Analisi biomeccanica della corsa su pista...

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44 ITALIAN JOURNAL of SPORT SCIENCES Analisi biomeccanica della corsa su pista centrifuga Pietro Picerno 1 , Guido Brunetti 2 , Claudio Giorgi 1 , Aurelio Cappozzo 1 1 Dipartimento di Scienze del Movimento Umano e dello Sport, IUSM, Roma 2 Scuola dello Sport, CONI, Roma [email protected] ABSTRACT In questo studio viene valutata l’efficacia della corsa su pista centrifuga come mezzo per l’allenamento a carattere speciale e in grado di imporre carichi di lavoro superiori a quelli riscontrabili nella corsa in piano. Le caratteristiche dei due tipi di corsa sono state analizzate mediante la l’analisi 3D del movimento dei segmenti corporei di quattro volontari. A tal fine ci si è avvalsi di una tecnica stereofotogrammetrica. È stato possibile individuare le fasi in cui è possibile scomporre il gesto e analizzarle dal punto di vista cinematico e dal punto di vista tecnico. Utilizzando una stima della posizione istantanea del centro di massa dell’atleta, è stato possibile calcolare le variazioni di energia cinetica e potenziale gravitazionale a questo associate e il relativo lavoro meccanico delle forze esercitate dai muscoli (lavoro esterno). I risultati hanno mostrato che, correndo ad una velocità di progressione intorno ai 7 m/s-1, la corsa su pista centrifuga comporta un incremento del lavoro meccanico esterno del 24% rispetto alla corsa su pista piana. Essi hanno, inoltre, permesso un’attenta revisione della terminologia descrittiva degli eventi analizzati. Picerno P, Brunetti G, Giorgi V, Cappozzo A Biomechanical analysis of running on the centrifugal track Ital J Sport Sci 2006: 13: 44-52 This study aimed at verifying the validity of running on a centrifugal track as an instrument able to increase loads with respect to level running. The kinematic and technical characteristics of this kind of run were analyzed by comparing four subjects filmed while running on a flat and on a centrifugal track at similar speeds. Through a video-based motion analysis, a stereophotogrammetric technique was used to reconstruct, in a 3D space, the athlete’s body segments, rendering possible the identification of the phases that compose the running act and their analysis. The position of the athlete’s centre of mass was estimated, and its instantaneous speed and mechanical energy were calculated, thus enabling the estimation of the mechanical work exerted by the muscular mass. Running on a centrifugal track resulted in a 24% increase of the external mechanical work with respect to level running. Moreover, a careful review of the appropriate terminology to describe the phases of the running motor act was conducted. KEYWORDS: Special strength, Centripetal acceleration, Kinematics and dynamics of running, Mechanical energy RASSEGNE E ARTICOLI INTRODUZIONE La metodologia dell’allenamento definisce “a carat- tere speciale” «quelle esercitazioni che ripropongono parti significative del modello cinematico e dinamico della prestazione di gara» (Bellotti e Matteucci, 2000). Questa definizione qualitativa è ampiamente accettata in ambito tecnico-sportivo. Nell’ambito del- la corsa veloce, i mezzi di allenamento per lo svilup- po della forza cosiddetta “speciale” vanno dalla corsa in salita a quella con il traino, dalla corsa con sovrac- carichi (zavorre) all’uso del paracadute. Secondo Vittori (1990) il carico ottimale nelle eserci- tazioni di corsa con cinture è compreso fra il 10 ed il 15% del peso corporeo dell’atleta: l’entità del sovrac- carico va adattata quindi alle caratteristiche del sog- getto; ad esempio nella corsa con traino su 30 m l’entità del carico dovrebbe essere tale da indurre una diminuzione del tempo di percorrenza rispetto alla prestazione dell’atleta sulla stessa distanza senza ca- rico, di 80-100 centesimi di secondo, in modo da at- testare i tempi di appoggio intorno ai 160 millesimi di secondo. La differenza tra la corsa in piano e quella in salita è stata valutata attraverso l’osservazione di parametri cinematici da Paradisis e Cooke (2001). In questo studio, dove la salita è stata riprodotta con una peda- na inclinata di 3° rispetto all’orizzontale e la velocità di corsa era di 7,8 ± 0,5 m·s -1 , è stata messa in evi- denza una riduzione dell’ampiezza del movimento degli arti inferiori, con apprezzabili cambiamenti sia nelle caratteristiche cinematiche che nell’assetto di corsa dell’atleta. Nel primo istante della fase di ap-

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44ITALIAN JOURNAL of SPORT SCIENCES

Analisi biomeccanica della corsa su pista centrifugaPietro Picerno1, Guido Brunetti2, Claudio Giorgi1, Aurelio Cappozzo1

1 Dipartimento di Scienze del Movimento Umano e dello Sport, IUSM, Roma2 Scuola dello Sport, CONI, Roma

[email protected]

