AltraCittà N°1

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Maggio Giugno 2011 n1 Periodico di libera informazione AltraCitt A ltra C itt I l 12 e 13 giugno gli italiani sono chiamati al voto referen- dario. La partita a scacchi tra il governo e i cittadini più ridicola della storia sta ormai volgendo a termine. Sì, perché quella che la tv ci ha proposto con lo spot “informativo” come una partita a scacchi tra il sì e il no, si è trasformata sempre più in una gara in cui è in palio la democrazia. Sono anni che i referen- dum non raggiungono il quorum, e quelli che l’hanno raggiunto, sono stati rimessi in discussione dal governo che di fatto non ha accettato la volontà popolare. È successo così quando gli italiani hanno votato per il sistema maggioritario, inquinato in seguito da una “quota di proporzionale”. È successo per il nucleare contro il quale il popolo italiano si era già espresso meno di 25 anni fa. Il 12 e 13 giugno saremo chiamati a di- fendere di nuovo la volontà popolare con un voto che vada oltre i tantativi di depistaggio del governo. Suc- cede, quando non si è sportivi, che si tenti di cambiare le regole in corsa e quando non è più possibile si cerca lo scontro giocando la carta della confusione. Avevo un ami- co che quando perdeva a scacchi cominciava a dare scossoni alla scacchiera o provava a rubare qualche pezzo all’avversario. Elezioni C’è aria di cambiamento il centro-sinistra vince le elezioni amministrative Referendum Quattro Si per l’acqua, fermare il nucleare e il legittimo impedimento pag. 4-5 Ambiente Eventi climatici estremi: cause naturali e reali responsabilità dell’uomo pag. 14 pag. 8-9 segue a pagina.2

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Maggio Giugno 2011 n1

Periodico di libera informazioneAltraCittAltraCittIl 12 e 13 giugno

gli italiani sono chiamati al voto referen-dario. La partita a scacchi tra il governo e i cittadini più ridicola della storia sta ormai volgendo a termine. Sì, perché quella che la tv ci ha proposto con lo spot “informativo” come una partita a scacchi tra il sì e il no, si è trasformata sempre più in una gara in cui è in palio la democrazia. Sono anni che i referen-dum non raggiungono il quorum, e quelli che l’hanno raggiunto, sono stati rimessi in discussione dal governo che di fatto non ha accettato la volontà popolare. È successo così quando gli italiani hanno votato per il sistema maggioritario, inquinato in seguito da una “quota di proporzionale”. È successo per il nucleare contro il quale il popolo italiano si era già espresso meno di 25 anni fa. Il 12 e 13 giugno saremo chiamati a di-fendere di nuovo la volontà popolare con un voto che vada oltre i tantativi di depistaggio del governo. Suc-cede, quando non si è sportivi, che si tenti di cambiare le regole in corsa e quando non è più possibile si cerca lo scontro giocando la carta della confusione. Avevo un ami-co che quando perdeva a scacchi cominciava a dare scossoni alla scacchiera o provava a rubare qualche pezzo all’avversario.

Elezioni C’è aria di cambiamento il centro-sinistra vince le elezioni amministrative

ReferendumQuattro Si per l’acqua,

fermare il nucleare e il legittimo

impedimento

pag. 4-5

AmbienteEventi climatici estremi: cause naturali e reali responsabilità dell’uomo

pag. 14pag. 8-9

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Fiera Editoriale

Anno I, n. 1 giugno/luglio 2011 Aut. Tribunale di Velletri 8/2011 del 26/4/2011Direttore Responsabile: Laura TangherliniDirettore Editoriale: Davide DalmiglioSegreteria di redazione: Claudia FortiniViale San Nilo, 10 – 00046 Grottaferrata (Rm)Cell. 3279162893 e-mail: [email protected]: Ass. culturale Coordinamento CastellinReteVia di Capocroce, 17 – 00046 Grottaferrata (Rm)Grafica e Stampa: Creative Comunication, Antonio PrizioVia campi D’Annibale, 48 – 00046 Grottaferrata (Rm)Tel: 06 88652048, email: [email protected]

Hanno collaborato:Davide DalmiglioMarco FortiniMauro BianiFederica AlbanoValerio CrisostomiRiccardo di VannaFrancesca RagnoAss. salviamo i Castelli romani Comitato 2 si per l’acqua bene comuneLuca Alessandri

Distribuzione vini&Co.Si selezionano rappresentanti Cell. 339 3638736 / 3385052420

Foto di Copertina: Maria Alejandra Arzola

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3279162893

è questo che rende surreale questa partita con il governo, non si riesce più a muovere una pedina perché bisogna stare attenti che non ci buttino giù tutti i pezzi dalla scacchiera. Di ridicolo c’è che il nostro capo di governo si comporta da adolescente atteggian-dosi a pater familas. Prima dilapidano 400 milioni di euro pur di non accorpare il referendum alle amministrative, vecchio e costoso trucco per evitare il quorum, poi quando il nucleare diventa tema caldo, abbattendo di fatto l’immortale distanza tra temi politici è realtà percepita viene sospeso. Gli italiani sono terrorizzati e quindi non oggettivi, questa è la linea del governo. Segno che il popolo spaventato va bene quando c’è da giustificare una guerra o realiz-zare una dura legge sull’immigrazione, ma non quando si trattano gli affari dei padroni. E così il 12 e 13 giugno non siamo più solo chiamati a decidere su acqua, nucleare e legittimo impedimento, siamo chiamati a rivendicare la sovranità di un popolo gestito come una scolaresca, siamo chiamati a difendere quel po’ di demo-crazia che ancora stringiamo fra le mani. Qualunque sia la nostra risposta al quesito referendario è diritto e dovere di tutti andare a votare , non solo per esprimere il nostro parere ma per dimostrare a un governo allo sbaraglio che gli italiani non sono una scolaresca spaventata, ma cittadini responsabili, stanchi di essere presi in giro.

