Animati da un cammino… solidale - Nuovi Cortili · fa la differenza, dove la qualità della vita...

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Animati da un cammino… solidale… verso un giardino fiorito…

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Animati da un cammino… solidale…

verso un giardino fiorito…

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La Caritas Diocesana di Melfi Rapolla Venosa e l’Associazione Famiglia Accoglienza e Vita ringraziano per la collaborazione: I ragazzi e le loro famiglie per averci regalato emozioni e testimonianze. L’Associazione Familiari Anti Stigma “Alda Merini” Onlus L’Azienda Sanitaria Potenza Il Comune di Venosa La Parrocchia Concattedrale di Venosa Il Rotary Club di Venosa

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Animati da un cammino … solidale in un giardino fiorito…

a cura

della Caritas Diocesana di Melfi Rapolla Venosa

e

dell’Associazione Famiglia Accoglienza e Vita

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Sommario Premessa pag. 5 Presentazione pag. 7 Animazione artistica pag. 11 Animazione motoria pag. 24 Animazione musicale e culturale pag. 30 Animazione creativa pag. 44 Animazione manuale con i familiari pag. 54 Parlano i ragazzi pag. 59 Parlano i familiari pag. 64 Parlano i partners pag. 66 L’incontro con il Santo Padre pag. 71 Visita alla Comunità S. Egidio - Roma pag. 75 L’integrazione è possibile pag. 80 Come e da dove nasce il progetto pag. 85

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Premessa Basta leggere la cronaca quotidiana per comprendere la gravità di un fenomeno così diffuso, quale quello del disagio mentale, che potrebbe indurre le famiglie a credere che tutto ciò che si fa nella vita privata non interessa agli altri. In teoria è così, perché tutti abbiamo il diritto ad essere rispettati nella nostra intimità, personale e familiare. Il problema si pone quando ci riferiamo a persone e famiglie che sono parte viva della comunità cristiana. La comunità non può essere gestita solamente dall’efficienza tecnica, politica ed economica. Risulta evidente, dalle esperienze effettuate attraverso il progetto “Centro Famiglie Solidali” e successivamente con quello dei “Giardini Fioriti”, quanto l’analisi delle reti di aiuto sia utile ad apprezzare le dimensioni che la gratuità e la condizione di bisogno assumono nella nostra realtà. Ed è con gratitudine che mi rivolgo ai soggetti che hanno offerto ed offrono aiuto a chi ne ha bisogno, ma anche a coloro che, trovandosi in condizioni di disagio, ricevono questo aiuto. Una comunità cristiana si regge anche su interventi assistenziali che poggiano su “valori” per l’importanza che hanno non solo nella vita privata ma anche in quella civile. Tra gli atteggiamenti che vengono promossi ci sono i valori morali e di solidarietà che regolano il nostro comportamento, sia in pubblico che in privato. Solo quando c’è perfetta sintonia tra pubblico e privato, si può parlare di coerenza di vita per un cristiano. Le comunità cristiane sono chiamate ad essere protagoniste nel sollecitare la comunità civile a farsi

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carico delle problematiche legate alla socializzazione delle persone che vivono il disagio mentale. Il progetto è soprattutto l'occasione per far prendere coscienza ai tanti cristiani di doversi impegnare in un settore in cui è notevole la solitudine delle famiglie. La comunità cristiana è chiamata a combattere lo stigma attraverso la collaborazione con i servizi di salute mentale, con le associazioni e le istituzioni per effettuare percorsi formativi; a realizzare processi di integrazione dei volontari nelle attività finalizzate all’accoglienza; a segnalare gli utenti a rischio di emarginazione sociale; a inserire gli utenti segnalati dal Dipartimento di Salute Mentale dell’ASP e dai Comuni nelle attività parrocchiali ritenute idonee; a sensibilizzare gli operatori pastorali sulle problematiche legate alla salute mentale nei gruppi parrocchiali della Diocesi. Il nostro impegno è quello di divulgare che nelle Comunità cristiane i disabili mentali siano rispettati, accolti, stimati ed amati. Essi sono, a pieno titolo, membri della comunità cristiana, anzi destinatari privilegiati della comunicazione del Vangelo e della vita sacramentale. Nell’uomo e nella donna con disabilità mentale si possono riconoscere quei “piccoli” di cui parla Gesù: "Ti benedico, Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli" (Mt.11,25).

+ Mons. Gianfranco TODISCO

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Presentazione « Non è importante tanto il fatto che in futuro ci siano o meno manicomi e cliniche chiuse, è importante che noi adesso abbiamo provato che si può fare diversamente, ora sappiamo che c'è un altro modo di affrontare la questione, anche senza la costrizione» Così Franco Basaglia rispose ad un intervista dopo la promulgazione della legge 180. Molte cose sono cambiate da allora nel panorama italiano della salute mentale. Molte sono le esperienze di grande innovazione, ma tante sono ancora le persone che vivono nel disagio e non riescono a trovare delle risposte appropriate. Un disagio vissuto a volte in solitudine e che può devastare il sistema familiare se viene gestito senza il sostegno di reti formali ed informali. Purtroppo, in molte zone del Paese, il disagio viene ancora vissuto come una vergogna, perché questa nostra società ha tremendamente paura della diversità e tende ad emarginare chi si trova in difficoltà. Molto spesso le famiglie sopperiscono all’assenza delle istituzioni ed in special modo lì dove i servizi territoriali non hanno creato le condizioni per il recupero delle persone alla vita sociale. I Progetti del Centro Famiglie Solidali e Giardini Fioriti sono l’occasione per parlare della salute mentale con positività ed ottimismo, per togliere spazio allo stereotipo che è nell’immaginario di tanti. Essi sono uno spazio dove è diventato possibile contrastare il pessimismo che accomuna tanti all’insegna del “non ce la facciamo più”. I progetti raccontano storie di ordinaria quotidianità, dove lo scambio di esperienze di ciascuno arricchisce

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tutti, dove vedere anche le risorse e non solo i problemi fa la differenza, dove la qualità della vita migliora perché ciascuno fa, in compagnia di altri, un pezzo di strada assieme. Ed è da qui che parte il nostro viaggio, da qui parte il cammino delle Famiglie Solidali all’interno della comunità Venosina. Progetti fortemente voluti dalla Caritas Diocesana attraverso l’Associazione Famiglia Accoglienza e Vita, con il coinvolgimento dell’Associazione Familiari Anti Stigma Alda Merini, il Dipartimento di Salute Mentale dell’ASP, il Comune di Venosa e poi anche del Rotary Club di Venosa. È stato ed è un viaggio ricco di emozioni, lavori e nascita di nuove amicizie. Un viaggio a cui tutti partecipano: ragazzi, operatori, volontari, familiari, istituzioni. Un viaggio che viene raccontato dai protagonisti nelle pagine seguenti. Il progetto in sé consiste nelle seguenti iniziative: a) prestazioni a rilevanza sociale finalizzate alla promozione della salute; b) promozione, condivisione e diffusione della cultura dell’accoglienza, dell’integrazione, dell’inclusione sociale, della cittadinanza attiva delle persone con problematiche anche sociali; c) costituzione di uno sportello di ascolto, informazione, orientamento e supporto alle famiglie in difficoltà ed ai loro componenti più fragili; d) visita a strutture che favoriscono l’integrazione e la socializzazione anche al di fuori dell’ambito regionale; e) attivazione di laboratori finalizzati a valorizzare, stimolare i processi di socializzazione degli utenti attraverso: · animazione artistica; · animazione motoria; · animazione musicale e culturale; · animazione creativa.

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All’inizio tutto ci sembrava sufficientemente confuso tanto da permetterci di sperimentare a 360 gradi e lasciarci condurre più dalla passione e dalla voglia di donare che dall’ideologia o dal costrutto tecnico. Forse è stata proprio questa la nostra fortuna. Il viaggio ha avuto anche una sosta: il 6 giugno i partecipanti al progetto con i volontari, i familiari e gli operatori si sono recati a Roma per l’udienza con il Santo Padre ed hanno visitato la Comunità di S. Egidio dove, al suo interno, è stata realizzata una singolare esperienza sui temi della promozione delle persone con disagio mentale. La presenza del Santo Padre e l’incoraggiamento ricevuto dal suo incontro ci spingono a testimoniare con le opere il bene che deve essere restituito a chi fa più fatica di noi. Lo scopo ultimo che cerchiamo di perseguire è quello di aprire laboratori ed iniziative, perché sono semplici, economici, efficaci, ma soprattutto perché non sempre alla complessità dei problemi, delle società, delle comunità bisogna rispondere per forza con iniziative complesse. Quello che ci sembra opportuno sottolineare è che il progetto produce un aumento della fiducia e del clima positivo tra utenti, familiari ed operatori, incrementa la soddisfazione nei confronti delle Istituzioni, favorisce le qualità delle prestazioni e soprattutto diminuiscono lo stigma ed i pregiudizi della comunità. Abbiamo operato e continueremo ad operare nella convinzione di dover valorizzare la responsabilità personale dei partecipanti al progetto cercando di promuovere l’impegno di ognuno, nessuno escluso, affinché possa diventare la forza di tutti. Appassionati ed ottimisti desideriamo radicare buone pratiche e per farlo “bene” pensiamo sia utile, continuare a coinvolgere attivamente utenti e familiari e dar loro la parola ben sapendo che ognuno possiede

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delle risorse e non solo dei problemi; l’importante per noi è fare in modo che ciascuno dentro di sé ritrovi le risorse proprie, ne riconosca la validità e le ponga al servizio degli altri. Dopo l’esperienza maturata riteniamo di saperne un po’ di più, tanto da pensare che tutti posseggano un sapere; per molti operatori il sapere deriva dall’esperienza acquisita convivendo con il disagio, per altri dall’esperienza maturata nel campo professionale. Siamo convinti che la valorizzazione dei saperi di ognuno aiuti l’incremento del sapere stesso. Ed il viaggio continua con i “Giardini Fioriti” e vuole proseguire, con l’entusiasmo dei giorni passati insieme, nella speranza di contribuire ad arricchire e ad ampliare i servizi che le istituzioni ed il terzo settore erogano sul nostro territorio.