ABSTRACTIn questo studio viene valutata l’efficacia della corsa su pista centrifuga come mezzo per l’allenamento a carattere speciale e in grado diimporre carichi di lavoro superiori a quelli riscontrabili nella corsa in piano. Le caratteristiche dei due tipi di corsa sono state analizzatemediante la l’analisi 3D del movimento dei segmenti corporei di quattro volontari. A tal fine ci si è avvalsi di una tecnicastereofotogrammetrica. È stato possibile individuare le fasi in cui è possibile scomporre il gesto e analizzarle dal punto di vistacinematico e dal punto di vista tecnico. Utilizzando una stima della posizione istantanea del centro di massa dell’atleta, è stato possibilecalcolare le variazioni di energia cinetica e potenziale gravitazionale a questo associate e il relativo lavoro meccanico delle forzeesercitate dai muscoli (lavoro esterno). I risultati hanno mostrato che, correndo ad una velocità di progressione intorno ai 7 m/s-1, la corsasu pista centrifuga comporta un incremento del lavoro meccanico esterno del 24% rispetto alla corsa su pista piana. Essi hanno, inoltre,permesso un’attenta revisione della terminologia descrittiva degli eventi analizzati.

Picerno P, Brunetti G, Giorgi V, Cappozzo ABiomechanical analysis of running on the centrifugal trackItal J Sport Sci 2006: 13: 44-52

This study aimed at verifying the validity of running on a centrifugal track as an instrument able to increase loads with respect to level

running. The kinematic and technical characteristics of this kind of run were analyzed by comparing four subjects filmed while running

on a flat and on a centrifugal track at similar speeds. Through a video-based motion analysis, a stereophotogrammetric technique was

used to reconstruct, in a 3D space, the athlete’s body segments, rendering possible the identification of the phases that compose the

running act and their analysis. The position of the athlete’s centre of mass was estimated, and its instantaneous speed and mechanical

energy were calculated, thus enabling the estimation of the mechanical work exerted by the muscular mass. Running on a centrifugal

track resulted in a 24% increase of the external mechanical work with respect to level running. Moreover, a careful review of the

appropriate terminology to describe the phases of the running motor act was conducted.

KEYWORDS: Special strength, Centripetal acceleration, Kinematics and dynamics of running,

Mechanical energy

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INTRODUZIONELa metodologia dell’allenamento definisce “a carat-tere speciale” «quelle esercitazioni che ripropongono

parti significative del modello cinematico e dinamico

della prestazione di gara» (Bellotti e Matteucci,2000). Questa definizione qualitativa è ampiamenteaccettata in ambito tecnico-sportivo. Nell’ambito del-la corsa veloce, i mezzi di allenamento per lo svilup-po della forza cosiddetta “speciale” vanno dalla corsain salita a quella con il traino, dalla corsa con sovrac-carichi (zavorre) all’uso del paracadute. Secondo Vittori (1990) il carico ottimale nelle eserci-tazioni di corsa con cinture è compreso fra il 10 ed il15% del peso corporeo dell’atleta: l’entità del sovrac-carico va adattata quindi alle caratteristiche del sog-getto; ad esempio nella corsa con traino su 30 m

l’entità del carico dovrebbe essere tale da indurre unadiminuzione del tempo di percorrenza rispetto allaprestazione dell’atleta sulla stessa distanza senza ca-rico, di 80-100 centesimi di secondo, in modo da at-testare i tempi di appoggio intorno ai 160 millesimidi secondo.La differenza tra la corsa in piano e quella in salita èstata valutata attraverso l’osservazione di parametricinematici da Paradisis e Cooke (2001). In questostudio, dove la salita è stata riprodotta con una peda-na inclinata di 3° rispetto all’orizzontale e la velocitàdi corsa era di 7,8 ± 0,5 m·s-1, è stata messa in evi-denza una riduzione dell’ampiezza del movimentodegli arti inferiori, con apprezzabili cambiamenti sianelle caratteristiche cinematiche che nell’assetto dicorsa dell’atleta. Nel primo istante della fase di ap-

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poiché le forze agenti sull’atleta sono distribuite enon concentrate come nel caso dei metodi sopra illu-strati, tale aumento possa essere ottenuto senza met-tere a rischio l’integrità dell’apparato locomotoredella persona coinvolta. Questo obiettivo è stato per-seguito attraverso una analisi biomeccanica compara-ta della corsa in piano e su pista centrifuga a velocitàsimili. In particolare sono state messe a confrontograndezze di tipo cinematico e energetico stimate uti-lizzando misure stereofotogrammetriche.

La pista centrifuga

La pista centrifuga ha essenzialmente la forma di uncatino. Il prototipo da noi valutato, progettato dal-l’ing. Giuseppe Scuderi (Scuderi, 1994), è caratteriz-zato da una pedana di corsa di sezione parabolica edunque dotata di un’inclinazione crescente. Il diame-tro passa da quattro metri circa del margine internofino ai sette di quello più esterno (Fig.1). La pedana ècontraddistinta da cinque corsie (anelli) ad inclina-zione diversa e l’atleta deve correre seguendo una diesse (Scuderi, 1994, cit.).

