Angelo Peruzzi

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INTERVISTA di Vincenzo Oliva Lazialità Aprile 2012 | 57 56 | Aprile 2012 Lazialità INTERVISTA PERUZZI Angelo “LAZIO con te tante emozioni, ma potevamo vincere di più...” Continuano i grandi scoop di Lazialità. Dopo Bobo Vieri e Gigi Casiraghi, è la volta di uno dei più grandi portieri della storia del calcio italiano, Angelo Peruzzi. Una lunga intervista che ripercorre tutta l’avventura del portierone biancoceleste a Roma. Dall’arrivo in quella Lazio scudettata alla sana rivalità con Marchegiani, dai rimpianti per qualche successo sfumato alle grandi gioie vissute. Si accendono i microfoni, Lazialità incontra Angelo Peruzzi. con Eriksson, e poi sia con Sergio Cragnotti che con suo figlio Massimo. Che rapporto avevi con il presidente? Buonissimo. Secondo me Cragnotti è una grande persona ed è stato un grande presidente. Certo io arrivai in un momento in cui si iniziavano a palesare delle problamtiche abbastanza serie per la società, ed anche se perso- nalmente non ebbi mai degli scontri con lui, ci furono delle tensioni dovute alla situazione difficile che si stava creando. Il tuo arrivo a Roma spodestò colui che fino a quel momento aveva difeso per tanti anni la porta della Lazio, Luca Marchegiani. Come vivevi tu e come prese lui quella situazione? Quando Mancio mi disse che mi volevano, rimasi sorpreso, perchè sapevo che alla Lazio già c’era uno dei migliori portieri italiani, Marchegiani appunto. Ero un po’ titubante perchè innanzitutto non con Eriksson, e poi sia con Sergio Cragnotti che con suo figlio Massimo. Che rapporto avevi con il presidente? Buonissimo. Secondo me Cragnotti è una grande persona ed è stato un grande presidente. Certo io arrivai in un momento in cui si iniziavano a palesare delle problamtiche abbastanza serie per la società, ed anche se perso- nalmente non ebbi mai degli scontri con lui, ci furono delle tensioni dovute alla situazione difficile che si stava creando. Il tuo arrivo a Roma spodestò colui che fino a quel momento aveva difeso per tanti anni la porta della Lazio, Luca Marchegiani. Come vivevi tu e come prese lui quella situazione? Quando Mancio mi disse che mi vole- vano, rimasi sorpreso, perchè sapevo che alla Lazio già c’era uno dei migliori portieri italiani, Marchegiani appunto. Ero un po’ titu Ciao Angelo, per me è un vero piacere incontrarti e fare questa intervista. Come stai innanzitutto? Tutto bene grazie, è un piacere per me fare quest’intervista per Lazialità. Riviviamo insieme la tua esperienza in biancoceleste. Arrivasti nell’estate del 2000, l’anno dopo la vittoria dello Scudetto. Quali furono le tue prime impressioni di quella Lazio? Molto buone. Arrivai in una Lazio fortissima, che aveva appena vinto lo Scudetto e che vantava qualcosa come sette/otto nazionali tra i titolari. Era una squadra davvero competitiva e che poteva vincere Champions League e Serie A. Arrivavi dall’Inter e avevi già giocato in un grande club come la Juventus, dove forse ti togliesti le maggiori sod- disfazioni della tua carriera. . . Si, negli otto anni in bianconero vinsi tanto e mi tolsi parecchi sfizi. All’Inter giocai solo un anno, in una squadra che viveva varie vicissitudini e che non era ancora forte come lo è oggi. Diciamo che arrivai alla Lazio speran- do di vincere ancora tanto. Vincemmo qualcosa, ma onestamente quella squa- dra poteva fare molto meglio. Chi fu a volerti di più tra Eriksson e Cragnotti? In realtà il mio primo contatto con il mondo biancoceleste lo ebbi con Mancini, che dopo un Inter-Lazio mi chiamò da parte e mi chiese se ero disponibile a venire alla Lazio. Diedi la mia disponibilità e da lì presi contatti prima

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intervista di Vincenzo Oliva

Lazialità aprile 2012 | 5756 | aprile 2012 Lazialità

intervista

PERUZZIAngelo

“LAZIO con te tante emozioni, ma potevamo vincere di più...”

