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ALIMENTAZIONE NEL CICLISMO

è un progetto di Bikenomist srl.Via Pietro Giannone, 6 20154 Milanowww.bikenomist.com

Autore: Miranda Valtorta

Photo Credit : Unsplash

Pubblicazione 2019

Bikenomist srl, Bikeitalia e l’autore non sono responsabili per i

risultati ottenuti seguendo le indicazioni del presente testo.

Si consiglia di effettuare una visita medica prima di intraprendere

un percorso dietoterapico e di farsi seguire da un dietista iscritto

all’albo professionale.

Ognuno si allena e alimenta sotto la propria ed esclusiva

responsabilità.

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INDICE

CAPITOLO 1

Le basi della buona alimentazione…………………………………………………………...5

CAPITOLO 2

I carboidrati…………………………………………….13

CAPITOLO 3

I grassi……………………………………………………………...……..19

CAPITOLO 4

Le proteine……………………..…..26

CAPITOLO 5

I sali minerali………………………………….…...34

CAPITOLO 6

Il ciclista vegetariano……………………………...……...42

CAPITOLO 7

Il ciclista vegano…………………………………………………………………...…...49

CAPITOLO 8

Cosa mangiare prima un’uscita in

bici……………………………………………………………………………………….….56

CAPITOLO 9

Cosa mangiare durante l’uscita in bici………………………………………..…………….63

CAPITOLO 10

Cosa mangiare dopo l’uscita in

bici……………………………………………………………………………...……………….72

Autore: Miranda Valtorta

Photo Credit : Unsplash

Pubblicazione 2019

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Le basi della buona alimentazione

Oggi non è molto difficile reperire informazioni sull’alimentazione; così

come consigli su cosa mangiare, non mangiare, mangiare prima durante

dopo, poco, tanto, si, no, a volte, q.b. La cosa che preferisco sono le

sostanze miracolose del mese, quelle che da sempre per loro natura

hanno una qualsivoglia proprietà che però ci viene raccontata come

guaritrice da sola del male di turno.

E allora via! Tutti al supermercato a comprare chili di quel prodotto, di cui

ovviamente il prezzo sarà aumentato a dismisura temporaneamente, per

farne la chicca in più al nostro mangiare quotidiano. Generalmente

questo accade quando la primavera bussa alle porte, le giornate si

allungano e iniziamo ad intravedere la possibilità di ritornare ad allenarci

con costanza o fare lunghe uscite con temperature miti. La voglia e

l’eccitazione bussano alla porta: il ridotto allenamento combinato con i

soliti maledetti chiletti invernali iniziano a darci fastidio.

Dobbiamo tornare in forma subito! Come fare? Prima di tutto una bella

controllata alla bici! Poi rispolveriamo i consigli dell’amico, gli

stratagemmi del cugino, la tabella alimentare del supercampione, la

famosa, stramaledetta sostanza del mese! Desideriamo il risultato dando

quel tocco in più alla nostra alimentazione, ma senza mettere in

discussione le abitudini reali.

Capitolo 1

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Ma noi, come mangiamo? Perché è questa la chiave di tutto! Il come

sono abituato a mangiare.

Facciamo un gioco. Vi propongo un banalissimo diario alimentare.

Proviamo a compilarlo con limpida sincerità per tre giorni. Poi ci

rivediamo qui e proseguiamo.

Obiettivo: identificare i punti traballanti della mia alimentazione e trovare

strategie per migliorare la mie basi alimentari.

Giorno 1 Colazione

Pranzo

Cena

Giorno 2 Colazione

Pranzo

Cena

Giorno 3 Colazione

Pranzo

Cena

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Il diario alimentare

Scritto tutto? Andiamo avanti, in condizioni di salute un’alimentazione

bilanciata e completa è in grado di fornire al nostro organismo tutte le

sostanze di cui ha bisogno. Per il ciclista la buona abitudine alimentare è

di fondamentale importanza. Essa non solo ci da la sicurezza di nutrirci

bene per un concetto di benessere universale, ma ci facilita il lavoro

quando dobbiamo adattare i rifornimenti per gli allenamenti, le uscite e

le gare. Se parto da un’alimentazione disordinata e caotica, come posso

pretendere di capire di cosa ho bisogno per supportare la mia attività, di

quanto ne ho bisogno e di quando mi conviene mangiarlo?