La corsa dell’atleta sulla pista centrifuga è caratteriz-zata da due moti diversi tra loro che contraddistin-guono le fasi principali del gesto: fase di volo e diappoggio. La prima è caratterizzata da un moto para-bolico del centro di massa (CM) che compie traietto-rie balistiche su un piano verticale; tale situazione èidentica a ciò che avviene durante la corsa in piano.Durante la fase di appoggio si verifica, invece, uncambio di direzione del CM che permette all’atleta diseguire una traiettoria mediamente circolare e quindirimanere su una delle corsie della pista (Fig. 2). Ilcambio di direzione è reso possibile dall’azione dellacomponente orizzontale della reazione vincolareagente sull’atleta verso il centro della traiettoria.Questa forza conferisce al CM una accelerazionecentripeta e consente ad esso una traiettoria circolare.

poggio, durante la corsa in salita, rispetto alla corsain piano, sono state mediamente osservate le seguentivariazioni: una aumentata flessione del tronco di 7gradi, una aumentata inclinazione della gamba rispet-to all’orizzontale di 4 gradi, ed una diminuzione del-l’angolo compreso tra le cosce, misurato sul pianosagittale, di 23 gradi. Alla fine della fase di appoggio,i primi due angoli aumentano tutti e due di 6 gradi.L’angolo fra le cosce non si modifica significativa-mente, mentre il ginocchio risulta più flesso di 8 gra-di. Le ripercussioni sulla lunghezza del passo sonoquantificabili in un decremento di circa il 5%.Nella corsa con il paracadute o con il traino l’incre-mento di carico è ottenuto con una forza approssima-tivamente orizzontale localizzata in genere alla vita.Secondo Lockie e Murphy (2003), la corsa col

traino, con un carico corrispondente al 32% del pesocorporeo (velocità di progressione di 4,4 ± 0,4 m·s-1)induce, rispetto alla condizione senza carico (velocitàdi 5,7 ± 0,4 m·s-1), variazioni significative nella cine-matica del tronco e degli arti inferiori. Alla fine dellafase di appoggio si notano un aumento della flessionedel tronco rispetto alla verticale e una maggiore fles-sione della coscia sul tronco, rispettivamente da 39°± 5 a 45° ± 7 (circa 0° in postura eretta) e da 96° ± 7a 91° ± 8 (circa 180° in postura eretta). Le velocitàprese in esame sono però notevolmente più basse ri-spetto a quelle raggiungibili dai velocisti (fino a 12m·s-1).Per quanto riguarda la corsa con sovraccarichi, laletteratura non è estesa e riguarda per di più un ambi-to clinico e non sportivo. Ostering e Robertson(1993) hanno valutato l’uso di un giubbetto zavorrato(10% della massa corporea) durante la corsa su lungadistanza effettuata su nastro trasportatore e si sonoconcentrati sulla cinematica degli arti inferiori con esenza giubbetto. Questi autori hanno registrato modi-ficazioni statisticamente significative, durante le fasidi ammortizzazione e spinta, degli angoli di flesso-estensione dell’anca, del ginocchio e della caviglia,con variazioni percentuali del 42% per anca e cavi-glia e del 31% per il ginocchio.La letteratura sopra citata evidenzia come la corsacon sovraccarichi localizzati o su superfici inclinateinduce significative modificazioni nell’assetto di cor-sa dell’atleta, le quali possono sollecitare in manieraanomala la struttura muscolo-scheletrica.La pista centrifuga, descritta nel dettaglio nel para-grafo successivo, costituisce una possibile alternativaai metodi sopra esposti. Scopo di questo studio è diverificare se sia possibile collocarla tra i mezzi spe-ciali di allenamento dimostrando che il gesto dellacorsa, quando eseguito su di essa, non viene eccessi-vamente modificato, seppure in presenza di un au-mento del carico di lavoro. Si ipotizza, inoltre, che,

Figura 1 - La pista centrifuga

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In prima approssimazione e per facilitare l’analisi, siipotizzi che il CM si muova di moto circolare unifor-me ad una velocità con modulo pari a v. Il raggio del-la relativa circonferenza sia pari ad r e uguale a quel-lo della corsia utilizzata. Il CM è dunque sottopostoad una accelerazione agente in direzione centripetaed avente modulo pari a

Applicando al sistema atleta di massa m, sottopostoalla forza peso e alla reazione vincolare del terreno,l’equazione del moto relativa alle traslazioni e rap-presentando le grandezze vettoriali coinvolte rispettoal sistema di riferimento indicato nella figura 3,

si ottiene:

Calcolando le componenti della accelerazione centri-peta data dalla eq. 1, nonché quelle della forza di gra-vità, si ha:

e quindi

Si ipotizza che l’atleta, che corre su uno specificoanello di raggio r a cui è associata una inclinazione a(Scuderi, 1994, cit.), tende ad assumere una velocitàper cui la componente della reazione vincolare se-condo l’asse x (associata all’attrito) si annulla. Neconsegue che, dalla prima equazione del sistema in(4), si ha:

Sostituendo la (5) nella seconda equazione del siste-ma (4), si ottiene:

dove

può essere interpretata come una accelerazione digravità apparente, sempre maggiore di g.Dato, quindi, il raggio dell’anello su cui corre l’atle-ta, ovvero la relativa inclinazione della pista a, è pos-sibile calcolare la velocità media di progressione conl’equazione (5), nonché l’accelerazione di gravità ap-parente con l’equazione (6). Dalla figura 4 si osservache l’accelerazione apparente aumenta con una leggeapprossimativamente quadratica in funzione dell’an-golo a. Ciò comporta che l’atleta è sottoposto ad unpeso corporeo apparente superiore a quello reale cheaumenta con la stessa legge. Si ribadisce tuttavia checiò è vero solo durante la fase di appoggio, poiché è

Figura 2 - La traiettoria del centro di massa nella corsa su pista centrifugavista dall’alto: la parte limitata da IC (inizio contatto) e FC (fine contatto)indica l’appoggio di un piede ed è evidente il cambio di direzione; duran-te la fase aerea (FC-IC) la traiettoria del CM è rettilinea (a meno degli er-rori di misura del software) e giace solo su di un piano verticale antero-posteriore.

