parlamento) erano di abuso di potere e ostruzione alla riforma costituzionale. Governo e Parlamento si sono scontrati per settimane. Jawari mantiene la sua posizione dal 2012 e si è contrapposto ad altri deputati su numerose questioni, compresa la mozione di impeachment presentata nel 2015 contro l'allora presidente Hassan Sheikh Mohamud. Il presidente somalo Mohamed Abdullahi Mohamed “Farmajo” ha assicurato che nessuna condizione è stata posta alle dimissioni del presidente del parlamento Mohamed Osman Jawari, annunciate ieri. “Jawari è uno statista e lo ringrazio molto per aver lavorato per oltre 50 anni per il governo. È un esperto di diritto. Ha ricoperto diversi incarichi e la decisione che ha preso è storica”, ha detto il capo dello stato nel corso di una conferenza stampa tenuta oggi nel palazzo presidenziale di Mogadiscio (Villa Somalia). “Faccio appello all'onorevole Jawari affinché continui nei suoi sforzi per contribuire al processo di revisione della Costituzione”, ha poi aggiunto Farmajo, citato dall’edizione online dell’emittente “Radio Dalsan”.

08 apr. Almeno 7 morti nella esplosione di una mine nella Somalia centrale

Nel territorio di Hiraan, nel Comune di Bulo Burti l’esplosione di una mina uccide sette persone, sei appartenenti ad un nucleo famigliare. Le vittime erano in viaggio per trasportare quattro bambini affetti da Morbillo, presso l’ospedale di Gure.

08 apr. I nostri soldati cacciati dal Niger e dalla Tunisia

Avevamo espresso un parere assolutamente negativo sulla opportunità di mandare nostri militari in Niger, con una decisione frettolosa, senza vere motivazioni pratiche e operative, senza una attenta analisi della situazione sul campo ma solo, senza attribuzione di scopo e compiti, probabilmente, per un attimo di velleità sconsiderata di persone non capaci e non abituate a prendere decisioni di tale portata. Un azione a dire il vero di un dilettantismo increscioso. L’Italia è ora stata costretta, con uno schiaffo diplomatico da far arrossire i morti, ad annullare la missione militare nel Paese africano dopo che era stata approvata in gennaio dal Parlamento sulla scorta degli accordi intercorsi tra Roma e Niamey. E come se non bastasse è stato cancellato anche l’invio di soldati in italiani per il contingente Nato in Tunisia: i nostri dirimpettai della Sponda Sud reclamano la collaborazione italiana in campo economico ma non hanno nessuna intenzione che ficchiamo il naso in casa loro per arginare l’immigrazione clandestina e il terrorismo jihadista.

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Non è una situazione così nuova. Ogni volta che l’Italia è coinvolta in una missione militare ricordiamoci dell’Iraq, della Somalia e dell’Afghanistan. Non siamo autonomi. In Somalia nel’92 gli americani non ci davano neppure il permesso di atterrare a Mogadiscio. Come ex potenza coloniale non eravamo graditi. Francesi, americani e britannici nel 2011 hanno bombardato Gheddafi senza farci neppure una telefonata. I nostri alleati, che sono anche dei concorrenti, ci ricordano sempre che abbiamo perso la guerra. Se è vero che sulla marcia indietro del Niger hanno influito le critiche interne alla crescente presenza militare straniera (americana e francese), hanno pesato ancora di più le resistenze della Francia all’arrivo degli italiani _ che non avrebbero svolto missioni di combattimento _ non solo perché Roma “sconfina” nell’area africana sotto influenza di Parigi ma anche perché i nostri militari avevano pianificato di realizzare la loro base a Niamey accanto a quella statunitense, non a quella francese o a quella tedesca.

In poche parole i francesi volevano che gli italiani rispondessero ai loro comandi per combattere i jihadisti alle loro dipendenze nell’Operazione Barkhane insieme ai Paesi del G-5 (Mali, Niger, Burkina Faso, Ciad e Mauritania). Con un sistema militare e di sicurezza che ha preso le mosse dall’intervento francese in Mali del 2013 contro Al Qaeda, Parigi ha organizzato un ritorno in forze di "Francafrique", nel continente dove nell’ultimo mezzo secolo ha compiuto una cinquantina di missioni militari senza contare le operazioni segrete e clandestine. La Francia oggi ha settemila militari in Africa e oltre a Gibuti ha una presenza importante in Senegal, Gabon, Costa d’Avorio e un ruolo decisivo tra il Mali, il Niger il Ciad e il Centrafrica. Insomma i nostri 470 militari in Niger erano un discreto contingente ma in posizione del tutto ancillare rispetto alla Francia: questo avremmo dovuto capirlo subito, come si era già detto e scritto.

Per la Francia non si tratta soltanto della lotta al terrorismo jihadista o ai flussi migratori clandestini ma soprattutto del mantenimento dei rapporti di dipendenza delle ex colonie e del controllo su un’area in cui Parigi ha profondi interessi economici, legati alle materie prime e alle commesse delle aziende francesi. La Total, per esempio, mette a bilancio in Africa un terzo della sua produzione mondiale di petrolio.

