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Anno 2018

n. 3

Novembre - Dicembre

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Come sarebbe a dire, solo trent’anni? Quanto gli dovevano dare?

Il delitto era orribile, senza dubbio, ma se ne conoscono di gradevoli?

Naturalmente si dava la colpa allo sconto dovuto al rito abbreviato.

C’è una nuova scuola di pensiero giuridico che propone di abrogare il rito speciale

e comminare semplicemente il massimo della pena. Potremmo chiamarla la scuola

del bruto ma forse ci spingeremmo oltre nella critica.

Qualcosa che non funzione però c’è, ci deve essere.

Bordin M.,

“Bordin Line”, Il Foglio, 2 aprile 2019

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Camera Penale di Napoli

Centro Studi “Giovanni Bisogni”

Dipartimento “Rassegna giuridica”

Coordinatore:

Aldo Franceschini

Vice-coordinatore:

Amedeo Bucci de Santis

Comitato di redazione:

Gerardo Auletta

Emma Lorena Cappuccio

Fabio Cavalli

Carmine Gatto

Angelo Mastrocola

Giuseppe Musella

Alessandro Orabona

Giovanni Petranico

Alfonso Tatarano

Mariagiovanna Veneruso

Editing:

Aldo Franceschini

Copertina:

N.S.I. S.a.s. di Pirozzi Gianfranco

Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero Sabina Coppola, Raffaele Corrente,

Errico Frojo, Carmen Moscarella, Marco Muscariello, Antonio Scotto Rosato, Luigia

Santoro, Sergio Schlitzer, Francesco Sogliuzzo, Francesco Talamo

Rassegna giuridica realizzata dal Centro Studi della Camera Penale di Napoli per la

diffusione tra gli iscritti

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Centro Studi “Giovanni Bisogni”

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Indice

Opinioni p. 9

Comunicato dell’Associazione Italiana dei Professori di Diritto penale, per Radio

radicale p. 9

La Fondazione Premio Napoli a sostegno di Radio Radicale p. 9

Novità normative p. 11

Il mutuo riconoscimento dei provvedimenti di congelamento e confisca

Reg. UE 14 novembre 2018 n. 2018/1805 p. 11

Il (primo) decreto sicurezza del Governo Giallo-Verde

l. 1 dicembre 2018 n. 132 p. 12

Fondo per le vittime dei reati intenzionali violenti: come accedervi

l. 30 dicembre 2018 n. 145 p. 15

Whistleblowing: tutela dei segnalanti e potere sanzionatorio dell’ANAC

ANAC, delibera 30 ottobre 2018 n. 1033 p. 16

Giurisprudenza sovranazionale p. 19

La applicazione della legge Severino (ineleggibilità e decadenza da talune cariche

pubbliche) a delitti commessi prima della sua entrata in vigore

C. edu, 27 novembre 2018, Berlusconi vs Italia p. 19

Giurisprudenza costituzionale p. 21

L’aiuto al suicidio nella fase esecutiva

C. cost., 24 ottobre 2018, dep. 16 novembre 2018, n. 207 p. 21

Estensione della disciplina della detenzione domiciliare speciale alla detenzione

ordinaria previa prognosi di insussistenza del pericolo concreto di commissione di

ulteriori delitti

C. cost., 25 ottobre 2018, dep. 22 novembre 2018, n. 211 p. 23

La motivazione per relationem della ordinanza emessa dal giudice competente, ai

sensi dell'art. 27 c.p.p., a seguito di invio atti dal giudice dichiaratosi incompetente

C. cost., 10 ottobre 2018, dep. 22 novembre 2018, n. 214 p. 24

Bancarotta fraudolenta e pene accessorie fisse

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Indice

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C. cost., 25 settembre 2018, dep. 5 dicembre 2018, n. 222 p. 25

Abuso di informazioni privilegiate ed applicabilità della confisca per equivalente ai

fatti commessi anteriormente alla entrata in vigore della legge n. 62 del 2005

C. cost., 23 ottobre 2018, dep. 5 dicembre 2018, n. 223 p. 26

Messa alla prova nel procedimento ordinario e iscrizione nel casellario giudiziale

C. cost., 7 novembre 2018, dep. 7 dicembre 2018, n. 231 p. 27

La competenza per materia in caso di lesioni lievissime a danno del figlio naturale

C. cost., 7 novembre 2018, dep. 14 dicembre 2018, n. 236 p. 28

Giurisprudenza di legittimità p. 31

Sezioni unite p. 31

La detenzione di sostanze stupefacenti eterogenee non preclude la configurabilità

dello spaccio di lieve entità

Cass., Sez. un., 27 settembre 2018, dep. 9 novembre 2018, n. 51063 p. 31

La declaratoria di inammissibilità per carenza di interesse dell’appello cautelare

proposto dall’ente avverso la misura interdittiva

Cass., Sez. un., 27 settembre 2018, dep. 14 novembre 2018, n. 51515 p. 32

Il delitto di pornografia minorile ed il superamento della prova del pericolo concreto

di diffusione del materiale pedopornografico

Cass., Sez. un., 31 maggio 2018, dep. 15 novembre 2018, n. 51815 p. 33

Sezioni semplici p. 35

I. Diritto penale p. 35

I parametri valutativi per l’applicazione della recidiva

Cass., Sez. III, 17 aprile 2018, dep. 3 ottobre 2018, n. 49668 p. 35

La diffamazione si configura anche se l'autore della frase offensiva comunica

esclusivamente con due persone

Cass., Sez. I, 24 settembre 2018, dep. 7 novembre 2018, n. 50423 p. 36

Particolare tenuità del fatto anche in caso di ulteriori denunce e di “precedenti di

polizia”

Cass., Sez. IV, 4 ottobre 2018, dep. 15 novembre 2018, n. 51526 p. 37

La non estendibilità del divieto di “comparaggio” agli integratori alimentari

Cass., Sez. VI, 19 aprile 2018, dep. 16 novembre 2018, n. 51946 p. 37

I presupposti del reato di oltraggio a un magistrato in udienza

Cass., Sez. VI, 16 ottobre 2018, dep. 12 dicembre 2018, n. 51970 p. 38

Reati elettorali: pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici e sospensione

condizionale della pena

Cass., Sez. I, 16 gennaio 2018, dep. 21 novembre 2018, n. 52522 p. 39

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L’esercizio abusivo della professione forense e la non operatività dell’art. 131-bis

c.p.

Cass., Sez. II, 13 novembre 2018, dep. 22 novembre 2018, n. 52619 p. 40

Furto in supermercato. Ricorre la circostanza aggravante del mezzo fraudolento

anche in caso di omesso utilizzo del sistema del self scanning

Cass., Sez. IV, 8 novembre 2018, dep. 23 novembre 2018, n. 52827 p. 41

Classificazione di un luogo di privata dimora nel reato di furto

Cass., Sez. V, 11 ottobre 2018, dep. 27 novembre 2018, n. 53200 p. 42

Mancata previsione della partecipazione al giudizio del terzo interessato alla

restituzione della cosa confiscata al di fuori delle ipotesi previste dagli artt. 104-bis

disp. att. c.p.p. e 240-bis c.p.

Cass., Sez. II, 12 ottobre 2018, dep. 28 novembre 2018, n. 53384 p. 43

La compatibilità tra recidiva e continuazione

Cass., Sez. III, 12 settembre 2018, dep. 4 dicembre 2018, n. 54182 p. 44

Il reato di omissione di atti di ufficio non sanziona il rifiuto di un atto urgente

Cass., Sez. VI, 26 settembre 2018, dep. 5 dicembre 2018, n. 54426 p. 45

L’alterazione della cartella clinica configura il falso materiale in atto pubblico

Cass., Sez. V, 22 ottobre 2018, dep. 11 dicembre 2018, n. 55385 p. 46

L’elemento soggettivo del delitto di riciclaggio

Cass., Sez. II, 23 ottobre 2018, dep. 17 dicembre 2018, n. 56633 p. 47

La qualificazione giuridica nelle ipotesi di mancato pagamento del pedaggio

autostradale

Cass., Sez. II, 31 ottobre 2018, dep. 18 dicembre 2018, n. 56933 p. 48

Il delitto di frode in pubbliche forniture nell'esecuzione del contratto avente ad

oggetto il servizio di refezione reso in favore di una scuola privata

Cass., Sez. VI, 26 settembre 2018, dep. 20 dicembre 2018, n. 57858 p. 48

La responsabilità del consulente esterno per la sicurezza sul lavoro

Cass., Sez. IV, 9 ottobre 2018, dep. 21 dicembre 2018, n. 57937 p. 49

La condotta negligente del lavoratore e l’accertamento del nesso causale negli

infortuni

Cass., Sez. IV, 5 dicembre 2018, dep. 27 dicembre 2018, n. 58272 p. 50

Configurabilità del delitto di peculato in capo ad un amministratore di sostegno

Cass., Sez. VI, 21 novembre 2018, dep. 21 dicembre 2018, n. 58237 p. 51

II. Leggi speciali p. 53

Il datore di lavoro: “sentinella” dell’incolumità fisica dei propri lavoratori

Cass., Sez. III, 25 maggio 2018, dep. 6 novembre 2018, n. 50000 p. 53

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Indice

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L’applicabilità della aggravante di cui all’art. 219 alle ipotesi di bancarotta

societaria

Cass., Sez. V, 16 maggio 2018, dep. 7 novembre 2018, n. 50489 p. 54

Reati stradali: guida in stato di ebbrezza ed esclusione della punibilità per particolare

tenuità del fatto

Cass., Sez. IV, 13 settembre 2018, dep. 12 novembre 2018, n. 51304 p. 55

La causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto nella

contravvenzione di porto di armi od oggetti atti ad offendere

Cass., Sez. I, 17 settembre 2018, dep. 13 novembre 2018, n. 51393 p. 56

La portata applicativa della causa di forza maggiore nelle ipotesi di omesso

versamento IVA

Cass., Sez. III, 6 luglio 2018, dep. 26 novembre 2018, n. 52971 p. 56

La confisca per equivalente può disporsi anche in assenza di sequestro e non occorre

individuare i beni da apprendere

Cass., Sez. III, 21 settembre 2018, dep. 21 novembre 2018, n. 52998 p. 57

Responsabilità omissiva per difetto di vigilanza nei reati edilizi

Cass., Sez. III, 21 settembre 2018, dep. 26 novembre 2018, n. 53000 p. 58

Il reato di manipolazione del mercato ex art. 185 TUF

Cass., Sez. V, 19 ottobre 2018, dep. 28 novembre 2018, n. 53437 p. 59

I limiti dell’efficacia probatoria della prova dichiarativa e tecnica nei delitti di

omessa dichiarazione

Cass., Sez. III, 16 luglio 2018, dep. 3 dicembre 2018, n. 53980 p. 60

Guida in stato di ebbrezza in bicicletta: conseguenze

Cass., Sez. IV, 11 ottobre 2018, dep. 3 dicembre 2018, n. 54032 p. 61

Disapplicabilità del foglio di via non legalmente dato da parte del giudice di merito

Cass., Sez. Fer., 27 luglio 2018, dep. 4 dicembre 2018, n. 54155 p. 62

L’imprescrittibilità dell’ordine di demolizione inflitto dal giudice penale

Cass., Sez. III, 21 novembre 2018, dep. 11 dicembre 2018, n. 55372 p. 62

La legittimazione alla proposizione della querela nel delitto di infedeltà patrimoniale

Cass., Sez. V, 7 novembre 2018, dep. 18 dicembre 2018, n. 57077 p. 64

Sostituzione della pena pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità: consenso

dell’imputato

Cass., Sez. I, 10 ottobre 2018, dep. 28 dicembre 2018, n. 58485 p. 64

III. Diritto processuale penale p. 67

Impedimento a comparire del difensore

Cass., Sez. III, 17 aprile 2018, dep. 3 ottobre 2018, n. 49668 p. 67

Ingiusta detenzione cautelare: colpa grave ostativa al riconoscimento dell’indennizzo

solo se adeguatamente provata

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Cass., Sez. IV, 20 settembre 2018, dep. 2 novembre 2018, n. 49900 p. 68

La truffa telematica si consuma nel luogo in cui la vittima versa il denaro

Cass., Sez. I, 17 ottobre 2018, dep. 5 novembre 2018, n. 49988 p. 69

Il divieto di esercitare la professione di commercialista

Cass., Sez. II, 19 settembre 2018, dep. 6 novembre 2018, n. 50065 p. 70

Perquisizione illegittima e inutilizzabilità degli elementi di prova

Cass., Sez. III, 18 giugno 2018, dep. 8 novembre 2018, n. 50657 p. 70

Accertamento della continuazione fra reati nella fase esecutiva

Cass., Sez. I, 17 settembre 2018, dep. 13 novembre 2018, n. 51398 p. 71

Utilizzabilità delle dichiarazioni rese nei PVC in presenza di indizi di reato

Cass., Sez. III, 18 settembre 2018, dep. 14 novembre 2018, n. 51497 p. 72

La ricorribilità della sentenza-concordato

Cass., Sez. IV, 24 ottobre 2018, dep. 15 novembre 2018, n. 51564 p. 73

La configurabilità dell’assoluto impedimento a comparire dell’imputato o del

difensore

Cass., Sez. II, 30 ottobre 2018, dep. 19 novembre 2018, n. 52086 p. 74

Rifiuto di sottoporsi ad alcoltest

Cass., Sez. IV, 8 novembre 2018, dep. 21 novembre 2018, n. 52380 p. 74

Rapporti tra sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, diretta o per

equivalente, e concordato preventivo

Cass., Sez. III, 17 luglio 2018, dep. 21 novembre 2018, n. 52428 p. 75

I motivi dell’impugnazione sono specifici anche se ripropongono argomenti disattesi

dal primo giudice

Cass., Sez. I, 14 giugno 2018, dep. 21 novembre 2018, n. 52526 p. 76

L’inefficacia della dichiarazione di nomina del difensore di fiducia inoltrata all’AG

con PEC

Cass., Sez. V, 25 ottobre 2018, dep. 27 novembre 2018, n. 53217 p. 77

Il sequestro preventivo dell’opera pubblica ultimata

Cass., Sez. III, 10 luglio 2018, dep. 29 novembre 2018, n. 53638 p. 78

Inammissibilità dell’impugnazione per c.d. aspecificità

Cass., Sez. IV, 14 giugno 2018, dep. 5 dicembre 2018, n. 54223 p. 79

Le condotte riparatorie nel procedimento dinanzi al giudice di pace

Cass., Sez. IV, 14 giugno 2018, dep. 5 dicembre 2018, n. 54223 p. 80

L'utilizzabilità nel processo penale degli esiti dell'attività ispettiva svolta dalla

Guardia di Finanza

Cass., Sez. III, 16 ottobre 2018, dep. 12 dicembre 2018, n. 55488 p. 81

Sequestro conservativo e diritti del terzo contitolare

Cass., Sez. II, 14 novembre 2018, dep. 20 dicembre 2018, n. 57829 p. 82

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I criteri di calcolo dell’indennizzo per ingiusta detenzione

Cass., Sez. IV, 5 dicembre 2018, dep. 27 dicembre 2018, n. 58298 p. 83

Sequestro preventivo operato nei confronti del terzo e diritti conseguenziali

Cass., Sez. III, 18 maggio 2018, dep. 27 dicembre 2018, n. 58327 p. 84

Sequestro preventivo di un intero locale quando si tratta solo di alimenti in cattivo

stato di conservazione. Abnormità della misura e adeguamento

Cass., Sez. III, 20 settembre 2018, dep. 27 dicembre 2018, n. 58328 p. 85

IV. Esecuzione e sorveglianza p. 89

La natura del reclamo in materia di pregiudizio da detenzione inumana o degradante

Cass., Sez. I, 14 giugno 2018, dep. 21 novembre 2018, n. 52526 p. 89

Trattenimento vaglia postale: obblighi motivazionali

Cass., Sez. I, 16 novembre 2018, dep. 13 dicembre 2018, n. 56197 p. 90

Giurisprudenza di merito p. 91

Diritto penale p. 91

Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose

Trib. Salerno, Sez. I, GM, 19 ottobre 2018, dep. 17 gennaio 2019, n. 3309 p. 91

Il reato di associazione di stampo mafioso

G.i.p. Napoli, Uff. IV, 9 luglio 2018 2018, dep. 28 novembre 2018, n. 1132 p. 91

Datore di lavoro “furbetto” che compensa indebitamente indennità Inps mai erogate

Trib. Benevento, Coll., 26 ottobre 2018 2018, dep. 10 gennaio 2018, n. 1426 p. 93

Leggi speciali p. 94

Il porto abusivo di armi improprie o proprie ed il giustificato motivo

Trib. Napoli, Sez. V, GM, 20 febbraio 2018, dep. 23 febbraio 2018, n. 2433 p. 94

Bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale aggravata dall’aver commesso

più fatti tra quelli previsti dall’art. 216 L.F. e di aver provocato un danno

patrimoniale di rilevante entità

G.i.p. Napoli, Uff. VII, 11 ottobre 2018, dep. 5 novembre 2018, n. 1428 p. 95

Il permesso in sanatoria non presuppone la conformità del manufatto alla normativa

vigente al momento del rilascio ed a quella della sua realizzazione

Trib. Napoli, Sez. dist. Ischia, G.M., 20 dicembre 2018, dep. 13 febbraio 2019

p. 96

Diritto processuale penale p. 97

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Il regime cautelare degli arresti domiciliari e le esigenze di separazione dei germani

coindagati

TdL Napoli, X Sez., 11 gennaio 2019, dep. 11 gennaio 2019, n. 100, ord. p. 97

I rapporti tra il riesame del decreto di sequestro probatorio e l’opposizione avverso

il decreto del P.M. reiettivo dell’istanza di restituzione: i vizi deducibili

G.i.p. Napoli, Uff. 20°, 15 gennaio 2019, dep. 15 gennaio 2019, ord. p. 98

L’operatività del divieto del ne bis in idem nel caso di concorso formale di reati

Trib. Napoli, I Sez., Coll., 18 ottobre 2018, dep. 6 novembre 2019, n. 12294 p. 99

Programmazione eventi formativi p. 101

Suggerimenti bibliografici p. 102

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Opinioni

Comunicato dell’Associazione Italiana dei Professori di

Diritto penale, per Radio radicale

Quali Professori di Diritto penale, esprimiamo grave preoccupazione per

la prospettiva dell’imminente chiusura di Radio radicale.

Infatti - ben lungi da qualunque presa di posizione nell’agone politico ed

al di là di qualsiasi appartenenza partitica - non può essere disconosciuto

il ruolo fondamentale di servizio pubblico che tale Radio ha svolto da

decenni e svolge nell’informazione diretta, libera, pluralistica, anche e

proprio in ordine a temi penalistici. Essa alimenta un dibattito

democratico assolutamente indispensabile circa iniziative e discussioni

parlamentari, processi penali di particolare rilievo pubblico, convegni

giuridici su temi fondamentali di interesse penalistico, tenendo, non da

ultimo, viva l’attenzione della collettività sulle condizioni carcerarie,

dalle quali, da sempre, si misura il tasso di (in)civiltà di un Paese.

******

La Fondazione Premio Napoli a sostegno di Radio Radicale

Il 21 maggio è scaduta la convenzione per la trasmissione delle sedute

parlamentari stipulata venticinque anni fa tra lo Stato italiano e Radio

Radicale, unica emittente privata ad averla ottenuta, previo

riconoscimento dell’insostituibile ruolo di servizio pubblico svolto a

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Opinioni

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favore dell’equa e imparziale informazione fornita per decenni alla

cittadinanza nel merito dei lavori del parlamento italiano.

La legge di bilancio varata dal governo ha infatti rinnovato la

convenzione per un solo semestre, dimezzando i contributi e privando

l’emittente delle risorse indispensabili al prosieguo delle proprie attività

di informazione.

Di fatto, si tratta di una condanna a morte di Radio Radicale. Il medesimo

provvedimento legislativo, infatti, la priva anche delle risorse fino ad oggi

erogate ai sensi della legge per l’editoria n. 230 del 7 agosto 1990, a suo

tempo concesse per avere svolto, da impresa privata, attività di

informazione di interesse generale.

In un paese come il nostro, dove, come rilevato dal recente rapporto

pubblicato dalle organizzazioni partner della Piattaforma del Consiglio

d’Europa per la protezione del giornalismo e dei giornalisti, la libertà di

informazione è sottoposta ad un forte attacco da parte di esponenti di

vertice del Governo, Radio Radicale è stata per decenni l’unica garante

dei diritti dei più deboli e dei marginali, ai quali non ha mai cessato di

dare voce. I suoi archivi, ricchi di centinaia di migliaia di registrazioni, lo

documentano.

Senza questa emittente la libertà di informazione e, dunque, il sistema

democratico che su di essa si fonda, si impoverirebbero in modo

irreversibile.

Per queste ragioni la fondazione Premio Napoli, nelle persone del

presidente, del vicepresidente e dei componenti della giuria tecnica,

lancia un appello per Radio Radicale.

Che è un simbolo non astratto, ma concreto, della sola Democrazia che

conosciamo: garante dell’azione civile di ciascuno; capace di darne

pienamente conto a tutti.

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Novità normative

Il mutuo riconoscimento dei provvedimenti di congelamento e confisca

Reg. UE 14 novembre 2018 n. 1805

Regolamento (UE) 2018/1805 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14

novembre 2018 relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di

congelamento e di confisca

pubblicato in G.U. UE 28 novembre 2018

(scheda a cura di Aldo Franceschini)

Il Regolamento n. 1805 costituisce un importante strumento di cooperazione

giudiziaria in materia penale, che, come noto, fonda sul principio del

riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie (Consiglio

europeo di Tampere, 15-16 ottobre 1999). Il provvedimento muove dalla

considerazione che il congelamento e la confisca dei beni strumentali e dei proventi

da reato costituiscono strumenti estremamente efficaci per combattere la criminalità,

ivi compresa quella transfrontaliera.

Le coordinate normative in cui si colloca il Regolamento sono date dalle decisioni

quadro 2003/577/GAI (esecuzione dei provvedimenti di blocco dei beni e di sequestro

probatorio) e 2006/783/GAI (riconoscimento delle decisioni di confisca).

L’ambito operativo del provvedimento europeo è molto ampio, riferendosi ai

provvedimenti di congelamento e di confisca emessi da un altro Stato membro “nel

quadro di un procedimento in materia penale” (art. 1). Per “congelamento” si intende

una decisione volta a impedire la distruzione, la trasformazione, la rimozione, il

trasferimento o l’alienazione di beni in vista della loro confisca (art. 2 n. 1). La

“confisca” viene definita come “una sanzione o misura definitiva imposta

dall’autorità giurisdizionale a seguito di un procedimento connesso a un reato, che

provoca la privazione definitiva di un bene di una persona fisica o giuridica” (art. 2 n.

2).

Per i reati sanzionati con pena detentiva massima non inferiore a tre anni e per quelli

nominativamente elencati (32 figure di reato), l’esecuzione del provvedimento

prescinde dalla verifica della doppia incriminazione. Per le altre ipotesi criminose,

invece, lo Stato di esecuzione può subordinare il riconoscimento del provvedimento

“reale” alla condizione che i fatti alla base del titolo costituiscano reato secondo la

normativa interna (art. 3).

In ogni caso, è opportuno evidenziare l’espresso richiamo al rispetto, da parte

dell’autorità di emissione, dei principi di necessità e di proporzionalità (art. 1 § 3).

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Novità normative

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Il capo II del Regolamento è dedicato alla procedura di trasmissione, riconoscimento

ed esecuzione del provvedimento di congelamento (artt. 4-13), nel cui ambito

riveste un ruolo centrale il certificato di congelamento (art. 6, Certificato di

congelamento standard. Secondo il modello di cui all’allegato I), trasmesso a cura

dell’autorità di emissione all’autorità di esecuzione o all’autorità centrale, con acclusa

traduzione dell’atto in una delle lingue ufficiali dello stato di esecuzione. Sono poi

disciplinati in modo tassativo i motivi per i quali l’autorità di esecuzione può decidere

di non riconoscere o di non eseguire il provvedimento di congelamento (art. 8, ad

es. ne bis in idem, privilegi o immunità, carenze del certificato, etc.) oppure di

rinviarne l’esecuzione (art. 9, pregiudizio per indagini “interne” in corso, bene già

sottoposto a vincolo in virtù di precedente titolo, etc.).

Il capo III ha ad oggetto la procedura di trasmissione, riconoscimento ed esecuzione

del provvedimento di confisca (artt. 14-22). Con riferimento a tale provvedimento,

l’autorità di emissione trasmette il certificato di confisca (art. 17, Certificato di

confisca standard, secondo il modello di cui all’allegato II), comprensivo della

prescritta traduzione. L’art. 18 disciplina le modalità di esecuzione del provvedimento

ablativo, differenziate a seconda della natura dell’oggetto (bene specifico o somma di

denaro). Anche con riguardo alla confisca sono previsti, in modo tassativo, alcuni

motivi che consentono all’autorità di esecuzione di non riconoscere o di non eseguire

il provvedimento (art. 19, ad es. ne bis in idem, privilegi o immunità, carenze del

certificato, etc.), mentre gli artt. 21 e 22 regolamentano, rispettivamente, le ipotesi di

rinvio dell’esecuzione e di impossibilità di eseguire la confisca.

Il capo IV è infine dedicato alle disposizioni di carattere generale. L’art. 23 sancisce

il principio della lex loci con riferimento alle modalità esecutive dei provvedimenti

“reali” e alle pertinenti misure adottabili. Meritano poi di essere segnalate le norme

relative alla gestione e destinazione dei beni sottoposti a congelamento e a confisca

(art. 28, 30), alla restituzione alla vittima dei beni congelati (art. 29).

******

Il (primo) decreto sicurezza del Governo Giallo-Verde

l. 1 dicembre 2018 n. 132

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113,

recante disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e

immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del

Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia

nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati

alla criminalità organizzata. Delega al Governo in materia di riordino dei ruoli

e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate.

pubblicato in G.U. 3 dicembre 2018 n. 281, Serie Generale

(scheda a cura di Aldo Franceschini)

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Il decreto-sicurezza 2018 ha un contenuto molto eterogeneo. In questa sede è

opportuno soffermarsi esclusivamente su quei pacchetti di norme che ineriscono al

sistema penale.

Il primo gruppo di disposizioni che viene in rilievo è quello allocato nel Capo IV,

rubricato “Disposizioni in materia di giustizia” (artt. 15, 15-bis, 15-ter), del Titolo I,

dedicato all’immigrazione. In materia di patrocinio a spese dello Stato si prevede,

introducendo l’art. 130-bis d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 (T.U.S.G.), l’esclusione del

compenso per il difensore nel caso di inammissibilità dell’impugnazione, anche

incidentale; identica esclusione è sancita per le consulenze tecniche di parte che

appaiano, ab origine, irrilevanti o superflue ai fini della prova (art. 15).

L’art. 15-bis introduce, invece, specifici obblighi di comunicazione al procuratore

della Repubblica presso il tribunale per i minorenni a carico: degli istituti

penitenziari e degli istituti a custodia attenuata, per l’elenco dei minori ivi collocati

(introduzione dell’art. 11-bis l. 26 luglio 1975 n. 354, O.P.); degli agenti e degli

ufficiali di polizia giudiziaria, in caso di fermo o arresto di madre con prole di età

minore (introduzione dell’art. 387-bis c.p.p.); del cancelliere, per la trasmissione

dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere di madre di prole di età inferiore

(aggiunta del comma 4-bis all’art. 293 c.p.p.); della segreteria del pubblico ministero,

per la trasmissione dell’ordine di esecuzione spiccato nei confronti di madre di prole

di età inferiore (aggiunta del comma 3-bis all’art. 656 c.p.p.).

