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UNIVERSITAT POMPEU FABRA divpol Diversity in Political Parties’ Programmes, Organisation and Representation EUROPEAN UNION European Fund for the Integration of Third- Country Nationals Diversity in Political Parties REPORT DESK DivPol Project Partners:

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UNIVERSITAT POMPEU FABRA

divpolDiversity in Political Parties’ Programmes, Organisation and Representation

EUROPEAN UNION

European Fund for the Integration of

Third-Country Nationals

Diversity in Political Parties

REPORT DESK

DivPol Project Partners:

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Indice

1. Il fenomeno migratorio in Italia pag. 2

1.1 Introduzione all’immigrazione in Italia pag. 2

1.2 Effetti delle sanatorie in Italia dagli anni ’80 ad oggi pag. 31.3 Dati e caratterizzazione dei flussi pag. 4

2. Letteratura italiana di riferimento pag. 6

2.1 Ricerche sulla partecipazione dei cittadini di Paesi terzi nei partiti pag. 6

2.2. Le tematiche indagate pag. .6

2.3 Principali istituti di riferimento pag. 8

3. La legislazione vigente pag. 8

3.1 Il diritto di partecipazione politica nell’ordinamento

giuridico comunitario

pag. 8

3.2 I requisiti legali per il voto in Italia pag. 11

3.3 Il diritto di partecipazione nei partiti: statuti e

regolamenti interni pag. 12

4. Rappresentanza straniera nei partiti pag. 17

5. La discussione e l’approccio all’interno dei partiti pag. 19

5.1 Campagne sulla diversità proposte dai partiti politici italiani pag. 19

5.2. Percorsi di successo degli stranieri nei partiti politici pag. 19

5.3 Dati quantitativi sul fenomeno pag. 22

5.4 Modalità di accesso e iscrizione nel partito

pag. 23

5.5 Tipologia di coinvolgimento pag. 23

Bibliografia pag. 26

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1 Il fenomeno migratorio in Italia1.1 Introduzione all’immigrazione in Italia

Concentrarsi sul fenomeno dell’immigrazione in Italia permette di soffermarsi sulla storia abbastanza recente, che parte dall’inizio degli anni ‘70 e arriva ad oggi. Soltanto in questi ultimi trenta anni infatti l’Italia ha cominciato a cambiare la propria fisionomia: da paese di emigrazione a stato che incomincia a poco a poco a segnare un saldo migratorio in attivo.

Durante gli anni ’70 i primi flussi erano in prevalenza costituiti da lavoratrici domestiche, con scarsa visibilità societaria, e da richiedenti asilo, che molto spesso inquadravano la penisola italiana come luogo di passaggio per destinazioni oltreoceano. Scorrendo i primi dati in possesso1 riguardanti l’iniziale sviluppo di questo fenomeno vediamo che se verso la fine del 1970 si registravano 143.838 immigrati; dieci anni dopo, a seguito della modifica del sistema di registrazione dei permessi di soggiorno, la presenza di stranieri in Italia è più che raddoppiata: 298.749.

Nelle prime fasi della migrazione in Italia, si registrano afflussi costanti (del 10 % all’anno) della popolazione straniera nel territorio che consentono nel 1984 di raggiungere le 400.000 unità e di superare abbondantemente il mezzo milione agli inizi degli anni ’90.

Nei primi anni ’90 si registra l’ingresso di persone provenienti dalla penisola balcanica a seguito dei conflitti legati all’ex Repubblica federale Jugoslava e da stranieri provenienti dall’Europa dell’Est. La collocazione geografica italiana, che la mette direttamente in contatto con l’africa settentrionale, con l’Europa dell’Est e con il mondo asiatico, ed il realistico recupero, attraverso le regolarizzazioni, degli immigrati sprovvisti di permesso di soggiorno ma già inseriti nell’area del lavoro in nero, rappresentano i fattori che favoriscono l’incremento della popolazione straniera nella penisola. Il lavoro è il motivo principale dell’afflusso di popolazioni straniere nel territorio italiano, ma è da includere anche la ricongiunzione familiare tra le ragioni che hanno incrementato questa crescita ( in particolare sono donne le protagoniste principali del fenomeno dei ricongiungimenti ).

Il 1997 è l’anno in cui viene superato il milione di unità soggiornanti arrivando a 1.334.889 presenze del duemila.

Con l’avvento del nuovo millennio l’immigrazione assume un ritmo più sostenuto: nel 2003 vengono ampiamente superati i due milioni di presenze. Secondo i dati messi a disposizione dall’Istat riguardanti il censimento del 20112, in questa ultima decade la popolazione straniera in sostanza è cresciuta del 200% triplicandosi arrivando alle 4.029.145 unità.

La distribuzione territoriale della popolazione è disomogenea sul territorio; due stranieri su tre risiedono nel Nord ( il 62,5% ) mentre il 24% nel centro e solo il 13,5% nel Mezzogiorno.

Dopo il 2010 comunque assistiamo ad un’improvvisa flessione dei nuovi ingressi. Durante il 2011 sono stati rilasciati quasi il 40% dei permessi in meno rispetto all’anno precedente. In calo di oltre il 65% i nuovi permessi rilasciati per lavoro e del 21,2% le

1 I dati sono presi da un Dossier statistico sull’immigrazione, 2005, Fondazione Migrantes – Caritas di Roma: “35 anni di immigrazione in Italia. Una politica a metà sguardo.” (http://www.chiesacattolica.it/cci_new/documenti_cei/2005-05/19-23/DOCUMENTAZIONE.doc visitato il 15/03/13).2 Dati tratti dal 15° Censimento generale della popolazione e delle abitazioni, prodotto dal Sistema Statistico Nazionale.

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nuove concezioni per famiglia. Si assiste invece ad un brusco aumento delle richieste di asilo: dai 10.336 del 2010 alle 42.672 nell’anno seguente ( ciò però è in linea con i dati internazionali, il 2011 infatti è stato l’anno record per il numero di persone fuggite dal proprio paese ).

1.2 Effetti delle sanatorie in Italia dagli anni ’80 ad oggi3

Recuperando i dati messi a disposizione in una analisi fatta dall’OIM negli ultimi trent’anni (dal 1982 al 2011), in Italia c’é stato un ampio ricorso ai provvedimenti di regolarizzazione che nell’insieme hanno fatto emergere 1 milione e 660 mila immigrati, più di quanto sia avvenuto in qualsiasi altro Stato membro della comunità europea. La prima regolarizzazione risale al 1982, impartisce disposizioni per regolarizzare le situazioni di fatto di persone che si sono inserite senza permesso o il cui permesso risulti scaduto. Tale sanatoria conseguirà tuttavia risultati nell’ordine di qualche migliaio. La seconda sanatoria è promulgata invece nel 1986 e permette di regolarizzare prima della fine della decade mezzo milione di stranieri. È in tale anno che si approva la prima legge sugli stranieri in Italia ( il 30 dicembre 1986).

La prima legge di previsione dei flussi migratori di ingresso è stata la n.39/1990, la legge “Martelli”, con la quale fecero domanda di regolarizzazione 225.000 soggetti e solo il 4% poté dimostrare di essere alle dipendenze di un datore di lavoro.

La prima legge di previsione del sistema delle quote è il Testo Unico sull’Immigrazione n. 286/1998. L’adesione dell’Italia agli accordi di Schengen, la ratifica e l’esecuzione del Trattato di Amsterdam, hanno segnato le scelte politiche nazionali in tema di condizione giuridica dello straniero Col provvedimento del 1998 il Legislatore aveva l’obiettivo: della lotta all’immigrazione clandestina; della politica dei flussi di ingresso limitati, regolari e programmati; dell’avvio di percorsi di integrazione4.

Il 13 aprile 1999 il decreto legislativo n.133 introdusse la possibilità di regolarizzare tutti gli stranieri prenotatisi per la sanatoria entro il 15 dicembre dell’anno precedente. Le istanze presentate furono 250.966. Il 14,5% delle domande di regolarizzazione riguardò l’esercizio di un lavoro autonomo, conferendo così una notevole consistenza alla cosiddetta “imprenditoria etnica”.

Le 702.156 domande di regolarizzazione inoltrate nel corso dell’anno 2002 sono state il risultato della regolarizzazione per colf e badanti disposta il 30 luglio 2022 dalla legge Bossi – Fini e rappresentano un numero di gran lunga superiore a quello delle sanatorie del passato.

L’ultima regolarizzazione è stata definita “sanatoria colf e badanti”e risale al 2009 (è limitata alla categoria dei lavoratori e delle lavoratrici impegnati nel settore domestico). Il provvedimento è stato disposto dalla legge n. 102 del 3 agosto 2009 e ha fatto registrare 295.126 domande di assunzione presentate dai datori di lavoro.

1.3 Dati e caratterizzazione dei flussi

Alla fine del 2011 si stimano in Italia 5.011.000 immigrati regolari, inclusi i comunitari e quelli non ancora iscritti all’anagrafe.

3 I dati riferiti alle sanatorie sono tratti dal dossier prodotto dall’Organizzazione Internazionale per le migrazioni “Le migrazioni in Italia. Scenario attuale e prospettive” (http://www.dossierimmigrazione.it/docnews/file/2012_OIM_1951-2011_IT.pdf visitato il 15/03/2012). 4 Casatelli M.F., La disciplina giuridica dell'immigrazione e i suoi rapporti con i principi costituzionali , 2010, Università degli studi Roma Tre, http://dspace-roma3.caspur.it/handle/2307/592.

