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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DIETISTI ANNO VENTISEIESIMO TERZO NUMERO PERIODICO BIMESTRALE III BIMESTRE 2016 Member of EFAD - ICDA ANDID NOTIZIE RIVISTA DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE DIETISTI Un’estate… calda e piena di novità Trattamento dietetico nelle epatopatie non alcoliche Speciale 28° Congresso Nazionale ANDID 2016

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DIETISTI

ANNO VENTISEIESIMOTERZO NUMEROPERIODICO BIMESTRALEIII BIMESTRE 2016

Member of EFAD - ICDA

ANDIDNOTIZIERIVISTA DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE DIETISTI

Un’estate… calda e piena di novità

Trattamento dietetico nelle epatopatie non alcoliche

Speciale 28° Congresso Nazionale ANDID 2016

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DIETISTI

RIVISTA DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE DIETISTI

Member of EFAD - ICDA

ANNO VENTISEIESIMOTERZO NUMEROPERIODICO BIMESTRALEIII BIMESTRE 2016

CONSIGLIO DIRETTIVO

PresidenteERSILIA TROIANOSegretarioMARCO TONELLITesoriereGIUSEPPINA CATINELLO

CONSIGLIERI

(Napoli)VALENTINA ANTOGNOZZI(Milano)GIANLUCA IMPERIO(Vicenza)SILVIA MACCÀ(Modena)CLELIA MILORO(Modena)PAOLA PATRIZIA MORANA(Pisa)KATIA NARDI(Arezzo)SERENA TORSOLI(Lecce)ROBERTA TUNDO

ANDID NOTIZIE

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(Empoli FI)MICHELA CARUCCICapo Redattoree-mail: [email protected]

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(Padova)LINDA ALBARELLO(Verona)GIOVANNA CECCHETTO(Caltanissetta)MARIA CRISTINA CUCUGLIATO(Reggio Emilia)ANNA LAURA FANTUZZI(Modena)ROSSELLA GIANNINI(Milano)PATRIZIA GNAGNARELLA(Reggio Emilia)FRANCESCA LUGLI(Fiorano Modenese MO)MONICA PRAMPOLINI(Cervia)ANNA MARIA RAUTI(Firenze)LORENA SARTINI(Roma)ERSILIA TROIANO(Lecce)ROBERTA TUNDO

REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE

Vicolo S. Silvestro, 6 - 37122 VeronaTel. 045 597940 - Fax 045 597265Segreteria ANDID: Tel. 045/8008035 neigiorni di lunedì, mercoledì e venerdì dalle ore 9.30 alle ore 13.30www.andid.ite-mail: [email protected]

CONSULENTI SCIENTIFICI

DR. GIORGIO BEDOGNIPROF. GUGLIELMO BONACCORSIDR. ATHOS BORGHIDR. ISMENE GIACCHETTIDR. ATTILIO GIACOSAPROF. RENATO PASQUALIPROF. LEONARDO PINELLIDR. PAOLO VINEIS

NORME REDAZIONALI

ANDID Notizie è la rivista ufficiale dell’Associazione Nazionale Dietisti, a pubblicazione bi-mestrale. Saranno pubblicati contributi redatti in forma di articoli originali, articoli originali brevi, casi clinici, articoli d’aggiornamento su argomenti attinenti la figura professionale del Dietista. L’ANDID ed il Comitato di Redazione non si assumono la responsabilità delle opinioni espresse dagli autori dei lavori in extenso, degli abstract e dei contributi inviati e pubblicati sulla Rivista.

NORME PER GLI AUTORI

Gli articoli devono essere inviati via e-mail al Direttore Responsabile della Rivista Stefania Vezzosi (e-mail: [email protected]) oppure al Capo-Redattore Michela Carucci (e-mail: [email protected]). I contributi dovranno pervenire redatti con interlinea singola, margini di 2 cm, carattere Microsoft Sans Serif, corpo 10,5. La bibliografia dovrà essere limitata alle voci essenziali. Dovranno inoltre essere indicati i dati dell’autore (nome, cognome, indirizzo, Ente o Istituto di appartenenza). Gli articoli anonimi o privi dei dati anagrafici non verranno pubblica-ti. Il Comitato di Redazione si riserva di ridurre o sintetizzare gli articoli purché sia mantenuto il senso originale del testo. Gli articoli e le eventuali foto non verranno restituiti.

EDITORE

Associazione Nazionale DietistiSupporto cartaceo e informaticoAutorizzazione del Tribunale di Bologna n° 5978 del 14/5/91.PUBBLICITÀ RACCOLTA IN PROPRIOStampato su carta riciclata nel Luglio 2016 da Cartografica Toscana s.r.l.Ponte Buggianese (PT)tel. 0572 636722 - fax 0572 932038

“Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare”(Andy Warhol)

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SommarioSummary

editoriale editorial a cura di S. Vezzosi e E. Troiano

Un’estate… calda e piena di novità A warm summer... full of exciting news 3

i dietisti nella letteratura scientifica dietitians in scientific literature

a cura di R. Giannini, F. Lugli e M. Prampolini

Trattamento dietetico nelle epatopatie non alcoliche Nutritional therapy in non alcholic fatty liver disease 9

panorama scientifico scientific survey a cura della Redazione

Speciale 28° Congresso Nazionale ANDID 2016Oltre la dieta: update in Nutrizione e Dietetica Beyond the diet. Update in nutrition and dietetics 17

i dietisti nella letteratura scientifica dietitians in scientific literature a cura di L. Albarello, M. Carucci e P. Gnagnarella

Gli articoli Papers 27

forum forum a cura della Redazione

Lettere alla Redazione. Commenti all’articolo: “La Dieta Chetogenica”Letters to the editorial staff. Comments on “The Ketogenic Diet” 35

risorse andid andid facilities

Speciale Collana ANDID 37

Altre pubblicazioni ANDID 37

Cedola di commissione libraria 39

Come iscriversi all’ANDID 40

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ANNO 26 / n°3-2016

3editoriale editorial

Un’estate… calda e piena di novitàA warm summer... full of exciting news

editoriale editorial

Un inaspettato terremoto d’inizio estate - ci riferiamo agli oltre 18 milioni di cittadini bri-tannici che si sono espressi per il leave, ma-nifestando così la propria volontà di uscire dall’Unione Europea - ha generato, sorpren-dentemente, su carta e su web, una serie straordinaria ed eccezionale di riflessioni, nuove pubblicazioni, ricerche innovative su cibo e “sistema alimentare” come mai era ac-caduto prima.È vero, il cibo ha da sempre ricoperto un ruolo centrale nelle politiche europee, come ci ricor-dano Tim Lang e Victoria Schoen nel loro “brie-fing paper” Food, the UK and the EU: Brexit or Bremain, sottolineando come, nel corso di oltre quarant’anni di storia, l’UE abbia saputo dotarsi di una panoplia politico-normativa (a cui anche il Regno Unito ha indubbiamente contribuito) fatta di accordi, regolamenti e norme che ha assicurato il libero scambio dei prodotti alimentari in tutti i Paesi dell’Unione Europea, garantito che i cittadini europei di-sponessero di alimenti sicuri e che l’industria alimentare – il più grande settore in Europa in termini di produzione e occupazione – potes-se operare nelle migliori condizioni possibili. Gli autori evidenziano però come l’uscita dall’UE costringerà inevitabilmente il Regno Unito a revisionare e rinegoziare una grande quantità di queste leggi e accordi con enorme spreco di tempo e denaro.Appena pochi giorni fa, infatti, anche Stephen Devlin, un economista della New Economics Foundation (NEF) – uno dei più prestigiosi think tank del Regno Unito, un’organizzazione apartitica e senza fini di lucro, “pensata” per promuovere la giustizia sociale, economica e ambientale per le persone e per il pianeta - particolarmente esperto in sostenibilità dei sistemi naturali e dei servizi che questi ci for-niscono, nel suo “briefing paper” Agricultural labour in the UK, indicava come per il Regno Unito non esista davvero altro settore così strettamente “intrecciato” con il resto Europa come quelli del food e dell’agricoltura. Devlin portava ad esempio proprio la Politica Agrico-la Comune (PAC) - alla quale sappiamo essere dedicato oltre il 40% del bilancio dell’UE - che con i suoi subsidies ha contribuito, ad oggi, alla composizione del reddito di un tipico far-

mer britannico per oltre la sua metà: non è difficile allora immaginare come la comunità agricola UK post-EU - e di conseguenza i cit-tadini-consumatori - potrebbero trovarsi ad affrontare qualche “imprevisto” di troppo le-gato, ad esempio, alla perdita di competitività sul mercato o ad un probabile aumento dei prezzi al dettaglio.Non è difficile nemmeno immaginare i rischi che potrebbero derivarne per la salute pub-blica alla luce del fatto, ad esempio, che nel Regno Unito il consumo di frutta e verdura risulta già adesso molto contenuto e, proprio per le ragioni sopra esposte, potrebbe risulta-re ulteriormente penalizzato. Rispetto alla Politica Agricola Comune – PAC è un vero piacere informarvi che, in occasione di della consultazione apertasi recentemente in Commissione Europa, insieme ad EFAD, ANDID si è fatta promotrice di un’azione strategica per evidenziare la necessità di dedicare mag-giore attenzione alla salute dei cittadini euro-pei promuovendo e sostenendo la produzione e il consumo di alimenti più salutari all’inter-no di un modello alimentare sostenibile. Per rafforzare ulteriormente questa posizione, come ANDID – così come hanno fatto anche tutte le altre Associazioni europee – abbia-mo inviato una ulteriore nota agli europar-lamentari italiani nella quale, raccogliendo la proposta presente all’interno del “briefing pa-per” Does the CAP still fit? elaborato da Alison Bailey, Tim Lang e Victoria Schoen, abbiamo evidenziato la necessità urgente e improroga-bile di trasformare la PAC post-2020 in una Politica Alimentare Comune Sostenibile meno frammentata, parte di una visione comunica-ta, coerente, strategica e realizzabile, all’inter-no della quale ritrovare armonizzati principi ed elementi sparsi nelle diverse politiche UE esistenti ed emergenti in materia di consuma-tori, salute, occupazione e istruzione (la docu-mentazione inviata segue questo Editoriale).Siamo sinceramente orgogliosi di questa nuo-va e vivace sinergia fra i dietisti europei poi-ché riteniamo possa essere proprio questo il percorso partecipativo skill-based più adatto per “alimentare” quella Good Lobbying ideata da Alberto Alemanno (docente di Diritto nel Programma “Jean Monnet” dell’Unione Euro-

a cura diStefania VezzosieErsilia Troiano *

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pea alla Hec Paris e unico italiano presente nella lista dei 187 Young Global Leader 2015 elaborata dal World Economic Forum) per dare “voce” a tutti coloro che possono e vogliono contribuire ad una rappresentazione più equa degli interessi nel processo politico.Desideriamo inoltre segnalare un altro inte-ressantissimo lavoro The impact of taxation and signposting on diet: an online field study with breakfast cereals and soft drinks appena editato (giugno 2016) dal Centre for Health Economics, University of York, UK, principale Centro di riferimento per il NHS per i suoi stu-di economici condotti sui trattamenti farma-cologici disponibili per alcune patologie quali cancro, asma e malattie cardiache, ma anche – come in questo caso - per gli studi condotti sull’efficacia delle campagne di salute pubbli-ca su fumo, alcol e alimentazione. Questo studio, seppur limitato ad una tas-sazione rivolta ai cereali da colazione (cere-als, which included ready-to-eat breakfast cereals, muesli and granola) e soft drinks (included sports and energy drinks, waters, juices and fizzy drinks), classificati in due ca-tegorie – healthy/unhealthy – secondo il Nu-trient Profiling Model (NP) elaborato dalla UK Food Standards (lo stesso modello utilizzato nel Regno Unito per regolamentare la pub-blicità televisiva rivolta ai bambini), mostra come una tassazione segnalata del 20% sui prodotti unhealthy abbia avuto un impatto significativo e si sia quindi dimostrata una strategia efficace (evidence is consistent with the conclusion) per contenerne il consumo, generando un miglioramento complessivo del-la dieta. Questi risultati rafforzano peraltro le argomentazioni dell’European Specialist Die-tetic Networks Public Health EFAD (nel quale è presente anche un rappresentante ANDID) de-scritte nel documento The evidence-based po-sition on fiscal measures on food and drinks, che saranno presentate e discusse all’interno del 27th EFAD General Meeting, il prossimo 6 settembre a Granada.Infine, segnaliamo un recentissimo Report (lu-glio 2016) del Cancer Research UK e del Natio-nal Centre for Social Research, Ad Breake, che ancora una volta ricorda e sottolinea come – nonostante gli impegni assunti dall’indu-stria alimentare e una ininterrotta inerzia dei policy-maker nel corso dell’ultimo decennio

– i bambini continuino comunque ad essere esposti a messaggi pubblicitari che hanno dimostrato influenzare le loro preferenze ali-mentari, i loro comportamenti per determi-narne l’acquisto da parte dei genitori – Pester Power – e le loro modalità di consumo. Assai “coinvolgente”, in qualità di osservatori specializzati o forse assai più semplicemente in veste di “attori protagonisti”, ci appare la definizione Pester Power descritta in questo Report come “…la capacità di un bambino di tormentare i propri genitori fino all’acquisto di un certo prodotto o brand”.Come possiamo notare, il supporto scientifico per lo sviluppo di politiche pubbliche ad oggi ancora assenti o comunque assai indefinite è stato molto generoso: adesso per noi è davve-ro arrivato il tempo di “mettersi in gioco” non dimenticando mai che, come afferma Ilona Kikbush (stimata e apprezzata political scien-tist in tutto il mondo per il suo contributo alla promozione della salute e alla salute globale) Health is political and we need to work in that political space!

Buona estate a tutti!

* con il prezioso supporto di Liuba Marchionne – Dietista Libero Professionista, Firenze

editoriale editorial

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ANNO 26 / n°3-2016

5editoriale editorial

European Federation of the Associations of Dietitiansthe voice of dietitians in EuropeJudith Liddell, EFAD Secretary General

Common Agricultural Policy (CAP) ConsultationEuropean Commission June 2016

Dear SirsThe European Federation of the Associations of Dietitians (EFAD) calls upon the European Commis-sion to use the opportunity presented by the current Common Agriculture Policy (CAP) consultation to support European agriculture to produce the foods necessary to sustainably improve the health of the people of Europe.EFAD believes that the Common Agricultural Policy (CAP) requires an urgent assessment, to ensure it is equipped to address the fundamental challenges that Europe is facing in diet, nutrition and health.Non-communicable diseases (NCDs) contribute significantly to avoidable premature mortality and morbidity across populations. These conditions also account for much of the gradient in health inequalities. NCDs reduce quality of life and increase the burden on the wider economy besides stretching under-resourced health services. NCDs are nutrition-sensitive and as such are of con-cern to dietitians whose work involves supporting policy, practise and education that enables more people to benefit from sound nutrition. We also recognise that our duty goes beyond promoting lifestyle change to tackle the social determinants of health (SDH), and that lifestyle and SDH are inter-linked.Global food systems impact on the nutritional quality of foods that are available, affordable and acceptable to consumers, on food and nutrition security and on environmental sustainability and loss of biodiversity.1,2,3 The links between better health, the economy and environmental sustaina-bility are well established: people who are healthy are better able to learn, to earn and to contribu-te positively to the societies in which they live. In addition, fair societies and a healthy environment are also prerequisites for good health.Healthy diets should not be achieved without global consideration of climate change and the need for planetary sustainability. Dietitians recognize that promoting diets based on locally produced grains, fruit and vegetables with a lower intake of animal proteins will contribute towards minimi-zing climate change and promoting sustainability. This reinforces the need for coherent strategic shifts in the food supply chain, manufacturing and retailing and in consumer demand. However, practically no coherent initiatives have yet been properly implemented.4

As the focus of dietary guidelines is to shift consumer eating habits toward healthier alternatives, it is imperative that, in this context, the shift also involves movement toward less resource-inten-sive diets. Individual and population-level adoption of more sustainable diets can change consu-mer demand away from more resource-intensive foods to foods that have a lower environmental impact. This type of comprehensive strategy has also been used by intergovernmental organiza-tions. For example, the Food and Agriculture Organization (FAO) has identified the Mediterranean diet as an example of a sustainable diet, due to its emphasis on biodiversity and smaller meat portions and other animal-sourced foods, and the European Commission has developed a “2020 Live Well Diet” to reduce greenhouse gas emissions through diet change.5,6

To achieve these improvements, policy makers are exploring the possibility of developing guidelines for healthy diets that are also low in environmental impacts.7 Recent analyses have highlighted the likely dual health and environmental benefits of reducing the proportion of animal-based foods in the diet and find that the monetary value of the improvements in health would be comparable with, or exceed, the value of the environmental benefits, although the exact valuation method used considerably affects the estimated amounts.1

EFAD fully supports the environmentally sustainable dietary guidance that includes a focus on de-creasing meat and meat products consumption, promoting consumption of fish and seafood from non-threatened stocks, eating more plants (pulses, fruit and vegetables, whole grain cereals, nuts, seeds, etc) and plant-based products, reducing energy, salt, added sugars and saturated fatty acids intake, reducing waste and promoting local food consumption and production.6

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6 editoriale editorial

EFAD advocates that, through judicious combinations of different foods, including the adaptation of the historical diet that best fits the eating habits, climate and agricultural tradition of each country or European region, we can lower environmental impact and enhance the local production of food while ensuring that a healthy and nutritionally balanced diet can be accessed by all.7,8

Future dietary guidance must also take into consideration not just what we eat but where and how food is produced, processed and transported and how waste is decreased.Across the spectrum from intrapersonal to societal-level influence, public health dietitians are uni-quely qualified to provide policy, nutrition education and interventions that can promote healthy lifestyles in a cost-effective manner.EFAD would welcome the opportunity to work with the relevant EU bodies in addressing the issues raised and taking this forward.

Yours sincerelyJudith Liddell Secretary General

About EFADEFAD is the only professional organisation representing dietitians at European level. It is a federa-tion of thirty-four (34) National Dietetic Associations from twenty-seven (27) EU countries, repre-senting approximately 35,000 dietitians, which is half the dietetic workforce in Europe (personal correspondence, EFAD 2012). Thirty seven (37) Higher Education Institutes that have education programmes for dietitians are Education Associate members of EFAD, creating a wide network of professionals with an expertise in nutrition and dietetics. One of the aims of EFAD is to support Member Associations in developing the role that dietitians have in reducing inequalities and im-proving nutritional health in Europe. The European Specialist Dietetic Network (ESDN) for Public Health dietitians is a network within EFAD enabling dietitians to share best practice and expertise to improve services.

References:1. Springmann M et al. Analysis and valuation of the health and climate change cobenefits of dietary change, 2015. Accessed on May 2016 http://www.pnas.org/content/113/15/4146.full

2. WHO Health Promotion Glossary, 1998 and WHO Health Promotion Glossary: new terms, 2006.

3. Raphael D et al. Type 2 Diabetes: Poverty, Priorities and Policy. The Social Determinants of the Incidence and Management of Type 2 Diabetes. Toronto: York University School of Health Policy and Management and School of Nursing, 2010.

4. Riboli E. EGEA 2015 Statement – Conference on Healthy diet, healthy environment within a fruitful economy: the role of fruit and vegetables; 7th Edition; Milan, Italy; June 2015.

5. Burlingame B, Dernini S. Sustainable diets: the Mediterranean diet as an example. Public Health Nutr. 2011; 14(12A):2285-7.

6. Corné van Dooren, Harry A. Defining a nutritionally healthy, environmentally friendly, and culturally acceptable Low Lands Diet. Accessed on May 2016

http://lcafood2014.org/papers/78.pdf

7. The Netherlands Scientific Council for Government Policy: Towards a Food Policy - Synopsis of wrr-report no. 93, 2016

8. Nordin SM, Boyle M, Kemmer TM, Academy of N, Dietetics. Position of the academy of nutrition and dietetics: nutrition security in developing nations: sustainable food, water, and health. J Acad Nutr Diet. 2013; 113(4):581-95.

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ANNO 26 / n°3-2016

7editoriale editorial

Al DEPUTATI ITALIANI DEL PARLAMENTO EUROPEOOGGETIO: CONSULTAZIONE PAC (Politica Agricola Comunitaria)

Onorevoli Deputati,alla luce del fatto che la riforma PAC 2014-2020, per la prima volta nella storia, ha visto il Parlamen-to Europeo attivamente coinvolto in qualità di co-legislatore e contando sul fatto che non mancherete di svolgere nuovamente questo ruolo essenziale in occasione di riforme future o nell’elaborazione di dossier connessi alla nuova PAC, desideriamo informarvi che ANDID - Associazione Nazionale Dietisti - che rappresenta i Dietisti presso le Istituzioni Italiane, attraverso EFAD - European Federation of the Associations of Dietitians - di cui è membro attivo, ha fatto giungere alla Commissione Europea alcune proprie osservazioni e proposte in occasione della Consultazione apertasi recentemente.In particolare, riconoscendo come il Parlamento Europeo, si sia dimostrato incline all’integrazione di nuovi obiettivi nella PAC al fine di rispondere alle sempre più complesse, crescenti e articolate sfide connesse complessivamente al sistema alimentare (attività agricola, qualità dei prodotti, sostenibi-lità, sicurezza alimentare, coesione economica, sociale e territoriale, protezione dell’ambiente, lotta contro il cambiamento climatico. ecc.), desideriamo portare alla vostra attenzione come la Politica Agricola Comunitaria, a partire dal 1992, influenzando marcatamente la produzione e il prezzo dei prodotti alimentari, abbia di fatto condizionato anche i modelli di consumo alimentare della popola-zione, non sempre indirizzandoli e sostenendoli nella direzione di scelte salutari e sostenibili.La sicurezza alimentare presente in Europa non è peraltro ancora riuscita ad assicurare pronta-mente cibo accessibile a tutti e a costi ragionevoli, con crescenti preoccupazioni relative alla povertà alimentare. La crescita delle Organizzazioni Caritative Alimentari in Europa suona infatti come un severo j’accuse nei confronti della politica (la Federazione Europea delle Banche Alimentari afferma di aver fornito 2,9 milioni di pasti al giorno nel 2015) e rimanda peraltro ad una deplorevole visione istituzionalizzata degli sprechi alimentari su larga scala.Nel corso del tempo, inoltre, le evidenze scientifiche disponibili hanno dimostrato come la PAC abbia sostenuto la sovrapproduzione e il consumo di commodities ad alto contenuto di grassi saturi e zuccheri e povera di frutta e verdura, presenti anche sul mercato italiano, contribuendo in maniera significativa al carico globale di obesità e di malattie non trasmissibili (NCD), tra cui le malattie car-diovascolari, il cancro e il diabete mellito causando sofferenze umane enormi ed esponendo i sistemi sanitari europei a forti pressioni (il 70-80% dei costi dell’assistenza sanitaria nell’UE - circa 700 miliardi di euro - è attualmente imputabile a queste patologie. Ogni anno le assenze per malattia costano all’UE circa il 2/5% del PIL).ANDID è dunque fermamente convinta che le problematiche nutrizionali sopra evidenziate, proprio per il loro peso, la loro gravità, i loro fattori di rischio prevenibili, vadano necessariamente ricomprese, con la stessa attenzione e considerazione che il mondo della salute dedica loro a livello mondiale da moltissimi anni, all’interno di una nuova Riforma CAP che sappia spingersi ben al di là dei vincoli posti attualmen-te dalla CE che ha confinato e ridotto il problema a “strategie di educazione per i consumatori”!ANDID è consapevole che le modalità per integrare l’alimentazione e la nutrizione nella politica rap-presentano una sfida chiave per I’Unione Europea ma resta fermamente convinta che lo scenario at-tuale reclami ormai una trasformazione urgente ed improrogabile della PAC in una Politica alimen-tare comune sostenibile meno frammentata, parte di una visione comunicata, coerente, strategica e realizzabile, all’interno della quale ritrovare armonizzati principi ed elementi sparsi nelle diverse politiche UE esistenti ed emergenti in materia di consumatori, salute, occupazione e istruzione.Fornire sostegno a questo obiettivo rappresenterà per ANDID una responsabilità primaria, così come per ogni professionista impegnato nell’ambito della salute pubblica, al fine di giungere ad un’alimen-tazione più sana in Europa.ANDID, disponibile a qualsiasi forma di collaborazione vogliate richiederci, auspica dunque che lo svi-luppo di una Politica alimentare comune sostenibile per la consegna di una Europa libera dal carico evitabile delle malattie non trasmissibili collegate all’alimentazione, di un’Europa più sostenibile per le generazioni presenti e future, possa trovare presto ampio spazio anche all’interno della vostra Agenda.