Viene poi istituito un nucleo di polizia penitenziaria a supporto delle funzioni del

Procuratore nazionale antimafia, con specifico riferimento all’acquisizione, analisi ed

elaborazione dei dati e delle informazioni provenienti dall’ambiente inframurario (art.

15-ter).

Il Titolo II è dedicato alla disposizioni in materia di sicurezza pubblica, prevenzione

e contrasto del terrorismo e della criminalità mafiosa. L’art. 16 inserisce le fattispecie

di maltrattamenti familiari e atti persecutori nell’elenco di reati per cui è possibile

disporre l’allontanamento dalla casa familiare di cui all’art. 282-bis c.p.p. al di fuori

dei limiti di pena fissati dall’art. 280 c.p.p. e adoperando i dispositivi elettronici di

controllo previsti dall’art. 275-bis c.p.p. (modifica del comma 6 dell’art. 282-bis

c.p.p.).

Alcune disposizioni si riferiscono in modo specifico alle attribuzioni e ai mezzi del

personale di polizia locale, con riguardo all’accesso al Centro elaborazione dati

interforze (c.d. CED) (art. 18), alla sperimentazione di armi ad impulsi elettrici (art.

19), alla possibilità di portare armi, senza licenza, anche al di fuori del territorio

dell’ente di appartenenza (in quest’ultimo caso solo in ipotesi di necessità connesse

alla flagranza dell’illecito commesso nel territorio di appartenenza) (art. 19-ter).

L’art. 20 prevede la possibilità di applicare il divieto di accesso ai luoghi in cui si

svolgono manifestazioni sportive di cui all’art. 6 l. 13 dicembre 1989 n. 401 (c.d.

D.A.S.P.O.) anche nei confronti dei soggetti destinatari delle misure di prevenzione

rientranti nella categoria di cui all’art. 4 co. 1 lett. d) d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159,

ossia coloro che pongano in essere atti preparatori diretti a sovvertire l’ordinamento

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dello Stato, mediante la commissione di determinati reati, nonché alla commissione

dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale.

La misura del divieto di accesso in specifiche aree urbane, disciplinato dalla l. 18

aprile 2017 n. 48, vede l’estensione del suo ambito operativo, includendo nelle zone

interdette anche i presidi sanitari e le aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati,

pubblici spettacoli. Contestualmente viene introdotta una misura di competenza del

questore, consistente nel divieto di accesso a locali di pubblico trattenimento nei

confronti di persone condannate con sentenza definitiva o confermata in grado di

appello nel corso degli ultimi tre anni per alcune categorie di reati (art. 21). L’art. 21-

ter introduce poi fattispecie incriminatrici contravvenzionali nei confronti del

contravventore alla misura del divieto di accesso in specifiche aree urbane.

L’art. 21-quater introduce il reato contravvenzionale dell’esercizio molesto

dell’accattonaggio (nuovo art. 669-bis c.p.), prevedendo il sequestro obbligatorio delle

cose utilizzate per commettere l’illecito e quelle che ne costituiscono il provento (id est,

la questua raccolta). Il decreto-sicurezza modifica anche il testo dell’art. 600-octies c.p.

prevedendo la nuova figura delittuosa dell’organizzatore o favoreggiatore dell’altrui

accattonaggio (art. 21-quinquies).

Alla figura del parcheggiatore abusivo è poi dedicato l’art. 21-sexies, che introduce,

accanto alla fattispecie di illecito amministrativo con sanzione pecuniaria, due ipotesi

di reati contravvenzionale per i casi di recidiva nelle attività di parcheggiatore o

guardiamacchine e di impiego di minori in tali attività (sostituzione dell’art. 15-bis

d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, c.d. Codice della strada).

Da segnalare anche lo stanziamento di risorse finanziarie per l’edilizia

penitenziaria (art. 22-bis). È così autorizzata la spesa di due milioni di euro per il

2018, quindici milioni di euro per il 2019 e 25 milioni di euro per ciascun anno nel

periodo 2020-2026 per interventi urgenti di potenziamento, implementazione e

aggiornamento dei beni strumentali, nonché per la ristrutturazione e la manutenzione

degli edifici e per l’adeguamento dei sistemi di sicurezza.

Il decreto-sicurezza ripristina il reato di blocco stradale ordinario, ossia quello

avente ad oggetto le strade ordinarie. Le condotte incriminate sono quelle di

deposizione o abbandono di congegni o altri oggetti di qualsiasi specie ovvero quelle

che comunque ostruiscono o ingombrano la strada (ordinaria o ferrata); resta nell’alvo

amministrativo la mera ostruzione “personale” (“con il proprio corpo”) (art. 23). Tale

fattispecie era stata depenalizzata con il d.lgs. 30 dicembre 1999 n. 507, che aveva

lasciato nell’ambito della rilevanza penale solo le condotte di blocco della strada

ferrata e l’ostacolo alla navigazione.

L’art. 24 ospita alcune modifiche al Codice antimafia, con specifico riferimento alle

impugnazioni (art. 10 d.lgs. n. 159 del 2011), alla titolarità della proposta di misure

di prevenzione patrimoniali (art. 17) e alle connesse indagini patrimoniali (art. 19).

Vengono poi trasformati in delitti, con contestuale aggravamento esponenziale del

trattamento sanzionatorio, le fattispecie contravvenzionali previste, in materia di

subappalti illeciti (subappalto senza autorizzazione di opere riguardanti la pubblica

amministrazione), dall’art. 21 l. 13 settembre 1982 n. 646.

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Il Capo III contiene disposizioni in materia di occupazioni arbitrarie di immobili

(articoli da 30 a 31-ter). Per quanto riguarda i profili penali, il provvedimento si

muove su tre fronti: a) aumenta le pene previste dall’art. 633 c.p. per il reato di

invasione di terreni o di edifici, introducendo le figure “anomale” dei promotori e

organizzatori nel caso di fattispecie concorsuale; b) interpolando l’art. 266 c.p.p.,

consente l’utilizzo delle intercettazioni nel caso di invasione aggravata ai sensi

dell’art. 633 secondo comma c.p.; c) pone un divieto di esecuzione della misura degli

arresti domiciliari presso un immobile occupato abusivamente (nuovo comma 1-ter

dell’art. 284 c.p.p.).

Il Capo II del Titolo III è infine dedicato all’organizzazione e al funzionamento

dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni

sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (articoli da 36 a 38-bis). In tale

contesto si segnalano alcune modifiche alla l. 23 febbraio 1999 n. 44, in materia di

sostegno alle vittime delle attività dell’estorsione e dell’usura.

******

Fondo per le vittime dei reati intenzionali violenti: come accedervi

l. 30 dicembre 2018 n. 145

Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio

pluriennale per il triennio 2019-2021

(art. 1, commi 593-598)

Modifiche alla legge 7 luglio 2016, n. 122 (c.d. legge europea 2015-2016)

pubblicato in G.U. 31 dicembre 2018 n. 302, Suppl. Ordinario n. 62

(scheda a cura di Sabina Coppola)

La l. 145 del 30 dicembre 2018 ha modificato gli artt. 11 e 12 della l. 122/2016

(riguardante già gli indennizzi da erogare in favore delle vittime di reati

intenzionali). Essa, in particolare, ha statuito che:

1. in caso di omicidio, violenza sessuale o lesione personale gravissima è elargito

un indennizzo in favore della vittima del reato o dei suoi aventi diritto;

2. in caso di delitto diverso da quelli menzionati sub 1., l’indennizzo è corrisposto

per le spese mediche e assistenziali sopportate;

3. in caso di morte della vittima in conseguenza del reato, l’indennizzo è corrisposto

in favore del coniuge superstite e dei figli; in loro assenza, in favore dei genitori

e, in mancanza di essi, ai fratelli ed alle sorelle conviventi (e a carico) al momento

della commissione del delitto.

La norma specifica che, alla figura del coniuge, sono equiparati anche:

- uno dei due soggetti (dello stesso sesso) legati da un’unione civile;

- il convivente di fatto che ha avuto prole dalla vittima o che ha convissuto con

questa nei tre anni precedenti alla data di commissione del delitto;

La legge in commento prevede, altresì, che:

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1. l’indennizzo sia corrisposto solo se la vittima non abbia percepito (in tale qualità

e in conseguenza immediata e diretta del fatto di reato) da soggetti pubblici o

privati, somme di denaro di importo pari o superiore a quello dovuto (in caso

contrario, l’indennizzo è corrisposto esclusivamente per la differenza tra quanto

ha percepito e quanto avrebbe dovuto percepire);

2. in caso di morte della vittima in conseguenza del reato, l’indennizzo sia

corrisposto solo se la vittima e i suoi aventi diritto abbiano i seguenti requisiti:

- siano titolari di un reddito annuo non superiore a quello previsto per

l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato;

- abbiano esperito infruttuosamente, nei confronti dell’autore del reato,

l’azione esecutiva in forza di sentenza di condanna irrevocabile o di una

condanna a titolo di provvisionale;

- non abbiano concorso, neanche colposamente, alla commissione del reato o

di reati ad esso connessi;

- non siano stati condannati con sentenza definitiva ovvero, alla data della

presentazione della domanda, non siano sottoposti a procedimento penale per

i reati di cui agli artt. 407, co. 1, lett. a) c.p.p. e per reati commessi in

violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte

sui redditi e sul valore aggiunto;

- non abbiano percepito somme di denaro da soggetti pubblici o privati;

I termini di presentazione della domanda finalizzata ad ottenere la concessione

dell’indennizzo sopra indicato (commesso successivamente al 30 giugno 2005),

ovvero di lesione personale gravissima, sono stati riaperti e prorogati (a pena di

decadenza) fino al 30 settembre 2019; tuttavia, per i soggetti in relazione ai quali, alla

data del 1° agosto 2019, non risultano ancora sussistenti tutti i requisiti e le condizioni

previste, il termine per la presentazione della domanda di accesso all’indennizzo è

quello di sessanta giorni dalla data in cui è stata emessa la decisione che ha definito il

giudizio (per essere ignoto l’autore del reato) o dalla data dell’ultimo atto dell’azione

esecutiva infruttuosamente esperita.

******

Whistleblowing: tutela dei segnalanti e potere sanzionatorio

dell’ANAC

ANAC, delibera 30 ottobre 2018, n. 1033

“Regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio in materia di tutela degli

autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza

nell’ambito di un rapporto di lavoro di cui all’art. 54-bis d.lgs. 165/2001 (c.d.

whistleblowing)”

pubblicato in G.U. 19 novembre 2018 n. 269, Serie Generale

(scheda a cura di Sergio Schlitzer)

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La legge 6 novembre 2012 n. 190, al fine di implementare le forme di contrasto ai

reati contro la pubblica amministrazione, ha introdotto nel nostro ordinamento una

disciplina volta a riconoscere significative forme di tutela a protezione di coloro (cd.

whistelblower) che segnalano illeciti o irregolarità di cui sono venuti a conoscenza

nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico. L’obiettivo è stato perseguito inserendo

l’art. 54-bis nel TUPI, disposizione successivamente modificata dal d.lgs. n. 179 del

30 novembre 2017, che ne ha anche esteso l’ambito di applicazione ai lavoratori di

enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico, nonchè ai lavoratori di imprese

fornitrici di beni o servizi o che realizzino opere a favore di amministrazioni

pubbliche.

Con le modifiche apportate all’art. 54-bis TUPI dal d.lgs. 179, si è, inoltre, individuata

nell’ANAC uno dei soggetti destinatari delle segnalazioni di cui al co. 1 della citata

disposizione; ma soprattutto, il co. 6 dell’art. 54-bis, ha attribuito all’Autorità

anticorruzione la competenza ad accertare la sussistenza di condotte discriminatorie

ai danni del segnalante e la violazione delle disposizioni per la raccolta e gestione

delle segnalazioni, ed ad applicare le relative sanzioni.

Con la delibera n. 1033 del 30 ottobre 2018 il Consiglio dell’Autorità ha, dunque,

approvato il regolamento teso a disciplinare l’esercizio del potere sanzionatorio ad

essa attribuito dal citato art. 54-bis co. 6 TUPI.

Il Regolamento è costituito dal capo I rubricato “Disposizioni generali”, dal capo II

dedicato al procedimento di accertamento dell’eventuale condotta discriminatoria e

della applicazione della relativa sanzione; infine dal capo III rubricato “Disposizioni

finali”.

Con riferimento al capo I, significativa appare la previsione di cui all’art. 3, in forza

della quale l’Autorità esercita il potere sanzionatorio: di ufficio, qualora accerti una

violazione dell’art. 54 bis nell’ambito delle proprie funzioni di vigilanza (co. 1 lett.

a); su comunicazione dell’interessato o delle organizzazioni sindacali maggiormente

rappresentative nell’ambito dell’amministrazione nella quale le condotte ritorsive

sono state poste in essere (co. 1 lett. b); su segnalazione, nelle ipotesi di mancata

attivazione delle procedure per l’inoltro e la gestione delle segnalazioni, o l’adozione

di procedure non conformi a quelle previste dal co. V dell’art. 54-bis (co. 1 lett. c).

Al fine di garantire la riservatezza della identità del segnalante e del contenuto della

segnalazione, le comunicazioni e segnalazioni possono essere presentate attraverso

una piattaforma informatica messa a disposizione sul sito istituzionale dell’ANAC

(art. 3 co. 2).

Sempre nell’ambito delle disposizioni generali meritano attenzione l’art. 5, che

stabilisce l’ordine di priorità nella trattazione delle comunicazioni e segnalazioni;

nonché l’art. 6, che individua i provvedimenti conclusivi del procedimento, ovvero,

l’archiviazione, per le ipotesi di assenza dei presupposti di fatto o di diritto per

l’applicazione della sanzione, o, in alternativa, l’applicazione di una sanzione

amministrativa pecuniaria determinata secondo i parametri dell’art. 54-bis co. 6 TUPI.

L’art. 7 (capo 2) regolamenta l’avvio del procedimento, prevendendo la necessità di

una lettera di formale contestazione degli addebiti inviata dal responsabile del

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procedimento al soggetto destinatario del provvedimento finale (co. 1 e 2), e di cui

vengono informati anche i soggetti che hanno effettuato le segnalazioni e

comunicazioni (co. 8). Il contenuto della comunicazione di avvio del procedimento è

descritto dal co. 3 dell’art. 7. Il termine per la comunicazione di avvio del

procedimento è di 90 gg. dalla acquisizione della notizia della violazione dell’art. 54-

bis (co. 4), prorogabile in caso di particolari e motivate esigenze istruttorie (co. 5),

benché non venga prevista sanzione per l’ipotesi di mancato rispetto dei termini.

Il procedimento istruttorio è descritto dall’art. 8, che in particolare prevede il diritto

del destinatario della comunicazione di avvio del procedimento di chiedere anche

l’audizione dinanzi all’ufficio (co. 7), con l’indicazione puntuale chiara e precisa delle

ragioni per le quali sia ritenuta necessaria l’esposizione orale innanzi a quest’ultimo

(co. 10). Ai fini dell’audizione l’interessato può farsi assistere da un legale di fiducia

(co. 11), e dell’audizione è redatto processo verbale, con eventuale registrazione

magnetica o informatica (co. 12). Nulla dice il regolamento sull’utilizzabilità del

verbale di audizione in procedimenti diversi da quelli per il quale si procede.

L’art. 9 ha ad oggetto la conclusione del procedimento, prevendendo che, qualora non

ricorrano i presupposti per l’archiviazione, entro 180 gg. dalla data di avvio del

procedimento, l’ufficio comunica al destinatario della sanzione che intende proporre

al Consiglio l’adozione del provvedimento sanzionatorio, con facoltà per l’interessato

di produrre ulteriori memorie, nonché chiedere l’audizione dinanzi al Consiglio in

presenza di circostanze e fatti nuovi. Il consiglio adotta il provvedimento conclusivo.

Sia il provvedimento di archiviazione che quello sanzionatorio sono comunicati ai

soggetti che hanno effettuato la segnalazione o comunicazione.

Infine, l’art. 10 prevede un procedimento sanzionatorio semplificato nel caso in cui

nell’espletamento della propria attività di vigilanza l’Autorità riscontri il mancato

rispetto delle procedure per la gestione e ricezione delle segnalazioni di cui all’art.

54-bis; oppure quando la segnalazione del mancato rispetto delle predette procedure

sia risultata ragionevolmente fondata a seguito dell’attività preistruttoria dell’ufficio.

Nel procedimento semplificato, la comunicazione di avvio del procedimento contiene

già l’esposizione delle ragioni di fatto e diritto in ragione delle quali si ritiene

applicabile la sanzione, e si applicano solo le disposizioni generali di cui al capo I e

quelli aventi ad oggetto la conclusione del procedimento (ad esclusione dei commi da

1 a 4 dell’art. 9), fermi restando il diritto all’audizione da parte del soggetto

destinatario della comunicazione di avvio del procedimento.

L’art. 11 dispone la pubblicazione del provvedimento che applica la sanzione

pecuniaria sul sito dell’Autorità, salva la necessità di tutelare la riservatezza del

segnalante.

Ai sensi dell’art. 14 collocato nelle disposizioni finali di cui al capo III, il regolamento

è entrato in vigore il quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione e si

applica solo ai procedimenti avviati successivamente alla sua entrata in vigore.

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Giurisprudenza sovranazionale

La applicazione della legge Severino (ineleggibilità e decadenza da

talune cariche pubbliche) a delitti commessi prima della sua entrata

in vigore

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Amedeo Bucci de Santis)

C. edu, G.C., 30 agosto 2018 (dep. 27 novembre 2018), ric. n. 58428/2013, Pres.

Angelika Nussberger, ric. Berlusconi vs Italia

Incandidabilità e divieto di ricoprire cariche elettive e di governo – Possibilità di

comminare ineleggibilità e decadenza da cariche pubbliche per delitti commessi

prima della sua entrata in vigore – Violazione artt. 7 e 13 CEDU – Rinuncia da parte

del ricorrente – Mancanza di circostanze speciali riguardanti il rispetto dei diritti

dell’uomo – Cancellazione dal ruolo

(artt. 7, 13 CEDU, art. 3 prot. 1 CEDU, art. 1 d.lgs. 6 dicembre 2012 n. 235)

“Nel settembre del 2013 Silvio Berlusconi proponeva ricorso alla CEDU per

violazione, tra l’altro, dell’art.7 Cedu (nulla poena sine lege) con riferimento alla

sua decadenza da senatore disposta dal Senato ex art.1 D.lvo n.235/12 a seguito della

condanna per frode fiscale nel processo Mediaset pronunciata, quanto al I grado, il

26 ottobre 2012, quanto al secondo grado, l’8 maggio 2013, definitivamente

confermata dalla cassazione il 1 agosto 2013.

I fatti contestati riguardavano condotte poste in essere nel 2002 e nel 2003.

In particolare il ricorrente si doleva della natura sostanzialmente penale delle

sanzioni a lui inflitte per fatti commessi nel 2002 e 2003 a fronte di una legge entrata

in vigore nel dicembre del 2012.

Il ricorrente si doleva ancora che la citata decadenza non gli consentiva di portare a

termine il mandato elettorale così frustrando le aspettative di quei cittadini che

avevano votato per lui. Da ultimo, si doleva dell’assenza di rimedi giurisdizionali

avverso la decisione del Senato alla quale conseguiva la sua decadenza da senatore.

Nel maggio del 2018 il ricorrente otteneva la riabilitazione dal Tribunale di

Sorveglianza.

Nel luglio del 2018 il ricorrente rinunciava al ricorso e chiedeva che la sua domanda

venisse cancellata dal ruolo.

La Corte, a mente dell’articolo 37 paragrafo 1 del trattato, in conformità ai

desiderata del ricorrente, ha stabilito di non procedere nell’esame della domanda

non individuando nel caso concreto circostanze particolari relative al rispetto dei

diritti dell’uomo garantiti dalla convenzione e dai suoi protocolli che avrebbero

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Giurisprudenza sovranazionale

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consentito di proseguire nell’esame della domanda nonostante la rinuncia al

ricorso”.

Giurisprudenza Comunitaria

Conformi: -

Difformi: -

Giurisprudenza CEDU

La sentenza qui massimata è una pronuncia di non doversi procedere, per il che, non

si può parlare di precedenti conformi e precedenti difformi. Si reputa utile, ad ogni

modo, fare presente che il tema della natura sostanzialmente penale di sanzioni che i

vari Stati definiscono “amministrative” è un tema più volte affrontato dalla Corte

EDU al fine di evitare che gli Stati membri, camuffando come amministrative

determinate sanzioni, riescano ad eludere i principi fissati dalla Convenzione in

materia di illeciti penali. Tra le tante si segnala C.edu 4 marzo 2014, definitiva il 7

luglio 2014, n. 18640/10 Grande Stevens vs Italia in cui si stabilì che la sanzione

irrogata al ricorrente dalla Consob per condotte di manipolazione del mercato è di

natura sostanzialmente penale di qui la illegittimità del secondo giudizio in sede

(strictu sensu) penale per violazione del bis in idem convenzionale. Ed ancora Sud

Fondi s.r.l. ed altri vs Italia, 20 gennaio 2009, ric. n. 75909/01 in materia di confisca

in urbanistica, in tale pronuncia emerse che la Cassazione italiana considerava la

confisca, a seguito di lottizzazione abusiva, come sanzione amministrativa

obbligatoria a seguito della accertata oggettiva sussistenza della lottizzazione,

indipendentemente dalla condanna. La Corte EDU ha riconosciuto la natura di

sanzione sostanzialmente penale della confisca con necessità di un legame di natura

intellettiva che consentisse di collegare la penale responsabilità del soggetto, e quindi

la confisca, al fatto reato di lottizzazione abusiva.

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Centro Studi “Giovanni Bisogni”

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Giurisprudenza costituzionale

L’aiuto al suicidio nella fase esecutiva

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Amedeo Bucci de Santis)

C. cost., 24 ottobre 2018 (dep. 16 novembre 2018), n. 207, ord., Pres. Lattanzi,

Red. Modugno, imp. Cappato

Diritto penale – Aiuto al suicidio nella fase esecutiva – Diritto della persona di

porre fine alla propria vita quando vuole – Conseguente inoffensività di condotte

di aiuto al suicidio successive alla autonoma determinazione della persona –

Esclusione – Diritto del malato di rifiutare o interrompere qualsiasi trattamento

– Sussiste – Divieto assoluto di aiuto al suicidio – Violazione della libertà di

autodeterminazione del malato – Necessità dell’intervento del legislatore per

disciplinare la materia – Sussiste

(art. 580 c.p., artt. 2, 3, 13, 32, 117 Cost., artt. 2 e 8 CEDU)

“La Corte Costituzionale non ha condiviso nella sua assolutezza la tesi proposta dalla

Corte di assise di Milano secondo la quale sulla base dei principi della Costituzione

e della CEDU ciascuno è libero di porre fine alla propria vita quando e come vuole,

per il che le condotte di aiuto al suicidio poste in essere in favore di chi si è

autonomamente determinato nell’esercizio di tale libertà costituzionale sono da

considerare condotte inoffensive”.

“Il nostro ordinamento non punisce il suicidio, neppure quando ciò sarebbe possibile

ossia nel caso di tentato suicidio, tuttavia il legislatore punisce chi concorre nel

suicidio altrui, anche nella fase esecutiva, in quanto ha inteso creare una cintura

protettiva all’interessato, soggetto debole, inibendo a terzi di cooperare in qualsiasi

modo con lui”.

“Dalla nostra Costituzione e dalla CEDU non è dato evincere che dal diritto alla vita

possa derivare un vero e proprio diritto a morire. L’art.580 c.p., anche nell’attuale

ordinamento costituzionale, che guarda alla persona umana come valore in se e non

come semplice mezzo per la soddisfazione di interessi collettivi, continua a costituire

un presidio per la tutela del diritto alla vita soprattutto delle persone più deboli e

vulnerabili che l’ordinamento penale intende proteggere da una scelta estrema ed

irreparabile come quella del suicidio. L’art.580 c.p. assolve allo scopo di scongiurare

il pericolo che persone che attraversano difficoltà e sofferenze possano subire

interferenze nel decidere di porre in essere un gesto estremo ed irreversibile quale

quello del suicidio”.

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Giurisprudenza costituzionale

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“Ciò premesso, possono aversi casi in cui il soggetto agevolato (al suicidio) si

identifichi in persona affetta da patologia irreversibile e fonte di sofferenze fisiche e

psicologiche, che trova assolutamente intollerabili, che il medesimo soggetto

agevolato venga tenuto in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale ma resti

capace di prendere decisioni libere e consapevoli. In tali casi l’assistenza di terzi a

porre fine alla vita del malato (a tanto consapevolmente determinatosi) può

presentarsi come l’unica via d’uscita per sottrarsi ad un mantenimento artificiale in

vita non più voluto in quanto ritenuto non dignitoso. L’art. 32 della Costituzione

consente al malato di rifiutare tali trattamenti. La legge n. 219 del 2017 riconosce ad

ogni persona capace di agire il diritto di rifiutare o interrompere qualsiasi

trattamento sanitario ancorché necessario alla propria sopravvivenza. La

legislazione oggi in vigore non consente al medico che ne sia richiesto di mettere a

disposizione del paziente trattamenti diretti non già ad eliminare le sofferenze ma a

determinarne la morte. In tal modo si costringe il paziente a subire un processo più

lento, in ipotesi meno corrispondente alla propria visione della dignità del morire. Se

il malato ha diritto ad ottenere la interruzione del trattamento di sostegno artificiale

non si vede perché debba essere bisognoso di una ferrea e indiscriminata protezione

contro la propria volontà quando si discuta di concludere la propria esistenza con

l’aiuto di altri. Il divieto assoluto di aiuto al suicidio finisce per limitare la libertà di

autodeterminazione del malato nella scelta delle terapie finalizzate a liberarlo dalle

sofferenze con lesione del principio della dignità umana, di ragionevolezza e di

uguaglianza in rapporto alle diverse condizioni soggettive”.

“La Corte ha ritenuto che al riscontrato vulnus ai principi sopra indicati non è dato

porre rimedio a mezzo della dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma

penale incriminatrice ma è auspicabile un intervento del legislatore (all’uopo ha

rinviato al 24 settembre 2019 la trattazione delle questioni di legittimità

costituzionale di cui è stata investita) che disciplini la materia dell’assistenza alle

persone malate e vulnerabili nelle scelte di autodeterminazione quanto al fine vita.

L’eventuale collegamento della non punibilità del soggetto (che ha prestato aiuto a

chi ha stabilito di porre fine alla propria esistenza) al rispetto di una determinata

procedura, potrebbe far sorgere l’esigenza di introdurre una disciplina ad hoc per le

vicende pregresse”.

“La Corte ha ipotizzato che la disciplina della problematica in questione possa essere

inserita nel contesto della legge n. 219 del 2017 in modo da iscrivere anche questa

opzione nel quadro della relazione di cura e di fiducia tra medico e paziente”.

Giurisprudenza CEDU

Conformi: C. EDU, Sez. IV, 29 aprile 2002, ric. n. 2346/02, Pretty vs Regno Unito,

Pres. Pellonpaa;

Difformi: C. EDU, Sez. II, 14 maggio 2013, ricorso n. 67810/10, Gross vs Svizzera,

Pres. Raimondi, secondo cui il diritto di un individuo di scegliere a che punto e in che

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modo porre fine alla propria vita è uno degli aspetti del diritto al rispetto della vita

privata garantito dall’art. 8 della Convenzione.

