Analisi delle conferme e delle critiche alla teoria di Zecharia...

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IL FENOMENO NIBIRU Analisi delle conferme e delle critiche alla teoria di Zecharia Sitchin VOL 2: LE CRITICHE – IAN LAWTON 1

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  • IL FENOMENO NIBIRU

    Analisi delle conferme e delle critiche alla teoria di Zecharia Sitchin

    VOL 2:LE CRITICHE – IAN LAWTON

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  • Indice

    INTRODUZIONE................................................7IAN LAWTON.................................................15LE MOTIVAZIONI DI IAN LAWTON...............................17I PUNTI DA DISCUTERE.......................................20Introduction to Sitchin’s theories.......................20Sitchin’s scholastic approach............................24What’s in a Shem?........................................36I 12 shem...............................................40

    Sitchin’s pantheon.......................................76Sitchin’s cosmology and Planet X.........................95Nove obiezioni astronomiche............................101La creazione della Terra...............................132Il mistero del RAKIA...................................133Visitors from elsewhere?...............................139Nephilim, Anunnaki ed Igigi............................148Il reperto WAK-8535....................................157Planet Nibiru..........................................168

    IAN LAWTON SULLE PIRAMIDI.................................177Il cartiglio (falso) di Cheope..........................178

    BIBLIOGRAFIA..............................................191L' AUTORE.................................................193

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  • INTRODUZIONETra tutti gli autori definiti 'alternativi', Zecharia

    Sitchin é sicuramente stato il più sconosciuto e, successivamente, quando le sue teorie hanno trovato la diffusione dovuta, il più criticato. Mai, in nessun altro caso, si é vista una 'caccia alle streghe' simile a quella condotta contro Sitchin. Nemmeno il criticatissimo Erich VonDaeniken, che si é visto denigrato nelle maniere più subdole per via cartacea e multimediale, ha subito inquisizioni paragonabili a quelle che Sitchin ha dovuto affrontare 'attaccato da entrambi i lati'. Si perchè ad attaccare Sitchin non sono stati soltanto gli 'scettici', alle cui reazioni siamo stati abituati nel corso del tempo, ma anche coloro che, dalla critica a questo personaggio e alle sue teorie, hanno fatto fortuna nel campo della New Age. Basti pensare che numerosi autori hanno attinto al materiale presentato da Sitchin ma successivamente si sono lanciati in una aspra critica generalmente dovuta al fatto che Sitchin mostra una visione della storia dell’ uomo che smonta tutta la parte 'spirituale' e 'mistica' che gli autori New Age cercano disperatamete di propagandare. Personaggi come Jonathan e Jelalia Starr, fondatori del famigerato 'Nibiruan Council' (che afferma di essere in collegamento canalizzato con gli Anunnaki), Steffan e Amitakh Stanford, autori di vari saggi relativi al presunto dominio degli Anunnaki su questo

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  • mondo (che ci terrebbero in una sorta di 'stato di schiavitù mediatica e spirituale') tra i quali la versione 'Anunnaka' dei 'Protocolli dei Savi di Zion', e vari altri autori devono la loro fortuna (?) e il loro seguito a ciò che hanno rubato dalla teoria di Sitchin distorcendola e criticando l' autore per la sua visione del fenomeno e della storia sumera. Non ultimo, anche Alan Alford, il primo autore a diffondere la teoria di Sitchin (con sostanzali rielaborazioni, comunque attinenti) nel suo libro “Il mistero della genesi delle antiche civiltà”, si é rivoltato contro il suo 'mentore' cambiando completamente rotta e dichiarando che le spiegazioni di Sitchin non sono verosimili. Scordandosi però che nel suo stesso libro portava una montagna di indizi e prove a sostegno della teoria dell' autore azero. In effetti, a parte questi miei volumi, Alan Alford é stato l' unico autore al mondo che ha sostenuto e cercato di documentare le teorie riguardanti gli Anunnaki. Il suo cambio di rotta dunque é immotivato, incompleto, e autolesionista. Non mi meraviglia dunque che Alford abbia perso tutto il suo seguito di lettori una volta abbracciata la sua nuova visuale.

    In questo volume e nei prossimi, però, non prenderò in considerazione le critiche mosse dall' ambiente New Age, non reputandolo meritevole di attenzione. Mi dedicherò soltanto alle critiche che giungono da personaggi estranei a quel mondo e al mondo della archeologia alternativa. Non sarebbe corretto però dire che mi dedicherò alle critiche dell’ establishment inquanto l' establishment accademico non si é mai esposto fino a prendere posizione contro Sitchin, salvo rarissimi casi come quello di John Halloran, autore di un monumentale Sumerian Lexicon, che nel suo sito personale, alla sezione 'Sumerian Questions and Answers' dedica alcune

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  • domande e risposte all' argomento Sitchin. Ovviamente, come ci si può aspettare, Halloran si dichiara in disaccordo con le interpretazioni di Sitchin, evitando però di spiegare il perchè e di fornire dimostrazioni dei presunti errori dello studioso. O come il docente italiano Lorenzo Verderame, col quale ho dibattuto pubblicamente in un forum di misteri, dibattito finito miseramente in aperta lite a causa delle falsità scritte dal professore.

    Ad Halloran dunque, come anche a Verderame, dedicherò abbastanza spazio in un prossimo volume riguardante le 'critiche miste', volume che sarà occasione anche per ripassare molte delle critiche 'classiche' mosse un po' qua e un po' la a Sitchin.

    Il resto dell' establishment, in tutti i campi coinvolti (dalla linguistica, alla mitologia, alle scienze) non si é mai pronunciato in merito a queste teorie, e ci sarebbe da chiedersi il perchè. Nonostante ciò, con sfacciataggine, i critici di Sitchin continuano ad affermare che “nessun assiriologo supporta le traduzioni e interpretazioni di

    Sitchin” senza rendersi conto che una affermazione simile non può essere tradotta (come vorrebbero) in “Le traduzioni e interpretazioni di Sitchin sono sbagliate”. Non fanno ovviamente nessun nome di personaggio pubblico accademico che abbia pronunciato giudizi su Sitchin, e gli unici nomi che forniscono son solo quelli di altri critici loro pari. Un caso a parte viene rappresentato da Michael S. Heiser, laureato in Lingua e Letteratura Semitica, il quale ha addirittura creato una serie di siti web contro Sitchin. E a lui dedicherò il terzo volume di questa mia opera, che includerà anche alcuni stralci di miei interventi sul suo blog 'PaleoBubble' e le sue fantasiose risposte.

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  • Questo volume invece, sarà dedicato iteramente alle critiche mosse da Ian Lawton, uno studioso molto molto particolare, che personalmente ho sempre ammirato ma che non posso esimermi dal bacchettare per l' atteggiamento mostrato verso Sitchin, dal quale lui ha abbondatemente attinto, pur non menzionandolo.

    Prima di avventurarci in questo volume però reputo sia corretto fare alcune premesse e precisazioni. Nell' introduzione del primo volume di questa opera, dedicato alle conferme giunte alla teoria, ho raccontato quale é stato il mio percorso quando ho conosciuto per la prima volta i libri della serie 'Le cronache terrestri' di Sitchin. La lettura del primo libro di Sitchin fu per me uno shock indescrivibile, un' emozione e un colpo tali da farmi letteralmente abbandonare la visione religiosa razionalista che all' epoca avevo. Ma dopo ripreso da questo shock, mi posi con un un occhio critico verso i contenuti dei suoi libri. A darmi questo impulso fu proprio il sito di Michael Heiser, che 'dimostrava' tanti errori linguistici e interpretativi commessi da Sitchin. Ero un po' deluso in effetti, e la 'bolla' si stava sgonfiando, quando invece mi capitò di poter verificare che Heiser, per dimostrare gli errori e la malafede di Sitchin, commetteva egli stesso determinati errori e 'giocava sporco'.

    Nonostante avessi dunque capito che Heiser stava ingannando il lettore (e spiegherò il perchè e il come nel volume a lui dedicato) e avessi ripreso fiducia nel lavoro di Sitchin, rimasi comunque critico verso i libri che mi avevano così tanto entusiasmato e colpito. Iniziai, nel tempo, alcune ricerche riguardanti determinati dettagli, quelli che mi

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  • sembravano più facili da verificare, e con sorpresa mi accorsi che si trovava in rete, e con poca fatica, una montagna di materiale inerente determinate asserzioni fatte da Sitchin... ma nessuno degli studi (spesso scientifici) che trovavo nominava Sitchin. Erano tutte nozioni che venivano da studi e scoperte 'indipendenti' fatti da personaggi dell' establishment linguistico, archeologico e scientifico. Nel giro di pochi mesi raccolsi più di 100 link di questo genere, alcune copie di altri già trovati, ma che magari spiegavano qualcosa in più o meglio. Iniziai quindi a catalogarli e potei accorgermi che i punti chiave e, cosa ancora più importante, alcuni piccoli dettagli della teoria coinvolta spesso ignorati, trovavano riscontro in studi condotti da scienziati ma dei quali normalmente il 'popolino' non viene a conoscenza. Iniziai a scrivere articoli, e non completamente contento di dovermi basare su studi altrui, iniziai a condurre i miei. Ciò che scoprii, in vari campi (particolarmente quello linguistico, iconografico e archeologico), era assolutamente unico. Mi posso pregiare di aver fornito in questi anni tante 'anteprime', analisi mai condotte da nessuno, interpretazioni e raccolta di evidenze iconografiche e archeologiche che neanche autori specializzati nei campi che stavo affrontando avevano identificato. Uno di questi casi fu il paragone tra Teotihuacan nel Mexico e Giza nell' Egitto, paragone che abbracciava la struttura dei siti, i personaggi a cui erano 'dedicati', e le attribuzioni che li legavano a doppio filo. Tutto confermava ciò che Sitchin scrisse anni prima in “Gli dei dalle lacrime d' oro”, ma nemmeno Sitchin nei suoi libri aveva trattato alcuni dei dettagli che io fornivo.

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  • In tutti questi anni ho cercato di mantenere una condotta critica ma obiettiva, che mi ha permesso di evidenziare quali effettivi errori Sitchin commetta, quali 'estensioni' si sia permesso di fare (dimostrando comunque che in nessun caso sono ingiustificate), ma anche di dimostrare che un buon 95% delle critiche mossegli sono fallaci e smontabili senza nemmeno troppo impegno. In questo e nei prossimi volumi, dunque, affronto il tema delle 'critiche' a 360°. Si tenga presente, e di questo son costretto a scusarmi, che la mia opera é nata come volume unico, e solo successivamente si é trasformata in un lavoro in vari volumi. Ciò potrebbe comportare per il lettore una certa difficoltà a seguire alcuni discorsi, anche se nella rielaborazione dell' opera ho cercato di ripetere (quando strettamente necessario) concetti che erano originariamente espressi nella sezione riguardante le conferme e che in quella riguardante le critiche non erano ripetute perchè 'date per assunte'. Va da sé, dunque, che per poter apprezzare al meglio la globalità del discorso relativo alla teoria di Sitchin sarebbe necessario leggere tutti i volumi. Nonostante ciò, ogni volume é esaustivo per l’ argomento che tratta e permette, anche da solo, che il lettore si possa fare una idea approfondita sul tema trattato.