Confrontiamo il nostro diario alimentare con alcuni strumenti utili che la

letteratura ci fornisce: le Linee Guida per una sana Alimentazione Italiana,

la Piramide Alimentare e MyPlate. Questi strumenti sembrano darci

consigli banali, in quanto non hanno nessun tocco di esotico o magico.

Generalmente pensiamo di “farlo già”, ma se ci pensiamo bene.

Si tratta di 10 Linee Guida destinate all’universo dei consumatori, “…per

realizzare un’alimentazione sana ed equilibrata, garantendosi più

benessere e salute senza dover mortificare il gusto e il piacere della

buona tavola”. Riassumo pochi punti essendo il documento completo

disponibile on line sul sito del Ministero della Salute.

Controlla il peso e mantieniti sempre attivo

È bene controllare il peso una volta al mese per evitare sorprese. In ogni

caso sono da evitare le diete “fai da te”. L’attività motoria deve diventare

parte della nostra vita quotidiana

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.Più cereali, legumi, ortaggi e frutta

Frutta, verdura e legumi devono essere sempre presenti in tavola. È bene

preferire cereali integrali e leggere le etichette dei prodotti confezionati.

Grassi: scegli la qualità e limita la quantità

Prediligere cotture al vapore, al cartoccio, in tegami antiaderenti aiuta a

ridurre i grassi in cucina. È bene utilizzare l’olio a crudo. Per i prodotti

confezionati è utile leggere le etichette.

Zuccheri, dolci e bevande zuccherate: nei giusti limiti

Modera il consumo di alimenti e bevande dolci nella giornata. Il

commercio propone alimenti e bevande dolci ipocaloriche: leggi sempre

l’etichetta per saperne di più.

Bevi ogni giorno acqua in abbondanza

Asseconda sempre il senso di sete, se puoi anticipalo, e bevi almeno

1,5-2 litri di acqua al giorno. Bevi spesso e in piccole quantità; dopo

l’attività fisica reintegra tempestivamente le perdite.

Il sale? Meglio poco

Oltre a ridurre il sale aggiunto, leggi le etichette dei prodotti per scovare

il sale nascosto! Insaporisci i cibi con erbe aromatiche e spezie, succo di

limone e aceto.

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Bevande alcoliche: se sì, solo in quantità controllata

Se desideri consumare bevande alcoliche, fallo con moderazione,

durante i pasti o in prossimità di questi. Dai la preferenza alle bevande

alcoliche a bassa gradazione (vino e birra).

Varia spesso le tue scelte a tavola

Identifica la porzione adatta al tuo fisico e varia le scelte a tavola

ponendo attenzione alla frequenza settimanali di alcune categorie

alimentari.

Consigli speciali per persone speciali

In gravidanza e allattamento, per bambini e ragazzi in età scolare,

adolescenti, donne in menopausa e anziani è bene fare più attenzione!

La sicurezza dei tuoi cibi dipende anche da te

Varia le scelte di alimenti, anche per ridurre l’ingestione di sostanze

estranee presenti negli alimenti. Fai attenzione alle conserve casalinghe;

non sottovalutare l’importanza del

raffreddamento/congelamento/scongelamento corretto del cibo e della

sua conservazione a lungo termine. Tieni pulito ed ordinato il frigorifero.

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Piramide alimentare

Il più classico strumento divulgativo sulla corretta alimentazione è la

piramide alimentare, che ci è stata propinata in mille versioni ed

interpretazioni differenti. Vi propongo questa: mi è stata sottoposta da un

medico con cui collaboro e concordo nel trovarla di chiara

interpretazione e diretta

Alla base della piramide c’è lei…l’attività fisica regolare! Le uscite in

bici, gli allenamenti, ma anche la bici come compagna degli spostamenti

giornalieri. Accompagnata da? adeguato riposo, convivialità, biodiversità

stagionale, scelta di prodotti tradizionali, locali ed ecologici e le attività

gastronomiche. Sulla bici posso mettere la mano sul fuoco, ma molti di

noi sono certa sottovalutano alcuni degli altri punti.

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Saliamo di uno step: l’idratazione. Non pensiamo ad allenamenti intensi e

giornate calde. Pensiamo alle comuni giornate: quanta acqua beviamo in

un giorno? Cerchiamola nel nostro diario alimentare.

I gradini successivi ci indirizzano verso gli alimenti che devono essere

presenti ad ogni pasto, gli alimenti e le sostanze che devono essere

consumati ogni giorno, gli alimenti che devono essere consumati con

frequenza settimanale e quelli che vanno limitati ad occasioni

sporadiche.

