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83 Maria Adele La Torretta Anna Achmatova: il silenzio interrotto di Maria Adele La Torretta 1. Il poeta Achmatova Alta, magra, con lunghe gambe e lunghe braccia sottili, un viso illuminato da occhi sensibili ed acuti, un naso aquilino che affascinò i suoi ritrattisti, da Amedeo Modigliani a Nathan Al’tanam. Modì non le chiese mai di posare per lui ma, a memo- ria, fece di lei sedici disegni che le mandò in Russia, chedendole di incorniciarli. Du- rante la rivoluzione e durante l’assedio di Leningrado andarono perduti. Era l’immagine della femminilità, affascinante, dominante, misteriosa; è stata descritta come una donna eccezionale. Si racconta che di lei si siano innamorati molti uomini, persino lo zar Nicola II. Il tratto principale del suo carattere era la grandezza, che si rivelava anche nell’andatura e in quel senstimento di rispetto per se stessa che emanava da ogni suo scritto. Poeta russo, oggi conosciuto in tutto il mondo. Poeta, al maschile, perché non amava essere chiamata poetessa; come ricorda l’amico degli ultimi anni, Isahia Berin, le sembrava che limitasse il suo mondo, la sua ispirazione, i suoi sensi. Nata ad Odessa nel 1889, Anna Andreevna Gorenko si trasferisce, ad appena un anno, a Càrskoe Selo, dove l’architetto italiano Rastrelli aveva costruito per Caterina II la splendida residenza azzurra, residenza estiva della famiglia reale, e dove A.S. Puskin aveva frequentato il liceo. Così ricorda questo luogo, in quella che è la sua unica produzione autobiografica, da lei stessa approntata per la stampa: “I miei primi ricordi sono di Càrskoe Selo: la magnificenza verde, umorosa dei parchi, il pascolo - dove mi conduceva la bambinaia -, l’ippodromo, dove galoppavano cavallini dal manto screziato, la vecchia stazione e qualcos’altro che, più tardi, entrò nell’ Ode a Càrskoe Selo”. 1 Impara a leggere sui libri di Lev Tolstoj, a cinque anni parla correttamente il francese e ad undici anni compone la sua prima poesia. Lei stessa scrive: “Scrissi la prima poesia all’età di 11 anni (era orribile), ma già mio padre mi chiamava, chissà perché, «poetesssa decadente»”. 2 Di poesie ne scriverà molte mentre, malvolentieri, termina il liceo. Il padre, ingegnere navale, non asseconda le sue inclinazioni e le con- siglia di usare uno pseudonimo, per salvaguardare il buon nome della famiglia. Anna 1 Anna ACHMATOVA, Io sono la vostra voce…, Roma, Edizioni Studio Tesi, 1990, p. 5. 2 Ibid., p. 17. ^

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Maria Adele La Torretta

Anna Achmatova: il silenzio interrottodi Maria Adele La Torretta

1. Il poeta Achmatova

Alta, magra, con lunghe gambe e lunghe braccia sottili, un viso illuminato daocchi sensibili ed acuti, un naso aquilino che affascinò i suoi ritrattisti, da AmedeoModigliani a Nathan Al’tanam. Modì non le chiese mai di posare per lui ma, a memo-ria, fece di lei sedici disegni che le mandò in Russia, chedendole di incorniciarli. Du-rante la rivoluzione e durante l’assedio di Leningrado andarono perduti.

Era l’immagine della femminilità, affascinante, dominante, misteriosa; è statadescritta come una donna eccezionale. Si racconta che di lei si siano innamorati moltiuomini, persino lo zar Nicola II. Il tratto principale del suo carattere era la grandezza,che si rivelava anche nell’andatura e in quel senstimento di rispetto per se stessa cheemanava da ogni suo scritto.

Poeta russo, oggi conosciuto in tutto il mondo. Poeta, al maschile, perchénon amava essere chiamata poetessa; come ricorda l’amico degli ultimi anni, IsahiaBerin, le sembrava che limitasse il suo mondo, la sua ispirazione, i suoi sensi.