    I maggiori critici della opera di Sitchin sono essenzialmente quattro:

    •Michael S. Heiser•Ian Lawton (da solo o con il supporto di Chris Ogilvie

    Herald)•Jason Colavito•Carlo Bolla

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  • Ci sono poi vari autori, italiani e stranieri, che si sono lanciati in critiche meno approfondite di quelle messe in atto da queste tre figure, ognuna rivolta a esaminare e presumibilmente smontare questo o quel particolare della teoria di Sitchin. Possiamo ricordare tra questi Chris Siren, Bernard Ortiz de Montellano, Rob Hafernik, Robert T. Carroll, e Stefano Panizza. Nello scrivere questi volumi relativi alle critiche avevo scelto inizialmente di produrre un unico volume che riassumesse tutte le critiche divise in sezioni, una per ognuno dei maggiori critici, più una finale con le 'critiche miste'.

    Raccogliendo il materiale però mi son accorto che il volume avrebbe superato abbondatemente le 600 pagine, risultando talmente ostico da essere perfino fastidioso. Ho deciso allora di produrre più volumi.

    Allo stato attuale, il progetto complessivo di questa opera prevede i seguenti volumi:

    − volume 1: le conferme− volume 2: le critiche di Ian Lawton− volume 3: le critiche di Michael Heiser− volume 4: le critiche miste

    Approfittando di questa nuova struttura, ho deciso di porre rimedio a un inconveniente che mi é stato segnalato da molti lettori del primo volume. Mi é stato fatto notare infatti che spesso l' aver riportato citazioni originali, in inglese senza traduzione, ha messo in difficoltà il lettore che faticava a seguire e verificare i contenuti nella loro totalità.

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  • In questo e nei prossimi volumi tutte le parti originali verranno seguite da una traduzione.

    Iniziamo allora questo viaggio, ed andiamo a conoscere il primo critico.

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  • IAN LAWTON

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  • LE MOTIVAZIONI DI IAN LAWTON

    Per comprendere bene il motivo dell’ attacco da parte di Ian Lawton nei confronti di Sitchin bisogna per prima cosa conoscerne il personaggio.

    Lawton è un ricercatore e scrittore di storia antica e filosofia spirituale, fondatore del gruppo Rational Spirituality. Dopo essersi laureato in Economia è stato consulente di Information Technology in varie organizzazioni. Improvvisamente dopo i trent’ anni ha abbandonato questa carriera per iniziare a scrivere e fondare poi il suo gruppo di ricerca spirituale.

    C’ è da dire che Lawton propone uno stile di vita e un genere di spiritualità assolutamente innovative e con una forte base razionalista, cosa assai rara e meritevolissima. Non lo si può certo accusare di essere un ‘ortodosso’ in qualsiasi cosa faccia. Come capita per Sitchin, anche lui per determinate cose è criticato, specialmente il suo tentativo di unire razionalismo e spiritualità. Non essendo però un personaggio così ‘in vista’ quanto Sitchin, nessuno mai si è messo a spulciare il suo lavoro e a criticarlo. Non dubitiamo però che egli stesso abbia trovato nel suo cammino non poche

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  • persone che gli abbiano dato del ‘visionario’ o del ‘mistificatore’.

    Succede sempre a chiunque propone qualcosa di nuovo e inusuale, indipendentemente dal fatto che abbia ragione o torto nelle sue teorie.

    A Lawton quindi va tutta la mia stima come ricercatore e come innovatore, nonché come pensatore spirituale. I suoi lavori son stati per me molto utili inquanto mi hanno aiutato nel cammino del razionalismo già iniziato anni fa grazie a LaVey.

    Ciò però non toglie che questo personaggio pecchi di presunzione e di troppa fiducia nell’ ortodossia nell’ accusare Sitchin, e nella sua analisi di alcuni punti salienti della teoria dell’ orientalista russo.

    Perché? Il motivo è chiaro fin dal suo primo articolo in merito.

    Nella prima versione del suo sito (www.ianlawton.com) e nei suoi libri Lawton trattava moltissimi dei punti trattati da Sitchin, portava gli stessi esempi, analizzava gli stessi materiali, ma raggiungeva conclusioni diverse. Mentre Sitchin parla di una razza extraterrestre, Lawton propone che questi esseri di cui si parla nei testi che lui stesso analizza (gli stessi trattati da Sitchin) siano in realtà entità spirituali incarnate, venute da un altro livello di coscienza e ‘racchiusi’ nei corpi umani.

    Già da questo è evidente il fatto che, essendo comunque uno spiritualista, Lawton non possa accettare le conclusioni di Sitchin per principio. Ma l’ evidenza più palese è contenuta proprio nell' articolo di presentazione al suo

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    http://www.ianlawton.com/

  • lavoro di critica, intitolato “Sitchin’s scholastic approach”. Leggiamo alla fine dell’ articolo le sue parole:

    “Dovrei forse spendere due parole sul motivo che mi porta

    a esporre ciò che io reputo essere la debolezza di questo

    ‘ricercatore da strapazzo’, anzi che semplicemente ignorarlo.

    La ragione è che , nell’ ultimo quarto di secolo, i libri di

    Sitchin hanno avuto un impatto considerevole a livello

    mondiale, e hanno convinto tantissima gente del fatto che gli

    ‘dei’ erano persone in carne e sangue, visitatori da

    altrove,. Questa teoria è stata estesa da molti nella

    convinzione che questi dei torneranno per salvare l’ umanità.

    Io credo che questa sia una posizione fondamentalmente

    pericolosa che promuove nell’ uomo la ricerca al di fuori di

    se stesso per una eventuale salvezza – mentre nei fatti il

    nostro destino dipende interamente da noi e dalla nostra fede

    in noi stessi”.

    Lawton quindi attacca Sitchin perché, secondo lui, qualcuno ha interpretato la teoria di Sitchin in un modo contrario alle teorie spiritualistiche che egli (Lawton) sostiene. A parte il fatto che una tattica e una motivazione simili siano quantomeno meschini, perché viene attaccato un personaggio e il suo lavoro solo perché dice qualcosa che va contro il proprio principio, c’ è da specificare che Sitchin non ha mai dichiarato in nessun libro che questi Anunnaki ritorneranno per salvarci. Inoltre Sitchin non deve essere ritenuto responsabile per le folli interpretazioni che vengono fatte del suo lavoro e per tutte le previsioni, presunte profezie (come nel caso di Nibiru2003 / Nibiru2012), e manipolazioni fatte basandosi sul suo lavoro (si veda per

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  • esempio il penoso lavoro del Nibiruan Council, un gruppo di persone che sostiene di essere in ‘collegamento medianico’ con gli Anunnaki).

    I PUNTI DA DISCUTEREAnalizziamo qui i singoli articoli contenuti nel sito di

    Lawton che riguardano ognuno un particolare aspetto del lavoro di Sitchin. Per fedeltà e correttezza nei confronti di Lawton ho scelto di riportare le sue frasi esatte, aggiungendo poi una traduzione dall' inglese, perché non mi si possa accusare di aver tradotto e interpretato male i punti da lui esposti.

    Introduction to Sitchin’s theoriesE’ un documento di introduzione che commenta la teoria di

    Sitchin di per se e inizia a esporre lievi critiche sui metodi. Una frase in particolare colpisce subito chi ha un minimo di cognizione su come avviene la ricerca storica e linguistica.

    Lawton riporta da un libro di Sitchin un racconto dell’ autore in cui parla di come ha iniziato a farsi domande e di come è nato il suo interesse verso la ricerca storica. L’ episodio, che riguarda la gioventù scolastica di Sitchin, racconta che studiando la bibbia in classe egli domandò come mai la parola Nefilim veniva tradotta come ‘Giganti’ e non come ‘Coloro che sono scesi’ visto che il termine ebraico Nafal significa appunto ‘scendere’.

    Dopo aver riportato l’ episodio come raccontato dallo stesso Sitchin, Lawton scrive:

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  • “This experience proved to be the prototype for one of

    the major cornerstones of Sitchin’s work: the re-

    interpretation of a number of key words which appear

    in ancient texts in various languages. It is this

    approach, combined with the

    re-evaluation of archaeological and scientific evidence

    to support his theories,

    which led him to such a startling series of conclusions.”

    “Questa esperienza provò di essere il prototipo per uno

    dei puntifermi del lavoro di Sitchin: la re-interpretazione

    di un numero di parole chiave che appaiono in testi antichi

    in varie lingue. E' questo approccio, combinato con la ri-

    valutazione di materiale archeologic e scientifico per

    supportare le sue teorie, che lo ha condotto a tale serie di

    conclusioni.”

    In sostanza Lawton sostiene che il metodo che permette a Sitchin di raggiungere certe conclusioni è: ‘la reinterpretazione di alcune parole-chiave in testi di varie

    lingue’ unito alla ‘reinterpretazione di evidenze scientifiche e archeologiche’ in modo che queste supportino le sue teorie. Lawton dipinge tutto questo comportamento e questa procedura come se fosse una cosa negativa. In realtà non lo è affatto. Quando si studia una lingua morta o che non si conosce, la procedura è proprio quella di riconoscere alcune parole chiave, assegnarli un significato o una serie di significati (nei modi più vari: da quello figurativo nel caso delle lingue pitografiche, a quello comparativo nel caso si trovi un testo bilingue come nel caso della stele di Rosetta) che permettano di ottenere una frase di senso

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  • compiuto. Man mano che si identificano più parole-chiave, si delinea l’ intero significato, che poi viene interpretato.

    Facciamo un esempio proprio con il sumero:

    una tavola di Lagash (datata 2300 a.C.) commentata da Graham Cunningham (Syntax of sumerian multiword verbs – example n° 1) riporta questa iscrizione:

    lugal ki an.na.ag.ga.ni d.nin.gir.su.ra

    • la d attaccata a Nin.gir.su identifica che si sta parlando di un dio;

    • lugal = re• ki = terra• Ningirsu = nome del dio (Ninurta)

    an.na.ag.ga.ni contiene la radice ‘AN’ che significa cielo, il resto delle sillabe viene tradotto da Cunningham come: probabilmente dativo 3a persona singolare (riferito al re).

