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MECCANICA DEI CONTINUI Un corpo continuo è un insieme di punti materiali che ad ogni istante occupa una regione B dello spazio euclideo tridimensionale (Fig. 1.1). Fig. 1.1. Corpo continuo soggetto alle forze esterne di volume b e di superficie s 1.1. AZIONI SUI MEZZI CONTINUI Le interazioni meccaniche tra una generica parte P di un corpo continuo B e l’ambiente esterno, o la parte complementare P * , si possono descrivere con delle forze, ovvero delle funzioni vettoriali con valore puntuale, dei seguenti tipi. 1.1.1. Forze di massa e di volume Le forze di volume sono azioni esercitate “a distanza” dall’ambiente su ciascun elemento di volume in cui si può pensare di suddividere il corpo continuo ed insorgono tutte le volte che il corpo è immerso in un campo di forze o accelerazioni, quali quelle gravitazionali. Se si considera un piccolo elemento di volume ΔV che contiene il punto x e si indica con ΔF la forza esercitata dall’ambiente su tale volume, allora si definisce forza di volume agente nel punto x il limite finito del rapporto V b V Δ Δ = Δ F x 0 lim ) ( (1.1) supponendo che nel processo al limite il volume ΔV tenda a zero contraendosi attorno al punto x. In generale, si assume che le forze di volume siano limitate, s b P P* n x S B x 2 x 1 x 3 B

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Stati tensionali

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MECCANICA DEI CONTINUI

Un corpo continuo è un insieme di punti materiali che ad ogni istante occupa una regione B dello spazio euclideo tridimensionale (Fig. 1.1).

Fig. 1.1. Corpo continuo soggetto alle forze esterne di volume b e di superficie s 1.1. AZIONI SUI MEZZI CONTINUI Le interazioni meccaniche tra una generica parte P di un corpo continuo B e l’ambiente esterno, o la parte complementare P*, si possono descrivere con delle forze, ovvero delle funzioni vettoriali con valore puntuale, dei seguenti tipi.

1.1.1. Forze di massa e di volume Le forze di volume sono azioni esercitate “a distanza” dall’ambiente su ciascun elemento di volume in cui si può pensare di suddividere il corpo continuo ed insorgono tutte le volte che il corpo è immerso in un campo di forze o accelerazioni, quali quelle gravitazionali.

Se si considera un piccolo elemento di volume ΔV che contiene il punto x e si indica con ΔF la forza esercitata dall’ambiente su tale volume, allora si definisce forza di volume agente nel punto x il limite finito del rapporto

V

bV Δ

Δ=

→Δ

Fx0

lim)( (1.1)

supponendo che nel processo al limite il volume ΔV tenda a zero contraendosi attorno al punto x. In generale, si assume che le forze di volume siano limitate,

s

b

P

P* n

xS B

x2

x1 x3

∂B

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Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

ovvero ΔF → 0 se ΔV → 0, escludendo così la possibilità di considerare forze concentrate agenti su di un punto. La forza di volume b ha le dimensioni di una forza per unità di volume (F L−3). La forza esercitata su di un elemento di volume infinitesimo dV risulta quindi: dF = b dV (1.2)

Nel caso della forza gravitazionale (forza peso) in corrispondenza con le forze di volume si possono definire le forze di massa che agiscono su di un elemento infinitesimo di massa dm = ρ dV, dove ρ è la densità di massa nel punto considerato. Indicando con g il vettore dell’accelerazione di gravità si ha

dF = g dm = ρ g dV (1.3)

Il vettore g rappresenta anche la forza di massa avendo il significato di forza per unità di massa (F M−1), ad esso corrisponde la forza di volume b = ρ g.

1.1.2 Forze di superficie Le azioni esercitate attraverso elementi di area si definiscono forze di superficie o di contatto ed hanno le dimensioni di una forza per unità di superficie (F L−2). In particolare si possono suddividere in: forze di contatto esterne: indicate con s(x) sono esercitate dall’ambiente sul

corpo B attraverso la sua superficie esterna ∂B,

forze di contatto interne: indicate con t (x, S) vengono esercitate punto per punto tra le varie parti di un corpo attraverso la superficie ideale S in comune.

Se si considera un piccolo elemento di area ΔA attorno al punto x

appartenente alla superficie esterna del corpo, o ad una ideale superficie interna, e si indica con ΔF la forza scambiata attraverso tale area con l’esterno, o tra le due parti del corpo (Fig. 1.2), allora si definiscono rispettivamente forza di contatto esterna e forza di contatto interna nel punto x i limiti finiti dei rapporti

AA Δ

Δ=

→Δ

Fxs0

lim)( A

SA Δ

Δ=

→Δ

Fxt0

lim),( (1.4)

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supponendo che nel processo al limite l’area ΔA tenda a zero restringendosi attorno al punto x. In generale, si assume che le forze di contatto siano limitate, ovvero ΔF → 0 se ΔA → 0, escludendo così la possibilità di considerare forze concentrate (agenti su di un punto).

Le forze di contatto esterne ed interne esercitate attraverso un generico elemento di superficie infinitesimo dA saranno perciò espresse da:

dF = s dA dF = t dA (1.5)

Le forze di contatto s e t hanno le dimensioni di una forza per unità di superficie (F L−3).

n

P

ΔF

x

ΔA

P*

x ΔA

S nΔF

ΔA

Fig.1.2. Forza di contatto interna scambiata tra le parti P e P* attraverso un elemento ΔA della supericie ideale interna S e forza di contatto esterna agente su di un elemento ΔA della supericie esterna ∂B

1.2 EQUILIBRIO DI UN CORPO CONTINUO Un corpo continuo B si definisce in equilibrio sotto l’azione delle forze di volume b e di superficie s se la risultante ed il momento risultante di tutte le forze che agiscono su una qualsiasi parte P del corpo B sono nulli, ovvero se sono verificate le seguenti due equazioni vettoriali (sei equazioni scalari):

0tsb =++ ∫∫ ∫∂∩∂ SP BP

dAdAdV 0txsx+bx =×+×× ∫∫ ∫∂∩∂ SP BP

dAdAdV (1.6)

che prendono il nome di assiomi di Eulero. Esse sono la naturale estensione ai corpi deformabili delle equazioni cardinali della statica ed esprimono le condizioni necessarie per l’equilibrio della parte P del corpo continuo.