Per inviare grafiche, bozze e loghistudio grafico [email protected]

Marco Fortini

Editoriale

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Inventario

Escortare i migranti

L’Italia è un pontile in mezzo al mediterraneo, anche volendo è difficile da evitare e troppo lunga per girarci semplicemente

intorno. Per queste ragioni da sempre è terreno di sbarchi da parte di migranti clandestini. Normalmente per limitare il problema, si foraggiano i paesi di partenza costruendo strade, regalando motovedette e fuoristrada, oppure destinando aree camping nei parchi cittadini, per le tende berbere. Non sempre funziona, quando scoppia una guerra o vengono rovesciati i dittatori di turno, gli accordi saltano e i barconi tornano ad affollarsi sulle nostre coste. L’Italia del fashion e della moda, dell’ignoranza esibita, della corruzione e della prostituzione, non ne vuole sentire parlare e, di solito, preferisce stivare i migranti sui pendii scoscesi di Lampedusa, con il pericolo che il primo della fila, perdendo l’appoggio, trascini in mare una bella fetta di compagni di sventura. Bisogna dire poi che questi disperati non mostrano nessuna gratitudine, appena sbarcati si affrettano a precisare il loro disinteresse per il nostro bel paese, preferendo invece proseguire il viaggio verso nord, per raggiungere Francia e Germania. È quindi comprensibile lo sdegno dei militanti leghisti, da sempre all’avanguardia in tema di accoglienza e tolleranza, che, nella ricerca febbrile di una soluzione al problema, si sono precipitati ad aspettarli con lardo e grappa bariccata. Le ronde di benvenuto sono state umiliate dal gentile ma fermo rifiuto dei migranti, astemi ed insensibili alla carne di maiale. È solo a questo punto che si è levato alto il grido del ministro Umberto Bossi: «Fora da i ball», per rimarcare la maleducazione degli ospiti. Nella mitologia nordista la grappa è la prova terrena dell’esistenza di un essere superiore e, chi rifiuta questo nettare distillato, è semplicemente un tordo. Quindi è in questa ottica che vanno interpretate le parole del vice ministro Roberto Castelli quando afferma che purtroppo: «non possiamo sparargli, almeno per ora», confondendo appunto il problema dei migranti con quello dei tordi che mangiano la frutta dagli alberi. Ma come spesso accade negli ultimi anni, l’idea più luminosa è nata in seno al nuovo credo berlusconiano. Il Ministro degli Affari Esteri Franco Frattini ha proposto, invece di finanziare i governi stranieri, di riconoscere una paghetta a ciascun migrante per convincerlo a tornare a casa. In effetti l’idea ha una sua logica: nel paese dell’ormai celeberrimo Bunga Bunga e delle feste all’insegna dell’eleganza, dove splendide ragazze vengono convinte a fare le escort per anziani allupati, è ragionevole tentare la strada inversa e convincere a suon di denaro i clandestini a farsi escortare fino alle frontiere.

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Davide Dalmiglio

Cartavetra Inventario

Inventario

Editoriale

Cartavetra

Nei comuni dei Castelli Romani vince nettamente il centro-sinistra

Società: La nuova fiera di Grottaferrata si apre al libro e al verde

Biblioteche: Voce al Consorzio delle biblioteche dei Castelli Romani

Inchiesta referendum: Il nucleare

Inchiesta referendum: Acqua pubblica

Inchiesta referendum: Legittimo impedimento

Associazioni: Un forum di discussione organizzato dai cittadini

Cultura: Nasce il romanzo a 200 mani

Ambiente: Eventi climatici estremi, è colpa dell’uomo?

Eventi

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Nei comuni dei Castelli Romani vince nettamente il centro-sinistra Soltanto Marino resta in mano ad una giunta di destra, bene anche i grillini e il terzo polo

Si è conclusa la lunga maratona elettorale anche nei Castelli Romani con i ballottaggi e il secondo turno elettorale. Nei comuni al voto

del nostro territorio si sono sperimentati diversi scenari politici: il ter-zo polo, le divisioni del PD, le divisioni del Centro-destra, i grillini. Partiamo dal comune al confine diretto con la Capitale: Ciampino. Da quasi venti anni è governata dal centro-sinistra e a destra si spe-rava in un cambiamento di governo a causa delle divisioni del centro-sinistra che si presentava con ben quattro candidati. Invece la percen-

tuale ottenuta dal candidato sindaco del Pd Simone Lupi, appoggiato anche da Sinistra e Libertà, il Psi e alcune liste civiche non ha lascia-to ombra di dubbio. Con il 59,66 per cento dei consensi è stato elet-to al primo turno e, con i suoi 32 anni, è uno dei sindaci più giova-ni di questa tornata elettorale. La sua avversaria del Pdl Anna Rita Contestabile non è arrivata neanche al 30 per cento dei consensi. Lo slogan di Simone Lupi per la campagna elettorale è stato “Ho imparato a sognare il nostro futuro in comune” a cui ha aggiunto sul suo sito internet nella nottata subito dopo la vittoria la frase e “ora possiamo realizzarlo insieme”.Nei Castelli Romani a Marino si è usato facebook per annunciare la vittoria di Adriano Palozzi al suo secondo mandato da sindaco che ha

battuto tutti con il 60 per cento dei consensi, oltre il doppio del suo avversario, Ugo Onorati. Il centro-sinistra marinese è ai minimi storici e il Pd eguagliato addirittura dalle liste civiche. Palozzi dal suo profi-lo facebook ha espresso commozione per la vittoria ringraziando tutti: “Ho dato l’anima per questa città. Abbiamo stravinto. Sono commosso.”Ugo Onorati ha commentato la sua sconfitta con umiltà: “È stata una campagna elettorale dura – ha esordito il Consigliere provinciale – dove tutti ci siamo impegnati al massimo, raccogliendo un consen-

so elettorale non trascurabile. Tuttavia va riconosciuto il successo del candidato sindaco del centrodestra, Adriano Palozzi: ciò vuol dire che l’elettorato ha riconosciu-to nell’Amministrazione uscente un buon governo che noi abbiamo contestato per anni nelle scelte opera-te non sempre nell’interesse dei cittadini meno abbienti e della vivibilità del territorio. È probabile – ha continua-to Onorati – che la nostra coalizione non sia riuscita a far percepire fino in fon-do le proposte innovative di un centrosinistra, che ha iniziato il suo percorso pro-positivo da meno di un anno.Resta comunque la soddisfa-zione di aver riunito tutte le forze del centrosinistra, che saprà e dovrà svolgere un se-reno ma deciso confronto con la maggioranza di centrode-stra. Ripartiremo per ricon-

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Speciale elezioniSpeciale elezioni

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nelli che ha fatto dell’acquisto di Colle Pardo, dell’ospedale dei Castelli Romani e della difesa della legalità le sue carte vincenti. In ultimo non possiamo non segnalare l’exploit, in linea con quel-lo che è successo in tutta Italia, del Movimento Cinque Stelle che ha

ottenuto ottimi risultati. A Pomezia dove al secondo turno è stato ri-confermato il sindaco del Pd Enrico De Fusco, il candidato del Mo-vimento Cinque Stelle Fabio Fucci prende oltre il 7 per cento, men-tre a Genzano Emanuele Menicocci il 4 per cento; in entrambe le cittadine i loro voti sono stati determinanti per le sorti del ballottaggio.