Con viva cordialitàDott.ssa Ersilia Troiano Presidente ANDIDDott.ssa Stefania Vezzosi Coordinatore ANDID WorkingGroup Salute Pubblica

Member of

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8 editoriale editorial

Nutrition Reference Center

The Most Current Evidence-Based Information on Nutrition Best Practices

Cari soci, nell’ottica della sempre maggiore attenzione alla qualità della pratica professionale e delle azio-ni previste dal Piano Strategico ANDID 2015/2018 e dal Programma Associativo 2016, approvato dall’Assemblea dei Soci, tenutasi a Napoli il 13 maggio u.s. durante il Congresso Nazionale, ANDID ha sottoscritto, per tutti i suoi soci, un abbonamento biennale con la EBSCO Health, uno dei princi-pali provider di letteratura clinica evidence-based e di strumenti di ricerca medica per la comunità sanitaria globale. Il Consiglio Direttivo ha ritenuto fondamentale questo investimento economico, per fornire ai soci, in maniera del tutto gratuita, uno strumento finalizzato ad approfondire un aspetto fondamentale della pratica professionale, quale è quello dell’aggiornamento nell’ambito della scienza della nutrizione e della dietetica. La risorsa, il “Nutrition Reference Center”, è specificamente dedicata ai professionisti della nutrizione ed offre le più aggiornate informazioni evidence-based sulla nutrizione, in un formato online facile da usare e condividere.

Nutrition Reference Center è suddiviso in sezioni relative a:

• letteratura scientifica • trasferimento di abilità gestionali ai pazienti o ai caregiver• proprietà ed effetti dei singoli alimenti• linee guida• corsi di approfondimento tematici• testi scientifici interamente consultabili online

Vi invitiamo e vi auguriamo di utilizzare al meglio questa straordinaria risorsa di informazioni: è sufficiente accedere alla propria area riservata ed alla sezione “Strumenti di lavoro” (http://www.andid.it/area-soci/strumenti-di-lavoro). Vi informiamo inoltre che entro qualche mese saranno disponibili, sempre in area riservata, alcuni video tutorial, per approfondirne al massimo tutte le potenzialità.

Buona consultazione!

Il Consiglio Direttivo ANDID

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ANNO 26 / n°3-2016

9evidence based nutrition evidence based nutrition

Trattamento dietetico nelle epatopatie non alcolicheNutritional therapy in non alcholic fatty liver disease

evidence based nutrition evidence based nutrition

a cura diRossella GianniniFrancesca LugliMonica Prampolini

Il fegato è un organo fondamentale per la vita poiché svolge innumerevoli funzioni; tra queste quella ghiandolare (produzione di bile) risulta essere una delle principali. Il fegato è anche il luogo dove avvengono numerose reazioni chi-miche che servono a produrre o trasformare so-stanze utili all’organismo quali: colesterolo, pro-teine plasmatiche (albumina), vari fattori della coagulazione (fibrinogeno, protrombina, fattori V, VII, IX, X), proteine di trasporto, e numerose sostanze bioattive. Altre funzioni fondamentali del fegato sono: quella disintossicante (metabo-lizzazione e inattivazione delle tossine corporee dei farmaci, dell’alcool, delle sostanze nervine, etc.), di accumulo e deposito di alcune vitami-ne e quella emopoietica. Il fegato ha inoltre un ruolo centrale nei processi metabolici dei macro e micro-nutrienti, per cui le malattie epatiche, siano esse acute o croniche, possono porta-re a gravi conseguenze sullo stato nutrizionale dell’individuo. La malnutrizione è un effetto collaterale costan-te nelle persone affette da epatopatie croniche, che ne influenza negativamente sia l’andamento sia la prognosi. Tra le cause più frequenti che inducono malnutrizione e squilibri nutrizionali troviamo:• Diminuito introito di cibo dovuto a: anores-

sia, nausea, vomito, disgeusia, false credenze sul cibo, degenze ospedaliere e ascite che può portare a senso di sazietà precoce e reflusso gastroesofageo.

• Malassorbimento per: danno alla mucosa ed enteropatie a causa dell’ipertensione portale

• Inadeguato introito, assorbimento e metabo-lismo dei micronutrienti (deficit di vitamine e minerali)

• Alterazioni dell’equilibrio acido-base: incom-pleta trasformazione dell’ammoniaca in urea

• Dispepsia secondaria alla gastroduodenite• Alterazioni dell’omeostasi glucidica• Alterazioni del metabolismo delle proteine• Ossidazione lipidicaLe patologie epatiche più frequenti sono:• Steatosi epatica non alcolica: Non Alcoholic Fat

Liver Disease (NAFLD)• Steatoepatite non alcolica: Non Alcoholic Stea-

to Hepatitis (NASH)• Epatite acuta• Epatite alcolica• Epatite cronica ad eziologia ignota• Cirrosi epatica

• Calcolosi della colecistiIl trattamento nutrizionale rappresenta sempre una fase importante nel percorso di cura delle patologie epatiche, che acquisisce complessità differenti, direttamente proporzionali alla gra-vità della malattia e al numero e alla tipologia degli effetti collaterali presenti.L’obiettivo di questo articolo è quello di presen-tare i trattamenti nutrizionali delle patologie epatiche non alcoliche: in assoluto le più fre-quenti e in aumento a livello mondiale.

STEATOSI EPATICA (NAFLD) La steatosi epatica non alcolica è la più comune patologia epatica cronica del mondo occidenta-le1, la cui prevalenza è stimata attorno al 20-30% della popolazione nei paesi occidentali e al 15% in quelli asiatici2. Le possibili evoluzioni le-gate alla NAFLD sono riconducibili a tre stadi di garvità: dalla steatosi (NAFLD), alla steatoepatite (NASH) fino alla cirrosi epatica. Approssimati-vamente il 3-5% dei pazienti con steatosi svi-lupperà una NASH che potenzialmente potrebbe progredire fino allo stadio finale in epatocarci-noma3. La NAFLD è fortemente legata all’obesità del soggetto e si può considerare come la ma-nifestazione epatica della sindrome metabolica; la sua prevalenza nei soggetti con diabete tipo 2 è stimata attorno al 65-70%, più del doppio rispetto a quella della popolazione non diabeti-ca4. Esiste una concreta possibilità che la NAFLD rappresenti un predittore indipendente del ri-schio aumentato di un futuro evento cardiova-scolare nei soggetti diabetici5. La prima linea terapeutica della NAFLD è rap-presentata dal calo ponderale ottenuto dall’azio-ne sinergica tra dieta e attività fisica; mancano comunque lavori importanti che forniscano una forte evidenza scientifica per definire le migliori raccomandazioni nutrizionali. L’American Diabe-tes Association (ADA) fornisce raccomandazio-ni nutrizionali evidence-based mirate a ridurre il rischio di diabete e malattie cardiovascolari (CVD) i cui obiettivi comprendono il controllo e la regolazione del glucosio e dell’insulina pla-smatici e il miglioramento del profilo lipidico e delle lipoproteine. Queste raccomandazioni sono potenzialmente applicabili anche nel caso di steatosi epatica, soprattutto in considerazione dell’alto tasso di coesistenza tra steatosi epatica, insulino-resistenza e CVD. Nel 2012 l’American Association for the Study

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of Liver Disease in collaborazione con le as-sociazioni di gastroenterologia americane ha pubblicato le prime linee guida evidence-based (AASLD guidelines) per la diagnosi e la gestione della NAFLD in adulti e bambini6. In base alle indicazioni delle suddette linee guida, la biop-sia epatica rappresenta il gold standard per la diagnosi di NAFLD, anche se la diagnostica per immagine è generalmente più usata, sia per la minore invasività che per il minor costo. I criteri riconosciuti per la diagnosi comprendono: dia-gnostica per immagini e istologica ed esclusione sia del consumo significativo di alcool (>30 g/die nei maschi e >20 g/die nelle femmine), che di fattori ereditari o patologie concomitanti che giustifichino la comparsa di steatosi epatica7. La NAFLD può essere classificata come primaria o secondaria. Steatosi primaria è associata ad insulino-resistenza e disordini metabolici men-tre nella steatosi secondaria non si presentano disfunzioni legate alla sensibilità insulinica8. Il rischio di progressione e aggravamento della pa-tologia epatica aumenta in funzione del numero delle comorbidità metaboliche presenti, anche se l’effettiva prevalenza della NAFLD e NASH è difficilmente calcolabile per la difficoltà di effet-tuare la biopsia, requisito indispensabile per la diagnosi, in tutti i soggetti a rischio9.

Fattori di rischio clinici e ambientali associati a NAFLD10

Clinici:1. Obesità2. Insulino-resistenza3. Diabete tipo 24. Sindrome metabolica (obesità addominale, dislipidemia, ipertrigliceridemia, ipertensione, iperglicemia a digiuno)5. Cardiopatie6. Fattori endocrini (sindrome dell’ovaio polici-stico, ipotiroidismo, ipopituitarismo, ipogonadi-smo)7. Patologie della colecisti8. Resezione pancreatica-duodenale9. Apnee notturne10. Digiuno/malnutrizioneAmbientali: 1. Demografici (età avanzata, sesso, razza, fa-miliarità di primo grado con obesità e diabete)2. Dieta occidentale (alimentazione ad elevato contenuto di: calorie, grassi saturi e trans e in-troito ridotto di: omega 3, Vit D, frutta e ver-dura)3. SedentarietàLa steatosi epatica è una patologia multifatto-riale con una complessa patofisiologia. L’obe-sità addominale è associata ad uno stato pro infiammatorio mediato da ormoni e citochine come TNFα e IL1. La dislipidemia, lo stress os-

sidativo e le citochine pro infiammatorie agi-scono sinergicamente promuovendo l’accumulo di grassi nel fegato. L’infiltrazione lipidica nelle cellule epatiche è il risultato dello squilibrio tra l’accumulo e la clearance dei lipidi ed è uno dei meccanismi proposti per la resistenza insulinica, anche se, ad oggi, questo è un argomento anco-ra molto dibattuto e non chiaro. Nel loro lavoro del 1998, Day et al descrissero la patofisiologia della NAFLD come l’ipotesi dei 2 hit, schemati-camente rappresentata nella figura 1.

Ad oggi sembra che gli interventi intensivi sullo stile di vita siano i più efficaci nella prevenzione e gestione della NAFLD. Alcuni studi riportano che già una perdita di peso corporeo pari al 5% sia sufficiente a ridurre i livelli sierici delle tran-saminasi epatiche11 e lo studio “Look AHEAD” ha mostrato che dopo un programma d’intervento intensivo sullo stile di vita per 12 mesi, la ridu-zione media del peso corporeo era pari a 8% e contemporaneamente risultavano diminuite sia la steatosi epatica sia i livelli ematici di HbA1c in soggetti sovrappeso e obesi con diabete tipo 2.L’ADA, nella prevenzione e gestione di diabete e CVD, raccomanda una riduzione del peso corpo-reo pari a 5-10%, pienamente in accordo con le linee guida AASLD per la NAFLD. Le raccoman-dazioni ADA forniscono però un ulteriore utile strumento rappresentato dalle indicazioni per la Medical Nutrition Therapy (MNT) contenenti an-che tutte le indicazioni relative a macro e micro-nutrienti, inclusi acidi grassi e antiossidanti12. Come già ampiamente trattato negli articoli precedenti ricordiamo che la MNT è una pra-tica basata sull’evidenza che fornisce diagnosi nutrizionale, terapie e servizi di counseling per la gestione delle patologie. Elenchiamo di segui-

OBESITY

NECROTIC CELL DEATH

INFLAMMATORY RESPONSE

INSULIN RESISTANCE

APOPTOTIC CELL DEATH

OXIDATIVE STRESS

TYPE 2 DIABETES

LIVER STEATOSIS

FIBROGENESIS

1st HIT

1st HIT

Figura 1

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to le indicazioni MNT utilizzabili per la gestione nutrizionale della steatosi epatica.

MNT applicata alla steatosi epatica La differenza fondamentale tra le raccomanda-zioni ADA, le linee guida AASLD e le linee guida dietetiche per gli americani (DGA’s) riguarda la popolazione a cui queste cose sono indirizzate. Rispetto alle prime due, le DGA’s sono mirate alla popolazione generale piuttosto che ai sog-getti ad alto rischio metabolico. Una recente review americana ha confrontato le varie rac-comandazioni con la finalità di individuare e scegliere il trattamento di elezione nella gestio-ne nutrizionale della NAFLD. La comparazione è stata fatta tra le ADA, AASLD-AGA (American Gastroenterological Association)-ACD (American College of Gastroenterology), USDA (United Sta-tes department of Agriculture)-USDHHS (United States Department of Health and Human Servi-ces) e la review di McCarthy e Rinella sul ruolo della dieta e della composizione dei nutrien-ti nella NAFLD13. In seguito a questo lavoro è emerso che le raccomandazioni ADA (American Diabetes Association) risultano essere le migliori linee guida - attualmente a disposizione - per la gestione nutrizionale della NAFLD e delle sue co-morbidità, perché supportate da evidenza scien-tifica e rafforzate dall’utilizzo della metodologia MNT. Elenchiamo di seguito le caratteristiche della MNT nella gestione della steatosi epatica.

Carboidrati. Le raccomandazioni ADA per i car-boidrati non si basano su di un singolo quantita-tivo o range d’intake calorico per tutti i pazienti; piuttosto incoraggiano l’incremento di prodotti integrali, verdure, frutta, legumi, latticini fre-schi e a ridotto contenuto di grassi per preve-nire le patologie e controllare il peso corporeo. Un regime ipocalorico, o povero di carboidrati (<40% delle kcal totali) o di grassi (<30% delle kcal totali), viene raccomandato nella perdita di peso secondo le necessità individuali. La dieta a ridotto contenuto di carboidrati può risultare più efficace di quella a ridotto contenuto di grassi nel breve termine (<6 mesi), mentre entrambi gli approcci mostrano uguali risultati se analiz-zati in un periodo di tempo maggiore, pari ad almeno 1 anno14. È sconsigliato il consumo di oligosaccaridi in quanto l’intake eccessivo è as-sociato ad incremento dell’obesità e dell’insulino resistenza sia negli adulti sia nella popolazione pediatrica. “La dieta occidentale” rappresentata dal consumo di soft drinks, caramelle e prodotti dolci o ricchi di zuccheri e carboidrati raffinati - sinonimo di alimenti ad alto indice glicemico - è risultata un importante fattore di rischio per la NAFLD. Il consumo quotidiano di prodotti a basso indice glicemico riflette una minor rispo-

sta glicemica postprandiale ed è stato associato con il rischio ridotto di Type 2 Diabetes Mellitus (T2DM) e Cardiovascular disease (CVD). L’ADA incoraggia perciò l’utilizzo dell’indice glicemico nell’elaborazione dei protocolli dietetici per avere un ulteriore beneficio rispetto a quello rilevato dalla sola considerazione del contenuto totale di carboidrati della dieta. Ad ogni modo sembra plausibile che una dieta molto bassa in grassi ed elevata in zuccheri semplici possa stimolare la sintesi di acidi grassi nel fegato, indipenden-temente dal BMI e dai livelli d’insulina15.Nel loro lavoro, Mc Carthy e Rinella concludono che, con buona probabilità, il consumo di pro-dotti ricchi in fruttosio sia proporzionalmente legato ad un aumentato rischio di NAFLD; infatti sia gli adulti sia i bambini con steatosi epatica risultavano forti consumatori di prodotti molto ricchi in fruttosio come gli HFCS (High Fructose Corn Syrup), pari a circa 2-3 volte in più rispetto ai soggetti sani. Inoltre nei bambini con NAFLD arruolati nello studio, il metabolismo lipidico era molto più sensibile agli effetti del fruttosio ri-spetto a quello dei bambini senza NAFLD16.Ne consegue che diminuire o evitare il consumo di fruttosio e prodotti ricchi in fruttosio è impor-tante negli interventi nutrizionali per i soggetti NAFLD, a maggior ragione quando si tratti di pazienti con marcata resistenza insulinica e ina-deguato controllo glicemico. Per ulteriore con-ferma, le raccomandazioni ADA incoraggiano la limitazione del consumo di carboidrati semplici e/o raffinati, favorendo invece il consumo di car-boidrati complessi e integrali17. Rusu, Enache et al nella loro recentissima review sulla MNT per NAFLD hanno concluso che, sebbene l’approccio ipoglucidico possa essere efficace nel controllo e riduzione della NAFLD a breve termine, la quota di CHO totale che ha mostrato la maggior effica-cia e sicurezza è quella compresa tra 40 e 45% delle kcal totali18. Rimane comunque la racco-mandazione dell’ADA di non ridurre la quantità di carboidrati totali ad un valore inferiore a 130 g/die nei soggetti diabetici19. Sono auspicabili ulteriori ricerche, in partico-lare nel lungo termine, per valutare gli effetti delle diverse distribuzioni di carboidrati nei vari approcci dietetici, e studi controllo sui poten-ziali effetti della perdita di peso sulla steatosi epatica.

Grassi. L’alimentazione ricca in grassi, in parti-colare saturi, povera di acidi grassi omega 3 EPA e DHA e monoinsaturi (MUFA), è riconosciuta un fattore di rischio per lo sviluppo della NAFLD. Il consumo elevato di grassi saturi e povero di grassi Ω3 è associato a stress ossidativo, ridu-zione dell’ossidazione degli acidi grassi a scopo energetico e deplezione di grassi polinsaturi nel

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fegato. Allo stesso modo le diete povere in MUFA sono associate alla diminuzione dei recettori PPARα, tanto maggiore quanto più grave è la resistenza insulinica del soggetto. Ne consegue che una dieta dove la quota totale dei grassi sia a favore dei monoinsaturi e polinsaturi Ω3 è essenziale nella prevenzione e nel trattamento della steatosi epatica NAFLD e nel miglioramen-to della sensibilità insulinica20.Il primo studio d’intervento randomizzato per valutare gli effetti sul fegato di diversi approcci dietetici (CHO > 50% a basso indice glicemico + fibre vs dieta a basso contenuto di CHO e ricca in acidi grassi MUFA con e senza esercizio fisico), indipendentemente dal calo ponderale o meno, è stato presentato da Bozzetto et al nel 2012. I risultati nel breve termine (8 settimane) hanno mostrato una diminuzione sensibile dell’accumulo di lipidi nel fegato con l’approc-cio ricco in MUFA con esercizio fisico (-25%) e senza esercizio fisico (-29%) in rapporto a quelli a CHO > 50% + fibra con esercizio fi-sico (-6%) e senza esercizio fisico (-4%)21. I due approcci dietetici non variavano nel con-tenuto totale di grassi saturi. Al contario, la re-visione sistematica dell’ADA ha identificato uno studio RCT che comparava gli effetti del consu-mo di grassi saturi vs i monoinsaturi a parità di quota lipidica totale sulla glicemia postprandiale e sulla sensibilità insulinica senza trovare dif-ferenze significative22. Mc Carthy e Rinella nella loro review hanno identificato l’evidenza a sup-porto dell’effetto negativo sul fegato di un inta-ke elevato di saturi (>10% delle kcal totali), ma anche molto ridotto (<6%), suggerendo come la quota giornaliera di SFA (Satured Fatty Acid) raccomandata dovesse essere compresa tra 6 e 10% delle kcal totali, associata ad un valore di MUFA pari a circa il 25% e aumentata in PUFA Ω323. Peraltro anche le linee guida ADA e i DGA americani incoraggiano un incremento di acidi grassi monoinsaturi e Ω3 a scapito dei grassi saturi e trans. La dieta mediterranea, unanimemente consi-derata uno degli approcci dietetici migliori per preservare lo stato di salute dell’individuo, si ri-conosce, dal punto di vista dei nutrienti, per una quota controllata in carboidrati complessi (pre-feribilmente integrali) e ridotta in zuccheri sem-plici, un moderato consumo di grassi (tra cui la preponderanza è rappresentata dall’acido oleico e perciò dai MUFA), ricca in Ω3 derivati dal pesce e dai semi oleosi, intake proteico controllato e ben ripartito tra proteine vegetali e animali e ricca in sostanze antiossidanti. Questo approccio sembra più efficace rispetto a quello genericamente pro-posto come “dieta a ridotto contenuto di carboi-drati e ricca in MUFA”, in quanto nonostante si evidenzino dei miglioramenti nel breve termine

degli outcome nei pazienti NAFLD con una die-ta a ridotto consumo di CHO e ricca in MUFA, è molto difficile stabilire se questi benefici siano imputabili solo ai CHO, ai grassi o ad entrambi. Per giungere ad un’indicazione certa sono senz’altro necessari ulteriori studi valutati nel medio e lungo termine24. Ad oggi molti sono gli studi che dimostrano l’efficacia dei PUFA Ω3 nel trattamento della NAFLD. La supplementazione di DHA ha dimostrato migliorare significativa-mente la steatosi epatica e l’insulino sensibilità in un campione di bambini (studio RCT)25. Allo stesso modo, la supplementazione di PUFA Ω3 su adulti NAFLD ha ridotto la steatosi e miglio-rato il controllo glicemico e il profilo lipidico a 626 e 1227 mesi. Conviene ricordare che lo stile mediterraneo pre-vede anche il moderato consumo di vino: ≤10 g/die nelle femmine e ≤20 g/die nei maschi adulti. Senz’altro l’intake di alcool deve essere conside-rato nelle raccomandazioni nutrizionali per i pa-zienti affetti NAFLD. Il NHANES (National Health And Nutrional Examination Survey) rileva che la metà dei partecipanti allo studio (n=945) mo-strava un consumo di alcool >10 g/die e che, in base ai test di funzionalità epatica, questi stessi soggetti presentavano sospetta NAFLD.Dal punto di vista cardiovascolare e della re-sistenza insulinica, un moderato consumo di alcool, come previsto nella dieta mediterranea, non risulta apportare effetti nocivi o fattori di rischio indipendenti. Anche sul metabolismo li-pidico epatico, il consumo di alcool non sembra essere un fattore di rischio per la NAFLD; ancora pochi sono però gli studi effettuati per suppor-tare a pieno questa ipotesi28. Sono senz’altro ne-cessarie ulteriori ricerche più accurate per poter stilare linee guida evidence based. Attualmente sembra ragionevole supportare l’utilizzo delle li-nee guida ADA, che richiamano per molti aspetti lo stile dietetico mediterraneo, per la prevenzio-ne e gestione nutrizionale della NAFLD29.