Il segreto non è la dieta di un mese, il prodotto nuovo o gli integratori

dell’ultimo minuto. Il segreto è l’educazione alla sana e corretta

alimentazione che deve diventare parte integrante dello stile di vita di

tutti noi, sedentari, sportivi comodi, sportivi del week end, amatori,

appassionati, fissati, invasati, professionisti. La corretta alimentazione non

prevede l’esclusione di nessuna categoria alimentare, ma bilancia gli

alimenti (e quindi i nutrienti in essi contenuti) nella maniera giusta

durante i pasti, nell’arco della giornata e durante la settimana.

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I carboidrati

Cominciamo ad approfondire i singoli nutrienti. Cominciamo da loro,

come in ogni percorso che si rispetti. Si parte sempre dai carboidrati, i

famosi killer della linea. Chi come me è nato negli anni ‘80 sa bene che i

carboidrati sono il male: bisogna sempre mangiarne pochi, se siamo a

dieta praticamente zero, come ci hanno inculcato gli adepti delle diete

più alla moda ai tempi come la dieta Atkins o la Scarsdale.

Queste diete, fortemente ipoglucidiche, erano l’esempio perfetto della

dieta inadatta, sbilanciata e carente. Attirano tanto perché inducono una

perdita di peso rilevante in poco tempo. Felice e malnutrita mi

pavoneggio con amici, parenti e conoscenti dei risultati miracolosi

ottenuti in tempi record e do il via ad un passaparola velocissimo. Finita

la mia dieta di un mese, riprendo in un terzo del tempo i chili persi, ma di

questo no, non mi vanto in giro. Quello che rimane però nell’immaginario

comune è il mio iniziale risultato miracoloso, non il boomerang

successivo.

Perché questa introduzione? Il nostro organismo funziona a glucosio, a

carboidrati, ma non ha dei tessuti adibiti alla loro riserva (se non una

piccola parte in fegato e muscoli che però si esaurisce in tempi

brevissimi). Se non do al mio corpo sufficiente glucosio, lui è costretto a

crearselo utilizzando fonti endogene. Attinge quindi alle proteine

muscolari, le rompe in amminoacidi e trasforma questi ultimi in glucosio

tramite un processo dedicato.

Capitolo 2

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Le riserve adipose vengono intaccate solo dopo un certo periodo,

perché sono le riserve protettive in caso di digiuno prolungato. Detto così

è un po’ brutale, credo che il mio professore di biochimica l’avrebbe

detta meglio., ma in soldoni funziona così.

I carboidrati, in una dieta bilanciata per un soggetto sano, devono

fornire il 55 – 60% dell’energia totale introdotta con la dieta; gli

zuccheri semplici non devono superare il 10% dell’energia totale.

Per capire come costruire la dieta del ciclista e comprendere alcune

scelte dietetiche è utile soffermarci su un po’ di teoria.

I carboidrati, in base alla struttura chimica si suddividono in:

● monosaccaridi: formati da una sola molecola. Ricordiamo glucosio,

fruttosio, galattosio, levulosio e mannosio;

● disaccaridi: formati da due molecole di monosaccaridi unite

insieme. Ricordiamo saccarosio (glucosio + fruttosio), lattosio

(glucosio + galattosio) e maltosio (glucosio + glucosio);

● polisaccaridi: formati da tre o più molecole di monosaccaridi.

Ricordiamo amido, glicogeno e fibra.

I mono e i disaccaridi sono quelli che comunemente chiamiamo zuccheri

semplici; i polisaccaridi i carboidrati complessi.

I carboidrati vengono suddivisi anche in funzione della loro disponibilità a

essere assorbiti dall’intestino e utilizzati dalle cellule per il metabolismo

energetico:

Carboidrati disponibili

● zuccheri semplici: glucosio, fruttosio, lattosio, maltosio e saccarosio

● polisaccaridi: amido, destrine e glicogeno

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Carboidrati non disponibili

● oligosaccaridi della serie del raffinosio: raffinosio, stachinosio, ecc.

● fibra alimentare: cellulosa, lignina, emicellulosa, pectine, ecc.

● fibra grezza: cellulosa e lignina.

● amido non digeribile, detto amido resistente: quella parte di amido

che resiste all’azione degli enzimi digestivi.

