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MARCELLA TRAMBAIOLI Università di Chieti "G. D'Annunzio" "Amor con amor se paga", ovvero la fortuna di una massima petrarchesca nel teatro del Sigio de Oro (Lope e Calderón) Nel XVI auto de La Celestina Melibea rivendica in un appas- sionato e acceso discorso il suo diritto-dovere di ricambiare l'amore di Calisto, parafrasando, come puntualmente venne segnalato da Deyermond 1 , un frammento del De rebus memorandis del Petrarca: "el amor no admite sino sólo amor por paga" 2 . Questa sentenza non tardò a diventare proverbiale nelle lettere ispaniche, e trovò un campo particolarmente fertile nel linguaggio poetico del teatro dei Secoli d'Oro. Come testimonia un'amplia e documentata bibliogra- fia critica, il ricorso dei drammaturghi alle massime, ai precetti e ai proverbi era una pratica corrente che, da un lato, soddisfava il gu- sto barocco per il sapere condiviso, e, dall'altro, rispondeva con estrema efficacia alle esigenze didattiche della comedia, d'accordo con il noto precetto oraziano del utile dulci. Va inoltre ricordato che, in numerose occasioni, il titolo di un'opera è già una massima 3 , una frase proverbiale, o solo una parte di essa, e spesso riassume in modo incisivo la chiave interpretativa della pièce 4 . Talora l'afori- 1 Alain D. Deyermond, The Petrarchan Sources of "La Celestina", Oxford, Oxford U. Press, 1961, p. 146. 2 Cito dall'edizione di Dorothy S. Severin, Madrid, Cátedra, 1994, p. 304. Cfr. Francesco Petrarca, Rerum Memorandum Libri, ed. G. Billanovich, Firenze, Sansoni Editore, 1943, p. 173, liber tertius, 82: ""Si vis amari, ama'. In ceteris qui- dem rebus diversi generis compensatio admittitur: amor amore pensandus est". 3 Jean Canavaggio, Lope de Vega entre Refranero y comedia, in Lope de Vega y los orígenes del teatro español, ed. Manuel Criado de Val, Madrid, Edi-6, 1981, p. 83, ricorda che sono a centinaia le commedie auree il cui titolo corrisponde a un proverbio. 4 A proposito dei proverbi cfr. F. C. Hayes The Use ofProverbs as Titles and Motives in thè "Sigio de Oro" Drama: Lope de Vega, in "Hispanic Review", VI, 1938,

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MARCELLA TRAMBAIOLI

Università di Chieti "G. D'Annunzio"

"Amor con amor se paga", ovvero la fortuna di una massimapetrarchesca nel teatro del Sigio de Oro (Lope e Calderón)

Nel XVI auto de La Celestina Melibea rivendica in un appas-sionato e acceso discorso il suo diritto-dovere di ricambiare l'amoredi Calisto, parafrasando, come puntualmente venne segnalato daDeyermond1, un frammento del De rebus memorandis del Petrarca:"el amor no admite sino sólo amor por paga"2. Questa sentenza nontardò a diventare proverbiale nelle lettere ispaniche, e trovò uncampo particolarmente fertile nel linguaggio poetico del teatro deiSecoli d'Oro. Come testimonia un'amplia e documentata bibliogra-fia critica, il ricorso dei drammaturghi alle massime, ai precetti e aiproverbi era una pratica corrente che, da un lato, soddisfava il gu-sto barocco per il sapere condiviso, e, dall'altro, rispondeva conestrema efficacia alle esigenze didattiche della comedia, d'accordocon il noto precetto oraziano del utile dulci. Va inoltre ricordatoche, in numerose occasioni, il titolo di un'opera è già una massima3,una frase proverbiale, o solo una parte di essa, e spesso riassume inmodo incisivo la chiave interpretativa della pièce4. Talora l'afori-

1 Alain D. Deyermond, The Petrarchan Sources of "La Celestina", Oxford,Oxford U. Press, 1961, p. 146.

2 Cito dall'edizione di Dorothy S. Severin, Madrid, Cátedra, 1994, p. 304.Cfr. Francesco Petrarca, Rerum Memorandum Libri, ed. G. Billanovich, Firenze,Sansoni Editore, 1943, p. 173, liber tertius, 82: ""Si vis amari, ama'. In ceteris qui-dem rebus diversi generis compensatio admittitur: amor amore pensandus est".