Proteine. L’introito di proteine consigliato in base alle raccomandazioni esistenti (ADA, AASLD) ri-calca quello per la popolazione sana indicato dai LARN. Anche in questo caso, come peraltro per i carboidrati, la definizione della quota proteica è estremamente varia in letteratura. Sono stati classificati “ad elevato contenuto proteico” tutti i protocolli contenenti da 27 a 68% di protei-ne, pari ad una quantità proteica che variava da 90 a 300 g totali giornalieri30. Le conclusioni degli studi effettuati sono le più svariate: alcu-ni riportano un miglioramento della glicemia a digiuno e di HbA1c con dieta ricca in proteine (30% delle kcal totali) e povera di CHO (20% delle kcal totali)31. Secondo l’ADA, in assenza di pato-logia renale, un intake proteico pari a 30% della

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quota calorica totale non mostra nessun effetto negativo su HbA1c, ma sembra migliorare uno o più fattori di rischio per CVD32. Uno studio RCT a 6 mesi su 170 soggetti obesi ha esaminato gli effetti di una dieta ipocalorica (-30% rispetto all’intake calorico individuale abituale ma non inferiore a 1200 kcal/die) proposta in 2 versioni: ridotto quantitativo di CHO (≤90 g/die) e mode-rato di proteine (0.8 g/kg/die) vs ridotto intake lipidico (≤20%) e moderato di proteine (0.8 g/kg/die). Tutti i soggetti di entrambi i gruppi che ave-vano portato a termine lo studio hanno ottenu-to: calo ponderale, miglioramento della compo-sizione corporea e riduzione del grasso viscerale ed epatico. Lo spettroscopio non ha rilevato una differenza significativa del grasso epatico tra i 2 gruppi, ma i soggetti che al baseline presenta-vano una maggior quantità di lipidi nel fegato avevano perso approssimativamente 7 volte più grasso intraepatico di quelli che avevano un va-lore basso al baseline. È pertanto ragionevole ipotizzare che, nel medio-lungo termine (almeno 6 mesi), sia l’approccio ipoglucidico che quello ipolipidico, possano essere vantaggiosi33. In ogni caso non ci sono ancora sufficienti evidenze che permettono di raccomandare un intake proteico specifico per la NAFLD, per cui la scelta più ap-propriata sembra quella, al momento, di seguire l’indicazione della quota proteica valida per la popolazione generale.

Micronutrienti. Una review della Cochrane Li-brary sul fabbisogno di micronutrienti nella NAFLD conclude che non ci sono evidenze suffi-cienti sia a favore che contrarie alla supplemen-tazione di micronutrienti nei soggetti con NAFLD, anche se le sostanze antiossidanti possono esse-re utili nella NAFLD in funzione del loro effetto di antagonismo verso lo stress ossidativo34. In uno studio RCT in doppio cieco su 90 soggetti pe-diatrici a 12 mesi, l’intervento diretto volto alla modificazione dello stile di vita con la supple-mentazione di vit E (600 IU/die) e Vit C (500 mg/die) ha mostrato un miglioramento significati-vo della funzionalità epatica e del metabolismo glucidico, ma non significativamente differente da quello ottenuto con il solo approccio sullo sti-le di vita35. Nello studio seguente della durata doppia (24 mesi) con le stesse supplementazio-ni di Vit E e C agli stessi dosaggi non è stato rilevato un ulteriore miglioramento sullo stile di vita in generale, ma i fattori più fortemente associati alla diminuzione della steatosi epatica erano l’aumento dell’attività fisica e il calo pon-derale36. Il lavoro di Vajro et al condotto sulla vitamina E e la dieta ipocalorica ha riportato che i bambini del gruppo a sola supplementazione di vit E avevano completamente rinormalizza-to i valori ematici delle transaminasi senza si-

gnificativo calo ponderale. Per tali ragioni, nelle loro conclusioni, i due autori suggeriscono un effetto indipendente sulla NAFLD della vit E37. Altri due studi che hanno comparato gli effetti della Vit E rispetto a quelli della metformina in bambini e adolescenti38 e in adulti39 non hanno riscontrato nessuna evidenza di efficacia supe-riore della vit E rispetto alla metformina. Nello studio di Bozzetto et al menzionato precedente-mente, il gruppo d’intervento ad alto intake di MUFA, assumeva anche un quantitativo di vit E superiore a quello degli altri gruppi. Ciò pone l’interrogativo se l’efficacia della Vit E fosse di-pendente o meno dalla sua forma, cioè integrata nell’alimento tal quale o isolata sotto forma di supplementazione. Infatti l’utilizzo d’integratori di Vit E è molto controverso perché associato ad un aumentato rischio per alcuni tipi di cancro, emorragie ed ictus emorragico. Per tali ragioni sono assolutamente necessari altri studi volti a definire il livello di sicurezza e di efficacia della Vit E sotto forma d’integrazione40. Lo stile di vita attuale e le abitudini dietetiche hanno mostrato l’aumento nella popolazione della carenza di Vit D e Targher et al, nel loro studio, riportano che insufficienti livelli plasma-tici di Vit D in pazienti NAFLD (diagnosticata da biopsia epatica) sono significativamente e indi-pendentemente associati alla severità della ste-atosi e alla comparsa di fibrosi epatica41. Anche in questo caso sono necessarie ulteriori ricerche volte ad esaminare il ruolo biologico della Vit D e altri micronutrienti nella patogenesi della NAFLD, e quali valori di assunzione in aggiunta a quelli raccomandati abbiano effettivamente valore terapeutico42.

STEATOEPATITE NON ALCOLICA (NASH)La NASH è una sindrome spesso asintomati-ca che, come la NAFLD, si sviluppa in soggetti astemi o con un consumo di alcool quotidiano minimo o moderato (<10 g/die per le donne e 20 g/die per i maschi). I danni causati nel fegato sono istologicamente indistinguibili da quelli che si presentano nelle epatopatie alcoliche. Questa patologia si presenta più spesso in pazienti con almeno uno dei seguenti fattori di rischio: obe-sità addominale, dislipidemia, intolleranza glu-cidica. Come per la NAFLD, la NASH si può so-spettare in soggetti che presentano alti livelli di amino transferasi ematiche, ma per diagnosti-care la patologia è necessaria la biopsia epatica. La patofisiologia della NASH comprende steatosi epatica (NAFLD), incremento dell’infiammazione, dei livelli di citochine pro infiammatorie, dello stress ossidativo e un livello variabile di fibrosi. Il possibile meccanismo che determina l’accu-mulo dei grassi nel fegato comprende la ridotta sintesi di VLDL (Very Low Density Lipoprotein)

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e l’aumentata sintesi epatica di trigliceridi (pro-babilmente dovuta alla ridotta ossidazione degli acidi grassi o all’incremento di acidi grassi liberi nel fegato per eccessivo intake). L’infiammazione può essere il risultato del danno perossidativo dei lipidi infiltrati nelle cellule epatiche, che sti-molando le cellule epatiche stellate, può favorire la fibrosi. La condizione di NASH avanzata, dove sia l’infiammazione sia la fibrosi sono radicate e severe, è associata allo sviluppo di cirrosi epa-tica e ipertensione portale43. Soltanto un piccolo sottogruppo di pazienti con NAFLD, pari a cir-ca 2-5%, evolve verso la steatoepatite, per cui è ipotizzabile che ulteriori fattori predisponenti possano essere implicati44. Uno studio effettuato su ratti a dieta iperlipidica per 8-12 settimane ha mostrato un incremento dell’espressione di fattori di trascrizione regolatori dell’omeostasi ossidoriduttiva nelle cellule in concomitanza ad elevati livelli epatici di amino transferasi, cole-sterolo e glucosio45.Il trattamento dietetico da adottare per i pazien-ti con NASH non si discosta sostanzialmente da quello per la steatosi epatica. In questo caso è ne-cessario fare qualche ulteriore considerazione46:• Molti studi indicano che le modifiche allo sti-

le di vita volte a combattere la sedentarietà possono favorire la riduzione dei valori delle transaminasi e il grado di steatosi e fibrosi.

• Nei pazienti sovrappeso/obesi è consigliabile il calo ponderale, ma la perdita di peso troppo rapida, dovuta a regimi dietetici eccessiva-mente ipocalorici o sbilanciati sono sconsi-gliati perché favorenti l’evoluzione e l’aumento dell’infiammazione e della fibrosi e di conse-guenza la severità della patologia. Il calo pon-derale consigliato è graduale, pari a 7-10% del peso corporeo al baseline, sull’ordine di 500 g/1 kg max a settimana.

• Nel caso di obesità severa (BMI>40) associata a comorbidità metaboliche, e nei soggetti che abbiano i requisiti fisio-psicologici, può essere utile indicare la chirurgia bariatrica in quanto la perdita di peso ottenuta mediante questo approccio metodologico porta in buona parte dei casi, a miglioramento del danno epatico.

• Un approccio dietetico individualizzato con una ripartizione dei nutrienti determinata dalle co-morbilità, es. ipoglucidica se presenti T2DM, intolleranza glucidica e marcata resistenza insulinica vs una dieta ipolipidica quando pre-senti dislipidemie e alterato metabolismo dei lipidi.

• Non ci sono evidenze, allo stato attuale, che supportano l’utilizzo di diete iperproteiche, per cui la scelta, qualora non siano presenti fat-tori che indichino quote proteiche particolari, riflette quella della popolazione generale.

• Ridotto introito di zuccheri, dolci e in parti-

colare di alimenti o bevande contenenti frut-tosio, componente alimentare che più chiara-mente è risultato associato con danno epatico negli studi epidemiologici.

• Ridotto introito di grassi saturi e colesterolo in quanto gli studi evidenziano come queste so-stanze, se introdotte in eccesso, rappresentano un fattore di rischio per l’incremento dell’in-fiammazione e la fibrosi47.

• Incremento di acidi grassi polinsaturi Ω3 utili per ridurre l’infiammazione e di conseguenza rallentare/bloccare la fibrogenesi48.

• Divieto del consumo di alcool e alcolici in ge-nerale anche per modiche quantità poiché l’al-cool, in presenza di danno epatico e fibrosi, può esacerbare la malattia.

• Alcuni studi epidemiologici hanno mostrato un effetto protettivo del caffè sulla progres-sione della NASH e lo sviluppo della fibrosi; al momento, sebbene non vi sia un’evidenza certa, il consumo moderato di caffè non è da sconsigliare.

ConclusioniAd oggi l’approccio dietetico delle patologie epa-tiche non alcoliche non è ancora ben definito e supportato da evidenze forti e chiare. Sembra plausibile che le indicazioni più efficaci da se-guire siano quelle dell’approccio individualizza-to basato sullo stile di vita e il calo ponderale graduale, quando necessario. I dati degli studi effettuati, per quanto riguarda il trattamento nutrizionale della NAFLD e NASH, supportano l’utilizzo della dieta mediterranea e la Medical Nutrition Therapy secondo le linee guida dell’A-merican Diabetes Association.

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13 McCarthy, E.M.; Rinella, M.E. The role of diet and nutrient composition in nonalcoholic fatty liver disease. J. Acad. Nutr. Diet. 2012, 112, 401–409.

14 Castaneda-Gonzalez, L.M.; Bacardi Gascon, M.; Jimenez Cruz, A. Effects of low carbohydrate diets on weight and glyce-mic control among type 2 diabetes individuals: A systemic review of rct greater than 12 weeks. Nutr. Hosp. 2011, 26, 1270–1276.

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18 Medical nutrition therapy in non-alcoholic fatty liver disease-a review of literature. Rusu E1, Enache G1, Jinga M1, Dragut R1, Nan R1, Popescu H1, Parpala C1, Homentcovschi C1, Nitescu M1, Stoian M1, Costache A1, Posea M1, Rusu F1, Jinga V1, Mischianu D1, Radulian G1. J Med Life. 2015 Jul-Sep;8(3):258-62.

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21 Bozzetto, L.; Prinster, A.; Annuzzi, G.; Costagliola, L.; Man-

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24 Nutritional Management of Insulin Resistance in Nonalcoholic Fatty Liver Disease (NAFLD) Beth A. Conlon, Jeannette M. Beasley, Karin Aebersold, Sunil S. Jhangiani and Judith Wylie-Rosett

25 Nobili, V.; Bedogni, G.; Alisi, A.; Pietrobattista, A.; Rise, P.; Galli, C.; Agostoni, C.; Docosahexaenoic acid supplementation decreases liver fat content in children with non-alcoholic fatty liver disease: Double-blind randomised controlled clinical trial. Arch. Dis. Child. 2011, 96, 350–353.

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28 Dunn, W.; Xu, R.; Schwimmer, J.B. Modest wine drinking and decreased prevalence of suspected nonalcoholic fatty liver disease. Hepatology 2008, 47, 1947–1954.

29 American Heart Association Nutrition Committee; Lichten-stein, A.H.; Appel, L.J.; Brands, M.; Carnethon, M.; Daniels, S.; Franch, H.A.; Franklin, B.; Kris-Etherton, P.; Harris, W.S.; et al. Diet and lifestyle recommendations revision 2006: A scienti-fic statement from the american heart association nutrition committee. Circulation 2006, 114, 82–96.

30 Paddon-Jones, D.; Westman, E.; Mattes, R.D.; Wolfe, R.R.; Astrup, A.; Westerterp-Plantenga, M. Protein, weight manage-ment, and satiety. Am. J. Clin. Nutr. 2008, 87, 1558S–1561S.

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32 Wheeler, M.L.; Dunbar, S.A.; Jaacks, L.M.; Karmally, W.; Mayer-Davis, E.J.; Wylie-Rosett, J.; Yancy, W.S., Jr. Macronu-trients, food groups, and eating patterns in the management of diabetes: A systematic review of the literature, 2010. Dia-betes Care 2012, 35, 434–445.

33 Haufe, S.; Engeli, S.; Kast, P.; Bohnke, J.; Utz, W.; Haas, V.; Hermsdorf, M.; Mahler, A.; Wiesner, S.; Birkenfeld, A.L.; et al. Randomized comparison of reduced fat and reduced carbohy-drate hypocaloric diets on intrahepatic fat in overweight and obese human subjects. Hepatology 2011, 53, 1504–1514.

34 Lirussi, F.; Azzalini, L.; Orando, S.; Orlando, R.; Angelico, F. Antioxidant supplements for non-alcoholic fatty liver disease and/or steatohepatitis. Cochrane Database Syst. Rev. 2007, CD004996, doi:10.1002/14651858.CD004996.pub3.

35 Nobili, V.; Manco, M.; Devito, R.; Ciampalini, P.; Piemonte, F.; Marcellini, M. Effect of vitamin E on aminotransferase le-vels and insulin resistance in children with non-alcoholic fatty

evidence based nutrition evidence based nutrition

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evidence based nutrition evidence based nutrition

liver disease. Aliment. Pharmacol. Ther. 2006, 24, 1553–1561.

36 Nobili, V.; Manco, M.; Devito, R.; Di Ciommo, V.; Comparco-la, D.; Sartorelli, M.R.; Piemonte, F.; Marcellini, M.; Angulo, P. Lifestyle intervention and antioxidant therapy in children with nonalcoholic fatty liver disease: A randomized, controlled trial. Hepatology 2008, 48, 119–128.

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38 Lavine, J.E.; Schwimmer, J.B.; van Natta, M.L.; Molleston, J.P.; Murray, K.F.; Rosenthal, P.; Abrams, S.H.; Scheimann, A.O.; Sanyal, A.J.; Chalasani, N.; et al. Effect of vitamin E or metformin for treatment of nonalcoholic fatty liver disease in children and adolescents: The tonic randomized controlled trial. JAMA 2011, 305, 1659–1668.

39 Lavine, J.E.; Schwimmer, J.B.; van Natta, M.L.; Molleston, J.P.; Murray, K.F.; Rosenthal, P.; Abrams, S.H.; Scheimann, A.O.; Sanyal, A.J.; Chalasani, N.; et al. Effect of vitamin E or metformin for treatment of nonalcoholic fatty liver disease in children and adolescents: The tonic randomized controlled trial. JAMA 2011, 305, 1659–1668.

40 National Instittues of Health; Office of Dietary Supplements. Dietary Supplement Fact Sheet: Vitamin E. Available online: http://ods.od.nih.gov/factsheets/VitaminE-QuickFacts/ (acces-sed on 6 May 2013).

41 Targher, G.; Bertolini, L.; Scala, L.; Cigolini, M.; Zenari, L.; Falezza, G.; Arcaro, G.; Associations between serum 25-hy-droxyvitamin D3 concentrations and liver histology in patients with non-alcoholic fatty liver disease. Nutr. Metab. Cardiovasc. Dis. 2007, 17, 517–524.

42 Spahn, J.M.; Reeves, R.S.; Keim, K.S.; Laquatra, I.; Kellogg,

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43 Nonalcoholic Steatohepatitis (NASH) By Steven K. Herrine, MD. Merck Manual

44 Loria P, Adinolfi LE, Bellentani S, Bugianesi E, Grieco A, Fargion S, Gasbarrini A, Loguercio C, Lonardo A, Marchesini G, Marra F, Persico M, Prati D, Baroni GS; NAFLD Expert Com-mittee of the Associazione Italiana per lo studio del Fegato. Practice guidelines for the diagnosis and management of nonalcoholic fatty liver disease. A decalogue from the Italian Association for the Study of the Liver (AISF) Expert Committee. Dig Liver Dis. 2010 Apr;42(4):272-82.

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46 Review Team, LaBrecque DR, Abbas Z, Anania F, Ferenci P, Khan AG, Goh KL, Hamid SS, Isakov V, Lizarzabal M, Peñar-anda MM, Ramos JF, Sarin S, Stimac D, Thomson AB, Umar M, Krabshuis J, LeMair A; World Gastroenterology Organisation. World Gastroenterology Organisation global guidelines: Nonal-coholic fatty liver disease and nonalcoholic steatohepatitis. J Clin Gastroenterol. 2014 Jul;48(6):467-73.

47 Cholesterol is a significant risk factor for non-alcoho-lic steatohepatitis. Walenbergh SM1, Shiri-Sverdlov R1. Expert Rev Gastroenterol Hepatol. 2015;9(11):1343-6. doi: 10.1586/17474124.2015.1092382. Epub 2015 Sep 22.

48 Li YH, Yang LH, Sha KH, Liu TG, Zhang LG, Liu XX. Effi-cacy of poly-unsaturated fatty acid therapy on patients with nonalcoholic steatohepatitis.World J Gastroenterol. 2015 Jun 14;21(22):7008-13. doi: 10.3748/wjg.v21.i22.7008.

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ANNO 26 / n°3-2016

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Speciale 28° Congresso Nazionale ANDID 2016

Oltre la dieta: update in Nutrizione e DieteticaBeyond the diet. Update in nutrition and dietetics

panorama scientifico scientific survey

a cura dellaRedazione

Anche quest’anno, il Congresso Nazionale ha rappresentato una occasione privilegiata per discutere e riflettere su tematiche quanto mai attuali: nutraceutica e nutrigenomica, celiachia, dieta chetogenica, nutrizione in oncologia ma anche food and nutrition literacy, intese come conoscenze e competenze ormai indispensabili per un intervento dietetico qualificato.Desideriamo perciò ringraziare tutti i colleghi intervenuti, e in particolare, complimentarci con gli autori dei lavori scientifici presentati in sede congressuale per l’originalità delle esperienze realizzate e l’efficacia delle loro presentazioni, riportando una sintesi degli stessi.

PREMIO MIGLIOR TESI DI LAUREACon vero piacere, considerate la qualità scienti-fica dei lavori presentati, siamo particolarmen-te lieti di pubblicare (rigorosamente in ordine alfabetico per Autore) i 5 abstract dei lavori premiati quest’anno: complimenti vivissimi ai giovani colleghi!

VALUTAZIONE DELL’ADERENZA ALLA PRESCRIZIONE DIETETICA NEL PAZIENTE PORTATORE DI TRAPIANTO.

Monica MorgilloUniversità degli studi di Napoli Federico II Corso di Laurea in DietisticaRelatore: Prof. M. Sabbatini; Correlatore: Prof. F. Pasanisi

Il trapianto di rene rappresenta, rispetto alla dialisi, la migliore terapia sostitutiva per il pa-ziente con Insufficienza Renale Cronica in termi-ni di sopravvivenza, qualità di vita e sensazione di benessere soggettivo. Uno dei punti cardine del trattamento della malattia renale cronica (IRC) in tutte le sue fasi è rappresentato dall’in-tervento nutrizionale. I pazienti con un trapianto renale ben funzionante sono portati a credere di non dovere più sottostare alle precedenti limi-tazioni dietetiche imposte durante dalla dialisi, e spontaneamente decidono di “liberalizzare” la propria alimentazione. Il ritorno ad una “dieta normale” però, in assenza di opportuno counse-ling nutrizionale svolto da un dietista formato,

può indurre comportamenti scorretti, in grado di condizionare negativamente sia il trapianto sia la vita del paziente, favorendo l’insorgenza della cosiddetta “Nefropatia Cronica del Trapianto”. Lo scopo di questo studio è stato quello di va-lutare la compliance di una coorte di pazienti con trapianto di rene alla dieta prescritta e i suoi effetti sul metabolismo. Al momento della registrazione, ai pazienti arruolati è stata effet-tuata una valutazione nutrizionale completa che ha compreso: un’indagine alimentare accurata, la rilevazione delle misure antropometriche e impedenziometriche. Ai pazienti è stato inoltre somministrato un questionario sulla depressio-ne per valutarne la condizione psicologica. Ad un mese dall’inizio del regime dietetico è stata effettuata nuovamente la misurazione di tutti i parametri rivelati al t0 dello studio, con l’aggiunta di un questionario specifico sulla aderenza alla terapia dietetica. Lo schema die-tetico assegnato è stato organizzato in base alle esigenze nutrizionali dei pazienti prendendo in considerazione le raccomandazioni delle linee guida Australiane. Il questionario dell’aderenza alla dieta è stato suddiviso in tre parti: a) ade-renza alla dieta; b) aderenza alla prescrizione dei lipidi; c) aderenza all’introito di fibra. Una buona parte di pazienti è risultata compliante alla die-ta assegnata, sia riguardo le raccomandazioni qualitative sui lipidi sia quella sulla fibra. Ad un solo mese dall’inizio della dieta i dati ricavati dal calcolo degli intake alimentari hanno mostrato una riduzione significativa dell’intake energeti-co con un calo del peso corporeo di circa 3 kg, il quale è stato raggiunto senza una riduzione significativa della massa magra e della massa cellulare corporea. Il calo ponderale risulta es-sere un dato fondamentale in quanto, in questi pazienti, si verifica comunemente un aumen-to del peso corporeo dopo il trapianto, dovuto principalmente al passaggio dal ristretto regime dietetico della dialisi a quello della dieta libera, che va a sommarsi alla sensazione di benessere generale post trapianto e all’aumentato appeti-to, dovuto soprattutto alla somministrazione di steroidi. Dai risultati si è osservato anche una significativa riduzione dell’intake proteico: fat-tore importante perché un’eccessiva assunzione di proteine può contribuire al danno del tra-pianto renale, mentre una corretta assunzione può ritardare il corso della malattia cronica del trapianto, riducendo l’iperfiltrazione glomerula-

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re. In termini percentuali l’assunzione di lipidi totali è risultata significativamente aumentata rispetto al basale; tale incremento si è associa-to a differenze qualitative interessanti. Infatti, i pazienti aderenti introducevano ridotte quanti-tà di acidi grassi saturi, mentre aumentava in modo significativo la percentuale assunta sia di acidi grassi monoinsaturi che polinsaturi. Un dato estremamente importante riguarda l’inta-ke di sodio, ridotto significativamente del 41% rispetto al basale, con conseguente riduzione del sodio escreto, a testimonianza della buona aderenza ai consigli dietetici forniti ai pazienti. A corollario della riduzione dell’introito proteico, i dati dimostrano anche una significativa ridu-zione dell’introito di fosforo ed una concomitan-te riduzione dell’intake di potassio. È possibile concludere che le errate abitudini alimentari dei pazienti sottoposti a trapianto di rene possano favorire nel tempo la comparsa o l’aggravamen-to di dislipidemie, obesità, ipertensione e diabete mellito, fino a configurare il quadro della Sindro-me Metabolica, significativamente correlata con lo sviluppo della CAD e delle malattie cardiova-scolari. È pertanto indispensabile che il supporto dietisti-co venga rivolto ai pazienti nelle fasi precoci del post-trapianto, prima che le abitudini alimentari “scorrette” diventino consolidate, rendendo più difficile la compliance del paziente alla prescri-zione dietetica. È inoltre indispensabile che op-portuni piani di follow-up siano predisposti, così da monitorare la compliance del paziente anche nel medio e lungo termine.

