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POLITECNICO DI MILANO FACOLTÀ DI INGEGNERIA DIPARTIMENTO DI ENERGIA – CESNEF Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Nucleare AMPLIFICATORE LOGARITMICO PER APPLICAZIONI MICRODOSIMETRICHE Relatore: Prof. Vincenzo Varoli Tesina di Laurea Specialistica di: David BARBER GARCÍA Matr. 748678 Anno Accademico 2009 – 2010

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POLITECNICO DI MILANO

FACOLTÀ DI INGEGNERIA

DIPARTIMENTO DI ENERGIA – CESNEF

Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Nucleare

AMPLIFICATORE LOGARITMICO PER

APPLICAZIONI MICRODOSIMETRICHE

Relatore: Prof. Vincenzo Varoli

Tesina di Laurea Specialistica di:

David BARBER GARCÍA

Matr. 748678

Anno Accademico 2009 – 2010

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Capitolo ICapitolo I

L’AMPLIFICAZIONE LOGARITMICAL’AMPLIFICAZIONE LOGARITMICA

Un’amplificatore è un dispositivo in grado di aumentare l’ampiezza di un

segnale elettrico. L’elemento in cui è basata l’amplificazione è l’amplificatore

operazionale, costituito da resistenze, impedanze, dispositivi a semiconduttore e in

parte da una alimentazione esterna fornita in continua.

L’amplificatore basico è quello nel quale l’ampiezza del segnale in uscita è pari

a quella del segnale in ingresso moltiplicata per un fattore definito come guadagno di

amplificazione. In questo modo si ha un’amplificazione lineare.

Nonostante, nella maggior parte delle applicazioni nucleari, tali come la

microdosimetria, c’è la neccessità di poter rivelare contemporaneamente particelle le

cui energie rilasciate nel rivelatore possono essere anche di diversi ordini di

grandezza. In questi casi sarebbe ideale l’utilizzo di amplificatori che riescono a

gestire di una ampia dinamica per i segnali di ingresso. Questi sono gli amplificatori

logaritmici.

In questo capitolo saranno descritti il principio di funzionamento nel quale

sono basati gli amplificatori logaritmici, le configurazione che possono essere

adottate, e per ultimo, si farà una introduzione all’amplificatore comerziale TL441, sul

quale è svolto l’amplificatore logaritmico oggetto di questa tesi di lavoro.

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I.1 Principio di funzionamento

Basicamente, l’amplificazione logaritmica è un tipo di amplificazione non

lineare che consiste nella conversione di un segnale nel suo valore logaritmico

equivalente. La relazione tra le ampiezze dei segnali di ingresso e uscita viene data

per la funzione di trasferimento:

Vout= K logVinVref (I.1)

dove, considerando che Vin e Vout sono valori di tensioni:

- K è il fattore di scala di uscita (volts/decada)

- Vin è la tensione di riferimento di ingresso (valore di Vin dove si ha che Vout è nulla)

Ad esempio, in Figura I.1 è illustrata la curva caratteristica di un amplificatore

logaritmico.

Figura I.1 Curva caratteristica di un amplificatore logaritmico.

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Si osserva che per avere amplificazione logaritmica il segnale di ingresso

deve rimanere tra un certo intervallo, dato per Vin_min e Vin_max, che a sua loro volta

definiscono il range dinamico dell’amplificatore, espresso in decade:

Range dinamico=logVin_maxVin_min (I.2)

Inoltre, anche tra Vin_min e Vin_max c’è una deviazione della curva rispetto al

comportamento ideale, come illustrato in Figura I.2.

Figura I.2 Dettaglio delle curve caratteristiche ideale e reale di un amplificatore logaritmico, avendo

corrente come segnale di ingresso e tensione come segnale di uscita.

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Questo viene chiamato errore di conformità logaritmica p, e anche se soltanto

è osservabile come piccole differenze tra l’uscita reale e quella ideale viene riferito

all’ingresso: per un errore in uscita ΔVout corrisponde un tanto per cento di errore

nell’ingresso:

ΔVout=K log1+p100 → p=10010ΔVoutK-1 (I.3)

I.2 La configurazione transdiodo

Diversi sono gli schemi circuitali che consentono di ottenere una

amplificazione logaritmica. Il più semplice è quello illustrato in Figura I.3.

Figura I.3 Amplificatore logaritmico con diodo e amplificatore operazionale.

Questa prima configurazione sfrutta il fatto che la tensione applicata ai

morsetti di un diodo è proporzionale al logaritmo della corrente che fluisce al suo

interno: infatti, collocando un diodo nel ramo di retroalimentazione di un amplificatore

operazionale in configurazione invertente è immediato dimostrare che la tensione di

uscita è uguale alla tensione applicata ai morsetti del diodo ed è quindi proporzionale

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al logaritmo della corrente in ingresso. Più precsisamente, con riferimento alla Figura

I.3, vale la seguente relazione:

Vout= K logVinRinI0 (I.4)

Nonostante, per via della elevata resistenza che caratterizza un diodo reale

tale configurazione garantisce una amplificazione logaritmica solo per intervalli di

ampiezza del segnale in ingresso dell’ordine delle tre decadi.

È questo il motivo per cui in luogo di questo schema circuitale si utilizza quello

illustrato in Figura I.4, che viene chiamato configurazione transdiodo, basato nelle

caratteristiche del transistor BJT e l’amplificatore operazionale.

Figura I.4 Amplificatore logaritmico con transistor e amplificatore operazionale. A sinistra l’ingresso è

una corrente; a destra, una tensione.

La base degli amplificatori nella configurazione transdiodo è la relazione tra

l’intensità di collettore e la tensione di emissore di un transistor che lavora nella

regione attiva:

ic= IsevbeVT-1 (I.5)

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essendo:

Is: Corrente di saturazione del collector. È fortemente dipendente con la

temperatura. Usualmente, il suo valore è compresso tra i 10-15 e i 10-12

A.

VT: Tensione termica, il cui valore è pari a KT/q = 25,7 mV, avendo indicato

con K costante di Boltzman, con T la temperatura assoluta e con q la

carica dell’elletrone.

Nell’ambito di lavoro si ha che ic>> Is , e dunque l’espressione diventa una

esponenziale pura, avendosi che la tensione di emitter sarà:

vbe= VT lnicIs (I.6)

e utilizzando il logaritmo in base 10,

vbe= 2,303 VT logicIs (I.7)

Si vede che questa funzione di trasferimento è molto sensibile a possibili

variazioni di temperatura, siccome tanto Is come VT dipendono fortemente della

temperatura.

Facendo un’analisi in detaglio della Figura I.4 si ha che la tensione in uscita

sarà dunque:

• Corrente come segnale di ingresso:

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Vout= 2,303 VT logiin-InIs (I.8)

• Tensione come segnale di ingresso:

Vout= 2,303 VT logVin-VOS-R IOSR Is (I.9)

La corrente di polarizzazione in ingresso (input bias current) In nel primo

caso, e la corrente di offset IOS e la tensione di offset VOS nel caso di tensione

come segnale di ingresso, determinano il limite della tensione in ingresso

Nonostante questa configurazione presenta problemi di stabilità, data la

presenza di un componente attivo in un sistema retroazionato. Una prima soluzione

sarebbe introdurre una resistenza e un condensatore, come si mostra un Figura I.5.

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Figura I.5 Amplicatore logaritmico con transistor e amplificatore operazionale, con una resistenza e

un condensatore nel loop di retroalimentazione.

I.3 L’amplificatore logaritmica con diversi stati di amplificazione

Per ovviare a tali problemi si utilizzano anche schemi circuitali nei quali diversi

amplificatori configurati in anello aperto sono collegati in serie come riportati in Figura

I.6.

INPUT

OUTP

UT

Figura I.6 Amplificatore logaritmico con diversi stadi di amplificazione.

Il principio su cui è basato il funzionamento di schemi circuitali così fatti è

quello di approssimare la funzione logaritmo con una somma di funzione opportune.

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L’esempio più semplice è quello nel quale la funzione logaritmo viene

riprodotta sommando funzione lineari come illustrato in Figura I.7.

OUTPUTINPUTG=(N-1) A dBG=(N-2) A dBG=(N-3) A dB

Figura I.7 Curva caratteristica di un amplificatore logaritmico con diversi stadi di amplificazione

lineare.