Anna Rita GRIECO Psicologa

Coordinatrice del Progetto Centro Famiglie Solidali e

Giardini Fioriti

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Animazione artistica

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All’inizio del nostro percorso sapevamo con certezza che uno dei laboratori che avremmo voluto inserire all’interno del progetto sarebbe stato quello dell’Arte in tutte le sue forme. Questo perché l’arte, utilizzando le tecniche e la decodifica dell'arte grafico-plastica, ha l'obiettivo di ottenere dall'utente manufatti che racchiudono pensieri ed emozioni che diventano simboli comunicabili. Così ogni prodotto artistico funge da mediatore di relazione tra l’utente e gli operatori, dà protezione e contenimento, e, pur rispettando i meccanismi di difesa, attiva risorse creative, emozioni da elaborare e capacità residue individuali. L’obiettivo che ci siamo posti all’inizio con questo laboratorio non era certo quello di interessarci al prodotto artistico in sé, o a scoprire talenti e facilitare esposizioni, ma era quello di avvicinare i ragazzi ad una nuova e rinnovata esperienza. Ciò che contava e che conta è comunque la relazione. Il giorno dedicato all’Arte è quello del Lunedì che vede la numerosa adesione da parte dei partecipanti al progetto. Emilia, l’operatrice che coordina questo laboratorio, aiuta ad accogliere, legittimare, rispecchiare, amplificare i messaggi dei ragazzi con parole, disegni, proposte. Tanto è avvenuto cogliendo non solo ciò che è bello, gradevole allo sguardo, ma ciò che risulta comunicativo, significativo. Si cerca di estendere le potenzialità, che ognuno di loro già possiede, di elaborare il proprio vissuto e di trasmetterlo creativamente ad altri. La parola chiave di questo laboratorio è la spontaneità. Emilia non ha un ruolo direttivo, ma aiuta i ragazzi ad esprimersi artisticamente. In quanto gruppo aperto, permette il continuo scambio tra i partecipanti,

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favorendo ancora una volta una puntuale socializzazione. Emilia racconta... Arte: lascia molto e da sempre discutere di sé, con le sue varie e complesse espressioni, lascia pensare, riflettere e reagire, un tema che nel mondo si manifesta e consegna il suo affidarsi, si nasconde agli occhi di quella gente che non è direttamente coinvolta; anche se il termine Arte e le discussioni che nascono attorno ad essa sono ripetute come il termine Amore. Durante il laboratorio l’arte diventa strumento di espressione della propria sensibilità umana e creativa, canale di comunicazione, di ricchezza e profondità interiore, un’espressione diretta, immediata, spontanea, arcaica ed istintiva di noi stessi che non passa attraverso l’intelletto; si lavora sulle proprie capacità, sulla forza che ognuno di noi ha dentro: ascoltare, tracciare segni, far emergere le proprie e-mozioni. Si ricerca il benessere psicofisico attraverso l’espressione artistica dei pensieri, dei vissuti e delle emozioni, utilizzando le potenzialità possedute, grazie all’assenza della gomma è possibile essere padroni dei materiali, sicuri di quanto e di quello che si vuole realizzare. In questo contesto i canoni di bellezza non esistono, ciò che conta è la comprensione, l’accettazione e la con-templazione di ciò che la persona intende comunicare con la propria opera e cerchiamo di non “interpretare” i lavori. Il significato è personale, privato, egocentrato ed attraverso il colloquio, i ragazzi stessi individuano il giusto messaggio della propria creazione. L’obiettivo non è “fare bene”, ma comunicare i pensieri e le emozioni così come, istintivamente , viene da fare; il percorso del laboratorio artistico intende liberare l’artista che è dentro ognuno di noi.

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Il lavoro che si svolge va nella direzione del gioco, affinché l’arte venga vissuta come un’attività “ludica e divertente” che accompagni i ragazzi in uno dei viaggi più affascinanti dell’uomo. Il laboratorio ha l’ambizione di aiutare i ragazzi ad andare verso la scoperta di se stessi, poiché l’arte deve vivere dentro ognuno di noi, attraverso un gesto, con un cammino rituale fino a diventare un atto d’amore divino che permette alle persone che la vivono di divenire un “farmaco” dell’anima. In conclusione posso dire che insieme respiriamo un clima di festa che anima il gruppo, facendoci apprezzare i miglioramenti “artistici” dei ragazzi che partecipano sempre più volentieri e numerosi alle attività proposte, scoprendo così, ogni giorno, la solidarietà di chi ci circonda. In questo percorso vi è la voglia di comunicare, di stare insieme, di vivere un momento con le persone che hai di fronte … un ricordo, un’esperienza che ti rende ricco, un’esperienza che ti lascia con la sensazione di aver fatto qualcosa di importante non solo per te.

Emilia D’ARACE

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Durante il laboratorio...

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Animazione motoria

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È’ confermato da anni come lo Sport abbia un grande potere educativo, formativo e terapeutico. L’essenza dello sport è quello di infondere fiducia nel momento della realizzazione e di permettere, di perfezionare e sviluppare abilità fisiche. Non solo, ma le attività sportive sviluppano la consapevolezza del sé attraverso la presa di coscienza della propria immagine, della stima di sé e dei propri limiti. Con questo spirito, l’attività sportiva è entrata a far parte del nostro progetto. Le attività motorie sono svolte ogni mercoledì, nonostante le intemperie, sotto la supervisione del “mister” Michele. Quest’ultimo non solo cerca di perfezionare le abilità fisiche, ma offre un campo di allenamento fisico, psicologico e di socializzazione. Nei giorni rigidi di questo inverno il mister Michele Lopez, dopo l’allenamento e dopo l’educazione ad una sana attività fisica, si è preoccupato di offrire loro un buon the caldo. Mentre, nelle prime giornate primaverili anche una semplice passeggiata, è diventata un momento di condivisione, scambio e socializzazione tra i ragazzi, gli operatori e i volontari. Michele racconta… Quando il Direttore della Caritas Diocesana mi ha chiesto di dare un contributo, con l’attivazione di un laboratorio di attività motoria nell’ambito del progetto di integrazione e socializzazione, attivato dalla stessa Caritas, a favore di pazienti seguiti dal dipartimento salute mentale ed in collaborazione con l’Associazione Familiari Anti stigma “Alda Merini”, ho esitato quel tanto che basta ad ognuno di noi per mettersi di fronte a se stessi e misurare le proprie capacità ed attitudini per offrire un apporto nel mondo del volontariato. Lo sport, e nel caso specifico il calcio, è stato da sempre

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elemento determinante della mia vita, dapprima come calciatore dilettante, poi come allenatore ed infine come istruttore in un’associazione dilettantistica di scuola calcio con piccoli calciatori, con i quali seguo quotidianamente un percorso, di reciproco arricchimento, costituito da momenti di socializzazione e valorizzazione della crescita individuale. Ad essi cerco di trasmettere l’importanza della ricchezza dei valori dello sport (amicizia, condivisione, lealtà, passione, ecc.). Ho capito che un percorso simile poteva essere avviato con i protagonisti del progetto. Il laboratorio di attività motorie viene seguito con interesse dai ragazzi che mi sono stati affidati; essere al loro fianco, vederli aprirsi progressivamente nella socializzazione mi ha fatto sentire “privilegiato” ad affiancare “l’altro” senza volerlo condizionare o sostituire, contribuendo a valorizzare le capacità di ciascuno e di essere responsabile protagonista di se stesso. Il “servizio” di volontariato allora, testimonia un “camminare insieme” con altre competenze professionali, portando un umile contributo al cambiamento sociale. Lo sport, se adeguatamente presentato e valorizzato, può essere un’occasione di crescita umana e spirituale. Cerco di trasmettere agli allievi continue opportunità di sviluppo fisico e psichico, facendo loro acquisire coraggio, capacità, e creando sempre nuovi motivi per gioire insieme alle proprie famiglie, ai propri amici ed a tutto il gruppo. Mi sono convinto che il programma sportivo aiuta le persone con disabilità a migliorarsi fisicamente ed a crescere in armonia con gli altri.

Michele LOPEZ

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Animazione musicale e culturale

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Il progetto comprende anche delle attività culturali anch’esse volte a favorire l'autonomia e l'integrazione sociale di persone con disagio, personalizzando l'intervento in risposta ai bisogni di ciascuno. Inizialmente le attività sono state svolte il venerdì con la conoscenza della lingua inglese e la musica. Il Laboratorio di Inglese viene condotto da Angela ed è un modo per avvicinarsi ad una lingua straniera anche attraverso l’ ascolto di canzoni in lingua. Infatti i ragazzi non solo apprendono le basi della lingua inglese, ma imparano le canzoni più famose dei Beatles e quelle natalizie. Questo è possibile realizzarlo grazie al connubio con le altre attività previste: la musica ed il canto. Il maestro Michele si rende utile mettendo a disposizione dei ragazzi la sua preparazione musicale. Non è solo ascolto delle canzoni, ma anche studio della musica. Si è partiti dalle basi fino ad arrivare alla conoscenza degli strumenti musicali. Negli incontri la persona diventa protagonista: i ragazzi sentono, comprendono, creano, comunicano. Le attività culturali e musicali favoriscono il confronto, stimolano le loro diverse attitudini, promuovono il lavoro di gruppo e, con il supporto degli operatori, si superano le tante difficoltà. Questa esperienza fornisce ai ragazzi una maggiore presa di coscienza di sé, delle proprie attitudini e dei propri limiti. Ultimamente il laboratorio si è ulteriormente arricchito con la presenza di Silvia, Antonietta e Maria Enza che avviano i ragazzi alla riscoperta di canzoni legate alla tradizioni locali.