APPORTO ALIMENTARE DI VITAMINA D, CALCIO E ADERENZA ALLA TERAPIA DIGESTIVO NUTRIZIONALE IN PAZIENTI AFFETTI DA FIBROSI CISTICA

C. Pistolesi Università degli Studi di Firenze - Scuola di Scienze della Salute UmanaCorso di Laurea in DietisticaRelatori: M.L. Guidotti, G. Taccetti

La fibrosi cistica è la più comune malattia ge-netica letale. La stretta correlazione tra stato nutrizionale e progressione della malattia pol-monare (principale fattore prognostico1), sug-gerisce la necessità di un intervento nutrizio-nale precoce1. Scopo dello studio è stato la valutazione di: in-take di vitamina D e calcio, aderenza alla te-rapia enzimatica sostitutiva (PERT) e alla sup-plementazione di vitamine liposolubili, stile di vita. Tali fattori influiscono sul mantenimento di una densità minerale ossea (BMD) adegua-ta2. Tale parametro è essenziale per l’inseri-mento in lista di trapianto polmonare3.

Lo studio è stato condotto su 81 pazienti af-ferenti al Centro FC-AOU Meyer, suddivisi in 3 fasce di età: 21 (<11 anni), 15 (11-18 anni) e 45 (> 18 anni) e trattati in base ai vigenti standard di cura. A ogni paziente è stato som-ministrato un questionario per la rilevazione dell’intake di vitamina D e calcio, aderenza alle terapie digestive e nutrizionali, stile di vita. La valutazione clinica ha considerato l’antropome-tria (peso, altezza, BMI, centile-BMI), la fun-zione pancreatica (elastasi fecale/steatocrito) e respiratoria (spirometria), gli esami biochimici/strumentali (25(OH)D3, DEXA). L’intake di vitamina D e calcio è risultato in-feriore rispetto al fabbisogno in FC, in tutte le fasce di età. Il livello sierico di 25(OH)D3 è risultato inferiore a 30 ng/ml, valore di suffi-cienza vitaminica, in tutte le stagioni. La BMD è risultata più bassa per valori di BMI indicativi di una condizione di malnutrizione (p< 0.05). L’aderenza alla prescrizione vitaminica è risul-tata maggiore nei pazienti con insufficienza pancreatica rispetto ai pazienti con funziona-lità pancreatica preservata. Tranne nell’adulto si osserva una completa aderenza alla PERT. I risultati mostrano problemi di malnutrizione, insufficiente intake di vitamina D e calcio, bassi livelli sierici di 25(OH)D3, ridotta BMD, e com-pliance non ottimale. Lo stile di vita è sovrap-ponibile alla popolazione generale.

Bibliografia1 Sharma et al Wasting as an independent predictor of mortality in patients with cystic fibrosis. Thoraz 2001; 56: 746-750.

2 Paccou J, Zeboulon N, Cortet B. The prevalence of osteo-porosis, osteopenia, and fractures among adults with cy-stic fibrosis: a systematic literature review with meta-a-nalysis. Calcified Tissue International 2010; 86 (1): 1-7.

3 Kalnins D, Wilschanski M. Maintenance of nutritional status in patients with cystic fibrosis: new and emerging therapies. Drug Des Level Ther. 2012; 6: 151-161.

PROGETTO ARIANNA: ASSISTENZA NUTRIZIONALE ED EDUCAZIONE TERAPEUTICA PER PAZIENTI SOTTOPOSTE A TERAPIA CHIRURGICA PER TUMORE ALLA MAMMELLA PRESSO LA “SOD” BREAST UNIT DELL’AOU CAREGGI

Eleonora RosselliniUniversità degli Studi di Firenze - Scuola di Scienze della Salute UmanaCorso di Laurea in DietisticaRelatore: M.L. Masini; Correlatore: Prof. L. Orzalesi

IntroduzioneGià nel 1981 Richard Dolle e Richard Peto sti-mavano che una buona parte dei tumori fos-

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ANNO 26 / n°3-2016

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se attribuibile a fattori di rischio modificabili (fumo, dieta e ambiente tra i principali) e, in particolare, che il 30% circa di essi potesse es-sere attribuito alla dieta.Le principali strategie per raggiungere questo obiettivo sono rappresentate dalla riduzione del fumo di tabacco, dalla modifica delle abitudini alimentari (incluso un diminuito consumo di alcolici) e dal contrasto all’epidemia di sovrap-peso e obesità che interessa molte popolazioni europee, tra cui quella italiana, da ottenersi con opportuni programmi alimentari e un in-cremento dei livelli di attività fisica.Nel report “Diet, nutrition, physical activity and breast cancer survivors” del World Cancer Re-search Fund International del 2014 si riconfer-ma che, sebbene i limiti degli studi non con-sentano ancora di disporre di evidenze forti, sono dimostrate correlazioni alimenti-attività fisica-tumore alla mammella tali da consentire di fornire raccomandazioni nutrizionali utili per la migliore sopravvivenza delle donne affette da tale patologia.I diversi Studi Diana progettati e condotti dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano a partire dagli anni ’90 hanno dimostrato che riequilibrando la dieta è possibile ridurre la concentrazione ematica di fattori che favori-scono lo sviluppo dei tumori della mammella e che ne ostacolano la guarigione. Numerosi studi scientifici sul rapporto tra alimentazio-ne e tumori hanno dimostrato, infatti, che il peso in eccesso e la scarsa attività fisica sono importanti fattori di rischio per la comparsa di recidive. Studi clinici ed epidemiologici hanno dimostrato la maggior incidenza di recidiva del carcinoma mammario in donne sovrappeso o affette da Sindrome Metabolica.

Il progetto AriannaIl progetto Arianna ha avuto inizio nel corso del 2013 e a partire dal 15 febbraio 2013 al 23 luglio 2014 sono state arruolate 216 pazienti ricoverate presso il reparto Breast Unit dell’AOU di Careggi per intervento chirurgico di rimo-zione del tumore o per inserimento di protesi definitive a seguito del primo intervento.Gli obiettivi del progetto sono i seguenti:• Attuare un percorso di assistenza nutriziona-

le ed educazione terapeutica volto a favorire l’adozione di un modello alimentare di tipo mediterraneo, che studi clinici ed epidemio-logici indicano essere protettivo per il cancro al seno e la prevenzione delle recidive locali o a distanza.

• Garantire alle pazienti ricoverate l’applicazio-ne, nella ristorazione ospedaliera della AOUC, delle raccomandazioni scientifiche più aggior-nate nell’ambito dell’alimentazione attraverso

la fornitura di pasti a contenuto energetico controllato, prevalentemente vegetariani, po-veri di grassi, in particolare saturi, e zuccheri semplici, ricchi di fibra alimentare.

Lo studio si è articolato in diverse fasi:

1a fase: Gruppo di lavoro ed elaborazione del materiale informativoLa progettazione del percorso ha previsto una serie di incontri con il gruppo di studio com-posto da personale medico, dietisti e coordi-natore infermieristico per definire obiettivi, attività assistenziali e di supporto e indicatori di outcomes relativi alla nutrizione e allo stato di salute delle pazienti.Il gruppo di lavoro è stato così composto:Lorenzo Orzalesi (Medico Chirurgo c/o Breast Unit Chirurgia)Riccardo Bassi (Coordinatore Infermieristico AAD Breast Unit)Tommaso Di Massa (Responsabile Area Vitto)M. Luisa Masini (Responsabile Dietisti Servizio Tecnico Sanitario)Serena Pancani (dietista)Serena Torsoli (dietista c/o Area Vitto).È stata elaborata una cartella specifica per la raccolta dati delle pazienti durante il primo incontro; successivamente è stata modificata ed è stata inserita una sezione per la rac-colta dei dati emersi durante gli incontri di follow-up cosicché è stato possibile fare un confronto immediato sia del peso, del IMC e della circonferenza vita.All’interno della cartella troviamo:• Dati anagrafici • Dati antropometrici • Tipo di intervento effettuato• Condizione di Pre o Post menopausa al mo-

mento della diagnosi• Indici di interesse per valutare la presenza

di sindrome metabolica• Attività fisica• Dati raccolti nel follow-up.Tale scheda è stata impiegata per tutta la du-rata dello studio e per tutte le pazienti.È stato poi creato un opuscolo informativo contenente le indicazioni sull’alimentazione e lo stile di vita da seguire per prevenire la comparsa di recidive del tumore al seno. È stata illustrata, inoltre, la piramide alimenta-re della Dieta Mediterranea (Edizione 2010) e una tabella che riporta gli standard quantita-tivi delle porzioni.Tale opuscolo è stato consegnato a tutte le donne al momento del primo incontro in re-parto insieme a due questionari: uno sulle abitudini alimentari della paziente prima del ricovero ospedaliero e un altro sulle conoscen-ze in ambito alimentare.

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2a fase: Valutazione iniziale a t0La valutazione iniziale delle pazienti è avvenu-ta presso il reparto Breast Unit e al momento dell’ammissione in reparto le pazienti sono sta-te informate sullo studio in corso.La valutazione dietetica iniziale ha previsto:• Raccolta dei dati anagrafici e biochimici utili

a definire la presenza di sindrome metaboli-ca (glicemia a digiuno, trigliceridi, colesterolo HDL e Pressione Arteriosa).

• Valutazione antropometrica con rilevazione di: Peso (kg) tramite bilancia elettronica; è stato comunque sempre chiesto anche il peso abituale per valutare una eventuale variazio-ne di peso. Altezza (m) misurata con stadio-metro in posizione eretta e senza scarpe. Cal-colo dell’IMC (kg/m2). Circonferenza della vita (cm) rilevata con metro flessibile e anelastico con spessore di 0.7 cm.

• Educazione terapeutica con consegna dei materiali informativi e dei questionari.

Le pazienti sono state informate inoltre del pre-visto incontro di gruppo. Tutti i dati relativi alla Valutazione dietetica iniziale e alla rilevazione delle abitudini alimentari e delle conoscenze sono stati inseriti all’interno di un database.

3a fase: Incontro di educazione terapeutica di gruppoGli incontri si sono svolti presso il Nuovo In-gresso di Careggi e hanno avuto una durata di circa due ore secondo il programma prestabili-to nel progetto.Durante l’incontro sono stati inoltre illustrati i dati ricavati dall’elaborazione dei questionari sulle conoscenze e sulle abitudini delle pazienti. In questo modo è stato possibile far riflettere le donne sulle loro abitudini alimentari e discute-re su questi temi.Le slide proiettate durante gli incontri sono sta-te preparate sulla base delle raccomandazioni date dal Word Cancer Research Fund (WCRF) il cui obiettivo è quello di promuovere la preven-zione di tumori attraverso la ricerca.Durante tutta la durata del corso è sempre stato presente un coinvolgimento attivo delle donne che spesso sono intervenute con do-mande relative a dubbi sia in campo alimen-tare che per quanto riguarda lo stile di vita. L’area vitto ha messo a disposizione, durante gli incontri, acqua fresca e frutta fresca o sec-ca di stagione.

4a fase: follow‑upA distanza di sei mesi dal primo incontro le pa-zienti sono state ricontattate telefonicamente e invitate a un controllo. Per la raccolta dati al follow-up è stata utilizzata la cartella utilizza-ta nella fase di valutazione. In questo incontro

sono stati rivalutati:• Dati antropometrici• Peso e nuova valutazione dell’IMC• Circonferenza vita• Eventuale terapie: Chemioterapia, Radiotera-

pia e terapia ormonale.

Cambiamenti nello stile di vita e nell’alimentazioneAll’incontro di follow-up inoltre sono stati pro-posti nuovamente i questionari sulle abitudini e sulle conoscenze alimentari per valutare se ci sono stati cambiamenti dopo l’intervento nu-trizionale.

Risultati della prima valutazioneNello studio sono state arruolate 216 donne.Età media 55 anni (età minima 26 età massi-ma 85 anni).Peso medio 64,7 kg,Altezza media 1,60 mIMC medio 25,2 kg/m2 (IMC minimo 17.9 kg/m2 e IMC massimo 41,6 kg/m2).

È stata inoltre valutata la circonferenza della vita. Dall’analisi dei risultati si è ottenuto un valore medio di 86,7 cm. Il valore cut-off preso in considerazione è 88 cm con una distribuzio-ne percentuale come segue in Tabella 2.

Risultati ai follow‑upAi follow-up sono state valutate 35 donne.Età media 51 anni (età minima 36 anni età massima 75 anni).Peso medio di 61,9 kgAltezza media di 1,60 mIMC medio di 23,9 kg/m2 (IMC minimo 17,2 kg/m2 IMC massimo 33,5 kg/m2)

panorama scientifico scientific survey

Tabella 1. Distribuzione percentuale nelle classi di peso; prima valutazione

normopeso 56%

sovrappeso 29%

obesità lieve 10%

obesità moderata 2%

obesità grave 2%sottopeso 1%

010,020,030,040,050,060,0

pz con CV ≥ 88 cm

Circonferenza vita < 88 cm 57,1%; ≥ 88 cm 42,9%

pz con CV < 88 cm

Tabella 1. Distribuzione percentuale circonferenza vita < 88 cm o ≥ 88

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Dall’analisi dei risultati della misurazione della circonferenza vita si è ottenuto un valore me-dio di 83,6 cm con una distribuzione percen-tuale come segue in Tabella 4.

I dati raccolti durante la prima valutazione e quelli dei follow-up sono stati poi elaborati con l’ausilio di un software di statistica per deter-minarne la significatività.Con i dati ottenuti è stato possibile andare a de-terminare se l’intervento effettuato ha prodotto risultati in termini di miglioramento dello stato di salute tra le pazienti appartenenti allo studio.

Peso corporeoLa prima cosa che è stata osservata è la variazio-ne di peso nelle pazienti in seguito all’intervento terapeutico effettuato nel corso dei sei mesi.

Il grafico riporta la variazione di peso medio tra le pazienti durante la prima valutazione e quella nei follow-up. Come si può evincere dal grafico, il peso medio delle donne è diminuito passando da un peso medio di 64,7 kg nel-la prima valutazione a 61,9 kg nei controlli di follow-up, con una differenza media di 2,8 kg.

Indice di Massa CorporeaDurante i sei mesi, oltre a una riduzione del peso abbiamo assistito anche a una riduzione del IMC passando da una media di 25,2 kg/m2

(sovrappeso) nella prima valutazione a 23,9 kg/m2 (normopeso) all’incontro di follow-up.

Circonferenza vitaI valori di della circonferenza della vita sono diminuiti molto nei follow-up. All’incontro a t0 il valore medio della circonferenza vita tra le pazienti era di 86,7 cm mentre agli incontri di follow-up c’è stata una riduzione di circa 3 cm con un valore medio di 83,6 cm. La media sia nel primo incontro sia a distanza di sei mesi è sempre risultata inferiore a 88 cm, valore di riferimento per le donne. Questa riduzione della circonferenza della vita può essere stata determinata sia dai cambiamenti nelle abitudi-ni alimentari ma anche da un aumento tra le pazienti dell’attività fisica.Durante tutti e tre gli incontri, infatti, è stato sempre posto l’accento sull’importanza di uno sti-le di vita attivo come confermato dagli studi sulla prevenzione delle recidive del tumore al seno.

Conseguentemente al follow-up è stato regi-strato un aumento delle pazienti con valori del-la circonferenza vita < 88 cm.

panorama scientifico scientific survey

Tabella 3. Distribuzione percentuale nelle classi di peso; follow-up

sovrappeso 26%

obesità lieve 8% sottopeso 6%

obesità moderata 0%

obesità grave 0%normopeso 60%

010,020,030,040,050,060,070,080,0

pz con CV ≥ 88 cm

Circonferenza vita ≥ 88 cm 25,7%; < 88 cm 74,3%

pz con CV < 88 cm

Tabella 4. Distribuzione percentuale circonferenza vita < 88 cm o ≥ 88; follow-up

peso corporeo kg

t064,7 kg follow‑up

61,9 kg

Variazioni di peso tra primo incontro e follow-up

VARIAZIONI DI PESO P < 0,05

IMC

t025,2 kg/m2

follow‑up23,9 kg/m2

Variazioni di IMC tra primo incontro e follow-up

VARIAZIONE DI IMC P < 0,05

CV media

t086,7 cm follow‑up

83,6 cm

Variazioni Circonferenza Vita tra primo incontro e follow-up

VARIAZIONE CV MEDIA P < 0,05

pz con CV ≥ 88 cm

t042,9% follow‑up

25,7%

Variazioni Circonferenza Vita ≥ 88 cm tra primo incontro e follow-up

CV ≥ 88 cm

pz con CV < 88 cm

t057,1%

follow‑up74,3%

Variazioni Circonferenza Vita < 88 cm tra primo incontro e follow-up

CV < 88 cm

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Questionario sulle abitudini alimentariDall’analisi dei questionari delle abitudini ali-mentari nella prima valutazione e quella ai follow-up si possono riscontrare cambiamenti importanti anche con una rilevanza statistica.Uno dei dati più rilevanti è quello della modifica nel consumo della carne.Alla domanda “Con quale frequenza mangia la carne?” i risultati, confrontando i dati del pri-mo incontro con quelli dei follow-up, sono stati i seguenti.Si è verificata una riduzione delle donne che con-sumavano carne tutti i giorni mentre come con-trotendenza c’è stato un aumento del consumo di carne raramente e 3-4 volte a settimana in linea con le indicazioni date durante gli incontri.

Nel grafico sono riportati i valori percentuali. Oltre alla riduzione del consumo di carne c’è stata anche una riduzione dell’assunzione di carni trasformate dove nessuna paziente con-suma giornalmente carni trasformate e con un aumento fino al 40% di donne che ne fanno un uso solo raramente.

Questo dato è molto importante poiché una riduzione del consumo di carne può essere accompagnata a un aumento del consumo di legumi.Prima dell’intervento di educazione terapeutica il 61,2% delle donne non consumava i legumi al posto della carne considerandoli quindi come un contorno al pari delle verdure. Durante tutti gli incontri è sempre stato sottolineata l’impor-tanza dei legumi come secondo piatto o come piatto unico insieme ai cereali.Dall’analisi dei questionari ai follow-up il 62,9% delle pazienti intervistate fa uso dei legumi al posto della carne. Il consumo di legumi, inol-tre, è mediamente aumentato nella frequenza settimanale.

Il consumo giornaliero di frutta e verdura è au-mentato notevolmente nelle donne ai follow-up tanto che un 71,4% in entrambi i casi consuma frutta e verdura ogni giorno a pranzo e cena. Il consumo giornaliero di frutta e verdura è molto importante poiché fornisce un’adegua-ta assunzione di fibra, vitamine e sali mine-rali. Inoltre, la verdura presente a ogni pasto è indispensabile per mantenere bassi i valori di insulina.

Dal grafico del consumo della verdura è possi-bile osservare come la frequenza sia aumenta-ta in percentuale tra le donne che ne fanno uso sia a pranzo che a cena. È molto importante andare a chiarire che la riduzione di consumo che si registra nelle classi una volta al giorno e due volte a settimana non debba essere visto come un dato negativo. L’obiettivo dell’educa-zione terapeutica che ci eravamo prefissati era quello di aumentare il consumo di frutta e ver-dura almeno a due volte al giorno.Insieme all’aumento del consumo di frutta e verdura abbiamo assistito anche a un incre-mento dell’utilizzo della frutta a guscio.

Durante la degenza il consumo della frutta a guscio è stato proposto nel vitto all’interno di un primo piatto andando così a formare un piatto unico, oppure aggiunta come fonte pro-teica nelle insalate. La frutta secca a guscio può essere consumata anche come spuntino di metà pomeriggio, facendo sempre comunque attenzione a non eccedere con la quantità.

panorama scientifico scientific survey

3‑4 voltea settimana

52,4 57,1

34,330,0

14,15,7 1,2 0,0 2,4 2,9

raramentealmeno 1 volta

al giornoogni giorno

pranzo e cena non risponde

t0

follow‑up

CONSUMO DI CARNE P < 0,05

tutti i giorni

4,70,0

17,121,2

42,4 40,0

28,2

40,0

3,5 2,9

3‑4 volte a settimana

1‑2 volte a settimana raramente non risponde

t0

follow‑up

CARNE TRASFORMATA

SI

38,8 37,1

62,9 61,2

NO

t0 follow‑up

CONSUMO DEI LEGUMI AL POSTO DELLA CARNE

ogni giorno pranzo e cena

50,671,4

13,5

34,1

8,6

20,0

1,8 0,0

1 volta al giorno 2‑3 volte a settimana mai o quasi mai

t0

follow‑up

CONSUMO VERDURA

ogni giornopranzo e cena

55,3

71,4

17,1

28,8

6,5 5,7 7,1 5,72,4 0,0

1 volta al giorno mai o quasi mai

2‑3 voltea settimana non risponde

CONSUMO FRUTTA t0 follow‑up

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Un dato molto importante nello studio è sta-to quello riguardante il consumo di alcol. Ai follow-up l’80% delle pazienti consuma alcol occasionalmente a differenza del 58,2% nella prima valutazione. C’è stata anche una riduzio-ne significativa delle pazienti che consumavano alcol alcune volte a settimana, e una diminu-zione importante di quelle che lo consumavano tutti i giorni. Questo dato è molto incoraggian-te poiché l’alcol è uno dei principali fattori di ri-schio alimentari correlati con il tumore al seno.