3 Jean Canavaggio, Lope de Vega entre Refranero y comedia, in Lope de Vegay los orígenes del teatro español, ed. Manuel Criado de Val, Madrid, Edi-6, 1981, p.83, ricorda che sono a centinaia le commedie auree il cui titolo corrisponde a unproverbio.

4 A proposito dei proverbi cfr. F. C. Hayes The Use ofProverbs as Titles andMotives in thè "Sigio de Oro" Drama: Lope de Vega, in "Hispanic Review", VI, 1938,

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sma serve a creare nel tessuto verbale suggestivi arabeschi poeticiche fungono da sapiente richiamo al leit-motiv della comedia e nondi rado giunge ad essere il perno attorno al quale ruotano tutta lacostruzione e l'azione teatrali. L'origine delle massime e delle locu-zioni è sia letteraria, come nel caso preso in esame, sia orale e fol-clorica, sebbene la popolarità acquisita faccia spesso dimenticare,anche agli studiosi, la genesi specifica5. Ci sembra emblematico ilcaso del celeberrimo verso del poeta petrarchista Serafino Aquilano-"et per tal variar natura è bella"- che, nonostante l'immensa for-tuna di cui godette nella poesia spagnola del XVI e XVII secolo, finìper svincolarsi non solo dal nome del suo autore, ma anche dallatradizione colta a cui apparteneva6.

Con queste premesse, nelle pagine che seguono, mi ripropon-go di mettere in rilievo le modalità e la funzionalità con cui il pre-cetto petrarchesco, da cui abbiamo preso le mosse, entra a far partedel registro letterario del testo teatrale barocco, attraverso una si-gnificativa selezione di comedias dei suoi due massimi rappresen-tanti: Lope e Calderón.

pp. 305-323; (...) Tirso de Molina, in "Hispanic Review", VII, 1939, pp. 310-323;(...) Calderón, "Hispanic Review", XV, 1947, pp. 453-463; Jean Canavaggio, Lopede Vega entre Refranero y comedia, cit., pp. 83-94; Calderón entre Refranero y co-media: de refrán a enredo, in Festschrift für Hans Fiasche, ed. K.-H. Korner e D.Briesemeister, Wiesbaden, Steiner Verlag, 1983, pp. 27-41.

5 Per esempio, Eunice Joiner Gates, A tentative List ofthe Proverbs and Pro-verbs llusions in thè Plays of Calderón, in "PMLA", LXIV, 5, 1949, p. 1029, cita unesempio di parafrasi della frase petrarchesca presente in Para vencer amor, querevencerle, di cui mi occuperò più avanti, classificandolo come un proverbio. D'altraparte è pur vero che spesso si perdeva coscienza dell'origine del detto, della locu-zione, grazie alla sua massiccia diffusione nel linguaggio orale. Cfr. Manuel Alcan-tara, La incorporación de la frase hecha en la poesía española (notas para un es-tudio), in "Revista de Archivos, Bibliotecas y Museos", LXIII, 1, 1957, p. 224.