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I permessi di soggiorno in vigore alla fine dell’anno, inclusi i minori iscritti sul titolo dei genitori e al netto dei casi di doppia registrazione (archivio del Ministero dell’Interno revisionato dall’Istat), sono stati 3.637.724, in leggero aumento rispetto ai 3.536.062 del 2010 (+2,9%). Il numero stimato dei comunitari (1.373.000), per l’87% è proveniente da 12 Stati membri: Romania 997.000, Polonia 112.000, Bulgaria 53.000, Germania 44.000, Francia 34.000, Gran Bretagna 30.000, Spagna 20.000 e Paesi Bassi 9.000. La ripartizione della stima totale per aree continentali vede prevalere l’Europa, tra comunitari (27,4%) e non comunitari (23,4%), seguita dall’Africa (22,1%), dall’Asia (18,8%) e dall’America (8,3%), mentre le poche migliaia di persone provenienti dall’Oceania e gli apolidi non raggiungono neppure lo 0,1%.

Tab.1: Numero soggiornanti europei non comunitari, in totale e differenziati per paese di provenienza

Soggiornanti Europei non comunitari in totale

Albania

Ucraina

Moldavia

Serbia e Montenegro

Macedonia

Russia

Numero soggiornanti

Tot. 1.171.163

491.495

223.782

147.519

101.554

82.209

37.519

Tab.2: Numero soggiornanti africani, in totale e differenziati per paese di provenienza Sogg

iornanti Africani

Marocco

Tunisia

Egitto

Senegal

Nigeria, Ghana

Algeria

Costa d’Avorio

Numero soggiornanti

Tot. 1.105.826

506.369

122.595

117.145

87.311

57.011, 51.924

28.081

24.235

Tab.3: Numero soggiornanti asiatici, in totale e differenziati per paese di provenienza

Soggiornanti Asiatici

Cina

Isole Filippine

Bangladesh

Sri Lanka

India

Pakistan

Numero soggiornanti

Tot. 924.443

277.570

152.382

106.671

94.577

145.164

90.185

Per quanto concerne l’America in totale abbiamo 391.189 americani presenti, di cui 354.323 provengono dalla zona centro meridionale del continente. I restanti 2.448 sono stranieri provenienti dall’Oceania.

Per concludere recuperando i dati messi a disposizione dal Ministero dell’interno5

per quanto riguarda le cittadinanze italiane ottenute negli anni 2008, 2009, 2010 si registra un’impennata negativa dei procedimenti conclusi negativamente a fronte di un leggero incremento dei procedimenti avanzati nell’arco di tre anni.

Tab.4: Statistiche relative al 2008, 2009, 2010 riguardanti le richieste di cittadinanza in totale per anno, differenziate per concluse positivamente e negativamente

5 Statistiche 2008-2010, Cittadinanza Italiana, Ministero dell’Interno – Dipartimento per le Libertà Civili, la Cittadinanza e L’immigrazione, Direzione centrale per i diritti civili.

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2008 2009 2010

Procedimenti conclusi

positivamente

39.484 40.084 40.223

Procedimenti conclusi

negativamente

739 859 1.634

Procedimenti in totale

40.902 40.943 41.857

Tot 81.125 81.886 83.714

1. Letteratura italiana di riferimento

2.1 Ricerche sulla partecipazione di cittadini di Paesi terzi nei partiti

Il tema della partecipazione politica degli stranieri nella programmazione, organizzazione e rappresentazione dei partiti politici resta ad oggi per nulla indagato in Italia, benché l’estensione della titolarità dei diritti politici ai cittadini dei Paesi terzi, oltre l’ambito soggettivo della cittadinanza, sia stata da decenni normata al livello europeo.

La sottovalutazione di tale tematica si evince dall’assenza persino di dati e di profili riguardanti specificatamente gli iscritti stranieri nelle formazioni partitiche italiane, le quali dimostrano disinteresse verso un gruppo sociale che tarda in Italia a diventare bacino elettorale.

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A fronte di uno spiccato desiderio di inclusione sociale reso manifesto dall’attivismo di alcune collettività straniere6, le ricerche in Italia si sono soffermate sull’esercizio dei diritti politici senza portare avanti esaustivi approfondimenti e studi sul tema del diritto elettorale e sull’inclusione degli stranieri nei luoghi privilegiati per l’esercizio della sovranità accedendo alla forma di integrazione politica per eccellenza: la rappresentanza nei partiti politici.

In tale contesto si ascrive la necessità di portare avanti un’indagine in Italia sul ruolo svolto dai partiti nell’inclusione delle diverse rappresentanze delle comunità straniere e sull’orientamento politico delle collettività immigrate, che fino ad oggi si sono ricavate degli spazi di partecipazione politica esclusivamente all’interno del mondo sindacale e dell’associazionismo.

2.2 Le tematiche indagate

Come rivelano alcune analisi (Carchedi & Mottura, 2007; Mantovan, 2010), sia la centralità del mondo del lavoro, strettamente connesso al riconoscimento dello status di regolarità giuridica, sia l’impegno per la tutela dei diritti dei lavoratori, hanno reso significativa la partecipazione di oltre un milione di lavoratori stranieri7

all’impegno portato avanti dalle strutture confederali, che si sono distinte nel supportare e accompagnare gli immigrati nei percorsi d’inserimento e nell’esercizio dei diritti loro formalmente riconosciuti.

Troviamo documentati nella letteratura i tassi di sindacalizzazione, ma restano inesistenti i dati sulla presenza degli stranieri nei partiti politici e allo stesso tempo ignare le reali possibilità messe in campo dai partiti per facilitare l’inclusione degli immigrati.

Il cronico ritardo italiano nel garantire l’inclusione politica dei cittadini dei Paesi terzi, ha dato vita ad un imponente filone di ricerche, che negli ultimi venti anni è venuto interrogandosi: sulla correlazione tra cittadinanza e diritti elettorali (attivi e passivi); sui limiti di un’estensione di situazioni giuridiche di favore in capo a non cittadini; sulle forme possibili di rappresentanza previste dalla legge, collegate alle Consulte (nazionali e regionali) ed ai Consiglieri Aggiunti.

Le ricerche si soffermano sugli spazi che l’ordinamento costituzionale offre ad una partecipazione politica degli stranieri. Tali spazi negano di fatto la possibilità di un coinvolgimento politico attivo degli stranieri, scollegato dal tema della cittadinanza. Tale condizione normativa incide anch’essa sulla mancanza di un dibattito politico, accademico e sociale sul tema specifico.

6 I risultati di studi condotti al livello europeo dalla Fondazione ISMU, King Baudouin Foundation, Migration Policy Group e ReteG2- Seconde Generazioni, Immigrant Citizens Survey -How immigrants experience integration in 15 European cities (Maggio 2012), mettono più in luce la generale centralità del tema della partecipazione politica dei cittadini stranieri, con il quale anche l’Italia è chiamata a misurarsi. Dall’indagine realizzata in sette paesi europei (Belgio, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Portogallo e Spagna), emerge che l’Italia presenta le più alte percentuali di partecipazione tra gli immigrati alla vita civica, dopo il Belgio: a Milano il 14,6% degli intervistati è iscritto al sindacato (contro il 5,5% della popolazione locale); a Napoli il 3,2% dice di essere iscritto a un partito politico (in linea con la media nazionale che è del 3,7%). E' Napoli la città europea dove gli immigrati hanno una maggiore conoscenza (più dell'80%) e partecipazione (circa il 20%) ad organizzazioni di immigrati. In Italia la percentuale di coloro che si dichiara disponibile a votare è compresa tra il 70 e l'80%. La percentuale più alta di chi pensa che sarebbero necessari più parlamentari con un background di immigrati si trova a Milano (quasi il 90%), seguita da Berlino e da Napoli. E’ alta dunque l’aspirazione degli immigrati di aderire a formazioni politiche, partitiche o sindacali, così come la disponibilità mostrata ad esercitare il diritto di voto, favorendo una maggiore diversità in politica. 7 A.Ilinova, Oltre un milione di immigrati iscritti al sindacato, 7 Maggio 2010, www.stranieriinitalia.it.

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Il godimento da parte degli stranieri dei ‘diritti politici’ ha avuto finora prevalente riferimento alle connessioni del tema con le trasformazioni della categoria giuridica della cittadinanza8. Allo stato attuale, infatti, il Legislatore nega agli stranieri non comunitari il godimento dei diritti elettorali, attivi e passivi, a livello locale. Secondo il dettato istituzionale il diritto di voto alle politiche, alle regionali e per i referendum abrogativi e costituzionali è riservato a coloro che possono esercitare la sovranità e quindi dipende dallo status civitatis.

Dinanzi alla mancata approvazione di riforme sul riconoscimento del diritto di voto amministrativo agli stranieri residenti in Italia, il dibattito politico-costituzionale, accademico e sociale, sin dagli anni Novanta, si è orientato esclusivamente sul tale tematica.

Le discussioni politiche in merito sono contenute in un’ampia letteratura a carattere giuridico di analisi alle proposte di legge presentate nel corso delle diverse legislature, che in maggioranza prevedono per l’attribuzione del diritto di voto una modifica o una riformulazione dell’art. 48 della Costituzione, nonostante la mancanza di titolarità giuridica degli enti locali abbia indotto alcuni costituzionalisti ad escludere la necessità della presentazione di una legge costituzionale in favore di una legge ordinaria9. Negli ultimi anni, a seguito della crisi delle forme di rappresentanza previste dalla legge, non in grado di incidere sulle decisioni in merito alle politiche migratorie, e dell’avvicendarsi dei diversi governi di centro-destra alla guida del Paese, composti da forze politiche contrarie alla riforma sulla cittadinanza, il dibattito pubblico sul diritto di voto nelle elezioni amministrative per gli immigrati sembra essersi arrestato. I contributi offerti dalla letteratura, per lo più fermi al 2007, sono incentrati esclusivamente sul tema della revisione delle modalità di ottenimento della cittadinanza, senza considerare in pieno (in modo non formale o istituzionale) il significato di esercizio dei diritti politici.