In questo caso, il funzionamento è come segue: se l’ampiezza del segnale in

ingresso rientra nei limiti di funzionamento lineare, l’amplificatore restituisce in uscita

un segnale di ampiezza amplificata; se al contrario l’ampiezza del segnale in

ingresso supera tali limiti, esso restituisce in uscita un segnale in ampiezza costante

pari al limite massimo. Nell’insieme, quindi, all’aumentare dell’ampiezza del segnale

in ingresso contribuiscono all’amplificazione un numero decrescente di stadi

cossichè la curva caratteristica è costituita da una somma di tratti lineari

approssimabili ad un logaritmo. È chiaro che quanto maggiore è il guadagno del

singolo stadio di amplificazione minore sarà il numero di stadi richiesti, viceversa

quanto minore è il guadagno, migliore sarà l’approssimazione: la soluzione ottima

sarà quindi un compromesso.

Un secondo esempio è quello nel quale la funzione logaritmo viene riprodotta

sommando funzioni il cui andamento è quello di una tangente iperbolica. L’idea di

sfruttare questa possibilità nasce della capacità di alcuni circuiti elettrici di produrre

segnali aventi l’andamento di una tangente iperbolica. Un esempio è il circuito

elettronico mostrato in Figura I.8.

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Figura I.8 Esempio di circuito elettronico capace di produrre segnali il cui andamento è quello di una

tangente iperbolica.

Questo circuito è costituito da una coppia di transistor BJT di tipo npn disposti

in modo tale di avere in comune il terminale di emitter e da funzionare secondo la

seguente legge:

IC1-IC2IE1+IE2=α tanhV1-V22 VT (I.10)

dove con α si è indicato il guadagno di corrente a base comune.

La dimostrazione di tale legge è immediata. Infatti, le equazioni caratteristiche

dei due transistor hanno nel caso generale la seguente forma:

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IE=A11eVBEVT-1+A21EVCBVT-1IC=A12eVBEVT-1+A22EVCBVT-

1IB=IC-IE (I.11)

Tali equazioni possono essere semplificate considerando il solo

funzionamento in zona attiva:

IE=A11eVBEVTIE=α A11eVBEVTIB=IC-IE(I.12)

A partire da tali equazioni e con riferimento alla configurazione illustrata in

Figura I.8 si ottengono le seguenti equazioni:

IE1+IE2=A11e-VEVTe-V1VT+eV2VTIC1+IC2=α A11e-VEVTeV1VT-eV2VT(I.13)

dalle quali, dividendo la seconda per la prima, si ottiene la legge (6).

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Su questo principio di funzionamento è basato l’amplificatore logaritmico

TL441, sul quale è stato svolto questo lavoro di tesi.

I.4 L’amplificatore logaritmico TL441

Come detto prima, l’amplificatore logaritmico TL441 è basato su coppie di

transistor BJT, nelle quale l’andamento del segnale di uscita è quello di una tangente

iperbolica. Questi andamenti vengono sommati in modo che si ha all’uscita

dell’ampliflicatore l’ampiezza del segnale in ingresso amplificata secondo una legge

logaritmica. In Figura I.9 viene riportato lo schema interno.

Figura I.9 Schema circuitale dell’amplificatore logaritmico TL441.

Il sistema preleva un segnale in ingresso di ampiezza Vin, che viene

scomposto in otto segnali, che alimentano ogni una delle coppie di transistor, con

tensioni che differiscono tra loro di 15 dB. Questo viene fatto grazie in parte ad un

circuito esterno e in parte ad un isieme di resistenze collocate al suo interno.

Esternamente all’amplificatore logaritmico TL441 tale segnale Vin viene

scomposto in quattro segnali:

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1. Il primo entra nell’ingresso A1, ed ha ampiezza pari a quella del segnale in ingresso

Vin.

2. Il secondo entra nell’ingresso A2, ed ha una ampiezza ridotta di 30dB grazie a una

resistenza.

3. Il terzo entra nell’ingresso B1, ed ha una ampiezza aumentata di 30 dB grazie ad un

amplificatore.

4. Il quarto, infine, entra nell’ingresso B2, ed ha una ampiezza aumentata di 60 dB grazie

all’amplificatore detto ed a un secondo amplificatore.

Ciascuno di questi quattro segnali viene ulteriormente scomposto all’interno

dell’amplificatore logaritmico TL441, in modo che il primo dei quali ha una ampiezza

pari a quella del segnale di ingresso ed il secondo dei quali ha una ampiezza ridotta

di 15 dB grazie ad un insieme di resistenze.

Complessivamente quindi ad ogni coppia di transitor viene fornita una

tensione di ampiezza che può variare tra Vin -45 dB e Vin +60 dB, e diffiere tra le altre

di multipli di 15dB. Ulteriormente, tramite la somma delle correnti di collettore di

ciascuna coppia di transistor si ottiene il guadagno di amplificazione logaritmico

richiesto.

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Capitolo IICapitolo II

LA FORMATURA DEL SEGNALELA FORMATURA DEL SEGNALE

Nel lavoro con segnali ottenute dei rivelatori di radiazione, è di solito

desiderabile cambiare la forma degli impulsi secondo determinate tecniche. Gli

elementi che conformano l’amplificatore impongono delle condizione di altezza e

durata degli impulsi con cui devono lavorare.

Infatti, la catena di impulsi che si ottengono in uscita dal pramplificatore non

risultano conveniente per applicare direttamente la procedura di amplificazione.

Perciò viene messo a valle dei preamplificatori i così detti i filtri formatori. Questi

sono dei circuiti elettronici, che tramite componenti passivi come resistenze e

condensatori ed amplificatori operazionali, riescono a modificare la forma

dell’impulso entrante.

Inoltre è importante che questa procedura sia fatta senza produrre perdite

nell’informazione che possede il segnale, la quale è espressa nella sua ampiezza,

proporzionale all’energia rilasciata nel rivelatore, grandezza di interese della misura.

In questo capitolo verrano introdotti i filtri più semplici, il filtro passa-alto e il

filtro passa-basso, che sono la base la formatura del segnale, per poi introdurre il

filtro gaussiano. Questo filtro è quello più utilizzato nelle sperimentazioni nucleari, e

su cui disegno si è basato il filtro formatore dell’amplificatore oggeto di questa tesi di

laurea.

Anche verrà comentata la scelta della costante di tempo, parametro critico

nella formatura del segnale, e define per tanto il segnale in uscita del filtro.

II.1 La neccessità di formatura del segnale

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Con lo scopo da fare una raccolta da tutta la carica generata nel rivelatore, i

preamplificatori sono di solito disegnati con un decay time sufficientemente lungo, del

ordine delle decine di µs. Nonostante, se il ratio di conteggio non è sufficientemente

ridotto, può accadere il fenomeno del pile-up. In Figura II.1 si mostra una catena di

impulsi dove si presenta questo fenomeno.

Figura II.1 Catena di impulsi a in uscita del preamplificatore.

Siccome è l’altezza del segnale dove si ha l’informazione basica (la carica Q

rilasciata nel rivelatore), l’apilamento degli impulsi sulle code dei soui impulsi

precedenti, che non hanno raggiunto il zero, può diventare un problema serio. Dato

che la distanza tra gli impulsi è un processo aleatorio, ogni impulso può apilarsi su

differenti altezze della coda del precedenti. Dunque, la sua altezza non può ormai

essere una misura affidabile de la carica Q rilasciata in quell’ evento.

La soluzione ideale sarebbe realizzare una formatura degli impulsi, come

illustrato in Figura II.2. Si osserva come si hanno tolto tutte le code degli impulsi, ma

l’informazione sulle cariche Q, presente nelle altezze massime degli impulsi, non è

stata alterata. La formatura è stata datta con l’oggeto di ridurre la lunghezza totale di

ogni impulsi, mentre che la altezza rimane invariante.

Questo tipo di formatura del segnale è di solito effetuato nel amplificatore

situato a valle del preamplificatore. Nel seguito si illustrarano le operazioni basiche di

formatura utilizzate con l’impiego di reti analogiche, che danno luogo ai filtri passivi.

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Figura II.2 Confronto con la catena di impulsi prima e dopo realizzare la formatura.