6 Ricordo che A. Morel-Fatio, La fortune en Espagne d'un vers italien, in"Revista de Filología Española", 3, 1916, pp. 63-66, sebbene non conoscesse il no-me dell'autore italiano, contestò l'opinione di Farinelli, il quale riteneva si trat-tasse di una locuzione proverbiale (p. 66). E proprio nel numero successivo dellamedesima rivista, E. Diez-Canedo, Fortuna española de un verso italiano, in "Re-vista de Filología Española", 3, 1916, pp. 168-170, dissolse ogni dubbio al propo-sito, pubblicando il sonetto dell'Aquilano dove compare il verso in questione. Sultema si veda anche Patrizia Campana, "Et per tal variar natura è bella": apuntessobre la "variatio"en el "Quijote", in "Cervantes" 17, 1997, pp. 109-121.

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II Fénix de los Ingenios, maestro nell'arte della riscrittura7,s'incapricciò non poco della formula di Petrarca, peraltro così adat-ta a condensare una delle tematiche amorose più frequentate tantodalla poesia lirica coeva quanto da quella drammatica, ovvero, ilconcetto dell'amor correspondido. È risaputo che Lope possedevauna discreta cultura umanistica, comprendente il latino, e dunquenon si può escludere che conoscesse direttamente il Rerum Memo-randum. Del resto, questo testo si presenta come uno dei tanti cen-tones da cui i letterati barocchi attingevano notizie curiose e cita-zioni illustri. Nondimeno, l'immensa popolarità della Celestina ba-sterebbe da sola a giustificare la diffusione della citazione in que-stione e, in ogni caso, quanto ci preme ora sottolineare è il virtuosi-smo con cui il geniale drammaturgo la rielaborò in alcune delle suecomedias.

Iniziamo da un'opera giovanile. Ne La quinta de Florencia(1598-1603)8, César, favorito e amico del duca Alejandro de Médicis,soffre per l'indifferenza di Laura, la bellissima figlia di un mugnaiodella campagna fiorentina9. La mancanza di corrispondenza amo-rosa, oltre ad essere l'asse tematico della commedia, informa il les-sico simbolico del dialogo drammatico. È pur vero che la giovanenon ricambia la passione del nobile, tuttavia, l'enorme disparità diclasse sociale rende impossibile un'unione paritaria fra i due. D'al-tro canto, l'insistenza di César non è altro che una delle tante ma-nifestazioni dell'arroganza aristocratica. In tal senso, La quinta an-ticipa il tema della rivendicazione dell'onore contadino calpestatodai soprusi nobiliari che Lope svilupperà magistralmente in operequali Fuenteovejuna e Peribáñez. Osserviamo che, mediante l'usopolisemico del verbo "pagar", si gioca costantemente su due piani,quello della reciprocità sentimentale e quello ambivalente del de-

7 Si veda Felipe B. Pedraza Jiménez, Algunos mecanismos y razones de larescritura en Lope de Vega, in "Criticón", 74, 1998, pp. 109-124.

8 Cito dall'edizione di Bienvenido Morros Mestres, in Comedias de Lope deVega, Parte II, Prolope, Universitat Autónoma de Barcelona, Editorial Milenio,1998, voi. Ili, pp. 1559-1665.

9 La storia deriva da una novella del Bandello. Cfr. Charles H. Leighton, Lafuente de "La quinta de Florencia", in "Nueva Revista de Filología Hispánica", X, 1,1956, pp. 1-12.