2.3 Principali istituti di riferimento

Accanto agli studi condotti da diversi dipartimenti universitari, che restano i principali soggetti impegnati sul tema della partecipazione politica degli stranieri in Italia, dalla fine degli anni Novanta in poi - sulla base dell’incremento dei flussi migratori in Italia e della rettifica della Convenzione di Strasburgo10 - numerosi centri di ricerca e osservatori11 si sono cimentati sul tema della rappresentanza e della partecipazione degli immigrati alla vita collettiva, indagando la risposta delle comunità straniere alla previsione di organismi di rappresentanza e le forme organizzate dell’associazionismo, principale forma prevista di esercizio di cittadinanza attiva.

8 M.Plutino, Stranieri e diritto di associazione in partiti, N. 1/2012 del 15/01/2012, www.dirittifondamentali.it.

9 Davide Sardo, Il dibattito sul riconoscimento del diritto di voto agli stranieri residenti, Rivista dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti - N.00 del 02.07.2010.10 La Convenzione di Strasburgo è stata adottata dal Consiglio d'Europa il 5 febbraio 1992 ed è entrata in vigore il 1º maggio 1997. E’ stata ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 8 marzo 1994, n. 203 (in Suppl. ordinario n. 52, Gazz. Uff. n. 71, del 26 marzo).11 Tra i principali: CNEL - Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro; I.P.R.S. Istituto Psicanalitico per le Ricerche Sociali; ISMU- Iniziative e studi sulla multietnicità; Associazione Parsec – Ricerca e interventi sociali; Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione; Caritas Italiana; Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati; Master sull'Immigrazione - Ca' Foscari; European University Institute; FIERI- Forum Internazionale ed Europeo di Ricerche sull’Immigrazione; CODRES- Cooperativa Documentazione Ricerche Economiche-Sociale;     I stituto F ernando S anti .

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Il risultato di tali ricerche è che il tema della rappresentanza degli immigrati ha trovato notevoli spazi di opportunità nelle organizzazioni di volontariato, impegnate nel sostegno agli immigrati (IPRS, 2010), nelle associazioni costituite dagli stessi immigrati (CNEL, 1999), che si moltiplicano a livello locale e nazionale, e in misura minore nei sindacati e nei partiti politici nazionali, ambito quest’ultimo per nulla indagato12.

2. La legislazione vigente

La seguente analisi desk mira a individuare gli spazi di opportunità di partecipazione politica offerti ai cittadini stranieri di Paesi terzi all’interno delle formazioni partitiche italiane.

Tale studio ripercorre da un lato le possibilità previste nell’ordinamento costituzionale e comunitario; dall’altro analizza i regolamenti e gli statuti interni delle principali formazioni partitiche, in maniera da individuare eventuali livelli e modalità volti a garantire la partecipazione formale/informale degli immigrati.

3.1 Il diritto di partecipazione politica nell’ordinamento giuridico comunitario

Soffermandosi sul primo aspetto, relativo alle previsioni contenute negli ordinamenti giuridici rispetto all’esercizio della piena libertà di partecipazione dei cittadini di Paesi terzi all’interno dell’associazionismo partitico, ci troviamo dinanzi a delle limitazioni che uno straniero soggiornante in Italia incontra nel godimento dei pieni diritti politici.

A differenza di altri paesi europei, in Italia il partito con iscritti stranieri e per gli stranieri non è lecito. Per quanto ci si muova nell’ambito del diritto di associazione, garantito dal’art.49 della Costituzione Italiana, in generale la dottrina giuridica colloca il diritto a concorrere all’associazionismo partitico tra quelli propri del solo status di cittadino13.

La mancanza di titolarità per un cittadino straniero del diritto di associazione partitica (sia l’adesione, sia la fondazione o la co-fondazione) è dettata dall’assenza di una regolamentazione in materia, che renderebbe illegali sia l’eventuale creazione di partiti, sia la formalizzazione di diverse formazioni partitiche estere, già presenti ufficiosamente in Italia.

Le formazioni partitiche create in Italia, che vedono gli stranieri in posizioni dirigenziali o di co-fondazione, come il Pir-Partito italiano dei romeni, il Movimento dei nuovi italiani e Nuovi italiani Partito immigrati, si inseriscono nell’ambito sia della cittadinanza comunitaria, che riconosce la titolarità anche del diritto elettorale sia attivo che passivo, sia dei processi di naturalizzazione e di doppia cittadinanza.

Nonostante diversi trattati comunitari riconoscano il diritto all’equità nel trattamento dei cittadini di Paesi terzi e la Carta Costituzionale sancisca il principio di libertà di associazione, la possibilità che uno straniero possa persino iscriversi ad un

12 CNEL, La rappresentanza diffusa. Le forme di partecipazione degli immigrati alla vita collettiva, Roma, 2000; Vicentini, A. e Fava, T. (2001), Le associazioni dei cittadini stranieri in Italia, Roma, Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro-Organismo nazionale di coor-dinamento per le politiche di integrazione sociale degli stranieri; Osservatorio delle immigrazioni (2003), L’associazionismo degli immigrati in provincia di Bologna, Bologna, www.provincia.bologna.it; Caritas Italiana, Immigrati e partecipazione. Dalle consulte e dai consiglieri aggiunti al diritto di voto, Roma, Edizioni IDOS, 2005; Immigrazione, volontariato ed integrazione, Rapporto 2010, IPRS.13 M. Plutino, Stranieri e diritto di associazione in partiti, n.1/2012, www.dirittifondamentali.it.

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partito di fatto non è stata ancora normata. L’inclusione politica dei cittadini stranieri nei luoghi privilegiati per l’esercizio della sovranità e della rappresentanza è lasciata al diritto dei partiti, i quali, sulla base dei regolamenti interni, concedono o meno la possibilità di iscrizione14.

L’assenza di regolamentazione dell’attività partitica lascia spazio non solo ad eventuali divieti e a posizioni restrittive della dottrina, ma anche a posizioni di totale apertura in chiave europeista, che rompono il legame tra cittadinanza e diritti politici, in virtù anche dell’acquisizione dei principi dettati dalla UE.

La normativa comunitaria è intervenuta ripetutamente per favorire l’inclusione sociale e per migliorare le condizioni per l’integrazione dei cittadini di Paesi terzi regolarmente residenti nell’UE, senza tuttavia riconoscere espressamente, se non in base a principi assoluti sanciti dal diritto naturale, il diritto della partecipazione degli immigrati all’interno delle formazioni partitiche. Dal Consiglio europeo di Tampere del 1999 era già emersa la necessità di offrire ai cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti nei Paesi membri “diritti ed obblighi comparabili a quelli dei cittadini dell’Unione europea”, al fine di “favorire la non discriminazione nella vita sociale, economica e culturale”, mediante anche il ravvicinamento dello status giuridico dei cittadini di Paesi terzi a quello dei cittadini dell’Unione europea15.

Sono diversi gli strumenti di diritto comunitario introdotti al fine di garantire la parità di trattamento con i cittadini nazionali di determinate categorie di cittadini di Paesi terzi.

Con il regolamento n. 859/2003/CE, ad esempio, il legislatore europeo ha esteso anche ai cittadini di Paesi terzi le disposizioni comunitarie riferite al coordinamento dei regimi nazionali di sicurezza sociale16.

Tale politica comune europea è stata rafforzata a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. All’art. 79 del TFUE si indicano gli obiettivi della politica comune europea sull’immigrazione, che dovrebbe assicurare anche quello dell’equo trattamento dei cittadini terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri17.

Tale concetto di equità nel trattamento dei cittadini di Paesi terzi (certamente di forza minore rispetto ad un pieno riconoscimento del diritto alla parità di trattamento) trova riscontro già nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e successivamente nella Carta europea dei diritti fondamentali, pienamente vincolante dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ed avente lo stesso valore giuridico dei trattati, vincolando anche gli Stati membri quando attuano il diritto dell’Unione europea.

Nell’art.11, che sancisce la libertà di riunione e di associazione, si ribadisce che “ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione pacifica e alla libertà di associazione a tutti i livelli, segnatamente in campo politico, sindacale e civico, il che implica il diritto di ogni individuo di fondare sindacati insieme con altri e di aderirvi per la difesa dei propri interessi”.

14 Cfr, M. Plutino.15 W. Citti, “Le categorie di cittadini di Paesi terzi non membri dell’UE protetti dal principio di parità di trattamento di cui al diritto dell’Unione europea (familiari di cittadini UE, lungo soggiornanti, accordi di associazione euro-mediterranei). Spunti e problematiche di attualità rispetto al diritto interno italiano e prospettive verso un nuovo concetto di “cittadinanza europea”, 2012, Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione. 16 http://europa.eu/legislation_summaries/other/l33197_it.htm.17 G. Orlandini, La libera circolazione dei lavoratori nell’Unione europea, Il Mulino, 2007, pp. 34-35.

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Il fatto che tale norma abbia fatto uso dell’espressione “ogni persona” piuttosto che quella di “ogni cittadino dell’Unione”, fa ritenere che essa faccia riferimento non solamente ai cittadini dell’Unione, ma all’insieme delle persone regolarmente soggiornanti nel territorio degli Stati membri.

Pur ribadendo il principio di libera associazione, la menzione esplicita riguarda comunque all’art.12 il solo diritto alla libera riunione sindacale, non partitica, mantenendo il tal modo la visione dominante che guarda all’immigrato come ad un lavoratore, non ad un cittadino. Rispetto alla libera associazione in formazioni di tipo partitico, la Carta enuncia come debbano essere i partiti politici a livello dell'Unione a contribuire ad esprimere la volontà politica dei cittadini dell'Unione18.

