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Andrea Valle, da Semiotiche, 1, 2003, pp. 13–43

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Le due facce del senso. Note su espressione e contenuto

1 Introduzione

Lo snodo iniziale e comune della semiotica di matrice strutturale (nelle sue declinazioni generativae interpretativa) è la definizione di funzione semiotica come solidarietà1 tra due piani, espressionee contenuto, in relazione di presupposizione reciproca. Come è noto, la designazione dei funtivi è“puramente operativa, formale” nel senso che “ai termini espressione e contenuto” non è attribuito“nessun altro significato”2. Essa è il risultato hjelmsleviano della formalizzazione del rapporto disolidarietà significante/significato che Saussure esemplificava con il ritaglio simultaneo del recto edel verso del foglio3. Proprio come non c’è altra definizione se non quella relazionale tra le due faccedel foglio, così espressione e contenuto sono “entità coordinate e uguali sotto ogni aspetto”, e “la lorodefinizione funzionale non fornisce nessuna giustificazione per chiamare l’una piuttosto che l’altra diqueste entità espressione o contenuto”4. La prima stratificazione della struttura semiotica si dà trai due piani: “la biforcazione che mena a separare la gerarchia costituita dal piano del contenuto equella costituita dal piano dell’espressione si trova ad uno stadio anteriore a quella che separa forma esostanza”5. È proprio il costituirsi in solidarietà dei due piani che se, da un lato, permette di annidarericorsivamente la funzione semiotica, così che la stessa solidarietà espressione/contenuto possa diven-tare in toto espressione o contenuto in un’altra funzione semiotica, dall’altro, pone immediatamenteun diverso problema, che, seguendo Eco, potrebbe essere definito come “questione della reversibilità”(tra i piani). Quest’ultima è il risultato di un’assenza: è infatti noto che la definizione formale dellarelazione non stabilisce di principio alcuna differenza propria tra i due piani. Non dice, perché nonvuole e non può dirlo, che cos’è l’espressione e che cos’è il contenuto: in questi termini, è chiaro infattiche la definizione non sarebbe formale ma sostanziale, e dunque ricondurrebbe ad una semiotica pre-strutturale. Nella teoria semiotica di Eco, la “reversibilità totale”6 tra i due piani costituisce alloraun presupposto, programmaticamente esposto nel capitolo 0 del Trattato di semiotica generale, ed unconcetto operativo, che è in grado di rendere conto della natura rizomatica dell’enciclopedia7, operan-te ante litteram già nel Modello Q8. Meglio, la reversibilità è il principio che permette l’articolazionedella semiotica peirciana con la definizione hjelmsleviana della funzione semiotica: nel ripensamentodella funzione semiotica “alla luce della semiotica peirciana”, il “criterio di interpretanza” definisceil modo in cui “la materia segmentata esprime altre segmentazioni della materia”9. La reversibilità,

Hjelmslev 1943a, p. 53.1Hjelmslev 1943a, p. 52. “L’espressione ha come suo complemento necessario il contenuto. Il lin-2guaggio rimane duplice, una struttura biplanare comprendente contenuto ed espressione. Chiameròquesti ultimi i due piani del linguaggio” (Hjelmslev 1947, p. 163).Saussure 1922, p. 137.3Hjelmslev 1943a, p. 65.4Hjelmslev 1954, p. 221.5Eco 1975, p. 38. Analogamente per Lotman si tratta di evitare “l’assolutezza della contrapposizione6dei piani del contenuto e dell’espressione, ammettendo di principio la loro reversibilità” (Lotman1970, p. 48).Eco 1984, p. 112.7Eco 1975, p. 2, 12, 173ss.8Eco 1984, I, §14, 51 e 539

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pur precisata in termini di “effetto ottico”, per cui essa non suppone una necessaria simmetria inter-pretativa10, rimane comunque uno dei principi cardine della semiotica echiana, per cui “nella semiosiogni contenuto può diventare a sua volta espressione di un contenuto ulteriore” e “l’espressione eil contenuto possono ribaltarsi scambiandosi i ruoli”11. Così, in una prospettiva diversa ma com-patibile, Fabbri, sottolineando l’esistenza di due livelli [sic] del linguaggio, “uno di organizzazioneespressiva, l’altro di organizzazione del contenuto”, che vengono stabiliti “all’interno degli ogget-ti”12, può accreditare la lettura deleuziana di Foucault per cui la prigione è la forma dell’espressioneper la delinquenza intesa come forma del contenuto13. È questa, per Fabbri, la “luminosa” visionedel problema hjelmsleviano di Deleuze e Guattari14, sviluppata in Mille piani15, che riconnette inquesto caso la reversibilità alla questione del senso in continua traduzione inter/intrasemiotica16:“non c’è alcun valore intrinseco, ma tutti i valori sono in traduzione fra almeno due facce, fra duestrati, fra due elementi”17. Ma la lettura deleuze-guattariana solleva un secondo ordine di problemi.Come osservato, la definizione hjelmsleviana non dice che cos’è l’espressione e che cos’è il contenuto,essendo precipuamente rilevante alla definizione il rapporto di solidarietà, di presupposizione reci-proca: purtuttavia, non dice neppure che cos’è l’espressione rispetto al contenuto, e viceversa. Se traespressione e contenuto è previsto un “isomorfismo”18, ciò implica l’individuazione di un dominioed un codominio tali da potervi definire una funzione biiettiva. La definizione logica rimane stret-tamente formale ma, ciononostante, definisce un orientamento, appunto dal dominio al codominio:così, se è definito un isomorfismo tra due strutture A e B e vale una relazione di inclusione di B inC, allora in C è per definizione ritagliabile la sottostruttura B, struttura indotta dall’isomorfismo. Inlogica, strutture isomorfe sono inserite in classi di equivalenza e possono essere trattate come la stessastruttura, nel senso che la descrizione delle proprietà di A vale per B e e per tutte le altre struttureisomorfe19: così, come è noto, un assunto della semantica strutturale è che il piano del contenutopuò essere trattato in maniera analoga al piano dell’espressione. È un isomorfismo, per così dire, ditipo operativo perché permette allo strutturalismo di trasferire il modello dell’analisi fonologica aquella semantica: in questo senso la teoria giustifica la storia attraverso l’idea di trasponibilità20.Purtuttavia nulla si dice della specificità di espressione e contenuto: se uno strato è, per definizionedizionariale, “un componente differenziato di una sovrapposizione”, si tratterebbe cioè di definirela natura della differenza, il modo in cui si produce la differenziazione tra i due componenti. Dettosemplicemente: perché un piano è (definito) l’espressione e l’altro è (definito) il contenuto? Se c’èisomorfismo, c’è una definizione posizionale dei due piani, analoga alla distinzione tra un dominio eun codominio, definizione che rimarrebbe comunque formale? La reversibilità, di per sé, non risponde

“Venendo a sapere che acqua significa ‘H 2O’ imparo qualcosa di diverso che venendo a sapere che10H 2O significa ‘acqua’. In ogni caso, l’Oggetto Immediato è interpretato sotto due diversi ‘rispetti’,o descrizioni, o punti di vista” (Eco 1990, p. 219).Eco 1990, p. 219. Cfr. anche le considerazioni, che ne discendono, sulla semiosi ermetica, Eco (1990,11p. 329), e nello stesso volume, la discussione delle mnemotecniche come semiotiche (pp. 56ss.), sucui si tornerà più avanti.Fabbri 1998a, p. 22.12Fabbri 1998a, p. 19.13Fabbri 1998b, p. 213.14Deleuze e Guattari 1980, pp. 55ss.15Fabbri 1998b, 213, 1997, passim.16Fabbri 1997, p. 118.17Il termine, invalso nell’uso, andrebbe di volta in volta specificato. Petitot (1985, passim) ad esempio18parla più semplicemente di “parallelismo”.Negri 1994, pp. 69-71.19Eco 1968, pp. 259-62.20

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alla domanda perché affronta un altro problema, quello della definizione di un’altra funzione a partiredagli stessi insiemi: la reversibilità è perciò semmai condizione di rifunzionalizzabilità. Osserva Ecoche in una semiotica “i ruoli sono fissati dal sistema”21: tuttavia, questo di per sé non indica il modusoperandi del sistema, o del soggetto epistemologico necessario metodologicamente per la definizionedello stesso. C’è allora una sorta di vuoto definitorio, di indeterminatezza costitutiva nella definizionehjelmsleviana della funzione semiotica, che pone implicitamente una domanda a cui, per dirla à laHjelmslev, l’uso disciplinare semiotico (ma non solo), in quanto “constance collective”22, ha fornitodi fatto quattro risposte.

2 Rispettare la forma

Laddove si consideri il carattere algebrico della glossematica come il suo trat- to di maggior rilievo,è chiaro che ne è imprescindibile la “definizione altamente formalizzata”23 del concetto di segno:presupposto irrinunciabile, essa può essere declinata in due modi.Nel primo caso, viene mantenuta l’impostazione logicista già hjelmsleviana, per cui ciò che pertienealla definizione formale del segno è appunto il costituirsi della funzione semiotica � come orientamentotra dominio di partenza e codominio di arrivo: l’espressione viene assunta come dominio e il contenutocome codominio, per cui vale �: E�C. È l’ipotesi di fondo della rilettura echiana: programmaticamente,nel Trattato si afferma che “quando un codice associa gli elementi di un sistema veicolante aglielementi di un sistema veicolato, il primo diventa l’espressione del secondo, il quale a sua voltadiventa il contenuto del primo”24. Analogamente, un segnale diventa segno nel momento in cui “vieneusato come antecedente riconosciuto di un conseguente previsto”25. Questo rispetto del formalismodefinitorio si ritrova anche nella descrizione delle mnemotecniche, nelle quai la natura semioticadelle stesse è inferita dal fatto che “associare in qualche modo una Y a una X significa usare l’unacome il significante o l’espressione dell’altra”26. In tal senso, nelle mnemotecniche mentali si pone,semmai, il problema di un innesco della mnemotecnica stessa, cioè del suo “modo di attivazione”,per cui l’accesso memoriale ad ogni segno mentale richiede un altro segno che lo costituisca comecontenuto di cui quest’ultimo è espressione, con i paradossi che ne conseguono27. È chiaro che unasimile lettura permette a Eco di innestare nella funzione semiotica di Hjelmslev il modello di semiosimutuato da Peirce, e che pure recupera, riconsiderandola, una lunga tradizione logica occidentale. È,in questo senso, una logica del segno come rinvio, come aliquid stat pro aliquo, crucialmente ridefinita,però, attraverso l’introduzione “esplosiva” della nozione peirciana di intepretante28. Una secondarisposta all’implicito quesito hjelmsleviano viene elaborata da Deleuze e Guattari nell’anti-Edipo,per essere poi ripresa in Mille piani, nel “plateau” in cui i due rileggono la “geologia” linguistica

Eco 1990, p. 59.21Zinna 2002, p. 27, a proposito di Hjelmslev 1943b, p. 152.22Caprettini 1980, p. 35.23Eco 1975, p. 73.24Eco 1975, p. 73.25Eco 1990, p. 56.26Eco 1990, p. 56 nota 2.27Vale la pena osservare che se in Fabbri la stratificazione hjelmsleviana era in stretta relazione con il28problema della traduzione intersemiotica, nel recente contributo di Eco (Eco 2003), pure dedicatointeramente alla questione, non vi è più traccia della discussione sullo statuto dei due piani. Unita-mente a questa prima riconsiderazione della specificità di espressione e contenuto sembra essereoperante in Eco anche una seconda qualificazione degli stessi, di cui si dirà più avanti (cfr. infra,nota 82).