******

Estensione della disciplina della detenzione domiciliare speciale alla

detenzione ordinaria previa prognosi di insussistenza del pericolo

concreto di commissione di ulteriori delitti

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Errico Frojo)

C. cost., 25 ottobre 2018 (dep. 22 novembre 2018), n. 211, Pres. Lattanzi, Red.

Zanon

Esecuzione e Sorveglianza – Detenuti in regime di detenzione domiciliare –

Disparità di trattamento tra detenuti in regime di detenzione domiciliare

ordinaria e di detenzione domiciliare speciale – Illegittimità dell’art. 47-ter,

comma 1, lett. b) e 8 l. 26 luglio 1975 n. 354

(artt. 47-ter, co. 1, lett. b) e co. 8, 47-quinquies, co. 1, 47-sexies, co. 2 e 4 l. 26 luglio

1975 n. 354, art. 385 c.p., art. 3 Cost.)

“Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 47-ter, commi 1, lett. b) e 8 della

legge 26 luglio 1975 n. 354 promosso dalla Corte di Appello di Firenze con ordinanza

del 19 settembre 2017, la Corte costituzionale ha dichiarato:

l’illegittimità costituzionale dell’art. 47-ter comma 1, lettera b), e 8, della legge 26

luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle

misure privative e limitative della libertà) nella parte in cui non limita la punibilità

ai sensi dell’art. 385 del codice penale al solo allontanamento che si protragga per

più di dodici ore, come stabilito dall’art. 47-sexies, commi 2 e 4 della suddetta legge

n, 354 del 1975, sul presupposto, di cui all’art. 47-quinquies, comma 1, della

medesima legge, che non sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori

delitti”.

(La Corte, riprendendo i principi già espressi nella sentenza n. 177 del 2009 ha

ribadito che, “in definitiva, valgono per il padre ammesso alla detenzione domiciliare

«ordinaria» al fine di prendersi cura della prole in tenera età, le stesse esigenze

naturalmente connesse alle attività rese indispensabili dalla cura dei bambini, come

per il padre in detenzione domiciliare speciale”. Risulta, quindi, manifestamente

irragionevole che al padre in tali condizioni non si applichi il regime più flessibile di

detenzione domiciliare previsto dall’art. 47-sexies, commi 2 e 4, l. 26 luglio 1975 n.

354 previa verifica della insussistenza di un pericolo concreto di commissione di

ulteriori delitti, come previsto dall’art. 47-quinquies comma 1 della stessa legge)

******

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Giurisprudenza costituzionale

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La motivazione per relationem della ordinanza emessa dal giudice

competente, ai sensi dell'art. 27 c.p.p., a seguito di invio atti dal

giudice dichiaratosi incompetente

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Marco Muscariello)

C. cost., 10 ottobre 2018 (22 novembre 2018), n. 214, ord., Pres. Lattanzi, Red.

Viganò

Diritto processuale penale – Ordinanza rinnovativa di misura cautelare da parte

del giudice competente ai sensi dell'art. 27 c.p.p. – Possibilità di effettuare un

richiamo per relationem – Questione di legittimità costituzionale degli artt. 27 e

292 comma 2, lett. c) c.p.p., per contrasto con gli artt. 13, secondo comma, 25,

primo comma, e 11, sesto comma, della Costituzione – Inammissibilità della

questione per difetto di rilevanza

(artt. 27 e 292 c.p.p.)

“Considerato che il Tribunale del riesame rimettente, quale giudice del rinvio, non

deve più fare applicazione delle disposizioni censurate, avendo la Corte di

Cassazione oramai escluso in via definitiva la nullità dell'ordinanza cautelare, così

che le questioni sollevate si risolvono in un'inammissibile richiesta alla Corte

Costituzionale di operare una sorta di «revisione in grado ulteriore» della sentenza

della Corte di Cassazione, quale giudice dell'impugnazione, che non le compete, in

quanto incompatibile con il sistema delle impugnazioni, anche nel «suo volto

costituzionale», la Corte dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di

legittimità costituzionale degli artt. 27 e 292, comma 2, lett. c), del codice di

procedura penale, sollevate con riferimento agli art. 13, secondo comma, 25, primo

comma, e 111, sesto comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Brescia”.

(Fattispecie in cui il Tribunale del riesame di Brescia sospettava della legittimità

costituzionale della interpretazione, data dalla Corte di Cassazione, del combinato

disposto degli articoli 27 e 292 del codice di procedura penale, circa la possibilità di

rinnovare una misura cautelare, in caso di trasmissione di atti da giudice dichiaratosi

incompetente, facendo un mero richiamo alla motivazione del provvedimento

originario, non essendo imposta la necessità di autonoma valutazione)

Giurisprudenza costituzionale

Conformi: con riferimento al principio relativo alla inammissibilità di un sindacato

ulteriore delle sentenze della Corte di Cassazione ad opera della Corte Costituzionale

(sentenze n. 270 del 2014 e n. 294 del 1995) e della interpretazione del sistema delle

impugnazioni (ordinanza n. 149 del 2013 ed ordinanza n. 501 del 2000);

Difformi: -

******

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Bancarotta fraudolenta e pene accessorie fisse

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Raffaele Corrente)

C. Cost., 25 settembre 2018 (dep. 5 dicembre 2018), n. 222, Pres. Lattanzi, Red.

Viganò

Bancarotta fraudolenta — Pene accessorie fisse — Interdizione all’esercizio di

impresa commerciale — Incapacità ad esercitare uffici direttivi di impresa —

Illegittimità

(artt. 216 ul. co., 223 ul. co. l. fall., artt. 3 co. I, 27 co. III Cost.)

“Nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 216 ultimo comma e 223 ultimo

comma l. fall. promosso dalla Corte di cassazione, prima sezione penale con

ordinanza del 17 novembre 2017, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità

costituzionale dell’art. 216, ultimo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

(Disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta

amministrativa), nella parte in cui dispone: «la condanna per uno dei fatti previsti

dal presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio

di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici

direttivi presso qualsiasi impresa», anziché: «la condanna per uno dei fatti previsti

dal presente articolo importa l’inabilitazione all’esercizio di una impresa

commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino

a dieci anni» ed ha consequenzialmente dichiarato inammissibile, per sopravvenuta

carenza di oggetto, la seconda questione relativa all’art. 223, ultimo comma, della

medesima legge, dal momento che il contenuto di quest’ultima disposizione – che

strutturalmente opera un rinvio mobile alla disposizione incisa dalla presente

pronuncia – è destinato a essere automaticamente modificato in conseguenza della

presente pronuncia di illegittimità costituzionale”.

(La Corte Costituzionale veniva investita della decisione con ordinanza della Prima

Sezione della Corte di Cassazione, del 6 luglio 2017 (dep. 17 novembre 2017), n.

52613, Pres. Di Tomassi, Rel. Minchella, Ric. Geronzi ed altri, che aveva ritenuto non

manifestamente infondata la questione di costituzionalità degli degli artt. 216 ul. co.

e 223 ul. co. r.d. 16 marzo 1942 n. 267, con riferimento agli artt. 3, 4, 41, 27, 117

Cost., in relazione agli artt. 8 CEDU e 1, Protocollo n. 1, CEDU, nella parte in cui

prevedono che la durata fissa delle pene accessoria dell’inabilitazione all’esercizio di

un’impresa commerciale e dell’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici

direttivi presso qualsiasi impresa. Nell’ordinanza, la Suprema Corte dava atto di un

contrasto interpretativo: secondo talune pronunce, infatti, la durata delle pene

accessorie non sarebbe fissa, ma modulabile dal giudicante nel provvedimento di

condanna mentre per altre il Giudice non avrebbe spazio discrezionale nella

determinazione delle stesse. Sennonché, esclusa implicitamente l’operatività della

prima soluzione interpretativa in forza della sent. C. Cost. 134 del 2012, la Prima

Sezione della Corte di Cassazione ha ritenuto il contrasto degli artt. 216 e 223 con le

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Giurisprudenza costituzionale

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sopra indicate disposizioni costituzionali. Ed invero, vale la pena ricordare che già in

precedenza, con la sent. ult. cit., la Corte Costituzionale, investita della questione di

legittimità costituzionale, pur dando atto dell’attrito tra il sistema di pene fisse e i

principi costituzionali in materia di pena, aveva tuttavia ritenuto che di non poter

dichiarare l’incostituzionalità di tali norme per difetto di un meccanismo di

sostituzione automatica della disciplina dichiarata illegittima, sollecitando un

intervenendo del legislatore. A distanza di un lustro, non essendo occorsa l’auspicata

modificata normativa, la Corte di Cassazione ha ritenuto di dover nuovamente

investire la Corte Costituzionale, invocando la declaratoria di incostituzionalità delle

disposizioni che sarebbero dovute essere sostituite dal disposto di cui all’art. 37 c.p.

Secondo la sezione rimettente, i profili di frizione con i principi costituzionali

potrebbero, infatti, in larga parte essere superati ove, eliminandosi il riferimento alla

misura fissa di dieci anni, rivivesse la regola generale di cui all’art. 37 c. p., così

consentendosi al giudice di rideterminare la durata della pena accessoria in

collegamento con la pena principale inflitta e, quindi, in base a valutazioni di gravità

del fatto concreto. La Corte, pur condividendo le censure mosse, ha tuttavia

evidenziato che la determinazione della durata della pena accessoria, lungi dall’essere

effettuabile ex art. 37 c.p., dovrebbe essere stabilita, nei limiti edittali, dal giudice di

merito, ex art. 133 c.p. Ed infatti, fermo restando che la valutazione del modo in cui

il sistema normativo reagisce ad una sentenza costituzionale di accoglimento spetta al

giudice del processo principale, unico competente a definire il giudizio da cui prende

le mosse l’incidente di costituzionalità, secondo la Consulta la regola residuale di cui

all’art. 37 c.p. Non può operare rispetto all’art. 216, ultimo comma, della l. fall. –

come risultante dalla presente pronuncia –, dal momento che tale regola ha come suo

presupposto operativo che la durata della pena accessoria temporanea non sia

espressamente determinata dalla legge. L’esistenza di una lex specialis, in effetti,

esclude l’operatività del criterio residuale di cui all’art. 37 cod. pen., il cui inciso finale

appare riferito non già ai limiti di durata delle pene accessorie previsti da singole

norme incriminatrici, come l’art. 216 l. fall., bensì ai limiti minimi e massimi

individuati dalle disposizioni del Libro I del codice penale che prevedono le singole

specie di pene accessorie)

******

Abuso di informazioni privilegiate ed applicabilità della confisca per

equivalente ai fatti commessi anteriormente alla entrata in vigore

della legge n. 62 del 2005

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Sergio Schlitzer)

C. cost., 23 ottobre 2018 (dep. 5 dicembre 2018), n. 223, Pres. Lattanzi, Red.

Viganò

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Abuso di informazioni privilegiate – Confisca amministrativa per equivalente –

Applicabilità alle violazioni commesse anteriormente alla depenalizzazione di cui

alla legge n. 62 del 2005 allorché il procedimento penale non risulti già definito –

Illegittimità

(art. 9 co. 6 l. 18 aprile 2005 n. 62, art. 187-sexies TUF)

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art 9 co. 6 l. 18 aprile 2005 n. 62,

promosso dalla Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione con ordinanze n.

188, 189, 190, 191, 192, 193 del 2017 e 33 del 2018, la Corte costituzionale ha

dichiarato: “l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 6, della legge 18 aprile

2005, n. 62 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza

dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004), nella parte in cui

stabilisce che la confisca per equivalente prevista dall’art. 187-sexies del decreto

legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di

intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996,

n. 52), si applica, allorché il procedimento penale non sia stato definito, anche alle

violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore della stessa legge n.

62 del 2005, quando il complessivo trattamento sanzionatorio conseguente

all’intervento di depenalizzazione risulti in concreto più sfavorevole di quello

applicabile in base alla disciplina previgente”.

(La Corte Costituzionale ha ritenuto che l’art. 9 co. 6 della legge n. 62 del 2005 fosse

in contrasto con gli artt. 25 co. 2 e 117 co. 1 Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 7

CEDU, nella parte in cui, nel depenalizzare la condotta di abuso di informazioni

privilegiate commessa da insider cd. secondari di cui all’art. 187 sexies TUF, aveva

previsto la possibilità di disporre la confisca amministrativa di somme di denaro, beni

o altre utilità di valore equivalente al prodotto o al profitto dell’illecito, anche alle

violazioni commesse anteriormente alla sua entrata in vigore qualora il relativo

procedimento penale non fosse stato ancora definito)

******

Messa alla prova nel procedimento ordinario e iscrizione nel

casellario giudiziale

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Sabina Coppola)

C. cost., 7 novembre 2018 (dep. 7 dicembre 2018), n. 231, Pres. Lattanzi, Red.

Viganò

Diritto processuale penale – Messa alla prova – Estinzione del reato – Iscrizione

nel certificato generale e nel certificato penale del casellario giudiziale –

Esclusione

(artt. 24 e 25 d.P.R. 14 novembre 2002 n. 313, artt. 464-quater, 464-septies c.p.p.)

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Giurisprudenza costituzionale

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“Nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 5, comma 2, 24 e 25 del decreto

del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, promossi dal Giudice per

le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Firenze, con ordinanza del 18

novembre 2016, dal Tribunale ordinario di Palermo, con ordinanza del 19 marzo

2018, e dal Tribunale ordinario di Genova, con due ordinanze del 20 e 27 marzo

2018, la Corte Costituzionale:

1) dichiara l'illegittimità costituzionale degli articoli 24, comma 1, e 25, comma 1,

del decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002 n. 313 (recante

testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario

giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei

relativi carichi pendenti) nel testo anteriore alle modifiche non ancora efficaci

recate dal decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 122, nella parte in cui non

prevedono che nel certificato generale e nel certificato penale del casellario

giudiziale richiesti dall’interessato non siano riportate le iscrizioni dell’ordinanza

di sospensione del processo con messa alla prova dell’imputato ai sensi dell’art.

464-quater, del codice di procedura penale, e della sentenza che dichiara

l’estinzione del reato, ai sensi dell’art. 464-septies, cod. proc. pen.;

2) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale

dell’art., 5, comma 2, del D.P.R. n. 313 del 2002, sollevate in riferimento agli artt.

3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Genova, con

ordinanza iscritta la r.o. n. 117 del 2018;

3) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale

degli artt. 24, comma 1, e 25, comma 1, del D.P.R. n. 313 del 2002, sollevate in

riferimento all’art. 3 Cost. dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale

ordinario di Firenze con l’ordinanza iscritta al r.o. n. 47 del 2017”.

(Con la sentenza in commento la Consulta, conformandosi alle ipotesi di

patteggiamento e procedimento per decreto che, pur costituendo pronunce di

condanna, non sono menzionate nel casellario giudiziale, ha dichiarato

l’illegittimità costituzionale degli artt. 24 e 25 del testo unico in materia di

casellario giudiziale, nella parte in cui prevedono che nel certificato generale e nel

certificato penale del casellario richiesti dall’interessato debbano essere riportate le

iscrizioni dell’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova e

la sentenza con cui il giudice, in caso di esito positivo della prova, dichiari

l’estinzione del reato)

******

La competenza per materia in caso di lesioni lievissime a danno del

figlio naturale

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Luigia Santoro)

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C. cost., 7 novembre 2018 (dep. 14 dicembre 2018), n. 236, Pres. Lattanzi, Red.

Amoroso

Legittimità Costituzionale – Lesioni personali lievissime – Circostanze aggravanti

– Figlio adottivo – Figlio naturale – Giudice di Pace – Competenza per materia

(artt. 4, co. 1, lett. a), d.lgs. 28 agosto 2000 n. 274, come modificato dall'art. 2, co. 4-

bis, d.l. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, nella l. 15 ottobre 2013,

n. 119, artt. 577, 582 c.p.)

“Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera a), del decreto

legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice

di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), come

modificato dall’art. 2, comma 4-bis, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93

(Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di

genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province),

convertito, con modificazioni, nella legge 15 ottobre 2013, n. 119, promosso dal

Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Teramo, nel

procedimento penale a carico di M. M., con ordinanza del 7 marzo 2017, iscritta al

n. 91 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della

Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2017. 1) dichiara:

1) l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo

28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace,

a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), come modificato

dall’art. 2, comma 4-bis, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 (Disposizioni

urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché

in tema di protezione civile e di commissariamento delle province), convertito, con

modificazioni, nella legge 15 ottobre 2013, n. 119, nella parte in cui non esclude

dai delitti, consumati o tentati, di competenza del giudice di pace anche quello di

lesioni volontarie, previsto dall’art. 582, secondo comma, del codice penale, per

fatti commessi contro l’ascendente o il discendente di cui al numero 1) del primo

comma dell’art. 577 cod. pen.;

2) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n.

87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale),

l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 274 del

2000, nella parte in cui non esclude dai delitti, consumati o tentati, di competenza

del giudice di pace anche quello di lesioni volontarie, previsto dall’art. 582,

secondo comma, cod. pen., per fatti commessi contro gli altri soggetti elencati al

numero 1) del primo comma dell’art. 577 cod. pen., come modificato dall’art. 2

della legge 11 gennaio 2018, n. 4 (Modifiche al codice civile, al codice penale, al

codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini

domestici)”.

(Nel caso di specie, il Gip rimettente, chiamato a pronunciarsi in ordine

all’imputazione di lesioni volontarie di un genitore a danno del figlio naturale, si è

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Giurisprudenza costituzionale

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interrogato in ordine alla sua competenza ed ha sollevato questione di legittimità

costituzionale in relazione alla esclusione della competenza del giudice di pace per i

fatti commessi anche contro il figlio naturale e non solo contro il discendete adottivo.

La Corte, ritenendo violato, in particolare, il principio di uguaglianza, ha parificato la

competenza per materia del Tribunale ordinario sia in ordine alle lesioni lievissime a

danno dei figli adottivi sia di quelli naturali. La Corte ha, infine, esteso la competenza

del Tribunale ordinario anche nei confronti del coniuge divorziato e dell’altra parte

dell’unione civile ove cessata. Tale principio non vige per i fatti commessi in data

anteriore al 19 dicembre 2018, giorno della pubblicazione della presente decisione

sulla Gazzetta Ufficiale)

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni unite

La detenzione di sostanze stupefacenti eterogenee non preclude la

configurabilità dello spaccio di lieve entità

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Angelo Mastrocola)

Cass., Sez. Un., 27 settembre 2018 (dep. 9 novembre 2018), n. 51063, Pres.

Carcano, Rel. Pistorelli, ric. Murolo

Diritto penale – Detenzione di sostanze stupefacenti – Detenzione di sostanze

tabellarmente eterogenee – Ostatività alla configurabilità del fatto di lieve entità

– Esclusione

(art. 73 co. 5 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309)

“In tema di detenzione di sostanze stupefacenti, la diversità di sostanze illecitamente

detenute non è di per sé ostativa alla configurabilità del reato di cui all’art. 73,

comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, in quanto è necessario procedere ad una valutazione

complessiva degli elementi della fattispecie concreta selezionati in relazione a tutti

gli indici sintomatici previsti dalla suddetta disposizione al fine di determinare la

lieve entità del fatto”.

“L’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, così come riformulato dal decreto-legge

20 marzo 2014 (convertito con modificazioni dalla legge 16 marzo 2014, n. 79),

prevede un’unica figura di reato, alternativamente integrata dalla consumazione di

una delle condotte tipizzate, quale che sia la qualificazione tabellare dello

stupefacente che ne costituisce l'oggetto”.

“La detenzione nel medesimo contesto di sostanze tabellarmente eterogenee,

qualificabile nel suo complesso come fatto di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma

5, d.P.R. n. 309 del 1990 integra un unico reato e non una pluralità di reati in

concorso tra loro”.

Giurisprudenza di legittimità

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni Unite

32

Conformi: con riferimento alla prima massima Cass., Sez. VI, 27 marzo 2017, n.

14882; Cass., Sez. VI, 10 ottobre 2017, n. 46495;

Difformi: con riferimento alla prima massima, Cass., Sez. III, 19 novembre 2014, n.

47671; Cass., Sez. III, 22 giugno 2015, n. 26205; Cass., Sez. IV, 13 febbraio 2017, n.

6624.

******

La declaratoria di inammissibilità per carenza di interesse

dell’appello cautelare proposto dall’ente avverso la misura

interdittiva

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Francesco Talamo)

Cass., Sez. Un., 27 settembre 2018 (dep. 14 novembre 2018), n. 51515, Pres.

Carcano, Rel. Montagni, ric. Romeo Gestioni s.p.a.

Diritto processuale penale – Responsabilità amministrativa degli enti – Misura

interdittiva – Appello cautelare – Carenza di interesse – Inammissibilità –

Procedura de plano

(artt. 127 co. 9 c.p.p.; artt. 17, 49 co. 4 d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231)

“L'appello avverso una misura interdittiva, che nelle more sia stata revocata a

seguito delle condotte riparatorie ex art. 17 d.lgs. n. 231 del 2001, poste in essere

dalla società indagata, non può essere dichiarato inammissibile de plano, secondo la

procedura prevista dall'art. 127, comma 9, ma, considerando che la revoca può

implicare valutazioni di ordine discrezionale, deve essere deciso nell'udienza

camerale e nel contraddittorio delle parti, previamente avvisate; la revoca della

misura interdittiva disposta a seguito di condotte riparatorie poste in essere ex art.

17 d.lgs. 231 del 2001, intervenuta nelle more dell'appello cautelare proposto

nell'interesse della società indagata, non determina automaticamente la

sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione”

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. III, 3 marzo 2015, n. 11690; Cass., Sez. II, 17 dicembre 2014,

n. 4260; Cass., Sez. III, 25 novembre 2003, n. 2021; Cass., Sez. IV, 1 luglio 2009, n.

32966; Cass., Sez. VI, 2 dicembre 2010, n. 14560;

Difformi: Cass., Sez. III, 30 gennaio 2017, n. 34823; Cass., Sez. II, 22 aprile 2016, n.

18333; Cass., Sez. II, 8 marzo 2013, n. 22165; Cass., Sez. V, 29 settembre 2011, n.

42956; Cass., Sez. V, 2 luglio 2010, n. 37289; Cass., Sez. VI, 4 dicembre 2006, n.

8956; Cass., Sez. I, 23 febbraio 2001, n. 18957.

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33

******

Il delitto di pornografia minorile ed il superamento della prova del

pericolo concreto di diffusione del materiale pedopornografico

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Marco Muscariello)

Cass., Sez. Un., 31 maggio 2018 (dep. 15 novembre 2018), n. 51815, Pres.

Carcano, Rel. Andronio, ric. M.D.

Diritto penale – Modifiche introdotte dalla legge 6 febbraio 2006 n. 38 e

sostituzione del verbo "sfruttare" con quello "utilizzare" minori degli anni 18 –

Nozione di pornografia minorile e nuova formulazione dell’art. 600-ter c.p. per

effetto della legge 1 gennaio 2012 n. 172 – Passaggio dal dolo specifico al dolo

generico e dal reato di pericolo al reato di danno – Non necessità della prova del

pericolo concreto di diffusione del materiale pedo-pornografico – Perdurante

irrilevanza penale della “pornografia domestica” – Condizioni

(art. 600-ter c.p.)

“Ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 600-ter, primo comma, n. 1), cod.

pen., con riferimento alla condotta di produzione di materiale pedopornografico, non

è più necessario, viste le nuove formulazioni della disposizione introdotte a partire

dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38, l'accertamento del pericolo di diffusione del

suddetto materiale".

(Fattispecie in cui la Terza sezione penale della Corte di Cassazione, in applicazione

dell’art. 618 comma 1-bis del c.p.p., ha rimesso alle Sezioni Unite la interpretazione

dell’art. 600-ter c.p., non condividendo il principio di diritto enunciato dalle stesse

Sezioni Unite con la sentenza n. 13 del 2000, Bove, che richiedeva, ai fini della

punibilità del delitto di pornografia minorile il pericolo concreto di diffusione del

materiale pedo-pornografico. La Corte, superando il precedente orientamento, sulla

base delle modifiche introdotte al testo dell’art. 600-ter negli anni e del contesto

sociale mutato per effetto delle moderne tecnologie, ha ritenuto non più necessario

provare il concreto pericolo di diffusione del materiale pornografico. Peraltro,

potendosi astrattamente ipotizzare un caso di overulling in malam partem per effetto

del mutato orientamento giurisprudenziale, la Corte ha sancito la irrilevanza della

problematica nel caso di specie, essendo stata accertata in fatto – dai giudici di merito

– la sussistenza di tale pericolo concreto, pur non più richiesto dalla nuova

interpretazione della disposizione incriminatrice)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. III, 31 gennaio 2012, n. 27373; Cass., Sez. III, 12 marzo 2015,

Rv. 263355; da ultimo, Cass., Sez. III, 30 novembre 2017, ord., n. 10167;

Difformi: orientamento consolidato a partire da Cass., Sez. Un., 31 maggio 2000 n.

13, Bove, Rv. 216337 e riaffermato più di recente da Cass., Sez. III, 12 aprile 2016,

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni Unite

34

Rv. 267546; Cass., Sez. III, 10 maggio 2016, Rv. 270418; Cass., Sez. III, 29 marzo

2017, Rv. 270906.

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Sezioni semplici

I. Diritto penale

I parametri valutativi per l’applicazione della recidiva

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Mariagiovanna Veneruso)

Cass., Sez. III, 17 aprile 2018 (dep. 3 ottobre 2018), n. 49668, Pres. Savani, Rel.

Aceto, ric. Cairo e altro

Diritto penale – Recidiva – Presupposti applicativi – Parametri di valutazione

(art. 99 c.p.)

“In presenza della recidiva a norma di uno dei primi quattro commi dell’art. 99 c.p.,

è compito del giudice quello di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito

sia sinonimo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore,

avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla

qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti

e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta

e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del

grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale

dell’esistenza di precedenti penali”.

(Nel caso in esame, la Corte ha dichiarato inammissibile, in quanto manifestamente

infondato, il motivo di ricorso formulato da uno degli imputati, volto a censurare la

mancata esclusione della recidiva reiterata applicata con la sentenza di condanna per

reato di droga. Secondo il Giudice di legittimità la Corte distrettuale aveva fatto buon

governo dei principi sopra enunciati, valorizzando la più accentuata colpevolezza e la

maggiore pericolosità del ricorrente, richiamando una condanna per un’ipotesi di

reato analoga. Mentre il richiamo, nell’atto di appello, alle condizioni economiche del

reo risultava troppo generico e già superato dalla motivazione resa sul punto dal

giudice di primo grado)

Giurisprudenza di legittimità

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Diritto penale

36

Conformi: Cass., Sez. Un., 27 maggio 2010, n. 35738; Cass., Sez. III, 16 novembre

2016, n. 33299;

Difformi: -

******

La diffamazione si configura anche se l'autore della frase offensiva

comunica esclusivamente con due persone

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Carmine Gatto)

Cass., Sez. II, 24 settembre 2018 (dep. 7 novembre 2019), n. 50423, Pres. Bonito,

Rel. Vannucci, ric. Ital Plastik s.p.a.

Diritto penale – Diffamazione – Offesa alla reputazione – Configurabilità

(art. 595 c.p.)