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Le condizioni di equilibrio (1.6) devono risultare valide anche per l’intero corpo, ovvero per P coincidente con B. In tal caso, non essendovi forze di contatto interne, dovrà aversi:

0sb =+∫ ∫∂

dAdVB B

0sxbx =∧+∧∫ ∫∂

dAdVB B

(1.7)

La nozione di stato di tensione in un punto interno di un continuo nasce da considerazioni di equilibrio tra azioni e reazioni che interessano due parti dello stesso corpo separate da una superficie ideale.

Si consideri un corpo B in equilibrio sotto assegnate azioni esterne e si divida il volume da esso occupato in due parti P e P* mediante una superficie ideale S sia n il versore normale ad S nel punto x (Fig. 1.3). Il versore n viene, per convenzione, orientato verso l’esterno della porzione di corpo rispetto alla quale si esamina l’equilibrio. Poiché in seguito alla suddivisione ciascuna delle due parti non risulterà più in equilibrio, appare evidente che, prima della suddivisione, attraverso la superficie interna S venivano trasmesse delle azioni che la separazione effettuata ha annullato.

n

P

t(x, S) dA

x

dA

−n

P*

x

dA

t(x,− S) dAS

Fig.1.3. Suddivisione di B nelle parti P e P* separate dalla superficie ideale S

Le forze di contatto interne t dipendono sia dal punto x che dalla superficie S considerata, dove S è una superficie orientata in base al verso della normale n (Fig. 1.3). È possibile dimostrare che il vettore di tensione t non dipende dalla forma complessiva della superficie ideale S ma solo dalla forma che S assume in prossimità del punto x considerato, definita dal piano tangente ad S in x, ovvero dalla normale n alla superficie S in tal punto. Infatti, il vettore di tensione è lo stesso per tutte le superfici ideali passanti per il punto x che in tal punto hanno la stessa normale (Fig. 1.4a). Peratanto, il vettore di tensione t dipende dalla

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superficie S solo attraverso la normale n ad S nel punto x. Sottointendendo la dipendenza dal punto x, si indica più semplicemente con tn = t (x, n) (1.8)

In particolare, si parla di giacitura di normale n riferendosi alla superficie piana avente normale n nel punto x.

Con riferimento alla Fig. 1.4b, si può dimostrare che il vettore di tensione che agisce nel punto x sulla superficie S della parte complementare P*, relativo quindi alla giacitura di normale −n, risulta opposto al vettore tn, ovvero vale il principio di azione e reazione (Lemma di Cauchy):

t−n = − tn (1.9)

Per stato di tensione in un punto interno x di un corpo s’intende l’insieme dei vettori tensione tn, quando n descrive la stella di piani passanti per x.

Al vettore tn, che ha le dimensioni di una forza per unità di superficie, si dà

il nome di vettore di tensione relativo alla giacitura di normale n nel punto x.

Fig. 1.4. Superfici ideali passanti per il punto x che in tal punto hanno la stessa normale n.

1.3 IL TENSORE DEGLI SFORZI Lo stato di tensione in un punto interno x di un corpo è noto quando si sa determinare il vettore di tensione tn per qualunque giacitura di normale n nel punto x.

PP*

x− n

t−n

PP*x

Bn

tn

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1.1.1 Le componenti del vettore di tensione I vettori di tensione che agiscono sulle superfici di un cubo elementare con le facce ortogonali agli assi x1, x2 e x3 di un sistema di riferimento cartesiano si indicano con tj = tej

(j = 1, 2, 3)

dove e1, e2 e e3 sono i versori che individuano la direzione degli assi e coincidono con le normali alle facce del cubo elementare (Fig. 1.4).

Con σij si indica la componente lungo la direzione dell asse xi del vettore di tensione tj relativo alla giacitura normale all’asse xj, ovvero

σij = ei ⋅ tj (1.10)

quindi il primo indice individua la direzione della componente di tensione ed il secondo indica la direzione normale alla giacitura, per cui i vettori di tensione relativi alle tre giaciture ortogonali agli assi coordinati hanno le seguenti componenti

t1 =⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

σ

σ

σ

31

21

11

, t2 =⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

σ

σ

σ

32

22

21

, t3 =⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

σ

σ

σ

33

23

13

(1.11)

t1

t2

e1

e2

t3e3

σ31

x2

x1

x3

σ11

σ12

σ21

σ22

σ13

σ23

σ32

σ33

x

Fig. 1.5. Componenti di tensione sulle tre giaciture normali agli assi

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Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 7

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

Sulle giaciture di normali e1, e2 ed e3, coincidenti con la direzione positiva degli assi, le componenti di tensione sono positive se dirette nel verso positivo degli assi, come in Fig. 1.4.

In accordo con la (1.9), sulle giaciture di normali −e1, −e2 e −e3, i vettori di tensione risultano essere −t1, −t2 e −t3. Pertanto, su tali giaciture le componenti di tensione di segno positivo hanno i versi opposti a quelli degli assi cartesiani.

Le componenti di tensione con indici uguali, σ11, σ22 e σ33, hanno direzione

ortogonale al piano della giacitura e si definiscono tensioni normali. Queste risultano positive se uscenti dalla materia e dirette come il vettore normale, tali quindi da mettere in trazione il materiale. Viceversa, tensioni normali negative corrispondono a compressione del materiale e vengono anche definite pressioni.

Le componenti di tensione con indici diversi, σ12, σ21, σ13 …, appartengono invece al piano della giacitura e si definiscono tensioni tangenziali. Spesso vengono indicate anche con il simbolo τij con i ≠ j.

Le componenti di tensione hanno la stessa dimensione del vettore di

tensione e vengono misurate in MPa, ovvero in N/mm2, oppure in kN/cm2. Tra queste unità di misura valgono le seguenti relazioni di equivalenza:

1 MPa = 1 N/mm2 = 0.1 kN/cm2.

Il seguente teorema stabilisce la dipendenza del vettore di tensione tn dalla normale n alla giacitura e fornisce una versione puntuale delle condizioni di equilibrio di un corpo continuo equivalente agli assiomi di Eulero (1.6), che devono risultare verificati per qualsiasi parte del corpo se questo è in equilibrio. Il teorema fornisce inoltre le condizioni di reciprocità tra le tensioni tangenziali agenti su due giaciture ortogonali.