Questionari sulle conoscenze alimentariDall’analisi dei questionari sulle conoscenze ali-mentari è stato possibile osservare un aumento della consapevolezza di ciò che può essere più o meno benefico per la propria salute. L’aumento delle conoscenze in ambito alimentare è stato possibile grazie al percorso assistenziale forni-to e all’educazione terapeutica messa in atto durante tutti gli incontri effettuati. I dati stati-sticamente significativi tra cui la riduzione del consumo di carne rossa, di cibi ricchi in sale e l’aumento del consumo di prodotti ricchi in fibra sonoun risultato più che positivo per lo studio.Si può quindi affermare che l’educazione te-rapeutica è stata essenziale per aumentare le conoscenze sull’alimentazione e questo ha determinato anche una modifica del compor-tamento alimentare andando a determinare un miglioramento dello stato di salute e di-minuendo i rischi per lo sviluppo di recidive di cancro al seno.

ConclusioniIl percorso di assistenza nutrizionale elabora-to e applicato nonostante numerose criticità, è risultato:• appropriato rispetto alla rilevazione sulla si-

tuazione clinica delle pazienti e alle rilevazio-ni sulle abitudini alimentari al momento del

ricovero in ospedale, poiché ha dimostrato l’esistenza di fattori di rischio per le recidive.

• positivo rispetto ai risultati a sei mesi anche se su un piccolo campione di pazienti.

• apprezzato dalle pazienti partecipanti, sia per quanto riguarda l’accettazione del vitto ospe-daliero, sia per quanto riguarda la soddisfa-zione nella partecipazione a tutto il percorso assistenziale (molte pazienti hanno richiesto ulteriori momenti di incontro).

L’intervento si è svolto in diverse fasi ed è sta-to programmato ex novo poiché nel reparto in questione non era previsto un servizio nutrizio-nale per le pazienti.La presenza di un vitto specifico e le indicazio-ni dietetiche che sono state date dalla dietista, assieme al controllo del peso, della circonferen-za vita e dell’IMC, hanno permesso di evitare un elevato incremento ponderale che spesso si manifesta in seguito alle terapie ormonali post-chirurgiche.In conclusione la presente ricerca ha permesso di creare un team multidisciplinare con l’inseri-mento della figura del dietista per la valutazio-ne nutrizionale e un intervento di educazione terapeutica.I risultati preliminari dello studio sembrano quindi dimostrare che un’adeguata educazio-ne terapeutica nelle donne affette da tumore al seno in una fase post-chirurgica può essere indispensabile nella correzione del peso, nella riduzione della circonferenza della vita e nel-la riduzione dei valori di IMC. Il supporto della dietista durante l’incontro di gruppo e nel con-trollo al follow-up a 6 mesi è risultato essere fondamentale nella modifica delle abitudini alimentari.Dai risultati ottenuti e dalla partecipazione e il coinvolgimento attivo delle donne inserite nel-lo studio si può sicuramente affermare che il percorso di educazione terapeutica nel reparto Breast Unit è stato efficace.

LA GESTIONE NUTRIZIONALE DELL’IPERFENILALANINEMIA MATERNA: VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA NELLA PREVENZIONE DELL’EMBRIOFETOPATIA

Alice RossiUniversità di Bologna - Alma Mater StudiorumCorso di Laurea in Dietistica - Tesi di Laurea in Genetica MedicaRelatrice: Prof.ssa K.J. Rhoden; Correlatrice: Dott.ssa I. Bettocchi

La tesi tratta la gestione nutrizionale dell’iper-fenilalaninemia in gravidanza. L’iperfenilalani-nemia è una malattia metabolica genetica che comporta l’accumulo nel sangue dell’aminoa-

panorama scientifico scientific survey

mai o quasi mai

55,3

31,4

12,9

28,8

22,9

45,7

2,9 0,0

2‑3 volte a settimanaalmeno 1 volta al

giorno non risponde

FRUTTA A GUSCIO t0 follow‑up

ai pasti principali

22,414,3

58,2

13,5

80,0

2,9 5,9 2,9

alcune volte a settimana occasionalmente non risponde

CONSUMO DI ALCOOL t0 follow‑up

P < 0,05

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cido fenilalanina (Phe), che risulta tossico per l’organismo a concentrazioni elevate. Un regime dietetico ad apporto ridotto e con-trollato di Phe è la terapia che, se seguita dalla nascita, permette ai nati di raggiungere l’età adulta prevenendo l’evoluzione naturale della patologia (disabilità intellettiva e disturbi del comportamento, deficit di accrescimento, alte-razioni neuromuscolari e cutanee). In una donna gravida affetta da iperfenila-laninemia, la Phe in eccesso nel sangue ma-terno attraversa la placenta, raggiungendo concentrazioni ancora più elevate nel feto, compromettendone quindi la salute e aumen-tanto la probabilità di sviluppare malforma-zioni congenite. Durante la gravidanza, una stretta aderenza alla dieta a ridotto apporto di fenilalanina per-mette di mantenere la Phe plasmatica materna a livelli ritenuti sicuri, permettendo così di pre-venire le conseguenze negative sul feto. Il principale obiettivo dello studio è stato quello di valutare l’efficacia della gestione nutrizionale dell’iperfenilalaninemia durante la gravidanza, in relazione all’outcome fetale e neonatale. Di pari importanza è stato individuare i principali ostacoli al raggiungimento di un controllo me-tabolico ottimale e alla prevenzione delle ano-malie fetali. L’indagine ha coinvolto 6 pazienti affette da iperfenilalaninemia, per un totale di 7 gravi-danze portate a termine tra il 2004 e il 2015; tale campione rappresentava il 100% delle pa-zienti rispondenti ai criteri di inclusione, segui-te presso il Centro di Riferimento Regionale per lo Screening Neonatale delle Malattie Endocri-no-metaboliche ed il Dipartimento di Malattie del Metabolismo e Dietetica Clinica del Policli-nico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna. I risultati dello studio svolto, seppur condotto su un piccolissimo campione, si allineano con le evidenze presenti in letteratura: le complicanze gestazionali e neonatali sono state prevenute unicamente nel gruppo di donne che ha man-tenuto valori ottimali di Phe ematica da prima del concepimento e per tutta la gravidanza. Le gravidanze in cui il controllo metabolico è stato peggiore o raggiunto tardivamente han-no riportato un outcome fetale e neonatale sub-ottimale (ritardo di crescita intrauterino, nascita prematura, neonati piccoli per età ge-stazionale, malformazioni cardiache). La buona riuscita della gestione nutrizionale non può prescindere dalla stretta aderenza del-le pazienti alle raccomandazioni dietetico-com-portamentali: l’inizio tardivo del trattamento dietetico è stato, nel nostro piccolo campione, il principale motivo di ritardo nel conseguimento di valori ottimali di Phe nel sangue materno e

di sviluppo di conseguenze sul feto. Questi aspetti, sommati al numero crescente di donne con iperfenilalaninemia che affron-tano una gravidanza, evidenziano la necessità di convogliare le attenzioni verso una scrupo-losa educazione delle ragazze affette da iperfe-nilalaninemia in età fertile sull’importanza di programmare una gravidanza e mantenere la dietoterapia in età adulta. In tal modo si cer-cherà di sostenere l’effetto pluri-generazionale di questa malattia metabolica.

L’INFLUENZA DEL MARKETING SULLE SCELTE ALIMENTARI DEL GIOVANE CONSUMATORE

Serena ValentiniAlma Mater Studiorum – Università di BolognaScuola di Medicina e ChirurgiaCorso di Laurea in DietisticaRelatore: Luca Falasconi

Il presente elaborato mette in evidenza come indirizzarsi verso scelte alimentari salutari è sempre più difficile (soprattutto per il segmen-to della popolazione più giovane), dal momento che la società e il marketing inducono spesso ad agire in maniera contraria.Adottare un’alimentazione salutare ed equili-brate è indispensabile, soprattutto in fase di cre-scita, al fine di sviluppare e preservare un buono stato di salute. È ormai ampiamente dimostrato come le abitudini alimentari che si acquisisco-no durante l’infanzia e l’adolescenza tendono a persistere nel tempo, generando ripercussioni negative sullo stato di salute in generale e con-correndo a favorire l’aumento del peso corporeo e l’insorgenza di obesità in particolare. Per rendere possibile un cambiamento dello stile di vita stabile e duraturo nel tempo è im-portante un intervento precoce sulle abitudini alimentari “errate”, che sono spesso da attri-buire anche all’effetto dei numerosi messaggi pubblicitari e al marketing alimentare in tutte le sue sfaccettature. La maggior parte degli alimenti pubblicizzati è diretta ai giovani. Questi alimenti sono spes-so da considerarsi non propriamente salutari, poiché ad elevato contenuto di grassi saturi, zuccheri semplici e sodio. Il pubblico giovanile è un target privilegiato dall’industria del markting poiché rappresenta una categoria facilmente condizionabile, che spesso ha un effetto trainante sulle decisioni d’acquisto dell’intera famiglia. Il marketing ali-mentare utilizza diverse tecniche per raggiun-gere questo pubblico e creare un atteggiamento positivo del bambino nei confronti dei prodotti; di conseguenza ne influenza le preferenze, le scelte di consumo e le richieste di acquisto, sia

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in termini di brand sia in termini di categoria di prodotto. Le strategie di marketing possono inoltre avere un impatto negativo sulle cono-scenze nutrizionali e sulla percezione dei giova-ni riguardo al concetto di “dieta sana”. Il presente elaborato si propone di analizzare le “P del marketing mix”, ovvero Pubblicità, Prodotto e Punto vendita, in quanto variabili caratterizzanti che, attraverso mezzi e tecni-che, raggiungono i giovani consumatori e ne influenzano le scelte alimentari. Nel presente studio non viene presa in esame la quarta “P”, ossia il Prezzo, dal momento che condiziona maggiormente le decisioni d’acquisto delle persone adulte. Il target considerato compren-de bambini, preadolescenti e adolescenti, con attenzione maggiore alle prime due categorie. Nel contesto della variabile Pubblicità, vengono trattati: l’approccio del bambino al mondo dei consumi, la comprensione degli spot in rela-zione alle fasce di età, le diverse strategie di persuasione e i principali canali pubblicitari che raggiungono i più piccoli, quali la televisio-ne, internet e le scuole. In merito alla variabile Prodotto, vengono successivamente descritte le tipologie di alimenti che più spesso compaiono negli spot pubblicitari, compresi i relativi pro-fili nutrizionali che compaiono sulle etichette. Tra gli elementi determinanti per la promozio-ne, sono presi in esame gli health e nutritio-nal claim e il packaging. Infine, per giungere al consumatore, tutti questi prodotti dovranno passare attraverso un Punto vendita: in questo ambito si analizzano il supermercato e il fast food, poiché due tra i luoghi maggiormente frequentati dai più piccoli. Per supportare e completare l’elaborato è stata svolta un’indagine presso un istituto scolastico e le sedi di Expo Milano 2015 che ha coinvolto un totale di 134 bambini di età compresa tra i 7 e i 13 anni. Il questionario somministrato ha indagato le abitudini di consumo alimentare e lo stile di vita ed è strutturato riprendendo le “P” e altre aree tematiche attinenti ai conte-nuti della tesi. Le domande riguardavano: la frequentazione di supermercati e dei fast food; le tipologie di alimenti più richieste ai genito-ri; il riconoscimento di alcuni loghi di marche; il ranking di vari prodotti alimentari messi a confronto; il riconoscimento delle pubblicità in televisione e su internet, il tempo trascorso da-vanti a questi media; il tempo impiegato nel praticare attività sportive; le abitudini riguardo il momento e il luogo del pasto. L’indagine si è posta come obiettivo quello di fornire una panoramica su tutti questi aspetti all’interno del campione osservato, discutendo i risultati rispetto a quanto presente in lette-ratura e ipotizzato al momento dell’inizio dello

studio. Molti dei dati raccolti sono stati mes-si a confronto con altri dati provenienti dalla letteratura, al fine di valutare in che misura ed entità la popolazione studiata si è rivelata condizionata dal marketing rispetto alla popo-lazione generale. Dai risultati è emerso che il campione in esame (sebbene non significativo per numero e tipologia) sia influenzato da ciò che il mercato alimentare propone. Questo ri-sultato sembra essere sovrapponibile con i ri-sultati provenienti da altri studi. Nella parte finale lo studio si è soffermato sul-le possibili misure da adottare per contenere gli effetti negativi del marketing dei prodotti alimentari non salutari diretto ai più giovani e sull’importanza del ruolo genitoriale e dell’e-ducazione in ambito scolastico. A tale proposito vengono presi in esame i recenti provvedimenti e le regolamentazioni che sono state sviluppate e adottate da alcune associazioni in collabora-zione con i governi al fine di tutelare la salute di bambini e ragazzi.

PREMIO MIGLIOR POSTERIL TEAM INTERDISCIPLINARE IN UN EVENTO INFORMATIVO RIVOLTO ALLA POPOLAZIONE FIORENTINA PER LE GIORNATE EUROPEE DELLO SCOMPENSO CARDIACO

L. da Vico, C. Guarnieri, F. Schininà, M. Ciompi, W. Mannelli, F. FattirolliS.O.D. Riabilitazione Cardiologica Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi Firenze, Italia

IntroduzioneNello scompenso cardiaco sono presenti nu-merosi fattori di rischio che possono rendersi responsabili di peggioramento o instabilità cli-nica. I fattori di rischio cardiovascolare sono molteplici e, mentre alcuni non sono modifi-cabili (età, sesso maschile e familiarità), altri, come il diabete, l’ipercolesterolemia, l’iperten-sione, l’inattività fisica, il fumo di sigaretta e l’obesità, possono essere modificati mediante assunzione di farmaci e/o attraverso cambia-menti dello stile di vita. Come raccomandato dalle Linee guida europee sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari nella pratica clinica (2016), misure tese a pro-muovere stili di vita salutari fra la popolazio-ne, oltre che nei soggetti a rischio1 dovrebbero essere prese in considerazione con particolare attenzione. L’Organizzazione Mondiale della Sa-nità (OMS) ha dichiarato che più di tre quarti della mortalità cardiovascolare globale può es-sere prevenuta mediante l’attuazione di ade-guate modifiche dello stile di vita2. La prevenzione è efficace: studi dimostrano che

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26 panorama scientifico scientific survey

l’eliminazione di comportamenti dannosi per la salute permetterebbe di prevenire almeno l’80% dei disturbi cardiaci3,4. Alla luce di tutto ciò appare dunque fondamen-tale promuovere interventi di prevenzione per la salute cardiovascolare.

Scopo del lavoro Scopo del lavoro è stata la realizzazione di un intervento di tipo preventivo partendo dalle credenze maggiormente diffuse in tema di sa-lute cardiovascolare, attraverso la realizzazione di una modalità informativa rivolta ai cittadini di Firenze.È stato creato dal team interdisciplinare della riabilitazione cardiologica un cortometraggio che pone in evidenza i più comuni pregiudizi sui fattori di rischio cardiovascolare per diffon-dere presso la popolazione informazioni ade-guate e un pensiero critico nei confronti della prevenzione dello scompenso cardiaco. Materiali e metodiIl cortometraggio intitolato “chiacchiere tra ami-ci” è stato realizzato su una sceneggiatura scrit-ta dalle figure del team: cardiologo, psicologo, fisioterapista, infermiere e dietista che, in base alla propria esperienza, hanno trascritto (sotto forma di copione) le false credenze più popolari e le radicate convinzioni di persone affette da patologie cardiovascolari. Il copione è stato poi interpretato da attori non professionisti. Il set è stato realizzato all’interno della struttu-ra di riabilitazione cardiologica con la collabo-razione attiva di tutto il personale che ha for-nito materiale per la scenografia e si è prestato come cameraman, tecnico delle luci, attore, suggeritore, regista e montatore.La metodologia utilizzata in seguito alla visione del cortometraggio prevedeva il coinvolgimento attivo dei cittadini, attraverso una riflessione e un confronto con gli altri partecipanti e con i professionisti, presenti in sala, cui erano desti-nate altre domande e approfondimenti, scatu-riti dal filmato.

RisultatiIn occasione delle Giornate di sensibilizzazione dello scompenso cardiaco del 9 maggio 2015, organizzate presso Villa Lorenzi da Assocuore Onlus in collaborazione con l’Azienda Ospe-daliera Universitaria Careggi, si è svolta la Conferenza cittadina con interventi di medico, infermiere, fisioterapista, dietista e psicologo sul tema della prevenzione. Dopo la visione del cortometraggio, l’ampia partecipazione atti-va dei cittadini è stata la dimostrazione di un alto gradimento per lo strumento innovativo e un’importante occasione per favorire la di-scussione sull’adozione di stili di vita salutari e incidere sulle conoscenze.

ConclusioniLa metodologia utilizzata, che prevedeva il coinvolgimento attivo dei cittadini, favorendo il confronto e lo scambio di opinioni, promuove la consapevolezza individuale in merito ai compor-tamenti salutari da adottare nei riguardi della prevenzione dello scompenso cardiaco. Infine, la scelta dello strumento utilizzato, che prevedeva l’uso di materiale visivo, si è dimostrato un mez-zo apprezzato dalla popolazione per trasmettere concetti in modo efficace e immediato.

Bibliografia1. Piepoli MF, Hoes AW, Agewall S, et al . 2016 European Guidelines on cardiovascular disease prevention in clini-cal practice: The Sixth Joint Task Force of the European Society of Cardiology and Other Societies on Cardiovascu-lar Disease Prevention in Clinical Practice (constituted by representatives of 10 societies and by invited experts): Developed with the special contribution of the European Association for Cardiovascular Prevention & Rehabilita-tion (EACPR). Eur J Prev Cardiol. 2016 Jun

2. Perk J, De Backer G, Gohlke H, et al. European Gui-delines on cardiovascular disease prevention in clinical practice (version 2012). The Fifth Joint Task Force of the European Society of Cardiology and Other Societies on Cardiovascular Disease Prevention in Clinical Practice (constituted by representatives of nine societies and by invited experts). Developed with the special contribution of the European Association for Cardiovascular Preven-tion & Rehabilitation (EACPR). Eur Heart J 2012; 33 (13): 1635-70127

3. NICE Public Health Guidance 25. Prevention of Cardio-vascular Disease. http://www. nice.org.uk/guidance/PH25.

4. World Health Organization. Global status report on non-communicable diseases 2010. http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/44579/1/9789240686458_eng.pdf.

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ANNO 26 / n°3-2016

27i dietisti nella letteratura scientifica dietitians in scientific literature

a cura diLinda AlbarelloMichela CarucciPatrizia Gnanarella

Nell’ottica della continua attenzione ad una pratica professionale basata sull’evidenza, proponiamo in questa rubrica una rassegna degli articoli scientifici con i relativi abstract, delle Position Paper e Standards of Practice & Professional Performance recentemente pubblicati sulle più diffuse riviste scientifiche. Degli articoli selezionati è presente il commento del Dietista.

i dietisti nella letteratura scientifica dietitians in scientific literature

POSIZIONE DELL’AIOM E DELLA SINPE SUL SUPPORTO NUTRIZIONALE DEL PAZIENTE ONCOLOGICONutritional Support in Cancer Patients: A Position Paper from the Italian Society of Medical Oncology (AIOM) and the Italian Society of Artificial Nutrition and Metabolism (SINPE)Caccialanza R., Pedrazzoli P. et al. (2016) J Cancer. 2016 Jan 1;7(2):131-5. doi: 10.7150/jca.13818. eCollection 2016

Abstract: Malnutrition is a frequent problem in cancer patients, which leads to prolonged ho-spitalization, a higher degree of treatment-re-lated toxicity, reduced response to cancer tre-atment, impaired quality of life and a worse overall prognosis. The attitude towards this issue varies considerably and many malnou-rished patients receive inadequate nutritional support. We reviewed available data present in the literature, together with the guidelines issued by scientific societies and health au-thorities, on the nutritional management of patients with cancer, in order to make sui-table and concise practical recommendations for appropriate nutritional support in this pa-tient population. Evidence from the literature suggests that nutritional screening should be performed using validated tools (the Nutri-tional Risk Screening 2002 [NRS 2002], the Malnutrition Universal Screening Tool [MUST], the Malnutrition Screening Tool [MST] and the Mini Nutritional Assessment [MNA]), both at diagnosis and at regular time points during the course of disease according to tumor type, stage and treatment. Patients at nutritional risk should be promptly referred for com-prehensive nutritional assessment and sup-port to clinical nutrition services or medical personnel with documented skills in clinical nutrition, specifically for cancer patients. Nu-tritional intervention should be actively ma-naged and targeted for each patient; it should comprise personalized dietary counseling and/or artificial nutrition according to spontane-ous food intake, tolerance and effectiveness. Nutritional support may be integrated into palliative care programs. “Alternative hypo-caloric anti-cancer diets” (e.g. macrobiotic or vegan diets) should not be recommended as

they may worsen nutritional status. Well-de-signed clinical trials are needed to further our knowledge of the nutritional support required in different care settings for cancer patients.

Commento. Riportiamo su questa rubrica la Posizione dell’Associazione Italiana di Onco-logia Medica e della Società Italiana di Nu-trizione Artificiale e Metabolismo di recente pubblicazione sul Journal of Cancer. Si tratta di un testo che riassume in maniera discor-siva i punti principali relativi al management nutrizionale del paziente oncologico. Gli autori sottolineano che, seppur disponibili in lettera-tura linee guida e raccomandazioni su questa tematica (ESPEN, ASPEN), l’atteggiamento nei confronti di questo argomento varia notevol-mente tra gli stessi specialisti, in particolare tra gli oncologi, anche all’interno di una stessa struttura ospedaliera. I dati riportati rivelano che a tutt’oggi è ancora elevata la percentuale di pazienti malnutriti in ambiente ospedaliero, che non ricevono un adeguato supporto nutri-zionale. Questo è probabilmente dovuto all’in-sufficiente consapevolezza della problematica, la mancanza di collaborazione tra oncologi e gli specialisti di nutrizione clinica e il numero ancora limitato di studi clinici che dimostra-no un chiaro ed evidente effetto positivo del supporto nutrizionale nel malato oncologico. Partendo da tali considerazioni, l’obiettivo delle due associazioni è quello di presentare un documento d’indirizzo pratico ed evidenced based, che comprende delle raccomandazio-ni concise e attuabili. Le tematiche affrontate dal Position Paper sono svariate: gli strumen-ti disponibili per lo screening nutrizionale, il monitoraggio, il counseling nutrizionale con riferimento alla nutrizione enterale e parente-rale, fino alla nutrizione domiciliare e le cure palliative. La figura professionale del dietista è citata nel paragrafo “Nutritional counseling, complementary nutrients and oral nutritional supplements” in quanto tutti i pazienti a ri-schio nutrizionale che sono in grado di man-giare devono essere inviati ad un dietista per pianificare un intervento nutrizionale adegua-to alle sue condizioni, oltre che occuparsi del successivo monitoraggio. Purtroppo sono de-scritte solo in maniera più superficiale alcune tematiche molto interessanti, quali le terapie

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28 i dietisti nella letteratura scientifica dietitians in scientific literature

complementari e il digiuno durante la chemio-terapia. Gli autori concludono sottolineando la necessità di raccomandazioni sempre più puntuali ed esaustive, ma nuovi trial clinici ben disegnati sono necessari per espandere le conoscenze su questa tematica.