Soltanto in Niger la società francese Areva estrae il 30% del fabbisogno di uranio per le centrali nucleari. Il controllo dell’uranio e del petrolio del Sahel sono pilastri della geopolitica francese in Africa. Poi ci sono le armi e la finanza. La Francia nel 2016 è il secondo esportatore di armi nel mondo dopo gli Usa e il Sahel, insieme all'Africa occidentale e centrale, è uno dei suoi clienti di riguardo, anche se meno redditizio delle monarchie del Golfo. Si impongono adesso alcune serie considerazioni sul rapporto tra la Francia e l’Italia e una valutazione sul ruolo di Parigi ostile all’Italia in Africa e nel Mediterraneo, a cominciare dalla Libia fin dalla guerra del 2011. I finanziamenti di Gheddafi per la campagna elettorale 2008 all’ex presidente Nicolas Sarkozy hanno riacceso i riflettori sui veri motivi che spinsero Parigi ad attaccare Gheddafi trascinando Gran Bretagna e Stati Uniti nella disgregazione del maggiore alleato dell’Italia nel Mediterraneo. E’ stata questa la peggiore sconfitta italiana dal secondo dopoguerra che è costata miliardi, centinaia di migliaia di profughi e rivoluzionato con l’argomento immigrazione e sicurezza, dominante in campagna elettorale, il quadro politico interno.

Si dovrebbe riflettere anche sulle intese bilaterali in ballo, dal cosiddetto “Trattato del Quirinale” _ che in gennaio doveva sancire la cooperazione Francia-Italia _ all’accordo sulla cantieristica e l’industria della difesa fino alla cessione di aree marittime del Tirreno alla sovranità francese. Non è un caso che le tensioni con la Francia si siano riaccese in contemporanea con la decisione del governo italiano di far acquistare alla Cassa depositi e prestiti il 5% della Tim in alleanza con il Fondo Elliot nella partita finanziaria contro la Vivendi francese. In una ventina d’anni francesi hanno fatto acquisizioni in Italia per oltre 100 miliardi di euro contro la metà delle aziende italiane in quelle transalpine: da Bnl, Cariparma, Edison, Parmalat, alla fusione Luxottica Essilor. La Francia è insomma un nostro partner ma anche un concorrente che approfitta della nostra storica vulnerabilità in politica estera e, ovviamente, anche di quella economica.

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08 apr. Angola: l'aeroporto di Luanda riprende i voli dopo l'incidente di un aeroplano in atterraggio L'aeroporto internazionale 4 de Fevereiro di Luanda ha riaperto la sua pista mercoledì all'alba dopo essere stato chiuso per sei ore a causa di un incidente con un aereo della compagnia angolana, ha detto all'ANGOP una fonte dell'istituzione. Secondo la fonte, la targa un aereo di piccole dimensioni appartenente ad Air Jet, ha avuto un atterraggio di emergenza a causa di alcuni problemi tecnici, bloccando la pista.

A causa di questo incidente, almeno due aerei dell'Angolan Airlines (TAAG) di Johannesburg e Lisbona sono stati costretti ad atterrare a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo (RDC). Tuttavia, il portavoce del TAAG, Carlos Vicente, ha spiegato che i due aerei sono già tornati a Luanda.

"Le conseguenze sono molte e le perdite enormi, abbiamo dovuto pagare per lo spazio dove erano parcheggiati gli aerei e il costo del carburante, siamo stati costretti a ritardare altri voli, oltre agli imbarazzi creati per i passeggeri in generale, e in particolare quelli che erano in transito verso altre regioni ", ha lamentato il funzionario. L'incidente non ha causato vittime.

08 apr. Angola. BNA recupera $ 500 milioni illegalmente trasferiti a Londra Il ministero delle Finanze ha assicurato, attraverso una dichiarazione alla stampa, che la Banca nazionale dell'Angola (BNA) ha già recuperato i 500 milioni di dollari trasferiti illegalmente dalla banca centrale a Londra. In una vasta dichiarazione pubblicata sul suo sito ufficiale, il Ministero delle Finanze (MINFIN) chiarisce i contorni del trasferimento illegale di BNA 500 milioni a Londra, un'operazione che ha portato l'Ufficio del Procuratore Generale a stabilire come imputati, tra gli altri, il ex presidente del Consiglio di amministrazione del Sovereign Fund, José Filomeno dos Santos, "Zénu", e l'ex governatore della Banca.

09 apr. Somalia sequestra quasi 10 mln Usd su aereo arrivato da Abu Dhabi Le forze di sicurezza somale hanno sequestrato ieri 9,6 milioni di dollari trovati a bordo di un aereo della Royal Jet arrivato a Mogadiscio dagli Emirati Arabi Uniti. In una nota riportata oggi dai media somali, il ministro per la Sicurezza del governo federale somalo ha precisato che il denaro era in tre borse sequestrate a bordo di un Boeing 737 e che sono in corso indagini per stabilire quale fosse la destinazione del denaro.

Il sequestro è avvenuto mentre l’ambasciatore degli Emirati in Somalia, Mohammed Ahmed Othman Al-Hammadi, era in attesa all’aeroporto. Interpellato da Voice of America ha detto che il denaro era diretto al ministero della Difesa somalo per pagare gli stipendi dei soldati. Negli ultimi anni, gli Emirati hanno addestrato le forze locali, in particolare quelle delle regioni Puntland e Oltregiuba. Tuttavia diversi funzionari hanno precisato alla stessa emittente che la somma di denaro è molto più alta di quella necessaria per il pagamento degli stipendi. I rapporti tra Somalia ed Emirati sono piuttosto tesi dallo scorso anno, quando il presidente somalo Mohamed Abdullahi Mohamed Farmajo ha respinto la richiesta di rompere i rapporti con il Qatar, scegliendo una posizione di neutralità nella disputa tra Arabia saudita e Qatar.

10 apr. Somalia: tribunale militare conferma condanna a morte per maggiore Abdinassir Hosh

Il tribunale militare della Somalia ha confermato la condanna a morte per il maggiore Abdinassir Hosh, accusato di aver ucciso il vice comandante della marina somala, Said Adan Yussuf. Lo riferisce il sito di informazione somalo “Goobjoog”. Yusuf è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco nella capitale somala di Mogadiscio lo scorso gennaio. Un mese dopo è arrivata la condanna a morte per Hosh, che ha fatto ricorso contro la sentenza.

