Andrea Albini - L'Astrologia Di Keplero

9

Click here to load reader

description

Johannes Kepler fu l’ultimo grande astronomo e matematico a credere che l’astrologia potesse avere una base reale e potesse essere in un qualche modo salvata, sia pure in una forma molto diversa e ridimensionata rispetto a quella tradizionale. Contemporaneo di Galileo, ne era moltodiverso come carattere. Mentre lo studioso toscano concepiva un modo di fare scienza basato sugli esperimenti e sull’interpretazione matematica della osservazioni, il collega tedesco teneva ancora un piede nel misticismo di un’epoca anteriore e riusciva talvolta a far convivere lucide visioni con interpretazioni occulte ed animistiche. Se è facile associare Galileo con il rigore scientifico, Keplero era sicuramente un personaggio tanto geniale quanto bizzarro e pittoresco. Egli fu anche un convinto sostenitore dell’eliocentrismo e non ritenne che questa convinzione potesse danneggiare la sua personale interpretazione della pratica oroscopica.

Transcript of Andrea Albini - L'Astrologia Di Keplero

Page 1: Andrea Albini - L'Astrologia Di Keplero

L’astrologia di Keplero Andrea Albini

Johannes Kepler fu l’ultimo grande astronomo e matematico a credere che l’astrologia potesse avere una base reale e potesse essere in un qualche modo salvata, sia pure in una forma molto diversa e ridimensionata rispetto a quella tradizionale. Contemporaneo di Galileo, ne era molto diverso come carattere. Mentre lo studioso toscano concepiva un modo di fare scienza basato sugli esperimenti e sull’interpretazione matematica della osservazioni, il collega tedesco teneva ancora un piede nel misticismo di un’epoca anteriore e riusciva talvolta a far convivere lucide visioni con interpretazioni occulte ed animistiche. Se è facile associare Galileo con il rigore scientifico, Keplero era sicuramente un personaggio tanto geniale quanto bizzarro e pittoresco. Egli fu anche un convinto sostenitore dell’eliocentrismo e non ritenne che questa convinzione potesse danneggiare la sua personale interpretazione della pratica oroscopica.

Tra il 1595 e il 1624, mentre svolgeva il suo incarico di matematico – ossia di studioso dei moti celesti – in Stiria, Keplero produsse una serie di calendari contenenti parti astrologiche. Ne spiegò molto onestamente il perché a un ricco mecenate incuriosito: era quello che gli incolti si aspettavano da chi ricopriva la sua posizione, e non farlo gli avrebbe fatto guadagnare tempo ma perdere danaro e considerazione.

Da un lato lo studioso tedesco fu molto critico verso quelli che riteneva fossero gli aspetti più superstiziosi dell’astrologia, dall’altro non dubitò mai che questa pratica, per quanto limitata, avesse reali fondamenti e non esitò a parlarne in molte sue opere. Per lui astronomia e astrologia facevano parte a pari dignità di un’unica riflessione cosmologica che li inglobava. Fine di una tradizione

Inevitabilmente, un carattere complesso e geniale come quello di Keplero doveva sviluppare una posizione articolata e molto personale nei confronti dell’astrologia. In più occasioni egli si espresse contro gli eccessi dell’arte delle stelle, ma di certo non la rinnegò e neppure la praticò unicamente per necessità economiche. Anche se sapeva all’occorrenza essere molto pungente verso gli eccessivamente creduli – famosa è la battuta che fece ad una persona che gli aveva chiesto un consulto astrologico-matrimoniale: «Non troverai moglie tra gli astri perché è la Terra che partorisce questo tipo di animali».1 – Keplero mantenne una posizione equilibrata tra la fede e il rifiuto dell’astrologia: un atteggiamento che è evidente nel titolo che diede all’opera in cui espresse la sua opinione nella diatriba che opponeva l’astrologo e medico imperiale Helisaeus Roeslin a Philippus Feselius, il medico personale del margravio Georg Friedrich von Baden. Il titolo era Tertius Interveniens, ossia «il terzo uomo che si interpone nel mezzo» e nel frontespizio l’autore precisava che si trattava di «un avviso ai molti teologi, medici e filosofi [...] affinché, quando rifiutano come è giusto la superstizione dell’osservazione delle stelle, non gettino il bambino insieme all’acqua del bagno».2

All’interno delle centoquaranta tesi in cui l’opera era suddivisa, le profezie popolari passavano per «orribili superstizioni» e «scempiaggini» simili ai sortilegi; ma nessuno si sarebbe dovuto stupire – aggiungeva pittorescamente Keplero – se dalle sciocchezze e le bestemmie degli astrologi un giorno fosse uscito un sapere utile e sano, come dalla melma putrida nasceva un baco da seta oppure come una gallina industriosa; se solo avesse scavato a sufficienza da un letamaio, avrebbe potuto scovare un cicco di grano o addirittura una perla preziosa o un granello d’oro. Uno spirito abituato a fare deduzioni matematiche – aveva scritto in De Stella Nova – quando doveva affrontare i fondamenti erronei dell’astrologia, resisteva a lungo, come un mulo ostinato che si decide a mettere il piede in una pozzanghera non prima di aver ricevuto improperi e bastonature.3 Per ragioni

Page 2: Andrea Albini - L'Astrologia Di Keplero

legate alla sua professione, Keplero aveva fatto questo passo e si era convinto che nella pratica astrologica era conservato un nocciolo di verità.