Nata ad Odessa nel 1889, Anna Andreevna Gorenko si trasferisce, ad appenaun anno, a Càrskoe Selo, dove l’architetto italiano Rastrelli aveva costruito per CaterinaII la splendida residenza azzurra, residenza estiva della famiglia reale, e dove A.S.Puskin aveva frequentato il liceo. Così ricorda questo luogo, in quella che è la suaunica produzione autobiografica, da lei stessa approntata per la stampa: “I miei primiricordi sono di Càrskoe Selo: la magnificenza verde, umorosa dei parchi, il pascolo -dove mi conduceva la bambinaia -, l’ippodromo, dove galoppavano cavallini dal mantoscreziato, la vecchia stazione e qualcos’altro che, più tardi, entrò nell’Ode a CàrskoeSelo”.1 Impara a leggere sui libri di Lev Tolstoj, a cinque anni parla correttamente ilfrancese e ad undici anni compone la sua prima poesia. Lei stessa scrive: “Scrissi laprima poesia all’età di 11 anni (era orribile), ma già mio padre mi chiamava, chissàperché, «poetesssa decadente»”.2 Di poesie ne scriverà molte mentre, malvolentieri,termina il liceo. Il padre, ingegnere navale, non asseconda le sue inclinazioni e le con-siglia di usare uno pseudonimo, per salvaguardare il buon nome della famiglia. Anna

1 Anna ACHMATOVA, Io sono la vostra voce…, Roma, Edizioni Studio Tesi, 1990, p. 5.2 Ibid., p. 17.

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non esita e sceglie il nome di Achmat, antico khan tartaro che nel 1480 aveva capeggiatol’ultima grande offensiva del popolo tartaro contro i principi di Mosca. Un modo perrendere omaggio ai Gorenko, depositari ultimi dell’eredità di Gengis Khan - amavasottolineare Anna - con la civetteria propria di una donna. Si chiamerà e scriverà conlo pseudonimo di Anna Andreevna Achmatova.

Nel 1907 una sua poesia compare sulla rivista «Sirius», pubblicata a Parigi daNikolaj Stepanovic Gumilëv (ex allievo del liceo di Càrskoe Selo), e si firma A. G.(Anna Gorenko).

Nel 1910 decide di sposare Gumilëv (che nel 1905 aveva tentato il suicidioperché Anna non aveva preso sul serio la sua dichiarazione d’amore), e pur vivendoa Parigi, in un ambiente stimolante, ricco di idee ed intellettuali, cardine del mondoculturale europeo, torna in Russia.

La sua vita di donna e poeta è tutta dentro i suoi versi, ricchi di quel realismoe di quella concretezza che erano propri del movimento letterario, l’Acmeismo,fondato dal marito, ed al quale aveva aderito: un movimento diverso, una formad’arte superiore. Raggiungere l’acme, appunto, l’essenza più valida e concreta del-l’oggetto descritto. L’Achmatova è una poetessa di facile lettura, che rivolge la suaattenzione ai sentimenti, in un cerchio stretto ed angusto. Realistico fu l’Acmeismodell’Achmatova; realistico perché autobiografico, fondato però sul sentimento. Scris-se l’amore con un linguaggio umano, semplice ed intellegibile e a questa predomi-nanza sentimentale dovettero il loro successo le sue raccolte: La sera, Il rosario, Lostormo bianco, Anno Domini MCMXXI, in un’evoluzione stilistica che vide cre-scere qualitativamente le sue liriche, che non rappresentano solo un ciclo evolutivo,ma anche un completamento spirituale.

Scrive Osip Mandel’stam: “L’Achmatova portò nella lirica tutta la grandecomplessità e ricchezza del romanzo russo del XIX secolo […]. La genesi dell’ope-ra dell’Achmatova è tutta nella prosa, non nella poesia”.3 Ma dietro la metaforaamorosa si nasconde qualcosa di più profondo; la tematica si allarga, la poesia di-venta racconto, si fa originale, la dimensione dell’amore diventa quotidiana.