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bito da saldare. Laura non accetta i doni che César continua a of-frirle, proprio per non essere forzata a ri-pagarlo con la moneta del-l'onore. Non a caso nella I jornada, dopo che Teodoro ha tentato in-vano di farle accettare un regalo del suo padrone, la protagonistagli chiede: "(...) ¿yo qué le debo, / que deba pagarlo agora?", e queglile risponde: "Debéisle un ansia de amor" (p. 1602). Ma è nella se-conda jornada che incappiamo in una più fedele parafrasi della ci-tazione del De rebus memorandis, allorché l'infelice innamorato pe-rora in prima persona la sua causa: "fúndate en amor, que amor /se paga en lo mismo que es" (p. 1624). Per gran parte della comme-dia i richiami alla massima del Petrarca suonano, dunque, come unrimprovero alla inscalfibile freddezza di Laura, novella Anassarete.Va detto però che, nel concitato climax della commedia, la situa-zione si ribalta e la vittima dell'indifferenza amorosa si trasformain carnefice: in un impeto di arroganza César porta via dal mulinopaterno la sfortunata labradora e la possiede con la forza. La scenadel rapimento viene preceduta da un disperato monologo del prota-gonista che sembra voler giustificare il suo atto estremo: "Yo amo yno soy amado. / Paga mi amor con olvido" (p. 1627). In tal guisa, ildrammaturgo ci avverte che il precetto petrarchesco presenta unalto grado di ambivalenza, giacché è auspicabile che l'amore vengaricambiato, a patto che si tratti di un sentimento vero e profondo,non certo della lussuria sfrenata. E l'ambiguità che viene veicolatadal verbo "pagar", risulta ancor più evidente nelle parole che Césarrivolge nella III jornada alla vittima della sua violenza: "Mal miamor, Laura me pagas" (p. 1655), che non tengono in nessun contola dignità della stessa. In ogni caso, la giustizia poetica farà sì cheil protagonista, nello scioglimento drammatico, sia obbligato dalduca a sposare la contadina per pagare l'oneroso debito d'onore con-tratto.

Nella seconda parte de El príncipe perfecto, (1612-1618), laformula del Rerum Memorandum appare citata espressamente. Inun biglietto di don Lope de Sosa, Leonor legge: "Paga, Leonor, undeseo, / que por tu hermosura muere" (p. 1150), invito peraltro su-perfluo, giacché si tratta di un sentimento ricambiato. La trama poiperò si complica per il fatto che il principe portoghese s'innamora di

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lei e Lope, per un concetto distorto di fedeltà monarchica, tenta direprimere la sua passione per lasciar al lusitano il campo libero. Ladonna, disperata per il suo "amor pagado mal" (p. 1166), ricorre al-l'estremo rimedio della gelosia. Quando allora il rispettoso principele rende omaggio dicendo "No habrá cosa que por vos, / fuera deamores, no haga", risponde per le rime ricordandogli che: "Amorcon amor se paga" (p. 1169). Alla fine, Lope saprà comunque ritro-vare il giusto equilibrio tra l'affetto che deve al principe e quelloche lo lega a Leonor, scoprendo così che la massima petrarchescanon va applicata con estremo rigore al di fuori dell'ambito senti-mentale di cui è il motto privilegiato.

Servir a señor discreto, altra commedia della maturità arti-stica del Fénix (1610-1615), presenta una rielaborazione della for-mula del De rebus assai complessa e variegata10. L'intreccio narra-tivo, che deriva da una novella degli Ecatommiti11, ruota intorno altema dell'amore capace di vincere e superare ogni ostacolo. Leonor,che rifiuta di ricambiare il tenero sentimento che don Pedro nutrenei suoi confronti, quando si vede forzata dal padre ad accettarecome promesso sposo il vecchio e insopportabile don Silvestre, si ri-crede e s'innamora del suo giovane pretendente. In modo analogo irispettivi servitori emulano e, anzi, anticipano il comportamentodei padroni, giacché nel primo atto Girón dichiara il suo amore allamulatta Elvira mediante una frase eloquente: "nos casaremos si ya/ como te quiero me quieres" (w. 600-601, p. 122). Poco dopo, Leo-nor legge in un biglietto di don Pedro un'affermazione molto simile:"si supieras quién soy no me perdieras, / que como yo te quiero mequisieras" (w. 716-717, p. 134), che mette l'accento sul valore per-sonale e sui meriti del galán, insomma, sul "ser quién es", motivostranoto ai conoscitori del teatro aureo. Sebbene la formula sud-detta si riferisca in genere all'esser nobile e honrado12, nel nostro