“L'offesa alla reputazione commerciale di un imprenditore costituisce atto di

concorrenza sleale anche nel momento in cui le espressioni verbali di discredito siano

pronunciate nel corso di colloqui con persone tenute, per motivi di riservatezze

derivanti dalla loro professione, a non divulgarne il contenuto. In tale contesto infatti,

sussiste diffamazione in presenza del fatto che le espressioni in discorso siano

percepite da coloro cui esse sono rivolte”.

“Ai fini della configurabilità del reato di diffamazione è necessario che l'autore delle

espressioni lesive dell'altrui reputazione comunichi, anche in tempi diversi (come del

resto affermato dalla sentenza di annullamento), con almeno due persone ovvero con

una sola persona ma con modalità tali che detta notizia venga sicuramente a

conoscenza di altri”.

(Nella fattispecie, la Corte ha stabilito che ricorre il delitto di diffamazione anche

quando le espressioni denigratorie sono pronunciate in presenza di due persone che

rivestono la qualifica di agente provocatore al fine di indurre la parte a pronunciare

frasi diffamatorie della reputazione di un concorrente commerciale reputando

bastevole, ai fini della configurabilità del reato, che le espressioni in discorso siano

percepite da coloro cui esse sono rivolte)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. V, 26 maggio 2016, n. 522; Cass., Sez. V, 10 febbraio 2015, n.

34178; Cass., Sez. III, 10 gennaio 2012, n. 7882; Cass., Sez. V, 15 luglio 2010, n.

36602;

Difformi: -

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37

******

Particolare tenuità del fatto anche in caso di ulteriori denunce e di

“precedenti di polizia”

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Gerardo Auletta)

Cass., Sez. IV, 4 ottobre 2018 (dep. 15 novembre 2018), n. 51526, Pres. Piccialli,

Rel. Cenci, ric. Ben Brahim Ouissem

Diritto penale – Particolare tenuità del fatto – Abitualità del comportamento

(art. 131-bis c.p.)

“La mera presenza di denunzie nei confronti dell’imputato o di “precedenti di

polizia”, di cui si ignora l’esito, non può, di per sé, costituire elemento ostativo al

riconoscimento dell’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131 -bis

cod. pen.; il giudice, quindi, ove risultino in atti denunzie o precedenti di polizia, ove

sollecitato dalla difesa o anche di ufficio, deve verificare l’esito di tali segnalazioni,

per trarne l’esistenza di eventuali elementi concreti fattuali che dimostrino, in ipotesi,

la abitualità del comportamento dell’imputato”.

(Nel caso di specie, i giudici di merito avevano ritenuto l’abitualità della condotta ed

escluso l’applicazione dell’art. 131 bis c.p., valorizzando i precedenti di polizia pur

non acquisendo i relativi fascicoli processuali)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. Un., 25 febbraio 2016, n. 13681;

Difformi: -

******

La non estendibilità del divieto di “comparaggio” agli integratori

alimentari

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Angelo Mastrocola)

Cass., Sez. VI, 19 aprile 2018 (dep. 16 novembre 2018), n. 51946, Pres. Di Stefano,

Rel. Silvestri, ric. Cavazzoli

Diritto penale – Comparaggio per la diffusione di prodotti ad uso farmaceutico

– Fattispecie in tema di integratori alimentari – Esclusione.

(d.lgs. 21 maggio 2004 n. 169, art. 123 d.lt. 24 aprile 2006 n. 219, artt. 170, 172 r.d.

27 luglio 1934 n. 1265)

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Diritto penale

38

“In tema di corresponsione di denaro e/o altra utilità allo scopo di agevolare la

diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto a uso farmaceutico, cd

“comparaggio”, quest’ultimo non è configurabile ove le prescrizioni abbiano ad

oggetto semplici integratori alimentari e non già specialità medicinali o altro

prodotto ad uso farmaceutico. L'integratore, invero, non è un farmaco, né una

specialità medicinale e non può, dunque, essere considerato un prodotto ad uso

farmaceutico: ne deriva che la condotta consistente nel corrispondere denaro e/o

altra utilità allo scopo di agevolare la diffusione di specialità parafarmaceutiche

costituite da integratori alimentari non è prevista dalla legge come reato”.

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: -

Difformi: -

******

I presupposti del reato di oltraggio a un magistrato in udienza

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Giovanni Petranico)

Cass., Sez. VI, 17 ottobre 2018, (dep. 12 dicembre 2018) n. 51970, Pres.

Petruzzellis, Rel. Ricciarelli, ric. Simone

Diritto penale – Reato di oltraggio a un magistrato in udienza – Presupposti

(art. 343 c.p.)

“Il reato di cui all’art. 343 cod. pen. presuppone l’offesa dell’onore o del prestigio

del magistrato in udienza e che l’offesa al prestigio assurge ad esposizione a pericolo

di attributi che devono accompagnare l’azione della pubblica amministrazione e

quindi dei soggetti preposti o componenti dei suoi uffici ed il cui pregiudizio potrebbe

risultare ostativo al raggiungimento delle finalità poste dalla legge, od all’efficacia

dell’azione pubblica, incidendo sul consenso che la p.a. deve necessariamente avere

nella società”.

(Fattispecie riguardante la commissione del reato di oltraggio a un magistrato in

udienza da parte di un avvocato)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. VI, 28 settembre 1995, n. 11579, Pulletta, rv. 203860;

Difformi: -

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Reati elettorali: pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici e

sospensione condizionale della pena

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Francesco Sogliuzzo)

Cass., Sez. I, 16 gennaio 2018 (dep. 21 novembre 2018), n. 52522, Pres. Tardio,

Rel. Siani, ric. P.M. in proc. Della Valle A.

Diritto penale – Pene accessorie – Interdizione dai pubblici uffici – Elettorato

attivo – Pena sospesa

(artt. 19 e ss., 28, 163, 166 c.p., d.P.R. 3 maggio 1957 n. 139)

“La privazione del diritto elettorale e di eleggibilità per la durata non inferiore ad

anni cinque e non superiore ad anni dieci, che, ai sensi dell'art. 113, commi primo e

secondo, d.P.R. n. 361 del 1957, scaturisce da una sentenza irrevocabile di condanna

pronunciata per reati elettorali nei confronti di un candidato, costituisce effetto

extrapenale della condanna (e non pena accessoria), in relazione al quale non opera

la sospensione condizionale della pena principale eventualmente disposta”.

“Gli effetti penali della condanna, alla cui categoria appartengono anche le pene

accessorie, devono essere individuati in tutte quelle conseguenze giuridiche di

carattere afflittivo che scaturiscono dalla condanna penale, conseguenze, peraltro,

che non possono essere individuate esclusivamente in quelle derivanti ope legis dalla

sentenza affermativa della responsabilità, bensì ricomprendono anche ogni altra

sanzione o privazione di benefici che nella sentenza di condanna rinvenga, senza

mediazioni, il suo necessario e indefettibile presupposto”.

“Il bene tutelato con la condanna a pena detentiva per delitto elettorale impone il

prodursi – quale effetto extrapenale della pronunzia irrevocabile per tale tipologia di

reato – della privazione dei diritti elettorali, anche ove la pena principale sia

condizionalmente sospesa. Pertanto, l'irrilevanza della sospensione condizionale

della pena sulla privazione dell'esercizio del diritto di elettorato del condannato, non

costituisce un aspetto del trattamento sanzionatorio penale del reato elettorale, ma

costituisce il difetto di un requisito soggettivo per l'esercizio di quel diritto”.

“La ratio della privazione del diritto di elettorato quale effetto extrapenale della

condanna e dell'ininfluenza della sospensione condizionale della pena ai fini di tale

privazione ha coerentemente imposto di riferire il precetto di cui al secondo comma

dell'art. 2 d.P.R. n. 223 del 1967 alle sole condanne a pena detentiva aventi ad oggetto

reati elettorali: in tal senso, l'eccezione al dispiegamento degli effetti sospensivi

stabiliti anche per le pene accessorie dall'art. 166, primo comma, cod. pen., concerne

la privazione del diritto di elettorato contemplato espressamente in tema di reati

elettorali dall'art. 113, primo comma, d.P.R. n. 361 del 1957, come effetto autonomo

e ulteriore rispetto alla (pure stabilita) interdizione dai pubblici uffici”.

(Nel caso concreto il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria

Capua Vetere ricorreva avverso l’ordinanza del Tribunale di S.M.C.V. di revoca

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Diritto penale

40

dell’ordine di esecuzione – con il quale era stata posta in esecuzione la pena accessoria

dell’interdizione dai pubblici uffici, per la durata di anni uno unitamente alla

condanna di mesi sei di reclusione per il reato di cui all’art. 349 cod. pen., con

sospensione condizionale della pena – dichiarando la non eseguibilità della condanna

relativamente alla pena accessoria, siccome condizionalmente sospesa, e con essa

dell’ordine di esecuzione suddetto con cui era stato disposto il ritiro della tessera

elettorale. Il motivo di ricorso riguardava il presunto vizio del provvedimento di

revoca in quanto, a seguito della modifica della normativa introdotta dalla legge n. 15

del 1992, i condannati a pena che importa l’interdizione dai pubblici uffici, sarebbero

espressamente esclusi dalle liste elettorali, e la sospensione condizionale della pena

non avrebbe effetto ai fini della privazione del diritto di elettorato. La Suprema Corte,

nel disattendere le doglianze formulate dal Procuratore della Repubblica, ha chiarito

che l’effetto sul diritto di elettorato nel caso di specie è derivato dall’esecuzione della

pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni uno per il

reato di cui all’art. 349 cod. pen., pena peraltro sospesa. Trattandosi dunque di ambito

diverso dalla condanna per reati elettorali, il principio dell’effetto sospensivo anche

delle pene accessorie determinato dalla sospensione condizionale della pena è da

ritenersi operante in modo corretto)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: in relazione alla prima massima, Cass., Sez. I, 4 aprile 2013 n. 31499, ric.

Diodato, Rv. 256794;

Difformi: -

******

L’esercizio abusivo della professione forense e la non operatività

dell’art. 131-bis c.p.

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Alessandro Orabona)

Cass., Sez. II, 13 novembre 2018 (dep. 22 novembre 2018), n. 52619, Pres. Gallo,

Rel. Rago, ric. Incoronato

Diritto penale – Esercizio abusivo di una professione – Configurabilità del reato

– Causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto – Non operatività

(artt. 348, 131-bis c.p.)

“Non può applicarsi la particolare tenuità del fatto in caso di abusivo esercizio della

professione di avvocato, perché tale illecito presuppone una condotta connotata da

ripetitività, continuità o, comunque, dalla pluralità di atti tipici, di per sé ostativa al

riconoscimento della detta causa di non punibilità”.

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(Nel caso di specie, in cui l’imputato “si è finto avvocato”, la Corte nel dichiarare

inammissibile il ricorso ha valorizzato alcune circostanze: l’imputato si era avvalso

di una struttura nella quale esercitava la professione legale, con tanto di ufficio con

insegna esterna, di timbri e bigliettini da visita, sui quali era indicata la qualifica di

“avvocato”; l’imputato aveva perfino redatto atti giudiziari, alcuni dei quali con

riscontro positivo per il cliente)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. Un., 23 marzo 2012, n. 11545; Cass., Sez. VI, 13 febbraio 2017,

n. 6664; Cass., Sez. VI, 28 febbraio 1985, n. 6157; Cass., Sez. VI, 18 novembre 1993,

n. 2685; Cass., Sez.VI, 21 ottobre 1999, n. 904; Cass., Sez. VI, 14 febbraio 2001, n.

13124;

Difformi: Cass., Sez. VI, 8 ottobre 2002, n. 49.

******

Furto in supermercato. Ricorre la circostanza aggravante del mezzo

fraudolento anche in caso di omesso utilizzo del sistema del self

scanning

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Marco Muscariello)

Cass., Sez. IV, 8 novembre 2018 (dep. 23 novembre 2018), n. 52827, Pres.

Piccialli, Rel. Bruno, ric. P.M. in proc. Munea T.I.

Diritto penale – Circostanza aggravante del mezzo fraudolento – Omesso o

parziale utilizzo del sistema del self scanning – Idoneità della condotta ad

integrare la nozione di mezzo fraudolento

(artt. 624 e 625, co. I, n. 2) c.p.)

“Nel caso di furto in supermercato è da ritenersi integrata, oltre alla circostanza

aggravante della esposizione alla pubblica fede ai sensi dell’art. 625,, comma I, n. 7

del codice penale, anche quella del mezzo fraudolento, ai sensi del medesimo articolo

al n. 2, quando l’autore – abusando del sistema c.d. di “self scanning”- non passi la

merce sul lettore ottico, essendo la sua condotta connotata da insidiosa efficienza

offensiva, che sorprende la contraria volontà del detentore e vanifica le difese che

questi ha apprestato a protezione della cosa, agevolandone la spoliazione”.

(Fattispecie in cui la Corte ha accolto il ricorso del Pm che aveva impugnato la

mancata convalida dell’arresto per il tentativo di furto in supermercato sia per

l’assenza dei requisiti di cui all’art. 382 c.p.p. sia per l’assenza delle circostanze

aggravanti dell’utilizzo del mezzo fraudolento e della esposizione alla pubblica fede.

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Diritto penale

42

La decisione è stata così motivata, con riferimento alla sussistenza della circostanza

aggravante del mezzo fraudolento, ritenendo che la condotta del soggetto che aveva

passato solo alcuni prodotti prelevati dallo scaffale sul lettore ottico della cassa, fosse

idonea a soverchiare l'altrui vigilanza e gli accorgimenti precipuamente adoperati

dalla persona offesa per garantire che la cosa custodita – sia pure liberamente

asportabile dallo scaffale in cui era riposta – non esca dalla propria sfera di dominio)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. Un., 18 luglio 2013, n. 40354, Rv. 255974;

Difformi: -

******

Classificazione di un luogo di privata dimora nel reato di furto

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Giovanni Petranico)

Cass., Sez. V, 11 ottobre 2018 (dep. 27 novembre 2018), n. 53200, Pres. Pezzullo,

Rel. Borrelli, ric. Mignone

Diritto penale – Furto – Configurabilità – Privata dimora – Classificazioni

(artt. 624, 624-bis e 625, co. I, n. 4 c.p.)

“Gli indici cui ancorare la classificazione di un luogo come di privata dimora sono:

«a) utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata

(riposo, svago, alimentazione, studio, attività professionale e di lavoro in genere), in

modo riservato ed al riparo da intrusioni esterne; b) durata apprezzabile del rapporto

tra il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa

stabilità e non da mera occasionalità; c) non accessibilità del luogo, da parte di terzi,

senza il consenso del titolare»”.

(Fattispecie riguardante la non configurabilità di una stanza di un ospedale come

luogo di privata dimora con riqualificazione dell’ipotesi di cui agli artt. 624 e 625 n.

4) cod. pen. rispetto alla contestazione originaria di cui agli artt. 624-bis e 625, co. II,

n. 4) cod. pen.)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. Un., 23 marzo 2017, n. 31345, D’Amico, Rv. 270076; Cass.,

Sez. VI, 13 maggio 2009, n. 22836, Rizzi, Rv. 244148;

Difformi: -

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Mancata previsione della partecipazione al giudizio del terzo

interessato alla restituzione della cosa confiscata al di fuori delle

ipotesi previste dagli artt. 104-bis disp. att. c.p.p. e 240-bis c.p.

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Errico Frojo)

Cass., Sez. II, 12 ottobre 2018 (dep. 28 novembre 2018), n. 53384, Pres.

Prestipino, Rel. Prestipino, ric. Lega Nord

Confisca – Partecipazione del terzo interessato alla restituzione della cosa

confiscata al giudizio – Mancata previsione al di fuori delle ipotesi previste degli

artt. 104-bis disp. att. c.p.p. e 240-bis cod. pen. – Legittimità – Sussistenza –

Ragioni

(artt. 568 c.p.p., 104-bis disp. att. c.p.p., 240-bis c.p., art. 6 CEDU, art. 117 Cost.)

“In tema di confisca la mancata previsione della partecipazione al giudizio dei terzi

interessati alla restituzione della cosa confiscata è compatibile con i principi

costituzionali e sovranazionali potendo gli stessi esperire i rimedi cautelari previsti

dal codice di procedura penale nel corso del processo e proporre incidente di

esecuzione nel caso di definitività del capo della sentenza concernente la confisca”.

“I terzi interessati ammessi a partecipare al giudizio ai sensi degli artt. 104-bis dip.

att. cod. proc. pen. e 240-bis cod. pen. possono interloquire solo in merito al

collegamento tra il bene oggetto della confisca ed il reato contestato o alla propria

buona fede, restando esclusa ogni possibilità di intervenire sotto il profilo della

responsabilità penale dell’imputato”.

(Fattispecie in cui la Lega nord proponeva appello pur non essendo intervenuta nel

giudizio di primo grado lamentando, nella qualità di terzo interessato alla restituzione

della res in sequestro, la mancata partecipazione al processo e quindi una differenza

di trattamento rispetto ai destinatari del provvedimento legittimati ai sensi degli artt.

104-bis disp. att. c.p.p. e art. 240-bis c.p. a intervenire nel giudizio ed a proporre

appello in relazione al capo della sentenza che dispone la confisca. La Corte ha

precisato che la Lega nord non rientrava tra i soggetti di cui agli artt. 104-bis disp. att.

cod. proc. pen. e art. 240-bis c.p., avendo ritenuto i giudici di merito che il partito

“abbia svolto in sostanza una specie di servizio di cassa” rispetto ai contributi

elettorali illecitamente percepiti dagli imputati. La Corte ha altresì evidenziato che il

Tribunale aveva applicato le norme generali sulla confisca essendo peraltro

indiscutibile che un partito politico sia un ente a rilevanza costituzionale e come tale

non assoggettabile alla disciplina della responsabilità amministrativa dell’ente ai sensi

del d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231 od alla confisca per equivalente)

Giurisprudenza di legittimità

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Conformi: Cass., Sez. I, 6 marzo 2018 (dep. 22 maggio 2018), n. 22899, Rv. 273137;

Cass., Sez. I, 6 giugno 2018 (dep. 30 luglio 2018), n. 36449, Rv. 273612; Cass., Sez.

VI, 19 ottobre 2016 (dep. 14 dicembre 2016), n. 52918, Rv. 268620;

Difformi: -

******

La compatibilità tra recidiva e continuazione

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Sabina Coppola)

Cass., Sez. III, 12 settembre 2018 (dep. 4 dicembre 2018), n. 54182, Pres. Rosi,

Rel. Gentili, ric. Pettenon

Diritto penale – Recidiva – Recidiva reiterata – Continuazione fra i reati –

Compatibilità

(artt. 99, 81 c.p.)

“L'istituto della continuazione fra reati, lungi dal comportare un'ontologica

unificazione delle diverse condotte illecite commesse, è fondata sulla previsione di

una mera fictio juris il cui rilievo, ad evidenti fini di temperamento del trattamento

penale del soggetto agente, è determinante solo quoad poenam”.

“Laddove le condotte realizzate abbiano dato origine a diverse sentenze di condanna

penale per delitti, la recidiva non deve essere considerata in via di principio esclusa

dal fatto che tali condotte siano state considerate esecutive di un unico disegno

criminoso, posto che, come detto, alla unicità dell'originario disegno si associa una

pluralità di condotte criminose attuative di esso – ciascuna delle quali sostenute da

un autonomo momento volitivo e ciascuna delle quali tale da realizzare un evento da

cui dipenda l'esistenza del singolo reato commesso – di tal che queste possono, sulla

base del prudente apprezzamento del giudice del merito, costituire efficace

testimonianza della effettiva proclività dell'agente alla violazione della legge penale

e, quindi, della sua accentuata pericolosità criminale”.

“Al di là della insussistenza dei fattori strutturali che avrebbero potuto costituire

ostacolo alla compatibilità fra la figura della recidiva e quella della continuazione

fra reati, non vi è neppure una antinomia funzionale fra le due ipotesi normative.

Infatti, la aggravante di cui all'art. 99 cod. pen. tende a sanzionare in maniera più

incisiva chi, essendo già pregiudicato per un delitto ed avendo commesso un nuovo

reato, abbia in tal modo dimostrato un rafforzamento della volontà criminosa e, di

conseguenza, la propria maggiore pericolosità; la continuazione, invece, riguarda

solo la unitarietà del trattamento sanzionatorio che, in deroga al principio generale

del cumulo materiale, consente – con finalità di contenimento della asprezza degli

effetti del menzionato principio generale – di mitigare, attraverso il particolare

meccanismo di cui all'art. 81, commi primo, terzo e quarto, cod. pen., la entità della

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pena, unitariamente computata per tutti i singoli reati ricompresi nell'originario

disegno criminoso”.

(Con la sentenza in esame, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto

dall’imputato con il quale insisteva per la declaratoria di estinzione del reato per

intervenuta prescrizione, asserendo non doversi applicare la recidiva reiterata

contestata, in quanto incompatibile con la riconosciuta continuazione).

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. II, 28 maggio 2012, n. 20326; Cass., Sez. VI, 22 dicembre 1998,

n. 2664; con riferimento alla seconda massima, Cass., Sez. IV, 11 maggio 2018, n.

21043;

Difformi: Cass., Sez. V, 15 febbraio 2011, n. 576.

******

Il reato di omissione di atti di ufficio non sanziona il rifiuto di un atto

urgente

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Emma Lorena Cappuccio)

Cass., Sez. VI, 26 settembre 2018 (dep. 5 dicembre 2018), n. 54426, Pres. Mogini,

Rel. Costantini, ric. Casola

Diritto penale – Giudizio di appello – Delitti contro la P.A. – Omissione di atti di

ufficio – Reato di pericolo – Presupposti: indebito rifiuto e colpevole ritardo del

p.u. – Insussistenza del fatto/reato

(art.328, co. I, c.p.)

“Al fine della integrazione del reato di rifiuto di atti di ufficio ex art. 328, comma

primo, cod. pen., l’indifferibilità deve essere accertata in base all’esigenza di

garantire il perseguimento dello scopo cui l’atto è preordinato ed agli effetti al

medesimo concretamente ricollegabili, con la conseguenza che l’assenza di termini

di legge espliciti o la previsione di termini meramente ordinatori non esclude il

dovere di compiere l’atto in un ristretto margine temporale quando ciò sia necessario

per evitare un sostanziale aumento del rischio per gli interessi tutelati dalla norma

incriminatrice”.

“Il reato di omissione di atti di ufficio è un reato di pericolo la cui previsione sanziona

il rifiuto non già di un atto urgente, bensì di un atto dovuto che deve essere compiuto

senza ritardo, ossia con tempestività, in modo da conseguire gli effetti che gli sono

propri in relazione al bene oggetto di tutela”.

(Per l’integrazione della fattispecie di cui all’art. 328, co. I, c.p. in relazione alla

mancata adozione di uno specifico intervento teso a contrastare quanto segnalato da

parte di soggetti istituzionali esterni all’ambito comunale, è indispensabile

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Diritto penale

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innanzitutto la dimostrazione della situazione legittimante il potere di intervento da

parte dell’organo a tanto deputato, affinché venga accertato il presupposto oggettivo

la cui presenza impone l’intervento tempestivo del funzionario istituzionalmente

preposto alla funzione di controllo delle fonti di pericolo che possono incombere sulla

sicurezza pubblica).

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: in relazione alla prima massima, Cass., Sez. VI, 20 novembre 2012, n.

47531, Cambria, Rv. 254040; in relazione alla seconda massima, Cass., Sez. VI, 7

maggio 2014 (dep. 30 luglio 2014), n. 33857, Bassi, P.M. in proc. Bruno, Rv. 262076;

Cass., Sez. VI, 29 gennaio 2009, n. 13519, Gardali e altri, Rv. 243684;

Difformi: -

******

L’alterazione della cartella clinica configura il falso materiale in atto

pubblico

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Gerardo Auletta)

Cass., Sez. V, 22 ottobre 2018 (dep. 11 dicembre 2018), n. 55385, Pres. Settembre,

Rel. Tudino, ric. Passafiume

Diritto penale – Falso materiale in atto pubblico – Alterazione cartella clinica

(art. 476 c.p.)

“Integra il reato di falso materiale in atto pubblico l’alterazione di una cartella

clinica mediante l’aggiunta di una annotazione, ancorché vera, in un contesto

cronologico successivo e, pertanto, diverso da quello reale; né, a tal fine, rileva che

il soggetto agisca per ristabilire la verità effettuale”.

(Nel caso di specie, sulle cartelle cliniche erano state successivamente apposte dal

medico annotazioni in rettifica con le quali si dava atto della mera erronea indicazione

della data riferita ai precedenti interventi in reparto; annotazioni da ritenersi anch’esse

mendaci perché recanti attestazioni non conformi al vero in quanto finalizzate

all’apparente correzione delle precedenti dichiarazioni di cui era stata rilevata la

falsità)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. V, 11 luglio 2005, n. 35167;

Difformi: -

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L’elemento soggettivo del delitto di riciclaggio

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Luigia Santoro)

Cass., Sez. II, 23 ottobre 2018 (dep. 17 dicembre 2018), n. 56633, Pres. De

Crescienzo, Rel. Coscioni

Diritto penale – Riciclaggio – Elemento psicologico – Dolo eventuale –

Presunzioni - Attendibilità persona offesa – Sentenza giudice tributario –

Cognizione ricorso per cassazione

(artt. 684-bis c.p., 238-bis c.p.p.)

“Nel delitto di riciclaggio, come nel delitto di ricettazione, l’elemento soggettivo può

essere integrato anche dal dolo eventuale quando l’agente si rappresenta la concreta

possibilità, accettandone il rischio, della provenienza delittuosa del denaro ricevuto

ed investito”.

“La valutazione della attendibilità della persona offesa dal reato rappresenta una

questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale

fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il

giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni”.

“Anche se le sentenze del giudice tributario (e quelle del giudice amministrativo in

genere) non sono vincolanti per il giudice penale in quanto, nel vigente ordinamento

processuale, l’art. 238-bis cod. proc. pen. si limita a consentire l’acquisizione in

dibattimento di sentenze (non necessariamente solo penali) divenute irrevocabili, ma

dispone che esse siano valutate a norma dell’art. 187 e art 192, comma 3, stesso

codice, ai fini della prova del fatto in esse accertato, tale elemento deve comunque

essere oggetto di valutazione”.

“La sussistenza del dolo non può essere desunta sulla base di semplici presunzioni”.

(Con la sentenza in esame la Suprema Corte, partendo dall’assunto che la provenienza

illecita del denaro deve essere provata e non semplicemente presunta, ha annullato la

sentenza impugnata limitatamente alla dichiarazione di penale responsabilità per i

reati di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000 e all’art. 648-bis c.p., con rinvio ad altra

sezione della Corte di appello di Firenze; viceversa, ha dichiarato inammissibile nel

resto il ricorso, in particolare, in quanto l’elemento soggettivo nel delitto di riciclaggio

può essere integrato anche dal dolo eventuale).

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: con riferimento alla prima massima, Cass., Sez. II, 26 novembre 2013, n.

8330; con riferimento alla seconda massima, Cass., Sez. III, 22 gennaio 2008, n. 8382;

con riferimento alla terza massima, Cass., VI, 24 febbraio 2011, n. 10210;

Difformi: -

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Diritto penale

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La qualificazione giuridica nelle ipotesi di mancato pagamento del

pedaggio autostradale

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Giuseppe Musella)

Cass., Sez. II, 31 ottobre 2018 (dep. 18 dicembre 2018), n. 56933, Pres. Rago, Rel.