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Angela S. racconta …. ...vi racconto in poco righe la mia esperienza all’interno del progetto. Ricordo quella sera quando Peppino Grieco mi chiese di partecipare ad un progetto i cui destinatari erano persone con disagio invitandomi a dare la mia disponibilità nel far conoscere le lingue straniere. In quel momento ho pensato che non ero preparata e pronta per una esperienza del genere. Son stata incoraggiata dai promotori del progetto sottolineandomi che l’obiettivo non era quello di dimostrare le mie competenze, ma di offrire attenzione a chi è nel bisogno, un modo per integrare chi vive momenti di emarginazione nella società. Così ho iniziato questo percorso insieme ad un piccolo gruppo di ragazze e ragazzi, creando un clima abbastanza familiare. Abbiamo chiamato la nostra attività “English in company”, proprio perché l’obiettivo era quello di stare in compagnia ma, allo stesso tempo, apprendere qualche nozione di inglese. Anche io devo ringraziare questo piccolo gruppo per l’opportunità che mi ha dato nel fare questa esperienza. Ripenso sempre ad un episodio: un ragazzo una mattina si sentì male ma, nonostante la sua sofferenza, continuava a chiedermi scusa. In quel momento mi sentii piccola piccola, perché nonostante il suo dolore si preoccupava per me. Un grazie particolare va a tutti i ragazzi: ad Annamaria che regalandomi un suo disegno sembra abbia voluto ricambiare la sua gratitudine, a Michele che, con la sua apparente sicurezza e spavalderia, si è sentito felice come un bambino quando gli ho detto che prego per lui e per tutto il gruppo affinché il Signore li aiuti a superare i momenti brutti della vita. Da questa esperienza ho elaborato l’idea, senza togliere niente a nessuno, che non bisogna avere la laurea per

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donare un po’ d’amore, ma è importante mettere a disposizione il proprio cuore, la propria comprensione e solidarietà nei confronti di chi è in una situazione di bisogno.

Angela SANTOLIQUIDO Michele N. racconta… L’esperienza vissuta in questi mesi nel progetto è stata sicuramente positiva. Infatti la finalità che il laboratorio ha avuto è stata quella di far sentire i ragazzi parte più viva di una comunità, aiutandoli nel socializzare e cercando di allontanarli dalla solitudine e dall’emarginazione attraverso la musica. L’obiettivo tecnico raggiunto da noi operatori è stato relativo, perché il processo di apprendimento, specialmente quello musicale, in alcuni casi risulta complesso ed articolato, ma la cosa più importante e l’aver costruito percorsi di amicizia e l’aver raggiunto una buona “armonia” tra operatori ed utenti.

Michele NATALE

Antonietta L. racconta…. Per poter realizzare un intervento a servizio dell’altro, è necessaria la funzione del “prendersi cura” che si traduce in capacità relazionale. Capacità che coincide con l’attitudine alla creatività e permette la propria apertura e l’apertura all’altro, attraverso l’ascolto e l’accoglienza che vuol dire andare nei luoghi dell’altro per scoprirne i bisogni. La creatività non è una prerogativa solo degli artisti o di pochi, ma è una dote di ciascun individuo ed è utile, se si riesce ad esprimerla, per la salute del singolo e della collettività. L’essenza dell’esperienza intrapresa con la Caritas Diocesana, mi aiuta a fare del mio poco tempo libero

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un’occasione di crescita, una possibilità di incontro e di scambio legato al piacere di incontrarsi per conoscersi, condividere e divertirsi. La gioia del cantare, di drammatizzare un canto popolare, di mettersi in gioco, è la risposta al bisogno di costruire relazioni che aiutano l’altro ad esprimersi, bisogno che molto spesso non viene manifestato per timore di non essere compreso ed accolto. Dare la propria disponibilità per qualche ora a settimana, motiva fortemente l’ impegno di volontariato che è fondamentale per la crescita personale di ciascuno. E’ un’ esperienza che ha l’obiettivo di liberare le emozioni e non contenerle per paura del giudizio di chi ci sta intorno con il fine di migliorare la qualità della vita personale e quella delle persone che ci sono affidate.

Antonietta Loconte Silvia S. racconta La mia collaborazione come animatrice di canto è iniziata da poco e devo dire che sono veramente soddisfatta di quest’esperienza. I ragazzi ci coinvolgono e si lasciano coinvolgere. Inoltre sono particolarmente entusiasti di poter esprimere le loro emozioni, sentimenti e sensazioni attraverso il canto. Sono ragazzi dotati di una disarmante ingenuità e innocenza, chiedono affetto e amicizia, che ricambiano con un abbraccio, un sorriso, una stretta di mano, e a volte con un regalino. Posso testimoniare che ricevere da queste persone gesti di gratitudine, ti scalda il cuore e ti riempie di gioia. Grazie Amici, vi voglio bene.

Silvia Soldo

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Durante il laboratorio...

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Animazione creativa

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Lo scrivere ci fa trovare spesso le parole per esprimerci e ci chiarisce talvolta sentimenti confusi, incertezze e ambivalenze che abitano dentro di noi. Dalla scrittura emerge l’espressione artistica: esiste una creatività ordinaria che ognuno di noi possiede e può utilizzare superando insicurezze, paure e preconcetti che potrebbero bloccarla. L’obiettivo del laboratorio di scrittura creativa all’interno del progetto è quello di dare voce a parole tenute nascoste dentro di noi. Riuscire a scrivere è come costruirsi una stanza tutta per sé, un luogo e un tempo privati in cui sprofondare con le nostre emozioni più vere e sentite, accettando ciò che proviamo e rafforzando la nostra autostima. I ragazzi, guidati da Angela De Sario, comunicano le loro emozioni e le imprimono sulla carta. Nascono così dei bei racconti familiari, delle emozionanti poesie, divertenti aneddoti. Il laboratorio di scrittura creativa prevede anche la pubblicazione di un giornalino, al quale i ragazzi partecipano attivamente, dalla stesura degli articoli alla elaborazione grafica. Anche la stesura di semplici racconti fornisce ai ragazzi un’occasione per esprimere le proprie angosce e fissare con sinteticità le proprie sensazioni. Angela D. S. racconta... Il progetto prevede l’utilizzo di volontari che, con la loro formazione, permettono a ciascun partecipante di sviluppare competenze nelle attività espressive. Nel corso degli incontri vi è un confronto continuo attraverso periodiche e costanti riunioni tra i volontari coinvolti e gli operatori. Il lavoro che ne segue produce entusiasmo e passione e ciò permette il buon andamento delle attività previste.

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È possibile vedere un processo di trasformazione e di crescita sia individuale che di gruppo. Inizialmente era persino difficile, per ognuno di noi, capire che cosa si dovesse fare, chi erano poi tutte queste persone nuove e quali atteggiamenti mostrare. Queste nostre preoccupazioni erano accompagnate da ansie e paure, che risuonavano nello spazio da noi delimitato nei primi incontri. Ma a poco a poco questo spazio si è trasformato in conoscenza, in possibilità di espressione e comunicazione, in capacità di riflessione. C’erano anche altri obiettivi, forse meno espliciti, come quello di conoscerci, di imparare a parlare in gruppo, di entrare in relazione con persone nuove , di creare un gruppo affiatato in cui poter trovare la forza e il coraggio di superare le difficoltà individuali. Al termine dei primi incontri la vita del gruppo era diventata sempre meno faticosa ed era sempre più facile condividere pensieri ed emozioni, riconoscere i propri limiti e tentare di superarli organizzandoci in modo da mettere al primo posto l’incontro tra persone. La costante condivisione dell’esperienza, soprattutto dopo i primi successi, ha permesso lo svilupparsi di quel “sentimento di appartenenza”, bisogno fondamentale per ciascuno, che rende evidenti le influenze positive del gruppo anche sui percorsi di crescita individuali. E’ nato, a poco a poco, anche il piacere di condividere in gruppo alcuni traguardi individuali: riuscire a stare di più con gli altri anche al di là del percorso, poter sperimentare esperienze nuove senza essere travolti da paure e sentimenti angoscianti, riconoscere maggiori spazi di autonomia, percepire la possibilità di relazioni affettive più stabili e mature. Il graduale processo di cambiamento è ormai visibile e condivisibile: per ciascuno si è come riattivato qualcosa, come se il “motore della vitalità” ha ripreso a funzionare meglio.

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Le stimolanti discussioni permettono anche interessanti riflessioni su quale potrebbe essere, attraverso la loro esperienza e le competenze apprese, il proprio contributo per la lotta al pregiudizio sulla malattia mentale. Il processo di cambiamento coinvolge, in modo evidente e determinante, molti aspetti della loro esistenza e il loro rapporto con la sofferenza. L’assunto di base è che l’intelligenza, la sensibilità ed i talenti sono nascosti ma non annullati dal disturbo mentale e possono essere risvegliati attivando alcune capacità specifiche.

Angela DE SARIO

Durante il laboratorio...

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Ti voglio bene. Per un’amica sincera che mi capisce quando ho bisogno qualcuno che mi dà affetto. Forse di tutto questo essere amiche vuol dire avere ricordi bellissimi. Finché abbiamo speranza c’è vita e spero che questa amicizia dura per sempre. Ti voglio bene.

Annamaria

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Ciao nonna, mi ricordo quand’ero fanciulletto che mi portavi in giro per i vicoletti e mi facevi giocare con le girandole ed ogni tanto mi stringevi nel tuo caldo abbraccio. Ciao nonna, mi ricordo quando dal dolce balcone di casa tua ti vedevo pulire le strade con una scopa più alta di te ed io ridevo, mi ricordo quando andavamo in campagna con l’asino e mi divertivo a fare i pozzetti nella terra e raccoglievo le olive con uno scatolino. E adesso che siete così lontani nel cielo, nel mio cuore è sempre vivo il vostro ricordo.