10 Cito dall'edizione di Frida Weber de Kurlat, Madrid, Clásicos Castalia,1975.

11 Cfr. Antonio Gasparetti, Giovan Battista Giraldi e Lope de Vega, in"Bulletin Hispanique", XXXII, 1930, pp. 372-403.

12 Cfr. Leo Spitzer, Soy quién soy, in "Nueva Revista de Filología Hispánica",I, 2, 1947, pp. 113-127.

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caso allude maliziosamente al fatto che i regali fin troppo generosiche don Pedro ha donato alla dama l'hanno convinta della sua ap-partenenza a una delle casate più nobili di Madrid. L'ironia dram-matica risiede in questo equivoco, denso di conseguenze: don Pedro,di fatto, esaurisce ben presto la sua magra fortuna ed è costretto ascappare dalla sua innamorata per non perdere la faccia. A questopunto, sarà opportuno rilevare che il tema della corrispondenza af-fettiva si collega anche a un altro elemento fondamentale delì'enre-do, ovvero, quello della generosità del signore nei confronti deisubalterni, spunto tematico che, oltre a spiegare il titolo della com-media, funge da motore risolutore del nodo drammatico. Pedro, unavolta giunto a Madrid, da man forte in una rissa al conte di Puerto-carrero e il suo intervento tempestivo gli vale l'eterna riconoscenzadel nobile, il quale lo nomina segretario personale. Una simile ri-compensa non può mancare di suscitare invidia e risentimento fragli antichi servitori dell'aristocratico, in particolare in Gerardo,però il fedele Liseno, ricorrendo anch'egli alla sentenza del De re-bus, chiarisce che il sentimento di stima reciproca deve informareanche i rapporti fra padroni e sottoposti, dando una lezione di sag-gezza e umiltà al ineschino collega: "Yo, Gerardo, procuro confor-marme / con el gusto del dueño, que es el mío: / amo a quien ama yle convido a amarme" (w. 2065-2067, p. 256). E sarà proprio graziea questo sentimento che lega Pedro al conte che il protagonista riu-scirà ad uscire dal callejón sin salida nel quale era finito per colpadella sua prodigalità. Puertocarrero, venuto a conoscenza dei suoiproblemi amorosi, si offre di aiutarlo, organizzando una messinsce-na fastosa che abbacina il futuro suocero e, per giunta, gli fa otte-nere un titolo onorifico importante, consentendogli così di unirsi inmatrimonio con l'amata Leonor. E che la massima del Petrarca sot-tenda a tutto l'intreccio della pièce si conferma sul piano festivo conuna citazione letterale nel baile de negros rappresentato alla finedella HI jornada: "Amor con amor se paga, / nunca lo vi" (w. 2803-2804, p. 316), dove il tono burlesco rimanda all'interesse tutto ma-teriale della giovane fidanzata e di suo padre. Ciò conferma chel'aforisma del Rerum Memorandum viene qui interpretato da Lopesu due piani ideologici contrapposti: quello dell'amore ideale e quel-

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lo del bieco materialismo, e, sul versante eminentemente letterario,quello del petrarchismo e quello della poesia burlesca del Poderosocaballero, Don Dinero.