Speciale elezioni

quistare la fiducia della gente con serietà e umiltà”, ha concluso Onorati. A Rocca di Papa, il comune più piccolo al voto, Pasquale Boccia, sindaco uscente, è stato riconfermato per la seconda volta sindaco della sua cit-tadina. Con il 53,24 per cento dei voti ha staccato di trenta punti percen-tuali il candidato del centro-destra Enrico Fondi.A Genzano, la “piccola Mosca” dei Castelli Ro-mani la sfida per il ballottaggio è stata tutta di cen-tro-sinistra, come non poteva essere altrimenti in una cittadina dove la sinistra governa da un seco-lo. La sfida è stata tutta interna alle varie correnti del Pd, così come è accaduto in altre cittadine. Da un lato gli uomini dei consiglieri regionali e depu-tati Bruno Astorre, Carlo Ponzo e Renzo Carella che hanno supportato Enzo Ercolani, il sindaco uscente, e dall’altro lato l’ex vicesindaco Flavio Gabbarini con la sua lista civica Città futura e parte del Partito Democratico, la corrente che fa capo al consigliere regionale Tonino D’Annibale. A spuntarla per poco più di 60 voti è stato proprio Flavio Gabbarini. “È stata una battaglia molto difficile, ma alla fine ce l’abbiamo fatta”. È stato questo il commento a caldo del nuovo Sindaco di Genzano, vincente al ballottaggio con il 50,3 per cento dei consensi (5494 voti contro i 5428 del sindaco uscente Enzo Ercolani). Tanto l’entusiasmo tra i giovani del Movimento civico Città Futura, nato circa un anno fa. “Un Movimento – ha affermato Gabbarini – dominato dalla passio-ne, dal senso civico, dalla voglia di fare, dall’entusiasmo. Un Movi-mento che è riuscito ad aggregare diverse forse, l’Api, la Federazio-ne della sinistra, Genzano Democratica e la lista civica Per Genzano. Anche Genzano – ha proseguito Gabbarini – ha scelto il cam-biamento, ci ha dato fiducia e noi ci impegneremo sin da subi-to per iniziare a costruire la città futura. Per il momento godiamo-ci la festa e prepariamoci per governare al meglio la nostra città”. Anche Ariccia è andata al ballottaggio in questo caso con una sfi-da altrettanto inedita: Emilio Cianfanelli, sindaco storico di Aric-cia, ha sfidato al ballottaggio il candidato del Terzo Polo: uno dei pochi casi in Italia il cui la nuova formazione e raggruppamento po-litico è arrivata al secondo turno con il candidato Roberto Di Fe-lice. Per 32 voti sarà per la quarta volta sindaco Emilio Cianfa-

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Societa’

La nuova fiera di Grottaferrata si apre al libro e al verdeI commercianti: una lista di disagi da presentare agli organizzatori

La 411esima fiera di Grottaferrata si è aperta in un sabato nove aprile pieno di sole e di gente curiosa di vedere se era valsa la pena

aspettare una settimana in più per il tanto atteso evento grottaferratese. La fiera, incentrata quest’anno sui temi del libro e del verde, è stata una

vera e propria ondata di novità; nel suo svolgimento, ha presentato però anche «problemi sostanziali di organizzazione, come la mancanza di una segnaletica adeguata, che è stata messa solo in seguito, e la mancanza di un percorso ben preciso», come ha osservato Delia D’Onofrio, presente allo stand delle case editrici Nottetempo, Voland, Minimum Fax e Iperborea. Di parere simile Sara Iacoangeli, responsabile dell’omonima ditta di Ardea e presente con il suo stand nell’area dedicata al verde: «l’area esterna è stata migliorata ma non rientra nel percorso obbligato, quindi passa poca gente rispetto agli altri anni (…) per noi la clientela è fondamentale e sotto questo punto di vista l’organizzazione è risultata carente». Il sospirato evento grottaferratese aveva quindi l’opportunità di rimodernarsi aprendo le porte al mondo dell’editoria e del giardinaggio, impresa encomiabile come sostiene anche la D’Onofrio: «Da cittadina di Grottaferrata sono felicissima sia di questa iniziativa, sia di quella di Ottobre e spero che un’esperienza del genere si possa ripetere, però non so se le case editrici saranno disposte a ritornare. Le spese sono molte, quindi bisogna mettersi nei panni degli editori che mandano per nove giorni dei rappresentanti su un territorio che non è il loro, vedendo poi un’affluenza ridotta per la mancanza di un percorso preciso, che non è chiaro nemmeno dall’esterno». La nota dolente è

quindi la mancanza di un supporto organizzativo pienamente efficiente, come affermato dalla Iacoangeli: «internamente l’organizzazione mi sembra simile all’anno scorso anche se è più attiva la sicurezza. Le problematiche che le sto elencando sono state riscontrate anche

da molti dei miei colleghi». La conferma arriva da Delia D’Onofrio: «volevo sentire i pareri dei miei colleghi con cui fare una lista dei disagi subiti per andare ad esporla agli organizzatori, in modo che possano apportare dei miglioramenti nella prossima edizione». Le proposte che dovrebbero uscire da questa lista per essere presentate all’amministrazione sono «di ripensare al percorso, alla struttura e alla visibilità, anche perché c’è stata un’ottima promozione pubblicitaria, ma quando poi la gente è venuta a visitare la fiera, si è trovata disorientata sia per la mancanza di un percorso chiaro, sia per la mancanza di un’entrata principale ben visibile. Alcuni grandi artisti non sono stati esposti in maniera adeguata, forse un bel percorso obbligato avrebbe indicato chiaramente al visitatore dove andare». Sostanzialmente invariata è rimasta la situazione per i commercianti della “vecchia fiera”, felici di ospitare questa grande novità. Probabilmente però, avendo una struttura separata dagli stand del libro, non hanno potuto godere appieno dei cambiamenti. Il nocciolo della questione si può sintetizzare nelle parole della sig.ra D’Onofrio quando dice: «le case editrici presenti in fiera sono molto piccole, dispongono di personale ridotto e si basano molto sulla passione e

sull’impegno delle persone, tutto deve quindi funzionare bene ed essere ideato, pensando al pubblico, che deve avere ben chiaro il percorso da seguire. Credo che si possa migliorare tanto nelle prossime edizioni».Sperando che questi cambiamenti possano arrivare davvero, aspettiamo con grande curiosità la prossima edizione della fiera.

Federica Albano

Societa’

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Biblioteche

Voce al Consorzio delle biblioteche dei castelli romaniProblemi di orario ed una frequentazione indiferrente da parte dei giovani

