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61 MAMMIFERI Gli ectoparassiti rivestono una notevole importanza nei piccoli mammiferi, in quanto sono la principale causa di der- matosi in quasi tutte le specie tenute come pet. CONIGLIO Rogna sarcoptica È causata da Sarcoptes scabiei, un acaro cutaneo non spe- cie-specifico che scava gallerie nell’epidermide. Il suo ciclo vitale si completa in 2-3 settimane. Provoca lesioni crostose, dolorose e pruriginose che tendono progressivamente ad estendersi e aumentare di spessore conglutinando i peli, soprattutto su orletto ungueale, rima palpebrale, punta del naso e margine dei padiglioni auricolari. La superficie infe- Ectoparassiti negli animali esotici: diagnosi e terapia Marta Avanzi Med Vet, Castelfranco Veneto (TV) Congresso Internazionale del TRENTENNALE SCIVAC 1984-2014 e delle SOCIETÀ SPECIALISTICHE - RIMINI, 29 MAGGIO / 1 GIUGNO 2014 ANIMALI ESOTICI Sarcoptes scabiei Tipica lesione crostosa sulla punta del naso Lesioni crostose a livello di orletto ungueale ed estremità del dito.

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MAMMIFERI

Gli ectoparassiti rivestono una notevole importanza neipiccoli mammiferi, in quanto sono la principale causa di der-matosi in quasi tutte le specie tenute come pet.

CONIGLIO

Rogna sarcoptica

È causata da Sarcoptes scabiei, un acaro cutaneo non spe-cie-specifico che scava gallerie nell’epidermide. Il suo ciclovitale si completa in 2-3 settimane. Provoca lesioni crostose,dolorose e pruriginose che tendono progressivamente adestendersi e aumentare di spessore conglutinando i peli,soprattutto su orletto ungueale, rima palpebrale, punta delnaso e margine dei padiglioni auricolari. La superficie infe-

Ectoparassiti negli animali esotici: diagnosi e terapia

Marta Avanzi

Med Vet, Castelfranco Veneto (TV)

Congresso Internazionale del TRENTENNALE SCIVAC 1984-2014 e delle SOCIETÀ SPECIALISTICHE - RIMINI, 29 MAGGIO / 1 GIUGNO 2014

ANIMALI ESOTICI

Sarcoptes scabiei

Tipica lesione crostosa sulla punta del naso

Lesioni crostose a livello di orletto ungueale ed estremitàdel dito.

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riore degli arti si ricopre di callosità crostose. Sono più col-piti i giovani. Con il progredire della malattia si osservaintenso prurito, diminuzione dell’appetito, dimagramento escadimento progressivo dello stato generale di salute, rilut-tanza a muoversi in conseguenza delle lesioni podali. Laparassitosi presenta elevata contagiosità.

DiagnosiL’aspetto clinico delle lesioni è molto indicativo nelle for-

me avanzate (in quelle iniziali si pone la differenziazionecon la dermatofitosi). I raschiati cutanei in olio minerale oKOH raramente permettono di osservare il parassita, mentreil rinvenimento dei suoi pellet fecali, che è diagnostico, è piùcomune. Nel dubbio si effettua una terapia ex adiuvantibus esi valuta il risultato dopo alcuni giorni.

TerapiaSi devono trattare tutti i conigli a contatto.- Ivermectina (0,2-0,4 mg/kg ogni due settimane).- Selamectina (6-18 mg/kg spot on); ripetere dopo un

mese.- Imidacloprid 10 mg/kg + moxidectina 1 mg/kg spot on;

ripetere dopo un mese.Non si deve tentare di rimuovere le croste, che cadono

spontaneamente dopo la terapia.

ZoonosiNella cute umana l’acaro causa papule molto pruriginose,

che di norma scompaiono quando viene curato l’animale.

Otite parassitaria

L’agente causale è Psoroptes cuniculi, un acaro disuperficie specie specifico. Il ciclo vitale si compie in 21giorni. La sua presenza induce una dermatite proliferativacronica, con formazione di croste, spesse e pruriginose,limitate inizialmente al condotto uditivo e alla facciainterna del padiglione auricolare, in estensione progressi-va al resto del corpo.

Diagnosi

È principalmente clinica, basata sulla presenza delle tipi-che croste nel condotto uditivo. Gli acari, sempre moltonumerosi, si osservano facilmente al microscopio.

TerapiaSi devono trattare tutti i conigli a contatto.- Ivermectina 0,2-0,4 mg/kg ogni due settimane per tre

volte.- Selamectina 6-18 mg/kg spot on; ripetere eventualmen-

te dopo un mese.- Moxidectina 0,2 mg/kg PO due volte a intervallo di due

settimane.- Imidacloprid 10 mg/kg + moxidectina 1 mg/kg spot on

da ripetere dopo un mese.Non si deve tentare di rimuovere le croste, cosa che pro-

vocherebbe intenso dolore. Con la terapia le croste si stac-cano spontaneamente in pochi giorni. In caso di grave otitesi possono somministrare FANS e antibiotici sistemici.

Cheyetiellosi

Cheyletiella parasitovorax, un acaro di superficie moltocomune nel coniglio, è un parassita obbligato che si nutre didetriti cutanei. Depone uova che vengono attaccate ai peli. Ilciclo vitale si compie in 35 giorni.

L’infestazione è solitamente asintomatica. Infestazionimassive causano alopecia, desquamazione ed eritema. Lalocalizzazione prevalente è su regione del dorso e interscapo-lare. Le infestazioni sintomatiche sono spesso secondarie adaltre patologie che impediscono al coniglio di pulire il man-tello, ad esempio una malocclusione o problemi ortopedici.

DiagnosiLa presenza di forfora in quantità eccessiva deve far

sospettare un’infestazione da Cheyletiella. Scotch test oraschiati cutanei permettono facilmente di identificare ilparassita o le sue uova adese ai peli. L’acaro è facilmentericonoscibile per il suo aspetto.

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Psoroptes cuniculi. A sinistra si osserva un uovo.

Otite parassitaria: spesse croste nel condotto uditivo e lesio-ni da grattamento sul padiglione.

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TerapiaSi devono trattare tutti i conigli a contatto. Se il coniglio

convive con cani e gatti vanno controllati anche questi.- Selamectina (6-18 mg/kg spot on); ripetere dopo un

mese.- Applicazioni settimanali di spray a base di piretro o deri-

vati. È importante individuare e correggere i fattori predisponen-

ti (es. problemi dentali, anchilosi, pododermatite, obesità).Non si deve utilizzare il fipronil per la sua potenziale tos-

sicità nel coniglio.

ZoonosiIl parassita può causare sulla cute umana papule prurigi-

nose, che scompaiono dopo la terapia sul coniglio.

Altri ectoparassiti

I conigli possono occasionalmente essere infestati da pul-ci, soprattutto se convivono con cani e gatti infestati. La dia-gnosi si basa sull’osservazione diretta delle pulci tra il pelo,ma più spesso osservando la presenza delle feci del parassi-ta. La localizzazione preferenziale è su nuca e dorso. Il trat-tamento si può eseguire con la somministrazione di sela-mectina (18 mg/kg una volta al mese) o di imidacloprid (10mg/kg dose minima, q7g); devono essere trattati tutti gli ani-mali infestati presenti nell’ambiente.

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Cheyletiella sp.

Eccesso di forfora in un coniglio infestato.

Infestazione da pulci. Tra il pelo sono visibili numerose fecidi pulce.

Leporacarus gibbus, a sinistra una femmina e a destra unmaschio.

Leporacarus (Listrophorus) gibbus è un acaro del pelogeneralmente asintomatico. Lo si trova aggrappato ai peli,soprattutto a livello del tronco. A volte è associato a sebor-rea e alopecia. Il trattamento è analogo a quello impiegatoper l’infestazione da pulci.

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La presenza di zecche è rara. Possono essere asportateindividualmente con una pinzetta; è efficace la somministra-zione di ivermectina.

Miasi

Mosche di diversi generi delle famiglie Calliphoridae eSarcophagidae possono deporre le uova sui tessuti animalivivi, lesi o imbrattati da fluidi (feci, urine, sangue…). In 24ore si schiudono le larve che attaccano e digeriscono i tessu-ti, emettendo sostanze nocive che causano forte debilitazio-ne. Le larve, che crescono molto in fretta, possono penetra-re in profondità nei tessuti vivi.

Nei soggetti colpiti è evidente la presenza di ferite o ditessuti macerati da feci o urine, infestati da larve di mosca.Spesso le larve sono presenti in zone nascoste e non imme-diatamente visibili. L’animale mostra abbattimento e anores-sia e a volte viene portato alla visita in stato di shock.

tenuto al riparo dalle mosche e si devono identificare e trat-tare i fattori predisponenti.

CAVIA

Rogna sarcoptica

Trixacarus caviae è un acaro specie specifico che scavagallerie cutanee; il ciclo vitale si compie entro due settima-ne. Può restare asintomatico a lungo (cosa che spiega l’in-

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Ferita cutanea infestata da larve di mosca.

Trixacarus caviae

Lesioni alopeciche crostose sul dorso del naso.

Lesioni secondarie a rogna alla base dell’orecchio.

DiagnosiSi basa sull’osservazione diretta delle larve.

TerapiaOccorre una terapia aggressiva, con l’asportazione in

sedazione delle larve tramite una pinza o lavaggi con solu-zioni medicate (es. clorexidina o iodiopovidone diluiti). Tut-to l’eventuale tessuto necrotico va asportato. La parte vatosata, disinfettata e tenuta ben pulita e asciutta. Eventualiferite non devono essere suturate ma lasciate guarire perseconda intenzione (lacerazioni estese possono guarire inmodo sorprendente con un’adeguata assistenza).

Eventualmente si possono somministrare antiparassitarisistemici:

- Nitenpyram 1 mg/kg (dose empirica) PO per 1-3 giorni.- Ivermectina 0,2 – 0,4 mg/kg SC o spot on.È fondamentale una terapia di sostegno (idratazione, ali-

mentazione assistita), analgesica e antibiotica (es. trimetro-prim-sulfa per la buona penetrazione cutanea, penicillinainiettabile per prevenire infezioni da anaerobi). L’animale va

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sorgenza della patologia in animali rimasti isolati per moltotempo da cospecifici), ma in genere i sintomi clinici com-paiono 3-5 settimane dopo il contagio. Possibili fattori sca-tenanti della forma clinica sono stress, patologie concomi-tanti, ipovitaminosi C, vecchiaia.

Gli animali infestati mostrano alopecia, croste sottili bian-castre ed escoriazioni dovute all’autotraumatismo seconda-rio all’intenso prurito, che può addirittura portare a crisi con-vulsive. La patologia ha un’elevata contagiosità.

DiagnosiSi effettua tramite raschiati cutanei, tuttavia i parassiti non

sono facili da trovare e se si sospetta la malattia convienetentare la terapia e valutare i risultati a distanza di alcunigiorni. In diagnosi differenziale si deve considerare la der-matofitosi, che può anche essere concomitante alla rogna.

TerapiaIvermectina (0,4 mg/kg PO, SC, spot on) ogni 2 settima-

ne, fino a guarigione (circa 3 applicazioni).Selamectina (15 mg/kg spot on) 1-2 volte.Si devono trattare tutti i soggetti in contatto.

ZoonosiIl parassita causa nell’uomo una dermatite papulare pruri-

ginosa transitoria.

Altri parassiti

Altri acari che possono infestare la cavia sono: Sarcoptesscabiei, Notoedres muris e Myocoptes musculinus, che dan-no dermatiti pruriginose. Anche in questo caso la diagnosi sieffettua mediante raschiati cutanei e i farmaci di scelta sonol’ivermectina o la selamectina.

La cavia può presentare due tipi di pidocchi: Gliricolaporcelli, più comune, e Gyropus ovalis. In genere non sonopresenti segni clinici, ma in caso di infestazione massiccia siha prurito, alopecia e formazione di croste. I parassiti e leloro uova possono anche essere osservati a occhio nudo eidentificati al microscopio prelevandoli mediante scotchtest. Chirodiscoides caviae è il tipico acaro del pelo dellacavia; di solito è asintomatico ma in caso di infestazionimassive può dare prurito e lesioni da autotraumatismo neisoggetti debilitati.

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Gliricola porcelli Chirodiscoides caviae

Gyropus ovalis

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Per questi ectoparassiti il trattamento si esegue o con sprayo polveri a base di piretro adatti all’uso nel gatto o con sela-mectina (15 mg/kg spot on una volta) o imidacloprid 10% +moxidectina 1% (0,05 ml per capo spot on una volta).

CRICETO

Demodicosi

Demodex aurati e Demodex criceti sono normali residen-ti della cute del criceto. D. aurati è di forma allungata e vivenei follicoli; D. criceti è più corto e tozzo e abita lo stratocorneo. La forma clinica si osserva di solito in animali mal-nutriti, anziani e/o immunodepressi, spesso con patologietumorali e si presenta con alopecia, eritema, scaglie e croste,in genere senza prurito.

corpo come le zampe. Sono presenti papule, croste, eritema ealopecia. La condizione è molto contagiosa. La diagnosi sibasa sulle caratteristiche lesioni ed eventualmente sull’esecu-zione di raschiati cutanei. La terapia si effettua con la som-ministrazione di ivermectina (0,4 mg/kg spot on ogni 7-14giorni) trattando tutti i soggetti a contatto. L’infestazione daDemodex spp., un’altra condizione pruriginosa, è molto rara.

Il topo può essere infestato da tre specie di acari: Myo-coptes musculinus, Myobia musculi e Radfordia affinis, gliultimi due molto simili tra loro. M. musculi è considerato ilpiù patogeno dei tre; il suo ciclo vitale si completa in 23giorni. Le manifestazioni cliniche dipendono dall’intensitàdell’infestazione e consistono in mantello incolto, dirada-mento del pelo o alopecia, prurito e lesioni secondarie algrattamento: croste e ulcere. M. musculinus causa lesionisimili al precedente, ma meno gravi, mentre R. affinis non hasignificativa attività patogena. Da notare che spesso i topiospitano più di una specie di acari.

Il ratto può raramente essere infestato dall’acaro Radfor-dia ensifera che in caso di infestazioni massicce causa areedelimitate di alopecia, più o meno pruriginose. Il parassita silocalizza alla base del pelo, soprattutto su testa e collo.

L’esame microscopico del pelo e lo scotch test sono suffi-cienti per la diagnosi di acariasi in topo e ratto. Il trattamen-to si può effettuare con ivermectina al dosaggio di 0,2 mg/kgPO o SC a intervalli di una settimana per tre volte. Nel rattosi può riuscire a dosare la selamectina (12-24 mg/kg spot onper due volte a distanza di 30 giorni).

In caso di colonie numerose, in cui la terapia individualenon è pratica, si può utilizzare l’ivermectina per via oralenell’acqua di bevanda offerta ad libitum, diluendo 1 ml diprodotto per litro di acqua da bere (pari a 10 microgrammidi ivermectina per ml), per 4 giorni consecutivi.

UCCELLI

Negli psittaciformi le infestazioni da ectoparassiti sonomolto rare (ad eccezione della rogna cnemidocoptica inalcune specie). In caso di prurito, le diagnosi differenziali da

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Demodex aurati e Demodex criceti.

Ratto, rogna sarcoptica

DiagnosiSi basa sull’esecuzione di raschiati cutanei e la loro osser-

vazione microscopica. Poiché è possibile ritrovare dei paras-siti anche in animali clinicamente sani, la loro presenza vacorrelata ai segni clinici.

TerapiaApplicazioni di amitraz (250 ppm) una volta la settimana

fino a un mese dopo la negativizzazione dei raschiati cuta-nei. Non effettuare un bagno ma applicare la soluzione tra-mite un batuffolo imbibito di prodotto.

Ivermectina (0,6 – 0,8 mg/kg) SC o spot on sul dorso per2-3 volte ogni 8-10 giorni.

Selamectina 6-18 mg/kg (pari ad una goccia del prodottoal 6%) spot on sulla nuca, una volta alla settimana.

Si deve avvertire il proprietario della possibile presenza dialtre patologie, anche a decorso infausto.

TOPO E RATTO

Gli acari Sarcoptes scabiei e Notoedres muris possonocausare una dermatite molto pruriginosa localizzata soprat-tutto su naso, orecchie, coda e più raramente altre parti del

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considerare prima dell’infestazione da ectoparassiti sono leinfezioni cutanee batteriche e fungine, i problemi comporta-mentali, le intossicazioni e le malattie interne (es. epatiti eaerosacculiti). Gli ectoparassiti più comuni sono varie speciedi acari.

Infestazioni anche notevoli da zecche e pidocchi sono pra-ticamente la norma nei colombi allo stato libero.

Rogna cnemidocoptica

L’agente causale è Cnemidocoptes pilae, un acaro chescava gallerie nella cute e nella cheratina del becco. Può col-pire gli psittaciformi e i passeriformi. Il parassita compiesull’ospite l’intero ciclo vitale; si trasmette da un uccelloall’altro tramite scaglie cutanee. Nel pollame un acaro simi-le, C. mutans, causa lesioni ipercheratotiche alle zampe.

La manifestazione della malattia sembra correlata a fatto-ri genetici e di immunosoppressione, tanto che di due uccel-li a contatto uno può risultare gravemente colpito e l’altroindenne.

La presentazione clinica è comune nelle cocorite. Le lesio-ni appaiono inizialmente nella cute che circonda la base delbecco, che diventa ipercheratotica, e si estendono progressi-vamente fino al becco; le lesioni si possono poi interessarepalpebre, zampe e cloaca. Con il tempo la malattia causa unagrave deformazione del becco, il quale anche dopo il tratta-mento spesso non riprende più l’aspetto normale.

Diagnosi L’aspetto clinico delle lesioni ipercheratotiche, dalla tipi-

ca superficie cribrata, è caratteristico e sufficiente ad emet-tere la diagnosi. Eventualmente, i raschiati cutanei permet-tono di solito di isolare l’acaro.

Terapia- Ivermectina (0,2 mg/kg) spot on ogni 2 settimane per

almeno tre trattamenti.- Moxidectina 1 mg dose totale nelle cocorite, da ripetere

dopo 10 giorni.- Selamectina 23 mg/kg nelle cocorite, da ripetere dopo 3-

4 settimane.Occorre controllare le condizioni di eventuali compagni

di gabbia e, se necessario, trattarli. Limitarsi a trattamentitopici sulle lesioni non è una terapia adeguata. Il becco puòrichiedere il rimodellamento per ripristinarne la forma.

Infestazione da Dermanyssus gallinae(acaro rosso)

D. gallinae non vive sull’ospite ma resta nascosto nel-l’ambiente durante il giorno (nelle fessure di muri e pavi-menti, nei nidi, ecc.); di notte sale sull’ospite e ne succhia ilsangue. Ha un aspetto biancastro a digiuno e diventa rosso obrunastro dopo il pasto. Il ciclo vitale si completa in una set-timana. Può sopravvivere diversi mesi senza nutrirsi.

Causa prurito, deperimento e anemia, fino alla morte,soprattutto nei soggetti più giovani. I giovani possono mori-re mentre sono ancora nel nido.

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Tipiche lesioni da rogna cnemidocoptica.

Deformazione del becco secondaria a rogna cnemidocoptica.

Cnemidocoptes pilae

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DiagnosiL’esame diretto degli uccelli può non permetterne il rile-

vamento, mentre è solitamente abbondante nell’ambientecircostante.

TerapiaÈ un parassita difficile da eradicare; è necessario effettua-

re numerosi e periodici trattamenti dell’ambiente, eliminan-do ogni possibile rifugio dei parassiti e applicando uno sprayal piretro ad effetto residuale.

Per il trattamento sugli uccelli si può utilizzare uno sprayal piretro, oppure applicazioni topiche di ivermectina, sela-mectina o moxidectina.

Non ha alcuna efficacia il trattamento limitato agli animali.

ZoonosiPuò alimentarsi sulle persone causando una dermatite loca-

lizzata.

ZECCHE

L’infestazione da zecche è comune nei piccioni selvatici.Se numerose, le zecche possono causare anemia, inoltresono veicolo di diverse malattie infettive.

Il trattamento si può eseguire con ivermectina, spray alpiretro o l’applicazione giudiziosa di fipronil (vedi Terapiadei pidocchi).

PIDOCCHI

Gli uccelli possono essere parassitati da oltre 700 specie dipidocchi (ordine Phthiraptera), tutti pungitori. Sono parassi-ti permanenti che non sopravvivono a lungo lontano dall’ospi-te; si nutrono della cheratina delle penne o di squame cutanee.

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Dermanyssus gallinae

Infestazione da zecche in un piccione.

Columbicola columbae

Pidocchi rinvenuti in un gufo

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Nel piccione è molto comune Columbicola columbae. Lasua longevità è di 4-7 settimane; si trasmette per contattodiretto tra piccioni o indirettamente tramite la mosca del pic-cione Pseudolynchia canariensis.

I pidocchi in genere non provocano sintomi ma se presen-ti in gran numero danneggiano il piumaggio e la capacità diisolamento termico. Poiché l’infestazione viene normalmen-te tenuta sotto controllo con la pulizia, negli uccelli malati,in cui è diminuita la pulizia del piumaggio, possono aumen-tare notevolmente di numero.

DiagnosiI parassiti si osservano ad occhio nudo specialmente nel-

la parte inferiore delle ali o tra le penne della coda. C. colum-bicola è facilmente riconoscibile per il corpo molto allunga-to. Altre specie di pidocchi sono di difficile identificazione.

Applicando all’uccello un prodotto antiparassitario sprayi parassiti che cadono dall’animale possono essere facilmen-te raccolti e osservati al microscopio.

TerapiaSono efficaci gli spray a base di piretroidi applicati rego-

larmente. In passeriformi, rapaci e columbiformi si puòapplicare con precauzione il fipronil spray tramite un batuf-folo sulla cute alla base del collo, sulla cloaca e sotto le ali,una volta al mese. Non va applicato direttamente sulle pen-ne perché le secca.

In caso di forte infestazione si deve valutare con attenzio-ne lo stato sanitario generale dell’animale.

RETTILI

I rettili possono essere parassitati da zecche e acari, dinotevole importanza per la trasmissione di agenti patogenianche gravi. La miasi si osserva nei cheloni terrestri tenutiall’aperto.

ZECCHE

I rettili possono essere parassitati da numerose specie dizecche. L’infestazione è in genere asintomatica, ma questiparassiti possono provocare anemia o infezioni cutaneefocali o essere veicolo di altri agenti patogeni.

DiagnosiLa diagnosi è visiva, ma occorre ispezionare con cura

zone nascoste come la parte inferiore delle scaglie o le pie-ghe cutanee, dove i parassiti possono sfuggire all’osserva-zione superficiale. Piccole zecche possono nascondersi nel-le narici o nelle fossette termosensibili dei serpenti.

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Pidocchio di piccione.

Zecca alla base dell’arto di una tartaruga.

Zecca sul collo di un pitone reale.

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TerapiaSi può effettuare la rimozione individuale con una pinzet-

ta, disinfettando la sede di infissione. Se le zecche sononumerose o in posizioni poco raggiungibili si può impiegareuno spray antiparassitario a base di fipronil o di piretro(risciacquando dopo pochi minuti) o somministrare iver-mectina parenterale (non nei cheloni). Se il caso, trattareanche il terrario, evitando di lasciarvi chiuso il rettile.

ACARI

Gli acari possono infestare sauri e ofidi. Ophionyssusnatricis è un acaro ematofago di piccole dimensioni, visibi-le a occhio nudo. La colorazione va dal rosso al marrone alnero secondo lo stadio vitale e il sangue ingerito. Il ciclovitale dura 13-21 giorni. Un acaro può vivere fino a 40 gior-ni; una femmina depone fino a 80 uova, nascoste nelle fen-diture. I sauri possono essere infestati da acari del genereHirstiella. Gli acari dei rettili sono estremamente contagiosie difficili da eliminare poiché passano parte del ciclo vitalenell’ambiente.

L’infestazione può essere asintomatica o si possono osser-vare dermatiti, prurito, disecdisi, anemia, depressione e, incasi estremi, morte. Gli acari possono inoltre veicolare,come le zecche, diversi agenti patogeni (ad esempio batterigram-negativi quali Aeromonas hydrophila).

DiagnosiGli acari sono visibili a occhio nudo, anche se talvolta si

nascondono sotto le scaglie o nelle pieghe cutanee, come lapiega gulare degli ofidi. Possono essere raccolti mediantescotch test.

TerapiaL’infestazione da acari non è facile da debellare una volta

instaurata in una collezione. È indispensabile trattare tutti irettili presenti e tutti i terrari infestati.