1.1.2 Teorema di Cauchy-Poisson Teorema. Condizione necessaria e sufficiente affinché un corpo continuo B sia in equilibrio sotto l’azione delle forze di volume b in B e di superficie s su ∂B, ovvero che siano verificati gli assiomi di Eulero (1.6) per qualsiasi parte P del corpo, è che esista una matrice σ(x), definita tensore degli sforzi o di Cauchy, tale che siano verificate le seguenti relazioni:

1) tn = σ n (1.12)

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Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 8

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ovvero il vettore di tensione tn dipende linearmente dalla normale n

2) σij = σji per i, j = 1, 2, 3 (1.13)

ovvero la matrice σ è simmetrica

3) ∑=

σ3

1,

jjij + bi = 0 in B per i = 1, 2, 3 (1.14)

σ n = s su ∂B (1.15) che costituiscono rispettivamente le equazioni indefinite di equilibrio per i corpi continui e le relative condizioni di equilibrio al contorno.

Dimostrazione: 1) Dipendenza del vettore di tensione dalla normale Si consideri un tetraedro infinitesimo all’interno del corpo B con il vertice nel generico punto x e spigoli paralleli agli assi cartesiani. Tale solido viene isolato idealmente da tre piani paralleli ai piani coordinati, passanti per il punto considerato, e da un quarto piano avente per normale n e distante dh dal punto x (vedi Fig. 1.6).

x2

x1

x3

dA−e1

−e2

nb−e3

tn−t3

−t2

−t1

dA3

dA2 dA1

x

Fig. 1.6. Tetraedro infinitesimo isolato intorno al punto x. Sia dAj l’area della faccia del tetraedro avente come normale il versore −ej

(per j = 1, 2, 3) e dA l’area della faccia inclinata del tetraedro, avente come

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Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 9

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

normale il versore n. Pertanto l’area dAj è la proiezione dell’area dA sul piano ortogonale all’asse xj. Tale condizione geometrica si scrive nella forma

dAj = dA n j (j = 1, 2, 3) (1.16)

dove n j = n • e j è la componente della normale n nella direzione dell’asse xj. Si osservi che nel caso in cui le aree dAj e dA siano parallele si ha n j = 1 e quindi dAj = dA, mentre se le stesse aree risultano ortogonali si ha n j = 0 e dAj = 0.

La dimostrazione della (1.16) segue dal teorema della divergenza. Poiché i versori ei (i =1, 2, 3) della base non dipendono dalla posizione x, si ha div ei = 0. Per cui integrando sul tetraedro deve aversi

∫dV i dVdiv e = 0.

Applicando allora il teorema della divergenza al tetraedro, si ha:

∫ ⋅dA i dAne −∑ ∫

=

⋅3

1jdA ji

jdAee = 0.

Poiché ei · ei = δij, segue

∫⋅dAi dAne = ∑ ∫

=

δ3

1jdAij

jdA ,

cioé

ni dA =∑=

δ3

1jjij dA = dAi.

Per valutare l’equilibrio del tetraedro così individuato, si considerano sia le

forze di contatto interne scambiate con il resto del corpo B attraverso le superfici del tetraedro, sia la forza di volume agente sul tetraedro. È possibile risalire alle forze di contatto agenti sulle facce del tetraedro, semplicemente moltiplicando ciascun vettore di tensione per l’elemento di area su cui agisce. Considerando che le normali alle facce del tetraedro sono dirette verso l’esterno, le azioni che agiscono sul tetraedro sono:

forze di contatto (interne) : tn dA, − t1 dA1, − t2 dA2, − t3 dA3 forza di volume : b dV

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Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 10

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

Per l’equilibrio dovrà risultare:

tn dA − ∑=

3

1jjt dAj + b dV = 0

ovvero

tn dA − ∑=

3

1jjt n j dA +

31 b dA dh = 0 (1.17)

dividendo la (1.17) per dA e facendo tendere a zero l’altezza dh del tetraedro, si ottiene :

tn = ∑=

3

1jjt n j = t1 n1 + t2 n2 + t3 n3 (1.18)

La (1.18) mostra che il vettore di tensione tn su di un generico piano passante per x è completamente determinato una volta noti i vettori di tensione t1, t2 e t3 agenti su tre giaciture tra loro ortogonali.

Indicando con ti = ei • tn la componenti del vettore tn nella direzione dell’asse

xi e tenendo conto delle (1.18) e (1.10) si ha

ti = ei • tn = ei

• ∑

=

3

1jjt n j = ∑

=⋅

3

1jji te n j =∑

3

1jij n j (i = 1, 2, 3) (1.19)

L’equazione (1.19) in forma estesa si scrive:

t1 = σ11 n1 + σ12 n2 + σ13 n3

t2 = σ21 n1 + σ22 n2 + σ23 n3

t3 = σ31 n1 + σ32 n2 + σ33 n3 In notazione compatta, la (1.19) coincide con la prima proposizione (1.12)

del terorema. Da tale relazione segue che il tensore degli sforzi σ è un’applicazione lineare che al generico vettore n fa corrispondere il vettore tn. Si tratta quindi di una matrice o tensore (del secondo ordine) le cui componenti cartesiane, nel riferimento (x1, x2, x3) sono proprio le quantità σij, ovvero:

⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

σσσσσσσσσ

=333231

23

22

21

1312

11

σ

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Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 11

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

Si osservi che le colonne della matrice degli sforzi σ coincidono con i 3 vettori di tensione relativi alle giaciture ortogonali agli assi definiti nella (1.11).

Resta quindi dimostrato che, conoscendo le 9 componenti del tensore σ, è possibile risalire, mediante la (1.12), al vettore di tensione relativo ad una qualunque giacitura individuata dalla normale n corrispondente. 2) Reciprocità delle tensioni tangenziali Si supponga di isolare all’interno del corpo B, un cubo elementare avente tre facce coincidenti con i piani coordinati del riferimento cartesiano (x1, x2, x3). Con ragionamento analogo a quello fatto nel punto precedente, se ne possono studiare le condizioni di equilibrio considerando le forze di volume all’interno del corpo e le forze di contatto interne scambiate attraverso le facce del cubo con il resto del corpo. La situazione è quella rappresentata nella Fig. 1.7, dove sono indicate le componenti di tensione tangenziale che causano una rotazione del cubetto elementare attorno all asse x3, nell’ipotesi che siano tutte positive.