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11 apr. Emirati-Somalia: ministero degli Esteri di Abu Dhabi condanna il sequestro a bordo del volo della Royal Jet a Mogadiscio. Il governo degli Emirati Arabi Uniti ha condannato il sequestro, avvenuto domenica scorsa all’aeroporto di Mogadiscio, di 9,6 milioni di dollari in contanti a bordo di un velivolo della Royal Jet proveniente da Dubai. In una nota diffusa oggi, il ministero degli Esteri di Abu Dhabi ha confermato che il denaro, sulla cui destinazione stanno indagando le autorità somale, era destinato al pagamento degli stipendi delle forze di sicurezza somale e ha accusato le forze di sicurezza di Mogadiscio di aver minacciato e aggredito il personale a bordo dell’aereo, definendo l’accaduto “un atto illegale che va contro le consolidate norme e tradizioni diplomatiche tra i paesi” e “una grave violazione delle disposizioni del memorandum d'intesa” firmato tra i due paesi nel novembre 2014 per rafforzare la cooperazione militare. “Gli Emirati Arabi Uniti deplorano questa violazione delle leggi e delle norme internazionali, in un momento in cui (Abu Dhabi) sta fornendo ogni tipo di sostegno politico, economico, militare e umanitario per contribuire alla sicurezza e alla stabilità nella Repubblica federale somala”.

L’episodio ha alimentato le tensioni interne in Somalia, già elevate dopo la crisi istituzionale scoppiata nelle ultime settimane fra il ramo esecutivo e il presidente del parlamento Mohamed Osman Jawari, il quale ha prsentato le sue dimissioni nella giornata di ieri dopo le ripetute pressioni da parte dei suoi avversari. Secondo diversi analisti, lo scontro istituzionale interno al paese sarebbe stato innescato proprio dalle interferenze straniere, degli Emirati in particolare, e l’episodio dell’aereo sequestrato ne sarebbe una ulteriore conferma. Le tensioni si sono fatte via via più pressanti in particolare dopo la firma, il primo marzo scorso, di un importante accordo fra le autorità dell’autoproclamata Repubblica del Somaliland, il governo dell’Etiopia e l’operatore portuale emiratino Dp World per la cessione parziale delle attività del porto strategico di Berbera, co e abbiamo già riferito in altra occasione.

Le relazioni tra Somalia ed Emirati sono tese dal momento che Mogadiscio ha scelto di rimanere neutrale nella crisi esplosa nel giugno scorso fra Arabia Saudita ed Emirati (insieme a Bahrein ed Egitto), da una parte, e Qatar dall’altra. Il governo federale somalo mantiene formalmente una posizione neutrale in questo scontro, ma di fatto sostiene più o meno apertamente il Qatar, avendo messo a disposizione il suo spazio aereo alla Qatar Airlines per ovviare alla chiusura dello spazio aereo di Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti, i cui governi hanno in passato esercitato ripetute pressioni sulle autorità federali somale perché prendessero una posizione di netta condanna nei confronti di Doha.

11 apr. Egitto. Trentasei condanne a morte per le stragi in due chiese copte Il tribunale militare egiziano ha condannato a morte 36 persone, ritenute responsabili del duplice attacco che colpì il 9 aprile 2017, Domenica delle Palme, la chiesa copta di Tanta, a nord del Cairo, e una basilica cristiana ad Alessandria, facendo 44 morti e oltre 120 feriti. La condanna, senza nulla togliere alla gravità dei fatti relativi, non viene certo accolta dai cristiani con soddisfazione. Ma in questo momento il governo egiziano vuole dare una prova di forza e inflessibilità, per motivi più legati alla politica che alla giustizia. La condanna, tra l'altro arriva proprio nel momento in cui è in corso una conferenza per l'abolizione della pena di morte in Africa, ad

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Abidjan, in Costa d'Avorio. Nel continente già 20 Paesi dal 1990 ad oggi hanno abolito l'esecuzione capitale. E l'Egitto risulta il Paese che nel 2016 ha attuato la maggior parte delle condanne con 44 esecuzioni. Segue la Somalia con 14 e la Nigeria con tre. Fu una Domenica delle Palme di sangue e di morte in Egitto quella del 9 aprile 2017. I kamikaze del Daesh, che rivendicò l'attacco, fecero una strage di cristiani copti in due chiese: a Tanta, a nord del Cairo, e ad Alessandria, lasciando sul terreno 44 morti e 118 feriti. Un massacro che fece piombare l'Egitto militarizzato del presidente Abdel Fattah al-Sisi nell'incubo terrorismo del Califfato nero a tre settimane dalla visita del Papa e in una giornata fortemente simbolica per tutto il mondo cristiano. A Tanta venne colpita la chiesa di San Giorgio, gremita di fedeli per il rito che apre la Settimana Santa. L'esplosione avvenne tra le prime file dei banchi, mentre il coro cantava.

12 apr. Intrigo a Mogadiscio, la Somalia a rischio golpe

Tre valigette diplomati con 9,6 milioni di dollari, pari a 35,5 milioni di dirham – sono al centro di un intrigo internazionale che ha per epicentro Mogadiscio. Le tre valigette sono sbarcate domenica all’aeroporto internazionale della capitale somala da un velivolo della Royal jet, compagnia di charter di lusso di Abu Dhabi, insieme a 47 funzionari emiratini. Ad attendere il volo, l’ambasciatore degli Emirati arabi uniti in Somalia. Le valigette, che a quanto pare mancavano di regolare sigillo diplomatico, sono state però intercettate e sequestrate dai doganieri.