Le biblioteche rappresentano un punto di aggregazione di fondamentale importanza per i giovani. Al loro interno i ragazzi

trovano un ambiente tranquillo e confortevole che permette loro di consultare testi, studiare, navigare in internet o semplicemente leggere un libro nelle migliori condizioni. Questi spazi consentono anche una pausa all’aperto dove è possibile confrontarsi con i propri coetanei. L’affluenza all’interno delle biblioteche, però, non si limita solo alla sfera giovanile, infatti in ogni esercizio è attivo il servizio di prestito librario, come quello dei dvd, che abbraccia ogni fascia di età. Spesso, purtroppo, ci si dimentica del personale che lavora all’interno di queste strutture e di quanto si impegni per farle funzionare al meglio; infatti i ragazzi che le frequentano entrano solo sporadicamente in contatto con i bibliotecari, trascurando il programma di prestito e snobbando spesso le iniziative culturali promosse.Un coro quasi unanime, proveniente dal personale del Sistema bibliotecario dei Castelli Romani, sottolinea questo atteggiamento negativo. La responsabile della biblioteca comunale di Frascati infatti afferma: «La nostra biblioteca è molto frequentata dai giovani, che purtroppo ne usufruiscono solamente per studiare, senza partecipare alle iniziative che promuoviamo». Della stessa idea anche Vito Ciampa, coordinatore della biblioteca di Albano Laziale: «Sono moltissimi i ragazzi che frequentano la nostra biblioteca, ma pochi quelli che la vivono attivamente». Di diversa opinione, invece, Maria Grazia Forcina, responsabile della biblioteca di Lanuvio “F. Dionisi”, la quale asserisce che: «Ci sono un gran numero di ragazzi che vedono nella nostra biblioteca un punto di aggregazione, ma per farli partecipare alle iniziative bisogna proporre loro qualcosa che li coinvolga, come cineforum o eventi musicali».Uno spinoso problema, sempre connesso al personale, riguarda gli orari che le biblioteche devono sostenere: su questo punto le dichiarazioni hanno evidenziato un’opinione largamente condivisa da tutti gli operatori .Il coordinatore della biblioteca di Albano Laziale ammette che: «Anche solo pensare di allungare l’orario di apertura e chiusura è difficile a causa dei tagli alla cultura che toccano anche le biblioteche e di conseguenza chi vi lavora». Gli fa eco la responsabile della biblioteca di Lanuvio dicendo: «Gli orari attuali vanno bene, però se si incontrano degli imprevisti si incappa in difficoltà che coinvolgono tutto il personale». La responsabile della biblioteca di Frascati propone una soluzione al problema: «A stabilire l’orario da sostenere sono le amministrazioni quindi noi ci adeguiamo ma, non potendo prolungare l’orario vigente, si potrebbe ovviare al problema facendo ricorso alla tecnologia. Si potrebbero infatti emulare le videoteche utilizzando lo stesso sistema per prelevare i libri anche con la biblioteca chiusa». Una biblioteca che ha da poco modificato il suo orario, andando in controtendenza, è quella

di Grottaferrata; lo ha infatti allungato, eliminando la “pausa pranzo” e optando per l’orario continuato. Sfortunatamente, però, la responsabile

non si è resa disponibile a rilasciare dichiarazioni.In conclusione, con questo articolo, abbiamo voluto dare voce al troppo spesso dimenticato mondo delle biblioteche e a tutte quelle persone che vi lavorano con passione e professionalità, sperando che queste argomentazioni non cadano nel dimenticatoio, ma vengano accolte da una comunità consapevole.Le biblioteche non sono soltanto tavoli per studiare comodamente e in compagnia degli amici ma un’opportunità di conoscenza molto preziosa, almeno per chi ancora sa essere curioso. Valerio Crisostomi

Biblioteche

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La bomba in cattività: i costi e i pericoli dell’energia atomicaLe centrali nucleari sono “il modo più costoso per fare bollire l’acqua”

Referendum/Nucleare

Island, Chernobyl e Fukushima rappresentano solo i casi più eclatanti. Non va trascurato infine che negli ultimi anni le centrali – vere e pro-prie bombe in cattività – ma anche i magazzini di stoccaggio, i treni e le navi utilizzate per i trasporti, sono diventati dei pericolosi obiettivi sensibili, che vanno protetti militarmente dalla minaccia terroristica.

Di fronte a queste evidenze, diventa poco comprensibile la strategia ita-liana per il ritorno al nucleare. Una soluzione che forse poteva avere senso trenta o quaranta anni fa, ma che oggi mostra tutti i suoi limiti e la sua pericolosità. Un gioco che non vale la candela visto che, dati alla mano, le centrali non sarebbero mai in grado di soddisfare il fabbisogno energetico del paese. Il nucleare purtroppo ha ancora i suoi sostenito-ri tra le fila dell’attuale Governo che sta cercando di aggirare la volontà popolare espressa nel referendum del 1987. Per questo motivo sono nati i comitati referendari che hanno promosso il referendum di giugno per abrogare l’incriminato Decreto legge del 2008, che consentirebbe la ripresa della costruzione di centrali atomiche nel paese. Un dato molto significativo della volontà degli ita-liani è sicuramente il risultato del referendum regionale sul nucleare che si è già tenuto in Sardegna. A differenza di molte altre consulta-zioni referendarie degli ultimi anni, si è raggiunto il quorum con oltre il 59 per cento degli aventi diritto al voto. Il 97 per cento dei cittadi-ni si è espresso contro il nucleare. Nonostante i tentativi del Go-

verno di depotenziare il quesito referendario, congelando il Decre-to per uno o due anni, il 12 e 13 giugno gli italiani saranno chiamati ad esprimersi sul futuro della politica energetica del nostro paese. Il risultato del referendum, nella convinzione di un’alta affluenza alle urne che permetterà di raggiungere il quorum, non potrà essere in-terpretato soltanto come reazione emotiva alla recentissima tragedia giapponese di Fukushima. Altrettanto grave però sarebbe strumenta-lizzare l’incidente riducendolo ad una sorta di avvertimento di natu-ra divina. I dati in nostro possesso sono più che sufficienti a dimo-strare l’impraticabilità della via atomica all’indipendenza energetica.

Periodicamente torna in Italia la nostalgia del nucleare. Le ragioni dei sostenitori sono note: la fissione dell’atomo sembra la via più

breve e pragmatica per liberarsi della dipendenza dal petrolio e dal gas, e assicurare al paese l’indipendenza energetica. L’energia atomica vie-ne dipinta come una fonte pulita e a bassa emissione di CO2 mentre, le centrali di ultima generazione, avrebbero raggiunto un livello tale di sicurezza da permetterci di dormi-re sonni tranquilli. Purtroppo, anche mettendo da parte l’onda emotiva le-gata alle recenti vicende giapponesi, sappiamo che non è così. Certamente il petrolio è una risorsa limitata ma ancor più raro e pericoloso è l’ura-nio. Il processo estrattivo è estre-mamente inquinante e produce una gran quantità di materiale radioatti-vo di scarto. Un reattore nucleare è “il modo più costoso per far bollire l’acqua”. I costi globali per la produ-zione di energia atomica sono altis-simi, sia sul piano economico, sia su quello ambientale. La costruzione, la gestione e lo smaltimento degli im-pianti richiede forti investimenti, a fronte di un rischio che nessun priva-to è disposto a correre. Un incidente nucleare è una catastrofe di propor-zioni tali da mettere in ginocchio qualunque investitore, tanto è vero che i programmi nucleari sopravvi-vono grazie ad enormi finanziamenti statali. Fiumi di denaro vengono così sottratti alla ricerca nel campo delle energie rinnovabili, prive delle peri-colose controindicazioni dell’atomi-ca. Il più classico degli esempi è rap-presentato dalle scorie ad alta attività che conservano un livello letale di radiazioni per circa 240.000 anni (l’uomo è comparso sul pianeta 200.000 anni fa) e vanno stivate in luo-ghi sicuri, con costi di gestione molto alti. Basti pensare che in Italia, a Saluggia in Piemonte, abbiamo ancora dei magazzini di stoccaggio di materiale radioattivo, eredità della breve stagione nucleare italiana. Proprio in questo sito si sono verificati due piccoli incidenti che hanno rilasciato acqua contaminata nelle falde. Il resto delle scorie italiane è custodito in Francia e in Inghilterra ma, secondo gli accordi presi, tor-neranno in Italia come un boomerang, fra il 2017 ed il 2025. La breve storia dell’energia atomica nel mondo è costellata di un gran numero di incidenti, molti dei quali potenzialmente disastrosi e di cui Three Mile Davide Dalmiglio