Con σ21 si indica la tensione tangenziale agente sulla faccia normale all’asse x1 di area dA1 = dx2 dx3, a cui appartiene anche il punto x. Passando alla faccia parallela, a distanza dx1 dalla prima, la tensione tagenziale subisce un incremento e risulta pari a σ21 + σ21,1 dx1, dove la virgola denota la derivata parziale rispetto alla coordinata individuata dall’indice che segue la virgola. Analogamente, se σ12 è la tensione tangenziale sulla faccia inferiore dA2 = dx1 dx3, la tensione tangenziale sulla faccia superiore distante dalla prima dx2 risulta σ12 + σ12,2 dx2.

x

x2

x1

x3

σ12 + σ12,2 dx2

σ21+ σ21,1 dx1

σ12

b1

σ21 b2

dx3

dx1

dx2

Fig. 1.7. Equilibrio alla rotazione attorno all’asse x3 del cubo elementare.

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Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 12

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

σji σij

σji σij

Fig. 1.8. Reciprocità delle tensioni tangenziali σij.

Se il corpo B è in condizioni di equilibrio, lo sarà anche il cubo elementare considerato.

Ricordando che le forze di superficie agenti sulle facce del cubo elementare si ottengono moltiplicando le tensioni per l’elemento di area su cui agiscono, l’equilibrio alla rotazione attorno all’asse x3, ovvero la componente secondo l’asse x3 del momento di tutte le forze agenti sul cubo elementare di lati dx1, dx2 e dx3, trascurando gli infinitesimi di ordine superiore si scrive

σ21 dx2 dx3 ⋅ dx1 − σ12 dx1 dx3 ⋅ dx2 = 0 (1.21)

e dividendo per dV = dx1 dx3 dx2 si ottiene

σ21 = σ12 (1.22) nota come condizione di reciprocità delle tensioni tangenziali.

Analogamente, valutando l’equilibrio alla rotazione anche attorno agli altri due assi si ottengono le relazioni σ32 = σ23 e σ13 = σ31 che possono raccogliersi nella formula (1.13).

Il tensore degli sforzi risulta essere quindi un tensore simmetrico. Tale proprietà riduce da 9 a 6 le sue componenti distinte. Nella Fig. 1.8 è illustrato il significato della simmetria con riferimento a due qualsiasi giaciture ortogonali.

3) Equazioni indefinite di equilibrio Con riferimento al cubo elementare utilizzato per dimostrare la reciprocità delle tensioni tangenziali, si valutano ora le condizioni di equilibrio alla traslazione, ad esempio nella direzione dell’asse x1. A tal fine, vengono messe in evidenza in Fig. 1.9 solo le componenti di tensione e delle forze di volume agenti in direzione x1. La scrittura delle condizioni di equilibrio tra le forze corrispondenti fornisce l’equazione:

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Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 13

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

(σ11 + σ11,1 dx1) dx2 dx3 − σ11 dx2 dx3 +

(σ12 + σ12,2 dx2) dx1 dx3 − σ12 dx1 dx3 + (1.23)

(σ13 + σ13,3 dx3) dx1 dx2 − σ13 dx1 dx2 + b1 = 0

dalla quale, con ovvie semplificazioni, si deduce:

σ11,1 + σ12,2 + σ13,3 + b1 = 0 (1.24)

In modo simile, valutando l’equilibrio alla traslazione anche nelle direzioni degli altri due assi si ottiene:

σ21,1 + σ22,2 + σ23,3 + b2 = 0 (1.25)

σ31,1 + σ32,2 + σ33,3 + b3 = 0 (1.26)

Si sono così ottenute le equazioni indefinite di equilibrio (1.24)-(1.26) che esprimono le condizioni puntuali di equilibrio per i punti interni al corpo. In notazione indiciale queste si possono scrivere nella forma (1.14).

x

x2

x1

x3

σ12 + σ12,2 dx2

σ11+ σ11,1 dx1

σ12

b1 σ11

dx3

dx1

dx2 σ13 + σ13,3 dx3

σ13

Fig. 1.9. Equilibrio lungo la direzione dell’asse x1 del cubo elementare. Una dimostrazione alternativa delle (1.14) può fornirsi osservando che, se il

corpo B è in equilibrio, sarà in equilibrio una qualunque regione P delimitata dalla superficie ∂P (Fig. 1.10). Devono perciò essere soddisfatte le (1.6)1:

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Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 14

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

0=+∫∫∂ PP n dVdA bt

cioè, nel riferimento cartesiano ortogonale (x1, x2, x3) :

∫∫ =+∂ P iP i dVbdAt 0 (i = 1, 2, 3)

che, ricordando la (1. 91), divengono :

∫ ∑∂=

σP j

jij dAn

3

1 + ∫P i dVb = 0 (i = 1, 2, 3)

applicando quindi il teorema della divergenza, si ottiene :

)(3

1,∫ ∑ +σ

=P i

jjij b dV = 0 (i = 1, 2, 3)

Per l’arbitrarietà della scelta di P e per la supposta regolarità della funzione integranda, quest’ultima relazione implica che, in ogni punto del continuo B debbano risultare verificate le (1.14).

Fig. 1.10. Generica parte P interna a B e delimitata dalla superficie ∂P

3.1) Equazioni di equilibrio al contorno

Sul contorno ∂B del corpo, il vettore di tensione t deve coincidere con il vettore delle forze di contatto esterne s, in accordo con le (1.4). Tenendo presente la relazione (1.12) si ottengono le equazioni di equilibrio ai limiti:

σ n = s su ∂B (1.27) dove n è la normale esterna al contorno del corpo B.

∂Pb

Pn

tns

n

B

∂B

x2

x1 x3

Page 15: Analisi Della Tensione

Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 15

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

Osservazione Le (1.14) e le (1.27) rappresentano le equazioni indefinite di equilibrio che

devono valere per tutti i punti del corpo B affinchè lo stesso risulti in equilibrio. Si può notare che le (1.14) sono tre equazioni alle derivate parziali per le componenti di tensione, mentre le componenti di tensione da determinare in ogni punto del corpo B sono sei. Le sole equazioni di equilibrio non sono quindi sufficenti per determinare lo stato di tensione all’interno dei corpi continui, fornendo un sistema di 3 equazioni per 6 funzioni incognite.

Page 16: Analisi Della Tensione

Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 16

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

1.4 TENSIONI PRINCIPALI E DIREZIONI PRINCIPALI DI TENSIONE Tra tutte le giaciture passanti per il punto P, è possibile individuarne alcune che godono di particolari proprietà. Fra queste, le più interessanti sono le giaciture sulle quali il vettore tensione risulta parallelo alla normale n e, di conseguenza, è nulla la tensione tangenziale. Queste giaciture vengono definite giaciture principali e le direzioni normali a loro corrispondenti sono chiamate direzioni principali di tensione.