2. La forza civile della poesia

Estranea alla rivoluzione, si trasformò da poetessa dell’amore a poetessa del-la sofferenza durante il regime di Stalin e la seconda guerra mondiale. Le sue operesi susseguivano senza che lei si accorgesse di quello che stava avvenendo. Il suomondo stava franando; la guerra e la rivoluzione entrarono nella sua vita senza chelei perdesse l’ispirazione. Il terrore, l’odio, le ansie, le gioie popolavano le sue liri-che. L’angoscia che per un po’ l’aveva soffocata, l’aveva tenuta lontana, la obbligò avenir fuori. Nel 1917 scrive Una voce mi giunse, che è la risposta dell’Achmatova e

3 Osip MANDEL’ STAM, Proza (Prosa), Ann Arbor, 1983, pp. 101-102. La traduzione è a cura dell’autore.

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4 Anna ACHMATOVA, Stichi i Proza (Versi e Prosa), Dryan Lenisdat, Leningrado, 1977, p. 226. La traduzione è a cura dell’autore.5 Vittorio STRADA, «L’Unità», 6 marzo 1966.6 ACHMATOVA, Stinchi i Proza, cit. p. 295. La traduzione è a cura dell’autore.

di tutti coloro che sono voluti rimanere in Patria. Una lirica civile, che annullal’Achmatova poeta; versi che raccontano l’emigrazione forzata e la scelta coraggio-sa di chi rimane. Lo scrittore e i suoi valori diventano inversamente proporzionalialla sua fama, per questo l’intellettuale esaltato dalla critica, viene messo in secondopiano dal regime.

Una voce mi giunse […]Diceva: “Vieni qui,Abbandona il tuo paese sordo e peccaminosoAbbandona la Russia per sempre.Laverò dalle tue mani il sangue,Leverò dal tuo cuore la nera vergogna,Coprirò con un nuovo nomeIl dolore della sconfitta e l’offesa”. 4

Nel 1921 Gumilëv viene arrestato, condannato a morte e giustiziato per or-dine di Lenin, dalla polizia segreta, la Ceka, perché sospettato di aver preso parte adun complotto monarchico. Dopo la morte del marito, l’Achamatova viene costret-ta al silenzio per motivi politici, un silenzio interrotto da liriche ricche di malinco-nia ed angoscia per gli orrori della guerra. Nonostante i consigli e le pressioni, Annanon abbandona la Russia ed esprime la “volontà di condividere senza compromessii generali destini del suo popolo”. 5

Del 1936 è Dante, dedicata al poeta italiano costretto per motivi politici al-l’esilio.

Neanche dopo morto ritornòNella sua vecchia Firenze.Partendo non si volse indietro,ed io canto questo canto a lui.Fiaccole, notte, ultimo abbraccio,oltre la soglia selvaggio l’urlo del destino.Dall’Ade le mandò la sua maledizionenon poté scordarla in paradiso, -ma scalzo, con la camicia del penitentecon cero acceso non passòdalla sua Firenze agognata,perfida, vigliacca, lungamente attesa…6

L’aspettavano anni di sifferenze, di un dolore che accettava con rassegna-zione e consapevolezza, che trovò la forza, tutta femminile, di raccontare nelle

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opere di questo periodo: Requiem (1940) e Poema senza eroe (1940-1962) che,come Boris Pasternak con il suo Dottor Zivago, non vide pubblicati in patria:Pasternak e l’Achmatova e, più tardi, Osip Mandel’stam simboli della poesia inRussia dopo la rivoluzione, fuori da ogni schema e da ogni raggruppamento.