Referendum/Nucleare

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Acqua, un bene primario come nuova frontiera del profittoDue referendum, il 12 e il 13 giugno per rendere di nuovo pubblico il servizio

Poco meno di un anno fa, per rispondere agli attacchi che da più fronti venivano mossi alla gestione degli acquedotti italiani, un

milione e quattrocentomila persone hanno firmato per permettere ai cittadini e alle cittadine di esprimersi, attraverso lo strumento del voto referendario, sulla ripubblicizzazione dei servizi idrici. Dentro il logo del “forum italiano dei movimenti per l’acqua’’, si sono incontrate e organizzate in comitati locali associazioni ambientaliste, del mondo cat-tolico, agricolo e dei consuma-tori, reti di movimento e centri sociali, sindacati ed enti locali. La partecipazione di sogget-ti privati alla gestione delle fonti idriche è storia antica, già nel XIV secolo questi ve-nivano coinvolti nella co-struzione degli acquedotti.Dai primi anni 80 del novecen-to però la pressione dei merca-ti, ingolositi dalla possibilità di fare profitto in territori vergini, ha aperto brecce sempre più grandi permettendo alle azien-de di entrare a pieno titolo nella gestione dell’acqua: l’Oro blu. Negli anni 90, con il leit mo-tiv della “Morte delle ide-ologie” e del mondo glo-balizzato, si sono cercate giustificazioni al neoliberismo più aggressivo, quello che non tollera nessun argine al proprio appetito, e si sono spalancate de-finitivamente le porte all’ingresso dei privati nel business dell’acqua. La speranza della politica era quella di sgravarsi dei costi di investi-mento e rilanciare un’industria dell’acqua sul territorio nazionale. Progetto sostanzialmente fallito perchè, oltre le doverose con-siderazioni di natura etica, la privatizzazione non ha porta-to nessun sostanziale beneficio alla qualità del servizio. Il mito efficientista che vorrebbe le aziende private molto più produt-tive e organizzate rispetto al pubblico, si è rivelato per quel che real-mente è: un luogo comune. Se si cambiano le strutture organizzative, senza cambiare la mentalità dei dirigenti, il risultato non cambia. Il primo effetto della gestione privata dell’acqua è stato un consistente e ingiustificato aumento delle tariffe. In alcuni Comuni italiani sono state riscontrate gravi irregolarità con vistosi errori di calcolo sull’am-montare delle bollette. Spesso, di fronte alla protesta dei cittadini, le aziende hanno minacciato di interrompere immediatamente l’eroga-

zione del servizio. Tutto questo ha riaperto un’ importante riflessione sul valore dei beni primari e sulla necessità che queste risorse venga-no gestite al di fuori di una fredda logica di profitto, soprattutto per-chè è ormai evidente che la comunità non ne trae alcun beneficio. Così finalmente il 12 e 13 giugno si voteranno i due quesiti referendari

riguardanti la ripubblicizzazio-ne del servizio idrico. Con il primo quesito si intende ferma-re la privatizzazione dell’acqua chiedendo ai cittadini di espri-mersi sull’abrogazione del De-creto Ronchi. Legge che impo-ne la vendita progressiva delle quote azionarie delle s.p.a. a capitale misto a privati impren-ditori, fino a ridurre il capitale pubblico al 30 per cento entro il 2015. Gli enti locali sarebbero quindi confinati al ruolo mar-ginale di azionisti di minoran-za, senza alcuna autorità nella gestione del servizio idrico. Eliminare questa norma permet-te di contrastare efficacemente il processo di privatizzazione a cui, il Governo Berlusconi, ha impresso una significativa accelerazione, e di evitare che la gestione dei servizi idrici italiani venga affidata defini-tivamente ad aziende private. Il secondo quesito è stato pensato per aprire la stra-

da della ripubblicizzazione dell’acqua e si propone di abrogare la normativa che di fatto garantisce al gestore del servizio un profit-to fisso del 7 per cento sull’ammontare della bolletta di ogni utente. Un profitto che non è legato alla qualità ma viene garan-tito indipendentemente dagli investimenti che il gesto-re intende o meno sostenere nella riqualificazione del servizio. Inoltre con l’abrogazione di questa norma non sarebbe più consenti-to il ricorso né alle gare d’appalto né all’affidamento della gestione a società di capitali, ma il servizio potrebbe tornare nuovamente al pub-blico attraverso l’affidamento della gestione ad enti di diritto pubblico che coinvolgano la partecipazione dei cittadini e delle comunità locali. È molto importante quindi andare a votare questo referen-dum, perché il cittadino può fermare il tentativo di trasforma-re un bene essenziale e irrinunciabile come l’acqua in una merce da cui trarre profitto, senza nessun reale beneficio la collettività.

Comitato ‘’2 si per l’acqua bene comune’’

Referendum/AcquaReferendum/Acqua

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Referendum/Leggitimo impedimento

Un referendum sulla credibilità del Presidente del ConsiglioL’abrogazione del legittimo impedimento è l’ultima spiaggia della legalità