Figura 3 - La dinamica dell’appoggio su pista centrifuga.

durante questo intervallo di tempo che si applicano leconsiderazioni sopra riportate. Al contrario, durantela fase di volo, l’atleta è soggetto esclusivamente allagravità terrestre.

L’ipotesi formulata in precedenza e relativa al fattoche l’atleta tende ad azzerare la forza di attrito agentesul piede in appoggio in direzione medio-laterale,porta con sé il fatto che il suo asse longitudinale èmediamente ortogonale alla pista e che, di conseguen-za, il gesto può godere di simmetria sagittale (Fig. 5).

MATERIALI E METODILo studio è stato condotto su quattro soggetti maschidi età compresa tra i 17 e i 24 anni, di statura 174 ± 4cm e massa corporea di 72 ± 5 kg. Tutti i soggettierano ben avviati nella pratica dell’atletica leggera;

due di essi erano atleti di media qualificazione e spe-cializzati nei cento e nei quattrocento metri rispetti-vamente. Idealmente l’analisi comparativa fra la cor-sa sulla pista centrifuga e in piano doveva effettuarsia parità di velocità. Tuttavia, si è incorsi nella impos-sibilità di soddisfare questo requisito vista la diffi-coltà di mantenere una uguale velocità durante l’ese-cuzione della corsa nelle due condizioni. Sul piano siè infatti registrata una velocità media di circa 7 m·s-1,mentre sulla pista centrifuga la velocità è stata di cir-ca 6 m·s-1. L’anello, caratterizzato da r = 2,96 m e α =44 gradi, è stato scelto spontaneamente dagli atleti,dopo un periodo di familiarizzazione con la pistacentrifuga di circa un mese caratterizzato da due se-dute settimanali, come quello che consentiva una piùnaturale esecuzione del gesto. Le ragioni di questascelta rimangono da esplorare. La velocità media di corsa è stata misurata utilizzandodue barriere ottiche Microgate (mod. “Polifemo”, riso-luzione 1•10-3 s). Sulla pista in piano queste sono statecollocate ad una distanza di 60 m l’una dall’altra. Sul-la pista centrifuga ne è stata utilizzata una in modo ta-le da registrare la velocità media sul giro. Data la bre-ve distanza su cui è stata misurata la velocità media,specie su quest’ultima pista, si è dovuto prestare atten-zione a eventuali errori causati dalle possibili differen-ti posizioni degli arti in occasione di successivi attra-versamenti della barriera ottica. Per questo, le barrieresono state collocate all’altezza della pelvi.L’atleta è stato rappresentato con un modello mecca-nico costituito da segmenti rigidi monodimensionalie articolati con cerniere sferiche (Fig. 6).

Figura 4 - L’incremento dei valori di gravità “apparente” a cui è sottopo-sto l’atleta negli istanti di contatto durante la corsa su ognuna delle cin-que corsie della pista centrifuga (±) alle rispettive velocità medie di per-correnza.

Figura 5 - L’atleta in corsa sulla pista centrifuga. L’angolo ± rappresental’inclinazione della pista rispetto al suolo a livello dell’anello (corsia)lungo il quale l’atleta sta correndo.

Figura 6 - Il modello meccanico con cui è stato rappresentato l’atleta inentrambe le tipologie di corsa.