Prima come astronomo imperiale e poi di distretto, Keplero si trovò a compilare circa ottocento oroscopi e carte natali, nei quali annotò di sua mano le date e le posizioni dei pianeti.4 Ma quale era la sua fiducia in questo tipo di pratiche? La filosofia di Keplero appare ambivalente come il doppio volto di Giano, la divinità latina bifronte collocata sopra le porte che guardava sia avanti che indietro. D’altra parte, anche se il pensiero del matematico tedesco prese le mosse dall’eredità del mondo medievale, egli utilizzò e modificò brillantemente queste idee per sviluppare un sistema di pensiero caratterizzato da elementi decisamente moderni. Leggendo le opere di Keplero possiamo immaginare quanto dovette lottare per ottenere una nuova visione meccanica dei moti planetari partendo da un universo mentale ancora medievale permeato da concezioni, emozioni e superstizioni in contrasto con la nuova scienza che si andava delineando.

Nel campo dell’astrologia, Keplero si trovò a difendere credenze che erano diventate parte della sua immaginazione e del suo mondo emotivo e che, per sostenere la sua pace mentale, cercò di razionalizzarle al meglio delle sue capacità, spesso con argomenti tanto religiosi quanto fisico-matematici. In un’occasione, quando era ancora un inesperto matematico, Keplero si trovò a consultare un eminente medico astrologo per saper come mai le sue condizioni di salute non corrispondevano con i calcoli astrologici che egli stesso aveva effettuato. Si trattava del famoso medico di corte Helisaeus Roeslin (1544-1616); da lui Keplero volle avere delucidazioni su una forte febbre che lo aveva colpito nel periodo di carnevale del 1591 senza trovarne la ragione nelle posizioni planetarie. Keplero non disse al medico che il paziente era lui stesso, ma si limitò a fornire i dati necessari, con il giorno e l’ora della nascita. Roeslin rispose pazientemente al giovane, spiegandogli tutte le incertezze del mestiere di astrologo. Le perplessità rimasero ancora a distanza di oltre dieci anni: nel 1602, Keplero si rivolse ad un altro medico suo amico, David Fabricius (1564-1617), oggi più noto per lo studio delle stelle variabili che per la sua attività astrologica. Anche questa volta era stato colpito da una febbre acuta, che era durata otto giorni e «lo aveva quasi ucciso» ma che non si accordava con la posizione di Marte, tradizionalmente dispensatore di effetti malefici: «Non succede mai che Marte attraversi il mio cammino – dichiarava Keplero – senza rendermi d’umore nervoso e coinvolgermi in una qualche disputa».5

Sembra che Keplero non abbia mai voluto porre in discussione la validità della astrologia medica tra le pratiche di astrologia naturale che riteneva valide. Un oroscopo che fece su se stesso è stato ritrovato tra le sue carte e risale al 1597. Molto elaborato anche se incompleto, questo documento è un’autentica autoanalisi stilata unicamente per il proprio uso personale. Keplero pensava che la posizione delle stelle nel momento della nascita potesse lasciare un germe in ogni individuo, capace di influire nella sua successiva storia personale. Non sopportò però nessuna costruzione artificiale della pratica astrologica, come «quelle fantasie [...] di assegnare le membra delle persone ai dodici segni zodiacali e di programmare i salassi secondo questa disposizione».6

Keplero sostenne che era piuttosto evidente che il cielo provocasse qualcosa dentro gli uomini anche se non sapeva dire cosa in particolare. Egli ritenne di poter testimoniare, basandosi sulla sua esperienza, che l’uomo riceveva un’impronta nel momento in cui iniziava una propria vita indipendente staccandosi dal corpo materno dopo il parto. Questo carattere era determinato dall’intera configurazione celeste e rimaneva in lui fino alla morte. Il giovane Keplero aveva immaginato e spiegato in modo vivido all’amico Herwart von Hohenburg come avvenisse questa impressione del carattere: allo stesso modo in cui un contadino, annodando delle cordicelle attorno alle zucche del proprio campo, ne determinava non la crescita ma la forma che avrebbero assunto, così avveniva per il cielo; la posizione degli astri non davano all’uomo la sua storia, i figli o la ricchezza e nemmeno ne determinavano la felicità o le abitudini ma riuscivano nondimeno a modellare in un qualche modo la sua condizione.7 Quindi, l’antico adagio che «gli astri inclinano ma non necessitano» non era completamente vero: «Le stelle non sono responsabili di tutte le inclinazioni, dato che è la natura stessa dell’uomo a inclinare in una direzione che simbolizza e incorpora in tutte le sue azioni le caratteristiche delle costellazioni».8