Ariolli, ric. Pansini

Diritto penale – Mancato pagamento pedaggio – Insolvenza fraudolenta –

Esclusione – Truffa – Sussistenza

(artt. 640, 641 c.p.)

“Integra il delitto di truffa, per la presenza di raggiri finalizzati ad evitare il

pagamento del pedaggio, la condotta di chi transiti con l’autovettura attraverso il

varco autostradale, riservato ai possessori di viacard, pur essendo sprovvisto della

relativa tessera”.

(Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso con cui si

chiedeva la riqualificazione della ipotesi di cui all’art. 640 c.p. in quella di cui al

successivo art. 641 c.p., in relazione alla condotta di un soggetto che transitava

attraverso la corsia riservata ai possessori di viacard, senza averne titolo. Ribadendo

un principio consolidato, la Corte ha ritenuto sussistenti in ipotesi di tal genere gli

elementi costitutivi degli artifici e raggiri, propri del delitto di truffa)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. II, 18 maggio 2007, n. 26289; Cass., Sez. VII, 27 marzo 2018,

n. 33299;

Difformi: -

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Il delitto di frode in pubbliche forniture nell'esecuzione del contratto

avente ad oggetto il servizio di refezione reso in favore di una scuola

privata

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Fabio Cavalli)

Cass., Sez. VI, 26 settembre 2018 (dep. 20 dicembre 2018), n. 57858, Pres. Mogini,

Rel. Di Stefano, ric. P.G. in proc. Cirillo

Reati contro la P.A. – Frode nelle pubbliche forniture – Scuole dell'infanzia

private – Natura pubblicistica – Mensa scolastica – Prestazione non meramente

eventuale ed accessoria

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Centro Studi “Giovanni Bisogni”

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(artt. 356, 358 c.p.)

“In tema di frode nelle pubbliche fornitura, le scuole la cui gestione è affidata ai

privati non per questo sono prive di connotati di natura pubblicistica, atteso che le

scuole paritarie sono del tutto equiparate nello svolgimento del servizio a quelle

pubbliche mentre le altre private, secondo le loro tipologie di funzionamento, possono

avere vincoli pubblicistici alla gestione che le rende parimenti esercenti un pubblico

servizio ai sensi dell'art. 358 c.p.”.

“Il servizio di istruzione scolastica ricomprende tutte le attività funzionali allo stesso,

quindi non soltanto il momento della lezione ma anche quello della gestione logistica,

compresa la fornitura dei servizi di assistenza alla persona; da ciò ne discende che

la fraudolenta esecuzione del contratto di fornitura dei pasti reso in favore di una

scuola privata, la cui disciplina è soggetta a vincoli e controlli di carattere pubblico,

integra il delitto di cui all'art. 356 c.p.”.

(In applicazione di tale principio, il S.C. – in accoglimento del ricorso proposto dal

Procuratore Generale – ha annullato con rinvio la sentenza di assoluzione emessa della

Corte territoriale, la quale aveva ritenuto dirimente la sola proprietà, privata e non

pubblica, della scuola, omettendo ogni valutazione in ordine alle caratteristiche delle

singole scuole destinatarie delle forniture, laddove il carattere pubblicistico andava

comunque riconosciuto ex sé alle scuole dell'infanzia paritarie ed alle eventuali scuole

dell'infanzia non paritarie disciplinate ai sensi dei commi 4 e 5 dell'art. 1-bis d.l. 5

dicembre 2005 n.250 – scuole di cui all'apposito elenco affisso all'albo dell'ufficio

scolastico regionale – ovvero a quelle che operano per conto di enti pubblici territoriali

con la fruizione di sussidi pubblici).

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: -

Difformi: -

******

La responsabilità del consulente esterno per la sicurezza sul lavoro

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Francesco Talamo)

Cass., Sez. IV, 9 ottobre 2018 (dep. 21 dicembre 2018), n. 57937, Pres. Menichetti,

Rel. Ranaldi, ric. Ferrari e Spaggiari

Diritto penale – Leggi speciali – Sicurezza sul lavoro – Posizione di garanzia –

Reati omissivi colposi – Consulente esterno

(artt. 40 co. 2, 589 c.p., art. 1 co. 4-ter, 4 d.lgs. 19 settembre 1994 n. 626)

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Diritto penale

50

“In tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia, che può essere generata

da investitura formale o dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse

figure di garante, deve essere individuata accertando in concreto la effettiva titolarità

del potere-dovere di gestione della fonte di pericolo, alla luce delle specifiche

circostanze in cui si è verificato il sinistro”

“Occorre che la condotta di cooperazione colposa sia correttamente analizzata e

specificamente individuata sulla base di un ragionamento probatorio che dia

adeguato conto, al di là di ogni ragionevole dubbio, della sua esistenza e

riconducibilità al prevenuto in termini di prevedibilità e prevenibilità dell’evento”.

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. Un., 24 aprile 2014, n. 38343; Cass., Sez. IV, 1 dicembre 2016,

n. 19029;

Difformi: -

******

La condotta negligente del lavoratore e l’accertamento del nesso

causale negli infortuni

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Alfonso Tatarano)

Cass., Sez. IV, 5 dicembre 2018 (dep. 27 dicembre 2018), n. 58272, Pres. Izzo,

Rel. Serrao, ric. Bartolucci

Diritto penale – Lesioni personali colpose – Colpa per violazione delle norme per

la prevenzione degli infortuni sul lavoro – Condotta negligente del lavoratore –

Accertamento del nesso causale

(artt. 40, 41, 43, 590 c.p.)

“In materia di prevenzione infortuni, può considerarsi interruttiva del nesso di

condizionamento la condotta abnorme del lavoratore non solo quando essa si colloca

in qualche modo al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso ma

anche quando, pur collocandosi nell'area di rischio, esorbiti dalle precise direttive

ricevute e, in sostanza, sia consapevolmente idonea a neutralizzare i presidi

antinfortunistici posti in essere dal datore di lavoro il quale, cionondimeno, deve aver

previsto il rischio ed adottato le misure prevenzionistiche esigibili in relazione alle

particolarità del lavoro”.

Giurisprudenza di legittimità

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Centro Studi “Giovanni Bisogni”

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Conformi: Cass., Sez. IV, 7 marzo 2017 (dep. 27 marzo 2017), n. 15174, Trapanotto,

in CED Cassazione n. 273247; Cass., Sez. IV, 11 maggio 2016 (dep. 10 giugno 2016),

n. 24139, Lupoli, non massimata;

Difformi: -

Nota: In motivazione la Corte passa in rassegna diverse ipotesi nelle quali è stata

ravvisata l’interruzione del nesso causale tra l’evento e la violazione della norma

cautelare addebitata al datore di lavoro nella condotta negligente posta in essere dal

lavoratore.

******

Configurabilità del delitto di peculato in capo ad un amministratore

di sostegno

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Mariagiovanna Veneruso)

Cass., Sez. IV, 21 novembre 2018 (dep. 21 dicembre 2018), n. 58237, Pres. Petitti,

Rel. Corbo, ric. Valfré

Diritto penale – Reati contro la pubblica amministrazione – Peculato –

Amministrazione di sostegno

(artt. 314 c.p., 404 c.c.)

“Il delitto di peculato viene a configurarsi in capo ad un amministratore di sostegno,

che nell’esercizio della sua funzione pubblica, si appropria di somme di denaro del

soggetto assistito”.

(Nella fattispecie in esame, la Corte ha rigettato il ricorso dell’imputata condannata

all’esito di giudizio abbreviato, con sentenza confermata in appello, per condotte di

appropriazione di circa sessantamila euro giacenti sul conto corrente intestato al

suocero di cui era stata nominata amministratore di sostegno, mediante bonifici,

assegni circolari, operazioni bancomat e pagamenti vari).

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. VI, 19 maggio 2016, n. 29617; Cass., Sez. VI, 12 novembre

2014, n. 50754;

Difformi: -

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Diritto penale

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II. Leggi speciali

Il datore di lavoro: “sentinella” dell’incolumità fisica dei propri

lavoratori

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Alessandro Orabona)

Cass., Sez. III, 25 maggio 2018 (dep. 6 novembre 2018), n. 50000, Pres. Cavallo,

Rel. Andronio, ric. Pirovano

Diritto penale – Infortunio su lavoro – Lesioni colpose – Motivi deducibili –

Motivi diversi – Inammissibilità – Procedura de plano

(artt. 590, 77 co. 3 e 4 lett. f), in relazione all’art. 87, co. 2, lett. d), d.lgs. 9 aprile 2008

n. 81, art. 2087 c.c.)

“Il datore di lavoro non è tenuto a creare un ambiente di lavoro “a rischio zero”,

ossia predisponendo misure volte a prevenire anche eventi rischiosi impensabili, ma

deve adottare tutte quelle misure che nel caso concreto e in relazione a quella

specifica lavorazione risultino idonee a prevenire i rischi tecnici dell’attività posta in

essere dal lavoratore.

In qualità di garante dell’incolumità di coloro che prestano un’attività lavorativa,

incombe sul datore di lavoro anche l’obbligo di sorvegliare sulla effettiva adozione

delle stesse (misure), da parte dei preposti e dei lavoratori; tale obbligo, infatti, non

viene meno con la nomina del responsabile di servizio di prevenzione e protezione, il

quale ha una funzione di supporto e giammai di sostituzione del datore di lavoro.

In un solo caso a quest’ultimo non è possibile “muovere alcun rimprovero”, cioè

allorquando il comportamento del lavoratore risulti essere imprevedibile, abnorme,

eccezionale e comunque esorbitante rispetto allo specifico procedimento di

lavorazione e alle precise direttive ricevute”.

(Nel caso specifico, secondo la Suprema Corte, l’imputato, vice presidente del C.d.A.,

nonché titolare di specifica delega in ordine alla sicurezza ed igiene sul lavoro e alla

prevenzione degli infortuni e incendi, sarebbe venuto meno al proprio dovere di

vigilanza per non aver provveduto a far assistere il lavoratore infortunato da altro

personale durante lo svolgimento dell’operazione. Inoltre, la persona offesa, rispetto

a quella specifica attività lavorativa richiesta, non possedeva quel tecnicismo tale da

poter essere considerato idoneo a giustificare la mancanza di controllo di altro

personale, a nulla rilevando la circostanza, pur addotta dalla difesa, secondo cui era

stata predisposta una passerella e che vi era stata una precedente “prova a freddo”)

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Leggi speciali

54

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. IV, 21 ottobre 2014, n. 4361; Cass. Sez. IV, 12 aprile 2005, n.

20595; Cass. Sez. IV, 5 aprile 2013, n. 50605; Cass. Sez. IV, 20 maggio 2008, n.

27420; Cass. Sez. IV, 13 dicembre 2016, n. 15124; Cass. Sez. IV, 27 giugno 2012, n.

37986; Cass. Sez. IV, 28 aprile 2011, n. 23292;

Difformi: -

******

L’applicabilità della aggravante del danno di rilevante gravità alle

ipotesi di bancarotta societaria

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Giuseppe Musella)

Cass., Sez. V, 16 maggio 2018 (dep. 7 novembre 2018), n. 50489, Pres. Pezzullo,

Rel. Calaselice, ric. Nicosia

Leggi speciali – Bancarotta – Bancarotta societaria – Aggravanti – Operatività

(artt. 216, 219, 223 r.d. 16 marzo 1942 n. 267)

“L’aggravante prevista dall’art. 219, comma 2, n. 1 della legge fallimentare è

applicabile anche al reato di bancarotta impropria, previsto al secondo comma

dell’art. 223. Difatti, il richiamo contenuto in tale articolo allo stesso trattamento

sanzionatorio previsto per le ipotesi ordinarie, non lascia dubbi sulla applicabilità

del regime interamente considerato e, dunque, anche con riferimento alla aggravante

in parola”.

(Nella fattispecie la Corte, aderendo ad un principio già espresso dalle Sezioni Unite,

ha statuito che una organica lettura degli articoli 216, 219 e 223 debba

necessariamente determinare la operatività della aggravante del danno di rilevante

gravità anche alla ipotesi di bancarotta impropria di cui al comma 2 dell’art. 223 r.d.

n. 267 del 1942, cosiddetta bancarotta societaria)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. Un., 26 maggio 2011, n. 21039; Cass., Sez. V, 21 gennaio 2013,

n. 18695; Cass., Sez. V, 25 gennaio 2012, n.10791; Cass., Sez. V, 18 febbraio 2010,

n. 17690;

Difformi: Cass., Sez. V, 18 dicembre 2009, n. 8828.

******

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Centro Studi “Giovanni Bisogni”

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Reati stradali: guida in stato di ebbrezza ed esclusione della

punibilità per particolare tenuità del fatto

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Francesco Sogliuzzo)

Cass., Sez. IV, 13 settembre 2018 (dep. 12 novembre 2018), n. 51304, Pres.

Ciampi, Rel. Nardin, ric. Merlani

Leggi speciali – Reati stradali – Guida in stato di ebbrezza – Particolare tenuità

del fatto

(art. 186 d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, art. 131-bis c.p.)

“La causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis

cod. pen., in quanto configurabile - in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti

fissati dalla norma - ad ogni fattispecie criminosa, è configurabile anche in relazione

al reato di guida in stato di ebbrezza, non essendo, in astratto, incompatibile, con il

giudizio di particolare tenuità, la presenza di soglie di punibilità all'interno della

fattispecie tipica, rapportate ai valori di tassi alcolemici accertati, anche nel caso in

cui, al di sotto della soglia di rilevanza penale, vi è una fattispecie che integra un

illecito amministrativo.”

“Ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare

tenuità del fatto prevista dall'art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità non va

ancorato unicamente alla non ostatività del titolo di reato, ma richiede una

valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta,

che tenga conto, ai sensi dell'art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della

condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del

pericolo”.

(Il caso concreto attiene alla mancata concessione della causa di non punibilità ad un

imputato del reato di guida in stato di ebbrezza. La Suprema Corte, nel dichiarare

inammissibile il ricorso, ha riconosciuto l’insussistenza della ostatività derivante dal

reato contestato, ma al contempo ha ritenuto esaustiva ai fini della non concedibilità

della fattispecie ex art. 131-bis c.p. la valutazione operata dalla Corte di Appello in

ottemperanza dei parametri di cui all’art. 133 c.p. – tra cui spiccano le modalità

dell’azione –, unitamente alle condizioni di tempo e di luogo).

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. Un., 25 febbraio 2016 (dep. 6 aprile 2016), n. 13681, Tushaj,

Rv. 26658901;

Difformi: -

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Leggi speciali

56

La causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del

fatto nella contravvenzione di porto di armi od oggetti atti ad

offendere

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Fabio Cavalli)

Cass., Sez. I, 17 settembre 2018 (dep. 13 novembre 2018), n. 51393, Pres. Di

Tomassi, Rel. Liuni, ric. Poiatti

Armi improprie – Porto fuori dell'abitazione senza giustificato motivo –

Particolare tenuità del fatto – Natura pericolosamente offensiva dello strumento

– Valutazione globale delle peculiarità della fattispecie concreta

(art. 4 l. 18 aprile 1975 n. 110, art. 131-bis c.p.)

“In tema di porto fuori della propria abitazioni di strumenti atti ad offendere,

l'intrinseca natura pericolosamente offensiva del bene non rappresenta elemento

sufficiente per negare la configurabilità della causa di esclusione della punibilità per

particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131-bis c.p., il cui giudizio richiede –

viceversa - una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della

fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133, primo comma, c.p., delle

modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del

danno o del pericolo”.

(In applicazione di tale principio, il S.C., in accoglimento di uno dei motivi di ricorso

proposti dall'imputato, ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, riconoscendo

la particolare tenuità del fatto – esclusa dalla Corte territoriale in base al rilievo

dell'intrinseca natura pericolosamente offensiva del coltello – in considerazione delle

già riconosciute circostanze attenuanti generiche e della lieve entità del fatto, nonché

in base all'ulteriore circostanza relativa all'incensuratezza dell'imputato).

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. I, 5 giugno 2017, n. 31683; Cass., Sez. I, 9 maggio 2017, n.

27752; Cass., Sez. I, 7 marzo 2017, n. 51261;

Difformi: -

******

La portata applicativa della causa di forza maggiore nelle ipotesi di

omesso versamento IVA (scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Antonio Scotto Rosato)

Cass., Sez. III, 6 luglio 2018 (dep. 26 novembre 2018), n. 52971, Pres. Cavallo,

Rel. Scarcella, Ric. M.G.

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Centro Studi “Giovanni Bisogni”

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Leggi speciali – Reati tributari – Omesso versamento IVA – Crisi di liquidità -

Forza maggiore – Dolo generico – Non sussiste

(art. 45 c.p., 10-ter d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74)

“Il reato di omesso versamento IVA deve ritenersi a dolo generico, integrato dalla

consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, ravvisabile anche qualora il

datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, abbia deciso

di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti ed alla manutenzione

dei mezzi destinati allo svolgimento dell'attività di impresa, e di pretermettere il

versamento delle ritenute all'erario, essendo suo onere quello di ripartire le risorse

esistenti all'atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da adempiere al

proprio debito erariale, anche se ciò comporta l'impossibilità di pagare i compensi

nel loro intero ammontare”

“Nel caso di reati omissivi propri unisussistenti, la causa di forza maggiore in grado

di escludere il dolo deve essere valutata al momento della consumazione del reato e

non può essere identificata con fattori che incidono solo sull'intima dissociazione

dell'autore della condotta, pur volontaria, dalle conseguenze che ne derivano, sicché

il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore perché non esclude la "suitas"

della condotta, con la conseguenza che non si può, allora, invocare la forza maggiore

quando l'inadempimento penalmente sanzionato sia stato concausato dai mancati

accantonamenti e dal mancato pagamento alle singole scadenze mensili e dunque da

una situazione di illegittimità”

(Nel caso di specie un imprenditore, in evidente crisi di liquidità, dava preferenza al

pagamento degli stipendi dei propri dipendenti nonché alla manutenzione dei mezzi

aziendali in luogo dell’obbligatorio versamento dell’IVA)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: ex multis Cass., Sez. III, 12 luglio 2017 (dep. 25 gennaio 2018), n. 3647,

Pres. Cavallo, Rel. Aceto, Ric. B.

Difformi: -

******

La confisca per equivalente può disporsi anche in assenza di

sequestro e non occorre individuare i beni da apprendere

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Carmine Gatto)

Cass., Sez. III, 21 settembre 2018 (dep. 21 novembre 2018), n. 52998, Pres.

Cervadoro, Rel. Reynaud, ric. P.G. in proc. Sanchez H.M.

Emissione false fatture – Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture falso

– Confisca per equivalente – Profitto del reato

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Leggi speciali

58

(artt. 2 e 8 d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74)

“A fronte della commissione del delitto di emissione di fatture per operazioni

inesistenti, un eventuale illecito profitto consegue di regola non già alla commissione

del suddetto reato da parte dell'emittente, bensì alla (eventuale) commissione, da

parte del destinatario della fattura, del diverso reato di cui all'art. 2 dello stesso

decreto”.

(Nella fattispecie, la Corte ha accolto parzialmente il ricorso del Procuratore Generale

il quale aveva impugnato la sentenza per non avere il giudice disposto, senza alcuna

giustificazione, la confisca obbligatoria dei beni che costituiscono profitto del reato

ovvero la confisca per equivalente a carico dell’imputata ritenuta colpevole dei reati

di cui al d. lgs. 10 marzo 2000 n. 74 artt. 2 e 8)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. III, 20 gennaio 2017, n. 2804; Cass., Sez. II, 25 ottobre 2016,

n. 49321; Cass., Sez. III, 5 maggio 2016, n. 43952; Cass., Sez. III, 4 febbraio 2016, n.

1545;

Difformi: -

******

Responsabilità omissiva per difetto di vigilanza nei reati edilizi

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Giuseppe Musella)

Cass., Sez. III, 21 settembre 2018 (dep. 26 novembre 2018), n. 53000, Pres.

Cervadoro, Rel. Mengoni, ric. De Maio

Diritto penale – Contravvenzioni urbanistiche – Comproprietari –

Responsabilità – Condotta omissiva – Valutazione – Criteri

(artt. 44 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380)

“In tema di reati edilizi, la responsabilità del proprietario o del comproprietario non

committente non può essere dedotta esclusivamente dall’esistenza del diritto sul bene

né può essere configurata come responsabilità omissiva per difetto di vigilanza

essendo necessario individuare ulteriori e decisivi criteri, quali la disponibilità della

superficie edificata, l’interesse alla realizzazione delle opere, i rapporti di parentela

con il committente, la presenza durante lo svolgimento dei lavori, il deposito di

provvedimenti abilitativi ed, in generale, tutti gli ulteriori elementi da cui evincere un

apporto anche morale alla commissione del fatto reato”.

(Nella fattispecie la Corte, ritenendo il motivo manifestamente infondato, ha

confermato la responsabilità della comproprietaria attesa la presenza di ulteriori

elementi significativi della sua partecipazione alla realizzazione delle opere. In

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Centro Studi “Giovanni Bisogni”

59

particolare l’imputata, oltre ad essere comproprietaria del bene immobile, aveva

goduto del regime patrimoniale della comunione dei beni ed era residente presso lo

stesso luogo ove aveva eletto domicilio per le notificazioni)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. III, 10 ottobre 2013, n. 44202; Cass., Sez. III, 30 maggio 2012,

n. 25669;

Difformi: -

******

Il reato di manipolazione del mercato ex art. 185 TUF

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Amedeo Bucci de Santis)

Cass., Sez. V, 19 ottobre 2018 (dep. 28 novembre 2018), n. 53437, Pres. Palla, Rel.

Caputo, ric. P.G. e p.c. in proc. Baldassarre A. e altri

Diritto penale parte speciale – Reato di manipolazione del mercato ex art. 185

TUF – Reato di pericolo concreto e di mera condotta – Effettivo realizzarsi di

una alterazione degli strumenti finanziari quotati in borsa – Necessità –

Esclusione

(art. 185 d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58)

“La fattispecie di manipolazione del mercato ex art. 185 TUF è reato di mera

condotta e di pericolo concreto e si consuma nel momento in cui la notizia, idonea a

fornire una errata valutazione del titolo, viene comunicata o diffusa e, cioè, esce dalla

sfera del soggetto attivo. Per la sussistenza del reato è quindi sufficiente che siano

poste in essere le cause dirette a cagionare una sensibile alterazione del prezzo degli

strumenti finanziari quotati nelle liste di borsa, senza che sia necessario che

effettivamente si avveri la predetta alterazione. Il reale ed effettivo verificarsi della

alterazione sopra citata (dell’andamento del titolo) potrà assumere valenza indiziante

in ordine all’idoneità della condotta. Il reato in parola può sussistere anche senza

che la variazione del prezzo si sia concretamente realizzata, in quanto la norma

penale di cui si discute tutela anticipatamente l’interesse dell’ordinamento alla

corretta formazione del prezzo dello strumento finanziario. In ragione di quanto

sopra, è necessaria un’adeguata indagine sull’idoneità ex ante della condotta

manipolativa a produrre una variazione penalmente rilevante indipendentemente da

quanto riscontrato ex post. Ai fini della sussistenza del reato, le notizie diffuse devono

essere caratterizzate dalla concreta idoneità ad incidere sul corso delle contrattazioni

mobiliari, essendo questa la condizione per apprezzare la lesività del fatto. Ulteriore

requisito richiesto dal legislatore discende dall’attributo «sensibile» richiesto dalla

norma per far superare alla distorsione la soglia di rilevanza penale”.

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Leggi speciali

60

“La configurazione del reato di manipolazione del mercato quale reato di mera

condotta e di pericolo concreto e gli elementi costitutivi inerenti alle connotazioni

delle notizie diffuse o degli artifici adoperati convergono nell’individuare, quale

unico criterio di accertamento del reato stesso, quello della prognosi postuma, ossia

un giudizio in concreto ed ex ante che valorizzi tutti i dati fattuali esistenti al momento

della condotta in funzione delle verifica della connotazione decettiva del fatto

comunicativo e della sua idoneità a produrre effetti distorsivi sul patrimonio

conoscitivo dell’investitore”.

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. II, 28 novembre 2012, n. 12989; Cass., Sez. V, 4 maggio 2011,

n. 28932; Cass., Sez. V, 26 giugno 2012, n. 40393; Cass., Sez. V, 3 aprile 2014, n.

25450;

Difformi: -

Giurisprudenza di merito

Difformi: Trib. Torino, 21 dicembre 2010, Pres. Casalbore, per la quale lo stato di

pericolo per l’andamento degli strumenti finanziari è elemento essenziale del reato e

ne costituisce l’evento. In ragione di quanto sopra la verifica della pericolosità nei

reati di pericolo concreto riguarda situazioni effettivamente prodotte dalla condotta.

La verifica della pericolosità della condotta va fatta su elementi concretamente

riscontrabili in un momento successivo alla condotta.

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I limiti dell’efficacia probatoria della prova dichiarativa e tecnica nei

delitti di omessa dichiarazione

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Antonio Scotto Rosato)

Cass., Sez. III, 16 luglio 2018 (dep. 3 dicembre 2018), n. 53980, Pres. Di Nicola,

Rel. Andronio, Ric. T.S.

Leggi speciali – Reati tributari – Omessa dichiarazione IVA – Prova dichiarativa

e tecnica – Costi sostenuti – Valutazione

(art. 5 d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74)

“L’IVA rappresenta una imposta a sistema chiuso di rilevanza sovranazionale che

può funzionare solo attraverso la specifica tracciabilità di tutte le fatture emesse, a

nulla rilevando l’eventuale ed ipotetica sussistenza di costi non registrati che, in

quanto tali non possono esplicare alcun effetto sulla determinazione della base

imponibile e conseguentemente, sulla quantificazione della imposta evasa con la

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61

conseguenza che l’accertamento del reato di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000 non

può prescindere dall’allegazione documentale dei costi sostenuti”.

“È legittima la statuizione del giudice di merito che valorizzi eventuali costi non

documentati con riferimento alle imposte dirette – non vincolate al rispetto di

stringenti oneri documentali, la cui mancanza ne impedirebbe il funzionamento

intrinseco – e, contemporaneamente, escluda la rilevanza di tali costi, non certificati

dalle fatture emesse, per i reati in materia IVA”.

(Nel caso di specie, il legale rappresentante di una società veniva processato per aver

omesso le dichiarazioni fiscali ai fini IRES ed IVA. In sede dibattimentale, veniva

provata l’esistenza di costi ritenuti dai Giudici di merito rilevanti ai fini della

insussistenza del reato per le dichiarazioni fiscali IRES ma non, invece, per le

dichiarazioni IVA)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: -

Difformi: -

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Guida in stato di ebbrezza in bicicletta: conseguenze

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Emma Lorena Cappuccio)

Cass., Sez. IV, 11 ottobre 2018 (dep. 3 dicembre 2018), n. 54032, Pres. Piccialli,

Rel. Bruno, ric. Cuelli

Leggi speciali – Sentenza di patteggiamento – Violazione delle norme sulla disciplina

della circolazione stradale – Individuazione della fattispecie della guida in stato di

ebbrezza – Sanzioni amministrative accessorie – Annullamento senza rinvio

(art. 186, co. 2, lett. b) e 2-bis d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285)

“Il reato di guida in stato di ebbrezza può essere commesso anche mediante la

conduzione di una bicicletta, in ragione della concreta idoneità del mezzo usato ad

interferire sulle generali condizioni di regolarità e di sicurezza della circolazione

stradale”.