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Ciascuna prova è stata ripresa ad inquadratura fissacon due telecamere professionali che campionavanoa 50 fotogrammi al secondo (mod. Ikegami HC-200).Nel campo di ripresa sono stati collocati 20 marcatoriin posizioni note rispetto ad un sistema di riferimentoinerziale (sistema di riferimento globale) la cui origi-ne è stata definita in modo arbitrario. Utilizzandoquesti punti di controllo e mediante l’uso di unsoftware, redatto allo scopo e che implementava unmodello stereofotogrammetrico, si è proceduto allacalibrazione del volume di misura. Su ciascun foto-gramma sono state misurate le coordinate immaginedi ciascun centro articolare rappresentato nel modellomeccanico dell’atleta (21 punti). Ciò è stato ottenutoutilizzando una digitalizzazione manuale effettuatasul monitor di un computer collocando una mira, lacui posizione era controllata dal mouse, sui punti direpere di interesse. Utilizzando le misure effettuatesu ciascuna coppia di fotogrammi ripresi simultanea-mente, sono state quindi stimate dal software le trecoordinate oggetto nel sistema di riferimento globaledi detti punti in ciascun istante di tempo campionato.Il volume di misura ha consentito di ricostruire ilmovimento di una falcata completa (dal primo con-tatto di un piede al successivo contatto dello stessopiede). La sincronizzazione delle camere, onde evita-re eventuali errori di ricostruzione della posizione deirepere, è stata curata prendendo come punto di riferi-mento un evento riconoscibile chiaramente da en-trambe le riprese (tipicamente l’istante di stacco dalsuolo).Data la cinematica del modello meccanico ed avendoassegnato a ciascun segmento corporeo in esso rap-presentato una stima della relativa massa nonché po-sizione del CM (De Leva, 1996), è stato possibile sti-mare la posizione, nel sistema di riferimento globale,del CM dell’intero corpo dell’atleta in ciascun istantedi tempo. In un’analisi di questo tipo gli errori scaturisconodall’identificazione sull’immagine, da parte dell’ope-ratore, dei punti di repere e dei punti di controllo uti-lizzati per la calibrazione; essi si ripercuotono sulladeterminazione della posizione del centro di massa edi conseguenza sulle grandezze derivate quali velo-cità ed accelerazioni. La posizione del punto di repe-re nello spazio è identificata dall’intersezione delledue linee di vista provenienti da ciascuna camera; incaso di mancata intersezione (a causa degli errori didigitalizzazione) il software considera il punto in cuila distanza tra le due rette è minima. Tale distanza,che è risultata essere in media di 15 mm, è da consi-derarsi rappresentativa dell’errore di misura.Gli istanti di inizio e fine delle fasi di appoggio delpiede destro e sinistro sono stati identificati utilizzan-do le traiettorie dei marcatori all’uopo collocati sul

tallone e sulla punta del piede. L’ampiezza del passoè stata misurata come la distanza, lungo la direzionemedia di corsa, tra la posizione dei marcatori colloca-ti sulla punta dei piedi nell’istante di fine contatto didue appoggi successivi. La frequenza del passo è sta-ta calcolata come l’inverso della sua durata. Si consi-deri, inoltre, la fase aerea dell’arto, compresa tra l’i-stante di fine contatto della punta del piede e l’istantedi inizio contatto dello stesso piede. Va ricordato chele misure di tempo erano caratterizzate da una risolu-zione di 2 centesimi di secondo associata alla fre-quenza di campionamento delle telecamere (50 foto-grammi al secondo).Le traiettorie dei marcatori collocati su ginocchio,caviglia e punta del piede sono state analizzate e con-frontate nelle due tipologie di corsa allo scopo dianalizzare qualitativamente il gesto di corsa per ri-scontrarne eventuali anomalie o incompletezze du-rante la corsa sulla pista centrifuga.Utilizzando il modello meccanico dell’atleta e la po-sizione istantanea dei centri articolari, è stato possibi-le stimare la cinematica articolare degli arti inferiori,ed in particolare quella del ginocchio durante la fasedi appoggio. Questa, rappresentata da un modello adun grado di libertà (flesso-estensione) ha come riferi-mento 180° per l’arto completamente esteso e 0° perl’arto ipoteticamente completamente flesso (cfr. figu-ra 7). È stata, inoltre, stimata l’energia meccanica to-tale del centro di massa e, dalle variazioni di questa,il lavoro meccanico esterno compiuto dai muscoli de-gli arti inferiori dell’atleta.Non disponendo di stru-menti dinamometriciadatti alla misura delleforze scambiate tra l’a-tleta e la pista, è statacalcolata la variazionedell’energia meccanicaassociata al centro dimassa, come sopra indi-cato, al fine di quantifi-care ciò che accade all’a-tleta durante la fase diappoggio su pista centri-fuga che, come detto inprecedenza, è caratteriz-zata da una dinamica dif-ferente rispetto alla corsasul piano. L’energia mec-canica (Etot) è data dalla somma dell’energia cinetica(Ec = 1/2 m v2) e potenziale gravitazionale (Ep = m g

h), dove la velocità di avanzamento e la quota delCM, utilizzate per il calcolo rispettivamente di Ec eEp, sono valori istantanei. Il calcolo della velocitàistantanea del CM è stato eseguito tramite derivata

Figura 7 - Il riferimento angolareper la cinematica del ginocchio:180° per l’arto completamenteesteso e 0° per l’arto ipotetica-mente completamente flesso.

numerica dopo aver filtrato i dati di posizione utiliz-zando un filtro “passa basso” con frequenza di tagliodi 16 Hz.Il senso di corsa scelto sulla pista centrifuga era an-tiorario, cosicché l’arto esterno alla traiettoria era ildestro, ma ciò non esclude che un eventuale allena-mento debba prevedere entrambi i sensi di corsa, perovvie ragioni cinestesiche e per evitare ogni eventua-le pericolo di asimmetria.

RISULTATI

Tempi di volo e di contatto

La durata media del passo nella corsa sul piano è ri-sultata essere di 290 ms, di cui il 48% rappresentatodalla fase di contatto e il restante 52% da quella divolo. Su pista centrifuga, su una durata totale mediadi 260 ms, il contatto sale al 69% e il tempo di volorisulta essere del 31% (Tabella A).