Questo tipo di filtro formatore è basato in reti elettrici, che con l’impiego di

resistenze e condensatori, sono in grado di alterare a voglia la forma dell’impulso. Le

due configurazioni basica sono: il filtro passa-basso e il filtro passa-alto. Entrambe

sono definiti per la sua costante di tempo:

τ=RC (II.1)

II.2 Il filtro passa-alto

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In Figura II.3 è illustrato la configurazione basica di un filtro passa-alto. La

relazione tra la tensione in uscita e in ingresso può essere espressa dalla seguente

formula:

Vout=QC+Vin (II.2)

dove Q rappresenta la carica imagazzinata nel condensatore. Ora, se deriviamo

rispetto dal tempo,

dVindt=1cdQdt+dVoutdt (II.3)

Figura II.3 Configurazione basica di un filtro passa-alto.

e avendo conto che (dove i rappresenta la corrente)

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dQdt=iRC= τVout=iR (II.4)

Otteniamo

Vout+τdVoutdt=τdVindt (II.5)

Allora, se il valore di τ è sufficientemente piccolo, di solito del ordine della

centinaia di ns, l’equazione diventa

Vout≅τdVindt (II.6)

Dunque, sempre che si abbia una costante di tempo τ sufficientemente

piccola, il circuito illustrato in Figura, ha un segnale in uscita proporzionale a la

derivata rispetto al tempo della forma dell’impulso in ingresso. Per questo i filtri

passa-alto sono anche chiamati filtro RC differenziatori. La condizione per avere

questo funzionamente sarà avere una costante di tempo minore che la durata

dell’impulso in ingresso.

Nel caso opposto, se la costante di tempo è maggiore che la durata

dell’impulso, nella formula (5) è il primo termino quello che può essere sprezzato.

Dunque si ha alla fine che

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Vout≅Vin (II.7)

cioè, il filtro lascia passare il segnale in ingresso senza alterazioni.

Veddiamo ora quale sarebbe la forma dell’impulsi in uscita aspettabile nel

caso di avere un filtro passa-alto a valle del preamplificatore. La salita veloce

dell’impulso fino la sua altezza massima non verrà dunque alterata, mentre che la

coda, di lunghezza temporale maggiore, verrà differenziata.

Per tempi brevi possiamo approssimare il segnale in uscita dal

preamplificatore, e allora in ingresso dal filtro, ad un gradino di tensione di altezza A,

Vin(t)=A0 t≥0t<0 (II.8)

mentre che il segnale in ingresso

Vout=Ae-tτ (II.9)

Nella Figura II.4 è illustrato l’andamento dei due segnali, dove possiamo

vedere il fatto che si ha riuscito a togliere la coda dell’impulso in ingresso del filtro.

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Figura II.4 Andamento dei segnali in ingresso e in uscita dal filtro passa-alto, con segnali in ingresso

a gradino.

II.3 Il filtro passa-basso

In Figura II.5 viene illustrato la configurazione basica del filtro passa-basso.

Facendo un’analisi analogo a quello fatto con il filtro passa-basso, abbiamo che:

Vin=iR+Vout (II.10)

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Figura 5.II Configurazione basica di un filtro passa-basso.

e dato che abbiamo che

i= dQdt=CdVoutdt (II.11)

Allora

dVoutdt+1τVout=1τVin (II.12)

Dunque, seguendo il raggionamento fatto con il filtro passa-alto, se la costante di

tempo RC è sufficientemente grande rispetto la durata dell’impulso

Vout≅1τVindt (II.13)

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e in caso contrario

Vout≅Vin (II.14)

Analogamente ai filtri passa-alto, i filtri passa-basso vengono chiamati filtri CR

integratori. Nella figura II.5 è illustrato come sarebbe in questo caso il segnale in

uscita con un segnale in ingresso come gradino di tensione., la cui formula

matematica sarebbe:

Vout=A1-e-tτ (II.15)

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Figura II.5 Andamento dei segnali in ingresso e in uscita dal filtro passa-basso, con segnali in

ingresso a gradino.

II.4 Il filtro gaussiano

Come visto in Figura II.4, l’utilizzo di un filtro passa-alto ci permette ridurre la

coda degli impulsi che escono dal preamplificatore. Nonostante, la forma del’impulso

in uscita può presentare dei problemi nel suo analisi, dato che l’ampiezza massima

dell’impulso è mantenuta per un brevissimo intervallo di tempo. Inoltre, l’utilizzo di

soltanto un filtro passa-alto lasciarebbe passare tutto il rumore di alta frequenza.

Questi problemi possono essere risolti tramite a l’utilizzo di un filtro passa-

basso a seguito del passa-basso. Questa combinazione migliora le caratteristiche dei

due filtri da soli, è ha un’ampio impiego nella formatura del segnale. In Figura II.6 è

illustrato un esempio di questo filtro, chiamato di solito CR-RC. Si osserva la

presenza di un amplificatore operazionale tra loro: le sue impedanze in ingresso e

uscita (nel caso ideale, infinita all’ingresso e nulla a l’uscita) permettono che non si

influescano tra loro nel suo funzionamento.

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Figura II.6 Configurazione basica di un filtro formatore CR-RC

Come fatto prima, possiamo calcolare il segnale in uscita avendo un gradino

di tensione in ingresso. In questo caso, sarà la combinazione delle soluzioni trovate

in (II.9) e (II.15):

Vout=Aτ1τ1-τ2e-tτ1-e-tτ2 (II.16)

Dove

τ1=R1C1τ2=R2C2 (II.17)

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sono le costante di tempo. Nella pratica è comune che le costanti di tempo abbiano

lo stesso valore. In questa situazione l’equazione (II.16) diventa

Vout=Atτe-tτ (II.18)

Con lo scopo di dimminuire la durata dell’impulso si possono aggiungere più

stadi di integrazione RC. L’effetto sull’impulso in uscita è quello di fare la curva più

simmetrica, in modo che, anche se il tempo di salita è maggiore, il tempo di discesa

viene molto ridotto. Questo diviene molto importante nel fatto che riduce la possibilità

di pile-up. Un’altro effetto giovevole è il fatto di migliorare l’attenuazione del rumore

rispetto ai segnali veri.

In questo caso il segnale in uscita può essere espresso come

Vout=Atτne-tτ (II.19)

dove n è il numero di stadi RC che segueno allo stadio CR. La forma del segnale in

uscita, dato da (19) si assomiglia, al crescere n, alla funzione Gaussiana. Perciò,

questi tipi di filtri (CR)-(RC)n vengono chiamati filtri gaussiani.

II.4 La scelta della costante di tempo

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I fattori più importanti per la scelta della costante di tempo di formatura è il

tempo neccessario per la raccolta di tutta la carica rilasciata nel rivelatore per ogni

evento di radiazione, e il rateo di conteggio che si prevede durante la misura.

Rispetto al primo fattore, il tempo di formatura del segnale deve essere

superiore a quello neccessario per la racolta delle cariche, che determina il rise time

del segnale in uscita dal preamplificatore. Nel caso che siano comparabili, il segnale

in uscita del filtro non tiene conto dell’ampiezza totale del segnale in ingresso, in

modo che si ha una perdita, chiamata balistic deficit, del valore complessivo del

segnale in ingresso. Allora, questo fattore ci portarebbe ad aumentare il tempo di

formatura del filtro.

Nonostante, secondo il rate di conteggio, c’è una limitazione del valore della

costante di tempo, dato che se essa fossi troppo grande, la possibilità di avere pile-

up aumenta. Dunque, la costante di tempo di formatura viene definita come un

compromesso tra questi due fattori.

Inoltre ci sono ulteriori effeti, come il fatto che il tempo di formatura del

segnale influisce sul rumore presente nel segnale in uscita. Le contribuzioni in

parallelo ed in serie del rumore possono essere monimizzati rispetto all’ampieza del

segnale con un tempo di formatura ottimo. Allora, potrebbe essere interessante

considerare questo effetto in quelle aplicazioni dove la risoluzione diventa

importante, tali come l’impiego di rivelatori con alta risoluzione energetica, come ad

esempio i rivelatori a semiconduttori, dove la riduzione del rumore nella spettrometria

energetica diventa critica.

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Capitolo IIICapitolo III

CARATTERIZZAZIONECARATTERIZZAZIONE DELL’AMPLIFICATORE FORMATOREDELL’AMPLIFICATORE FORMATORE LOGARITMICOLOGARITMICO

Nei capitoli anteriori sono stati introdotti i fondamenti teorici dell’amplificazione

logaritmica e la formatura del segnale, sui quali si è stato disegnato l’amplificatore

formatore logaritmico oggetto di studio di questo lavoro di tesi.

