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GIOVANNI PAPPERINI AMMISSIONE SOGGIORNO ED ALLONTANAMENTO DEGLI STRANIERI IN ITALIA CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AI RIFUGIATI Estratto dalla Rivista Amministrativa della Repubblica Italiana Anno 136" - Gennaio 1985 - Volume CXXXVI - Fase. n. 1 TIPOGRAFIA TAPPINI - CITTÀ DI CASTELLO (PERUGIA) 1985

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GIOVANNI PAPPERINI

AMMISSIONE SOGGIORNO ED ALLONTANAMENTODEGLI STRANIERI IN ITALIA

CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AI RIFUGIATI

Estratto dallaRivista Amministrativa della Repubblica Italiana

Anno 136" - Gennaio 1985 - Volume CXXXVI - Fase. n. 1

TIPOGRAFIA TAPPINI - CITTÀ DI CASTELLO (PERUGIA)

1985

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Il multiforme fenomeno della immigrazione trova la sua regolamentazionegiuridica indirettamente in norme di carattere interno agli Stati destinatari deiflussi migratori e direttamente in norme di carattere internazionale, specifica-tamente le convenzioni multilaterali che considerano il fenomeno nella sua es-senza di dramma umano.

Attualmente nel Mondo la regolamentazione giuridica del fenomeno immigratorio è prevalentemente ricavabile da normative proprie dei vari Stati diaccoglimento, norme interne destinate essenzialmente a disciplinare il flussoimmigratorio in quanto variabile passibile di influenzare l'ordine pubblico, lasicurezza, l'equilibrio economico, sociale, culturale ed etnico della comunitànazionale. Tuttavia non per questa loro funzionalità tali norme debbono esserenecessariamente chiuse a slanci ideali, che travalicando malconcepiti interessinazionali, inseriscano la legislazione immigratoria nel quadro degli Accordi mul-tilaterali e bilaterali ratificati dallo Stato, ponendo quindi le basi per quellache è l'unica radicale soluzione del problema: il raggiungimento di un Accordointernazionale su la tutela di tutte le popolazioni migranti.

In verità dall'analisi delle legislazioni più moderne si evince chiaramenteche, riguardo al trattamento riservato allo straniero, è in atto una evoluzione,sia pure lenta e graduale, verso la parificazione tra straniero e cittadino, almenonel godimento dei diritti ritenuti fondamentali, diritti progressivamente amplia-ti fino a comprendere, almeno parzialmente materie originariamente riservateall'appartenente alla {(Polis », come il diritto di incolato.

Anche dallo studio della legislazione italiana dalla entrata in vigore dellaCostituzione si può trarre un orientamento di massima tendente ad equipararegradualmente lo straniero al cittadino.

I criteri gradualìstìcj utilizzati dal legislatore per giungere alla equiparazio-ne non sono facilmente intellegibili, anzi spesso rasentano la contraddittorietàe l'arbitrarietà, tuttavia dal confronto tra legge, prassi giurisprudenziale edorientamenti dottrinali si può argomentare che la via principale intrapresa dallegislatore italiano per l'equiparazione consiste nel distinguere dalla generalitàdei {(non cittadini" alcune determinate categorie di stranieri « più favoriti",ritenuti per vari motivi degni di una maggior tutela da parte del nostro or-dinamento.

In misura decisamente minore si è intrapresa strada parallela e diversaconsistente nella attribuzione alla generalità dei {(non cittadini" di una seriedi diritti via via più incisivi.

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In altre parole si è preferito attuare una serie di provvedimenti settorialiper categorie, piuttosto che inserire nel nostro ordinamento una organica ecompleta legislazione della immigrazione, nell'ambito della quale prevederetrattamenti diversi per situazioni oggettivamente diverse.

In mancanza di una legislazione organica sulla immigrazione, i criteri utiliz-zati per individuare diverse categorie di «non cittadini" sono tra i più variCosì dalla Costituzione è stata tratta la definizione del rifugiato in senso lato edell'« Italiano non appartenente alla Repubblica »: dalle Convenzioni interna-zionali ratificate dall'Italia si sono andate delineando le figure del rifugiato«de jure », dell'apolide, del «cittadino comunitario", dalla stipula di accordibilaterali la figura del « frontaliere »: dalle leggi e dalle norme regolamentarile figure dei lavoratori extracomunitarì e degli studenti.