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dell’ “oscuro principe spinozista”. Per Deleuze e Guattari, la glossematica, “sola teoria moderna(non arcaica) del linguaggio”29, mette in presupposizione espressione e contenuto come “due pianideterritorializzati convertibili” che devono essere pensati come “flussi”: se espressione e contenutosi danno come flussi in accoppiamento, ogni segno è una figura di taglio che attraversa i flussi. Nelriprendere con forza l’avvertimento hjelmsleviano sulla definizione in solido dei due piani, tale percui “la loro definizione funzionale non fornisce alcuna giustificazione per chiamare una piuttosto chel’altra di queste entità espressione o contenuto”30, si osserva acuta- mente come in ogni caso inHjelmslev rimanga elusa la domanda proprio a proposito di ciò che varî “da uno strato all’altro”, nelmomento, cioè, in cui si assuma “il punto di vista del contenuto e dell’espressione”31. La risposta, didifficile riarticolazione nel paradigma semiotico (sia esso gene- rativo o interpretativo) ma, come sivedrà, non estranea alla logica del paradigma stesso, prevede l’opposizione di due modalità, ciascunapropria di uno strato: molare e molecolare. Così il molare è il proprium dell’espressione e il molecolaredel contenuto, ed esse si costituiscono rispettivamente come il macro e il micro. Si avrebbe cioè che “ilmolare esprime [in senso tecnico glossematico] le interazioni molecolari microscopiche”32: “la doppiaarticolazione” (nel senso deleuze-guattariano di compresenza costitutiva di due strati) “implica quidue ordini di grandezza”33, per cui il contenuto necessiterebbe di una prensione molecolare cheindividui la microarticolazione, laddove l’espressione richiederebbe una prensione molare, poiché essaha “una forma che manifesta da sé l’insieme statistico e lo stato d’equilibrio a livello macroscopico”34.Accoppiare la dicotomia hjelmsleviana espressione/contenuto con quella molare/molecolare implicaperciò riconoscere un doppio funzionamento nella prima che risulta da una “differenza di regimi e discala tra le due specie”35. Da un lato, e di fondo, “c’è ovunque il molare e il molecolare”36, poichéil micro e il macro non si oppongono come contrari, ma identificano, piuttosto, due poli, la risultantedi un taglio, secondo un orizzonte che richiede l’orientamento di un punto di vista: e a spingere afondo la dicotomia si potrebbe osservare come si giunga inevitabilmente a un “punto di dispersione”tra i due piani, come quello che Deleuze e Guattari segnalano tra vitalismo e meccanicismo37.Dall’altro, per i due autori l’emergenza del senso ha come requisito l’assunzione del punto di vistamolare dell’espressione: se infatti al livello molecolare produzione e funzionamento coincidono, aquello molare, invece, la prensione statistica, globale, che ne risulta, implica una distinzione tra ilprodotto finito e la produzione che ne è all’origine in quanto funzionamento. È solo nello scartotra prodotto e funzione che si ha produzione di senso perché “solo ciò che non viene prodotto cosìcome funziona ha un senso, ed anche uno scopo, un’intenzione”38. Dunque il senso ha/fa sensoladdove si distingua, si direbbe, il generativo dal genetico: laddove si intraveda uno scarto tra uninsieme di prodotti finiti ed un funzionamento produttore. Si ha senso dove si assuma il punto di vistadell’espressione, con un movimento che procede cioè dall’espressione verso il contenuto (dove si guardia partire dall’espressione), stante la solidarietà dei due. In questi termini, è al livello molare che si può

Deleuze e Guattari 1972, p. 276.29Hjelmslev 1943a, p. 65. Notavano già i due nell’anti-Edipo che la “duplice articolazione [espressio-30ne/contenuto] non riguarda più due livelli gerarchizzati della lingua, ma due piani deterritorializzaticonvertibili, costituiti dalla relazione tra la forma del contenuto e la forma dell’espressione” (Deleu-ze e Guattari 1972, p. 275).Deleuze e Guattari 1980, p. 81.31Deleuze e Guattari 1980, p. 81.32Deleuze e Guattari 1980, p. 81.33Deleuze e Guattari 1980, p. 81.34Deleuze e Guattari 1972, p. 371.35Deleuze e Guattari 1972, p. 390.36Deleuze e Guattari 1972, p. 324.37Deleuze e Guattari 1972, p. 327.38

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determinare una “logica del senso” come voleva Deleuze prima dell’anti-Edipo: dove si dia la dualitàdi due serie (come quella tra prodotto e produzione), il senso può prodursi come “la frontiera, il filodi lama o l’articolazione della differenza tra gli uni e gli altri, poiché dispone di una impenetrabilitàche gli è propria e nella quale si riflette”39. Dunque, a ben vedere nonostante l’apparente eccentricitàdel concetto, il molare è lo stemma sotto il quale si pone la semiotica strutturale nel momento in cuipostula, classicamente secondo una linea Greimas-Eco-Lotman, il senso come scarto (ma anche comepossibilità di circolazione e di scavalcamento) tra (almeno) due livelli: presupposto massimamentestrutturale a livello epistemologico40 ma certamente anche metodologico, laddove “operativamente”si assuma l’opacità del testo come selvaggio41, cioè come molare alterità antropologica tra il geneticoe il generativo, per cui il rapporto, molare, tra l’empirico e il semiotico deve essere pensato dallasemiotica, in quanto “logica della cultura”, secondo una “teoria della menzogna”42. La menzognatrova cioè la sua possibile scaturigine nello scarto che si genera (nel senso del generativo) attraversouna “trasformazione al contrario”43 rispetto alla sua genesi, trasformazione che risale da un prodottosemiotico al modo della sua produzione. È chiaro comunque che l’ipotesi di una differente logicadi strutturazione tra i due piani e di una comunicazione tra gli stessi per “ridondanza”, per cuil’espressione è in relazione di “strutturazione amplificante” con il contenuto è, seppur suggestiva, inpalese contrasto con l’impostazione glossematica44. Ciò non toglie che, per attenersi strettamente alproblema iniziale della differenza tra espressione e contenuto, si tratti di una risposta lecita a unadomanda implicita.

3 Insidie dell’uso: il semantico

Ancora, una terza risposta proviene dalla semiotica generativa. A tal proposito, si può osservarecome lo stesso Hjelmslev, pur nella purezza algebrica della definizione, per formazione ed interessidisciplinari, si attenga – nel momento in cui reintroduce a mo’ d’esempio le “discipline delle sostan-ze” dell’espressione e del contenuto – alla suddivisone tra “fonematica” e “semantica”45. Decidecioè, per portato storico, di assegnare il fonematico all’espressione e il semantico al contenuto: ma è

Deleuze 1969, p. 33.39Sull’importanza di Logica del senso per la riflessione sull’epistemologia strutturale, cfr. Petitot401985, p. 67ss.Greimas 1976, p. 141Eco 1975, p. 17.42Eco 1997, p. 89 in riferimento alla “Tipologia dei modi di produzione segnica” in Eco 1975: § 3.6,43285ss. Di passaggio, Eco 1997 (riconsiderando Eco 1975, p. 321) nota come, rispetto ad un calco inquanto espressione della quale ricostruire un contenuto possibile (secondo quanto esplicitato dallateoria della produzione segnica), per uscire dal semiotico sia sufficiente “focalizzare l’attenzionenon sul momento in cui si legge il calco ma su quello in cui si produce [...] da solo”. Tuttavia,verrebbe da chiedersi come questa storia possibile del calco, questa archeologia dell’impronta,non sia già “trasformazione al contrario” da parte del soggetto epistemologico, nella forma dello“spostamento della sua focalizzazione”. “Focalizzazione” pare peraltro termine sintomatico, giacchéè stato giustamente notato come la teoria dei modi di produzione segnica possa essere consideratacome una teoria dell’enunciazione (C. Paolucci, com. pers.).Ed è probabilmente per questo che la rilettura di Fabbri 1997, 1998a e 1998b non riprende le44argomentazioni dei due autori.Hjelmslev 1954, p. 236. Osservano a proposito Deleuze e Guattari che l’“avanzata verso una con-45cezione diagrammatica del linguaggio è tuttavia ostacolata per il fatto che Hjelmslev concepisceancora la distinzione dell’espressione e del contenuto secondo il modello significante-significato, emantiene così la dipendenza della macchina astratta dalla linguistica” (1980, p. 759, nota 18).

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dubbio se si tratti di una esemplificazione intesa come applicazione del modello formale in un altrospazio (quello linguistico) o di una più sottile resistenza disciplinare “a varcare i confini della «languelinguistique»”46. Resistenza non scevra di rilevanti conseguenze teoriche: è stato fatto notare comeproprio la biplanarità costituisca, nella formalizzazione hjelmsleviana, un possibile “non risolto resi-duo materiale”47 di origine linguistica che interviene secondariamente (cioè, in quanto definizioneformale di semiotica, come quarto momento dopo, rispettivamente, l’enunciazione di un insieme diprincipi metateorici, di una teoria formale delle funzioni, di una teoria generale del linguaggio) edoperativamente (cioè, già in vista di una applicazione sostanziale di tipo linguistico)48. In manieradel tutto analoga e conseguente, si direbbe che la semiotica generativa, da un lato si definisca aborigine come disciplina della sostanza di un contenuto pensato non ‘come’ ma ‘a partire’ da quellolinguistico49, dall’altro ribadisca il dettato iniziale della purezza formale definitoria del modello disegno hjelmsleviano50, per cui la relazione tra i due piani è una partizione51 mobile. Se nell’analisi ditesti verbali si può assumere implicitamente l’uso hjelmsleviano di matrice linguistica, la questione diuna ridefinizione del proprium dell’espressione si pone sempre più radicalmente con l’estensione degliinteressi semiotici a testualità di tipo diverso, visive soprattutto, ma non solo. Così, il contenuto, cheè piano definito esclu- sivamente in termini funzionali, si identifica con il semantico, che ne è invecesostanza: si assiste cioè ad una “sostanzializzazione” del contenuto, per cui quello che è un piano inuna descrizione formale riceve determinazioni sostanziali dall’identificazione con il semantico. La ge-neralità è uno degli assunti fondamentali della semantica greimasiana: in tal senso “on doit postulerl’unicité du sens et reconnaître qu’il peut être par différentes sémiotiques”52. Ma dall’identificazionedel semantico (nell’accezione del tutto condivisibile di luogo generale di produzione del senso53) conil contenuto (che è piano formale) ne consegue una sorta di svuotamento dell’espressione, cui a questopunto infatti non rimane più nulla: di qui lo strano squilibrio della teoria, che, dopo aver costruitoassai analiticamente, pur con tutte le possibili revisioni del caso, un percorso generativo del senso chepertiene al “contenuto”, si interroga sulla possibilità di un “percorso generativo dell’espressione”54,di cui non rimane traccia. È uno strano doppio movimento, se si considera che la semantica struttu-rale nasce come estensione degli assunti metodologici della fonologia (come espressione della lingua)alla semantica (inizialmente, come contenuto di quella)55. La generalizzazione della semantica nella

Garroni 1972, p. 56.46Garroni 1972, p. 180.47Cfr. la “sequenza teorica” dei Prolegomena mirabilmente descritta da Garroni: ai quattro momenti48fa seguito infine l’enunciazione della regola di interpretazione restrittiva secondo il principio di non-conformità (1972, p. 186). Analogamente, Brandt rileva uno scarto tra il metodo analitico dei primiundici paragrafi dei Prolegomena e il § 13, in cui si introducono espressione e contenuto, in manieradel tutto inconsistente rispetto alla discussione precedente dello stesso Hjelmslev, dove il problemaanalitico è invece quello di definire relazioni tra termini unari. Brandt può così fondatamentesostenere che la biplanarità del segno è già di fatto una sostanzializzazione, almeno rispetto al“motif analytique des Prolégomènes” (Brandt 2002a), poiché è reintrodotta ad hoc per recuperareun motivo saussuriano. In effetti, il problema della semiotica generativa è la persistenza dellastessa sostanzializzazione. Si tratterebbe allora di mantenere la definizione formale “stratificata”ed insieme di desostanzializzarla definitivamente.È l’assunto della Semantica strutturale (Greimas 1966).49Per tutti: Greimas e Courtés 1979: v. Expression e v. Contenu.50(Ovviamente “partizione” non è qui usato nel senso tecnico glossematico di Hjelmslev 1943a).51Greimas e Courtés 1979, v. Sémantique, 7.c.52Secondo la prospettiva di Greimas 1970.53Marsciani e Zinna 1991, p. 34.54Greimas e Courtés 1979, v. Sémantique, 4.55

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semiotica generativa56 come teoria del contenuto porta così non ad una equivalente generalizzazionedella fonologia come teoria dell’espressione, ma alla sparizione analitica di ciò che si sarebbe dovutogeneralizza- re. Da questo statuto “semantizzato” del contenuto consegue anche che esso operi ap-punto semanticamente, come sfondo comune alle diverse semiotiche: per cui nella teoria la generalitàdel contenuto trova il suo doppio corrispondente nella particolarità dell’espressione. Così, ad esempio,del tutto conseguentemente, Floch si può proporre lo studio separato del piano dell’espressione e diquello del contenuto assumendo che “il n’y a pas de contenu spécifique à un langage particulier”57: inqualche misura, quest’ultimo è già dato prima dell’espressione. Ancora, è interessante a tal propositoosservare una sorta di movimento d’annessione al semantico di dimensioni che sembrano inizialmentepoter definire l’espressione: ad esempio, Greimas muove dalla definizione di figuratività per cercaredi disimplicare la specificità di una semiotica visiva, per poi ribadire che (certo, ovviamente58) sitratta di una dimensione che pertiene al contenuto e che in quanto tale è rilevante anche in altresemiotiche59. Allo stesso modo (se ne riparlerà fra poco) il livello plastico, che sembra caratteriz-zare l’espressione visiva, si sdoppia immediatamente con Greimas e Floch nella biplanarità di unlinguaggio, così da permettere la rilevazione anche di contenuti plastici. Per lo stesso principio, ilritmo viene inteso, “contrairement à l’acception de ce mot, qui y voit un arrangement particulier duplan de l’expression”, come forma rilevante anche soltanto al piano del contenuto60. Il contenutoè in questi termini un semantismo diffuso e generale veicolabile almeno parzialmente da espressionidi tipo diverso: l’espressione diventa allora una sorta di residuo non semantizzato, ciò che non èimmediatamente passibile di descrizione attraverso le categorie individuate sul piano del contenuto.Come si vedrà, questa residualità oppone una resistenza tale da permetterne una riverberazione sullateoria stessa.