Tra i quattro referendum, l’abolizione della norma sul legittimo im-pedimento è sicuramente il quesito che ha la maggiore valenza po-

litica. Non si può ignorare come la legge n.51 del 7 aprile 2010, che dispone una serie di norme rispetto all’impossibilità di un imputato a comparire in aula, è una di quelle leggi a orologeria, ideate per salvare il Presidente del consiglio Silvio Berlusconi, in merito ai suoi problemi giudiziari. I sostenitori del provvedimento sposano la tesi del complot-to giudiziario e giustificano le azioni del premier ritenendo legittimo utilizzare qualunque mezzo pur di sottrarlo alla magistratura italiana. Un potere eversivo, un cancro per il paese che si insinua come meta-stasi, attraverso giudici e pubblici ministeri, nel tessuto sano del pae-se. “Mi hanno incastrato” si difen-de il Premier come l’eroe di uno scadente film d’azione americano. La sua dichiarazione di innocenza rispetto ad accuse molto gravi, la cui consistenza andrebbe verifi-cata in tempi rapidi per il bene di tutti, è il massimo a cui possiamo aspirare. Gli italiani si devono ac-contentare della parola del premier che professa la sua innocenza ma, al contempo, si sottrae, con tutti i mezzi a sua disposizione, all’iter processuale di verifica. La legge sul legittimo impedimento è soltanto l’ultimo degli espedienti escogitati dalla maggioranza per impedire ai magistrati “bolscevichi” di sopraf-fare il Presidente del Consiglio. L’ultimo scomposto atto di una martellante campagna mediatica, è sta-to il grottesco manifesto elettorale di Roberto Lassini, candidato nelle liste del Popolo delle Libertà a Milano, che recitava: “Via le Br dalle procure”. Le argomentazioni prendono spunto da problemi reali del si-stema giudiziario italiano per distorcersi in una improbabile teoria del complotto, dove ogni mezzo è lecito. È sicuramente vero che i processi nel nostro paese sono interminabili e la magistratura non è esente da colpe, ma è anche vero che ciò non giustifica l’uso del potere politico per tentare di sottrarsi alla legge. Il legittimo impedimento esiste nel codice penale come diritto, da parte di ogni cittadino, di poter spostare l’udienza di un processo a fronte di un grave problema. Sarebbe assur-do ad esempio non considerare la malattia di un imputato come ragio-ne sufficiente per dispensarlo dal comparire in aula. Ma questa stessa norma è stata ampliata fino a comprendere le normali funzioni della politica. L’anomalia più strana comunque è che ci troviamo di fronte ad una legge “a tempo”: si pretende di congelare la posizione giudiziaria del premier e dei suoi ministri soltanto per un periodo di 18 mesi. Il

tempo sufficiente per assorbire la bocciatura del Lodo Alfano e mettere a punto una strategia di difesa più efficace, una toppa insomma. La stessa Corte Costituzionale, in seguito, ha in gran parte corretto la leg-ge, considerando che nel testo ci sia una “irragionevole sproporzione tra diritto di difesa ed esigenze della giurisdizione” ed affidando al giu-dice la valutazione sulla richiesta di legittimo impedimento. La legge comunque è rimasta in piedi e l’Italia dei Valori, tra maggio e giugno del 2010, ha raccolto oltre 500 mila firme per indire un referendum che la abrogasse definitivamente. Il quesito referendario sembra delinearsi

come un voto sulla credibilità del premier, che resta forte-mente preoccupato dall’esito del voto. Una consultazione che rischia di diventare un ple-biscito a suo sfavore, proprio perché il referendum si abbi-na agli altri due, molto sentiti, sulla privatizzazione dell’ac-qua pubblica e sul nucleare che potrebbero permettere, per la prima volta dopo molti anni, di raggiungere il quorum del 50 per cento più uno degli aventi diritto. Il testo del que-sito è il seguente: “Volete voi che siano abrogati l’articolo 1, commi 1, 2, 3, 5, 6 nonché l’articolo 2 della legge 7 aprile 2010 numero 51 recante ‘di-sposizioni in materia di impe-dimento a comparire in udien-za?”. A giugno saranno gli

italiani a decidere se è legittimo che un Presidente del Consiglio stravolga le leggi dello Stato per sottrarsi al giudizio della magistra-tura. L’abilità che va riconosciuta a questo Governo è stata di spo-stare continuamente l’attenzione dall’importanza delle prove a carico del presidente Silvio Berlusconi, alla presunta politicizzazione degli inquirenti, secondo una logica ben precisa: i magistrati che accusano il premier sono “malati di mente” e il loro lavoro investigativo è carta straccia, o peggio, un’azione eversiva per rovesciare la maggioranza.Gli italiani, votando “Si” potranno decidere l’abrogazione del le-gittimo impedimento e prendere le distanze dalla fantasiosa teo-ria del complotto giudiziario, che viene sbandierato come giusti-ficazione ad ogni indagine che riguarda il Presidente del Consiglio. Fino ad ora purtroppo non si è potuta dibattere nelle sedi oppor-tune la consistenza delle accuse e gli elettori si sono dovuti accon-tentare della dichiarazione di innocenza del diretto interessato.

Davide Dalmiglio

Referendum/Leggitimo impedimento

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Associazioni

Un forum di discussione organizzato dai cittadiniTre giorni ad Ariccia per pensare il futuro dei Castelli Romani

Tre giorni interi per un esperimento unico, partito dal basso, sul web e sui social network. Tre giorni interi, nel cuore di Ariccia,

dal 10 al 12 giugno 2011, dedicati a spazi aperti per il confronto e per la discussione. Il Forum per i Castelli Romani vuol essere il primo traguardo nel cammino verso la costruzione di una rete territoriale attiva e collaborativa, lontana dalle logiche politiche che impoveriscono il territorio; un’opportunità di incontro, espressione e confronto tra tutte le realtà sociali, culturali, ambientaliste ed economiche per determinare

insieme, dal basso, una comune linea programmatica ed operativa, in grado di progettare la rinascita e la riqualificazione del territorio dei Castelli Romani. Una importante kermesse senza bandiere di partito e senza colori, il cui fulcro centrale sarà, appunto, il Forum, in cui si cercherà di coinvolgere tutti gli attori del territorio, dalla società all’economia, alla cultura, alla scienza e all’ecologia, per scrivere insieme la Dichiarazione di esistenza dei Castelli Romani ed elaborare un primo documento per i Colli Albani del futuro che, partendo dalle priorità più pressanti, avvierà progetti condivisi per tutelare e valorizzare la nostra terra. Un esperimento unico e ambizioso meditato prima sul web e poi all’interno di una associazione di cittadini, Salviamo i Castelli Romani, nata dall’evoluzione dell’esperienza, su facebook, del gruppo Salviamo il Lago Albano. Un “sogno” da realizzare senza loghi istituzionali, senza finanziamenti pubblici, senza referenti politici, con le sole forze delle associazioni, dei cittadini, delle attività economiche e imprenditoriali dei Castelli Romani. Dal basso, appunto.In programma ci sono già convegni sul turismo sostenibile per i Castelli in merito a: Ecologia e territorio, economia locale, filiere territoriali, “spazio delle idee”, pranzi biologici con prodotti tipici, stand del no-profit territoriale, mostre d’arte e tanto altro che attende ancora di essere proposto. Il calendario sperimentale del Forum, infatti, è aperto alle idee di tutti, cittadini e associazioni, da Colonna ad Albano, da Velletri a Marino, invitati a compilare un questionario,

finalizzato ad uno studio per avere una maggiore conoscenza della realtà e delle problematiche del territorio castellano, e una loro proposta sul sito web:(www.salviamoicastelliromani.org/forum). Il Forum avrà tutte le caratteristiche, le prerogative e le tecniche della partecipazione diretta e adotterà tecniche di comunicazione ecologica, ovvero l’applicazione dei principi ecologici alle relazioni umane: coltivare le risorse di ogni persona, rispettare la diversità e nello stesso tempo mantenere una coesione globale in modo che le persone possano agire insieme per un obiettivo comune, tentando quindi di trovare un equilibrio tra bisogni individuali e crescita della totalità.«Siamo convinti che i Castelli Romani possiedano enormi potenzialità, risorse naturalistiche, culturali, enogastronomiche, identità e tradizioni importanti, notevoli capacità imprenditoriali – spiega Luca Nardi, presidente della neonata associazione promotrice del Forum – siamo sotto l’assedio della speculazione e dell’abusivismo, la nostra qualità della vita sta peggiorando ogni giorno di più e le nostre numerose risorse si stanno progressivamente impoverendo. Tutti i cittadini sono invitati a partecipare e a dare il proprio contributo in autonomia e libertà, in un contesto dove la diversità è un valore, dove il confronto è vitale e dove intendiamo creare le condizioni per arrivare ad esprimere con una sola voce un piano per il futuro dei Castelli Romani».