Prima della sua applicazione come elemento della catena di acquisizione di un

rivelatore microdosimetrico bisogna conoscere il suo comportamento in un ambiente

controllato. Sono stati fatti dunque dei approcci teorici, simulazioni e misure

controllate nel Laboratorio di Elettronica.

In questo capitolo verrà spiegato il disegno del filtro formatore, seguendo i

fondamenti teorici svolti nel Capitolo II, secondo le specificazioni si assume dovrà

adempire. Tramite il suo analisi può essere teorizzato il suo comportamento, che

verrà confrontato con quello simulato e ottenuto nelle misurazioni.

Oltre questo, si ottendrà la legge che relaziona la tensione in ingresso e in uscita

dell’amplificatore logaritmico, basica per la sua calibrazione.

III.1 Disegno del filtro formatore

Il filtro formatore è stato disegnato attorno l’amplificatore operazionale ADA4898-

2, fornito dell’ Analog Devices. Le suoi principali caratteristiche sono:

28

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- Un ampio rango di tensione per il segnale in ingresso.- Rumore è distorsione introdotti molto basso.- Gananzia unitaria stabile.- Alta velocità.-In Figura III.1 è mostrato il diagrama di conessioni del operazionale ADA4898-2. Il

fatto di avere in un singolo componente due amplificatori ci permette disegnare

agevolmente un filtro con un zero e tre poli. Questa è la configurazione scelta, dato

che inserendo strutture più complesse il filtro potrebbe dare problemi di inestabilità,

limitando la toleranza con i valori dei componenti passivi contenenti del filtro

(resistenze e condensatori).

Figura III.1 Diagrama di conessioni dell’amplificatore operazionale ADA4898-2.

In Figura III.2 è illustrato il disegno del filtro, la cui funzione di trasferenza,

espressa nel dominio della frequenza, è:

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VoutsVins=R2 R4R1

R3sC1R11+sC1R11+sC2R2(1+sC4R4) (III.1)

I valori delle resistenze e i condensatori sono stati scelti seguendo due requisiti:

1. La attenuazione del segnale in ingresso deve essere in grado di avere in uscita una

tensione massima di 3,5 V, dato che è la tensione massima con la quale può lavorare

l’amplificatore logaritmico TL441. Si è ipotizzato che la tensione massima provenenti

del preamplificatore sarebbe circa i 10 V.

2. La risposta deve essere veloce; i poli sono cercati di essere attorno i 140 ns.

30

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Figura III.2 Schema circuitale del filtro formatore

Con queste condizioni i componenti pressi sono:

- R1 = 310 Ω (300 Ω + 10 Ω)

- C1 = 390 pF

- R2 = 470 Ω

- C2 = 270 pF

- R3 = 1300 Ω

- R4 = 1200 Ω

- C4 = 120 pF

III.2 Confronto tra la formula analitica e la simulazione con

LTSpice

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Nel Laboratorio di Elettronica sono state presse delle simullazioni e misure per la

caratterizzazione dell’uscita del amplificatore logaritmico. Siccome per le misure sarà

uttilizzato un generatore di tensione con resistenza interna in uscita pari a 50 Ω, la

resistenza R1 dovrà essere considerata pari a 360 Ω (310+50 Ω).

In primo luogo si hanno confrontato le curve a valle del filtro formatore secondo

la formula teorica e la simulazione con lo LTSpice, nel caso in cui si ha all’ingresso

un gradino di tensione pari a 1V. Siano le costanti di tempo:

- τ1 = R1·C1 = 140,4ns

- τ2 = R2·C2 = 126,9ns

- τ4 = R4·C4 = 144ns

Secondo la formula (III.1), l’espressione, nel dominio della frequenza, de la

forma del impulso in uscita sarebbe:

Vouts= R2 R4R1 R3τ11+sτ11+sτ2(1+sτ4) (III.2)

mentre che la sua espressione nel dominio del tempo, che si ottiene facendo

l’antitrasformata di Laplace, sarà:

32

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Vout=R2*R4R1*R3 *τ1* [τ1* e-tτ1Δτ21*Δτ41- τ2* e-

tτ2Δτ21*Δτ42+ τ4* e-tτ4Δτ41*Δτ42](III.3)

dove

Δτ21=τ2-τ1Δτ41=τ4-τ1Δτ42=τ4-τ2 (III.4)

Come detto, il confronto è fatto con lo LTSpice, mettendo come segnale in

ingresso un gradino di 1V con un rise time di 1 ns. In Figura III.3 sono confrontate le

curve ottenute. Dove si osserva che le forme delle curve sono praticamente uguali,

tranne piccole differenze. Se osserviamo la posizione e altezza dei massimi abbiamo

che:

MASSIMI Tensione (mV) Tempo (ns)Simulazione 332,4 284Formula 332,5 276

Tabella III.1 Confronto tra l’ampiezza e posizione temporale dei massimi in uscita del filtro formatore

per una tensione in ingresso pari a 1 V, ottenuti tramite la simulazione con il LTSpice e la formula

analitica.(III.3)

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Queste differenze sono giustificati per il fatto che nella formula si considera

ideale il comportamento del amplificatore operazionale ADA4898-2. Inoltre, si noti

che la durata dell’impulso è circa pari ai 1,5 µs.

Figura III.3 Rappresentazione della forma dell’impulso in uscita del filtro formatore con un segnale in

ingresso pari ad un gradino di 1V. In rosso la curva ottenuta tramite la formula matematica ottenuta (3)

e in verde quella ottenuta con la simulazione dello LTSpice.

Visto i valori delle costanti di tempo del filtro si potrebbe considerare la

possibilità di considerare che hanno stesso valore, come cercato nel disegno del

filtro. Questo potrebbe essere interesante nel fatto che così si ha una formulazione

dell’uscita molto più semplice, tanto in frequenza

Vout=K sτ1+sτ3 (III.5)

come in tempo

Vout=K*tτ2*e-tτ (III.6)

dove K e τ sono costanti indeterminate. Queste si possono tirare fuori tramite un

metodo iterativo cercando di avere il massimo con le stesse altezza e posizione

temporale che quello nella simulazione con lo LTSpice. Infatti, con K = 1,228 V e τ =

141 ns si ha che:

34

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MASSIMI Tensione (mV) Tempo (ns)Simulazione 332,4 284Approssimazione 332,4 283

Tabella III.2 Confronto tra l’ampiezza e posizione temporale dei massimi in uscita del filtro formatore

per una tensione in ingresso pari a 1 V, ottenuti tramite la simulazione con il LTSpice e la formula

analitica approssimativa.(III.6)

e dunque, da questo, oltre le forme delle curve illustrate in Figura III.4, si vede che

l’approssimazione fatta ha bontà sufficiente.

Figura III.4: Rappresentazione della forma dell’impulso in uscita del filtro formatore con un segnale in

ingresso pari ad un gradino di 1V. In rosso la curva ottenuta tramite la formula matematica

approssimativa (5) con K = 1,228 V e τ = 141 ns e in azzurro quella ottenuta con la simulazione dello

LTSpice.

III.3 Confronto tra la formula analitica e la curva ottenuta con

l’oscilloscopio

Per il confronto di quello fatto fino adesso e le curve ottenute all’oscilloscopio

si è utilizzato un generatore di tensione collegato alla rete. Con esso si ha alimentato

il filtro formatore con un segnale di onda cuadra che, nelle vicinanze a una delle sue

salite può verosimigliare un gradino. L’uscita del filtro si è collegato ad uno

scilloscopio che ci fornisce la forma de la curva, con il quale, tramite il programma

ScopeExplorer, è creato un file con le coppie di punti tensione-tempo che formano le

curve, con il quale poter lavorare.

Prima di iniziare a lavorare con le curve ottenute dell’ oscilloscopio, bisogna

fare una traslazione per avere l’inizio della curva nell’ origine, tanto in tempo come in

tensione.

In primo luogo, per stabilire l’origine della tensione, e dato che il rumore è un

fenomeno stocastico di media nulla, si è presso un pezzo di segnale sufficientemente

lontano dalla salita del segnale in uscita in modo di essere sicuri che non contiene

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parte dell’uscita all’impulso. Poi, si è calcolato la media, il quale viene sottrato alla

resta dei punti.