RISULTATI DALLO STUDIO PREDIMED (PREvención con DIeta MEDiterránea): EFFETTO DEL CONSUMO DI ALCUNI ACIDI GRASSI SULLA MORTALITÀDietary α-Linolenic Acid, Marine ω-3 Fatty Acids, and Mortality in a Population With High Fish Consumption: Findings From the PREvención con DIeta MEDiterránea (PREDIMED) StudySala-Vila A, Guasch-Ferré M, et al (2016), Am Heart Assoc. 2016 Jan 26;5(1). pii: e002543. doi: 10.1161/JAHA.115.002543

Absract: Epidemiological evidence suggests a cardioprotective role of α-linolenic acid (ALA), a plant-derived ω-3 fatty acid. It is unclear whether ALA is beneficial in a background of high marine -3 fatty acids (long-chain n-3 polyunsaturated fatty acids) intake. In per-sons at high cardiovascular risk from Spain, a country in which fish consumption is cu-stomarily high, we investigated whether me-eting the International Society for the Study of Fatty Acids and Lipids recommendation for dietary ALA (0.7% of total energy) at ba-seline was related to all-cause and cardiova-scular disease mortality. We also examined the effect of meeting the society’s recom-mendation for long-chain n-3 polyunsatu-rated fatty acids (≥500 mg/day). METHODS AND RESULTS: We longitudinally evaluated 7202 participants in the PREvención con DIe-ta MEDiterránea (PREDIMED) trial. Multiva-riable-adjusted Cox regression models were fitted to estimate hazard ratios. ALA intake correlated to walnut consumption (r=0.94). During a 5.9-y follow-up, 431 deaths occur-red (104 cardiovascular disease, 55 coronary heart disease, 32 sudden cardiac death, 25 stroke). The hazard ratios for meeting ALA recommendation (n=1615, 22.4%) were 0.72 (95% CI 0.56-0.92) for all-cause mortality and 0.95 (95% CI 0.58-1.57) for fatal car-diovascular disease. The hazard ratios for meeting the recommendation for long-chain n-3 polyunsaturated fatty acids (n=5452, 75.7%) were 0.84 (95% CI 0.67-1.05) for all-cause mortality, 0.61 (95% CI 0.39-0.96) for fatal cardiovascular disease, 0.54 (95% CI 0.29-0.99) for fatal coronary heart dise-ase, and 0.49 (95% CI 0.22-1.01) for sud-

den cardiac death. The highest reduction in all-cause mortality occurred in participants meeting both recommendations (hazard ra-tio 0.63 [95% CI 0.45-0.87]). CONCLUSIONS: In participants without prior cardiovascular disease and high fish consumption, dietary ALA, supplied mainly by walnuts and olive oil, relates inversely to all-cause mortality, whereas protection from cardiac mortali-ty is limited to fish-derived long-chain n-3 polyunsaturated fatty acids.

Commento. Questo articolo, di recente pub-blicazione, fa parte del progetto PREDIMED, l’unico studio spagnolo di intervento multi-centrico randomizzato a gruppi paralleli che ha l’obiettivo di valutare gli effetti della dieta Mediterranea sulla prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari in una coorte di sog-getti ad alto rischio per tali patologie (www.predimed.es). Questo studio si è svolto tra il 2003 e il 2009. 7447 individui sono stati as-segnati in modo casuale in uno dei tre gruppi di intervento previsti: 1) dieta in stile medi-terraneo con l’aggiunta di olio extravergine di oliva; 2) dieta in stile mediterraneo con l’ag-giunta di consumo delle noci; 3) dieta povera di grassi secondo le linee guida dell’American Heart Association. I partecipanti erano uomini e donne di età compresa tra 55 e 80 anni ad alto rischio cardiovascolare (per avere mag-giori dettagli sul trial visitate il http://www.isrctn.com/ISRCTN35739639). Numerosi sono gli articoli pubblicati sul follow-up di questi pazienti. In questo articolo gli autori hanno evidenziato come i consumi di alcuni grassi (informazioni raccolte tramite un questiona-rio sulla frequenza di consumo somministrato nella fase di arruolamento) sono correlati ad una maggiore mortalità in generale e cardio-vascolare nello specifico. Viste le consistenti evidenze presenti in letteratura sul ruolo pre-ventivo di alcuni grassi contenuti nel pesce (principalmente acido pentanoico (EPA) e ei-cosapentaenoico (DHA)), l’attenzione si è però focalizzata sul sull’acido alfa-linoleico (ALA), che può determinare un aumento della sintesi di EPA nell’organismo anche se di lieve entità. Gli autori hanno voluto valutare i consumi di ALA, EPA e DHA rispetto alla mortalità dopo 5.9 anni di follow-up. Da queste prime analisi si evince che gli alti consumi di ALA (provenienti dal consumo di noci e olio di oliva), insieme ad un buon consumo di EPA e DHA (pesce), si associano ad una più basso rischio di morta-lità generale, mentre l’effetto sulla mortalità cardiovascolare è limitato al solo consumo di pesce.

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META-ANALISI SULL’EFFETTO DELL’APPROCCIO DIETETICO DASH SUL PESO E LA COMPOSIZIONE CORPOREA NEGLI ADULTIThe effect of dietary approaches to stop hypertension (DASH) diet on weight and body composition in adults: a systematic review and meta-analysis of randomized controlled clinical trialsSoltani S, Shirani F, ET AL (2016) Obes Rev. 2016 May;17(5):442-54. doi: 10.1111/obr.12391. Epub 2016 Mar 15.

Abtract: Dietary approaches to stop hyperten-sion (DASH) diet is rich in foods that are pro-posed to be inversely associated with obesity. Therefore, DASH might better affect body wei-ght; however, published data are conflicting. Objective: To assess the effect of DASH on body weight and composition in adults. Methods: PubMed, EMBASE, Scopus and Google scho-lar were searched up to December 2015, for relevant randomized controlled clinical trials. Mean changes in body weight, body mass in-dex (BMI) and waist circumference (WC) were extracted. Results: Thirteen articles (ten for body weight, six for BMI and two for WC) were eligible. Meta-analysis revealed that adults on DASH diet lose more weight (weighted mean difference [WMD] = -1.42 kg, 95% confidence interval [95%CI]: -2.03, -0.82) in 8-24 weeks, BMI (WMD = -0.42 kg m(-2) , 95%CI: -0.64, -0.20) in 8-52 weeks and WC (WMD = -1.05 cm, 95%CI: -1.61, -0.49) in 24 weeks compared with controls. Low caloric DASH led to even more weight reduction when compared with other low-energy diets. In addition, the effect was greater in overweight/obese participants and when compared with typical (Western or population’s usual) diets. Conclusion: DASH diet is a good choice for weight management particularly for weight reduction in overwei-ght and obese participants.

Commento. Recentemente è stata pubblicata questa meta-analisi sulla rivista Obesity Re-search che ha come obiettivo quello di quan-tificare l’effetto dell’approccio dietetico deno-minato “DASH” sul peso e sulla composizione corporea degli adulti coinvolti in questi trial. L’approccio dietetico DASH è stato inizialmen-te identificato come modello alimentare utile per “fermare” l’ipertensione. L’acronimo DASH si traduce infatti come Dietary Approaches to Stop Hypertension, che fa riferimento ad uno stile alimentare che prevede un consumo ge-neroso di frutta, verdura, pesce, noci e latte e derivati con un contenuto ridotto di grassi, ma anche legumi, carne bianca e oli vege-

tali. Alimenti da consumare con moderazione sono: carni, dolci e latticini ricchi in grassi. Questo tipo di approccio proposto dal National Heart, Lung, and Blood Institute (NHLBI) ame-ricano (i primi che iniziarono ad esaminare i fattori alimentari che influenzano la pressio-ne arteriosa) dovrebbe determinare un ridotto apporto di grassi saturi, zuccheri semplici e di sale. Successivamente questo approccio è stato associato anche ad un ridotto rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e alcune forme di tumore ed è stato associato a livelli più salutari di insulina e lipidi ematici. Evi-denze che non stupiscono considerato che gli alimenti caratteristici della dieta DASH sono quelli riconducibili ad un modello alimentare equilibrato e sano. La meta-analisi qui riportata (che compren-de un totale di tredici studi) mostra come gli adulti che hanno seguito il modello alimen-tare DASH (casi) subivano un calo ponderale (in 8-24 settimane), una diminuzione dell’in-dice di massa corporea (in 8-52 settimane) e una riduzione della circonferenza vita (in 24 settimane) maggiore rispetto ai control-li. Gli autori hanno inoltre evidenziato come, nel caso in cui l’approccio includeva anche un contenimento dei consumi delle calorie poiché i soggetti in studio erano sovrappeso o obe-si, la riduzione di peso era maggiore rispetto ai controlli. Se andiamo a vedere i valori di riduzione, questi non sono però elevatissimi: -1.42kg di peso corporeo, -0.42 punti di BMI e -1.05 cm di circonferenza vita. Questi risultati possono essere spiegati partendo dalla consi-derazione che il modello alimentare DASH non è solitamente associato ad un contenimento delle calorie consumate. Gli autori concludo quindi che l’approccio dietetico DASH è racco-mandabile anche ai pazienti che necessitano di un calo ponderale, ma trial più lunghi e con una rilevazione più precisa della massa cor-porea potranno fornire dati più precisi circa quest’effetto.

EFFETTO DEL CONSUMO DI LEGUMI SUL PESO CORPOREO: UNA REVISIONE SISTEMATICA E META-ANALISI DI STUDI RANDOMIZZATI CONTROLLATIEffects of dietary pulse consumption on body weight: a systematic review and meta-analysis of randomized controlled trialsShana J., Ballmer P. et al (2016). Am J Clin Nutr 103: 5 1213-1223. doi: 10.3945/ajcn.115.124677

Abstract: Obesity is a risk factor for develo-ping several diseases, and although dietary pulses (nonoil seeds of legumes such as be-ans, lentils, chickpeas, and dry peas) are well

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30 fatti e persone people and events

Il ruolo dell’acqua nella tutela del benessere: la scelta di Lauretana per un bere consapevole

L’azienda biellese Lauretana da più di 50 anni garantisce al con-sumatore la possibilità di dissetarsi quotidianamente con l’acqua più leggera d’Europa. Il primato di Lauretana si deve ai suoi 14 mg/litro di residuo fi sso: la sua leggerezza la rende ideale per coloro che scelgono uno stile di vita sano ed equilibrato. Lauretana vive da sempre questa caratteristica esclusiva come una responsabilità nei confronti del consumatore, per il quale si impegna in più direzioni: in primo luogo per la tutela del pro-dotto, conducendo le attività produttive con assoluto rigore per offrire la completa sicurezza di un’acqua certifi cata nei con-trolli, garantita nella qualità, imbottigliata come sgorga dalla sorgente. Una garanzia di purezza che di certo costituisce un valore aggiunto in termini di salubrità. Da sempre promotrice della fi losofi a del benessere, Laure-tana si rende inoltre protagonista di numerose iniziative per la tutela della salute del consumatore, in primo luogo relative all’informazione. L’orientamento verso comportamenti alimen-tari “virtuosi” dipende infatti in larga parte dalla responsabilità individuale e conta sul fondamentale presupposto della cono-scenza: conoscenza delle differenze tra un’acqua e l’altra, del-le proprietà e dei valori del prodotto, del ruolo dell’idratazione per il benessere psico-fi sico, dei benefi ci che possono derivare da una preferenza ragionata. Lauretana si muove sul territorio della consapevolezza con campagne di comunicazione mirate ed “educative”, improntate alla trasparenza. E quanto segue in questo breve redazionale ha l’obiettivo di spiegare ed illustrare alcuni aspetti che forse non tutti conoscono.

Funzioni dell’acquaL’idratazione corporea rappresenta la principale funzione dell’acqua nell’organismo. Basta pensare che essa costituisce l’elemento principale della maggior parte delle cellule (fatta eccezione per quelle adipose). L’acqua protegge e lubrifi ca il cervello: quando siamo idratati adeguatamente, il sangue che arriva alle cellule cerebrali è più ricco di ossigeno e il cervello è più vigile. Una lieve disidratazione, una perdita cioè appe-na dell’1% del peso corporeo, può pregiudicare la capacità di concentrazione; superando il 2% di calo ponderale dovuto alla disidratazione, subentrano una minore capacità di elaborazio-ne del cervello e danni alla memoria a breve termine.L’idratazione gioca un ruolo essenziale nella digestione del cibo e nell’assorbimento dei nutrienti da parte dell’apparato

digerente. L’acqua è infatti deputata al trasporto delle sostanze nutritive e all’eliminazione delle scorie. Un’idratazione insuffi -ciente rallenta la digestione e, se diventa cronica, può portare alla costipazione. Un organismo idratato riesce a trasportare meglio alle cellule i carboidrati, le vitamine, i minerali e altre importanti sostanze nutritive, nonché l’ossigeno. Il giusto apporto di acqua facilita poi l’eliminazione delle scorie del metabolismo, consentendo il corretto funzionamento cellulare e in particolar modo dei reni. I reni regolano i livelli di acqua nell’organismo aumentando o diminuendo il fl usso di urina e lavorano inoltre per controllare i livelli di sodio e di altri elettroliti. I reni di un individuo sano ben idratato fi ltrano circa 180 litri di acqua al giorno. Chiaramente gran parte di questa quantità deve essere riassorbita per pre-venire una dispersione eccessiva di liquidi da parte del corpo.I liquidi sono importanti per il corretto funzionamento del cuore e una buona regolazione dell’equilibrio idrico è essenziale per mantenere la pressione arteriosa ai giusti livelli. La disidratazione diminuisce la gittata cardiaca, con conseguente aumento della frequenza cardiaca e una diminuzione della pressione arteriosa.La pelle costituisce una difesa contro gli agenti patogeni e contribuisce a prevenire lo sviluppo di infezioni ed allergie: una buona idratazione contribuisce a preservare l’elasticità, la mor-bidezza e il colorito della pelle.L’acqua agisce inoltre da lubrifi cante per i muscoli e le arti-colazioni, fungendo da cuscinetto per queste ultime e aiutan-do il corretto funzionamento dei muscoli.

Gli effetti bene� ci di LauretanaEvidenziate le funzioni essenziali svolte dell’acqua nell’orga-nismo, è corretto soffermarsi sulla differenza tra un’acqua e l’altra, concentrandoci sulle acque minerali naturali commer-cializzate, per le quali disponiamo di analisi chimico fi siche do-cumentate e certifi cate.Essendo imbottigliata immediatamente alla fonte, acqua Lau-retana è classifi cata come acqua minerale, dal momento che le sue qualità rimangono intatte.La sua straordinaria purezza e la sua bassissima concentra-zione di minerali inorganici (residuo fi sso o residuo secco) la rendono un’acqua estremamente leggera. Con soli 14 milli-grammi di solidi dissolti per litro, Lauretana ha davvero po-chissimi minerali. Data la sua concentrazione infi nitesimale di carbonato di calcio e sali, l’assoluta mancanza di metalli pesanti (ad esempio uranio e arsenico) e la povertà di sodio, Lauretana è un’acqua indicata per gli ipertesi; inoltre è adatta alla preparazione del cibo per bambini e alla ricomposizione del latte in polvere perché non altera in alcun modo i valori dei componenti nutritivi.

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ANNO 26 / n°3-2016

31fatti e persone people and events

Il ruolo dell’acqua nella tutela del benessere: la scelta di Lauretana per un bere consapevole

L’azienda biellese Lauretana da più di 50 anni garantisce al con-sumatore la possibilità di dissetarsi quotidianamente con l’acqua più leggera d’Europa. Il primato di Lauretana si deve ai suoi 14 mg/litro di residuo fi sso: la sua leggerezza la rende ideale per coloro che scelgono uno stile di vita sano ed equilibrato. Lauretana vive da sempre questa caratteristica esclusiva come una responsabilità nei confronti del consumatore, per il quale si impegna in più direzioni: in primo luogo per la tutela del pro-dotto, conducendo le attività produttive con assoluto rigore per offrire la completa sicurezza di un’acqua certifi cata nei con-trolli, garantita nella qualità, imbottigliata come sgorga dalla sorgente. Una garanzia di purezza che di certo costituisce un valore aggiunto in termini di salubrità. Da sempre promotrice della fi losofi a del benessere, Laure-tana si rende inoltre protagonista di numerose iniziative per la tutela della salute del consumatore, in primo luogo relative all’informazione. L’orientamento verso comportamenti alimen-tari “virtuosi” dipende infatti in larga parte dalla responsabilità individuale e conta sul fondamentale presupposto della cono-scenza: conoscenza delle differenze tra un’acqua e l’altra, del-le proprietà e dei valori del prodotto, del ruolo dell’idratazione per il benessere psico-fi sico, dei benefi ci che possono derivare da una preferenza ragionata. Lauretana si muove sul territorio della consapevolezza con campagne di comunicazione mirate ed “educative”, improntate alla trasparenza. E quanto segue in questo breve redazionale ha l’obiettivo di spiegare ed illustrare alcuni aspetti che forse non tutti conoscono.

Funzioni dell’acquaL’idratazione corporea rappresenta la principale funzione dell’acqua nell’organismo. Basta pensare che essa costituisce l’elemento principale della maggior parte delle cellule (fatta eccezione per quelle adipose). L’acqua protegge e lubrifi ca il cervello: quando siamo idratati adeguatamente, il sangue che arriva alle cellule cerebrali è più ricco di ossigeno e il cervello è più vigile. Una lieve disidratazione, una perdita cioè appe-na dell’1% del peso corporeo, può pregiudicare la capacità di concentrazione; superando il 2% di calo ponderale dovuto alla disidratazione, subentrano una minore capacità di elaborazio-ne del cervello e danni alla memoria a breve termine.L’idratazione gioca un ruolo essenziale nella digestione del cibo e nell’assorbimento dei nutrienti da parte dell’apparato

digerente. L’acqua è infatti deputata al trasporto delle sostanze nutritive e all’eliminazione delle scorie. Un’idratazione insuffi -ciente rallenta la digestione e, se diventa cronica, può portare alla costipazione. Un organismo idratato riesce a trasportare meglio alle cellule i carboidrati, le vitamine, i minerali e altre importanti sostanze nutritive, nonché l’ossigeno. Il giusto apporto di acqua facilita poi l’eliminazione delle scorie del metabolismo, consentendo il corretto funzionamento cellulare e in particolar modo dei reni. I reni regolano i livelli di acqua nell’organismo aumentando o diminuendo il fl usso di urina e lavorano inoltre per controllare i livelli di sodio e di altri elettroliti. I reni di un individuo sano ben idratato fi ltrano circa 180 litri di acqua al giorno. Chiaramente gran parte di questa quantità deve essere riassorbita per pre-venire una dispersione eccessiva di liquidi da parte del corpo.I liquidi sono importanti per il corretto funzionamento del cuore e una buona regolazione dell’equilibrio idrico è essenziale per mantenere la pressione arteriosa ai giusti livelli. La disidratazione diminuisce la gittata cardiaca, con conseguente aumento della frequenza cardiaca e una diminuzione della pressione arteriosa.La pelle costituisce una difesa contro gli agenti patogeni e contribuisce a prevenire lo sviluppo di infezioni ed allergie: una buona idratazione contribuisce a preservare l’elasticità, la mor-bidezza e il colorito della pelle.L’acqua agisce inoltre da lubrifi cante per i muscoli e le arti-colazioni, fungendo da cuscinetto per queste ultime e aiutan-do il corretto funzionamento dei muscoli.

Gli effetti bene� ci di LauretanaEvidenziate le funzioni essenziali svolte dell’acqua nell’orga-nismo, è corretto soffermarsi sulla differenza tra un’acqua e l’altra, concentrandoci sulle acque minerali naturali commer-cializzate, per le quali disponiamo di analisi chimico fi siche do-cumentate e certifi cate.Essendo imbottigliata immediatamente alla fonte, acqua Lau-retana è classifi cata come acqua minerale, dal momento che le sue qualità rimangono intatte.La sua straordinaria purezza e la sua bassissima concentra-zione di minerali inorganici (residuo fi sso o residuo secco) la rendono un’acqua estremamente leggera. Con soli 14 milli-grammi di solidi dissolti per litro, Lauretana ha davvero po-chissimi minerali. Data la sua concentrazione infi nitesimale di carbonato di calcio e sali, l’assoluta mancanza di metalli pesanti (ad esempio uranio e arsenico) e la povertà di sodio, Lauretana è un’acqua indicata per gli ipertesi; inoltre è adatta alla preparazione del cibo per bambini e alla ricomposizione del latte in polvere perché non altera in alcun modo i valori dei componenti nutritivi.

I valori unici di Lauretana, registrati a Torino a dicembre 2015, si possono così riepilogare:

Residuo � sso: 14 mg per litro. Il residuo fi sso si misura dopo l’evaporazione dell’acqua a 180 °C.; ciò che resta, espres-so in milligrammi/litro, rappresenta l’accumulo di minerali che caratterizza ogni singola acqua minerale. Nessuna acqua minerale in Europa presenta un così basso residuo fi sso. Un basso RF favorisce un’elevata diuresi che aiuta l’organismo ad eliminare i residui del metabolismo come urea e creatinina.

Conduttività elettrica speci� ca a 20°: 15.2 C µS/cm

Valore di ph a 20°: 6,3. Lauretana è leggermente acida e dunque aiuta la digestione e contribuisce a prevenire i processi di ossidazione

Contenuto di ossigeno: 11 mg/l

Arsenico: La presenza di arsenico non è riscontrata in quanto la macchina preposta a tale analisi è tarata fi no a 0.001 mg/l ed il valore in acqua Lauretana è inferiore

Manganese: 0.001 mg/l

Uranio: < 0.1 µg/l

Temperatura dell’acqua alla sorgente: 9,1 °C

Durezza totale in gradi francesi: 0,55 °f. In virtù della sua bassa durezza, Lauretana è un’acqua defi nita “dolce” e aiuta a prevenire la formazione di calcoli renali.

Anidride carbonica alla sorgente: 4,0 mg/lt

Sostanze disciolte in un litro d’acqua:Ione Sodio: 1,0 mg/ltIone bicarbonato: 5,0 mg/ltIone Calcio:1,5 mg/ltIone solfato: 1,2 mg/ltIone cloruro: 0,37 mg/ltIone nitrato: 2,3 mg/ltIone magnesio: 0,42 mg/ltIone potassio: 0,19 m/ltSilice: 4,5 mg/lt

È impossibile pensare che ciascuno di questi valori, nella sua specifi cità, non producano precisi effetti nell’organismo. È dunque un’ingenuità ritenere che le acque siano tutte uguali: la scienza è in grado di valutare e determinare “l’impatto” di un’acqua sul fi sico proprio in base alla struttura, alle proprietà e alle caratteristiche organolettiche della stessa. Studi clinici riguardanti gli effetti benefi ci di Lauretana sono stati condotti dall’Università di Torino e i risultati confermano che:

• favorisce l’eliminazione dell’acido urico, prodotto metabolico di rifi uto nocivo, rimuovendolo dall’organismo;

• aumenta la diuresi e la capacità di disintossicazione dei reni;• grazie ad un’alta escrezione di sodio, è utile per pazienti con

alta pressione del sangue;• favorisce lo scambio dell’acqua nel tessuto connettivo ed

aiuta ad eliminare gli edemi da stasi venosa, senza la som-ministrazione di medicine;

• in caso di obesità, bere acqua riduce l’eccesso di peso e consuma energia supplementare, bruciando grassi.