Michele

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Quasi la fine … Quasi la fine purtroppo: ho conosciuto nuovi amici, nuove persone che ci hanno dedicato tempo ed amore, di quest’esperienza mi rimarrà nel cuore l’armonia e la voglia di stare assieme. Michele

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Io mi chiamo Donato e sono nonno, ad essere nonno è la cosa più bella che esista. Mi ricordo che quando lui stava nella pancia di mia nuora ero impaziente. Conteggiavo i giorni del parto. Un giorno di febbraio, finalmente, è nato. La mia felicità era grande. Tornato a casa ogni giorno ero con il mio piccolo nipotino. Lo prendevo in braccio, e lui si abituava e affezionava a me. Il tempo passava e cominciava ad andare a gattoni. Camminava sempre con le mani e gambe per terra e io lo chiamavo: “il nipotino di braccio di ferro” perché correva sempre per terra. Iniziava a prendere le cose e a romperle. Adesso comincia a camminare da solo e lo vedo girare per casa e stare, sempre, con i nonni. Adesso, quando esco, preferisco stare non molto in piazza perché devo giocare con il mio nipotino e non vedo l’ora che arri-va. Auguri a tutti i nonni. Donato

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Io amo le partite di calcio. Le seguo tutte anche a livello internazionale. La mia squadra del cuore, e che tifo da piccolo, è la Juventus chiamata da sempre la “Vecchia Signora”. Quando ero piccolo e i miei beniamini perdevano la partita, io piangevo. Adesso, che sono diventato grande, durante la partita sono ansioso fino al termine partita. Se la mia squadra dovesse perdere, digerire la sconfitta, diventa difficile. E… quando vince! Prendo in giro i miei amici e alcuni componenti della mia famiglia. Mio fratello, a differenza mia, si incavola in quel momento e poi… si calma. Per me non è così. Sono nervoso e non mi piace perdere. Le due squadre che non sopporto sono il Milan e l’Inter. Per la prima nutro antipatia verso il presidente, Silvio Berlusconi e la figlia Barbara, fidanzata di Pato. L’Inter non mi è simpatica per Moratti che ha usato parole offensive nei confronti di Moggi, ex dirigente della Juve. Siamo andati in serie B ma siamo risaliti a testa alta e con grande entusiasmo e forza siamo campioni d’Italia. Sono passati quattro anni da quella disavventura della Juve e adesso l’Inter è andata sotto di tanti punti. Tornando alla Juve mi auguro che in Champions League torni ad essere la regina d’Europa. Vincenzo

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Animazione manuale

con i familiari

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Il progetto prevede anche del tempo e dello spazio dedicato ai familiari dei ragazzi. Un tempo fatto non solo di parole, scambio, ma anche di creatività. I genitori dei ragazzi hanno modo di confrontarsi ma anche di preparare, nelle varie occasioni festive, piccoli lavoretti: palline all’uncinetto, lavori di decoupage, collane in legno ed altri piccoli bijou. È un tempo per l’ascolto ma anche un tempo per la condivisione. L’ascolto è uno scambio di saperi, di esperienze, di emozioni, di sentimenti, di idee. Ascoltare significa riconoscere la legittimità dell’altro, di ciò che vive, comunica, esperisce. I volontari ascoltano queste persone, facendo tacere se stessi, sospendendo i propri giudizi e il proprio modo di vedere le cose. Il modo migliore di rispondere è quello di non dire ad una persona, anche se in condizioni di difficoltà, ciò che deve fare, ma aiutarla a comprendere la situazione e a gestire il problema, affinché diventi responsabile delle sue scelte e delle sue decisioni. Inoltre viene data loro la possibilità di avere uno spazio dove poter avere uno scambio, una condivisione per superare l’isolamento, la solitudine, la paura e soprattutto lo stigma. Uno spazio dove poter mettere in comune le esperienze e imparare a parlarne. Un luogo dove poter aumentare la fiducia in sé e l’autostima.

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Anna M. racconta…. La mia esperienza con i ragazzi e le famiglie del Progetto è iniziata con tante perplessità e tanti dubbi. Cosa farò? Sarò all’altezza? Mi accetteranno? Ed ecco si parte, i ragazzi sono entusiasti di partecipare, di dimostrare a se stessi e soprattutto a tutti noi di essere in grado di poter seguire un percorso, di poter, anche loro, fare un qualcosa. Ogni attimo è vissuto pienamente e con un grande coin-volgimento di tutti, ragazzi ed operatori, ogni momento del percorso insieme, dal disegno all’attività fisica, dal corso di inglese al laboratorio di musica, dal giornalino agli incontri con i familiari. Da subito si è instaurato tra tutti noi un intenso rap-porto di fiducia e di amicizia. Sento di poter tranquillamente dire che, a livello morale, sociale, di formazione e tutto ciò che di positivo ci sia, questa è una delle esperienze più belle della mia vita, soprattutto per le innumerevoli emozioni che i ragazzi mi regalano ed anche perché mi fa crescere permettendomi di guardare il mondo che mi circonda con occhi diversi. Sono giornate “interessanti” facendo crescere in me una maggiore sensibilità, prima sopita, che mi proiettano in un mondo caratterizzato da condivisione, forte relazione e con la gioia di scoprire che anche noi, senza volerlo, siamo “interessanti” per gli altri. Auguro a tutti, e soprattutto ai giovani, di poter fare un’esperienza come la mia in modo da acquisire molti stimoli e ritrovare i veri valori che, pian piano, nella nostra società “moderna” stanno scemando. Ringrazio tutti i ragazzi perché tutto ciò che di positivo porto dentro di me è solo merito loro e spero di regalare a tutti “qualcosa di speciale” e di far capire quanto siano importanti ed indispensabili per tutti noi.

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Un grazie di cuore a quanti hanno dato vita a questa esperienza attraverso il progetto e di avermi dato la possibilità di dare e ricevere questo grande dono d’amore e di carità cristiana.

Anna MINUTIELLO Rosetta racconta…. In prossimità delle festività di Natale sono stata coinvolta a dare un mio contributo nel realizzare una serie di oggetti creati a mano (uncinetto, collane, addobbi natalizi, ecc.). Durante il laboratorio ho avuto modo di conoscere i familiari dei ragazzi ed insieme a loro abbiamo cercato di “alleggerire” il loro carico assistenziale. E’ stato bello poter condividere il superamento del disagio e promuovere la condivisione di relazioni comuni. Voglio dare testimonianza che la realizzazione del laboratorio è resa possibile grazie proprio alla presenza ed all’aiuto di volontari familiari, che a turno sostengono i ragazzi nella esecuzione degli oggetti. Da questa esperienza sto imparando tantissimo, mi sono arricchita ulteriormente dal punto di vista relazionale ed è proprio vero che condividere momenti di attività solidale e interagire con chi vive nel disagio fa dimenticare le nostre povere e piccole sofferenze. Sono convinta che diventa fondamentale diffondere nella comunità una cultura di "accoglienza", di comprensione e di condivisione, ma soprattutto promuovere la cultura dell’ accettazione di chi è a rischio di emarginazione. Desidero rivolgere un sentito grazie alle mamme che con me condividono questa bella esperienza; con loro sto vivendo un piccolo percorso di aiuto e soprattutto le ringrazio per avermi consentito di entrare nel loro

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privato fatto sì di sofferenza, ma anche di tanta umanità.

Rosetta ASQUINO

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Parlano i ragazzi...

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...ormai sono anni che mi reco in Comune per sapere se ci sono corsi o attività, qualunque cosa a cui io possa partecipare. Difficilmente ho avuto risposte positive, fino a quando l’assistente sociale del Comune mi ha informato di un progetto della Caritas. Sinceramente non avevo capito di cosa si trattasse, ma ho deciso di parteciparvi comunque. All’inizio, devo essere sincera, ho trovato le attività un po’ noiose, poi frequentando i vari laboratori e interessandomi alle loro attività, ho cambiato idea. Volevo frequentarli tutti, ma per problemi familiari ne ho dovuto scegliere solamente uno: il corso di disegno. Avevo bisogno di incontrare qualcuno con cui parlare, scambiare qualcosa, esperienze, raccontare qualcosa di me: confrontarmi. Quando c’è stata la neve sono rimasta bloccata in casa, ciò mi ha molto rattristata, ma non mi sono sentita sola… Gli operatori hanno fatto per me ciò che altri non hanno fatto: interessarsi a me, guidarmi in un percorso di crescita personale e culturale, ma anche farmi sentire parte di una nuova famiglia. Rosalia

...all’inizio non volevo partecipare, ci avevo messo poco interesse e quando non avevo altri impegni passavo dal Centro. Pensando che fossero attività infantili non ho dato il giusto valore alle attività che mi sono state proposte e solo dopo qualche mese e vari inviti da parte degli operatori, per non deluderli, ho pensato che invece di sprecare il mio tempo gironzolando per strada potevo frequentare i laboratori.