    La traduzione che ne vien fatta è:

    Per Ningirsu, il suo re che lo ama

    Questa è pura interpretazione che viene dal fatto che si reputa la tavoletta come votiva. E’ scomparso il termine ‘cielo’ ed è comparso il concetto di ‘amare’ nel senso di adorare, il termine ‘terra’ è scomparso. Volendo tradurre letteralmente la scritta avremmo:

    Dal re in terra per Ningirsu nel cielo

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  • O una serie di altre possibili traduzioni coinvolgenti i termini ‘cielo’ e ‘terra’.

    Trattandosi, nel caso, di una tavoletta votiva, il concetto cambia poco, ma è evidente una interpretazione dei termini per raggiungere un concetto.

    Potremmo citare innumerevoli esempi di come sia prassi normale di tutti gli autori, archeologi, e linguisti, interpretare i testi che analizzano. Mi limiterò a citarne altri due: uno che ha a che fare con la mitologia ebraica, e uno con quella egizia. Il patriarca Enoch secondo la tradizione fu portato vivo in cielo da alcuni angeli, che gli regalarono una grandissima conoscenza, lo fecero viaggiare nei cieli intorno alla terra, e nel Libro di Enoch sono raccontati questi viaggi e tutto ciò che egli imparò. In particolare una frase dice che “Enoch conobbe allora angeli che con le corde del signore misuravano i quattro angoli

    della terra”. Nessun autore sfugge dall’ interpretare questa e altre frasi, poiché sembra loro incomprensibile la frase così come è scritta. Nei Testi egizi delle Piramidi si descrive un rituale funebre chiamato ‘apertura della bocca’. Anche qui gli egittologi interpretano questa apertura in maniera simbolica. La interpretazione è la normale procedura messa in atto da tutti gli studiosi che si trovano davanti testimonianze del passato, che per loro natura sono insondabili e non comprovabili in maniera che escluda possibilità di errori.

    Ma allo stesso tempo é esattamente ciò che viene criticato a Sitchin.

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  • Sitchin’s scholastic approachIl secondo documento di Lawton è dedicato a criticare l’

    approccio con cui Sitchin si avvicina ai testi. In questo documento gli viene rimproverato di citare testi senza fornire le fonti, estrapolare frasi dai contesti, e rielaborare le traduzioni ‘ufficiali’ dei miti che esamina. La frase significativa in cui Lawton riassume questo concetto è la seguente:

    “This is especially true of his textual quotes from

    Mesopotamian literature, which are usually his own

    interpretations and not taken direct from the

    work of other scholars. Therefore merely locating the

    same passage in the orthodox translations can be

    exasperating; and if and when you

    do find them, they often bear little resemblance.”

    “Questo è particolarmente vero nelle sue citazioni dalla

    letteratura Mesopotamica, che sono generalmente le sue

    interpretazioni e non prese direttamente dai lavori di altri

    studiosi. Perciò anche il solo rintracciare lo stesso

    passaggio nelle traduzioni ortodosse può essere esasperante;

    e se e quando le trovate, esse hanno poca somiglianza.”

    Ma il punto è proprio questo: ci sono tanti studiosi che hanno trattato gli stessi testi, e in tutte le versioni ci sono differenze, più o meno sostanziali. Essendo però tutte versioni ortodosse, son tutte tradotte con gli stessi dizionari, quindi le traduzioni si somigliano tutte. Il concetto che Lawton non sembra capire è che Sitchin critica questi dizionari e il metodo interpretativo ortodosso. Come

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  • potrebbe quindi utilizzare una traduzione ortodossa in ogni singolo caso? Ciononostante, sono tantissimi i casi in cui Sitchin, per discutere la attendibilità delle tesi ortodosse, cita i testi di altri autori così come sono scritti nell’ originale, e vedremo che questo sarà ammesso dallo stesso Lawton.

    Successivamente nel testo si dice che, nonostante anche studiosi ortodossi come Thorkild Jacobsen ammettano che la conoscenza del sumero non è tale da poter stabilire precise e univoche traduzioni, nel caso di Sitchin questa scusante non può essere ammessa perché gran parte del suo materiale viene da testi accadici e non sumeri. Secondo Lawton l’ accadico è molto meglio conosciuto del sumero e perciò la libertà di interpretazione dei termini viene a mancare. Ciò non è esattamente vero. L’ accadico non è molto meglio conosciuto, è solo molto più documentato rispetto alla lingua base usata per tradurre le precedenti: l’ assiro. Ma documentazione e conoscenza di una lingua non sempre vanno di pari passo, infatti pur se di accadico abbiamo numrosi specialisti (molti più che di sumero), tra di loro questi specialisti sono spesso in disaccordo. Va chiarito il meccanismo con cui si è arrivati a stabilire un tot di significati di termini sumeri. La traduzione è avvenuta ‘a ritroso’ dall’ assiro poiché in alcune biblioteche di Lagash, Ninive e altre città, son state trovate intere tavole-dizionario in cui le stesse frasi venivano ripetute in assiro (che é un dialetto) e nella lingua da cui si era diversificato come dialetto, l’ accadico appunto. Molti testi assiri a loro volta erano pieni zeppi di termini sumeri. Nonostante comunemente i sumerologi dicano che ormai la lingua sumera veniva usata solo per tavole contenenti atti legali o religiosi, è invece documentato che

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  • termini sumeri venivano usati dagli assiri in tantissimi campi. Per esempio gli assiri usavano ben 24 termini sumeri per descrivere i metalli. Non solo, sia in epoca accadica che successivamente in quella assira o babilonese, interi documenti e miti venivano redatti in sumero classico, utilizzando una forma cuneiforme più stilizzata, ma mantenendo i valori fonetici sumeri. A questo punto è bene considerare che queste tavole risalgono, nei casi più datati, a circa il 2300 a.C., cioè dopo che il sumero aveva già più di 1000 anni di storia, ed è facilmente ipotizzabile quale percorso abbia avuto la lingua sumera in 1000 anni. E’ naturale pensare che nell' evoluzione linguistica alcune parole siano rimaste le stesse, altre siano cambiate, e che il significato o i vari significati di una stessa parola siano cambiati, caduti in disuso, e alla stessa parola potessero esserne attribuiti di nuovi. E’ una prassi che nel corso del tempo si verifica in tutte le lingue.

    Facciamo un paio di esempi con l’ inglese antico (XII-XV secolo) e quello moderno:

    - Se consideriamo il termine Even, questo nel XV secolo aveva il significato di ‘Sera’. Si poteva scrivere Even, E’en o, nella forma completa, Eventide. Attualmente lo stesso termine significa ‘Pari’ o ‘Anche’. Se tra mille anni uno studioso di lingue dovesse trovare incise in una pietra le parole: “We are at Even” e non conoscesse tutta la evoluzione della lingua inglese e non avesse abbastanza documentazione adeguata, potrebbe tradurre sia ‘Siamo pari’ che ‘E’ sera’;

    - Il termine ‘Wax’ attualmente significa ‘cera’, quella delle candele. ‘To Wax’ o ‘to waxen’ significa ‘incerare’, o

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  • ‘rendere pallido’. L’ aggettivo ‘waxen’ viene utilizzato comunemente come aggettivo per un viso di colorito pallido (Illness gave his face a waxen appearance = la malattia diede al suo volto un colorito pallido). Eppure fino al 1200 d.C. circa il verbo ‘to wax / waxen’ aveva 2 significati: ‘affliggere’ (the curse of God that waxeth them with ages = la maledizione di Dio che li affligge con l’ età) ma anche ‘aumentare, crescere’ (He waxed angry at that insinuation = la sua ira aumentò a quella insinuazione). Due concetti tra loro molto diversi e completamente diversi dall’ attuale significato.

    Stiamo parlando di una diversità di traduzione dovuta al cambiamento di significato in soli 600 anni (nel caso di Even) e di 800 anni (nel caso di Waxen), immaginiamoci cosa potrebbe essere successo in 1000 anni.

    La terza obiezione che Lawton fa a Sitchin è da evidenziare per un ben preciso motivo: Lawton gioca molto sulle credenziali di Sitchin, sul non poter provare la sua preparazione, dice che non cita fonti, etc. Però a un certo punto scrive:

    ”Third, at least one professional linguist who has taken

    the trouble to examine Sitchin’s work has come up with

    massive criticisms of his understanding of

    the Sumerian and Akkadian languages.”

    “Terzo, almeno un linguista professionista

    che si é preso in carico di esaminare il lavoro di

    Sitchin ha rivolto una massiccia critica alla sua

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  • comprensione dell' accadico e del sumero”

    Insomma Lawton avrebbe trovato un serio linguista che ha esaminato il materiale di Sitchin e ha dato il suo parere negativo sulla competenza linguistica dell’ autore in materia di sumero e accadico. Fin qui niente di eccezionale. Ci aspetteremmo a questo punto di sapere chi è questo professore, in modo che chiunque possa controllare quali credenziali ha per dare un giudizio simile. Invece no. Il testo di Lawton continua con:

    (I refuse to name him because in the course of a brief

    correspondence with him he made his views on Sitchin’s

    work abundantly clear, stating that he did not want his

    name associated with what he regards as ‘rubbish’,

    and nor did he want to be bothered by further

    correspondence from people he regards as cranks.

    I fully respect his wishes, and have only provided the

    scant information about him above in order that I cannot be

    accused of making this important evidence up.)