Continuano i grandi scoop di Lazialità. Dopo Bobo Vieri e Gigi Casiraghi, è la volta di uno dei più grandi portieri della storia del calcio italiano, Angelo Peruzzi. Una lunga intervista che ripercorre tutta l’avventura del portierone biancoceleste a Roma. Dall’arrivo in quella Lazio scudettata alla sana rivalità con Marchegiani, dai rimpianti per qualche successo sfumato alle grandi gioie vissute. Si accendono i microfoni, Lazialità incontra Angelo Peruzzi.

con Eriksson, e poi sia con Sergio Cragnotti che con suo figlio Massimo.

Che rapporto avevi con il presidente?Buonissimo. Secondo me Cragnotti è una grande persona ed è stato un grande presidente. Certo io arrivai in un momento in cui si iniziavano a palesare delle problamtiche abbastanza serie per la società, ed anche se perso-nalmente non ebbi mai degli scontri con lui, ci furono delle tensioni dovute alla situazione difficile che si stava creando.

Il tuo arrivo a Roma spodestò colui che fino a quel momento aveva difeso per tanti anni la porta della Lazio, Luca Marchegiani. Come vivevi tu e come prese lui quella situazione?Quando Mancio mi disse che mi volevano, rimasi sorpreso, perchè sapevo che alla Lazio già c’era uno dei migliori portieri italiani, Marchegiani appunto. Ero un po’ titubante perchè innanzitutto non

con Eriksson, e poi sia con Sergio Cragnotti che con suo figlio Massimo.

Che rapporto avevi con il presidente?Buonissimo. Secondo me Cragnotti è una grande persona ed è stato un grande presidente. Certo io arrivai in un momento in cui si iniziavano a palesare delle problamtiche abbastanza serie per la società, ed anche se perso-nalmente non ebbi mai degli scontri con lui, ci furono delle tensioni dovute alla situazione difficile che si stava creando.

Il tuo arrivo a Roma spodestò colui che fino a quel momento aveva difeso per tanti anni la porta della Lazio, Luca Marchegiani. Come vivevi tu e come prese lui quella situazione?Quando Mancio mi disse che mi vole-vano, rimasi sorpreso, perchè sapevo che alla Lazio già c’era uno dei migliori portieri italiani, Marchegiani appunto. Ero un po’ titu

Ciao Angelo, per me è un vero piacere incontrarti e fare questa intervista. Come stai innanzitutto?Tutto bene grazie, è un piacere per me fare quest’intervista per Lazialità.

Riviviamo insieme la tua esperienza in biancoceleste. Arrivasti nell’estate del 2000, l’anno dopo la vittoria dello Scudetto. Quali furono le tue prime impressioni di quella Lazio?Molto buone. Arrivai in una Lazio fortissima, che aveva appena vinto lo Scudetto e che vantava qualcosa come sette/otto nazionali tra i titolari. Era una squadra davvero competitiva e che poteva vincere Champions League e Serie A.

Arrivavi dall’Inter e avevi già giocato in un grande club come la Juventus, dove forse ti togliesti le maggiori sod-disfazioni della tua carriera. . .Si, negli otto anni in bianconero vinsi tanto e mi tolsi parecchi sfizi. All’Inter giocai solo un anno, in una squadra che viveva varie vicissitudini e che non era ancora forte come lo è oggi. Diciamo che arrivai alla Lazio speran-do di vincere ancora tanto. Vincemmo qualcosa, ma onestamente quella squa-dra poteva fare molto meglio.

Chi fu a volerti di più tra Eriksson e Cragnotti?In realtà il mio primo contatto con il mondo biancoceleste lo ebbi con Mancini, che dopo un Inter-Lazio mi chiamò da parte e mi chiese se ero disponibile a venire alla Lazio. Diedi la mia disponibilità e da lì presi contatti prima

intervista

sapevo se sarei stato il primo portie-re, e poi c’era appunto la questione dell’eventuale rivalità. Invece devo dire che Luca si dimostrò una grandis-sima persona. Prese benissimo il fatto che sarebbe stato il mio secondo e diventò il mio migliore amico.

Pronti, via e vincesti la Supercoppa Italiana proprio contro la tua ex squa-dra, l’Inter (4-3 ndr). Avvertivi la sensa-zione che la squadra fosse davvero tra le più forti del mondo?Sicuramente, c’era la sensazione di poter vincere la Champions. La rosa era tra le migliori d’Europa e c’erano tutti i requisiti per continuare a vince-re sia In Italia che in Europa.