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Con il passare dei giorni ho conosciuto gli operatori, l’ambiente ed ho cominciato a capire che potevo stare bene. Mi piace disegnare, essere apprezzato per quello che faccio mi fa stare bene, mi dà sicurezza e fiducia in me. Mi sono detto: “Potrei pensare di sviluppare questo mio dono in modo più ampio”, perché per circa 15 anni ho represso questa mia passione. Posso dire di essere in un posto tranquillo, di aver incontrato nuovi amici, di praticare attività fisica, giocare a calcio e in tutto questo di essermi comportato bene, collaborando anche con gli altri ragazzi e con gli operatori. Sono felice di continuare questa esperienza. Un’ ultima parola... mi sento cambiato da questa esperienza, ho imparato a riflettere. Fabio

...sono stata invitata a frequentare un corso di disegno dalle dottoresse del DSM. Dall’inizio del progetto non sono mai mancata, perché mi sono trovata bene, così bene che ho deciso di frequentare anche il corso di inglese, che ho trovato molto interessante. Nel disegno, che è la mia passione, ho potuto confrontarmi e dimostrare ciò che so fare. Mi piace continuare, perché sono stata bene con tutti con gli operatori, con i volontari e con gli altri ragazzi. Anna Maria

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L’arte è stata una passeggiata bellissima. Stiamo insieme con le volontarie: amiche che ci hanno insegnato nuove tecniche di pittura: colori per il vetro, piombo, tempere, ecc… Si è creata un’atmosfera, devo dire, familiare, abbiamo dialogato, disegnato e qualche volta anche cantato dei pezzi musicali. Siamo uniti dall’arte: maestra di emozioni. Ho incontrato nuovi amici e amiche, insieme nell’arte. Tutto ciò non rimarrà un ricordo dolcissimo ma proseguirà, mi auguro, in modo duraturo. Rocco M. ...sono venuto a conoscenza del progetto grazie all’invito dell’assistente sociale del DSM; non ero molto sicuro di voler frequentare i corsi, avevo paura fosse noioso, ma poi, ho deciso di provarci, poteva essere un’occasione per stare insieme ad altre persone. Infatti mi sono ricreduto! L’ambiente semplice, amichevole, familiare mi ha fatto cambiare idea. Pensavo di non sapere fare niente: mi sbagliavo! Cosa ho “imparato” in questi mesi? Il laboratorio artistico mi ha aiutato a calmarmi, ad essere meno impulsivo, a soffermarmi un attimo prima di agire d’impulso. Durante il laboratorio di ginnastica ho imparato come potermi muovere senza farmi male, senza arrecare dolore al mio corpo. Non posso dire di poter andare in Inghilterra e fare un discorso, ma durante il laboratorio di inglese ho potuto prendere dimestichezza con un’altra lingua. La cosa che non dimenticherò mai saranno la dolcezza e l’armonia che hanno accompagnato le nostre giornate,

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ringrazio i miei amici che sanno ascoltarmi nei momenti bui e in quelli felici.

Michele

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Parlano i familiari...

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….Le attività previste nel progetto danno la possibilità anche a noi familiari di poter uscire dalla solitudine delle mura domestiche per poter condividere con altri le medesime difficoltà sia con le altre famiglie e sia con gli operatori. Uno dei momenti importanti degli incontri, oltre alle attività ludico-ricreative, è il tempo che gli operatori dedicano all’ascolto anche di noi familiari. In questi spazi mettiamo in comune le nostre difficoltà, ansie, stanchezze, ma condividiamo anche soluzioni e sostegno gli uni per gli altri. Teresa “questa è stata un’esperienza che ha permesso di confrontarci, di parlare della propria situazione, di arricchire il proprio bagaglio personale, perché conoscere altra gente ti offre la possibilità di condividere il proprio disagio e a volte, anche grazie ad una risata, dimenticare il propri problemi”. Enza

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Parlano i partners...

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La prima parte del progetto “Centro famiglie solidali” si è conclusa il 30 aprile 2012. I mesi sono trascorsi in fretta. Al rallenty della memoria tornano gli incontri preparatori e le prime conoscenze; l’affidarsi all’ascolto di proposte che impegnavano i giorni della settimana con precisa cadenza attraverso i mesi affidando ora alla voce (musica-teatro) ora alle mani e agli occhi (disegno - Pittura - decorazioni - creatività) ora alle gambe (arte motoria) le varie attività accompagnate dalla sobria e delicata competenza di artigiani e maestri d’arte. Il ritrovarsi a sera nelle rapide ombre di novembre, con l’intermezzo del febbraio nevoso da ricordare nei decenni a venire, fino all’ultimo sole d’aprile ha mostrato come la socializzazione sia il risultato talvolta di piccole e banali cose come l’attesa dell’amico, la presenza di familiari, il pensiero gentile da parte di qualcuno/a che portava dolcetti o attardarsi nella piacevole chiacchierata dell’ultimo momento all’ombra delle mura leggere e possenti della cattedrale venosina. L’attenzione delle madri e dei padri, la meticolosa presenza di chi coordinava, i volontari e gli operatori hanno reso facile e ricco questo progetto. Il progetto vede la presenza dell’Associazione Familiari Anti-Stigma “Alda Merini” – ONLUS Venosa a favore dei pazienti con patologie mentali e dei loro familiari. Noi ringraziamo l’Associazione Famiglia Accoglienza e Vita, la Caritas e gli altri soggetti che hanno dato attuazione a questo progetto. Vi potrebbe essere in giro anche qualche insoddisfazione, ma non si tiene conto che il crescere e lo sperimentare sono processi che richiedono pazienza, fiducia e volontà positiva. Che questa esperienza possa crescere, è il nostro augurio.

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Michele BIGOTTI - Ass. familiari Anti-Stigma “Alda Merini” - ONLUS Il processo di integrazione delle persone disabili ha vissuto in Italia negli ultimi anni profonde trasformazioni, anche se non tutto è perfetto e occorre un lavoro continuo. Il progetto dell’Associazione rappresenta indubbiamente una risposta di accompagnamento alle famiglie. Per le famiglie è cruciale la possibilità al coinvolgimento in un percorso associativo, che è spesso preziosissima risorsa per scambio di esperienze, per pensieri su di sé altrimenti impossibili, per aiuto reciproco tra soggetti che condividono la stessa condizione di difficoltà. E’ evidente che le famiglie in cui vi è una persona con disagio ha bisogno di un punto di riferimento certo (un servizio, un operatore), che garantisca continuità, con cui poter contrattare, discutere, pensare interventi, azioni, ripartizione di responsabilità, pensieri sul futuro. Di fronte alla drammaticità dei problemi ed alle difficoltà di individuare soluzioni ottimali, l’Azienda Sanitaria ha la responsabilità di ascolto e di apertura dei servizi che quotidianamente incontrano le famiglie “prima” dell’emergenza, coprogettando con loro percorsi di cura , di riabilitazione di presa in carico. Si tratta, in altri termini, di far funzionare la rete di soggetti che operano sulla disabilità, riconoscendo inoltre le famiglie come attori strategici. Alle famiglie spetta il compito di un confronto realistico sulle possibilità del proprio congiunto, alle istituzioni (ASP, Comune, Terzo Settore) la responsabilità di offrire percorsi di accompagnamento e di cura che garantiscano la qualità di vita del disabile. Solo attraverso questo duplice percorso di convergenza si potrà ridurre l’angoscia che troppe famiglie ancora devono sostenere.

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Mario Marra Direttore Generale Azienda Sanitaria Locale di Potenza

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E’ con vero piacere che il Comune di Venosa partecipa al Progetto “Centro famiglie Solidali” per testimoniare la vicinanza e la solidarietà a quanti vivono nel disagio. La nostra città si va sempre più distinguendo per essere una città dove è fortemente in crescita la solidarietà con la presenza di servizi e centri (Istituto Padri Trinitari, Casa di Riposo, Comunità alloggio per minori ed anziani, Casa Famiglia, Centri diurni infanzia ed anziani, ecc.) che la qualificano come una Comunità accogliente e solidale nei confronti di chi soffre ed è a rischio di emarginazione. Il Centro Famiglie Solidali, sostenuto dalla Caritas Diocesana, è l’ulteriore tassello che si aggiunge al mosaico della solidarietà. Il servizio che viene garantito supera ogni tipo di barriera e rende possibile ai cittadini con disagio l’accesso ad occasioni di socializzazione. La validità del progetto è anche quella di aver utilizzato le reti locali interagendo con la rete dell’assistenza socio-sanitaria mediante lo sviluppo di sistemi di intervento che, accanto a quanto già viene offerto sotto l’aspetto strettamente sanitario, ha dato vita ad un’azione di sostegno psicosociale alla persona ed ai suoi familiari. Le attività poste io essere, compiutamente rappresentate, testimoniano la validità dell’idea progettuale tanto da diventare utile strumento per favorire le sinergie istituzionali, gestionali e professionali e quindi in grado di promuovere risposte unitarie a bisogni complessi della persona che non possono essere adeguatamente affrontati da sistemi di risposte separate. Diventa sempre più urgente coordinare sinergicamente le risorse umane e tecnologiche che si occupano sia della malattia che della condizione di bisogno derivante dalla diminuita capacità della persona al fine di

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superare ogni tipo di barriera ed evitare contrasti o duplicazioni degli sforzi socio-assistenziali e sanitari. L’esperienza del Centro Famiglie Solidali va proprio nella direzione di mettere a disposizione del cittadino, nel suo ambiente di vita, un servizio socio-assistenziale non complesso che punta alla valorizzazione della socializzazione e rende possibile a tutti l’accesso a progetti innovativi. I servizi nelle loro diverse declinazioni, ma il sociale tutto dal vicinato all’oratorio, alla rete familiare allargata e sociale, possono diventare luogo in cui si sperimenta la speranza dell’incontro con l’altro, con il diverso e si rimodula la dimensione dello scambio. Con gli interventi progettuali viene elevato il livello di consapevolezza delle persone nei confronti della malattia ed è stato costruito un servizio per la tutela sociale delle persone in difficoltà. Il nostro augurio è che l’esperienza possa continuare per promuovere le persone che presentano bisogni di salute e che richiedono prestazioni di protezione sociale sulla base di progetti personalizzati redatti da operatori del sociale ed operatori della sanità affiancati e sostenuti da operatori del volontariato. Un sentito ringraziamento va alla Caritas Diocesana per la promozione dell’iniziativa, ma anche a tutti coloro che con la loro passione rendono possibile l’implementazione delle attività di socializzazione e di animazione. Bruno Tamburriello - Sindaco Comune di Venosa