Page 3: Andrea Albini - L'Astrologia Di Keplero

Ciò che Keplero descrisse in modo pittoresco non era altro che il nocciolo di profondi insegnamenti pitagorici che riguardavano l’essenza dell’anima e la possibilità di ottenere una conoscenza matematica e armonica della Natura. Per i pitagorici, al momento della nascita l’anima abbandonava le stelle per entrare nel corpo umano, rendendo importante la posizione degli astri in quell’istante. Keplero, in particolare, era convinto che l’anima di ogni individuo possedesse una virtù fondamentale, che talvolta chiamò «forza formatrice», oppure «matrice formativa», e sviluppò di conseguenza la propria teoria astrologica, ritenendo che questa virtù reagisse «istintivamente» all’armonia delle proporzioni determinate dagli angoli formati nella volta celeste dai raggi che dagli astri convergevano sulla Terra.9 Pericolose influenze

Keplero non gradiva l’atteggiamento di quegli astrologi che volevano interpretare eventi politici, nazionali oppure meriti individuali come fossero effetti diretti di congiunzioni astronomiche. In una lettera del 1608 all’amico von Hohenburg, confessava di trovarsi in una posizione delicata perché l’imperatore era completamente in mano a stregoni e ciarlatani di ogni tipo. Per lui l’astrologia era più uno strumento politico che profetico, e sarebbe stato meglio bandirla dal Senato e dalla testa dei consiglieri dell’imperatore.10

Ma i desideri del sovrano dovevano essere esauditi. Nel 1611 Rodolfo II chiese a Keplero di consultare le stelle a proposito dell’assassinio di Enrico IV di Francia e il matematico imperiale si mise al lavoro. Dopo aver analizzato il cielo e constatato di non avere trovato nulla nell’oroscopo di Enrico, anche se il giorno dell’assassinio vi era stata una congiunzione di Venere e Marte in quadratura con Saturno, Keplero avvertiva con il dovuto tatto il suo sovrano che il cielo da solo non «poteva realizzare nulla» e che nulla accadeva senza il concorso e la buona volontà di molte persone. Lo sforzo per placare la lotta politica in cui Rodolfo era impegnato, riguardava solo lui stesso anche se vi era una tendenza nefasta, dovuta ad una cattiva configurazione che aveva «avviluppato e plasmato» il sovrano. Questi non doveva assecondarlo ma piuttosto combatterla «iniziando qualcosa di completamente differente».11

Nello stesso anno, le preoccupazioni che Rodolfo II fosse pericolosamente influenzato dai pronostici astrologici emersero in un memorandum che Keplero indirizzò ad un anonimo funzionario. Rodolfo era troppo credulo, dichiarò senza mezzi termini l’astronomo imperiale, e sarebbe stato meglio tenerlo alla larga dalle predizioni perché se si fosse fatto convincere da esse avrebbe potuto mancare di prendere quei provvedimenti concreti che erano necessari per sconfiggere i suoi nemici e salvare il regno. L’astrologia popolare – sostenne Keplero – non era che una tecnica, e con poco sforzo poteva essere manipolata in una contesa politica per far dire quello che conveniva ad entrambi gli schieramenti. E ciò era vero non solo per l’astrologia comune: anche la parte di questa pratica che si accordava con le sue convinzioni più profonde doveva comunque essere tenuta separata dalle discussioni politiche.12

Altrettanta prudenza Keplero la dimostrò prima di affermare, nel suo libello De Cometis, che la morte dell’imperatore Matthias nel marzo del 1619 fosse da mettere in relazione con la terza cometa apparsa in quell’anno. Era vero che il decesso poteva essere previsto basandosi su considerazioni astrologiche ma a causa dell’età la salute del sovrano era già troppo precaria in precedenza per autorizzare una tale valutazione.13

Altrettanto deciso fu il rifiuto di concedere alle configurazioni astrologiche il merito per le realizzazioni intellettuali delle persone. Era vero che Marte dava un considerevole impulso all’ingegno aguzzando l’intelletto, e che i più eminenti rappresentanti delle scienze naturali e della medicina erano nati con un aspetto favorevole di Marte con il Sole e Mercurio – sosteneva nell’Harmonices Mundi – ma, se si consideravano i risultati degli studi che egli stesso aveva condotto, cosa si trovava nel cielo? I suoi veri luminari non erano stati né la stella del mattino «in aspetto» con la settima casa in quadratura con Marte, né Saturno che dominava Mercurio, ma Copernico e Tycho Brahe per la loro scienza e gli imperatori Rodolfo e Matthias per la loro

