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SOMMARIO ALPES N. 6 - GIUGNO 2004 SOMMARIO ALPES N. 9 - SETTEMBRE 2004 EVENTI 6 LA PAGINA DELLA SATIRA 7 aldo bortolotti A PROPOSITO DI TRENITALIA 8 SOGNO “MADE IN GIAPPONE” 9 LA REGIONE SI “DISINQUINA” 11 lorenzo croce ECOLOGIA FAI DA TE NON SCHERZIAMO COL FUOCO! 14 fulco pratesi UN “GOVERNO” EUROPEO PER L’AMBIENTE 15 giuseppe brivio ANALISI CRITICA DEL DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE ECONOMICA E FINANZIARIA 16 alda fioravanti INTEGRAZIONE? NO, GRAZIE! 18 pierangela bianco UNA STORIA CHE HA DELL’INVEROSIMILE 20 pietro tòcio TRA IL SÉ E GLI ALTRI 21 luigi oldani I RASCHETTI: LA FAMIGLIA DI DON SILVERIO 22 angelo granati LA NOTTE DEI VINI 40 luciano scarzello UCRAINA, GRANDE PAESE 42 nemo canetta STUDIO D’ARTISTA: NINO POLI 46 anna maria goldoni I CAPOLAVORI DELLA PHILIPPS COLLECTION DI WASHINGTON ALLA FONDAZIONE PIERRE GIANADDA DI MARTIGNY 48 donatella micault ANTONIA ARSLAN 50 giovanni lugaresi “LA MADONNA DI TIRANO” GUIDA ALLA VISITA 52 ermanno sagliani LAURA VILLA DA SONDRIO A PARIGI, CON IL GRANDE SIVUCA 54 paco garro jr. MARINAI DELLE ALPI CENTRALI: DELFINI COL CUORE DI STAMBECCO 56 giorgio gianoncelli RECENSIONI 58 giuseppe brivio MESSAGGIO DEL SOFFERENTE PAPA GIOVANNI PAOLO II DA LOURDES 26 alessandro canton LE GUARIGIONI A LOURDES: LA GRANDEZZA DELLA FEDE 27 alessandro canton MANGIARE I GATTI È REATO? 28 tito lupi IREALP... IN AZIONE I PROGETTI LOCALI E QUELLI EUROPEI 29 I MURI INVISIBILI DEL DOTTOR HARTMANN 33 aldo mauro bottura LA FIABA E L’AMORE 34 raimondo polinelli I “FLAGELLANTI DELLA SANTISSIMA TRINITÀ” 36 giancarlo ugatti ANCHE L’AGRICOLTURA CAMBIA 38 guido birtig ALLO SCRITTORE MAROCCHINO TAHAR BEN JELLOUN IL PREMIO LETTERARIO TOMASI DI LAMPEDUSA 40 luciano scarzello

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SOMMARIOALPES N. 6 - GIUGNO 2004SOMMARIOALPES N. 9 - SETTEMBRE 2004

EVENTI 6LA PAGINA DELLA SATIRA 7aldo bortolotti

A PROPOSITO DI TRENITALIA 8SOGNO “MADE IN GIAPPONE” 9LA REGIONE SI “DISINQUINA” 11lorenzo croce

ECOLOGIA FAI DA TENON SCHERZIAMO COL FUOCO! 14fulco pratesi

UN “GOVERNO” EUROPEOPER L’AMBIENTE 15giuseppe brivio

ANALISI CRITICA DEL DOCUMENTODI PROGRAMMAZIONE ECONOMICA E FINANZIARIA 16alda fioravanti

INTEGRAZIONE? NO, GRAZIE! 18pierangela bianco

UNA STORIA CHE HADELL’INVEROSIMILE 20pietro tòcio

TRA IL SÉ E GLI ALTRI 21luigi oldani

I RASCHETTI: LA FAMIGLIADI DON SILVERIO 22angelo granati

LA NOTTE DEI VINI 40luciano scarzello

UCRAINA, GRANDE PAESE 42nemo canetta

STUDIO D’ARTISTA: NINO POLI 46anna maria goldoni

I CAPOLAVORI DELLA PHILIPPSCOLLECTION DI WASHINGTONALLA FONDAZIONE PIERRE GIANADDA DI MARTIGNY 48donatella micault

ANTONIA ARSLAN 50giovanni lugaresi

“LA MADONNA DI TIRANO”GUIDA ALLA VISITA 52ermanno sagliani

LAURA VILLA DA SONDRIO A PARIGI, CON IL GRANDE SIVUCA 54paco garro jr.

MARINAI DELLE ALPI CENTRALI:DELFINI COL CUOREDI STAMBECCO 56giorgio gianoncelli

RECENSIONI 58giuseppe brivio

MESSAGGIO DEL SOFFERENTEPAPA GIOVANNI PAOLO IIDA LOURDES 26alessandro canton

LE GUARIGIONI A LOURDES:LA GRANDEZZA DELLA FEDE 27alessandro canton

MANGIARE I GATTI È REATO? 28tito lupi

IREALP... IN AZIONEI PROGETTI LOCALIE QUELLI EUROPEI 29I MURI INVISIBILI DEL DOTTOR HARTMANN 33aldo mauro bottura

LA FIABA E L’AMORE 34raimondo polinelli

I “FLAGELLANTIDELLA SANTISSIMA TRINITÀ” 36giancarlo ugatti

ANCHE L’AGRICOLTURA CAMBIA 38guido birtig

ALLO SCRITTORE MAROCCHINOTAHAR BEN JELLOUNIL PREMIO LETTERARIOTOMASI DI LAMPEDUSA 40luciano scarzello

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Se noi potessimo...di Roberta Piliego

S e noi potessimo ridurre la popolazione del mondo intero in un villaggio di 100 personemantenendo le proporzioni di tutti i popoli esistenti al mondo, il villaggio sarebbe cosìcomposto:

57 Asiatici, 21 Europei, 14 Americani (Nord Centro e Sud America) e 8 Africani52 sarebbero donne e 48 uomini70 sarebbero non bianchi e 30 sarebbero bianchi70 sarebbero non cristiani e 30 sarebbero cristiani89 sarebbero eterosessuali e 11 sarebbero omosessuali6 persone possiederebbero il 59% della ricchezza del mondo intero e tutti e 6 sarebbero statunitensi80 vivrebbero in case senza abitabilità70 sarebbero analfabeti50 soffrirebbero di malnutrizione1 starebbe per morire1 starebbe per nascere1 possiederebbe un computer1 (sì, solo 1) avrebbe la laurea.

Se si considera il mondo da questa prospettiva, il bisogno di accettazione, comprensione eeducazione diventa evidente. Prendete in considerazione anche questo.Se vi siete svegliati questa mattina con più salute che malattia siete più fortunati del milione dipersone che non vedranno la prossima settimana.Se non avete mai provato il pericolo di una battaglia, la solitudine dell’imprigionamento, l’agoniadella tortura, i morsi della fame, siete più avanti di 500 milioni di abitanti di questo mondo.Se potete andare in chiesa senza la paura di essere minacciati, arrestati, torturati o uccisi, sietepiù fortunati di 3 miliardi di persone di questo mondo. Se avete cibo nel frigorifero, vestiti addosso, un tetto sopra la testa e un posto per dormire, sietepiù ricchi del 75% degli abitanti del mondo. Se avete soldi in banca, nel vostro portafoglio e degli spiccioli da qualche parte in una ciotola, sietefra l’8% delle persone più benestanti al mondo.Se i vostri genitori sono ancora vivi e ancora sposati siete delle persone veramente rare.Se avete ricevuto questo messaggio, consideratelo come una doppia benedizione, perché qualcunoha pensato a voi e perché non siete fra i due miliardi di persone che non sanno leggere.

Qualcuno una volta ha detto:

Lavora come se non avessi bisogno dei soldi.Ama come se nessuno ti abbia mai fatto soffrire.Balla come se nessuno ti stesse guardando.Canta come se nessuno ti stesse sentendo.Vivi come se il Paradiso fosse sulla Terra.

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AlpesRIVISTA MENSILE DELL’ARCO ALPINO

Anno XXV - N. 9 - Settembre 2004

Direttore responsabilePier Luigi Tremonti - cell. 3492190950

Redattore CapoGiuseppe Brivio - cell. 3492118486

Segretaria di redazioneManuela Del Togno

Direttore editorialeAldo Genoni

A questo numero hanno collaborato:Pierangela Bianco - Guido Birtig - Aldo Bortolotti -

Aldo Mauro Bottura - Giuseppe Brivio - Nemo Canetta -Alessandro Canton - Lorenzo Croce - Antonio Del Felice -

Paride Dioli - Alda Fioravanti - Giorgio Gianoncelli - Anna Maria Goldoni - Angelo Granati - Giovanni Lugaresi -

Tito Lupi - Donatella Micault - Luigi Oldani - Roberta Piliego -Raimondo Polinelli - Fulco Pratesi - Ermanno Sagliani - Luciano Scarzello - Pietro Tocio - Pier Luigi Tremonti -

Giancarlo Ugatti

In copertina: Valmasino: crocefisso sulla via del Rifugio Allievi

foto Angelo Granati

Ed.ce l’Alpes Agia - S. Coop a R.L.23100 Sondrio - Via Vanoni, 96/A

Direzione e amministrazione:Sondrio - Via Vanoni, 96/A

Tel. e Fax 0342.512.614E-mail: [email protected]

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BONIFICO

Tutti i manoscritti a questa rivista sono al vaglio del direttoreresponsabile e della redazione.Gli articoli firmati rispecchiano solo il pensiero degli autori enon coinvolgono necessariamente la linea della rivista.Testi e foto, pubblicati o meno, non si restituiscono, salvo spe-cifici accordi, e la redazione non si assume la responsabilità perl’eventuale smarrimento.La riproduzione anche parziale, è subordinata alla autorizza-zione della direzione ed alla citazione dell’autore e della rivista.

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Sono tanti i temi di interesse cheespone il volume “Villa nel tem-po”, magistralmente redatto da

alunni ed insegnanti della Scuola Media“Trombini” di Villa di Tirano: storia,vita, lavoro, soprannomi, arte sacra, ri-cordo di Grytzko Mascioni.La pregevole pubblicazione è stata rea-lizzata con il contributo della ComunitàMontana di Tirano e del Comune, che ladistribuiscono.La presentazione ufficiale è avvenutanel corso di una serata all’AuditoriumGrytzko Mascioni di Villa alla presen-za di folto pubblico vivamente interes-sato all’evento: interventi del sindacodi Villa di Tirano, dei dirigenti dellaComunità Montana abduana di Tirano edella Scuola Media Trombini.La manifestazione ha avuto tra gli ospi-ti d’onore Giovanni Morelli, artigianomeccanico-agricolo in pensione, artefi-ce di una straordinaria esposizione per-manente di riproduzioni in movimentodi attività e mestieri del passato e delpresente valligiano. Suo è un piccolomuseo per trasmettere la memoria col-lettiva locale ai giovani e ai turisti.

E’ seguito l’intervento del viticoltore eproduttore Di Giovanni, testimonedell’esperienza contadina accumulatanel tempo e dell’utilizzo delle innovati-ve tecniche enologiche, nel rispetto del-la tradizione. I vini delle sue tenute so-

no stati offerti e apprezzati in un brin-disi ufficiale in serata.Nell’occasione il giornalista e urbanistaErmanno Sagliani, già relatore nel feb-braio 2002 della “Tragedia ebraica sul-la via di fuga di Lughina, verso la neu-tralità elvetica”, ha ricordato ai giovanialunni i valori di umanità e la minacciasempre incombente del genocidio re-centemente rinnovatosi in Algeria, inAfrica, in Iraq ed in Kurdistan. Inoltreha evidenziato i valori della memoriacollettiva contenuti nel volume “Villanel tempo”.Gli alunni stessi della scuola mediaTrombini hanno spiegato i motivi el’impegno per realizzare il volume, cheè una testimonianza concretizzatasi nel-la sua pubblicazione.Si tratta di una iniziativa di alto valoreeducativo e culturale per i giovani.Memoria di usanze, di tradizioni, di re-ligiosità, di cultura materiale con sensi-bilità e tutela del proprio ambiente.Un lavoro intenso ed interessante pervalorizzare l’identità sociale della co-munità di Villa di Tirano: un documen-to originale per il futuro. ■

La storia di Villa di Tiranoin un libro della Scuola Media Trombini

E V E N T I

Nuovo sito di Alpes:era ora!Avere un sito bello e soprattutto ag-giornato sarà il nostro fiore all’oc-chiello.La Web Agency - nereal.com di Clau-dio Frizziero stà lavorando per la ela-borazione del nostro nuovo sito.Sarà presto possibile la consultazionein tempo reale della rivista, sapere chisiamo e contattarci direttamente.Non mancherà una interessante ericca serie di link che renderanno ilnostro sito ancora più inserito nellanostra realtà e non solo.Vi proponiamo subito una anteprima... e presto arriverà la sorpresa.

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di Aldo Bortolotti

L A PA G I N A D E L L A S AT I R A

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1. Come è possibile che in Italia viagginotreni che trasportano circa il doppio dellepersone che potrebbero trasportare?2. Nessun controllo da parte della poliziaferroviaria o di chi di dovere che attesti chenon possono esistere vie di fuga sui treniche viaggiano in queste condizioni, e chedunque non dovrebbero partire? Senzaconsiderare che per una persona anzianaoppure per una con problemi di sovrappe-so sarebbe impossibile raggiungere un ba-gno su treni che viaggiano in queste con-dizioni di sovraffollamento? Perché nessuncontrollo e nessun divieto in questo senso?3. Perché non si pensa che una limitata di-sponibilità di aria per ogni persona in si-tuazioni del genere potrebbe essere criti-ca e pericolosa? E come la mettiamo conchi soffre di claustrofobia? E con coloro aiquali la claustrofobia i viaggi del genere lafanno venire? Sono solo dettagli?… Vera-mente?… E come la mettiamo con i por-tatori di handicap?... E con chi soffre di at-tacchi di panico? Perché queste cose nonvengono prese in considerazione? Comeminimo i biglietti ferroviari dovrebberoessere venduti con un foglietto allegatoche indichi le possibili controindicazionidel viaggio in treno.

4. Perché è possibile che richiedendo la di-sponibilità di un biglietto per viaggiare sudi un particolare treno Intercity venga co-municata solo l’eventuale impossibilità diprenotare e poi vengano venduti moltissi-mi, troppi, troppi biglietti senza prenota-zione per tutti coloro che ne fanno richie-sta? Perché non c’è un limite nel numerodei biglietti che possono essere vendutiper viaggiare sui treni Intercity, al fine digarantire un numero massimo di viaggia-tori nel rispetto delle norme di legge o an-che del solo e semplice buon senso, o ma-gari del senso civico? Perché non vienevenduto un numero massimo di biglietticorrispondente a quello di tutti i posti a se-dere e dei seggiolini e non uno di più? ....Perché si dovrebbero non accettare viag-giatori in piedi per i viaggi lunghi? Maperché ci sono persone che pagano per ot-tenere un servizio ed è giusto che lo ab-biano, e perché comunque non si possonopassare ore di viaggio in treno in piediperché può essere letteralmente pericolo-so…5. Come mai è possibile che un treno contante carrozze possa viaggiare nonostantei suoi servizi igienici non siano tutti pie-namente funzionanti? Perché nessun con-

trollo in questo senso, perché è possibile?6. Come si spiega che il concetto di puli-zia sui treni arrivi solo allo svuotamentodei cestini (con qualche eccezione) ed alpassaggio veloce di uno straccio umidosui tavolini degli Eurostar?7. Perché per viaggiare decentemente bi-sognerebbe farlo sempre solo in primaclasse?8. Perché la maggior parte dei vecchi tre-ni adatti a compiere viaggi medio/lunghisono destinati esclusivamente a servire iltratto dell’Italia meridionale? Dal mio pun-to di vista un cambio di tappezzeria non fadiventare i treni nuovi…9. Se esiste un monopolio per i trasportiferroviari, perché ringraziare i viaggiatoriper la preferenza accordata? Non è che sipossa scegliere, a meno che non si di-sponga di un’autovettura adatta ad ognitipo di viaggio (e ammesso che si possaguidare la macchina) oppure non si possaraggiungere un aeroporto in tempi brevi,spostandosi appena o per nulla dal posto incui si vive (e ammesso che si possa pren-dere l’aereo)… ■

Martina D.

Da http://www.dagospia.com

A proposito di Trenitalia, mi chiedo:

Venerdì 20 agosto 2004 IL GIORNO

T R A S P O R T I

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● Ecco il bagno per signori. Le porte siaprono facilmente e basta un fazzolettino dicarta in mano per trovarsi a fare il bisogni-no, senza stare a toccare troppe cose spor-che prima.

● Il lavabo per lavarsi le mani è sempre se-parato dalla toilette e facilmente accessibi-le a tutti. Non ha una porta che lo divide dalcorridoio, ma una tendina. Il sapone nonmanca mai e per asciugarsi le mani esiste ola carta o l’aria calda, sparata da una mac-chinetta, che nulla ha a che spartire conquelle obsolete e mal funzionanti tipo Au-togrill.

● L’aria condizionata e le luci funzionanosempre e per i più freddolosi la compagniaferroviaria presta per il viaggio una caldacoperta, gentilmente lasciata al suo posto al-la fine del viaggio. Qui nessuno ruba, nem-meno le valigette, i telefonini o i computerportatili lasciati sul posto dai viaggiatori,che magari vanno un attimo in bagno o atrovare un amico nel vagone di fronte.

● Vicino ad ogni sedile, largo e comodo eribaltabile vi è un appoggiapiedi richiudi-bile, un bottoncino per la luce, una presa perla radio e per inserire il telefonino o il com-puter portatile. Chi usa il telefonino sul tre-no lo fa sempre nei corridoi per rispettareil viaggio degli altri e lo tiene sempre nel-la funzione vibrazione. Il fumo è permessonei vagoni predisposti e assolutamente proi-bito negli altri. I vagoni per fumatori sonodotati di potentissimi aspiratori sempre fun-zionanti e le tappezzerie non puzzano.

Se in una carrozza risulta esserci un guastoviene chiusa previamente e messa in fuoriservizio. I biglietti di quei sedili non ven-gono venduti. Se il guasto avviene in corsa(mai successo credo) il biglietto viene ri-pagato, così come nel caso di ritardi supe-riori ai 30 secondi (giuro!).Concludo dicendo che il Presidente delleFerrovie Giapponesi ogni anno, alla finedell’anno fa un discorso di ringraziamentoa tutti i viaggiatori in televisione.

Lo scorso dicembre ha chiesto scusa atutti per aver collezionato sommandoli,su tutti i treni, in tutto il Giappone un ri-tardo di circa 2 minuti!Ed è rimasto inchinato un minuto circa.Mi è venuta la pelle d’oca.Poi di riflesso ho pensato ai nostri poli-tici! ■

[email protected]

Sogno “made in Giappone”● Posti riservati per i viaggiatori. Altri-menti non si sale. Il controllore non “ruba”i biglietti, ma si inchina.

● Sui treni il telefono è sempre funzionan-te e pulito. Si possono usare sia monetine,sia la carta prepagata (tipo telecom), sia lecarte di credito (visa, mastercard ecc ecc...)e non come in Italia che se hai la carta tro-vi il telefono a monete e viceversa. In Italianiente telefono sui treni. Solo nelle cabine.

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Ecco la foto del bagno per signore. Strapu-lito, l’acqua funziona e la carta non manca.Il tutto studiato ergonomicamente.

C O N F R O N T O

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Accade in GiapponeLo scorso dicembre hachiesto scusa a tutti peraver collezionatosommandoli, su tutti itreni, in tutto ilGiappone un ritardo dicirca 2 minuti!Ed è rimasto inchinatoun minuto circa. Mi è venuta la pelled’oca.Poi di riflesso hopensato ai nostri politici!

Se i responsabili dellanostra rete ferroviariadovessero imitare ilcollega nipponico,sarebbero sicuri obiettiviper il terribile “colpodella strega”!

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Arrivano gli incentivi per oltretrenta milioni di euro a favoredella eliminazione di veicoli e

impianti inquinanti e della loro sostitu-zione con modelli più moderni e abasso impatto ambientale, e per la pro-mozione dell’utilizzo di carburanti abasso impatto ambientale come metanoe GPL.Si tratta del più importante interventodi sostegno al basso impatto ambien-tale messo in atto da una regione ita-liana.In particolar modo gli incentivi riguar-dano diversi punti: l’acquisto di veicolicommerciali a metano, gpl o elettricied anche la trasformazione a metano ogpl sempre di veicoli commerciali; latrasformazione a metano o gpl di vei-coli privati.Sono poi previsti incentivi per la sosti-tuzione di moto e ciclomotori; sarannointrodotte tessere di sconto su metano egpl per autotrazione ed infine si puntaalla metanizzazione degli impianti ter-mici nelle aree critiche (Milano/Como/Sempione, Bergamo e Brescia).Al di là delle dichiarazioni il “pac-chetto” presenta importanti e sostan-ziali novità nel settore degli incentivima vediamo in maggior dettaglio iprovvedimenti.

Veicoli commerciali a gpl o metanoSi tratta di contributi (da 600 a 2.500euro) destinati ad enti pubblici e im-prese che effettuano attività di trasportoin conto proprio (per il momento sonoescluse le ditte di trasportatori perconto terzi per effetto delle norme co-munitarie anche se la Regione Lombar-dia ha comunque in corso un confrontoin sede europea per ottenere una revi-sione).Il bando è rivolto a ogni tipo di im-presa, di qualunque dimensione; certa-mente potrà produrre particolare bene-ficio per quanto riguarda aziende dipiccole o piccolissime dimensioni,spesso proprietarie di furgoni vecchi einquinanti.

Sostituendoli (o trasformandoli), nonsolo si inquina meno l’ambiente, mal’artigiano o il commerciante proprie-tario del mezzo potrà circolare anchenei periodi di blocco dei veicoli non ca-talizzati e quindi svolgere senza disagila sua attività.Ecco gli importi degli incentivi per lediverse categorie.- Categoria N1 (fino a 35 q.li a pienocarico), 1.500 euro per l’acquisto di au-toveicolo nuovo a metano,1.000 europer l’acquisto di autoveicolo nuovo aGPL, 2.500 euro per l’acquisto di auto-veicolo nuovo elettrico, 900 euro per latrasformazione a metano, 600 euro perla trasformazione a GPL.- Categoria N2 (fino a 120 q.li a pienocarico) 1.750 euro per l’acquisto di unveicolo nuovo a metano.- Quadricicli elettrici 1.100 euro perl’acquisto.- Incentivi legati alla rottamazione: 200euro aggiuntivi se con l’acquisto di unnuovo veicolo si provvede alla conte-stuale rottamazione di un mezzo concaratteristiche equivalenti.Un primo bando è stato pubblicato il16 agosto del 2003, con uno stanzia-mento di 3 milioni di euro.

Trasformazione a metano ogpl di auto private a benzinaSarà erogato un contributo di 800 europer la trasformazione a Gpl e di 1.000euro per la trasformazione a metano divetture ad uso privato già circolanti abenzina.

MotocicliSono stanziati 3 milioni di euro desti-nati ai privati cittadini, con un contri-buto medio di 200 euro per l’acquistodi ciclomotori o motocicli a 4 tempi(euro 2).E’ previsto un ulteriore contributo incaso di simultanea rottamazione delvecchio mezzo.Il provvedimento è stato costruito incollaborazione con ANCMA, l’Asso-

ciazione nazionale dei costruttori dimoto.Secondo i dati ANCMA, in Lombardiacircolano circa 1 milione di ciclomo-tori (50cc) e oltre 600.000 motociclettedi cilindrata superiore. Il 70 per centodei ciclomotori è pre-euro, vale a direnon catalizzato.ARPA e Ispra hanno verificato che leemissioni dei ciclomotori a due tempidi questo tipo sono paragonabili aquelli di un’autovettura diesel non ca-talizzata, e il livello di tossicità equi-vale è oltre cento volte superiore aquello di una comune autovettura.