Nella Direttiva 2003/109/CE del Consiglio, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo, si prevede un trattamento paritario su tutto il territorio europeo, indipendentemente dal paese dell’UE di residenza per i residenti di lungo periodo, i quali godono, secondo quanto riportato al punto ‘g’ dell’ art.11, degli stessi diritti riconosciuti ai cittadini dell'Unione per quanto riguarda la libertà di associazione, adesione e partecipazione a organizzazioni di lavoratori o di datori di lavoro e libertà di rappresentare tali organizzazioni.

3.2 I requisiti legali per il voto in Italia

A fronte dell’esercizio del diritto di voto amministrativo per la popolazione straniera già introdotto mezzo secolo fa da alcuni paesi europei, l’Italia esclude i cittadini dei Paesi terzi regolarmente residenti dal godimento del diritto di voto ad ogni livello, da quello locale a quello europeo.

La Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, denominata di Strasburgo, adottata dal Consiglio d'Europa il 5 febbraio 1992 ed entrata in vigore il 1º maggio 1997, sancisce l’inclusione sociale e politica dei residenti stranieri nella vita delle comunità locali19, nelle parti:

- A-Libertà di espressione, di riunione e di associazione;

- B-Organi consultivi volti a rappresentare i residenti stranieri a livello locale;

- C-Diritto di voto alle elezioni locali.

L’Italia ha ratificato di tale Convenzione20 limitatamente i capitoli A e B, escludendo l’intera Parte del Cap C, perché ritenuta in conflitto con l’art. 48 della Costituzione.

Non è stata accolta dunque l’estensione del suffragio agli stranieri a livello locale, nonostante la legge n. 40/98, nota come Turco-Napolitano, all’articolo 2 conferisca allo straniero il godimento dei diritti in materia e al comma 3 della partecipazione alla vita pubblica locale”; siano numerosi i progetti di legge di riforma della materia21.

18 http://europa.eu/legislation_summaries/other/l33197_it.htm.19 http://conventions.coe.int/Treaty/ita/Summaries/Html/144.htm.20 La Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale è resa esecutiva con legge 8 marzo 1994, n. 203 (in Suppl. ordinario n. 52, Gazz. Uff. n. 71, del 26 marzo).21 Nella prima bozza del disegno di Legge Turco-Napolitano era presente l’art. 38, che attribuiva il diritto di voto amministrativo agli immigrati non appartenenti all’UE, poi radiato nelle bozze successive del disegno di legge. Nel corso dell’esame in sede referente in Commissione Affari Costituzionali della Camera dei deputati il Governo

fece la scelta di stralciare l’articolo 38 e di trasferirlo in un disegno di legge di natura costituzionale. Si tratta del 10

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In tal modo, risulta evidente come il tema del diritto elettorale si leghi alla riforma della cittadinanza22. La naturalizzazione dunque è ad oggi l’unica maniera per regolamentare l’estensione del suffragio ai cittadini stranieri residenti sul territorio nazionale e per estendere i diritti politici. Ciò significa che rappresentanze all’interno delle istituzioni sono di cittadini di origine straniera.

Al di là dell’importante tema della cittadinanza, in Italia il diritto dello straniero a partecipare alla vita politica locale non è affatto escluso a livello giurisprudenziale, ma è previsto espressamente sul piano legislativo soltanto nel caso dei cittadini comunitari, in recepimento delle direttive europee in materia. Appositi organismi sono stati istituiti da molti Comuni, che hanno intrapreso la strada politica della visibilità giuridica delle minoranze alloctone, attraverso l’istituzione di consulte e della figura del Consigliere Aggiunto, quali forme di rappresentanza consultiva della popolazione immigrata all’interno delle istituzioni previste dall’ordinamento. Già la legge n. 943 del 1986 prevedeva l’istituzione di una consulta per i problemi dei lavoratori extracomunitari e delle loro famiglie, e di consulte regionali. Ma è stato il T.U. del ’98 a introdurre nuovi organismi di rappresentanza, quali la Consulta ed i Consigli territoriali per l’immigrazione, organismo quest’ultimo regolato con D.P.R. del 31 Agosto 1999,n. 394.

Queste forme di partecipazione politica presentano molti punti deboli, per la fragilità giuridica in cui si viene a trovare la rappresentanza degli immigrati, poiché gli organismi consultivi, istituzionali o associativi, restano di fatto esclusi dai processi decisionali, né rivestono alcun ruolo strutturale sul piano istituzionale.

3.3 Il diritto di partecipazione nei partiti: statuti e regolamenti interni

disegno di legge di iniziativa del Governo Prodi (Atto Camera n. 4167), presentato nel settembre del 1997 che, aggiungendo un comma all’art. 48 della Costituzione, riconosceva allo straniero “anche in esecuzione di trattati e accordi internazionali, il diritto di voto nei limiti, con i requisiti e secondo le modalità stabiliti dalla legge, con esclusione delle elezioni delle Camere e delle elezioni regionali”. Il disegno di legge, assegnato alla 1° Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati in sede referente, non fu mai oggetto di esame.Sono diversi i progetti di legge da allora depositati in parlamento che si propongono di disciplinare la partecipazione politica ed amministrativa, nonché il diritto di elettorato attivo e passivo a livello regionale e locale di coloro i quali, pur non essendo cittadini italiani, siano regolarmente soggiornanti e stabilmente inseriti in Italia.I nodi sollevati dalle proposte di legge sono diversi. Innanzitutto le proposte sono tutte di carattere costituzionale. Si direbbe che tutte considerino non possibile introdurre, nemmeno a livello locale, il diritto di voto in mancanza di una modifica della nostra Carta fondamentale o maggiormente opportuna una modifica costituzionale, viste le oscillazioni interpretative della dottrina e al fine di evitare futuri cambiamenti legislativi o rischi di censura da parte della Corte Costituzionale pregiudicherebbero la posizione dei nuovi elettori. Tra i provvedimenti emanati dal Legislatore in tema di diritto di voto per coloro che soggiornano regolarmente in Italia, compaiono anche circolari e decreti che ribadiscono l’impossibilità di estendere il suffragio ai cittadini stranieri da parte dei comuni, subito seguita da un parere che di fatto annulla i percorsi autonomi intrapresi, ad esempio, dal Comune di Ancona, di Firenze, di Genova e di Venezia, che si sono adoperati nella modifica degli statuti.22

La normativa che regola la materia in Italia (legge 91 del 1992) ammette la doppia cittadinanza ma innalza i tempi per la naturalizzazione (acquisizione della cittadinanza per residenza) rispetto alle precedenti disposizioni. L’ Italia - come la Spagna - richiede dieci anni di residenza continuativa per divenire cittadini tramite naturalizzazione. I tempi per l’accettazione della richiesta possono eccedere i due anni e sull’intera procedura gravano forti elementi di discrezionalità da parte delle autorità – l’ottenimento della cittadinanza si configura infatti, anche giuridicamente, come una ‘concessione’, piuttosto che un diritto subordinato al possesso di determinati requisiti.Il nostro Paese costituisce, nell’ambito dei principali Stati europei, il fanalino di coda per quanto riguarda le naturalizzazioni: sono state 19.000 l’anno scorso, a fronte delle 125.000 di un Paese come la Germania, tradizionalmente riluttante a trasformare i propri immigrati in cittadini.

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Dinanzi alle limitazioni giuridiche nell’esercizio dei pieni diritti politici, in che maniera allora è possibile garantire il coinvolgimento dei cittadini dei Paesi terzi nella vita dell’associazionismo partitico nostrano? Quali ruoli ricoprono e di cosa si occupano?

Secondo quanto emerso dalla ricerca desk, l’assenza di dati e di approfondimenti disponibili che rispondano a quesiti centrali inerenti al tema dell’inclusione politica degli stranieri nei partiti rende necessario l’avvio in Italia di un’indagine che ponga al centro l’individuazione di livelli e modalità volti a garantire la partecipazione formale/informale degli immigrati nei partiti.

In controtendenza rispetto al contesto di scarsa regolamentazione dell’attività dei partiti e di assenza della normativa in materia, si sono comunque susseguite nel corso degli anni alcune esperienze di partecipazione politica diretta da parte dei cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, che a ben vedere coinvolgono soprattutto la componente già naturalizzata.

Tra le principali esperienze si annoverano: adesioni di cittadini stranieri alle principali formazioni partitiche italiane; creazione di alcune sezioni e dipartimenti immigrazione; esercizio di voto nelle elezioni primarie per la scelta dei leaders per le principali cariche istituzionali.

Tali esperienze, spazi ricavabili in vista dell’assenza di meccanismi sanzionatori, sono disciplinate da quello che è stato definito il ‘diritto dei partiti’, ossia secondo le indicazioni statutarie e i regolamenti interni.

Quelli di seguito analizzati sono i recentissimi statuti delle odierne formazioni partitiche, la maggior parte delle quali costituitesi dal 2007 al 2011. L’attuale morfologia politica, dettata dalla recente nascita di nuove formazioni partitiche, non consente di individuare pratiche consolidate di inclusione di cittadini provenienti dai Paesi terzi al proprio interno.

Gli statuti che analizzeremo sono quelli dei partiti maggiormente rappresentativi di tutti gli schieramenti politici, che, seppur in maniera discontinua, hanno prestato maggiore attenzione al tema dell’inclusione dei cittadini stranieri nella vita del partito o reso centrali i processi migratori nella costruzione di una propria identità politica in chiave xenofoba.

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Tab.5: Principali formazioni partitiche in Italia, oggetto di indagine.

Partito Anno Vecchie formazioni Orientamento

politico

Partito

Democratico

(PD)

2007 Democratici di Sinistra (1998-

2007) e Margherita (2000-2007)

Sinistra

Sinistra e

Libertà (SEL)

2009 Partito Rifondazione Comunista

(PRC)

Sinistra

Partito Rifondazione

Comunista (PRC)

1991 PCI (1921-1991) Sinistra

Il Popolo della

Libertà (PDL)

2008 Forza Italia (1994-2008) e

Alleanza Nazionale (1994-2008)

Destra

Lega Nord per

l’indipendenza

della Padania

1989-97 Destra

Unione di Centro

(UdC)

2008 Unione dei Democratici Cristiani e

di Centro (2002-2008), Rosa per

l'Italia (2008), Coord. Popolari-

Margherita per la Costituente di

Centro (2008).