Per fissare l’asse temporale, studiamo la forma della curva nell’inizio della

salita. Si considerarà che l’inizio temporale è nel suo paso per tensione nulla (con

l’asse di tensione già correto) prima di allontanarsi sufficientemente da non

considerarlo rumore. In Figura III.5 è illustrato la traslazione fatta.

Una volta sistemati gli assi possiame fare il confronto tra l’approssimazione

gaussiana ottenuta, (III.6), e la curva pressa dal’oscilloscopio, le cui curve sono

illustrate in Figura III.6. In quel grafico si può vedere la presenza di differenza tra le

due curve.

Figura III.5 Dettaglio dell’origine della curva del segnale in uscita dal filtro formatore, prima e dopo da

fare la traslazione per stabilire l’origine di tensione e tempo.

Figura III.6 Rappresentazione delle forma dell’impulso in uscita del filtro formatore con un segnale in

ingresso pari ad un gradino di 1V. In azzurro la curva ottenuta tramite la formula matematica

approssimativa (5) con K = 1,228 V e τ = 141 ns e in rosso quella ottenuta dall’oscilloscopio.

In Figura III.6 si può vedere la presenza di differenze tra la curva pressa dal

oscilloscopio (reale) e quella dissegnata con la formula approssimativa (III.6) che

possono essere riassunte in:

1. Presenza di oscillazioni nella curva reale nei tempi vicini allo zero, attorno i 13

nanosecondi.

2. Salita e discesa più veloce nella curva reale che nella quale simulata.

3. Altezza maggiore del massimo nella curva reale.

Queste differenze sono causate dal proprio discostamento del comportamento

reale degli amplificatori lineari ADA4898-2 da quello simulato con lo LTSpice. Si può

nonostante fare ancora uttilizzo della formula approssimativa (III.6) con altri valori di

K e τ, che vengono calcolati, come fatto prima, in modo iterativo, cercando di avere il

massimo con la stessa ampiezza e posizione temporale. In questo modo si hanno

trovato i seguenti valori:

K = 1,285 V τ = 127 ns

36

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In Figura III.7, dove sono illustrate la curva reale e quella ottenuta con la

nuova formula approssimativa, si può comprobare che questa approssimazione ha

buona bontà.

Figura III.7 Rappresentazione delle forma dell’impulso in uscita del filtro formatore con un segnale in

ingresso pari ad un gradino di 1V. In azzurro la curva ottenuta tramite la formula matematica

approssimativa (III.3) con K = 1,285 V e τ = 127 ns e in rosso quella ottenuta dall’oscilloscopio.

Rispetto alle oscillazione, diventa importante lo studio della sovra

elongazione, ovvero, il rapporto, in valore assoluto, di ampiezze tra il massimo della

curva e il minimo (dato che hanno ampiezza negativa) delle oscillazioni:

Massimo dell’impulso: 347,9 mVMassimo delle oscillazioni: -5,02 mV Rapporto = 0,014

Dunque al primo sguardo le oscillazioni sembrano non essere significative,

nonostante, dato che poi il segnale viene amplificato seguendo una legge

logaritmica, le differenze in ampiezza saranno minore. Allora si dovrà studiare il loro

effetto sul segnale in uscita dall’amplificatore logaritmico.

III.3 Studio del comportamento del filtro formatore con segnali in

ingresso con diverse ampiezze

Una volta si è caratterizzata il segnale in uscita del filtro formatore si studiarà il

suo comportamento al variare l’ampiezza del segnale in ingresso. In Figura III.8 sono

illustrate le curve ottenute dall’oscilloscopio variando l’ampiezza in ingresso da

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300mV fino i 10V, rango entro il quale si sono definite le condizioni di lavoro una volta

sia accopiato alla coppia rivelatore e preamplificatore.

Figura III.8 Segnali in uscita dal filtro formatore per ingressi di tipo gradino, con diverse ampiezze.

Le ampiezze e posizioni temporali dei massimi ottenuti sono riportati nella

seguente tabella:

Vin(mV) Ampiezza(V) Tempo (ns)300 0,1037 260450 0,1565 260600 0,2083 255750 0,2683 2591000 0,3479 2541250 0,4288 2591500 0,5155 2562000 0,6850 2583000 1,0285 2564000 1,3658 2606000 1,9813 2728000 2,5433 284

10000 3,0322 286

Tabella III.3 Ampiezza e posizione temporale del massimo del segnale in uscita dal filtro formatore

per diverse ampiezze del segnale a gradino in ingresso.

Dall’analisi di questi valori si osserva che i massimi si trovano attorno i 0,26µs

tranne i massimi per segnali in ingresso con ampiezze maggiore di 6V. Inoltre si ha

una perdita di proporzionalità con l’aumento della tensione in ingresso. Nella tabella

seguente si mostrano le ampiezze dei massimi reali, e quelli che sarebbero

proporzionali (partendo dall’altezza del massimo reale per un gradino in ingresso di

1V):

Vin(mV) Ampiezza reale (V)

Ampiezza proporzionale (V)

Errore relativo

300 0,1037 0,1044 0,7 %

38

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450 0,1565 0,1566 0,006%600 0,2083 0,2087 0,15%750 0,2683 0,2609 2,8%1250 0,4288 0,4235 1,2%1500 0,5155 0,5218 1,2%2000 0,6850 0,6958 1,6%3000 1,0285 1,0437 1,5%4000 1,3658 1,3916 1,9%6000 1,9813 2,0874 5%8000 2,5433 2,7832 9%10000 3,0322 3,4791 13%

Tabella III.4 Confronto tra le ampiezze del segnale in uscita dal filtro formatore per diverse ampiezze

del gradino in ingresso, e quelle che teoriche ottenute per proporzionalità con l’ampiezza del segnale

in uscita per un gradino in ingresso pari a 1V

Il comportamento anomalo per tensioni in ingresso sopra i 6V è dovuto al fatto

che, per questi livelli di tensioni il primo amplificatore operazionale ADA4898 si è

saturato per un piccolo intervallo di tempo. Infatti, la simulazione con lo LTSpice

dell’uscita di quell’amplificatore ci mostra che la variazioni in uscita della tensione è,

nei primi istanti, più veloce che lo slew rate dell’amplificatore ADA4898, pari a 55

V/µs, come mostrato in Figura III.8.

Figura III.8 Detagglio della tensione in uscita dal primo amplificatore ADA4898 nei primi istanti per

una tensione in ingresso pari a 10V. La linea punteggiata in rosso mostra lo slew rate.

III.3 Caratterizzazione dell’uscita dell’amplificatore logaritmico

Una volta si è analizzata la risposta del filtro formatore, si è fatto un’analisi su

quella del amplificatore logaritmico. In Figura III.9 veddiamo la forma del segnale in

uscita per un segnale in ingresso di tipo gradino con una ampiezza di 1V. Si noti che

l’amplificazione secondo una legge logaritmica provoca un’aumento del rapporto tra

la massima ampiezza dell’impulso e quella del rumore. Nonostante, il margine

ancora è grande da permettere l’uttilizzo dell’amplificatore. Inoltre, si noti come le

oscillazioni nei primi istanti dell’impulso non generano ulteriori problemi.

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Figura III.9 Forma del segnale in uscita dell’amplificatore logaritmico per un segnale in ingresso di

tipo gradino con un’ampiezza pari a 1V.

Dopo stabilire gli assi come fatto con il segnale in uscita del filtro formatore, si

può studiare il comportamento dell’amplificatore logaritmico per diversi tensioni in

ingresso. In Figura III.10 ci sono illustrati le forme delle curve. Viene anche mostrata

una tabella con l’altezza e posizione temporale dei massimi:

Vin(mV) Ampiezza(V) Tempo (ns)300 1,9904 395450 2,0445 399600 2,1358 397750 2,161 3951000 2,2361 3891250 2,2929 3921500 2,3403 3972000 2,4067 4023000 2,4936 4094000 2,5602 4126000 2,6481 4268000 2,7028 44010000 2,7375 462

Tabella III.4 Ampiezza e posizione temporale del massimo del segnale in uscita dal amplificatore

formatore logaritmico per diverse ampiezze del segnale a gradino in ingresso.

Si noti che lo sfasamento tra i massimi tra gli impulsi in uscita dal filtro e in

uscita dall’amplificatore è attorno i 0,15 µs; mentre che la durata dell’impulso è pari

circa i 2 µs.