Tessera sconto per metano e gpl da autotrazione Questo è sicuramente il provvedi-mento più interessante: i possessori diveicoli a metano o Gpl (attualmentesono rispettivamente 13.000 e 69.000)potranno avere una tessera a microchiped effettuare i rifornimenti con unosconto attorno al 10% del prezzo allapompa. La tessera sarà operativadall’1 dicembre.Lo stanziamento regionale per questaoperazione è di 13 milioni di euro an-nui previsti per compensare i distribu-tori dello sconto effettuato, più 1 mi-lione per l’allestimento necessario,compresa l’installazione presso idi-stributori delle apparecchiature elet-troniche in grado di effettuare il“POS”.Questi interventi si aggiungono aquelli già effettuati a favore del rinno-vamento dell’intero parco di veicolicircolanti in Lombardia, sia per l’usoprivato sia per il trasporto pubblico.Infatti oltre 230 milioni di euro stan-ziati hanno incentivato l’acquisto dicirca 2.075 autobus ecologici (di cui450 verranno immessi in servizio en-tro il 31/03/05) e quasi 30.000 vettureprivate (e taxi) di tipo meno inquinante(metano, GPL, elettrico, Euro 3 edEuro 4, ecc.). Il tutto procura minoriemissioni di PM10 per circa 70 ton-nellate/anno.

La Regione si “disinquina”di Lorenzo Croce

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Impianti termici a metanoE’ il terzo bando che la Regione emanain materia, stanziando 8,5 milioni dieuro per l’installazione - nelle aree“critiche” di Milano/Como/Sempione,Bergamo e Brescia - di caldaie alimen-tate a gas naturale (metano) in sostitu-zione di quelle alimentate a gasolio.Degli 8,5 milioni stanziati, 4,5 sonodestinati a rifinanziare il precedentebando.E’ da ricordare che la Giunta Regio-nale ha eliminato latassa regionale sulmetano, per ogniuso (con un onereper minori entrate di140 milioni x 3 annipari a 420 milioni),diminuendo i costiper le famiglie e leaziende e spingen-dole quindi a usaretale combustibilemeno inquinante.Altri interventi giàeffettuati dal Go-verno Regionalepromuovono la dif-fusione di impiantia minor impatto am-bientale e la proibi-zione dell’olio com-bustibile per gli im-pianti di abitazionisingole e di normalicondomini a partiredal prossimo otto-bre.Questo combusti-bile è dieci volte piùinquinante del gaso-lio, quindi la suaabolizione compor-terà una riduzionedi circa 200 tonnel-late di imissione diPM10.E’ stato avviato il sistema di teleriscal-damento che interessa da vicino anchele zone della montagna lombarda:sono in avanzata fase di costruzione 22nuovi impianti di cogenerazione e te-leriscaldamento, alcuni dei quali sa-ranno alimentati a biomassa vegetale.Ognuno di questi impianti sostituiràdecine di grossi impianti termici tradi-zionali, consentendo minori emissioniper alcune centinaia di t/anno di

PM10, di NOx e di idrocarburi incom-busti.E’ stata incentivata anche la realizza-zione di impianti solari per la produ-zione di elettricità e calore, dei primiimpianti eolici, delle modernissime“pompe di calore” che sfruttano il ca-lore naturale dell’aria e dell’acqua difalda ed infine dei piccoli impiantiidroelettrici.Vi sono poi gli interventi per la realiz-zazione delle nuove centrali elettrichea bassa emissione: una delibera regio-

LE CONTRADDIZIONI

Con il progredire della tecnologia edella ricerca sarebbe possibile pro-durre autovetture con modeste pre-stazioni velocistiche e in grado di per-correre diverse decine di chilometricon un litro di carburante.Ma tutto ciò è un sogno.Auto pesantissime, piene di accesso-ri superflui, con trazione integralespesso neppure disinseribile: si rag-

giungono li-velli di peso edi assorbi-mento di po-tenza tali dap e rme t t e reautonomie dipoche decinedi metri.Non bastassesono incenti-vate le demo-lizioni di vet-ture e di mo-toveicoli an-cora efficienticon la scusache inquina-no.Provate a pen-sare all’inqui-namento in-dotto dallademolizionedi una vettu-ra: olio, acidi,pneumatici,lamiere, tes-suti, plasticheetc.Questo pro-cesso assorbefra l’altro nonpoca energiaelettrica.La produzionepoi di una

vettura nuova richiede un considere-vole utilizzo di materie prime e dienergia!Alla fin fine vale poi la pena di di-struggere una tradizione ed un patri-monio storico?Ultimo amore è l’idrogeno!Su questo capitolo torneremo al piùpresto possibile per cercare di fareuna volta per tutte chiarezza e perevitare che i lettori si facciano infi-nocchiare come allocchi.

P.L.T.

nale altamente innovativa, unica in Ita-lia, obbliga dal 2004 i costruttori dinuove centrali termoelettriche a limi-tare le emissioni di NOx a 30 mg/mc,invece che ai 50 di legge nazionale.Le nuove centrali a metano, già pocoinquinanti rispetto a quelle ad oliocombustibile che vanno spesso a sosti-tuire, saranno perciò ancor più sosteni-bili dal punto di vista ambientale per leminori emissioni del 40% circa ri-spetto ai migliori “standard” italiani. ■

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PUBBLICITÀCONSORZIO

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Un “governo” europeo per l’ambientePer evitare che l’Europa diventi una pura espressione geografica

di Giuseppe Brivio

L’influenza dell’atti-vità umana sui cam-biamenti climatici in

atto non è scientificamenteprovata, ma il problema del-le crescenti immissioninell’atmosfera di anidridecarbonica e di gas inquinan-ti esiste, è una realtà innega-bile. E non c’è alcun dubbioche occorra porvi riparo inmodo efficace e in tempi ilpiù possibile brevi.Tutto ciò è stato tra l’altrosottolineato nella conferen-za sul clima, organizzata nonmolto tempo fa a Milanodall’International Panel onClimate Change (IPCC); nelcorso dei lavori era stata in-fatti ribadita la necessità difare entrare in vigore e di at-tuare rapidamente il Proto-collo di Kyoto, che purtrop-po continua a rimanere sostanzial-mente a livello di idea soprattutto perl’opposizione degli Stati Uniti d’Ame-rica e per la continuamente rinviata ra-tifica da parte della Russia.E’ per questa situazione di stallo chel’Unione europea si è data come obiet-tivo quello di avanzare unilateralmen-te nella applicazione delle misure pre-viste dal Protocollo di Kyoto; essa de-ve essere incoraggiata a proseguire suquesta strada, anche se non si può sot-tacere il fatto che le misure indicate dalProtocollo richiedono per la loro ap-plicazione costi non lievi a carico del-le economie degli stati membri, con ilrischio di penalizzarne la competiti-vità internazionale.Solo l’Unione europea, a mio avviso,è oggi in grado si svolgere verso i pae-si industrializzati un ruolo di iniziati-va e di stimolo per la introduzione dipolitiche di miglioramento ambienta-le e di transizione verso lo svilupposostenibile auspicato da molti, ma sen-za strategie concrete o con anacroni-

stica visione naziocentrica.Negli anni più recenti sia l’Unione eu-ropea che i singoli stati membri hannodimostrato di condividere la necessitàdi perseguire lo sviluppo sostenibile ehanno spesso manifestato ampia di-sponibilità per la messa in atto dellemisure di Kyoto. Durante il Consiglioeuropeo di Goteborg è, ad esempio,stato approvato il programma dellaCommissione sullo sviluppo sosteni-bile, intitolato “Ambiente 2010: il no-stro futuro, caratterizzato da impegnistringenti per contrastare i cambia-menti climatici, per proteggere la na-tura e la biodiversità, per difendere lasalute pubblica e migliorare la gestio-ne delle risorse naturali”.I programmi dell’Unione sono peròvanificati dal fatto che l’Europa è an-cora politicamente divisa e al suo in-terno convivono perciò tante politicheambientali quanti sono gli stati mem-bri, ora ben venticinque! Inoltrel’Unione europea non dispone né delpotere politico per introdurre

sull’intero continente le ne-cessarie misure di transi-zione verso lo sviluppo so-stenibile (già lucidamenteindicate nel Piano Delorsdel 1990), né di un bilancioadeguato per finanziare lo“shock” tecnologico e la co-struzione di infrastruttureeuropee, che una transizio-ne verso lo sviluppo soste-nibile necessariamentecomporta.Appare pertanto evidente chesenza un governo europeodemocratico capace di agi-re l’Unione europea non è ingrado di esprimere una poli-tica estera autorevole, neces-saria per negoziare con gli al-tri paesi industrializzati e invia di industrializzazione itempi, i modi e i provvedi-menti, ma anche per stabilire

i parametri necessari alla transizioneverso lo sviluppo sostenibile, per eser-citare una credibile leadership a livel-lo mondiale, per sostenere il suo pro-gramma e per trattare con gli Usa, suun piano paritario, la revisione delle at-tuali posizioni unilateralistiche ame-ricane. Appaiono alla luce di questeconsiderazioni ugualmente velleitariele iniziative internazionali anglo-ita-liane e franco-tedesche….L’Unione europea, dotata di istituzio-ni federali, modificherebbe gli attualiequilibri di potere nel mondo e spin-gerebbe gli altri subcontinenti a costi-tuire loro federazioni regionali. Perquesta via l’Unione europea potrebbesvolgere un ruolo decisivo per unamaggiore e migliore governabilità glo-bale anche dei problemi ambientali.Utopie, dirà qualcuno; ma non vi sonoalternative, pena la tragedia dell’impo-tenza e la scomparsa dell’Europa comesoggetto politico e la decadenza di que-sta parte del Continente Antico, ridot-ta a pura espressione geografica! ■

E U R O PA

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Ci sono novità significative nelDpef, molte affermazioni co-raggiose, alcuni impegni im-

portanti, ma si poteva fare di più e al-cuni passaggi suscitano perplessità.Soprattutto rimangono molte questioniaperte.Sui conti pubblici il Dpef e il nuovo mi-nistro dell’Economia inaugurano unastagione di trasparenza che potrà gio-vare al dibattito di politica economica.Manca in particolare una indicazionesul timing degli sgravi fiscali che l’ese-cutivo intende attuare.In assenza di questa informazione èdifficile valutare la congruità del qua-dro macroeconomico programmatico.

Perchè poi la “manovrina” del luglio2004 di 7,5 miliardi di risparmi (pariallo 0,6 per cento del PIL) dovrebbeavere un effetto recessivo sull’econo-mia, mentre l’aggiustamento ben piùforte degli anni successivi dovrebbe ac-celerarne la crescita?Forse è perché si pensa che la riformafiscale avrà effetti espansivi sulla do-manda interna?Potremmo essere d’accordo, ma alloravorremmo saperne di più.Potrebbe essere per via degli interventidi liberalizzazione previsti?Anche questo è possibile; ma l’ipotesisulla evoluzione della domanda finaleinterna (una crescita media del 2,5%

l’anno tra il 2006 e il 2008) è troppoimportante per essere sottaciuta.E’ evidente che per la finanza pub-blica si prospettano tempi assai diffi-cili.Anche tralasciando eventuali sgravi fi-scali, l’aggiustamento richiesto per il2005 (ottenuto confrontando l’indebi-tamento tendenziale con quello pro-grammatico) è pari all’1,7% del PIL(24 miliardi di euro e questo assu-mendo che l’ANAS venga scorporatadai conti delle amministrazioni pubbli-che).Nel 2006, l’esigenza di sostituire le“una tantum”, che si esauriranno, conmisure strutturali (0,5 per cento del

Analisi critica delDocumento di Programmazione

Economica e Finanziariadi Alda Fioravanti

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PIL) e l’ulteriore aggiustamento richie-sto (a quel punto lo scarto fra tenden-ziale e programmatico sarà salito al 2,1per cento del PIL) richiederanno la ma-novra pari all’1% del PIL, in aggiuntaa quella dell’anno precedente.Arriviamo così a una manovra di pocomeno di 40 miliardi su due anni.Se teniamo poi conto anche dell’esi-genza di finanziare eventuali sgravi fi-scali (altri 13 miliardi), e degli effettidel rinnovo dei contratti dei pubblicidipendenti (di difficile quantificazionema che rischia di gravare non poco suiconti pubblici) superiamo i 50 mi-liardi.E’ per questo che l’ipotesi sugli effetti“keynesiani” o “non-keynesiani”dell’aggiustamento fiscale è tanto im-portante e dovrebbe essere discussaapertamente.Ma rimaniamo ai 50 miliardi totalidelle prossime due Finanziarie: in chemodo si potrà realizzarli?Significativi tagli di spesa sono diffi-cili da individuare nel momento in cuisi afferma che “scuola, sanità, sicu-rezza e servizi sociali non avranno a ri-sentire della politica economica delGoverno” e “particolare attenzioneverrà prestata a potere di acquisti”:quest’ultima affermazione (p. 27 delDpef) lascia presagire un atteggia-mento non proprio rigoroso in occa-sione dei prossimi rinnovi dei contrattidel settore pubblico. Dobbiamo quindiattenderci interventi sulle accise?Oppure si prevede che una più effi-ciente gestione del patrimonio pub-blico - le concessioni ad esempio - diafrutti importanti?Anche ciò è possibile, ma vorremmosapere in che misura si prevede che cia-scuna voce contribuirà.“Un euro in meno di aiuti alle impreseper un euro in meno di Irap” avevachiesto il presidente di Confindustria; ilDpef è molto meno ambizioso.I tagli ai trasferimenti alle imprese ven-gono sostituiti da finanziamenti agevo-lati, tagli “finti” quindi, in quanto i pre-stiti agevolati, pur non essendo conteg-giati nel disavanzo di competenza, con-tinuano ad alimentare il debito, con ilrisultato o di farlo crescere oppure, piùprobabilmente, di lasciare meno spazioper una riduzione dell’Irap.In materia fiscale coraggioso è invecel’impegno (p. 30) ad aprire le ostilitàcon Bruxelles sulla differenziazione re-gionale delle aliquote sui profitti.La Commissione e la Corte di Giustiziafanno risalire il divieto alla differenzia-

zione regionale delle aliquote a un’in-terpretazione dell’articolo 92.1 del trat-tato.Esso tuttavia esclude “aiuti di Statoche distorcano la concorrenza”, nonla differenziazione regionale delle ali-quote.Per la teoria occorre dimostrare cheuna regione è specializzata nella pro-duzione di pochi beni, che essi sonoprodotti da imprese con un elevato po-tere di mercato, e che perciò una modi-fica delle aliquote altera la concorrenzainternazionale: non pare esser questo ilcaso del Mezzogiorno.Nessuno ci ha ancora spiegato perchél’Irlanda può decidere autonomamentele proprie aliquote (purché il bilanciopubblico complessivo non violi i limitidel patto di stabilità) e la Scozia no.La motivazione formale (l’Irlanda èuna nazione indipendente, la Scoziano) è debole.Come debbono interpretarla i cittadinidel nostro Sud, oppure i baschi, chehanno simili problemi con Bruxelles?Come un invito alla secessione?Vi saranno nuove misure “una tan-tum”?Dalla Tabella III.4 si comprende che lenuove “una tantum” saranno pari a0,8% del PIL nel 2004 e 0,5% nel2005. Poiché più avanti si legge che iprovvedimenti adottati dal governo conil decreto di luglio 2004 saranno resistrutturali, ciò significa che dobbiamoattenderci ancora una dose cospicua diuna tantum.Non vogliamo neppure pensare chequeste “una tantum” includano altricondoni, tanto più che ripetutamenteil Dpef pone come obiettivo “il contra-sto dell’evasione fiscale”.È quindi essenziale che il ministrodell’Economia chiarisca quali “unatantum” intende utilizzare nel 2004 enel 2005.Se, come pare, una quota importantederiverà da nuove dismissioni immobi-liari, vorremmo essere rassicurati che icosti dell’eventuale ri-affitto da partedelle amministrazioni pubbliche di im-mobili dismessi sia stato conteggiatonelle spese degli anni successivi.L’impegno sulle dismissioni è corag-gioso, ma vorremmo sapere in che mi-sura la cifra indicata (120 miliardi fra il2004 e il 2008, una cifra enorme) si di-stribuirà tra dismissioni immobiliari ecessioni di aziende.La differenza è importante - oltrequanto abbiamo scritto sopra sugli ef-fetti della vendita di immobili pubblici

sui bilanci futuri - perché solo quantoricavato dalle cessioni di aziende va inriduzione del debito pubblico.Per rendere vincolante questo impegnostraordinario (per raggiungerlo, è benericordarlo, sarà necessario cedere com-pletamente al mercato e non alla CassaDepositi e Prestiti, Enel, Eni, Finmec-canica e ancora saremmo solo a metàstrada) è opportuno, come fece a suotempo il governo Ciampi, tradurlo inun “Calendario delle privatizzazioni”da presentare in Parlamento con i nomidelle aziende le cui azioni verranno ce-dute, le modalità di cessione ed i tempidelle operazioni.Altrimenti come si fa a credere che unamaggioranza che in tre anni non havenduto altro che una piccola aziendadi tabacchi, improvvisamente smobi-lizzi tutte le partecipazioni dello Stato?“Una politica di soli tagli senza un di-segno di sviluppo provocherebbe poiun violento rallentamento della cre-scita, vanificando il raggiungimentodegli obiettivi di finanza pubblica.Liberalizzazioni, privatizzazioni diservizi e la riforma delle professionisono quindi parte integrante degli in-terventi per stabilizzare la finanzapubblica”.Questa affermazione e gli impegni cheessa sottende potrebbero essere la partepiù innovativa del Dpef e della politicaeconomica del nuovo ministrodell’Economia.E invece, all’atto pratico lasciano moltodelusi.“Riforme in questo senso verranno pro-poste al Parlamento in tempi rapidi”, silimita a dire il Dpef: come tante voltenel passato, è “wishful thinking”.Se davvero le liberalizzazioni sonoparte integrante della prossima leggeFinanziaria, esse devono essere resecerte inserendole nel disegno di leggecollegato alla stessa Finanziaria.Come si può pensare che una maggio-ranza che sinora ha protetto tutte le pro-fessioni e le corporazioni di questopaese, che si è sempre strenuamenteopposta alla privatizzazione delle ex-aziende municipali di servizi, improv-visamente smantelli gli albi professio-nali o privatizzi le aziende di servizi lo-cali?C’è un solo modo per obbligarla afarlo: condizionare a queste liberaliz-zazioni l’approvazione della Finanzia-ria.

Il ministro dell’Economia lo sa bene:coraggio, professor Siniscalco! ■

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Èquesta la risposta che vieneda una parte della comunitàislamica che a Milano rifiu-

ta di iscrivere i figli alla scuola su-periore statale se non verrà istituitauna classe composta esclusivamen-te da studenti islamici. La chiave dilettura del problema è stata varia, siè aperta una battaglia pseudo-ideo-logica, senz’altro politica. Eviden-temente queste persone non vo-gliono integrarsi, non vogliono chei loro figli si aprano a valori di plu-ralismo, di tolleranza e di confron-to culturale. Si rifiutano di inserir-si e si autoghettizzano. Alla basesostanzialmente c’è intolleranza,c’è disprezzo nei nostri confronti,c’è il rifiuto per i valori della nostracultura, della nostra civiltà. Sarà beneche si abbia il coraggio di dirlo chiara-mente e di riflettere da dove derivino eche cosa comportino certe richieste in-vece di arrovellarsi in strane disquisi-zioni e cercare motivi per comprende-re, giustificare e avvallare. La scuola inItalia è sempre stata aperta a tutti colo-ro che volessero frequentarla indipen-dentemente dal colore della pelle, dal-la nazionalità e dalla confessione reli-giosa. E’ stato così in tutta la storiadell’Italia repubblicana, vi è sempre sta-ta una tranquilla e normale convivenzacon ragazzi provenienti da varie partidel mondo, portatori di altre culture,con i quali siamo convissuti nel rispet-to reciproco. Solo con gli integralistiislamici si è posta la questione.Dopo il no del ministro Moratti che haritenuto la formazione di una classe persoli islamici incostituzionale, il proble-ma è sospeso e al momento in cui scri-vo non so quale soluzione gli verrà da-ta.Forse la via più praticabile è quella diuna scuola parificata di impronta isla-mica.Ovviamente non parliamo di vera inte-grazione, perché integrazione è staretutti insieme, imparare a conoscersi, arispettarsi, a confrontarsi e a convivere.Siamo ben lontani da tutto questo, noncerto per colpa nostra. Temo fortemen-te che alla fine si troverà un disonore-

vole compromesso e vinceranno loro.Vinceranno perché questa è una guerranon dichiarata, ma giocata sul filo deldisprezzo, dell’arroganza, del razzismonei nostri riguardi.Si vuole l’isolamento perché alla base viè il fanatismo, che è purtroppo il mag-ma da cui nasce il terrorismo.La scuola italiana è laica e pluralista,ma se si costituiscono delle classi persoli islamici, perché eguale opportu-nità non viene data agli ebrei, ai bud-disti, ai testimoni di Geova, insomma atutte le religioni presenti sul territorioitaliano?Basta che lo chiedano e non vedo comepotremmo rifiutare.Alla faccia della laicità della scuola tan-to sbandierata e messa sotto i tacchi pro-prio dai suoi più “convinti” sostenitori.Abbiamo anche la decenza di non fareparagoni con le scuole gestite da reli-giosi cristiani, perché queste non sonodei ghetti integralisti che emarginanochi non è cristiano, non sono dei luoghifondati sull’esclusione del diverso,sull’odio che genera la paura dell’inte-grazione.La scuola islamica nascerebbe invececon classi blindate “rispettose della tra-dizione islamica” e mi chiedo comequesto si concili con l’articolo 33 dellaCostituzione che prevede… “un tratta-mento equipollente a quello degli alun-ni delle scuole statali”.