In Russia sono gli anni del regime di Ezov; clamorosi processi permettono aStalin di eliminare ogni possibile oppositore; si sospetta di tutti; veri comunisti e per-sone assolutamente estranee alla politica cadono nella reta della repressione. Stalin“padroneggia la situazione da vero regista, agendo dietro le quinte. Se è vero che ogniuomo è fondamentalmente un attore, che ha dunque bisogno di un pubblico, la puni-zione suprema non è la morte, bensì la privazione di qualunque personalità sociale”.7L’Achmatova conobbe da madre questo dramma. Lev Nikolàevic, il figlio avuto daGumilëv, sospettato di ostilità al regime, viene arrestato il 13 marzo 1938 (era statoarrestato e poi rilasciato permancanza di prove già nel 1935). Perché arrestare il figlio,dal momento che non si occupa di politica e nemmeno do letteratura, ma è etnologo,specialista di civiltà antiche? Nell’introduzione di Requiem, Anna scrive:

Ti hanno portato via all’alba,Io ti venivo dietro, come a un funerale,Nella stanza i bambini piangevano,Sull’altarino il cero sgocciolava.Sulle tue labbara il freddo dell’icona.Il sudore mortale sulla fronte… Non si scorda!Come le mogli degli strelizzi, ululeròSotto le torri del Cremlino.8

L’Achmatova diviene il simbolo di quel dramma che stanno vivendo moltemadri sovietiche; la sua pena e il suo dolore furono accresciute dall’idea che il regi-me volesse, attraverso il figlio, colpire lei, le sue liriche, il suo impegno, la sua unio-ne con Gumilëv. La risposta la dà un dirigente dell’Unione degli scrittori sovietici,Aleksej Surkov, quando replica a Nadezda Mandel’stam che aveva appena interce-duto presso di lui per il figlio dell’Achmatova, nell’estate 1956: “Si tratta di unaquestione complicata: deve senza dubbio pagare per suo padre”. Gli organi di re-pressione non potevano perdonare a Lev Gumilëv di essere figlio di un condannatoa morte che, con ogni probabilità, doveva essere innocente. Neppure conl’Achmatova potevano dimenticare il crimine: restava pur sempre per loro la vedo-va di un poeta che avevano giustiziato. Inoltre, Lev Gumilëv rappresentava un ostag-gio per il potere: per Stalin era divenuta una diabolica consuetudine arrestare i pa-renti di coloro che voleva dominare, e anche dei suoi più stretti collaboratori, in

7 Gérard ABENSOUR, Nikolaj Evreinov (1879-1953), in Storia della letteratura russa, Torino, Einaudi, 1989,4 voll.: vol. II, tomo I, p. 466.

8 Anna ACHMATOVA, Poema senza eroe ed altre poesie, Torino, Einaudi, 1998, p. 33.9 ACHMATOVA, Io sono la vostra voce…, cit., p. 195.

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modo da tenerli meglio sotto controllo.Nella dedica al Requiem scrive:

Dove sono ora le spontanee amicheDi questi miei dannati due anni?Che cosa appare loro nella tormenta siberiana,Che cosa sembra loro di vedere nel disco della luna?A loro invio il mio saluto d’addio.9

Nell’epilogo torna a rivolgersi alle madri sovietiche:

Loro ricordo sempre e in ogni dove,Loro non dimenticherò in una nuova sciagura neppure,E se chiuderanno la mia bocca estenuataCon cui un popolo di cento milioni grida,Che ugualmente mi commemorino esseAlla vigilia del mio funebre dì. 10

Prende coscienza di sé, della sua capacità creativa; scossa dalle compagne disventura, per diciassette mesi attende in coda, fuori dal carcere Kresty di Leningrado,in attesa di vedere il figlio.

L’immensa fila si snodava da un’apertura nel muro dell’edificio nella quale ivisitatori mettevano i pacchi portati per i detenuti. Si faceva la fila per giorni; in ognipacco i familiari, per contribuire al mantenimento dei detenuti, inserivano quindicirubli; se il pacco non veniva più accettato, voleva dire che il detenuto era morto.