Ampiezza e frequenza del passo

L’ampiezza media del passo è risultata essere di 2 ±0,2 m in piano e di 1,6 ± 0,2 m sulla pista centrifuga,rispettivamente con un decremento medio, passandodalla prima alla seconda, del 20% (p<0,05).Per quanto riguarda la frequenza del passo, sono statiosservati 3,4 ± 0,1 passi al secondo sul piano e 3,7 ±0,3 su pista centrifuga, pari ad un aumento del 8%circa. Non vi è, per questo parametro, differenza sta-tisticamente significativa tra le due tipologie di corsa(Tabella B).

Cinematica dell’arto inferiore: fase di pendolazione

Le traiettorie di tre punti, ginocchio, caviglia e puntadel piede, sono state prese in considerazione come

parametri descrittivi di questa fase. Come si evincedai grafici della figura 8, l’andamento verticale delletraiettorie sono, da un punto di vista qualitativo, so-stanzialmente identiche, tuttavia, su pista centrifugala durata della fase di pendolazione dell’arto è ridot-ta. Ciò sta a significare che, sulla pista centrifuga, lastessa traiettoria deve essere eseguita in tempi infe-riori. Se, inoltre, si suddivide ulteriormente la fase dipendolazione in una fase detta di “oscillazione” (dal-lo stacco fino al termine dell’avanzamento della co-scia, con la progressiva riduzione dell’angolo al gi-nocchio) e una fase detta di “distensione” (durante laquale l’angolo al ginocchio si apre fino al contattodel piede con il terreno), si può notare come questemantengano la stessa proporzione sulla pista centri-fuga rispetto alla pista piana (69% e 31%, rispettiva-mente).Infine, la salita del ginocchio, intesa come massimaelevazione di questa articolazione, nella corsa su pi-sta centrifuga rispetto a quella in piano risulta essereminore di 8 ± 4 cm. Nonostante la deviazione stan-dard piuttosto alta la differenza è statisticamente si-gnificativa (p<0,05): questo fatto, sommato alla con-siderazione precedente, esprime la circostanza chenella corsa su pista centrifuga il ginocchio sale menoma più rapidamente.

Cinematica dell’arto inferiore: fase di appoggio

Il contatto con il terreno nella corsa su pista centrifu-ga, come spiegato nei paragrafi precedenti, dura net-tamente di più. Si è cercato di scoprire che risvolto

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Tabella A - Tempi di volo e di contatto in assoluto e in percentuale delladurata di un passo nelle due piste oggetto dell’indagine.

Pista piana Pista centrifuga

[ms] % [ms] %

Durata complessiva passo 290 100% 270 100%Tempo contatto 140 48% 170 63%Tempo volo 150 52% 100 37%

Tabella B. Ampiezza e frequenza del passo sulle due piste oggettodell’indagine e relative variazioni percentuali.

Pista Pista Incrementopiana centrifuga

Ampiezza 2 ± 0,2 1,6 ± 0,2 -20 % (p< 0.05)

[m]

Frequenza 3,4 ± 0,1 3,7 ± 0,3 +8 % (p> 0.05)

[passi s-1]

Figura 8 - Andamento verticale delle traiettorie del ginocchio, caviglia epunta del piede come descrittive della fase aerea dell’arto durante la cor-sa su pista centrifuga (in alto) e sul piano (in basso).

possa avere un maggior tempo di contatto sulla cine-matica dell’articolazione del ginocchio, certamente lapiù rappresentativa in questa fase. Nel grafico dellafigura 9 sono rappresentate le curve relative agli an-damenti degli angoli al ginocchio durante l’appoggionella corsa sul piano e su pista centrifuga in funzionedel tempo. Si è ipotizzato che l’appoggio destro fosseuguale all’appoggio sinistro su tutte e due le piste. Sievidenzia come l’arto si presenta al contatto con ilsuolo con il medesimo angolo al ginocchio (a confer-mare ancora una volta il fatto che durante la fase divolo sulla pista centrifuga non accade niente di parti-colarmente significativo, a parte la rapidità dell’ese-cuzione del gesto); si nota come gli andamenti delledue curve rispetto al tempo cambino, e precisamente:1. il piegamento dell’arto al ginocchio è più rapido

nella corsa sul piano; su pista centrifuga, invece,dura di più e la massima chiusura dell’angolo alginocchio è raggiunta 2 centesimi di secondo piùtardi. Come si comprende dai grafici ciò non im-plica che l’arto si pieghi maggiormente;

2. la distensione dell’arto nella corsa su pista centri-fuga è invece più veloce e, allo stesso modo, piùprotratta nel tempo (di circa 2 centesimi di secon-do) perché caratterizzata da una maggiore escur-sione angolare;

3. infatti, nell’ultimo istante di contatto, l’arto distacco risulta essere più disteso nella corsa su pistacentrifuga: l’angolo al ginocchio risulta esseremaggiore di circa 10° ± 1 rispetto alla corsa sulpiano.

Energia meccanica

La figura 10 riporta gli andamenti della energia mec-canica (∆Etot) associata al centro di massa durante lacorsa sul piano e su pista centrifuga nei tre appoggiconsiderati (nella corsa su pista centrifuga i livelli diEtot sono minori perché minore era la velocità di pro-gressione). La variazione positiva di Etot è, in media,

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di circa + 4,5 J/kg (∆Etot, energia normalizzata rispet-to alla massa corporea) su pista centrifuga e di + 3,6J/kg su pista piana, vale a dire un incremento del24% del lavoro meccanico positivo compiuto dallamuscolatura responsabile della spinta nella corsa supista centrifuga ad un’inclinazione della pedana di44° (seconda corsia).