Il passaggio, che si realizza tra Semantica strutturale e Del senso, sembra essere sancito56dall’introduzione in quest’ultima raccolta del fortunato concetto di “semiotica del mondo natu-rale” (Greimas 1970: 49ss), che dovrebbe permettere di definire epistemologicamente le modalitàdi effettuazione dello scambio osmotico tra mondo e lingua (scambio che si suppone avvenire perarticolazione chiasmatica), evitando ogni forma di “fallacia referenziale”. “Le monde naturel estun langage figuratif, dont les figures – que nous retrouvons dans le plan du contenu des languesnaturales – sont faites des ‘qualités sensibles’ du monde” (Greimas e Courtés 1979: v. Monde na-turel). Tuttavia, la faccenda non è così ovvia: ed infatti si introduce qui una prima ambiguità“sostanziale” rispetto alla relazione tra espressione e contenuto. Basti un’osservazione banale e pu-ramente formale (ma è proprio questo il punto) in merito al problema: assumendo con Greimas cheil mondo naturale sia una semiotica in senso tecnico hjelmsleviano e il suo piano dell’espressionediventi contenuto di quella della lingua, vale perciò: Mondo naturale (C)—–E = C——E Linguanaturale, dove “=” specifica la relazione chiasmatica. Pur volendo intendere con macrosemiotica“un lieu d’élaboration et d’exercise de multiples sémiotiques” (Greimas e Courtés 1979: v. Mondenaturel), ciò non specifica in alcun modo, se di semiotica si tratta, che cosa s’intenda per piano delcontenuto del mondo naturale (di qui le parentesi). A meno che non si indichi semplicemente (conun fenomenologismo di superficie occultato attraverso la terminologia glossematica) che il mondoin qualche misura ci parli.Floch 1985, p. 64.57Greimas e Courtés 1979, v. Figuratif. È chiaro che qui non si discute del risultato, ma del movimento58che vi conduce.“Le ricerche figurative costituiscono di conseguenza una componente autonoma della semiotica ge-59nerale, ma non sembrano in grado, tuttavia, di poter specificare il campo particolare che cerchiamodi circoscrivere” (Greimas 1984, p. 39).Greimas e Courtés 1979, v. Rythme. Cfr. anche Greimas e Courtés 1986 (Marco Jacquemet), v.60Rythme.

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4 Insidie dell’uso: il sensibile

La dimensione sensibile sembra costitutiva della semiotica in conseguenza diretta della sua fondazioneantropologico-fenomenologica: la Semantica strutturale si costituisce secondo l’ipotesi di fondo dellapossibilità (ma anche della necessità) di una “descrizione del mondo delle qualità sensibili”61. Dopoaver stabilito che, in prima battuta, i significanti, “nel loro statuto di non-appartenenza al mondoumano”, “vengono automaticamente respinti verso l’universo naturale che si manifesta al livello dellequalità sensibili”, Greimas può subito notare come “gli elementi costitutivi dei diversi ordini sensorialiposs[a]no, a loro volta, essere colti come significati e istituire il mondo sensibile in quanto significa-zione”62. Si stabilisce così, si direbbe al primo giro di carte, un interesse per la sostanza semanticadella “polpa spessa della materia”63 che, come noto, trova le sue radici, oltre che nella filosofia dellamateria di Bachelard, soprattutto nella lévi-straussiana logica del concreto e nella fe- nomenologiadella percezione di Merleau-Ponty. La dimensione sensibile si impone inizialmente come pertinenza alivello di effetti di senso della “presenza” sul piano del contenuto di un mondo naturale, per poi ritro-vare il suo proprium nella propriocettività come mediazione (sempre di matrice fenomenologica) tramondo e lingua. Se in un primo momento il sensibile, in quanto attributo, concerne primariamenteun insieme di qualità imputabili al mondo naturale, successivamente, in quanto dominio, esso trovail suo luogo di iscrizione nella propriocettività. In sostanza, se inizialmente si suppone il diaframmamondo/lingua trasparente o comunque irrilevante nella sua descrizione, in un secondo momento lapropriocettività permette di definire questa relazione come superordinata ai suoi termini, ed il corpoproprio, come luogo dell’estesia (dell’insieme, cioè, di “modi in cui i soggetti entrano in contattopercettivo con il mondo”64), controlla il rapporto variabile, in modulazione, tra mondo e lingua. Siassiste cioè a un ispessimento di quello stesso contatto mondo/lingua, solo postulato dalla semioticagenerativa al suo inizio e che, da sottile relazione di tipo logico-linguistico, si accresce in membrana,osmotica ma consistente, occupata dalla corporeità propriocettiva. Ma se il sensibile in questi terminirileva ancora solo del contenuto, l’attenzione al “rimosso” della figuratività, intesa nell’accezione digriglia culturale ipostatizzata, porta a considerare il sensibile come luogo di individuazione di unafunzione semiotica peculiare, plastica, di cui esso è supposto costituire il piano dell’espressione65.Si potrebbe in effetti osservare come rilevare la presenza di una dimensione sensibile sia sul pianodel contenuto sia su quello dell’espressione non costituisca, di per sé, in alcun modo problema, nonessendoci commercio possibile tra dominio del sensibile e definizione della funzione semiotica, unodefinendo un interesse “tematico” della disciplina, l’altra un suo fondamento epistemologico. Tut-tavia l’assunzione del sensibile come piano dell’espressione di una funzione semiotica possibile nellasemiotica plastica si riverbera sulla definizione stessa della relazione semiotica, se è vero che Floch,nell’introdurre “quelques concepts fondamentaux en sémiotique générale” può descrivere i due pianinel modo seguente:

Greimas 1966, p. 26.61Greimas 1966, pp. 27-28.62Eco 1984, p. 53.63Fabbri 1991, p. 329.64Va notato che la prospettiva del saggio cruciale di Françoise Bastide sul trattamento della mate-65ria, pur ricchissimo di implicazioni per una logica delle qualità sensibili (cfr. Fontanille 1999a, p.68), prescinde del tutto dalla definizione di un sensibile legato al concetto di propriocettività diderivazione fenomenologica. Definisce piuttosto una operabilità generale delle materie che, pur nelriconoscimento della diminuzione “di peso” del soggetto a favore dell’oggetto, non ha commerciocon le derive fusionali, fascinose ma pure non esenti da estetizzazione, del Greimas “imperfetto”e degli studi che ne sono conseguiti (cfr. Basso 2002, p. 52). Nella prospettiva della Bastide è ineffetti l’oggetto che riguadagna un corpo “massiccio” (Bastide 1987, p. 356-57).

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“le plan de l’expression, c’est le plan où les qualités sensibles qu’exploite un langage pour se manifestersont sélectionnées et articulées entre elles par des écarts différentielles. Le plan du contenu, c’est leplan où la signification naît des écarts différentiels grâce auxquels chaque culture, pour penser lemonde, ordonne et enchaîne idées et récits.66Ne consegue una omologazione, almeno parziale, dell’espressione col sen- sibile. Ed infatti l’emergenzadell’estesia negli studi semiotici degli anni Ottanta trova il suo fondamento proprio nell’attenzione chesi intende portare al (supposto) piano “sensibile” dell’espressione: è il caso della semiotica planare, edegli studi che ne conseguono. La Petit mythologie flochiana vuole costituirsi come luogo di partenza“pour une semiotique plastique”67 che metta in valore “les qualités sensibles des signifiants visuels”,riflettendo “sur les conditions de motivation de la relation sémiotique, entre forme de l’expression etforme du contenu”68. Il sensibile pertiene, a tutti gli effetti, all’espressione proprio perché si trat-ta di rifiutare “la confusion du visibile et du dicible”69, di fatto riconoscendo all’espressione unaopacità portatrice di senso, laddove invece l’approccio semiotico (dove “semiotico” qualifica la rela-zione semiotica che non presenti conformità tra i piani) ha tradizionalmente considerato “le signifiantcomme transparent”70, supporto, in dissolvenza nell’analisi, del significato. Proprio la rilevanza delsensibile conduce Floch, se non alla prima definizione71, al primo uso consistente in fase d’analisidella relazione semi-simbolica. Intesa come “corrélation entre des catégories relevant de deux plan”72dell’espressione e del contenuto, essa definisce, appunto, esclusivamente una forma della relazione se-miotica che specifica ulteriormente il dettato hjelmsleviano: in quanto tale non può indicare di persé alcuna specificità sostanziale (ad esempio, visiva) del piano dell’espressione, ed è infatti lo stessoFloch ad identificare la possibilità di relazioni semi-simboliche all’interno dello stesso piano del conte-nuto del discorso, che potrebbe allora essere riarticolato individuandovi una relazione semi-simbolicatra figurativo e astratto, tra figurativo e semio-narrativo73. Ma il semi-simbolismo, di per sé irrelatoalle sostanze espressive, si rivela strumento logico fondamentale proprio perché permette la messa invalore di un livello plastico inteso come espressione sensibile di un contenuto astratto o figurativo.Per definizione tecnica dizionariale74, una semio- tica plastica è una semiotica seconda, nel senso chedipende da una ripertinentizzazione del figurativo. Si tratta di cambiare prospettiva, muovendo dalmondo naturale del figurativo e dalla griglia culturale che esso proietta verso la materia che ne costi-tuisce supporto: è l’ipotesi della “lingua altra” che Greimas postula per “poter specificare il campoparticolare” che si sforza di delimitare75. Nell’interpretazione di Greimas e di Floch, esso si costitui-sce in linguaggio autonomo e secondo, quella “lingua altra” in cui “i formanti plastici sono chiamati afare da pretesto a degli investimenti di significazioni diverse”76: risultato di un insieme di operazionidi “double détournment partiel” e di “subversion” che si conducono su un primo linguaggio, così dadistogliere alcuni significati dalla lettura figurativa e alcuni tratti del significante visivo, rifunziona-lizzandoli77. Una siffatta barthesiana “déprise” risulta necessaria laddove si avverta l’esigenza di una

”Floch 1985, p. 189. Si cita dall’annesso metodologico al volume.66il sottotitolo di Floch 1985 ed il titolo programmatico del primo capitolo.67Floch 1985, p. 16.68Floch 1985, p. 14.69Floch 1985, p. 14. Non è un caso che il titolo della raccolta porti iscritto il doppio riferimento a70Lévi-Strauss e Merleau-Ponty.Greimas e Courtés 1979, v. Sémiotique 5.d.71Greimas e Courtés 1986 (Felix Thürlemann), v. Semi-symbolique (système, langage, code), 1.72Floch 1985, p. 17; Greimas e Courtés 1986 (Jean-Marie Floch), v. Semi-symbolique (système,73langage, code), 3.Greimas e Courtés 1986 (Jean-Marie Floch), v. Plastique (sémiotique).74Greimas 1984, p. 39.75Greimas 1984, p. 44.76

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“interrogation sur les modes de existence sémiotique des ‘logiques du sensibile’”78. Ancora, la vocedel secondo tomo del Dictionnaire redatta da Floch svincola opportunamente il plastico dal visivo,definendolo, appunto, soltanto come modo semiotico “élaboré à partir de la dimension figuratived’un première langage”79. La precisa- zione metodologica è rilevante e classicamente semiotica: ilplastico è il risultato di un’operazione di individuazione analitica, non è in alcun modo dato a prio-ri, risultando invece dalla proiezione dell’assunto metodologico fondamentale della semiotica per ilquale si ha semiosi soltanto se c’è relazione espressione/contenuto. La sua specificità starebbe alloranella sua esistenza seconda, risultato di una (ri)valorizzazione del sensibile, della “volonté de rendrecompte de la materialité du signifiant”80. È allora in questo residuo che ritrova spazio, in terminiequivoci, la questione del sensibile. Le qualità sensibili tendono ad occupare cioè stabilmente il pianodell’espressione: come specifica la definizione riportata poco sopra, per Floch il piano dell’espressioneconcerne “qualités sensibles”, quello del contenuto “idées et récits”. Le analisi condotte da Floch suinsiemi significanti non verbali e tipicamente visivi (così come quelle che ne discendono seguendonela fondamentale lezione metodologica) riconoscono stabilmente nella dimensione sensibile il pianodell’espressione: così, se “i mondi della casa e della cucina corrispondono a ciò che, in semiotica,si chiama la sostanza del piano del contenuto; sono la materia semantica [...], i materiali e i volu-mi colorati corrispondono alla sostanza del piano dell’espressione”: ovvero, “la materia improntataall’approccio del sensibile”81. Non è certo in questione la rilevanza dell’analisi: piuttosto va sot-tolineata la persistenza di un uso che di fatto cristallizza sull’espressione una dimensione sensibiledopo aver identificato il contenuto con il semantico, sovrapponendo il tal modo un problema formalecon uno sostanziale. Ritornando alla questione: come differenziare i due piani? Nella semiotica ge-nerativa, le risposte affermate proprio dall’uso, nella dimensione pragmatica dell’analisi, sono due,in declinazione reciproca. In primo luogo, giacché il semantico occupa stabilmente il contenuto, aciò che rimane, l’espressione, resta la dimensione sensibile, sotto la quale si profila, in fondo, l’ideadi matrice linguistica del fonologico come supporto82. Rivalorizzare l’espressione significa in questi