Centro

Movimento 5

Stelle

2009 Movimento

Nella tabella sono riportati i principali partiti che aderiscono allo schieramento di sinistra, formato dal Partito Democratico (PD), da Sinistra Ecologia e Libertà (SEL) e dal Partito Rifondazione Comunista - Sinistra Europea (PRC). Dello schieramento di destra sono al centro dell’analisi il Popolo della Libertà (PDL), Lega Nord per l’indipendenza della Padania, Futuro e Libertà per l’Italia. Per lo schieramento di centro il partito è l’Unione di Centro (UdC).

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Accanto ai partiti maggioritari, che sono PD e PDL, occorre inserire un’organizzazione non partitica, uscita dalle urne nelle elezioni del 2013 prima formazione politica in Italia, il Movimento 5 Stelle.

Dall’anno di fondazione emerge che agli ultimi 5 anni risalgono la stragrande maggioranza dei partiti, nei quali sono confluite vecchie formazioni partitiche che hanno dominato la scena politica dalla fine degli anni ’90.

Emerge dunque una peculiarità tutta italiana: alla storia lineare del sindacalismo italiano, che attraversa un percorso che valica tre secoli, dall’Ottocento al nuovo millennio, dagli esordi dello Stato unitario alla seconda Repubblica23, si contrappone la trasformazione politico-istituzionale volta a rivalutare l’istituto della rappresentanza politica mediante significative riforme istituzionali/elettorali e la frammentazione del sistema partitico italiano, che ha prodotto la fine storica dei grandi partiti di massa e le moderne formazioni partitiche, sopra rappresentate.

Un panorama politico già si delinea in modo chiaro: l’Italia dal dopoguerra ad oggi è passata dai tre partiti di massa (Democrazia Cristiana -DC, Partito Socialista -PSI e Partito Comunista - PCI) ad avere un numero esorbitante di partiti: 22 il numero di quelli rappresentati in Parlamento alle urne del 2013, a cui occorre aggiungere 24 altre formazioni attualmente operative, ma escluse dai luoghi della rappresentanza nazionale.

Statuti e regolamenti interni

In contrasto con le interpretazioni correnti della dottrina, i partiti hanno, seppur in maniera limitata, aperto agli iscritti stranieri, senza specificare in alcun modo le differenze tra cittadini comunitari e dei Paesi terzi. Ciascuno dei diversi schieramenti ha disposto con specifiche modalità il coinvolgimento dei cittadini dei Paesi terzi al proprio interno. Mentre i rappresentanti dei partiti che compongono lo schieramento di sinistra dichiarano il voler favorire la piena partecipazione dei cittadini stranieri, quelli appartenenti allo schieramento di destra configurano un divieto di appartenenza degli stranieri già negli statuti24. Occorrerebbe discernere tra iscrizione e adesione: anche se in alcuni statuti non è menzionata la possibilità di radunare iscritti stranieri, ciò non necessariamente equivale ad un divieto di iscrizione, dal momento che alcuni li annoverano strumentalmente tra gli iscritti. Rappresenta piuttosto l’opposizione o l’esclusione dalla agenda politica del partito del tema dell’integrazione delle comunità straniere, là dove l’immigrazione diventa centrale solo in termini di politiche della sicurezza e del lavoro.

Avviamo la seguente trattazione teorica, ribadendo opportunamente che la possibilità o meno di iscrizione di per sé non uguaglia l’esercizio di un diritto. La regolamentazione di fatto non esclude la possibilità di partecipare alla vita dei partiti, vincolata per alcuni all’età anagrafica o al tempo di soggiorno in Italia, purché tali organismi concedano spazi, che risultano tuttavia limitati e inerenti soltanto al tema dell’immigrazione.

Secondo quanto riportato negli statuti dei partiti di sinistra possono far parte di un partito, in qualità di iscritto o di elettore, qualsiasi cittadino regolarmente residente

23 C.Vallauri, Storia dei sindacati nella società italiana, Ediesse, 2008, Roma.24http://www.pdl.it/notizie/15377/statuto-del-popolo-della-liberta; http://www.udcitalia.it/Dipartimenti/ContenutiStaitci.aspx?tipo=161&dip=2.

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per il PD, tutte le donne e gli uomini, maggiori di quattordici, indipendentemente dalla cittadinanza per SEL e PRC. Alcune formazioni di sinistra dunque esprimono il pieno diritto di uguaglianza e parità di trattamento mettendo al centro il rispetto al proprio interno del pluralismo culturale, politico, sessuale e nazionale, nel caso di SEL25 e del PRC26; altre pongono tra i requisiti di base su chi può far parte di un partito, la regolarità del soggiorno, che corrisponde ad un pieno inserimento dei cittadini lungo soggiornanti nel tessuto socio-politico d’insediamento.

Lo schieramento di centro-destra è invece compatto nel limitare gli aderenti alle sole cittadine e i cittadini italiani. Nel caso della Lega Nord per l’indipendenza della Padania infine la posizione è ulteriormente estremizzata, dal momento che la composizione del movimento resta addirittura circoscritta ad alcune aree e composta da sezioni di specifiche ‘nazioni’ (Alto Adige - Südtirol; Emilia; Friuli – Venezia Giulia; Liguria; Lombardia; Marche; Piemonte; Romagna; Toscana; Trentino; Umbria; Valle d’Aosta - Vallée d’Aoste; Veneto)27. Unica eccezione è rappresentata da Futuro e Libertà per l’Italia, nella cui base associativa si possono trovare tutti i cittadini italiani ed europei e gli immigrati regolarmente residenti in Italia28.

Eppure, nonostante la distanza registrata tra i due schieramenti politici, l’esclusione dagli statuti di alcuni partiti di destra della possibilità che possano iscriversi cittadini stranieri non è stata segnalata come pratica discriminatoria dai partiti di sinistra. La condizione normativa dell’inclusione politica dei cittadini dei Paesi terzi nei partiti non è ancora oggetto di discussione nei partiti. Ossia, la negazione dell’esercizio del diritto di partecipazione politica non poggia la sua base nella norma, bensì su argomentazioni di carattere politico.

A differenza degli statuti di SEL e PRC, lo statuto del Partito Democratico è senz’altro il più avanzato nel favorire la partecipazione dei cittadini stranieri in possesso del permesso di soggiorno. All’art.1, Principi della democrazia interna, lo statuto promuove la partecipazione politica delle giovani donne e dei giovani uomini, delle cittadine e dei cittadini dell’Unione Europea residenti ovvero delle cittadine e dei cittadini di altri Paesi in possesso di permesso di soggiorno, garantendo pari opportunità a tutti e a tutti i livelli.

Ma è l’art.2, Soggetti fondamentali della vita democratica del Partito, a definire le diverse forme di partecipazione alla vita democratica interna, aprendo all’adesione dei cittadini stranieri sia in qualità di iscritti che di elettori, di conseguenza alle elezioni dirette delle cariche del partito e riconoscendo la possibilità di avanzare la propria candidatura per gli organismi dirigenti e per le elezioni dirette da parte degli elettori, e di partecipare alle elezioni primarie per la scelta dei candidati del partito alle principali cariche istituzionali29.

La partecipazione alle primarie dei cittadini immigrati in possesso di carta d’identità e di regolare permesso di soggiorno è stata oggetto di un apposito regolamento redatto in occasione delle ‘Primarie per l’Italia Bene Comune’ del 25 Novembre 2012, principi regolamentari definiti da PD, SEL, e PSI (Partito Socialista

25 http://www.sinistraecologialiberta.it/materiali/statuto/statuto24102010.pdf.26 http://web.rifondazione.it/home/index.php/partito/73-partito-contenuti/25-statuto.27 http://www.leganord.org/index.php/il-movimento/lo-statuto-della-lega-nord.28 http://www.futuroelibertatoscana.com/statuto.asp.

29 www.partitodemocratico.it/doc/100454/statuto-del-partito-democratico.htm.

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Italiano) per la scelta del candidato comune alla Presidenza del Consiglio alle elezioni politiche del 201330.

Mentre sono del tutto assenti pubblicazioni dei dati ufficiali che ci possano chiarire la portata del fenomeno delle iscrizioni degli stranieri, filtrano indiscrezioni giornalistiche sulla percentuale dei partecipanti stranieri alle ultime primarie del centro sinistra in alcune sezioni milanesi, dove si registrano circa il 10% di schede elettorali depositate da cittadini immigrati al voto31.

Questa voglia di partecipazione, che attraversa prevalentemente le collettività arabe e sud asiatiche32, non si traduce in una rappresentanza delle comunità straniere all’interno dei partiti nelle alte cariche dirigenziali, se non in alcune forme di attivismo.

3. Rappresentanza straniera nei partiti

Ad oltre vent’anni di distanza dalla presenza significativa della popolazione straniera in Italia, perdura la mancanza di rappresentanza diretta degli interessi di una parte oramai significativa della popolazione italiana. In realtà, gli ultimi scenari politici italiani rivelano come i partiti abbiano perso l’essenziale ruolo d’intermediazione e di essere strumenti fondamentali di partecipazione politica.

La crisi della rappresentanza è misurabile nell’assenza della possibilità per gli stranieri di esercitare il diritto all'elettorato passivo, ossia di beneficiare della capacità giuridica di ricoprire cariche elettive, ed attivo, a non poter esprimere col proprio voto alcun tipo di preferenza, come già approfondito nella trattazione precedente.