Grazie alla sua leggerezza e all’alta digeribilità, Lauretana invo-glia a bere di più, aiuta a stimolare la regolarità del metaboli-smo e a bloccare l’accumulo di sedimenti, di residui nel tessuto. Lauretana costituisce un’arma effi cace anche contro la celluli-te, è indicata per la produzione e la somministrazione di rimedi omeopatici. Specialmente per le diluizioni di essenze di piante di medicina tradizionale, è indicata un’acqua povera di minerali e allo stesso tempo con il più elevato grado possibile di purezza. Lauretana è una delle poche acque curative con tali requisiti.

L’importanza del dato geogra� coLauretana deve un grande tributo alla natura: è un’acqua di ghiacciaio e la sua sorgente si trova sul Monte Rosa, nella zona alpina delle montagne biellesi, in un territorio incontaminato ad oltre 1000 metri di altezza. È pura perché nasce in un ambien-te protetto, privo di insediamenti industriali e agricoli, e scorre in profondità in un antico letto di granito che la protegge da ogni contaminazione e la mineralizza molto poco, mantenendo intatte tutte le sue qualità.Una garanzia di purezza che di certo costituisce un valore aggiunto alla salubrità di cui abbiamo parlato. È bene tenere sempre presente che un’acqua di sorgente alpina è diversa da una che sgorga da una falda acquifera di un territorio insedia-to, pericolosamente prossima all’azione di agenti inquinanti. Insomma, bere acqua Lauretana signifi ca fare una scelta di salute e di consapevole amor proprio, una scelta di tutela del proprio organismo.

Seguiteci sul nostro profi lo facebook e sul nostro sito, dove potete leggere referenze mediche circa le virtù e le proprietà benefi che della nostra acqua e gli effetti diuretici e depurativi che Lauretana ha sull’organismo grazie ai suoi bassissimi va-lori di residuo fi sso, sodio e durezza. Nel nostro caso, possiamo dire che la prevenzione inizia nel bicchiere!

www.lauretana.comfacebook: lauretana#ragionidiunasceltaconsapevole

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32 i dietisti nella letteratura scientifica dietitians in scientific literature

positioned to aid in weight control, the effects of dietary pulses on weight loss are unclear. Objective: We summarized and quantified the effects of dietary pulse consumption on body weight, waist circumference, and body fat by conducting a systematic review and me-ta-analysis of randomized controlled trials. Design: We searched the databases MEDLINE, Embase, CINAHL, and the Cochrane Library through 11 May 2015 for randomized control-led trials of ≥3 wk of duration that compared the effects of diets containing whole dietary pulses with those of comparator diets without a dietary pulse intervention. Study quali-ty was assessed by means of the Heyland Methodologic Quality Score, and risk of bias was assessed with the Cochrane Risk of Bias tool. Data were pooled with the use of generic inverse-variance random-effects models. Re-sults: Findings from 21 trials (n = 940 parti-cipants) were included in the meta-analysis. The pooled analysis showed an overall signi-ficant weight reduction of −0.34 kg (95% CI: −0.63, −0.04 kg; P = 0.03) in diets containing dietary pulses (median intake of 132 g/d or ∼1 serving/d) compared with diets without a dietary pulse intervention over a median du-ration of 6 wk. Significant weight loss was ob-served in matched negative–energy-balance (weight loss) diets (P = 0.02) and in neutral–energy-balance (weight-maintaining) diets (P = 0.03), and there was low evidence of betwe-en-study heterogeneity. Findings from 6 in-cluded trials also suggested that dietary pulse consumption may reduce body fat percentage. Conclusions: The inclusion of dietary pulses in a diet may be a beneficial weight-loss strate-gy because it leads to a modest weight-loss effect even when diets are not intended to be calorically restricted. Future studies are nee-ded to determine the effects of dietary pulses on long-term weight-loss sustainability.

Commento. Anche se l’OMS suggerisce che il consumo di legumi possa aiutare a ridurre il rischio di sviluppare obesità, molte altre linee guida non individuano una correlazione fra il consumo abituale di questi alimenti ed il man-tenimento di un peso salutare. L’assunzione di legumi viene generalmente incoraggiata, spes-so però senza individuare una porzione racco-mandata ottimale. Questo studio mostra come l’inclusione giornaliera dei legumi nella dieta (una porzione di legumi al giorno, mediamente circa 130g/die (peso cotto)) può avere un effet-to benefico sulla perdita di peso poiché induce

un calo ponderale significativo, in condizioni di bilancio energetico neutrali, non dovute quin-di ad una contemporanea restrizione calorica. Questi risultati portano a pensare che in que-sti alimenti ci siano delle sostanze che pos-sano avere un impatto benefico sulla perdita di peso. Su questo argomento l’articolo offre degli importanti e interessanti spunti di rifles-sione, soffermandosi sui numerosi meccanismi che potrebbero indurre l’effetto sopracitato. In particolare due sono i meccanismi/motivazioni principali: A) l’effetto saziante dei legumi. Il consumo giornaliero dei legumi potrebbe contribuire a questo effetto saziante in quanto questi ali-menti sono ad alto contenuto di fibra e protei-ne e a basso indice glicemico. L’alto contenuto di fibra induce un allungamento dei tempi di masticazione provocando una riduzione degli introiti da una parte e stimolando segnali di sazietà precoce dall’altra. In particolare, l’ele-vato contenuto di fibra solubile induce un al-lungamento dei tempi di svuotamento gastrico e dell’assorbimento dei nutrienti grazie alle proprietà gelificanti che rallentano il passaggio attraverso il tratto digestivo. L’elevato contenu-to proteico stimola, inoltre, la secrezione degli ormoni gastrici (colecistochinina e GLP-1) che inducono sensazione di sazietà. Come ultimo aspetto si evidenza come una dieta a basso in-dice glicemico può avere un impatto benefico sul controllo glicemico e sul rilascio di insulina. L’effetto saziante dei legumi può quindi essere sfruttato sia per migliorare l’aderenza ad un regime dietetico ipocalorico sia per prevenire l’insorgenza di sovrappeso.B) La ridotta biodisponibilità dei nutrienti. Un’a-limentazione ad elevato contenuto di fibra ridu-ce l’assorbimento della quota di grassi e protei-ne in quanto abbassa fisicamente la possibilità di contatto dei nutrienti con i villi intestinali, da una parte perché la quota solubile gelatinizza e dall’altra perché quella insolubile aumenta la velocità di transito intestinale. Anche la strut-tura delle cellule della parete dei legumi ha un effetto in questo senso riducendo la possibilità di accesso degli enzimi digestivi ad una quota di granuli di amido intrappolati al loro interno, sottraendoli quindi alla digestione.Nonostante i risultati della meta-analisi siano incoraggianti e portino ad una ulteriore con-ferma delle raccomandazioni già delineate dal-le principali linee guida, occorrono altri studi per indagare l’effetto dell’inserimento di questi alimenti sul mantenimento del peso nel lungo termine.

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ANNO 26 / n°3-2016

33i dietisti nella letteratura scientifica dietitians in scientific literature

ALIMENTAZIONE IN GRAVIDANZA E DURANTE L’ALLATTAMENTO E ALLERGIA AL LATTE VACCINO NEL NEONATOTuokkola J., Veijola R. et al (2016). Maternal diet during pregnancy and lactation and cow’s milk allergy in offspring. European Journal of Clinical Nutrition 70, 554–559. doi:10.1038/ejcn.2015.223

Abstract: Diet during pregnancy and lactation may have a role in the development of allergic diseases. There are few human studies on the topic, especially focusing on food allergies. We sought to study the associations between ma-ternal diet during pregnancy and lactation and cow’s milk allergy (CMA) in offspring. Subjects/Methods: A population-based birth cohort with human leukocyte antigen-conferred susceptibi-lity to type 1 diabetes was recruited in Finland between 1997 and 2004 (n=6288). Maternal diet during pregnancy and lactation was asses-sed by a validated, 181-item semi-quantitative food frequency questionnaire. Register-based information on diagnosed CMA was obtained from the Social Insurance Institution and com-pleted with parental reports. The associations between maternal food consumption and CMA were assessed using logistic regression, com-paring the highest and the lowest quarters to the middle half of consumption. Results: Con-sumption of milk products in the highest quar-ter during pregnancy was associated with a lower risk of CMA in offspring (odds ratio (OR) 0.56, 95% confidence interval (CI) 0.37–0.86; P<0.01). When stratified by maternal allergic rhinitis and asthma, there was evidence of an inverse association between high use of milk products and CMA in offspring of non-allergic mothers (OR 0.30, 95% CI 0.13–0.69, P<0.001). Cord blood IgA correlated positively with the consumption of milk products during pregnan-cy, indicating exposure to CMA and activation of antigen-specific immunity in the infant du-ring pregnancy. Conclusions: High maternal consumption of milk products during pregnan-cy may protect children from developing CMA, especially in offspring of non-allergic mothers.

Commento. L’incidenza delle patologie allergi-che, incluse le allergie alimentari, sembrereb-be non essere influenzata dall’esclusione degli allergeni alimentari durante la gravidanza e l’allattamento. Una questione che rimane an-cora “aperta” è, al contrario, quella del ruolo preventivo della dieta e l’insorgenza di spe-cifiche allergie alimentari. Nello specifico, gli studi che definiscono una chiara associazio-ne fra dieta materna durante la gravidanza e l’allattamento e il manifestarsi di allergie nel neonato sono ancora poco consistenti. Scopo

di questo studio, il cui punto di forza princi-pale sta nella natura prospettica e nell’elevato numero di madri e bambini coinvolti, è sta-to quello di investigare l’associazione tra ali-mentazione materna durante la gravidanza e l’allattamento ed il manifestarsi di allergia al latte vaccino - una delle allergie più comuni nel bambino fino ai due anni di età. I risultati di questo studio indicano che il consumo di latte e derivati del latte vaccino nell’ultimo trimestre di gravidanza è associato con un più basso ri-schio di allergia al latte nella prole e quindi che un elevato consumo potrebbe avere un effetto protettivo, in particolar modo per i figli di ma-dri non allergiche. I risultati supportano quindi le raccomandazioni attuali che suggeriscono di non effettuare restrizioni alimentari in corso di gravidanza per ridurre il rischio di insorgenza di allergie alimentari nella prole. Piuttosto che evitare il latte durante la gravidanza, le madri lo dovrebbero inserire così da ridurre il rischio del manifestarsi di allergia al latte vaccino nel proprio bambino.

EFFETTO DELLA SUPPLEMENTAZIONE DEI SEMI DI LINO SULLA PRESSIONE SANGUIGNA: UNA REVISIONE SISTEMATICA E META-ANALISI DI STUDI CLINICI CONTROLLATISorin U., Amirhossein S. et al (2016). Effects of flaxseed supplements on blood pressure: A systematic review and meta-analysis of controlled clinical trial. Clinical Nutrition 35: 3, 615–625. doi: 10.1016/j.clnu.2015.05.012

Abstract: Background & aims: Many experi-mental and clinical trials suggested that flax-seed might be a potent antihypertensive, but the evidences concerning the effects of flax-seed supplements on blood pressure (BP) has not been fully conclusive. We aimed to assess the impact of the effects of flaxseed supple-ments on blood pressure through systema-tic review of literature and meta-analysis of available randomized controlled trials (RCTs). Methods: The literature search included PUB-MED, Cochrane Library, Scopus, and EMBASE up to February 2015 to identify RCTs inve-stigating the effect of flaxseed supplements on plasma blood pressure. Effect size was expressed as weighed mean difference (WMD) and 95% confidence interval (CI). Results: 15 trials (comprising 19 treatment arms) with 1302 participants were included in this me-ta-analysis. Random-effects meta-analysis suggested significant reductions in both sy-stolic BP (SBP) (WMD: −2.85 mmHg, 95%CI: −5.37 to −0.33, p = 0.027) and diastolic BP (DBP) (WMD: −2.39 mmHg, 95%CI: −3.78 to

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34 i dietisti nella letteratura scientifica dietitians in scientific literature

−0.99, p = 0.001) following supplementation with flaxseed products. When the studies were stratified according to their duration, there was a greater effect on both SBP and DBP in the subset of trials with ≥12 weeks of duration (WMD: −3.10 mmHg, 95%CI: −6.46 to 0.27, p = 0.072 and −2.62 mmHg, 95%CI: −4.39 to −0.86, p = 0.003, respectively) vs the subset lasting <12 weeks (WMD: −1.60 mmHg, 95%CI: −5.44 to 2.24, p = 0.413, and −1.74 mmHg, 95%CI: −4.41 to 0.93, p = 0.202, respectively). Another subgroup analysis was performed to assess the impact of flaxseed supplement type on BP. Reduction of SBP was significant with flaxseed powder (WMD: −1.81 mmHg, 95% CI: −2.03 to −1.59, p < 0.001) but not oil (WMD: −4.62 mmHg, 95%CI: −11.86 to 2.62, p = 0.211) and lignan extract (WMD: 0.28 mmHg, 95% CI: −3.49 to 4.04, p = 0.885). However, DBP was significant-ly reduced with powder and oil preparations (WMD: −1.28 mmHg, 95% CI: −2.44 to −0.11, p = 0.031, and −4.10 mmHg, 95%CI: −6.81 to −1.39, p = 0.003, respectively), but not with lignan extract (WMD: −1.78 mmHg, 95% CI: −4.28 to 0.72, p = 0.162). Conclusions: This meta-analysis of RCTs showed significant re-ductions in both SBP and DBP following sup-plementation with various flaxseed products.

Commento. L’intervento dietetico viene con-siderato uno strumento importante, in as-sociazione alla terapia farmacologica, per il controllo della pressione sanguigna e per ri-durre i rischi legati all’ipertensione. I semi di lino (Linum usitatissimum) e l’olio di semi di lino sono prodotti che derivano da coltivazioni molto diffuse e facilmente accessibili in tutti i continenti e sembrano essere associati ad una riduzione del rischio cardiovascolare attraver-so un miglioramento del profilo lipidico, una riduzione degli acidi grassi trans, dell’atero-genicità, della glicemia o di ossilipine pro-in-fiammatorie. Dai risultati della meta-analisi qui riportata

emerge una riduzione significativa sia della pressione sistolica che diastolica dopo la sup-plementazione di prodotti derivati dai semi di lino. In particolare, un aspetto importante sembrerebbe legato ai tempi di supplementa-zione con un impatto molto più evidente sia sulla pressione sistolica sia diastolica per stu-di con durata superiori o uguali alle 12 set-timane. Un ulteriore sottogruppo di analisi è stato ef-fettuato per individuare la possibile efficacia in base al tipo di prodotto derivato utilizzato. È emersa un’efficacia significativa sulla ridu-zione della pressione sistolica con i prodotti in polvere (flaxseed powder), ma non con l’o-lio di semi di lino o con gli estratti di lignani (sottogruppo di polifenoli non flavonoidi); la pressione diastolica sembrerebbe invece ri-dursi in modo significativo in seguito al trat-tamento con prodotti in polvere e con olio di semi di lino, ma non con estratti di lignani. Il meccanismo biologico coinvolto nella ridu-zione della pressione sanguigna attraverso la supplementazione con semi di lino non è tutt’ora molto chiara. Probabilmente l’effetto ipotensivo è dato dalla sinergia di numero-si fattori quali il potere antiossidante dei li-gnani o di altri elementi bioattivi quali l’SDG (un fitoestrogeno conosciuto per essere un Angiotensina-Converting Enzyme inibitore) e l’ALA o acido alfa linolenico, responsabile della riduzione della vasodilatazione e del-la progressione del processo infiammatorio nell’ipertensione arteriosa. Altro aspetto a cui viene data importanza è la scelta della tipologia di prodotto derivato, la cui differenza di efficacia potrebbe essere spiegata da proprietà diverse, quali la quan-tità di fibra, la capacità di indurre viscosità e l’affetto sul metabolismo degli acidi biliari. Altre ricerche, di durata superiore alle 12 set-timane, saranno ancora necessarie per poter trarre conclusioni più “robuste” sull’effetto ipotensivo dei semi di lino e per definirne una dose di assunzione raccomandata.

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ANNO 26 / n°3-2016

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Lettere alla Redazione. Commenti all’articolo: “La Dieta Chetogenica”Letters to the editorial staff. Comments on “The Ketogenic Diet”

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a cura dellaRedazione

Riceviamo e con piacere pubblichiamo il contributo della collega Claudia Trentani, co-autrice insieme alla Prof.ssa Anna Tagliabue, del Manuale La dieta chetogenetica. Manuale informativo per il medico e il personale sanitario. Università Pavia, commentato nello scorso numero nella rubrica Panorama Scientifico

A proposito di dieta chetogenica: esperienza di una dietistaa cura di Claudia Trentani ([email protected]) - Dietista presso il Dipartimento di Sanità Pubblica Medicina Legale e Forense - Centro di Nutrizione Umana - Università degli Studi di Pavia e consulente presso il Reparto di Neuropsichiatria Infantile della Fondazione Istituto Neurologico Casimiro Mondino - Pavia

Ho incontrato il primo paziente che doveva sotto-porsi a dieta chetogenica per epilessia farmacore-sistente nel 1994. Si trattava di una bambina di quattro anni che ha avuto un beneficio importante dal trattamento e che, essendo stato il primo caso trattato in Italia, è stato successivamente descritto in una pubblicazione (1). In questa paziente, e in quelli seguiti nei successivi dieci anni circa, la che-tosi è stata indotta con digiuno durante ricovero in ospedale, secondo il protocollo usato da Freeman al John Hopkins Hospital di Baltimora (2).In quel periodo mi occupavo personalmente sia della preparazione dei pasti, inizialmente molto sempli-ci e ripetitivi, sia dell’addestramento delle mamme nella loro preparazione. Una delle maggiori difficoltà riguardava il dover spiegare alle madri che doveva-no preparare una dieta “grassa”, composta in mas-sima parte proprio dagli alimenti che ero abituata a sconsigliare nella mia attività di dietista.Dopo la dimissione ricevevo telefonate quotidiane dai genitori che, una volta arrivati a casa, doveva-no affrontare da soli la gestione del trattamento. Oggi il mio lavoro con pazienti e genitori è molto cambiato, sia perché sono migliorati la procedura di applicazione della dieta e i mezzi di comunicazione con le famiglie (mail dedicata e numero telefonico per le “emergenze”), sia perché queste ultime sono molto informate grazie ad Internet.Dal 2008 abbiamo messo a punto il protocollo die-tetico ambulatoriale (descritto per esteso nell’ultimo numero della rivista insieme ad alcuni esempi di menu) (3), in cui la dieta viene iniziata a casa sen-za digiuno e senza restrizione calorica, aumentan-do gradatamente la quantità di grassi. Nella mia esperienza ho potuto verificare che questa proce-dura è molto più confortevole per le famiglie, anche se presuppone alcune sedute educazionali prima di iniziare. Anche l’aspetto del pasto è decisamen-te migliorato, tanto da renderlo simile ai pasti di una dieta “normale”. Questo è stato possibile grazie

all’immissione sul mercato di prodotti nati per le diete ipoglucidiche per la perdita di peso, ma che in molti casi possono essere utilizzati per aumentare la palatabilità e l’accettazione della dieta chetogeni-ca per l’epilessia.Negli anni ’90 erano pochissimi i genitori informati sulla dieta, mentre attualmente giungono alla no-stra osservazione già aggiornati e consapevoli, an-che se sempre spaventati e con molte aspettative circa il successo della terapia.All’inizio consigliavo alle famiglie che dovevano iniziare il trattamento di mettersi in contatto con quelle “esperte” per ricevere incoraggiamenti e sug-gerimenti; oggi mi trovo spesso a discutere ciò che viene scritto sui social, che sono una ottima piat-taforma, ma se non esiste un filtro, possono anche essere fonte di confusione e incertezze.Le pubblicazioni scientifiche sulla dieta chetogenica nell’epilessia riportano i dati relativi all’efficacia o agli effetti collaterali, ma quello che non si trova è ciò che si legge negli occhi di genitori e pazienti che devono iniziare una dieta che, spesso, non risponde alle aspettative e che comporta un radicale cambia-mento delle abitudini alimentari. Un frequente mo-tivo di abbandono della dieta – a parte la mancata risposta sulle crisi epilettiche – è costituito infatti dalla difficoltà a gestire la vita sociale e la condivi-sione dei pasti in famiglie con altri figli piccoli.Questi sono alcuni dei motivi per i quali hanno tro-vato grande successo, a partire dal 2003, protocolli alternativi alla dieta chetogenica classica (MAD e LGIT), che semplificano i pasti e li rendono mag-giormente graditi. Le indicazioni per il loro utilizzo sono limitate, ma in alcuni casi possono evitareil drop-out.Dopo vent’anni dal primo paziente e un centinaio di casi seguiti ho imparato che, se è importante essere molto scrupolosi in fase di elaborazione ed integrazione della dieta, l’adottare in seguito un atteggiamento più liberale aumenta l’aderenza al trattamento e la serenità nei genitori che lo sommi-nistrano. Inoltre, per il proseguimento a lungo ter-mine, diventa fondamentale educare i genitoriall’autogestione supervisionata del regime dietetico. A questo scopo abbiamo iniziato ad insegnare ai pazienti ad utilizzare un software dedicato (dieta chetogenica classica pro) (4), che richiede però un controllo periodico da parte della dietista.Nella mia esperienza è stato molto utile il confronto continuo tra le diverse figure professionali all’in-terno del keto-team, in particolare con dietologo, neurologo, infermiere. Nel nostro keto team èpresente da un paio di anni anche la psicologa che diventa una figura rilevante, sia per le situazioni di frustrazione degli operatori (che non hanno ancora tutte le risposte che vorrebbero i pazienti), sia per i pazienti e le famiglie. Il supporto psicologico è spes-

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so opportuno negli adolescenti che hanno seguito molto bene e senza problemi la dieta chetogenica da piccoli, ma che crescendo si confrontano con le esigenze della comunità dei pari, con rischio di ab-bandono del trattamento.La gestione della dieta chetogenica classica è mol-to impegnativa per la dietista e per tutte le figure coinvolte nel trattamento. Non basta che le diete siano creative con rapporto chetogenico perfetto. La collaborazione con e tra le famiglie (associazioni pazienti) è una risorsa fondamentale e può aiutare a migliorare l’aderenza al trattamento.

Bibliografia1. Tagliabue A; Bertoli S, Trentani C, Lanzola E, Manfredi L, Veggiotti P, Lanzi G. Drug-resistant epilepsy treated with ke-togenic diet. Recenti Progressi in Medicina 1997 88, 2 77-79.

2. Freeman JM, Kelly MT, Freeman JB. The epilepsy diet tre-atment: an introduction to the ketogenic diet. 1994 Demos, New York.