Nonostante tutto però, la stagione non fu esaltante. Ci fu l’esonero di Eriksson e solo grazie all’arrivo di Zoff riusciste ad arrivare terzi. Cosa non funzionò quell’anno?Forse c’era un po’ di appagamento dall’anno precedente. Mi spiego meglio. A Roma, nel bene e nel male, si vive tutto più esasperatamente e forse aver vinto così tanto in così poco tempo portò un eccessivo rilas-samento. Si arrivò alle dimissioni di Eriksson, ma paradossalmente da quell’evento ci ricompattammo e, con mister Zoff, arrivammo ad un passo

dal rivincere lo Scudetto. Purtroppo poi ci fu quel gol di Dalmat. . .

Nella stagione seguente fu ingaggiato, come allenatore, Alberto Zaccheroni. Mi spieghi come faceste ad arrivare solo sesti con quella rosa?Sostanzialmente ci fu un problema tra allenatore e giocatori. Non si riuscì mai a trovare la quadratura del cer-chio, mister Zaccheroni ci chiedeva delle cose che noi non riuscivamo a fare. Ricordo in particolare i problemi che riguardavano l’attacco, con Crespo che nel pieno della sua espolosione, fu messo in panchina più di una volta.

Possiamo dire che il fallimento di quella stagione, unito al difficile momento della Cirio, sancì l’inizio del ridimensionamento della Lazio di Cragnotti?Sicuramente si, il mancato introito della qualificazione Champions fece sì che, nella crisi che colpì la Cirio, rien-trasse anche la Lazio.

Nelle due stagioni seguenti ci fu, forse, la più bella Lazio sotto il punto di vista del gioco dai tempi di Zeman, quella di Roberto Mancini. Puoi darmi un giudi-zio su di lui?Mancini per me è un grande amico. Ricordo che quando io ero alla

Juventus e lui alla Sampdoria, spesso ci si vedeva a cena insieme a Vialli. Avemmo qualche scontro durante la sua gestione come allenatore, ma devo dire che fece veramente bene.

Il periodo del Mancio, coincise con l’abbandono di Cragnotti. Che momen-to fu per voi giocatori?Ci fu un momento di smarrimento, la società era azzerata. In quel frangente fummo molto bravi noi giocatori ad evitare che quello che stava accadendo, si ripercuotesse sui risultati.

Alla presidenza della Lazio fu chia-mato Ugo Longo, una delle figure più amate della recente storia laziale. Che ricordo hai di lui?Bellissimo, e mi dispiace tantissimo della sua mancanza. Ugo era un signo-re, capace sempre di sdrammatizzare le situazioni più difficili e di avere una buona parola per tutti. Veramente una grandissima persona.

In quei due anni vi toglieste delle belle soddisfazioni, su tutte la vittoria della Coppa Italia nel 2004. Ricordi di quella finale contro la Juventus?Belli, anche se non giocai da titolare, in quanto in quel periodo ci alternava-mo con Sereni, fu una grande soddisfa-zione. Soprattutto fu la dimostrazione

Lazialità aprile 2012 | 5958 | aprile 2012 Lazialità

intervista

il primo trofeo vinto da angelo con la maglia della Lazio, risa-le all’8 settembre del 2000. in quell’occasione, a contendersi il titolo allo stadio Olimpico di roma, c’erano la Lazio, vincitrice della serie a 1999-2000 e della Coppa italia 1999-2000, e l’inter di Marcello Lippi, f inalista della Coppa italia 1999-2000. Fu una gara schioppettante, terminata con la vittoria della Lazio per 4-3, con reti biancocelesti ad opera di Claudio Lopez (una doppietta per lui), Mihajlovic su rigore e stankovic. i marcatori dell’inter furono robbie Keane, Farinos e vampeta.

LA CONQUISTA DELLA SUPERCOPPA ITALIANA NEL 2000

Angelo sul campo mentre detta gli allenamenti agli azzurrini dell’Under 21

intervista intervistavammo da super sfavoriti e vincerlo fu una grossa soddisfazione. Paolo fu molto importante perchè fece da moti-vatore e da collante della squadra.