Pur in assenza di dati sulla rappresentanza straniera nei partiti politici, l’analisi rivela le forti limitazioni da parte degli stranieri ad accedere a cariche dotate di potere politico decisionale all’interno di un partito o delle istituzioni, che restano circostanziate a nomine a capo di settori impegnati sul tema dell’immigrazione. Nel caso ultimo della presenza degli stranieri all’interno delle istituzioni e dell’accesso agli incarichi istituzionali, circoscritti esclusivamente all’esperienza locale dei Consiglieri Aggiunti, privi di diritto di voto, si registra un impedimento di natura giuridica, superabile al momento attraverso la naturalizzazione, che di fatto mette definitivamente da parte il riconoscimento dei diritti politici delle minoranze alloctone, che di fatto rinunciano allo status di straniero33.

Nel caso invece dell’assegnazione di incarichi all’interno di un partito, la limitazione all’accesso alle cariche dirigenziali non è in realtà formale, dal momento che è concesso ufficialmente negli statuti, bensì sostanziale. Nelle formazioni partitiche aperte all’iscrizione di cittadini stranieri non esiste alcun vincolo giuridico che impedisca agli immigrati associati di ricoprire anche cariche dirigenziali, visto che negli statuti la titolarità di cariche direttive spetta a chi è iscritto. Allo stesso tempo, non esistono regolamenti che garantiscano la presenza di quote dedicate agli stranieri.

30 http://www.partitodemocratico.it/Allegati/principi_regolamentari_primarie.pdf.31 http://affaritaliani.libero.it/milano/immigrati-voto-primarie-svelano-voglia-partecipazione.html.32 Ricerca condotta dal 2004 al 2008 dal titolo “Immigrati, identità culturale e partecipazione politica: un’indagine nel Comune di Roma”, promossa dal Dipartimento di Sociologia e Scienze della Comunicazione dell’Università degli Studi di Roma “Sapienza”, cattedra di Sociologia delle Relazioni Etniche, dalla Commissione Immigrazione, Multietnicità e Nuovi Diritti e dall’ufficio per la Rappresentanza delle Comunità Straniere del Comune di Roma.33 In tal senso, si ricordano le uniche esperienze parlamentari di alcuni cittadini di origine straniera, intraprese da Ali Rashid (PRC), di origine palestinese; da Mercedes Lourdes Frias (PRC), originaria di Santo Domingo; Suad Sbai (PDL), di origine marocchina; Jean-Léonard Touadi (IDV), originario del Congo; Khalid Fuad Allam (Margherita, formazione politica confluita attualmente nel PD).

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Eppure negli organismi chiamati nella Carta europea dei diritti fondamentali a contribuire ad esprimere la volontà politica dei cittadini dell'Unione, quali sono i partiti, i cittadini stranieri che attualmente rivestono alte cariche nazionali o candidati sono pressoché assenti, spartite solo tra qualche naturalizzat34. Rimandiamo alla fase di indagine empirica l’approfondimento delle ragioni di tale evidente condizione discriminatoria, non indagata in altri studi.

I nuovi indirizzi impartiti da alcune direzioni politiche per l’inclusione politica delle rappresentanze straniere restano appiattiti anch’essi sul tema della naturalizzazione per cittadinanza. La Direzione Nazionale del PD si è impegnata, mediante l’approvazione di un ordine del giorno35, a realizzare un effettivo e profondo rinnovamento delle classi dirigenti attraverso una rappresentanza di immigrati eletta in Parlamento, che di fatto è qualcosa di molto diverso dal riconoscimento dell’esercizio dei diritti di rappresentanza ai cittadini stranieri.

Nonostante il netto ritardo a quanto sancito dai trattati europei, la diversità inizia a giocare un ruolo in campagna elettorale nel momento in cui, divampata la polemica intorno alle dirigenze ferme dei partiti, si moltiplicano gli appelli per un rinnovamento dei vertici. In tale contesto, l’inclusione politica dei cittadini di origine straniera appare, più che un cambiamento culturale sostanziale di riconoscimento di diritti politici, strumentale in risposta alla richiesta di trasformazione mossa dalla società civile.

Più che tentativi reali di inclusione o di vere e proprie “campagne di arruolamento” portate avanti dai diversi partiti politici nei confronti delle comunità, si è trattato di un iniziale processo di inserimento negli organismi partitici e sindacali condotto in modo per lo più verticistico e finalizzato all’ottenimento di una maggiore visibilità politica.

Il rischio di strumentalizzazioni è percepito con forza dagli stranieri, che vedono, soprattutto in occasione di importanti scadenze elettorali, la richiesta di partecipazione degli immigrati come un’operazione di mera facciata36.

Questa è indicata come una delle principali ragioni che limitano fortemente le iscrizioni degli stranieri nei partiti, per quanto l’impossibilità ad esercitare il diritto elettorale a livello regionale e locale, dovuta all’assenza di disciplina, incida negativamente sulla partecipazione politica, non offrendo ancora ai partiti alcuna opportunità elettorale.

4. La discussione e l’approccio all’interno dei partiti

5.1 Campagne sulla diversità proposte dai partiti politici

34 Rispetto alle elezioni politiche 2013, sono stati assegnati posti di capolista nella corse per la Camera dei Deputati e per la Regione Lazio ai candidati per il rinnovamento, che sono Khalid Chaouki, responsabile Nuovi Italiani e Jean-Léonard Touadi, indicato da più parti come possibile vicesegretario. Altri candidati di origine straniera nelle liste SEL alla Camera sono Diaw Mbaye, originario del Senegal, e Mercedes Lourdes Frias. 35 "Il Paese è maturo, rappresentanza per gli immigrati", ordine del giorno presentato da Livia Turco, Marco Pacciotti e Jean Léonard Touadi a nome del Forum Immigrazione PD e approvato dalla Direzione Nazionale del PD il 17 Dicembre 2012 (Fonte: L'impegno del PD: "Porteremo nuovi italiani in Parlamento", www.stranieriinitalia.it/ Martedì 18 Dicembre). 36Cfr, ricerca “Immigrati, identità culturale e partecipazione politica: un’indagine nel Comune di Roma”.

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Occorre precisare che sul tema specifico dell’inclusione politica dei cittadini dei Paesi terzi nei partiti politici non si registrano campagne condotte dalle diverse formazioni partitiche. Le uniche campagne sociali che hanno visto l’adesione dei partiti politici italiani riguardano i temi del rispetto della diversità, tese a produrre consenso da parte della società civile intorno ai valori della tolleranza e del rispetto della diversità culturale.

Da alcuni studi realizzati da I.P.R.S. su alcune campagne a diffusione nazionale realizzate nel 201137, emerge la perdita di spessore delle campagne portate avanti dai partiti, che attraversano negli ultimi anni un’acuta fase di frammentarietà ed instabilità interna, a fronte di una parallela crescita di quelle attivate da un movimento civile, formato da una rete nazionale di organizzazioni della società civile, sui temi dei diritti di cittadinanza e del contrasto al fenomeno del razzismo e delle discriminazioni.

Per quanto alcune non siano state proposte direttamente dai partiti, diverse campagne attivate dai principali organismi, laici e cattolici, impegnati sui temi della tutela dei diritti dei migranti, hanno visto impegnate le principali formazioni dello schieramento di centro-sinistra, tra le quali: Il razzismo è una brutta storia (2008); Io non ho paura (2009); Clandestino (2009); 24h senza di noi (2010); L’Italia sono anch’io (2012).

4.2. Percorsi di successo degli stranieri nei partiti politici

La letteratura giornalistica documenta alcuni percorsi di successo intrapresi da cittadini stranieri, la maggior parte dei quali ora per lo più naturalizzati, all’interno dei partiti politici.

Tra le frange più attive politicamente all’interno delle comunità straniere, che hanno sperimentato in Italia forme di auto organizzazione, espresse dai primi movimenti dei lavoratori, dal CII- Comitato Immigrati in Italia38 e dalle associazioni, ritroviamo anche uno spiccato impegno da parte degli stranieri all’interno delle organizzazioni politiche.

Per comprendere l’origine di tali percorsi di successo occorre sottolineare il forte nesso tra i movimenti che hanno visto protagonisti i migranti in Italia negli anni ‘90, che sono prevalentemente il movimento dei sans papier e quello antirazzista, e i partiti politici. Il legame travalica la condivisione da parte di alcune formazioni partitiche degli schieramenti di sinistra delle campagne sui diritti dei migranti.

Possiamo sostenere che sono confluiti nei partiti, ritagliandosi anche ruoli di spicco, i principali leaders stranieri che hanno guidato i movimenti di lotta auto organizzata dei migranti in Italia, fondatori del comitato che ha riunito al livello nazionale le diverse realtà di lotta territoriale dei migranti, il CII. Un esempio in tal senso è rappresentato dalle candidature nelle liste SEL alla Camera di Diaw Mbaye, originario del Senegal, e di Mercedes Lourdes Frias, entrambi membri fondatori del CII.

Accanto a questi profili, troviamo altri attivisti che provengono dalle fila dei principali partiti esteri, presenti ufficiosamente in Italia all’interno delle comunità che registrano un elevato livello di politicizzazione. Tra questi ricordiamo brevemente il partito comunista srilankese, il Fronte di Liberazione del Popolo, presente in Italia39 e

37 IPRS, Studio sui fenomeni di discriminazione e dei relativi stereotipi nei vari ambiti del sistema educativo, del mercato del lavoro, della vita sociale e culturale, 2010, finanziato da UNAR, Presidenza del Consiglio dei Ministri. 38 P. Basso , F. Perocco , Gli immigrati in Europa. Diseguaglianze, razzismo lotte, Franco Angeli, 2003, Milano.

39 www.facebook.com/JVPItalia.