“La sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida,

applicabile in relazione a illeciti posti in essere con violazione delle norme sulla

disciplina della circolazione stradale, non può essere disposta nei confronti di chi si

sia posto alla guida di un veicolo per cui non è richiesta alcuna abilitazione, come un

velocipide”.

Giurisprudenza di legittimità

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Leggi speciali

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Conformi: in relazione alla prima massima, Cass., Sez. IV, 22 gennaio 2015 (dep. 2

febbraio 2015), n. 4893, Dell’Utri, Rv. 262038; in relazione alla seconda massima,

Cass., Sez. IV, 29 marzo 2013, n. 19413, Cologna, Rv. 255081; Cass., Sez. IV, 11

gennaio 2017 (dep. 24 aprile 2017), n. 20364, Di Salvo, non massimata;

Difformi: -

******

Disapplicabilità del foglio di via non legalmente dato da parte del

giudice di merito

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Errico Frojo)

Cass. Sez. Fer., 27 luglio 2018 (dep. 4 dicembre 2018), n. 54155, Pres. Di

Tommasi, Rel. Casa, ric. Caparelli

Leggi speciali – Misure di prevenzione personali – Foglio di via obbligatorio –

Valutazione della legittimità del provvedimento questorie da parte del giudice di

merito – Disapplicabilità del provvedimento non legalmente dato –

Ammissibilità – Condizioni – Limiti

(artt. 1, 2, 76 co. 3 d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159)

“Il giudice di merito deve disapplicare il provvedimento del Questore ex art. 2 d.lgs.

6 settembre 2011 n. 159 laddove reso in assenza dei presupposti di legge”.

(Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza impugnata senza rinvio perché il

fatto non sussiste poiché la Corte territoriale ha erroneamente fondato il proprio

sindacato di legittimità valorizzando l’attività di parcheggiatore abusivo

dell’imputato, fatto che integra non un reato ma un illecito amministrativo inidoneo a

fondare la pericolosità sociale del ricorrente)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. I, 17 settembre 2014, n. 44221, Chirila, Rv. 260897; Cass., Sez.

I, 16 settembre 2014, n. 41738, Rv. 260515; Cass., Sez. I, 13 dicembre 2007 (dep. 7

gennaio 2008), n. 248, Rv. 238767;

Difformi: -

******

L’imprescrittibilità dell’ordine di demolizione inflitto dal giudice

penale

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Aldo Franceschini)

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Cass., Sez. III, 21 novembre 2018 (dep. 11 dicembre 2018), n. 55372, Pres.

Liberati, Rel. Noviello, ric. Provenzano

Leggi speciali – Reati urbanistici – Ordine di demolizione – Natura della sanzione

– Imprescrittibilità

(art. 31 co. 9 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, art. 173 c.p.)

“Integra un intervento in assenza di permesso, e non in totale o parziale difformità

dal titolo, la realizzazione di un manufatto del tutto nuovo, ancorché esso sia

innestato su di una preesistente struttura di per sé conforme agli strumenti ed alle

prescrizioni urbanistiche”.

“L’impossibilità tecnica di demolire un manufatto abusivo, nel caso in cui la

sospensione condizionale della pena sia subordinata alla sua demolizione, rileva

come causa di revoca del beneficio solo se non dipenda da causa imputabile al

condannato”.

“La demolizione del manufatto abusivo, anche se disposta dal giudice penale ai sensi

dell’art. 31, comma 9, qualora non sia stata altrimenti eseguita, ha natura di sanzione

amministrativa che assolve ad un’autonoma funzione ripristinatoria del bene

giuridico leso, configura un obbligo di fare, imposto per ragioni di tutela del

territorio, non ha finalità punitive ed ha carattere reale, producendo effetti sul

soggetto che è in rapporto con il bene, indipendentemente dall’essere stato o meno

quest’ultimo l’autore dell’abuso”.

“La demolizione non può ritenersi una «pena» nel senso individuato dalla

giurisprudenza della Corte EDU e non è soggetta alla prescrizione stabilita dall’art.

173 c.p. né a quella prevista dall’art. 28 della l. n. 689 del 1981 che attiene alle sole

sanzioni pecuniarie con finalità punitiva”.

(Nel caso di specie la Corte dichiarava inammissibile il ricorso proposto dal

condannato avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione con cui era stata disposta

la revoca della sospensione condizionale della pena sul rilievo della mancata

ottemperanza all’ordine di demolizione di un manufatto abusivo, cui il beneficio era

stato subordinato).

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: con riferimento alla prima massima, Cass., Sez. III, 16 giugno 2016, n.

16548, Porcelli, Rv. 269624; con riferimento alla seconda massima, Cass., Sez. III,

27 aprile 2016, n. 19387, Di Dio, Rv. 267108; con riferimento alla terza e alla quarta

massima, Cass., Sez. III, 10 novembre 2015, n. 49931, Delorier, Rv. 265540;

Difformi: -

******

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Leggi speciali

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La legittimazione alla proposizione della querela nel delitto di

infedeltà patrimoniale (scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Antonio Scotto Rosato)

Cass., Sez. V, 7 novembre 2018 (dep. 18 dicembre 2018), n. 57077, Pres. Palla,

Rel. Scotti, ric. D.D.

Leggi speciali – Infedeltà patrimoniale – Diritto di querela – Società – Socio di

minoranza – Ammissibilità

(art. 2634 c.c.)

“In tema di infedeltà patrimoniale, la legittimazione alla proposizione della querela

spetta, non solo alla società nel suo complesso, ma anche – e disgiuntamente – al

singolo socio; il singolo socio, infatti, è persona offesa del reato di infedeltà

patrimoniale, e non solo danneggiato dallo stesso, in quanto la condotta

dell’amministratore infedele è diretta a compromettere le ragioni della società, ma

anche, principalmente, quelle dei soci o quotisti della stessa, che per l’infedele attività

dell’amministratore subiscono il depauperamento del loro patrimonio”

(Fattispecie in cui il legale rappresentante di una società aveva venduto sottocosto

l’intero complesso aziendale amministrato ad altra società in cui questi risultava avere

interessi perché socio di maggioranza)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: ex multis Cass., Sez. V, 24 giugno 2015 (dep. 30 settembre 2015), n. 39506,

Pres. Lapalorcia, Rel. Savani, Ric. P.G. Pesaro

Difformi: -

******

Sostituzione della pena pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità:

consenso dell’imputato

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Francesco Talamo)

Cass., Sez. I, 10 ottobre 2018 (dep. 28 dicembre 2018), n. 58485, Pres. Mazzei,

Rel. Boni, ric. Perrone

Leggi speciali – Reati stradali – Guida in stato di ebbrezza – Decreto penale di

condanna – Lavori di pubblica utilità

(art. 186, co. 9-bis, d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285)

“Qualora a norma dell’art. 186, comma 9-bis, c.d.s. il giudice disponga con decreto

penale di condanna la sostituzione della pena pecuniaria con il lavoro di pubblica

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utilità, non è richiesto all’imputato di esprimere una manifestazione di volontà

adesiva, essendo sufficiente la sua mancata opposizione, né, qualora l’assenso sia

formulato con atto scritto, questo deve essere redatto dall’imputato personalmente o

dal suo difensore munito di procura speciale”

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 4927;

Difformi: -

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Leggi speciali

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III. Diritto processuale penale

Impedimento a comparire del difensore

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Mariagiovanna Veneruso)

Cass., Sez. III, 17 aprile 2018 (dep. 30 ottobre 2018), n. 49668, Pres. Savani, Rel.

Aceto, ric. Cairo e altro

Diritto processuale penale – Impedimento a comparire del difensore – Malattia

– Carattere assoluto dell’impedimento – Indicazione del grado febbrile – Rischio

per la salute

(artt. 484, 420-ter c.p.p.)

“L’impedimento del difensore a comparire in udienza dovuto a serie, imprevedibili e

attuali ragioni di salute, debitamente documentate e tempestivamente comunicate,

non comporta l’obbligo di nominare un sostituto processuale o di indicare le ragioni

della mancata nomina, ha ribadito la necessità del difensore di provare con idonea

documentazione la sussistenza dell’impedimento indicandone la patologia ed i profili

ostativi alla personale comparizione”.

“L’indicazione del grado della febbre è essenziale per valutare la fondatezza, serietà

e gravità dell’impedimento sicché è inidonea la certificazione medica che si limiti ad

attestare un generico stato febbrile”.

(Nel caso di specie la Corte ha dichiarato inammissibile, in quanto manifestamente

infondato, il motivo di ricorso con cui si lamentava la violazione del diritto di difesa

per mancato rinvio dell’udienza nonostante l’allegazione di legittimo impedimento a

comparire del difensore dovuto a malattia certificata dal medico curante. In

motivazione la Corte ha evidenziato che il certificato prodotto non forniva alcuna

informazione sulla natura assoluta della impossibilità di comparire, limitandosi ad

attestare lo stato influenzale e la prognosi consigliata, consistente in quattro giorni di

riposo, senza nemmeno indicare il grado della febbre e a quale grave e non evitabile

rischio per la salute sarebbe andato incontro il difensore in caso di presenza

all’udienza).

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. Un., 21 luglio 2016, n. 41432; Cass., Sez. V, 19 novembre

2014, n. 3558, Rv. 262846; Cass., Sez. VI, 26 febbraio 2008, n. 24398;

Difformi: -

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Diritto processuale penale

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Ingiusta detenzione cautelare: colpa grave ostativa al riconoscimento

dell’indennizzo solo se adeguatamente provata

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Emma Lorena Cappuccio)

Cass., Sez. IV, 20 settembre 2018 (dep. 2 novembre 2018), n. 49900, Pres.

Piccialli, Rel. Bellini, ric. Igala

Diritto processuale penale – Procedimento di riparazione per ingiusta detenzione

– Provvedimento cautelare – Poteri del giudice della riparazione – Pretesa

indennitaria – Causa impeditiva – Accertamento della colpa grave

(art. 314 c. p.p.)

“Ai fini della esclusione della riparazione per dolo o colpa grave il giudice deve

valutare il comportamento dell’interessato alla luce del quadro indiziario su cui si è

fondato il titolo cautelare, e sempre che gli elementi indiziari non siano stati

dichiarati assolutamente inutilizzabili, ovvero siano stati esclusi o neutralizzati nella

loro valenza nel giudizio di assoluzione”.

“Il giudice della riparazione per l’ingiusta detenzione, al fine di stabilire se chi la ha

patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve

valutare tutti gli elementi probatori disponibili, onde accertare – con valutazione

necessariamente “ex ante” e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo

rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli

estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché

in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua

configurabilità come illecito penale”.

“Ai medesimi fini, inoltre, il giudice deve esaminare tutti gli elementi probatori

utilizzabili nella fase delle indagini, purché la loro utilizzabilità non sia stata

espressamente esclusa in dibattimento”.

“Quanto alla natura del comportamento ostativo, lo stesso può essere integrato anche

dalla condotta di chi, nei reati contestati in concorso, abbia tenuto, pur consapevole

dell’attività criminale altrui, comportamenti percepibili come indicativi di una sua

contiguità”.

“La colpa grave, ostativa al riconoscimento della indennità, può pertanto ravvisarsi

anche in relazione ad un atteggiamento di connivenza passiva quando,

alternativamente, detto atteggiamento: 1) sia indice del venir meno di elementari

doveri di solidarietà sociale per impedire il verificarsi di gravi danni alle persone o

alle cose; 2) si concretizzi non già in un mero comportamento passivo dell’agente

riguardo alla consumazione del reato ma nel tollerare che tale reato sia consumato,

sempreché l’agente sia in grado di impedire la consumazione o la prosecuzione

dell’attività criminosa in ragione della sua posizione di garanzia; 3) risulti aver

oggettivamente rafforzato la volontà criminosa dell’agente, benché il connivente non

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intendesse perseguire tale effetto e vi sia la prova positiva che egli fosse a conoscenza

dell’attività criminosa dell’agente”.

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: in relazione alla prima massima, Cass., Sez. IV, 15 settembre 2016 (dep. 3

ottobre 2016), n. 41396, Piccolo, Rv. 268238; Cass., Sez. IV, 24 novembre 2017,

Federico, Rv. 271580; in relazione alla seconda massima, Cass., Sez. IV, 13 novembre

2013 (dep. 25 febbraio 2014), n. 9212, Maltese, Rv. 259082; in relazione alla terza

massima, Cass., Sez. IV, 18 febbraio 2016 (dep. 9 maggio 2016), n. 19180, Buccini,

Rv. 266808; in relazione alla quarta massima, Cass., Sez. IV, 25 novembre 2010, n.

45418, Rv. 249273; Cass., Sez. IV, 26 giugno 2008, n. 37528, Rv. 241218; in

relazione alla quinta massima, Cass., Sez. IV, 19 febbraio 2015 (dep. 15 aprile 2015),

n. 15745, Di Giorgio, Rv. 263139; Cass., Sez. IV, 17 novembre 2011 (dep. 21 febbraio

2012), n. 6878, Rv. 252725; Cass., Sez. IV, 3 dicembre 2008 (dep. 21 gennaio 2009),

n. 2659, Rv. 242538;

Difformi: -

******

La truffa telematica si consuma nel luogo in cui la vittima versa il

denaro

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Carmine Gatto)

Cass., Sez. I, 17 ottobre 2018 (dep. 5 novembre 2018), n. 49988, Pres. Di Tomassi,

Rel. Centonze, confl. comp. G.i.p. Tribunale di Cosenza

Diritto processuale penale – Truffa – Competenza territoriale – Conflitto di

competenza negativo

(art. 640 c.p., art. 8 c.p.p.)

“Nel delitto di truffa, quando il profitto è conseguito mediante accredito su carta di

pagamento ricaricabile (nella specie "postepay"), il tempo e il luogo di consumazione

del reato sono quelli in cui la persona offesa ha proceduto al versamento del denaro

sulla carta, poiché tale operazione ha realizzato contestualmente sia l'effettivo

conseguimento del bene da parte dell'agente, che ottiene l'immediata disponibilità

della somma versata, e non un mero diritto di credito, sia la definitiva perdita dello

stesso bene da parte della vittima”.

“Nei delitti di truffa, laddove il profitto è percepito mediante accredito su carte di

pagamento ricaricabili, il luogo di consumazione del reato deve individuarsi in quello

in cui la persona offesa procede al versamento del denaro sulla carta, in conseguenza

del quale l'agente ottiene la disponibilità della somma accreditata”.

(Nella fattispecie, la Corte ha risolto un conflitto di competenza negativo tra le due

Procure di Vasto e Cosenza ritenendo che, in merito al delitto di truffa realizzato

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Diritto processuale penale

70

mediante accredito della somma su postepay, la competenza territoriale si radica nel

luogo in cui la persona offesa ha versato il denaro sulla carta)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. I, 13 marzo 2015, n. 25230; Cass., Sez. II, 25 ottobre 2016, n.

49321;

Difformi: -

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Il divieto di esercitare la professione di commercialista

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Gerardo Auletta)

Cass., Sez. II, 19 settembre 2018 (dep. 6 novembre 2018), n. 50065, Pres.

Prestipino, Rel. Rago, ric. Mosconi

Diritto processuale penale – Misure cautelari personali interdittive – Divieto

temporaneo di esercitare determinate attività professionali

(art. 290 c.p.p.)

“La misura cautelare del divieto di esercitare la professione di commercialista va

rapportata alla professione svolta ed alla natura dei reati contestati, ideati ed attuati

proprio in virtù della preparazione professionale”.

(Nel caso di specie, l’applicazione della misura cautelare era fondata anche su un

grave carico pendente della stessa natura giuridica e sul comportamento tenuto

dall’indagato che ben si guardò dall’effettuare la segnalazione prevista dalla

normativa antiriciclaggio)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: -

Difformi: -

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Perquisizione illegittima e inutilizzabilità degli elementi di prova

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Francesco Sogliuzzo)

Cass., Sez. III, 18 giugno 2018 (dep. 8 novembre 2018), n. 50657, Pres. Cavallo,

Rel. Gentili, ric. Ballico e altri

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Diritto processuale penale – Perquisizione illegittima – Fumus commissi delicti –

Inutilizzabilità elementi di prova

(artt. 247 e ss., 191 c.p.p.)

“In tema di sequestro probatorio, attesa la finalità istruttoria cui l'atto è preordinato,

vi è l'obbligo da parte della polizia giudiziaria di dare avviso al soggetto nei cui

confronti sono svolte le indagini, della facoltà di avvalersi di assistenza legale

fiduciaria prevista dall'art. 114 disp. att. cod. proc. pen. La violazione di siffatto

obbligo, incidendo in modo assai rilevante sul concreto esercizio da parte

dell'indagato del diritto di difesa, costituisce una ipotesi di vizio dell'atto che ne

comporta la insuperabile inutilizzabilità patologica. Il mancato compimento della

prescritta formalità non può non riverberarsi in senso negativo sulla legittimità della

affermazione della sussistenza del fumus commissi delicti”.

“In sede di riesame del sequestro probatorio il tribunale è chiamato a verificare

l'astratta configurabilità del reato ipotizzato valutando il fumus commissi delicti in

relazione alla congruità degli elementi rappresentati, sebbene non già nella

prospettiva di un giudizio di merito sulla concreta fondatezza dell'accusa, bensì con

esclusivo riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la notizia di reato,

a rendere utile l'espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o

ulteriori del fatto, non altrimenti esperibili senza la sottrazione del bene all'indagato

o il trasferimento di esso nella disponibilità dell'autorità giudiziaria”.

“Laddove gli elementi sui quali si fonda il giudizio avente ad oggetto la sussistenza

del fumus delicti siano stati illegittimamente acquisti, ne risulti minata la stessa

valutazione sulla sussistenza di tale elemento di giudizio e, pertanto, di conseguenza

anche gli atti la cui validità risulti essere condizionata dalla sussistenza di esso”.

(Il caso concreto attiene a presunte dichiarazioni dei redditi fraudolente effettuate da

una società del Friuli. I ricorrenti, al momento in cui vennero operate le verifiche

fiscali, non furono avvisati della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia.

La sussistenza del fumus commissi delicti, quindi, fu basato su di una attività

accertativa le cui risultanze sono state considerate dalla Suprema Corte illegittime in

quanto affette da inutilizzabilità derivata che il Tribunale di Udine avrebbe dovuto

rilevare e sanzionare).

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. Un., 13 aprile 2016, n. 15453, ric. Giudici;

Difformi: -

******

Accertamento della continuazione fra reati nella fase esecutiva

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Diritto processuale penale

72

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Alfonso Tatarano)

Cass., Sez. I, 17 settembre 2018 (dep. 13 novembre 2018), n. 51398, Pres. Di

Tomassi, Rel. Liuni, ric. Tarallo

Diritto processuale penale – Applicazione della disciplina del reato continuato in

fase esecutiva – Diritto penale – Reato continuato – Criteri di accertamento del

medesimo disegno criminoso –

(art. 81 c.p., art. 671 c.p.p.)

“Per il riconoscimento della continuazione, è necessario effettuare, anche in sede di

esecuzione, una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali

l'omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le

singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini

programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato,

i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo

sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i

successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea”.

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. Un., 18 maggio 2017 (dep. 8 giugno 2017), n. 28659, Rv.

270074; Cass., Sez. I, 2 luglio 2015 (dep. 6 agosto 2015), n. 34502, Rv. 264294;

Difformi: -

******

Utilizzabilità delle dichiarazioni rese nei PVC in presenza di indizi di

reato

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Francesco Talamo)

Cass., Sez. III, 18 settembre 2018 (dep. 14 novembre 2018), n. 51497, Pres.

Lapalorcia, Rel. Corbetta, ric. Di Peso

Diritto processuale penale – Processo verbale di constatazione – Utilizzabilità –

Prova documentale

(art. 234 c.p.p.; art. 220 disp. att. c.p.p.)

“Il "verbale di costatazione" redatto da personale della Guardia di Finanza o dai

funzionari degli Uffici Finanziari, è qualificabile come documento extraprocessuale

ricognitivo di natura amministrativa e, in quanto tale, acquisibile ed utilizzabile ai

fini probatori ai sensi dell'art. 234 c.p.p. e, a fortiori, nel corso delle indagini

preliminari per l'adozione di misure cautelari, sia personali che reali. Non si tratta

di un atto processuale, poiché non è previsto dal codice di rito o dalle norme di

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attuazione (art. 207 disp. att. c.p.p.); né può essere qualificato quale "particolare

modalità di inoltro della notizia di reato" (art. 221 disp. att. c.p.p.), in quanto i

connotati di quest'ultima sono diversi. Nel momento in cui emergono indizi di reato e

non meri sospetti, occorre, però, procedere secondo le modalità prescritte dall'art.

220 disp. att. c.p.p., con la conseguenza che la parte di documento, compilata prima

dell'insorgere degli indizi, ha sempre efficacia probatoria ed è utilizzabile, mentre

non è tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le

disposizioni del codice di rito”.

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: ex plurimis Cass., Sez. III, 12 dicembre 2018, n. 55488; Cass., Sez. III, 18

novembre 2008, n. 6881, Ceraglioli e altri, Rv. 242523; Cass., Sez. III, 17 aprile 1997,

n. 6218, Cetrangolo, Rv. 208633;

Difformi: -

******

La ricorribilità della sentenza-concordato

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Angelo Mastrocola)

Cass., Sez. IV, 24 ottobre 2018 (dep. 15 novembre 2018), n. 51564, Pres. Piccialli,

Rel. Nardin, ric. Putrino

Diritto processuale penale – Sentenza di concordato in appello –- Ricorso per

cassazione – Motivi deducibili – Inammissibilità – Procedura de plano

(art 129, artt. 599-bis, 601 co. 1-bis, 610 co 5-bis c.p.p.)

“Con la reintroduzione del cd. patteggiamento in appello, il giudice

dell’impugnazione, accogliendo la richiesta formulata ai sensi del novellato art 599-

bis c.p.p., non assume l’obbligo di motivare sul mancato proscioglimento

dell’imputato ai sensi dell’art 129 c.p.p., né sull’insussistenza di cause di nullità

assoluta o di inutilizzabilità delle prove poiché, a causa dell’effetto devolutivo proprio

dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la

cognizione del giudice è limitata ai soli motivi non oggetto di rinuncia”.

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. III, 8 marzo 2018, n. 30190; Cass., Sez. VI, 19 marzo 2018, n.

15505;

Difformi: -

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Diritto processuale penale

74

******

La configurabilità dell’assoluto impedimento a comparire

dell’imputato o del difensore

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Giovanni Petranico)

Cass., Sez. II, 30 ottobre 2018 (dep. 19 novembre 2018), n. 52086, Pres. Gallo,

Rel. Messini, ric. Fiaschè

Diritto processuale penale – Assoluto impedimento a comparire dell’imputato o

del difensore – Configurabilità – Valutazione del giudice di merito – Motivazioni

(art. 486 c.p.p.)

“L’assoluto impedimento a comparire dell’imputato o del difensore, conseguente ad

una patologia, deve risolversi in una situazione tale da impedire all’interessato di

partecipare all’udienza se non a prezzo di un grave rischio per la propria salute,

potendo fare il giudice ricorso, per la valutazione di tali requisiti, anche a nozioni di

comune esperienza, indipendentemente da una verifica medico-fiscale”.

“Ai fini del differimento dell’udienza, è riservato al giudice di merito l’apprezzamento

circa la serietà, l’imprevedibilità e l’attualità del dedotto impedimento, ma la relativa

valutazione deve essere sorretta da una motivazione adeguata, logica e corretta”.

(Fattispecie riguardante la violazione di norme processuali previste a pena di nullità,

in relazione agli artt. 178, comma 1 lett. c), e 179 c.p.p., per non avere la Corte di

appello rinviato l’udienza, pur avendo il difensore trasmesso il giorno precedente un

certificato medico attestante il proprio assoluto impedimento a comparire per motivi

di salute).

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. V, 19 novembre 2014, n. 3558, Margherita, Rv. 262846; Cass.,

Sez. IV, 28 gennaio 2014, n. 7979, Basile, Rv. 259287; Cass., Sez. V, 24 settembre

2013, n. 44845, Hrvic, Rv. 257133; Cass., Sez. VI, 10 gennaio 2013. n. 4284, G., Rv.

254896; Cass., Sez. Un., 21 luglio 2016 n. 41432, Nifo Sarrapochiello, Rv. 267747;

Difformi: -

******

Rifiuto di sottoporsi ad alcoltest

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Alfonso Tatarano)

Cass., Sez. IV, 8 novembre 2018 (dep. 21 novembre 2018), n. 52380, Pres.

Piccialli, Rel. Ferranti, ric. Pacor

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Circolazione stradale – Rifiuto di sottoporsi ad alcoltest – Indagini preliminari –

Accertamenti urgenti sulle persone – Assistenza del difensore

(artt. 186, 187 d.lgs. 30 aprile 1992 n. 252, artt. 354, 356 e 114 disp. att. c.p.p.)

“È legittima l’intimazione rivolta dagli operanti ad effettuare le prove attraverso gli

strumenti di rilevamento portatili sulla base di condizioni di fatto che lascino ritenere

evidente lo stato di alterazione psicofisica derivante dall’uso di stupefacente”.

“L’avviso reso ai sensi dell’art. 114 disp. att. c.p.p. della facoltà di farsi assistere da

un difensore di fiducia prima del compimento degli accertamenti in ordine alla

presenza di tasso alcolemico nel sangue deve ritenersi legittimamente dato anche con

riferimento ai diversi rilievi sulla presenza di sostanze stupefacenti, se questi ultimi

si svolgono nel medesimo contesto spazio-temporale”.

(Fattispecie in cui la Corte ha confermato il principio secondo cui la fattispecie di

reato prevista dall’art. 187 co. 8 CdS è configurabile soltanto laddove siano stati

raccolti elementi sintomatici della sussistenza di uno stato di alterazione da uso di

stupefacenti del soggetto fermato alla guida, non potendosi ritenere ammissibile la

sottoposizione dello stesso ad un controllo in via puramente esplorativa)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. IV, 11 gennaio 2017 (dep. Il 14 marzo 2017), n. 12197 in CED

Cassazione n. 269394;

Difformi: -

******

Rapporti tra sequestro preventivo finalizzato alla confisca

obbligatoria, diretta o per equivalente, e concordato preventivo

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Raffaele Corrente)

Cass., Sez. III, 17 luglio 2018 (dep. 21 novembre 2018), n. 52428, Pres. Cavallo,

Rel. Andronio, ric. Porri

Sequestro preventivo – Misura cautelare finalizzata alla confisca obbligatoria –

Concordato preventivo – Prevalenza del provvedimento di sequestro – Periculum

in mora

(artt. 322-ter e 640-quater, c.p., art. 321 c.p.p., art. 12-bis co. 1 d.lgs. 10 marzo 2000

n. 74)

“Il sequestro funzionale alla confisca, diretta o per equivalente, prevista dall’art. 12

bis, primo comma, d.lgs. 74 del 2000, prevale sui diritti di credito vantati sul

medesimo per effetto dell’ammissione al concordato, attesa l’obbligatorietà della

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Diritto processuale penale

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misura oblatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro, posto che,

sull’interesse dei creditori, prevale l’esigenza di inibire, in vista della sua definitiva

acquisizione da parte dello Stato, l’utilizzazione di un bene intrinsecamente ed

oggettivamente pericoloso”.