3.Tagliabue A, Trentani C. Manuale informativo per il medico e il personale sanitario - Università di Pavia http://spmsf.unipv.eu/site/home/dipartimento/centri-di-ricerca/centro-studi-e-ri-cerche-sullanutrizione-umana/articolo800004217.html

4. Dieta chetogenica classica pro https://spmsf.unipv.it/ketopro/

Riportiamo integralmente in questa rubrica, con altrettanto piacere, il commento ricevuto dal collega Filippo Valoriani consapevoli che ciò contribuisce a tenere vivo e ad arricchire lo scambio professionale e il dibattito scientifico.Sperando che questo contributo possa rappresentare soltanto il primo di una lunga serie, invitiamo chi legge a socializzare con noi eventuali precisazioni e/o considerazioni agli articoli pubblicati sulla base delle evidenze disponibili.

Commento all’articolo: “La Dieta Chetogenica”, pubblicato su ANDID Notizie/2 2016Rispetto all’articolo sull’applicazione della dieta che-togenica in oncologia, non ho potuto fare a meno di notare alcune punti che mi sono poco chiari e che riporto di seguito. Mi pare che il tema in questione sia molto delicato e occorra più che mai usare le pa-role giuste onde evitare fraintendimenti che ledono la legittimità scientifica dei lavori pubblicati.1- Nella prima frase occorre precisare che l’efficacia della dieta chetogenica in termini di riduzione della crescita tumorale delle neoplasie gastrite e prosta-tiche è stata osservata (più che dimostrata) solo in setting di ricerca sperimentale (cavie o colture cellu-lari). Per come è scritta e in virtù dell’assenza di una specifica voce bibliografica, la frase risulta ambigua e di non univoca interpretazione, anche alla luce delle considerazioni fatte di seguito. Ricordo che all’oggi esiste un solo lavoro (n 10 pazienti totali) che abbia valutato gli effetti della dieta chetogenica in popola-zioni oncologiche con diagnosi neoplastiche diverse dalle neoplasie cerebrali (Fine EJ et all. Targeting in-sulin inhibition as a metabolic therapy in advanced cancer: a pilot safety and feasibility dietary trial in 10

patients. Nutrition, 2012.). Inoltre il prolungamento della sopravvivenza degli animali potrebbe rappre-sentare una variabile del tutto indipendente dall’in-sorgenza del cancro. A tale proposito, inoltre, l’effetto della dieta chetogenica sulla probabilità di sviluppare una malattia oncologia e il suo potenziale ruolo quale terapia adiuvante nei trattamenti oncologici tradizio-nali, costituiscono due ambiti clinici ben diversificati e che coinvolgono verosimilmente pathways, ipotesi e razionali bio-molecolari tra loro marcatamente con-traddistinti e ancora non del tutto chiari;2 - Altra considerazione di non secondaria importan-za è quella che emerge dall’attenta e critica lettura del lavoro qui riportato (F. Bozzetti et al. Toward a cancer-specific diet. Clinical Nutrition, in press). L’as-sociazione o meno della KETO diet alla restrizione ca-lorica potrebbe non essere scontata o di secondaria importanza (vedi prima frase dell’articolo su ANDID notizie), dal momento che le pubblicazioni disponi-bili fanno riferimento a risultati indubbiamente sug-gestivi, ma difficilmente confrontabili a seguito di: eterogeneità della caratteristiche cliniche dei soggetti analizzati, apporti energetici estremamente diversifi-cati (restrizione energetica o non restrizione energe-tica), eterogeneità nella definizione di ketogenic diet, nella durata del regime nutrizionale dall’arruolamen-to e negli outcome misurati.3 - Nella terza frase, in riferimento alle “risposte po-sitive” dalla dieta chetogenica nei glioblastomi, credo sia importate sottolineare che abbiamo a disposizione n°3 case report o un studio retrospettivo con 53 casi nell’ambito dei quali si definiscono risposte positive le stabilità di malattia, le remissioni parziali di malattia e/o la tolleranza/sicurezza di applicazione della dieta chetogenica da parte dei pazienti. Il tema resta all’og-gi molto controverso. Il ricorso alla dieta chetogenica nei glioblastomi è riservata a setting di ricerca e non alla pratica clinica dei pazienti in trattamento attivo. (Nebeling LC et al. Effects of a ketogenic diet on tu-mor metabolism and nutritional status in pediatric oncology patients: two case reports. J. Am Coll Nutr, 1995. Giulio Zuccoli et al. Metabolic management of glioblastoma multiforme using standard therapy to-gether with a restricted ketogenic diet: Case Report. Nutr Metab, 2010; Champ CE et al. Targeting meta-bolism with a ketogenic diet during the treatment of glioblastoma multiforme. J Neurooncol, 2014);Sono certo che i risultati dei trials attualmente on going potranno avvicinare la comprensione dei reali meccanismi sottesi ai rapporti fra dieta chetogenica e neoplasie, definendo in maniera lucida se gli ambiti di applicazione in oncologia di questo particolare regime nutrizionale siano destinati a rimanere una fantasia piuttosto che avere una reale e utile indicazione. Nel mentre ritengo doveroso da parte degli operatori sa-nitari mantenere un atteggiamento scientificamente ortodosso, anche rispetto a questa tematica, al fine di non dimenticare l’applicazione dei gold standards attualmente validati dalla comunità scientifica, in fa-vore di pratiche ancora oggetto di ricerca o peggio ancora di carattere medianico/stregonesco.

Filippo Valoriani - Dietista Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di [email protected]

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ANNO 26 / n°3-2016

37risorse andidandid facilities

Speciale Collana ANDIDDai dietisti per i dietisti: questa è la logica ispiratrice della collana ANDID, nata appunto dall’esigenza che l’Associazione ha sentito di promuovere una serie di pubblicazioni rivolte a Dietisti e Studenti dei Corsi di Laurea in Dietistica, su tematiche di grande rilevanza ed interesse nell’espletamento degli ambiti di intervento previsti dal profilo professionale. Grazie alla proficua collaborazione con la Società Editrice Universo, le pubblicazioni possono essere acquistate a prezzo scontato dai Soci ANDID.

risorse andid andid facilities

Manuale ANDID di Valutazione dello Stato NutrizionaleAUTORI: G. Bedogni, G. CecchettoCon la collaborazione di numerosi dietisti esperti e consulenti scientifici ANDID, il manuale si configura come un utile supporto verso la piena realizzazione della propria specificità e competenza professionale, ma è anche un riferimento attendibile per Medici e Studenti in Medicina per quanto attiene alle competenze in materia di valutazione dello stato nutrizionale.

ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2009PREZZO € 20,00PREZZO PER I SOCI ANDID € 16,00ISBN: 978-88-89548-79-0

Carboidrati, glicemia, insulina e buona alimentazione: contiamo i carboidratiAUTORI: M. Armellini, A. Busetti, C. Capparotto, L. Corgiolu, M.G. Grazioli, C. LatinaIl Diabete è una condizione rappresentativa di patologia cronica per la quale risulta fondamentale progettare un modello di assistenza che si adatti sempre ai valori ed ai mutevoli bisogni del paziente. Frutto delle esperienze avanzate negli anni dai dietisti italiani, questo manuale risponde proprio a tale principio, fornendo un supporto pratico per la gestione dietetica del diabete, applicando la migliore evidenza disponibile alle caratteristiche del singolo paziente.

ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2009PREZZO € 15,00PREZZO PER I SOCI ANDID € 12,00ISBN: 978-88-89548-82-0

Il processo assistenziale della nutrizione in ospedaleAUTORI: M.L. Masini, G. Bedogni, G. CecchettoObiettivo di questo testo è aiutare i Dietisti a sviluppare competenze nell’ambito della gestione del processo assistenziale della Nutrizione in Ospedale (NCP – Nutrition Care Process and Model), delineando il ruolo della nutrizione all’interno di un modello assistenziale integrato e coordinato, centrato sul paziente e basato sul coin-volgimento di tutti gli attori in esso implicati. In tale processo, centrale è il ruolo del Dietista.

ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2011PREZZO € 23,00PREZZO PER I SOCI ANDID € 19,55ISBN: 978-88-65150-25-2

Altre pubblicazioni ANDID

20° CONGRESSO NAZIONALE ANDID(Firenze, 9-12 aprile 2008)Il XX Congresso Nazionale ha affrontato, come ormai da tradizione ANDID, le più attuali problematiche nell’ambi-to della nutrizione, quali la gestione integrata delle patologie croniche, la promozione della salute, il trattamento non farmacologico dell’ipercolesterolemia, la disfagia, la ristorazione scolastica.Sono stati inoltre presentati il primo progetto nazionale di ricerca dell’ANDID: “The ANDID Survey of Professional Pratice” e la posizione dell’ANDID sul “Ruolo del dietista nell’ambito della riabilitazione cardiologica”.

PREZZO € 30,00PREZZO PER I SOCI ANDID € 15,00

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21° CONGRESSO NAZIONALE ANDID(Riccione, 1-4 aprile 2009)Il Congresso ha coinvolto relatori di fama nazionale e internazionale su tematiche di estrema attualità, quali l’equilibrio sostenibile, la conservazione delle risorse naturali e le politiche alimentari, la bioetica e la respon-sabilità professionale nell’ambito della nutrizione artificiale, il trattamento e le problematiche assistenziali nella sclerosi laterale amiotrofica, il percorso assistenziale della malattia renale cronica.

PREZZO € 40,00PREZZO PER I SOCI ANDID € 20,00

22° CONGRESSO NAZIONALE ANDID(Milano, 20-22 maggio 2010)L’impegno dell’ANDID nella promozione di stili di vita orientati al benessere nel suo significato più ampio e pieno ha visto una sua ulteriore concretizzazione nei lavori del 22° Congresso Nazionale, che ha offerto al pubblico ed al mondo giornalistico una sessione d’apertura intitolata “aspettando l’EXPO. Nutrire il Pianeta... come? Una missione condivisa”, oltre che un ricco programma scientifico ai professionisti che vi hanno partecipato. Tra le tematiche affrontate e dibattute durante il Congresso: l’evoluzione e lo stato dell’arte dei nuovi LARN, l’approccio Evidence Based nell’ambito dei modelli gestionali e terapeutici della patologia cronica, la prevenzione e la riabi-litazione nutrizionale in cardiologia, le patologie metaboliche in età evolutiva, l’obesità in età adulta. Ed ancora: l’integrazione tra ospedale e territorio per la Nutrizione Artificiale Domiciliare, la rialimentazione in corso di anoressia, la ristorazione ospedaliera tra qualità, appropriatezza e partecipazione, il percorso assistenziale della nutrizione per gli anziani.

PREZZO € 40,00PREZZO PER I SOCI ANDID € 20,00

IL DIETISTA, UN PROFESSIONISTA PER LA SALUTERISERVATO AI SOCI ANDID

Pacchetto da n. 50 pz.€ 6,00/pacchetto (solo rimborso spese di spedizione)

23° CONGRESSO NAZIONALE ANDID(Milano, 12-14 maggio 2011)Dai fondamenti della buona pratica professionale agli attuali orientamenti in materia di sanità pubblica, clinica e riabilitazione: numerosi e interessanti i contributi presentati durante il 23° Congresso Nazionale ANDID che ha offerto - come ormai da tradizione - una preziosa opportunità di condivisione ed approfondimento basata sulle più recenti evidenze scientifiche e sulle significative esperienze di esperti del settore: dall’attività motoria alla prevenzione basata sulla modifica degli stili di vita, al counseling in ambito nutrizionale, agli aggiornamenti in tema di oncologia ed alimentazione, agli aspetti di prevenzione e cura correlati all’obesità severa, all’ali-mentazione del bambino, alla malattia renale ed alle malattie infiammatorie intestinali. Punta di diamante di questo Congresso la sessione dedicata al Nutrition Care Process, metodo di lavoro ormai imprescindibile per la professione del Dietista, tema molto caro all’ANDID, che da tempo ha investito tempo ed energie nella imple-mentazione di una pratica professionale basata sulle evidenze quale strumento importantissimo per elevare la professione del Dietista e per tutelare la salute del paziente/utente.

PREZZO € 40,00PREZZO PER I SOCI ANDID € 20,00

24° CONGRESSO NAZIONALE ANDID(Verona, 19-21 aprile 2012)Gli orientamenti nazionali ed europei in tema di competenze ed unicità del Dietista e di tutela dell’abusivismo professionale. Un approccio innovativo alla salute ed alle patologie, che parte dai nutrienti per arrivare alle questioni più attuali e controversie in tema di proteine, lipidi e carboidrati. E ancora, le nuove frontiere della professione ed il modello alimentare sostenibile tra etica, scienza e realtà. Infine, un focus sull’universo “bambi-no”. Questi gli argomenti dibattuti durante il 24° Congresso ANDID, raccolti nel volume degli Atti a testimoniarne l’elevato valore scientifico e applicativo per la pratica professionale.

PREZZO € 40,00PREZZO PER I SOCI ANDID € 20,00

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ANNO 26 / n°3-2016

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Cedola di commissione librariaPer ordinare gli ATTI dei Congressi ANDID, i numeri arretrati della rivista e la brochure “Il Dietista, un professionista per la salute”, è sufficiente compilare la seguente cedola ed inviarla, unitamente alla ricevuta del pagamento effettuato tramite Bollettino postale sul c/c n. 33634973 o bonifico bancario (IBAN: IT90 N076 0116 9000 0003 3634 973) intestato ad ANDID (Associazione Nazionale Dietisti). Socio ANDID Non socio

Cedola di commissione libraria Collana ANDIDPer ordinare i libri della COLLANA ANDID, è sufficiente compilare la seguente cedola di commissione e inviarla via fax o e-mail alla SOCIETÀ EDITRICE UNIVERSO srl, Via G.B. Morgagni, 1 – 00161 ROMA, tel. 06/4402053 – 06/4402054; fax: 06/4402033; e-mail: [email protected]. Socio ANDID Non socio

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Il Manuale ANDID di Valutazione dello Stato Nutrizionale

Il processo assistenziale della nutrizione in ospedale

€ 7,00

Carboidrati, glicemia, insulina e buona alimentazione: contiamo i carboidrati

MODALITÀ DI PAGAMENTOContrassegnoVersamento sul CCP 925008 intestato a Società Editrice Universo srlAssegno bancarioCarta di credito Cartasì Mastercard/Eurocard VisaNumero Scadenza Firma

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Come iscriversi all’ANDID

Si ricorda che l’iscrizione ha validità per l’anno solare in corso (dal 1 gennaio al 31 dicembre).

NUOVE ISCRIZIONIPrima di procedere alla compilazione della domanda on-li-ne effettuare il pagamento della quota di iscrizione secon-do le modalità di seguito specificate. 1. Dalla home page del sito www.andid.it, selezionare la

voce NUOVA ISCRIZIONE dal menu ISCRIZIONE;2. Compilare la scheda di iscrizione in tutte le sue parti. Si

ricorda che la corretta compilazione dell’anagrafica ed il suo aggiornamento sono a cura esclusiva del socio: ciò consente ad ANDID di fornire un servizio sempre più accurato e tempestivo e di disporre in tempo reale di una banca dati aggiornata per le numerose richieste che ci pervengono da varie istituzioni pubbliche (es. Mi-nistero della Salute), in qualità di Associazione Rappre-sentativa della categoria professionale dei Dietisti (DM 19/06/2006);

3. Allegare il titolo di studio in formato PDF o l’autodichia-razione del titolo posseduto, datato e firmato (il modulo per l’autocertificazione è scaricabile dal sito);

4. Inviare alla Segreteria Nazionale la copia del titolo di studio posseduto. L’invio della copia del titolo di studio o dell’autocertificazione è richiesta solo la prima volta che ci si iscrive all’Associazione. L’invio va effettuato con posta raccomandata ad: ANDID presso COGEST M & G - Vicolo S. Silvestro, 6 - 37122 – VERONA oppure via PEC ([email protected]);

5. Dopo aver compilato la scheda di iscrizione cliccare il bottone Inserisci elemento (alla fine della pagina);

6. A questo punto si riceverà una mail con un link per la conferma della validità dell’indirizzo e-mail. La ri-cezione della mail avviene nel giro di qualche minuto. Cliccare il link per confermare. ATTENZIONE: mail tipo @alice, @virgilio possono identificare la mail come spam. Si raccomanda pertanto di controllare anche la cartella spam da web (se non si riesce a cliccare il link dalla cartella spam, spostare la mail nella posta in entrata);

7. Dopo aver verificato l’avvenuto pagamento, la Segrete-ria Nazionale ANDID formalizzerà l’iscrizione con l’invio al socio di una mail di benvenuto/conferma iscrizione contenente i dati di accesso (username e password). Il tempo necessario potrà essere di alcuni giorni.

RINNOVIPrima di procedere alla compilazione della domanda di rinnovo on-line effettuare il pagamento della quota di iscrizione secondo le modalità di seguito specificate.1. Dalla home page del sito www.andid.it, selezionare la

voce RINNOVO dal menù ISCRIZIONE;2. Compilare i dati richiesti nel modulo di rinnovo e clic-

care il tasto INVIO;3. Dopo aver verificato l’avvenuto pagamento, la Segreteria

Nazionale ANDID formalizzerà l’iscrizione con l’invio al socio di una benvenuto/conferma iscrizione contenente

i dati di accesso (username e password). Il tempo neces-sario potrà essere di alcuni giorni.

MODALITÀ DI PAGAMENTO DELLA QUOTA DI ISCRIZIONELe nuove iscrizioni possono essere effettuate tramite bol-lettino postale o bonifico bancario intestato ad ANDID (As-sociazione Nazionale Dietisti)• sul c/c n. 33 63 49 73 • IBAN: IT90 N076 0116 9000 0003 3634 973• BIC: BPPIITRRXXX specificando NOME E COGNOME del richiedente e la causale del versamento (NUOVA ISCRIZIONE/RINNOVO per l’anno ..........). La quota associativa per il 2016 è di € 100,00. Per i “nuovi iscritti” è previsto l’invio del “Kit nuovo Socio”, che comprende: • Una copia del Codice Deontologico• 20 copie della “Brochure: Il Dietista, un professionista per

la salute”, che potrà essere utilizzata per la promozione e presentazione della figura del dietista presso Istituzioni, Enti pubblici e privati, cittadini e pazienti/clienti

• Un numero della rivista ANDID notizie che potrà essere utilizzata per promuovere l’attività dell’ANDID ed incorag-giare altri dietisti ad iscriversi alla nostra Associazione.

Per ulteriori informazioni:ANDID presso COGEST M & G (lunedì, mercoledì e venerdì dalle 9.30 alle 13.30)Vicolo S. Silvestro, 6 - 37122 – VERONATel. e Fax 045 8008035 e-mail: [email protected][email protected]

RIVISTA ANDID NOTIZIEABBONAMENTO NON SOCIÈ possibile l’abbonamento annuale alla rivista anche per i Non Soci al costo di € 100, mentre i numeri arretrati sono disponibili al costo di € 30 per pubblicazione.

SPECIALE RIVISTA PER GLI STUDENTIÈ possibile sottoscrivere l’abbonamento annuale al costo agevolato di € 50 (inviando copia del certificato di iscri-zione al corso/scuola).

MODALITÀ DI PAGAMENTOÈ possibile effettuare il pagamento per l’abbonamento alla rivista ANDID Notizie, per l’acquisto di atti, riviste o della brochure “Il Dietista: un professionista per la salute”, mediante Bollettino postale sul c/c postale n. 33634973 o Bonifico Bancario indicando il codice IBAN: IT90 N076 0116 9000 0003 3634 973, intestati a: ANDID (Associa-zione Nazionale Dietisti), specificando chiaramente la causale del versamento.

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Approfondire conoscenze e strategie di intervento in tema di nutrizione infantile, obesità, eccesso ponderale e corretti stili di vita, per favorire le scelte consapevoli delle famiglie: è questo lo scopo del progetto “Costruiamo il futuro” della Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP), l’associazione dei pediatri di famiglia che rappresenta più di 6000 professioni-sti su tutto il territorio nazionale.Il progetto, che si avvale del supporto incondizionato di Heinz, è partito ufficialmente il 12 marzo scorso a Bari. Si avvale del patrocinio del Ministero della Salute, è stato condiviso con la Società Italiana di Pediatria (SIP) e vede coinvolta an-che l’Associazione Nazionale Dietisti (ANDID). Il percorso progettuale è articolato in uno studio osservazio-nale sulle abitudini alimentari dei bambini ed in un progetto formativo itinerante in 10 tappe, in altrettante città italiane nel corso del 2016, articolato nelle seguenti sessioni: ricerca e nutrizione, fabbisogni e linee guida, sicurezza alimentare, la gestione dell’ambulatorio.

Per un’alimentazione infantile ottimale, anche l’innovazio-ne tecnologica e la ricerca scientifica in ambito nutrizionale stanno contribuendo in modo determinante e una sessione di “Costruiamo il Futuro” è dedicata alle novità su questo fronte. Un recente studio, che ha visto coinvolti diversi cen-tri universitari italiani, ha portato alla sperimentazione di un nuovo ingrediente funzionale. “L’obiettivo della nostra ricerca è stato quello di studiare i benefici del latte fermentato con il batterio di origine umana, L. paracasei CBA L74, nella pre-venzione delle infezioni in una ampia popolazione di bambini italiani che frequentavano l’asilo”, spiega il professor Roberto Berni Canani del Dipartimento di Scienze Mediche Traslazio-nali – Sezione Pediatrica - dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, che ha coordinato lo studio. “Questi bambini, per la generale immaturità del loro sistema immunitario, sono particolarmente vulnerabili al rischio di contrarre infezioni. I risultati dello studio hanno evidenziato la capacità di que-sto nuovo ingrediente di ridurre il rischio di infezioni a livello respiratorio e gastrointestinale, attraverso una stimolazione del sistema immunitario”.“Per un approccio globale al problema dell’obesità infantile e per implementare strategie di prevenzione davvero effica-ci, è fondamentale ricordare che l’alimentazione durante i primi mesi di vita del bambino può influenzare il suo futuro rapporto col cibo”, evidenzia il professore Fabio Mosca, Diret-tore Unità Operativa di Neonatologia e TIN della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore-Policlinico, Università degli studi di Milano. “Persino le abitudini alimentari della

madre in gravidanza e del bambino nei primi mesi di vita possono influenzare la salute futura, interferendo con la su-scettibilità allo sviluppo di numerose malattie in età adulta, aprendo la strada a potenziali nuovi approcci preventivi e/o terapeutici”.Pertanto – conclude Mosca – occorre porre un’attenzione continua all’alimentazione dei bambini ed i primi 1000 giorni di vita sono fondamentali per lo sviluppo evolutivo”.

Obiettivo duplice di FIMP è dunque non solo quello di con-tribuire alla formazione del Pediatra di Famiglia, figura di importanza strategica in grado di orientare la famiglia verso le scelte alimentari più opportune per il neonato sin dai pri-mi giorni di vita, ma anche quello di costituire una preziosa banca dati di rilevanza nazionale che possa permettere di orientare al meglio gli interventi di promozione della salute rivolti ai bambini ed alle loro famiglie, in un momento in cui i professionisti sanitari rappresentano una figura cruciale an-che nella “mediazione” della corretta informazione: l’accesso ad un altissimo numero di dati, spesso incontrollato, è spes-so fonte di confusione per le famiglie e può, tra l’altro, dar luogo ad atteggiamenti alimentari errati e non privi di rischio.

FEDERAZIONE ITALIANA MEDICI PEDIATRI (FIMP): COSTRUIAMO IL FUTURO

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