Se n è una direzione principale, allora, per la definizione sopra data, si ha:

tn = λ n (1.28)

in cui λ è uno scalare che coincide con il modulo di tn. Ricordando la (1.12) si ha: tn = σ n (1.12)

per cui, confrontando le (1.28) e (1.12) si ottiene :

(σ − λ I) n = 0 (1.29) dove I è il tensore identità, le cui componenti si indicano con il simbolo di Kronecker δij con

δij = ⎩⎨⎧

≠=

jisejise

01

(1.30)

Si è così ottenuto un sistema algebrico lineare ed omogeneo di 3 equazioni nelle 3 componenti incognite del versore n. Tale sistema ammette sempre la soluzione banale n = 0, che risulta anche essere l’unica soluzione se la matrice σ − λ I è invertibile. Il sistema ammette invece soluzione diversa dalla banale se e solo se la matrice σ − λ I risulta singolare, ovvero se si annulla il suo determi-nante. Le direzioni principali di tensione saranno quindi individuate dalla condizione det (σ − λ I) = 0 (1.31)

che, scritta esplicitamente, diventa:

0

33 23 13

23 22 12

13 12 11

=λ−σσσ

σλ−σσσσλ−σ

Page 17: Analisi Della Tensione

Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 17

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

La (1.31) è l’equazione caratteristica del tensore simmetrico σ. Si tratta, come è noto, di un’equazione di terzo grado in λ, che possiede sempre 3 radici reali σΙ, σΙΙ, σΙΙΙ per λ. Tali radici si definiscono tensioni principali e corrispondono ai moduli dei vettori di tensione relativi alle tre giaciture principali, ovvero alle tensioni normali su tali giaciture.

Sviluppando la (1.31) si ottiene la forma esplicita dell’equazione caratteristica del tensore σ:

λ3 − Ι1 λ2 + Ι2 λ − Ι3 = 0 (1.32) in cui

Ι1 = tr σ = σ11 + σ22 + σ33

Ι2 = 21 [(tr σ)2 − tr σ2] = σ11 σ22 + σ22 σ33 + σ33 σ11 − (σ12

2 + σ132 + σ23

2) (1.33)

Ι3 = det σ

sono definiti, rispettivamente, invarianti di primo, secondo e terzo grado, poichè i valori di tali grandezze rimangono inalterati qualunque sia il sistema di riferi-mento adottato.

1.4.1 Ricerca delle direzioni principali di tensione Sostituendo nella (1.30) al posto di λ, una alla volta, le tensioni principali σI, σII e σIII si possono ricavare le corrispondenti direzioni principali, individuate rispettivamente dagli autovettori nI, nII e nIII, che verificano le condizioni

(σ − σK I) nK = 0 per K = I, II, III (1.34)

e la condizione di normalizzazione | nK | = 1. Pertanto, la normale nK individua la giacitura su cui agisce la tensione principale σK.

Poiché la matrice σ è simmetrica, le direzioni principali formano una terna ortogonale. Si dimostra inoltre che:

- se le 3 radici di (1.32) sono distinte la terna principale sarà univocamente determinata;

- se due radici sono coincidenti allora tutte le direzioni nel piano ortogonale alla terza direzione risultano principali;

- se tutte 3 le radici coincidono tutte le direzioni risultano principali. Ciò

Page 18: Analisi Della Tensione

Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 18

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

significa che su qualunque elemento piano si esercita la stessa tensione, sempre diretta secondo n, come accade nei fluidi perfetti (principio di Pascal).

Il sistema di riferimento corrispondente alle direzioni principali di tensione

viene definito sistema di riferimento principale (Fig. 1.10). Riferito a tale sistema, il tensore degli sforzi risulta diagonale, poiché si annullano tutte le componenti di tensione tangenziale:

σ = ⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

σσ

σ

III

II

I

000000

(1.35)

Di solito le tre tensioni principali vengono ordinate seguendo l’ordine σI ≥ σII ≥ σIII.

x2

x1

x3

σII

σI σI

σII

σIII

σIII

Fig. 1.10. Direzioni principali di tensione.

1.4.2 Stati di tensione mono, bi e tri-assiali

Gli stati di tensione possono essere classificati in base al numero di tensioni principali diverse da zero. Più precisamente, uno stato di tensione si definisce monoassiale, biassiale oppure triassiale rispettivamente se si annullano due,

Page 19: Analisi Della Tensione

Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 19

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

una, oppure nessuna tensione principale. Tale classificazione si puo effettuare anche dall’esame dei coefficienti dell’equazione caratteristica (1.32) senza che sia necessario risolverla. Infatti, nel sistema di riferimento principale si ha

I1 = σI + σII + σIII

I2 = σI σII + σI σIII + σII σIII

I3 = σI σII σIII

per cui è facile verificare che :

se I3 ≠ 0 allora lo stato di tensione è triassiale

se I3 = 0 & I2 ≠ 0 , allora lo stato di tensione è piano o biassiale

se I2 = 0 & I3 = 0 & I1 ≠ 0, allora lo stato di tensione è monoassiale.

Nel caso monoassiale il vettore di tensione tn relativo a qualunque giacitura risulta sempre parallelo ad una medesima direzione, mentre nel caso biassiale tn appartiene sempre ad un medesimo piano, che prende il nome di piano delle tensioni. Se in tutti i punti di un solido i piani delle tensioni sono tutti paralleli, si dirà che il solido è soggetto ad uno stato piano di tensione.

1.4.3 Stati di tensione piani generalizzati

Si consideri uno stato di tensione per il quale è nota una delle direzioni

principali di tensione, ad esempio quella individuata dall’asse x3 di un sistema di riferimento cartesiano ortogonale. Rispetto a tale sistema si annullanno quindi le componenti di tensione tangenziale σ13 e σ23 ed il tensore degli sforzi assume l’aspetto

σ = ⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

σσσσσ

33

2221

1211

0000

(1.36)

che viene definito stato di tensione piano generalizzato e si riduce ad uno stato di tensione piano se σ33 = 0.