Greimas e Courtés 1986 (Jean-Marie Floch), v. Plastique (sémiotique).77Greimas e Courtés 1986 (Jean-Marie Floch), v. Plastique (sémiotique).78Greimas e Courtés 1986 (Jean-Marie Floch), v. Plastique (sémiotique).79Greimas e Courtés 1986 (Jean-Marie Floch), v. Plastique (sémiotique).80Floch 1995, p. 193-94.81D’altro canto, anche in Eco l’espressione, nonostante il rispetto della formalizzazione hjelmsleviana82di cui si è detto più sopra, sembra continuare in maniera sotterranea ad indicare comunque unanalogon del fonologico come semplice supporto/veicolo materiale del semantico. Di questa inter-pretazione “materiale” della metafora topologica hjelmsleviana, per cui l’espressione è un ‘esterno’rispetto all’ ‘interno’ del contenuto (Hjelmslev 1943a, p. 63), è testimone la terza parte del Trattatodedicata alla “Teoria della produzione segnica”: nella “tipologia dei modi di produzione segnica”una della categorie differenziali riguarda infatti “il lavoro fisico necessario a produrre l’espressione”(Eco 1975, p. 285). Nella successiva rielaborazione hjelmsleviana della materia come continuum “av-volgente” espressione e contenuto Eco fornisce esempi della sostanza dell’espressione come “suoni,colori, relazioni spaziali” (Eco 1984, p. 74). Si tratta probabilmente di un’esemplificazione “didat-tica” giacché questa interpretazione materiale dell’espressione è chiaramente in contrasto propriocon il concetto echiano di continuum sviluppato nelle stesse pagine (e ripreso in Eco 1997). Tutta-via, in un altro luogo, discutendo di falsi, si distinguono “prove attraverso il supporto materiale”,identificato in quanto tale come sostanza dell’espressione, rispetto alle “prove attraverso il con-tenuto”, che devono essere messe in relazione alla “struttura semantica” (Eco 1990, pp. 185-7).Sembra cioè esserci una sorta di resistenza dell’interpretazione materiale (ed in Eco 1997, nella ri-presa dell’ipotesi del continuum come rielaborazione del modello hjelmsleviano già proposto in Eco1984, sembra comunque riproporsi momentaneamente un diastema espressione/contenuto, poiché

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termini risollecitare il supporto nella sua dimensione sensibile83. In secondo luogo, e con un’aperturateorica che pare più feconda, l’espressione sembra essere ciò da cui l’analisi deve muovere perché piùresistente, residuale, rispetto alla descrizione semiotica: l’espressione è la prova della resistenza deltesto, come dimensione d’accesso ad un contenuto ulteriore o altro84.

5 Semiotica del discorso

Ci sono dunque due ordini di problemi, strettamente relati ma distinti: il primo, che continua adessere irrisolto, concerne la possibilità di una differenziazione dei piani della funzione semiotica, ilsecondo riguarda l’emergenza lato sensu di una dimensione sensibile. Queste due istanze vengonoriannodate dalla semiotica post-greimasiana del “discorso”85, così come è stata elaborata da Jac-ques Fontanille: ne consegue una quarta risposta alla domanda relativa alla differenza tra i piani. Èpossibile identificare quattro temi che ne costituiscono le linee portanti, almeno rispetto a quanto quidi rilievo: la propriocettività, la processualità, il recupero merleau-pontiano e la rimotivazione dellametafora topologica hjelmsleviana. In primo luogo, con Semiotica delle passioni (e con la semioti-ca delle passioni che ne deriva), il soggetto semiotico acquista definitivamente un corpo, diaframmaspesso (ispessito, si diceva) e “presente” tra lingua e mondo: “l’omogeneizzazione dell’esistenza semio-tica” tramite il corpo introduce categorie propriocettive che ne costituiscono il “profumo timico”86.Conseguentemente, le figure del mondo fanno senso solo “tramite la sensibilizzazione che impone lorola mediazione del corpo”87. Ma la presenza del corpo si installa nel luogo, prima soltanto formale,dell’enunciazione, in quello che era, nella teoria semiotica, un “luogo vuoto dal punto di vista dellasostanza”88. L’assunto (non sempre rispettato) di limitare “le ipotesi sulla sostanza di quel corpoenunciante ai soli presupposti delle configurazioni discorsive”89 ha come sua conseguenza, ed è il se-condo punto, una centralità della prassi enunciazionale90: se “l’istanza dell’enunciazione è una verae propria prassi” che concilia “la convocazione di universali semiotici” e “l’integrazione dei prodotti

“noi usiamo segni come espressioni per esprimere un contenuto” ritagliato da un “continuum delcontenuto”, 39, come se il continuum fosse un modo proprio esclusivamente del contenuto).Ad esempio, in Thürlemann il plastico in quanto “aspetto propriamente pittorico” diventa espres-83sione del contenuto figurativo (Thürlemann 1982, p. 107). Pozzato può osservare come “simbolismoe semi-simbolismo, mettendo in gioco il piano dell’espressione in quanto tale, nella sua natura sen-sibile, aprano spesso alla problematica dell’estesia e della sinestesia” (Pozzato 2001, p. 193).̀ chiaramente l’ipotesi all’origine della discussione sul plastico come lettura “altra”, ampiamente84citata in precedenza (Greimas 1984 e Floch 1985). Ma è sempre il saggio sulla semiotica del mondonaturale che è dirimente in questa prospettiva. Vi si riconoscono “due modi irriducibili” nella signi-ficazione della parola senso: da un lato, glossematicamente, sovrapposizione di due configurazioniarbitrariamente definite espressione e contenuto; dall’altro, direzione dall’espressione al contenu-to che “si configura come un’intenzionalità, come una relazione che si stabilisce fra il tragitto dapercorrere e il suo punto terminale” (Greimas 1970, p. 64).Fontanille 1998a.85Greimas e Fontanille 1991, p. 6.86Greimas e Fontanille 1991, p. 6. Analogamente, “è tramite la mediazione del corpo percipiente87che il mondo si trasforma in senso – in lingua –, che le figure esterocettive si interiorizzano e lafiguratività può essere allora considerata come un modo di pensiero del soggetto”.Marsciani e Pezzini 1996, p. XLIII.88Marsciani e Pezzini 1996, p. XLV.89Cfr. Fontanille e Zilberberg 1998, v. Praxis énonciative. Strettamente relato al concetto di prassi90enunciativa è quello di “forma di vita” (Fontanille e Zilberberg 1998, v. Forme de vie, 158).

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della storia”91, l’attenzione alla corporeità ha come suo portato un’equivalente attenzione alla prassienunciazionale, intesa come “l’événement que constitue la rencontre entre l’énoncé et l’instance qui leprende en charge”92. È dalla presenza della corporeità in quanto mediazione che deriva l’attenzionealla mediazione in quanto prassi: di qui, la priorità del processo sul sistema93, di un approcciodinamico (della “signification vivante”94) ad uno statico (attento alle significazioni in quanto giàdepositate negli stock culturali stabilizzati), del divenire rispetto all’essere95. La coniugazione tra leprime due istanze sollevate, propriocettività e processualità, e il ripensamento della teoria semioticapassa attraverso i due temi restanti, il recupero merleau-pontiano come presupposto filosofico e larimotivazione della metafora topologica hjelmsleviana come tappa metodologica. Che la fenomeno-logia merleau-pontiana costituisca un retroterra della semiotica greimasiana è considerazione, nonsolo nota e dichiarata da Greimas stesso96, ma anche già rapidamente discussa più sopra: una suareim- missione massiccia avviene però soprattutto grazie alla rinnovata centralità della categoriadella presenza97. In questo senso, si potrebbe dire che il corpo trovi la sua posizione teorica grazieal suo installarsi al centro di un fenomenologico “campo di presenza”. L’innesto tra semiotica deldiscorso e fenomenologia avviene cioè tramite la nozione di “pris de position” di un corpo proprioche, da un lato, fenomenologicamente, è “terzo termine, sempre sottinteso, della struttura figura esfondo”98, dall’altro, semioticamente, la cui “présence est definie en termes déictiques, c’est-a-dire,en somme, à partir d’une sorte de présent linguistique”99: la rilettura fontanilliana sposa e tra-duce la prospettiva merleau-pontiana per cui “soggetto e oggetto” sono “due momenti astratti diuna struttura unica che è la presenza”1100. In questi termini il corpo proprio è “il perno del mon-do”101 e della lingua. L’ipotesi della semiotica del discorso è allora proprio quella merleau-pontianadi assumere la percezione come “testo originario”, in cui “il senso ricopre il sensibile”102. Dunqueil corpo proprio della fenomenologia della percezione viene recuperato definitivamente al discorsosemiotico attraverso la sua investi- tura a “centre de référence”103 dell’enunciazione: “l’instanceproprioceptive [...] sous certaines conditions modales, devient une instance énonçante”104. L’istanzadell’enunciazione prende letteralmente corpo, doppiamente declinabile: semplice punto orientantenella prospettiva dell’enunciazione, per la quale costituisce “centre de référence pour la deixis”, essadiventa invece involucro sollecitabile, per via endogena ed esogena, nella prospettiva delle “logiquesdu sensibile”105. La logica della tensività, che, privilegiando il continuo, appare uno dei punti dirottura epistemologici della semiotica delle passioni, è allora, oltre che certamente rilettura di alcunipresupposti epistemologici della disciplina106, anche recupero dell’“indeterminato come fenomeno

Greimas e Fontanille 1991, p. 5.91Fontanille 1998a, p. 271.92Fontanille 1998a, p. 10.93Fontanille 1998a, p. 24. Cfr. anche programmaticamente Fontanille 1999a, pp. 1-2.94Fontanille e Zilberberg 1998, v. Devenir (che muove da Fontanille 1995c).95Greimas 1966, p. 25.96Basso 2003b.97Merleau-Ponty 1945, p. 154.98Fontanille e Zilberberg 1998, v. Présence, 91.99Merleau-Ponty 1945, p. 549.100Merleau-Ponty 1945, p. 130.101Merleau-Ponty 1945, p. 56.102Fontanille 1998a, p. 35.103Fontanille 1998a, p. 255.104Fontanille 1998a, p. 35. Cfr. “Il contorno del mio corpo è una frontiera” (Merleau-Ponty 1945, p.105151).Fontanille e Zilberberg 1998, p. Avant-propos.106

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positivo”107: così, la profondità, come “legame indissolubile”108, ma continuo e modulabile, tra ilsoggetto e le cose, è dimensione che la revisione fontanilliana della teoria dell’enunciazione importain via diretta dalla fenomenologia della percezione. Dando un corpo all’istanza dell’enunciazione (eprecisandone la costituzione fenomenologica), la semiotica del continuo sviluppa i suggerimenti giàcontenuti nella densa Introduzione alla Semiotica delle passioni: in questo senso, avvalora una letturache vede in quest’ultima un testo di rottura con la tradizione disciplinare precedente, o almeno diripensamento radicale del suo stesso edificio109. Ma, al di là della vexata quaestio, sembra più utileosservare come in realtà Fontanille, pur, da un lato, propalando strategicamente la lettura “rivoluzio-naria” della sua collaborazione con Greimas110, dall’altro tenga memoria (dichiarata) di un insiemedi indicazioni che gli provengono da Floch: ne consegue in realtà una continuità sotterranea con lericerche di quest’ultimo dagli anni Ottanta in poi. Una tale continuità emerge nel momento in cui lariflessione sull’enunciazione si innesta su quella relativa alla funzione semiotica, fornendo una quartarisposta alla differenza tra espressione e contenuto. Si tratta di un innesto a tutti gli effetti, poiché ilcorpo proprio dell’istanza dell’enunciazione va ad occupare il luogo della funzione semiotica stessa chedefinisce la relazione tra i due piani dell’espressione e del contenuto. L’ipotesi soggiacente è quella diprendere alla lettera l’osservazione di Merleau-Ponty per cui, attraverso il corpo, “il senso si articolavisibilmente o si esprime”111 nel sensibile: in traduzione semiotica, questa articolazione prevede cheil senso come contenuto si articoli con il sensibile come sua espressione. Ne derivano un insieme diomologazioni che non paiono in alcun modo lecite, quanto invece certamente semplificatrici112:“Le plan de l’expression sera dit extéroceptif, le plan du contenu, intéroceptif, et la position abstraitedu sujet de la perception sera dit proprio- ceptive, parce que’il s’agit, de fait, de la position de soncorps imaginaire, ou corps propre.”113Tuttavia, nell’esposizione didattica114, il dato teorico perde traccia del suo essere un risultato. Inprimo luogo, uno stimolo cruciale è proprio la lezione di Floch sul plastico: come si è visto, il plasticoinvita ad una ripertinentizzazione e ad una lettura altra, e gli effetti di senso supplementari introdot-ti dalle “qualità sensibili” sembrano ascrivibili (residualmente) al piano dell’espressione. In questosenso, Fontanille precisa una posizione (mai fondata all’interno del paradigma generativo, ma condi-visa nell’uso), omologando esplicitamente e direttamente l’espressione al mondo naturale. In secondoluogo, Fontanille propone una formalizzazione fenomenologica semplice ed astratta, che prevede unmodello del corpo come regione chiusa, delimitante un interno e delimitata da un esterno, di fattocostituito secondo la categoria inglobante/ inglobato: è questo modello topologico “réglé par une op-position simple: externe/interne”115 che rimotiva per isomorfismo la metafora hjelmsleviana, per cuiespressione e contenuto si rapportano come faccia “esterna” ed “interna” del segno116. Ma soprat-tutto, in maniera perfettamente ortodossa, formula, nell’assunzione greimasiana di una condanna al