DISCUSSIONEPer ciò che riguarda la durata dell’appoggio va dettoche il suo aumento è dovuto al fatto che l’atleta, negliistanti di contatto con la pista, si trova a dover soste-nere ed in seguito accelerare in avanti, una massasulla quale grava, per così dire, quell’accelerazionegravitazionale “apparente”, maggiore di quella terre-stre, di cui si è parlato precedentemente. Si ricordiche la differenza tra le due tipologie di corsa sta uni-camente nella fase di appoggio. La fase di volo sullapista centrifuga è, infatti, identica a quella della corsasul piano e ne dà ragione l’osservazione della traiet-toria del centro di gravità dell’atleta ricavato dal mo-dello 3D: come si nota dalla figura 11, essa è parabo-lica e, mediamente, non ha sviluppi differenti oltreche su di un piano verticale.

Figura 9 - Flesso-estensione del ginocchio durante il 2° appoggio nellacorsa sul piano e su pista centrifuga (per il riferimento angolare cfr. Figu-ra 7); IC = inizio contatto, FC = fine contatto.

Figura 10 - Livelli di energia meccanica (Etot) del centro di massa duran-te la corsa su pista piana e centrifuga. I plateaux identificano le fasi di vo-lo (le imperfezioni che li caratterizzano sono dovute all’errore indotto dalcalcolo delle derivate), mentre le deflessioni a “V” l’appoggio.

Figura 11 - Corsa su pista centrifuga. La traiettoria del CM durante la fa-se di volo: essa è parabolica ed avviene unicamente, come nella corsa ret-tilinea, su di un piano longitudinale. Tale piano è diverso, però, per cia-scuna fase aerea a causa dei cambi di direzione.

Per quel che concerne la frequenza del passo, nono-stante la non significatività statistica dei risultati, si ècercato comunque di spiegare il lieve aumento diquesto parametro nei seguenti termini: l’atleta appli-ca una sorta di adattamento aumentando la frequenzadegli appoggi e simultaneamente diminuendo il tem-po di contatto con la pista; in questo modo ottieneuna minor “esposizione” alla forza di reazione vin-colare restituita dalla pista. Cioè tenta di attenuarel’impatto con la pedana “diluendolo” su un numeropiù elevato di azioni successive. Non è detto, tutta-via, che questa osservazione sia conclusiva. Infatti, isoggetti partecipanti allo studio erano relativamentepoco esperti nella corsa su pista centrifuga e non sipuò escludere che, dopo un più lungo periodo di ad-destramento, gli atleti si abituino ad affrontare l’im-patto con la pedana ricercando un’ampiezza del pas-so adeguata e quindi usufruendo di ulteriori beneficiallenanti.Volendo suddividere gli istanti di appoggio del piedein una fase di ammortizzazione-tenuta e in una dispinta, e stando a quanto detto nel paragrafo riguar-dante la cinematica dell’appoggio, l’aumento deltempo di contatto che caratterizza l’appoggio su pistacentrifuga coincide con l’ammortizzazione, durantela quale si verifica la flessione del ginocchio che, co-me si è visto nello stesso paragrafo, dura di più. Lacausa di tutto ciò va attribuita al cambio di direzioneche avviene proprio durante questa fase. Durante laspinta, infatti, il cambio di direzione è stato già effet-tuato. Queste considerazioni sono frutto di un con-fronto tra riprese video e traiettoria del centro di mas-sa vista dall’alto.Anche se il piegamento dell’arto al ginocchio su pi-sta centrifuga dura di più, ciò non comporta che l’an-golo interessato si chiuda maggiormente (come sa-rebbe meccanicamente presumibile): questo è spiega-to da una minore velocità di chiusura, dovuta eviden-temente ad un maggiore sostegno della muscolaturaestensoria del ginocchio.Il grafico della figura 10 mostra l’andamento dell’e-nergia meccanica associata al CM durante la corsa inpiano e su pista centrifuga. La variazione di Etot èuguale al lavoro che i muscoli compiono o aumen-tando l’energia del CM (variazione positiva, lavoromeccanico positivo) o dissipandola (variazione nega-tiva, lavoro meccanico negativo). Questo tipo di la-voro meccanico è detto “esterno” poiché fatto sulCM del soggetto, e va distinto dal lavoro meccanico“interno”, per il quale si considera, invece, l’energiaassociata ai singoli segmenti corporei. Ritornando al-l’andamento mostrato dalla figura 10, i plateauxidentificano la fase di volo del CM, durante la qualel’energia meccanica resta costante (trascurando la re-sistenza dell’aria). Per definizione, questi dovrebbero