Rifugiati

La figura sostanzialmente unitaria del rifugiato straniero considerata nellacomunanza della tragedia umana vissuta, si presta in Italia ad essere fraziona-ta in tre distinti gruppi per via della previsione giuridica di origine interna edinternazionale che concede a tale categoria di stranieri un trattamento piùfavorevole rispetto alla generalità dei «non cittadini".

a) Rifugiati riconosciuti ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951e Protocollo aggiuntivo del 1967.

b) Rifugiati sotto mandato dell'Alto Commissariato dell'O.N.U. per rr-fugiati.

c) Rifugiati « de facto », richiedenti asilo territoriale ex art. lO, 3" com-ma Costo

La classificazione suesposta si rende necessaria a causa della non coinciden-za tra l'istituto del diritto di asilo territoriale, costituzionalmente garantito dal-l'art. lO, 3° comma Cost., e l'attribuzione della qualifica di rifugiato ai sensi del-la Convenzione di Ginevra del 1951.

I soggetti beneficiari della norma costituzionale possono non esserlo dellenorme convenzionali, e viceversa, ex materia ed ex loco.

Ex materia, poiché, mentre la Convenzione di Ginevra attribuisce la quali-fica di rifugiato essenzialmente in presenza di persecuzioni di carattere poli-tico, la norma costituzionale amplia notevolmente il suo ambito di applicazio-ne, concedendo l'asilo territoriale ad ogni straniero « ...al quale sia impedito nelsuo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla nostraCostituzione ...»,

Ex loco, poiché la Costituzione riserva il diritto d'asilo solo a coloro chesono discriminati o perseguitati nel loro paese, mentre la Convenzione attribui-sce la qualifica di Rifugiato anche a coloro che sono perseguitati in un paesediverso da quello di cui hanno la nazionalità, o, se apolidi, la residenza ufficiale.Inoltre l'Italia ha ratificato la Convenzione di Ginevra mantenendo la «riservageografica» relativa all'Europa, mentre la Costituzione non pone nessuna limi-tazione geografica al diritto d'asilo.

Il rapporto fondamentale che lega lo straniero allo Stato territoriale sipuò distinguere sostanzialmente in tre fasi: l'ammissione, il soggiorno e l'allon-tanamento.

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Relativamente alla ammissione del Rifugiato in Italia, anche se la Conven-zione di Ginevra non impone alcun obbligo agli Stati sottoscrittori di ammettererifugiati stranieri, se non indirettamente tramite il dettato dell'art. 31 che san-cisce la non punibilità per l'ingresso ed il soggiorno irregolare di rifugiati pro-venienti direttamente dal paese di persecuzione, purché si presentino immedia-tamente alle Autorità; tuttavia sento di condividere pienamente la tesi di quellaautorevole dottrina per la quale tuti i Rifugiati, che comunque rientrano nellafattispecie contemplata dall'articolo lOCost., godono in Italia di un vero e pro-prio «diritto soggettivo» alla ammissione, almeno temporanea.

Che non sia possibile affievolire questo vero e proprio diritto soggettivoconfondendolo con il mero interesse legittimo alla ammissione previsto per lageneralità degli altri stranieri, si ricava implicitamente dalla lettura del testocostituzionale rapportato alla prassi giurisprudenziale di questi decenni, chesempre implicitamente o esplicitamente riconosce un trattamento giuridicodiversificato nei confronti di categorie privilegiate di stranieri tra le quali senzaaltro i Rifugiati.

Relativamente ai Rifugiati il diritto all'asilo territoriale concesso lorodalla Costituzione non viene meno se il suo esercizio è soggetto alle « condi-zioni stabilite dalla legge". Dalla lettura degli Atti preparatori della Costitu-zione, si evince che i Costituenti intendevano con quell'inciso premunirsi neiconfronti di una paventata, massiccia invasione di masse considerevoli di pro-fughi, comportanti problemi insostenibili per un singolo paese.

Per evitare tale pericolo, senza contraddirsi sull'affermazione del dirittoall'asilo, i Costituenti concordarono nella necessità di una limitazione non deldiritto all'asilo dell'individuo, bensì delle masse considerevoli.

Se ne deduce che il di'ritto all'asilo costituzionalmente garantito è un di-ritto all'ammissione temporanea nel nostro territorio. Limitata al tempo stret-tamente necessario per sfuggire ad una persecuzione e trovare un paese di du-ratura permanenza, che solo in determinati casi può essere l'Italia.