Page 4: Andrea Albini - L'Astrologia Di Keplero

magnanimità. Gli astrologi – continuava Keplero – avrebbero guardato inutilmente nel suo oroscopo per

cercare le cause che nel 1569 gli avevano fatto scoprire le relazioni tra le orbite planetarie, o nel 1604 le leggi dell’ottica. Non avrebbero neppure capito perché, nel 1618, egli aveva trovato che ogni pianeta ha una propria eccentricità particolare né come, negli anni successivi, era arrivato a una spiegazione della fisica e dei moti celesti. Tutte queste scoperte non erano avvenute grazie alle costellazioni celesti ma erano state «impresse» in lui come una piccola fiammella nel momento della nascita, quando aveva iniziato una vita indipendente. In breve, Keplero era convinto che le stelle non avevano creato la sua mente e le sue doti spirituali, ma solamente risvegliato l’innata predisposizione al duro lavoro e al desiderio di conoscenza.14

Nonostante tutti i dubbi per le artificiose procedure che avevano a che fare con l’astrologia giudiziaria, è noto che quando fu assunto al servizio di Albrecht von Wallenstein, Keplero si impegnò a fare alcuni oroscopi del celebre condottiero. Lo scienziato non si sottrasse a questo compito, ma nel pronostico che preparò per il generale nel 1608 – richiesto, secondo la prassi, in modo anonimo attraverso intermediari che avevano fornito la data di nascita per conto di un «gentiluomo di Boemia» – non mancò di inserire alcuni distinguo: era vero che aveva fatto oroscopi in passato, ma solo quanto ero sicuro che erano destinati a qualcuno che capiva la filosofia e non era vittima di «contraddittorie superstizioni».

Per il resto Keplero – che non deve aver faticato ad individuare l’identità del destinatario – aveva notato che Saturno «danneggiava l’immaginazione», talvolta producendo terrore, e che la «natura fuori del comune» di chi ne era soggetto lo rendeva adatto a compiere imprese importanti. Non c’è ragione di dubitare che Wallenstein abbia gradito quest’ultima previsione e che non si sia stupito di un altro pronostico, fatto nel 1624, che annunciava, trascorsi dieci anni, «terribili disordini». La Guerra dei Trent’Anni stava seminando una lunga serie di sciagure e, come ogni guerra, era una minaccia per ogni uomo sotto le armi. Il 25 febbraio 1634, Wallenstein, dopo essere stato richiamato dall’imperatore Ferdinando II d’Asburgo, fu sconfitto a Lützen e si rifugiò Boemia. Qui fu tradito da alcuni generali e assassinato in un complotto. Estensore di pronostici

Ma a quei tempi l’astrologia, per quanto ciarlatanesca, aveva una sua utilità. Ai filosofi che sdegnosamente gli rinfacciavano l’attività pronosticante, in occasione della apparizione della stella nova del 1604, Keplero aveva ribattuto chiedendo loro cosa sarebbe stato di quella «saggia ma molto povera madre» che era l’astronomia senza l’aiuto della «sciocca figlia» astrologica. L’astronomia trovava una sua collocazione tra le masse ottuse solamente per la curiosità che suscitava l’ingenua speranza di prevedere il futuro. Come si sarebbe potuto pensare che qualcuno avesse desiderato studiare le stelle solo per il piacere di farlo? D’altra parte, non c’era ragione di preoccuparsi – concludeva Keplero – ogni volta che prevalevano stupore o meraviglia vi era spazio per una gran quantità di irrealtà, ma lungo la strada che conduceva alla filosofia queste fantasie si sarebbero chiarite fino a trovare la loro giusta collocazione.

Nella settima tesi del Tertius Interveniens, Keplero ricordava in modo ancora più diretto i debiti dell’astronomia nei confronti dell’astrologia: essa era veramente una «piccola figlia sciocca» ma cosa sarebbe accaduto di sua madre se non l’avesse avuta? E non era forse il mondo ancora più sciocco di lei, che ingannava la stessa vecchia madre solo perché le assomigliava? I salari degli astronomi – proseguiva Keplero – erano talmente bassi che se la figlia non guadagnava niente la madre avrebbe sofferto la fame. Se in passato nessuno fosse stato così stupido da sperare di apprendere gli sviluppi futuri del mondo dalle stelle, gli astronomi non avrebbero imparato nulla sui movimenti dei cieli.15

Keplero scrisse i suoi almanacchi astrologici in tedesco perché fosse fruibili al pubblico più vasto. Per le previsioni del 1602, però, vi aggiunse uno scritto in latino, destinato «all’uso dei filosofi», in cui esponeva sinteticamente in sessantacinque tesi le sue idee per il miglioramento dei