I carboidrati semplici possono essere assorbiti e metabolizzati da tutte le

cellule del corpo per produrre energia, il loro meccanismo di

assorbimento è facilitato e avviene a livello di tutte le membrane

cellulari: sono una fonte di energia rapida. I carboidrati complessi, prima

di poter essere assorbiti, devono essere trasformati in zuccheri semplici

mediante idrolisi e digestione ad opera di enzimi dedicati: sono una fonte

di energia meno rapida dei carboidrati semplici.

Il glucosio è presente in tutto il nostro corpo come tale. Si trova invece

sotto forma di molecola complessa – glicogeno, nei muscoli e nel

fegato. Il glucosio nel nostro organismo può arrivare da tre fonti diverse:

dagli alimenti che mangiamo, dalla scissione delle molecole di

glicogeno muscolare ed epatico (glicogenolisi), dalla trasformazione

degli aminoacidi (gluconeogenesi). Queste tre vie si attivano in misura

variabile a seconda della condizione metabolica e alimentare del nostro

corpo, al fine di mantenere nei range ottimali la concentrazione di

glucosio nel sangue (glicemia, 60-110 mg/dl). Grazie alla glicogenolisi

(nell’intervallo tra i pasti) e alla gluconeogenesi (dopo 10-12 ore di

digiuno) al corpo viene garantito un rilascio di glucosio di circa 2-2,5

mg/kg p.c/minuto, che rimane costante anche se non ci riforniamo di

glucidi, ma che aumenta di entità più lungo diventa il periodo di digiuno.

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Le riserve di glicogeno nell’organismo sono davvero limitate:

considerando un individuo maschio di 80kg il glicogeno epatico si aggira

sui 100g, quello muscolare sui 400g. Pensate che, per lo stesso soggetto

di riferimento, la stessa fonte riporta riserve di trigliceridi nel tessuto

adiposo pari a circa 12kg e di proteine muscolari circa 10kg.

Abbiamo detto come si comporta l’organismo in caso di ridotto apporto

di carboidrati, cosa succede invece se ne consumiamo troppi rispetto ai

nostri bisogni? Aumento le riserve di glicogeno o ricostituisco le fibre

muscolari? No, l’eccesso di carboidrati si traduce in tessuto adiposo di

riserva.

Focalizziamoci sul ciclismo e cerchiamo di fare meno confusione

possibile. Il fabbisogno di carboidrati dipende dal carico di lavoro che

dobbiamo sostenere = frequenza, intensità e durata. L’apporto di

carboidrati deve quindi essere modulato: incrementato solo nei giorni di

allenamento e mantenuto standard nei giorni di recupero.

Mi sento di fare una precisazione, che ho visto ripetere a gran voce da

fonti più esperte di me sul tema alimentazione e sport in generale,

ciclismo in particolare: è necessario modulare la quota energetica

introdotta aumentandola, quando l’attività che si programma è

sufficientemente vigorosa e protratta nel tempo da beneficiarne.

Per esempio quando facciamo gare o uscite che vanno oltre le due ore e

che richiedono un impegno muscolare significativo. Diverso è quando

parliamo di attività meno vigorose e di durata più breve, gare al di sotto

delle due ore, uscite con obiettivi più di compagnia che sportivi o per chi

fa della bicicletta il suo mezzo di trasporto preferenziale

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In questi casi le regole di base della buona alimentazione possono

bastare da sole a colmare le uscite, al massimo basta un piccolo

spuntino ad elevata digeribilità prima, durante o dopo l’attività in base ai

diversi casi. Quando invece programmiamo delle uscite più faticose,

aumentare la quota di carboidrati è fondamentale per ottenere sia

benessere che buone prestazioni. Per una gara di velocità o di

inseguimento (breve ed intensa) il fabbisogno di carboidrati

raccomandato è stimato sui 4-7g/kg al giorno. Per un’uscita lunga su

strada o su sterrato il fabbisogno di carboidrati aumenta ed è stimato sui

7-10g/kg al giorno.

Queste sono indicazioni di indirizzo, infatti è impossibile stimare

matematicamente e in modo infallibile i fabbisogni dello sportivo: è bene

ascoltare le sensazioni in allenamento e durante le uscite e identificare le

nostre necessità e non andare mai in riserva. Pesarsi a cadenza mensile è

un modo facile per capire se invece la quantità di energia che sto

consumando è troppa e da rimodellare.