Figura III.10 Segnali in uscita dell’amplificatore logaritmico per diversi tensioni in ingresso.

Per ultimo si stabilirà la legge che relaziona l’ampiezza del gradino in ingresso

del blocco filtro+amplificatore con l’ampiezza del segnale in uscita. Siccome

l’amplificazione è logaritmico essa sarà data di una legge definita come:

40

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Vout=K logVinVref (III.7)

dove K ci da la pendeza della retta che relaziona la tensione in ingresso e quella in

uscita in scala semilogaritmica, si noti che il suo valore dipende dalla base del

logaritmo scelta, e la tensione di riferimento è il valore della tensione in ingresso per

il quale si ha tensione nulla in uscita. Questi valore sono tirati fuori facendo il fitting

della curva data per il logaritmo della tensione in ingresso e quella in uscita, illustrato

in Figura III.11. Dall’equazione del grafico si possono tirare fuori i parametri

dell’equazione (III.7):

- K = 511,91 mV/dec

- Vref = 0,0415 mV

Figura III.11 Grafico delle tensione in ingresso e uscita in scala semilogaritmica. I punti si hanno

interpolato con una funzione logaritmica, la cui espressione è sul grafico.

I parametri ottenuti ci permettono conoscere legare la tensione in ingresso e in

uscita in qualunque situazione. Cioè, sono le costante di calibrazione

dell’amplificatore formatore logaritmico

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Capitolo IVCapitolo IV

CONFRONTO SPERIMENTALE TRACONFRONTO SPERIMENTALE TRA AMPLIFICATORI FORMATORI LOGARITMICOAMPLIFICATORI FORMATORI LOGARITMICO E LINEAREE LINEARE

Nel capitolo precedente è stato descritto il disegno e il comportamento

dell’amplificatore logaritmico simulando il segnale presso del rivelatore come un

impulso a gradino tramite un generatore di segnali.

I resultati ottenuti hanno permesso di formulare una relazione tra il segnale in

ingresso e quello in uscita, e per tanto, avere una calibrazione a priori

dell’amplificatore logaritmico.

In questo capitolo saranno descritte le differenze tra i segnali in uscita di

amplificatori logaritmico e lineare, e le sue consequenze sui diversi spettri, osservate

tramite a l’utilizzo sperimentale di entrambi amplificatori colegati ad un rivelatore

microdosimetrico detto telescopio monolitico a pixel singolo al silicio (vedi Appendice

A). Tale rivelatore sarà irragiato con delle particelle α emesse nel decadimento di una

sorgente di 241Am.

A questo scopo verrà utilizzato un discretizzatore digitale, invece del solito

analizzatore multicanale, detto PicoScope 4424, il cui funzionamento e vantaggi

saranno brevemente spiegate.

IV.1 Set-up sperimentale e sistema di acquisizione digitale

42

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L’irradiazione è stata effettuata esponendo il sistema di rivelazione basato sul

telescopio al silicio monopixel con radiazione α emessa da una sorgente di 241Am. La

catena elettronica impiegata durante tale attività è illustrata in Figura IV.1.

Figura IV.1 Schema della catena elettronica di acquisizione

Lo stadio E è stato polarizzato a una tensione di circa 150 V e lo stadio ΔE è

stato posto a massa, mentre lo stadio o intermedio comune p+ è stato in questo caso

polarizzato ad una tensione nominale di -9 V. Il segnale in uscita generato nello

stadio ΔE viene preamplificato prima degli amplificatori formatori, mentre che lo

stadio E non si è collegato in uscita.

Il segnale in uscita del preamplificatore dello stadio ΔE è inviato

parallelamente all’amplificatore formatore logaritmico oggetto di studio di questa tesi,

e a un modulo commerciale Ortec 672, dove il segnale viene amplificato linearmente.

I segnali in uscita degli amplificatori sono stati inviati ad un digitalizzatore

commerciale veloce, denominato PicoScope 4424 e prodotto dalla Pico Technology.

Tale strumento è in grado di campionare contemporaneamente 4 segnali applicati ai

4 ingressi disponibili ad una frequenza di campionamento massima di 20 MS/s da 12

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bit. Tale frequenza di campionamento permette di acquisire, senza perdita di

informazione, segnali nucleari con tempi di picco maggiori di 200 nanosecondi.

Il grande vantaggio associato alla possibilità di acquisire direttamente il

segnale di origine e di conservare l’intera sua forma è quello di poter analizzare nel

dettaglio, on-line oppure off-line, la forma d’onda campionata in modo da ottimizzare

la procedura di selezione e discriminazione. La possibilità di salvare e conservare

l’intero dato originale permette inoltre di applicare a posteriori un’ampia varietà di

possibili elaborazioni, di correggere eventuali errori di elaborazione, di controllare

l’insorgenza di problemi o disturbi nella catena.

La parte di software relativa all’acquisizione sfrutta librerie fornite da Pico

Technology per dialogare con l’oscilloscopio. Grazie ad esse è possibile impostare:

• il numero di canali di acquisizione, fino a 4, come nel caso in oggetto in

quanto sono stati acquisiti anche i segnali in uscita dai preamplificatori;

• i range di tensione su cui acquisire per ognuno dei canali;

• la frequenza di campionamento;

• il canale che funge da trigger per l’acquisizione, il corrispondente valore di

soglia, il tempo di attesa prima di azionare il trigger in automatico anche

senza il superamento della soglia impostata;

• il numero di campioni costituenti la forma d’onda acquisita in caso di

azionamento del trigger, e la percentuale di tali campioni acquisiti prima

dell’evento di superamento della soglia (pre-trigger);

• il numero di segmenti nei quali suddividere il buffer di memoria

dell’oscilloscopio.

IV.2 Analisi del segnale

Prima dell’ottenzione degli spettri, è stato fatto un analisi della forma del

segnale in uscita degli amplificatori, i quali vengono illustrati in Figura IV.2

44

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0 200 400 6002−

0

2

4

6

LogaritmicoLineare

Tempo (microsecondi)

Tens

ione

(V)

Dalla forma dei segnali possono essere tirate fuori due conclusioni. In primo

luogo, l’amplificazione logaritmica ci permette salvare l’informazione sull’energia

rilasciata nel rivelatore in un minore intervallo di tensione. Si osserva che l’altezza dei

picchi del segnale logaritmico prendono valori di tensioni attorno un intervalo tra 1 V

e 3 V. Nel lineare nonostante, i segnali bassi hanno ampiezze vicine ai 100 mV,

mentre che quelli più alti possono superare i 4 V.

La seconda conclusione tuttavia non risulta favorevole per l’amplificatore

logaritmico. Confrontando il suo segnale con quello del lineare, si vede che

l’ampiezza del rumore è abbastanza più alto. Ciò ci da un’idea di una possibile

limitazione dell’impiego dell’amplificazione logaritmica.

Figura IV.2 Forma dei segnali in uscita degli amplificatori.

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IV.3 Acquisizione dei dati

La acquisizione è stata fatta con un valore di soglia del trigger all’uscita

dell’amplificatore logaritmico di 900 mV, con pre-trigger pari al 30% dei campioni, il

quali sono stati presso con una frequenza data da 10 MS/s. Per quanto riguarda

all’amplificatore lineare, si è impostata una soglia di ricerca di 15 mV, con un tempo

massimo di coincidenza pari a 8 µs. Si noti che le soglie sono state impostate attorno

il valore minimo di ampiezza che ci permette avere una fiduzia quasi dal cento per

cento di non accetare nessun evento di rumore elettronico. I valori delle ampiezze

sono state discretizzate su 4000 canali per un range di 5 V, dunque la risoluzione

ottenuta è data da 1,25 mV per canale.

IV.4 Interpretazione degli spettri ottenuti

Il sistema di rivelazione è stato irragiato con particelle α emesse di una

sorgente di 241Am al Laboratorio di Misure Nucleari del CeSNEF in una sola sessione

di circa 2 ore. Nelle Figura IV.3 e IV.4 sono illustrati gli spettri ottenuti, confrontati

nello scatter plot in Figura IV.5.

46

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0 1 103× 2 10

3× 3 103× 4 10

3×0

0.01

0.02

0.03

0.04

Logaritmico

Canali

Figura IV.3 Spetro delle ampiezze del segnale in uscita dell’amplificatore logaritmico, normalizzato al

numero totale dei picchi registrati.