La ricerca delle componenti principali di tensone si effettua risolvendo il problema agli autovalori (1.31) dove la matrice σ è stata definita nella (1.36). In

Page 20: Analisi Della Tensione

Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 20

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

tal caso l’equazione caratteristica diventa

det ⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

λ−σλ−σσ

σλ−σ

33

2221

1211

0000

= 0

ovvero ( λ−σ33 ) [λ2 – (σ11 + σ22) λ + σ11 σ22 − σ12

2] = 0 (1.37)

le cui radici corrispondono alle tensioni principali cercate

212

2 22112211

II

I

2

2

σ+⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ σ−σ

±σ+σ

=⎭⎬⎫

σσ

(1.38)

σIII = σ33

1.5 CIRCONFERENZA DI MOHR Per uno stato di tensione piano o piano generalizzato, indicando con l’asse

xIII la direzione della tensione principale nota, l’analisi dello stato di tensione sulle giaciture le cui normali risultano ortogonali all’asse xIII, può condursi attraverso la costruzione grafica della circonferenza di Mohr.

Indicando con xI e xII le direzioni principali di tensione ortogonali all’asse

xIII, individuate dai versori nI e nII, si considera lo stato di tensione su di una generica giacitura individuata dal versore normale n inclinato di un angolo ϕ rispetto alla direzione principale xI (Fig. 1.11a)

Se si considera la normale n orientata nel verso uscente dalla materia ed il versore tangente m, in modo che applicato alla materia ne provochi una rotazione in senso orario, le componenti dei versori n ed m nel sistema di riferimento principale considerato risultano:

n =⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

⎡ϕϕ

0sincos

, m =⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

⎡ϕ−ϕ

0cossin

, (1.39)

In questo sistema di riferimento il tensore degli sforzi ha la rappresentazione

Page 21: Analisi Della Tensione

Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 21

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

diagonale (1.35) e quindi il vettore di tensione sulla generica giacitura di normale n ha componenti

σ = ⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

σσ

σ

III

II

I

000000

tn = σ n =⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

⎡ϕσϕσ

0sincos

II

I

(1.40)

Fig. 1.11. Componenti di tensione normale e tangenziale sulla giacitura di normale n nel piano delle tensioni e circonferenza di Mohr

Pertanto, le componenti normali e tangenziali del vettore di tensione sulla

giacitura considerata, risultano:

σnn = tn ⋅ n = σI cos2ϕ + σII sin2ϕ

τnm = tn ⋅ m = (σI − σII) sin ϕ cos ϕ (1.41)

dove si è adottata la convenzione di considerare positiva le tensione normale σnn se uscente dalla materia e diretta come la normale n, cioè di trazione, e positiva la tensione tangenziale τnm se fa ruotare in senso orario la materia a cui è applicata, diretta cioè come il versore m.

Introducendo le note relazioni trigonometriche

cos2ϕ = 2

2cos1 ϕ+ sin2ϕ = 2

2cos1 ϕ− sin ϕ cos ϕ = 22sin ϕ

(1.42)

le (1.41) diventano

σ

P

O

τ

σII σI C

τmax

2ϕ R τnm

−τmax

σn

xII

τnm

m

x

ϕ

n

tn

σnn ϕ

xI

Page 22: Analisi Della Tensione

Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 22

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

σnn = 2

III σ+σ + 2

III σ−σ cos 2ϕ

(1.43)

τnm = 2

III σ−σ sin 2ϕ

Al variare del parametro ϕ tra 0 e π, le equazioni (1.43) descrivono una circonferenza nel piano (σnn, τnm) di centro C e raggio R, forniti da:

2 0 ,

2 II I II I σ−σ

=⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ σ+σ

≡ RC (1.44)

Eliminando, infatti, il parametro ϕ dalle (1.43), si perviene all’equazione:

2

II I 2 2

II I

2

2

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ σ−σ

=τ+⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ σ+σ

−σ nmnn (1.45)

che nel sistema di riferimento (σnn, τnm) rappresenta l’equazione di una circonferenza (Fig.1.11b), nota come circonferenza di Mohr. Il piano (σnn, τnm) viene definito piano di Mohr e più sinteticamente indicato con (σ, τ). Si ricorda che nel linguaggio tecnico σ è sinonimo di tensione normale, mentre τ lo è di tensione tangenziale.

Le coordinate dei punti appartenenti alla circonferenza di Mohr rappresen-tano gli stati di tensione su tutte le giaciture la cui normale n è ortogonale alla direzione principale x3. In particolare, lo stato di tensione su di una generica giacitura inclinata di un angolo ϕ rispetto alla giacitura su cui si ha la tensione principale σI, definito dalle componenti σnn e τnm, è determinato dalle coordinate (σnn, τnm) del punto P sulla circonferenza di Mohr individuato da un angolo al centro pari a 2ϕ (Fig.1.11b). Al variare dell’angolo ϕ tra 0 e π, il corrispondente punto P descrive tutta la circonferenza nel piano di Mohr.

Lo stato tensionale sulla giacitura individuata dall’angolo ϕ = 0 corrisponde

alla tensione principale massima σI ed alla tensione tangenziale nulla. All’au-mentare dell’angolo ϕ la corrispondente tensione normale σn diminuisce rispetto a σI, e contemporaneamente aumenta la tensione tangenziale τnm. Lo stato tensio-nale sulla giacitura individuata dall’angolo ϕ = π/2 corrisponde alla tensione principale minima σII ed alla tensione tangenziale nulla. Il punto corrispondente

Page 23: Analisi Della Tensione

Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 23

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

della circonferenza di Mohr è PII = (σII, 0) e risulta diametralmente opposto rispetto a PI = (σII, 0).

Le giaciture sulle quali si riscontra la tensione tangenziale massima in modulo, uguale al raggio R della circonferenza di Mohr, risultano inclinate di π/4 rispetto alle giaciture principali di tensione. Nel piano di Mohr, tali giaciture risultano, infatti, sfasate dell’angolo π/2 rispetto ai punti corrispondenti alle giaciture principali.

x2

x1

σ12

σ12

σ11

σ22

Fig. 1.12. Stato di tensione su due giaciture ortogonali e costruzione

della corrispondente circonferenza di Mohr Se è noto lo stato di tensione su due giaciture non principali ortogonali agli

assi x1 e x2 (Fig. 1.12a) e si suppone che l’asse x3 corrisponda ad una direzione principale, allora è possibile utilizzare la costruzione della circonferenza di Mohr per trovare graficamente le altre due direzioni principali, ortogonali all’asse x3. Note infatti le componenti di tensione σ11, σ22 e σ12 sulle giaciture ortogonali agli assi x1 e x2, sono note anche le coordinate di due punti, P1 e P2, appartenenti alla circonferenza Mohr e diametralmente opposti

P1 = (σ11, −σ12) P2 = (σ22, σ12) (1.46) Pertanto, la costruzione della circonferenza nel piano di Mohr è immediata

(Fig. 1.12b). Basta, infatti, riportare sull’asse delle ascisse σ i valori delle tensioni normali σ11 e σ22 e sull’asse delle ordinate τ i valori della tensione tangenziale σ12 e −σ22 e quindi individuare i punti P1 e P2 nel piano di Mohr.