Sodi destinati a cosa? I funzionari emiratini hanno dichiarato che si trattava dei fondi per il pagamento degli stipendi delle forze di sicurezza somale e il ministero degli Esteri di Abu Dhabi ha accusato gli agenti di Mogadiscio di aver minacciato e aggredito il personale di bordo definendo l’episodio «un atto illegale», contrario al memorandum d’intesa e cooperazione militare tra Emirati e Somalia risalente al 2014. Ma proprio ieri il ministro della Difesa somalo, Mohamed Mursal Sheikh Abdirahman, ha annunciato la fine del rapporto di cooperazione militare con gli Emirati. «Il governo della Somalia si assume la responsabilità delle forze armate somale», ha dichiarato ai giornalisti, non tralasciando di chiarire che gli agenti finora addestrati e stipendiati dagli Emirati saranno regolarmente pagati già oggi. In uno Stato «fallito», ovvero dove tutti i servizi essenziali, dai trasporti alla sanità, dalla scuola alle poste, sono privati e pagati a caro prezzo, una tale cifra è sufficiente a finanziare un esercito privato e corrompere mezzo Parlamento, quindi a mettere in atto se non una rivoluzione, certamente un tentativo di golpe.

La scelta dei tempi per un improvviso afflusso di denaro porta a un esito intuitivo: potevano servire a risolvere, questa volta in via definitiva e violenta, la crisi istituzionale che da settimane sconvolge la capitale somala e che vede contrapposti il presidente o speaker del Parlamento,Mohamed Osman Jawari – e i suoi seguaci, tra i quali figurano uomini d’affari con contatti stretti con Abu Dhabi divenuti parlamentari – da una parte e dall’altra il primo ministro Hassan Ali Khayre e chi lo ha nominato, cioè il presidente federale Mohamed Abdullahi Mohamed, più noto con il nomignolo di «Farmajo», dall’italiano «formaggio».

Sono evidentemente pareri di parte, senza alcuno straccio di prova o dichiarazione attendibile: cioè, al momento parlano solo coloro che tendono a perorare la causa dell’appoggio al gruppo Katar.Turchia. Secondo una dichiarazione rilasciata due giorni dopo il sequestro dalla Wam, l’agenzia di stampa statale degli Emirati, la somma era destinata al ministero della Difesa somalo per il pagamento dei soldati e delle reclute dell’esercito. La nota specifica che il governo somalo sapeva in anticipo che sarebbero arrivati dei soldi per pagare le truppe addestrate dagli Emirati a Mogadiscio e dei circa mille uomini della polizia marittima formati nella regione del Puntland. Le agenzie di sicurezza somale però restano dubbiose su quetaversione sostenendo che tutto quel denaro non poteva essere destinato all’esercito somalo, il cui salario complessivo ammonta a poco meno di un milione di dollari, una somma dieci volte inferiore a quella sequestrata dai doganieri dell’aeroporto di Mogadiscio.

Ieri il braccio di ferro avrebbe dovuto arrivare a una svolta, Jawari aveva annunciato ufficialmente le sue dimissioni da seconda carica dello Stato, un ruolo di primo piano nella politica che – come ha ricordato lo stesso Farmajo, augurandosi di ritrovarlo al suo fianco nel processo di revisione costituzionale e di riforma da lui

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intrapreso – Jawari ricopriva da 50 anni, prima ministro del dittatore Siad Barre e poi speaker sia delle Corti islamiche che nelle varie amministrazioni di transizione. Ma le dimissioni però, più volte annunciate senza una spiegazione, non sembra siano ancora arrivate ufficialmente.

«Jawari è un uomo colto, parla quattro lingue tra cui un arabo fluente, è un politico esperto, laico, un giurista, ma ha fatto un errore quando ha cercato di presiedere la seduta sulla mozione di sfiducia nei suoi confronti, una settimana fa, facendosi accompagnare da guardie armate», sostiene Shukri Said, analista italo-somala della trasmissione Africa Oggi su Radio radicale.

Nel complesso scenario di fondo c’è l’accordo firmato il 1° marzo tra la società emiratina Dp World e lo «Stato» – non riconosciuto come tale da Mogadiscio- del Somaliland per creare nel porto di Berbera un hub strategico sul golfo di Aden con annessa base militare da utilizzare nella guerra in Yemen. E anche la concessione da parte di Farmajo del suo spazio aereo alla Qatar airlines dopo la chiusura di quelli saudita e emiratino. Con la sua neutralità, Farmajo, insediato nell’era Obama, non sembra prediligere gli alleati di Trump e non vuole inimicarsi gli investitori turchi e qatarioti. E più all’orizzonte, si sono i giacimenti ancora non utilizzati di petrolio somalo.

La Somalia ha dismesso il programma sponsorizzato dagli Emirati Arabi Uniti per addestrare le sue truppe; nuovo segnale che la disputa con il Qatar si sta riversando nel paese del Corno d’Africa. Il governo somalo gestirà il pagamento e la formazione dei soldati, ha detto il ministro della Difesa, Mohamed Mursal Abdirahman, all’agenzia di stampa di Stato della Somalia, Sonna, ripresa da Reuters. Gli Emirati Arabi Uniti hanno addestrato centinaia di soldati dal 2014 come parte di uno sforzo promosso da una missione militare dell’Unione Africana per sconfiggere l’insurrezione islamica e garantire al paese un ritorno alla piena sovranità; il programma è sostenuto anche dalle nazioni occidentali, Turchia e Nazioni Unite. Bisognerà ora vedere chi pagherà la quota-parte degli emirati che esce da questo programma perchè evidentemente la partecipazione emiratina verrebbe a mancare. Inoltre gli Stati arabi hanno forti legami commerciali e influenza in Somalia, ma ciò è compensato ora dall’influenza del Qatar e della sua alleata Turchia, uno dei maggiori investitori stranieri somali. Il ministro della Difesa, per evitare probabili nervosismi del personale addestrato e pagato dagli Emirati ha ritenuto opportuno precisare:«La Somalia assumerà il controllo completo delle proprie truppe addestrate dagli Emirati Arabi Uniti (…) Queste forze saranno aggiunte ai vari battaglioni dell’Esercito Nazionale della Somalia», ha detto Abdirahman, aggiungendo che le truppe saranno integrate in altre unità a partire dal 13 aprile. Il contratto con gli Emirati Arabi Uniti per la formazione delle forze di sicurezza è scaduto nel 2016, anche se nessuno ha precisato che probabilmente conteneva la clausola dell’automatico rinnovo qualora nessuno ne chiedeva la risoluzione ma la mancata precisazione (che riguarda naturalmente anche gli altri anche gli altri