Nell’estate del 2005, sulla panchina della Lazio, si sedette l’ultimo allenato-re della tua carriera, Delio Rossi. Che opinione hai del mister e quanto fu importante il suo lavoro per il raggiun-gimento di traguardi importanti come quello della Champions League?Delio è un grandissimo professionista, con cui ho tuttora una bella amicizia. La cosa che mi è rimasta più impressa di lui fu il nostro primo incontro. Mi disse: ‘Angelo ricordati, c’è prima la Lazio, poi viene la famiglia’. Fu una cosa che mi colpì molto e che mi fece capire quanto il mister ci tenesse alla squadra.

Alla fine di quella stagione, arrivò la convocazione della Nazionale per i Mondiali di Germania. A rappresenta-re la Lazio ci foste tu e Massimo Oddo. Possiamo dire che quella vittoria, per importanza, è tra le più importanti della tua carriera?Si. Anche se non giocai neanche un minuto in quel Mondiale, averlo vinto fu una gioia grandissima, un’esperienza unica ed irripetibile.

L’altro trofeo vinto da Peruzzi con la maglia bianco-celeste, è la Coppa italia della stagione 2003/2004, targata roberto Mancini. Fu l’ultimo successo prima dello smantellamento e del passaggio di proprietà della Lazio. Per uno strano gioco del destino, il suc-cesso fu conseguito contro un’altra ex squadra di angelo: infatti se per la supercoppa italiana del 2000 l’avversaria fu l’inter, per la Coppa italia fu il turno della Juventus. Una vittoria meritatissima quella della Lazio, che dopo il 2-0 dell’andata a roma (doppietta di stefano Fiore), pareggiò 2-2 a torino (gol di Corradi e ancora di Fiore).

LA COPPA ITALIA DEL 2004

Proprio nel 2007, l’anno in cui la Lazio tornò in Champions League, tu annunciasti il tuo ritiro. Hai qual-che rimpianto sul fatto di non averla disputata?Ci furono un po’ di polemiche intorno a quella decisione. Ricordo che dichia-rai pubblicamente la mia volontà di smettere di giocare a calcio alla fine di un derby, dopo 5 mesi in cui la società prese un po’ sottogamba la questione. Era l’anno dopo il Mondiale e non ero apposto fisicamente, tant’è che ero costretto a prendere regolarmente degli antidolorifici. Forse il presidente Lotito pensava che lo dicevo così per dire, ma la realtà era che non volevo più continuare a gioca-re in quelle condizioni, perciò nessun rimpianto.

Che ricordi hai, a distanza di tempo, di quel 20 maggio 2007, data della tua ulti-ma partita ufficiale (Lazio-Parma ndr)?Stupendo. Sono sempre stato fatto passare per uno forte, coraggioso e che non piange mai, ma la realtà è che quel giorno non solo ero molto emoziona-to, ero davvero commosso e toccato. Pensa che avrei voluto fare tutto il giro di campo per salutare tutti, ma non ce la feci. Per non farmi vedere piangere mi infilai nel tunnel degli spogliatoi e non mi godetti a pieno quella giornata. . .

Una volta ritiratoti, saresti dovuto entrare nello staff tecnico della società. Questo non avvenne mai. Ci sveli i veri motivi del tuo mancato accordo con la società e puoi dirci se saresti stato contento qualora il tutto si fosse concretizzato?Negli ultimi mesi della mia carriera agonistica, sia Delio Rossi che l’allora direttore sportivo Sabatini, volevano che entrassi a far parte della società a livello dirigenziale. Io ero favorevo-lissimo a questa ipotesi, ma forse non

lo era il presidente. Ricordo che più passava il tempo e più questo discor-so andava a cadere. Chiesi quindi un incontro con il presidente per discu-tere serenamente della vicenda, ma quell’incontro non ci fu mai. Aspettai due ore invano e si prese come prete-sto il fatto che io andai via, quando la realtà era ben altra.

Un personaggio importante come te però, non ci mise tanto a trovare una sistemazione. Lippi ti portò con sé per l’avventura dei Mondiali sudafricani. Che tipo di esperienza è stata per te?Buona come esperienza professiona-le, un disastro sotto il punto di vista tecnico. Sono stati i primi passi come allenatore, che hanno arricchito sicu-ramente il mio bagaglio professionale.