La circonferenza cercata avrà centro nel punto C, intersezione tra il diametro

P1P2 e l’asse delle tensioni normali σ, e raggio R, rispettivamente individuati da

σ

P1

O

τ

σII σI C

2α R

σ12

−σ12

σ11 σ22

P2

Page 24: Analisi Della Tensione

Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 24

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

2

12

222 11 22 11

2 0 ,

2

σ+⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ σ−σ

=⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ σ+σ

≡ RC (1.47)

Le espressioni ricavate nella (1.38) per le tensioni principali σI e σII assumono quindi il seguente significato gemetrico

ROC II

I ±=⎭⎬⎫

σσ

(1.48)

L’angolo α compreso tra la giacitura su cui agisce una delle tensioni principali e la giacitura ortogonale all’asse x1 è fornito dalla condizione

tg 2α = 22 11

12

2

σ−σσ ovvero α =

21 arctg

22 11

12

2

σ−σσ (1.49)

L’angolo α ricavato dalla (1.49) è compreso tra i valori ±π/4. Preso in senso antiorario se positivo, individua la giacitura su cui agisce la tensione principale massima σI se σ11 > σ22, mentre individua la giacitura su cui agisce la tensione principale minima σII se σ11 < σ22.

Per trovare graficamente le direzioni principali di tensione, a partire da P1 si traccia una retta parallela alla giacitura normale all’asse x1, su cui agisce lo stato tensionale corrispondente al punto P1. L’intersezione di tale retta con la circon-ferenza di Mohr individua il polo per le giaciture P# (Fig. 1.13a). In alternativa, a partire da P2 si traccia una retta parallela alla giacitura normale all’asse x2, su cui agisce lo stato tensionale corrispondente al punto P2, e si individua sempre lo stesso polo P#. Unendo il polo con i punti σI e σII si individuano le giaciture su cui agiscono rispettivanente le tensioni principali σI e σII (Fig. 1.13b).

Unendo il polo P# con il generico punto P della circonferenza di Mohr di

coordinate (σnn, τnm) si trova la direzione della giacitura su cui agiscono proprio le componenti di tensione σnn e τnm (Fig. 1.14). In particolare, unendo il polo P# con i punti della circonferenza di Mohr corrispondenti alla massima e minima tensione tangenziale di coordinate (σmed, ±τmax) dove

σmed = |OC| = 2

2211 σ+σ = 2

III σ+σ

Page 25: Analisi Della Tensione

Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 25

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

σI σII

σI

σII

Fig. 1.13. Individuazione del polo per le giaciture P #

e delle direzioni principali di tensione si ottengono le giaciture ortogonali sulle quali si riscontra la tensione tangenziale massima in modulo, pari al raggio R della circonferenza di Mohr. Tali giaciture risultano inclinate di π/4 rispetto alle giaciture principali. La tensione normale su tali giaciture risulta pari alla tensione media σmed.

Fig. 1.14. Individuazione delle giaciture su cui agisce la tensione tangenziale massima ed il generico stato di tensione (σnn, τnm)

σ

P1

O

τ

σII σI C2α

R

P2 P #

α

O

τ

σII σI C

P #

σnn

τnm

τmax

−τmax

P

τmax

σn τnm

σm

σm

σmed σ

Page 26: Analisi Della Tensione

Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 26

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

1.5.1 Esempio 1 Assegnate le seguenti componenti di tensione (Fig. 1.15a) σ11 = 20 kN/cm2 σ22 = −6 kN/cm2 σ12 = 8 kN/cm2

si richiede di trovare tensioni e giaciture principali utilizzando la costruzione grafica della circonferenza Mohr (Fig. 1.15b). A tal fine, nel piano di Mohr (σ, τ) si individuano i punti diametralmente opposti, definiti in (1.46):

P1 = (20, −8) P2 = (−6, 8) La circonferenza cercata avrà centro nel punto C e raggio R individuati dai

valori

C = (7, 0) R = 22 813 + = 15.26

espressi in kN/cm2. Le tensioni principali σI e σII assumono quindi i seguenti valori

σI = 22.26 kN/cm2 σII = −8.26 kN/cm2

L’angolo α è fornito dalla condizione

α = 21 arctg

2616 = 15.8°

x2

x1

σ12

σ12 σ11

σ22

Fig. 1.15. Stato di tensione sulle due giaciture ortogonali e costruzione della corrispondente circonferenza di Mohr

σ

P1

O

τ

σII σI C

σ1

−σ1

σ22 σ11

P2 P # σII

σI

σI σII

α

Page 27: Analisi Della Tensione

Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 27

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

Poiché σ11 > σ22, il valore ricavato per α corrisponde all’angolo compreso tra la giacitura normale all’asse x1 e la giacitura su cui agisce la tensione principale massima σI, da prendere in senso antiorario, poiché α > 0. In Fig 1.15b è riportata anche la costruzione grafica basata sulla determinazione del polo P# per le giaciture sulla circonferenza di Mohr.

1.5.2 Esempio 2 Assegnate le seguenti componenti di tensione (Fig. 1.16a) σ11 = 1 kN/cm2 σ22 = 4 kN/cm2 σ12 = −5 kN/cm2

si richiede di trovare tensioni e giaciture principali utilizzando la costruzione grafica della circonferenza Mohr (Fig. 1.16b). A tal fine nel piano di Mohr (σ, τ) si individuano i punti diametralmente opposti definiti in (1.46):

P1 = (1, 5) P2 = (4,−5) La circonferenza cercata ha centro nel punto C e raggio R individuati da

C = (2.5, 0) R = 22 55.1 + = 5.22

in kN/cm2. Le tensioni principali σI e σII assumono quindi i seguenti valori

σI = 7.72 kN/cm2 σII = −2.72 kN/cm2

x2

x1

σ12

σ12

σ11

σ22

Fig. 1.16. Costruzione della circonferenza di Mohr

σI σII

σII σI

σ

P1

O

τ

σII σI C

σ1

−σ1

σ22

P2P #

ασ11

Page 28: Analisi Della Tensione

Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 28

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

L’angolo α è fornito dalla condizione

α = 21 arctg

310 = 36.65°

Poiché σ11 < σ22, il valore ricavato per α corrisponde all’angolo compreso tra la giacitura normale all’asse x1 e la giacitura su cui agisce la tensione principale massima σII, da prendere in senso antiorario.