Le riflessioni appena formulate risultano valide anche peruno dei riconosciuti capolavori del Fénix che, peraltro, appartienecronologicamente alla stessa epoca delle ultime opere analizzate: sitratta de La dama boba (1613)13. Anche in questo caso, il dramma-turgo sfrutta con perizia la polivalenza del verbo "pagar" sul doppiolivello dell'amore e dell'interesse. Il gioco teatrale vero e proprio siapre con lo sleale comportamento di Laurencio, il quale decide diabbandonare Nise per corteggiare la stupida sorella che gode diuna dote rilevante. In uno scambio veloce di battute, veniamo a sa-pere che la colta e raffinata dama continua invece a mantener fedeal noto precetto amoroso; parlando della 'Voluntad" ricorda a Lau-rencio: "Yo te la pago muy bien" (v. 592). E sarà paradossalmente lostesso precetto ad essere utilizzato poco dopo dall'interessato galánper innamorare con successo la stolta Finea: "(...) ¿No habéis oído /que amor con amor se paga?" (w. 781-782, p. 94). In ogni caso, "ladama boba" troverà proprio nel sentimento amoroso il maestro ca-pace di farla uscire dalle tenebre dell'ignoranza. La massima, dun-que, sul piano drammatico agisce come motore dell'azione teatrale.Sta di fatto che, Laurencio, alla fine, riuscirà a sposare la trasfor-mata Finea, la quale, in ultima analisi, lo ri-paga sia con l'amoresia con la dote a cui il galán in primis aspirava. La sfortunata Nise,nella II jornada, non esita a biasimare l'ingrato Laurencio, ricor-rendo alla solita formula: "pagaste el amor que sabes / mudando eltuyo en Finea" (w. 1246-1247, p. 113); "¡Ay, Laurencio, que buenpago / de fe y amor tan notable!" (w. 1309-1310, p. 115). Dal cantosuo, Liseo, infelice promesso sposo di Finea, corteggia invano lasorella e, a sua volta, le rimprovera: "¿Desa manera me pagas / tandesatinado amor?" (w. 1988-1989, p. 140). Appare dunque chiaroche il precetto del Petrarca è profondamente radicato nel tessutolinguistico del testo teatrale de La dama boba, e, anzi, costituisce il

' Cito dall'edizione di Diego Marín, Madrid, Cátedra, 1991.

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perno che regge l'intero meccanismo teatrale e simbolico14. Per dipiù, quasi alla fine della commedia le due sorelle si esibiscono inuna danza, il cui testo ricorda molto da vicino el baile de negros diServir a señor discreto. Anche in questo caso si tratta di una chiosaburlesca, che funge da contrappunto della situazione drammaticasviluppatasi nel corso dell'opera, nonché del motto che così bene lariassume: "Que sólo el dar enamora" (v. 2283, p. 153). È come sel'autore volesse sottolineare che, al di là della retorica del Omniavincit Amor, la quale sembra trionfare alla fine della pièce, ilprecetto petrarchesco andrebbe letto in realtà come: "amor con dotese paga".

Dagli esempi presi in esame, che non pretendono di esaurireun repertorio certamente più vasto, appare evidente che Lope deVega determina e consacra il successo della massima del Petrarcanel teatro aureo, rielaborandola dal punto di vista sia linguisticosia tematico in una gamma variegata di situazioni fra loro anchediametrali, quali l'amore corrisposto e messo a dura prova, o l'amo-re imposto con la forza e con la prepotenza. In tutti i casi commen-tati, nello scioglimento teatrale, a prescindere dal tono dramma-tico, l'amore legittimo finisce per trionfare, proprio grazie al precet-to del Rerum Memorandum, che funge da asse tematico, chiave in-terpretativa o perfino da motore dell'azione teatrale15. Solo ne La

14 Cfr. James E. Holloway Jr., Lope's Neoplatonism: "La dama boba", in"Bulletin of Hispanic Studies", XLIX, 1972, pp. 236-255; Emilie L. Bergmann, "Ladama boba": temática folklórica y neoplatónica, in Lope de Vega y los orígenes delteatro español, cit., pp. 409-414. II primo considera che l'asse intorno al quale ruo-ta tutta la commedia sia il sonetto neoplatonico che recita Duardo (p. 239). Berg-mann, invece, ritiene più opportunamente che 'la estructura temática de la come-dia tiene su base en un sistema de intercambios sociales y, a la vez, en el uso deun sistema de símbolos entrelazados" (p. 409). Tuttavia nemmeno quest'ultimasottolinea l'importanza drammatica e simbolica che il precetto petrarchesco assu-me nella struttura dell'opera.