“Nel sequestro finalizzato alla confisca obbligatoria, il Giudice deve solo verificare

che i beni oggetto di sequestro rientrino nelle categorie di cose suscettibili di confisca,

senza dover svolgere alcuna indagine circa la sussistenza del periculum in mora”.

(Il ricorrente impugnava la decisione del Tribunale del Riesame di Arezzo che aveva

confermato il sequestro per equivalente disposto dal Gip di Arezzo per i reati di cui

artt. 10-bis e 10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000 articolando due motivi di doglianza. In

primo luogo, lamentava l’insussistenza del fumus commissi delicti, ritenendo che,

essendo stata avanzata proposta di concordato preventivo, sarebbe stato

automaticamente precluso il pagamento del debito tributario. In secondo luogo,

lamentava l’insussistenza del periculum in mora, inteso quale nesso di derivatività tra

il reato contestato ed i beni sequestrati, avendo il Tribunale erroneamente ritenuto di

non valutare né il decorso del tempo né le condizioni per considerare l'equivalente

monetario oggetto di sequestro come profitto del reato. Occorre osservare, con

riferimento al primo motivo, una certa asimmetria tra la causa petendi

dell’impugnazione e le argomentazioni a sostegno del rigetto, poiché la Corte,

piuttosto che analizzare i limiti e la misura entro cui il concordato preventivo escluda

la configurabilità dei reato di omesso versamento, incentra la risposta sulla questione

relativa alla “prevalenza” tra la posizione dei creditori concordati e il credito

dell’erario che, ovviamente, non attiene a ben vedere neppure al problema della

emanabilità del provvedimento di sequestro ma a quello successivo in cui i due titoli

- il concordato preventivo ed il sequestro per equivalente - diano luogo ad una

situazione di conflitto).

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: ex multis, Cass., Sez. III, 1 marzo 2016 (dep. 9 giugno 2016), n. 23907,

P.M. in proc. Taurono; Cass., Sez. III, 9 febbraio 2017 (dep. 7 giugno 2017), n. 20887;

e, pur con differenze rispetto al periculum in mora, inteso in sentenza quale nesso di

derivazione tra reato e bene, per il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente,

Cass., Sez. III, 30 ottobre 2017 (dep. 27 febbraio 2018), n. 8995;

Difformi: nel senso che l’inserimento del debito tributario nel piano di concordato

omologato escluderebbe il sequestro, Cass., III, 27 maggio 2015, 22127.

******

I motivi dell’impugnazione sono specifici anche se ripropongono

argomenti disattesi dal primo giudice

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Carmen Moscarella)

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Cass., Sez. I, 14 giugno 2018 (dep. 21 novembre 2018), n. 52526, Pres. Tardio,

Rel. Magi, Ric. Zagaria P.

Diritto processuale penale – Riproposizione motivi già dedotti – Ammissibilità

del ricorso

(art. 581 c.p.p., art. 35-ter O.P.)

“Nei casi in cui il fatto sottoposto alla cognizione del primo giudice sia incontroverso

e il motivo del primo diniego sia essenzialmente articolato in diritto, il potere di

critica spettante alla parte soccombente può essere esercitato tramite la

riproposizione degli argomenti disattesi dal primo giudice, atteso che resta

coessenziale alla natura dell’impugnazione, intesa come rivalutazione della quaestio

iuris, la facoltà della parte di ottenere un nuovo apprezzamento dei possibili

significati delle disposizioni normative incidenti sul tema”.

(Nel caso in esame la Corte si è occupata di un ricorso avverso un’ordinanza del

Tribunale di sorveglianza di Sassari che dichiarava inammissibile un reclamo,

proposto da un detenuto in regime di 41-bis O.P., avverso un decreto del Magistrato

di sorveglianza in materia di ristoro da detenzione inumana o degradante perché

sarebbero stati ripercorsi pedissequamente i motivi già esposti genericamente al

Magistrato. In motivazione la Corte ha precisato che la specificità dei motivi di

impugnazione si atteggia in maniera diversa non solo tra impugnazione di merito [a

critica libera] e di legittimità [a critica vincolata] ma anche in rapporto ai contenuti

della prima decisione giurisdizionale ed ai punti rilevanti per la decisione finale. II

dissenso della parte dalla interpretazione fornita dal primo giudice può pertanto essere

esercitato tramite la riproposizione di taluni argomenti - in fatto e diritto - disattesi,

posto che nessuna disposizione processuale potrebbe attribuire al primo giudice il

monopolio dell'attività interpretativa né potrebbe costringere la parte 'soccombente' a

variare la prospettiva interpretativa delle disposizioni coinvolte, lì dove resti convinta

della bontà della sua opzione iniziale)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. Un., 27 ottobre 2016 (dep. 2017), n. 8825, ric. Galtelli, Rv.

268822;

Difformi: -

******

L’inefficacia della dichiarazione di nomina del difensore di fiducia

inoltrata all’AG con PEC

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Alessandro Orabona)

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Diritto processuale penale

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Cass., Sez. V, 25 ottobre 2018 (dep. 27 novembre 2018), n. 53217, Pres. Palla, Rel.

Borrelli, ric. Di Giuseppe

Diritto processuale penale – Nomina del difensore di fiducia trasmessa via PEC

– Inefficacia – Dichiarazione di adesione all’astensione

(art. 96 co. 2 c.p.p.)

“Al di fuori dei casi di dichiarazione di nomina del difensore da parte dell’indagato

o dell’imputato effettuata direttamente all’Autorità Giudiziaria procedente, la

nomina incorporata in un atto scritto può essere portata a conoscenza dell’AG o

attraverso la materiale consegna, oppure con la trasmissione via raccomandata”.

(Nel caso di specie, in stretta aderenza al dettato normativo di cui all’art. 96 co. 2

c.p.p., la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’imputato, perché la nomina

pervenuta alla Corte territoriale, unitamente alla dichiarazione di astensione del

difensore nominato, è stata ritenuta inefficace, perché trasmessa con PEC e dunque

con modalità differenti rispetto a quelle espressamente contemplate dal codice di rito)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. IV, 11 gennaio 2017 (dep. Il 14 marzo 2017), n. 12197 in CED

Cassazione n. 269394;

Difformi: -

******

Il sequestro preventivo dell’opera pubblica ultimata

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Amedeo Bucci de Santis)

Cass., Sez. III, 10 luglio 2018 (dep. 29 novembre 2018), n. 53638, Pres.

Lapalorcia, Rel. Aceto, ric. Alemanno

Diritto processuale penale – Sequestro preventivo – Opera pubblica – Opera

ultimata – Sequestrabilità – Necessità del periculum in mora – Condizioni

(art. 321c.p.p., art. 44 lett. c) d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380)

“In tema di sequestro preventivo, anche con riferimento al reato paesaggistico è

necessario motivare adeguatamente la attualità e la concretezza del pericolo di una

effettiva ulteriore lesione dell’ambiente e del paesaggio conseguenti all’utilizzo del

manufatto abusivo ultimato”.

“L’aggravamento delle conseguenze del reato non può essere ritenuto insito nella

vocazione agricola dell’area di sedime ovvero dal suo inserimento in zona sottoposta

a vincolo paesaggistico”.

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“Ancorché manchi per le misure cautelari reali una previsione esplicita di

concretezza come quella codificata per le misure sulla libertà personale alla lettera

c) dell’art. 274 c.p.p., è nella fisiologia del sequestro preventivo, quale misura

anch’essa limitativa di libertà costituzionalmente garantite, che il pericolo debba

essere contrassegnato dalla effettività e dalla concretezza”.

“Spetta al giudice di merito con adeguata motivazione compiere un’attenta

valutazione del pericolo derivante dal libero uso della cosa pertinente all’illecito

penale”.

(Il ricorso aveva ad oggetto il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. di

Spoleto con cui veniva sottoposto a sequestro preventivo in Norcia, per reati

urbanistico e paesaggistico, il centro polivalente comunale di protezione civile per

l’emergenza sisma 2016, noto anche come padiglione delle esposizioni o sala Boeri.

Quanto al periculum in mora, in relazione alla citata opera abusiva di proprietà

comunale realizzata in zona agricola ed all’interno del parco dei Monti Sibillini e dei

siti di Natura 2000, il G.i.p. ha sostenuto che l’opera era destinata ad avere incidenza

negativa in ragione delle dimensioni notevoli, dell’utilizzo da parte di un numero

elevato di utenti, della dotazione di opere di urbanizzazione e dei progetti di

estensione. La S.C. ha ritenuto inadeguata tale motivazione mancando un’effettiva e

penetrante valutazione delle ragioni della compromissione delle diverse matrici

ambientali derivante dall’utilizzo dell’opera stessa. Andava chiarito in che modo

l’utilizzo da parte di numerosi utenti di un’opera finalizzata a promuovere momenti

di aggregazione sociale possa incidere in modo irrimediabile sul carico urbanistico.

Nel caso di specie (da parte del G.i.p.) andavano affrontati i temi: della preesistenza

di opere nell’area di intervento, del concreto pregiudizio subito dalla destinazione

agricola della zona, della proprietà comunale dell’opera, del contesto sconvolto dal

sisma nel quale è stata realizzata, e della destinazione dell’opera a soddisfare esigenze

proprie della pubblica amministrazione che si è resa protagonista della sua

realizzazione, dell’esito per niente scontato del procedimento amministrativo

finalizzato alla demolizione dell’opera)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. IV, 28 febbraio 2018, n. 15254; Cass., Sez. III, 13 dicembre

2017, n. 170; Cass., Sez. III, 17 luglio 2016, n. 35456; Cass., Sez. III, 28 maggio 2008,

n. 27134;

Difformi: parzialmente Cass., Sez. III 8 aprile 2016, n. 30405.

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Inammissibilità dell’impugnazione per c.d. aspecificità

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Mariagiovanna Veneruso)

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Diritto processuale penale

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Cass., Sez. IV, 14 giugno 2018 (dep. 5 dicembre 2018), n. 54223, Pres. Dovere,

Rel. Nardin, ric. Bernardini

Diritto processuale penale – Inammissibilità dell’impugnazione – c.d. aspecificità

– Mera reiterazione di motivi dedotti in appello – Motivi apparenti

(artt. 590, 581 c.p.p.)

“Il ricorso per Cassazione deve essere fondato su motivi diversi e specifici rispetto a

quelli dedotti in sede di appello poiché essi assolvono alla funzione di critica alla

sentenza impugnata, è necessario che vengano indicati specificamente le ragioni di

diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta, in modo da evidenziare il

contenuto della violazione di legge o il vizio di motivazione, che se eliminati

conducono ad una decisione diversa ossia nel senso richiesto”.

(Nel caso di specie la Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso proposto

nell’interesse dell’imputato, ha chiarito che, se il motivo di ricorso in sede di

legittimità si limita a ripetere quanto già chiesto al giudice precedente, riproponendo

le medesime doglianze, fallisce lo scopo dell’impugnazione, perché non critica la

decisione che ne forma oggetto, che diviene indifferente rispetto alla stessa richiesta,

ma quella del grado precedente).

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez.VI, 11 marzo 2009, n. 20377; Cass., Sez. V, 15 febbraio 2013

(dep. 26 giugno 2013), n. 28011, Rv. 255568;

Difformi: -

******

Le condotte riparatorie nel procedimento dinanzi al giudice di pace

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Mariagiovanna Veneruso)

Cass., Sez. IV, 14 giugno 2018 (dep. 5 dicembre 2018), n. 54223, Pres. Dovere,

Rel. Nardin, ric. Bernardini

Diritto processuale penale – Procedimento giudice di pace – Condotte riparatorie

– Presupposti – Termine di realizzazione

(art. 35 d.lgs. 28 agosto 2000 n. 274)

“Nel procedimento davanti al giudice di pace, l’operatività della speciale causa di

estinzione del reato, prevista dall’art. 35 d.lgs. 28 agosto 2000 n. 274, presuppone

sia la riparazione del danno cagionato mediante restituzione o il risarcimento sia

l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, non essendovi

alternatività tra le due condotte previste dalla norma, atteso che tali esigenze, ove

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Centro Studi “Giovanni Bisogni”

81

sussistenti, devono essere entrambe soddisfatte”.

“In tema di processo avanti al giudice di pace, il termine dell’udienza di

comparizione, previsto per procedere alla riparazione del danno cagionato dal reato,

ha natura perentoria, con la conseguenza che, in caso di inosservanza, l’imputato

decade dall’accesso al trattamento di favore né grava sul giudice alcun onere di

informare l’imputato della possibilità di provvedere alle condotte riparatorie”.

(Nel caso in questione, avente ad oggetto una sentenza di condanna del Giudice di

pace di Pisa per lesioni colpose cagionate dal conducente in un bus urbano nelle

operazioni di chiusura delle porte, la Corte ha dichiarato la inammissibilità, per

manifesta infondatezza, del motivo di ricorso fondato sulla mancata applicazione

della causa di estinzione di cui al citato art. 35, in ragione delle pacifiche non

esaustività del risarcimento e della tardività dell’integrazione proposta dall’imputato).

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. Un., 23 aprile 2015 (dep. 31 luglio 2015), n. 33864, P.C. in

proc. Sbaiz, Rv. 26423901; Cass., Sez. IV, 20 settembre 2017 (dep. 31 ottobre 2017),

n. 50020, Rv. 27117801;

Difformi: -

******

L'utilizzabilità nel processo penale degli esiti dell'attività ispettiva

svolta dalla Guardia di Finanza

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Fabio Cavalli)

Cass., Sez. III, 16 ottobre 2018 (dep. 12 dicembre 2018), n. 55488, Pres. Rosi, Rel.

Scarcella, ric. Melluso

Diritto processuale penale – PVC – Utilizzabilità nel processo penale –

Emersione di indizi di reato nel corso dell'attività ispettiva – Acquisizione delle

fonti di prova con modalità garantite – Nullità di ordine generale – Regime

relativo

(art. 220 disp. att. c.p.p, artt. 178, co. 1, lett. c) e 181 c.p.p.)

“In tema di utilizzabilità del PVC redatto dalla Guardia di Finanza, se nel corso

dell'attività ispettiva emergono indizi di reato, l'acquisizione degli atti necessari ad

assicurare le fonti di prova - secondo quanto disposto dall'art. 220 disp. att. c.p.p. -

deve avvenire nel rispetto delle disposizioni del codice di rito, la cui mancata

osservanza integra la nullità di ordine generale prevista dall'art. 178, comma primo,

lett. c) c.p.p.; tuttavia, detta nullità deve essere eccepita prima della pronuncia del

provvedimento che conclude l'udienza preliminare, ovvero, se questa udienza manchi,

entro il termine previsto dall'art. 491, comma primo, c.p.p.”

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Diritto processuale penale

82

(In applicazione di tale principio, il S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso

proposto dall'imputato – con il quale aveva dedotto l'inutilizzabilità del PVC, nella

parte relativa all'attività di acquisizione delle fonti di prove successiva all'emersione

di indizi di reato e svolta senza le formalità previste dal codice di rito - atteso che

l'eccezione, sia pur fondata, è stata sollevata tardivamente ovvero per la prima volta

con i motivi di ricorso).

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. III, 18 settembre 2018, n. 51497; Cass., Sez. III, 25 settembre

2018, n. 54590; Cass., Sez. III, 26 ottobre 2017, n. 4736; Cass., Sez. III, 12 luglio

2016, n. 42074

Difformi: -

******

Sequestro conservativo e diritti del terzo contitolare

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Raffaele Corrente)

Cass., Sez. II, 14 novembre 2018 (dep. 20 dicembre 2018), n. 57829, Pres.

Prestipino, Rel. Recchione, ric. Vassella

Sequestro conservativo – Periculum in mora – Sequestro di bene del terzo nella

disponibilità dell’indagato – Contitolarità del diritto o del rapporto giuridico –

Conto corrente cointestato

(art. 185 c.p., art. 316 c.p.p., artt. 1100 e ss., 1292 e ss., 1854 c.c.)

“L’emanazione del provvedimento di sequestro conservativo, avendo la funzione di

evitare la dispersione delle risorse economiche dell’indagato utili per il

soddisfacimento della parte civile, richiede semplicemente che vi sia fondato motivo

per ritenere che manchino le garanzie del credito, ossia che il patrimonio del debitore

sia attualmente insufficiente per il soddisfacimento delle obbligazioni di cui art. 316

commi 1 e 2 cod. proc. pen., non occorrendo che sia simultaneamente configurabile

un futuro depauperamento del debitore”.

“La disponibilità per l’indagato dei beni di terzi non giustifica la loro sottoposizione

a sequestro conservativo. Infatti, poiché il sequestro conservativo è finalizzato a

garantire il ristoro patrimoniale della parte civile ed è correlato all’accertamento

della responsabilità che investe l’indagato, lo stesso non può investire beni di terzi in

assenza della prova della intestazione fittizia”.

“In tema di sequestro conservativo, poicheé la cointestazione del conto corrente

bancario opera nei confronti dei terzi, facendo presumere la contitolarità dell'oggetto

del contratto, e poiché la solidarietà attiva e passiva prevista dall'art. 1854 cod. civ.

è limitata ai soli rapporti fra correntisti ed istituto, di talché il creditore di uno degli

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Centro Studi “Giovanni Bisogni”

83

intestatari non può pretendere di aggredire presso la banca l'intero importo della

prestazione dovuta a tutti i cointestatari solidali, ma può colpire solo la quota

spettante al suo debitore (la quale, in assenza di diverse indicazioni, si presume

uguale a quella egli altri ai sensi dell'art. 1101 cod. civ.), deve ritenersi illegittima

l'apposizione del vincolo cautelare, finalizzato a garantire l'adempimento delle

obbligazioni civili nascenti dal reato, sull'intero ammontare dei depositi bancari

cointestati, salva ovviamente la prova positiva dell'esclusiva titolarità delle somme

all’imputato”.

(La ricorrente, estranea al reato contestato, impugnava il provvedimento del Tribunale

del Riesame di Latina che, sul presupposto della disponibilità dei beni in capo

all’indagato, marito dell’impugnante, aveva confermato provvedimento di sequestro

conservativo di tutte le somme presenti sul c.c. cointestato indagato nonché il

sequestro conservativo dell’immobile in regime di comunione legali dei beni. La

Suprema Corte, accogliendo il gravame, ha annullato senza rinvio l'ordinanza

impugnata e il decreto di sequestro relativamente alla quota di comproprietà spettante

al ricorrente sull'immobile disponendone la restituzione alla ricorrente; e con rinvio

al Tribunale di Latina sezione per il riesame dei provvedimenti coercitivi

relativamente al conto corrente cointestato con integrale trasmissione degli atti).

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: sul periculum in mora, per tutte, Cass., Sez. Un., 25 settembre 2014 (dep.

11 dicembre 2014), n. 51660, Zambito. Sulla sequestrabilità solo pro quota delle

somme su c.c. cointestato, salva la prova di intestazione fittizia, Cass., Sez. II, 30

ottobre 1997 (dep. 21 novembre 1997), n. 5697, Bartolini; Cass., Sez. II, 26 maggio

2009 (dep. 11 giugno /2009), n. 24092, Palumbo;

Difformi: con riferimento al periculum in mora, prima dell’intervento delle Sez. Un.,

che per molti profili hanno risolto un contrasto puramente nominalistico, Cass., Sez.

IV, 17 maggio 1994 (dep. 24 giugno 1994), n. 707, Corti, per la quale sarebbe

necessaria la prova di una situazione in itinere di depauperamento.

******

I criteri di calcolo dell’indennizzo per ingiusta detenzione

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Aldo Franceschini)

Cass., Sez. IV, 5 dicembre 2018 (dep. 27 dicembre 2018), n. 58298, Pres. Izzo,

Rel. Serrao, ric. Fiorucci

Diritto processuale penale – Procedimento di riparazione per ingiusta detenzione

– Criteri calcolo indennizzo – Criterio nummario – Criterio equitativo

(artt. 315 c.p.p.)

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Diritto processuale penale

84

“Il controllo sulla congruità della somma liquidata a titolo di riparazione è sottratto

al giudice di legittimità, che può soltanto verificare se il giudice di merito abbia

logicamente motivato il suo convincimento, senza sindacare la sufficienza o

l’insufficienza dell’indennità liquidata, a meno che, discostandosi sensibilmente dai

criteri usualmente seguiti, lo stesso giudice non abbia adottato criteri manifestamente

arbitrari o immotivati ovvero abbia liquidato in modo simbolico la somma dovuta”.

“In tema di giudizio di riparazione per ingiusta detenzione, qualora la perdita di

libertà, pur limitata nel tempo, abbia avuto effetti devastanti e le conseguenze

personali e familiari abbiano assunto rilievo preponderante, dovrà darsi prevalenza

al criterio equitativo e non al solo criterio nummario”.

“Nel procedimento di riparazione per ingiusta detenzione, il principio dispositivo,

per il quale la ricerca del materiale probatorio necessario per la decisione è riservata

alle parti, tra le quali si distribuisce in base all’onere della prova, è temperato dai

poteri istruttori del giudice, il cui esercizio d’ufficio, eventualmente sollecitato dalle

parti, si svolge non genericamente ma in vista di un’indagine specifica, secondo un

apprezzamento della concreta rilevanza al fine della decisione, insindacabile in sede

di legittimità se non sotto il profilo della correttezza del procedimento logico”.

(Nel caso di specie la Corte rigettava il ricorso presentato avverso il provvedimento

con cui la Corte di appello di Perugia, in parziale accoglimento della domanda

avanzata dalla parte, aveva liquidato, a titolo di riparazione, la somma di euro 2.000

per due giorni di custodia cautelare, corrispondente a nove volte quella risultante dal

mero criterio aritmetico)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: con riferimento alla prima massima, Cass., Sez. IV, 25 febbraio 2010, n.

10690, Cammarano, Rv. 24642401; con riferimento alla seconda massima, Cass., Sez.

IV, 14 febbraio 2012, n. 49832, Bagnolini, Rv. 25408301; con riferimento alla terza

massima, Cass., Sez. IV, 8 ottobre 2013, dep. 2014, n. 4070, Cacopardo, Rv.

25842401; Cass., Sez. IV, 21 febbraio 2012, n. 18848, Ferrante, Rv. 25355501;

Difformi: -

******

Sequestro preventivo operato nei confronti del terzo e diritti

conseguenziali

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Luigia Santoro)

Cass., Sez. III, 18 maggio 2018 (dep. 27 dicembre 2018), n. 58327, Pres. Cavallo,

Rel. Aceto, ric. Omorodion

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Centro Studi “Giovanni Bisogni”

85

Diritto processuale penale – Sequestro preventivo – Confisca per equivalente –

Individuazione beni – Disponibilità – Terzo proprietario – Richiesta di riesame

– Legittimazione – Trascrizione atto traslativo

(artt. 322, 322-ter c.p.p., 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74)

“Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può certamente

riguardare beni di terzi purché la persona sottoposta alle indagini ne abbia la

disponibilità. Sicché la legittimazione non è legata solamente alla proprietà formale

del bene, ma anche alla sua disponibilità”.

“L’individuazione specifica dei beni da apprendere e la verifica della corrispondenza

del loro valore al quantum indicato nel sequestro preventivo finalizzato alla confisca

per equivalente non costituiscono requisito di legittimità del decreto stesso, tuttavia

deve essere precisato che, ove l’individuazione dei beni da sequestrare avvenga in

sede esecutiva, il terzo che si limiti a rivendicarne l’esclusiva titolarità o disponibilità

è legittimato a proporre richiesta di riesame ai sensi dell’art. 322 cod. proc. pen.”.

“Ai fini dell’applicazione dell’art. 322-ter cod. pen. (oggi, art. 12-bis d.lgs. n. 74 del

2000), non rileva la trascrizione dell’atto traslativo prima di quella del decreto di

sequestro bensì l’effettivo trasferimento della proprietà quale conseguenza

immediata di un provvedimento giudiziale di data certa anteriore alla emissione

stessa del sequestro. Sicché poco importa, ai fini penali, che il decreto di

omologazione non sia stato trascritto perché tale decreto comporta l’immediato

trasferimento del bene a favore della ricorrente che resta terza proprietaria di un

bene del quale il marito, persona sottoposta alle indagini, non ha la disponibilità”.

(Con la sentenza in esame la Suprema Corte, dichiarando legittimata la moglie

dell’indagato a proporre richiesta di riesame ed escludendo che quest’ultimo

conservasse la disponibilità dell’immobile, ha annullato l’ordinanza impugnata e

disposto la restituzione dell’immobile sequestrato alla ricorrente)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: con riferimento alla seconda massima, Cass., Sez. III, 10 dicembre 2014,

n. 24958; Cass., Sez. III, 22 giugno 2016, n. 38512;

Difformi: -

******

Sequestro preventivo di un intero locale quando si tratta solo di

alimenti in cattivo stato di conservazione. Abnormità della misura e

adeguamento

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Carmen Moscarella)

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Diritto processuale penale

86

Cass., Sez. III, 20 Settembre 2018 (dep. 27 dicembre 2018), n. 58328, Pres.

Lapalorcia, Rel. Macrì, ric. Evalto A.

Diritto processuale penale – Sequestro preventivo – Sussistenza del periculum –

Limiti del sequestro – Anticipazione misura interdittiva – Mancanza di

motivazione – Violazione di legge

(artt. 321, 322 c.p.p.)

“Il sequestro in una attività di ristorazione di alimenti in cattivo stato di

conservazione, scaduti o privi di etichetta non comporta necessariamente anche

quello dei locali commerciali e delle licenze, richiedendosi per l'adozione di tali

ultimi provvedimenti una puntuale motivazione sulle ragioni del vincolo cautelare

sotto il profilo della congruenza e della proporzionalità della misura”.

(Nel caso in esame la Corte si è occupata di un ricorso avverso un’ordinanza del

Riesame di Catanzaro, confermativa di un decreto di sequestro preventivo del GIP di

Lametia Terme, a carico di un ristoratore che, in attesa dell’acquisto di un

“abbattitore”, aveva conservato prodotti alimentari in due celle frigorifere ad una

temperatura di -15°C. Lo stato di conservazione non risultava ottimale, sugli alimenti

era rinvenuta brina e mancavano gli elementi utili alla tracciabilità degli stessi, altri

alimenti risultavano scaduti. Il ristorante al momento del controllo era funzionante e

frequentato da clienti. Il sequestro aveva riguardato le merci avariate e/o mal

conservate, i locali del ristorante e le licenze. La Corte ha annullato il provvedimento

impugnato “perché il Tribunale del riesame non ha spiegato per quale ragione fosse

necessario il sequestro preventivo, non solo della merce (il che è logico e naturale),

ma anche dei locali e delle licenze commerciali, né ha indicato gli elementi fondanti

una prognosi recidivante, dopo aver riportato le giustificazioni del titolare in ordine

all'acquisto prossimo dell'abbattitore. A ben vedere, un così ampio sequestro

preventivo si risolve in una misura interdittiva che anticipa indebitamente la sanzione

prevista dall'art. 12-bis l. n. 283 del 1962, secondo cui "Nel pronunciare condanna

per taluno dei reati previsti dagli articoli 5, 6 e 12, il giudice, se il fatto è di

particolare gravità e da esso è derivato pericolo per la salute, può disporre la

chiusura definitiva dello stabilimento o dell'esercizio e la revoca della licenza,

dell'autorizzazione o dell'analogo provvedimento amministrativo che consente

l'esercizio dell'attività. Le medesime pene accessorie possono essere applicate se il

fatto è commesso da persona già condannata, con sentenza irrevocabile, per reato

commesso con violazione delle norme in materia di produzione, commercio e igiene

degli alimenti e delle bevande. Le pene accessorie previste dal presente articolo si

applicano anche quando i fatti previsti dagli articoli 5, 6 e 12 costituiscono un più

grave reato ai sensi di altre disposizioni di legge". Nel caso in esame, però, la

descrizione dei fatti fondanti il fumus non consente d'individuare né la particolare

gravità né la causale derivazione del pericolo per la salute degli avventori,

circostanze da accertarsi all'esito del giudizio di merito”)

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Giurisprudenza di legittimità

Conformi: -

Difformi: Cass., Sez. III, 9 giugno 2016, n. 31035, Greco.