Page 5: Andrea Albini - L'Astrologia Di Keplero

fondamenti dell’astrologia: De Fundamentis Astrologiae Certioribus. Si trattava di un testo fondamentale per capire il pensiero astrologico dello scienziato. Qui egli sostenne che le cause fisiche degli influssi celesti potevano essere ricondotte a variazioni nella luminosità diretta e riflessa di corpi come il Sole e la Luna, che si ripercuotevano in modificazioni di riscaldamento e di umidità: la luce diretta causava secchezza, mentre quella riflessa faceva aumentare gli umori. A suo avviso, anche la natura e i colori dei pianeti dovevano essere elencati tra le cause fisiche che stavano dietro al realizzarsi dei pronostici.16

Accanto a queste cause materiali, Keplero credette nella realtà della «dottrina degli aspetti», basata sull’angolo apparente dei pianeti sulla volta celeste rispetto a un osservato posto sulla Terra, e fondata sulla teoria dell’armonia già abbozzata nella Tetrabiblos di Claudio Tolomeo. Ai cinque aspetti dell’astronomo greco, il matematico tedesco aggiunse tre nuove configurazioni, il quintile, il biquintile e il sesquadrato. Egli ritenne che gli aspetti provocassero cambiamenti naturali ma non li attribuì ad una causa celeste quanto piuttosto alla personale convinzione che la Terra percepisse queste variazioni di posizione come se fosse una creatura vivente. Keplero era infatti convinto che il nostro pianeta mostrava non solo delle “virtù conservative”, come quelle delle pietre, ma anche facoltà animali e vegetative, che si esprimevano nella supposta generazione dei metalli, nel mantenimento del calore terrestre e nell’essudazione dei suoi vapori che influivano sui fiumi, sulle piogge e su tutti gli altri fenomeni meteorologici.17

L’animismo di Keplero compare in molte sue opere. Ad esempio in De Stella Nova egli dichiarò che nessun cambiamento poteva accadeva nel cielo visibile senza che sulla Terra ne risentissero, in modo nascosto, le facoltà dello spirito e della natura. Egli credette anche nella corrispondenza tra microcosmo e macrocosmo: l’anima dell’uomo – scrisse – era solo un puntino, ma in essa erano virtualmente incisi la forma e il carattere di un cielo enormemente più grande.18

Le convinzioni astrologiche di Keplero lo spinsero a pensare che le conseguenti predizioni meteorologiche erano destinate ad essere vaghe e qualitative, anche se nel Tertius Interveniens citò diciassette casi in cui riteneva che le sue osservazioni atmosferiche sembravano confermate da correlazioni nei suoi nuovi aspetti planetari. Le cause reali che lo avevano portato a questa convinzione potevano anche essere di natura differente: ad esempio la soggettività delle osservazioni o semplicemente il fatto che, con un alto numero di aspetti tra cui scegliere, era relativamente facile trovare quello più appropriato per un determinato accadimento. Ma Keplero rimase fedele alle sue convinzioni anche quando il medico Johann Georg Brengger tentò di fargli notare le sue debolezze metodologiche.19 Evidentemente, da buon neopitagorico, Keplero ritenne che la conoscenza scientifica derivasse anche da archetipi – ossia immagini mentali che corrispondevano ad oggetti esterni e potevano essere studiati matematicamente – nonostante gli sforzi per raccogliere e presentare dati empirici sperimentali.20

Nella sua concezione della fisica celeste sembrava esistere un’armonia universale che si esprimeva, ad esempio, in una relazione musicale tra la distanza e la velocità dei pianeti nella loro orbita. Per quanto riguarda l’astrologia, nel Mysterium Cosmographicum Keplero arrivò a proporre un sistema di archetipi cosmologici, sotto forma di orbi planetari separati da poliedri, che avrebbero dovuto spiegare sia la dottrina degli aspetti che i caratteri individuali attribuiti dall’astrologia a ciascun pianeta.

Ma a distanza di tre anni, in una lettera all’amico Herwart von Hoenburg, il matematico tedesco rigettava l’interpretazione degli aspetti in termini di solidi platonici e poligoni regolari inscritti in cerchi, per passare ad una spiegazione differente che li faceva derivare da rapporti musicali tra gli archi in cui lo zodiaco era diviso dai corpi che erano «in aspetto» tra loro.21 Nell’Harmonices Mundi, uscito nel 1618 dopo una lunga gestazione, Keplero decise infine di dare una trattazione matematica separata alle consonanze musicali e agli equivalenti astrologici che erano gli aspetti. All’interno di quest’opera il quarto libro, dedicato all’astrologia, non era meno importante del quinto, dedicato all’astronomia, e faceva parte integrante di un modello cosmologico di armonia universale che il volume complessivo descriveva. Qui gli aspetti astrologici, come le eccentricità delle orbite planetarie, erano considerati conseguenze fisiche delle verità matematiche