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sottoscrittori) serve a mettere dubbi sull’opinione pubblica frastornata e contraria all’attuale andamento delle alleanze come se i fondi andavano ad alimentare un solo settore della gente somala. Ed infatti ecco il dubbio: non è ancora chiaro come questo flusso potesse essere continuato fino ad ora quasi a significare che non raggiungeva i destinatari finali. Comunque il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti Anwar Gargash ha dichiarato che il suo governo stava cercando di risolvere la questione con Mogadiscio, ma la dichiarazione di Abdirahman mette in dubbio i progressi compiuti. Certamente la situazione è molto complessa e lascia presagire ulteriori sviluppi. 13 apr. In Somalia una bomba è esplosa durante una partita di calcio, al Shabaab ha rivendicato l’attentato

Durante una partita di calcio in uno stadio di Brava, nel sud della Somalia, è esplosa una bomba che, secondo quanto riferito dalla polizia somala all’agenzia di stampa Associated Press, ha ucciso cinque tifosi e ferito altre otto persone. Sembra che sia stato un attacco terroristico che è subito stato rivendicato dal gruppo islamista al Shabaab. Una bomba è esplosa in uno stadio affollato per una partita di calcio a Barawe, nel sud della Somalia, uccidendo cinque tifosi. La città si trova a 220 chilometri a sud-ovest della capitale, Mogadiscio, ed è un porto strategico utilizzato come base dalla Missione dell’Unione Africana in Somalia (AMISOM). Lo riferisce la polizia aggiungendo che altre 8 persone sono rimaste ferite e trasportate in ospedale. Alcuni testimoni hanno riferito che la bomba era sepolta nella sabbia dello stadio. Il gruppo degli Al Shabaab, legato ad Al Qaeda, ha rivendicato l'attentato. Alcuni testimoni hanno riferito che la bomba era posta nell’area della tribuna Vip dello stadio. Secondo le forze dell’ordine nessun giocatore è rimasto ferito. L’obiettivo erano le autorità locali collocate nell’area della tribuna, ma poco prima del match avevano cambiato posto. Al Shabaab è sorto da una costola dell’Unione delle Corti Islamiche, una rete di gruppi islamici che all’inizio del 2006 prese il controllo di Mogadiscio. È un gruppo estremista che raggiunse la sua massima espansione qualche anno fa, ma che negli ultimi mesi ha intensificato molto i suoi attacchi nel centro-sud del paese. Dal 2007 al 2011 arrivò a controllare Mogadiscio e diverse città della Somalia. Nel 2014 aveva subito diverse sconfitte dopo una più intensa offensiva militare delle forze dell’Unione Africana, e sembrava che la sua minaccia si fosse ridotta. Negli ultimi mesi si è però rafforzato. Brava in passato era una roccaforte di al Shabaab, che poi è stato scacciato dall’esercito somalo e dalle forze dell’Unione Africana. Tra le altre cose gli islamisti avevano vietato lo svolgimento di attività sportive nei territori da loro controllati. Al Shabaab continua a essere molto presente nella regione di Brava, il Basso Scebeli, e ha già compiuto molti attentati nella città.

13 apr. Somalia: Jawari ufficializza dimissioni, “lascio per preservare unità del parlamento”

Il presidente del parlamento somalo Mohamed Osman Jawari ha ufficializzato le dimissioni dal suo incarico. Parlando oggi nel corso della sessione straordinaria della Camera bassa di Mogadiscio rinviata da ieri, Jawari ha dichiarato di essersi dimesso per “preservare l'unità del parlamento”. Nel suo discorso di commiato, l'ex speaker

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ha quindi invitato i deputati a difendere l'indipendenza del parlamento e la separazione dei poteri. “La violazione di questi principi porta all'autoritarismo e all'abuso di potere”, ha detto Jawari, citato dalla stampa somala. Il discorso di dimissioni di Jawari, inizialmente previsto per la giornata di ieri ma in seguito rinviato all’ultimo momento per ragioni ignote, giunge dopo che ieri sera lo stesso ex speaker del parlamento ha avuto un incontro risolutivo con il premier Hassan Ali Khayre, con il quale ha ingaggiato uno scontro istituzionale che ha paralizzato il paese nelle ultime settimane. 14 apr. Africa: Amnesty International, condanne a morte in diminuzione nel 2017 La Cina comunque è rimasta nel 2017 lo Stato dove si eseguono oil maggior numero delle condanne a morte. Così segnala Amnesty International nel suo rapporto annuale sulla pena di morte nel mondo, sottolineando che la reale dimensione dell’uso della pena capitale nel Paese asiatico è sconosciuta, poiché i dati relativi sono considerati segreto di Stato. Pertanto, il totale di 993 esecuzioni registrate nel mondo dall’organizzazione nel 2017 e riportate nel rapporto annuale sulla pena di morte “non comprende le migliaia che si ritiene abbiano avuto luogo in Cina”. Amnesty “ha monitorato l’uso della pena di morte nel corso dell’anno, così come le sentenze giudiziarie inserite nel database nazionale pubblico, il China Judgements Online della Corte suprema del popolo“, si legge nel rapporto. “Ancora una volta, Amnesty International ritiene che la Cina sia il paese che esegue la maggior parte delle sentenze capitali nel mondo, mettendo a morte più persone rispetto al resto degli stati mantenitori messi insieme”. L’organizzazione “ha rinnovato la sfida alle autorità cinesi di essere trasparenti e rendere tali informazioni disponibili al pubblico”.