A cura dell’associazione culturale “Salviamo i Castelli Romani”

Associazioni

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Cultura

Esercizi di narrativa partecipativa: nasce il romanzo a 200 maniUn metodo per fare della scrittura un momento di condivisione e di socialità

È tempo di cambiamenti. La confusione è tanta e la situazione è eccellente. Anche il mondo della letteratura si prepara per una

seconda rivoluzione: quella della Scrittura Industriale Collettiva. Dopo la serializzazione della produzione libraria, lo sperimentalismo delle avanguardie del Novecento e l’attesa millenaria del libro totale, arriva il romanzo scritto a 200 mani. E’ il progetto, ambizioso quanto concreto, del SIC, collettivo che da anni applica un particolarissimo metodo di scrittura capace di coinvolgere centinaia di persone nella stesura di un’unica opera. L’idea, nata dal genio di Vanni Santoni (autore fra l’altro de “Gli interessi in comune”, edito da Feltrinelli, nel 2008), e di Gregorio Magini, prende le mosse da un’intuizione molto semplice: in un’epoca in cui la produzione narrativa è ferma a una concezione proto-industriale del testo, i tempi sono ormai maturi per un rinnovamento di settore che apra ai più moderni standard dell’industria della cultura. Preso atto che la narrativa collettiva è stata troppo a lungo considerata un diversivo letterario o, nella migliore delle ipotesi, un esercizio di stile, il SIC si è impegnato per offrire dignità autonoma al genere. Santoni e Magini, lontani dal proporre un esperimento estemporaneo, hanno codificato una serie di norme e procedure che promettono di condurre alla stesura di un vera e propria opera letteraria, valida in ogni sua parte. Il metodo, ormai testato e certificato dalla produzione

di numerosi racconti, funziona al di là del livello di preparazione dei singoli elementi che compongono il gruppo di lavoro. Insomma, per veder nascere sotto le proprie mani un testo narrativo è sufficiente

formare un nucleo spontaneo di volenterosi della penna, affidarsi alle cure sapienti di un direttore artistico e seguire

scrupolosamente le indicazioni che il SIC mette a disposizione direttamente sul suo sito web.

Il meccanismo è piuttosto complesso, ma il manuale per le istruzioni da

seguire è completamente scaricabile in rete, e dopo un’attenta lettura e un po’ di rodaggio chiunque sarà in grado di cimentarsi nella scrittura di un testo narrativo a più mani. Il primo elemento chiave è la

ripartizione ordinata in schede degli elementi narrativi: personaggi, luoghi,

situazioni, stile, che vengono affidati ai diversi autori. In una seconda fase tutti i

partecipanti si occupano di riempire le schede, che poi vengono normalizzate da un direttore,

scelto tra i componenti del gruppo. Il direttore non partecipa attivamente alla stesura delle schede, ma si occupa solamente di selezionare e ricomporre il lavoro degli scrittori, vigilando su un ingranaggio nel quale ogni elemento ha la libertà di operare senza dover necessariamente tenere conto dell’altro. Il risultato finale sarà un corpus ben strutturato, in cui l’insieme assumerà un valore ben più alto che quello della somma delle sue singole parti. I dettagli sul metodo SIC sono reperibili all’indirizzo: www.scritturacollettiva.org.

Riccardo Di Vanna

Lucia al primo banco è concentrata sull’esercizio di grammatica, il suo inse-gnante di italiano la osserva incredulo; dopo innumerevoli tentativi andati a vuoto, è riuscito a trovare la chiave per motivare quella ragazzina difficile e ribelle che non riusciva a stare seduta per più di 30 secondi al banco e che non smetteva di interrompere continuamente la lezione. Lucia adesso ha aperto un canale di comunicazione che prima di tutto si basa sull’affetto e la stima che ha per il suo prof. Termina l’esercizio e poi alza il viso per fare la domanda che l’insegnante teme da mesi: “ L’anno prossimo c’è lei, vero prof?” Ma il professore non sa cosa rispondere, c’era una volta l’insegnante di italiano che accoglieva i ragazzi in prima media, progettava per loro un percorso triennale e li accompagnava a raccogliere i frutti di quel lavoro alla fine della terza me-dia. Ora non più. L’insegnamento dell’educazione linguistica ha sempre avuto un ruolo centrale in ogni segmento di istruzione, tanto più nella scuola media, dove una buona conoscenza della lingua, si fa veicolo indispensabile per l’ac-cesso a qualsiasi altra disciplina. Dieci anni fa, l’insegnante di italiano ave-

va a disposizione sette ore settimanali, poi è arrivata la riforma del Ministro Moratti e le ore di italiano si sono ridotte a sei, anche se gli alunni potevano scegliere di frequentare una serie di laboratori, alcuni dei quali servivano, a po-tenziare comunque le competenze linguistiche dell’alunno, come ad esempio, i laboratori di giornalismo o di latino. Poi arrivarono i tagli della Gelmini e le ore di italiano diventarono cinque, più una misteriosa ora di approfondimento che ancora nessuno nelle scuole ha capito bene a cosa dovrebbe servire, se non a creare confusione nell’orario e a privare Lucia di quel professore con il quale lei ora è disposta a studiare. Spariti i laboratori, impoverita l’offerta formativa, cancellate nelle scuole tantissime attività che servivano soprattut-to a motivare i ragazzi più svantaggiati, in queste condizioni l’insegnante di italiano si affanna a continuare il suo difficile lavoro, consapevole che dietro ogni nuova parola appresa dall’alunno c’è una nuova idea, e che un ragaz-zo con tante idee nuove, possa avere un futuro migliore; tutto questo fino al prossimo taglio, quando magari un altro ministro, tenterà di farci credere che in fondo l’insegnamento dell’italiano non è più così indispensabile, anzi ave-re ragazzi con troppe idee nella testa potrebbe addirittura essere pericoloso.

M.d.S.