Nel tuo presente c’è ancora la Nazionale, stavolta quella Under 21. Come sta andando il tuo lavoro come vice di Ciro Ferrara?Molto bene, con Ciro stiamo facen-do veramente un grande lavoro. Oltretutto io, oltre ad essere il suo vice, sono il responsabile di tutti i portieri della Nazionale italiana del settore giovanile.

Dove ti vedi da qui a 5 anni? Resterai nell’ambito della Nazionale o tenterai l’avventura da allenatore?Onestamente non lo so, sono uno abituato a vivere alla giornata e non a fare progetti a lunga scadenza. Pensa che nelle otto stagioni vissute a Torino non comprai mai casa, perchè ogni anno pensavo che sarebbe stato l’ul-timo. . .

Chiudiamo sulla Lazio di oggi. Cosa pensi della stagione sin qui disputata dagli uomini di Reja?Ritengo che la Lazio stia disputando una buonissima stagione. Purtroppo nel periodo decisivo della stagione è

stata falcidiata dagli infortuni, ma la vittoria sul Milan e il doppio successo nel derby sono la riprova della forza della squadra.

Credi che si possa centare il tragurado Champions?Secondo me si. Certo nel calcio tutto può succedere, ma con la Roma e l’Inter che sembrano lontane, e con l’Udinese e il Napoli che non hanno nulla più della Lazio, l’obiettivo è alla portata.

Angelo io ti ringrazio tantissimo per l’intervista che ci hai concesso e mi auguro tutto il bene possibile per colui che, a mio avviso, è stato uno dei più grandi portieri della storia del calcio. Ti va di salutare i tifosi biancocelesti e i nostri lettori?Certamente. Rivolgo un grande e caro saluto a tutti i tifosi della Lazio e a tutti i lettori di Lazialità. A presto.

Lazialità aprile 2012 | 6160 | aprile 2012 Lazialità

In alto: Angelo mentre

mostra una copia della nostra agenda

che, nonostante tutto, la Lazio c’era ancora e se la giocava con tutti.

Luglio 2004. La Lazio stava per fallire e a rilevarla fu l’attuale presidente, Claudio Lotito. Onestamente, hai mai pensato di andare via in quel periodo?No, mai. Per me la Lazio era la giusta dimensione. Ero riuscito dopo 16 anni di carriera a ritornare a casa, per di più in una squadra competitiva, era il massimo. Certo con Lotito ho guadagnato molto meno di quanto avrei potuto, ma non ho mai fatto un problema di soldi. Ricordo che nel passaggio di gestione, io avevo già preso degli accordi con Ugo Longo per il rinnovo. Arrivò Lotito, limò alcuni aspetti contrattuali (ride, ndr), ma non

feci una piega. Stavo bene alla Lazio e volli restarci.

Diventasti il punto di riferimento sia della squadra che dei tifosi, arrivando a vestire anche la fascia di capitano. Imparasti a voler davvero bene alla Lazio. . .Si, anche se ci tengo a precisare una cosa: io non sono mai stato un cal-ciatore amico dei tifosi, ma uno che i tifosi li ha sempre rispettati. C’è più di qualche giocatore che fa l’amico dei tifosi, ma che si dimostra più un ruf-fiano che altro. Io non l’ho mai fatto. Penso che il rispetto reciproco sia stata la mia più bella conquista. Detto questo, fui molto orgoglioso di arriva-

re ad indossare la fascia di capitano.

La stagione fu vissuta tra molti bassi e pochi alti. Ma ci fu un picco assoluto, quello del derby del 6 gennaio. Che partita fu per te e cosa provasti in campo al goal di Paolo Di Canio?Quella stagione fu molto difficile. Lotito allestì una rosa all’ultimo minuto e franca-mente rischiam-mo qualcosina. Venendo al derby, ci arri-

Per me la Lazio era la giusta dimensione. ero riuscito dopo 16 anni

di carriera a ritornare a casa, per di più in una squadra competitiva,

era il massimo

In alto: Peruzzi festeggia insieme a Stam

e Cesar la vittoria della Coppa Italia

del 2004

Stagione Squadra Presenze Reti subite

1987-1989 13 rOMa 16

1989-1990 29 verOna 38

1990-1991 3 rOMa 3

1991-1999 208 JUventUs 192

1999-2000 33 inter 31

2000-2007 192 LaZiO 196

LA CARRIERA