Merleau-Ponty 1945, p. 38. Una delle peculiarità della percezione sta per il filosofo francese proprio107nell’“alone del mosso” (Merleau-Ponty 1945, pp. 56, 43 e passim).Merleau-Ponty 1945: 341. Cfr. l’analisi svolta dal filosofo a pp. 341-42.108Ad esempio, Fabbri 1998a, p. 40.109Fontanille 1995, p. 2.110Merleau-Ponty 1945, p. 56.111Cfr. Basso 2002, p. 51.112Fontanille 1998, p. 35.113Sémiotique du Discours (Fontanille 1998a) è comunque un manuale.114Fontanille 1999a, p. 47 (cfr. id.: 11; trad. parziale in Fontanille 1999b). Il modello è fortemente115influenzato dalla teoria dell’Io-pelle come corpo-involucro in Anzieu 1985. Se ne discuterà piùavanti.Hjelmslev 1943a, p. 63.116

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senso, un’ipotesi di semioticità dell’esperienza sensibile (“la perception est-elle sémiotisée?”117), cer-cando di definire alcuni strumenti che consentano di riportare all’analisi l’inanalizzato (che non puòessere accantonato nell’inanalizzabile). Si tratta di assumere la prospettiva dichiarata in Sémiotiquedu visibile, in cui ci si propone di trattare “tout les langages comme des non-langages118”, come deisistemi (inizialmente) monoplanari: la biplanarità, cioè, non è data a priori, ma va stabilita in corsod’analisi. Hjelmslevianamente, allora, è “il primo stadio dell’analisi di un testo” che deve individuareun piano del contenuto e un piano dell’espressione119. A monte dell’ipotesi fontanilliana, c’è dun-que una presupposizione di senso: “la perception est déjà sémiotiquement formée”. Di qui la quartarisposta alla questione della differenza tra espressione e contenuto, che individua esplicitamente efondativamente nell’espressione il dominio del sensibile. Questa omologazione, sensibile ed espressio-ne, avviene per tre motivi. In primo luogo si recupera un uso semiotico importante: Fontanille trovain Floch un primo esempio di esplorazione del sensibile come dimensione che è ritenuta pertinenteper l’“espressione” plastica120. In seconda battuta, poi, si definisce un isomorfismo con il modellotopologico di provenienza fenomenologica. Infine, nella funzione segnica � si definisce esplicitamentel’espressione come dominio e il contenuto come codominio, per cui vale �: E‘C. In questi termini,l’espressione è partenza e accesso al senso, è il luogo di una resistenza all’atto dell’enunciazione,il quale si costituisce come contenuto121. L’opzione di Fontanille non consiste nell’assumere comepostulato la correlazione “espressione : sensibile :: contenuto : intellegibile”122, per poi trarne le

Fontanille 1995a, p. 22.117Fontanille 1995a, p. 24, cfr. anche Fontanille 1999a, p. 4.118Hjelmslev 1943a, p. 64-65.119La semiotica plastica di Floch è infatti un costante tentativo di ri-lettura del sensibile come pia-120no dell’espressione di una semiotica che in qualche modo gli pervenga, ne scaturisca, si direbbequasi, ne inerisca. Si tratta esplicitamente di partire da una rilevanza sensibile, per individuar-la come espressione di un possibile contenuto: “la sémiotique visuelle aborde la construction duplan de l’expression des objets planaires avant de s’interroger sur les relations entre forme del’expression et de forme de contenu” (Floch 1985, p. 67). Il senso semi-simbolico è allora il risultatodi un’operazione a posteriori (Floch 1985, p. 67). C’è non a caso per Fontanille un’esemplaritàdell’analisi flochiana della Composizione IV di Kandisky (Fontanille 1995b, p. 55), nella qualel’indagine muove dalle “différences d’expression plastiques” per “comprendre à quel changementsde contenu, voire à quel changements de relations expression/contenu pouvaient correspondre ceschangements d’expression” (Floch 1985, p. 41).Il contenuto è “l’acte même de l’enonciation” (Fontanille 1995a, p. 24). Riassumendo con Festi (al121cui contributo in questo volume si rimanda per la discussione più in generale della posizione fonta-nilliana): l’idea di Fontanille è allora “quella di considerare i modi del sensibile come non-linguaggiin senso hjelmsleviano, cioè come semiotiche monoplane in attesa di enunciazione per fare senso(da cui la centralità della prassi). Questo atteggiamento metodologico permette di porsi la seguentedomanda: in che modo un non-linguaggio può partecipare alla formazione di un linguaggio?”.Certamente stupisce l’assenza completa di ulteriori specificazioni nell’argomentare questa stessa122omologazione riferita a Hjelmslev in Zinna 2002, p. 20. Allo stesso modo, la lettura di Ouellet delrapporto semiotica-fenomenologia sembra meno un’articolazione tra due modelli e più un bricola-ge tra gli stessi (“le plan de l’expression est celui, grosso modo, de la manifestation sensible de lasémiosis”, Ouellet 1992, p. 10). Lo stesso Fontanille lascia accreditare in numerosi luoghi un’analogalettura: quanto qui preme è ricordare però il movimento che vi conduce, sempre a partire dallaprospettiva di una “semiotica del discorso”, cioè di un taglio epistemologico particolare che muo-ve dalla cogenza degli effetti sensibili nell’analisi testuale (ad esempio, Fontanille 1995a). “Nousbaignons dans un monde déjà signifiant” (Fontanille 1998b, p. 36). In questo senso, nonostantele convocazioni catastrofiste, la semiotica fontanilliana non è riconducibile ad un programma di

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conseguenze (peraltro, prevedibilmente nefaste, data l’ingenuità filosofica della reintroduzione di unadicotomia insostenibile). Si tratta invece di partire in primis proprio dalla tematizzazione del sensibi-le: ne consegue un’interrogazione in primo luogo metodologica. Allora, il ragionamento ha piuttostola forma seguente: “dunque, c’è del sensibile: è possibile assumerlo come espressione di un contenu-to, supponendo un certo orientamento della funzione semiotica che permetta un isomorfismo con ilmodello fenomenologico, tale da produrre un incremento di intellegibilità semiotica?” Classicamente,si direbbe, l’effettiva separazione tra i piani è perciò solo la conseguenza del postulato hjelmslevianodella separabilità. Si rispetta la definizione formale del segno glossematico123, per poi introdurre lesostanze di una semiotica particolare, quella del sensibile: è solo dopo quest’ultimo passaggio che sipuò riprendere in considerazione la questione di un percorso generativo dell’espressione124, intesacome descrizione generativa (e auspicabilmente generale) di una classe di configurazioni sensibili,quali ad esempio quelle assunte dalla luce in una semiotica del visibile125. Ma se la ricostruzione dicui sopra ha un senso, è chiaro che in realtà non c’è in ogni caso una vera risposta al problema delladefinizione specifica di espressione e contenuto. L’operazione condotta dalla fontanilliana semioticadel discorso consiste infatti nell’immettere nel campo semiotico un modello corporeo di estrazionefenomenologico-psicanalitica (sostanziale-formale) e, data la funzione semiotica hjelmsleviana, di defi-nire per la stessa funzione una interpretazione sul modello corporeo. Si potrebbe anzi dire che proprionell’uso di un dispositivo che preveda, nei termini della logica formale, un tipo come modello (quellodella funzione semiotica) ed una sua successiva interpretazione in un dominio strutturale “materiale”(quello della corporeità) si rispetti, per definizione, il logicismo hjelmsleviano, anche se lo iato tratipo ed interpretazione rende costitutivamente problematico, come in ogni approccio logico-formale,il passaggio tra di essi126.

6 Considerazioni biplane

In fine di partita, resta intatta la questione sulla possibilità di una differenza tra i due piani. Rias-sumendo, l’unica determinazione che sembra rilevante nell’uso in maniera tale da riverberarsi sullateoria prevede che sia espressione il dominio di una funzione semiotica il cui codominio sia costituitodal contenuto. Vale cioè per la funzione semiotica �: E�C. Da questo primo tratto formale che rilevadel problema dell’orientamento ne consegue un secondo, correlato, che sollecita piuttosto il tema

naturalizzazione del senso che, ad esempio in Brandt 2002b, pur nell’assai acuta lettura dei Prole-gomena, passa proprio attraverso l’omologazione “espressione : contenuto :: sensibile : intellegibile”,nell’ipotesi di muovere “de la linguistica structurelle à la linguistique cognitive – avec Hjelmslev”.Non è un caso che nell’introdurre didatticamente “les deux plan d’un langage”, Fontanille fornisca123un esempio preclaro di “reversibilità” dei piani: il colore del frutto è espressione per il contenutodella sua maturazione, che può essere espressione della sua “durée” come ulteriore contenuto.“Accorder signification” ad un evento o un oggetto è definirlo come espressione di un contenuto(Fontanille 1998a, p. 33).Fontanille 1995a, pp. 24-25.124Fontanille 1995a e 1995b. In realtà, l’ipotesi di un percorso generativo dell’espressione non può che125coincidere piuttosto con un modello capace di integrare e descrivere in una prospettiva unitaria tutti“i modi del sensibile”: non tanto Fontanille 1995a, che descrivendo il dominio del visibile, ne affrontauno solo, quanto Fontanille 1999a. Ma, più radicalmente, data la ridiscussione del concetto stesso dipercorso generativo anche nel paradigma greimasiano, l’ipotesi stessa che il modello possa costituireun equivalente “percorso generativo dell’espressione” sembra più un ammiccamento strategico chenon una proposta concreta.Cfr. Petitot 1985, p. 54. Come noto, Petitot (1985, passim) oppone ad uno strutturalismo logico126uno strutturalismo geometrico e topologico, inteso, tra l’altro, a colmare questo stesso vuoto.