Page 6: Andrea Albini - L'Astrologia Di Keplero

descritte nelle precedenti parti del libro. Quell’oscura forza di gravità

Il fatto che Keplero non respingesse completamente l’astrologia e favorisse concetti mistici nell’interpretazione delle cause dei fenomeni e delle forze, come quelli di «simpatia», «anima» e «unione», bastarono a sminuirlo agli occhi del razionalista Galileo. Il collega italiano aveva deciso di non preoccuparsi di ricercare la causa delle cose, preferendo concentrarsi su una loro descrizione adeguata che soddisfacesse ai requisiti di semplicità. Il non fare affidamento su concetti «occulti» lo portò ad un’interpretazione scientificamente errata quando affrontò il fenomeno delle maree: in un passo quasi al termine del Dialogo Sopra i due Massimi Sistemi, Galileo rifiutò l’ipotesi di Keplero che le maree fossero causate dall’attrazione lunare, preferendogli un’interpretazione basata sui moti terrestri. Qui Galileo fa affermare a Salviati:

Ma tra tutti gli uomini grandi che sopra tal mirabile effetto di natura [le maree] hanno filosofato, più mi meraviglio del Keplero che di altri, il quale, d’ingegno libero ed acuto, e che aveva in mano i moti attribuiti alla Terra, abbia poi dato orecchio ed assenso a predominii della Luna sopra l’acqua, ed a proprietà occulte, e simili fanciullezze.22

Certamente Galileo non gradiva la convinzione, troppo simile ad una concezione astrologica,

che la Luna agisse sulla Terra causando le maree attraverso influenze sconosciute sui fluidi oceanici.

Sappiamo che Keplero inizialmente condivise l’opinione, comune alla maggior parte degli studiosi del suo tempo, che il mutamento delle stagioni al variare della posizione del Sole nello Zodiaco e le influenze della Luna sulla Terra sotto forma di maree, fossero fenomeni astrologici, dato che gli oceani erano composti da «umori». Già dal 1609, però, in una nota a margine dell’Astronomia Nova, egli ebbe dei ripensamenti e sostituì la sua teoria astrologia della «influenza» con un’altra che chiamava in causa la forza di gravità. Non sappiamo però neppure se questa teoria abbia convinto Galileo o se egli, dopo aver letto anche questo passaggio, intendesse egualmente criticare l’idea generale di una forza che si esercita come azione a distanza. In fin dei conti, anche la seconda ipotesi poteva essere paragonata ad un concetto «astrologico».23

Da parte sua, nel quarto libro dell’Armonices Mundi, Keplero sembrò propendere decisamente per una spiegazione fisica del fenomeno mareale, paragonandolo con il magnetismo e affermando che le onde sono attratte dalla Luna così come il ferro lo è da un magnete: «virtute corporea unitionis corporum», ossia grazie alla virtù corporea che unisce i corpi. Questo cambiamento di atteggiamento è testimoniato nelle ultime opere dello scienziato, in cui preferì descrivere il Sole come dotato di una «forza motrice» (vis motrix) piuttosto che di un’anima motrice (anima motrix). Nel 1621 egli spiegò le ragioni di questo cambiamento di opinione nella seconda edizione del Mysterium Cosmographicum: all’inizio era ancora imbevuto delle credenze di Giulio Cesare Scaligero sulle «intelligenze motrici» e aveva creduto che l’anima fosse causa dei moti planetari; ma quando aveva capito che la causa motrice si indeboliva con la distanza, così come la luce del Sole si affievoliva con la distanza, aveva concluso che doveva trattarsi di una forza che emanava dai corpi, anche se immateriale.24

Queste caratteristiche fecero sperare Keplero che si potesse dare una spiegazione matematica agli effetti fisici del Sole sui pianeti. Tuttavia egli non abbandonò mai le sue convinzioni animistiche più profonde e in particolare non rinnegò la possibilità dell’esistenza di una «Anima della Terra»: nel quarto libro dell’Armonices Mundi, dopo aver rimandato alla spiegazione gravitazionale delle maree che aveva dato nell’Astronomia Nova, lo studioso aggiunse che se il lettore era insoddisfatto da essa, poteva immaginare il movimento delle maree come un «respiro della Terra» – vista come un’entità vivente anche se non cosciente – che si armonizzava nel suo respiro con i moti del Sole e della Luna, così come i cicli di veglia e di sonno negli animali si accompagnano l’alternarsi dei giorni e delle notti.25 Per Keplero il respiro della Terra non aveva

Page 7: Andrea Albini - L'Astrologia Di Keplero

nulla di mistico o metaforico ma era un fenomeno reale. Anche se il movimento non era visibile sulla superficie del pianeta – così come il movimento del diaframma non era visibile nella respirazione umana – a suo parere la Terra possedeva nel suo sottosuolo delle conformazioni morfologiche funzionali a questo respiro. Ci sono indicazioni – scriveva Keplero nel settimo capitolo del quarto volume dell’Armonices Mundi – che esistono nella parte più interna della Terra delle «zone flessibili» che funzionano come i bronchi e i polmoni negli animali.26