Non per essere venale, ma chi pa-gherebbe, nell’ottica dei sostenito-ri della classe islamica proposta dalcollegio docenti al liceo G. Agnesila classe per soli islamici? Visto chel’articolo 33 della Costituzione vie-ne invocato quando si tratta del buo-no scuola, perché lo stato dovrebbeistituire all’interno delle sue strut-ture delle classi differenziate paga-te interamente dalla comunità?Oggi questa questione è all’ordinedel giorno e sta catalizzando l’inte-resse dei mezzi d’informazione, maè sbagliato considerarlo in modoisolato, va inserito in un’ottica piùampia e letto in relazione ai proble-mi che la convivenza con gli inte-gralisti islamici continua a porre al-

la nostra società.Ricordiamone alcuni fra quelli che han-no più interessato l’opinione pubblica.Una volta vi è stata la pretesa di AdelSmith di togliere il crocefisso dallescuole frequentate dai suoi figli, un’al-tra volta un’infermiera milanese ne ave-va voluto la rimozione dall’ospedale incui lavorava altrimenti non avrebbe ri-preso la sua attività, poi vi è stata la ge-niale pensata di un medico di Firenze dipraticare l’infibulazione “dolce”.Ogni anno in dicembre i giornali ci dan-no notizia dello stupido pudore di alcu-ne maestre a ricordare il Natale nelleloro classi per non offendere i bambinimusulmani ed ora, dulcis in fundo, la ri-chiesta di classi per soli musulmani.Il gioco è chiaro: hanno capito quantosiamo deboli (per non dir di peggio), al-zano progressivamente la posta, ci man-dano in fibrillazione con sempre nuoverichieste, e alcuni, troppi di noi abboc-cano.Anzi, si riempiono pagine di giornali, sifanno dibattiti televisivi, ci si divide e cisi scontra invece di mandarli a quel talpaese.Non sono momenti isolati, sono anellidi una catena che dobbiamo spezzarealtrimenti un giorno ci impiccheremoall’albero della nostra inettitudine, del-la nostra stupidità, della nostra viltà. ■

* Docente di italiano e latino nel Liceo Berchet di Milano

Integrazione? No, grazie!di Pierangela Bianco*

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VERGOTTINI

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Sussia, (1000 s.l.m.) sulle alture di S.Pellegrino Terme, in Valle Brembana,è una piccola, antica e storica frazio-

ne isolata ed abbandonata.Una chiesetta, una ventina di case e stalle,sparse fra pascoli e boschi, con sentieri or-mai impraticabili.Il posto, bellissimo, si raggiungeva a piedicon un’ora di cammino attraverso una mu-lattiera poi deturpata dal passaggio dellemoto da cross, nonostante ci sia da semprestato il divieto.Dopo quarantacinque anni di attese Sussiaha avuto finalmente tutti i permessi peravere una strada agro-silvo-pastorale.Grazie alla Associazione degli “Amici diSussia” e alla disponibilità di tecnici e di al-pini volontari i lavori sono in corso, maprocedono molto a rilento.Non ci sarebbero più soldi per procederedopo i primi aiuti degli enti locali.E’ proprio la mancanza di sovvenzioni cheimpone risparmi, economie e ritardi.Appena la agro-silvo-pastorale arriverà aSussia, la Associazione, oltre ad aver curadell’ambiente montano, si propone di ri-costruire la piccola scuola diroccata perrealizzare un museo-bivacco a ricordo del-la Guida Alpina del CAI, nativa del luogo,Antonio Baroni (1833-1912), pioniere sul-le nostre Alpi.Il pronipote di Antonio, il cinquantacin-quenne Gianni, scapolo ed unico abitanterimasto nella frazione, va e viene di gior-no e di notte da Sussia perchè è operaio tur-nista nello stabilimento del paese.Gianni, visti i ritardi dell’agrosilvopasto-rale, con un elicottero si è fatto trasportareun trattore sull’altopiano, ma si sente pre-so in giro come è stato prima per suo pa-

dre e per i vecchi del posto, spentisi so-gnando la piccola strada promessa: altri sisono rassegnati ad abbandonare tutto.Altri montanari, nativi del posto, ormai in-vecchiati, salgono spesso, con nostalgia edolore, per verificare come le loro pro-prietà stiano andando sempre più in rovi-na. Io stesso, originario di Sussia, ora ses-santaseienne, salivo ogni sabato e domeni-ca, e come una formica, a volte aiutato dapochi altri, curavo un po’ il bosco e la miacascina. Portavo sempre lassù, caricato sul-le spalle, mio figlio Emanuele, disabile.Lui ora ha nove anni e porta i tutori, quin-di il tragitto a piedi è più difficoltoso perambedue.Chi vuole travisare la verità dichiara che inostri desideri sarebbero solo piagnisteiche nasconderebbero fini speculativi.Noi insomma saremmo fissati a voler cu-rare la montagna abbandonata: per altri lamontagna vivrebbe meglio senza le agro-silvopastorali e senza montanari.Nel frattempo i ruscelli, una volta limpidied ammirati, ora sono intasati da piante esterpaglie, ad ogni temporale diventanotorrenti minacciosi che a valle creano spes-so gravi danni che si aggiungono a quellicausati dalle piene del Brembo.Non è giusto che quattro sapienti, a tavoli-no, ignorando volutamente le cause di que-sti eventi, ignorando le fatiche e la culturacontadina, decidano le sorti di una monta-gna abbandonata condannandola definiti-vamente a morte.I decantati parchi non possono esistere sen-za la presenza di montanari e senza le cu-re dei boscaioli serviti da percorsi trattora-bili. In altri paesi, questa politica ha porta-to evidenti benefici alla natura: non si può

pensare solo alla montagna in funzione distrutture sportive, alberghiere o di altro ge-nere.San Pellegrino Terme, cittadina turistica ed’elite, da anni piange continuamente per-chè una volta era famosa per le sue acquee per i suoi illustri ospiti, mentre ora si sen-te decaduta.Un Casinò, un Grand Hotel fatiscente, unafunicolare da anni fuori uso, alberghi e vil-le in disuso ...... uno stile liberty da salva-re! Si rimpiange una belle epoque che nontornerà più, in compenso ci sono viali dacurare, problemi da risolvere e progetti darealizzare, altro che dover pensare allamontagna abbandonata!Il nostro sindaco, dottore in legge, nato inFrancia perchè i genitori allora erano mon-tanari emigrati, potrebbe essere sensibileverso il mondo rurale, e forse lo sarà incuor suo, ma sostiene che Sussia, seppur siasempre stata inserita nei suoi programmi,come lo è sempre stato anche per le mino-ranze, non è assolutamente nella lista del-le priorità. Pur essendo la agrosilvopasto-rale promossa da tutti i predecessori giàda1 1955, lui non intende modificare i suoiprogetti politici.Se le sovvenzioni per Sussia non arrive-ranno sarà difficile che i progetti propostisiano realizzabili nel breve termineSan Pellegrino Terme, giustamente, ten-terà sempre di essere un paese turistico, dicura e di cultura, ma in attesa di un rilan-cio potrebbe valorizzare le sue alture, ric-che di pascoli ed alpeggi estivi.La montagna abbandonata è un perico-lo, ma non può diventare oggetto di pro-paganda politica, di destra, di centro odi sinistra: richiede interventi urgenti. ■

Una storia che ha dell’inverosimiledi Pietro Tòcio

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Afianco di questo, è altrettantosemplice constatare come oggi,nel momento in cui si fa un’at-

tribuzione di senso o si conferisce ad unconcetto una certa quota di significato,si genera una involontaria semiologia(così si dice), alla quale i giovani, spe-cie gli studenti, sono attentissimi, e mol-to ricettivi.Il problema sorto col’68 non fu tanto nell’in-tentare un atto di prote-sta diffuso, di tipo ver-ticistico (così in generesi configura un movi-mento) e poco propensoad ascoltare, bensì fuquello di considerareche “Tutto è politica”.Questo fu un errore.Og-gi, oltre alle difficilicondizioni economichein cui versa la vita dimolti cittadini, si captanel parlare comune che“più che la politica, èl’economia a stabilirele ragioni di un discor-so”.Non si può nascondereche anche questo suonaun po’ come un para-dosso.Sembra quasi di scor-gere un senso di arren-devolezza, di disimpe-gno, di demandare cioèad altri il proprio ap-porto di pensiero.Che il pensare politica-mente offra, a volte,chiavi di lettura per di-scernere il quotidiano,questo è risaputo.E ciò, chiaramente, al fine di non rav-visare sola cronaca (o tutto cronaca),ma di cogliere anche quelle dinamichee quei riflessi che incidono su di noi esulla nostra stessa società.In termini filosofici sembra prevalere

l’idea del “pensiero debole”, di quelpensiero, cioè, che non osa più inda-gare sulle cause ultime (o prime) chedeterminano il reale.Quasi speculare a questo è il compari-re del termine “società complessa”.Una società, cioè, talmente ricca discambi e interferenze che, alla fine, sipresenta come un qualcosa di non deci-

frabile.Eppure, già, il solo considerare che iltermine società - aggettivi a parte - og-gi appaia così in disuso, è sufficiente aravvisare quanto la dimensione comunesia così tenuta sottotono.

Il tabù che occorre affrontare nellarealtà di ora pare quello di andare oltrei nessi semiologici e i confini entro cuiè relegato il pensiero, per indagare e ri-flettere su una società che è di tutti.E questo senza sentirci estranei. Altri-menti è bene rimarcare i perché ed ipercome, seguendo un percorso argo-mentativo che possa essere facilmente

inteso e interpretato, emagari anche condiviso.Chiudersi nella realtàdel proprio io impediscedi cogliere aspetti, anchealtri, che poi finiscono aripercuotersi e a riflet-tersi, che ci si renda con-to o meno, sul nostrostesso io.La fedeltà alla propriaidentità è importantetanto quanto il difende-re quelle condizioni didemocrazia e libertà chestanno alla base del con-testo in cui siamo chia-mati a vivere.Non si tratta tanto di an-dare contro un sanoegoismo, ma di favorirequella promozione e va-lorizzazione della di-gnità di ogni personache qualifica e impre-ziosisce la società.Non è un caso che ItaloCalvino, nel suo libro“Le città invisibili”,chiamasse la città pro-prio con il nome di unadonna.Il fine, chiaro, è quellodi ricostituire quei pre-supposti che consentano

un dialogo sereno e senza preconcet-ti, altrimenti se il termine società sfug-ge al cittadino comune, siamo convin-ti che il parlare di sé, anche oltremo-do e oltremisura, sia proprio una so-luzione? ■

TRA IL SÉ E GLI ALTRIdi Luigi Oldani

Scrive Gaetano Berruto, ordi-nario di linguistica italianapresso l’Università di Zurigo,nel suo volume Sociolinguisti-ca dell’italiano contempora-neo: “Una sfera di discorsoprima tabuizzata e ora, a quan-to pare, venuta in primo piano,è il parlare di sè. Il tabù dellapersona e della sua sfera pri-vata (…) è intenzionalmenteviolato molto più di una volta”.

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La parrocchia della Beata Vergine delRosario è una parrocchia giovane. Il suoprimo illuminato parroco, Don Giovan-ni Maccani, viene nominato il 1° mar-zo del 1966.Oggi è un’importante realtà religiosaed è anche, in Sondrio, una significati-va entità sociale che unisce, in comu-nità, le famiglie della zona ovest. Ani-ma di questa parrocchia, dal 1981, è,naturalmente, il suo terzo parroco, DonSilverio. Per capire compiutamente la fi-gura di questo amato sacerdote, donoprezioso del Signore, è necessario ri-farsi alle sue origini, alla famiglia: i Ra-schetti.

La famiglia è originaria di Forcola do-ve, nella zona della caurga, nacque, il23 agosto del 1914, Lino Raschetti fi-glio di Emilio e Maria. Lino aveva 14fratelli, l’ultima, Lidia, emigrata inSvizzera per lavoro, vive tuttora vicinoa Locarno.Lino per aiutare la sua famiglia, giova-nissimo, iniziò a lavorare nella segheriaFranzoni di Berbenno. Andava quoti-dianamente al lavoro in bicicletta. Eraun giovane ingegnoso e voglioso di fa-re. Imparava in fretta e quando tornavadal lavoro utilizzava il suo tempo perrealizzare piccoli mobili che abbelliva-no e rendevano più funzionale la casa

I RASCHETTI:la famiglia di Don Silverio

di Angelo Granati

Quarant’annidi sacerdozio nello spirito dei sani valori di un’umile famigliavaltellinese.

■ La famiglia Raschetti: da sinistra nella foto Papà Lino, Lina, Giulia in braccio a don Silverio, Giorgio, nonna Caterina, Anna Maria, mammaMaria Vittoria, Gianni e Giovanna Antida.

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dove abitava la sua numerosa famiglia.Già allora dimostrava grande abilità nel-le attività manuali e grazie alla sua crea-tività realizzava cose, non solo belle avedersi, ma ingegnosamente funziona-li. L’arredamento di una camera in ci-liegio è ancora amorevolmente conser-vato dai figli Silverio e Giovanna Anti-da e testimonia la passione e l’abilità diquell’abile artigiano. Lino aveva peròun’autentica grande passione: la mec-canica. Aveva ereditato l’estro dal papàEmilio, che pragmaticamente e polie-dricamente spaziava, nel suo creare, dal-la costruzione di stufe, che realizzava inloco recandosi a piedi fin in Valmalen-co, alla riparazione o costruzione diqualsiasi apparato meccanico. Per col-tivare la sua passione, Lino aveva, re-cuperando alcuni attrezzi del padre edutilizzando i suoi sudati risparmi, mes-so insieme un piccolo laboratorio arti-gianale dove realizzava, nel tempo li-bero, qualsiasi pezzo meccanico che,non di rado, ideava ingegnosamente dasè e che, sovente, si rivelava ben piùadatto allo scopo del pezzo originaleche gli avevano commissionato.A 24 anni, nel 1938, Lino sposava lacompagna della sua vita: Maria VittoriaMottalini.L’anno dopo nasceva il loro primo-genito: Silverio. La felicità e la serenitàdella novella famigliola fu turbata dal-la perdita, a soli cinque mesi, della se-condogenita Antida. Vennero poi, ad al-lietare la felice unione di Maria Vittoriae Lino, altri figli: Giovanna Antida che,diventata Suora Salesiana, e dopo averservito per tanti anni nell’Ordine, haavuto il permesso, prima, di curare lapropria mamma Maria Vittoria nei suoiultimi anni e, poi, di restare accanto alfratello, per aiutarlo a condurre la Par-rocchia; Anna Maria, prematuramentescomparsa quando aveva solo quattor-dici anni; Lina che oggi vive a Milano;Gianni che aveva ereditato le abilità ar-tigianali del padre, morto a soli 43 an-ni; Giorgio che lavora in Banca d’Italiae vive a Milano e Giulia Maria, ultimanata nel 1955.Di questa grande famiglia faceva parteanche Caterina, la mamma di Maria Vit-toria che, per una strana coincidenza, sichiamava anche lei Raschetti. Caterina,rimasta vedova del marito MottaliniGiovanni un reduce della campagna diLibia, era andata ad abitare con la figlia,aiutandola ad allevare la numerosa pro-le. Don Silverio e Suor Giovanna Anti-da la ricordano ancora oggi con grandeaffetto. Lino nel 1942 fu costretto ad

emigrare in Germania dove, lavorandonel settore ferroviario, rimase fino allafine della guerra. Dopo l’invasione del-la Germania da parte dell’Armata Ros-sa non diede sue notizie per molto tem-po. Erano anni caotici e la Germania,dopo la cruenta disfatta, viveva mo-menti terribili. La famiglia, in grandeapprensione per la sua sorte, visse unperiodo di grande tensione e di buietristezze. Nell’ottobre del 1945 quandoormai la speranza di vederlo tornare sifaceva sempre più flebile, Lino riuscì fi-nalmente a raggiungere la Valtellina eda riabbracciare i suoi cari. Quel giorno,nei ricordi di Don Silverio, è ancora benpresente. Era a scuola, frequentava laprima elementare e vennero a prender-lo, tra lo stupore dei compagni, il Sin-daco di Forcola e suo zio Siro per con-durlo a salutare il papà Lino tornato av-venturosamente dalla Germania. Lo ri-corda, quasi irriconoscibile, magro co-me un chiodo e palesemente provato.Lino riprese subito a lavorare e, in virtùdella sua abilità nella meccanica, cheaveva ulteriormente affinato in queglianni, fu assunto come attrezzista dallaDitta Carini. In breve, per l’abilità di-mostrata nelle riparazioni, conquistò lafiducia dei titolari e gli fu assegnatol’incarico di capo officina. La sua rico-nosciuta abilità, talvolta, lo portava, du-rante le riparazioni o le installazioni dinuovi macchinari, ad apportare in locomodifiche funzionali che si rivelavanopoi utili, non solo ai fini dell’ottimizza-zione operativa di queste macchine, maanche ai fini dello sviluppo delle po-

tenzialità operative delle stesse. In pra-tica riusciva a creare le condizioni perfar svolgere a quelle macchine nuoveutili funzioni non previste da chi le ave-va originariamente progettate. La suapassione, la profonda competenza, frut-to di anni di lavoro, l’estrosità e l’ap-plicazione della stessa nell’amata mec-canica, gli consentirono di realizzare al-cuni geniali brevetti che con giustifica-to orgoglio Don Silverio mi ha mostra-to: punzonatrici e stampi per la plastica,trance automatiche ed altri. Nel 1960la famiglia si trasferì a Sondrio in unacasa ottenuta grazie al prezioso interes-samento del Dr. Ugo Muffatti, che ave-va conosciuto quella brava famiglia diForcola attraverso Suor Giovanna Anti-da che, prima di seguire la sua vocazio-ne, aveva lavorato in casa del noto me-dico sondriese.In questo contesto umano ed ambienta-le maturò la vocazione del piccolo Sil-verio, giovane di origini modeste ma disani e saldi principi. Infatti, dopo le ele-mentari vissute, negli ultimi due anni, acontatto con il bravo Maestro GiulioSpini, entrò nel Seminario Minore diComo sotto la guida di Monsignor Eu-genio Fontana. Dopo il liceo classico,l’anno di propedeutica e gli anni di Teo-logia sotto la severa ma illuminata gui-da di Monsignor Carlo Gelpi, Silveriofu consacrato prete il 28 giugno del1964 (ha appena festeggiato i qua-rant’anni di sacerdozio) dal Vescovo diComo Monsignor Felice Bonomi nellabella e storica Cattedrale del capoluogolariano.

■ Lino Raschetti ed il suo ex datore di lavoro tedesco Walter Taschenbrecker a Rostockquaranta anni dopo.

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Don Silverio iniziò la sua opera di sa-cerdote per alcuni mesi come aiuto aDon Giovanni Maccani nei campeggidi S. Caterina e come collaboratore inCollegiata in stretta amicizia con i Sa-lesiani. Era Arciprete Mons. AmbrogioFogliani, che lo accolse per la sua pri-ma Messa.Nel novembre 1964 fu chiamato a Son-dalo come coadiutore di Don Pietro Pi-ni. Questa parentesi sondalina, nei ri-cordi di Don Silverio, vive ancora congrande intensità. Giovane prete entu-siasta ma inesperto, vive in quella Par-rocchia una ricca esperienza umana acontatto con una gioventù vivace, estro-versa ed esigente, ma forte, generosaed intelligente che lui chiama ancora,con evidente nostalgia, “i miei carimaion” (maion nel dialetto locale indi-ca i ragazzi). Da questa prima espe-rienza emergono già i tratti salientidell’opera pastorale di Don Silverio:profonda umanità, grande sensibilità,carica vitale, semplicità, spontaneità,attenzione alle esigenze dei parrocchia-ni, in particolare dei giovani e degli an-ziani, grande attenzione alla famigliaed al ruolo religioso e sociale della stes-sa, profondo rispetto della personalità edelle caratteristiche individuali dei suoiinterlocutori, grande tolleranza e divinapazienza, ma anche fine abilità relazio-nale e discorsiva. E’ presto benvoluto,soprattutto tra i giovani ed i bisognosi.Aiuta senza clamore e fa del bene, sen-za distinzioni di sorta, con spontaneitàe candore. In molti a Sondalo lo ricor-dano ancora oggi con nostalgia! Forseper queste sue preziose doti viene, nel1972, chiamato dal Vescovo, a Como,come educatore presso il Seminario Mi-nore. Vive 9 anni intensissimi che han-no lasciato un segno in lui ed in tuttiquei ragazzi che lo hanno avuto come ri-ferimento. Molti di questi sono staticonsacrati Sacerdoti ed alcuni, comeMonsignor Andrea Coelli, Rettore delSeminario di Como, svolgono nellaDiocesi un ruolo primario. Nel 1981 Don Silverio viene chiamato,finalmente, a Sondrio per guidare la Par-rocchia che fu di Don Maccani. Da 23anni è con noi, terzo parroco dopo ilfondatore e Don Giuseppe Pozzi. Lohanno aiutato in questi lunghi, proficuianni, Don Gerardo Bernasconi, DonPietro Mitta, Don Ferruccio Citterio edal luglio 2004 Don Rodolfo Sterlocchi.In questi anni l’infaticabile Don Silve-rio ha anche curato con quella passionee quella laboriosità che ha certamente

ereditato da papà Lino, con encomiabi-le avvedutezza e non comune capacitàrealizzativa, le opere artistiche che laParrocchia può vantare. In primis il San-tuario della Sassella, biglietto da visitadella città di Sondrio. Chi non ammiraquella caratteristica chiesetta arroccatatra i vigneti terrazzati all’ingresso delcapoluogo valtellinese? Quanti giovanisondriesi, nel passare in treno o in mac-china, non la sognano quando pensano

di unire il proprio destino aquello di un’anima gemel-la? Dobbiamo ringraziareDon Silverio e tutti coloroche hanno risposto al suoappassionato appello edhanno voluto concretamen-te aiutarlo, per aver riporta-to questo magnifico esem-pio di architettura storico-religiosa a nuovo splendo-re. Altri significativi recu-peri sono stati effettuati osono in corso. Si pensi allecaratteristiche cappelle deimisteri o alla preziosa cap-pella di Triasso che è un si-gnificativo “Giseau” (san-tella) ristrutturato da alcunivolenterosi e bravi abitantidella frazione. Come unapiccola cappella francesca-na è stata, poi, artistica-mente ed abilmente deco-rata dal noto scultore e pit-tore di Delebio: GiuseppeAbram.Nello spirito di Don Mac-cani la Parrocchia dellaBeata Vergine del Rosa-

rio doveva essere aperta e missiona-ria. Così è stato anche in questi ulti-mi ventitré anni grazie a Don Silverioed ai suoi collaboratori. ■

■ Due brevetti di Lino Raschetti:Trancia automatica per troncatura,slabbratura e svasatura delle guide a “U”per tapparellePunzonatrice adattabile su estrusori perprofilati plastici per foratura tapparelle

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ENNEPI

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Tutti abbiamo visto nelle ripresetelevisive effettuate a Lourdes,Giovanni Paolo II, Papa della

Chiesa cattolica, come “un uomo fisi-camente provato, che fatica a respirare,con la palpebra sinistra pressoché fer-ma, con l’occhio umido, che asciugacon un fazzoletto con gesti automatici”così Henri Tincq descrive su Le Mondela figura del Papa davanti alla Grotta diMassabielle.La malattia che ha Giovanni Paolo II in-teressa il sistema nervoso centrale dipersone di età compresa fra i cinquan-ta e i settanta anni, è degenerativa eprende il nome dal medico inglese chela descrisse nel 1817, James Parkinson,altrimenti detta “paralisi agitante”.L’alterazione delle vie motrici accesso-rie, si manifesta con tremori, movimentiimpacciati, difficoltà a scrivere, a par-lare, a respirare, a causa dell’ipotoniamuscolare.Non interessa gli organi di senso e nem-meno le capacità intellettive.“Mi rendo conto con emozione, chesono giunto alla fine del mio pellegri-naggio!” così ha esclamato il Papa, vi-

sibilmente stanco per la fatica sostenu-ta, sabato 14 agosto alla fine della reci-ta del Rosario, davanti agli stupiti inviatispeciali.Il portavoce vaticano Joaquin Navarro-Valls, per evitare facili illazioni, ha im-mediatamente trasmesso un comunica-to in cui dichiarava che il Papa non in-tendeva dimettersi; poi aggiungeva: “Laevidente situazione fisica, è preoccu-pante per le difficoltà a parlare e a re-spirare; ogni giorno si avverte il decli-no; d’altronde la paralisi progressiva deimuscoli è l’evoluzione normale dellamalattia, diagnosticata nel 1996”.Il morbo di Parkinson all’inizio è sub-dolo, i sintomi sono vaghi: dolori allegambe e alle braccia, facile affatica-mento, irrequietezza, facile variazionedi umore e facile commozione ancheper motivi irrilevanti.Solo in seguito si manifestano i distur-bi più caratteristici, che sono il tremo-re e il camminare a piccoli passi con iltronco sbilanciato in avanti.Il decorso del morbo è pro-gressivo ma lento e condu-ce, fatalmente, alla totale im-

mobilità.La forma degenerativa interessa una zo-na circoscritta del cervello che producela dopamina, sostanza indispensabileper controllare con efficacia i movi-menti del corpo.I recenti progressi ottenuti nella medi-cina hanno migliorato le condizioni deipazienti e prolungato le speranze di vi-ta, diminuendo la rigidità muscolare e,in genere, le difficoltà motorie.In diversi momenti del pellegrinaggio,Papa Woitila si è rivolto con brevi mes-saggi agli astanti; vorrei ricordarne unoparticolare, diretto alle donne, definiteper l’occasione “sentinelle dell’invisi-bile”.“Voi donne, avete una importante mis-sione in questi anni dominati dal ma-terialismo, dall’edonismo e dalla in-differenza ai temi religiosi, perché que-sti valori possono essere percepiti solocon gli occhi del cuore!”.E poi ancora, facendo appello alla loronaturale fierezza e alla difesa della lorodignità: “Difendete la vostra Libertà!Non siate passive nei dibattiti, fate co-noscere il vostro punto di vista!”. ■

Messaggio del sofferentePapa Giovanni Paolo II a Lourdes

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Tre giorni dopo la scoperta dellasorgente, alla nona apparizionedella Madonna a Bernardetta