    (Mi rifiuto di fare il suo nome perchè nel corso

    di una breve corrispondenza con lui, ha chiarito

    abbondantemente la sua idea sul lavoro di Sitchin,

    affermando di non voler essere assocciato a ciò

    che definiva 'spazzatura', e non voleva essere

    ulteriormente disturbato da persone che reputava

    'strane'. Io rispetto in pieno il suo desiderio,

    e ho solo fornito le suddette informazioni

    su di lui per non essere accusato di aver

    nascosto questa importante testimonianza)

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  • In sostanza Lawton vuole che noi ci fidiamo del fatto che lui ha conosciuto un professore esperto, del quale non ci dice niente, che dichiara che la competenza linguistica di Sitchin è ‘rubbish’ (mondezza) ma che non vuole essere nominato per non essere accostato a Sitchin. A parte il problema della onestà intellettuale, cioè che chiunque faccia una critica su un autore dovrebbe avere il coraggio di permettere una risposta, rimane il problema riguardante quanto credere a Lawton a riguardo di questo fantomatico professore. Uno degli esempi che Lawton cita tra le varie critiche mosse da questo professore è la traduzione che Sitchin fa del nome Marduk. Secondo questo professore la traduzione ‘figlio del puro tumulo’ che Sitchin fa venire da Maru.du.ku è errata perché Maru sarebbe un termine accadico (‘figlio’), ma Du e Ku sarebbero sumeri (‘tumulo’ e ‘puro’), e sarebbe quindi impensabile che un nome sumero contenesse parole accadiche. Questo a prima vista potrebbe essere un argomento valido, ma si devono fare due considerazion importantissime:

    1) il termine Maru ha un equivalente anche in sumero. 'Amaru' o 'Amar' (ricordiamo che le vocali nei logogrammi sumeri non esistono ma sono attribuite arbitrariamente a seconda delle successive evoluzioni della radice) in sumero viene tradotto comunemente come 'vitello' ma in realtà significa sia ‘Signore’, che ‘giovane’ che potremmo estendere a ‘figlio’. D’ altronde se è vero che l’ origine del nome Marduk tra i sumerologi non trova accordo, è bene evidenziare che le due traduzioni più accreditate lo fanno provenire da ‘Amar.Utu(k)’ (giovane toro del sole) e da Meri.Dug. Meri è una delle prime forme della radice che successivamente si è

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  • evoluta all’ ebraico talmudico ‘Mara’ che ha il significato di ‘puro’. Dug è un termine che generalmente viene usato come verbo e significa sia ‘dire’ che ‘fare – costruire – esercitare’; inoltre il termine Du (Dug in realtà) ha anche un altro significato, stavolta accettato dagli ortodossi: ‘costruito – fatto – edificato’ e indica un qualcosa costruito nel terreno. Il nome della città Eridu per esempio significa ‘casa edificata lontano’. Per estensione, ricordandoci che il sumero inizia come linguaggio pittografico, quel ‘costruito – edificato’ può anche indicare, come sostantivo, una costruzione nel terreno, quindi ipoteticamente anche un tumulo. Se questa interpretazione può sembrare forzata o troppo spinta si deve notare che è lo stesso metodo praticato da studiosi ortodossi. A questo punto niente può escludere che il termine Maru, che Sitchin fa derivare dall’ accadico ‘figlio’ potesse avere un corrispondente sumero con lo stesso significato.

    2) la risposta migliore da dare a Lawton e al suo fantomatico professore é che il nome Marduk compare in epoca accadica, e non in epoca sumera. In epoca accadica, sumero e accadico erano utilizzati parallelamente e insieme nei testi, niente vieta quindi che Marduk sia proprio un nome composto di lemmi delle due lingue. Ciò non è un caso isolato, infatti i sumerologi accademici traducono in epoca accadica il termine DIMMER come 'divino – signore - creatore' traducendo il nome Lugal.dimmer.an.ki.a in 'Re divino creatore di cielo e terra' ove Lugal é sumero, Dimmer sarebbe accadico, An e Ki di nuovo sumeri, una simile traduzione accademica sbugiarda sia Lawton che il suo professore.

    In realtà questa traduzione del nome é completamente

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  • errata, e Lugaldimmerankia va letta per i significati dei suoi glifi in Lugal.dim.mer.an.ki.a (esattamente: GAL+LU2+DIM+MER4+AN+KI+A) significando 'Signore della grande tempesta che scuote cielo e terra'. Ma se gli studiosi accettano il mix accadico – sumero in epoca accadica per Lugaldimmerankia, lo studioso di Lawton non può liquidare come falsa la traduzione di Marduk per i suoi valori fonetici sumeri e accadici, specialmente alla luce del fatto che il nome Marduk compare proprio in epoca accadica.

    Lawton poi afferma che Sitchin parla molto spesso di rivalità tra le due progenie di Enlil e di Enki, ma che queste rivalità non possono essere divise in ‘fazioni’ perché nei testi mesopotamici è estremamente difficile identificare mogli, figli, e genitori e in generale le relazioni di parentela tra le varie divinità a causa del fatto che spesso una divinità figura come figlio di questa o di quell’ altra divinità a seconda del testo. Ciò non è esattamente vero: l’ unico caso in cui non si ha certezza di attribuzione è quello di Nergal. Alcuni testi infatti parlano di Nergal come figlio o nipote di Enlil, mentre altri come figlio di Enki. Il mito che più fa confusione è quello chiamato ‘Il matrimonio di Nergal e Ereshkigal’ in cui Nergal viene descritto come figlio di Enki, successivamente come figlio di Ishtar, e anche come fratello di Ereshkigal. Esaminiamone alcuni passaggi:

    - Durante una riunione degli Anunnaki al cospetto di Anu, sono presenti tutti tranne Ereshkigal, nipote di Enlil e sorella di Inanna, la quale manda il suo araldo Namtar in rappresentanza. All’ ingresso di Namtar nella sala del

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  • consiglio tutti gli dei si inginocchiano in segno di saluto tranne Nergal. Il testo, tradotto da Kramer, afferma ad un certo punto:

    “Then Ea made his voice heard and spake,

    he addressed his words to Nergal. “My son,

    you shall go on the journey you want to make,…”

    “Poi Ea fece sentire la sua voce e parlò,

    si rivolse a Nergal: “Figlio mio,

    dovrai intraprendere il viaggio che vuoi fare,...”

    Enki chiama chiaramente Nergal ‘figlio mio’ sia in questo passaggio che in tutti gli altri in cui gli si rivolge.

    - Nergal si trattiene 6 giorni nel ‘Kurnugi’ la residenza di Ereshkigal, ma al settimo giorno:

    “When the seventh day arrived, Nergal, without [ ]

    Took away after him [ ] “let me go, and my sister [ ]

    Do not make tremble [ ] Let me go now, and I will return

    to Kurnugi later”

    “Quando il settimo giorno arrivò, Nergal, senza [ ]

    Fuggì appresso a lui [ ] “lasciami andare, e mia sorella

    [..] Non far tremare [ ] lasciami andare adesso, e tornerò

    più tardi al Kurnugi”

    Questo passaggio sembra suggerire ad alcuni studiosi che Nergal chiami Ereshkigal ‘sorella mia’, implicando che egli sia di stirpe enlilita. Personalmente dissento da questa

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  • interpretazione.

    - Quando Nergal ritorna alla riunione degli Anunnaki, Anu, Enlil ed Enki lo vedono arrivare e:

    “The son of Ishtar has come back to us,

    She (Ereshkigal) will search for him and [ ].

    Ea his father must sprinkle him with spring water”

    “Il figlio di Ishtar é tornato a noi,

    Lei (Ereshkigal) lo cercherà e [ ]

    Ea, suo padre, dovrà spruzzarlo di acqua di fonte”

    Qui si dichiara che Nergal è il ‘figlio di Ishtar’ ma che ‘suo padre Enki’ dovrà spruzzarlo con acqua sorgiva.

    Un altro testo, l’ epica di Erra (uno degli epiteti di Nergal), cita espressamente: “

    The sublime son of Enlil will not go on campaign without

    Ishum the vanguard before him”

    “Il sublime figlio di Enlil non dovrà andare in campagna

    (di guerra) senza Ishum la sua avanguardia avanti a lui”

    dove Ishum è Ninurta, figlio di Enlil, che deve accompagnare Erra. Se ‘il sublime figlio di Enlil’ non può andare in guerra senza Ishum, non si può trattare di Ishum stesso, ma solo di Nergal. Anche il testo chiamato ‘Un inno a Nergal’ attribuisce la paternità di questa divinità a Enlil.

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  • “Hero, after your father begot you, your father Enlil

    bestowed on you the mountain of the earth and all of the

    people”

    “Eroe, dopo che tuo padre ti ha generato, tuo padre Enlil

    ti ha concesso la montagna della terra e tutte le genti”

    Su questo però bisogna dire una cosa. Come successivamente a Babilonia, quando Marduk fu eletto dio nazionale e gli furono donati i ’50 nomi’, gli attributi di Enlil che fino ad allora era il dio supremo, é lecito pensare che attribuzioni legate ad Enlil avvenissero ogni qualvolta una divinità era ‘posta in carica’. L’ inno a Nergal é un inno legato al suo dominio su Lagash e Kutha in epoca babilonese (XV – X secolo a.C.), quindi il nominarlo come figlio di Enlil potrebbe essere semplicemente una sua esaltazione attribuendone la nascita alla divinità suprema (Enlil appunto). Questa é comunque, seppur avvallata da alcuni storici del calibro di B. Foster, una mia opinione personale e come tale va trattata.

    Rimane il fatto che in effetti Sitchin é molto categorico riguardo a Nergal, e lo tratta esclusivamente come figlio di Enki, e questo va comunque segnalato; ma da qui a dire che le parentele negli scritti sumeri non sono affatto chiare ce ne passa.

    L’ unica obiezione valida, in questo capitolo che Lawton dedica alla modalità di scrittura di Sitchin, arriva quando scrive che l’ autore non riporta a piè di pagina una lista di note esplicative con i riferimenti. Effettivamente questa non é una procedura corretta per uno scrittore che analizza

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  • testi, miti, e materiale documentale. Correttezza vorrebbe che Sitchin riportasse nei suoi scritti note puntuali, e non solo la bibliografia alla fine del libro. Di questo procedimento però ho già parlato nell’ introduzione al primo volume facendo notare come tale scelta possa essere motivata da esigenze di fluidità di lettura. Rimane, comunque, una pratica non ortodossa.

    Successivamente Lawton nomina Alan Alford, uno dei più famosi seguaci della teoria di Sitchin, dicendo che “Perfino l’ autore inglese Alan Alford ha completamente rigettato l’

    idea di divinità in carne e sangue”. Il discorso Alford é più complesso, e andrebbe analizzato un pò nel dettaglio, ma ciò esula lo scopo di questo libro. Mi accontenterò di dire che Alford é stato con il suo libro “Le origini divine delle antiche civiltà” il maggior seguace di Sitchin, ne ha quasi completamente sposato la teoria perfezionandola con alcune modifiche tra le quali una nuova cronologia (basata non sul ciclo di 3600 anni ma sul ciclo precessionale di 2160 anni), e l’ assegnazione alla Piramide di Cheope della funzione di 'produttoree di energia'.

    Dopo alcuni anni Alford però ha cambiato completamente ottica. I suoi successivi libri infatti sostengono che le divinità di cui si riferisce nei miti non sarebbero altro che eventi catastrofici planetari come la caduta di asteroidi, l’ esplosione di vulcani, terremoti, maremoti, comete, e pianeti esplosi (!!). Alford nei suoi libri in tema fa non poca fatica a interpretare in questa ottica storie come i matrimoni tra divinità, la nascita di figli, le guerre condotte al fianco di divinità, e non affronta nemmeno minimamente tutte le migliaia di dialoghi tra divinità che

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  • son riportate nei miti. Esula sulle trascrizioni di banchetti a base di birra che sono arrivate tramite i racconti accadici e babilonesi, esula perfino sul reale significato dei molteplici inni e testi dei festivals come l’ Akitu in cui vengono descritte giorno per giorno tutte le azioni dei vari dei.