Prodotti efficaci nei rettili sono:Ivermectina (0,2 mg/kg SC) Fipronil spray, passando sulla cute del rettile una garza

imbibita del prodotto e risciacquando l’animale dopo 5minuti.

Imidacloprid 10% + moxidectina 2,5% 0,2 ml/kg spot onper 3 giorni consecutivi.

Il bagno in acqua tiepida (prendendo ogni precauzione perprevenire l’annegamento accidentale) permette di ridurrenotevolmente il carico di parassiti in un singolo soggetto.Non va effettuato se il rettile è particolarmente deperito, peril rischio di annegamento o per lo stress eccessivo.

Negli animali debilitati si attua una terapia di sostegno,reidratante e antibiotica.

Il terrario può essere trattato con uno spray al piretro ocon ivermectina diluita in acqua (1 ml di Ivomec® per litrod’acqua, agitando bene prima di spruzzare).

È controindicato l’impiego nel terrario di collari antipa-rassitari a scopo terapeutico o preventivo. Si deve anche evi-tare di applicare uno spray antiparassitario (sull’animale e/osul terrario) lasciandovi il rettile dentro (effetto “camera agas”).

È fondamentale eseguire un accurato esame e un adegua-to periodo di quarantena nei rettili di nuova introduzione.

Miasi nei cheloni

Come nel coniglio, diverse specie di mosche possonodeporre le uova su lesioni, ferite o cute imbrattata da feci osangue nei cheloni. Gli animali colpiti presentano debilita-zione più o meno grave, secondo l’entità delle ferite o lapatologia sottostante e il grado di infestazione. La presenzadelle larve è ovvia ma nelle ferite profonde possono passareinosservate. Inoltre possono penetrare nella cloaca.

DiagnosiSi basa sull’osservazione diretta delle uova o delle larve.

Le ferite vanno esplorate con cura perché possono nascon-dere i parassiti in profondità.

TerapiaLe larve possono essere rimosse individualmente con una

pinza o asportate tramite lavaggi abbondanti con acqua

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Hirstiella trombidiformis

Ophionyssus natricis

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saponata, soluzione di iodiopovidone o di clorexidina, acquaossigenata.

Si deve procedere al trattamento delle ferite con asporta-zione del tessuto necrotico e pulizia della parte, applicazio-ne di crema alla sulfadiazina argentica ed eventualmentebendaggi occlusivi di protezione. Nei soggetti debilitati sieffettua una terapia di sostegno e antibiotica. È importante laprotezione dalle mosche per evitare una reinfestazione.

Se sono presenti larve in posizione irraggiungibile si pos-sono utilizzare antiparassitari sistemici.

- Nitenpyram 1 mg/kg PO.- Levamisolo (ristretto margine di sicurezza) Non si deve impiegare l’ivermectina per la sua tossicità

nei cheloni.

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Miasi in una ferita provocata dal maschio a lato della cloa-ca in una T. hermanni femmina.

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INTRODUZIONE

I Rapaci possono vive in cattività per tre principali moti-vi: Conservazione delle specie minacciate, Centri di recupe-ro della fauna selvatica, Falconeria.

Alcuni rapaci possono rientrare in progetti di conserva-zione delle specie. In questi progetti si punta alla riprodu-zione di animali con un pool genetico più simile possibile aquello dell’areale in cui avverrà la reintroduzione. Ovvia-mente in questi progetti, le figure del medico veterinario edel biologo lavorano a stretto contatto. Il medico veterinarioattraverso programmi di screening e di prevenzione, si occu-pa della salute e del benessere degli animali riproduttori edei pulli sino al momento della loro reintroduzione. Anchein Italia, finalmente, si comprende l’importanza di una rein-troduzione mirata e programmata con studi sugli storici del-le popolazioni presenti sul territorio e studi di fattibilitàmediante analisi genetiche, valutazione dei pericoli presentie delle prede disponibili. Sono sempre più rari quei progettinei quali si riproducono animali e si liberano sconsiderata-mente animali e si tende sempre e più a comprendere comeper il successo della reintroduzione in un determinato terri-torio siano necessarie le tecniche dell’hacking.

I centri di recupero della fauna selvatica presentano alloro interno quegli esemplari di Rapaci che vengono ritrova-ti in natura feriti o debilitati e che richiedono cure veterina-rie per poter essere rilasciati nel loro ambiente. Molti di que-sti centri sono gestiti da associazioni animaliste, pseudoani-maliste o ambientaliste che nonostante i buoni propositi nonhanno nessuna base scientifica e pratica per approcciarsi aquesti animali. Qui, molti animali corrono dei seri rischi disalute per i macroscopici errori gestionali commessi in nomedell’amore per gli animali, per la quasi costante assenza dicure veterinarie adeguate e per la mancata conoscenza delletecniche di rilascio degli animali.

Un’altra percentuale dei rapaci che vivono in cattivitàsono i rapaci da falconeria. Anche se con il termine falco-neria si intende l’arte di addestrare un falco alla caccia nel

proprio ambiente naturale, oggi giorno l’impiego dei rapaciaddestrati fa si che sotto il generico termine di “Falconeria”vengano inclusi anche il bird control e le dimostrazioni divolo di falchi. Anche se la falconeria non è ben vista daglianimalisti, fortunatamente la maggior parte delle personecomuni ama e apprezza questi animali per quello che sono:animali nati e cresciti in cattività, che instaurano un com-plesso rapporto con l’uomo così come accade da più di 2000anni. L’uomo ha sempre avuto e addestrato i falchi cosìcome ha sempre avuto e addestrato i cavalli. In Europa, laquasi totalità dei rapaci da falconeria sono nati in cattività evengono solitamente allevati dai propri genitori. I rapaci dafalconeria sono dei veri e propri atleti, tenuti e gestiti nelmigliore dei modi.

Nel corso di questa presentazione approfondiremo i rischipiuttosto che analizzare i benefici. il nostro ruolo di mediciveterinari ci impone di conoscerli, di saperli riconoscere e diprevenirli per assicurare all’animale il migliori livello dicure veterinarie e i più alti standard di benessere.

BENEFICI

I Rapaci che vivono in cattività traggono sicuramente deibenefici dal questo stile di vita. Questi animali hanno sicu-ramente una vita media più lunga rispetto ai conspecifici innatura dove, meno del 40% dei giovani dell’anno sopravvi-vono e circa il 20% dei soggetti raggiunge l’età riproduttiva.

Tutti gli animali che vivono in cattività, compresi i rapa-ci, hanno il vantaggio di non avere la necessità di procurar-si da solo il cibo. Tale esigenza infatti (anche se a loro insa-puta) è soddisfatta dall’uomo che provvede a loro sia per l’a-limentazione che per l’acqua. Inoltre, l’alimentazione cor-retta degli animali fa si che questi non debbano soffrire dicarenze alimentari, di micro e macro elementi e la qualitàdella dieta è garantita dalla varietà di cibo offerto loro. Spe-cie di rapaci diverse infatti richiedono alimenti diversi cosìcome accadrebbe in natura (es. falco pellegrino i volatili, fal-

Rapaci: rischi e benefici della vita in cattività

Marco Bedin

Med Vet, Dr Ric, Monselice (PD)

Congresso Internazionale del TRENTENNALE SCIVAC 1984-2014 e delle SOCIETÀ SPECIALISTICHE - RIMINI, 29 MAGGIO / 1 GIUGNO 2014

ANIMALI ESOTICI

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co di harris principalmente mammiferi, rapaci notturni pre-valentemente roditori, gheppio americano insetti e carne,ecc..).

Rispetto ai conspecifici in natura, gli animali nati in catti-vità hanno il vantaggio di poter accedere a cure veterinarie ea programmi di prevenzione delle malattie. Le malattie e glistati patologici che causerebbero morte certa sia direttamen-te che indirettamente (per debilitazione, fratture, traumi,ecc..) possono essere tenuti sotto controllo e il loro effettopuò essere minimizzato dalle cure e dalle attenzioni chel’uomo gli rivolge.

L’assenza dei predatori è senza dubbio il principale van-taggio della vita in cattività. Strutture adeguate e debitamen-te protette impediscono la predazione sia degli adulti chedelle uova.

Anche il riparo dalle condizioni atmosferiche avverse è unimportante vantaggio per gli animali che vivono con l’uomo.la pioggia ed il vento freddo infatti possono in determinaticasi ridurre le aspettative di vita degli animali che vivonoliberi in natura. Queste condizioni meteorologiche infattipossono impedire la caccia causando inanizione e debilita-zione così come piogga battente per lunghi periodi puòinfluire sulla riproduzione in natura.

RISCHI

Anche se la vita in cattività comporta molti vantaggi que-sto stile di vita espone gli animali a maggiori probabilità dicontrarre alcune malattie e a rischi aggiuntivi per la lorosalute.

Principali rischi negli animali Imprintati

L’imprinting è un processo complesso. I giovani rapacidestinati all’imprinting vengono prelevati dal nido a 12-14gg dalla schiusa, mentre lo svezzamento avviene non pri-ma dei 30-45 gg a seconda della specie. L’allevamento diimprintati sociali (individui cresciuti con soggetti della stes-sa specie ma in compagnia degli umani) è quasi sempre dibeneficio mentre l’imprinting completo (animali cresciutiesclusivamente con un proprietario in assenza di contatti conindividui della stessa specie) comporta spesso molti rischipsicofisici e di salute. I giovani rapaci vengono imprintatisia per ridurre lo stress delle prime fasi dell’addestramentodei rapaci allevati dai genitori (con minore necessità diridurre il peso per cui anche del sistema immunitario) oppu-re per facilitare la donazione del seme o l’inseminazioneartificiale (tecnica utilizzata soprattutto per la produzione diibridi da falconeria, particolarmente apprezzati in mediooriente). Per i rapaci allevati dai genitori, le fasi iniziali del-l’addestramento al volo libero richiedono una restrizione ali-mentare (per assicurarsi che il rapace ritorni per cibarsi), laperdita di peso e la vicinanza forzata all’uomo e tutto ciònell’animale è causa di stress. Alcune specie di rapaci sonomolto suscettibili agli effetti dello stress (per es. Astore eGyrfalco) rendendoli maggiormente predisposti ad alcunepatologie come l’aspergillosi. Un animale imprintato social-mente non è stressato dalla vicinanza all’uomo e c’é minore

necessità di lavorare sul peso dell’animale per stimolarlo atornare dall’addestratore, riducendo in questo modo l’immu-nosoppressione stress indotta.

Gli uccelli allevati a mano vengono nutriti più spesso diquanto avverrebbe negli animali allevati dai genitori, man-giano molto di più nell’arco delle 24h e di conseguenza cre-scono più velocemente. Essi vengono incoraggiati ad alzar-si in piedi e a camminare più precocemente rispetto ai con-specifici in natura. Possono esse nutriti con cibi inappro-priati e possono non ricevere livelli adeguati di raggi UV.Tutto ciò comporta la maggiore predisposizione ad alcunepatologie:1. Malattia ossea metabolica: è noto come i rapaci devono

essere alimentati con prede intere o con una dieta equi-valente con un rapporto bilanciato di carne ed ossa, cal-cio - fosforo, assieme a livelli adeguati di vitamina D3.Alcuni rapaci allevati in cattività sono tenuti i ambienticompletamente coperti senza una corretta esposizione airaggi solari. Una valida alternativa può essere la sostitu-zione di questa esposizione ai raggi solari con appositineon o lampade (full spectrum) UVB e all’integrazionecon vitamina D3. La malattia ossea metabolica si mani-festa quando un pullus in accrescimento viene nutritocon una dieta con un rapporto Ca:P:D3 scorretto. Unosso lungo cresce rapidamente in lunghezza e questorapido accrescimento associato ad una carenza di calciofa si che non avvenga una corretta mineralizzazione del-l’osso con conseguenti deviazioni ossee o fratture alegno verde. Più velocemente crescono i pulli più criticoè il rapporto Ca:P:D3. Un pullus che viene nutrito conuna dieta di scarsa qualità, ma che si sviluppa lentamen-te si svilupperà normalmente, ma un piccolo che si svi-luppa rapidamente o che verrà nutrito con diete inade-guate o mal gestito, mostrerà segni di rachitismo. Quan-do non è disponibile una dieta a base di prede intere èconsigliabile triturare delle ossa in ragione di 30-40gogni kg di carne somministrata.

2. Anomalie di sviluppo scheletrico: negli allevati a manodeve essere monitorato quotidianamente il peso tenendoin considerazione l’incremento ponderale rispetto algiorno precedente. Questo incremento ponderale nondeve mai superare il 10% e in alcune specie deve essereanche inferiore. Le anomalie che possono compariresono rappresentate da torsioni, curvature o rotazionedegli assi di accrescimento delle ossa lunghe. Quando unoperatore imprinta un pullo di rapace, lo nutre tipica-mente 3-5 volte al giorno (con cibo digeribile, privo dimuta). Ne consegue che l’animale avrà una maggiorassunzione di cibo quotidiana, con un tasso di crescitamaggiore facendo si che un animale con una condizionepatologica subclinica diventi una condizione clinicamen-te manifesta. I pulli destinati all’imprinting vengono pre-levati precocemente dal proprio nido, prima di quando lolascerebbero (svezzamento) in natura e vengono inco-raggiati a dare precocemente peso agli arti, il che com-porta deviazioni e torsioni dell’asse di accrescimentodelle ossa lunghe. La condizione nota come Splay leg,avviene quando i piccoli sono stimolati ad alzarsi in pie-di (e quindi allevati) su superfici lisce che tendono a far

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si che il piede esegua continui movimenti di abduzione.ciò fa si che avvenga un movimento verso l’esterno diuna o di tutte le seguenti ossa: femore, tibiotarso, tarso-metatarso. Questa condizione può essere prevenutamettendo in pratica una buona gestione dell’allevamen-to. Se invece viene diagnosticata mentre le ossa lunghesono ancora in attivo accrescimento, può essere correttain pochi giorni mediante appositi bendaggi degli arti. Lacondizione nota come Angel wing, è una condizione benconosciuta nelle oche ma diffusa anche nei rapaci e col-pisce gli animali che vengono nutriti con livelli di pro-teine maggiori rispetto ai quanto necessario il che portaad una crescita troppo veloce con un ritmo di crescitaossa/legamenti alterato. In questi casi avviene una rota-zione verso l’esterno dell’osso metacarpeo e in seguitoallo sviluppo delle penne primarie, il loro peso aggiunti-vo determina un’ulteriore rotazione verso l’esterno delsegmento osseo conferendo all’animale l’aspetto ad “alid’angelo”. Tutte le condizioni anomale che dovesserocomparire devono essere corrette il prima possibile. Piùsi attende minori sono i risultati. Le correzioni dovreb-bero avvenire prima della comparsa di alterazioni dellearticolazioni o anomalie di posizionamento dei tendini.

3. Ingestione di materiale indigeribile (pelo e piume) insoggetti troppo giovani: è fortemente consigliato che airapaci non venga somministrata fibra indigeribile (ossa,pelo e piume) sino all’età di 10 giorni, nei giovani sme-rigli invece anche fino a 20 giorni. Somministrare questimateriali (in particolare pelo di topo) a soggetti troppogiovani causa stasi e ostruzione del gozzo). I soggetticolpiti saranno più piccoli della media, disidratati, ano-ressici e magri con un proventricolo disteso da una mas-sa di materiale compatto non modificabile. Generalmen-te il materiale indigeribile che hanno assunto è troppogrande per loro e spesso i tentativi di trattare i giovanirapaci colpiti da stasi del gozzo sono infruttuosi. Larimozione di questo materiale è possibile mediante endo-scopia o ingluviotomia. Quando il materiale non puòessere rimosso, si può fornire alimentazione forzataabbastanza liquida da consentirne il transito come carni-vore care oxbow o A/D hill’s facendo così che l’animalesi possa nutrire per 3-5 giorni, il tempo necessario perchépossa espellere la borra.

Principali rischi negli animali Non Imprintati

I rapaci che vivono in cattività nei centri di recupero o perla falconeria sono maggiormente predisposti a malattie econdizioni patologiche che conseguono a una errata gestio-ne. Per il medico veterinario che intende occuparsi di questespecie è d’aiuto conoscere come i rapaci da falconeria e deicentri di recupero sono addestrati (falconeria), alimentati egestiti (centri di recupero e falconeria). Esistono diverse spe-cie di rapaci e ognuna di esse può essere predisposta a unapiuttosto che all’altra patologia.1. Errori e problemi gestionali: i livelli eccessivi di stress

conseguenti alla manipolazione che si possono avere sianei rapaci selvatici appena inseriti in una voliera in un

centro di recupero che negli animali nati in cattività edallevati dai genitori nei primi giorni di addestramento perla falconeria, rappresentano il primo serio problema. glistessi animali selvatici tenuti nei centri di recupero van-no spesso in contro a lesioni traumatiche del piumaggioche possono compromettere seriamente le loro possibili-tà di reintroduzione e sopravvivenza in natura. I dannialle cere e alle piume sono facilmente riscontrati neirapaci dei centri di recupero per la errata convinzione chele gabbie debbano essere le più grandi possibili e che imateriale di costruzione sia la rete metallica. le migliorstrutture per ospitare i rapaci devono essere completa-mente chiuse con tetto solo per 1/4 della superficie.Devono esser predisposti dei sistemi di areazione e delleaperture per monitorare gli animali e somministrare ilcibo. Certamente queste sono voliere più costose di quel-le fatte di sola rete, ma dobbiamo tenere in considerazio-ne il benessere dell’animale senza badare al costo deimateriali e delle strutture. Se non sono disponibili i fon-di per realizzare strutture del genere, adeguate, funziona-li e rispettose della dignità dell’animale non ha nemme-no senso istituire un centro di recupero che da strutturaper la cura di un animale diventa inevitabilmente l’anti-camera della morte e luogo di maltrattamento e lucrocamuffato da salvaguardia degli animali.

2. Stasi del gozzo: si può manifestare in soggetti da falco-neria dopo la cattura della prima preda, in animali selva-tici defedati e in animali da falconeria gestiti da falco-nieri inetti. si tratta diurna condizione che generalmenteconsegue all’ingestione di grandi quantità di cibo in sog-getti che non ne assumono da diversi giorni (selvatici) oche ne hanno assunto piccole quantità per alcuni giorni(da falconeria). In seguito ad un pasto abbondante (ten-tativo di sovra alimentare i rapaci selvatici feriti o defe-dati, prima preda o buon gozzo su nuova preda nei rapa-ci da falconeria) il cibo può permanere più a lungo nelgozzo con stasi dello stesso e proliferazione di battericon conseguente endotossiemia e incapacità di digerirel’alimento.

3. Malattie respiratorie: l’incidenza delle malattie respira-torie nei rapaci allevati in cattività è decisamente supe-riore che non negli individui selvatici. Le sinusiti sonoabbastanza comuni negli animali allevati in cattività. Isintomi clinici compaiono piuttosto precocemente e simanifestano per come un respiro difficoltoso dopo l’e-sercizio fisico. In alcuni casi possono sere presenti dellesecrezioni che imbrattano il piumaggio vicino alle cere.La condizione può essere risolta abbastanza facilmentese si interviene per tempo. Sono sufficienti die lavaggidella cavità nasali son soluzione salina sterile che ven-gono effettuati con l’animale in sedazione o tenuto inverticale con la testa rivolta verso il basso. I casi più gra-vi possono manifestarsi come dei gonfiori della regioneperiorbitale che possono essere causati da batteri omycoplasmi. In questi casi il trattamento richiede anchel’incisione dei seni.

4. Lesioni traumatiche degli artigli e del becco: sono lesio-ni non così comuni, ma che possono causare molto dolo-re sia nei rapaci da falconeria che nei rapaci che vivono

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nelle voliere dei centri di recupero. Si tratta di lesionimolto dolorose causate da artigli troppo cresciuti e che siimpigliano nelle maglie della rete della gabbia o nellogoro da falconeria e che possono andare dalla sempli-ce frattura della parte di tale al completo distacco con l’e-sposizione della polpa dell’unghia. Dopo una primamedicazione locale e la somministrazione di antidolorifi-ci per via orale si sovrano attendere da 6 a 8 mesi per laricrescita. Le lesioni e le deformazioni del becco sonocomuni in animali che non si nutrono di ossa. Si posso-no formare delle fessurazioni laterali del becco anche sinseguito ai tentativi di rimozione dei trasmettitori, dei get-ti o dei campanelli negli animali moto nervosi e che nonaccettano la contenzione. Le lesioni traumatiche dellecere possono determinare delle anomalie permanenti dicrescita del becco.

5. Lesioni traumatiche ed ischemiche del piede: Anche senon sono così comuni, queste lesioni si possono manife-stare in animali tenuti per la falconeria e sono causatedall’uso di geti troppo piccoli, troppo corti o scarsamen-te mantenuti. In alcuni casi le stesse lesioni si possonoavere a carico delle dita qualora dovessero impigliarsinel geto. Se queste lesioni vengono trascurate o il falco-niere non si accorge in tempo possono determinare deiseri danni a livello del tibiotarso o del dito con la rotturadel tendine o l’amputazione del dito. I geti troppo sottili(es geti arabi) possono infastidire i falchi che, special-mente nei soggetti più nevriti, possono tirarli ripetuta-mente con il becco con l’effetto sopra descritto. In questicasi trattamenti locali e sistemici a base di FANS, asso-ciati a riposo per un lungo periodo possono ridurre l’in-fiammazione e le lesioni traumatiche ma spesso permanefibrosi del tendine ed ispessimento del tibiotarso.

6. Ferite da morso: I cani e i gatti domestici possono morde-re più o meno accidentalmente i rapaci, specialmentequando vengono giardinati al blocco causando lesioni pro-fonde che possono infettarsi. Le stesse lesioni possonoessere provocate dalle prede, spesso gli scoiattoli che ven-gono cacciati con i falchi di harris. Le ferite da morso pos-sono infettarsi e una terapia antibiotica è d’obbligo.

7. Danni da congelamento del piede o delle estremità delleali: Sono lesioni comuni nelle specie originarie dei climicaldi che vengono tenuti in climi molto freddi. Ma lavera e propria causa sono gli errori gestionali e di costru-zione delle voliere. Sono infatti lesioni tipiche di anima-li che vengono tenuti al blocco, a terra in nottate fredde.

In alcuni casi le lesioni a congelamento sono prodotte dalcontatto con strutture metalliche o con le campanellelegate ai geti.

8. Fratture: sono eventi piuttosto frequenti nei rapaci tenu-ti in cattività e nei soggetti che vengo portati nei centri direcupero. Le fratture più comuni sono quelle del medioprossimale o distale del tibiotarso (specialmente nellespecie dotate di zampe più lunghe) e si verificano neigiovani soggetti con deficit subclinici del metabolismodel calcio e negli adulti di specie che cacciano piccolimammiferi per effetto delle forze rotazionali che si ori-ginano dopo la presa della preda. Le fratture alle ali sonole più comuni nei falconi.

9. Elettrocuzione: Nei rapaci selvatici che vivono in pros-simità del centri abitati e nei rapaci da falconeria nonsono insoliti i casi di elettrocuzione causati dal contat-to tra i fili dell’alta tensione e due punti del corpo (spes-so sono ala e piede o due piedi). Le lesioni che ne con-seguono sono spesso letali. Anche se in rari casi nonsono letali i danni causati determinano la perdita di fun-zione dell’arto. Anche se sono stati proposti diversiprotocolli terapeutici, le terapie danno scarsi risultati.Quando il danno da elettrocuzione riguarda la parte dis-tale dell’ala avviene la perdita delle remiganti e la cutee i tessuti molli hanno un aspetto concotto con aspetto“a care di pesce”.

10. Bumblefoot: tipica patologia che colpisce i rapaci tenutiin cattività. In natura i casi di bumblefoot sono estrema-mente rari se non inesistenti. Le cause tipiche di questapododermatite sono il peso eccessivo, le lesioni perfo-ranti dei cuscinetti e la gestione non corretta dei posatoi.Anche la mancanza di esercizio fisico sembra avere unruolo importante nell’insorgenza della malattia. Dalmomento che i trattamenti chirurgici non danno buonirisultati, la prevenzione riveste un ruolo importantissimoper evitare lesioni spesso invalidanti dei cuscinetti plan-tari e del piede dei falchi. Per evitare il bumblefoot siconsiglia di alloggiare i falchi in voliere dotate di posa-toi rivestiti in astroturf.

Indirizzo per la corrispondenza:Clinica Veterinaria EuganeaDipartimento di Medicina e Chirurgia degli Animali Esoticivia Tiziano 6, 35043 Monselice (PD) - Italywww.clinicaveterinariaeuganea.it

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Nella medicina dei rettili sussistono notevoli difficoltànell’individuare segni clinici di malattia, soprattutto nel-le sue fasi precoci.