Nel 2017, rispetto ai record negativi degli ultimi anni, le esecuzioni e le condanne a morte registrate a livello globale risultano in calo. A fare grandi passi avanti – secondo quanto riferito da Amnesty – è stata l’Africa subsahariana, “faro di speranza” dove si è registrato un significativo decremento delle condanne a morte e dove ora sono venti gli Stati abolizionisti. Di fronte ad almeno 21.919 prigionieri in attesa di esecuzione nel mondo, Amnesty International segnala tuttavia nel suo rapporto che, nonostante il calo di condanne ed esecuzioni registrato lo scorso anno, “non è il momento di abbassare la guardia”, in quanto in ogni caso, nel 2017, “non sono mancate tendenze preoccupanti” circa il suo uso nel mondo. Amnesty International ha registrato nel 2017 almeno 993 esecuzioni in 23 paesi, il quattro per cento in meno rispetto alle 1032 esecuzioni del 2016 e il 39 per cento in meno rispetto alle 1634 esecuzioni del 2015, il più alto numero dal 1989. La maggior parte delle esecuzioni ha avuto luogo, nell’ordine, in Cina – i cui dati sulle esecuzioni capitali sono tuttavia segreti e l’organizzazione denuncia che sarebbero “migliaia” – , Iran, Arabia Saudita, Iraq e Pakistan. Questi ultimi 4 Paesi sono responsabili dell’84% di tutte le esecuzioni registrate. Le condanne a morte registrate durante l’anno sono state almeno 2591 in 53 stati, un significativo decremento del 17% rispetto al numero record di 3117 condanne inflitte nel 2016. Amnesty sottolinea che nel mondo, 142 Paesi hanno abolito la pena di morte per legge o nella pratica. Le esecuzioni sono notevolmente diminuite in Bielorussia (del 50 per cento, da almeno quattro ad almeno due), Egitto (20 per cento in meno), Iran (11 per cento), Pakistan (31 per cento) e Arabia Saudita (cinque per cento) mentre sono raddoppiate o quasi raddoppiate in Palestina (da tre a sei nella Striscia di Gaza), Singapore (da quattro a otto) e Somalia (da 14 a 24, la metà delle quali nel Puntland). Nella regione subsahariana, la Guinea è diventata il ventesimo stato abolizionista per tutti i reati, il Kenya ha cancellato l’obbligo di imporre la pena di morte per omicidio e Burkina Faso e Ciad si stanno avviando a introdurre nuove leggi o a modificare quelle in vigore per abrogare la pena capitale. Nel 2016, Amnesty International aveva registrato esecuzioni in cinque stati della regione, mentre nel 2017 solo in due, Sud Sudan e Somalia. La ripresa delle esecuzioni in Botswana e Sudan, nel 2018, secondo Amnesty, non deve oscurare i positivi passi avanti intrapresi da altri stati.

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“I progressi dell’Africa subsahariana rafforzano la posizione della regione come faro di speranza e fanno auspicare che l’abolizione di questa estrema sanzione, crudele, inumana e degradante sia in vista”, ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International. Come la Guinea, anche la Mongolia ha abolito la pena di morte per tutti i reati, mentre il Guatemala solo per i reati comuni. Il Gambia ha firmato un trattato internazionale che l’impegna a non eseguire condanne a morte in vista dell’abolizione della pena capitale. Alla fine dell’anno, 106 stati (oltre la metà del totale) aveva abolito la pena di morte per tutti i reati e 142 (oltre due terzi del totale) l’avevano abolita per legge o nella pratica. Ma Amnesty riferisce anche che, in contrasto con quanto prevede il diritto internazionale, 15 Stati hanno emesso o eseguito condanne a morte per reati connessi alla droga, con un numero record nella regione Medio Oriente-Africa del Nord, mentre la regione Asia-Pacifico si conferma quella col maggior numero di stati che usano la pena di morte per quel genere di reati. Amnesty International ha registrato esecuzioni per reati connessi alla droga in quattro stati: Arabia Saudita, Cina, Iran e Singapore. Iran e Malesia hanno emendato la legislazione per ridurre l’uso della pena di morte per i reati connessi alla droga. In Iran sono state inoltre eseguite almeno cinque condanne a morte nei confronti di persone che al momento del reato avevano meno di 18 anni, e nei bracci della morte di questo stato, alla fine del 2017, ve n’erano almeno altri 80. Amnesty International ha anche registrato parecchi casi di persone condannate a morte dopo aver “confessato” reati a seguito di maltrattamenti e torture in Arabia Saudita, Bahrein, Cina, Iran e Iraq. L’organizzazione sottolinea che l’impatto dei passi avanti registrati nel 2017 si vedrà nei prossimi mesi e anni, ma “la circostanza che alcuni stati abbiano compiuto passi indietro o abbiano minacciato di farlo rende la campagna per l’abolizione della pena di morte più necessaria che mai”. “Negli ultimi 40 anni abbiamo assistito a mutamenti positivi rispetto all’uso globale della pena di morte, ma occorrono altre misure urgenti per fermare l’orribile pratica dell’omicidio di stato”, ha evidenziato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.