In appendice al quinto libro dell’Harmonice Mundi, Keplero inserì anche un breve commento ad alcune opinioni sulla natura del mondo espresse da Robert Fludd in un vasto trattato, il cui primo volume era uscito nel 1617. Le sue idee non potevano essere più differenti di quelle dell’occultista inglese. Fludd era legato ad un’interpretazione mistica del macrocosmo, che aveva a che fare con l’astrologia e l’alchimia, mentre Keplero pensava che l’unico modo di fare realmente scienza fosse mediante dimostrazioni matematiche oggettive. Queste visioni contrastanti innescò uno scambio di libelli, in cui i due studiosi esposero le loro divergenze. Keplero, in particolare, non gradiva le analogie ermetiche di Fludd, che considerava artificiose, mentre il rivale era irritato esattamente per la ragione opposta: il modo con cui Keplero accumulava definizioni, assiomi e proposizioni matematiche. Basandosi sui suoi principi esoterici, il medico inglese argomentava che la scienza di Keplero trattava unicamente le apparenze esterne delle cose senza sfiorarne l’essenza, e che la sua astronomia era solo la figlia di una volgare matematica per non iniziati.

Anche se, come abbiamo visto, Keplero non era estraneo a un certo tipo di convinzioni mistiche, non poteva accettare le opinioni di Fludd e lo rimproverò di appoggiarsi solo alle autorità del passato, mentre lui utilizzava il lavoro degli astronomi e dei matematici moderni, la forza degli esperimenti, la geometria e il moto dei corpi. In un’apologia a favore del suo Harmonices Mundi Keplero apostrofò in questo modo il suo avversario: «Io ragiono sui movimenti visibili, determinabili unicamente attraverso i sensi, mentre tu vorresti contemplare gli impulsi profondi e tentare di distinguerli a secondo dei loro gradi. Forse io tengo solo la coda [del problema] ma la tengo stretta nella mano e mi bastano gli effetti, ossia i movimenti dei pianeti; tu ne cogli mentalmente la testa, anche se temo che siano solo sogni».27 Keplero dichiarò senza mezzi termini che detestava tutti i cabalisti, così come i mistici religiosi, e i pronosticatori in generale che preannunciavano la fine del mondo, e coprì di ridicolo Fludd e quelli che come lui si dilettavano in indovinelli e parabole prive di ogni realtà. Egli era unicamente un matematico che si accingeva a svelare i reali misteri della natura, e non si considerava né un alchimista né un filosofo ermetico o un paracelsiano.

Perché Keplero decise di riformare l’astrologia rifiutandosi di usare i segni dello zodiaco? Un certo ruolo deve aver giocato la sua adesione al sistema copernicano. Una volta raggiunta la consapevolezza che le stelle che apparivano vicine tra loro nello spazio potevano in realtà non esserlo, il passaggio al rifiuto delle costellazioni come semplici convenzioni umane divenne più agevole. Inoltre egli desiderava ardentemente trovare delle cause agli effetti astrologici che pensava di aver constatato, anche se – sul piano teorico – alla fine dovette accettare che le influenze astrali erano dovute ad armonie universali che non avevano nulla di materiale e non agivano per mezzo della luce dei pianeti.

Ma per accettare questo modello astrologico, Keplero doveva riconoscere anche l’antica concezione di un cosmo finito in cui la Terra, il Sole e i pianeti avevano una posizione privilegiata. Non a caso nel suo modello era descritto solo il sistema solare.28 Ma con le scoperte telescopiche che Galileo aveva divulgato nel Sidereus Nuncius ormai era accettabile l’idea di universo illimitato. E l’armonia cosmologica concepita da Keplero era troppo perfetta per essere estesa ad un cosmo caotico in cui altri sistemi planetari ruotavano attorno a stelle differenti dal Sole. Inoltre, le grandissime distanze su cui le nuove teorie astronomiche dovevano basarsi, rendevano meno probabili l’esistenza o l’efficacia di possibili «influssi» se essi, come credeva Keplero, dipendevano dalla distanza dei corpi celesti dalla Terra.29

Il sistema astrologico di Keplero era adatto per un modello astronomico che non si adattava più alle nuove concezioni dell’Universo, anche se per ottenerlo Keplero aveva scartato quasi tutta