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attivo nella zona milanese40. Uno dei rappresentanti, Sudath Adikari Mudijanselage, è stato eletto membro della Consulta Cittadina delle Comunità Straniere del Comune di Roma ed è un attivista in campagne promosse congiuntamente dal JVP con i partiti comunisti italiani, tra i quali il Partito dei Comunisti Italiani (PDCI).

Un altro interessante percorso di partecipazione politica coinvolge direttamente le collettività arabe presenti stabilmente in Italia, all’apice della rappresentanza nelle principali formazioni partitiche italiane, tra le quali PD e SEL per lo schieramento delle forze politiche di sinistra, PDL per quello di destra.

La presenza di attivisti, persino che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o parlamentari, originari del nord Africa e del Medio Oriente, si ascrive da un lato nella vicinanza geografica e nella stanzialità dei progetti migratori, molti dei quali volti alla naturalizzazione per matrimonio e per residenza, che conferiscono alla migrazione in Italia il tratto prevalentemente mediterraneo; dall’altro, nelle caratteristiche dei flussi migratori, in maggior parte composti originariamente da esuli e attivisti politici, sfuggiti all’estero oltre quarant’anni fa alle persecuzioni perpetrate dai regimi arabi o da decenni di occupazione israeliana.

La spinta propulsiva all’organizzazione in Italia delle collettività arabo-musulmane ha visto protagonista: la componente laica, che ha dato vita ad organizzazioni studentesche e politiche, completamente assorbita dai movimenti sessantottini dell’epoca; la componente religiosa politicizzata vicina alla Fratellanza Musulmana, che ha portato alla nascita dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia (UCOII) e molte organizzazione e associazioni religiose41.

I pionieri di quelle esperienze sono stati assorbiti all’interno di alcuni partiti e si sono cimentati anche in altre esperienze politiche, rappresentate dalla formazione di liste civiche miste in occasione delle tornate elettorali locali. Un esempio al riguardo, è “Milano Nuova” lista multietnica per le comunali del 2011, il cui candidato sindaco, Abdel Hamid Shaari, è il Presidente dell'Istituto culturale islamico e portavoce del centro islamico di viale Jenner42.

Rispetto alla spinta propulsiva che ha visto protagonista la componente laica mediorientale riportiamo l’esperienza dell’allora Segretario nazionale dell'Unione degli Studenti palestinesi (GUPS), membro dell'Unione generale degli scrittori e giornalisti palestinesi, dal 1987 Primo Segretario della Delegazione generale palestinese in Italia, Ali Rashid, eletto nel 2006 alla Camera col PRC, attualmente membro del coordinamento nazionale di SEL.

Un esempio di attivista proveniente da organizzazioni musulmane presenti in Italia è Khalid Chaouki, tra i fondatori dell’associazione Giovani Musulmani d’Italia (GMI), membro nel 2005 della Consulta per l'Islam italiano presso il Viminale, responsabile nazionale nel 2008 seconde generazioni dei Giovani Democratici, attualmente responsabile Nuovi Italiani del Partito Democratico e parlamentare votato nelle elezioni politiche nazionali 201343.

Provenendo dai movimenti di lotta auto organizzata dei sans papier italiani e da organismi sindacali o partitici originari dei paesi di provenienza, che registrano delle ramificazioni in Italia di sedi estere o di nuove organizzazioni, è possibile asserire che i principali temi messi al centro dell’impegno militante all’interno dei partiti riguardano

40 Cfr, ricerca “Immigrati, identità culturale e partecipazione politica: un’indagine nel Comune di Roma”.41 A. Caragiuli, Islam metropolitano, Edup, Roma, in corso di pubblicazione.42 A. Montanari, Milano: gli islamici annunciano una lista civica per le comunali, 04 ottobre 2010, repubblica.milano.it.43 http://www.partitodemocratico.it/utenti/profilo.htm?id=7652.

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principalmente: la cessazione dei conflitti armati e la conclusione delle controversie politiche nei paesi d’origine nel rispetto dei diritti dell'uomo e delle risoluzioni dell'ONU; promozione delle politiche legislative di abbreviazione dei tempi per l’ottenimento del riconoscimento e del rinnovo dei diversi titolo di soggiorno e della concessione della cittadinanza e del diritto di voto; proposte di modifiche o di abrogazioni normative in tema di immigrazione e mercato del lavoro.

Gli obiettivi politici al centro dell’impegno degli stranieri provenienti dai Paesi terzi, basati ancora su di una dimensione arcaica, che vede lo straniero interessarsi dei problemi legati al proprio status, determinano la scelta della formazione partitica in cui aderire. In generale, le diverse formazioni partitiche comuniste radunano anche militanti di partiti comunisti esteri. In un apposito articolo, previsto dallo statuto del PRC, si ribadisce che “non è ammessa la contemporanea iscrizione al Partito e ad altra organizzazione partitica, fatta eccezione per le/gli straniere/i residenti in Italia e per le/gli italiane/i residenti all'estero purché l'iscrizione si riferisca ad altro partito comunista o progressista col quale il Partito della Rifondazione Comunista–Sinistra Europea abbia rapporti ufficialmente stabiliti”.

Il PRC fornisce, inoltre, un sostegno ai movimenti di lotta auto organizzata dei migranti in Italia, e raduna tra le proprie fila attivisti esponenti dei movimenti antirazzisti, impegnati anche su temi che esulano dalla questione migratoria in sé, ma su problemi connessi alle principali lotte sociali e sindacali, come quella contro l’abolizione dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori.

Differenti i profili dei militanti stranieri che aderiscono ai partiti maggioritari di entrambi gli schieramenti, PD e PDL, selezionati tra le rappresentanze che le comunità straniere eleggono attraverso le modalità aggregative proprie dell’associazionismo, formale ed informale. Singoli esponenti delle comunità straniere, inseriti nelle sezioni e nei dipartimenti dedicati, operano per lo più non attraverso le forme delle mobilitazioni politiche, bensì contribuendo al livello istituzionale a predisporre dei programmi politici e delle campagne sociali di sensibilizzazione sul tema del rispetto delle diversità.

5.3 Dati quantitativi sul fenomeno

Il mancato riconoscimento dei diritti elettorali in Italia in realtà non vieta in alcun modo la partecipazione diretta dei cittadini dei Paesi terzi nella vita dei partiti e non impedisce che si creino degli spazi di rappresentanza delle istanze sollevate da una parte significativa della popolazione.

Il mancato riconoscimento di un diritto potrebbe indurre i soggetti che ne sono privi ad attivarsi per lanciare delle campagne e orientare quei soggetti politici, i partiti, che potrebbero proporre sostanziali novità legislative, non solo nei termini di battaglia per i diritti di cittadinanza ma in generale per creare un cambiamento delle politiche migratorie, fortemente restrittive in Italia, e del mercato del lavoro.

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E’ interessante notare come i partiti politici siano in realtà chiusi ad accogliere esperienze di partecipazione al proprio interno da parte dei cittadini provenienti dai Paesi terzi.

Tale disinteresse è testimoniato da un’assenza di discussione interna e di dati sul numero dei migranti coinvolti nella vita dei partiti politici. Tale approccio ha determinato in quei migranti investiti del diritto di potersi associare in forma partitica, ovvero nei comunitari, di ritagliarsi altri spazi pubblici di rappresentanza.

L’esclusione dal concorrere per l’eleggibilità diretta, le forti limitazioni alle candidature e alle dirigenze, che hanno circoscritto fortemente il numero di attivisti e di iscritti stranieri, hanno difatti spinto alla nascita di formazioni miste, che riuniscono cittadini comunitari ed italiani, che vedono gli stranieri in posizioni di dirigenza o di co-fondazione.

L’assenza di spazi di rappresentanza all’interno delle associazioni partitiche autoctone ha accelerato negli ultimi anni la creazione di formazioni politiche e il moltiplicarsi di appelli per la creazione di partiti per stranieri, trasversali all’associazionismo degli immigrati e ai partiti politici italiani44. In un’alternanza di attività ed inattività politica, occorre dire che non si tratta di partiti di soli stranieri, vietati per legge a seguito dell’assenza di titolarità per un cittadino straniero del diritto di associazione partitica45.

Chiusa la porta alle candidature e agli incarichi dirigenziali da parte dei partiti politici italiani, la voglia di partecipazione politica e l’attivismo dei cittadini stranieri hanno creato dunque altri spazi politici.

Nonostante sia limitata la presenza di attivisti e di iscritti stranieri, la forma di attivismo politico all’interno dei partiti va comunque analizzata, a partire dai seppur limitati studi condotti in Italia nel corso degli ultimi venticinque anni. Ad essere coinvolta è stata la componente politicizzata delle comunità straniere, in particolare, come già emerso nell’analisi di alcuni percorsi di successo, i rappresentanti di associazioni di tipo sociale e politico.

5.4 Modalità di accesso e iscrizione nel partito

Scorrendo le pagine ufficiali dei siti istituzionali dei partiti in esame, si possono distinguere due livelli di adesione previsti per ciascun cittadino.

Il primo livello prevede come modalità di accesso l’iscrizione on line attraverso una registrazione a newsletter, che consente flussi di informazione diretta tra le associazioni partitiche, i propri iscritti e semplici cittadini che non hanno inoltrato una formale richiesta di iscrizione riguardanti le attività e campagne proposte dai partiti.

Il secondo livello prevede come modalità di accesso la compilazione on line di schede di adesione, correlate da un pagamento della quota annuale.

Modalità peculiari si rilevano nelle modalità di accesso previste dal Movimento 5 Stelle (M5S), legate alla forma di tale organizzazione politica non partitica.