    Quanto l’ ottica di Alford sia inconsistente appare evidente in ogni capitolo dei suoi libri, tanto che gran parte dei suoi lettori hanno definitivamente smesso di seguirlo. I libri di Alford non hanno base scientifica nè letteraria, eppure Lawton lo nomina come per affermare l’ inattendibilità della teoria di Sitchin secondo cui le divinità erano esseri realmente vissuti.

    What’s in a Shem?Il terzo documento di Lawton é un trattato sulla

    traduzione che Sitchin fa della parola ‘Shem’. Come vedremo negli altri volumi anche altri autori si concentrano su questo termine che costituisce per loro la ‘chicca’ alla quale attaccarsi per confutare Sitchin. Ebbene é proprio su questo termine che evidenzieremo la infondatezza o quantomeno la ambiguità delle critiche linguistiche mosse a Sitchin.

    Val la pena prima di tutto chiarire quale è il concetto che Sitchin esprime a riguardo della parola Shem. Leggiamo dal suo primo libro ‘The 12th planet (il pianeta degli dei)’:

    The Mesopotamian texts that refer to the inner enclosures

    of temples, or to the heavenly journeys of the gods, or even

    to instances where mortals ascended to the heavens, employ

    the Sumerian term Mu or its Semitic derivatives Shu-Mu (“that

    which is a mu”), sham, or shem.

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  • Because the term also connoted “that by which one is remembered,” the word has come to be taken as meaning “name.”But the universal application of “name” to early texts that spoke of an object used in flying has obscured the true

    meaning of the ancient records.

    I testi mesopotamici che si riferiscono ai circondari

    interni dei templi, o ai viaggi celesti degli dei, o anche a

    eventi in cui mortali ascendono al cielo,

    utilizzano il termine sumero MU o il suo derivato

    semitico Shu.Mu (“Ciò che é un Mu”), Sham, o Shem. Siccome il

    termine designava anche “Ciò per cui si é ricordati”,

    il termine ha assunto il significato di 'Nome'. Ma l'

    applicazione universale di 'Nome' ai primi testi che

    parlavano di un oggetto usato nel volo ha oscurato

    il vero significato delle testimonianze antiche.

    Inoltre Sitchin afferma che il termine ‘MU’ (e anche Shem) veniva usato per descrivere delle pietre commemorative che mostravano divinità dentro strutture coniche simili a navicelle (riporta anche un esempio fotografico di una di queste pietre) e che siccome queste navicelle erano ciò per cui gli dei erano ricordati, e queste pietre in luoghi lontani dai templi erano delle sorte di ‘simulacri’ per l’ adorazione del dio, il termine che le descriveva ha assunto un significato che rimanda al nome o alla fama del dio in questione. L’ obiezione che Lawton muove a Sitchin è che il termine MU da cui Sitchin fa derivare Shem (tramite Shu-Mu) viene indicato dagli studiosi come un suffisso verbale che non richiede traduzione.

    La sua frase esatta é la seguente:

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  • Mesopotamian scholars have indicated that this analysis

    is highly misleading because the term mu is a Sumerian

    verbal prefix which does not require translation.

    Gli studiosi hanno indicato the questa analisi (di

    Sitchin) é fortemente sviante perchè il temine MU é un

    prefisso verbale sumero che non richiede traduzione.

    In realtà non è esattamente così. La parola MU ha una lunghissima serie di significati come riportato in tanti testi quali per esempio Sumerian Lexicon (1996-1999 John Alan Halloran). Mu viene usato spesso come prefisso (al quale si danno però due precisi significati: la formazione di un passato – non giustificato - e la 'personalizzazione' di un verbo) mentre considerandolo un termine a se stante i significati più comuni sono ‘nome’ , ‘anno’, ‘vestito’.

    Ecco una serie di esempi in cui Halloran traduce la particella MU:

    mu-X: year X (indicates a date according to a notable event that occurred during the year).

    Mu-…-a(k)-šè: because (in a nominalized sentence); for somebody’s sake (‘name’ + genitive + terminative).

    Mu-dili-dili: individual entries (in a lexical series) (‘entry, line on a tablet’ + reduplicated ‘single’).

    Mu-dur7[BU](-ra): dirt; dirty (rags).Mu-gub: assigned lines (‘word, sentence’ + ‘to set down’).Mu-mu: always being reborn (such as the moon)

    (reduplicated ‘to ignite; to sprout, appear’).

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  • Qui di seguito invece un estratto del “An elementary Grammar, with full syllabary, of the Assyrian language” di H. Sayce (1875):

    Interessante notare il significato che Sayce assegna di 'memoriale', cioè un qualcosa che ha la funzione di 'ricordare' o 'celebrare' la fama di qualcuno o qualcosa, coerente con quanto Sitchin affermava: “Ciò per cui si é ricordati”.

    Ma il documento più importante da questo punto di vista é l' eccellente “Materials for a Sumerian Lexicon” pubblicato nel 1875 da John Prince, secondo il quale il glifo di MU é dato dall' unione di altri due glifi che accostati significano “Ciò che permette / causa un ingresso”, e pur se nella versione digitale attualmente disponibile su internet è stato aggiunto un vocabolario riassuntivo in cui (ingiustamente) MU viene tradotto con 'Nome', nel suo libro di appunti Prince dedica ben 3 pagine ai significati di MU.

    Vedremo inoltre che un altro critico di Sitchin, Michael Heiser, fa obiezioni diverse rispetto a Lawton riguardo a Mu, fornendo indirettamente un indizio del fatto che l’ obiezione di Lawton sia totalmente arbitraria e che non c’ è accordo tra i vari critici né tantomeno tra gli studiosi ed esperti di sumero-accadico. Per di più Lawton analizza solo quel passaggio della spiegazione di Sitchin, ignorando e tacendo il fatto che Sitchin fornisce più di due pagine di spiegazione di come il termine Shem è legato al concetto di

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  • pietra commemorativa conica, al concetto di “qualcosa che punta o sale verso l' alto” etc.

    I 12 shemLawton a questo punto riporta ben 12 estratti citati da

    Sitchin nel suo libro. Sitchin cerca di dimostrare che in questi estratti l’

    utilizzo della classica traduzione di ‘Shem’ come ‘nome – fama’ non è applicabile o risulta ambiguo. Lawton fa una premessa: avverte il lettore che in ben 2 casi non è riuscito a identificare da dove Sitchin ha citato i passaggi riportati. Avverte inoltre che in alcuni estratti Sitchin omette varie frasi del testo originale che possono cambiare sensibilmente l’ interpretazione da lui fornita.

    Il primo estratto è un passo di Genesi 6:4, il famoso passaggio dei ‘Giganti’:

    “There were giants in the earth in those days; and also

    after that, when the sons of God came in unto the daughters

    of men, and they bare children to them, the same became

    mighty men which were of old, men of renown [shem]. “

    “C' erano i giganti sulla terra in quesi giorni, e anche

    dopo, quando i figli di Dio si avvicinarono alle figlie degli

    uomini, ed esse diedero loro dei figli, gli stessi divennero

    uomini potenti dell' antichità, uomini di fama [shem]”

    Come scrive Lawton, qui la citazione è per intero e sia il significato ‘ortodosso’ sia quello ‘sitchiniano’ avrebbero senso.

    40

  • Nel secondo estratto, che tratta della vicenda della Torre di Babele, Lawton ancora una volta ammette che la citazione di Sitchin è intera e che la sua spiegazione dell’ utilizzo di Shem potrebbe essere valida. Sitchin infatti sostiene che quando gli uomini dicono:

    “and let us make us a name [shem], lest we be scattered

    abroad upon the face of the whole earth”

    “E facciamoci un nome [shem], altrimenti saremo sparsi

    lontano sulla faccia della terra”

    il concetto che il narratore vuole esprimere è che gli uomini, essendo familiari con la visione delle navicelle spaziali degli Anunnaki, avessero intenzione di costruirne (o ottenerne) una per conto loro in modo da potersi raggiungere se espulsi da Sumer verso le altre terre dall' ira degli dei, o semplicemente in modo da potersi muovere velocemente fino a posti lontani una volta che, moltiplicandosi e sparpagliandosi nelle terre circostanti, si fossero inevitabilmente allontanati geograficamente. Lawton sostiene che in realtà il concetto è molto più semplice e gli uomini volevano soltanto crearsi una ‘reputazione’ o una ‘fama’ in modo che gli dei non potessero disperderli. Ognuno ha ovviamente le sue idee, però Lawton non spiega come il fatto di avere una fama come popolo possa impedire a una o più divinità di sparpagliare un popolo. Infatti il passo successivo del racconto testimonia proprio che gli dei scendono sulla terra e non solo sparpagliano le genti, ma ne confondono le lingue per non farli più comunicare e soprattutto perché se fossero riusciti nella loro impresa

    41

  • ‘niente più gli sarebbe stato impossibile’.

    Costruirsi una fama, una reputazione, non è un qualcosa che renda a un popolo ogni cosa possibile. Né tantomeno è qualcosa che gli dei dovessero temere, visto che gli dei stessi avevano deciso da secoli di donare all’ uomo la civiltà. Bisogna ricordare infatti che l’ episodio della Torre di Babele così come trattato nella Bibbia, è il sunto di scritti sumeri precedenti, relativi a un periodo in cui gli dei avevano già stabilito la prima sovranità sulla terra a Kish. Due passaggi di un testo catalogato K.3657 tradotto da Smith e Boscawen riportano la versione accadica del momento in cui fu Enlil a scendere con suo figlio Ninurta sulla terra mentre i seguaci di Marduk costruivano la famosa ‘Torre’ (in realtà si trattava della zigguratt Esagila con il suo tempio E.Kua):

    “Non più egli dovrà offendere il nostro potere, se ora il

    suo popolo lo eleggerà sovrano niente più potrà essergli

    impedito” […]

    “Durante la notte il Signore del Cielo scese sulla terra

    ma gli uomini contro lui si scagliarono […] Egli rase allora

    al suolo la città, e il suo comando fu che fossero

    dispersi e le loro menti confuse”

    Il primo pezzo corrispondente al punto in cui la bibbia indica che, se gli uomini avessero finito la loro torre, niente più sarebbe stato loro impossibile. Il secono pezzo invece affronta proprio l’ intervento ‘divino’ indicando chiaramente che il dio ‘scese sulla terra’ (da dove?), distrusse la città (e la torre) e confuse le menti (le

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  • lingue?) degli uomini. Una breve analisi di questo testo si può trovare nel capitolo X dell' eccellente “The Chaldean Account of Genesis” di George Smith, dal quale é estratta l' immagine seguente:

    Alla riga 6 si legge del' atto di confusione delle lingue, e alle righe 9-11 si legge la distruzione della torre.