Ricordiamoci che dobbiamo sempre assicurare all’organismo alimenti di

una certa facile digeribilità affinché si riesca a trarne tutta l’energia

necessaria. È proprio qui che ci vengono in aiuto gli integratori presenti in

commercio. Integratori con una velocità di assorbimento diversa in base

agli ingredienti che lo compongono. Più elevato è il contenuto di

zuccheri semplici, più l’integratore ci supporterà per i momenti in cui

abbiamo bisogno di energia rapida; più elevato è il contenuto di

maltodestrine, più lento sarà il rilascio dell’energia.

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I grassi

Lanciamoci nel capitolo dei lipidi, ovvero quei macronutrienti che più

amichevolmente chiamiamo grassi. Cerchiamo di inserirli correttamente

nella dieta di un ciclista. Possiamo dire che tra i macronutrienti i lipidi

sono la miglior fonte di energia e questo perché sono quelli che a parità

di peso forniscono il maggior numero di calorie. Per la precisione 1 g di

grasso apporta 9 kcal. Facciamo subito un esempio facile per

comprendere: 1 cucchiaio da cucina di olio d’oliva apporta 90 kcal, tanto

quanto una mela grande.

Nella società occidentale moderna, ai grassi viene dato un significato

negativo perché mediamente ne consumiamo troppi (i LARN 2014

riportano un consumo di lipidi totali per la popolazione 18-59 anni pari al

36% ca dell’energia totale introdotta con la dieta). Se chiedessi a

qualcuno di voi quanti grassi consuma, mi verrebbe sicuramente risposto

qualcosa tipo “pochissimi! di olio non ne aggiungo mai! E il burro…pffff

quello l’ho eliminato da anni”.

L’eccessivo consumo di grassi trova due motivazioni principalmente: in

prima battuta nella nostra società il cibo non manca e siamo purtroppo

abituati ad abusarne ingerendo troppa energia complessivamente e di

conseguenza anche troppi grassi; in secondo luogo i grassi sono aggiunti

alla maggior parte delle preparazioni industriali anche in quantità

significative e perciò la quota che ingeriamo è di gran lunga superiore a

quella che crediamo di assumere.

Capitolo 3

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Se per un eccessivo apporto di proteine non ci sono dati univoci che ne

dimostrino la pericolosità, un eccessivo apporto di grassi con la dieta è

da anni correlato con un significativo aumento del rischio

cardiovascolare. È scontato però dire che i lipidi sono fondamentali per il

nostro organismo in quanto hanno, oltre che una funzione energetica,

anche una funzione plastica e regolatrice.

Per i ciclisti impegnati in attività di lunga durata i grassi sono

fondamentali per realizzare una razione alimentare che soddisfi gli

elevatissimi fabbisogni che caratterizzano queste attività, mantenendo

contenuto il volume del cibo da ingerire. I lipidi minacciano la salute del

nostro cuore quando le quantità che consumiamo risultano nettamente

superiori ai nostri fabbisogni o quando la razione alimentare che

consumiamo supera le necessità energetiche legate all’attività fisica.

I lipidi sono presenti tanto nel mondo animale quanto in quello vegetale.

Possiamo dire che esistono dei grassi visibili (olio, burro, grasso visibile

nella carne o nel pesce) e dei grassi non visibili (latte e suoi derivati, uova,

all’interno dei tessuti animali e nei prodotti preconfezionati).

In base alla struttura chimica si differenziano:

Lipidi semplici

Costituiti da una lunga catena di atomi di carbonio alla cui estremità sono

legati un gruppo carbossile e ioni idrogeno. La molecola elementare è

l’acido grasso. Essi hanno prevalentemente una funzione energetica e di

deposito (trigliceridi).

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Lipidi complessi

Costituiti da una lunga catena di atomi di carbonio alla cui estremità sono

legati, oltre al gruppo carbossile, anche gruppi chimici di varia origine. A

questo gruppo appartengono i fosfolipidi e molecole quali colesterolo,

alcuni ormoni e alcune vitamine. La loro funzione è plastica e regolatrice.