Soubirous, alla Grotta di Massabielle(Lourdes) cominciarono a fiorire le gua-rigioni.Siamo nel febbraio del 1858. Ci si do-manda: perché?La Madonna, nelle successive appari-zioni, non ne parla.Accade qui, forse, quel che accadeva aGesù: le guarigioni avvaloravano il suoinsegnamento, in presenza della Fede.Gente di ogni nazionalità viene in que-sta città sui primi contrafforti dei Pire-nei, al Santuario della Madonna, in pel-legrinaggio da ogni parte della Terra,con Fede, Speranza, Carità e preghiera.Sono credenti e infermi, molti hannouna Fede non tiepida e credono senzaesitare anche a ciò che sfugge alla vistamateriale e fissano il desiderio là dovenon si può arrivare con lo sguardo.“La Fede è forza di cuori ardenti e lu-ce di anime salde”, scrive S. Leone Ma-gno.Questo è il motivo, nella realtà di Lour-des, di guarigioni numerose ed ininter-rotte.“Si deve ricordare che non si tratta dimanifestazioni prodigiose, ma di gua-rigioni miracolose preternaturali, vis-sute nella discrezione, segni evidentidella vittoria della vita sulla morte -scriveva il dottor Vallet, già presidentedel Bureau Médical nel 1928 - perché,ho costatato, che nella storia di ogniguarigione soprannaturale che avvie-ne nella città delle apparizioni, hannoun valore di eguale portata due fatti: lacaduta inarrestabile di un organismo,condannato dalla scienza verso la mor-te e poi, a partire da un certo momen-to, il suo ritorno prodigioso verso laVita!”.“Questi miracoli di guarigione, resti-tuiscono la vita e, naturalmente, i pri-mi a sperare in una guarigione sono imalati e gli handicappati che i medicidei pellegrinaggi, i barellieri e i medi-ci del Bureau Médical accolgono comeinviati del Signore, come il Signorestesso”, scrive il dottor Patrick Theillier,

attuale presidente del Bureau Médical diLourdes.Il primo Bureau des Constatations Mé-dicales fu insediato nel luglio-agosto1883: centocinquantuno anni fa (n.d.r.).I primi controllori delle guarigioni ot-tenute per intercessione della Madonnaa Lourdes, come si legge in un articolodel marzo 1929 firmato da Padre Bu-rosse, furono i Missionari dell’Imma-colata Concezione (M. I. C.) fondati daP. Peydessus a Garaison.Uno di loro raccoglieva i dati dell’av-venuta guarigione, l’indirizzo del par-roco, del confessore e del medico cu-rante, poi si metteva in contatto episto-lare con ognuno di loro. Con le letteredi risposta e il racconto circostanziatodell’avvenimento, formava un fascico-lo che sottoponeva per un primo esameal dottor Vergez, professore all’Univer-sità di Medicina di Montpellier.Nel 1960 Vergez fu nominato presiden-te della prima commissione medica isti-tuita all’uopo da Mons Laurence.Vergez sulla base dei reperti caratteriz-zava il tipo di guarigione e, a sua volta,lo trasmetteva all’autorità ecclesiastica.Questi rapporti precisi e puntuali sonoraccolti negli Annali di Nostra Signoradi Lourdes negli Archivi della Biblio-teca del Santuario.Purtroppo il dottor Vergez non era sem-pre immediatamente disponibile, quin-di la stessa raccolta dei dati, fatta dai vo-lonterosi missionari, era spesso impre-cisa: gli stessi missionari si rendevanoconto che per le constatazioni scientifi-che occorreva la presenza di un medicosempre reperibile alla grotta.Per una serie di circostanze fortuite, Pa-dre Sempé, superiore dei Missionaridell’Immacolata Concezione, era dive-nuto amico del Barone Dunot di St.Maclou, e un giorno gli propose di con-sacrarsi allo studio delle guarigioni diLourdes.Il Barone aveva fatto studi su San To-maso d’Aquino e la “Summa Teologi-ca” lo aveva portato a laurearsi in me-dicina, era lettore assiduo dei rapportidel dottor Vergez riportati negli Annalidi Lourdes, quindi sembrava essere la

persona ideale.Il Barone fu ospitato per sei mesi nelconvento di Saint-Pons dagli Oblati diMaria Vergine, vicino a Nizza, e primadi decidere cercò di capire se fosse que-sta la volontà di Dio.“La Vergine apparsa a Lourdes desi-derava dimostrare scientificamente larealtà del soprannaturale e riconcilia-re la Scienza con la religione? Eraquesta l’importante missione a cui erastato chiamato?”.Queste domande lo tormentarono a lun-go, finché il dottor di St. Maclou si of-frì ai Missionari dell’Immacolata Con-cezione per essere “un piccolo operaiodi Maria”, come lui stesso si definì.Veniva a prestare la sua opera nel com-pleto disinteresse, voleva vivere in co-munità, ma volle pagare la sua pensio-ne fino alla morte che avvenne nel 1891.La sua laurea in medicina presso la fa-coltà Medica di Lovanio e i suoi studiteologici lo qualificarono per essere ilfondatore e il primo presidente del Bu-reau des Constatations Médicales diLourdes.Da allora tutte le guarigioni presentatea Lourdes devono passare al vaglio diuna commissione del Bureau, compostaattualmente da eminenti qualificatiesponenti di tutte le specialità dellascienza medica, che esaminano la do-cumentazione, verificano l’esattezzadella diagnosi e confermano che l’av-venuta guarigione è persistente nel tem-po.Attualmente i miracoli riconosciuti uf-ficialmente sono 67. ■

Le guarigioni a Lourdes:la grandezza della Fede

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pagine a cura di Alessandro Canton

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Mangiare i gatti è reato? Sicura-mente non è una cosa moltogradevole sia per i felini che si

vedono dar la caccia da sedicenti buon-gustai, e nemmeno per i veri buongustaiche appagati dall’italica cucina sicura-mente non sono abituati a mangiare i fe-lini e si accontentano della carne di al-tri prelibati animali.Un vegetariano avrebbe buon senno nelsostenere che comunque, gli animali so-no animali e non si dovrebbero man-giare comunque, ma noi dobbiamo fa-re i conti con quelli che sono i gusti e imodi di pensare di buona parte dellapopolazione nella quale i vegetariani edanche i vegani, seppure in aumento, ri-mangono comunque una minoranza.Torniamo al nostro gatto.Sappiamo tutti dellapredilezione per alcu-ne popolazioni di ori-gine veneta ma anchedi molti che vivononelle montagne nonlontani da noi per unbuon gatto in salmìmagari accompagnatodalla polenta.Sappiamo anche che inItalia cresce a dismisu-ra la presenza dei cine-si e per loro il gatto èun piatto abbastanza ti-pico della cucina loca-le specialmente delleregioni interne del subcontinente cinese.Ma in Italia mangiare igatti è vietato?Sì, in Italia mangiare ilgatto è vietato da tem-po, da quando esiste laprecendente legge ditutela degli animali diaffezione.Il rischio di fatto fino aqualche settimana faera limitato a una mul-ta seppure salata, orainvece con l’entrata invigore della nuova leg-ge mangiare il gatto diper sè non è reato.

Reato è invece uccidere il gatto per de-stinarlo alla cucina in quanto anche inquesto caso viene applicata la legge sulmaltrattamento degli animali di affe-zione: di fatto colui che commette ilgattocidio rischia di finire in galera.Ovviamente stiamo parlando per para-dosso, ma non troppo, in quanto sono inmolti a ricordare come i nostri vecchi(non tutti per fortuna) catturavano i fe-lini con apposite trappole e poi dopoaverli ammazzati crudelmente (un po’alla maniera dei conigli) li mettevanosotto la neve per ventiquattro o quaran-totto ore a “frollare”: solo dopo il po-rello finiva in una pentola per diventa-re il piatto forte della settimana.Una situazione tragica e assolutamenteinconcepibile oggi ma che invece sen-

za troppi rimorsi di coscienza era all’or-dine del giorno nei tempi di guerra e ca-restia e non solo nelle zone “tipiche”della passione per il “gatto in padella”ma anche nelle città, Milano compresa,dove trovare un gatto in tempo di guer-ra voleva dire mangiare carne prelibataper un paio di giorni per una famiglia disei o sette persone. E non stiamo esa-gerando.Non vogliamo con questo articolo farele lodi del gatto in padella, ne tantome-no tessere le lodi di chi aborrisce que-sta idea più per moda che per necessità.Vogliamo invece richiamare la situa-zione di oggi a fronte di quanto acca-deva in passato, senza dimenticare larealtà di fame e di carestia che non piùdi sessanta anni fa attanagliava l’italica

penisola.Oggi le questioni si pongonoper santa fortuna in manieradiversa rispetto al passato.Premettiamo che solamentemaltrattare un gatto o qualun-que altro animale da affezio-ne (e perché no anche gli altrianimali? si chiedono gli ami-ci animalisti) è reato punibilecon la galera.Quindi uccidere un gatto èreato.Mangiarlo di fatto è una cosaabominevole e si mettanol’animo in pace non solo gliamanti della specialità ma an-che i cinesi, che non lascianoscampo ai mici che finiscononei loro quartieri.La barbara ed assurda cru-deltà dell’ammazzare il gattotanto per mangiarlo deve es-sere definitivamente superatae non sarebbe male se la giu-stizia facesse qualche indagi-ne anche in quella direzione,magari anche solo a titolo di-mostrativo per spiegare che leleggi, anche quelle che permolti possono apparire menoimportanti, sono comunqueda rispettare e da far rispetta-re.Cinesi compresi. ■

Mangiare i gatti è reato?di Tito Lupi

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Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine

IREALP... IN AZIONEAlcune attività dell’Istituto ad agosto 2004

I PROGETTI LOCALIIREALP è impegnato, a livello locale, innumerosi progetti finalizzati a svilup-pare e promuovere i territori montanidell’arco alpino. Tra questi segnaliamo,in particolare:

INVENTARIO DELLE OPERE DI DIFESA DEL SUOLOIl progetto prevede la realizzazione di unsistema informativo delle opere di di-fesa del suolo della Regione Lombardiae la sperimentazione sul bacino cam-pione del torrente Mallero.

LINEE GUIDA PER LA REALIZZAZIONE DI SISTEMI DI MONITORAGGIO PER IL CONTROLLO DEI FENOMENI FRANOSIIl progetto prevede la realizzazione didue volumi contenenti le linee guidaper la realizzazione di sistemi di moni-toraggio per il controllo dei fenomenifranosi in aree alpine.

PROGETTO TERRAZZAMENTIIl progetto prevede lo studio di un mo-dello d’intervento per il recupero e la ri-vitalizzazione delle zone terrazzate diversante del Comune di Sondrio.

SUPPORTO TECNICO-PROCEDURALEIN FAVORE DEGLI ENTI LOCALI MONTANIIREALP fornisce, per il quarto anno con-secutivo, supporto agli Enti Locali del-la montagna lombarda che beneficianodel Fondo Regionale per la Montagnanell’individuazione dei progetti strate-gici per lo sviluppo sostenibile del ter-ritorio.

IREALP ha partecipato al bando del 2luglio 2004 sul programma comunitarioINTERREG III B Spazio Alpino con i se-guenti progetti:

PUSEMORIl progetto prevede l’analisi presso glistati partner dei servizi di pubblica uti-lità nelle zone di montagna, estrapo-lando quelli che si ritengono più im-portanti e/o necessari e applicandoli,con le dovute migliorie, in aree cam-pione, sotto forma di progetti pilota.Capofila: SvizzeraPartner: Italia, Austria, Francia, Germaniae Slovenia

ALPINE LAKES NETWORKIl progetto prevede la verifica e l’analisidegli aspetti ambientali, naturalistici,paesaggistici e socio-economici comu-ni alle zone attigue ai laghi alpini. E’ pre-vista, inoltre, una valutazione delle cri-ticità e di come sono state analizzate e

risolte nei vari paesi partner di progetto.Capofila: FranciaPartner: Slovenia e Italia

MOUNTAIN AGRIPLUSIl progetto prevede lo sviluppo di ricer-che, metodologie e progettazioni voltea ottenere una maggiore competitivitàdelle produzioni agricole montane. E’prevista, inoltre, l’applicazione dellestesse su zone campione per verificar-ne i reali risultati.Capofila: Italia (Regione Piemonte)Partner: Slovenia e Austria.

ALPTERIl progetto è finalizzato a contrastarel’abbandono e la scomparsa delle areeterrazzate dell’arco alpino, attraverso losviluppo di competenze, metodologie etecnologie comuni per la realizzazionedi interventi di recupero e rivitalizza-zione efficaci.Capofila: Italia (Regione Veneto)Partner: Italia, Austria, Slovenia, Franciae Svizzera

IREALP - Istituto di Ricerca per l’Ecologiae l’Economia Applicate alle Aree AlpineSede di Sondrio: Lungo Mallero Diaz, 3423100 Sondrio, SOUffici di Milano: Via Melchiorre Gioia, 7220125 Milano, MITelefono: 848.800.905 - +39.02.6797.161Fax: 02.6797.16200E-mail: [email protected] Sito Internet: www.irealp.it

In evidenzaluglio - settembre 2004 - Albergo Terme di Bagni Masino - Valmasino, SO“ANTICHI NUCLEI RURALIProgetto per il recupero e la valorizzazione”Mostra aperta a pubblico

6/8 settembre 2004 - Località Bagni Masino - Valmasino, SO20/22 settembre 2004 - Vilminore di Scalve, BGCORSO DI AGGIORNAMENTO PER PERSONALE DEL CORPO FORESTALEDELLO STATOEdizione 2004

9 ottobre 2004 (convegno) - 2/12 ottobre 2004 (mostra)Sala Assemblee - POLICAMPUS - Via Tirano - SONDRIO“CONVIVERE CON I RISCHI NATURALI”Spazio interattivo di formazione e informazione aperto a tutti: mostra e convegnonell’ambito del Progetto Internazionale RINAMED (www.rinamed.net)

10/12 novembre 2004 - Auditorium del Consiglio Regionale - Via F. Restelli, 4 - MILANO “LA LOTTA ATTIVA AGLI INCENDI BOSCHIVI: ORGANIZZAZIONE,METODOLOGIE E PROCEDURE A CONFRONTO”Convegno - Studio Internazionale

E QUELLI EUROPEI

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Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine

Dal 2 al 12 ottobre, al Policampus di Sondrio, IREALP allestisce uno spazio interattivo di formazione e infor-mazione, sul tema “Convivere con i rischi naturali”.L’iniziativa si svolge nell’ambito delle attività della Direzione Generale Territorio e Urbanistica della RegioneLombardia, nell’ambito del progetto internazionale RINAMED, “Elaborazione e realizzazione di una strate-gia comune tra gli addetti locali delle regioni dell’arco mediterraneo occidentale in materia di informazionee di sensibilizzazione della popolazione nei confronti dei rischi naturali”.E’ un progetto finanziato dal programma comunitario Interreg IIIB, Spazio MeddOcc.Lo spazio è aperto a tutti e offre l’opportunità di:• partecipare a un momento di approfondimento;• visitare una mostra;• consultare dei prodotti multimediali;• reperire materiale divulgativo.

Convegno “Convivere con i rischi naturali”Aperto a tutti, si svolgerà sabato 9 ottobre, alle ore 11.30.Si tratta di un momento di approfondimento incentrato sull’esposizione dei risultati finali della campagna di indagine sulla percezionedel rischio dei cittadini in due aree campione della montagna lombarda: zona di Colico e zona di Morbegno e Berbenno/Fusine.

Mostra “Convivere con i rischi naturali”Si tratta di un allestimento costituito da 8 pannelli e da un totem centrale, che ha lo scopo di mostrare come convivere con i rischi na-turali sia possibile. Non solo. La mostra offre l’opportunità di acquisire gli strumenti che rendono possibile questa convivenza: informa-zioni generali e specifiche e indicazioni di comportamento.I destinatari sono gli operatori della difesa del territorio - amministratori pubblici, gruppi e associazioni di volontariato, le forze opera-tive di soccorso, professionisti, operatori della comunicazione – e gli attori che vivono il territorio esposto ai rischi naturali - la popola-zione tutta.In particolare il percorso di visita è organizzato in queste sezioni:Il progetto Rinamed: le motivazioni iniziali, i suoi obiettivi, il parternariato internazionale coinvolto, gli assi d’azione e le iniziative realiz-zate.Che cos’è un rischio naturale: le tipologie esistenti, le classificazioni possibili, i fattori implicati e la loro quantificazione (pericolosità evulnerabilità), gli interventi possibili per affrontare i rischi naturali nelle diverse fasi.L’Arco Mediterraneo Occidentale: con una rappresentazione grafica vengono indicati i territori coinvolti dal progetto RINAMED e i re-lativi referenti istituzionali, che partecipano al progetto.I principali rischi naturali dell’arco mediterraneo occidentale, per ognuno dei quali viene esposta una breve descrizione, le classificazionipossibili, i potenziali effetti su popolazione, beni e ambiente. Inoltre, i visitatori hanno la possibilità di informarsi circa i comportamentipiù idonei che la società e il singolo individuo devono tenere prima dell’emergenza (prevenzione e previsione), durante (gestione dellacrisi) e dopo (recupero e ripristino).I rischi naturali affrontati sono quelli che interessano l’Arco Mediterraneo Occidentale: Inondazioni, incendi boschivi, frane, terremoti,nevicate e valanghe, fenomeni meteorologici eccezionali.Lungo il percorso di visita della mostra si prende coscienza di come la gestione del rischio sia preventiva e strategica rispetto alla ge-stione dell’emergenza, e di come coinvolga ogni attore della società civile: dal semplice cittadino all’amministrazione pubblica.Le persone fanno parte del rischio: sono uno dei fattori implicati.

I prodotti multimedialiGioco di ruolo, destinato agli studenti dagli 8 anni ai 18, che ha per scopo quello di rendere i partecipanti attori di uno spazio virtualeinteressato da rischi naturali ed esposto agli effetti delle derivanti situazioni d’emergenza.L’intento pedagogico è quello di sensibilizzare i giocatori alla nozione di rischio e permettere loro di sperimentare la complessità delproblema della lotta contro gli effetti dei rischi naturali, fatta di elementi naturali e antropici.Il prototipo del gioco di ruolo è stato testato nei mesi maggio e giugno in alcune scuole della provincia di Sondrio.

Cd-rom, prodotto interattivo, che ha lo scopo di diffondere la cultura della prevenzione del rischio, attraverso:• la conoscenza approfondita dei diversi rischi naturali;• l’apprendimento dei comportamenti corretti da tenere nel caso di emergenza, pre-allerta e ordinaria attenzione;• l’informazione circa i soggetti che si occupano di prevenzione, monitoraggio e gestione dei rischi e come operano sul territorio.Il prodotto, grazie all’interattività e all’accessibilità, si rivolge a tutte le tipologie di attori dei territori interessati da rischi naturali: citta-dini, amministrazioni, studenti ed insegnanti, gli operatori dei media.

Video, prodotto multimediale, destinato agli studenti delle scuole primarie e secondarie, utile complemento dei contenuti della mo-stra. Attraverso filmati e animazioni grafiche si spiegano quali sono i rischi naturali che interessano l’arco mediterraneo occidentale, leloro caratteristiche, i potenziali effetti in caso di crisi, i fattori che ne aumentano il potenziale di rischio e così via.Particolare attenzione è posta alle indicazioni circa i comportamenti che il singolo deve tenere prima, durante e dopo il momento diemergenza per ognuno dei rischi naturali considerati.

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VALTELLINOX

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Le numerose osservazioni con-dotte in diverse città da Hart-mann hanno dimostrato la stret-

ta relazione tra il luogo in cui l’uomo vi-ve, lavora e dorme e la sua salute psi-cofisica.Le fasce, o muri invisibili, che costitui-scono questa rete diagonale ubiquita-ria, presentano una larghezza di 21 cme seguono le direzioni geomagnetichedella Terra percorrendola da nord a sude da est ad ovest.In Europa centrale questi muri invisibi-li si individuano ogni 2 mt. nella dire-zione nord-sud, e ogni 2,50 mt. nelladirezione est-ovest.La rete, distribuita sull’intera superficieterrestre, s’innalza e attra-versa la biosfera assumen-do una conformazione cu-bica il cui lato variabile è dicirca 2-3 mt. All’interno diqueste linee geometriche sitrova una zona neutra, al-trimenti definita di micro-clima ideale.Studi eseguiti sulle varia-zioni del campo magneticoterrestre hanno evidenziatoche il campo magnetico,all’interno della zona neu-tra, si differenzia sensibil-mente da quello misurato suuno dei muri invisibili e, inparticolare modo, nei puntid’incrocio, o nodi, ovveronell’intersezione delle lineenord-sud ed est-ovest.Questi nodi patogeni conosciuti interna-zionalmente come Nodi H (dal loro sco-pritore Ernst Hartmann) e dalla scienzamedica come Nodi C, o nodi cancro, so-no la principale causa dell’insorgenza digravissime patologie degenerative.È risaputo che esistono numerose con-cause in grado di aggravare gli effettiperturbanti, sia dei muri che dei nodi.Tra le tante ricordiamo: la Rete di Curry,le faglie geologiche, l’irraggiamento co-smico, i corsi d’acqua sotterranei, le ca-

vità, la presenza di masse metalliche, lesacche di gas o petrolio, le estrazioniminerarie, la struttura e la diversa com-posizione del terreno.

Reticoli magnetici deformatiLe fasce magnetiche non presentanosempre un andamento perfettamentegeometrico.Oltre alla longitudine e latitudine, pos-sono deformarsi per l’incidenza di mol-ti fattori:

• Fattori di natura cosmica;• Temporali, fulmini, tempeste magne-

tiche, fasi lunari, macchie solari, par-ticolari coincidenze astrali, venti, ir-raggiamento cosmico;

• Fattori di natura tellurica: terremoti,fenomeni vulcanici, alluvioni, corsid’acqua sotterranea, canalizzazioni,faglie, falde freatiche, cavità sotterra-nee, masse metalliche, sacche di gas opetrolio;

• Fattori di natura tecnica: miniere, tri-vellazioni, reti fognarie, condutturemetalliche di acqua, gas o altro, scaviprofondi, pilastri in ferro-cemento nelsottosuolo, qualsiasi forma di ago-puntura artificiale, scavi per l’accata-

stamento di residui metallici,scorie radioattive e ogni tipo dirifiuto in genere.Tali deformazioni, che posso-no modificare e amplificare inodi geopatici aumentando i ri-schi per gli esseri umani e tuttele forme viventi, sono attual-mente al centro di grande at-tenzione da parte della comu-nità scientifica internazionale.Gli ambienti, dove viene tra-scorsa grande parte della nostravita, possono infatti essere per-turbati da fenomeni, invisibilie impalpabili, in grado di de-stabilizzare le difese immuni-tarie, ormonali e cellulari.La Geobiologia, la scienza chestudia tutti i fenomeni cosmo-tellurici, elettrici, magnetici ed

elettromagnetici, sia naturali che artifi-ciali, è oggi in grado di intervenire conmetodologie scientifiche proponendosoluzioni adeguate e risolutive.E’ infine bene ricordare il ruolo fonda-mentale che potrà essere svolto, neiprossimi anni, dalla diffusione di unacultura della prevenzione come requi-sito primario alla tutela della salute pri-vata e pubblica.

da AurAweb

I muri invisibili del Dottor Hartmanndi Aldo Mauro Bottura

La vasta documentazionescientifica

del Dott. Ernst Hartmanndell’Università

di Heidelberg, un pionieredelle ricerche

geobiologiche, proval’esistenza di un complessocampo di forze, di originecosmica e tellurica, cheavvolge come una rete

invisibile l’intera superficieterrestre attraversando

ogni luogo ed abitazione.