0 1 103× 2 10

3× 3 103× 4 10

3×0

5 103−×

0.01

0.015

Lineare

Canali

Figura IV.4 Spettro delle ampiezze del segnale in uscita dell’amplificatore lineare, normalizzato al

numero totale dei picchi registrati.

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0 1 1 03× 2 1 0

3× 3 1 03× 4 1 0

8 0 0

1 1 03×

1 .2 1 03×

1 .4 1 03×

1 .6 1 03×

1 .8 1 03×

L ine a re

Loga

ritmi

co

Figura IV.5 Scatter plot delle ampiezze dei segnali in uscita dell’amplificatore lineare e quello

logaritmico.

Si osservi che lo scatter plot segue in modo approsimato una funzione (linea

tratteggiata in azzurro in Figura IV.5) data da:

fx=450·logx (IV.1)

Veddiamo oltre che l’amplificatore soltanto ha usato circa 1000 canali dei 4000

disponibili, dato che il suo spettro inizia nel canale 720, che corrisponde alla tensione

di soglia di 900 mV (si ricordi che i 4000 canali corrispondono ad un range di 5 V) e

finisce circa il 1700, il quale corrisponde a 2,125 V. Dall’altra parte, l’amplificatore

lineare cominzia nel canale 18 (25 mV) ed utilizza tutti i canali. Questo ci da un’idea

sulla potenzionalità dell’amplificatore logaritmico per comprimire l’informazione.

Nonostante, nello scatter plot (Figura IV.5) si può osservare che ci sono dei

punti con diverse ampiezze per l’amplificatore logaritmico, con ampiezza nulla per il

lineare. Questi non sono dei veri impulsi, ma impulsi “rimbalzati” dello stadio E, che

nel caso di particelle α che hanno rilasciato una quantità elevata di energia,

provocano degli impulsi invertiti nello stadio ΔE. Questi impulsi, con ampiezza

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negativa in uscita dell’amplificatore lineare, non sono però distinguibili degli impulsi

veri in uscita del logaritmico, e possono avere ampiezze sufficiente per superare la

soglia di accetazione ed essere considerati impulsi veri, si vedi Figura IV.6

Figura IV.6 Dettaglio del segnale in uscita dell’amplificatore logaritmico (verde) e quello lineare

(azzurro). Si osservi la presenza di un impulso vero attorno i 110 µs, ed un impulso “rimbalzato”

attorno i 10 µs.

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Capitolo VCapitolo V

CALIBRAZIONE DELLO SPETTRO OTTENUTOCALIBRAZIONE DELLO SPETTRO OTTENUTO CON L’AMPLIFICATORE LOGARITMICOCON L’AMPLIFICATORE LOGARITMICO

Nel capitolo precedente è stato descritto il sistema di acquisizione tramite il

discretizzatore digitale PicoScope 4424. Inoltre, si hanno analizzato le differenze tra i

segnali in uscita degli amplificatori logaritmico e lineare.

In questo capitolo si applicarà la legge di calibrazione ottenuta nel Capitolo III

allo spettro ottenuto, che ci permettrà da confrontare direttamente gli spettri ottenuti

con i due tipi di amplificatori, dove per il segnale amplificato linearmente si è presso

quello un uscita del filtro formatore

Gli spettri sono ottenuti con l’irragiamento α del rivelatore con una sorgente di 241Am. Inoltre, verrano descritti le procedure che si applicano agli spettri ottenuti

tramite amplificazione lineare per ottenergli in scala semilogaritmica.

VI.1 Set-up sperimentale e sistema di acquisizione digitale

Come fatto nel capitolo in precedenza, l’irradiazione con particelle α è stata

fatta con una sorgente di 241Am. Invece, la catena elettronica è stata diversa, in modo

di fare arrivare allo digitalizzatore PicoScope 4424 i segnali in uscita del filtro

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formatore accopiato all’amplificatore logaritmico, e del amplificatore logaritmico

stesso, come viene mostrato in Figura VII.1.

Figura VI.1 Schema della catena elettronica di acquisizione

VI.2 Acquisizione dei dati

La acquisizione è stata fatta con un valore di soglia del trigger all’uscita

dell’amplificatore logaritmico di 750 mV, con pre-trigger pari al 30% dei campioni, il

quali sono stati presso con una frequenza data da 10 MS/s. Per quanto riguarda

all’amplificatore lineare, cioè, l’uscita del filtro formatore, si è impostata una soglia di

ricerca di 25 mV, con un tempo massimo di coincidenza pari a 8 µs. I valori delle

ampiezze sono state discretizzate su 4000 canali per un range di 5 V, dunque la

risoluzione ottenuta è data da 1,25 mV per canale.

La misura è stata svolta in una sola sessione di circa 2 ore, pressa al

Laboratorio di Misure Nucleari del CeSNEF con una sorgente di 241Am. Nelle Figura

VII.2 e VII.3 sono illustrati gli spettri ottenuti.

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Figura VI.2 Spetro delle ampiezze del segnale in uscita dell’amplificatore logaritmico, normalizzato al

numero totale dei picchi registrati.

Figura VI.3 Spetro delle ampiezze del segnale in uscita dell’amplificatore lineare (filtro formatore)

normalizzato al numero totale dei picchi registrati.

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Figura VII.4 Scatter plot delle ampiezze dei segnali in uscita dell’amplificatore lineare e quello

logaritmico. La linea tratteggiata in azzurro rappresenta la funzione (2) ricavata.

Come fatto prima, lo scatter plot (Figura VII.4) può essere approssimato ad

una funzione logaritmica. Nonostante, in questo caso, dalla caratterizzazione

dell’amplificatore logaritmico fatta nel Laboratorio di Elettronica, questa relazione può

essere tirata fuori analiticamente. Nel Capitolo II si è trovato che l’espressione che

relaziona le ampiezze in ingresso del filtro formatore ed in uscita dell’amplificatore

logaritmico viene data da:

Vout=K logVinVref (1)

dove:

- K = 511,91 mV/dec

- Vref = 0,0415 mV

Dalla relazione tra i numeri di canali e tensione (ogni canale rappresenta un

intervallo di 1,25 mV) queste costanti possono essere espresse come:

- Kc = 409,5 1/dec

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- Cref = 0,0332

Bisogna fare un’ulteriore cambiamento, dato che l’espressione (1) relaziona le

ampiezze in ingresso del filtro formatore ed in uscita dell’amplificatore logaritmico, mentre

che nello scatter plot si confrontano le ampiezze in uscita del filtro e l’amplificatore. Bastarà

soltanto moltiplicare Vin per un fattore che relaziona l’ampiezza del gradino in ingresso del

filtro, e l’ampiezza della funzione gaussiana in uscita. Dalle prove fatte al Laboratorio di

Elettronica abbiamo che è pari a 0,348. Allora l’espressione che si ottiene è:

Clog=Kc log0,348*ClinCref (2)

In Figura VII.4 è illustrato lo scatter plot delle ampiezze dei segnali in uscita dei due

amplificatori. Si noti come l’espressione ottenuta segue il profilo abbastanze benne, salvo di

avere valori di Clog leggermente superiori. Questo può essere giustificato per piccole

differenze tra la tensione di offset nell’amplificatore logaritmico nelle misure al Laboratorio

di Elettronica e al Laboratorio di Misure Nucleare del CeSNEF.

VII.3 Elaborazione degli spettri

Dalle Figure VII.2 e VII.3 si vede che non è possibile un confronto diretto tra gli

spettri logaritmico e lineare; bisogna dunque trattare lo spettro dell’amplificatore

lineare. In realtà, le trasformazioni fatte a seguito sono delle operazioni effetuate su

qualche spettro lineare, dato che le misure microdosimetriche sono espresse in scala

logaritmica.

Anzitutto verrano tolti quelli impulsi “rimbalzati” studiati nel Capitolo VI, che

danno luego ad impulsi di diverse ampiezza nel logaritmico, senza registrarsi impulso

nel canale del lineare (si valuta come un impulso di ampiezza nulla).

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Una volta pulito lo spettro lineare, l’operazione da fare di seguito è chiamata

rebinning, e consiste nel cambiare la larghezza dei canali. Questo viene neccessario

dal fatto che non basta fare il logaritmo, tramite la funzione (2) ricavata sopra, per il

fatto che i canali degli spettri logaritmico e lineare non rapressentano gli stessi

intervalli di tensioni per il segnale in ingresso. Il rebinning è stato fatto tramite

programazione nell’entorno MathCad.