Più ancora che in altre specie, è quindi fondamentaleaffiancare all’esame clinico diversi ausili diagnostici.

Nell’ambito della patologia clinica, le indagini diagnosti-che più correntemente attuabili anche in un piccolo ambula-torio sono essenzialmente l’ematologia, la biochimica sieri-ca, e la citologia.

EMATOLOGIA

Una delle principali limitazioni al ricorso delle indaginiematologiche nei rettili risiede nella grande variabilità deiparametri ematici tra le circa 8000 specie di rettili conosciu-te, variabilità talvolta riscontrabile persino tra specie appar-tenenti allo stesso genere.

La valutazione dell’ematologia dei rettili comprende lamisurazione del valore ematocrito (Htc, espresso in %), ilcontenuto emoglobinico (Hb, espresso in g/dl), la conta totaledei globuli rossi (TRBC, espressa in 106/μl) e dei globuli bian-chi (TWBC, espressa in 103/μl), gli indici eritrocitari (volumeglobulare medio, MCV espresso in fl, emoglobina corpusco-lare media, MCH espressa in pg e concentrazione emoglobi-nica corpuscolare media, MCHC espressa in g/dl), la contadifferenziale dei leucociti e una valutazione morfologica(citologia dello striscio ematico) delle cellule del sangue.

Nella pratica molte macchine contaglobuli automatiche osemiautomatiche sono in grado di fornire valori attendibiliper i parametri di HTC, HB e TRBC (tale eventualità deveessere preventivamente verificata) mentre per la TWBC èessenziale la conta manuale.

Non disponendo di una macchina contaglobuli è possibi-le ricorrere ad una centrifuga da microematocrito per ladeterminazione del volume delle cellule del sangue (packedcells volume, PCV), assimilabile al valore ematocrito, e adun emoglobinometro.

La conta dei TWBC si effettua con un’opportuna diluizio-ne del sangue con soluzioni coloranti in grado di evidenzia-re i leucociti contando tali cellule in un emocitometro almicroscopio ottico.

La tecnica usata maggiormente per la conta leucocitariadei rettili è una diluizione con la soluzione di Natt ed Her-rick (che, tra l’altro, permette la simultanea conta degli eri-trociti) utilizzando l’emocitometro di Neubauer.

Dal momento che spesso, trattando pazienti di piccoledimensioni e/o particolarmente cachettici è difficile ottenereun sufficiente volume di sangue, l’esame ematologico puòessere limitato alla sola citologia dello striscio e alla deter-minazione del PCV, eventualmente ricorrendo ad una stimadel numero di TWBC sullo striscio che però è solamenteindicativa e non va assolutamente confusa né comparata conuna reale conta.

Lo striscio ematico deve essere preparato subito dopo ilprelievo utilizzando sangue NON addizionato ad anticoagu-lanti che potrebbero interferire con le metodiche di colora-zione alterando la qualità del preparato.

È bene familiarizzare con le tecniche di esecuzione dellostriscio al fine di ottenere preparati adeguati con un’unifor-me distribuzione delle cellule in monostrato senza causareeccessiva rottura degli elementi cellulari.

LE CELLULE DEL SANGUE

Gli eritrociti dei rettili sono dissimili da quelli dei mam-miferi e, al contrario, condividono forma, aspetto e funzionicon gli altri vertebrati non mammiferi.

Si tratta di cellule ovoidali provviste di nucleo, di formaanch’esso ovoidale, di dimensioni variabili tra 14 e 23 μm dilunghezza e 8 e 14 μm di larghezza con valori di MCV mol-to elevati (160-1100fl).

Conseguentemente alle grandi dimensioni degli eritrociti,i valori di TRBC e Htc sono, al contrario, generalmente infe-riori rispetto ai mammiferi.

Approccio clinico alle patologie dei rettili

Mattia Bielli

Med Vet, Torino

Congresso Internazionale del TRENTENNALE SCIVAC 1984-2014 e delle SOCIETÀ SPECIALISTICHE - RIMINI, 29 MAGGIO / 1 GIUGNO 2014

ANIMALI ESOTICI

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La loro produzione avviene prevalentemente, nei soggettiadulti, nel midollo osseo ma è possibile anche nel fegato enel sacco vitellino (neonati). In alcune circostanze è possibi-le la divisione cellulare degli eritrociti circolanti e la trasfor-mazione dei trombociti in eritrociti.

Gli eritrociti dei rettili, con tutta probabilità in conse-guenza del loro lento metabolismo, sono particolarmentelongevi e la loro vita media è di circa 600- 800 giorni.

Il riscontro di eritrociti privi di nucleo (eritroplastidi) inquote variabili e non superiori allo 0,5%, è considerato fisio-logico, soprattutto negli ofidi.

Occasionalmente sono rinvenibili nuclei eritrocitari nudi(ematogoni) che, se non riconducibili ad una impropria pre-parazione dello striscio, sono attualmente privi di significa-to diagnostico.

I giovani eritrociti (policromatofili), rispetto agli eritroci-ti maturi, hanno dimensioni inferiori, una forma più tondeg-giante, mostrano una più spiccata basofilia e presentano unindice nucleo-citoplasmatico (N/C) maggiore con una cro-matina poco addensata.

Con minore frequenza è possibile osservare precursoridegli eritrociti in stadi ulteriormente immaturi come i rubro-citi con caratteristiche cellulari simili a quelle dei linfociti(di dimensioni maggiori, forma e nucleo tondeggianti, cito-plasma intensamente basofilo). La presenza di un moderatoindice di policromasia (inferiore all’1%), soprattutto in indi-vidui giovani o in periodo di muta, è considerato fisiologico.Occasionalmente, specie in condizioni di attiva rigenerazio-ne, sono osservabili nel sangue circolante figure mitotichedella serie eritroide o eritrociti binucleati.

Alcuni studi ematologici hanno inoltre evidenziato inclu-sioni eritrocitarie citoplasmatiche (granuli basofili, cristallirifrangenti) apparentemente prive di significato patologico.

I leucociti dei rettili sono, come nei mammiferi, primaria-mente suddivisi in granulociti e in cellule mononucleari. Leloro funzioni sono simili a quelle dei mammiferi intervenen-do nei processi infiammatori e agendo nei confronti dimicrorganismi secondo diversi meccanismi umorali o cellu-lo-mediati.

Tra i granulociti si annoverano gli eterofili, gli eosinofilie i basofili mentre tra le cellule mononucleari si trovano ilinfociti e i monociti.

Eterofili

Sono cellule tondeggianti di circa 10-23 μm con unnucleo generalmente periferico, ovale o polilobato, più omeno intensamente basofilo. La loro caratteristica principa-le è costituita da granuli citoplasmatici che talvolta oscuranoil nucleo, di forma da fusiforme a ovalare, di colore arancio-ne-rosato o rosso mattone brillante.

La forma e il numero dei granuli sono altamente variabilie determinate caratteristiche sono proprie di alcune specie.Anche la dimensione degli eterofili mostra un alto grado divariabilità, talvolta anche all’interno di uno stesso individuo.

Gli etrofili, nella maggior parte delle specie, sono i leuco-citi più numerosi e rappresentano il 30-45% dei leucociti cir-colanti. In molti cheloni e nei coccodrilli sono consideratenormali conte oltre il 50%.

La loro funzione è di intervenire nella maggior parte deiprocessi infiammatori attraverso azioni di fagocitosi edesplicando azioni chemotattiche in risposta a diversi stimoliinfiammatori.

Il loro numero aumenta in condizioni di infezione (soprat-tutto batterica o fungina), tossicosi e necrosi.

Oltre all’aumento del loro numero, le modificazionicitologiche degli eterofili sono di importante significatopatologico.

L’aumento della basofilia del citoplasma è un primo segnodi attività cellulare; se associato a fenomeni di degranula-zione (non riconducibili a manualità errate nell’esecuzionedello striscio), rappresenta un ulteriore elemento che indicareattività.

La presenza di vacuoli citoplasmatici, specie se in asso-ciazione ad una progressione della degranulazione, è unchiaro segno di intensa risposta a stimoli infiammatori gravie/o prolungati. Tali alterazioni sono particolarmente fre-quenti in soggetti in stato avanzato di malattia e indicanouna prognosi grave.

In situazioni precoci di malattia o di un’efficace rispostaimmunitaria protratta è possibile osservare uno spostamentoa sinistra della popolazione eterofilica.

I giovani eterofili hanno generalmente un nucleo più ton-deggiante, di maggiori dimensioni, citoplasma maggior-mente basofilo e possono talvolta contenere pochi grossigranuli.

Eosinofili

Si tratta di granulociti spesso molto simili agli eterofili dacui si differenziano per le dimensioni solitamente lievemen-te inferiori (9-20 μm), per la forma e il colore dei granuli chesono decisamente tondeggianti e di colore più tendente alrosa nonché maggiormente rifrangenti.

In nucleo è tendenzialmente eccentrico e di forma ova-lare, spesso con cromatina più addensata rispetto all’ete-rofilo.

Nella maggior parte delle specie gli eosinofili costituisco-no il 7-20% dei leucociti totali ed esplicano funzioni simili aquelle degli eterofili, compresa la possibilità di fagocitosi.

Il loro aumento è stato talvolta messo in relazione coninfezioni parassitarie.

Basofili

Si tratta dei granulociti di minori dimensioni (7-12 μmma fino a 20 μm in alcune specie) e meno rappresentatinella maggior parte dei rettili con però percentuali fino al40% in molti cheloni e fino al 60% in alcune testugginiacquatiche.

Si distinguono per la presenza di granuli tondeggianti dipiccole dimensioni intensamente basofili che, spesso, oscu-rano totalmente il nucleo.

Le loro funzioni non sono ben comprese ma in alcune spe-cie sono in grado di esprimere anticorpi di superficie e dirilasciare istamina.

Loro variazioni di numero non sono state messe in rela-zione ad alcuna causa patologica particolare.

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Linfociti

Si tratta dei leucociti monocitari maggiormente rappre-sentati nel sangue circolante dei rettili arrivando in alcunespecie fino all’80% dei leucociti totali.

Sono generalmente di piccole dimensioni (5-15μm) ma leloro dimensioni sono altamente variabili anche nello stessosoggetto soprattutto in relazione al loro stato di attivazioneantigenica.

In alcuni casi la loro differenziazione da trombociti,monociti o da rubrociti può comportare qualche difficoltà.

Il citoplasma è incolore o azzurro molto tenue uniformecon un nucleo tondeggiante con cromatina spesso scarsa-mente addensata; l’indice N/C è spesso notevolmente ele-vato.

Il loro numero può aumentare in relazione a stimolazioniantigeniche di varia natura ma, come nel caso degli eterofi-li, molto importanti sono le modificazioni citologiche in cor-so di patologie.

Le reattività linfocitaria si manifesta con un aumento del-la basofilia citoplasmatica, con estroflessioni della paretecellulare o con un aumento di dimensioni del nucleo accom-pagnato da una rarefazione dell’addensamento cromatinico.

In rari casi è possibile osservare plasmacellule circolanticon forma ovalare e nucleo periferico.

Una diminuzione del numero di linfociti è stata messa inrelazione all’aumento di corticosteroidi.

Non viene riportata la capacità di fagocitosi.

Monociti

I monociti sono la seconda categoria di leucocitimonocitari e sono anch’essi molto variabili per dimen-sioni (8-25 μm) ma normalmente più grandi dei linfociti,presenti in proporzione variabile tra lo 0 e il 10% dei leu-cociti, sebbene in talune specie siano normali percentua-li fino al 20%.

Il loro citoplasma è azzurrognolo-grigiastro, talvolta consfumature rosate e finemente granulare con nucleo in posi-zione centrale o paracentrale di forma tondeggiante, ovalaree solo raramente reniforme.

Il rapporto N/C è molto maggiore rispetto a quello dei lin-fociti, almeno nella maggior parte delle specie.

In particolari condizioni di stimolazione antigenica posso-no rendersi evidenti protrusioni della parete citoplasmatica opseudopodi che modificano la loro morfologia così comevacuoli o un aumento della granulosità citoplasmatica.

Occasionalmente è possibile riscontrare monociti (omacrofagi circolanti) contenenti granuli di melanina, vacuo-li lipidici, detriti organici o eritrociti fagocitati.

Tra le loro funzioni sono sicuramente evidenti la notevolicapacità di fagocitosi ma sono molto probabilmente associa-te ad altre attività, ancora poco indagate, di chemiotassi e didifesa immunomediata.

Come in altri animali, il loro aumento denota spesso lacronicizzazione di un processo infiammatorio.

Un tipo particolare di monociti che si rinviene quasiesclusivamente nei serpenti, prende il nome di monocitiazzurrofili (o semplicemente azzzurrofili).

Non tutti gli autori sono d’accordo nel differenziare que-sta popolazione leucocitaria e anche i presenti autori li anno-verano tra i monociti.

Trombociti

La principale caratteristica dei trombociti dei rettili èquella di rappresentare una popolazione cellulare ben defini-ta che conserva le sue caratteristiche negli elementi circo-lanti. Si tratta di cellule di forma ovalare di 5-8μm di lar-ghezza e 9-16μm li lunghezza, provviste di un nucleo ton-deggiante e citoplasma incolore che può contenere una finis-sima granulazione rosata.

BIOCHIMICA SIERICA

Nella medicina erpetologia, per le indagini ematochimi-che, si ricorre agli stessi strumenti utilizzati per il cane e ilgatto ma i test effettuati differiscono nel il loro significato eutilità in quanto riflettono il metabolismo di specie diverseanche tra i rettili e, come per l’ematologia, anche nell’ambi-to dello stesso genere.

Purtroppo solo per poche specie esistono intervalli di rife-rimento adeguatamente attendibili e una diagnosi precoce èspesso difficile. Più spesso il rilievo di valori ematochimicifuori range viene utilizzato come diagnosi confirmatoria distati di malattia avanzata o come indicazione per indaginiaggiuntive (imaging o biopsia).

Come per l’ematologia, singole misurazioni sono di scar-so significato mentre la ripetizione di un pannello compren-dente diversi valori mostra maggiore efficacia ai fini dia-gnostici. I valori normali delle proteine totali (TP) nei ret-tili sono compresi in un intervallo da 3 a 8 g/dl e per ladeterminazione di tale parametro è sconsigliato l’uso delrefrattometro.

Un aumento delle TP si verifica nelle femmine di moltespecie (soprattutto di clima temperato) durante la stagioneriproduttiva per ritornare ai valori basali dopo l’ovulazione.

Aumenti patologici si verificano in corso di disidratazio-ne o (specie per la frazione globulinica) in corso di processiflogistici.

Le diminuzioni sono invece associate a stati cronici dimalnutrizione, di patologie che interferiscono con un corret-to assorbimento enterico e in seguito ad emorragie.

Anche patologie epatiche e renali sono responsabili dellediminuzione di TP.

Anche il glucosio (GLU) presenta notevoli variazioni (dispecie, sesso, fisiologiche…). Come è ovviamente intuitivolo stato di nutrizione rappresenta la principale variabile chene condiziona i valori plasmatici.

Anche un aumento della temperatura influisce ad esempiodeterminandone una riduzione.

Oltre a stati di ipo-malnutrizione stati ipoglicemici siriscontrano in corso di malattie infettive gravi (setticemia) ein presenza di danni al sistema epatobiliare. L’aumento diGLU plasmatico è in correlazione con la sua somministra-zione in dose eccessive, in seguito all’azione di glucocorti-coidi (endogeni ed esogeni) o in rari casi di diabete mellito.

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Quali indicatori di funzionalità renale si misurano i livel-li di acido urico, calcio (preferibilmente nella forma ioniz-zata), fosforo e, di questi ultimi, il rapporto (Ca/Pho) e l’in-dice di solubilità (CaxPho). Le determinazioni dei livelli sie-rici di urea mostrano una certa utilità solamente nelle specieacquatiche mentre i valori di creatinina non hanno alcunautilità per la particolare attività di escrezione del rene meso-nefritico dei rettili e mostrano livelli elevati solo in avanza-to stato di compromissione d’organo.

Anche l’attività di alcuni enzimi può aumentare in corsodi danno renale e l’aspartato aminotranferasi (AST) risultaessere un indicatore sensibile ma poco specifico.

Dal momento che anche nei rettili l’insufficienza renaleprovoca disidratazione, non è raro riscontrare un aumento diematocrito che potrebbe però essere mascherato da formeanemiche tipiche degli stati cronici.

La funzionalità epatica nei rettili viene valutata attraversola determinazione di diversi enzimi.

I principali enzimi presenti nel tessuto epatico son lattatodeidrogenasi (LDH) e aspartato aminotransfrasi (AST). Laloro attività non è esclusiva del sistema epatobiliare (entram-bi derivano anche dai muscoli, e altri organi o tessuti) ma unloro aumento, specie se combinato, è fortemente suggestivodi un danno epatico.

La valutazione concomitante dell’enzima creatinin china-si (CK) potrebbe aiutare a determinare se la derivazione diAST e LDH sia muscolare o epatica.

Secondo alcuni autori l’incremento dei valori plasmaticidi urea rappresenterebbe un sensibile parametro suggestivodi danno epatico.

CITOLOGIA

Pressoché qualsiasi tipo di materiale può essere sottopo-sto ad esame citologico (o quantomeno microscopico) ed èbuona norma familiarizzare con tale pratica.

Anche campioni fecali, indipendentemente da un’indagi-ne parassitologica, possono svelare sangue occulto, presen-za di cellule infiammatorie provenienti dal tratto enterico oeccessiva desquazione dell’epitelio da cui provengono.

Nei rettili le valutazioni citologiche propriamente dettepossono essenzialmente ricondursi a normale cellularità,cellule della risposta infiammatoria, cellule iperplastiche ecellule neoplastiche.

Dal momento che le neoplasie sembrano assai rare nei ret-tili, il quadro più comunemente osservato è perlopiù ricon-ducibile a lesioni di tipo infiammatorio.

A seconda del tipo cellulare prevalente è possibile distin-guere la risposta infiammatoria come eterofilica, eosinofili-ca, macrofagica o mista. - Eterofilica: eterofili per 80%, risposta infiammatoria di

tipo acuto, raramente osservabile in forma pura. Presenzadi eterofili in parte degenerati eventualmente mostrantifagocitosi batterica.

- Magrofagica: i macrofagi superano il 50% non rare cellu-le multinucleate. Tipicamente una risposta cronica quan-do sono coinvolti micobatteri, protozooi che invadono itessuti, corpi estranei penetranti.

- Eosinofilica: è una forma assolutamente rara nei Cheloni;il suo riscontro in letteratura potrebbe originare da infiam-mazioni eterofiliche non correttamente interpretate.

- Mista: è la forma più frequentemente osservabile in cui ivari tipi cellulari descritti sono presenti senza che nessu-na sia evidentemente preponderante.Le forme iperplastiche e neoplastiche benigne sono citologi-

camente indistinguibili. Le cellule presenti, oltre a quelleinfiammatorie, sono quelle del tessuto campionato (general-mente epitelio e connettivo) e presentano una più intensa baso-filia citoplasmatica con nuclei meno basofili. Non è presenteanisocariosi e non hanno rapporto nucleo/citoplasma alterato.

Non di rado una reattività iperplastica accompagna i qua-dri di tipo infiammatorio mentre un’alterazione relativamen-te frequente nei Cheloni sono metaplasie o iperplasie squa-mose in corso di ipervitaminosi A.

I caratteri citomorfologici suggestivi di malignità sono glistessi rinvenibili in altre specie. Si osserva pertanto marcatopleomorfismo,, presenza di cellule anomale, non apparte-nenti al tessuto campionato, anisocariosi, alterazioni del rap-porto nucleo/citoplasma, irregolarità nucleari, mitosi ano-male (per forma o numero). A carico del citoplasma è pre-sente vacuolizzazione marcata e intensa basofilia.

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Gli zoo sono strutture permanenti e territorialmente stabi-li aperti al pubblico che espongono animali selvatici alloscopo di promuovere e sostenere la salvaguardia della natu-ra attraverso l’educazione del pubblico, la ricerca scientificae la conservazione delle specie in situ ed ex situ. Sin dallaloro nascita negli zoo di tutto il mondo sono state espostemolte specie esotiche ma è recente l’evoluzione dellacoscienza delle conservazione.

Il veterinario si trova inserito in un contesto complessoed il suo ruolo è fondamentale nel garantire il benessereanimale. La figura professionale del medico veterinario delgiardino zoologico si trova ad affrontare una moltitudine diproblematiche che verranno discusse con l’ausilio ed ilconfronto con altre figure professionali quali biologi, natu-ralisti, etologi ed progettisti. Le somme delle competenzedelle varie professionalità danno luogo alla nascita dei pro-tocolli di gestione e mantenimento delle varie specie ospi-tate negli zoo. Le strutture zoologiche di tutto il mondosono organizzate in associazioni sia nazionali che interna-zionali. In Italia è presente la Uiza (Unione Italiana zoo edacquari) questa rappresenta la realtà zoologica italiana alivello europeo nella Eaza (European Association of zooand acquaria). Queste ultime hanno inevitabilmente rap-porti con le società scientifiche appartenenti alla medicinaveterinaria quali: Siave (Società Italiana Veterinari Anima-li Esotici), Sivaszoo (Società Italiana Veterinari per anima-li selvatici a da zoo) ed Eazwv (European Associatio Vete-rinarian for Wildlife and zoo animals). I network di infor-mazione specialistici, le riviste scientifiche di riferimento(Journal of wildlife and zoo medicine) ed i congressi inter-nazionali danno la possibilità al veterinario di accedere aduna ampia gamma di informazioni sulle specie ospitatenegli zoo. L’approccio che il medico veterinario deve pos-sedere nel giardino zoologico è di tipo manageriale infattil’aspetto gestionale delle singole specie è fondamentale.Non a caso la specialità del college europeo per gli zoo del-l’Eczm è definita “ Zoo health management”. Le modalitàdi mantenimento degli animali ospitati nella collezione

zoologica sono alla base non solo della prevenzione maanche dell’intervento medico messo in atto.

Inoltre è importante sottolineare che l’approccio al singo-lo soggetto è modulato considerando che il vero paziente èla collezione zoologica. Il programma di medicina preventi-va è preparato pianificando l’intero anno, i punti focali sonoi seguenti:- profilassi vaccinale- profilassi patologie parassitarie e relativi trattamenti- interventi atti al controllo delle riproduzione- gestione dei nuovi nati - protocolli di valutazione dei soggetti in ingresso nella col-

lezione- protocolli post mortem- stesura piano alimentare

L’attuazione del protocollo sanitario è associata allaperiodica valutazione di salute degli animali. L’osservazionediretta degli esemplari è un attività che richiede profondaconoscenza delle specie valutate ed è un‘attività fondamen-tale. Il veterinario deve stabilire un continuo rapporto con ilpersonale addetto agli animali. La figura del guardiano o“keeper” è di essenziale ausilio al veterinario, il quale devefornire programmi di formazione del personale istruendolosulle basi della gestione sanitaria delle specie. Le modalitàdi rilievo di alternazioni del normale comportamento, le for-me di comunicazione degli eventi ed il rapporto tra veteri-nario, zoologo e keeper sono alla base del successo del man-tenimento delle specie di interesse zoologico. La cattura edil contenimento devono essere attuate dopo l’attenta valuta-zione dei rischi e dei benefici delle procedure messe in pra-tica. La valutazione del rischio per gli animali e gli operato-ri è una componente essenziale della medicina degli anima-li da zoo. La gestione delle emergenze deve essere com-prensiva dell’attenta considerazione che le specie trattatesono selvatiche ed i danni eventuali potrebbero essere anchemolto gravi. La medicina veterinaria degli animali da zoorisulta essere una materia multidisciplinare sia per biodiver-sità delle specie allevate sia per le varie branche delle medi-

Il ruolo del veterinario nella protezione degli animali da zoo

Michele Capasso

Med Vet, Napoli

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ANIMALI ESOTICI

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cina veterinaria che vengono affrontate. Sicuramente temicome l’anestesia e la medicina interna sono quelli che forni-scono gli strumenti indispensabili per la valutazione dei sin-goli soggetti da trattare. L’alimentazione, le malattie infetti-ve, la parassitologia, la chirurgia e l’ostetricia di molteplicispecie mettono il veterinario da zoo davanti a continue sfi-de. Può capitare spesso che il veterinario debba rivolgersi afigure specialistiche per affrontare casi più complessi. Laprofessionalità e l’esperienza dell’esperto di animali da zoodovranno modularsi con le conoscenze dello specialista abi-tuato ad esercitare su specie domestiche. Il veterinario devepianificare i trattamenti farmacologici scegliendo le vie disomministrazione più indicate, per cui è indispensabile l’u-tilizzo corretto degli strumenti per l’inoculo di farmaci adistanza quali cerbottana e fucile.