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La fiaba è da sempre un invito a so-gnare un mondo libero da restri-zioni, ove avvengono cose che ci

affascinano.In poche parole, le fiabe piacciono agrandi e piccini perchè liberano una fan-tasia segreta che ci fa vivere in regioniove le immagini magiche sono piacevolievasioni e finanche sorprendenti possi-bilità della nostra anima.Le fiabe più belle, naturalmente, parla-no d’Amore.Scriviamo Amore con la A maiuscola,poichè questa emozione, nelle favolepiù antiche, è un’energia segreta che siesprime in simboli e vicende che tutti ibambini del mondo capiscono e cono-scono e che non scordano mai più anchedivenuti adulti.Quel che succede nell’intimo degli es-seri umani, nella loro parte più elevatae misteriosa, proprio grazie alla fiaba edal mito espresso nei racconti popolari enelle leggende o che altro, tramandatedalle generazioni di mamme e nonne ailoro piccoli, si libera senza problemi einnamora enormemente proprio perchèha una sua bellezza spontanea che vie-ne da questo centro segreto e misterio-so.La meravigliosa verità di questa nostrasegreta dimensione si può esprimere al-lora proprio grazie ad immagini “magi-che”.Biancaneve ed il suo Principe Azzurro,la Bella Addormentata nel bosco, laBella e la Bestia, dicono cose che nonsi possono esprimere a parole, sussur-rano vicende segrete che solo il cuore saafferrare e riconoscere. Ragion per cui,esprimerle con le immagini, un po’ co-me in certi sogni, è la maniera miglio-re onde comunicare delle sublimi verità.La Bella e la Bestia, è una fiaba che ri-vela un mondo segreto, un giardino in-cantato, ove la spontaneità e la presen-za dell’Amore autentico si nascondonoesplicitamente sotto ingannevoli pre-senze che inquietano ma affascinanopoichè lì è presente Amore... Una bel-lezza da scoprire dentro le cose.Questo Amore, scoperto con tale magi-co artificio, rende poi “bella” ogni cosa.Nel rapporto di coppia fra uomo e don-

na esso esprime il segreto di una ma-gnetica attrazione che supera le appa-renze e fa entrare in un mondo incanta-to.Il mondo dei due innamorati è fatato eva oltre le apparenze materiali: “non èbello ciò che è bello, ma è bello ciò chepiace”. Tale frase della saggezza popo-lare trova nella fiaba una risonanza par-ticolare: qui significa che v’è una chia-ve segreta rinvenibile tramite l’attra-zione amorosa, la quale guida i due ol-tre la limitazione materiale per scopri-re, amandosi, la loro natura superiore...Biancaneve ed il suo principe esprimo-no la vittoria della vera bellezza amo-rosa sulle brutture che paiono insidiar-la. Appare ancora una volta la forza delmagnetismo magico del fascinodell’Amore autentico che chiama adunirsi in coppia i simili, superando leapparenti barriere materiali.Le donne e gli uomini, adolescenti eter-ni poichè “amano”, sono dotati di certenobili virtù che li fanno belli, invidiati,ma al tempo stesso protetti e assistiti dasegrete esseità: i “nani”, la natura, le fa-te....La natura stessa appare diversa e piùpotente che se vista senza un sottile in-tuito riservato agli amanti: ella è viven-te e partecipa misteriosamente alle vi-cende dei protagonisti.Alla fine il Principe e Biancaneve si in-contrano, si amano, si “riconoscono”:“ogni simile va al suo simile”.Nuovamente qui vediamo sprigionarsi ilsenso magico di una frase popolare cheesprime più livelli di conoscenza: dallemateriali attrazioni, alle virtù sottili chel’Amore sprigiona quale forza magicaed inarrestabile.La Bella addormentata nel bosco ciparla della vera Bellezza da scoprirenella foresta delle difficoltà della vita.Se portata al simbolo dell’Amore fradonna e uomo, può simboleggiare ilviaggio che si compie nel superare gliostacoli dei sentimenti negativi o me-schini onde raggiungere il sentimentoautentico: col coraggio ed il candoredel Principe si può scoprire e svegliarel’Amore che riposa nel cuore di moltedonne. Nell’Orlando Furioso di Ludo-

vico Ariosto, per esempio, la sponta-neità, il candore e la delicatezza amo-rosa di Medoro ottengono da Angelicaciò che nè Orlando nè altri avevano maisaputo ottenere.Infine, e la rassegna è solo agli inizi,possiamo accennare ad una delle fiabepiù belle: quella di Amore e Psiche,scritta da Lucio Apuleio di Madaura, ilmiglior favolista latino dell’antichità.Qui, Amore personificato con le suebelle ali dorate, è lo sposo segreto del-la bella Psiche, la quale era stata con-dotta come vittima da sacrificare ad unterribile mostro.Ma, per gioco dell’Amore, il mostro al-tri non era... che Amore stesso, il qua-le a sua volta s’innamora di Psiche.Condottala nel suo palazzo segreto, lon-tano dalla curiosità degli umani, eglivive con lei “more uxorio”, raccoman-dandole di non cercare di “vederlo”.Questo significava che Psiche nonavrebbe dovuto neppure ascoltare le in-vidiose sorelle, che, figlie del materia-lismo, l’avrebbero indotta a fare ciò chenon bisognava, al fine di preservarequel bellissimo amore. Il segreto erache la felicità matrimoniale fra Amoree Psiche non doveva essere guastata dal-la volgare ignoranza che pretende direndere i sentimenti più belli comequelli più volgari, pena la fuga di Amo-re... E Psiche deve cercare Amore sinoa che lo ritroverà, oltre le difficoltà con-tingenti.Il lieto fine è un ritorno alla gioia deiprimi momenti amorosi fra Psiche eAmore: una fiaba che ha profondi si-gnificati, come nei sogni segreti degliinnamorati autentici.Al di là delle speciali simbologie, sepensiamo ancora una volta alle coppiedi uomini e donne, allora scopriamo ilseguente segreto celato nella vicenda alieto fine di Psiche innamorata: l’Amo-re è una sorpresa magica, oltre le co-muni apparenze.Psiche trova l’Amore totale dove nem-meno se lo sarebbe aspettato. In defini-tiva ecco un insegnamento a non dispe-rare mai: a far sì che la mente (o psiche)ed il carattere così com’è, abbiano ilcoraggio di superare i dubbi e l’igno-

La fiaba e l’Amoredi Raimondo Polinelli

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ranza nel nome di un vero sentimento.Significa che quando si cerca l’amoreautentico, occorre ascoltare il propriocosiddetto sesto senso e si sia capaci dinon farsi ingannare dalle proprie pauree saper cercare con la fiducia nel sognodella magia dell’Amore l’identico sen-timento che scopriamo in chi ci asso-miglia poichè è più in armonia con noinel sentimento intimo dell’affetto e del-la magnetica attrazione di coppia.Questa segreta energia non ha bisognodi filosofie o tanti ragionamenti: va in-vece vissuta col candore dei personag-gi delle fiabe, poichè è benefica ed altempo stesso richiede una certa qual de-licatezza che rende gli essere umani at-tenti e aperti mentalmente, sensibili aduna vera ricerca accurata e non fatta acasaccio. In molte fiabe, vediamo adesempio che avvengono una certa “ri-cerca” e degli incontri “magici”.Le foreste ove si palesano gli incontri oove si entra in un palazzo fatato, po-trebbero benissimo essere le foreste del-la società umana, le mille occasioni at-traverso le quali i protagonisti passanoonde incontrare il proprio Principe o lapropria Principessa: la felicità di coppia.Di media, in antiche fiabe e miti, unmatrimonio o un’unione felice sonoispirati da presenze segrete e misterio-se, che guidano i due attraverso le fore-ste e le loro vicende.Si tratta dell’antichissimo significatodell’”accompagnare alle nozze” da par-te di una deità o di un dio, ad indicareche la protezione divina è necessariaper far incontrare i due che costituiran-no una coppia felice. Una coppia asso-luta, primordiale, regale, poichè riusci-ta.Anche qui abbiamo un chiaro simbolodell’importantissima funzione presentein tante società e civiltà antichissime:quella degli addetti alla realizzazionedelle coppie, oculatissimi curatori econsulenti matrimoniali secondo le oc-culte valenze interiori o qualità intimedei due della coppia.La loro funzione era sociale e religiosaal tempo stesso, data la grande impor-tanza per la società che vi fossero cop-pie ben assortite.Per due innamorati vuole anche dire cheoccorre avere il coraggio di credere e diproteggere il proprio Amore mettendo-si in sintonia con quella potenza magi-ca interiore che è di natura superiore edivina, un “segreto” favoloso alla por-tata di tutti: basta tornare ad avere il co-raggio di “amare”. ■

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Queste terre hanno una loro storiasecolare, forse poco conosciutaanche perché intrecciata stretta-

mente con quella di Venezia, una storiavissuta all’ombra della città dei Dogi.La parte più orientale si chiama “BassoPolesine”, terre basse tra l’Adige ed ilPo che arrivano all’Adriatico formandoun vastissimo triangolo che si insinuacome un ventaglio arabescato in cercadi quiete nelle acque azzurre e tremo-

lanti della laguna su Clodia (Chioggia).Qui hanno vissuto e lottato contro leavversità della vita, delle acque, dellafame e della miseria nutrite schiere didiseredati diventati poi quasi sempreoggetti di violenze, di soprusi e mal-versazioni.In queste terre quasi vergini, coltivate esuddivise secondo lo stile del “camporomano” tra le acque placide dei cana-li dove gracidano le rane e dove nidifi-cano folaghe e fenicotteri, tra tramontidi fuoco e cieli d’indaco, palpita un sen-so di tristezza ed allo stesso tempo dipace e solitudine, rotto solo dal coloreintenso delle case sparse nell’immensitàdella campagna: rosse, gialle, azzurre.Ad ogni piena dell’Eridano sembra rin-novarsi il tragico mito di Fetonte cheprecipita con il suo carro nelle torbideacque e levarsi, quasi per incanto lo

I “Flagellantidella Santissima Trinità” di Loreo

di Giancarlo Ugatti

La provincia di Rovigo è conosciuta dallamaggior parte degliItaliani per una tristecircostanza: la grandealluvione del 1951.

■ Fradei si riposano nella chiesadel Pilastro prima della vigiliacimiteriale.■ Loreo, chiesa del Pilastro 1553,ricostruita.

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straziante pianto delle Eliadi, trasfor-mate in fronzuti ed ondeggianti pioppiaccarezzati dalla brezza dello scirocco.In queste terre dove hanno vissuto e so-no transitati i Paleoveneti, gli Etruschi,i Romani, gli Ungari ed una miriade dipellegrini provenienti dal nord Europa,fu costruito tanti secoli fa il Castello diLoreo (verso la fine del 1100).Durante l’Alto Medioevo il territorioconsiderato Lido o litoraneo, perché ba-gnato dal mare, fu sottoposto al gover-no bizantino e poi cominciò ad essereconsiderato a tutti gli effetti proprietàdel Ducato Veneto. La Comunità Lore-dana era rappresentata dal Gastaldo cheper molti secoli dopo il mille, rimase unCastrum, la popolazione aumentò note-volmente e furono erette numerose abi-tazioni con le caratteristiche “calli” cheancora oggi si possono ammirare pas-seggiando per Loreo attraversato da ca-nali e piccoli ponti.L’agricoltura costituiva l’attività preva-lente della popolazione e la maggiorfonte di reddito; le valli, i boschi e le ac-que lagunari e fluviali offrivano un am-biente ideale per la caccia e la pesca eper le varie necessità furono costruitimulini, chiese, case nuove e qualche ta-verna.Nei secoli a venire gli abusi del Clerosecolare e regolare e l’opposizione po-litica avevano finito per disorientare lacoscienza popolare, molto semplice edassai vicina, nelle intuizioni religiose, aquei movimenti ereticali eterodossi chepredicavano un ritorno alle origini evan-geliche ed apostoliche contro i guasti edil disordine.La Chiesa, pur considerando giuste esincere le motivazioni della protesta,non poteva tollerare queste forme dicontestazione e si servì degli ordini del-le confraternite così la gerarchia sceseaccanto ai fedeli e si sostituì agli ordi-ni mendicanti, tradizionali animatori efondatori delle confraternite nelle qua-li continuò ad affluire la maggior partedei fedeli.Le confraternite, “strumento efficace diriforma e di difesa della Chiesa”, sonoassociazioni di laici sotto forma di reli-gione, nate per l’esercizio di opere dipietà e di carità, per l’aumento del fer-vore religioso e per incrementare il cul-to.I confratelli non emettono voti né vivo-no in comune, la confraternita vieneeretta canonicamente in chiesa, ha unsuo statuto, un titolo, un’insegna ed unaparticolare foggia di abiti.

In quel di Loreo nell’anno domini1608 sorse la Confraternita della San-tissima Trinità approvata dal Vesco-vo Lorenzo Prezzato.Qui ogni anno, alla vigilia della festadella Pentecoste, si celebra l’anti-chissimo rito della Confraternita deiFlagellanti, alla quale partecipano uncentinaio di “Fradei” provenienti damolte località d’Italia, dal Veneto, dal-la Lombardia, dall’Emilia Romagna,dal Trentino Alto Adige.Sul sagrato della chiesa c’è tutto un an-dirivieni di uomini, donne, vecchi ebambini, un accavallarsi di dialetti di-versi, tante e diverse emozioni, un’enor-me frenesia nell’attesa dell’inizio dellacerimonia, si ripercorre un vecchiomondo fatto di antichi costumi ed usan-ze ormai tramontate, ma in cuor nostrotanto invidiate. A mezzanotte i parteci-panti sono chiamati a raccolta dallacampana dell’Oratorio della Beata Ver-gine, dove avrà luogo la cerimonia pub-blica della vestizione e del giuramento.I Novizi, invitati dal Padre Guardiano edal Priore, prestano giuramento sullaCroce e sul Vangelo dopo aver indossa-to, aiutati dai Padrini, il caratteristicoSaio Rosso, alla fine di questo sugge-stivo rito gli estranei sono invitati aduscire dall’oratorio mentre i Confratel-li danno inizio a quelle pratiche reli-giose conosciute con il nome di Ora-zioni Mentali con la disciplina che loStatuto stabilisce con rito segreto.Verso le tre di notte escono in proces-sione, in passato addirittura andavanoscalzi, con i rossi cappucci calati sulsaio ed in mano tenendo torce e cande-le accese.

Alla sfilata notturna che evoca nei no-stri animi antichi riti, partecipano ognianno tantissimi turisti ed altrettanti Lo-redani (abitanti di Loreo), il tutto nellenotti calde di giugno costituisce un sug-gestivo ed inconsueto avvenimento.Gli incappucciati cantando inni e salmirecitano orazioni e si avviano verso laChiesa del Pilastro a circa due chilo-metri percorrendo la “Viglia Cimiteria-le” (la Chiesa è attigua al Cimitero), do-po una mezz’oretta arrivano alla chie-setta (leggenda legata alla Beata Vergi-ne Maria) spengono le torce e le can-dele, si scoprono il viso e si lasciano ca-dere il cappuccio sulle spalle.Il Priore apre loro la porta, accende lecandele sull’altare ed invita i Confratelliad entrare in chiesa, a sedere, a riposa-re. Parlano familiarmente, qualcuno fu-ma una sigaretta e dopo un quarto d’orail rito inizia con il canto del Miserere,delle Litanie Lauretane per continua-re con la supplica alla Vergine, il tuttoseguito da tante altre preghiere.Il rituale è quasi terminato: il Priore im-partisce la benedizione, invocando laprotezione celeste ed il “Premio Eterno”accompagnato dal serafico Padre SanFrancesco.Ultima esortazione a pregare la SS. Tri-nità ed infine l’orazione alla Madonnadel Pilastro e termina così la veglia dipreghiera nella chiesa. Inizia ad albeg-giare quando gli incappucciati ritorna-no in processione al loro Oratorio, ini-zia la SS. Messa, alla quale assistonoanche le sorelle, escluse in precedenzadal rito notturno.Al termine gli incappucciati si levano ilcamice rosso, si scambiano strette dimano e piano piano si riuniscono ai lo-ro familiari, avviandosi sereni verso leloro case, pronti a riprendere il loro quo-tidiano, i loro obblighi ed i loro impe-gni: insomma la loro vita di sempre.Il sole ormai splende sulle case di Lo-reo e sulla campagna veneta, rendendoargentee e brillanti le acque dei fiumi edei canali circostanti.Mentre i “Fradei” sono ormai sulla stra-da del ritorno a casa, i rintocchi dellecampane sembrano salutarli ed invitar-li alla prossima Pentecoste.La vita di Loreo riprende sottovoce edi lavori ed i rumori quotidiani s’impa-droniscono dell’ambiente, cala comeuna sorta di protezione su questo anti-co rito dei Flagellanti che ci ricordanole 6666 battiture subite da Nostro Si-gnore Gesù Cristo per i nostri gravi pec-cati. ■

■ Loreo, Oratorio della SS. Trinità, 1613.

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In economia, l’agricoltura è definitasettore primario perché è stata la pri-ma attività esercitata sistematica-

mente dall’uomo ed inoltre, fino alla ri-voluzione industriale, aveva un ruoloprimario.Rimasta sostanzialmente invariata permillenni, ha visto modificare drastica-mente, anche in termini concettuali, ilproprio ruolo dopo la seconda guerramondiale trasformandosi da attività in-dirizzata a produrre prevalentementeper l’esclusivo nucleo familiare, o co-munque per ambiti ristretti e limitati,ed ha assunto una connotazione più ca-pitalistica, nel senso che è divenutaun’attività che richiede crescenti inve-stimenti, dai quali ci si attendono ade-guati ritorni.L’agricoltura moderna si avvale, ma èanche condizionata, dalle stesse tecno-logie che stanno trasformando le altreindustrie, nel contempo però è sogget-ta a stimoli e ad aspettative di diversa ecomposita natura.Si vorrebbe che producesse cibo ab-bondante a buon mercato e nel contem-po curasse la conservazione anche pae-saggistica degli ambiti naturali, si fa-cesse inoltre carico del welfare deglianimali da cortile senza trascurare la si-curezza salutistica dei consumatori.L’effetto più evidente di questo muta-mento è stato la drastica riduzione del-la popolazione residente nelle campa-gne ed il massiccio inurbamento.Ciò ha provocato una netta separazionetra il mondo urbano e quello rurale, cheper le nuove generazioni è divenuto unqualcosa di distaccato e poco cono-sciuto in cui l’immaginario predominasulla conoscenza di importanti aspettidella realtà.Sono talmente numerose le indagini cheindicano che molti bambini credono chele uova e altri prodotti alimentari na-scano nei supermercati, che ormai talirisultanze non destano alcuna sorpresa.Pur tralasciando di considerare siffattesituazioni estreme, dovute forse alleconseguenze di alcune forme di pubbli-cità, è evidente che l’inurbamento hafatto misconoscere il vero ruolodell’agricoltore.

Per la generalità dei cittadini, anchel’approccio con il cibo è mutato dal mo-mento che lo stesso è vissuto prevalen-temente come una necessità e pertantodeve essere disponibile in grande quan-tità, predisposto e confezionato sì dapoter essere facilmente consumato edessere venduto ad un prezzo accessibi-le.In diretta correlazione con lo spopola-mento delle campagne si è verificatauna contrazione delle aziende agricole,che nel contempo sono divenute più am-pie e con coltivazioni sempre più spe-cializzate ed intensive.Ciò è avvenuto ovunque, tanto nei Pae-si in via di sviluppo - ove però è pre-valso l’aspetto quantitativo poiché colàl’agricoltura assume un ruolo primarioper occupazione, produzione ed espor-tazioni - quanto nei Paesi maggiormen-te industrializzati, ove però l’agricoltu-ra sembra maggiormente interessata al-le produzioni cosiddette di nicchia, os-sia qualitativamente denominate e pro-tette.Si può pertanto capire come l’agricol-tura sia divenuta nel contempo un ter-reno di aspri contrasti: non vi è nulla dipiù lontano dalla corrente di pensieroche sembra vagheggiare nostalgici ri-torni ad economie agricole silvo-pasto-rali dalla constatazione della presenza di

strutture dalle dimensioni colossali.Ad esempio in una ristretta area delloIowa si concentra circa un decimodell’allevamento suinicolo americano.In Mato Grosso vi è un’azienda deditaalla coltivazione della soia tanto estesada richiedere mezza giornata per pro-cedere da un suo estremo all’altro, la-vorando con le macchine agricole.Per non parlare del mercato dei fiori diAalsmeer, in Olanda, ove assieme allaproduzione locale - coltivata in serregigantesche - viene contrattata la pro-duzione giunta via aerea da altre partidel mondo per venir poi trasferita al-trove, sempre per via aerea.Il mutamento nel modo di fare agricol-tura ha preso origine alla fine degli an-ni ‘20 con l’apparizione dei semi ibri-di, in grado di aumentare sia la qualitàsia le rese.Ciò ha favorito la tecnica della mono-coltura intensiva ed entrambe si sonotalmente diffuse, che alcune stime in-dicano che quasi il 90% delle derrate ditutto il mondo derivano solamente da 30specie di ibridi.Alla fine degli anni ‘50 è stato coniatoinvece il termine agribusinness, percompendiare con un unico termine l’in-tera filiera delle attività tra loro conca-tenate, che danno e prendono originedall’agricoltura, intesa in senso stretto,e che comprendono pertanto anche ifertilizzanti, le macchine agricole el’agroalimentare, ossia la trasforma-zione industriale dei prodotti agricoli.L’anello della catena, costituitodall’agricoltura in senso stretto, rag-giungeva allora il valore più elevato ri-spetto agli altri, ma nel prosieguo deltempo la crescita maggiore si è verifi-cata per i due estremi della catena, cheperaltro sembrano ora in grado di con-dizionare anche gli altri: le sementi e ladistribuzione alimentare attraverso i su-permercati.

L’agricoltura biologicaLa Comunità europea ha fortementecontribuito a sostenere l’agricoltura per-ché in alcune aree la stessa aveva unagrande rilevanza economica e sociale edinoltre, per evitare il rischio di improv-

Anche l’agricoltura cambiadi Guido Birtig

L’agricoltura haprofondamentemutato il suo

millenario modo diessere, ma è soggetta

a stimoli quasicontrapposti. Come

parimenticontrapposti sono le

concezioni ed ipossibili ruoli

dell’agricoltura.

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vise carestie, ha addirittura teso all’au-tosufficienza alimentare.Verosimilmente alle ragioni sopra men-zionate va aggiunta la presa di coscien-za che molti europei sembrano uniti dauna sorta di legame ancestrale con i sa-pori ed il cibo della propria terra, feno-meno che sembra ora sostenere le pro-duzioni di nicchia.Verosimilmente è proprio sulla falsari-ga di questo legame con il cibo che si èprogressivamente sviluppato un filoneculturale, poi sfociato in quella sorta dimovimento sociale concernente un di-verso approccio nei confronti della na-tura e della vita rurale, che ha trovato lasua espressione concreta nella cosid-detta agricoltura organica, o biologica.Un numero crescente di consumatori ri-tiene infatti che i prodotti coltivati sen-za l’uso di fertilizzanti sintetici e so-prattutto di pesticidi sia più salutare siaper l’ambiente, che pergli uomini.Facendo riferimento aquesti presupposti sonosorti movimenti cultu-rali e politici che tal-volta hanno assuntoconnotazioni estreme.Non è questa la sedeper approfondire tali te-matiche, ma va rilevatoche la constatazioneche molti consumatorisono disposti a pagareun prezzo più elevatoper tali prodotti ha su-scitato l’interesse dellagrande distribuzionealimentare, che ha cer-cato di inserirsi profi-cuamente in questonuovo segmento dimercato.L’iniziale fenomenoelitario è divenuto cosìuna grossa realtà com-merciale ed inoltre haassunto connotati dimaggiore rilevanza an-che politica dal mo-mento che l’UnioneEuropea sta cercando dilimitare l’utilizzo deifertilizzanti sintetici enel contempo sta elar-gendo somme crescen-ti a sostegno dell’agri-coltura organica.In conseguenza di ciòalcuni ricercatori riten-gono che per il 2010 al-

meno il 30% dell’agricoltura europeasarà biologica. Proprio tale espansionesuscita peraltro timori che la stessa pos-sa determinare una riduzione degli in-terventi di sostegno.Ciò adombra il tema dei costi in agri-coltura e del reddito dei coltivatori.Un tema scottante coperto da ombre edambiguità, poiché al di là delle affer-mazioni di principio, in tutti i Paesi delmondo l’agricoltura viene sistematica-mente sovvenzionata. Informazioni difonte Ocse - l’Organizzazione econo-mica che raggruppa i Paesi maggior-mente industrializzati - indicano in ol-tre 360 miliardi di dollari annui l’am-montare degli aiuti all’agricoltura deiPaesi membri dell’Organizzazione stes-sa nel corso dell’ultimo scorcio di tem-po.I comparti che hanno avuto gli importipiù elevati sono stati il riso, lo zucche-

ro ed il latte.Le sovvenzioni possono avvenire intermini diretti od indiretti ed inoltre pos-sono interessare Paesi diversi.La fissazione di prezzi d’intervento aiquali specifici organismi comunitari ac-quistano l’intera produzione è un esem-pio d’intervento del primo tipo; la fis-sazione di dazi protettivi e di quote neiconfronti delle importazioni da tutti iPaesi esterni alla Unione Europea, o so-lamente da alcuni di essi, è un esempiodel secondo tipo.L’agricoltura - soprattutto quella deiPaesi più omogenei, coesi ed organiz-zati - ha ricevuto molto dall’Unione Eu-ropea, ma l’ingresso nell’Unione Euro-pea di Paesi nei quali l’agricoltura man-tiene una grande rilevanza numerica edeconomica ridurrà certamente l’entitàdelle sovvenzioni rendendole nel con-tempo più severe e selettive.