16 Hayes, The Use ofProverbs (...) Lope de Vega, cit., p. 314, analizzando al-cune opere basate su frasi proverbiali, giunge alla conclusione che si tratta di com-medie di scarso valore drammatico, senza rendersi conto dell'ingegnosità poetica edrammatica con cui Lope è capace di utilizzare il microtesto paremiologico. Alcontrario, Canavaggio, Lope de Vega entre Refranero y comedia, cit., riconosce chela frase sentenziosa viene trasformata dal drammaturgo in 'Vector de los signifi-cados múltiples que connota la comedia" (p. 93).

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quinta de Florencia il matrimonio imposto a César con la vittimadella sua lussuria assume una dimensione in qualche misura puni-tiva. D'altro canto, non manca neppure, come si è visto, una letturamaliziosa dell'aforisma, laddove el amor correspondido lascia il po-sto a quello interessato.

Nel caso di Calderón de la Barca va rilevato uno scarto signi-ficativo rispetto al paradigma lopesco nell'uso teatrale e linguisticodell'ormai triviale ritornello. Di fatto nei tre esempi raccolti, Paravencer a amor, querer vencerle, La fiera, el rayo y la piedra e Ventre-més de La premática, la frase in questione suona sempre come unavvertimento puntualmente disatteso, e questa volta il desamoradodi turno viene castigato con modalità più o meno severe.

Nella prima commedia menzionata (1633)16, che presenta piùdi un tratto in comune con Servir a señor discreto", Margarita di-sdegna l'amore di César. Nel corso dell'opera la protagonista ha co-munque diverse occasioni per ritornare sui suoi passi, ma lo fa sol-tanto quando la cugina le rivela la sua passione per il galán. Il suocomportamento è dunque quello di una bisbetica capricciosa cheper mera ripicca dice a Matilde: "Le quiero yo para mí" (p. 184).Tuttavia, il precetto petrarchesco al quale finisce per aderire le sirivolta contro, giacché l'antico innamorato ormai l'aborrisce al pun-to che si vede costretta a scongiurarlo: "no os venguéis desa manera/ ni con desaires, ajenos / de vos, paguéis mi pasión" (p. 184). E chela massima del Rerum Memorandum enuclei le ragioni del suogiusto castigo glielo fa notare César in persona, commentando: "Sies mi culpa el no pagar, / de vos os podéis quejar; / que yo de vos loaprendí" (p. 184). In quanto a Matilde, che alla fine vedrà ricam-biata la sua onesta passione, tocca proprio a lei enunciare le fatidi-che parole, dichiarando guerra alla bizzosa cugina: "si amor conamor se paga / celos pagaré con celos" (p. 184). Si noti che la sen-tenza s'intreccia abilmente, sia dal punto di vista poetico sia sulpiano della funzionalità teatrale, con il proverbio che da il titolo al-

16 Cito da Comedias de don Pedro Calderón de la Barca, tomo III, a cura diJuan Eugenio Hartzenbusch, Madrid, Atlas, 1945, [BAE], pp. 165-185.

17 Anche in questo caso l'ambientazione è italiana e viene dato speciale ri-lievo al tema della privanza.

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la commedia18: sarà proprio grazie alla forza di volontà che Césarriuscirà a dimenticare l'ingrata Margarita, potendo allo stesso tem-po innamorarsi di Matilde19. Il protagonista giunge così a realizzareciò che tutti i personaggi calderoniani sono prima o poi chiamati afare: 'Vencerse a sí mismo".