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L’incontro con il Santo Padre “Benedetto XVI”

I preparativi per la partenza per Roma sono stati perfetti ed alle 03 in punto si parte per Roma. Durante il viaggio tutti cercano di dormire ben sapendo che ci attende una giornata piena di impegni. All’autogril ci ritroviamo un po’ addormentati ma una buona colazione contribuisce a svegliarci ed a rimetterci pronti per iniziare l’avvicinamento a Piazza S. Pietro. Quando arriviamo la piazza è quasi piena ma noi confidiamo di arrivare sul sagrato dove ci attende Emilia con i biglietti che ha ritirato dalla segreteria di stato il giorno precedente. In una udienza di qualche tempo fa Benedetto XVI disse: “…per Dio non siamo figli anonimi, lo Spirito ci insegna a chiamarlo Padre”. Ed è proprio così, figli di un unico padre, che ci siamo sentiti quando, riuniti in Piazza S. Pietro, abbiamo assistito all’udienza con il Santo Padre Benedetto XVI. Un’esperienza ricca ed unica, che cercheremo di spiegare e raccontare in poche parole. Ci siamo resi conto di aver vissuto un vero rapporto di fratellanza, con un comportamento esemplare che non ha lasciato intravedere la stanchezza del viaggio, ma

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solamente la gioia di vivere “quel momento” con il sorriso stampato sul viso. Il Santo Padre ci ha anche rivolto il Suo saluto: “Saluto cordialmente i fedeli del Progetto Caritas Famiglie Solidali di Melfi con il Vescovo Mons. Gianfranco Todisco. Carissimi, insieme a voi ringrazio Dio per la straordinaria accoglienza della famiglia che vivete nella vostra difficile esperienza. Prego, affinché l’amore coniugale, la paternità e la maternità siano per tutte le famiglie dei percorsi verso la santità. Dio vi benedica!”. Con queste belle espressioni di amore nel vivere la dimensione familiare ci siamo ritrovati, al termine dell’incontro, davanti all’obelisco, stanchi ma felici per il bellissimo messaggio ricevuto. Al Papa abbiamo voluto donare, oltre il nostro affetto di Pastore, anche degli oggetti realizzati dai ragazzi durante i laboratori. Per la loro semplicità pensavamo che non avrebbero meritato una particolare attenzione dalla Santa Sede; ci siamo sbagliati. Qualche settimana dopo l’incontro con il Papa ci è pervenuta la seguente comunicazione.

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Visita alla Comunità S. Egidio – Roma

La Comunità di Sant’Egidio La Comunità nasce a Roma nel 1968, all’indomani del Concilio Vaticano II. E' "Associazione pubblica di laici della Chiesa". Le differenti comunità, sparse nel mondo, condividono la stessa spiritualità e i fondamenti che caratterizzano il cammino di Sant’Egidio! La preghiera, che accompagna la vita di tutte le comunità a Roma e nel mondo e ne costituisce un elemento essenziale. La preghiera è il centro e il luogo primario dell’orientamento complessivo della vita comunitaria. La comunicazione del Vangelo, cuore della vita della Comunità, che si estende a tutti coloro che cercano e chiedono un senso nella vita. La solidarietà con i poveri, vissuta come servizio volontario e gratuito, nello spirito evangelico di una Chiesa che è "Chiesa di tutti e particolarmente dei poveri" (Giovanni XXIII). L'ecumenismo, vissuto come amicizia, preghiera e ricerca dell'unità tra i cristiani del mondo intero. Il dialogo, indicato dal Vaticano II come via della pace e della collaborazione tra le religioni, ma anche come modo di vita e come metodo per la riconciliazione nei conflitti. La Comunità di Sant'Egidio è nata a Roma nel 1968, per iniziativa di un giovane, allora meno che ventenne,

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Andrea Riccardi (attuale Ministro la cooperazione internazionale e l'integrazione). Iniziò riunendo un gruppo di liceali, come era lui stesso, per ascoltare e mettere in pratica il Vangelo. La prima comunità cristiana degli Atti degli Apostoli e Francesco d'Assisi sono stati i primi punti di riferimento. Il piccolo gruppo iniziò subito ad andare nella periferia romana, tra le baracche che in quegli anni cingevano Roma e dove vivevano molti poveri, e cominciò un doposcuola pomeridiano (la “Scuola popolare”, oggi “Scuole della pace” in tante parti del mondo) per i bambini. Da allora la comunità è molto cresciuta, e oggi è diffusa in più di 70 paesi di 4 continenti. Anche il numero dei membri della comunità è in crescita costante. Oggi sono circa 50.000, ma è assai difficile calcolare il numero di quanti in modo diverso sono raggiunti dalle diverse attività di servizio della comunità, come pure di quanti collaborano in maniera stabile e significativa proprio al servizio ai più poveri e alle altre attività svolte da Sant'Egidio senza farne parte in senso stretto.

L'amicizia della Comunità di Sant'Egidio con i disabili nasce all'inizio degli anni '70. Tra i molti bambini con difficoltà scolastiche che frequentavano le scuole popolari, nella periferia di Roma, alcuni avevano una disabilità mentale e spesso finivano per abbandonare la scuola. Nelle scuole popolari trovavano accoglienza ed amicizia. Nel quartiere di Trastevere, a Roma, nelle vie attorno al monastero di Sant'Egidio, vivevano in quegli stessi anni

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numerosi disabili adulti, persone spesso sole. Prive di amicizie e di relazioni, abbandonate a se stesse, tra-scorrevano le loro giornate a casa oppure giravano per la strada senza avere una meta. Quando Sant'Egidio si popolò di giovani studenti, venne naturale fare della chiesa e del monastero un punto di riferimento anche per loro, un luogo dove cercare e finalmente trovare amicizia e ascolto. Da allora l'amicizia con chi è in difficoltà a causa di un handicap mentale è diventata una costante di tutte le Comunità di Sant'Egidio in ogni parte del mondo.

VISITA ALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO

Dopo l’udienza con il Santo Padre, Simona Rampa, della Comunità di Sant’Egidio, ci ha attesi all’ingresso di Trastevere e ci ha condotti all’Osteria degli Amici. Il nostro stupore, diventato poi gioia, è stato nel constatare che a servirci non erano i soliti camerieri ma ragazzi disabili che provenivano da percorsi di emarginazione e di sofferenza. La Comunità di Sant’Egidio ha dato loro la possibilità di inserirsi proficuamente nel mondo lavorativo con la costituzione di una cooperativa sociale per la gestione del Ristorante. La loro professionalità nel servirci è stata eccezionale e tutti hanno saputo apprezzare quanto sia importante per un disabile poter avere occasioni di inserimento lavorativo. Con loro abbiamo fraternizzato e condiviso amicizia e soprattutto verificato che, parafrasando il titolo di un film con Claudio Bisio, “Si può fare”.

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Dopo il pranzo Simona ci ha introdotti nella Basilica di Santa Maria in Trastevere. La facciata conserva nella parte superiore un mosaico del XIII secolo, raffigurante Maria in trono che allatta il Bambino: è affiancata da dieci donne recanti lampade. La facciata è preceduta dal portico progettato da Carlo Fontana (1702). Sulla sommità del campanile romanico, si vede un mosaico raffigurante la Madonna col Bambino, in una nicchia. All'interno, a tre navate su colonne ioniche e corinzie architravate, si notano il bel soffitto ligneo, disegnato da Domenichino (autore anche dell'Assunzione al centro) e alcune pitture risalenti al restauro del XIX secolo, sotto papa Pio IX. Nella prima cappella della navata destra si trova Santa Francesca Romana di Giacomo Zoboli mentre nella seconda cappella la Natività di Etienne Parrocel. Nella conca dell'abside si può ammirare un mosaico raffigurante la Vergine e Cristo assisi sullo stesso trono (XII secolo), ornato, nella parte inferiore, da Storie della Vergine, sempre a mosaico, opera di Pietro Cavallini (1291). La basilica ospita le reliquie di San Giulio I e le salme di San Callisto I ed Innocenzo I.

Dopo la visita alla Basilica e dopo un giro per le viuzze di Trastevere, accompagnati da Simona ci siamo recati nel Centro gestito dalla Comunità di Sant’Egidio dove operatori e ragazzi ci hanno accolto con il canto:

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Il manifesto de Gli Amici

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Siamo tanti. Ci siamo conosciuti in tante città, a scuola

nelle case, al lavoro.

Non siamo tutti uguali, ma la diversità è l’allegria del

mondo.

Siamo tanti ma sappiamo il nome di tutti: Siamo "Gli

amici".

Sembriamo deboli ed a volte facciamo fatica, ma

insieme abbiamo una grande forza e possiamo fare

tante cose: voler bene, cantare, dipingere, lavorare,

aiutare ed aiutarci. Essere felici.

Tutti possiamo essere amici, a chi è solo, a chi è

anziano, a chi è straniero, a chi è triste, a chi è tenuto

lontano da tutti diciamo: “amico sei importante !!”

L’amicizia non mette nessuno da parte e tira fuori il

meglio di ognuno.

Non sappiamo tutto ma sappiamo quello che conta.

Sappiamo che tutti sono belli perché sono amati da Dio

e che tutti sono più felici quando trovano un amico.

Sappiamo che l’amicizia fa finire le guerre, rende amici

i nemici, fa sentire vicini i lontani. Difende quelli che

non si possono difendere.

L’amicizia cambia la vita. E’ l’arma segreta che fa

superare le difficoltà più grandi. Può vincere sempre

anche quando sembra impossibile.

Per questo siamo gli amici di tutti: Amici della natura,

di tutti i popoli e di tutte le età. Siamo gli artisti

dell’amicizia.