essere piatti, ma, a causa dell’inevitabile errore indot-to dal calcolo delle derivate, il risultato non è quelloteorico atteso. Nonostante questo, le fasi di volo sonocomunque ben distinguibili dalle deflessioni a “V”che identificano, invece, l’appoggio: più precisamen-te, la rampa discendente corrisponde all’ammortizza-zione (chiusura dell’angolo al ginocchio), in cui ilCM perde energia a causa del contatto con il suolo; ilvertice rovesciato della “V” corrisponde grossomodoall’istante in cui il CM si trova nel punto più bassodella sua traiettoria (essendo Ec e Ep in fase); la ram-pa ascendente corrisponde alla spinta (apertura del-l’angolo al ginocchio), in cui i la muscolatura degliarti inferiori compie lavoro positivo sul CM dell’atle-ta per riportare il sistema ai livelli di energia prece-denti (Cavagna et al., 1976). Il lavoro meccanicoesterno positivo è perciò un indice dell’apporto mu-scolare in un gesto sportivo: è per questo che esso èstato utilizzato come indicatore dell’aumento del ca-rico durante la corsa su pista centrifuga.L’aumento del lavoro meccanico positivo è da attri-buirsi al livello di energia meccanica che il centro dimassa perde durante il cambio di direzione, e che varecuperato in fase di spinta per mantenere, in media,costanti i livelli di energia del sistema-atleta. Da quisi deduce che, almeno da un punto di vista energetico(e non dinamico), lo stimolo allenante nella corsa su

pista centrifuga si manifesta durante il cambio di di-

rezione. Esso porta ad una notevole perdita di energiameccanica, che va recuperata dalla muscolatura degliarti inferiori nella spinta successiva, compiendo unlavoro meccanico positivo maggiore rispetto a ciòche si fa sul piano. L’inclinazione della pedana per-mette, però, di effettuare il cambio di direzione man-tenendo il proprio asse cranio-caudale sempre per-pendicolare alla pista (a quella specifica velocità),mantenendo quindi il giusto assetto di corsa. Si ricor-di che questo incremento del lavoro meccanico ester-no positivo va rapportato all’inclinazione della corsiadella pista centrifuga sul quale si sceglie di correre.In altri termini, ci si aspetta un incremento del lavoromeccanico all’aumentare dell’inclinazione della pistae quindi del carico.Mettendo in relazione l’andamento dell’energia mec-canica con il grafico relativo all’andamento degli an-goli al ginocchio durante la fase di appoggio su pistacentrifuga (Fig. 9 e 10), si può dedurre che la perditadi energia meccanica è sostenuta dalla muscolaturache in questi istanti sostiene l’arto attraverso una fasedi ammortizzazione più lunga, evitando che esso sipieghi eccessivamente, come sarebbe, invece, mecca-nicamente presumibile.Se sulla pista centrifuga, durante l’ammortizzazione,si perde più energia meccanica rispetto a quanto av-viene sul piano, allora ne va riacquistata altrettanta

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durante la fase di spinta attraverso una maggiore pro-duzione di forza. Ne dà ragione la curva relativa al-l’andamento degli angoli al ginocchio, che sale moltopiù ripida dopo l’istante di massima chiusura del gi-nocchio; ciò comporta una apertura più rapida e mag-giore dell’angolo al ginocchio.

CONCLUSIONILe prove fin qui svolte, anche se hanno coinvolto so-lo quattro soggetti, mostrano che certamente la corsasu pista centrifuga è in grado di proporre carichi dilavoro superiori a quelli riscontrati nella corsa sulpiano.Per quanto riguarda la validazione della pista comemezzo d’allenamento speciale, ossia all’atto di valuta-re di quanto la corsa su pista centrifuga si discosti daiparametri tecnici che caratterizzano la corsa sul piano,va notato il fatto che non vi è differenza statistica-mente significativa per quel che riguarda la frequenzadel passo, e che le variazioni nell’ampiezza devonoprobabilmente essere messe in relazione anche con unnon sufficiente livello di addestramento degli atletinei confronti di un tipo di corsa “di impatto”, allaquale tentavano di adattarsi aumentando in manieracospicua la frequenza; in ciò, inoltre, ha forse influitol’imposizione di una velocità di corsa non massimale,bensì, come visto, relativamente moderata.Al contrario di altri mezzi di allenamento dedicati al-lo sviluppo della forza speciale, la corsa su pista cen-trifuga, pur non provocando variazioni importantinella cinematica della corsa, conduce ad alcune mo-dificazioni vantaggiose del gesto (come, per esem-pio, la più completa distensione dell’arto inferiorenella fase di spinta) e non comporta carichi localizza-ti, che possono provocare scompensi sulla strutturamuscolo-scheletrica dell’atleta, visto che il carico re-sponsabile dello stimolo efficace “compare” lungol’asse longitudinale dell’atleta.D’altra parte, l’aumento della durata della fase di am-mortizzazione si associa con un evidente incrementodell’intensità delle contrazioni eccentriche della mu-

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scolatura dell’arto inferiore, che è stato possibilequantizzare solo in maniera indiretta attraverso le va-riazioni di energia meccanica del CM, ma che gliatleti coinvolti nella ricerca hanno evidenziato, inparticolare a livello della muscolatura del piede.È necessario, dunque, proseguire lo studio, estenden-dolo ad un numero più elevato di soggetti, ed accom-pagnandolo ad altre metodiche di indagine, come l’u-so di accelerometri e l’analisi elettromiografica, perpoter accertare la validità di questo strumento comemezzo d’allenamento speciale per la velocità.

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