Un ulteriore passaggio, per poter conservare il significato dell’area sottesa a

tale spettro, deve essere applicato allo spettro lineare:

1. Sia f(x) lo spettro lineare in scala lineare, rappresentando come dx la larghezza del

singolo canale, l’area sottesa tra due valori generici è pari a:

x1x2fx*dx (3)

2. Sia f’(x) lo spettro lineare sul quale si è fatto il rebinning, dunque la larghezza del singolo canale è pari a d(log(x)). L’area sottesa tra gli stessi valori usati in (3) sarà pari a:

x1x2f'x*dlog(x) (4)

Si può dimostrare che le aree coincidono se f’(x) = ln 10 · x · f(x)

VII.4 Confronto dei spettri in scala logaritmica

Una volta è fatta la trasformazione dello spettro lineare possiamo

rapressentare tutti due insieme, come illustrato in Figura VII.5.

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Figura VI.5 Spettri delle ampiezze dei segnale in uscita dell’amplificatore lineare (rosso) e logaritmico

(azzurro).

Dal confronto degli spettri si osserva la validità della legge di calibrazione

derivata di quella ottenuta nel Capitolo III. Si vede comunque che, come si poteva

prevedere dall’anilisi dello scatter plot, si ha un maggior fitting per gli impulsi con

ampiezza maggiore.

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Capitolo VICapitolo VI

IRRADIAZIONE CON PARTICELLE DI BASSOIRRADIAZIONE CON PARTICELLE DI BASSO LETLET

VIII.1 Set-up sperimentale e sistema di acquisizione digitale

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In questa sperimentazione, l’irradiazione è stata effettuata esponendo il sistema di

rivelazione basato sul telescopio al silicio monopixel con radiazione a basso LET (particelle

β-) emesse da una sorgente di 137Cs. La catena elettronica impiegata è quella utilizzata nel

Capitolo VI per particelle α (Figura VIII.1) in cui arrivano al digitalizzatore PicoScope 4424 i

segnali in uscita dell’amplificatore logaritmico e quello lineare, modulo comerciale Ortec 672.

L’impiego di un amplificatore lineare esterno, invece del proprio filtro formatore viene

giustificato dal fatto che le particelle a basso LET rilasciano poca energia nello stadio ΔE.

Dunque si ha neccessità di amplificare il segnale in uscita dal preamplificatore con un grande

guadagno.

Figura VIII.1 Schema della catena elettronica di acquisizione

VIII.2 Analisi del segnale

Come fatto con le particelle α, bisogna prima di lavorare con gli spettri dare

un’occhiata ai segnali in uscita degli amplificatori, illustrati in Figura VIII.2

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Figura VIII.2 Forma dei segnali in uscita degli amplificatori.

Nel capitolo VI si è stato comprobato come l’amplificatore logaritmico riesce a

comprimire l’informazione sul segnale entrate in un minore intervallo di tensione. Quello che

potrebbe risultare interessante nel caso delle particelle α, presenta dei problemi con le

particelle a basso LET. Data la scarsa energia rilasciata, l’impulso non presenta una grande

altezza, e la relazione tra ampiezza dell’impulso e quella del rumore viene dimminuita,

sopratutto nel caso di amplificazione logaritmica.

A questo fenomeno viene associato due problematiche, la prima riguarda al fatto di

impostazione della soglia di accettazione, dove sarà neccessario una grande precisione per

evitare allo stesso tempo non accetare come impulso il rumore elettronico, e rifiutare il minor

numero di impulsi perchè non hanno superato la soglia.

L’altra problematica riguarda alla deviazione statistica dell’altezza dell’impulso per

effetto del rumore, siccome quanto minore è l’altezza del segnale in uscita dovuta all’impulso

in ingresso, maggiore sarà la frazione dovuta alla fluttuazione che caratterizza il rumore.

Questo si nota nel peggioramento della risoluzione.

VIII.3 Acquisizione dei dati

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La acquisizione è stata fatta con un valore di soglia del trigger all’uscita

dell’amplificatore logaritmico di 750 mV, con pre-trigger pari al 30% dei campioni, il quali

sono stati presso con una frequenza data da 10 MS/s. Per quanto riguarda all’amplificatore

lineare, si è impostata una soglia di ricerca di 50 mV, con un tempo massimo di coincidenza

pari a 8 µs. . I valori delle ampiezze sono state discretizzate su 4000 canali per un range di 2

V, dunque la risoluzione ottenuta è data da 0,5 mV per canale.

VIII.4 Interpretazione degli spettri ottenuti

La misura è stata svolta irragiando il rivelatore con particelle β- procedenti del

decadimento di una sorgente di 137C. L’irradiazione è stata fatta in una sola sessione di circa

14 ore, pressa al Laboratorio di Misure Nucleari del CeSNEF. Nelle Figure VIII.3 e VIII.4

sono illustrati gli spettri ottenuti.

Figura VIII.3 Spettro delle ampiezze del segnale in uscita dell’amplificatore lineare, normalizzato al numero

totale dei picchi registrati.

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Figura VIII.4 Spetro delle ampiezze del segnale in uscita dell’amplificatore logaritmico, normalizzato al

numero totale dei picchi registrati.

Si è fatto evidente una delle problematiche associate alla scarsa altezza dell’impulso in

uscita dell’amplificatore logaritmico: dei 4000 canali disponibili, associati ad un intervallo di

tensione pari a 2 V, più di un terzo si trovano sotto soglia e dunque non hanno registrato

nessun impulso. Se confrontiamo i due spettri si vede la perdita di informazione del profilo

dell’energia rilasciata nel logaritmo, mentre che nel lineare non è successo questo problema.

Il secondo problema si visualizza meglio con lo scatter plot, illustrato in Figura VIII.5.

Osserviamo come per ampiezze elevate la distribuzione delle coppie delle altezze dei due

amplificatore sembra eseguire una funzione logaritmica abbastante benne. Ma, in tanto

consideriamo le coppie con minori altezze, queste diventano più disperse tra loro, e la

funzione logaritmica “si apre”. Si è stato, dunque, visto sperimentalmente l’incremento della

deviazione tipica dell’ampiezza del segnale in uscita del logaritmico per effetto del rumore.

Inoltre, l’analisi dello scatter plot evidenzia un altro fenomeno non pronosticato, ma

visto negli spettri ottenuti con irradiazione α, la presenza di impulsi in uscita del logaritmo

con diverse altezze, non corrispondenti con nessun impulso in uscita del lineare (i punti

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sull’asse di ordinate). Anche il risultato sia simile a quello con gli α, studiato nel Capitolo VI,

questi impulsi hanno un origine totalmente diverso negli spettri ottenuti con irradiazione β-. In

questo caso gli impulsi sono semplicemente picchi di rumore elettronico, che sono stati

riusciti a superare la soglia.

Figura VIII.4 Scatter plot delle ampiezze dei segnali in uscita dell’amplificatore lineare e quello logaritmico.

La linea tratteggiata in azzurro una funzione logaritmica data da f(x) = 1150 · log(x) - 1530

In conclusione, la scelta della soglia ad impostare diventa un compromesso tra la

perdita di informazione rispetto a quello che accade per energie basse, e la perdita di

risoluzione ed eventuale accettazione di impulsi che però sono dovuti al rumore elettronico.

VIII.5 Elaborazione e confronto degli spettri ottenuti

Per il confronto degli spettri, in scala logaritmica, si deve realizzare le trasformazioni

sullo spettro lineare come fatto per l’irradiazione α. Questo viene riassunto nei seguenti

passaggi:

1. Eliminazioni degli impulsi falsi, dovuti al rumore, presenti con diverse ampiezze nello

spettro logaritmico, e nulla in quello lineare.

2. Rebinning dei canali dello spettro lineare.

3. Redefinizione dello spettro lineare per conservare il significato dell’area sottesa.

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Una volta completati questi passaggi, dovviamo caratterizzare la relazione tra le ampiezze

dei segnali in uscita dell’amplificatore lineare e quello logaritmico. Siccome questa volta non

è stato usato il filtro formatore, non può essere usata la formula ricavata per gli α. Invece, si è

presso una funzione logaritmica che sia in grado di garantire una buona assomiglianza con

l’andamento dello scatter plot, la funzione scelta è stata (vedi Figura VIII.4):

Cout=1150*logClin-1530 (1)