Il quadro normativo italiano inerente l’attività del giardi-no zoologico vede il recepimento della direttiva europea1999/22/CEE mediante i i decreti legislativi n. 73 del 2 Mag-gio 2005 e n. 192 del 4 Aprile 2006. L’applicazione di talinorme vedono tra le figure di maggior rilievo il veterinario.Quest’ultimo dovrà acquisire conoscenza dei decreti inoggetto oltre che delle altre norme legate alla presenza deglianimali nello zoo. Tanti sono i riferimenti legislativi ma i piuimportanti da tenere in considerazione sono: la Convenzio-

ne di Washigton e la Balai oltre alle leggi nazionali sul tra-sporto ecc.

Il compito giornaliero del veterinario dello zoo, oltre alcontrollo quotidiano dello condizioni di salute degli esem-plari, comprende molte altre attività tra cui:- Valutazione della dieta- Programma di medicina preventiva (malattie infettive ed

parassitarie)- Protocollo gestionale - Controllo delle riproduzione - Valutazione delle strutture di contenimento degli animali- Formazione del personale- Valutazione dei rischi in caso di emergenza- Adempimenti burocratici- Relazioni con i servizi sanitari nazionali- Programmi di ricerca

Il medico veterinario che esercita nel giardino zoologicodeve disporre di molte informazioni, queste vengono elabo-rate e messe a disposizione delle strutture associative inmodo da contribuire alla conoscenza delle molteplici specieallevate. La realtà zoo deve essere vissuta in comunità inquanto è proprio la somma delle esperienze di tanti addettiai lavori che lo scopo finale di esistenza degli zoo viene rag-giunto, cioè la salvaguardie delle specie minacciate.

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La determinazione del sesso per via celioscopia nei vola-tili da compagnia è molto utilizzata soprattutto nei soggettideputati all’allevamento. Gran parte delle specie di passeri-formi e psittaciformi non presentano dimorfismo sessualeevidente ed il comportamento dei soggetti non è un parame-tro utile nella definizione della coppia. Per questo motivo ladefinizione del sesso è sempre più richiesta da parte diappassionati ed allevatori. Come alternativa all’endoscopia èpossibile avvalersi di laboratori che analizzano il DNA apartire dal sangue o dalle piume. Tale alternativa presenta ilvantaggio di essere meno invasiva e di poter essere effettua-ta in soggetti di qualunque taglia ed età. Tuttavia presentadiversi svantaggi: 1) tempo di attesa esito2) possibilità di errore per contaminazione campione

(penne)3) costi di laboratorio4) limitazioni diagnostiche (nessuna informazione diagno-

stica ulteriore a parte il sesso dell’animale)Di conseguenza la determinazione del sesso per via endo-

scopica concede il vantaggio di poter valutare morfologica-mente le gonadi del volatile oltre che i principali organi visi-bili dal sacco aereo esaminato. La continua richiesta dideterminare il sesso anche in specie molto piccole ci ha por-tato ad interessarci alla definizione dei rischi legati alla pro-cedura in volatili di taglia piccola come diamanti ed altriuccelli esotici con peso corporeo tra i 12 g e 20 g.

Partendo dall’ipotesi che la durata dell’anestesia e del-l’endoscopia in un soggetto molto piccolo siano elementideterminanti l’esito della procedura, abbiamo impostando laraccolta dei seguenti dati:

Tempo A (anestesia): tempo che intercorre tra l’inizio del-l’induzione con gas isofluorano a rimozione mascherina

Tempo E (endoscopia): tempo che intercorre tra inserimen-to ottica in cavità celomatica ed estrazione di quest’ultima.

Inoltre abbiamo impostato due scale di valori per definireeventuali complicazioni sopravvenute durante l’esame, ovve-ro sanguinamento e difficoltà nel visualizzare le gonadi.

Abbiamo quindi definito:S0 = nessun sanguinamento S1 = minimo sanguinamento

S2 = medio sanguinamento, S3 = copioso sanguinamento.V0 = nessuna difficoltà, V1 = qualche difficoltà, V2 =

media difficoltà, V3 = impossibile visualizzare la gonade.La raccolta dei tempi e dei parametri sopra elencati ci per-

metterà di mettere in relazione eventuali decessi durante odopo la procedura all’esito della stessa.

Obbiettivo del lavoro è quello di definire in manierascientifica con l’ausilio della statistica se e quali rischi esi-stono nella definizione del sesso per via endoscopica neivolatili di piccole dimensioni. Lo studio è in corso e duran-te la presentazione saranno descritti i primi risultati. Tuttavial’obbiettivo finale dello studio è quello di estendere la rac-colta dei dati a migliaia di soggetti di diverse specie.

Procedura celioscopia con accesso ai sacchi aerei disinistra:

L’impiego dell’endoscopia nella clinica aviare è favoritodalle caratteristiche anatomiche e fisiologiche di questa clas-se. La fisiologica presenza di aria, all’interno dei sacchiaerei, consente un’insufflazione naturale e permette un’otti-male visualizzazione degli organi celomatici. Lo strumenta-rio di base comprende una sonda da 2,7 mm con angolo del-la lente a 30°. Questo endoscopio si adatta alla maggior par-te degli utilizzi. L’angolo di 30° consente all’operatore unavisuale molto ampia anche in pazienti di piccole dimensio-ni. È consigliato proteggere la sonda con una camicia trannein casi particolari come soggetti di dimensioni molto limita-te. L’accesso chirurgico prevede due varianti: craniale e cau-dale rispetto al femore. Il paziente anestetizzato è posto indecubito laterale destro, le ali sono estese dorsalmente e l’ar-to sinistro è spostato cranialmente o caudalmente in base allascelta di approccio (pre o post-femorale). L’area di accessoè liberata dalle piume e disinfettata come di consueto.

Lo strumento di accesso (mosquito o altro strumentosmusso) s’inserisce tra le fasce muscolari senza provocaresanguinamenti che sporcherebbero la lente durante l’ingres-so. L’accesso al sacco aereo è accompagnato da un tipico

Determinazione del sesso per via celioscopica nei volatili di piccola taglia, applicabilità e rischi

Tommaso Collarile

Med Vet, Roma

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ANIMALI ESOTICI

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scatto al momento della rottura della membrana. A questopunto s’introduce l’endoscopio che si troverà nel saccoaereo toracico craniale, toracico caudale o addominale.Quando necessario è possibile spostarsi da un sacco aereo aun altro imprimendo una leggera pressione con la sondastessa. Questa provocherà un foro sulla membrana che divi-de le due aree. Il sacco aereo addominale è quello in cui èesaminabile il maggior numero di organi e apparati: In pros-simità della porzione craniale del rene si trovano le gonadi.Nei soggetti di sesso femminile la divisione craniale del rene

è percorsa dal legamento sospensore dell’ovidotto. L’identi-ficazione di questo legamento può essere d’aiuto per diffe-renziare il sesso in soggetti molto giovani.

Le gonadi così come gli altri organi dell’apparato ripro-duttivo, possono variare tantissimo di aspetto e dimensioniin virtù dell’età dell’individuo e della stagionalità. L’ovidut-to decorre parallelo all’uretere sinistro. Cranialmente allegonadi, in prossimità dell’estremità anteriore del rene, laghiandola surrenale sinistra si distingue per il colore gialloroseo dovuto al contenuto di lipidi.

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Parte 1:THE BORNAVIRUS-PDDCONNECTION

PDD: DEFINIZIONE

Si tratta di una malattia cronica, gravemente debilitante eche spesso ancora, conduce a morte i soggetti colpiti (sinto-matici). Dal momento che fu dapprima descritta negli Ara,negli anni ’70, venne denominata Macaw Wasting Disease(Malattia Debilitante degli Ara).• Sindrome da Dilatazione Proventricolare,• Malattia da Dilatazione del Proventricolo,• Ganglioneurite mienterica,• Proventricolite Dilatativa degli Psittacidi.

SPECIE COLPITE

La malattia è stata accertata in più di 50 diverse specie dipsittaciformi (in pratica, si ritiene che tutti i pappagalli sia-no suscettibili), ma in altre specie di uccelli (fra cui tucani,oche canadesi e spatole) si sono osservate lesioni istologi-che analoghe a quelle che PDD induce nei pappagalli.

Ciò spinge a riflettere: la diagnosi istopatologica è moltosuggestiva, ma altri agenti patogeni possono causare lesionimicroscopiche simili a quelle di PDD (negli altri uccelli nonsi è trovato ABV)

EZIOLOGIA

Sia l’aspetto epidemiologico della patologia, sia le lesionimicroscopiche, fanno ritenere che si tratti di una malattiainfettiva. Per anni si è cercata la vera causa e i sono isolativari agenti patogeni che avrebbero potuto essere alla basedella PDD, e storicamente, sono stati presi in considerazione:

• Un Herpesvirus (Inghilterra, primi anni ’90)• Un Paramyxovirus (Germania, fine anni ’90).• Un’infezione non virale … (prioni? - malattia autoim-

mune?)• Un Bornavirus (ABV) (USA, Israele - 2008)

Negli ultimi anni, un gruppo di ricercatori Italiani ha pub-blicato alcuni articoli su riviste internazionali, che eviden-ziano le similitudini di PDD e un gruppo di malattie autoim-muni dell’uomo (Sindrome di Guillan-Barré)

Da questa prospettiva, la vera causa della PDD è relativa-mente poco importante, mentre ciò che conta è il meccani-smo della patologia autoimmune che viene messo in azione.

INCUBAZIONE

Al momento non si sa quali siano le condizioni necessarieaffinché l’infezione (ABV), diventi malattia (PDD), ma…esistono indicazioni che fanno supporre che possa variare dapoche settimane fino a qualche anno.

SINTOMI

I sintomi maggiormente suggestivi di PDD sono: presen-za di semi indigeriti nelle feci, dimagramento cronico e pro-gressivo, sintomi neurologici vari (crisi di tipo epilettico, ticnervosi, torcicollo, ecc.).

I sintomi accessori di una infezione da ABV possonoessere: depressione del sensorio, rigurgito / vomito, stasi delgozzo, rallentato transito intestinale, distensione addomina-le, deplumazione??

EZIOLOGIA: COSA SAPPIAMO DAVVERO?

Al momento è certo che esiste un nesso fra la PDD e ilBornavirus (ABV), visto che la malattia è stata riprodottainoculando ABV nei pappagalli. Ma bisogna fare attenzione

Hot-spots in ornitoiatria: cosa bolle in pentola nella medicina aviare

Lorenzo Crosta

Med Vet, Dr Ric, Milano

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a non confondere un’infezione da Bornavirus, con la PDDcome malattia clinica.

Al momento, anche se sappiamo che ABV è coinvolto,non sappiamo:• se sia in grado, da solo, di provocare la malattia• se ci siano dei fattori predisponenti (sesso, età, specie,

dieta…)• se ci siano dei co-fattori necessari (altri virus, batteri,

tossine…), e in tal caso, quali siano.

TRASMISSIONE: COSA SAPPIAMO DAVVERO?

Al momento sappiamo che sono possibili:• sia la trasmissione diretta (da un paziente a un altro), • sia la trasmissione indiretta (attraverso un vettore passivo).

Recentemente si è accertata la possibilità che il Bornavi-rus possa essere trasmesso verticalmente. Questo dato èemerso chiaramente cercando il virus in uova provenienti dagenitori infetti, incubate e schiuse artificialmente.

Alcuni ricercatori ritengono che questa sia la via princi-pale di trasmissione del virus, mentre la via orizzontale,diretta, sarebbe possibile solo in determinati momenti fisio-logici (accoppiamento, deposizione, ecc.). se ciò fosse verosi spiegherebbero molte situazioni al momento inspiegabili.

DIAGNOSI: cosa sappiamo davvero ?Il sospetto diagnostico deriva dall’osservazione dei sinto-

mi tipici. Tale ipotesi può venire rafforzata dall’evidenzaradiologica di un proventricolo molto dilatato

Le possibili cause di dilatazione gastrica (non di PDD),sono numerose, pertanto, la conferma diagnostica, sia nel-l’animale vivo, sia nel cadavere, deriva da esami specifici.

Oggi, nell’animale sintomatico, è possibile fare diagnosicon metodi di laboratorio:1. La ricerca di ABV, e/o di anticorpi contro di esso;2. La ricerca di anticorpi contro alcuni gangliosidi piuttosto

specifici, che si producono in corso di PDD. Al momento si pensa che la ricerca di ABV, per essere

completa, debba avvenire con PCR e sierologia. Anche se unricercatore olandese ha messo a punto un nuovo test sierolo-gico, che sembra potere identificare gli uccelli infettati conla sola sierologia, con un’accuratezza quasi del 100%...

Ancora oggi la diagnosi in vivo, è fatta molto spesso conla biopsia del gozzo… (del proventricolo o delle ghiandolesurrenali). In genere ciò è ritenuto necessario nei casi dubbi,mentre nei pazienti sintomatici, la positività a ABV o aiGangliosidi è sufficiente.

TERAPIA

Benché, con un’adeguata terapia di supporto, esistanosegnalazioni di sopravvivenza per periodi prolungati, PDDresta spesso una malattia mortale.

PROFILASSI & CONTROLLO: COSA SAPPIAMO DAVVERO?

L’attuazione di un piano profilattico efficace è complica-ta dall’incompletezza delle informazioni su PDD e dal pos-sibile lunghissimo periodo d’incubazione

Di certo sappiamo che Bornavirus è poco contagioso ealquanto debole nell’ambiente esterno. Alla luce solarediretta, muore rapidamente. Se si confermerà la teoria dellatrasmissione principalmente per via verticale, la gestione deicasi di gruppo sarà molto più facile.

ANIMALI INFETTI & A. MALATI: COSA FARE?

Al momento, si consiglia di lavorare per gruppi:Separare gli uccelli ammalati, gli infetti e i sani. Tenere gli animali infetti (ABV) in voliere all’aperto, e ben

esposte alla luce solare diretta.Per gli uccelli ammalati, sintomatici (PDD), decidere caso

per caso.

Parte 2: RACCOLTA DEL SEME EINSEMINAZIONE ASSISTITA NEGLI PSITTACIFORMI

La tecnica di raccolta del liquido seminale è ben descrittae ampiamente utilizzata in alcune specie aviari, sia allevatea scopo zootecnico (tacchino, pollo, ecc), sia allevate peraltri fini (rapaci, gru). Negli ultimi anni, si sono sviluppatetecniche per la raccolta del seme dagli Psittaciformi, sia conil massaggio manuale, sia con piccoli elettroeiaculatori.

Questo ha dato la possibilità di valutare il seme dei ripro-duttori maschi, e in un secondo tempo anche di fecondareartificialmente femmina di alcune specie.

La relazione illustra la tecnica di raccolta, e i pregi, i difet-ti e i limiti dell’inseminazione artificiale.

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Un esemplare femmina di Testudo hermanni di 23 anni èstata portata in visita agli inizi di maggio per prolasso cloaca-le. La testuggine di 1780 gr. è giunta in ambulatorio per refe-renza, dopo circa 24h dal sopraggiunto prolasso viscerale.

Nei rettili e nei cheloni in particolare, i prolassi cloacalisono un’evenienza non rara. Nonostante le condizioni clinichegenerali non decadano velocemente, i prolassi vengonocomunque gestiti come “urgenza” per evitare il rapido peg-gioramento delle condizioni degli organi prolassati. Il ritornovenoso viene velocemente compromesso esitando in un rapi-do ingorgo dei tessuti che diventano presto edematosi e fragi-li e successivamente necrotici. In queste circostanze divieneimpossibile pensare alla loro riduzione. E stata dunque imme-diatamente eseguita la prima visita di triage al fine di giudica-re le funzioni vitali, stabilire le cure prioritarie e l’ordine conle quali queste dovevano essere eseguite. La testuggine pre-sentava aumento della frequenza respiratoria, frequenza car-diaca normale, mucose lievemente pallide, stato del sensoriovigile e buono stato di idratazione ed è stata classificata incodice verde ovvero come “Paziente stabile”, ma che puòdestabilizzare lesioni di diversa entità e che può sopravviverese vengono applicate le misure salvavita entro 24 ore.

Particolare attenzione è stata data alle complesse e multi-ple strutture prolassate che si presentavano già altamenteedematose, fragili, lacerate in alcuni punti con iniziali segnidi necrosi di difficile riconoscimento. Dopo attento e delica-to lavaggio e pulizia delle importanti strutture prolassate èstato possibile, con difficoltà, il riconoscimento di: gran par-te di intestino, una porzione di vescica e di cloaca e un ovi-dutto riconoscibile per le tipiche striature longitudinali.

La complessità, la dimensione e l’eterogeneità dei visceriprolassati, associate alle pessime condizioni degli stessi, hainizialmente portato a pensare all’impossibilità della risolu-zione del caso e all’eventuale eutanasia, tuttavia le ancorabuone condizioni generali della paziente e la forte motiva-zione del proprietario, ci hanno indotto ad iniziare le terapiedi sostegno al fine di tentare la risoluzione chirurgica dopostabilizzazione. La testuggine è stata quindi ospedalizzata in

terrario a temperatura controllata e costante di 28 C° per cir-ca 20 ore e sottoposta a terapia antibiotica (enrofloxacina 10mg/kg/SC/24h), antidolorifica (morfina 1 mg/kg/IM/12h),antinfiammatoria (carprofen 1.5 mg/kg/SC/12h) e fluidote-rapia (20 ml/kg/EpiCe/24h: 1/3 sodium chloride 0.9%; 1/3glucose 5%; 1/3 A.P.I). I visceri prolassati sono stati idrataticon lavaggi di soluzione fisiologica, protetti con garze steri-li inumidite e occasionalmente posti a contatto con zucche-ro e sacchetti ghiacciati al fine di tentare di ridurre l’edema.

È importante, in caso di prolasso cloacale, indagare lepossibile cause per porne rimedio. Esistono cause aspecifi-che e cause specifiche per il tipo di viscere coinvolto.• Cause aspecifiche: patologie metaboliche (disidratazio-

ne, ipocalcemia, chetoacidosi, MOM, iperestrogenismo),debilitazione, disfunzioni neurologiche, lesioni occupan-ti spazio in cavità celomatica, obesità, cloaciti.

• Cause specifiche per prolasso dell’apparato urogenitale:celomiti, ritenzione ovarica, tenesmo, cloaciti, calco-li vescicali, infezioni batteriche, virali e parassitarie del-l’apparato urogenitale e eccesso di libido (nel maschiocome causa di prolasso penieno).

• Cause specifiche per prolasso dell’apparato digerente:enteriti virali, batteriche e parassitarie, costipazione,ingestione di corpi estranei, tenesmo, celomiti.

Nel nostro caso non sono stati eseguiti esami collateralifinalizzati alla ricerca della possibile causa per limiti impo-sti dal proprietario, per la scelta di intervenire nel più brevetempo possibile e per la possibilità di ricercare parte dellecause in sede chirurgica. Tuttavia è stato ottenuto un MDB(Minimum Data Base) comprendente ematocrito e TP che sisono rivelati essere nella norma.

Dopo circa 20 ore di acclimatamento e stabilizzazione siè scelto di intervenire chirurgicamente per la riduzione delprolasso per via celiotomica. La scelta di tale metodica è sta-ta obbligata in relazione alla presenza di più visceri prolas-sati, alla loro dimensione e stato e, di conseguenza, all’im-possibilità di un loro riposizionamento e successiva pessi odi asportazione con anastomosi dall’esterno (tecniche consi-

Prolasso intestinale in T. Hermanni:un complicato caso chirurgico

Stefano Cusaro

Med Vet, Novara

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ANIMALI ESOTICI

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gliate in caso di prolassi cloacali non multiorgano e convisceri prolassati poco compromessi).

La testuggine è stata premedicata con medetomidina 0.15mg/kg + Ketamina 10 mg/kg per via intramuscolare, succes-sivamente indotta con propofol 10 mg/kg per via endoveno-sa e mantenuta con isoflorano previa intubazione con tra-cheotubo non cuffiato. Il controllo del dolore ha previsto, nelperiodo perioperatorio, la somministrazione di morfina ecarpofen come prosecuzione della terapia analgesica edantinfiammatoria già impostata in corso di visita. Il mante-nimento con l’alogenato è stato quindi garantito tramite ven-tilazione manuale (4-5 atti/min) ed un circuito di non rire-spirazione tipo Mapleson F; con il monitoraggio strumenta-le è stato possibile monitorare solo l’ECG e la capnografia.

L’accesso alla cavità celomatica è stato ottenuto tramitefenestratura del piastrone ed incisione della membrana celo-matica. La cavità celomatica era quasi completamente occupa-ta da una grande quantità di follicoli ovarici di grandi dimen-sioni, pertanto è stata necessaria la loro rimozione e la conse-guente ovariectomia. Tale procedura sarebbe stata comunqueconsigliata in quanto il grave prolasso dell’ovidutto avrebbecausato stiramento delle strutture legamentose dello stesso,con impossibilità futura di ricevere i follicoli ovulati. Una vol-ta asportate le ovaie è stato possibile ridurre dall’interno ivisceri prolassati ed analizzarne lo stato. La vescica non pre-sentava lesioni di sorta ed è stata mantenuta una volta rientra-ta in sede, mentre gran parte del piccolo intestino, il cieco, par-te del grosso intestino e l’ovidutto confermavano il grave statodi sofferenza caratterizzato da aree iperemiche, congeste enecrotiche. È stato quindi necessario eseguire una enterecto-mia con anastomosi duodeno-colica, asportando un tratto diintestino di circa 12 cm comprendente il cieco, e una salpin-gectomia monolaterale sx. Le suture, sia per l’intestino sia perla salpinge, sono state eseguite con filo monofilamento rias-sorbibile 5.0 con ago tondo. La finestra di piastrone è statariposizionata previa sutura della membrana celomatica eabbondante lavaggio della cavità celomatica con soluzionesalina sterile calda. Il fissaggio della finestra del piastrone èstato successivamente assicurato con resina bicomponente.Non si sono evidenziati, in sede celiotomica, masse occupantispazio (a parte le ovaie in piena ovulazione) o segni di celomi-te e l’aspetto del fegato presentava aree steatosiche presumi-bilmente compatibili con la fase ovulatoria in corso. Non sisono evidenziati corpi estranei ingeriti né eccessiva presenza diossiuridi nel tratto intestinale asportato ed esaminato (il trattodi intestino non coinvolto dal prolasso era in ottime condizio-ni); non erano presenti uroliti. Non è stato pertanto possibile,dall’esame macroscopico celiotomico, confermare una causadel prolasso ma solo imputarne la responsabilità ad un possi-bile stato di iperestrogenismo accompagnato da un’importantepresenza di follicoli. Non è stato possibile escludere altre cau-se aspecifiche per assenza di ulteriori esami collaterali. Il rico-vero postoperatorio ha avuto una durata di 15 giorni. Dopo 48ore è stata sospesa la somministrazione di morfina (1mg/kg/IM/12h), in quarta giornata il carprofen a cui era statomodificato il dosaggio (1 mg/kg/SC/24h) e in decima giornataè stata sospesa la copertura antibiotica e la fluidoterapia. Inottava giornata è iniziata l’alimentazione forzata (CriticalCare® Oxbow), molto diluita ogni 48 ore e, in quindicesima

giornata, è stato possibile dimettere la testuggine che si pre-sentava ormai in buone condizioni generali, accennava ad ali-mentarsi naturalmente ed aveva più volte defecato. L’asporta-zione di un tratto così importante di intestino, soprattutto laporzione del colon in cui avviene la digestione della cellulosaper opera di microflora intestinale specializzata, faceva temereuna insufficiente funzionalità digestiva durante l’assunzionedella normale e fisiologica dieta vegetale. È stato quindi con-sigliato di continuare, per un lungo periodo di tempo, l’ali-mentazione con Critical Care®. Tale attenzione non è stataeseguita e la testuggine è stata, subito dopo la dimissione,rimessa nel suo ambiente naturale, ovvero un giardino moltoampio dove da sempre si è nutrita con vegetali nati spontanea-mente con saltuaria integrazione di insalate. La testuggine èstata dimessa con un peso di 1560 gr. e rivista al controllo insettembre (quattro mesi dopo!) con un peso di 1630 gr. Latestuggine gode tutt’oggi (tre anni dopo) di ottima salute,vivendo come sempre nel suo stato di semilibertà, trascorren-do letarghi naturali e mangiando ciò che vuole… incurante del-le indicazioni del medico!