La festa mitologica, che venne rappresentata nel Coliseo delBuen Retiro nel 165220, intreccia tre storie mitiche differenti con lalotta di Cupido e Anteros sullo sfondo. Il più riottoso dei figli di Ve-nere, per vendicarsi degli uomini che si sono presi gioco del suoaspetto, cerca di far si che "(...) nunca / amor con amor se pague"(p. 357). Tuttavia, l'amore corrisposto finisce per trionfare e, men-tre tutti i personaggi che hanno seguito il precetto di Anteros sonopremiati, Anajarte viene tragicamente trasformata in una statua,proprio per averne ignorato l'avvertimento: "Ama, amada Anajarte/ hermosa y gentil, / que el amor no es defecto / y el olvido sí" (pp.317-319). Qui il castigo, sia pur attenuato dalla poetica metamor-fosi di ascendenza ovidiana, risulta spietato, e l'esemplarità delmonito viene ribadita senza mezzi termini anche sul piano burle-sco; il gracioso Lebrón, a tragedia consumata, si rivolge scherzosa-mente al pubblico femminile dicendo: "Ojo a la margen, señoras, / ytratadme de querer, / si no quieren ser mañana / todas de mármol"(pp. 386-387).

Passando a un codice teatrale ancora diverso, nella secondaparte del entremés de La premática21, la pedigüeña María, che alprincipio aveva abbandonato Nicolás per ragioni prettamente ma-teriali, gli chiede perdono per non essersi resa conto "que amor conamor se paga" (p. 160)22. La grettezza della donna viene infatti ca-

18 Gates, A Tentative List (...), cit., p. 1029, raccoglie questo detto, segnalan-do la sua presenza anche in La banda y la flor.

19 Cfr. César: "Viendo pues las ansias mías / que ya no hay con que obligar-la, / es forzoso que se rindan / al desengaño; y así / ver quieren, saber codician / sipara vencer a amor, / como el adagio publica, es medio el querer vencerle" (p. 180).

20 Calderón de la Barca, La fiera, el rayo y la piedra, ed. Aurora Egido, Ma-drid, Cátedra, 1989.

21 Si veda, Teatro cómico breve, ed. María Luisa Lobato, Kassel, Reichen-berger, 1989, pp. 37-60.

22 Rispetto ai parallelismi e alla possibile relazione tra La fiera e la pieza

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"Amor con amor se paga" nel teatro del Sigio de Oro 349

stigata da Cupido in persona, il quale decreta che per un mese gliuomini non rivolgeranno più la parola alle rispettive compagne.Vediamo quindi che al tema dell'amore interessato Calderón prefe-risce ricorrere nell'ambito drammatico più adeguato, ovvero quellodel teatro comico breve, dove il mancato rispetto del monito petrar-chesco da luogo alla burlesca pragmática a cui il titolo allude.

Gli esempi riuniti mostrano che aveva ragione Jean Cana-vaggio ad osservare che nel teatro calderoniano "el refrán se con-vierte (...) en regla de conducta, recordando al espectador que cadauno ha de elegir con plena lucidez el camino que le corresponde"23.Nondimeno, non ci sembra pienamente azzeccato il giudizio dell'e-simio ispanista francese allorché afferma che invece Lope privilegia"el valor lúdico del refrán, en detrimento de su carácter de aviso"24.Come si è visto, almeno nei casi da noi analizzati, la frase petrar-chesca possiede sempre una valenza esemplare, sebbene nel Fénixl'avvertimento funzioni in senso costruttivo, promuovendo lo scio-glimento felice del nodo drammatico. Per concludere diremo quindiche se nel teatro calderoniano si produce uno scarto rispetto al mo-dello lopesco, questo si effettua proprio nell'inversione della funzio-nalità teatrale e simbolica della massima del Rerum Memorandum,rovesciamento del resto assolutamente conforme al paradigma re-torico e letterario del suo tempo.

breve, si veda Marcella Trambaioli, Los entremeses de "La premàtica!': contrapuntofestivo de "La fiera, el rayo y la piedra", in Actas del Congreso Internacional Calde-rón 2000 (Pamplona, 18-23 settembre 2000), c.d.s.

23 Calderón entre "Refranero"y comedia, cit., p. 34.24 Ibidem.

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