Prescindendo comun-que dalle vicende na-zionali ed europee edosservando l’agricoltu-ra in un quadro globalesi possono rilevare mu-tamenti in corso di no-tevole rilievo.L’agricoltura si stasempre più espandendoed assieme al Brasile edalla Thailandia, che so-no oggi i maggioriesportatori di prodottiagricoli, altri giganti sistanno inserendo.Gli esperti ritengonoche entro pochi annil’India diverrà uno deimaggiori esportatori dilatticini, la Russia di-verrà esportatrice di ce-reali e perfino la Cinadiverrà autosufficiente:questo è il quadro cheera inimmaginabile ne-gli anni ’90.Ulteriore elemento dicambiamento in unaagricoltura in cerca diidentità sono i semi ge-neticamente modifica-ti.Ma sono tali e tante leimplicazioni derivantida quest’ultima innova-zione da ritenere op-portuno analizzare ilproblema in un prossi-mo articolo. ■

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Un grande affrescostorico e di costumeambientatonella Sicilia del 1860.

L’arrivo dei “Mille” di GiuseppeGaribaldi fece, all’inizio, pre-sagire un miglioramento della

vita degli abitanti da secoli oppressi damonarchie straniere e per ultimi daiBorboni, ma tutto fu poi puntualmentedisatteso anche dai Savoia, divenuti redell’Italia unificata.

Il celebre “Gattopardo” racconta la vi-cenda del principe Fabrizio Corbera cheavverte il cambiamento dei tempi e, infondo muore, attanagliato da questo di-lemma esistenziale, alla fine del ro-manzo di Giuseppe Tomasi di Lampe-dusa, fatto rivivere nell’altrettanto ce-lebre film di Luchino Visconti che mol-ti, almeno una volta, hanno visto.L’omonimo Parco Letterario e l’azien-da vitinicola “Donnafugata”, proprio aTomasi di Lampedusa, hanno intitolatonel 2003 il premio letterario, che il 5agosto scorso è stato assegnato alloscrittore marocchino Tahar Ben Jel-loun*, autore del romanzo “Amoristregati” edito da Bompiani.

L’autore, attingendo alle mille fontidell’immaginario favolistico e delle tra-dizioni magiche del mitico Oriente, trat-teggia con stile superbo l’universo delsentimento amoroso e lo declina nellesue molteplici e spesso impreviste for-me nella consapevolezza, a tratti diver-tita e a tratti malinconica, che l’amoree il sesso sono i più grandi incantesimidella vita.Alla cerimonia di premiazione svoltasinel parco di palazzo Filangieri di Cutòa Santa Margherita Belice, dove Toma-si di Lampedusa ambientò alcune partidel “Gattopardo”, c’era un pubblicod’eccezione: a partire da una affabile esorridente Claudia Cardinale in con-

Tra la Sicilia e la Campania, per re-stare in tema di storia e letteratu-ra, esistono molti legami.

La “Donnafugata” del “Gattopardo” al-tro non significa - nel dialetto siciliano- se non la regina Maria Carolina di Na-poli consorte di Ferdinando IV, il re“Nasone”, rappresentato in modo di-vertente da Lina Wertumuller nel film“Ferdinando e Carolina”.All’inizio dell’800, re “nasone” in coin-cidenza con lo sbarco di GioacchinoMurat in Calabria fugge (Fugata) da Pa-lermo per rifugiarsi proprio nel palazzoFilangieri di Cutò.Se la Sicilia in questi ultimi anni ha ri-scoperto con successo la propria tradi-zione vitivinicola non da meno ha fat-to, con altrettanti grossi risultati, anchela Campania.Dall’aeroporto di Capodichino a Na-poli percorriamo la strada statale indirezione di Benevento e facciamo so-sta in un paesino dal nome curioso,Solopaca, dove esiste l’omonima Can-tina Sociale fondata negli anni ses-santa e ora diventata la più granderealtà economica di questa zona colli-nare dove la storia passata ha lasciatotracce significative: tra le altre, la fa-

mosa battaglia delle forche caudine,che vide contrapposti l’esercito sanni-ta e le legioni romane.La battaglia si svolse a circa 15 chilo-metri a ridosso del massiccio del Ta-burno-Camposauro che divide la valleGaudina dalla valle Telesina, luoghi do-ve le mani dell’uomo hanno saputo va-lorizzare - specie con il vino e altri pro-

dotti tipici - queste suggestive colline.A Solopaca il vino è stato il principaleprotagonista della festa svoltasi il 10agosto e protrattasi nella notte sull’11,quella di San Lorenzo, della cui orga-nizzazione si è occupata anche l’Eno-teca Italiana di Siena.Ci troviamo al sud e, come si sa, vino efolclore costituiscono un binomio ec-

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Allo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun il Premio Letterario Tomasi di Lampedusa

LA NOTTE DEI VINI

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cezionale tanto più se i protagonisti cimettono tutto l’entusiasmo possibile.La cantina sociale conta oggi oltre 700soci conferenti e sforna mediamenteogni anno circa 1 milione e mezzo dibottiglie con etichette diverse e prezzida sempre contenuti, particolare che si-curamente farà piacere al consumatoreitaliano e straniero per diversi anni abi-tuato a strapagare il prodotto nostranocon le conseguenze che ben si cono-scono.Per limitarci alle doc citiamo il Solopa-ca doc bianco, rosso e rosato, il Solo-paca doc Falanghina, il Solopaca docAglianico, il Solopaca doc rosso supe-riore e il vino spumante dolce Madri-galis.Altri vini bianchi e rossi da tavolo ulti-mi nati, in commercio da due settima-ne, sono il “Solopaca Classico” rosso(che nasce soprattutto da uve Sangio-vese ed Aglianico) e bianco (ottenutoprincipalmente con uve Malvasia e Fa-

langhina) di elegante e piacevole beva.Presidente della cantina è Clemente Co-lella, personaggio che con il suo carismatrascina i soci conferenti in un’impresache continua a dare buoni risultati.Spiega: “I nostri vini rappresentano par-te del patrimonio autoctono della Cam-pania con un giusto ed equilibrato rap-porto qualità-prezzo. Il lavoro è grandema continuiamo a studiare sempre nuo-ve soluzioni per farci conoscere.Il nostro obbiettivo è ora quello di am-pliare le vendite mettendoci insieme adaltre cooperative pur mantenendo le no-stra identità”.La cantina è aperta alle visite e alle de-

gustazioni e l’occasione è propizia perconoscere, in zona, altri prodotti tipicidel territorio come i formaggi (il caciocavallo, la mozzarella, il silano e la sca-morza) e i salumi a partire dalla salsic-cia secca, la pancetta e i piatti a base dicarne di agnello ottimi da abbinare ai vi-ni locali. ■

trasto con il ruolo di “dura” e scontro-sa come l’abbiamo vista in tanti film(citiamo, per tutti, “Il giorno della ci-vetta” con Franco Nero e “C’era unavolta il West”, capolavorodi Sergio Leone, giratocon un cast d’eccezionetra cui Henry Fonda eCharles Bronson).Proprio dalle sue maniBen Jelloun ha ricevutoil premio.Per la Cardinale la presen-za a “Donnafugata” (così,nel suo romanzo, Tomasidi Lampedusa ribattezzaSanta Margherita Belice) èstata una sorta di rimpa-triata perché, come noto, èstata lei la principale pro-tagonista femminile del film di LuchinoVisconti.A fare gli onori di casa era Jose Rallo, ti-tolare insieme al marito Antoniodell’azienda “Donnafugata” con sede aContessa Entellina, a pochi chilometri da

Santa Margherita, nota per una produ-zione vinicola di tutto rispetto.Loro sono i “bianchi” Anthìlia, Ligneae La Fuga, seguiti dai “rossi” come il

“Tancredi” (prende nomeda un personaggio di spic-co del “Gattopardo”, ni-pote del principe Fabriziointerpretato da Alain De-lon) composto in parte daNero d’Avola e in parteda Cabernet Sauvignon: èun vino elegante nel gustoe nel profumo.A fine manifestazione aipartecipanti è stata offer-ta la possibilità di parte-cipare simbolicamente al-la “vendemmia in nottur-na” delle uve chardonnay,

che viene solitamente praticata per per-mettere meglio la conservazione delcorredo aromatico degli acini a frontedel caldo eccessivo che spesso si veri-fica durante il giorno quando le tempe-rature arrivano vicino ai 40 gradi. ■

Luogo di Nascita: Fès, Marocco

Data di Nascita: 1944

Biografia: Autore marocchino molto co-nosciuto in Europa per i suoi romanzi,racconti, poesie e drammi, vive da mol-ti anni a Parigi.

Carriera: Il primo testo pubblicato perEinaudi è stato “Creatura di sabbia”(1987), cui sono seguiti altri romanzi,fra cui “Le pareti della solitudine”(1990), “Notte fatale” (1992), “L’alber-go dei poveri” (2001). Nel 1998 ha dato alle stampe una rac-colta di poesie dal titolo “Stelle velate”. Tahar Ben Jelloun ha ricevuto il premioGoncourt nel 1987, mentre nel 1996 havinto il premio Flaiano.Dopo “Il libro del buio” (Einaudi 2001,ripubblicato nel 2004), sono usciti “Illabirinto dei sentimenti” (Pironti, 2004)e “L’amicizia e l’ombra del tradimento”(Einaudi, 2004).

Tra i luoghi dove fare acquisti segnalia-mo il caseificio Leopoldo Di Palma (tel.0824-948584) mentre per mangiare epernottare un cenno meritano gli hotel-ristorante “La Piana” (tel. 0824-970177), “Alta Domus” (tel. 0824-947352) e l’agriturismo “Vignole” (tel.347-6093270).Per la cantina sociale, info tel. 0824-977221, www.cantinasolopaca.it

pagine a cura di Luciano Scarzello

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Il nostro rapporto con l’Ucrainainiziò ben dieci anni orsono quan-do, in un viaggio alla scoperta del-

le montagne dei parchi nazionali po-lacchi, salimmo sulla cima più alta deiBieszczady, una catena montuosa che

fa da cerniera tra Polonia, Slo-vacchia e Ucraina. Durantela discesa ecco apparire unalto palo a bande giallo az-zurre.Dopo un attimo di perples-sità, comprendemmo che si

trattava del confine con l’Ucraina. Inbasso si stendevano vallate ampie e so-leggiate, dominate da cime boscose epunteggiate da villaggi che ci appar-

vero subito semplici e solitari…Ma il nostro programma ci portava intutt’altra direzione e nel tempo ci as-salì una vaga nostalgia di quelle vi-sioni ucraine. Nostalgia che si fece de-cisamente più forte quando un paio dianni dopo ritornammo (sempre sulversante polacco) negli stessi luoghima d’inverno.Il nostro scopo era redigere un artico-lo di sci escursionismo e questa voltaera prevista una gita lungo il San, ilfiume che qui segna il confine tra Po-lonia e Ucraina, sin dal patto tra URSSe III Reich del 1939.Inizialmente non capimmo il perché diquesta escursione apparentementesenza troppo scopo, poi la storia ci in-vestì con la violenza di un tornado.

Nella parte alta della vallata, tralande praticamente deserte, in

un ambiente fat-to ancora piùcupo e meditati-

UCRAINA,GRANDE PAESE

di Nemo Canetta

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vo dall’ululare della tormenta, appar-vero isolati degli altari.Guardammo sulla carta: eravamo mu-ti testimoni di una tragedia che si ab-batté su questi luoghi negli anni cin-quanta e di cui ancor oggi la nostrastoriografia finge di non ricordare. Quierano grossi villaggi ucraini, come leristampe delle vecchie carte austria-che in nostro possesso ci confermava-no.Ma questi montanari ucraini eranotutti affiliati all’UPA, l’Esercito Popo-lare Ucraino che durante la secondaguerra mondiale combatté prima i te-deschi, poi in nome di un’ Ucraina in-dipendente, i russi. La repressione fuspietata. Le forze sovietiche, affianca-te da quelle del governo comunista diVarsavia, fecero il vuoto per togliere aipartigiani nazionalisti e anticomuni-sti ogni possibile base: la popolazionefu deportata, i villaggi rasi al suolo.Al punto che oggi nulla resta se nonquegli isolati altari, lasciati in piedidalla pietà religiosa dei polacchi.Fu allora che decidemmo di visitare atutti i costi questo valoroso paese:l’Ucraina. Ma non fu facile, poiché inItalia non esiste alcuna rappresentan-za turistica e, almeno fino all’estate2003, era ancora necessario procurarsi

un visto, previo invito di un ente turi-stico o di una famiglia ucraina.La fortuna ci venne incontro: alla Bor-sa Internazionale del Turismo di Mila-no nel febbraio 2003 ecco lo stand del-la Meest-tour di Lviv (Leopoli).Sono tanto entusiasta che, in un misto difranco anglo tedesco, riesco a farmi ca-pire: voglio visitare i Carpazi a scopogiornalistico e più in genere l’Ucraina.Seguirà una lunghissima corrisponden-za via internet e, ottenuto con facilità ilvisto (con l’invito dell’agenzia di Lviv),presso il nuovo Consolato Generaleucraino di Milano, nel luglio 2003 ec-coci alla frontiera nei pressi di Uzhgo-rod.Frontiera che transitiamo, nonostantemolte nostre paure, in assoluta tran-quillità.Quando si varca la soglia di un nuovopaese, inutile negarlo, c’è sempre unfantasma di paura; ancor più in questocaso entrando noi per la prima volta inun territorio di quello che fu l’imperosovietico.In Italia non abbiamo praticamente tro-vato nulla sull’Ucraina, salvo qualchecartina, molto generale, in tedesco. Nonguide, non informazioni turistiche.Siamo convinti di entrare in un paese, senon primitivo, certo arretrato.Ma le nostre idee sull’Ucraina cambia-no bruscamente fermandoci subito do-

po la frontiera, ad un grande riforni-mento di benzina. Dobbiamo cambiaree fare il pieno. Ci accorgiamo subitoche la stazione di servizio non ha nullaa che invidiare a quelle del resto d’Eu-ropa: moderna ed efficiente e soprattut-to fornita di quelle famose cartine stra-dali che in Italia ci avevano fatto crede-

Molti ucraini oggi vivono in Italia,attratti da stipendi e livello di vitainnegabilmente ben superiori ai lo-ro. Pare proprio, ad esempio, che lasanità funzioni assai male e i vecchivivano con pensioni ridottissime.Molto resta da fare per quanto ri-guarda la tutela ambientale, specienell’Ucraina orientale industrializza-ta a forza da Stalin.Ma se l’Ucraina saprà tener duro, ilsuo futuro sarà sicuramente di inse-rirsi in una nuova Europa di cui que-sta grande nazione, con le sue gran-di tradizioni storiche e artistiche, faparte a pieno diritto.Viaggiare in Ucraina, conoscere que-sto paese è quindi per noi europeioccidentali se non indispensabilecerto di grande interesse. Non soloper ammirare chiese e palazzi, fiumie castelli ma per comprendere larealtà di un’Europa restata sino all’al-tro ieri quasi completamente celata.

■ Kyiv: la cattedrale di S.Sofia.

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re inesistenti!Unico problema: sono ovviamente scrit-te in ucraino, in caratteri cirillici; ci vor-ranno un paio di giorni per abituarsi.Il giorno dopo siamo a Lviv, una dellecittà europee che ha più nomi (Leopoliin italiano, Lemberg in tedesco, Lvov inrusso, ecc.).La periferia, di epoca stalinista, ci ap-pare invero alquanto deprimente, maquando entriamo nel centro storico tut-to cambia: viali alberati, case liberty,monumenti, parchi, chiese barocche, al-berghi belle epoque.Raggiunta la sede della Meest-tour sia-mo accolti da due splendide ragazze:Elena, che sarà la nostra “fatina” che ciaccompagnerà in lungo e in largo nellenostre scorribande nei Carpazi, già bal-lerina classica e che parla un ottimo ita-liano, e Natalia, la direttrice commer-ciale dell’agenzia, che già avevamo in-contrato a Milano. La nostra vera visi-ta dell’Ucraina inizierà in questo mo-mento ed Elena saprà trasfonderci unvero entusiasmo per la sua terra, che el-la ama come la maggioranza degliucraini con trasporto e passione.Scoprimmo così le variegate facce diLviv, città il cui nucleo storico è tutelatodall’UNESCO ma che ben pochi italia-ni conoscono.Una città multiforme ove per secoli han-no convissuto polacchi ed ucraini, te-deschi ed ebrei, armeni ed ungheresi, la-sciando ognuno le sue tracce, le suechiese, i suoi palazzi; che oggi, soven-te dopo anni di abbandono, sono in re-stauro.Come l’antica chiesa dei domenicani,già trasformata in museo dell’ateismo eoggi restituita al culto.Sul commovente ed impressionante ci-mitero di Leopoli già scrissi, in un nu-mero precedente, ma ci sarebbe moltoaltro cui accennare.Ad esempio ai nuovissimi monumentiagli “eroi” dell’indipendenza ucrainache ovviamente potevano essere erettisolo dopo il distacco dall’orso sovieti-co.O ai mercatini rigurgitanti di residuidell’armata rossa e di matrioske per i tu-risti (ma Elena ci spiega che si tratta dioggetti “russi” non di tradizione locale).Ed ancora ai negozi di antiquariato oveaffiorano ricordi di quando l’imperoasburgico arrivava fin qui con una do-minazione - ci dicono - severa ma pun-tuale.La dominazione austriaca è stata perLviv e l’Ucraina una vera fortuna: essa

ha tutelato gli ucraini occidentali daogni forma di “russificazione” dell’Im-pero zarista.Ma c’è di più. Dopo la prima guerramondiale, l’Ucraina storica ed etnicavenne divisa in due: quella occidentalealla Polonia, il resto alla Russia Sovie-tica.I polacchi non sempre furono teneri (nélo sono oggi) con gli ucraini, con cuihanno un rapporto di amore ed odio plu-risecolare; ma non cercarono neppure di“polonizzare” il paese.Ben diverse le cose sull’opposto latodella frontiera.Con un altro crimine che la benevolastoriografia occidentale ha cancellatodalla sua memoria, Stalin affamò gliucraini per spezzarne la resistenza eco-nomica e nazionale.Pare morissero di fame 7 milioni di per-sone, permettendo al tiranno di Mosca

di inviare coloni russi che influenzaro-no profondamente la cultura di moltezone dell’Ucraina orientale, ove in ef-fetti oggi la lingua d’uso è il russo.Ma a Lviv no. Le bandiere rosse giun-sero solo nel 1945 e la ”russificazione”non fece in tempo ad uccidere l’amorpatrio di questa gente. Fu da questi luo-ghi che partì, dopo la caduta del murodi Berlino, la riscossa ucraina che inbreve tempo portò finalmente a una li-bera repubblica. Lviv è anche tutto ciò.Ma Lviv è pure la porta di accesso aiCarpazi ucraini. E’ vero, il Goverla -la più alta vetta di questa costiera - su-pera di poco i 2000 m.Nulla per noi abituati alle Retiche! Matutt’attorno vi è una natura indimenti-cabile. Sorgenti di grandi fiumi quali ilTibisco o il Dnister, boschi infiniti, oriz-zonti amplissimi su mille cime che pos-sono essere facilmente traversate in

■ Sulla vetta del Goverla, la più alta cima dell’Ucraina, giovani ucraini in costume cantano efesteggiano.

■ Una caratteristica baita carpatica, a struttura interamente lignea.

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giorni e giorni di cammino, chiese di le-gno (moltissime nuove) e le caratteri-stiche baite carpatiche interamente instruttura lignea ove - come è successo anoi - si è costretti a fermarsi per rimpin-zarsi di ricotta e vodka.In questo mondo abbiamo pure scoper-to che gli ucraini amano camminare.Ma non ci sono rifugi e gli alberghi so-no pochi. Quindi tutto in spalla e via.Oggi, in queste montagne chiuse permotivi strategici agli occidentali ma ovegià in piena epoca sovietica si veniva invacanza sia d’estate che d’inverno, gli al-loggi sono dati soprattutto da case pri-vate.Oltre i Carpazi c’è tutto il restodell’Ucraina e ancora molto si potrebbescrivere.Di Chernivtsi la capitale della Bucovi-na contesa tra rumeni e ucraini, città co-sì impregnata di ricordi mitteleuropeiche vi potete far servire una sacher tor-te nell’antico caffè di Vienna. Oppuredegli splendidi castelli e delle imponen-ti mura di Kam’ianets Podil’skyj.Siamo sulle rive del Dnister che qui piùo meno faceva da confine tra Polonia eimpero turco ma potremmo pure dire traEuropa e Asia, tra cristianesimo e islam.E difatti si vendono cartoline ove si di-ce in linguaggio assai poco “politica-mente corretto”: “qui noi polacchi educraini abbiamo difeso la civiltà euro-pea”.Difficile non rimanerne profondamentecolpiti.In queste steppe i cavalieri di Sobieski,alleati quasi sempre ai cosacchi ucraini,respinsero infatti una delle due branchedell’immane assedio che l’impero otto-mano portava all’Europa. Salvandola. E poi c’è Kyiv la grande splendida ca-pitale.Nulla a che vedere con le periferie de-gradate di tante città dell’Europa orien-tale: arrivando da sud ovest appaionobianchi grandi palazzi, circondati da am-pie fasce di verde.Veloci superstrade portano verso il cen-tro e verso le rive del Dnipro che, quiampio circa un chilometro, è il mare diKyiv. La capitale merita una lunga e ap-profondita visita, approfittando anchedella metropolitana efficiente e a buonmercato.A Kyiv si trovano i pochi turisti italianie libri in francese e tedesco e con un po’di fortuna anche in italiano. Una visitapuò partire dalla piazza dell’Indipen-denza ove su una altissima colonna laLibertà riconquistata veglia sul paese.

Alle spalle l’antico albergo Moskva hacambiato nome in Ucrajna.Poi ci sono le chiese ormai in stile rus-so bizantino con le loro cipolle d’oro, leloro icone, i loro mosaici. Ve ne sonoparecchie, in gran parte ben restauratee un po’ discosto dal centro si impone

la visita alla La-vra, una vera cittàmonastica (ancoroggi in parte occu-pata dai monaci)fitta di chiese emusei.Ma molti altri so-no i motivi di inte-resse della città.Musei sulla storiaa noi pressochéignota, mercatini eristoranti tipici. Igrandi viali di Hre-scatik che sono unpo’ gli ChampsElisées di Kyiv oved’estate una gio-ventù allegra e ta-lora un po’ sfron-tata ammira le ve-trine di cento ne-gozi, molti italiani.Basta dare un’oc-chiata alle ragazzeper capire, come ciha spiegato Elena,che sono ben di-sposte a mille sa-crifici pur di acqui-stare un vestito oun paio di scarpe

prima assolutamente introvabili.Ed ancora, per finire, il grande parcodedicato alla liberazione di Kyivdall’occupazione germanica. Per gli ap-passionati una vera chicca tra cannoni ecarri armati sovietici. Ma certo più com-movente è il museo degli ucraini cadu-ti all’estero sotto il governo sovietico.Corea, Nicaragua … cento paesi per fi-nire con l’Afganistan, un’immane tra-gedia che è costata al popolo ucrainomoltissime vite.Una guerra maledetta al ricordo dei cuicaduti sono dedicati a Kyiv, come in al-tre città, grandi monumenti.Poi c’è il resto dell’Ucraina, la steppa,i grandi fiumi, i ricordi cosacchi ed in-fine la Crimea ove risuonano nomi co-me Yalta, Balaklava e Sebastopoli ovesi è fatta la storia d’Europa (e un po’ an-che la storia del nostro paese; ricordatei bersaglieri mandati da Cavour?). ■

Per informazioni sull’Ucraina:“MEEST-TOUR”Lviv, Ukrainetel.fax (+38 0322) 97-08-52 e-mail: [email protected]

■ Architetture d’epoca austro-ungarica a Lviv.

■ Alla sede della Meest-tour incontriamoElena, che ci farà da guida.