C’era una volta... l’insegnante di italiano

Cultura

Page 14: AltraCittà N°1

Durante la sua storia, il nostro pianeta ha cambiato più volte clima, sia a livello locale, sia a livello globale; secondo alcune teorie,

per esempio, tra i 2500 e i 550 milioni di anni fa la terra doveva assomigliare ad una enorme palla di neve, con venti costanti a 70 km orari e temperature che, ai tropici, non superavano i 10 gradi centigradi. Insomma, un posto decisamente poco ospitale. Ma se l’ipotesi “palla di neve” vi mette letteralmente i brividi, consolatevi perchè, sempre secondo le ipotesi più accreditate, ad essa avrebbe seguito un periodo con i mari ad una temperatura media di 50 gradi, spumeggianti e corrosivi come una Coca Cola nostrana. Per arrivare ad epoche più recenti, i dati indicano come, ad intervalli regolari di circa 100.000 anni, i ghiacci polari si siano espansi verso sud arrivando a coprire buona parte dell’Europa settentrionale. L’ultimo periodo freddo, detto anche “piccola glaciazione” a causa delle caratteristiche poco incisive, è iniziato intorno all’anno 1300 ed è terminato circa 500 anni dopo. Se dunque la scienza ha rinvenuto da molto tempo le tracce degli innumerevoli passati climatici del globo terrestre, non è con altrettanta certezza che ne ha individuato le cause. La famosa storiella del battito d’ali di una farfalla in Brasile che scatena un tornado in Texas, non è solo una leggenda metropolitana, ma un’ottima esemplificazione di come funziona il clima. Negli anni 70, Edward Lorenz, meteorologo al celebre MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston, iniziò ad elaborare una teoria, ora nota come teoria del Caos, che studia il comportamento dei sistemi non lineari, ovvero di quei sistemi il cui comportamento, a causa della complessità dei fattori coinvolti, non è prevedibile ed è fortemente influenzato dalle condizioni iniziali. Una minuscola variazione di questi ultimi può infatti portare, dopo un tempo relativamente breve, a risultati assai differenti. Se a ciò aggiungiamo l’incertezza dei meccanismi alla base del cambiamento climatico, appare chiaro che fare previsioni a lungo termine diventa molto difficile se non impossibile. Nonostante ciò, nel 1988 l’ONU ha istituito una commissione di studio, nota come IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) che ha come scopo quello di valutare e sintetizzare tutta la produzione scientifica mondiale sulla questione dei cambiamenti climatici. Sfogliando il “Synthesis Report on Climate Change”, edito dall’IPCC nel 2007, si scopre che l’aumento globale della temperatura è un fatto “inequivocabile” e che, con una probabilità compresa tra il 90 e il 95 per cento, ciò è dovuto a fattori non naturali. Tra questi ultimi, i maggior imputati sono i cosiddetti gas serra, ovvero gas che, immessi in quantità massiccia

Eventi climatici estremi, fin dove arrivano le responsabilità dell’uomo? Ondate di calore, fiumi in piena, siccità, maremoti e tornado che colpiscono il pianeta

nell’atmosfera, più o meno a partire dalla rivoluzione industriale, hanno la capacità di assorbire l’energia sotto forma di radiazione infrarossa. Uno di essi, il diossido di carbonio, quello che comunemente viene definito anidride carbonica, è un sottoprodotto della combustione dei carburanti fossili (petrolio, gas, carbone), che costituisce tuttora il procedimento più diffuso per produrre energia. D’altronde, ci dicono

sempre gli esperti, per porre rimedio alla situazione sarebbe necessario diminuire la produzione di diossido di carbonio di 20 o 30 punti percentuali mentre nel 1997, tramite il protocollo di Kyoto, i paesi che ne producono la metà si sono impegnati a ridurlo del 5 per cento entro il 2012, grande assente gli Stati Uniti; ciò appare, a detta di alcuni, assolutamente inutile. Il parlamento europeo ha invece preso impegni per ridurre, entro il 2020, l’emissione di gas serra di 20 punti percentuali, concedendo però molto alle lobbies industriali. Se il riscaldamento globale è una certezza, le previsioni a lungo termine e i suoi effetti sono assai più controversi. Sempre secondo l’IPCC, nel futuro dovrebbe aumentare la probabilità del verificarsi di eventi estremi, quali ondate di calore, freddo estremo e precipitazioni intense. Quand’anche ciò fosse vero, è molto più probabile che

gli effetti catastrofici di questi eventi siano in realtà dovuti ad una cattiva gestione del territorio e a scelte politiche errate, ovvero ad una aumentata vulnerabilità del nostro paesaggio. Solo per fare un esempio, le piene del Tevere e di molti altri fiumi non apparirebbero così terribili se, stretti tra insediamenti e sponde cementizie, ad essi non fossero stati tolti spazi per esondare dove il danno è minore, con il duplice risultato di aggravarne la potenza distruttiva e di offrire altre aree urbane alle loro acque. La cementificazione selvaggia di questi anni, impermeabilizzando di fatto ettari di terreno, impedisce inoltre che gran parte delle acque meteoriche vengano assorbite dal suolo, indirizzando queste ultime verso i fossi e, successivamente, verso i fiumi. Ma c’è di più. Poiché quella spugna che è il suolo si imbeve sempre meno, non ha la possibilità, durante la stagione secca, di cedere lentamente l’acqua con cui si era caricato in inverno, determinando magre sempre più accentuate. Insomma, prima di reagire come il presidente delle isole Maldive che, preoccupato delle stime sull’innalzamento del livello del mare, ha proposto di trasferire il territorio del suo stato sulla terraferma, e di addossare tutte le colpe al cambiamento climatico, bisognerebbe preoccuparsi di tutta un’altra serie di priorità, forse in primis di una gestione più equilibrata del nostro territorio.

Luca Alessandri

AmbienteAmbiente

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Eventi climatici estremi, fin dove arrivano le responsabilità dell’uomo?

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Ingresso gratuitoCome ogni anno da venerdì 17 a domenica 19 giugno andrà in scena nel borgo storico di Lanuvio la

Festa della Musica, dedicata a gruppi musicali emergenti e affermati che si esibiranno portando le proprie influenze ed il proprio background sul palco. Per i partecipanti ci sarà la possibilità di mangiare prodotti tipici ed

assistere a spettacoli di artisti di strada. La kermesse è promossa dall’associazione culturale Carpe Diem e patrocinata dal Comune di Lanuvio.

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ani in concerto per promuovere un’Italia libera dalle m

afie. Perché, con le parole di Paolo Borsellino, “la lotta alla m

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ovimento culturale e m

orale che coinvolga tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito

la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del com

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orale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della com

plicità”. Il ricavato della serata sarà devoluto a Libera Latina per il “Villaggio della Legalità” a B

orgo Sabotino. L’ingresso avviene con una donazione a Libera di € 5 per gli studenti (m

edie, liceali e universitari) e di € 10 per gli adulti. Ingresso gratuito per i bambini.

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