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Indirizzo per la corrispondenza:Cell: 338/1061857 - Ambulatorio Veterinario Associato Dr. Cusaro S.– Dr. Merlo F.– Dr. Porati R.C.so XXIII marzo n° 201 - Via Vittorio Veneto n°528100 – Novara (NO) - 20815 Cogliate (MB)Tel/Fax: 0321/461213 - Tel/Fax: 02/96461356E-mail: [email protected]: [email protected]

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ESOFAGOGRAMMA

La valutazione dell’esofago è una delle indicazioni piùcomuni per l’impiego di mezzi di contrasto nel furetto. Ilmegaesofago, solitamente idiopatico, è una diagnosi diffe-renziale da tenere sempre in considerazione in furetti conrigurgito/vomito (Blanco et al 1994). Raramente i proprieta-ri possono riportare solo tosse come sintomatologia di furet-ti con megaesofago. L’esecuzione dell’esofagogramma ètecnicamente semplice e dovrebbe essere consigliata in tuttii casi in cui una radiografia del torace metta in evidenza unaumento di radiopacità diffuso dei quadranti dorsali deicampi polmonari.

Il pasto baritato si somministra preferibilmente liquido, sipuò creare una miscela appetibile mescolando CarnivoreCare (Oxbow) in polvere al mezzo di contrasto baritato. Sidevono eseguire radiografie ventrodorsali e latero-lateraliimmediatamente dopo aver somministrato il pasto baritatoed ad 1 minuto. Nel caso in cui non vi sia svuotamento del-l’esofago si continueranno i radiogrammi ad intervalli cre-scenti (e.g., 2, 5, 10, 20 e 60 minuti). In corso di megaeso-fago una significativa quantità di alimento baritato permanenell’esofago per l’intera durata dello studio.

STUDIO CONTRASTOGRAFICO DI STOMACO E INTESTINO

Uno studio descrive in maniera completa esecuzione edinterpretazione di pasti baritati per lo studio contrastografi-co di stomaco ed intestino (Schwarz et al 2003). La sommi-nistrazione del pasto baritato si accompagna da radiografie a0, 5, 10, 20, 40, 60, 90, 120 e 150 minuti, o diversamente, aseconda del segmento che dobbiamo studiare. Dopo la som-ministrazione di bario la forma a J dello stomaco si visualiz-za perfettamente in proiezioni ventrodorsali e latero-laterali.Il piloro normalmente si localizza sulla linea mediana o leg-germente sulla destra. Lo svuotamento gastrico si dovrebbe

visualizzare già nella radiografia eseguita immediatamentedopo il pasto baritato o al massimo nella radiografia esegui-ta a 5 minuti. Un minimo residuo di bario aderente allamucosa gastrica è normale. Il duodeno si visualizza in proie-zione ventrodorsale immediatamente dopo somministrazio-ne del pasto baritato decorrendo lungo la parete addominaledestra. Per la visualizzazione dell’intestino tenue le radio-grafie a 20 e 40 minuti sono ottimali. Dimensioni normalidelle anse del piccolo intestino sono di circa 6 mm. Oltre allediagnosi differenziali analoghe a quelle dei mammiferi con-venzionali, rallentamenti dello svuotamento dello stomacosono frequentemente associati con gastroenteriti eosinofili-che o linfoplasmocitarie nel furetto, o a presenza di masseaddominali che diano compressione dello stomaco.

In alcuni casi si può eseguire una tecnica similare concontrasto “negativo”, cioè somministrando aria tramite unsondino gastrico. La metodica si definisce pneumogastro-grafia, può aiutare nella diagnosi di patologie gastrichemurali ed intramurali, ed è descritta adeguatamente nel cane(Bowlus et al 2005). La limitazione di tale metodica èappunto la necessità di utilizzare un sondino gastrico per lasomministrazione di aria, condizione non necessaria in casodi pasto baritato. Le indicazioni per questa metodica chiara-mente sono molto diminuite vista l’inferiorità all’ecografiaaddominale.

UROGRAFIA ESCRETORA

L’urografia escretora è la sequenza radiografica che inclu-de l’opacificazione dei reni, delle pelvi renali e degli ureteria seguito dell’amministrazione di mezzi di contrasto iodatiendovenosi. I reni possono essere valutati per la forma, ladimensione, la posizione e l’acquisizione di opacità dovutaal contrasto. Si può valutare gli ureteri per quanto riguardala loro dimensione, forma, posizione ed inserimento nellavescica. Interessante particolarmente l’applicazione nellavalutazione della funzionalità relativa dei reni (i.e., giudica-

Il contrasto nella clinica del furetto: quando, come e perché

Nicola Di Girolamo

Med Vet, Roma

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ANIMALI ESOTICI

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re se uno dei due reni non ha capacità di filtrazione), e degliureteri (Heuter 2005), specialmente nel furetto in cui sondeecografiche a medio-alta frequenza (i.e., 15-18mHz) sononecessarie per avere un buon dettaglio di quest’ultimi.

Si posiziona un catetere venoso nella vena cefalica. Attra-verso il catetere si somministrano 400-800 mg/kg di mezzodi contrasto iodato. Mancando dati oggettivi dell’elimina-zione del contrasto nel furetto, andrebbero eseguite piùradiografie nel furetto che nel cane (Heuter 2005). Quindiconsigliamo esecuzione dei radiogrammi a tempo 0, e ad 1,5, 15, 20 e 40 minuti. Non ci sono studi attualmente chedescrivono l’urografia escretora nel furetto. In uno studiosvolto in gatti (Ajadi et al 2006) veniva valutata l’influenzadel dosaggio dei mezzi di contrasto o della contenzione far-macologica sulla urografia escretiva. Un gruppo venivasedato con xilazina (2.0 mg/kg) e meglumine diatrizoatoveniva somministrato a 800 mg/kg. Un gruppo veniva seda-to con xilazina (2.0 mg/kg) e meglumine diatrizoato venivasomministrato a 1200 mg/kg. Un gruppo veniva sedato conketamina (15.0 mg/kg) e meglumine diatrizoato veniva som-ministrato a 1200 mg/kg. Radiografie addominali ventrodor-sali venivano eseguite immediatamente, a 5, 15 e 40 minutidopo l’iniezione di meglumine diatrizoato al 76%. Punteggivenivano assegnati alle radiografie come descritto in lettera-tura. La radiodensità renale era significativamente maggiorein gatti sedati con xilazina rispetto che in gatti sedati conketamina e quando il mezzo di contrasto era somministratoa dosi maggiori. Di conseguenza nel caso in cui sia necessa-ria la sedazione per eseguire l’urografia escretora potrebbeessere più idoneo l’utilizzo di agonisti alfa2-adrenergicipiuttosto che dissociativi quali la ketamina.

VENOGRAFIA DELLA CAVA CAUDALE

Nella medicina del furetto spesso ci troviamo incontro aformazioni neoplastiche delle ghiandoli surrenali. Nel casoin cui la surrenale destra sia interessata da fenomi prolifera-

tivi si ha frequentemente invasione della vena cava. In tali èstato suggerito come l’asportazione della surrenale stessapossa avvenire en bloc dopo legatura della vena cava cauda-le. Alcuni autori riportano stati di ipertensione non control-labile dopo tale procedura. Un’ipotesi per cui la legatura del-la vena cava caudale si possa eseguire in alcuni casi senzacomplicazioni è che si è formato, vista la compressione adopera della surrenale neoplastica, un circolo collateraleincludente le vene azygos. In questo contesto la venografiadella vena cava caudale potrebbe essere particolarmente uti-le per identificare i casi in cui sia presente una circolazionecollaterale.

LINFANGIOGRAFIA

In corso di chilotorace potrebbe essere utile escludere lecause traumatiche che andrebbero risolte chirurgicamentecon la legatura a monte del dotto toracico. Linfangiografiedel dotto toracico si possono eseguire nel furetto medianteiniezione di mezzo di contrasto iodato in uno dei linfonodipoplitei e successivi studi radiografici del torace.

Letteratura citata

Ajadi RA, Adetunji A, Omoerah VO, Okoh JU. Influence of dosage andchemical restraints on feline excretory urography. J S Afr Vet Assoc.2006 Dec;77(4):202-4.

Blanco MC, Fox JG, Rosenthal K, Hillyer EV, Quesenberry KE, MurphyJC. Megaesophagus in nine ferrets. J Am Vet Med Assoc. 1994 Aug1;205(3):444-7.

Bowlus RA, Biller DS, Armbrust LJ, Henrikson TD. Clinical utility ofpneumogastrography in dogs. J Am Anim Hosp Assoc. 2005 May-Jun;41(3):171-8.

Heuter KJ. Excretory urography. Clin Tech Small Anim Pract 2005;20:39-45.

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Le malattie dermatologiche dei mammiferi esotici dacompagnia rappresentano un frequente motivo di visita peril veterinario clinico. Le eziologie più comuni comprendonoforme infettive (parassiti, batteri e funghi) e forme non infet-tive (tumori, errori gestionali e problematiche ambientali).Esistono tuttavia altre cause infettive (virus) o non infettive(patologie comportamentali) meno frequentemente diagno-sticate e dunque meno segnalate. Un approccio diagnosticosistematico è fondamentale per il raggiungimento della dia-gnosi e di conseguenza per la formulazione della correttaterapia. Inoltre la valutazione della corretta gestione di cia-scuna specie rappresenta un punto chiave per la compren-sione della patogenesi delle principali malattie della cute edei suoi annessi.

Le caratteristiche anatomiche e fisiologiche della cute deimammiferi esotici da compagnia non differiscono significa-tivamente da quelle di cani e gatti; parimenti, anche i princi-pi utilizzati per la diagnosi delle patologie cutanee sonosovrapponibili. Tuttavia è fondamentale tener presente lepeculiarità di ciascuna specie in relazione alla loro taglia,alle molteplici differenze anatomiche tra i diversi ordini esotto-ordini, nonché alle potenziali difficoltà ed allo stresscausati dalla contenzione.

La cute dei mammiferi è costituita da tre principalistrutture: • l’epidermide, avascolarizzata ma innervata, è formata da

4 strati sovrapposti: corneo, granulare, spinoso e basale;• il derma, sottostante all’epidermide, vascolarizzato, ric-

co di fibre collagene e nervose; • il sottocute, posto tra muscolatura e strati superficiali (der-

ma ed epidermide), ricco di fibre connettivali e grasso. La quantità di grasso sottocutaneo collocata tra le scapo-

le, nella regione ventrale del collo e nelle pieghe ascellari edinguinali varia nelle diverse specie, essendo più abbondantein conigli, furetti e roditori miomorfi (ratti, topi, criceti, etc.)e più scarsa in roditori istricomorfi (porcellini d’india, cin-cillà, etc.). I peli sono distinti in primari, secondari e tattili.I peli primari sono associati a ghiandole sudoripare e seba-

cee oltre che a muscoli erettori del pelo. I peli secondaricostituiscono il sottopelo e sono associati talora a ghiandolesebacee, ma sono sprovvisti di ghiandole sudoripare emuscoli erettori del pelo. I peli tattili o vibrisse sono fine-mente innervati, hanno funzione sensoriale e consentono lapercezione dell’ambiente esterno anche in condizioni diridotta visibilità.

Numerose ghiandole odorifere sono collocate in varieregioni del corpo e consentono la marcatura territoriale e lacomunicazione intra- ed inter-specifica. La gran parte deimammiferi esotici da compagnia possiede dei cuscinettiplantari. Questi ultimi sono assenti nel coniglio dove ven-gono sostituiti da un pelo ruvido e fitto sulla superficieplantare.

Un approccio corretto alle patologie cutanee dei mammi-feri esotici da compagnia deve includere un’ampia e com-pleta raccolta di informazioni anamnestiche riguardanti lagestione generale e la problematica oggetto della visita. Èconsigliabile l’ausilio di uno schema preliminare formulatocome segue (Thoday KL, 1984):• Motivo della visita • Paziente (Specie, razza, età, sesso, etc.)• Gestione (Dieta, ambiente, lettiera, etc.)• Breve esame preliminare (inquadrare il problema)• Anamnesi generale • Anamnesi patologica (Problema dermatologico)• Contagiosità (Animali, persone, etc.)• Esame clinico • Test diagnostici di laboratorio • Elaborazione dei dati

È fondamentale stabilire la cronologia della comparsa deisintomi formulando le seguenti domande:• Quali sono stati i primi sintomi?• C’è prurito? Se si, è stato il primo sintomo o è soprag-

giunto in seguito alle lesioni?• Dove si sono sviluppate prima le lesioni?• Ci sono altri animali in casa? Mostrano gli stessi sintomi?

Approccio diagnostico alle malattie dermatologiche dei mammiferi esotici da compagnia

Dario d’Ovidio

Med Vet, MS, Spec PACS, Dr Ric, Dipl ECZM (Small Mammal), Napoli

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ANIMALI ESOTICI

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• Ci sono stati recenti cambiamenti ambientali?• Sono stati fatti recenti trattamenti antiparassitari?

La raccolta di dati anamnestici atti a valutare l’esistenzadi fattori predisponenti alle patologie comportamentali con-sentirà inoltre un importante ausilio per la diagnosi di talidermatopatie in seguito all’esclusione di patologie cutaneeinfettive o metaboliche. Sarà dunque necessario valutare:• Numero e composizione (sex ratio) dei membri di un

gruppo• Densità di popolazione• Gerarchia nel gruppo e presenza di soggetti dominanti• Tipo di arricchimento ambientale in relazione alla specie• Opportunità per la ricerca di cibo

Successivamente alla raccolta dei dati anamnestici, sarànecessario effettuare una visita dermatologica accurata. Èfondamentale preparare tutto l’occorrente per l’esecuzionedella visita e per la raccolta dei campioni diagnostici primadi contenere il paziente. Il materiale utilizzabile compren-derà:• Forbici• Pinze mosquito• Tosatrice• Lama bisturi• Cucchiaio di Volkmann • Olio Paraffina/Vaselina• Tamponi• Scotch

• Siringhe• Aghi• Matita • Accendino • Vetrini porta-oggetto/coprioggetto • Colorazione Diff-Quick®

• Olio minerale• Lampada di Wood• Colture fungine DTM/Sabouraud

Il contenimento dell’animale dovrà essere realizzatotenendo presenti sia le caratteristiche specie-specifiche, sial’indole di ciascun individuo. In linea di massima sarà pos-sibile contenere fisicamente tutte le specie più grandi qualiconigli, furetti ed alcuni roditori istricomorfi, mentre saràpiù spesso necessario ricorrere ad un contenimento farmaco-logico per la visita e per il campionamento diagnostico dimicro-mammiferi quali roditori miomorfi, sciuromorfi, non-ché di tutti i soggetti particolarmente nevrili e stressabili.

Durante l’esame del paziente sarà fondamentale:1) Identificare le lesioni (primarie vs secodarie)2) Valutare la distribuzione delle lesioni

Le principali lesioni primarie sono rappresentate da:• Eritema• Macula• Papula• Pustula

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TABELLA 1 - PRINCIPALI DERMATOPATIE DEL CONIGLIO

Patologia Sintomi principali Test diagnostico

Dermatofitosi(T. mentagrophytes, M canis, M. gypseum, etc.)

Croste, scaglie, alopecia, prurito Esame tricoscopico, lampada di Wood,coltura fungina

Ectoparassitosi(C. parasitovorax, L. gibbus, S. scabiei,C. felis, etc.)

Prurito, croste, scaglie, alopecia, forfora,anemia

Raschiato cutaneo, scotch test, esame tricoscopico, spazzolamento

Virosi (Myxoma virus, Papilloma e fibroma di Shope virus)

Noduli, papillomi, fibromi Istologia (biopsia), isolamento virale

Forme batteriche(P. multocida, Staphylococcus spp.,Streptococcus spp., Pseudomonas spp., T.paraluiscuniculi, etc.)

Ascessi sottocutanei, dermatiti umide,eritema, vescicole, ulcere, etc.

Citologia, istologia (biopsia), batteriologia cutanea

Neoplasie(Lipoma, liposarcoma, SCC, myxosarcoma,tricoblastoma, tricoepitelioma, etc.)

Neoformazioni cutanee Citologia, istologia (biopsia).

Condizioni comportamentali Errorigestionali, etc.(Barbering, pododermatite, dermatiteperianale, adenite sebaceea, etc.)

Pelo tranciato, eritema, alopecia, essudazione cutanea, etc.

Anamnesi, esame tricoscopico, citologia,batteriologia cutanea, istologia (biopsia).

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• Placca• Vescicola• Alopecia• Pomfo• Nodulo

Le principali lesioni secondarie sono rappresentate da:• Comedone• Scaglia • Crosta• Erosione• Ulcera• Escoriazione• Lichenificazione • Iperpigmentazione• Alopecia (da prurito)

L’utilizzo dei test diagnostici sarà fondamentale per con-fermare un sospetto diagnostico oppure per escludere le dia-gnosi differenziali. È necessario ricorrere all’ausilio degliesami complementari poiché:• Malattie diverse si possono manifestare con gli stessi

sintomi (lesioni)• Una singola malattia si può manifestare con sintomi

(lesioni) differenti• Le infezioni secondarie possono causare prurito, masche-

rando i sintomi primari• Molte malattie possono insorgere simultaneamente• Le patologie croniche possono mostrare alterazioni cuta-

nee simili

• Alcune dermatopatie hanno un’eziopatogenesi multifat-toriale

Le procedure diagnostiche più comunemente utilizzate sono:• Raschiato cutaneo (superficiale/profondo)

- Identificazione di ectoparassiti collocati all’internoor al di sopra dello strato corneo (es. Sarcoptes sca-biei, Cheyletiella sp.) o del follicolo pilifero (es.Demodex spp.).

• Scotch-test - Identificazione di ectoparassiti collocati sulla cute o

sul pelo (Cheyletiella, Leporacarus, Chirodiscoides,Myobia, etc.)

• Microscopia diretta/Citologia- Da lesioni cutanee o da tamponi cutanei and aurico-

lari• Lampada di Wood

- Per evidenziare la fluorescenza di alcune specie diMicrosporum (Uso limitato)

• Istologia (Biopsia)/Isolamento virale • Coltura fungina

- Isolamento di dermatofiti• Batteriologia cutanea/Antibiogramma

- Identificazione degli agenti batterici responsabili didermatite e loro suscettibilità antibiotica.

• Esame tricoscopico - Per evidenziare ectoparassiti (Demodex spp.), lesioni

del pelo traumatiche (barbering), alterazioni indotteda dermatofiti (ife fungine, spore, etc.)

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TABELLA 2 - PRINCIPALI DERMATOPATIE DEL FURETTO

Patologia Sintomi principali Test diagnostico

Dermatofitosi(T. mentagrophytes, M canis, etc.)

Croste, scaglie, alopecia, eritema, piodermite

Esame tricoscopico, lampada di Wood,coltura fungina.

Ectoparassitosi(O. cynotis, S. scabiei, C. felis, etc.)

Prurito, croste, scaglie, alopecia, detriticeruminosi brunastri, escoriazioni, etc.

Raschiato cutaneo, scotch test, esamemicroscopico da tampone auricolare,osservazione diretta dei parassiti

Virosi (Paramyxovirus)

Croste, ipercheratosi, gonfiore dei cusci-netti plantari

Sierologia, istologia (biopsia), isolamen-to virale

Forme batteriche(Staphylococcus spp., Streptococcus spp,,etc.)

Ascessi sottocutanei, pioderma, cellulite,etc.

Citologia, istologia (biopsia), batteriolo-gia cutanea

Neoplasie(Mastocitomi, basaliomi, liposarcoma,SCC, adenocarcinomi, adenomi, linfomi,etc.)

Neoformazioni cutanee associate a pruri-to, alopecia, eritema, etc.

Citologia, istologia (biopsia).

Patologie endocrine, Errori gestionali,etc.(Iperadrenocorticismo, atopia, allergiealimentari, etc.)

Alopecia bilaterale, prurito, etc. Anamnesi, esami ormonali, istologia(biopsia), test allergici, etc.

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• Spazzolamento o pettinamento del mantello- Per evidenziare ectoparassiti del mantello (Cheyle-

tiella, Leporacarus, Chirodiscoides, Myobia, etc.)• Test di patologia clinica (ematochimica, sierologia, etc.)• Test ormonali

Le principali diagnosi differenziali per le dermatopatie deipiù comuni mammiferi esotici da compagnia sono schema-tizzate nelle tabelle 1 (coniglio), 2 (furetto), e 3 (roditori).

In conclusione lo scopo dell’esame dermatologico è quel-lo di identificare la causa del problema cutaneo e delle even-tuali condizioni predisponenti. L’iter diagnostico deve: - Includere l’uso di test diagnostici in una sequenza logica- Consentire al veterinario clinico di comprendere i risul-

tati dei test diagnostici

Bibliografia

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Indirizzo per la corrispondenza:Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni AnimaliUniversità degli studi di Napoli “Federico II”E-mail: [email protected]

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TABELLA 3 - PRINCIPALI DERMATOPATIE DEI RODITORI

Patologia Sintomi principali Test diagnostico

Dermatofitosi(T. mentagrophytes, M canis, M. gypseum, etc.)

Croste, scaglie, alopecia Esame tricoscopico, lampada di Wood,coltura fungina.

Ectoparassitosi(Demodex spp., Notoedres spp, T. caviae,C. caviae, G. porcelli, G ovalis, M. musculi, M, musculinus, etc.)

Prurito, croste, scaglie, alopecia, forfora,convulsioni, etc.

Raschiato cutaneo, scotch test, esame tri-coscopico, spazzolamento.

Virosi (Hamster poliomavirus, coronavirus, etc.)

Noduli, papillomi, fibromi Istologia (biopsia), isolamento virale

Forme batteriche(S. zooepidemicus, Staphylococcus spp.,Streptococcus spp,, Pseudomonas spp., T. paraluiscuniculi, etc.)

Ascessi sottocutanei, dermatiti umide,eritema, vescicole, ulcere, linfo-adenitecervicale, etc.

Citologia, istologia (biopsia), batteriolo-gia cutanea

Neoplasie(Lipoma, fibroma, fibrosarcoma, SCC,tricofollicoloma, tricoepitelioma, mela-noma, melanocitoma, carcinoma, etc.)

Neoformazioni cutanee Citologia, istologia (biopsia).

Patologie endocrine, Condizioni compor-tamentali Errori gestionali, etc.(Iperadrenocorticismo, cisti ovariche,barbering, pododermatite, IpoviataminosiC, adenite sebaceea, tail slip, fur slip,etc.)

Pelo tranciato, pelo ispido, eritema, alo-pecia bilaterale, essudazione cutanea, etc.

Anamnesi, esami ormonali, citologia,istologia (biopsia).

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Si definisce autodeplumazione un comune comportamen-to patologico per cui gli uccelli si strappano le piume; tutta-via sono noti altri comportamenti in cui gli uccelli si dan-neggiano il piumaggio in altro modo, ad esempio troncandoil calamo della penna al punto in cui emerge dal follicolo,masticando il calamo stesso oppure strappandone le barbe oanche semplicemente mangiucchiando l’estremità della pen-na. Tutte queste manifestazioni vengono raggruppate sotto ilnome di “Sindrome di autodeplumazione” o più corretta-mente con un termine anglosassone “Feather DamagingBehaviour” (FDB). In alcuni soggetti i comportamenti auto-deplumatori possono degenerare in vera e propria automuti-lazione in cui le lesioni prodotte dal becco e/o dalle zampeinteressano la cute e i tessuti sottostanti. Entrambi i fenome-ni (che possono apparire contemporaneamente o indipen-dentemente) possono manifestarsi in vario grado, dal sem-plice rosicchiamento di una o due penne ad ampie aree delcorpo completamente deplumate fino a profonde ferite sulpetto o a carico delle dita.

La sindrome da autodeplumazione è un problema univer-sale in medicina aviare, interessando non solo pappagallimalgestiti e trascurati, ma anche (sebbene molto meno fre-quentemente) riproduttori alloggiati in voliere esterne, pap-pagalli mantenuti in condizioni ottimali e soggetti da com-pagnia ottimamente socializzati e con ottimo rapporto coiloro proprietari.

È importante comprendere che autodeplumazione e auto-lesionismo sono SINTOMI e non malattie: e, come spesso inmedicina aviare, esistono moltissime differenti patologie, siaorganiche sia comportamentali, che si esprimono con questisintomi. Solo un lavoro diagnostico accurato può consentir-ci una diagnosi precisa permettendoci così di massimizzarele probabilità di instaurare una terapia efficace.

La prima cosa da fare è distinguere se il pappagallo pre-sentato come feather picker è veramente tale oppure se sitratta di un soggetto affetto da alcune malattie che induconoanormalità di crescita e sviluppo del piumaggio, come leinfezioni da polyomavirus (APV) e da circovirus (PBFDV).