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Lo studio di Nino Poli, molto cu-rato ed ordinato, si trova a Bor-zano d’Albinea, in provincia di

Reggio Emilia, un paese tranquillo sul-lo sfondo degli Appennini, dove il tem-po sembra essersi fermato tra ville, cam-pagna e casolari, e dove il verde paresommergere tutto, nascondendo le stra-de bianche, dove, come tanti anni fa, ireggiani amano organizzare gite in bi-cicletta, durante il loro tempo libero.Nino Poli, persona molto riservata, èapprezzato come incisore; inoltre, a cor-redo delle sue opere, lavora e confezio-na a mano, in ogni singola fase, nel suolaboratorio di restauro, tutte le cornici,seguendo sempre tecniche antiche, chele rendono uniche e preziose.L’amore di questo artista per la sua ter-ra traspare dai soggetti dei suoi lavori,che propongono, in modo particolare, ipaesaggi caratteristici dell’AppenninoReggiano, resi in modo realistico, maquasi cinquecentesco, dalla scelta dellevarie angolazioni prospettiche di visio-ne.Anche le varie nature morte, i frutti e ifunghi, dei quali è un valente raccogli-tore, e, soprattutto, le farfalle, sono re-se in modo surreale, con una notevolecapacità esecutiva, che rende ogni ope-

ra come un pezzounico, considerandoanche le tirature sem-pre in numero limita-to.L’artista, prima dellasua passione per leincisioni, si presenta-va al pubblico, in mo-stre personali e col-lettive e concorsi, so-prattutto con lavoriad olio, ma, da circatre anni, ha fatto co-noscere anche questosuo interesse, nelquale impiega tutto ilsuo tempo libero.Prima aveva sempreinciso per sé, perchévoleva arrivare a sco-prire i segreti di talearte, i vari metodipossibili per conse-guire determinati ef-fetti, presenti nellevecchie incisioni, eper approfondire laconoscenza e la ricer-ca di questa singolare e antica formaespressiva.

Dopo anni, Nino Poli, per ottenere sem-pre migliori risultati, continua a studia-re e a documentarsi sull’argomento, èlui il primo critico delle sue opere; ciconfida che si ritiene soddisfatto il pri-mo giorno, ma poi sempre meno e que-sto lo porta alla ricerca di possibili e di-verse soluzioni, di continue prove perarrivare alla totale assenza di ogni pic-cola imperfezione. Osservando i suoilavori, gli appassionati d’arte, e in par-ticolare chi se ne intende d’incisioni,possono cercare d’individuare e con-frontare tutte le tecniche che l’artistasperimenta, dall’acquaforte alla punta-secca, dall’acquatinta alla maniera ne-ra (molto antica), mescolate tra loro al-la ricerca d’effetti speciali di chiaro-scuri ed ombre. Le sue incisioni sonoaccurate, perfette, pulite, senza sbava-ture, ogni segno voluto e ricercato e lascelta dei soggetti studiata, tutto comesi conviene ad un grande e serio inci-sore.

NINO POLIdi Anna Maria Goldoni

S T U D I O D ’ A R T I S TA

■ Oliveto, acquaforte e acquatinta.

■ Farfalle, acquaforte e acquatinta.

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Abbiamo chiesto a Nino Poli di risponde-re ad alcune domande:

Quando ha iniziato a dedicarsi alle inci-sioni?Per passione, nei primi anni settanta; ve-dendo le illustrazioni di antichi libri ed en-ciclopedie è nato in me il desiderio di cono-scere la tecnica delle incisioni. Non ho tro-vato volumi sull’argomento, solo nel 1980sono entrato in possesso di un libro, di un in-segnante dell’Accademia d’arte, che spie-gava in maniera sintetica tutta le fasi d’ese-cuzione. Il mio primo lavoro è stato fattonel 1969, sulla pietra, schiacciando l’inci-sione con le dita.

Ha seguito qualche particolare corso di di-segno, ecc.?No, sono un completo autodidatta, ho inizia-to per curiosità, per sapere cos’è l’incisione,poi ho messo in pratica tutti gli studi e le ri-cerche fatte. Si deve lavorare molto per impa-rare, all’inizio ho buttato via più di duecentolastre, adesso saprei come correggerle.

Che tecniche usa abitualmente?Acquaforte e acquatinta, puntasecca e manie-ra nera, quella degli antichi (si fa la lastra ne-ra e poi, schiacciandola, si evidenziano certieffetti); di solito amo mescolare le varie tec-niche nei miei lavori, per ottenere risultati di-versi”.

Le sue opere hanno un formato particolare?La loro misura varia da quelle più piccole, 8per 13, a quelle grandi fino a 20 per 30 centi-metri, circa; sono però tutti lavori a tiratura innumero limitato, su lastre di zinco, che prefe-risco senz’altro a quelle di rame per le qualidovrei usare un acido molto più forte e quin-di più nocivo.

Quali sono i suoi progetti artistici futuri?Desidero solo incidere; ho in programma didedicarmi alla riproduzione di ninfee ed an-che, soprattutto, di particolari di porte e muridelle vecchie costruzioni contadine, ricche difascino e di storia. ■

Lo studio dell’artista è a Borzano d’Albinea(Reggio Emilia) in Via L. Orsi n°40; telefo-no 0522-591494.

PER SAPERNE DI PIÙLa tecnica dell’acquaforteprevede tutte le fasi fon-damentali della stampa,preparazione della lastra,inceratura, disegno, corro-sione in acido, pulizia einchiostrazione, stampa,ed è la più diffusa.Nell’acquatinta si ag-giungono chiaroscuri emezzetinte in alcune partidelle incisioni. Per ottene-re questo si possono di-stribuire sulla lastra mi-croscopiche goccioline dispeciali sostanze, comecolofonia (pece greca), ilbitume, la cera da incisio-ne o la vernice alla nitro-cellulosa, che devono evi-tare la completa corrosio-ne.Nella puntasecca si lavoracon una punta dura sullasuperficie della lastra dimetallo più tenero; l’inci-sione provoca il rialzo del-le cosiddette “barbe”, mol-to importanti nel momen-to della stampa perché la-sciano un segno meno du-ro di quello dell’acquafor-te, anche se le copie de-vono essere di un numerolimitato.La maniera nera è unatecnica generalmente pocousata perché richiede del-le fasi di lavoro lunghe efaticose, adatte solo perparticolari soggetti. Sullalastra si passa il “berceau”,un ferro dentato, per crea-re sulla superficie tantitratti paralleli, verticali,orizzontali e diagonali. Seil trattamento è ben ese-guito appare una “grani-tura” e, stampando even-tualmente in questa fase,la copia ottenuta risultapraticamente nera. Su que-sta trama, con il brunitoio,si schiacciano alcune par-ti, quelle dove l’inchiostronon deve rimanere, eserci-tando diverse pressioni. Lestampe ottenute con que-sta difficile tecnica sonomolto morbide e i chiaro-scuri graduati e d’effetto.

■ Funghi, acquaforte e acquatinta.

■ L’artista con l’ex assessore Ada Valli e a destra l’autrice dell’articolo.

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Ancora una volta, la FondazionePierre Gianadda di Martigny cipermette di assaporare, “gu-

stare” nel vero senso della parola, uninsieme di 50 capolavori dell’arte euro-pea, di cui la punta di diamante èsenz’altro la celeberrima “Colazionedei canottieri” di Renoir, grande di-pinto del 1880-1881, di cm130,2x175,6, forse il più bel quadroimpressionista, per la maestria dellacomposizione, animata e vivace, connumerosi personaggi di una incredibilenaturalezza, e per la policromia squi-sita.Da notare, sull’estrema sinistra dellatela, seduta di fronte all’amico di Re-noir, il ricco Gustave Caillebotte, me-cene degli altri impressionisti e pittorelui stesso di valore, la giovane donnadal grazioso profilo, che tiene affettuo-samente un cagnolino, Aline Charigot,fidanzata di Renoir, che diverrà suamoglie.La collezione Phillips viene da DuncanPhillips, che ha consacrato la vita con isuoi scritti, le sue amicizie e le sue col-lezioni oggi famose nel mondo intero, acondividere con il più gran numero dipersone la sua passione per l’arte. Nel1918, dopo la morte di un fratellogiunta a soli tredici mesi da quella delpadre, egli deciderà di fondare un mu-seo in loro memoria.Quando il museo aprirà al pubblico nel1921, su due piani della casa di fami-glia a Washington, Phillips ha già ac-quistato 240 opere, di pittori francesitali Monet, Sisley o Fantin-Latour, e diartisti americani contemporanei comeWhistler.Alcuni dei capolavori più significativisono giunti presto nella collezione, peresempio il “Piatto di prugne” di Char-din, e la “Colazione” di Renoir acqui-sita nel 1923.Honoré Daumier (Marsiglia, 1808-Valmondois, 1879), il più grande cari-

ALLA FONDAZIONE PIERRE GIANADDA DI MARTIGNY

I Capolavori della Phillips Collectiondi Washington

di Donatella Micault

A R T E

■ Honoré Daumier, La sommossa, 1848 o successivi - olio su tela, cm 87.6 x 113■ Pierre-Auguste Renoir, La colazione dei canottieri, 1880/1881 - olio su tela, cm 130.2 x 175.6

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caturista della sua epoca, ma anche pit-tore di una notevole forza, presente contre opere, era fra i favoriti di Phillips,che acquistò per esempio l’ “Insurre-zione” (1848), olio su tela, 86,6x113cm, nel 1925, opera di un’intensità fol-gorante, dai violenti chiaroscuri, cherappresenta una scena di strada, forseispirata dalla rivoluzione del 1848, chefece cadere Luigi Filippo e la Monar-chia di Luglio.Nelle 50 opere esposte, brillano anchelavori straordinari di Paul Cézanne(Aix-en-Provence, 1839-1906), dalpensoso Autoritratto (1878-1880), alla“Montagne Sainte Victoire” (1886-1887), paesaggio dai verdi sublimi, ac-quistato nel 1925, passando alla Naturamorta con melograno e pere (1890-1893), ma, tornando indietro nel

tempo, ammireremo la purezza classicadella “Piccola bagnante” (1826), diDominique Ingres (Montauban, 1789-Parigi, 1867), nudo femminile visto didorso, pittura di grande raffinatezzaestetica.Continuando il percorso, attardiamocisu un pittore oggi un po’ dimenticato,Pierre Puvis de Chavannes (Lione,1824- Parigi, 1898), che godé di ungrande favore alla sua epoca, soprat-tutto per le decorazioni monumentali, eche fu ammirato da artisti tali VanGogh. Il dipinto “Marsiglia coloniagreca” (verso 1868-1869), è uno deidue progetti di grandi tele commissio-nate all’artista nel 1867 dalla città diMarsiglia per la decorazione dello sca-lone del Palazzo Longchamp, il nuovomuseo municipale.Il dipinto rappresenta una scena quoti-diana dell’antichità, dove gli abitantidella futura città sono raffigurati nelleloro attività, conversando, cucinando,negoziando un tessuto. Il paesaggionudo sul quale il tempo non ha presapotrebbe essere quello di un sogno.Un’altra pittura eccezionale è costituitadalla “Camera blu” (1901), di un gio-vane Picasso appena ventenne, ma giàin pieno possesso della sua arte pitto-rica, e nel suo blu ispirato da Puvis deChavannes, la cui influenza è manifestanelle prime opere dello spagnolo. Vi-cino alla fragile donna intenta alla suatoilette, si vede sopra il letto il manife-sto di Toulouse-Lautrec di May Miltondanzando, discreto omaggio a questoartista dal grafismo unico, in contrastocon l’atmosfera malinconica dellastanza.Si potrebbe così descrivere minuziosa-mente tutte le opere di questa mostraveramente straordinaria, ma conclude-

remo con il più elegante, ma forse ilmeno conosciuto dei grandi Cubisti, lospagnolo Juan Gris (Madrid, 1887- Pa-rigi, 1927), che, malgrado una vitabreve, ha lasciato capolavori di finezzae sensibilità tali la “Natura morta congiornale” (1916), o al contrario con illongevo Oskar Kokoschka, nato in Au-stria nel 1886, e morto a Montreux inSvizzera nel 1980, il cui bel Ritratto diLotte Franzos (1909), giovane sposa divent’anni di un avvocato in vista,dall’espressione intensa e drammatica,non fu molto apprezzato dal modello,malgrado la qualità intrinseca del la-voro. ■

Capolavori della Phillips Collection diWashingtonFondazione Pierre Gianadda, Rue du Fo-rum, Martigny, Svizzera.Fino al 27 settembre 2004.Tutti i giorni, ore 9-19.Catalogo edito dalla Fondazione, infrancese e inglese, che riproduce a co-lori tutte le opere esposte. Fr Sv 45;euro 30,00.Su presentazione dello scontrino di an-data semplice del traforo Gran San Ber-nardo e di un biglietto d’ingresso allaFondazione, il ritorno in Italia entro tregiorni è gratuito, compreso per i pull-man da turismo.

■ Dall’alto in basso:Pierre Puvis de Chavannes, Marsiglia, coloniagreca, 1868/1869 - olio su tela, cm 98.9 x 147Oskar Kokoschka, Ritratto di Lotte Franzos,1909 - olio su tela, cm 114.9 x 79.5Hilaire-Germain-Edgar Degas, Ballerina allasbarra, 1900 ca - olio su tela, cm 130.1 x 97.7

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Quando raccontare è saper estrar-re dai ricordi della memoria, fil-trandoli attraverso le emozioni

del cuore, una “materia” da consegna-re alla pagina scritta nella quale uomi-ni, cose, fatti, sentimenti e ragionamentiresteranno bene impressi, ben scolpiti,diremmo, se non si trattasse di paginescritte - appunto.E quando da raccontare c’è una sagafamiliare che si intreccia strettamente efortemente con eventi epocali, tragici,ecco allora che ancor di più quelle pa-gine si fanno vive, prendono, come di-re?, fuoco e ardono: di passione e disdegno, di amore e di dolore, di dispe-razione e di speranza (sì, di speranza,nonostante tutto e tutti), di fede e di ab-bandono a quella fede medesima.Ecco: fra tanti romanzi, di fantasia, o subase storica - come di dice - dei qualisono colmi i ripiani delle scansie deinegozi di libraio, ce n’è adesso uno chespicca. Appartiene a quel tipo di lette-ratura che suole definirsi “della memo-ria”, o, se si vuole, “dell’esilio”, perchéè in questi elementi che affonda le ra-dici, che ha ragion d’essere, e che as-sume la sua piena dignità di alta scrit-tura e di narrazione puntuale, stimolan-te nel suo incalzare, procedendo conl’incalzare stesso degli avvenimenti, inuna temperie di incertezze, di vaghepaure, di sospetti e timori sottesi, primache la vicenda scoppi, nella sua dram-maticità tremenda sconfinata, alla fine,nella tragedia. La tragedia di un popo-lo “segnato” nella sua lunga storia da vi-cende emblematiche e... tragiche, ap-punto.No, non ci riferiamo alla Shoah. Qui sitratta di qualcun altro e di qualcosa d’al-tro, anche se si può senza ombra di dub-bio parlare di una sorta di “anticipazio-ne” della persecuzione di Hitler e delnazismo nei confronti del popolod’Israele.Qui si parla di Armeni...La bambina guardava, e ascoltava i rac-conti, come fiabe, del vecchio nonnoYerwant... E oggi, soltanto oggi - perchéogni cosa ha il suo tempo - quei raccontiin lei come sedimentati a lungo, si so-no trasferiti dalla memoria del cuore al-

la pagina scritta. Certo: non soltanto quei racconti delvecchio nonno Yerwant che l’aveva fat-ta pregare nella basilica antoniana diPadova in un lontano 13 giugno, ma an-che altro, appreso dalla storia: della suafamiglia, e del popolo al quale appar-tiene il ramo paterno.Diciamo: del genocidio armeno e di unromanzo che ne descrive la tristezza el’orrore, la sofferenza e il sangue, il sen-so di una fatalità percepita e la forza diaffrontare un destino, il coraggio di ten-tare l’impossibile, la morte, ma (anche)in certi casi, la salvezza, la sopravvi-venza.Valeva la pena che Antonia Arslan, no-me ben noto alle cronache letterarie e fi-glia dell’otorinolaringoiatra di famamondiale, Michele, nonché nipotedell’altrettanto famoso Yerwant (venu-to dall’Anatolia nel Veneto all’età ditredici anni, quasi a sfidare il destino, acercare la “sua” strada nella vita) - di-cevamo: valeva la pena che abbia ta-ciuto, e pensato, per tanti anni e soltan-to adesso ci abbia dato il romanzo checi aspettavamo.“La masseria delle allodole” (Rizzoli,Euro 15,00) si intitola questo libro cheè storia documentata e narrativa di noncomune fascino a un tempo. Ed è, an-che, qualcosa di più. Saga familiare - siè già detto - e poi evocazione tragica di

un evento troppo a lungo (quasi un se-colo) dimenticato, o rimosso, esorciz-zato, dalla coscienza non soltanto deiTurchi, ma pure di un Occidente peral-tro sempre disponibile, pronto a strac-ciarsi le vesti per ogni minima ingiusti-zia, e sui cui libri di storia c’era spazioper tutto e per tutti, ma non per lo sven-turato popolo armeno, oggetto di una“pulizia etnica” ante litteram, poco do-po lo scoppio della Grande Guerra.La “masseria delle allodole” è stata unluogo realmente esistito, non una in-venzione letteraria. Il luogo della sere-nità, del bene stare e del ben vivere,della gioia, insomma, del fratello dinonno Yerwant (di nome Sempad) e poiil suo calvario - suo e di altri uomini,amici, in quell’angolo di Anatolia dovela presenza armena era tolleratadall’Impero ottomano (giunto peraltroal capolinea della Storia), e poi distrut-ta con la persecuzione.La storia della famiglia, degli amici dizio Sempad è, come detto, una storiatragica, ma non unica: certamente em-blematica e paradigmatica di tante, tan-tissime altre storia di famiglie armenecolpite dalla ferocia dei “Giovani Tur-chi”, laici, che però ripeterono, ingran-dendole e... peggiorandole, le stragi del-la fine del secolo precedente.Nel dipanarsi degli eventi: la vita quo-tidiana della comunità armena (ma nonsoltanto di quella) in una cittadina il cuinome l’autrice non menziona, e poi gliordini della persecuzione e della de-portazione, studiate e progettate a ta-volino, e poi la partenza delle donne, deibambini, dei vecchi (gli uomini validierano già stati trucidati) in una carova-na di carri sorvegliati dagli zaptiè (gen-darmi) in marcia per chilometri e chi-lometri, sotto i raggi di un sole cocen-te, senza acqua e senza cibo, in questoquadro, Antonia Arslan coinvolge il let-tore con un ritmo narrativo incalzante eaffascinante.Il realismo di certe scene di dispera-zione e di rassegnazione, di manifesta-zioni di coraggio e di altruismo, di ge-nerosità nascosta, intelligente, per sal-vare il... salvabile, si alterna alla ester-nazione di stati d’animo, di considera-

ANTONIA ARSLANdi Giovanni Lugaresi

C U LT U R A

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zioni e di riflessioni dei personaggi chenon recitano “una parte” ma vivono, osopravvivono, su uno scenario (per queitempi calamitosi) di “ordinaria quoti-dianità”.Se ne ricava tutto l’orrore che in questicasi si manifesta senza bisogno di cal-care toni e colori, perché l’orrore è in-sito, fa parte di quel segmento di storiache aprì il Novecento, il secolo degli“olocausti” e delle “pulizie etniche”,appunto, il secolo dei grandi progressiscientifici e tecnologici, ma anche del-la vergogna, della bestialità umana por-tata agli eccessi in forza di ideologievelenose.

Il romanzo di Antonia Arslan è dunqueopera narrativamente importante peruna capacità di saper raccontare in ma-niera sconvolgente (e coinvolgente) unastoria vera, d’altri tempi, ma pur tempitanto a noi vicini, ed è pure uno squar-cio di Storia (con la maiuscola) del no-stro travagliato secolo ventesimo delquale non si è abbastanza parlato e scrit-to, nonostante tanti di quei personaggisuperstiti del genocidio siano vissuti alungo fra di noi, accanto a noi, nelle no-stre città, nelle nostre patrie, loro che lapatria l’avevano perduta e per la qualeperaltro avevano serbato, sempre, me-moria nel cuore... ■

E’ o dovrebbe essere universalmente no-to per via di un episodio romanzato daFranz Werfel (Il Mussa Dagh) il genocidioarmeno perpetrato dai giovani turchi du-rante la grande guerra.Genocidio che rappresenta il punto piùtragico della storia di questo infelice po-polo le cui vicissitudini si sono dipanatesul filo delle sofferenze attraverso i se-coli.La storia degli armeni è infatti una diquelle che, provenienti da lontano, comesi suole dire, racchiudono momenti di diestrema tragicità.L’Armenia, nome con il quale si indicauna regione montuosa dell’Asia Minore,che si estende da 37° a 47° long. E e da38° a 41° lat. N, dal punto di vistamorfologico è uno dei grandi altipianiche si susseguono fra l’Egeo e Asia cen-trale.La più antica fase della storia di questo

territorio è quella del regno di Urar-tu (X-VII secolo a.C.).Fra gli altri ci fu il dominio persia-no e quindi la conquista di Alessan-dro Magno (331 a.C.).Poco si sa della sua storia successi-va, fino a quando fu unificata (l° se-colo a.C.) sotto Tigrane, che allargòi confini della regione e fondò, inluogo della periferica Artaxata, la nuo-va capitale di Tigranocerta.Nel 66 la zona finì sotto la protezionedi Roma e da allora l’Armenia fu conti-nuamente trascinata nelle continueguerre tra Roma ed i Parti fino al 387(d.C.) quando andò divisa fra Bisanzioe la Persia.Successivamente subentrarono i musul-mani. Una stato armeno indipendentelo si ebbe solo nell’undicesimo secolo,fuori però dell’Armenia “propria”, nellaCilicia, cioè nella “Piccola Armenia”, adopera del principe Rupen.Questo staterello durò tre secoli e svolseuna funzione di baluardo dell’Impero Bi-zantino contro i musulmani ed i crociati.Nel 1199 Leone II si faceva incoronare rein Tarso, ed il suo regno (fino al 1219) se-gna l’apogeo del Rinnovato Stato Arme-no di Cilicia.Frattanto va evidenziato che l’Armeniaera già stata evangelizzata all’inizio delterzo secolo, quando l’apostolo naziona-le, San Gregorio l’Illuminatore, ottennedal re Tiridate il riconoscimento del cri-stianesimo e organizzò la Chiesa, che poicon il passare del tempo subì ripetute cri-si che hanno portato ad avere oggi unaChiesa Armena dissidente Gregoriana eduna Chiesa Cattolica con riserve dogma-tiche ed un rito particolare.Quanto alle vicissitudini politiche e so-ciali, il popolo armeno, sottomessoall’Impero Ottomano, subì la prima per-secuzione su “ampia scala” nell’agostodel 1894, alla quale sarebbero seguiti lavera e propria strage del 1895/1896 ed ilgenocidio perpetrato durante la GrandeGuerra con un milione e mezzo di vitti-me.

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Il recente volume a più voci “La Madonna di Ti-rano” - guida alla visita, di Gianluigi Garbellini èstato edito per i tipi della POLARIS di Sondrio

dalla cooperativa “Quaderni Valtellinesi” nel500° anniversario della Apparizione della Ma-donna ( 29 settembre 1504 - 29 settembre2004).E’ opera di qualità, incisiva, secondoun ricco assunto di massima natura-lezza e intelleggibilità, in idealeequilibrio stilistico e di im-magini.

“LA MADONNA DI TIRANO”Guida alla visitadi Ermanno Sagliani

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Con analisi approfondita e rigorosail monumento di fede, di arte, di sto-ria, fulcro di intensa devozione neisecoli, è esaminato scrupolosamen-te in tutti i suoi aspetti essenziali:origini, fondazione, progetto, edifi-cazione, monumento nelle sue va-lenze artistiche - architettonicheall’esterno e all’interno, secondoanalisi storica accurata in tutti i suoielementi.L’introduzione è del Vescovo di Co-mo, Alessandro Maggiolini, che evi-denzia come l’opera possa essere “guida all’attenzione teologica delpopolo cristiano nel Mistero dell’In-carnazione redentiva”.Il Vescovo nel 2003 aveva dichiara-to “Santuario diocesano” la basilica,già in passato fiero baluardo di cat-tolicesimo contro il protestantesimo.Storici e critici sono concordinell’attribuire ai Ticinesi fratelli Ro-dari la realizzazione del Santuario,completato in molte sue parti nei de-cenni successivi da numerosi e rile-

vanti artefici tra Rinascimento e Barocco.Il bel volumetto di 148 pagine si conclude elencando i suoiillustri visitatori, eventi e solennità particolari.Utili ed essenziali le riquadrature paglierine con sintesi ac-cessorie, oltre le pagine riassuntive di cronologie e bi-bliografia.Eccellenti qualitativamente le fotografie di Dario Benet-ti e di pochi altri fotografi: Pollini, Agresta, Gandolfi,Previsdomini.Contributi al volume del Comitato per le Celebrazioni epatrocinio della Diocesi di Como, della Comunità Mon-tana, del Comune e della Parrocchia di Tirano e dellaProvincia di Sondrio.Prezzo di vendita 12 euro. ■

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Emilia Laura Facetti, inarte Laura Villa, hacantato con i più famosimusicisti brasiliani dijazz-samba trapiantati inFrancia negli anni ‘60. E’ stata la primainterprete in Europa deipiù noti temi di TomJobim, Menescal e dellostesso Sivuca.