1.5.3 Stato di tensione monassiale (trazione semplice)

x2

x1

σ11 σ11

P1 = (σ11, 0)

P2 = (0, 0)

Fig. 1.17. Stato di tensione monassiale e circonferenza di Mohr

1.5.4 Stato di tensione tangenziale puro

x2

x1

σ12

σ12

P1 = (0, −σ12)

P2 = (0, σ12)

Fig. 1.18. Stato di tensione tangenziale puro e circonferenza di Mohr

σ

P2=P

P1

τ

σII σI

C= O

σI

σII

σII

σI

σ

P1=P

P2 = O

τ

σII = 0 σI

C

τmax

−τmax

τmax τmax σm

σm

Page 29: Analisi Della Tensione

Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 29

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

1.5.5 Stato di tensione idrostatico

x2

x1

σ σ

σ

σ

P1 = P2 = (σ, 0)

Fig. 1.19. Stato di tensione idrostatico e circonferenza di Mohr 1.5.6 Circonferenze principali di Mohr

È evidente che quanto detto per le giaciture la cui normale risulta ortogonale

alla tensione principale σIII può ripetersi identicamente anche per le giaciture ortogonali alle direzioni delle altre due tensioni principali σI e σII. Si giunge così al tracciamento di tre circonferenze principali di Mohr, che risultano mutuamente tangenti (Fig. 1.20). Si può anche constatare che, se le tensioni principale vengono ordinate in modo che:

σI > σII > σIII allora la tensione tangenziale massima presente sulle giaciture passanti per il punto considerato corrisponde al raggio della circonferenza di Mohr esterna (Fig. 1.20a), pari a:

τmax = 2

IIII σ−σ (1.50)

È possibile inoltre dimostrare che gli stati tensionali ammissibili (σnn, τnm), al variare della giacitura, devono corrispondere a punti nel piano di Mohr appartenenti alla regione compresa tra le tre circonferenze principali. Infatti, nel sistema di riferimento principale il tensore degli sforzi ha rappresentazione diagonale e quindi il vettore di tensione sulla generica giacitura di normale n = (n1, n2, n3) risulta

σ

P1= P2 = C

O

τ

σI = σII

σ

σ

Page 30: Analisi Della Tensione

Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 30

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

σ = ⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

σσ

σ

III

II

I

000000

n =⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

3

2

1

nnn

tn = σ n =⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

σσσ

3III

2II

1I

nnn

(1.51)

Pertanto, la tensione normale σnn e la tensione tangenziale τnm del vettore di

tensione sulla generica giacitura di normale n (Fig. 1.20b), soddisfano le seguenti condizioni:

σnn = tn ⋅ n = σI n1

2 + σII n22 + σIII n3

2 (1.52) τnm

2 + σnn2 = | tn |2 = σI

2 n12 + σII

2 n22 + σIII

2 n32

dove le componenti del versore normale n soddisfano la condizione

n1

2 + n22 + n3

2 = 1 (1.53)

È allora possibile mostrare che le condizioni (1.52) e (1.53) sono verificate solo da coppie di valori (σnn, τnm) appartenenti alla regione compresa tra le tre circonferenze principali, tratteggata in Fig. 1.20a.

σnn

n tnx

τnm

Fig. 1.20: Circonferenze principali di Mohr.

σ

τ

σIII σI σII

τmax

−τmax

τnm

CICII CIII σnn

Page 31: Analisi Della Tensione

Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 31

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

1.6. DEVIATORE DI TENSIONE Con σm si indica la tensione media o idrostatica, ovvero:

σm = 31 tr σ =

3332211 σ+σ+σ

= 3

IIIIII σ+σ+σ (1.54)

per cui σm è la media delle tre tensioni normali e quindi anche delle tensioni principali. Inoltre, con S = σ − σm I (1.55) si indica la parte deviatorica del tensore degli sforzi σ, che, in forma esplicita, si può scrivere:

S = ⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

σ−σσσσσ−σσσσσ−σ

m

m

m

333231

232221

131211

La traccia di S risulta nulla, infatti dalle (1.54) e (1.55) si ha:

tr S = tr σ − 3 σm = 0 (1.56)

Dalla (1.55) segue che il tensore degli sforzi σ, come tutti i tensori del

secondo ordine, si può decomporre additivamente in due parti, denominate rispettivamente parte idrostatica e parte deviatorica di σ, cioè: σ = S + σm I (1.57) con tr S = 0.

Page 32: Analisi Della Tensione

Cap. I ANALISI DELLA TENSIONE 32

Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2012-13

1.7 LINEE ISOSTATICHE

In ogni punto di un corpo continuo è possibile individuare tre giaciture principali relativa sulle quali agiscono soltanto tensioni normali. In generale l’orientazione della terna principale varierà da punto a punto del continuo. È così possibile individuare tre famiglie di curve inviluppo delle tre direzioni principali in ogni punto che sono dette linee isostatiche.

Ne discende che, lungo le direzioni individuate dalle linee isostatiche, si hanno, per definizione, soltanto tensioni normali e la materia risulta perciò semplicemente tesa o compressa. In natura esistono esempi interessanti di strutture nelle quali la materia è proprio disposta lungo le linee isostatiche. Ad esempio il tessuto spugnoso che costituisce le ossa (trabecole ossee) presenta un'architettura tutt'altro che casuale; essa è infatti conformata all’andamento delle linee isostatiche corrispondenti alla sollecitazione prevalente a cui sono assoggettate. A ciò va indubbiamente attribuita la notevole resistenza da esse posseduta in rapporto al peso di materiale che le costituisce.

Anche nel campo dell'ingegneria strutturale vi sono alcune importanti applicazioni nelle quali, disponendo la materia il più possibile lungo le traiettorie isostatiche, si cerca di realizzare quanto la natura fa spontaneamente: individuazione di schemi reticolari all'interno di strutture complesse, forme particolari di gusci che richiamano quelle di alcuni animali, disposizione della armature all’interno delle strutture in cemento armato.