    Il terzo estratto commentato da Lawton mostra il primo esempio di come egli non abbia capito granchè delle spiegazioni di Sitchin. Lawton si concentra in questo estratto sul fatto che Sitchin non riporta tutto il passaggio del profeta Isaia. In effetti la versione di Sitchin è:

    “And I will give them,

    In my House and within my walls,

    A yad and a shem.”

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  • “E io darò loro,

    nella mia casa e dentro le mi mura,

    uno Yad e uno Shem”

    Mentre la versione completa riportata da Lawton è:

    “Even unto them will I give in mine house

    and within my walls a place [yad] and a name [shem]

    BETTER THAN OF SONS AND DAUGHTERS:

    I WILL GIVE THEM AN EVERLASTING NAME [shem],

    THAT SHALL NOT BE CUT OFF.”

    “Anche a loro io darò nella mia casa

    e entro le mie mura, un posto (yad) e un nome (shem)

    migliore [di quelli] di figli e figlie:

    io darò loro un nome eterno, che non sia mai reciso”

    La domanda che Lawton si fa e pone al lettore è: Che senso ha che un dio fornisca un ‘veicolo spaziale’ migliore di quello di figli e figlie? A parte la domanda senza senso, Sitchin afferma chiaramente nel suo commentario che il termine Shem qui non ha valenza di ‘veicolo spaziale’ ma di ‘stele commemorativa’ CHE RAPPRESENTA un veicolo spaziale. Specificando che lo Yad e lo Shem son due tipi diversi di pietre commemorative, il significato qui è che il Dio desidera lasciare in dono 2 steli commemorative per il culto. Il passaggio esatto infatti tratto dal libro di Sitchin é:

    Tuttavia, esistono tuttora in Terra Santa antichi

    monumenti chiamati yad, caratterizzati da sommità di forma

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  • piramidale; lo shem, invece, era un monumento che terminava

    con una sommità ovale. Pare evidente che entrambi siano nati

    come simulazioni della "camera celeste", il veicolo con il

    quale gli dèi salivano alla "dimora eterna".

    Il quarto passaggio citato è tratto dall’ Epica di Gilgamesh:

    “Enkidu BRICK AND STAMP HAVE NOT YET BROUGHTFORTH THE FATED END, I would enter the land, wouldset up my name [shem], In its places where names

    [shems] have been raised up, I would raise up my name [shem], IN ITS PLACES WHERE NAMES [shems] HAVE NOT BEEN

    RAISED UP, I WOULD RAISE UP THE NAMES [shems] OF THE GODS.”

    “Enkidu, MATTONI E STAMPINI NON HANNO ANCORA DECRETATO LA

    FINE, Io entrerò nella terra, stabilirei il mio nome [shem].

    Nei suoi luoghi ove I noi [shem]

    sono stati innalzati, io innalzerei il mio nome [shem],

    NEI SUOI LUOGHI OVE I NOMI [shem] NON SONO STATI INNALZATI,

    IO INNALZERO' I NOMI [shem] DEGLI DEI.”

    Le parti in maiuscolo sono quelle che Sitchin tralascia. Qui Lawton sostiene che, appena reintrodotte le frasi eliminate da Sitchin, appare evidente la connessione con ‘stampini e mattoni’ e l’ azione di costruire monumenti.

    Lawton afferma anche che “reinserendo l’ ultima frase appare più realistico che Gilgamesh voglia rispettare la

    reputazione degli dei piuttosto che egli voglia usare il suo

    razzo contro quelli degli dei”.

    Ovviamente c’ è da notare che l’ interpretazione di

    45

  • Sitchin non è assolutamente che Gilgamesh voglia usare un suo ipotetico razzo CONTRO gli dei, ma che egli volesse trovare un ‘suo’ razzo con cui ascendere al cielo.

    L’ uso di ‘il mio shem’ qui intende ‘uno shem per me’, e la cosa è chiara pochi passaggi dopo quando Gilgamesh viene avvisato di chiedere il permesso a Utu prima di entrare nel Tilmun, la ‘terra dove si taglia il cedro’, ed egli di fronte a Utu supplica:

    “Fammi entrare nella tua terra,

    fai che io possa innalzare uno shem per me,

    dove nessuno shem è mai stato innalzato da uomini

    lascia che io ne abbia uno.

    Portami alla foresta dei cedri,

    e dammi la tua protezione.”

    La versione sumera e quella accadica dell’ epopea sono molto frammentarie, e il testo ‘standard’ viene ricostruito mischiando le varie versioni. Nella versione frammentaria sumera le frasi inserite da Lawton non compaiono, il termine ‘nome’ compare solo una volta:

    “Shamhat, have that man go away!

    Why has he come’? I will call out his name!”

    “Shamash, allontana quell'uomo!

    Perchè é giunto? Chiamerò il suo nome”

    E quello ‘fama’ solo nel passaggio:

    “Should I fall, I will have established my fame.

    46

  • (They will say ) ’It was Gilgamesh who locked

    in battle with Humbaba the Terrible!’ ”

    “Dovessi cadere, avrò stabilito la mia fama.

    (Loro diranno) 'Fu Gilgamesh che ingaggiò in battaglia

    con Humbaba il terribile' “

    Che è il passaggio in cui Gilgamesh decide di affrontare Umbaba, il ‘guardiano’ del Tilmun. In tutto il testo sumero non compare nemmeno una volta il legame con mattoni, stampini, nè nessun elemento riferito alla costruzione di steli o elementi commemorativi.

    La frase che Lawton completa:

    “Enkidu BRICK AND STAMP HAVE NOT YET BROUGHT

    FORTH THE FATED END, I would enter the land,

    would set up my name”

    Viene tradotta da N.K. Sandars con:

    Il mio nome ancora su steli di pietra non è immortalato

    come ordinato dal destino.

    Questa traduzione è molto poetica ma non è letterale. Lawton si rifà a questa traduzione pur avendo accusato tantissime volte Sitchin di non dare traduzioni accurate.

    Esaminiamo per un secondo la traduzione ufficiale del catalogo ETCSL curato da Graham Cunningham (Testo: Gilgamesh e Humbaba versione A):

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  • Since a man cannot pass beyond the final end of life,

    I want to set off into the mountains,

    to establish my renown there.

    Where renown can be established there,

    I will establish my renown; and where no renown can be

    established there, I shall establish the renown of the

    gods."

    Siccome un uomo non può oltrepassare la fine della vita,

    voglio arrivare alle montagne,

    per stabilire la mia fama li.

    Dove la fama può essere stabilita,

    stabilirò la mia fama; e dove nessuna fama può essere

    stabilita, stabilirò la fama degli dei.

    Il termine qui utilizzato per 'la mia fama' é il sumero: MU-NGU10 che viene tradotto letteralmente con 'Mio Nome' , e quando si parla della 'fama degli dei' il sumero é: MU DINGIR-RE-E-NE che però non é un genitivo ma un dativo plurale.

    Anche in questo caso, come é evidente, il problema é stabilire cosa questo MU sia. In tutte queste versioni il significato che Sitchin attribuisce al termine MU si cala perfettamente, non meno di quanto ci si cali il significato di 'nome' che gli studiosi gli assegnano.

    Il successivo estratto esaminato da Lawton è tratto da un testo che Sitchin identifica con un Inno a Inanna. L’ estratto che Sitchin riporta:

    Lady of Heaven:

    She puts on the Garment of Heaven;

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  • She valiantly ascends towards Heaven.

    Over all the peopled lands she flies in her mu.

    Lady, who in her mu to the heights of Heaven joyfully

    wings. Over all the resting places she flies in her mu

    Signora del Cielo:

    Ella indossa il suo Abito del Cielo

    e arditamente sale verso il Cielo.

    Al di sopra di tutte le terre abitate

    ella vola nel suo MU.

    La Signora, che nel suo MU

    gioiosamente vola fino alle vette celesti.

    Al di sopra di tutti i luoghi in pace ella vola nel suo MU.

    Effettivamente è apparentemente introvabile, e Sitchin non riporta quale traduzione ha preso né chi sia l’ autore del trattato su questo testo, quindi come suppone Lawton, lo stesso Sitchin potrebbe aver cambiato dei termini per supportare la sua tesi. Non si può però non notare che in questo estratto (come nel caso dell' epica di Gilgamesh) non viene utilizzato il termine Shem ma il termine MU, un termine che i traduttori ortodossi non hanno mai tradotto chiaramente.

    Possiamo forse farci una idea di cosa siano questi MU perchè esiste almeno un altro mito riguardante Inanna che ha un chiaro riferimento a veicoli volanti. E’ il mito di ‘Inanna ed Enki’, in cui Enki, ubriaco, dona a Inanna i ME della civilizzazione.

    E’ interessante notare che anche il termine ME non viene tradotto dai sumerologi, ma viene espresso come un qualcosa che ha il dono di istruire o dal quale si può imparare

    49

  • qualcosa (vedremo nel capitolo dedicato a Heiser in maniera più approfondita).

    Il testo originale del mito, nel ‘segmento E’ riporta la gioia di Inanna nell’ aver ricevuto i Me:

    “He has given me righteousness. He has given me the

    plundering of cities.

    He has given me making lamentations. He has given me

    rejoicing.”

    Ma il testo realmente dice:

    “Lui (Enki) mi ha dato il ME della giustizia; lui mi ha

    dato il ME della fondazione delle città;

    lui mi ha dato il ME delle lamentazioni;

    lui mi ha dato il ME della gioia”

    Il testo originale sumero:

    [nam]-ning2-si-[sa2 ma-an-shum2]

    iri lah5 [ma-an-shum2]

    i-si-ish nga2-nga2 ma-

    shag4 hul2-la ma-

    Come si può vedere queste 4 frasi presentano una parte comune ‘ma.an.shum’ che è composta da MA e SHUM2 (diede), e una parte variante a seconda del ME concesso (es: SHAG HUL = cuore felice = gioia). I sumerologi ci dicono (per esempio Daniel Foxvog nel suo 'Sumerian Glossary') che MA-AN-SHUM é in realtà GISH-MA-AN-SHU-UM[U] e significa 'settaccio per il grano' indicando un simbolo di regalità(!!). Spiegazioni del

    50

  • genere non possono che far sorridere se si pensa che, secondo questa interpretazione (e bisogna notare che nel testo non é presente il determinativo GISH) gli scribi avrebbero scritto “Lui (enki) ha donato il 'settaccio per grano' della

    giustizia, della fondazione delle città, etc”.

    Il termine MA non viene tradotto in questo segmento, ma lo ritroviamo più avanti con un altro significato stavolta nella sua forma omofona MA2 tradotto con ‘barca’, precisamente nel ‘segmento F’ quando si dice che:

    Inanna gathered all the ME.

    The ME were placed in the Boat of Heaven.

    The Boat of Heaven, with the holy ME,

    was pushed off from the quay.

    Inanna raccolse tutti I ME.