I lipidi con funzione energetica sono una fonte di energia lenta, al

contrario dei carboidrati che abbiamo definito in precedenza come fonte

di energia rapida. Cosa significa? Che i lipidi sono utilizzati come fonte

energetica quando l’attività fisica è lunga e ad un’intensità

contenuta.In attività a bassa intensità (Vo2max <50%) i lipidi diventano la

fonte energetica preferenziale. Salendo di intensità i carboidrati

riprendono il loro ruolo di fonte energetica primaria. In una gara ciclistica

lunga in cui arriviamo ad un aVo2max del 70% la fatica subentra quando

le scorte di glicogeno sono deplete: a questo punto la palla passa agli

acidi grassi. La loro concentrazione nel sangue aumenta, grazie alla

rottura dei trigliceridi del tessuti adiposo, ed essi vengono ossidati per

ricavare l’energia necessaria a proseguire la pedalata. Però il nostro

organismo non sarà più in grado di proseguire alla stessa intensità di

lavoro, ma dovrà rallentare: l’ossidazione degli acidi grassi non è in

grado di supportare attività intense. Il nostro corpo non possiede una

via metabolica che trasforma i grassi in carboidrati: se non riforniamo il

nostro organismo di carboidrati durante l’attività intensa o non

ripristiniamo correttamente le scorte di glicogeno, i nostri muscoli

dovranno contare sui grassi. In questo modo non si potranno

raggiungere alte prestazioni e la performance verosimilmente ne

risentirà.

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Questi concetti di biochimica sono sicuramente più complessi di così, ma

raccontarli in modo semplicistico può farci capire il senso di alcune

scelte dietetiche che ci vengono proposte in funzione delle uscite, degli

allenamenti e delle gare. La dieta di un ciclista è una dieta bilanciata, in

cui il fabbisogno di tutti i macronutrienti aumenta parallelamente

all’intensità e alla durata dell’attività che programmiamo, mantenendo

percentuali non molto diverse da quelle raccomandate per la

popolazione generale.

Come per la popolazione generale, i ciclisti amatoriali devono

contenere la quota lipidica introdotta con gli alimenti al 25-30%

dell’energia totale. Anche quando le necessità energetiche aumentano,

la percentuale di grassi nella dieta rimane stabile. I grassi presenti negli

alimenti, in base alla struttura chimica, hanno un diverso impatto sul

nostro organismo.

In particolare:

Acidi grassi saturi

La catena carboniosa non presenta doppi legami. Sono i grassi che

troviamo più rappresentati negli alimenti di origine animale. Questi acidi

grassi hanno effetto negativo sull’apparato cardiovascolare, ed è

consigliato un consumo che non superi il 10% dell’energia totale.

Acidi grassi monoinsaturi

La catena carboniosa presenta un doppio legame. Sono grassi che

troviamo più rappresentati nel mondo vegetale. A questo gruppo

appartiene l’acido oleico (appartenente alla serie w9) di cui l’olio d’oliva è

particolarmente ricco.

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Acidi grassi polinsaturi

La catena carboniosa presenta più di un doppio legame. A questo

gruppo appartengono gli acidi grassi essenziali, ovvero quegli acidi

grassi che l’organismo umano non è in grado di produrre e che perciò

deve ricavare già formati dagli alimenti che maggiormente li contengono:

sono l’acido alfa-linolenico della serie w3 (presenti soprattutto nel pesce

e nei suoi grassi) e l’acido linoleico della serie w6 (che ricaviamo

soprattutto dal mondo vegetale). Tuttavia, una volta assunti con la dieta,

l’uomo è in grado di convertirli in altri acidi grassi insaturi della stessa

serie allungando la catena carboniosa – con aggiunta di atomi di

carbonio – e aggiungendo doppi legami.

Per esempio? I famosi EPA e DHA, acidi grassi a catena più lunga

appartenenti alla serie w3. L’organismo non è in grado di trasformare gli

w3 in w6 e questi acidi grassi competono tra loro per l’utilizzazione degli

stessi enzimi, perciò è necessario mantenere un rapporto preferenziale di

ingestione di queste sostanze (il rapporto w3:w6 consigliato è circa di 1:5).

Acidi grassi trans

Questi grassi, particolarmente nemici del cuore, derivano da

rimaneggiamenti industriali e, ancora oggi, si trovano in prodotti

confezionati e nella margarine. Il loro introito non deve superare 1%

dell’energia totale introdotta con la dieta.