Page 8: Andrea Albini - L'Astrologia Di Keplero

l’astrologia classica nella ricerca di criteri di razionalità, lasciando, in sostanza, solo la teoria degli aspetti. Da questo punto di vista possiamo dire, con lo studioso Gérard Simon, che la cura proposta dall’astronomo imperiale per salvare l’astrologia era una di quelle che non potevano che uccidere il paziente.30 Note 1. Cit. in Simon, 1979, p. 93. 2. Cit. in Beer, 1975, p. 412. 3. Cit. In Koestler, 1991, pp. 242-244. 4. Rosen, 1984, p. 259. 5. Ibid. p. 258. Banville, 1993, p. 130. 6. Ibid. p. 258. Banville, 1993, p. 130. 7. Koestler, 1991, p. 244. 8. Graubard, 1958, p. 247. 9. Fleckenstein, 1975, p. 429. 10. Banville, 1993, pp. 125-127 (125). 11. Rosen. 1984, pp. 259-61. 12. Ibid. pp. 261-264. Vedi anche la lettera a Herwart von Hohenburg del novembre 1607. 13. Ibid. pp. 264-265. 14. Beer. 1975, pp. 423-424; Rosen, 1984, pp. 267-268. 15. Rosen, 1984, pp. 265-266. 16. Simon. 1979, pp. 36-43; Simon, 1975, pp. 440-442; Field, 1984/85, pp. 225-268. 17. Simon, 1975, pp. 46-47. 18. Koestler. pp. 242-243. 19. Field, 1984/85, pp. 201-203. 20. Fleckenstein, 1975, pp. 427-428. 21. Field, 1987, pp. 145-150; Field, 1984b, pp. 280-281. 22. Galilei, Opere, vol. VII, p. 486. 23. Field, 1984a, p. 207 e nota 3. 24. Ibid. 25. Ibid. pp. 223-24; Field. 1984a, p. 211. 26. Field, 1984/85, p. 224. 27. Graubard, 1958, p. 250. 28. Field, 1984/85, pp. 224-225. «Per me, e voi lo sapete, un universo infinito è impossibile» scriverà Keplero in una lettera del marzo 1610 indirizzata all’astronomo Antonio Magini. Vedi Banville, 1993, pp. 133-135 (135). 29. Capp, 1979, p. 278. 30. Simon, 1975, p. 446. Bibliografia Banville, John (1993). La Notte di Keplero. Milano: Guanda. Edizione originale John Banville (1984). Kepler. A Novel. Boston: David R. Godine Pub. Beer, Arthur (1975). «Kepler’s astrology and mysticism». In Kepler. Four Hundred Years. A cura di Arthur Beer e Peter Beer. (Vistas in Astronomy, vol. 18). Oxford: Pergamon Press, pp. 399-426. Caspar, Max (1962). Kepler 1571-1630. New York: Collier. Capp, Bernard (1979). Astrology and the Popular Press. English Almanacs 1500-1800. London e Boston: Faber and Faber. Fleckenstein, Joacyhim Otto (1975). «Kepler and neoplatonism». In Kepler: Four Hundred Years. A cura di Artur Beer e Peter Beer (Vistas in Astronomy, vol. 18). Oxford: Pergamon Press, pp. 427-438. Field, Judith V. (1984a). «Cosmology in the work of Keplero and Galileo». In Novità Celesti e Crisi del Sapere. Firenze: Giunti Barbéra. Field, Judith V. (1984b). «Kepler’s rejection of numerology». In Occult and Scientific Mentalities in the Renaissance. A cura di Brian Vickers, Cambridge, New York, Melbourne: Cambridge University Press, pp. 273- 296.

Page 9: Andrea Albini - L'Astrologia Di Keplero

Field, Judith V. (1984/85). «A luteran astrologer: Johannes Kepler». In Archive for the History of Exact Science. vol. 31, pp. 189-272. Field, Judith V. (1987). «Astrology in Kepler’s Cosmology». In Astrology Science and Society. Historical Essays. A cura di Patrick Curry. Woodbridge (England): The Boydell Press, pp. 143-170. Field, Judith V. (1988). Kepler’s Geometrical Cosmology. London: The Athlone Press. Galilei, Galileo (1890-1909). Edizione Nazionale delle Opere. A cura di Antonio Favaro. 20 vol. Firenze: Barbera. Graubard, Mark (1958). «Astrology’s demise and its bearing on the decline and death of beliefs». Osiris, vol. 13, pp. 210-261. Koestler, Arthur. I sonnambuli. Milano: Jaca Book, 1991. List, Martha (1975). «Wallenstein’s horoscope». In Kepler: Four Hundred Years. A cura di Artur Beer e Peter Beer (Vistas in Astronomy, vol. 18). Oxford: Pergamon Press, pp. 449-450. Rosen, Edward (1984). «Kepler’s attitude toward astrology and mysticism». In Occult and Scientific Mentalities in the Renaissance. A cura di Brian Vickers. Cambridge, New York, Melbourne: Cambridge University Press, p. 253-272. Simon, Gérard (1975). «Kepler’s astrology: The direction of a reform». In Kepler. Four Hundred Years. A cura di Arthur Beer e Peter Beer. (Vistas in Astronomy, vol. 18). Oxford: Pergamon Press, pp. 439-448. Simon, Gérard (1979). Kepler. Astronome Astrologue. Paris: Gallimard.