    I ME furono sistemati nella Barca del Cielo.

    La Barca del Cielo, con I sacri ME,

    fu spinta oltre il molo.

    O in un’ altra versione, dove il termine ME viene sostituito da ‘poteri divini’:

    But holy Inana had gathered up the divine powers

    and embarked onto the Boat of Heaven.

    The Boat of Heaven had already left the quay

    Ma la divina Inanna raccolse I poteri divini,

    e si imbarcò nella Barca del Cielo.

    La barca del Cielo aveva lasciato il molo.

    51

  • Il testo sumero di questo passaggio è:

    kug d.inana me mu-un-ur4-ur4 ma2 an-na bi2-in-u5

    ma2 an-na kar-ra zag bi2-in-tag

    Nella versione in lingua originale compare il ME tradotto come ‘essenza’ (non meglio precisata e che non figura nella traduzione), e qui il termine MA2 viene tradotto come ‘barca’ (MA2 AN.NA = barca del cielo). La mia conclusione è che questo termine MA2 AN.NA, sia il corrispondente del MU a cui si fa riferimento quando si ha a che fare con oggetti volanti o resoconti di volo. Il termine ‘barca del cielo’ non può rappresentare una normale imbarcazione, per descrivere la quale si usava semplicemente MA2. Per esempio nell’ epopea di Gilgamesh si parla di ‘MA2 GUR4.GUR4’ per indicare una barca che può capovolgersi (GUR4).

    Ci siamo allontanati molto dallo ‘shem’ ma ho ritenuto doveroso fare questa disquisizione perché Lawton inserisce quel passaggio non identificabile nella sua trattazione sugli shem nonostante il termine non compaia. D’ altro canto se come sostiene Sitchin il termine shem deriva da ‘shammu’ (vedremo in un successivo volume che qui invece Sitchin ha probabilmente commesso un altro tipo di errore) e significa: ‘ciò che è un MU’, decifrare cosa possa essere il MU non è tempo perso.

    Lawton riporta un successivo passaggio di una sola riga, che Sitchin sostiene essere affrontato da G.A. Barton nel suo trattato ‘Royal inscriptions of sumer and akkad’ ed essere preso da una iscrizione di Gudea che commemora la costruzione dell’ Eninnu, il tempio di Ninurta a Lagash:

    52

  • “Its MU shall hug the land from horizon to horizon”

    “Il suo MU abbraccerà la terra da orizzonte a orizzonte”

    Leggiamo cosa dice Lawton:

    “ Gudea Temple Inscriptions - Again the following

    extract, being so short, is hard to trace in Jacobsen’s

    translation; this is Sitchin’s version:

    - Its mu shall hug the lands from horizon to horizon -

    One passage towards the end of Jacobsen’s version reads

    as follows:

    ‘He (Ninurta) has indeed established your (Gudea’s)

    name from the south to the north’.

    However it is hard to identify this as the same passage

    with any certainty, and further comment is

    useless without a proper source reference.”

    “Iscrizioni del tempio di Gudea – Ancora il seguente

    estratto, essendo così breve, é difficile da rintracciare

    nelle traduzioni di Jacobsen; Questa é la versione di

    Sitchin:

    - Il suo MU abbraccerà la terra da orizzone a orizzonte -

    Un passaggio verso la fine della traduzione di Jacobsen

    riporta: 'Lui (Ninurta) ha davvero stabilito il tuo (di

    Gudea) nome dal Sud al Nord'.

    Tuttavia é difficile identificare questo con certezza

    53

  • come lo stesso passaggio, e ulteriori commenti sono inutili

    senza un migliore riferimento della fonte”

    Qui Lawton commette due errori gravissimi:

    • anzi che andare a verificare sul testo di Barton, che effettivamente è molto raro da trovare, si basa direttamente sulla frase di Sitchin e va a cercare qualcosa di simile nei testi di Jacobsen;

    • suppone che trattandosi di un testo riguardante il tempio costruito da Gudea per Ninurta, il testo debba riferirsi a Ninurta e quindi fa un paragone con una frase di Jacobsen riferita a questa divinità.

    Per ovviare al primo errore, in realtà basta fare una ricerca sul lavoro di Barton per scoprire che nel suo libro traduce il Cilindro A e Cilindro B di Gudea, riguardanti appunto la costruzione dell’ Eninnu, e una volta identificato lo scritto, si può cercare nei cataloghi di testi sumeri la corrispondenza. La mia preferenza è andata al catalogo online E-TCSL perché considerato uno dei più completi che riportano traslitterazione e traduzione con riferimenti incrociati; cercando tutto il materiale riguardante Gudea vengono mostrati i testi dei 2 cilindri. A questo punto cercando la parola MU troviamo una corrispondenza. La stessa si trova anche seguendo il ragionamento di Sitchin. Infatti Sitchin nel suo libro, quando affronta questa iscrizione, sostiene che ‘Fu Barton a tradurre MU con NOME fissando questo poi incontestata associazione’ .

    Cercando quindi sia NOME (nella versione inglese) che MU (in quella sumera) arriviamo alla stessa porzione (versi 1337

    54

  • – 1354):

    “You are a true youth made to rise over the land of Lagaš

    by Ninĝirsu; your name is established

    from below to above”

    “Tu sei un sincero giovane innalzato sulle terre di

    Lagash da Ningirsu; il tuo nome é stabilito

    da sotto a sopra”

    il cui corrispondente sumero è:

    dumu ba-tud-da-me meš zid ki lagaš-ki-[a] e-a

    d-nin-ĝir-su-ka-me sig-ta nim-še /mu\-zu he-ĝal

    Come possiamo vedere la parte inglese è abbastanza diversa da quella riportata da Sitchin, ma andiamo ad analizzarle bene entrambe. La frase di Sitchin suona come “Il suo MU abbraccia la terra da un estremo all’ altro” mentre quella dell’ ETCSL, se esaminiamo l’ ultima frase, riporta “Il tuo NOME è stabilito da sotto a sopra”.

    Non solo il concetto è esattamente lo stesso, ma se andiamo a cercare le corrispondenze dei termini, dove in inglese c’ è NOME, in sumero c’ è proprio MU.

    Andando a tradurre letteralmente la parte sumera abbiamo:

    sig: = to be low (stare in basso)nim: = upper (superiore)MU: = name (nome)He.gal: = plenty (molto)

    55

  • Oltre a questi significati, avvalendoci del Sumerian Lexicon, troviamo anche i significati di ‘še’ e ‘ta’ che nella versione ETCSL non vengono tradotti:

    še = n., portion [ŠE3 archaic frequency: 152]. Prep., to, unto, as far as, up to; as regards, concerning; because of, for the sake of; until (terminative suffix and in Old Sumerian period terminative prefix).

    Ta, dá: n., nature, character [TA archaic frequency: 34; concatenates 6 sign variants]. Prep., from; to; for; by means of (ablative-instrumental noun suffix and verbal prefix; as a noun suffix can be a locative with remote deixis, as in an-ta and ki-ta).

    La traduzione letterale quindi è “Il NOME/MU sta molto in basso e in alto” o “Il tuo NOME/MU sta molto dal basso verso l’ alto”. Come si può vedere, a parte il significato del temine MU, Sitchin non fa nessun errore, nessuna modifica, nessuna interpretazione nella frase. Il significato che riporta ha lo stesso significato di quello della versione dell’ ETCSL, e di quella completata tramite il Sumerian Lexicon. Questo è molto importante perché questi son due strumenti ‘ortodossi’ che provano ancora una volta l’ affidabilità delle traduzioni o quantomeno dei riferimenti di Sitchin.

    Il secondo errore di Lawton in questo caso, come detto, è il fare l’ asserzione che si tratti di un testo dedicato a Ninurta. Questo estratto invece è riferito a Gudea stesso ed è scritto come se Gudea si riferisse a se stesso. Non solo, in questo passaggio si ‘esalta’ la figura di Gudea come per beatificarlo per la sua opera di costruzione dell’ Eninnu.

    56

  • Il testo completo di questo passaggio è:

    “Your god, Lord Ninĝišzida, is the grandson of An; your

    divine mother is Ninsumun, the bearing mother of good

    offspring, who loves her offspring; you are a child born by

    the true cow. You are a true youth made to rise over the land

    of Lagaš by Ninĝirsu; your name is established from below to

    above. Gudea, nobody …… what you say. You are …… a man known

    to An. You are a true ruler, for whom the house has

    determined a good fate. Gudea, son of Ninĝišzida, you will

    enjoy a long life!”

    In sostanza anche questa volta Lawton si è dimostrato eccessivamente fallace nella sua analisi del testo di Sitchin, nell’ affrontare una ricerca identificativa, e nell’ identificare la corretta natura del testo che esamina; una pecca non da poco per un autore che vanta anni e anni di ricerca, e soprattutto per un autore che utilizza gli stessi metodi e le stesse fonti di Sitchin per avvallare la propria teoria.

    Il successivo esempio portato da Lawton riguarda il mito di Adapa, in cui egli viene portato in cielo al cospetto di Anu per aver ucciso ‘il vento del sud’.

    Secondo Lawton:

    Sitchin himself does not quote an extract proper,

    merely reporting that ‘An demanded to

    know who had provided Adapa with a shem

    with which to reach the heavenly location’

    57

  • Sitchin stesso non riporta un estratto esatto,

    semplicemente riportando che 'Anu pretese di sapere

    chi aveva fornito uno Shem ad Adapa con il quale

    ascendere al cielo'

    Cioè Sitchin non riporta un estratto dal testo del mito ma dà direttamente una sua spiegazione. Lawton poi dice di aver cercato il passaggio e aver trovato 2 diverse versioni di Heidel (1951) e di Dalley (1989). Il primo sostiene che il passaggio indica la lamentela di Anu per il fatto che ad Adapa sia stato rivelato il modo per raggiungere il cielo.

    La citazione esatta del testo di Heidel è:

    “Why has Enki revealed to an impure man

    The heart of heaven and earth?

    He has made him strong and has made him a name.”

    “Perchè Enki ha rivelato a un uomo impuro

    il cuore del cielo e della terra?

    Lui lo ha reso forte e gli ha dato un nome [shem]”

    Lawton afferma che questa versione, la più vecchia, offre un minimo di supporto all’ idea di Sitchin perché compare il termine ‘shem’ tradotto con ‘nome’ che Sitchin potrebbe aver interpretato come ‘navicella’. La citazione di Dalley invece è interamente interpretativa e sia il termine ‘shem’ che la traduzione come ‘nome’ o ‘fama’ sono sparite.

    “Why did Enki disclose to wretched mankind

    The ways of heaven and earth,

    58

  • Give them a heavy heart?

    It was he who did it!”

    “Perchè Enki ha rivelato all' umanità corrotta

    le vie del cielo e della terra,

    dandogli un cuore pesante?