Un tratto distintivo del vero feather picker è che le pennesono danneggiate solo in zone dove il pappagallo può arriva-re col becco, mentre sul capo conservano un aspetto normale.Una possibile eccezione a questa regola è data dai pappagalliche subiscono la deplumazione da parte di un altro uccello (disolito il compagno, come espressione di eccessiva dominanzadi un membro della coppia sull’altro): in questi casi spesso latesta è la sola regione del corpo danneggiata.

Una volta che sia stato appurato che ci troviamo realmen-te di fronte a un caso di autodeplumazione, un approcciosistematico è fondamentale.

Un’accurata anamnesi è parte fondamentale dell’approcciocorretto al volatile che si autodepluma. È importante capire inquali condizioni è tenuto l’animale, a cominciare dalle dimen-sioni e collocazione della gabbia, al tipo e numero dei posatoi,alla presenza in casa di altri uccelli o animali diversi, al nume-ro di ore che l’animale passa da solo e viceversa di quantaattenzione è oggetto da parte di uno o più membri della fami-glia, senza dimenticare di informarsi su quante ore di sonnogli sono concesse. Anche la presenza e la natura di giocattolie passatempi, come pure la possibilità di fare il bagno e quel-la di muoversi liberamente nell’ambiente vanno esplorate. Ilcibo presente nelle mangiatoie e la pulizia della gabbia spes-so sono spie importanti per formulare una diagnosi. È neces-sario anche raccogliere la storia dell’animale: provenienza,tempo presso l’attuale proprietario ed eventualmente famiglieprecedenti; sono note le condizioni in cui l’animale vivevaprima e le eventuali patologie presentate precedentemente?Importante è investigare la muta del paziente: durata, fre-quenza ed eventuali irregolarità sono tutte importanti pervalutare un caso di feather picking. Infine questioni di ordinepiù squisitamente “psicologico” potrebbero essere attinenti astress recentemente subiti, come cambiamenti nella colloca-zione della gabbia, cambiamenti nell’ambiente domestico(es., mobili spostati o quadri cambiati) come pure stress socia-li, tipo introduzione o perdita di un compagno, disarmonienell’ambiente familiare, morte di un componente della fami-glia (umano o animale che fosse). A volte può essere sensato

Approccio clinico alla FDB (Feathe Distructive Behaviour)degli psittaciformi

Alessandro Melillo

Med Vet, Roma

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distribuire ai clienti un questionario prestampato per assicu-rarci un’anamnesi il più possibile corretta.

L’anamnesi può grossolanamente indirizzarci fra i tregrandi gruppi di fattori che causano fenomeni di autodeplu-mazione: cause organiche, cause ambientali e cause com-portamentali, ma seguire un protocollo diagnostico comple-to è sempre consigliabile. Spesso non è facile individuarecon precisione un’unica causa, sia per limitazioni diagnosti-che imposte dal paziente e/o dal proprietario, sia perchéspesso alle cause organiche o ambientali che hanno dato ori-gine al fenomeno col tempo si sommano o si sostituisconoproblematiche comportamentali.

Le patologie primarie della cute possono essere confer-mate o escluse tramite una biopsia cutanea; tuttavia essendoil trauma legato all’autodeplumazione causa esso stesso diinfiammazione della cute è necessario prelevare almeno duecampioni bioptici, uno da una zona deplumata e uno da unazona al di fuori della portata dell’animale, di solito dallatesta o dal collo. In questo modo si possono individuarefenomeni infiammatori della cute e in alcuni casi l’agenteeziologico: batteri Gram positivi (Streptococcus spp eStaphylococcus spp), Gram negativi (Aeromonas spp ePseudomonas spp), Mycobatteri (molto raro), funghi e lievi-ti (Candida spp, Aspergillus spp, Malassezia e dermatofiti)sono stati individuati come causa di dermatofollicoliti.

Una patologia caratteristica degli Insepararabili (Agapornisspp) è la polifollicolite, fenomeno per cui più calami emergo-no dallo stesso follicolo, causando intenso prurito e rispostaautomutilatoria. Spesso inizia come una dermatite intensa-mente pruriginosa prima ancora che le anormalità del follico-lo siano evidenti; zone classiche sono il collo e il dorso. È sta-ta proposta una causa infettiva in quanto molti inseparabilicon questo problema sono risultati positivi al polyomavirus,ma molti altri casi risultano invece negativi per cui l’eziologiareale è ancora ignota. Gli Agapornis sono anche molto sog-getti a dermatiti localizzate di solito al patagio, di eziologiaspesso oscura e conseguentemente difficili da trattare.

La malnutrizione è una delle principali cause di malattianegli uccelli e le sindromi da autodeplumazione non sfuggo-no a questa regola. Una dieta carente in Vit A, calcio e protei-ne e ricca di grassi, come la maggioranza dei “misti per pap-pagalli” commerciali, quasi invariabilmente risulta in unuccello obeso, con pelle sottile e ipotrofica, pruritico e con latendenza a beccarsi le penne, esacerbata anche da problemimentali connessi sia con gli squilibri alimentari che con glierrori gestionali, di solito commessi dai proprietari poco infor-mati che utilizzano questo genere di miscele. In molti casi laconversione del pappagallo a una dieta varia ed equilibrata,ricca di alimenti freschi e comprendente anche una considere-vole razione di alimenti estrusi di alta qualità è sufficiente afar scomparire il comportamento automutilatorio, se patologiesecondarie, organiche o mentali, non sono ancora insorte.

La pica e l’automutilazione possono essere espressione dimoltissime patologie sistemiche: se patologie primarie dellacute vengono escluse è indispensabile un accurato protocollodiagnostico che potrà comprendere esame coprologico con esenza colorazioni; profilo ematochimico ed elettroforesi, esamisierologici e dosaggi ormonali; esami tossicologici per la ricer-ca di metalli pesanti; esami batteriologici e micologici dalla

coana e dalla cloaca ed esami radiografici per valutare la formae la dimensione degli organi interni, soprattutto il fegato e lamilza nonché i sacchi aerei. Fra i disturbi sistemici che posso-no manifestarsi con comportamenti di autodeplumazione-auto-mutilazione ricordiamo le parassitosi intestinali (soprattutto lagiardiasi nelle calopsitte), i parassiti ematici, le patologie a cari-co del fegato di diversa origine infettiva, tossica o degenerativa,le infiammazioni croniche o granulomatose a carico dei sacchiaerei. Una sensazione algica localizzata spesso stimola il pap-pagallo a beccarsi le penne e mutilarsi la cute in quella zona: èil caso delle affezioni gastrointestinali ed epatiche che si mani-festano con beccamento a carico della regione addominale, maanche delle artriti o dei dolori ossei (lesioni ad esempio sulle ali)o della gotta (mutilazione delle dita soprattutto nelle Amazzo-ni). Anche l’intossicazione cronica da zinco è stata implicata indiversi casi di feather picking.

Campi di esplorazione recenti sono quelli delle patologieendocrine (soprattutto ipotiroidismo) e delle allergie alimenta-ri e ambientali. L’ipotiroidismo negli Uccelli è considerato undisturbo raro, ma è possibile che sia semplicemente molto sot-todiagnosticato dati i valori normalmente molto bassi di TT4(tiroxina totale) che spesso vengono letti in maniera approssi-mativa dai macchinari in uso per i mammiferi; inoltre moltiUccelli appaiono ricadere nella categoria degli “euthyroid sickpatients” cioè dei soggetti clinicamente ipotiroidei ma in cuinon si riesce a confermare un livello costantemente basso ditiroxina. Va inoltre notato che i modelli sperimentali di ipoti-roidismo mostrano piumaggio alterato e muta ritardata oincompleta, ma non autodeplumazione, per cui il vero ruolo diquesta disendocrinia nelle sindromi di autodeplumazione eautomutilazione va valutato con attenzione, sebbene ci sianodiverse testimonianze di miglioramento o anche risoluzione inseguito a terapia (o integrazione) con ormone tiroideo.

Un’allergia va sospettata quando il paziente appare real-mente pruritico e quando si può notare una certa stagionali-tà o coincidenza dei picchi del fenomeno con il contatto conqualche potenziale allergene. È controverso se gli Uccellipossono realmente soffrire di allergie, dato che mancano diIgE: tuttavia è dimostrato che le loro IgY ricoprono alcunefunzioni delle IgE dei Mammiferi e che si possono ritrovaremastociti nella cute aviare. La biopsia cutanea in caso diun’allergia riporta un problema infiammatorio cutaneo dif-fuso senza che si evidenzi una causa precisa. Un protocollodi test intradermici è stato studiato sulle Amazzoni ma l’e-strema sottigliezza della cute dei pappagalli rende difficilestandardizzare la manualità e quindi la risposta al test.

Molto di recente il Bornavirus, probabile agente principa-le della PDD, è stato reperito in diversi pazienti affetti daautodeplumazione, in cui causerebbe una neurite cronicafonte dello stimolo algico che indurrebbe alla deplumazione.

Se non si riesce ad individuare alcuna causa organica chespieghi l’autodeplumazione, allora si ipotizza un problema psi-cogeno e il caso diventa di competenza di un comportamentali-sta. È importante ricordare che anche quando si individui unapatologia organica causa di autodeplumazione, trattando speciepsicologicamente complesse come gli Psittacidi è fondamenta-le mettere in atto le dovute modifiche ambientali e di gestioneper andare incontro alle esigenze etologiche del paziente inmodo da fornirgli tutti i mezzi per una rapida guarigione.

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La radiologia dei rettili è una disciplina in rapido svi-luppo. In questi ultimi mesi sono state pubblicate diversenovità in tale ambito relative al posizionamento, all’ese-cuzione e all’interpretazione delle radiografie stesse.Alcuni di questi studi possono cambiare la nostra praticaclinica quotidiana.

L’obiettivo di questa relazione è di riassumere le piùrecenti novità, focalizzandosi su quelle con importanteriscontro clinico.

POSIZIONAMENTO IN CHELONI

Storicamente diversi fattori nel posizionamento dei che-loni si sospettava andassero ad influenzare la valutabilitàdelle radiografie. In particolare, la retrazione degli artiall’interno del carapace e il mancato utilizzo del fascioorizzontale. Uno studio recente (Mans et al 2013) ha valu-tato come l’effetto della posizione corporea, dell’estensio-ne del collo e delle estremità andassero ad influenzare ladimensione dei campi polmonari in tartarughe dalle orec-chie rosse (Trachemys scripta elegans). A tal fine su 14 Tra-chemys adulte si stimava il volume dei campi polmonarimediante tomografia computerizzata in varie condizioni: sivalutavano tartarughe coscienti in decubito ventrale, latera-le sinistro, laterale destro e caudale (i.e., simulando unaradiografia antero-posteriore, con il piastrone a 90 gradirispetto al piano di appoggio). Le tartarughe venivano poisedate e si stimava il volume polmonare dopo aver estesogli arti ed il collo. Nonostante il volume polmonare totalenon variasse a seconda del decubito, il volume polmonaredipendente era significativamente diminuito in decubitolaterale destro, laterale sinistro e caudale, se comparato conil volume in decubito ventrale. La mancanza di diminuzio-ne del volume totale polmonare si giustificava con unaumento compensatorio del tessuto polmonare non-dipen-dente. L’estensione delle estremità e del collo aumentavasignificativamente il volume totale polmonare (127 ± 35

mL) in comparazione con il volume polmonare di tartaru-ghe con testa, collo ed estremità all’interno del carapace(103 ± 40 mL). In conclusione i posizionamenti “verticali”(i.e., latero-laterale sinistro, destro e antero-posteriore)influenzano significativamente il volume polmonare, possi-bilmente alterando l’interpretazione delle radiografie otte-nute in tale posizione.

Di conseguenza l’impiego del fascio orizzontale in che-loni è attualmente supportato da evidenza scientifica. Inol-tre l’estensione di arti e collo potrebbe essere utile per otti-mizzare la quantità di volume polmonare esaminata duran-te le radiografie.

POSIZIONAMENTO IN OFIDI

Sedazione o contenzione tramite tubi sono metodi rite-nuti necessari in serpenti sottoposti a tomografia compute-rizzata, vista la loro attitudine ad arrotolarsi. In uno studiorecente (Hedely et al 2014) si è investigato se vi fosseeffettivamente una variazione nell’aspetto polmonare inpitoni reali che assumevano una posizione di arrotolatola-mento rispetto a pitoni reali in posizione estesa. A tal finesi eseguivano scansioni TC su dieci pitoni reali sani primaarrotolati e successivamente in posizione estesa all’internodi tubi plastici. Le immagini venivano riformattate e com-parate. Il tempo necessario per il posizionamento era signi-ficativamente inferiore nei serpenti arrotolati. Lo spessoredel parenchima polmonare era maggiore in diversi puntinei serpenti arrotolati. Anche l’attenuazione polmonare eramaggiore nei serpenti arrotolati rispetto ai serpenti in posi-zione estesa. Sulla base di questo studio, ci possono esseredelle significative variazioni di attenuazione e spessore delparenchima polmonare in pitoni reali arrotolati rispetto alposizionamento esteso. Non è chiaro quanto tali alterazio-ni influiscano dal punto di vista clinico, ma in mancanza dialtri studi suggeriamo di eseguire le scansioni con gli ofidiin posizione estesa.

Cosa c'è di nuovo nella diagnostica per immagini dei rettili

Giordano Nardini

Med Vet, Dr Ric, Bologna

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ANIMALI ESOTICI

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STUDIO CONTRASTOGRAFICO DELTRATTO DIGERENTE IN DRAGHI BARBUTI

Nonostante lo studio contrastografico sia un metodocomunemente usato e non-invasivo per valutare il trattodigestivo, in draghi barbuti (Pogona vitticeps) non eranodescritte modalità e tempi di esecuzione. In uno studiorecente (Grosset et al 2014) si stabiliva l’anatomia radiogra-fica e gli intervalli di riferimento per il tempo di transito dimezzo di contrasto nell’apparato gastroenterico di sette dra-ghi barbuti.

Una sospensione di bario al 35% era somministrata trami-te sondaggio esofageo ad un dosaggio di 15 ml/kg. Le radio-grafie venivano eseguite in proiezione latero-laterale e dor-soventrale a 0, 15, 30 minuti, 1, 2, 4, 6, 8, 12 ore, e poi ogni12 ore fino a 96 ore dopo la somministrazione di bario. Losvuotamento gastrico si completava in 4-24 ore. Il digiunoed il piccolo intestino avevano tempi di svuotamento cheandavano da 30 minuti a 2 ore e da 24 a 48 ore, rispettiva-mente. Il cieco aveva un tempo medio di svuotamento di 10ore ed il contrasto raggiungeva il colon in 12-72 ore dallasomministrazione. Il tempo di transito intestinale era mag-giore rispetto a quello delle iguane (Smith et al 2001). Talidifferenze interspecifiche devono essere prese in considera-zione quando si eseguono questi studi contrastografici. Inconclusione, la contrastografia del tratto digerente tramite

sospensione di bario risultava sicura e clinicamente infor-mativa nei draghi barbuti (Grosset et al 2014). Va menzio-nato come una tecnica similare sia stata sviluppata in pitonireali (Banzato et al 2012), nei quali è risultata ottimale lasomministrazione di 25 mg/kg di una sospensione di bario al35%.

Letteratura citata

Banzato T, Russo E, Finotti L, Zotti A. Development of a technique for con-trast radiographic examination of the gastrointestinal tract in ballpythons (Python regius). Am J Vet Res. 2012 Jul;73(7):996-1001.

Grosset C, Daniaux L, Sanchez-Migallon Guzman D, Scott Weber E,Zwingenberger A, Paul-Murphy J. Radiographic anatomy andbarium sulfate contrast transit time of the gastrointestinal tract ofbearded dragons (Pogona vitticeps). Vet Radiol Ultrasound, earlyview 2014 Jan 13.

Hedley J, Eatwell K, Schwarz T. Computed tomography of ball pythons(python regius) in curled recumbency. Vet Radiol Ultrasound, earlyview 2014 Jan 20.

Mans C, Drees R, Sladky KK, Hatt JM, Kircher PR. Effects of body posi-tion and extension of the neck and extremities on lung volume mea-sured via computed tomography in red-eared slider turtles (Tra-chemys scripta elegans). J Am Vet Med Assoc. 2013 Oct 15;243(8):1190-6.

Smith D, Dobson H, Spence E. Gastrointestinal studies in the green iguana:technique and reference values. Vet Radiol Ultrasound 2001;42:515–520.

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LA VISITA

La visita oculistica nei NAC è spesso difficile e talvolta lavalutazione dei riflessi oculari è inattendibile; oltre all’algo-ritmo diagnostico di base, sono comunque sempre possibilied auspicati esami strumentali più approfonditi.

La valutazione della pressione endooculare è limitata apoche specie.

PRINCIPALI SPECIE E RELATIVEPATOLOGIE

Nei PESCI le palpebre sono presenti solo nei condroitti ela pupilla è generalmente poco mobile.

La visita prevede spesso un’anestesia generale: oltre ad unEOP, è suggerito procedere all’esecuzione di un vetrino perapposizione, ad una citologia, ad un’eventuale biopsia.

Le cheratiti sono le patologie oculari più diagnosticate:erosioni, edema e neovascolarizzazioni sono i principalisegni. Tra le cause più frequenti annoveriamo carenze nutri-zionali e parassiti.

La cataratta è mediamente rappresentata e può essere ori-ginata da traumi, parassiti, tossici, problemi metabolici egenetici.

Le patologie uveali sono numerose e non sempre è possi-bile scoprirne l’eziologia.

L’esoftalmo è un problema oculare frequentementedescritto, spesso subordinato a presenza di masse retro operi-bulbari.

La terapia è legata alla causa scatenante e può esseremedica o chirurgica: dopo antibiogramma e detersione siprocede con terapia antibiotica locale o sistemica.

Per oftalmiti severe od esoftalmo si ricorre quasi sempread enucleazione chirurgica.

L’anatomia dell’occhio degli ANFIBI è assai variabile.Oltre ad un EOP si può rendere necessaria l’esecuzione di

citologia, antibiogramma, vetrino per apposizione.

Se tra i selvatici prevalgono i problemi traumatici, traquelli in cattività riscontriamo soprattutto problemi metabo-lici come la cheratopatia lipidica.

Nonostante siano stati invocati svariati approcci terapeu-tici (chirurgici o farmacologici), nessuno di essi –ad ora- hafornito risultati adeguati.

Ugualmente frequenti sono le lesioni corneali per trauma-tismi: l’abitudine di molti anuri di sfregare l’avambracciosugli occhi tende inoltre a complicare la situazione. Una sta-bulazione in ambiente pulito, una terapia antibiotica locale esistemica offrono ottimi risultati.

In letteratura sono descritte cataratte, uveiti e neoplasiema rimangono eventi marginali.

I RETTILI presentano un’amplissima variabilità di classe.Un primo distinguo riguarda i cheloni acquatici e quelli

terrestri: se per le specie acquatiche le cheratiti e le con-giuntiviti sono abbondantemente rappresentate, nelle specieterrestri prevalgono lesioni da c.e. o patologie legate al letar-go nelle specie dei climi temperati.

Le specie carnivore/piscivore sono esposte a carenzenutrizionali per diete inadeguate: l’ipovitaminosi A causametaplasia squamosa che induce blefariti e cheratocongiun-tiviti, spesso associate a patologie respiratorie. La diagnosi èsemplice: blefaredema, continuo sfregamento degli occhi,presenza di placche bianco-giallastre nel fornice congiunti-vale suggeriscono tale condizione. Un’accurata pulizia, l’in-tegrazione di vit A e copertura antibiotica locale/sistemicarappresentano la terapia di scelta.

Le lesioni traumatiche possono presentarsi di entità varia-bile e talvolta è necessario procedere all’enucleazione.

Nelle specie terrestri ritroviamo frequentemente c.e. chesono all’origine di cheratocongiuntiviti: la loro rimozione,un lavaggio e una copertura antibiotica forniscono ottimirisultati.

Sempre nelle specie terrestri rinveniamo numerosi batteri,micobatteri e patologie virali.

I sauri presentano peculiarità anatomiche tra cui l’even-tuale presenza della squama occhiale.

I NAC e l’oftalmologia

Carlo Paoletti

Med Vet, Parigi (F)

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ANIMALI ESOTICI

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Le principali malattie oculari sono rappresentate da blefa-riti (neoplastiche, micotiche, batteriche, virali, traumatiche),congiuntiviti (c.e., infettive), cheratiti (cheratiti attiniche,traumatiche, metaboliche, infettive), ipopion ed ifema.

All’EOP possono seguire esami citologici, batteriologici,tamponi e lavaggi corneo-congiuntivali. La terapia sarà scel-ta in base alla causa eziologica.

La presenza dello spectaculum negli ofidi può causare laformazione di dacriocele in seguito all’ostruzione del dottonasolacrimale: se presenti batteri e leucociti, la raccoltarisulta purulenta. La terapia, oltre ad antibiotico sistemico,prevede l’incisione della squama, courettage e lavaggio.

Esistono poi problemi legati alla disecdisi: una o più muteincomplete determinano il sovrapporsi di numerosi specta-cula. Il miglior approccio medico prevede l’ottimizzazionedelle condizioni ambientali poiché una rimozione manualepuò condurre ad avulsione della squama sana con cheratiteda esposizione.

Le altre malattie oculari sono assai poco descritte.Tra gli UCCELLI predatori i principali problemi sono

traumatici: lesioni palpebrali, perforazioni corneali, distac-chi retinici, lussazioni lenticolari, ifema e lacerazioni sonofrequenti. Gli uccelli “da voliera” presentano invece un ven-taglio più ampio di malattie: congiuntiviti infettive (batteri-che, micoplasmatiche, protozoarie) e da c.e., blefariti trau-matiche o virali (poxvirus, influenzavirus, paramyxovirus,adenovirus...), cheratiti da esposizione, cataratta sono infattirelativamente frequenti.

A seguito di diete inadeguate, traumi, nei soggetti anzianipossiamo evidenziare cataratta, per la quale non vi sonogeneralmente approcci terapeutici.

La terapia locale ed eventualmente sistemica consente digestire la maggior parte delle cheratiti e congiuntiviti. L’ap-proccio chirurgico (flushing dei seni, blefaroplastica) è riser-vato a patologie più serie mentre l’enucleazione rappresentauna scelta in extremis, per i rischi ad essa associati.

Tra i MAMMIFERI l’oftamologia risulta più studiata.I carnivori (ed insettivori) sono rappresentati da furetti,

ricci, petauri, moffette, genette e visoni.Parlando di animali in cattività risultano significativi i

problemi legati ad una nutrizione inadeguata ed alla sene-scenza.

Nei mustelidi (furetti, visoni, moffette) e nei ricci oltrea congiuntiviti batteriche o da c.e., sono segnalate congiun-tiviti micobatteriche. Una visita accurata, un lavaggio ed unacopertura antibiotica sono la chiave di volta della terapia. Lacataratta è abbastanza frequente nei soggetti anziani e pur-troppo non esistono approcci risolutivi al problema: ladimensione dell’occhio rende improbabile una facoemulsifi-cazione. Per quanto riguarda i petauri le patologie franca-mente oculari sono, allo stato attuale dell’arte, poco rappre-sentate ed i principali problemi sono cheratocongiuntiviti daesposizione secondarie ad ascessi, generalmente odontoge-

netici. Un courettage chirurgico ed una gestione dell’asces-so sono invocati.

Tra i roditori ed i lagomorfi le patologie oculari sono assaipiù presenti.

Segnaliamo la cromodacriorrea (porfirine prodotte dallaghiandola di Harder) in condizioni di stress o malattia; lealtre malattie evidenziabili sono congiuntiviti da c.e., da irri-tazione chimica (scarsa igiene ed aerazione negli stabulari),infettive. La cataratta è abbastanza rappresentata, così comela proptosi del globo, l’ifema ed l’ipopion.

Per quanto riguarda i cincillà e le cavie sono frequenti ledacriocistiti per malattia dentaria, esoftalmo monolateraleper masse retrobulbari e, nelle cavie, congiuntiviti daChlamydiophila caviae.

Il coniglio rappresenta il paziente più frequente: lesionipalpebrali di origine traumatica o infettiva (mixomatosi)sono ben rappresentate.

Ricordiamo l’occasionale sviluppo di pseudopterigio peril quale non esistono reali soluzioni.

Congiuntiviti batteriche e da c.e. sono ugualmente benrappresentate come le dacriocistiti secondarie a malattiadentaria: in questo caso è necessario procedere ad un flus-hing delle vie nasolacrimali ed all’utilizzo di colliri antibio-tici, eventualmente addizionati di cortisonici. La patologiatende, in virtù del coinvolgimento della base ossea, ad esse-re cronica.