14 apr. Germania, Forze armate tedesche estendono propria presenza nel Sahel Il governo tedesco intende estendere la missione di formazione e consulenza Eutm in corso in Mali ad altri paesi della regione del Sahel. In futuro i soldati tedeschi saranno schierati anche in Niger, in Mauritania e nel Ciad per offrire consulenza e addestramento nei quartieri generali di una forza antiterroristica regionale di recente costituzione. Il governo federale ha inoltre deciso mercoledì la corrispondente espansione del mandato Eutm-Mali senza modifiche nella lotta contro la pirateria al largo delle coste della Somalia. La missione di addestramento in Mali è iniziata cinque anni fa, rilevando il mandato dalla Francia. Il nuovo mandato esteso si basa su una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dello scorso dicembre, che invita esplicitamente la missione europea a sostenere la task force congiunta dei paesi del Sahel G5 e di cooperare in questo modo con la missione militare internazionale Minusma in Mali, per stabilizzare il paese. Finora il mandato tedesco ha previsto un contingente massimo di 300 soldati, che il prossimo mandato dovrebbe aumentare di 50 unità. Il comando è gestito a rotazione assieme a Italia e Francia: un comandante tedesco ha guidato la missione di addestramento negli anni 2015/16. I costi si attestano intorno ai 36,5 milioni di euro per i dodici mesi, dall'inizio di giugno 2018 alla fine di maggio 2019. L'estensione del mandato della missione Eutm deve essere approvata dal Bundestag nelle prossime settimane.

14 apr. EUTM, l’Italia in Somalia. Concluso il secondo corso Genio Militare a favore dell’Esercito Somalo

I militari italiani in missione in Somalia hanno concluso un nuovo addestramento per 20 militari dell’Esercito Nazionale Somalo. Il 31 marzo scorso, presso il “General Dhagabadan Training Centre” (GDTC) di Mogadiscio si è svolta la cerimonia di chiusura del 2° Combat Engineering Course, organizzato e condotto dal personale dell’European Union Training Mission Somalia (EUTM-S), Missione Addestrativa a guida italiana.

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Venti soldati dell’Esercito Nazionale Somalo (Somali National Army – SNA), appartenenti al 32° Engineering Battalion, hanno completato con successo le diverse fasi dell’attività, sviluppata nell’arco di quattro settimane da parte di trainers italiani, acquisendo le conoscenze e le abilità di base nella costruzione di ostacoli per le manovre tattiche,

nell’impostare una posizione difensiva e nella conoscenza dei dispositivi esplosivi improvvisati (IED). Questi ultimi, ancora oggi, rappresentano una delle armi più devastanti impiegate dai fondamentalisti islamici presenti sul territorio del Corno d’Africa per seminare il terrore, anche tra la popolazione civile, allo scopo di destabilizzare il Governo Federale della Somalia ed imporre la propria religione estremistica. Il mission Force Commander di EUTM-S, Generale di Brigata Pietro Addis, unitamente al Capo del Dipartimento del Genio dell’SNA, Brigadier Generale Omar Jama, al Comandante del GDTC, Brigadier Generale Mohamed Mohamud Saney ed al Comandante del 32° Engineering Battalion, Colonnello Ahmed Shire Warsame, hanno preso parte all’evento.

L’erogazione di tale corso è pienamente conforme al quinto mandato dell’EUTM-S, entro il quale, il passaggio dall’addestramento individuale a quello rivolto ad unità organiche, è stato il principale cambiamento rispetto al precedente. Questo tipo di attività formativa, inoltre, non solo contribuisce efficacemente alla Security Sector Reform (SSR) della Somalia ma, grazie all’intrinseco concetto di “dual use”, rappresenta un ulteriore strumento a disposizione delle forze di sicurezza somale per incrementare la capacità di protezione in favore della popolazione civile. Attualmente le Forze Armate contribuiscono alla missione in Somalia con 123 militari e 20 mezzi terrestri, impiegati in vari ambiti, da quello principale dell’addestramento delle Forze Armate somale alla sicurezza dei movimenti e del contingente, dal supporto logistico e amministrativo a quello di staff del Comandante. 14 apr. Somalia: autorità del Sud-ovest offrono 15 mila dollari a disertore al Shabaab L’amministrazione dello stato del Sud-ovest, in Somalia, ha offerto 15 mila dollari a un esponente del gruppo jihadista al Shabaab che è passato dalla parte delle forze governative. Lo riferisce la stampa locale, secondo cui Mohamed Hasan Adan, noto anche come “Sandhere”, ha lasciato al Shabaab nel mese di gennaio. Ieri, in occasione delle celebrazione del 58mo anniversario dell'Esercito nazionale della Somalia, il presidente Abdullahi Mohamed Abdullahi “Farmajo” ha nuovamente offerto l'amnistia ai combattenti jihadisti che decidono di arrendersi. Anche al Shabaab, da parte sua, ha spesso offerto ricompense ai militari governativi disertori.

14 apr. Somalia-Emirati: capo di Stato maggiore somalo Gorod, autorità di Abu Dhabi autorizzate a inviare denaro a Mogadiscio

Ed ecco che viene a galla la pretestuosità di alcune forze di sicurezza, al soldo di qualche potentato politico /governativo che ha architettato la crisi tra i due paesi in merito al sequestro delle borse con i soldi degli emirati arabi in ossequio ad un accordo stipulato 3 anni prima e in attesa di rinnovo. Il capo di Stato maggiore delle forze armate somale Abdiweli Jama Gorod ha coraggiosamemte dichiarato oggi di aver scritto una lettera alle autorità aeroportuali di Mogadiscio per autorizzare gli Emirati Arabi Uniti a spedire il denaro sequestrato domenica scorsa a bordo di un volo della Royal Jet proveniente da Dubai. Parlando all’emittente statunitense “Voice of America-Somalia”, Gorod ha fatto sapere di non aver specificato nella lettera il volume di denaro da spedire, aggiungendo che già in passato le autorità emiratine hanno inviato denaro a Mogadiscio nell’ambito dei loro sforzi per pagare gli stipendi delle forze armate somale. “I miei predecessori erano soliti scrivere lettere simili per chiedere alle autorità aeroportuali somale di autorizzare le autorità emiratine ad inviare denaro a sostegno della forze armate di Mogadiscio”, ha detto il capo di Stato maggiore,

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che si è detto sorpreso per l’inchiesta in corso sulla destinazione dei 9,6 milioni di dollari requisiti domenica scorsa, 8 aprile, all’aeroporto di Mogadiscio. Gorod non ha quindi voluto commentare la decisione del governo somalo di interrompere l’accordo di cooperazione militare con gli Emirati Arabi Uniti siglato nel novembre 2014 e ce stavano correttamente rispettando gli impegni, precisando che il suo ruolo è esclusivamente quello di impartire ordini ai militari somali.