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LAURA VILLA,da Sondrio a Parigi,con il grande Sivucadi Paco Garro jr. (*)

L’incontro con SivucaLa storia che vi voglio raccontare, in-vece, è strettamente legata a queste vi-cende, ma risale all’inizio degli anni‘60, e riguarda una cantante nata inItalia, a Sondrio.Si svolge tra Lisbona e Parigi dove è ap-pena arrivata dalla Francia Emilia Lau-ra Facetti che non ha ancora compiuto30 anni. In arte si fa chiamare LauraVilla e si trova lì col marito pianista,Alex Biancheri (in arte Alex Williamso Paco Garro). Forse nemmeno lei sa-peva di essere nel posto giusto e al mo-mento giusto. Per Lisbona e Cascaispassavano infatti tutte le novità che ar-rivavano dal Brasile, anche perché è ilprimo scalo per gli aerei diretti in Eu-ropa. Tra questi brasiliani c’era un“sanfonero”, un fisarmonicista bianco(anzi albino) che arrivava dal Nordest,Severino De Oliveira detto “Sivuca”.

Lui faceva parte della ristretta cerchiadei grandissimi del “forrò” e del“baiao”, assieme a Dominguinos e al“professor” Luiz Gonzaga. Non sap-piamo se Laura Villa, il marito Alex

(anch’egli fisar-monicista) e Si-vuca si siano in-contrati propriolì. Sappiamoperò che neiclub della capi-tale portoghese,già nel ‘59 sisuonavano Fadoe Bossanova.Sta di fatto che,quando la can-tante di originesondriese ritornaa Parigi, lei e ilmarito, che è ar-rangiatore e di-

rettore d’orchestra, vengono ingaggiatidalla Polydor per realizzare alcuni di-schi di Bossanova, con alcuni celebritemi di Jobim nella versione francese.Allora non bastavano tre o quattro mu-

Nell’Europa abituata ai valzer diStrauss e ai “Va pensiero” di verdia-na memoria, i musicisti che propo-nevano quella “cosa nuova” (Bossa-nova) che arrivava dal Brasile (affi-ne al cool jazz di Lennie Tristano eChet Baker) erano considerati degli“stonati”. Loro non si accontentava-no del solito Do-Fa-Sol, di maggiori,minori e settime. No: gli piacevano lequinte diminuite, le settime aumen-tate, le none (proto: una sola enneper carità!!). Non si accontentavanodi suonare il loro jazz latinoamerica-no con il sax, il piano o la chitarra,volevano anche cantarlo. Il poeta-ambasciatore di questa “cosa nuo-va”, che aveva scritto “Desafinado”(Lo stonato) si chiamava Vinicius DeMoraes e l’Italia imparò a conoscer-lo solo negli anni ‘70 a fianco della

Vanoni, di Toquinho e di Endrigo. MaVinicius, il “bianco più nero del Bra-sile” era un letterato che faceva l’am-basciatore di un grande paese conuna nuova capitale (Brasilia) dove,assieme ai calciatori Pelé e Altafini,vivevano milioni di emigranti italia-ni, arrivati a far fortuna alla finedell’800. De Moraes è stato la voce diquel Brasile che oggi definiremmo“in via di sviluppo”. Fu il poeta del-la lontananza, della malinconia, maanche della gioia di vivere, tipica-mente brasiliana, di chi oggi guardagià al domani e sa che “la vita è l’ar-te dell’incontro”.Alla fine degli anni ‘50 (dieci anni

prima del fenomeno Vanoni-Endri-go), Vinicius De Moraes, Luiz Bonfae Tom Jobim scrivevano la colonnasonora di “Orfeu Negro”, il film susceneggiatura di Camùs, che ripro-poneva il mito di Orfeo e Euridicesullo sfondo del Carnevale di Rio deJaneiro. Il film ebbe un buon suc-cesso, ma la musica superò ogni con-fine: temi come Orfeu Negro (BlackOrpheus) e A Felicidade, sono suc-cessi che ancor oggi rivestono nellamusica il ruolo del mito imperituro.Frank Sinatra, Ella Fitzgerald e mol-ti altri grandissimi interpreti li inse-riranno tra le loro migliori incisioni.Ma stiamo già parlando di un’epoca

più vicina anoi, dagli anni‘70 in poi.

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sicisti tra cui un tastierista per ripro-durre sax e trombe. Ci voleva una gran-de orchestra. Alex si mette in cerca neiquartieri degli artisti e trova un trenten-ne Sivuca, il batterista e percussionistaNey De Castro e l’allora chitarrista Di-mas Sedicias (che, in base alle biogra-fie, sarebbe diventato poi trombonista eautore contemporaneo di partiture perottoni). Con la collaborazione di altrimusicisti “turnisti” europei, nasce nel1962 il long playng (uno dei primi 33giri) intitolato “Laura Villa Bossano-va”. Vi figurano i temi più famosi di

Dal jazz-sambaa SanremoDopo l’esperienza“bossanovista”, lacantante riproponeun repertorio sem-pre più francese eperde così i contat-ti con l’ambienteparigino dei brasi-liani. Sivuca lasciala Francia ed emi-gra a New York do-ve entra in contattocon il jazz e, in par-ticolare, con la can-tante MiriamMakeba di cui di-venta l’arrangiato-re e uno dei princi-pali solisti. A Sivu-ca si deve pratica-mente il grande

successo mondiale di Pata Pata con quelfamoso attacco di pianoforte. Poi il bar-buto albino brasiliano approderà allacorte di Harry Belafonte, Airto Morei-ra, Stanley Turrentine e Toots Thiele-mans.Per Laura Villa, invece, il 1964 è l’an-no di Sanremo. Al Festival, come ospi-

te… “straniera” presenta la canzone“Sole Sole Sole” (Zanin, Casadei) incoppia con Los Hermanos Rigual. Di-rige l’orchestra il M° Gigi Cichellero.Non ottiene però il successo sperato enon entra in finale, ma tra le canzoniescluse c’è anche la bellissima “E sedomani” di C.A. Rossi che diventerà unsuccesso di Mina. “Sole Sole Sole” eraun prodotto più commerciale, “sanre-mese”, scritto sull’onda di “Cuando ca-lienta el sol” degli Hermanos Rigualche era stato il successo dell’estate. Co-munque il brano della Villa venne poi

inciso nella versione in inglese niente-meno che da Sarah Vaughan. Dopo San-remo, Laura Villa effettuò diversetournée europee, tra cui un lungo pe-riodo di soggiorno in Olanda, quindi al-le soglie degli anni ’70 si ritirò pratica-mente a vita privata, in un paese dell’en-troterra sanremese. Oggi è entrata nellaterza età ma mantiene sempre quel suo“charme” con tanta nostalgia per un pas-sato luminoso e irripetibile, di regina inEuropa della bossanova, lei che è permetà italiana di nascita e per l’altra metàfrancese di adozione, con un piede a Pa-rigi e l’altro sulla Riviera. Una “sauda-de” forse più portoghese che brasiliana,all’altezza del miglior “fado”.Nel nostro ultimo incontro Laura Villaha ammesso di “essere stata forse trop-po avanti per quei tempi”. In effetti gliarrangiamenti dei suoi dischi di bossa-nova, firmati da Sivuca e da Alex Wil-liams (= Paco Garro) non sono affattodatati perché molto innovativi e moder-ni per l’epoca, un po’ come accadde al-le incisioni di Joao Gilberto, Stan Getz,Elis Regina e Tom Jobim.Dimenticavo: Emilia Laura Facetti, inarte Laura Villa, è mia zia. ■

(*) © 2002 - 2004 Jazzitalia.net - Paco Garro jr. -Tutti i diritti riservati

Tom Jobim come “Desafinado”, “Sam-ba de uma nota”, “Corcovado” e “Che-ga de saudade”, ma anche il bellissimo“Barquinho” di Roberto Menescal, “Ro-sinha” una canzone di Sivuca e due te-mi originali “O Bossa nova” e “O ven-to”, che portano la firma di Alex Bian-cheri-Paco Garro. Il disco ottiene ilplauso entusiastico della critica e Lau-ra Villa diventa così una vedette del mi-tico Olympia di Parigi. Nonostante lostile raffinato e l’approccio jazzisticoad una musica di indubbia qualità, lacantante nel settembre 1963 raggiungeil 7° posto tra i dischi più venduti inCanada con “Je m’ennuie/Pas de lar-mes” due hit, in francese (Apex 13305,45 giri). Sempre nel 1963, con il singo-lo su 45 giri “Rosinha” di Sivuca (Poly-dor) scala le classifiche di Radio Mon-te Ceneri (Svizzera) e resta al comandoper parecchie settimane.

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Mentre il Faro sul molo del la-ghetto di Novate Mezzola èdedicato ai Caduti del Mare,

lo “Scoglio” di Sondalo è legato allegesta dei marinai, ai componenti degliequipaggi dei mezzi d’assalto della Re-gia X MAS, ed in particolare ai due ma-rinai sondalini che furono protagonistidi imprese eroiche nel corso della IIguerra mondiale.I due marinai sondalini, che hanno labuona ventura d’essere ancòra in vitanonostante l’età avanzata, hanno la sod-disfazione di rendersi conto che i mari-nai della provincia di Sondrio e la po-polazione del loro comune di originenon li hanno relegati nell’oblio dellastoria.Con “poca sacralità” chiamo “scoglioroccioso” questo monumento perché idue sondalini hanno dimostrato di ave-re una resistenza fisica paragonabile aigranitici picchi che circondano Sonda-lo, simili ai robusti scogli marini.Il loro percorso di soldati del mare ini-ziato in giovane età la dice lunga sullapeculiarità psico-fisica; in primo luogo

per dote naturale, in parte anche perl’intensa mole di allenamenti addestra-tivi particolarmente curati nella giova-ne età.Agli operatori dei mezzi d’assalto del-la marina da guerra, tutti volontari, erarichiesto un grado di resistenza fisicaed un comportamento introspettivo su-periore alla media generale; erano am-messi dopo una severa visita medica se-guita da una scrupolosa inchiesta suimotivi per i quali erano stati spinti adinoltrare domanda per un’attività tantorischiosa: semplici dissapori familiario delusioni amorose erano motivo suf-ficiente per essere rinviati al proprio re-parto!Quindi marinai granitici, anfibi comedelfini, polmoni di balena e cuore distambecco.Nella valle illuminata dal verdedell’eroismo di tanti Alpini, altre lucibrillano nel firmamento epico e la luce“bianca e blu” risplende tra tutte, acce-sa da questi uomini che hanno reso ono-re alle proprie origini offrendosi allaPatria.

Andrea GianoliMedaglia d’Argento al Valor Militare

Nato il 14 dicembre 1922 è stato tra gliuomini “dell’Orsa Maggiore” dell’Ol-terra, unità navale mercantile nella baiadi Gibilterra semiaffondata sulla costaspagnola, utilizzata per l’assemblaggiodei mezzi d’assalto e alloggio momen-taneo degli operatori.Una lunga carriera militare iniziata conl’Italia in profonda crisi politica con leNazioni Unite in procinto di avventu-rarsi sulla perduta spiaggia.Dopo il corso ordinario di palombaro èaggregato alla Regia X MAS che rag-gruppava Barchini d’Assalto, Nuotato-ri Gamma d’Assalto e Siluri a LentaCorsa.Destinato ad operare da Sottocapo suiSiluri a Lenta Corsa (S.L.C. detti“maiali”) la notte del 4 agosto 1943partecipa, in coppia con il Tenente diVascello Ernesto Notari, all’operazione“BG7” per il forzamento del porto diGibilterra che porta all’affondamentodi tre unità da trasporto tra cui una pe-

MARINAI DELLE ALPI CENTRALI:delfini col cuore di stambecco

di Giorgio Gianoncelli

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troliera.Durante l’avvicinamento al porto si al-za un forte vento che rende difficile ilgoverno del “maiale”, tuttavia la coppiaraggiunge la chiglia della petrolieraHarrison Grey e Gianoli riesce, con di-spendio di energie, a causa di una seried’intoppi tra i reticolati posti a prote-zione della nave, il vento che agita le ac-que e il “maiale” che decide di farsi gliaffari suoi, a posare la carica, innesca-re il congegno ad orologeria per lo scop-pio a tempo e a risalire in superficie.Terminato il lavoro, Gianoli nel buiodelle acque limacciose non trova più il“maiale”, trova invece il timone dellapetroliera, si “incoccia” ad esso e rima-ne in acqua per il tempo previsto delrientro sulla Olterra e lo scoppio dellemine, tempo calcolato in circa tre ore.Dopo quelle ore a bagno il giovane Sot-tocapo nuota lentamente finché inqua-drato dai riflettori è catturato, viene fat-to salire sulla Harrison Grey e poi con-dotto alla Fortezza dove è interrogato espedito in prigionia in casa degli ingle-si fino alla fine della guerra. Durante iltragitto dalla nave alla Fortezza, ha lasoddisfazione di vedere la petroliera sal-tare in aria. Rientrato in Italia continual’attività nella Marina Militare Italianacon incarichi di istruttore e di comandopresso il Gruppo Incursori e Mezzi d’as-salto. Lascia la Marina Militare con ilgrado di Capitano di Corvetta.

Emilio BianchiMedaglia d’Oro al Valor militare

Eroe di Alessandria d’Egitto, miticomarinaio valtellinese, classe 1912, son-dalino D.O.C.Al momento della nascita è destinatoad un lavoro diverso e in giovane etàcoltiva l’attività artigianale-artistica diintagliatore del legno nell’azienda di fa-miglia: nell’immaginario dei genitorisarebbe dovuto diventare maestro-inta-gliatore, professione molto redditiziaper gli abbellimenti di mobili e abita-zioni alpine.Le cose sono andate diversamente: fol-gorato sulla via del mare all’età di 20anni, Emilio chiede ed ottiene l’arruo-lamento nel Corpo Reale EquipaggiMarina (C.R.E.M.).Per la prestanza fisica è assegnato allacategoria palombari, attività tra le piùimpegnative, con elevato grado di peri-colosità. Dopo il corso di qualificazio-ne è destinato ad operare nelle visceredel mare, nei porti dove è necessaria la

presenza dei palombari per posare retidi sicurezza intorno alle navi, per libe-rare le acque da eventuali ostacoli e perquanto altro è richiesto per la sicurezzadelle navi che entrano ed escono.Poi è inviato in missione su una naveidrografica per lo studio dei fondali ma-rini, poi su altre unità navali tra le qua-li la “Vespucci”.Emilio Bianchi arriva al gruppo assal-tatori nel 1939 e da allora non lasciapiù questo raggruppamento: riveste ilgrado di 2° Capo e in breve tempo è trai migliori operatori in allenamento.Lo scoppio della guerra coglie gli ope-ratori pronti, senza esaltazione ma conla freddezza tipica delle persone consa-pevoli di dover compiere il proprio do-vere per quello che hanno imparato.La guerra irrompe e sul mare si com-batte, la nostra flotta navale deve com-petere con la flotta navale più attrezza-ta del mondo; tuonano i grossi cannonie urlano gli aerei in picchiata sulle na-vi, la lotta è impari e molte speranzesono riposte proprio negli uomini con iminuscoli mezzi d’assalto che non tar-dano a mettersi in azione.Le missioni hanno per obiettivo i portidi Alessandria e Gibilterra e Bianchipartecipa a tutte le missioni.La notte del 19 dicembre 1941 tre equi-paggi penetrano nel porto d’Alessan-dria d’Egitto nel quale due navi da bat-taglia, un incrociatore e una nave ci-sterna si cullano sulle oscure acque ......in attesa della “mano carezzevole” delnuotatore d’assalto che dopo aver piaz-zato un involucro di dinamite suonerà la

sveglia agli uomini diChurchill.Nella operazione Bianchie il suo pilota Durand DeLa Penne sono sotto lapancia della prestigiosaValiant, fanno fatica apiazzare l’ordigno, l’ap-parecchio fa i capricci,scende sul fondo e risale asuo piacere, è ingoverna-bile: rischiano entrambi dimorire per mancanza diossigeno. In ogni casol’ordigno dopo tanto la-voro è posato e spolettato.Bianchi senza fiato deve

salire in superficie e si porta sulla boadi ormeggio della Valiant mentre De LaPenne è ancora sotto, ma poi anche luisale per respirare e raggiunge la stessaboa. Avvistati sono prelevati e traspor-tati sulla nave.Interrogati danno le generalità e null’al-tro, dopo tante domande senza rispostai due sono rinchiusi nella “cala dellecatene” in attesa di “nuovi eventi” .....che arrivano dieci minuti prima dellaesplosione: Durand De La Penne chie-de di conferire con il comandate e lo“consiglia” di fare abbandonare la nave.Il comandante finge di non accettare,fa riportare l’ufficiale italiano al suo po-sto ma nel contempo ordina l’abbando-no nave e rimuove persino la guardia al-la porta della cala. Nell’ora prevista unaviolenta esplosione nella cala si alza unpolverone, sferragliano le catene, salta-no i portelli, e i due prigionieri a tento-ni salgono in coperta mentre la nave siinclina lentamente.L’equipaggio inglese è a terra, nessunferito. All’apparire dei due marinai ita-liani, i marinai della più potente flottadel mondo si schierano e in reverente si-lenzio fanno ala al loro cammino che liporterà verso una lunga prigionia.Nel dopoguerra, rientrato dalla prigio-nia, Emilio Bianchi insegna attività su-bacquea all’Accademia di Livorno e alVarignano, scuole dalle quali esconoogni anno incursori e sommozzatori del-la Marina Militare, delle altre Forze Ar-mate e delle forze di Polizia.Bianchi lascia la Marina con il grado di1° Capitano del C.E.M.M. ■

■ 15 settembre 1991.Emilio Bianchi M.O.V.M. eAndrea Gianoli M.A.V.M. afianco della targa scopertain occasione del 50°anniversario delle primeazioni dei mezzi d’assalto.

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mondi e due menta-lità risalante al 1791,quando la comunità diAymavilles, con deli-berazioni comunali sioppose alla costruzio-ne di una fonderia perla ghisa e di una for-gia per la lavorazionedel ferro da parte ditale Barthélemy Ger-vasone perché nocivealla salute e dannoseper le acque ed i bo-schi. A tali motiva-zioni se ne aggiunge-vano altre di caratteremorale: la presenza diimmigrati avrebbe,secondo i consigliericomunali del paese,

potuto nuocere alla moralità dei giovani.In realtà dietro alla opposizione alla co-struzione della nuova fabbrica e ai giudi-zi sugli operai c’era ben altro: il conflittotra mondo agricolo e mondo industriale,il rifiuto cosciente o no delle trasforma-zioni economiche, la paura del nuovo, iltimore che la società rurale sentiva di fron-te al nuovo e allo straniero. Del resto ilpregiudizio contro gli stranieri era fruttodei tempi e dell’educazione dell’epoca.La Chiesa stessa non ne era esente.

sar Perrin su “Indu-strializzazione e con-flitti etnici”; in essol’autore ricorda cheun po’ in tutto ilmondo l’ambienterurale si è a lungo op-posto alla mentalitàindustriale perchél’industrializzazioneè stata spesso intro-dotta e si è sviluppa-ta a danno delle co-munità contadine.Essa ha sconvolto ilmodo di vivere, i co-stumi, le abitudini, iritmi stagionali degliautoctoni; ha utiliz-zato e sottratto allecomunità contadinele risorse (acqua, boschi, terreni, eccete-ra) a prezzi irrisori; ha sconvolto l’ordinecostituito che era stato alla base della vi-ta delle comunità locali per molti secoli.Inoltre, cosa ancor più grave, le industriehanno quasi sempre importato la manod’opera dai paesi da cui provenivano i di-rigenti delle fabbriche e delle officine,escludendo i locali. I benefici economiciandarono quindi solo ai proprietari dellefabbriche e a qualche famiglia nobile. Per-rin fa poi l’esempio dello scontro tra due

MeraviglieI grandi scultori del novecento italianoA cura di Guido ScaramelliniIniziativa della Comunità Montana della ValchiavennaTipografia Polaris Sondrio

Il Catalogo delle mostre sui grandi scul-tori del novecento italiano, diciotto no-mi importanti, la cui fama ha varcato iconfini nazionali, tenute il mese scorsonell’ottocentesco Mulino di Bottoneraa Chiavenna e nel palazzo dei Con-gressi a Madesimo, permette di ammi-rare sculture di Medardo Rosso, Artu-ro Martini, Francesco Messina, MarinoMarini, Giacomo Manzù, Umberto Ma-stroianni, Luciano Minguzzi, Aligi Sas-su, Bruno Cassinari, Augusto Murer,Floriano Bodini, Gio’ Pomodoro, Ar-naldo Pomodoro, Augusto Perez, Giu-liano Vangi, Federico Severino, Gia-cinto Bosco e Giancarlo Cazzaniga. Igrandi scultori sono presentati nel Ca-talogo da Donatella Micault con brevi,ma intensi testi. La figura di MedardoRosso (1858 – 1928), l’artista che è

considerato alle origini della sculturamoderna, è tratteggiata da Claudio DiScalzo nella sua evoluzione, dal perio-do parigino a quello milanese dove siesprime il suo rifiuto del monumentali-smo e della tradizione canoviana. pagina a cura di Giuseppe Brivio

R E C E N S I O N I

Non potevano mancare riflessioni sul-la scultura locale, in particolare di quel-la monumentale. E chi meglio di Gui-do Scaramellini, profondo conoscitoredella storia locale, poteva accingersi atale opera? Egli in poche pagine ci con-duce dalla scultura più antica, rappre-sentata dal fonte battesimale di San Lo-renzo a Chiavenna, un monolito in pie-tra ollare del marzo 1156, al pregevolebronzo del valtellinese Mario Negri sulvalore dell’educazione, del 1965, col-locato presso la scuola elementare divia don Guanella a Chiavenna. Lo scrit-to si chiude con una amara considera-zione: “Da allora (il 1965) è passatoormai un quarantennio e nessuna scul-tura è più arrivata ad abbellire e quali-ficare l’arredo urbano”.La presentazione del Catalogo delleMostre, curate da Mario Palmieri, è diSeverino Gadola, presidente della Co-munità montana della Valchiavenna, e di Marco Sartori, assessore alla cul-tura. ■

LE FLAMBEAURevue du comité des traditions valdotainesN° 190 - Cinquantunesimo annoAosta Estate 2004

Anche il N° 190 di LE FLAMBEAU, lapubblicazione trimestrale del Comitato diTradizioni Valdostane (C.T.V), si presen-ta ricco di servizi approfonditi e stimo-lanti.La rivista si apre con il tentativo di fare

un bilancio della sua cinquantennale av-ventura editoriale, con una parentesi dicinque anni, a partire dai propositi conte-nuti nel preambolo di Le Flambeau ap-parso sul primo numero della rivista nellontano novembre 1949. Bilancio sicura-mente positivo per il passato, ma con pro-blemi di prospettiva, legati alla crescenteperdita di identità dei Valdostani che fon-de come fanno i ghiacciai sotto l’influen-za del calore del sole e che sembra sem-pre più soccombere alla omogeneizzazio-ne introdotta dall’era moderna. Da qui unappello a tutti i Valdostani per leggere ediffondere la loro rivista, Le Flambeau,lanciato da Raymond Vautherin, Diretto-re responsabile della rivista, durante l’As-semblea generale del C.T.V, svoltasi adAosta il 3 aprile 2004.Di forte rilievo è il servizio di Joseph - Cé-