L’esoftalmo è frequente e, se bilaterale, è necessario esclu-dere un timoma o un linfoma; se monolaterale e progressivola principale causa appare essere una massa retrobulbare: l’e-nucleazione è spesso necessaria.

Le cataratte, le uveiti e le panoftalmiti sono infine benrappresentate: la causa principe di tali condizioni è fatta risa-lire alla presenza di E. cuniculi in sede intracapsulare. Talecondizione genera una cataratta facoclastica con conseguen-te uveite ed eventualmente panoftalmite. La terapia prevedefacoemulsificazione o enucleazione.

Bibliografia

GELATT-GELATT - Veterinary ophthalmic surgery. A comprehensive step-by-step guide to all types of ophthalmic surgical techniques - 1° ed.,Elsevier, 2011.

GELATT-GILGER-KERN - Veterinary ophthalmology - 5° ed., John Wiley& Sons, 2013.

PETERSEN-JONES - Manual of small animal ophthalmology - 2° ed.,BSAVA Publications, 2002.

RIVAL - Atlante d’Ophtalmologie des NAC - VETNAC Edition, 2007.WILLIAMS - Ophthalmology of exotic pets - 1° ed., John Wiley & Sons,

2012.

Indirizzo per la corrispondenza:E-mail: [email protected]: +337.81.40.37.75 - +393.40.25.96.620

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Il laser oggi rappresenta un importante ausilio nella tera-pia rigenerativa delle ferite degli animali d’affezione.

La stimolazione tissutale e l’aumento della produzione dicollagene, infatti, contribuiscono attivamente a velocizzare iprocessi di guarigione di piaghe e ferite nei mammiferi.

Gli effetti biologici della luce laser sono legati prevalen-temente ad una stimolazione dell’attività enzimatica cellula-re e ad un aumento della sintesi di ATP con conseguenteincremento della sintesi proteica e della replicazione cellula-re. La rigenerazione tissutale in corso di cicatrizzazionesembra stimolata dalla laser terapia grazie all’aumento dellosviluppo dei fibroblasti e all’effetto positivo sulla produzio-ne di collagene. Il laser, inoltre, agisce anche come decon-gestionante favorendo la vasodilatazione locale e aumentan-do di conseguenza anche il drenaggio linfatico nell’area trat-tata. La luce laser inoltre è in grado di stimolare la forma-zione e lo sviluppo di nuovi vasi ematici.

Alcuni ricercatori ritengono che possa aiutare nella modu-lazione del dolore infiammatorio e aumentare il rilascio diendorfine e encefaline. Nell’utilizzo del laser a diodi a finiterapeutici un ruolo importante è giocato dalla distanza tra lafonte di luce e il tessuto da trattare, aumentando tale misural’intensità della luce è ridotta in maniera esponenziale. Inlinea generale si possono distinguere 2 principali modalità diutilizzo del laser: a contatto e non a contatto.

Un altro aspetto interessante riguarda la lunghezza d’on-da della luce laser utilizzata, in linea generale è possibileaffermare che lunghezze d’onda più corte (685 nm) sianoindicate esclusivamente per lesioni superficiali mentre lun-ghezze d’onda più lunghe (830 nm) possano essere utili sulesioni che coinvolgono anche tessuti più profondi.

Inoltre è possibile distinguere la cosiddetta Low LevelLaser Therapy (LLLT) che utilizza apparecchiature conpochi milliwatts (mW) di potenza e la terapia con HardLaser che prevede l’utilizzo di apparecchiature in grado diarrivare a potenze nettamente superiori (1-6 W). Solitamen-te la LLLT viene utilizzata in modalità a contatto mentre laterapia con hard laser non a contatto.

Nell’ambito della medicina degli animali esotici da com-pagnia il laser può giocare un ruolo fondamentale permigliorare le condizioni cliniche di pazienti particolarmentedelicati.

In pazienti molto sensibili allo stress, come i piccoli mam-miferi non convenzionali o i rettili, è fondamentale riuscirea ridurre al massimo i tempi di recupero post operatorio o ilricovero in clinica in seguito a gravi lesioni cutanee.

Il trattamento post operatorio degli ascessi odontogenicidei conigli e dei roditori, le podoermatiti ulcerative, le otitiesterne, le lesioni post letargo dei cheloni o le ustioni dei ret-tili sono solo alcune delle patologie in cui la laser terapiapuò fornire un valido ausilio ai trattamenti convenzionalipermettendo un più rapido recupero dei pazienti.

Nei casi trattati la laser terapia è stata eseguita utilizzandoun laser a diodi con lunghezza d’onda di 808 ± 10 nm inmodalità di emissione continua (CW mode). I trattamentisono stati eseguiti non a contatto utilizzando un manipolo adonda piana mantenuto a 3 cm di distanza dalle lesioni.

A seconda della situazione l’energia utilizzata sulle lesio-ni può variare dai 4 ai 10 joule per centimetro quadrato e lapotenza utilizzata dai 0,3 a 1,2 Watt.

La durata dei trattamenti è compresa tra i 30 i 60 secondie il numero di sedute da 6 a 12.

Lesioni acute, come per esempio le lesioni chirurgiche,richiedono in media un minor numero di trattamenti e dosag-gi più bassi rispetto a lesioni croniche. Il laser inoltre ha effi-cacia solo sei i tessuti trattati sono vivi, pertanto in caso dipresenza di materiale necrotico è sempre opportuno esegui-re una pulizia chirurgica della ferita in anestesia generale alfine di cruentare i tessuti.

I trattamenti laser sono considerati sicuri, in quanto pri-vi di effetti collaterali diretti anche se va comunque ricor-dato che è sempre necessario adottare misure protettive pergli occhi degli operatori e dei pazienti, che è sconsigliabi-le l’utilizzo di questa tecnologia in caso di neoplasie, sufemmine gravide e quando i pazienti sono sotto terapia consteroidi.

Terapia rigenerativa negli animali esotici da compagnia: utilizzo ed efficacia del laser a diodi

Igor Pelizzone

Med Vet, Reggio Emilia

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ANIMALI ESOTICI

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In conclusione, sebbene siano necessari altri studi ariguardo, possiamo affermare che la laser terapia può diven-tare un concreto ed utile strumento per migliorare i tempi diguarigione delle ferite negli animali esotici da compagnia.

Letture Consigliate:

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2. Alexandratou E, Yova D, Handris P, et al. Human fibroblast altera-tions induced by low power laser irradiation at the single cell levelusing confocal microscopy. Photochemical & Photobiological Scien-ces, 1 (8): 547–552, 2002.

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Indirizzo per la corrispondenza:Ambulatorio Veterinario BelvedereReggio EmiliaE-mail: [email protected]

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Oggi si assiste ad un importante cambiamento di ten-denza: la richiesta di prestazioni veterinarie sui volatilidomestici è sempre maggiore, accompagnata pari passo daimportanti sviluppi della mangimistica applicata ai volatilid’allevamento, nonché dall’interesse di tutte le aziendelegate a detto movimento (produttori di gabbie e voliere,accessori, integratori, gadget). Il desiderio finale dellamaggior parte dei possessori di uccelli ornamentali è sicu-ramente quello di ottenerne la riproduzione. Nel momentoin cui per qualsiasi causa che interferisca con l’attivitàriproduttiva questa non avviene, si determina negli alleva-tori un malcontento a causa della perdita di un intero annoriproduttivo, fatto di sacrifici e dispendio economico, non-ché per la mancata possibilità di ottenere nuovi nati da pre-sentare alle mostre o da commercializzare. È un dato di fat-to che per i collezionisti ornitofili la mancata riproduzionefa perdere interesse per l’ornitofilia, infatti, i problemiriproduttivi, rappresentano un proficuo investimento inmedicina aviare. La presenza del veterinario esperto e lacollaborazione dello stesso all’interno di un allevamento èimprescindibile per una corretta diagnosi di queste proble-matiche spesso da ricercare in cause di tipo managerialepiuttosto che medico.

Il sopralluogo del veterinario in allevamento cominciacon la verifica di una serie di requisiti che l’allevatore ètenuto a rispettare. Questi sono d’ausilio al quadro anam-nestico al fine di sopraggiungere ad una diagnosi. Infatti, ilrispetto delle principali norme igieniche nelle struttured’allevamento, l’igiene alimentare, le tecniche di alimenta-zione, il rispetto di norme di quarantena dopo l’introduzio-ne di nuovi esemplari, e tante altre condizioni gestionali edi management vanno rilevate prima di effettuare qualun-que esame clinico sull’animale. Vista l’eterogeneità deipatogeni di un aviario, non di rado troviamo delle infezio-ni associate in grado di infettare contemporaneamente unostesso individuo. La mancata capacità di produrre uovafeconde e la mortalità dei pulli è un avvenimento ricorren-te all’interno delle collezioni di uccelli ornamentali.

CENNI DI ANATOMIA E FISIOLOGIA

Negli uccelli il sesso “Eterogametico” è quello femmini-le, infatti, le femmine posseggono due cromosomi sessualidifferenti (ZW). Il sesso maschile è quindi “Omogametico”,caratterizzato dalla presenza di due Cromosomi uguali (ZZ).Gli uccelli sono Ovipari, questo vuol dire che l’embriogene-si si completa all’esterno dell’organismo materno, durante lacova, che segue l’ovodeposizione.

I maschi presentano testicoli pari, mediali al polo crania-le del rene e caudali alle ghiandole surrenali, l’epididimo èposto dorsalmente al testicolo e si continua nel dotto defe-rente. I deferenti consentono la maturazione dello sperma ene permettono il passaggio nell’urodeo. A differenza dellamaggior parte dei mammiferi, negli uccelli non esistonoghiandole accessorie.

Nella femmina si sviluppa esclusivamente l’Ovaio di sini-stra in quasi tutte le specie (tranne in alcuni rapaci e nel Kiwibruno). Esso si trova medialmente al polo craniale del renee caudalmente alla ghiandola surrenale. Soltanto il 5% circadei piccioni e dei passeri presenta entrambe gli ovari ed ovi-dutti sviluppati.

L’ovidotto è distinto in 5 tratti: infundibolo, magno, ist-mo, utero e vagina. All’interno dell’infundibolo avviene lafecondazione attraverso la risalita dello sperma, nonché laformazione del tuorlo e degli strati calaziferi. Nel magnumsi forma l’albume ed il deposito di sali fondamentali per losviluppo embrionale come sodio, magnesio e calcio. L’istmoè deputato alla formazione delle membrane del guscio edinfine l’utero, anche chiamato “camera calcigena”, è respon-sabile per la formazione del guscio.

L’uovo, infatti, impiega circa 5 ore per giungere dall’in-fundibolo all’utero, dove permane per circa 20-26 ore primadella deposizione. La vagina, dotata di muscolatura la cuicontrazione permette l’espulsione dell’uovo, può essereestroflessa attraverso la cloaca al momento della deposizio-ne, così da ridurre al minimo la contaminazione fecale dellevie genitali.

Patologia della riproduzione, mortalità embrionale,neonatale e terapie pre- cova

Ignazio Pumilia

Med Vet, Marsala (TP)

Congresso Internazionale del TRENTENNALE SCIVAC 1984-2014 e delle SOCIETÀ SPECIALISTICHE - RIMINI, 29 MAGGIO / 1 GIUGNO 2014

ANIMALI ESOTICI

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FATTORI CHE INFLUENZANO L’ATTIVITÀRIPRODUTTIVA (CAUSE NON MEDICHE)

• Errato sessaggio dei riproduttoriCome ormai ben sappiamo, molte specie non presentano

un “dimorfismo sessuale” per cui,una determinazione delsesso errata rappresenta uno dei fattori che influenzanonegativamente l’attività riproduttiva. Risulta quindi di fon-damentale importanza ricorrere a tecniche di sessaggio chepossono essere attuate sia per via endoscopica sia attraversoanalisi genetiche.

• Età ed esperienza di una coppiariproduttrice

Nei volatili di taglia piccola, ma soprattutto negli uccelliche raggiungono la maturità sessuale più tardivamente, l’etàdeve essere sempre presa in considerazione. La maturità ses-suale va considerata non solo da un punto di vista puramentefisiologico e legato al reale completamento dello sviluppo del-le gonadi maschili e femminili, ma anche ad una serie di fatto-ri che influenzano la riproduzione, quali: l’esperienza dei sin-goli riproduttori, il fatto di essere nati dai genitori oppure diessere stati allevati dall’uomo. L’imprinting da parte dei geni-tori è molto importante e, benché non sia la regola, i volatilinati ed allevati da essi sarebbero più predisposti come coppiariproduttrice o quantomeno risulterebbero essere “più precoci”rispetto a quelli nati in incubatrice ed allevati dall’uomo.

• Cattivo partner assegnatoIn uno stesso allevamento di volatili, quando si crea una

nuova coppia, oltre a tener conto di un eventuale “disturbovisivo” tra coppie di gabbie adiacenti, bisogna considerare la“compatibilità tra i partner”. Pertanto, attendendo il temponecessario per la formazione di tale compatibilità, una giu-sta ed attenta osservazione da parte dell’allevatore potrebbedenunciare una eventuale aggressività o una eccessiva domi-nanza da parte di uno dei due riproduttori: ciò,infatti, potreb-be essere uno dei motivi di mancata riproduzione.

• Periodo dell’anno In base alla provenienza geografica delle specie, molti

volatili in cattività non riescono a rispettare le proprie abitu-dini ancestrali, per cui alcune caratteristiche come “ Tempe-ratura e Umidità” non sempre giocano un ruolo fondamenta-le durante la riproduzione. Al contrario invece alcuni passe-riformi sembrano aver bisogno di queste condizioni.

• Fotoperiodo (a luce naturale oartificiale)

Nei passeriformi è fondamentale incrementare le ore di lucegiornaliere per stimolare la secrezione dell’ormone luteiniz-zante. L’allungarsi del fotoperiodo, infatti, insieme ad una cor-retta alimentazione, permette di ricreare ciò che avviene innatura, cioè l’aumento della disponibilità di cibo in corrispon-denza delle stagioni calde. In molte altre specie, come i pappa-galli od altri volatili tropicali, l’aumento delle ore di luce nongiocherebbe un ruolo importante, per ovvi motivi stagionali.Un animale tropicale in natura non è sottoposto a cambiamen-ti stagionali repentini tipici di altri climi.

• Assenza di stimoli di gruppoTante specie, non soltanto quelle che vivono in colonia,

necessitano, soprattutto se in cattività, di stimoli vocali e, incerti casi, anche visivi provenienti da altri uccelli, in assen-za dei quali sarebbero meno propensi alla riproduzione.

• Dimensioni inadeguate della gabbia La valutazione della grandezza, della forma o del luogo in

cui è posizionata la gabbia o voliera sono di fondamentaleimportanza; per cui, un’attenta valutazione in relazione allaspecie risulta fondamentale ai fini riproduttivi.

• Nidi inadeguati o malfissatiAnche in questo caso per ottenere dei buoni risultati dal

punto di vista riproduttivo è necessario conoscere a fondo lespecie e valutarne le abitudini che assumono in natura, met-tendo a disposizione il materiale idoneo. Molti uccelli nidi-ficano in tronchi cavi ed in condizioni di scarsa illuminazio-ne, per cui necessitano di “cassette nido” le cui forme edimensioni somiglino a quelle della natura. Altri uccelli,come ad esempio molti passeriformi, costruiscono il proprionido sugli alberi, di conseguenza, oltre a fornire loro uncestino adatto e/o dei finti rami di albero che camuffino ilnido, è fondamentale mettere a disposizione di queste speciedel materiale come sfilacci di corda, fibra di cocco, cotone,rametti, setole o peli per la formazione del nido. Nidi inade-guati o addirittura fissati in modo instabile renderebberoinvece la riproduzione impossibile.

• Disturbo dei riproduttoriRisulta abbastanza ovvio comprendere come molti fattori

esterni possono impedire la riproduzione, come ad esempio:continue intrusioni da parte di persone o animali, eccessivirumori ecc… Tutto questo arreca disturbo ai volatili di unallevamento distogliendoli dai naturali rituali d’accoppia-mento.

FATTORI CHE INFLUENZANO L’ATTIVITÀRIPRODUTTIVA (CAUSE MEDICHE)

Malnutrizione (alimentazione non idoneacarenze-eccessi)

Una delle principali cause di infertilità negli uccelli èlegata sicuramente ad una alimentazione inidonea in relazio-ne alla specie od al periodo dell’anno. Ad esempio, una die-ta che precede il periodo pre-cova carente o priva di ami-noacidi, vitamine, zuccheri e acidi grassi prontamente dis-ponibili e digeribili porterebbe ad una riduzione non solodella fertilità dei riproduttori ma anche della vitalità dei neo-nati, oltre che ad una predisposizione per patologie di origi-ne infettiva.

Di contro, lo zelo eccessivo da parte di molti allevatorispesso indirizza gli stessi alla somministrazione abbondantedi prodotti per stimolare la riproduzione, causando un inuti-le e dannoso sovraccarico.

Ad esempio, la somministrazione spropositata di prodottia base di “vitamina E” provoca un aumento dell’aggressivi-tà e focosità dei riproduttori.

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ObesitàL’obesità nei soggetti iperalimentati o predisposti a questa

patologia può provocare inerzia dell’ovidutto nelle femmineed impedimento nella copula nel maschio. Infatti, il grassoaddominale impedirebbe meccanicamente il progredire del-l’uovo ed anche la risalita dello sperma all’interno dell’ovi-dutto. Nei maschi non provvisti di pene invece non avver-rebbe una corretta eversione della cloaca oltre ad esistere unimpedimento meccanico da parte del grasso addominaledurante l’atto della copula.

Piume intorno alla cloaca (razze Gloster,Border, Yorkshire)

Alcune razze di canarini come Gloster, Border, Yorkshire,provviste di un folto piumaggio intorno alla cloaca, dovreb-bero essere tolettate prima dell’accoppiamento cosi da evita-re questa risolvibile causa di infertilità.

-Lesioni muscolo scheletrichePatologie come malformazioni muscolo scheletriche, frat-

ture ossee, lussazioni o comunque tutto ciò che provoca alte-razione dell’equilibrio durante la copula, possono esserecausa di infertilità.

Malattie infettive (infezioni batteriche,micotiche, virali, parassitarie).

Le malattie infettive, siano esse batteriche, micotiche,virali, parassitarie o metaboliche, possono creare infertilità oaddirittura sterilità permanente e causare mortalità embrio-nale e/o neonatale. Esempi più frequenti sono le infezioni daSalmonella, Escherichia coli, Micoplasmi, Stafilococchi eStreptococchi, Chlamydophila psittaci, Aspergillus spp,Candida spp., Macrorhabdus ornitoghaster, Circovirus,Poliomavirus, Paramixovirus ecc…

Trattamenti antibiotici inadeguati Molte sono le categorie farmacologiche oggi impiegate in

ambito medico aviare: Antibiotici, Antimicotici, Antiproto-zoari, Antielmintici, Antiparassitari, ecc...Allo stesso tempo,sono sempre più numerosi gli allevatori che attualmente fan-no ricorso all’uso indiscriminato di antibiotici, spesso utiliz-zando il canale del “passa parola” e senza una preventivadiagnosi veterinaria confermata attraverso analisi di labora-torio. Pur rispettando la loro competenza,si tratta di una cat-tiva abitudine che sta favorendo il diffondersi della Farma-coresistenza Batterica ciò contribuisce ad aumentare la per-centuale di soggetti che, sottoposti a questi inutili trattamen-ti, vanno incontro ad infertilità.

MALATTIE BATTERICHE PIÙ FREQUENTIche causano infertilità, mortalitàembrionale e neonatale:

Infezioni da Gram-

Infezione da Escherichia coliL’Escherichia coli appartiene all’Ordine delle Enterobac-

teriales, Famiglia Enterobacteriaceae, genere Escherichia.Esso è responsabile delle diverse forme di colibacillosi.

E.coli può indurre stati morbosi in tutte le specie di volatilidomestici e selvatici ma i più sensibili sembrano essere i pic-coli passeriformi granivori. Questo batterio è naturalmentepresente nell’ambiente, tanto che anche le comuni miscele disemi per l’alimentazione dei volatili risulterebbero veicolarequesto germe. Tale batterio esplica la propria azione patoge-na tramite la produzione di tossine (esotossine ed endotossi-ne). I batteri eliminati con le feci possono risalire la cloaca ecausare infezioni per via ascendente. Le uova imbrattate conle feci di un soggetto eliminante E.coli, possono determina-re mortalità embrionale per penetrazione del germe all’inter-no dell’uovo. Il periodo di incubazione è variabile. Le formedi colibacillosi comprendono: 1. onfalite ed onfalo flebite del pullus; la presenza del bat-

terio all’interno dell’uovo durante il periodo di incuba-zione è causa di mortalità embrionale tardiva. I pullusche riescono a nascere, muoiono nella prima settimana divita. Essi si presentano edematosi, con piumino bagnato,addome rigonfio di colore scuro. I passeriformi mostra-no il cosiddetto “puntino nero” che rappresenta la cole-cisti ingrossata e la presenza di alimento non digerito(semi integri) nel tratto terminale dell’intestino tenue.

2. colisetticemia; colpisce soggetti di tutte le età. Essi sipresentano con piumaggio arruffato, anoressia, letargia ediarrea. Questa forma potrebbe essere responsabile diproblemi neurologici come incoordinazione dei movi-menti e torcicollo, a causa della localizzazione dei germia livello del sistema nervoso centrale. Mortalità elevata.Importante eseguire una diagnosi differenziale.

3. enterite colibacillare ; Provoca un’enterite acuta o unasindrome da malassorbimento cronica. I soggetti mostra-no diarrea con muco nelle feci. Formazione di tappi difeci consolidate attorno alla cloaca.

4. forma respiratoria; Questa forma, che può essere acutao cronica, è la conseguenza della colonizzazione diE.coli a livello di trachea, bronchi, polmoni, sacchi aereie seni infraorbitali. I soggetti presentano scolo nasale,sinusite con ingrossamento dei seni, rantoli respiratori,dispnea, letargia ed anoressia. Importante eseguire unadiagnosi differenziale.

5. forma genitale; Essa rappresenta una delle forme piùfrequenti. In questo caso, E coli colonizza ovaio ed ovi-dutto per via ascendente attraverso la cloaca, per viaematica o per via discendente attraverso un infezionerespiratoria. Ciò comporta un’elevata percentuale diuova infeconde, con guscio molle o senza guscio dovuteall’infezione uterina. Nei maschi la stessa forma è causadi orchite e sterilità.

La terapia, vista l’elevata capacità del patogeno di acqui-sire farmaco resistenza, deve essere mirata, soltanto dopo ilrisultato dell’antibiogramma, previo isolamento del patoge-no. Durante e dopo il trattamento antibiotico, è molto impor-tante la pulizia e la disinfezione dell’aviario al fine di eradi-care la malattia.

Infezione da SalmonellaSalmonella appartiene alla famiglia delle Enterobacteria-

ceae. Il genere Salmonella comprende due specie, Salmonel-la enterica e Salmonella bongori. Queste sono a loro volta

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suddivise in sette sottospecie e 2400 sierotipi. Tutti i sieroti-pi isolati nei volatili appartengono alla specie Salmonellaenterica. Tutti i volatili ornamentali sono sensibili ai proble-mi causati da questo temibile batterio. La trasmissioneavviene sia tramite contaminazione fecale che per via verti-cale. La Salmonella esplica più frequentemente la propriaazione patogena a livello intestinale, pur provocando inalcuni casi setticemia e colonizzazione di tutti gli organi. Lasintomatologia è aspecifica. In uno stesso allevamento si rin-vengono sia forme acute con mortalità improvvisa non pre-ceduta da sintomi, che forme cronicizzanti con sintomirespiratori, neurologici, articolari, oculari, intestinali. Nelperiodo riproduttivo può esserci un’elevata percentuale disoggetti sterili, di uova infeconde o con mortalità embriona-le precoce e tardiva. Come per le altre malattie batteriche, èimportante eseguire l’esame batteriologico seguito dall’anti-biogramma per effettuare una terapia mirata. Le norme dipulizia e disinfezione, sono la “conditio sine qua non” pereliminare questo patogeno.