******

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Diritto processuale penale

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IV. Esecuzione e sorveglianza

La natura del reclamo in materia di pregiudizio da detenzione

inumana o degradante

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Carmen Moscarella)

Cass., Sez. I, 14 giugno 2018 (dep. 21 novembre 2018), n. 52526, Pres. Tardio,

Rel. Magi, ric. Zagaria P.

Esecuzione e sorveglianza – Pregiudizio da detenzione inumana o degradante –

Rimedi risarcitori – Reclamo – Natura – Riproposizione motivi già dedotti –

Ammissibilità

(art. 35-ter O.P., art. 581 c.p.p.)

“Il reclamo previsto dall'art. 35-ter comma 4 ord. pen. ha natura di impugnazione,

con applicabilità della disciplina generale sul tema. In tale ambito, ricade la

disposizione di legge di cui all'art. 581 cod. proc. pen. e dunque la richiesta di

specificità dei motivi posti a fondamento del reclamo. Tuttavia, laddove il motivo del

primo diniego sia essenzialmente articolato in diritto, alla doglianza formulata in

sede di reclamo dalla parte soccombente, pur se sostanzialmente riproduttiva della

prospettazione iniziale disattesa dal primo giudice, non può darsi risposta nel senso

della inammissibilità per genericità del motivo”.

(Nel caso in esame la Corte si è occupata di un ricorso avverso un’ordinanza del

Tribunale di sorveglianza di Sassari che dichiarava inammissibile un reclamo,

proposto da un detenuto in regime di 41-bis O.P., avverso un decreto del Magistrato

di sorveglianza in materia di ristoro da detenzione inumana o degradante perché

sarebbero stati ripercorsi pedissequamente i motivi già esposti genericamente al

Magistrato)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. un., 27 ottobre 2016 (dep. 2017), n. 8825, ric. Galtelli, Rv.

268822;

Difformi: -

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Giurisprudenza di legittimità

Sezioni semplici – Esecuzione e sorveglianza

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Trattenimento vaglia postale: obblighi motivazionali

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Carmen Moscarella)

Cass., Sez. I, 16 novembre 2018 (dep. 13 dicembre 2018), n. 56197, Pres. Iasillo,

Rel. Santalucia, Ric. Lioce N.D.

Esecuzione e sorveglianza – Trattenimento posta in entrata – Mancato recapito

al detenuto di vaglia proveniente da terze persone – Mancanza di motivazione –

Violazione di legge

(art. 41-bis O.P., art. 7, punto 1, circolare DAP)

“Il vaglia postale proveniente da soggetto terzo rispetto alla famiglia di appartenenza

del detenuto può essere trattenuto dal magistrato solo in presenza di gravi indizi che

lo inducano a ritenere che la somma provenga dall’organizzazione criminale di

appartenenza o che serva per rafforzare il collegamento criminale”.

(Nel caso in esame la Corte si è occupata di un ricorso avverso un’ordinanza del

Tribunale di sorveglianza dell’Aquila, confermativa di un decreto del Magistrato di

sorveglianza, reclamato da una detenuta in regime di 41-bis O.P. poiché le era stata

negata la consegna di un vaglia postale contenuto in una missiva non proveniente da

familiari o conviventi. In motivazione la Corte ha evidenziato come il Tribunale di

sorveglianza avesse fornito una motivazione carente nel giustificare la correttezza del

provvedimento di trattenimento della missiva contenente il vaglia postale, limitandosi

a richiamare la necessità di scongiurare il pericolo che l'invio di emolumenti

economici potesse agevolare il mantenimento di un collegamento diretto tra il

detenuto in regime speciale e l'organizzazione criminale esterna, senza nulla dire su

dati essenziali a comprendere la concretezza del pericolo paventato; non aveva, ad

esempio, indicato la somma oggetto del vaglia e la specifica provenienza, sì che la

prospettazione del pericolo di collegamento criminale era rimasta una mera asserzione

astratta, priva dei necessari ancoraggi alla situazione posta al suo esame)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. I, 5 aprile 2018 (dep. 19 giugno 2018), n. 28309; Cass., Sez. I,

1 febbraio 2018, n. 4994;

Difformi: -

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Centro Studi “Giovanni Bisogni”

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Giurisprudenza di merito

Diritto penale

Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle

cose

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Francesco Talamo)

Trib. Salerno, Sez. I, Dott. Caiazzo, 19 ottobre 2018 (dep. 17 gennaio 2019), n.

3309

Diritto penale – Esercizio arbitrario delle proprie ragioni – Violenza sulle cose

(artt. 392 c.p.)

“Per la sussistenza del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza

sulle cose, non è rilevante che il diritto che si sia inteso tutelare sussista in concreto,

bensì che sia stato esercitato in modo antigiuridico. Il reato consiste nella indebita

attribuzione da parte dell’agente di poteri spettanti al giudice e presuppone uno stato

di contestazione in ordine ad un diritto”.

“Nella nozione di violenza rientra anche il mutamento della destinazione delle cose

stesse, che si verifica quando con qualsiasi atto o fatto materiale sia impedita,

alterata o modificata la loro utilizzabilità, poiché concreta la compromissione della

specifica destinazione che la cosa possiede ai fini della particolare utilizzazione cui

è stata destinata”.

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. VI, 10 novembre 1994, n. 11381; Cass., Sez. VI, 1 giugno 1994,

n. 6387; Cass., Sez. VI, 2 febbraio 2009, n. 4373; Cass., Sez. VI, 1 giugno 2010, n.

41368;

Difformi: -

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Il reato di associazione di stampo mafioso

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Amedeo Bucci de Santis)

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Giurisprudenza di merito – Diritto penale

92

Trib. Napoli, Sezione G.i.p., Uff. IV, 9 luglio 2018 (dep. 28 novembre 2018), n.

1132

Diritto penale – Associazione di stampo mafioso – Elementi caratterizzanti –

Reato di pericolo concreto – Necessità della commissione di delitti scopo –

Esclusione – Esistenza di una concreta carica intimidatrice – Necessità

(art. 416-bis, c.p.)

“Nel formulare il reato di cui all’art. 416-bis c.p. il legislatore ha adottato un modello

descrittivo tratto dalla concreta esperienza criminologica valorizzando quali

elementi caratterizzanti della fattispecie dati fenomenologici riscontrati in alcune

realtà territoriali del nostro Paese (ad es. l’avvalersi della forza di intimidazione del

vincolo associativo e delle correlate condizioni di assoggettamento e di omertà)”.

“La integrazione del reato di cui all’art. 416-bis c.p. è riscontrabile solo allorquando

all’accordo tra più soggetti sia oggettivamente ricollegabile – per il metodo operativo

seguito, per la qualità degli associati, per il radicamento sul territorio – un concreto

effetto di intimidazione ambientale, tale da rendere possibile il perseguimento dei

particolari fini previsti dalla norma (alterazione delle regole del mercato, alterazione

dei rapporti tra privati e pubbliche amministrazioni nelle aggiudicazioni degli

appalti, realizzazione di profitti ingiusti mediante attività illecite)”.

“Il delitto di cui all’art. 416-bis c.p. è reato di pericolo concreto, la norma non

richiede la necessaria consumazione di delitti scopo ma, pur prevedendo la punibilità

delle sole condotte associative, i caratteri tipici della associazione in parola rendono

necessario un minimo di operatività o comunque postulano l’esistenza di una

concreta carica intimidatrice quanto meno da parte di quei soggetti che rendono con

chiarezza riconoscibile all’esterno tale fondamentale caratteristica”.

“Ciò che rileva al fine di poter valutare in sede giudiziaria la appartenenza di un

determinato soggetto alla associazione di stampo mafioso non è la qualità astratta e

formale di affiliato quanto la possibilità di attribuire al soggetto in questione la

realizzazione di un apporto concreto alla vita dell’associazione, tale da far ritenere

avvenuto il suo inserimento con carattere di stabilità e consapevolezza soggettiva”.

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: con riferimento alle prime tre massime, Cass., Sez. VI, 1 marzo 2017 (dep.

30 maggio 2017), n. 27094, Pres. Ippolito, Rel. Fidelbo, secondo cui ciò che

caratterizza l’associazione di stampo mafioso è l’avvalersi della forza di intimidazione

del vincolo associativo, cui consegue la condizione di assoggettamento ed omertà, in

vista del programma finale dal contenuto eterogeneo, la cui realizzazione è possibile

in forza di una presenza organizzata di persone e mezzi; con riferimento alla quarta

massima, Cass., Sez. I, 30 gennaio 2018 (dep. 6 marzo 2018), n. 10237, Pres. Sarno,

Rel. Binenti, secondo cui la condotta di partecipazione all’associazione non è

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integrata solo dall’affectio societatis, ma implica un rapporto di stabile e organica

compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare un ruolo

dinamico e funzionale in esplicazione del quale il soggetto prende parte al fenomeno

associativo ponendosi a disposizione dell’ente per il perseguimento delle sue finalità

criminose;

Difformi: -

******

Datore di lavoro “furbetto” che compensa indebitamente indennità

Inps mai erogate

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Emma Lorena Cappuccio)

Trib. Benevento, Coll., 26 ottobre 2018 (dep. 10 gennaio 2019), n. 1426, Pres.

Pezza, Rel. Pezza, De Nicola

Diritto penale – Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato –

Qualificazione giuridica del fatto – Modifica dell’imputazione contestata

(artt. 316-ter, 640 n. 1) e 646 c.p, art. 10-quater d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74)

“Integra il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato ex art.

316-ter cod. pen., e non quelli di truffa o di appropriazione indebita o di indebita

compensazione ex art. 10-quater d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74, la condotta del datore

di lavoro che, esponendo falsamente di aver corrisposto al lavoratore somme a titolo

di indennità per malattia, assegni familiari e cassa integrazione guadagni, ottiene

dall’I.N.P.S. il conguaglio di tali somme, in realtà non corrisposte, con quelle da lui

dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali, così percependo

indebitamente dallo stesso istituto le corrispondenti erogazioni”.

(In motivazione il Tribunale ha precisato che queste ultime possono consistere anche

nell’esenzione dal pagamento di una somma altrimenti dovuta, non essendo

necessario l’ottenimento di una somma di denaro).

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. II, 16 marzo 2016 (dep. 19 aprile 2016), n. 15989, P.M. in proc.

Fiesta, Rv. 26652001;

Difformi: -

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Giurisprudenza di merito – Leggi speciali

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Leggi speciali

Il porto abusivo di armi improprie o proprie ed il giustificato motivo

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Luigia Santoro)

Trib. Napoli, Sez. V, Dott. Purcaro, 20 febbraio 2018 (dep. 23 febbraio 2018), n.

2433, Lombardo

Leggi speciali – Porto di armi o oggetti atti ad offendere – Coltelli a serramanico

– Coltelli a molla o a scatto – Armi improprie – Armi proprie – Giustificato

motivo

(art. 4 l. 18 aprile 1975 n. 110, art. 699 c.p.)

“Il comune coltello a serramanico (cioè l’utensile dotato di lama pieghevole nella

cavità della impugnatura la quale cosi funge anche da guaina) costituisce strumento

da punta e/o da taglio ovverosia arma impropria, il cui porto ingiustificato fuori della

abitazione o delle relative appartenenze sanzionato ai termini della l. 18 aprile 1975

n. 110 art. 4”.

“Si considera arma propria (bianca), sicché il porto abusivo è punito ai sensi dell’art.

699 c.p., quella particolare specie di coltello a serramanico detto coltello a molla o

molletta ovvero anche coltello a scatto o coltello a scrocco dotato di congegni che

consentono la fuoriuscita della lama dal manico senza la manovra della estrazione

manuale e il successivo bloccaggio della lama stessa in assetto col manico”.

“I1 giustificato motive ricorre solo nel caso in cui le particolari esigenze del soggetto

agente siano perfettamente corrispondenti a regole comportamentali lecite in

relazione alla natura dell’oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle

condizioni soggettive del portatore e ai luoghi dell’accadimento. Deve, poi, sussistere

un carattere di attualità rispetto al momento di accertamento della condotta illecita

vietata”.

(Con la sentenza in esame il Tribunale, ritenendo il coltello a serramanico, per

caratteristiche e lunghezza della lama, arma impropria e valutando le dichiarazioni

dell’imputato prive di alcun riscontro e non integranti un giustificato motivo, lo ha

dichiarato colpevole del reato a lui ascritto).

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: con riferimento alla prima massima, Cass., Sez. V, 19 novembre 1970, n.

1774, Taurino, Rv. 115940; Cass., Sez. I, 12 dicembre 1985, n. 1629, Di Donato, Rv.

171969; Cass., Sez. VI, 15 aprile 1970, n. 955, Nesci, Rv. 87837; Cass., Sez. VI, 21

marzo 1986, n. 5943, Meneghino Rv. 173183; Cass., Sez. F, 28 luglio 2009, n. 33396,

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Balacco, Rv. 244643; Cass., Sez. I, 9 maggio 2013, n. 33244, Sicuro, Rv. 256988.

Con riferimento alla seconda massima, Cass., Sez. II, 9 febbraio 1979, n 5189, Di

Stefano, Rv. 142173; Cass., Sez. II, 10 aprile 1981, n. 9691, Corso, Rv. 150782; Cass.,

Sez. I, 13 maggio 1981, n. 9526, Di Gaetano, Rv. 150740; Cass., Sez. I, 26 gennaio

1983, n. 3662, Palumbo, Rv. 158647; Cass., Sez. II, 26 aprile 1984, n. 8735,

Meneghini, Rv. 166169; Cass., Sez. I, 12 febbraio 1985, n. 4218, Bruni, Rv. 169010;

Cass., Sez. I, 4 marzo 1985, n. 6536, Premale, Rv. 169961; Cass., Sez. I, 14 marzo

1985, n. 7949, Vaporieri, Rv. 173483; Cass., Sez. I, 1 aprile 1985, n. 6413, Audisio,

Rv. 169935; Cass., Sez. I, 4 luglio 1985, n. 11078, Lopresti, Rv. 171168; Cass., Sez.

I, 11 ottobre 1985, n. 448, Ernovi, Rv. 171594; Cass., Sez. I, 24 ottobre 1994, n.

12427, Boffa, Rv. 199887; Cass., Sez. I, 18 gennaio 1995, n. 2208, Mininni, Rv.

200423; Cass., Sez. I, 7 aprile 2010, n. 16785, P.G. in proc. Pierantoni, Rv. 246947;

Cass., Sez. I, 3 dicembre 2014, n. 10979;

Difformi: -

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Bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale aggravata

dall’aver commesso più fatti tra quelli previsti dall’art. 216 L.F. e di

aver provocato un danno patrimoniale di rilevante entità

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Alessandro Orabona)

Trib. di Napoli, Sez. G.i.p., Uff. VII, Dott.ssa Ferri, 11 ottobre 2018 (dep. 5

novembre 2018), n. 1428, R.S.

Leggi speciali – Reati fallimentari – Bancarotta fraudolenta documentale e

patrimoniale – Bancarotta pluriaggravata – Giudizio abbreviato

(artt. 216 co. I n. 1) e 2), 219 co. II n. 1) r.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 438 c.p.p.)

“Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta patrimoniale è sufficiente che la

condotta di colui che pone in essere l’attività distrattiva sia assistita dalla

consapevolezza che le operazioni che si compiono sul patrimonio sociale siano idonee

a cagionare un danno per i creditori, senza che sia necessaria l’intenzione di

causarlo”.

(Nella fattispecie l’imputato, rappresentante legale di una s.r.l., anche se convocato

per essere sentito dal curatore fallimentare, si sottoponeva all’interrogatorio e non

consegnava libri e scritture contabili relativi alla gestione della società. Impediva,

dunque, al curatore di ricostruire la contabilità e di rinvenire massa attiva che, di fatto,

risultava essere inesistente a fronte del cospicuo debito erariale maturato [euro

43.387.640,00]. Anche l’unico bene intestato alla società, attraverso interrogazione al

PRA, ossia un’autovettura Mercedes A180 [immatricolata nel 2005], di fatto era stata

sottratta alla procedura, in quanto mai rinvenuta. Attesa la gravità della condotta posta

in essere dall’imputato [bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale aggravata

dall’aver commesso più fatti tra quelli previsti dall’art. 216 L.F. e di aver provocato

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Giurisprudenza di merito – Leggi speciali

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un danno patrimoniale di rilevante entità] appare immune da vizi logici e giuridici la

motivazione fornita dal Tribunale di Napoli anche nella parte dedicata alla dosimetria

della pena che, in considerazione del rito prescelto, ha irrogato la pena finale di anni

tre di reclusione, oltre le pene accessorie previste per legge)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. V, 19 luglio 2017, n. 49504; Cass., Sez. V, 23 ottobre 2018, n.

48361; Cass., Sez. V, 16 aprile 2018, n. 16741;

Difformi: -

******

Il permesso in sanatoria non presuppone la conformità del manufatto

alla normativa vigente al momento del rilascio ed a quella della sua

realizzazione

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Carmine Gatto)

Trib. Napoli, Sez. dist. Ischia, Dott. Capuano, 20 dicembre 2018 (dep. 13 febbraio

2019), ord., n. 8/2018 R.G.E.S., Di M. I.R.

Leggi speciali – Ordine di demolizione – Esecuzione – Permesso a costruire –

Sanatoria

“Ai fini della revoca dell’ordine di demolizione è necessario (e sufficiente) che vi sia

corrispondenza tra le opere oggetto della domanda di condono edilizio e quelle di cui

all’ordine di demolizione, non essendo richiesto che l’opera abusivamente realizzata

sia conforme agli strumenti urbanistici vigenti al momento in cui è stato rilasciato il

permesso in sanatoria ed a quelli vigenti al momento in cui l’opera è stata realizzata

(c.d. doppia conformità)”.

(Nella fattispecie, il Tribunale ha revocato l’ordine di demolizione sulla base del

presupposto che il rilascio del permesso a costruire in sanatoria che attesti la

corrispondenza delle opere di cui alla c.d. RESA con quelle di cui alla domanda di

condono elimini il carattere abusivo della costruzione)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi:-

Difformi: -

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Diritto processuale penale

Il regime cautelare degli arresti domiciliari e le esigenze di

separazione dei germani coindagati

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Antonio Scotto Rosato)

TdL Napoli, Sez. X, Coll. B, 11 gennaio 2019 (dep. 11 gennaio 2019), n. 100, ord.,

Nocerino

Diritto processuale penale – Arresti domiciliari – Spaccio di sostanze

stupefacenti – Contatti tra coindagati – Medesimo domicilio – Esigenze di

separazione – Non sussiste

(art. 310 c.p.p., art. 73 d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309)

“In tema di sostituzione del luogo di esecuzione degli arresti domiciliari presso

l’abitazione dei familiari coindagati nel medesimo procedimento, il periodo già

trascorso di sottoposizione al regime custodiale in luogo limitrofo, lo stato di

incesuratezza, nonché la circostanza che l’indagato sia stato autorizzato a recarsi a

lavoro presso la medesima attività commerciale ove prestano servizio i coindagati,

consente fondatamente di ritenere che il cambio del domicilio presso la residenza dei

genitori sia idonea a scongiurare il pericolo di recidiva posto a fondamento della

misura custodiale emessa”.

(Nel caso di specie il Tribunale del Riesame accoglieva l’appello della difesa avverso

il rigetto del G.i.p. sulla richiesta di sostituzione del luogo di esecuzione degli arresti

domiciliari, ritenendo che il comportamento dell’indagato nel periodo trascorso in

regime custodiale era sufficientemente idoneo a scongiurare pericoli di recidivanza

anche nell’ipotesi di trasferimento presso l’abitazione dei genitori ove si erano

consumati i reati per cui si procedeva)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi:-

Difformi: -

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Giurisprudenza di merito – Diritto processuale penale

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I rapporti tra il riesame del decreto di sequestro probatorio e

l’opposizione avverso il decreto del P.M. reiettivo dell’istanza di

restituzione: i vizi deducibili

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Giovanni Petranico)

Trib. Napoli, Sez. G.i.p., Uff. 20°, Dott. Vertuccio, 15 gennaio 2019, ord., n.

14052/18 R.G.G.i.p.

Diritto processuale penale – Riesame del decreto di sequestro probatorio –

Istanza di restituzione – Opposizione avverso il decreto reiettivo – Rapporti –

Vizi deducibili – Cessazione della necessità di mantenere il sequestro ai fini di

prova – Opportunità o legittimità del provvedimento di sequestro

(art. 257 c.p.p, art., art. 263, co. 5 c.p.p,, art. 262, co. 3, c.p.p.)

“In tema di sequestro probatorio, con l’opposizione contro il decreto del pubblico

ministero, che respinge la richiesta di restituzione delle cose sequestrate, possono

farsi valere esclusivamente censure concernenti la cessazione di mantenere il

sequestro ai fini di prova e non pure la opportunità o la legittimità del provvedimento

di sequestro; questioni, queste ultime, che sono deducibili soltanto con la richiesta di

riesame”.

“Il giudice, nel decidere l’opposizione ex art. 263, co. 5, c.p.p. avverso il

provvedimento del P.M. di diniego di restituzione del bene sottoposto a sequestro

probatorio, ben può integrare o rettificare la motivazione addotta dall’organo

requirente, ciò non implicando alcuna surrogazione nel potere di iniziativa a quello

domandato”.

“Ne consegue che il giudice dell’opposizione può disporre il dissequestro di tutte le

cose sottoposte a sequestro probatorio (anche del corpo del reato) solo qualora

accerti il venir meno dell’esigenza probatoria e fatta salva l’ipotesi in cui ritenga, su

richiesta del P.M., di convertire il sequestro probatorio in sequestro preventivo (art.

262, co. 3, c.p.p), magari a fini di confisca (art. 321, co. 2, c.p.p)”.

(Fattispecie riguardante l’ordinanza del g.i.p. di rigetto dell’opposizione avverso il

decreto del pubblico ministero di rigetto dell’istanza di restituzione delle cose

sequestrate [una somma cospicua di denaro sottoposta a sequestro probatorio, quale

corpo del reato] avanzata dal difensore in tema di stupefacenti).

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. I, 7 aprile 1994, n. 1200; Cass., Sez. VI, 20 marzo 1997, n. 749;

Cass., Sez. V, 29 marzo 2000, n. 779; Cass., Sez. VI, 25 novembre 2003, n. 49154;

Cass., Sez. II, 2 ottobre 2007 (dep. 2 gennaio 2008), n. 1, D’Aviri; Cass., Sez. Un., 30

ottobre 2008 (dep. 4 marzo 2009), n. 9857; Cass., Sez. III, 20 gennaio 2010, n. 10220;

Cass., Sez. IV, 2 marzo 2010, n. 11843; Cass., Sez. II, 24 giugno 1999, n. 118;

Difformi:

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L’operatività del divieto del ne bis in idem nel caso di concorso

formale di reati

(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Fabio Cavalli)

Trib. Napoli, I Sez., Coll. B), 18 ottobre 2018 (dep. 6 novembre 2018), Pres.

Pellecchia, Est. Daniele, n. 12294

Diritto processuale penale – Ne bis in idem – Identità del fatto storico – Concorso

formale – Nuovo evento storico naturalistico o giuridico

(art.649 c.p.p., art 81 c.p.)

“Ai fini della decisione sull'applicabilità del divieto del ne bis in idem rileva solo il

giudizio sul fatto storico, dovendosene escludere la sussistenza nei casi in cui da

un'unica condotta scaturisca un nuovo evento, che non sia stato già specificamente

considerato, inteso in senso storico-naturalistico e non meramente giuridico; tuttavia,

nel caso in cui tra i fatti oggetto dei due procedimenti sia configurabile un'ipotesi di

concorso formale, in ogni caso opera la preclusione del divieto di un nuovo giudizio

per lo stesso fatto nel caso in cui il primo giudizio, già definito irrevocabilmente, si

sia concluso per l'imputato con sentenza dichiarativa dell'insussistenza del fatto o

assolutoria per non averlo commesso, in quanto in tal caso sussisterebbe

un'inconciliabilità logica dell'evento giuridico successivamente considerato ed il fatto

già giudicato”.

(Nel caso di specie il Tribunale ha ritenuto l'operatività del divieto di un secondo

giudizio per i medesimi fatti storici, sia pur diversamente qualificati e collocati in un

tempo solo apparentemente anteriore, per i quali il Tribunale Militare aveva già

emesso sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, osservando come la

potestà punitiva pubblica si fosse già dispiegata e consumata in relazione all'ulteriore

processo, avente ad oggetto gli stessi fatti ed il medesimo imputato)

Giurisprudenza di legittimità

Conformi: Cass., Sez. V, 15 febbraio 2018, n. 25651; Cass., Sez. III, 23 febbraio 2017,

n. 55474;

Difformi: -

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Giurisprudenza di merito – Diritto processuale penale

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Programmazione eventi e suggerimenti bibliografici

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Programmazione eventi

- 7 maggio 2019, Confisca urbanistica… senza condanna, interventi di

Antonio Baldassarre, Luca Della Ragione, Amedeo Bucci de Santis, Aldo

Franceschini, Carmine Ippolito;

- 23 maggio 2019, La riforma della prescrizione ai tempi del populismo

penale, interventi di Andrea Abbagnano Trione, Vincenzo Maiello,

Alfonso Furgiuele, Francesco Cananzi, Henry John Woodcock;

- 13 giugno 2019, Il “fine vita” nel sistema penale. Dal caso Cappato al

“dialogo” tra Consulta e Parlamento, interventi di Chiara Ariano,

Cristiano Cupelli, Franco Di Paola, Antonio Nappi, Antonino Sessa;

- 17 giugno 2019, La riforma della legittima difesa. Tra gerarchia dei

valori costituzionali e istanze securitarie, interventi di Antonio

Cavaliere, Roberto D’Auria, Fabrizio Vanorio, Guido Furgiuele,

Giuseppe Ricciulli, Mario Pasquale Fortunato;

- 18 giugno 2019, presso sede U.I.F., Il ruolo dell’Avvocatura per la

difesa dei diritti umani. Presentazione del “Manuale per osservatori

internazionali dei processi”, interventi di Francesco Caia, Giovanni

Melillo, Elisabetta Zamparutti, Roberto Giovene di Girasole, Barbara

Spinelli.

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Centro Studi “Giovanni Bisogni”

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Suggerimenti bibliografici

Alesci C., Cerqua F., Della Monica G., Pulvirenti A., Spangher G., Suraci

L., Impugnazioni penali, Cedam, 2019, p. 720;

Carlizzi G., La valutazione della prova scientifica, Giuffrè, 2019, p. 166;

Manduchi C. (a cura di), Contrasti giurisprudenziali penali 2018,

Giuffrè, 2019, p. 484;

Marini F.S., Cupelli C. (a cura di), Il caso Cappato. Riflessioni a margine

dell'ordinanza della Corte costituzionale n. 207 del 2018, E.S.I., 2019,

p. 356;

Palazzo F., Viganò F., Diritto penale. Una conversazione, Il Mulino,

2018, p. 240.