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della resistenza. Non c’è qui nulla di nuovo, in realtà, se non la valorizzazione di uno dei tre elementiche sono stati considerati fondamentali nella definizione deleuziana del “metodo seriale”127. Ognistrutturalismo si definisce cioè in base ad una “forma seriale” che “si realizza necessariamente nellasimultaneità di almeno due serie”128, e la cui logica opererebbe infatti in funzione di tre presuppo-sti: lo scarto tra le due serie come “variazione primaria”129, l’orientamento assunto da questo stessosquilibrio tra le serie, ed infine un’“istanza paradossale” di circolazione, “casella vuota”130, irriduci-bile ai termini delle serie ma tale da assicurare la comunicazione tra gli stessi. In particolare, al di làdi quest’ultimo punto che non è qui in questione131, si tratta dell’esplicitazione della relazione tralo scarto e il suo orientamento. Si è già osservato come la semiotica si occupi da sempre di macchinemolari, in cui appunto si tratta certo di correlare una serie-espressione ad una serie-contenuto maprecipuamente di assumere il punto di vista dell’espressione e di valutare uno scarto produttore disenso: in questi termini, la semiotica assume il testo in primis come macroconfigurazione espressivastatistica, che essa lavora secondo il modo dell’estrazione, per il quale si tratta appunto di estrarreil “contenuto” da un “contenitore”. Partire dall’espressione significa orientare la funzione semioticamirando dal dominio dell’espressione al codominio del contenuto. Ma soprattutto è nella definizionestessa di quel morfismo che permette di trasformare da uno all’altro che trova il suo luogo il problemadella resistenza. Molarmente, l’opacità del senso è infatti già l’indice della sua presenza132. Così, alivello molare, se pure si dice che espressione e contenuto si diano in solidarietà, si muove sempredalla prima verso il secondo. È la questione centrale nell’etnologia semiotica del corpus: quest’ultimosi costruisce per definizione in base a criteri materiali (ad un’alterità nello spazio-tempo culturale),ed esso, da Propp in poi, fa resistenza “selvaggia” al semiotico133. Orientare la funzione semioticasignifica supporre sempre, dalla parte della serie espressiva, “un eccesso [...] che si annebbia”134rispetto a quella del contenuto. Ed infatti è la macchina molare del testo che può essere definita un“meccanismo pigro”135: il testo espressivo è un tessuto inerte perché troppo fitto. La costituzionesemiotica del testo è a tutti gli effetti un atto giuridico in cui il soggetto operatore riconosce a questouno statuto semiotico che è in primo luogo di natura espressiva: di qui la possibilità di una tra-sformazione al contrario che si fonda sulla dissociazione del prodotto dalla produzione, del geneticodal generativo. Lasciare un residuo è a tutti gli effetti il modo di procedere sottrattivo del filtro: iltesto della semiotica testuale è così un segnale denso nel senso acustico del termine, che viene fattooggetto di un filtraggio tale da scartare alcune frequenze per enfatizzarne altre. La resistenza che siproduce tra espressione e contenuto va allora intesa in senso elettrologico, come calore che si dissipanel passaggio dall’espressione al contenuto136: lo scarto che ne risulta è allo stesso tempo quanto

Deleuze 1969, p. 41.127Deleuze 1969, p. 40.128Deleuze 1969, p. 43.129Deleuze 1969, pp. 43-44.130Più in generale sulla riflessione deleuziana sullo strutturalismo, cfr. Petitot 1985, p. 67-73. Si è131peraltro potuto osservare come la teoria greimasiana dell’enunciazione sia “un’applicazione teoricatra le più coerenti” del concetto deleuziano di casella vuota (Marsciani e Pezzini 1996, XLIII).Greimas 1970, p. 7.132Cfr. Zinna 2002. Pozzato sottolinea, rispetto alla prassi analitica della semiotica del testo, la cen-133tralità del tema della resistenza che questo oppone (Pozzato 2001, p. 16).Deleuze 1969, p. 43.134Eco 1979, p. 52.135In questi termini si può parlare di tensione costituente tra il plastico e il figurativo sulla base della136quale si fondano i processi di (ri)semantizzazione: “La semantizzazione di tipo plastico non si radicain elementi o categorie (linee, colori, relazioni topologiche) che ‘consustanzialmente’ si differenzianodal livello figurativo, ma in una resistenza localmente assunta da ciò che viene pertinentizzato come

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permette di ritornare al testo, di reintegrarlo per rifiltrarlo nuovamente137. La molarità rumorosadell’espressione richiede così il fare sottrattivo, per estrazione, del filtro. D’altro canto, dato l’insiemedelle considerazioni precedenti, si potrebbe, come è stato autorevolmente motivato, semplicementelasciar perdere quella parte dell’eredità hjelmsleviana relativa alla biplanarità del segno, assumen-dola, come già osservato, proprio come un residuo materiale di natura storico-(pratico-)linguistica,residuo che in realtà parassita nella teoria un po’ incongruamente su una distinzione più cruciale,quella tra forma e sostanza138. Così, nella rilettura hjelmsleviana di Garroni, la considerazione dellarelazione forma/sostanza come superordinata a quella espressione/contenuto permette di muoveredalla questione della biplanarità del segno a quella della correlabilità delle strutture semiotiche. Lasemiotica diventa a tutti gli effetti “studio dei sistemi trasformabili”, teoria che richiede, al di là diespressione e contenuto, la correlazione esplicita di due diverse considerazioni formali: da un latouna forma formale, “pura istanza di analizzabilità, specificabile in un modello formale costruttivo”,dall’altro una forma sostanziale, “istanza operativa”, “destinata all’esplicitazione formale della so-stanza in quanto destinata a correlarsi con quella prima considerazione formale”139. Ma se da unlato lo sguardo semiotico lavora nel molare e parte dall’assunzione del macro dell’espressione peraccedere ad un senso che si produce sottrattivamente nell’eccesso di questo rispetto al contenuto,verrebbe da chiedersi se non è possibile ricostruire uno sguardo semiotico che abbia invece nel mole-colare il suo luogo elettivo. Sempre nel campo d’applicazione di una logica strutturale della messa inserie, si tratta, invece di guardare dal molare verso il molecolare, di guardare dal molecolare verso ilmolare: questo cambio di prospettiva è per definizione un cambio di posizione, ma non lo è secondoun rapporto di simmetria. Discutendo della semiotica echiana, si è osservato come immediatamente ilrispetto della formalità hjelmsleviana introduca d’imperio la questione della reversibilità tra i piani:la reversibilità, se è vero che anche in Eco la funzione semiotica si definisce a partire dall’espressionecome dominio, implica che si pongano immediatamente le condizioni per pensare quest’ultima giàin quanto contenuto. In questi termini, l’espressione diventa contenuto. In che senso? Ora, è chiaroche se la reversibilità richiedesse di considerare semplicemente un’altra funzione semiotica, preci-samente una funzione inversa alla prima, essa risulterebbe una specificazione del tutto accessoria,utile didatticamente a ricordare la formalità dei piani contro una eventuale interpretazione mate-riale: essa direbbe soltanto che il primo contenuto viene assunto come espressione di una secondafunzione, così da passare da � 1: E1�C1 a �2: E2�C2, dove semplicemente varrebbe E2=C1 e C2=E1.Pro- priamente, anzi, non si potrebbe parlare in alcun modo di reversibilità, ma più semplicementedi relazione tra due funzioni. Ma il possibile pedagogismo del concetto, che parrebbe neutralizzare

dell’ordine dell’espressione ad articolarsi immediatamente con contenuti figurativi” (Basso 2003b, p.322). Il valore di un testo è anche la misura di questa resistenza avvertita o ricostituita dall’analisi.Così in generale il problema metodologico del filtro sta nel suo dover esserci senza esserci (troppo).137Discutendo della prassi della musica elettronica, Schaffer rileva che il filtraggio rischia sempre difar sentire non una trasformazione (anche radicale) del segnale in entrata ma semplicemente lafrequenza propria del filtro stesso: in questo caso, “c’est le filtrage qu’on entend. La causalitéoperatoire s’impose [...] L’opération oblitère l’objet, le dégrade, le marque de son timbre, au sensindésiderable du terme” (Schaeffer 1966, p. 67). È certo il problema metodologico di ogni forma disemiotica testualeGarroni 1972, p. 215ss.138Garroni 1972, pp. 252-53. Vale a dire: “La sostanza non si presenta, in sede di semiotica come139scienza, come sostanza, ma si presenta come una certa forma della sostanza rispetto a una certaistanza di analizzabilità: forma determinata da un altro punto di vista rispetto alla forma di cui èsostanza” (255). Garroni può di qui rileggere lo Hjelmslev della Stratification du langage contro (alato di) quello dei Prolegomena. Si veda in questo stesso volume l’intervento di Claudio Paoluccidedicato esplicitamente a questo tema hjelmsleviano.

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l’idea stessa di reversibilità, non deve impedire di osservare come questa riceva piuttosto tutto unaltro compito: quello di moltiplicare le serie, di connetterle trasversalmente, poiché è in gioco nonpiù una funzione binaria ma un concatenamento già potenzialmente multiplo. Laddove uno sguardomolare cerca due serie, uno molecolare ne cerca subito n. La reversibilità è infatti un primo mo-do in cui, “e converso”140, per semplice inversione del rapporto lemma-definizione, il dizionarioviene aperto verso la germinazione del rizoma enciclopedico. Ne conseguono due caratteristiche. Inprimo luogo, nelle catene salta la distinzione Espressione/Contenuto poiché questa semplicementenon risulta più pertinente, non fa la differenza: ciò che diventa rilevante è piuttosto il meccanismodi funzionamento che permette il concatenamento141. L’idea di una “cibernetica microscopica”142nell’ordine del molecolare, che pure sembrerebbe massimamente astratta, emerge allora chiaramentenello studio echiano delle mnemotecniche: espressione e contenuto indicano esclusivamente l’entratae l’uscita di una macchina con input (un trasduttore143) così che ogni mnemotecnica è descrivibilecome una rete di trasduttori la cui entrata è etichettata come espressione e la cui uscita come conte-nuto. In seconda istanza, se si assume un rapporto di indeterminazione tra espressione e contenutosalta (analogamente) il problema del residuo tra i due: si darebbe cioè residuo soltanto laddove siproduca una fissazione molare dell’espressione, rispetto al quale misurarlo. Divenuta irrilevante laquestione della precipuità della relazione espressione/contenuto (dello scarto e della resistenza), nona caso si pone tipicamente, come già ricordato, piuttosto un altro problema, di tipo meccanico, checoncerne il funzionamento: cioè, come si innesca la rete? Ovvero: da dove parte il cammino sul grafodella macchina mnemotecnica complessiva?144 È in effetti in questo luogo, o in questo insieme diloca mnemonica, in questa riflessione comune sulla memoria, che la semiotica non è lontana da unaicnologia, se questa è una teoria della traccia, intesa come ichnos, non iscrizione ma iscrivibilità lacui terzità, peircianamente come generale, come condizione di iterabilità, è superordinata all’internoe all’esterno, al passato e al futuro poiché li produce entrambi145. Non a caso, può valere come

Eco 1990, p. 60.140Deleuze nella Piega riprende lo stesso concetto di messa in serie, attraverso i due piani della casa141barocca (Deleuze 1988, passim), dopo che in Mille piani esso sembra esplodere definitivamentenella molteplicità frattale rizomatica. Resta dunque la forma seriale dell’accoppiamento alla basedel rizoma, quasi che una prima messa in serie costituisca l’iniziatore della costruzione per itera-zioni multiple del frattale (“initiator”, Mandelbrot, 1977-1983, p. 39). Riprendendo i due elementi,Paolucci (2002 e 2003) ha proposto una formalizzazione dell’enciclopedia echiana nei termini diun rizoma costruito per piegature ricorsive: non è un caso che i cosidetti “L-system” derivati siadalle grammatiche generative che dalla teoria dei frattali ed usati per modellizzare la crescita ve-getale siano sistemi di riscrittura (alla Chomsky) ma in simultanea e in parallelo (Prusinkiewicz eLindenmayer 1990, Prusinkiewicz 2000).Deleuze e Guattari 1972, p. 327.142È qui sottintesa la modellizzazione del molecolare in termini di catene di Markov su cui insistono143più volte Deleuze e Guattari (in generale cfr. Ross Ashby 1956).Si potrebbe obiettare che il funzionamento delle mnemotecniche è descritto da Eco proprio nei ter-144mini disfunzionali e disforici della “semiosi ermetica” (Eco 1990, p. 70). Tuttavia, la discriminazio-ne tra semiosi economica e virtuosa e semiosi ermetica e “demonica” non sembra fondabile a livellodel funzionamento, visto che “semiosi” indica precisamente il funzionamento in quanto tale, e vieneinfatti usato per entrambi i casi.Il riferimento è a Ferraris 1997 e non 2001a, dove il concetto di icnologia sembra “emendato” (pur145essendo ancora presente in Ferraris 2001b). Nella prospettiva di un imbricamento tra scritturae temporalità, ci si permette di segnalare uno studio di chi scrive dedicato specificamente allanotazione musicale contemporanea (Valle 2002). Si è in precedenza accennato rapidamente agliL-system: si noti come la scrittura sia condizione di ri-scrittura.