Per rifornire il nostro organismo della giusta quantità di lipidi, assicurando

la giusta quantità di grassi insaturi e senza eccedere nelle quantità di

saturi possiamo seguire dei semplici consigli:

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● Preferire il latte parzialmente scremato a quello intero;

● Introdurre nell’alimentazione quotidiana piccole porzioni di frutta

secca e semi (in particolar modo semi di lino che risaltano per il

loro contenuto in w3);

● Limitare il consumo di formaggi e affettati a un paio di volte a

settimana;

● Preferire i tagli magri di carne;

● Assicurare almeno 2-3 porzioni di pesce a settimana, dando spazio

ai pesci più grassi;

● Preferire come condimento l’olio extravergine di oliva aggiunto a

crudo alle preparazioni e tentare di quantificare la quantità

settimanale consumata, da modulare in relazione anche alla frutta

secca;

● Leggere le etichette degli alimenti preconfezionati prima di

acquistarli;

● Per uscite lunghe e impegnative può essere utile portare con sé

piccole porzioni di cocco fresco o essiccato in scaglie, fonte di lipidi

a catena corta e quindi di rapido assorbimento ed utilizzo;

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Le proteine

Si sentono teorie tra le più svariate sul fabbisogno di proteine del nostro

organismo, soprattutto perché vengono associate ad un’idea di vigore e

di potenza. I LARN 2014 riportano tossicità acuta per quantità di proteine

superiori al 45% dell’energia totale. Non ci sono ancora dati certi

sull’effetto a lungo termine di un apporto di proteine con la dieta di molto

superiore al raccomandato.

Quello che è certo è che l’apporto proteico della dieta incide sulla

funzionalità renale: il catabolismo e l’ossidazione degli aminoacidi

portano alla formazione di sostanze di scarto che aumentano il carico

osmolare che deve essere eliminato dal rene. Attualmente, mi ripeto, non

ci sono dati certi che mettano in correlazione l’elevato introito proteico e

il decadimento della funzionalità renale di soggetti sani.

La massa proteica si aggira sul 15-20% dell’organismo. Le proteine sono

costituite da unità semplici dette aminoacidi, che legandosi tra loro

formano le proteine. Gli aminoacidi sono molecole formate da un gruppo

aminico e un gruppo carbossilico: nel nostro organismo ci sono più di

300 sostanza chimicamente definibile aminoacidi, ma solo 20 di questi

sono considerati importanti per l’alimentazione umana.

Capitolo 4

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Alcuni sono definiti essenziali, in quanto devono essere per forza

introdotti dall’esterno con gli alimenti. Gli altri invece possono essere

costruiti a partire da altre molecole.

● Aminoacidi essenziali: isoleucina, leucina, lisina, metionina,

fenilalanina, treonina, triptofano e valina, istidina

● Aminoacidi semi essenziali (risparmiano i corrispondenti

essenziali): tirosina, cisteina

● Aminoacidi non essenziali: alanina, arginina, acido aspartico,

aspargina, acido glutammico, glutamina, glicina, prolina e serina.

Le proteine che ingeriamo con il cibo vengono scisse nello stomaco e

nel primo tratto di intestino, in molecole sempre più piccole fino ad

arrivare agli aminoacidi; questi vengono assorbiti a livello intestinale e

portati al fegato dove una parte viene utilizzata per la sintesi proteica e

una parte viene distribuita ai tessuti – soprattutto il muscolo scheletrico

– attraverso la circolazione ematica. Al muscolo scheletrico vengono

portati principalmente gli aminoacidi ramificati.

La funzione principale delle proteine, lo sappiamo bene, è quella

plastica. Ciò significa che l’organismo utilizza gli aminoacidi per costruire

ex novo proteine in sostituzione di quelle vecchie o danneggiate (come

per gli intensi lavori muscolari) e/o per sintetizzare nuove proteine

favorendo i processi di crescita dei tessuti come per esempio durante

l’età evolutiva o quando si voglia aumentare la massa muscolare

attraverso l’allenamento.

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Le proteine svolgono anche funzione energetica e ciò non solo quando

le scorte di glicogeno sono esaurite, ma in minima parte anche durante il

lavoro muscolare con una percentuale che varia dal 5 al 15%

dell’impegno energetico totale (uscita sui 60 minuti e uscita a ritmo più

intenso e di durata maggiore di 90 minuti). In condizioni di catabolismo le

proteine vengono rotte e gli aminoacidi liberati nel sangue per far fronte

alle diverse esigenze. L’ossidazione di un grammo di proteine fornisce 4

kcal; gli aminoacidi possono contribuire al metabolismo energetico

trasformandosi in glucosio e/o in corpi chetonici infatti si definiscono

aminoacidi glucogenetici (15/20), chetogenetici (3/20) e con entrambe le

funzioni (2/20).