44 www.zatik.com/iniziativesvis.asp?id=431.45 Sino ad oggi, i partiti creati con la finalità programmatica di occuparsi dei diritti degli stranieri in Italia sono il Pir- Partito identità romena, il Movimento dei nuovi italiani e Nuovi italiani Partito immigrati. Tra queste formazioni, il Pir rappresenta il partito che ha operato in maniera più rilevante, siglando patti e accordi con partiti tradizionali italiani. In occasione delle elezioni amministrative del 2006, il partito, che si è avvalso dell’appoggio dell’UDEUR Popolari, ha proposto in maniera innovativa la comunità più numerosa in Italia, quella romena, come nuovo soggetto politico e sociale, candidando la loro rappresentanza.

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I requisiti di accesso e le modalità di iscrizione previste, al di là delle variabili socio-anagrafiche già analizzate, sono disciplinate dai diversi statuti e regolamento, dai quale si evince in generale un’esclusività di appartenenza alla medesima organizzazione; il versamento delle quote annuali, non previste unicamente dal M5S.

L’adesione al M5S non prevede inoltre formalità maggiori rispetto alla registrazione ad un normale sito Internet. La richiesta di adesione verrà inoltrata tramite internet. Sempre attraverso la rete verrà portato a compimento l’iter di identificazione del richiedente, l’eventuale accettazione della sua richiesta e l’effettuazione delle relative comunicazioni. La partecipazione al Movimento è individuale e personale e dura fino alla cancellazione dell’utente che potrà intervenire per volontà dello stesso o per mancanza o perdita dei requisiti di ammissione.

5.5 Tipologia di coinvolgimento

In un quadro di limitato coinvolgimento dei cittadini dei Paesi terzi nei partiti politici, è possibile segnalare alcune forme di partecipazione. Queste si caratterizzano per una tendenza alla ghettizzazione tematica, ossia all’assegnazione da parte di alcuni partiti di incarichi al livello locale, raramente al livello nazionale, limitatamente alle politiche migratorie, unico settore ritenuto di competenza e compatibile con i profili degli ‘incaricati stranieri’. Il numero delle esperienze in tal senso non è assolutamente adeguato al numero delle presenze e delle pluralità di istanze. Anche nei partiti maggiormente attenti ai temi dei diritti, è evidente l’incapacità di costruire quadri politici che rispecchino il nuovo tessuto sociale italiano. Ciò che balza agli occhi è come si registri nel sistema politico italiano la mancanza di democrazia diretta ed il carattere elitario, che limita la rappresentanza nei partiti non solo degli stranieri, ma anche delle donne, al punto da richiedere un intervento del Legislatore, che ha recentemente ordinato, con la legge 23 novembre 2012 n. 215, le disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali.

La natura delegata della democrazia rappresentativa, che non prevede la partecipazione diretta dei cittadini alle decisioni politiche, assegna un ruolo fondamentale ai partiti per quanto riguarda l’aggregazione del consenso e l’orientamento dell’azione politica46, i quali, secondo l’attuale legge elettorale proporzionale a liste bloccate senza preferenze, nominano direttamente i candidati che saranno eletti.

I partiti che muovono i primi passi nella direzione dell’inclusione politica sono esclusivamente quelli che assegnano al tema dei diritti un ruolo centrale e che hanno provveduto a creare sezioni e dipartimenti immigrazione, che sono gli stessi che hanno aperto alla candidabilità di cittadini di origine straniera nelle diverse scadenze elettorali.

Tali sezioni, in realtà create allo scopo di predisporre dei programmi politici su una tematica specifica, sono state in realtà poco operative e scarsamente inclini al confronto con le altre forze politiche e soprattutto con il mondo dell’associazionismo dei migranti, ad eccezione vedremo, per ragioni diverse, del PRC e del PD. Inoltre hanno contribuito a ghettizzare tale tematica, relegandola ad una questione solo per stranieri, senza tra l’altro aver loro garantito spazi di protagonismo politico.

Tra le poche esperienze rilevanti occorre segnalare la creazione nel 1991 all’interno del PRC del Dipartimento immigrazione, tra le poche sezioni politiche dedicate al tema dell’immigrazione, senz’altro quella più remota, il cui primo responsabile nazionale fu Touty Coundoul.

46 Bianchi G., Crisi dei partiti e crisi della democrazia rappresentativa, ISRIL, N° 10 – 2012.

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Tab.6: Il Dipartimento Immigrazione del PRC.

Il partito della Rifondazione Comunista, fin dalla nascita scelse di considerare fra le priorità le tematiche legate

all’immigrazione definendo un apposito dipartimento affidato a Touty Coundoul. In tale periodo il partito si

spese in un tentativo di migliorare il primo testo unico prodotto dal parlamento in materia, la cosiddetta

legge “Turco – Napolitano” di cui da subito si avvertirono i limiti e le carenze. Nel frattempo, dopo la scissione

del 1998, il dipartimento venne affidato a Carlo Cartocci e inquadrato in quella che allora veniva definita “area

movimenti”. Fu in tale periodo che si riuscì a far nascere e crescere anche nelle singole città delle commissioni

territoriali, spesso legate ai movimenti del periodo e aperte anche a non iscritti. Un periodo fecondo che

avvicinò al partito anche una notevole presenza migrante e che portò, alla fine di novembre, ad una

conferenza nazionale sull’immigrazione, molto partecipata e che venne conclusa da Fausto Bertinotti. In tale

conferenza emerse anche come ricchezza e problematicità l’esigenza dei migranti di assumere anche ruoli di

direzione nelle politiche del partito. Una esigenza che se si realizzò, spesso con risultati positivi, in alcuni

territori, non venne mai sufficientemente sussunta a livello nazionale e che se invece avesse ricevuto

maggiore attenzione avrebbe portato sicuramente al consolidamento di quadri politici fortemente

rappresentativi. Nel 2004, al congresso nazionale del partito di Venezia, la conferenza nazionale divenne un

impegno da garantire periodicamente da statuto, ma questo non si è poi potuto realizzare. Nel frattempo

peggiorava la legislazione sull’immigrazione (nel 2002 c’erano state le modifiche introdotte con la Bossi – Fini

e aumentava un clima apertamente xenofobo nel Paese) parallelamente Rifondazione Comunista faceva

proprie le battaglie di movimento contro gli allora Centri di Permanenza Temporanea, per la libertà di

movimento, per l’estensione dei diritti e contro lo sfruttamento del lavoro migrante. Successivamente al

congresso la responsabilità del dipartimento passa alla compagna Roberta Fantozzi. Diminuiscono le riunioni

della commissione ma cresce il numero dei componenti del dipartimento, in attesa delle elezioni imminenti. Il

dipartimento interviene per proporre in fase programmatica una drastica revisione del testo unico ormai

definito Bossi – Fini e la fase che si apre con il nuovo governo e con la presenza al welfare di un ministro del

Prc, Paolo Ferrero, lascia ben sperare. Il nuovo testo di legge che si realizza, concordato con il Ministro

dell’Interno, è frutto di una mediazione ma non ha neanche il tempo di essere approvato. Il governo infatti

cade prima che si giunga ad una sua discussione. Nel frattempo nel partito il dipartimento aveva anche

realizzato un proprio testo di legge, alternativo e più incisivo nelle modifiche da apportare, regolarmente

depositato in parlamento. Dal 2008 il dipartimento, a cui vengono sottratte forze, viene affidato a Stefano

Galieni che tutt’ora ne è responsabile. Nell’ultimo quinquennio il dipartimento ha dovuto giocoforza diminuire

gli incontri di tutti i migranti o che si occupano di immigrazione, ha aderito, partecipato e co-promosso gran

parte delle iniziative di movimento, nazionali – come la grande manifestazione del 17 ottobre 2009 – e

territoriali. Gli iscritti che nei territori seguono tali tematiche hanno partecipato alle iniziative contro i CIE

(Centri di Identificazione ed Espulsione) contro i rimpatri forzati a Lampedusa, per una politica di accoglienza,

per il diritto di asilo, per la rottura del legame fra contratto di lavoro e permesso di soggiorno e hanno raccolto

firme per la campagna “L’Italia sono anch’io” con cui riformare l’accesso alla cittadinanza ed estendere il

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diritto al voto. Un lavoro spesso sotterraneo e poco evidenziato, svolto in collaborazione con le associazioni e

con le realtà di movimento –l’esperienza di quella che è stata chiamata Emergenza Nord Africa – ne è un

esempio, numerosi circoli si sono aperti per divenire spazio in cui fornire servizi, sportelli legali, corsi di

italiano, o per far si che le comunità presenti potessero svolgere riunioni ed assemblee. Laddove si è stati

presenti nelle giunte regionali si sono realizzate apposite leggi regionali che in gran parte sono rimaste

inapplicate per mancanza di risorse economiche adeguate. Insomma un lavoro articolato, a macchia di

leopardo, che ha visto l’impegno di molte e di molti ma alla luce dei fatti insufficiente rispetto alla sfida e ai

problemi presenti in Italia47.

A partire dal MIDS - Movimento immigrati democratici di sinistra, soggetto politico nato nel 2005 per dare voce agli stranieri di area democratica, la principale formazione partitica di sinistra, allora DS, attualmente confluita nel PD, ha creato uno dei principali spazi di visibilità alle istanze politiche degli stranieri, il Forum politiche sociali e immigrazione PD - "Nuovi Italiani" PD.

Vanno segnalati, inoltre, il Dipartimento Welfare del partito IDV- Italia Dei Valori, che tra gli ambiti tematici annovera quello dell’immigrazione, e il Dipartimento Immigrazione UDC, il cui responsabile, attualmente dimesso, Khawatmi Radwan, riveste l’incarico di Presidente del Movimento Nuovi Italiani48.

L’assenza di dialogo tra questi dipartimenti ed il mondo politico in generale e dell’attivazione di reali percorsi di facilitazione all’accesso di stranieri iscritti nei partiti ai ruoli dirigenziali è al centro di aperti dibattiti dei diversi tavoli di lavoro.

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