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stemma dell’iscrivibilità la figura del “piegare un foglio”: in prima battuta, si determinano due latiper il tramite di una frontiera provvisoria tra di essi, “mediazione che anticipa ciò che media” perchéli costituisce in quanto lati; ma, in secondo luogo, il foglio tende a tornare in posizione, così che lapiega “ricorda e anticipa”, traccia al contempo del passato e del futuro146. Se dunque uno sguardomolare procede sottrattivamente per estrazione, uno molecolare lavora sulle relazioni tra termini ad-ditivamente, secondo il modo della coalescenza: attraverso quest’ultimo, la semiotica rivela, appunto,“un paesaggio molecolare”, “risultato transitorio di aggregazioni chimiche”, secondo “una spiegazionefotomeccanica della semiosi” che vede sotto (ma forse meglio sarebbe dire “in mezzo”) alla molaritàdelle immagini un molecolare “pullulare di tratti non significanti del retino differenziabili per forma,posizione, intensità cromatica”147, che si potrebbero dire “segni-particelle”148. E se la semioticacome disciplina, molecolarmente, è una pratica semiotica tra tutte le altre, una “attività produtti-va”149, essa si costituisce non tanto come “navigazione”, in cui la scia sparisce dileguandosi dietroil timone, quanto come “esplorazione di terra”, prassi che scava e lascia tracce del suo passaggio inquello stesso paesaggio molecolare che attraversa150, secondo una declinazione della semiosi cometraccia che, in quanto percorribilità, è una iterabilità151, e dunque, pienamente, una terzità. Sottoquesto sguardo doppio di un Giano molare/molecolare152 si può riprendere infine il filo della fon-tanilliana semiotica del discorso. Come osservato, l’ipotesi della semioticità della percezione pone ilproblema dell’articolazione dei piani di espressione e contenuto. Nel caso in cui una semiotica sia già

Ferraris 1997, p. 330. Si direbbe in effetti che a livello molecolare “il funzionamento della macchina146è indiscernibile dalla sua formazione: macchine cronogene confuse col loro proprio montaggio”(Deleuze e Guattari 1972, p. 326).Eco 1975, p. 75.147Guattari 1977, p. 153.148Eco 1975, p. 289.149Eco 1975, p. 44. Questo tema esplorativo in relazione ai tipi di superficie viene ripreso da Deleuze150e Guattari nella discussione relativa alla coppia liscio/striato, in cui la navigazione d’altura è ilmodello di ogni striatura di uno spazio liscio. Il rilievo non è accessorio perché c’è un rapporto nonsemplice tra molare/molecolare e liscio/striato (per cui, semplificando, albero e rizoma stanno inrapporto di molare/ striato e molecolare/liscio, Deleuze e Guattari 1980, pp. 736-737). Rispettoalle due coppie, sembrerebbe possibile mettere in serie anche sottrattivo/additivo. Ad altro luogouna possibile discussione.Ferraris 1997, p. 232.151È palese che non è in questione un’opposizione (ancora meno in termini di eventuali paradigmi152semiotici), ma uno sguardo bifronte che segnala asimmetricamente un “ciclo” delle “transizioni chevanno dal molare al molecolare e viceversa” (Deleuze e Guattari 1972, p. 330). È uno “sguardodi Giano” (Caprettini 1986) poiché Giano è il “dio delle transizioni e dei passaggi” che “controllagli spazi e le dimensioni” (Caprettini 1992: 94). In una prospettiva lotmaniana di semiotica dellacultura Caprettini può così, da un lato e riprendendo Avalle, pensare il racconto molarmente comeuna messa in serie binaria di “funzioni narrative” che definiscono il piano espressivo per “valenzemitiche” che ne costituiscono un piano del contenuto di matrice antropologica (Caprettini 1992,p. 112), dall’altro descrivere un molecolare figurativo nella fiaba il cui “potenziale narrativo”,markovianamente, permette, a partire da unità figurative, di “generare stringhe di racconto che siripetono” (2000, p. 10). Lo sguardo molecolare riesce allora a vedere la fiaba non solo come formachiusa a posteriori da una sanzione (la quale infatti, nota Caprettini, spesso non è espressa -alcontrario di quanto assicurato da alcuni stereotipi teorici) ma soprattutto come meccanismo tensivoin fieri (Caprettini 2000, p. 14). Peraltro già il Groupe � ha opposto un approccio macrosemiotico auno micro, rispettivamente per l’elaborazione di “concepts ad hoc” vs. la definizione di “constructsa priori” (Groupe � 1992, pp. 47-48).

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costituita, i due piani si articolano per il tramite di due forme loro relative, forma dell’espressionee forma del contenuto. Osserva allora Fontanille come, nel caso di una semplice ipotesi di semio-ticità, si tratti piuttosto di rilevare come questa “co-formazione” si produca153. La rilevazione diuna configurazione (in quanto insieme di figure che rilevano del figurale) non permette di parlarepropriamente di forma in senso semiotico. “Un dispositif de l’expression ou du contenu (disons: ungroupe de formants), en attente de l’autre dispositif permettant de constituer un langage” non è al-lora (ancora, più) una forma quanto un “rythme”154: “Nous pouvons alors considérer que le rythmeprocure à chacun des deux plans l’organisation figurative (le dispositif de ‘figures’) qui le prepare àentrer en relation avec l’autre plan; le rythme serait alors la préfiguration d’un isomorphisme pos-sible, ou la rémanence d’un isomorphisme potentiel. En d’autres termes , il imprimerait à l’un desdeux plans d’une langage une forme sémiotique provisoire ou rémanente, en attente ou en mémoirede sa reunion avec l’autre plan.”155 Vale la pena di osservare come la riflessione sul ritmo sembriavere diretta scaturigine dalla riflessione condotta sulle peculiarità dei domini “sensibili”: di qui iriferimenti, ad esempio, al problema della significazione musicale156, o all’analisi di un corpus divasi berberi157. Infatti, la rilevanza del ritmo sta nel duplice modo in cui è definito come possibilitàdi isomorfismo. Da un lato, nei termini di una rilevanza indiziaria: laddove “la situation signifiante”sia “inaccessible”, “la fonction sémiotique n’est qu’une hypothèse, voire un pressentiment [...]: il nereste qu’un rythme”158. D’altro lato, in quelli di una relazione iperonimica, per cui il ritmo “precedee prepara” la forma: proprio in relazione ai modi del sensibile, si registra una tangenza non accessoriacon “l’ipotesi ‘fenomenologica’” di Deleuze che, nel descrivere una Logica della sensazione, pensa ilritmo come una generale “logica dei sensi”, “potenza, più profonda della vista, dell’udito” e deglialtri sensi che “travalica ogni singolo campo e lo attraversa”159. In questo senso, il riferimento fon-tanilliano al celebre saggio etimologico di Benveniste è forse non del tutto pertinente, poiché in essoil ritmo è pensato in opposizione alla resi (il flusso)160, come elemento ad esso esterno, configura-zione che deriva da una sua presa momentanea, quasi un’istantanea che cristallizza il processo nellostato161. Piuttosto, come osserva Michel Serres, “ritmo”, nella sua prima apparizione nella filosofiaatomi- stica, è il momento di una scaturigine d’ordine interna al flusso stesso: nella “resi” (il flussolaminare atomico che costituisce per la filosofia atomista il modello idraulico del caos) il “ritmo” èun momento di reversibilità nell’irreversibilità del flusso, il vortice come fenomeno d’ordine locale in

Va altresì notato che la tematizzazione del sensibile che così si produce non implica in alcun153modo l’introduzione di un “intellegibile” che si costituirebbe come suo contrario: asse semanticoaccessorio al ragionamento fin qui condotto, esso è piuttosto una superfetazione filosofeggiante. Aldi là delle critiche fondate ad alcune semplificazioni fontanilliane, può notare Basso riprendendoHusserl: “Il campo è insomma un territorio semantizzato del ‘percepito’ e del ‘percepibile’, pieno dianticipazioni e di retrovisioni sui processi di costituzione di formanti, che dipendono da un interessetematico” (Basso 2002, p. 49). Ferraris nota come rispetto al noema, un aisthema sia “sensibileper la provenienza, non per il modo della registrazione” (Ferraris 1997, p. 49): è quest’ultimo chequi rileva.Fontanille 1998b, p. 37.154Fontanille 1999a, p. 10.155Cfr. Fontanille 1995, p. 24.156Fontanille 1998b.157Fontanille 1998b, p. 37.158Deleuze 1981, p. 99.159Benveniste 1966, p. 328.160Analogamente, secondo la rilettura benvenistiana di Piana, il ritmo specificherebbe una accezione161di “forma” come “movimento rappreso”, “rigida e precaria”, “immobile e sospesa nel movimentoda cui proviene e in cui può subito sciogliersi” (Piana 1990, p. 156).

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cui il flusso si avvolge e torna su stesso, così da produrre una reversibilità del tempo. Non ostacoloal flusso, ma reversibilità locale e momentanea dello stesso (la resi) che si avvolge nel vortice (ilritmo, inteso allora come forma adottata dagli atomi in scostamento)162. Presa significante, ipotesidi forma nella continuità: per la semiotica si tratta allora di “ritmare la resi”163.

Così, “la musica è satura di reversibili. Essa ritma la resi in ogni luogo e ad ogni livello, produce e162riproduce l’immantinente. Flusso riempito di fluttuazioni” (Serres 1977, p. 163).Serres 1977, p. 163.163

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hjelmslev1943a

Prolegomena to a Theory of Language (I fondamenti della teoria del linguaggio (book)Publisher

EinaudiAuthor

Hjelmslev, L.Address

TorinoDate-Added

2007-11-05 19:40:15 +0100Date-Modified

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guattari1977

La révolution moléculaire (book)Publisher

RecherchesYear

1977Author

Guattari, F.Address

Fontenay-sous-BoisDate-Added

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2007-11-05 19:39:43 +0100Local FilesRemote URLs

groupe1992

Traité du signe visuel. Pour une rhétorique de l'image (book)Publisher

SeuilYear

1992Author

Groupe μ (F. Edeline, J.-M. Klinkeuberg, Ph. Minguet)Address

ParisDate-Added

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greimasfontanille1991

Sémiotique des Passions. Des états de choses aux états d'âme (book)Publisher

SeuilYear

1991Author

Greimas, A.J. and Fontanille, J.Address

ParisDate-Added

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greimascourtes1986

Sémiotique. Dictionnaire raisonné de la théorie du langage (book)Publisher

HachetteYear

1986Author

Greimas, A.J. and Courtés, J.Volume

2Address

ParisDate-Added

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greimascourtes1979

Sémiotique. Dictionnaire raisonné de la théorie du langage (book)Publisher

HachetteYear

1979Author

Greimas, A.J. and Courtés, J.Volume

1Address

Paris

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greimas1984

Sémiotique figurative et sémiotique plastique (article)Author

Greimas, A.J.Journal

Actes sémiotiques -- DocumentsYear

1984Number

60Date-Added

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greimas1976

Maupassant. La sémiotique du texte: exercises pratiques (book)Publisher

SeuilYear

1976Author

Greimas, A.J.Address

ParisDate-Added

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greimas1970

Du Sens (book)Publisher

SeuilYear

1970Author

Greimas, A.J.

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AddressParis

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greimas1966

Sémantique structurale. Recherche de méthode (book)Publisher

LarousseYear

1966Author

Greimas, A.J.Address

ParisDate-Added

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garroni1972

Progetto di semiotica (book)Publisher

LaterzaYear

1972Author

Garroni, E.Address

Roma-BariDate-Added

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zontanillezilberberg1998

Tension et signification (book)Publisher

MardagaYear

1998

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AuthorFontanille, J. and Zilberberg, C.

AddressLiège

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fontanille1999b

Eloquio del senso. Dialoghi semiotici per Paolo Fabbri (inbook)Publisher

Costa & NolanYear

1999Editor

Basso, P. and Corrain, L.Author

Fontanille, J.Chapter

Polisensorialità e autonomia della dimensione figurativaAddress

Ancona-MilanoDate-Added

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fontanille1999a

Modes du sensible et syntaxe figurative (article)Author

Fontanille, J.Journal

Nouveaux Actes SémiotiquesYear

1999Pages

61-63Date-Added

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fontanille1998b

Décoratif, iconicité et écriture. Geste, rythme et figurativité: à propos de la poterie berbère (article)Author

Fontanille, J.Journal

VisioYear

1998Number

3Date-Added

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fontanille1995c

Le Devenir (book)Publisher

PULIMYear

1995Author

Fontanille, J.Editor

Fontanille, J.Address

LimogesDate-Added

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fontanille1995b (inbook)Author

Fontanille, J.Chapter

Sans titre… ou sans contenu?Date-Added

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fontanille1995a

Sémiotique du visible. Des mondes de lumière (book)Publisher

P.U.F.Year

1995Author

Fontanille, J.Address

ParisDate-Added

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floch1995

Identités visuelles (book)Publisher

P.U.F.Year

1995Author

Floch, J.-M.Address

ParisDate-Added

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floch1985

Petit Mythologies de l'oeil et l'esprit. Pour une sémiotique plastique (book)Publisher

Hadès-BenjaminsYear

1985Author

Floch, J.-M.Address

Paris-AmsterdamDate-Added

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festi2003

Le logiche del sensibile. Un confronto tra la semiotica tensiva e il progetto di naturalizzazione del senso (article)Author

Festi, G.Journal

SemioticheYear

2003Number

1Pages

175-196Date-Added

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ferraris2001b

L'altra estetica (inbook)Publisher

EinaudiYear

2001Editor

Ferraris, M. and Kobau, P.Author

Ferraris, M.Chapter

Estetica sperimentaleAddress

TorinoDate-Added

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ferraris2001a

Il mondo esterno (book)Publisher

Bompiani

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Year2001

AuthorFerraris, M.