Questa limitazione temporale è posta al fine di evitare che un eventuale flus-so continuo di Rifugiati ristagni fino a formare masse considerevoli.

Pertanto riguardo alla ammissione, la legge cui fa riferimento la Costonondeve intendersi nel T.U.L.P.S.del 1930.

Tale normativa infatti non prevede nessun diritto alla ammissione, anchetemporanea nel territorio, lasciata alla discrezionalità della P.A..

I Costituenti intendevano invece far riferimento ad una eventuale ed auspi-cabile legislazione organica sulla immigrazione, l'unica capace di distingueretra individuo e masse.

Per quanto concerne la giurisprudenza appare illogico affermare ripetuta-mente l'esistenza di categorie particolari di stranieri, meritevoli di una maggiortutela da parte dell'ordinamento per le particolari situazioni soggettive ed og-gettive loro proprie e non trarre le logiche conseguenze che prevedono tratta-menti diversi per situazioni sostanzialmente diverse.

Per quanto riguarda il tipo di soggiorno possibile in Italia per un Rifu-giato in questa fase del rapporto tra Stato e straniero non rileva più il dirittoal primo asilo, e quindi il Rifugiato, come tutti gli stranieri è tenuto a seguirele disposizioni impartite dalle Autorità per il regolare convivere civile. In questafase del rapporto assumono particolare rilievo le qualifiche del Rifugiato sopraesposte, naturalmente il Rifugiato riconosciuto come tale dal nostro governo

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sulla base della Convenzione di Ginevra godrà di un tipo di soggiorno miglioree di una assistenza maggiore.

Nuovamente viene diversificata la figura del Rifugiato rispetto a quella dellageneralità degli stranieri nel momento patologico del rapporto con lo Statoospitante, l'allontanamento.

Assunto che non sono possibili nei confronti del Rifugiato tutti i provvedi-menti di allontanamento posti in essere dall'autorità amministrativa (art. 150e 152T.U.L.P.S.) applicabili solo nei confronti di stranieri titolari di un merointeresse legittimo al soggiorno. Resta applicabile anche al Rifugiato la misuradella espulsione giudiziaria, di competenza del giudice ordinario e fondata sullaviolazione di norme penali.

Tale misura di sicurezza personale si applica « de jure » per tutti gli stra-nieri condannati ad un minimo di lO anni di reclusione (art. 235cp.), a condan-na per delitti previsti nel Titolo I del Libro secondo del codice penale (delitticontro la persona dello Stato, art. 312 cp.) e a condanne per reati puniti exlegge n. 684 del 22 dicembre 1975sul traffico di stupefacenti.

Il provvedimento di espulsione può essere revocato, e il Rifugiato ha mag-giori possibilità di altri detenuti stranieri di usufruirne in base alla nuova po-litica giudiziaria criminale che si afferma sempre più a livello europeo ed oraanche in Italia grazie all'illuminato orientamento della Cassazione.

Quando la Cassazione con sentenza del 5 maggio 1982imp. Schubeyr asseri-sce che la « risocializzazione » scopo ultimo del sistema carcerario deve intender-si in senso sovranazionale, se ne deduce chiaramente che un detenuto può essereperfettamente « risocializzato » nel paese che lo ospita. In questo caso la espul-sione soprattutto per un Rifugiato si trasformerà in una pura e semplice puni-zione aggiuntiva, contraria al dettato dell'art. 27 della Costoe capace unicamen-te di rendere vano lo sforzo di risocializzazione del detenuto straniero promossocon alto senso di responsabilità internazionale dai responsabili dei Penitenzia-ri più moderni. Mi sembrano molto significative queste considerazioni al riguar-do del Direttore dell'Amministrazione penitenziari a olandese J.J.J. Tulkens:« ... prima di decidere se espellere uno straniero è indispensabile prendere inesame quanto meno la situazione e le prospettive sociali dello straniero colpe-vole, i suoi legami con il paese di residenza, e di quali mezzi di sussistenza di-sporrà nel paese di origine ...

Può considerarsi accettabile, in termini sociali, il costringere uno stranieroa tornare a casa. Ma qualora tale straniero abbia abbandonato tutto al suo paese- casa, affari, commerci, terra, ecc. - il rimpatrio può significare per tale per-sona un irreversibile fallimento per sé e per la famiglia".

E se questo è valido per la generalità dei migranti lo è enormemente di piùper i Rifugiati.