15. apr. Focus su alcune aree di crisi africane

Repubblica Democratica del Congo. Una recente ondata di combattimenti continua ad affliggere il territorio nord-orientale della regione Ituri nella Repubblica Democratica del Congo. In un’ondata di attacchi che hanno avuto inizio nel dicembre del 2017, decine di migliaia di membri della comunità Hema hanno lasciato le proprie abitazioni per sfuggire agli aggressori Lendu. Più di 40.000 congolesi sono fuggiti dal Paese per cercare rifugio nella vicina Uganda, mentre altre decine di migliaia hanno viaggiato verso la città di Mahagi a nord e verso la provincia di Bunia, a sud. Le tensioni tra le comunità Hema e Lendu esistono fin dal dominio coloniale belga. La comunità Hema è stata obbligata a un accesso sproporzionato all’educazione e alla ricchezza creando un divario socio-economico enorme con la comunità Lendu.

Uganda. L’Uganda ha in programma di introdurre una nuova tassa agli utenti dei social media a partire da luglio per aumentare le entrate statali. Gli attivisti dei diritti umani hanno denunciato l’azione governativa come l’ennesimo tentativo del presidente Yoweri Museveni di soffocare la libertà di espressione e annullare il dissenso al suo mandato. Il ministro delle finanze Matia Kasaija affermato che la tassa verrà addebitata ad ogni utente di telefonia mobile che usa social network. Dei 41 milioni di abitanti dell’Uganda, più di 23 sono abbonati alla telefonia mobile e 17 milioni utilizzano internet. Il governo ha bloccato l’accesso ai social media durante le ultime elezioni generali del 2016, una mossa utilizzata da altri sovrani trincerati in Africa in risposta ai movimenti di base contro di loro. Solo il mese scorso la Tanzania ha introdotto una legge che ha imposto a qualsiasi cittadino gestore di blog o sito web, di pagare una tassa annuale.

Tanzania. Secondo i dati comunicati dal primo ministro tanzaniano, Kassim Majaliwa, le entrate del Paese sono quadruplicate, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, grazie alla vendita della tanzanite. Il presidente, John Pombe Magufuli, la scorsa settimana ha inaugurato un muro di 24 chilometri attorno alle miniere nel nord del Paese come parte degli sforzi per frenare il furto e la conseguente perdita di entrate. Le miniere di Mirerrani in particolare producono rare gemme di tanzanite blu-viola. Magufuli è noto per la sua posizione contro la corruzione che ha portato al licenziamento di alti funzionari governativi.

Kenya. La costruzione del muro di separazione sul confine tra Kenya e Somalia si è temporaneamente fermata, per consentire ulteriori negoziazioni tra i due stati. Il presidente kenyano Uhuru Kenyatta e il presidente somalo Mohamed Abdullahi Farmajo si incontreranno presto per concordare alcune “questioni spinose” prima che il progetto proceda. I governatori delle città di confine Mandera Ali Roba e Gedo Mohamed M. Mohamed hanno riferito che le consultazioni sono in corso da più di due anni sul programma di sicurezza avviato dal governo kenyano. Le questioni da discutere includono la ragione del progetto, i suoi effetti sulle attività quotidiane e il destino delle abitazioni sul confine. Sono state contrassegnate per la demolizione 64 abitazioni lungo il confine per consentire il completamento del progetto, supervisionato dal dipartimento di ingegneria del Kenya Defence Forces.

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Il Kenya aveva annunciato la costruzione del muro di sicurezza per impedire ai militanti somali di al-Shabaab di entrare nel Paese. Successivamente il progetto, per ragioni economiche è stato trasformato in una recinzione metallica con una trincea parallela. Ne sono stati completati solo otto chilometri.

15 apr. Angola. Il Presidente João Lourenço invitato a partecipare alla conferenza sul bacino del fiume Congo L'invito del presidente congolese Dennis Sassou Nguesso al suo omologo angolano è stato trasmesso mercoledì a Luanda dal ministro degli affari esteri e della cooperazione congolese, Jean Claude Gakosso. Jean Gakosso ha affermato che il vertice internazionale è il risultato di un'iniziativa per proteggere la fauna e la flora dei paesi che condividono il bacino del fiume Congo. Con un'estensione di 4.700 chilometri, il fiume Congo, noto anche come fiume Zaire, è il secondo fiume più lungo in Africa. Come inviato speciale, Jean Claude Gakosso ha anche affermato di aver discusso con il Presidente João Lourenço della situazione nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), citando i progressi in preparazione delle elezioni di dicembre. L'Angola e il Congo stanno monitorando il processo della RDC al fine di aiutare e, insieme alla comunità internazionale, assicurare che gli obiettivi che tutti vogliono (elezioni libere ed eque) siano raggiunti. Entrambi i paesi godono di relazioni di cooperazione, con uno stress per i settori politico-diplomatico, i trasporti, il petrolio, il commercio, il turismo, l'ambiente.