AddressMilano

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ferraris1997

Estetica razionale (book)Publisher

CortinaYear

1997Author

Ferraris, M.Address

MilanoDate-Added

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fabbrimarrone2001

Semiotica in nuce (book)Publisher

MeltemiYear

2001Author

Fabbri, P. and Marrone, G.Editor

Fabbri, P. and Marrone, G.Volume

IIAddress

RomaDate-Added

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fabbri1998b

L'oscuro principe spinozista: Deleuze, Hjelmslev, Bacon (article)Author

Fabbri, P.Journal

Discipline filosoficheYear

1998Number

1Date-Added

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fabbri1998a

La svolta semiotica (book)Publisher

LaterzaYear

1988Author

Fabbri, P.Address

Roma-BariDate-Added

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fabbri1997

Il secolo deleuziano (inbook)Publisher

Eterotopie-MimesisYear

1997Editor

Vaccaro, S.Author

Fabbri, P.Chapter

Come Deleuze ci fa segno. Da Hjelmslev a PeirceAddress

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fabbri1991

Le passioni del discorso (article)Author

Fabbri, P.Journal

Carte semioticheYear

1991Number

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eco2003

Dire quasi la stessa cosa (book)Publisher

BompianiYear

2003Author

Eco, U.Address

MilanoDate-Added

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eco1997

Kant e l'ornitorinco (book)Publisher

BompianiYear

1997Author

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Eco, U.Address

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eco1990

I limiti dell'interpretazione (book)Publisher

BompianiYear

1990Author

Eco, U.Address

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eco1979

Lector in fabula (book)Publisher

BompianiYear

1979Author

Eco, U.Address

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eco1968

La struttura assente (book)Publisher

BompianiYear

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1968Author

Eco, U.Address

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deleuzeguattari1980

Mille Plateux. Capitalisme et schizophrénie (book)Publisher

MinuitYear

1980Author

Deleuze, G. and Guattari, F.Address

ParisDate-Added

2007-10-31 17:21:58 +0100Date-Modified

2007-11-02 13:24:57 +0100Local FilesRemote URLs

deleuzeguattari1972

L'Anti-Oedipe (book)Publisher

MinuitYear

1972Author

Deleuze ,G. and Guattari, F.Address

ParisDate-Added

2007-10-31 17:20:16 +0100Date-Modified

2007-11-02 13:24:38 +0100Local FilesRemote URLs

deleuze1988

Le pli. Leibniz et le Baroque (book)Publisher

Page 36: AndreaValle,da Semiotiche,1,2003,pp. 13–43gjc* D_``pg* qmrrmjglc_lbm j cqgqrclx_ bg bsc jgtcjjg Yqga ... ncp asg j _aacqqm kckmpg_jc _b melg qcelm kclr_jc pgafgcbc sl _jrpm qcelm

MinuitAuthor

Deleuze, G.Address

ParisDate-Added

2007-10-31 17:19:30 +0100Date-Modified

2007-11-02 13:24:24 +0100Local FilesRemote URLs

deleuze1981

Francis Bacon. Logique de la sensation (book)Publisher

La DifférenceYear

1981Author

Deleuze, G.Address

ParisDate-Added

2007-10-31 17:18:07 +0100Date-Modified

2007-11-02 13:24:12 +0100Local FilesRemote URLs

deleuze1969

Logique du sens (book)Publisher

MinuitYear

1969Author

Deleuze, G.Address

ParisDate-Added

2007-10-31 17:17:06 +0100Date-Modified

2007-11-02 13:24:02 +0100Local FilesRemote URLs

corrainvalenti1991

Leggere l'opera d'arte (book)Publisher

Page 37: AndreaValle,da Semiotiche,1,2003,pp. 13–43gjc* D_``pg* qmrrmjglc_lbm j cqgqrclx_ bg bsc jgtcjjg Yqga ... ncp asg j _aacqqm kckmpg_jc _b melg qcelm kclr_jc pgafgcbc sl _jrpm qcelm

EsculapioYear

1991Author

Corrain, L. and Valenti, M.Editor

Corrain, L. and Valenti, M.Address

BolognaDate-Added

2007-10-31 17:09:48 +0100Date-Modified

2007-11-02 13:23:54 +0100Local FilesRemote URLs

caprettini1986

Lo sguardo di Giano. Indagini sul racconto (book)Publisher

Il segnalibroYear

1986Author

Caprettini, G. P.Address

TorinoDate-Added

2007-10-31 17:06:36 +0100Date-Modified

2007-11-02 13:21:56 +0100Local FilesRemote URLs

caprettini1980

Aspetti della semiotica. Principi e storia (book)Publisher

EinaudiYear

1980Author

Caprettini, G. P.Address

TorinoDate-Added

2007-10-31 17:05:21 +0100Date-Modified

2007-11-02 13:21:32 +0100Local FilesRemote URLs

Page 38: AndreaValle,da Semiotiche,1,2003,pp. 13–43gjc* D_``pg* qmrrmjglc_lbm j cqgqrclx_ bg bsc jgtcjjg Yqga ... ncp asg j _aacqqm kckmpg_jc _b melg qcelm kclr_jc pgafgcbc sl _jrpm qcelm

brandt2002b

De la linguistique structurelle à la linguistique cognitive -- Avec Hjelmslev (electronic)Urldate

2002Author

Brandt, P. A.Url

www.hum.au.dk/semiotics/docs/epub/arc/paab/hje/Hjelmslev.htmDate-Added

2007-10-31 17:03:53 +0100Date-Modified

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www.hum.au.dk/semiotics/docs/epub/arc/paab/hje/Hjelmslev.htm

brandt2002a

Le motif analytique des Prolégomènes. Une crititque et une reconstruction (electronic)Urldate

2002Author

Brandt, P. A.Url

www.hum.au.dk/semiotics/docs/epub/arc/paab/pro/prolegom.htmlDate-Added

2007-10-31 17:01:31 +0100Date-Modified

2007-10-31 17:03:44 +0100Local FilesRemote URLs

www.hum.au.dk/semiotics/docs/epub/arc/paab/pro/prolegom.html

benveniste1966

Problèmes de linguistique générale (inbook)Publisher

GallimardYear

1966Author

Benveniste, É.Chapter

La notion de «rythme» dans son expression linguistiqueAddress

ParisDate-Added

2007-10-31 16:58:06 +0100

Page 39: AndreaValle,da Semiotiche,1,2003,pp. 13–43gjc* D_``pg* qmrrmjglc_lbm j cqgqrclx_ bg bsc jgtcjjg Yqga ... ncp asg j _aacqqm kckmpg_jc _b melg qcelm kclr_jc pgafgcbc sl _jrpm qcelm

Date-Modified2007-11-02 13:21:18 +0100

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bastide1987

Le traitement de la matière: opération élémentaires (article)Author

Bastide, F.Journal

Actes sémiotiques -- DocumentsYear

1987Volume

IXNumber

89Date-Added

2007-10-31 16:55:21 +0100Date-Modified

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basso2003b

Confini del cinema. Strategie estetiche e ricerca semiotica (book)Publisher

LindauYear

2003Author

Basso, P.Address

TorinoDate-Added

2007-10-31 16:52:46 +0100Date-Modified

2007-11-02 13:21:07 +0100Local FilesRemote URLs

basso2003a

Sul percetto tracciato e sulle tracce di una coimplicazione. Estetica e semiotica dell'esperienza (article)Author

Basso, P.Journal

Rivista di esteticaYear

Page 40: AndreaValle,da Semiotiche,1,2003,pp. 13–43gjc* D_``pg* qmrrmjglc_lbm j cqgqrclx_ bg bsc jgtcjjg Yqga ... ncp asg j _aacqqm kckmpg_jc _b melg qcelm kclr_jc pgafgcbc sl _jrpm qcelm

2003Volume

21Date-Added

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2007-11-02 13:21:00 +0100Local FilesRemote URLs

basso2002

Il dominio dell'arte (book)Publisher

MeltemiYear

2002Author

Basso, P.Address

RomaDate-Added

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ashby1956

An Introduction to Cybernetics (book)Publisher

ChapmanYear

1956Author

Ashby, R. W.Address

LondonDate-Added

2007-10-31 16:49:03 +0100Date-Modified

2007-11-02 13:20:23 +0100Local FilesRemote URLs

anzieu1985

Le Moi-peau (book)Publisher

BordasYear

Page 41: AndreaValle,da Semiotiche,1,2003,pp. 13–43gjc* D_``pg* qmrrmjglc_lbm j cqgqrclx_ bg bsc jgtcjjg Yqga ... ncp asg j _aacqqm kckmpg_jc _b melg qcelm kclr_jc pgafgcbc sl _jrpm qcelm

1985Author

Anzieu, D.Address

ParisDate-Added

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2007-11-02 13:20:16 +0100Local FilesRemote URLs

caprettini2000

Dizionario della fiaba italiana, (book)Publisher

MeltemiYear

2000Author

Caprettini, G. P.Editor

Caprettini G. P.Address

RomaDate-Added

2007-10-24 17:00:51 +0200Date-Modified

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jakobson1980

Magia della parola (inbook)Publisher

LaterzaYear

1980Editor

Pomorska, K.Author

Jakobson, R.Address

Roma-BariDate-Added

2007-10-24 16:46:31 +0200Date-Modified

2007-11-02 13:29:07 +0100Local FilesRemote URLs

Page 42: AndreaValle,da Semiotiche,1,2003,pp. 13–43gjc* D_``pg* qmrrmjglc_lbm j cqgqrclx_ bg bsc jgtcjjg Yqga ... ncp asg j _aacqqm kckmpg_jc _b melg qcelm kclr_jc pgafgcbc sl _jrpm qcelm

hjelmslev1956

Saggi linguistici (inbook)Publisher

UnicopliYear

1956Editor

Galassi, R.Author

Hjelmslev, L.Chapter

Animato e inanimato, personale e non-personaleAddress

MilanoPages

276, 317Date-Added

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2007-11-02 13:28:46 +0100Local FilesRemote URLs

hjelmslev1943

Fondamenti della teoria del linguaggio (book)Publisher

EinaudiYear

1943Author

Hjelmslev, L.Address

TorinoAnnote

trad 1968Date-Added

2007-10-24 15:36:40 +0200Date-Modified

2007-11-02 13:20:05 +0100Local FilesRemote URLs

greimas1995

Maupassant. La semiotica del testo: esercizi pratici (book)Publisher

Centro Scientifico EditoreYear

1995

Page 43: AndreaValle,da Semiotiche,1,2003,pp. 13–43gjc* D_``pg* qmrrmjglc_lbm j cqgqrclx_ bg bsc jgtcjjg Yqga ... ncp asg j _aacqqm kckmpg_jc _b melg qcelm kclr_jc pgafgcbc sl _jrpm qcelm

AuthorGreimas, A.J.

EditorMarrone, G.

AddressTorino

Date-Added2007-10-24 15:33:00 +0200

Date-Modified2007-11-02 13:28:21 +0100

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ricoeur2000

Tra semiotica ed ermeneutica (book)Publisher

MeltemiYear

2000Author

Ricœur, P. and Greimas, A.J.Editor

Marsciani, F.Address

RomaDate-Added

2007-10-24 15:28:02 +0200Date-Modified

2007-11-02 13:30:02 +0100Local FilesRemote URLs

caprettini1992

Simboli al bivio (book)Publisher

SellerioYear

1992Author

Caprettini, G. P.Address

PalermoDate-Added

2007-10-24 15:20:29 +0200Date-Modified

2007-11-02 13:23:19 +0100Local FilesRemote URLs

Page 44: AndreaValle,da Semiotiche,1,2003,pp. 13–43gjc* D_``pg* qmrrmjglc_lbm j cqgqrclx_ bg bsc jgtcjjg Yqga ... ncp asg j _aacqqm kckmpg_jc _b melg qcelm kclr_jc pgafgcbc sl _jrpm qcelm

prieto1968

La sémiologie (incollection)Author

Prieto, L.Booktitle

Encyclopédie de la PléiadePublisher

GallimardYear

1968Editor

Martinet, A.Volume

XXVPages

93, 144Address

ParigiDate-Added

2007-10-24 14:58:14 +0200Date-Modified

2007-11-02 13:29:24 +0100Volumetitle

Le langageLocal FilesRemote URLs

avalle1995

Ferdinand de Saussure fra strutturalismo e semiologia (book)Publisher

Il MulinoYear

1995Author

Avalle, D'Arco SilvioAddress

BolognaDate-Added

2007-10-05 17:26:08 +0200Date-Modified

2007-10-05 17:47:04 +0200Local FilesRemote URLs

eco1975

Trattato di semiotica generale (book)Publisher

BompianiYear

Page 45: AndreaValle,da Semiotiche,1,2003,pp. 13–43gjc* D_``pg* qmrrmjglc_lbm j cqgqrclx_ bg bsc jgtcjjg Yqga ... ncp asg j _aacqqm kckmpg_jc _b melg qcelm kclr_jc pgafgcbc sl _jrpm qcelm

1975Author

Eco, U.Address

MilanoDate-Added

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2007-10-31 17:24:31 +0100Local FilesRemote URLs