Abbiamo una grande voglia di fare festa e di cambiare

il mondo. Cominciamo dalle nostre città. Costruiamo

una città senza barriere e senza muri tra le persone

dove tutti stanno a sentire gli altri, perché non hanno

fretta.

E' la città amica. E' la città degli amici.

W gli amici.

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Dopo la bellissima esperienza vissuta presso il Centro della Comunità di S. Egidio ci siamo rimessi nel pullman per far ritorno a Venosa. Non possiamo non riportare quanto è avvenuto durante il viaggio di ritorno prima che ci addormentassimo stanchi ma pieni di gioia. Il Direttore della Caritas ha preso il microfono ed ha voluto conoscere le sensazioni e le emozioni che i partecipanti avevano provato durante la giornata. E’ quasi impossibile riportare il grande senso di commozione che ha pervaso coloro che sono intervenuti, ma tutti hanno sottolineato la felicità che avevano provato nell’incontro con il Santo Padre e soprattutto il senso di condivisione che ha caratterizzato la festa con gli amici di Sant’Egidio. Sono intervenuti ragazzi, operatori, familiari, volontari ed anche i due assessori comunali di Venosa che ci hanno accompagnato: Saverio Mongiovì e Pierino Visaggio. Entrambi hanno sottolineato la serenità e il piacere per aver condiviso una bella giornata costituita da momenti di preghiera, di riflessione e nell’aver conosciuto una realtà, frutto del lavoro della Comunità di Sant'Egidio, che da decenni è impegnata a fianco di persone con disabilità mentale che si autofinanzia, senza convenzioni con enti pubblici o privati. Prima di cadere esausti per la stanchezza uno dei ragazzi ha voluto dare la sua testimonianza: “Per me questa è stata la giornata più bella della mia vita”. Ne è scaturito un lungo applauso che ha racchiuso il senso di tutta la giornata ed ha ulteriormente sancito che l’amicizia con i disabili mentali fa incontrare direttamente Gesù Cristo.

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L’integrazione possibile

Il problema dell’integrazione tocca ambiti diversi e differenziati e pertanto diventa un’esigenza ineludibile realizzare un percorso che possa dare coerente risposta ai bisogni di ogni situazione di non autosufficienza o di non autonomia attraverso la ricomposizione delle complessità, delle plurime appartenenze della frammentazione dei bisogni. Tale opzione diventa più urgente anche a causa di ulteriori fattori quali il progressivo invecchiamento della popolazione ed aumento della cronicità, la maggiore diffusione del disagio, l’aumento delle disuguaglianze sociali ed economiche, la maggiore spinta verso il benessere, che determinano un massiccio aumento delle domande di prestazioni socio-sanitarie.

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Pertanto l’integrazione tra il sociale ed il sanitario può garantire una ricaduta positiva nei due ambiti in termini sia di uguaglianza ed appropriatezza delle risposte che di economicità. Il presumibile valore aggiunto dell’integrazione tra i due sistemi potrà consentire l’implementazione della rete integrata dei servizi ed evitare così il ricorso suppletivo a funzioni improprie. L’integrazione diventa oltre modo strategica allorquando riesce a diventare un utile strumento per favorire le sinergie istituzionali, gestionali e professionali e quindi in grado di promuovere risposte unitarie a bisogni complessi della persona e che non possono essere adeguatamente affrontati da sistemi di risposte separate sanitarie e sociali. L’obiettivo da perseguire è quello di sperimentare un’organizzazione territoriale per la cura, l’assistenza sociale e sanitaria, il monitoraggio delle malattie a rilevanza sociale mediante l’attivazione di una rete territoriale di intervento integrato psico - socio - sanitario. Le prestazioni sociali e sanitarie possono definirsi come le attività idonee a soddisfare, attraverso percorsi assistenziali integrati, “bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire anche nel lungo periodo la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione” (articolo 3-septies comma 1 d.lgs. 502/92). La L.328/00 e le Leggi sanitarie nazionali e regionali individuano in via privilegiata, oltre alle istituzioni, gli attori dell’integrazione nei cosiddetti corpi intermedi della società: associazioni, cooperative sociali, sindacati, eccetera. Se, da un lato, soggetti della cosiddetta società civile vengono formalmente resi parte attiva della pianificazione sociale e sanitaria a livello locale, l’esito

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di tale opzione, se non opportunamente e puntualmente sostenuta, rischia di condurre all’equiparazione delle logiche esclusive delle conferenze dei servizi. Diventa prioritario, pertanto, cercare di rappresentare e porre a fuoco in modo esaustivi i bisogni della collettività vista nel suo insieme. L’attività di integrazione deve confrontarsi con dei temi che implicano un rinnovamento profondo nei modi di pensare le attività di decision-making istituzionale. Come fare a motivare i cittadini a partecipare alla costruzione di strumenti di integrazione sociale in un clima di sfiducia crescente nei confronti delle istituzioni? Quali strumenti fornire ai cittadini per fare in modo che un contributo non competente diventi tale? Come valorizzare il contributo dei cittadini entro un disegno di politica sociale che non può prescindere da una sintesi di ordine tecnico professionale senza rischiare di produrre attese che, se non ripagate, possono ingenerare tensioni e conflitto tra cittadini e amministrazioni? A questi interrogativi possiamo dare risposta attraverso il recupero, nel processo di integrazione, di gruppi eterogenei di attori e soggetti da coinvolgere in modo interattivo. Pertanto nella costruzione dell’integrazione bisogna riconoscere che i processi decisionali devono emergere come il risultato di un complesso lavoro di gruppo che riesce, con fatica e condivisione, ad inglobare problemi e quadri di realtà rappresentativi dei bisogni esistenti. Nel fase processuale gli operatori istituzionali devono essere garanti che il lavoro dei cittadini diventerà parte integrante del processo di integrazione e l’impegno profuso non è solo e soltanto formale, ma deve corrispondere a quanto viene condiviso. La tutela della salute mentale costituisce un’area sempre più importante da studiare e ad essa dedicare

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maggiore attenzione nei processi di integrazione dal momento che i disturbi psichiatrici costituiscono, nel loro insieme, uno dei più diffusi rischi di malattia. Il problema del disagio e della malattia psichica richiedono, per essere gestiti e affrontati nel quotidiano in modo integrato, notevoli capacità di comprensione, pazienza e diagnosi dei sintomi di crisi e di prevenzione dei fattori di malessere, anche attraverso il coinvolgimento delle famiglie e di volontari adeguatamente formati. Scegliere l’integrazione può attenuare la fatica di dover dare risposte a persone che presentano problemi psicologici o psichiatrici. E’ innegabile che, accanto al disagio mentale, vi sono fattori specifici che incidono notevolmente sulla possibilità di effettuare prestazioni terapeutiche, riabilitative e domiciliari quali: il grado di istruzione, lo status socio-economico, il capitale sociale di cui le famiglie dispongono o possono attivare. La letteratura in materia evidenzia che tanto più i congiunti appartengono a fasce di popolazione con ridotto grado di istruzione, basso reddito e scarso capitale sociale quanto più è elevato il rischio di stress prima e di patologia successivamente per i medesimi familiari. L’aumento del carico di problematicità cui il familiare non è in grado di fare fronte costituisce, inoltre, un fattore causale fondamentale per accelerare i processi di recidiva o di passaggio dal disagio alla patologia della persona malata o sofferente perché gli stati di ansietà, tensione e insicurezza all’interno dell’ambiente familiare stimolano l’impulsività, la depressione o addirittura la violenza delle persone a rischio. L’integrazione tra attori diversi ha assunto, nell’ambito del progetto, un significato di processo condiviso che, oltre a meglio identificare i bisogni delle persone, ha contribuito dinamicamente alla costruzione delle azioni

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rivolte alla promozione del loro benessere ed anche quello dei familiari. Il territorio è, dunque, il luogo di lettura dei bisogni ed è in esso che si riuniscono il momento assistenziale con quello promozionale e progettuale delle iniziative di sostegno e di cura. La responsabilizzazione degli attori sociali sono in questo senso decisivi perché significa acquisire risorse, strumenti e competenze. Tale scelta darà luogo ad una amministrazione di relazione ossia un’amministrazione in grado di interagire in modo costante con i soggetti del territorio, di indirizzarne l’azione per conseguire un risultato di benessere generale e al contempo di ricevere da essi elementi e stimoli conoscitivi e propositivi per rafforzare l’azione dei servizi e cogliere in modo compiuto il portato dei bisogni e delle risorse espresse dalle comunità. Pertanto l’integrazione, per effetto dei fenomeni di profondo e diffuso mutamento sociale, culturale e istituzionale, che coinvolge innanzitutto la famiglia, esige un impegno straordinario da parte di tutti affinché si possa dire che i principi sanciti dalle leggi possono tradursi in comportamenti efficaci per una sempre migliore qualità della vita delle persone ed in special modo di quelle sofferenti.

Giuseppe GRIECO

Direttore Caritas Diocesana Melfi - Rapolla - Venosa

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Come e da dove nasce il progetto

PERCHE’ QUESTO PROGETTO Le problematiche della salute mentale sono associate a immagini che evidenziano lo stato psicologico e sociale della persona, la drammaticità delle crisi, i riflessi sul tessuto familiare e delle relazioni sociali entro le quali il malato vive. Minore attenzione viene posta sulle dimensioni reali del problema della malattia psichica assorbite spesso dalla drammaticità del caso singolo o dal fatto di cronaca. Negli ultimi anni si è registrato nell’area un aumento di problematiche di disagio mentale. Il sistema informativo non consente di analizzare i dati epidemiologici in base a serie storiche di lungo periodo, ma le indicazioni provenienti, sia dai servizi specialistici, che dai medici di medicina generale, indicano la presenza di un fenomeno in significativa crescita. Si avverte la necessità della presenza di luoghi di incontro, di integrazione, in cui condividere risorse, limiti ed energie e dove ciascuno sia realmente protagonista del proprio percorso di crescita ed autonomia.