[…] Un giorno qualcuno mi «riconobbe».Allora una donna, dietro di me, con le labbralivide, che certamente in vita sua mai avevasentito il mio nome, riprendendosi da queltorpore mentale che ci accomunava,mi domandò all’orecchio (lì comunicavamo tuttisottovoce):«Ma lei questo può descriverlo?».Ed io dissi:«Posso».Allora una specie di sorriso scorse per quelloche una volta era il suo viso. 11

Requiem è il racconto di questa tragedia e per questo non venne mai pubbli-cato; troppo evidenti erano i riferimenti al terrore staliniano: era un grande atto diaccusa. Il poeta che aveva cantato amori sfortunati, ora cantava la più grande trage-

10 Ibid., p. 205.11 Ibid., p. 193.

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dia russa. L’Achmatova venne presa da grandi momenti di sconforto:

Bisogna uccidere fino in fondo la memoriabisogna che l’anima si pietrifichibisogna di nuovo imparare a vivere.12

Nel 1940 comincia a scrivere Poema senza eroe; si comincia a intravedere unritorno alla lirica pura, riflessiva, quasi filosofica; il poeta non ha ucciso la memoria, lasua anima, nonostante le tragedie vissute, non si è spenta. Al Poema lavora per ventidueanni, raccontando la memoria di quelli che avevano ascoltato la sua voce, gli amici,Mandel’ stam, Pasternàk, i concittadini morti a Leningrado. Un poema ristretto, sin-tetico, anche nei contenuti; vuole cogliere il significato delle vicende del suo tempo.

Nel 1946 viene espulsa dall’Unione degli scrittori sovietici; a settembre dellostesso anno le viene tolta la tessera annonaria ed è condannata praticamente allafame. Alcuni amici organizzano un fondo segreto di aiuti. Data l’epoca, si trattavadi vero e proprio eroismo. Anna Achmatova lo racconta parecchi anni dopo, ag-giungendo tristemente: “Mi compravano arance e cioccolato, ma io avevo fame nelvero senso della parola”. Tre anni dopo il figlio viene nuovamente arrestato e restanei campi di lavoro quasi sette anni, dal ‘49 al ‘56; fu uno degli ultimi a tornare acasa. Temendo di perdere definitivamente Lev Nikolaevic, accetta di scrivere versidi ossequio al regime: quindici poesie a Stalin che il poeta si rifiuterà di inserirenella raccolta delle proprie opere. 13

Tra il 1953 e il 1955 inizia il disgelo; nel ‘55 viene finalmente riabilitata. Apoco a poco riprende il suo posto tra gli scrittori sovietici. Tuttavia nella grandeIstòrija russkoj sovetskoj literatury (Storia della letteratura sovietica), edita tra il1958 e il 1961 dall’Accademia delle Scienze dell’URSS, non c’è ancora posto per lei.Dal ‘64 al ‘66, anno della sua morte, le vengono conferite importanti onorificenzein Italia e in Inghilterra. “L’Achmatova aveva dato tutta se stessa, aveva dato quantopoteva, e non aveva, ormai, più nulla da dire”.14

Il 12 e 13 dicembre 1989, a Torino, presso Villa Gualino, viene organizzato ilConvegno Internazionale di studi per il centenario della nascita di Anna Achmatova.Dopo la caduta del muro e l’apertura dell’Unione Sovietica al respiro culturale eu-ropeo, l’Achmatova fu descritta, celebrata e letta da poeti e letterati, e da quei criticiche, in età staliniana, erano stati costretti al suo stesso silenzio.

Nessuno aveva potuto condannarla al silenzio o era riuscito a sopprimere lasua memoria.

Come un sasso sul letto di un fiume ne modifica, anche se in modo impercet-tibile il corso, così Anna Achmatova, legata, stretta alla madre Russia, aveva obbli-gato il regime a scavalcarla, aggirarla, a tener conto della sua presenza.

12 ACHMATOVA, Poema senza eroe, cit., p. 45.13 Le poesie furono pubblicate nell’edizione tedesca delle opere dell’Achmatova. Cfr. Anna ACHMATOVA, Socinenja,

München, Inter-language literary associates, 1968, 2 voll.: vol. I, pp. 147-154.14Renato POGGIOLI, Il fiore del verso russo, Milano, Mondadori, 1961, pp. 117-118.

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