    E' stato lui!”

    Poi Lawton afferma che: ‘A meno che il progresso della traduzione di questo testo accadico sia andato a ritroso, o

    Heidel abbia usato un set di tavolette completamente diverso

    da Dalley, possiamo assumere che l’ ultima interpretazione in

    ordine temporale sia la più accurata, e questa non fornisce

    nessun supporto alla teoria di Sitchin.

    Qui non posso esimermi dal fare 2 osservazioni principali:

    • Abbiamo 2 autori con due interpretazioni diverse, eppure entrambi vengono accettati senza remore essendo autori ortodossi. Sitchin viene scartato a priori nonostante possa rappresentare una terza alternativa. C’ è da notare che esistono altri autori che hanno trattato questo passaggio fornendo a loro volta versioni leggermente diverse. Ogni traduttore differisce dagli altri in qualche punto, in questo o in altri passaggi del mito di Adapa;

    • Non è concettualmente vero che ‘l ultima versione in ordine temporale è la più accurata’. Dipende sempre da in che ottica si interpreta il testo. Se un testo viene ‘interpretato’ non sarà mai più accurato di un

    59

  • testo che viene semplicemente ‘tradotto’. Il testo tradotto sarà più fedele all’ originale, magari meno poetico, meno comprensibile come mito, ma più preciso. Resta il fatto che se nel testo originale compare la parola ‘Shem’, tra le due versioni la più accurata è quella che la riporta / traduce, non quella che la fa sparire per dare un senso migliore alla frase.

    Dobbiamo comunque specificare che si, i due estratti di Heidel e Dalley, sono due set diversi di tavolette dello stesso mito. Precisamente la versione di Dalley è successiva ed è la stessa che è stata trattata nel suo saggio “Adapa and the South Wind – language has the power of life and death” da Shlomo Izre’el, il quale riporta numerose trascrizioni dall’ originale con la traduzione fornita da Bottero e Kramer:

    Queste sono la versione in lingua originale e la traduzione letterale del passaggio che Heidel traduce con “Why has Enki revealed to an impure man The heart of heaven

    and earth?” e Dalley con: “Why did Enki disclose to wretched mankind The ways of heaven and earth?”. Entrambi gli autori hanno interpretato abbondantemente il testo originale. Anche il successivo passaggio tradotto con “Give them a heavy heart” e con “He has made him strong” è totalmente interpretato. Possiamo leggere l’ originale con relativa

    60

  • traduzione:

    Il contenuto originale é:

    Perchè Enki ha rivelato a un uomo ciò che é male in cielo

    e in terra? Perchè ha stabilito un 'cuore pesante' in lui?

    Quanta fiducia possiamo dare allora a Heidel e Dalley nelle loro traduzioni? Quanto possiamo usare i loro lavori per screditare quello di Sitchin? Per correttezza, dovremmo garantire a Sitchin il beneficio del dubbio, visto soprattutto il fatto che egli non dà una traduzione (al contrario dei due autori citati) ma espone solo ciò che secondo lui il passaggio del mito intende. Ancora più interessante è leggere il passaggio successivo in cui Anu non solo non è adirato con Adapa o con Ea, ma accetta il fatto che Adapa sia stato da Ea istruito sulle ‘cose del cielo e della terra’ e abbia ormai una conoscenza degna di un dio. Al quale, per essere tale, manca solo una cosa: la vita eterna.

    61

  • Se a prima vista Anu sembra adirato è perché ‘Adapa ha infranto il vento del sud’. Ma Anu non é adirato per l’ atto in se, quanto per il fatto che a compierlo sia stato un umano, che non avrebbe nemmeno dovuto sapere cosa fosse il ‘vento del sud’ né tantomeno come ‘impedirgli di soffiare’.

    Ma appena Adapa spiega il perché abbia infranto il vento del sud, e grazie all’ intervento mediatore di Dumuzi e Ningishzidda (figli di Ea che accompagnano Adapa in cielo), egli si calma e accetta di buon grado la spiegazione:

    62

  • E’ a questo punto che Anu si adira non con Adapa ma con Ea perché ha insegnato a un umano “la banita sha shame u erseti” – ‘ciò che è male in cielo e in terra’ (la banita = non buono). Il discorso di Adapa invece viene definito da Ningishzidda e Dumuzi: ‘amassu banita’, cioè ‘buone parole’ riferito alla sua sincerità.

    Il lettore mi scuserà per questa lunga parentesi dedicata allo scritto di Shlomo Izre’el, che non aggiunge direttamente nulla al discorso dedicato agli ‘shem’ o ai ‘mu’; ho ritenuto di dover portare le sue considerazioni per evidenziare che il testo del mito di Adapa, e in particolare questo passaggio del discorso di Anu, è un testo molto complesso che è stato affrontato da vari studiosi, ognuno dei quali ha analizzato un aspetto diverso, raggiungendo una conclusione (e una traduzione) diversa. Non basta usare la tattica di Lawton e dire ‘ho trovato due versioni di due autori rinomati che traducono diversamente da Sitchin’.

    Andiamo avanti ad esaminare il successivo dibattito di Lawton: si tratta del famoso ‘Mito di Etana’, uno scritto in 4 tavolette diviso in due parti distinte. Nella prima parte si racconta di un patto tra un’ aquila e un serpente, patto al quale l’ aquila trasgredisce venendo punita da Shamash.

    63

  • Chiedendo di essere riscattata, l’ aquila implora Shamash il quale le risponde ‘ti manderò un uomo che ti aiuterà’. A questo punto entra in gioco il sovrano Etana che si rivolge a Shamash per avere la ‘pianta della vita’, essendo sterile.

    L' estratto esatto del testo di Sitchin è:

    O Lord, may it issue from thy mouth!

    Grant thou me the Plant of Birth!

    Show me the Plant of Birth!

    Remove my handicap! Produce for me a shem!

    O Signore, possa uscire dalla tua bocca!

    Dammi la Pianta della Nascita!

    Mostrami la Pianta della Nascita!

    Soccorri le mie scarse capacità!

    Concedimi di avere uno shem.

    Mentre il testo che riporta Lawton nel suo documento è:

    “O Lord, let the word go forth from your mouth

    And give me the plant of birth,

    Show me the plant of birth!

    Remove my shame and provide me with a son [shem]!”

    “O signore, possa la parola uscire dalla tua bocca,

    e dammi la pianta della nascita.

    Mostrami la pianta della nascita,

    rimuovi la mia vergogna e forniscimi (concedimi)

    un erede (shem)”

    Ancora leggermente diversa è la versione ufficiale tradotta da Foster:

    64

  • “O Lord, give the command!

    Grant me the plant of birth!

    Reveal to me the plant of birth!

    Relieve me of my burden, grant me an heir!”

    “O signore, dai il comando!

    Concedimi la pianta della vita!

    Rivela a me la pianta della vita!

    Sollevami dal mio fardello, concedimi un erede!”

    Le tre versioni differiscono concettualmente nell’ ultima riga. Secondo Sitchin Etana ha un handycap (in italiano é reso con 'scarse capacità'), nella versione di Lawton (che si rifà a quella di Dalley) si tratta di una ‘vergogna’ mentre nel testo tradotto da Foster viene usato il termine ‘fardello’.

    Nel caso di Sitchin, Etana chiede uno ‘shem’ che lui suggerisce essere una navetta per salire al cielo, nel caso della versione di Dalley il termine viene tradotto con ‘figlio’ e nella versione di Foster con ‘erede’. L’ obiezione di Lawton è che:

    Nevertheless, although she (Dalley) does not say as much

    her translation would appear to use the phrase ‘plant of

    birth’ as a sign that Etana is infertile, in which case it

    would be quite understandable that he would want to

    change the situation and establish a lasting reputation

    by way of offspring.

    A dispetto di ciò, sebbene lei (Dalley) non dica molto,

    la sua traduzione sembrerebbe utilizzare la frase 'pianta

    65

  • della vita' come segno della infertilità di Etana, caso in

    cui sarebbe cmprensibile che lui volesse cambiare questa

    situazione e stabilire una reputazione durevole

    per mezzo di una discendenza.

    Ma questo Sitchin lo dice chiaramente nel suo testo, affermando che Etana desidera avere un erede. Ciò che Lawton non afferra è che il termine Shem in questo caso viene tradotto da Sitchin come navicella per un motivo particolare. Sarebbe logico chiedere la capacità di generare un figlio a un dio o una dea della nascita (esiste infatti una versione in cui Etana chiede aiuto a Inanna). Shamash invece, oltre che essere il ‘dio del sole’, era secondo i miti il ‘guardiano delle navi celesti’. Gli stessi MA.AN.NA guidati da Inanna stanno sotto la supervisione di Shamash; la navetta usatta da Ninurta per combattere nei cieli contro Anzu, gli è donata da Shamash. Il termine SHUM.U da cui Shem deriverebbe (ne parleremo abbondantemente in un altro momento) traducibile in ‘procurare elevazione’ è tratto proprio da un inno a Shamash (Hymn to Shamash – Utu B) in cui:

    d.utu.she dul na.mu.un.di.ni.ib.dangal shum.u

    kur.ra sang mi.ni.in.il lugal.bi na.nam

    tradotto con:

    “la sua protezione si stese su Utu (shamash), egli si

    innalzò (shum.u ) alzò la testa sulle

    montagne e divenne il loro re”

    66

  • Il resto è un lavoro di logica. Essendo Shamash il dio relativo al volo, ai ‘carri celesti’, e leggendosi succesivamente nel testo che l’ aquila dovrà portare Etana in cielo – precisamente nel ‘cielo di Anu’ - per trovare la pianta della nascita, la conclusione che Etana chiede a Shamash un veicolo per arrivare al cielo e trovare tale pianta è quantomeno lineare.

    Eppure Lawton continua affermando che:

    Despite the fuss that is sometimes made about Etana’s

    subsequent description of how the earth gets smaller and

    smaller as he ascends towards heaven

    on the back of an eagle, this is separate

    and in any case only common sense, so once again

    Sitchin’s interpretation

    appears by far the less likely and obvious.

    A dispetto del rumore che occasonalmente viene sollevato

    circa la successiva descrizione fatta da Etana di come la

    terra diventi sempre più piccola mentre ascende al cielo sul

    dorso dell' aquila, questo é un altro

    tema separato e comunque solo senso comune, quindi la

    interpretazione di Sitchin risulta essere

    la meno ovvia e probabile.

    La cosa qui diventa quasi ridicola. Lawton minimizza la seconda parte del testo, quella in cui Etana è portato in cielo dall’ aquila, dicendo che la descrizione della terra che ‘diventa sempre più piccola’ è solo ‘senso comune’. A questo punto viene spontaneo pensare che Lawton voglia