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I motivi che hanno spinto all'avvio del progetto sono stati: - promuovere attività di sensibilizzazione sulla malattia mentale; - realizzare programmi di formazione per i genitori dei disabili mentali garantendo spazi per l'ascolto e luoghi attrezzati di socializzazione per gli utenti; - attivare diversi laboratori innovativi e non abituali per giungere a reali processi inclusivi e garantire autonomia decisionale, socializzazione, orientamento e mediazione sociale; - visitare realtà similari di altra Regione; - effettuare iniziative di informazione per diminuire i pregiudizi e diffondere atteggiamenti di maggiore solidarietà; - far maturare un cambiamento di mentalità e di cultura affinché la disabilità mentale non sia un ostacolo, ma possa diventare un modo diverso, più sensibile e profondo di vedere il mondo. DESCRIZIONE Al fine di dare risposte di aiuto alle persone con problemi psichici e ai loro familiari la Diocesi, attraverso l’Associazione Famiglia Accoglienza e Vita, ha varato il progetto diocesano “Centro Famiglie Solidali”, successivamente denominato "Giardini Fioriti". Il Progetto intende perseguire un principale specifico obiettivo: elaborare percorsi di studio, formazione, informazione, sensibilizzazione rivolti al mondo delle organizzazioni sociali, degli operatori socio-culturali ed operatori delle parrocchie in senso lato. I centri di Venosa ed anche di Melfi sono una risposta alla crescente necessità di strumenti nuovi ed efficaci nei processi di socializzazione di persone affette da disabilità mentale. Pertanto l’obiettivo generale è quello di garantire la continuità del processo socio-

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riabilitativo-assistenziale in soggetti disabili mentali medio gravi, evitando loro “regressioni” e favorendo processi idonei a renderli più abili e sufficientemente adattati alla realtà quotidiana. ANALISI DEL BISOGNO Nel secondo rapporto sulle povertà la Caritas ha pensato di riservare una parte dell’indagine alla rilevazione della posizione delle famiglia rispetto ad alcuni comportamenti critici, sia per la loro rilevanza nel dibattito etico contemporaneo, sia per la loro delicatezza in riferimento alla tradizione culturale italiana, fortemente permeata dal credo cattolico. I disturbi mentali rappresentano un rilevante problema di natura pubblica per vari motivi: essi mostrano in primo luogo un’elevata frequenza nella popolazione e sono associati a significativi livelli di menomazione del funzionamento psico-sociale che generano difficoltà di relazione, sul lavoro ed in famiglia. Non tutte le persone con un disturbo mentale soffrono delle medesime conseguenze e tutte le forme di disturbo mentale necessitano di una presa in carico da parte dei servizi. Nel rapporto, attraverso appositi focus con le famiglie, l’analisi della situazione ha portato a focalizzare l’interesse sui seguenti problemi: 1) difficoltà di coinvolgimento delle famiglie nelle problematiche dei figli (le famiglie non sembrano aver chiaro il concetto di “promozione del benessere” dei figli); 2) difficoltà della famiglia nella gestione dei problemi; 3) mancanza di spazi in cui inserire le persone disagiate; 4) difficoltà di integrazione e coordinamento tra i servizi socio-sanitari e socio-assistenziali; 5) carenza di servizi a sostegno della salute mentale; Di conseguenza i bisogni più sentiti dalle famiglie sono:

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a) maggiore coordinamento e integrazione tra le diverse aree di intervento dei i servizi socio-assistenziali; b) necessità di integrazione all’interno di ciascun servizio; c) diffusione della cultura dell’accettazione del “diverso”; d) potenziamento della prevenzione; e) diffusione capillare dell’informazione sui servizi esistenti; f) sostegno alla famiglia che ha, al suo interno, persone con problemi di salute mentale; g) incremento dei servizi domiciliari, diurni, e potenziamento dei servizi di trasporto. ASPETTI CRITICI DEL PROBLEMA/BISOGNO SUI QUALI SI RITIENE NECESSARIO INTERVENIRE Il progetto intende provare a risolvere i seguenti aspetti critici: - realizzare programmi di formazione dei familiari dei disabili mentali aderenti al progetto; - fornire uno spazio di ascolto e di incontro per le famiglie allo scopo di stabilire processi auto mutuo aiuto; - favorire la connessione tra le diverse componenti della rete dei servizi tali da garantire la continuità terapeutica; - condividere le esperienze realizzate presso strutture di altre Regioni - promuovere attività di sensibilizzazione e informazione sulla malattia mentale tra le diverse aggregazioni sociali (scuola, parrocchie, ecc); - effettuare iniziative di informazione, rivolte alla popolazione in generale, sui disturbi mentali gravi, con lo scopo di diminuire i pregiudizi e diffondere atteggiamenti di maggiore solidarietà; - promuovere la salute nel territorio sia favorendo l'integrazione sociale degli utenti che stimolando

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l'avvicinamento dei cittadini ai problemi delle salute mentale. Nella metodologia della partecipazione, dell’integrazione del ragazzo disabile mentale con il contesto, risulta quanto mai importante poter includere un percorso parallelo con i genitori dei partecipanti ai laboratori. Si ritiene di realizzare incontri individuali e di gruppo con i genitori al fine di affrontare le problematiche specifiche di ciascun ragazzo. OBIETTIVO PRINCIPALE L'obiettivo che il progetto si prefigge e di mostrare che si può essere felici in ogni condizione della vita se si è circondati dall’amicizia, in un atteggiamento fiducioso ed aperto agli altri. I disabili possono essere un richiamo ai valori della gratuità e della solidarietà, dell’amicizia e dell’accoglienza senza i quali è impossibile vivere pienamente. Siamo certi che i disabili mentali possono dare un contributo prezioso alla nostra società ed essere artefici di un cambiamento di mentalità e di cultura assai importante. OBIETTIVI SPECIFICI I Obiettivo specifico: Sensibilizzazione del territorio al problema della salute mentale II Obiettivo specifico: Superamento delle barriere sociali e del clima di diffidenza che ostacola l'inserimento delle persone con disagio con un graduale inserimento in attività del territorio III Obiettivo specifico: Attenzione alle famiglie attraverso percorsi di inserimento accompagnamento-formazione genitoriale

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con la riappropriazione del ruolo sociale da parte delle famiglia IV Obiettivo specifico: Attivazione di laboratori finalizzati a valorizzare, stimolare e potenziare le abilità individuali e di gruppo

I PARTNERS “ASSOCIAZIONE FAMILIARI ANTI STIGMA “ALDA MERINI” ONLUS. Gli scopi della associazione consistono in: - Far crescere il rapporto tra i familiari, i servizi di salute men-tale e utenti; - Promuovere la lotta al pregiudizio e allo stigma che accom-pagnano la malattia mentale; - Promuovere iniziative di socializzazione per prevenire e arrestare processi di emarginazione; - Divenire interlocutore di rilievo nei confronti delle istituzioni; - Divulgare le informazioni relative al disagio psichico attra-verso campagne di sensibilizzazione. L’AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE - DIPARTIMENTO DI SALUTE MENTALE L’Azienda Sanitaria, attraverso le sue articolazioni professionali, partecipa alle attività del progetto garantendo: a) lo svolgimento degli interventi professionali di tipo sanitario e sociale presso il Dipartimento di Salute Mentale;

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b) il sostegno allo svolgimento delle attività previste dal pro-getto anche attraverso la presenza di proprio personale presso la sede del progetto. In particolare il Dipartimento si impegna: a) a collaborare al progetto per consolidare percorsi di inclusione sociale degli utenti e sostenendo le iniziative di promozione attivate dalle Associazioni e dalla Caritas Diocesana; b) ad offrire l'esperienza professionale nello svolgimento degli interventi socio-sanitari in sinergia con quelli socio assi-stenziali; c) a prevedere la presenza di operatori sanitari e sociali che da tempo sono impegnati nelle stesse attività; d) a partecipare alla elaborazione delle attività di formazione previste o da prevedere successivamente.

COMUNE DI VENOSA Il Comune di Venosa, attraverso il servizio sociale comunale, partecipa alle attività del progetto con propri operatori per procedere alla definizione degli interventi previsti. In particolare il Comune si impegna: a) all’assunzione delle specifiche responsabilità socio-assistenziali nello svolgimento degli interventi previsti dalla normativa vigente; b) al sostegno delle iniziative finalizzate alla individuazione di percorsi di inserimento e di tirocinio formativo; c) a designare un proprio rappresentante nell’équipe integrata.

PARROCCHIA S. ANDREA VENOSA

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La Parrocchia S. Andrea di Venosa è sempre stata sensibile alle problematiche delle persone con disagio mentale e molti operatori pastorali vengono coinvolti dai servizi nelle iniziative di socializzazione ed accompagnamento. Le attività del progetto saranno realizzate presso i locali che la parrocchia metterà a disposizione consistenti in due stanze ed un ampio giardino costituito da zona al-berata, un anfiteatro ed un campo per attività ludiche.

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ROTARY CLUB VENOSA

Secondo lo statuto del Rotary, gli obiettivi cui tutti i Rotariani devono tendere sono:

- lo sviluppo di rapporti interpersonali intesi come opportunità di servizio;

- elevati principi morali nello svolgimento delle attività professionali e nei rapporti di lavoro;

- il riconoscimento dell'importanza e del valore di tutte le attività utili;

- il significato dell'occupazione di ogni Rotariano come opportunità di servire la società;

- l'applicazione dell'ideale rotariano in ambito personale, professionale e sociale;

Nell’ambito del progetto i rotariani, fedeli all’ideale del servire, sosterranno le iniziative pubbliche che saranno poste in essere dalle attività progettuali.

Caritas Diocesana

Melfi Rapolla Venosa

Associazione Famiglia Accoglienza e Vita