Infezione da Pseudomonas aeruginosa ed Aeromonas hydrophila

Questi agenti patogeni, che colpiscono tutte le specie,sembrano essere implicati nelle infezioni di origine secon-daria, soprattutto in caso di trattamenti antibiotici prolunga-ti nei confronti di altre infezioni batteriche. Aeromonas h. sirinviene maggiormente in ambienti acquatici. Nei beverinicon acqua stagnante questo patogeno può sopravvivere perlungo tempo anche a basse temperature. Pseudomonas vienespesso trasmesso da uccelli selvatici come i piccioni chepossono fungere da portatori e disseminare nell’ambiente ilbatterio con i propri escrementi. Questi batteri esplicano lapropria azione patogena mediante la produzione di tossineche provocano un danno vasale e tissutale. I sintomi sonoprevalentemente respiratori ed enterici. Nella fase acuta del-la malattia determinano diarrea con conseguente disidrata-zione, seguono dispnea e morte. Dopo l’esame batteriologi-co e l’antibiogramma, si procederà con la terapia mirata.Prevenire rendendo pulito l’ambiente e le attrezzature d’al-levamento.

Infezione da Pasteurella (colera aviare)Pasteurella multocida è un batterio Gram- appartenente

alla famiglia delle Paseurellaceae. È altamente patogeno eprovoca una forma setticemica acuta con mortalità elevata.Esistono forme meno aggressive che provocano problemirespiratori. Le pasteurelle sono presenti nelle alte vie respi-ratorie e possono essere trasmesse per questa via in soggettisani da parte di animali portatori sani. La trasmissione attra-verso le feci è più rara. Anche questo tipo di batteri produceendotossine che causano un danno vasale e necrosi tissutale.Il morso del gatto può veicolare la pasteurella e provocarel’infezione. La malattia causa seri problemi respiratori e ladispnea precede immediatamente la morte. In alcuni casipuò essere presente sinusite infraorbitale, congiuntivite ediarrea. Nella rara forma cronica si possono osservare pro-blemi neurologici. La diagnosi, oltre che sull’esame batte-riologico, si basa sull’evidenziazione al microscopio dellapasteurella su impronte di organi (soprattutto il fegato) colo-

rati con blu di metilene. Esse si presentano come piccoli bat-teri di forma ovoidale, colorati alle estremità. Vista l’evolu-zione iperacuta di questa malattia, spesso non c’è il tempoper aspettare l’esito di un antibiogramma per cui, nei casisospetti, è opportuno eseguire una terapia con antibiotici adampio spettro. Poiché i gatti possono veicolare questo agen-te patogeno, bisogna prestare attenzione ad evitare il contat-to con i volatili.

Infezione da Yersinia pseudotubercolosisÈ un batterio Gram- che colpisce gli uccelli da gabbia

quando le condizioni igieniche sono scadenti e gli alimen-ti sono contaminati da topi, ratti, piccioni ed altri uccelliselvatici che possono veicolare questo germe. Yersiniapseudotubercolosis è molto resistente in ambiente esternoed il contagio avviene tramite le feci infette. Nella formaacuta, la morte è rapida e preceduta da un breve stato diprostrazione. Nelle forme sub-acuto croniche, i volatilidimagriscono progressivamente, presentano diarrea e disp-nea. Nei vari organi, soprattutto in fegato e milza, si ha laformazione di piccoli focolai necrotici sparsi. La terapiaantibiotica spesso non sortisce alcun effetto ma è comun-que opportuno trattare con molecole ad ampio spettro edisolare gli esemplari malati.

Infezione da CampylobacterNei volatili domestici, le infezioni da Campylobacter

jejuni sono più rare rispetto a quelle da Campylobacter coli.Essi sono bacilli Gram-, spiraliformi, mobili perché dotati diflagelli. Nonostante non sia frequente, la trasmissioneall’uomo è comunque possibile. Fringillidi ed estrildidi pos-sono essere portatori sani, in essi l’unica lesione è rappre-sentata da epatomegalia ed enterite. Il fegato, aumentato divolume, è evidente all’esame clinico per la presenza, in que-sti piccoli passeriformi, di una cute molto sottile che lasciatrasparire i lobi epatici oltre il margine posteriore della care-na dello sterno. Campylobacter è molto labile in ambienteesterno, per cui, l’isolamento di esso da campioni di feci vaeseguito in terreni di trasporto specifici. Uno striscio fecalecolorato con il metodo di Gram può essere utile ad eviden-ziare questi bastoncelli ricurvi. La terapia antibiotica deveessere supportata da una pulizia a fondo delle strutture diallevamento.

Infezioni da enterobatteriNella pratica dei controlli routinari negli allevamenti, è

comune il rinvenimento di batteri Gram- appartenenti allafamiglia delle enterobacteriaceae come Klebsiella spp, Ente-robacter spp, Pantoea spp, Acinetobacter spp, Burkolderiacepacia ecc. Alcuni tra questi batteri sono ritenuti apatoge-ni, ma se presenti in alta carica possono essere consideraticome “campanello d’allarme” soprattutto nei confronti deigiovani passeriformi durante lo svezzamento. Infatti, glistessi batteri possono essere causa di infezione primaria neinidiacei di fringillidi ed estrildidi e raramente lo sono neglipsittaciformi. Nei passeriformi adulti, il rinvenimento in altacarica dei sopramenzionati batteri, può essere causa di mor-talità embrionale tardiva. Un’altra importante osservazioneriguardante queste specie, risiede nel fatto che, se il polimi-

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crobismo viene rinvenuto negli adulti in alta carica, indicaun dismicrobismo che può essere legato a patologie conco-mitanti di altra origine, es.: concomitanza di polimicrobismoin alta carica e macrorhabdus. In questi casi è bene indivi-duare la causa primaria e risolverla prima di effettuare qual-siasi terapia antibiotica.

Somministrazione degli antibioticiNei pappagalli e negli uccelli di medie e grandi dimensio-

ni, vengono impiegate le stesse vie di somministrazione deifarmaci degli animali convenzionali, pur considerando ledifferenze anatomiche e fisiologiche con i volatili. La som-ministrazione può avvenire attraverso varie vie, quali: ora-le, sottocutanea, intramuscolare, endovenosa, intraossea,inalatoria. Il farmaco via orale può essere somministratonell’acqua di bevanda, nell’alimento umido oppure diretta-mente per bocca. Le prime due modalità sono sconsigliateper diversi motivi:1. Non possiamo avere la certezza di una corretta assunzio-

ne giornaliera del farmaco. Poiché, nell’arco della giorna-ta, il consumo d’acqua di bevanda è irregolare, la quanti-tà di farmaco assunto può essere inferiore alla dose tera-peutica. È consigliabile quindi privarli dell’acqua per unaparte della giornata, in modo da rendere assetati i volatili.

2. L’animale può non gradire l’acqua medicata,al punto darifiutare di berla.

3. Alcuni farmaci come le tetracicline sono poco solubili inacqua, perdono la propria efficacia se somministrati in ali-menti contenenti ioni calcio e magnesio, diminuendo l’as-sorbimento intestinale.L’utilizzo dei farmaci in acqua e nell’alimento è invece da

preferire nei passeriformi. Soprattutto nel caso in cui si deb-ba effettuare una terapia ad un allevamento numeroso, senzaarrecare particolare disturbo e stress ai soggetti. Il vantaggio

di tale terapia risiede nel fatto che gran parte dei passerifor-mi sembra non rifiutare l’acqua e l’alimento medicato. Dicontro, la sola terapia antibiotica nei confronti delle malattiebatteriche non sempre si rivela efficace. Il malessere genera-le e lo stato di prostrazione spesso portano questi animali anon alimentarsi più. È quindi di fondamentale importanza,quando possibile, una terapia di supporto con la sommini-strazione di fluidi per via parenterale ed un’alimentazioneforzata con pappe altamente energetiche. L’alimentazioneforzata, viene adottata negli psittaciformi e negli uccelli dimedio/grandi dimensioni ma, per ovvie ragioni, non si uti-lizza nei confronti dei piccoli passeriformi. Proprio in que-sti ultimi, il cui costo per alcuni singoli esemplari può esse-re molto elevato, la terapia di supporto e l’alimentazione for-zata con microsonde si rivelano le carte vincenti per la riso-luzione di questi problemi; in questi casi la ripresa dell’ani-male può risultare molto rapida. In caso di problemi respira-tori, è molto importante considerare la somministrazione difarmaci via aerosol.

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I piccoli mammiferi, ed in particolare il coniglio ed ilfuretto, presentano innumerevoli peculiarità cliniche, ren-dendo la loro medicina interna criticamente differente daquella dei mammiferi domestici convenzionali. Per quantoriguarda l’interpretazione delle concentrazioni plasmatichedi metaboliti ed elettroliti le maggiori differenze si riscon-trano nel coniglio, vista la sua particolare fisiologia.

L’obiettivo di questa relazione è di fornire alcune acquisi-zioni recenti, basate su ricerche clinicamente rilevanti, rela-tive all’interpretazione del biochimico in questi animali especialmente nel coniglio.

GLUCOSIO

La glicemia è un parametro fondamentale in medicinaumana e veterinaria.

Stati di iperglicemia sono associati ad una peggiore pro-gnosi in cani (Torre et al 2007), cavalli (Hassel et al 2009)ed infanti ospedalizzati (Wintergerst et al 2006). Recente-mente uno studio valutava in una coorte di 907 conigli la gli-cemia e giudicava come quest’ultima fosse associata a statipatologici (Harcourt-Brown e Harcourt-Brown, 2012). I 907conigli non venivano sottoposti a digiuno prima del prelie-vo, e in alcuni casi il prelievo veniva eseguito dopo la seda-zione del coniglio. Il prelievo per la glicemia veniva esegui-to dalla vena marginale auricolare mediante punzione con unago da 21 o 23 Gauge. La goccia che fuoriusciva era suffi-ciente ad essere analizzata tramite un glucometro portatilecreato per l’uso in umani (AccuChek Aviva, Roche). I valo-ri di glicemia nei conigli campionati andavano da 21,6 a 559mg/dL. L’ipoglicemia era rara, venendo diagnosticata nel-l’1,7% dei soggetti. Di questi, 1 coniglio presentava insuli-noma, 1 coniglio pancreatite, 2 conigli avevano patologiadentale, 2 conigli avevano enterite, 6 avevano un’anoressiala cui causa non era identificata e 4 avevano ileo paralitico.Diversamente l’iperglicemia era comune, con 44% dei coni-gli che la presentavano. Tra questi, quelli che avevano valo-

ri di glicemia superiori a 360 mg/dL soffrivano tutti di pato-logie critiche. Di conseguenza gli autori suggeriscono chel’iperglicemia dovrebbe essere considerato un valore diimportanza prognostica nel coniglio.

Inoltre i conigli che soffrivano di ostruzione intestinaleavevano una glicemia media di 444,6 mg/dL mentre i coni-gli che soffrivano di stasi gastrointestinale avevano una gli-cemia media di 153 mg/dL. La glicemia potrebbe quindiessere un valore clinicamente utile per differenziare stati diostruzione da stati di stasi gastroenterica, condizioni di dif-ficile differenziazione che sono estremamente frequenti nelconiglio.

La maggiore limitazione di tale studio è che tutti i valoridi glicemia sono stati ottenuti mediante misurazione con unglucometro portatile (accuchek aviva), e che tale glucome-tro portatile non è stato validato nel coniglio. Visto che iglucometri portatili sono inflenzuabili dalla dimensionedegli eritrociti, dall’ematocrito, dalla distribuzione del glu-cosio tra eritrociti e plasma, c’è necessità di validare i glu-cometri portatili in ogni specie in cui si desidera utilizzarli.A tal fine recentemente si è impostato uno studio atto a defi-nire le performance di 2 glucometri, uno ad uso umano eduno ideato per l’uso veterinario (Selleri et al 2014). Si uti-lizzava il glucometro ad uso umano identico a quello utiliz-zato nello studio di Harcourt-Brown e Harcourt-Brown(2012) ed un glucometro veterinario (AlphaTrak, Abbott)validato per l’uso in cani, gatti e cavalli e facilmente acqui-stabile online. Lo studio includeva 89 conigli sani e malati.I prelievi venivano eseguiti dalla vena safena laterale,immediatamente il campione veniva analizzato con 4 glu-cometri portatili (due di ogni tipo), veniva successivamentecentrifugato ed il plasma veniva inviato per analisi tramiteil metodo dell’esochinasi, la tecnica considerata di riferi-mento per l’analisi del glucosio plasmatico. Inoltre con unanalizzatore da tavolo (VetScan VS2, Abaxis) si misurava laglicemia di 32 campioni.

I glucometri veterinari risultavano meno accurati nellamisurazione della glicemia. Si osservava infatti errore pro-

Acquisizioni recenti nella diagnostica di laboratorio dei piccoli mammiferi

Paolo Selleri

Med Vet, PhD, Spec PACS, Dipl ECZM (Herp), Roma

Congresso Internazionale del TRENTENNALE SCIVAC 1984-2014 e delle SOCIETÀ SPECIALISTICHE - RIMINI, 29 MAGGIO / 1 GIUGNO 2014

ANIMALI ESOTICI

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porzionale (che cioè aumentava all’aumentare della glice-mia) e costante (che cioè era sempre presente indipendente-mente dalla concentrazione del glucosio). Gli errori nellamisurazione della glicemia dei glucometri veterinari influi-vano anche sulla valutazione clinica del coniglio: se si uti-lizzava il settaggio canino, il 9% dei conigli si sarebberoconsiderati iperglicemici essendo in realtà normoglicemici.Utilizzando il settaggio felino, il 5,6% dei conigli si sareb-bero considerati iperglicemici essendo in realtà normoglice-mici e l’1,1% dei conigli si sarebbero considerati normogli-cemici essendo in realtà iperglicemici.

I glucometri destinati ad uso umano viceversa erano piùaccurati nella misurazione della glicemia. Presentavanosolamente un errore costante, sottostimando di circa 10mg/dL la glicemia nei conigli. Tale errore non risultava coin-volgere la valutazione clinica dei conigli basandosi su unagriglia di Clarke appositamente modificata (Clarke et al1987). Il VetScan era lo strumento che presentava unamigliore accuratezza. Questo era prevedibile visto che taleanalizzatore utilizza una reazione esochinasi modificata perla stima della glicemia.

In conclusione l’utilizzo del glucometro progettato peruso in umani (AccuChek Aviva) è accettabile nel caso incui si necessiti avere una valutazione rapida della glicemiadel coniglio malato e nel caso in cui un analizzatore datavolo come il VetScan non sia disponibile. Diversamentel’utilizzo dei glucometri veterinari è da evitare visto glierrori analitici che presentano e che si possono ripercuote-re sull’attività clinica, andando a falsare diagnosi e tratta-menti terapeutici.

Fondamentale menzionare l’interpretazione della glice-mia nel furetto: difatti in questa specie circa un quarto delleneoplasie riscontrate in una studio (Li et al 1998) eranotumori delle cellule beta del pancreas, i.e. insulinomi. Lapresenza di insulinomi è clinicamente accompagnata dall’i-poglicemia. Nel furetto bisogna fare estrema cautela almetodo che si utilizza per diagnosticare l’ipoglicemia. Difat-ti è stato recentemente dimostrato come i glucometri porta-tili validati per uso umano sottostimino gravemente le con-centrazioni plasmatiche di glucosio nel furetto (Petritz et al2013). Basandosi sullo studio di Petritz et al (2013), valorimisurati di glucosio tramite glucometri umani hanno unadifferenza rispetto al valore reale della glicemia che nel 95%dei casi è compresa in 30 mg/dL. In altre parole, un valoredi 60 mg/dL, che indicherebbe ipoglicemia in un furetto,ottenuto tramite un glucometro portatile potrebbe corrispon-dere ad un valore reale di 90 mg/dL, quindi identificando ilfuretto come normoglicemico. Di conseguenza diagnosi diipoglicemia nel furetto deve essere sempre supportata davalori ottenuti tramite analizzatori laboratoristici utilizzantila metodica dell’esochinasi.

SODIO

Anche se in conigli sia iponatremia che ipernatremiasono state sperimentalmente indotte e risolte (Hogan et al1987; Illowsky and Laureno, 1987), fino a pochi mesi fa ilvalore clinico della misurazione del sodio in circolo nel

coniglio non era chiaro. In un recente studio retrospettivo diBonvehi et al. (2014) la prevalenza delle alterazioni delsodio in circolo e l’associazione con la glicemia e con lamortalità in conigli pet è stata descritta. Lo studio include-va 356 conigli malati e 51 conigli clinicamente sani. Veni-vano stimati dei valori di riferimento di 136-147 mEq/lmediante un analizzatore portatile (iSTAT, Abaxis) su 51conigli clinicamente sani.

Dei conigli definiti malati, il 5,9% presentava ipernatre-mia, mentre il 39% presentava iponatremia. L’iponatremiagrave (i.e., sodio inferiore a 129 mEq/l) era significativa-mente associata con una peggiore prognosi: in conigli coniponatremia grave infatti il rischio di morire aumentava di2.3 volte comparato a conigli normonatremici. Di conse-guenza quando si valuta il profilo biochimico di un conigliomalato nel quale il sodio è diminuito bisogna tenere contodi come questa condizione sia associata ad una peggioreprognosi.

In ogni caso il trattamento dell’iponatremia e dell’iperna-tremia deve essere eseguito con cautela: sperimentalmente siè osservato che riequilibrando rapidamente stati di profondaiponatremia e ipernatremia si generavano complicazionineurologiche (Hogan et al 1987; Illowsky and Laureno,1987).

Correlazione tra natremia e tonicità del plasma

Poiché la tonicità del plasma deve essere mantenuta in deilimiti fisiologici, il sodio diminuisce fisiologicamenteall’aumentare della glicemia. Si definisce pseudoiponatre-mia appunto la condizione di iponatremia che si verifica incorso di iperglicemia. Bisogna quindi sempre considerare laglicemia o la tonicità del plasma quando si valuta l’ipona-tremia. Questo è particolarmente importante anche nel coni-glio pet, nel 28% dei casi l’iponatremia nei conigli pet era inrealtà pseudoiponatremia (Bonvehi et al 2014), una condi-zione che quindi di per se non ha effetto sulla salute del coni-glio, mentre il 72% dei casi si trattava di iponatremia vera,quindi da trattare.

POTASSIO

Le alterazioni del potassio circolante sono importanti neimammiferi per varie ragioni, assistono alla diagnosi di alcu-ne patologie (e.g. ipokalemia in corso di iperaldosteronismo,Andrew 2005) e necessitano una pronta diagnosi e terapia(e.g. prevenzione dell’effetto cardiotossico in corso di iper-kalemia, Kuvin 1998). In un case report è stato descritto unconiglio che presentava una debolezza generalizzata, tetra-paresi, ventroflessione del collo, diminuite reazioni posura-li, diminuita propriocezione e riflessi spinali nei quattro arti,in corso di iperkalemia (Papa e Selleri 2009). Ciononostan-te nel coniglio attualmente non sono descritte l’incidenza nela rilevanza clinica delle alterazioni del potassio. Anche seautori suggeriscono come il potassio circolante vari in corsodi insufficienza renale (Hoefer 2000: Harcourt-Brown2013), non vi sono in letteratura studi clinici includenti coni-gli pet che supportino tali assunzioni.

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CALCIO

L’impiego clinico della misurazione del calcio nel coni-glio è attualmente non chiara. In alcuni case report (e.g.Martorell et al 2012) è descritta ipercalcemia in conigli concalcolosi. Ciononostante l’ipercalcemia è una condizionefrequente anche in conigli sani che per esempio devonoessere sottoposti a sterilizzazione. Di conseguenza è diffici-le stabilire una relazione causale tra tali eventi. Sappiamoche i conigli assorbono più calcio dalla loro dieta di quelloche necessitano, eliminandone il surplus attraverso le urine,che conterranno una tipica “sabbiolina”. In uno studio(Clauss et al 2012), quattro gruppi di conigli sono stati ali-mentati per 25 settimane con diete pellettate composte da (1)fieno di erba medica, (2) fieno di avena ed erba medica 1:1,(3) fieno di erba da pascolo, (4) fieno di erba da pascolo e diavena 1:1. I conigli alimentati con erba medica avevano renidi dimensioni maggiori e più pesanti, più sedimento invescica all’ecografia, e più contenuti di calcio nelle urine.Ciononostante non vi erano differenze significative nellaconcentrazione plasmatica di calcio nei vari gruppi. Questostudio sottolinea come le concentrazioni plasmatiche di cal-cio nel coniglio siano un valore che potrebbe non avereun’applicazione clinica diretta.

PROTEINA C REATTIVA

In uno studio recente, Cray et al (2013), hanno investiga-to l’impiego clinico della misurazione della proteina C reat-tiva, dell’aptoglobina e dell’amiloide sierica in particolarerelativamente alla diagnosi di infezione da Encephalitozooncuniculi. Quarantotto campioni di sangue di conigli veniva-no analizzati, 19 dei quali provenivano da conigli in cui nonsi sospettava la infezione da E. cuniculi, mentre i restanti 29provenivano da conigli in cui si sospettava la infezione daE. cuniculi. I campioni venivano testati per la presenza diIgG per E. cuniculi, e per i livelli di proteina C reattiva,aptoglobina ed amiloide sierica. La proteina C reattivarisultava significativamente aumentata di circa 10 volte nelgruppo di conigli in cui si sospettava la infezione da E.cuniculi. Diversamente l’aptoglobina e l’amiloide siericanon risultavano aumentate. Basandosi sui risultati dello stu-dio la proteina C reattiva potrebbe essere impiegata cometest diagnostico addizionale in conigli in cui si sospetta l’in-fezione da E. cuniculi.

UTILIZZO DI ANALIZZATORI PORTATILI

Gli analizzatori cosiddetti point-of-care, e cioè che per-mettono di eseguire analisi in prossimità del paziente,potrebbero essere particolarmente utili nel coniglio, spe-cialmente per due ragioni. (1) Tipicamente questi analizza-tori necessitano volumi di sangue ridotti se comparati conil volume richiesto da analizzatori di laboratorio. Non sem-pre è possibile ottenere in conigli malati volumi di sieronecessari per la chimica liquida. Diversamente, 65 micro-litri di sangue intero (necessari per l’analizzatore portatile

iStat) o x microlitri di sangue intere (necessari per l’ana-lizzatore da tavolo VetScan) si possono solitamente prele-vare da qualunque coniglio. (2) Gli analizzatori portatiliforniscono risposte immediate. Questo è particolarmenteimportante nella terapia intensiva del coniglio, in quantoviste le piccole dimensioni e le caratteristiche fisiologichetende ad avere una rapida progressione dei sintomi se nontrattato.

Recentemente (Selleri e Di Girolamo, 2014) l’utilizzodell’analizzatore portatile iStat con cartucce EC8+(Abbott, Birmingham, UK) è stato valutato nel coniglio, edi risultati ottenuti tramite l’analizzatore portatile sono staticomparati con i risultati ottenuti tramite un analizzatore datavolo (Stat Profile Critical Care Xpress; Nova BiomedicalCorporation, Waltham, MA). L’obiettivo dello studio era divalutare le performance dell’analizzatore portatile per lamisurazione di pH, PCO2, Na+, Cl-, K+, BUN, Glu, Hct andHb in conigli sani e malati. Per lo studio, 30 campioni disangue ottenuti dalla vena safena laterale in conigli petsono stati analizzati immediatamente dopo il prelievo tra-mite l’analizzatore portatile e, immediatamente dopo, tra-mite l’analizzatore da tavolo. Al fine di ottenere il rangepiù ampio possibile delle variabili misurate, venivanoinclusi nello studio sia conigli sani che malati. I coniglisani erano conigli che venivano portati in clinica per vac-cinazione o sterilizzazione/castrazione. I restanti conigli siconsideravano malati.

I risultati dello studio dimostravano come: (1) l’analizza-tore portatile misurasse il pH in maniera simile all’analizza-tore da tavolo. (2) I risultati della PCO2 ottenute tramite ledue metodiche non erano intercambiabili. (3) l’analizzatoreportatile misurasse il sodio in maniera sostanzialmente dif-ferente rispetto all’analizzatore da tavolo. (4) l’utilizzo del-l’analizzatore portatile avrebbe provocato una sovradiagno-si di iperkalemia. (5) l’utilizzo dell’analizzatore portatileavrebbe provocato una sovradiagnosi di ipercloremia. (6)l’analizzatore portatile è adeguato per diagnosticare aumen-ti della BUN. (7) il glucosio è sottostimato dall’analizzatoreportatile.

In conclusione l’utilizzo dell’analizzatore portatile è ade-guato per la valutazione del pH in campioni di sangue veno-so di conigli. Considerando le differenze riscontrate nellamisurazione degli altri parametri, l’analizzatore portatiledovrebbe essere utilizzato con cautela. Inoltre parametri diriferimento specifici per entrambi gli analizzatori sononecessari e un solo analizzatore dovrebbe essere impiegatoin ogni paziente per monitorare l’andamento degli elettrolitinel tempo.

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