Mi preme sfatare un paio di miti, che forse però non appartengono tanto

alla categoria dei ciclisti quanto ad altre: incrementare di molto l’introito

proteico non porta ad alcun beneficio se si tratta di un’attività per la

quale sono già allenato, in quanto il turn over proteico si ottimizza col

tempo. In questo caso si dice che l’atleta è in steady state. Diverso è per

atleti giovani o che si affacciano ad una certa disciplina per la prima volta:

per loro è giustificato un temporaneo incremento del fabbisogno

proteico. Per il ciclismo per esempio il fabbisogno per un atleta in steady

state è quantificabile in 1 – 1,2g pro kg di peso corporeo, per un atleta

che inizia da zero è di poco superiore e quantificabile in 1,3 – 1,5g pro kg

di peso corporeo.

Altro concetto da ricordare è che la sintesi proteica non ha una

correlazione lineare con l’apporto alimentare di proteine, ma raggiunge

un plateau: per il ciclismo e attività similari questo plateau è posizionabile

sui 1.2 -1.3 g pro kg.

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Non è pertanto vero che più proteine mangiamo, più la massa o la

forza aumentano. Quello che aumenta, come già accennato, sono i

prodotti di scarto che devono essere smaltiti dai reni e il tessuto adiposo,

perché l’eccesso alimentare sia esso da carboidrati, proteine o grassi alla

fine si traduce sempre in aumento del tessuto adiposo. Che ci piaccia o

no.

Dal punto di vista nutrizionale le proteine animali hanno un valore

biologico più elevato e ciò perché contengono tutti gli aminoacidi

essenziali in quantità valida. In particolare le proteine dell’uovo sono

considerate “proteine di riferimento” in quanto a loro è assegnato un

valore biologico pari a 100. Le proteine vegetali invece sono considerate

di medio valore biologico perché al loro interno non contengono tutti gli

aminoacidi essenziali nelle quantità necessarie: in questo caso

l’aminoacido o gli aminoacidi di cui sono carenti vengono definiti limitanti.

Un altro fattore che determina la qualità di una proteina è la digeribilità

(che viene determinata attraverso la misura dell’azoto presente

nell’alimento e quello presente nelle feci). Le proteine di origine animale

risultano più digeribili. Le proteine di origine vegetale invece contengono

fattori antinutrizionali che ne compromettono la digeribilità. Ciò non ci

deve scoraggiare, in quanto le proteine di origine vegetale abbinate nella

maniera corretta, sono in grado di fornire tutti gli aminoacidi essenziali e

risultano in tutto paragonabili a quelle animali. Inoltre hanno il vantaggio

di essere più “economiche” e ad impatto ambientale decisamente

ridotto.

Quando pensiamo alle fonti di proteine ci vengono in mente quelle più

nobili, in quanto sono le più classiche: carni bianche e carni rosse, pesce,

uova, latte e latticini, insaccati ed affettati.

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Sono però ottime fonte di proteine anche tutta la famiglia delle

leguminose (fino al 27% ca), la soia (37% ca) e i suoi derivati come per

esempio il miso (13% ca) o il tempeh (20% ca), i cereali (10% ca); non

dimentichiamo anche la frutta oleosa (fino al 32% ca) e i semi oleosi (fino

al 24% ca) dei quali va però considerato anche il significativo apporto di

energia per 100g. Anche alcuni tipi di alghe, il lievito alimentare, i

germogli e il germe di grano sono buone fonti di proteine vegetali, ma

bisogna considerare che generalmente le porzioni che si consumano

sono proprio limitate: essi sono ingredienti che possono arricchire le

nostre ricette, non di certo l’alimento base del nostro pasto.

Come abbiamo già anticipato, abbinando alimenti fonte di proteine

vegetali si riescono a colmare le carenze aminoacidiche dei diversi

alimenti ottimizzando il pool aminoacidico che diventa in tutto

paragonabile a quello delle proteine nobili di origine animale. Pasta e

legumi, riso e piselli sono gli esempi più classici, ma con un buon libro di

ricette e tanta fantasia possiamo creare delle ricette a base vegetale con

pool aminoacidico di valore. Perché non fare per esempio del riso con le

mandorle, dei falafel con patate, una crema di legumi con crostini, ceci

patate e cozze, pane e panelle, aggiungere all’aperitivo dei lupini o dei

ceci tostati, introdurre a colazione un mix di avena frutta secca e semi

vari, e così via. Però si, è vero, i legumi e la soia possono, su un intestino

non allenato, dare dei problemi di gonfiore e dolore: i trucchi della nonna

ci vengono in aiuto (lasciare in ammollo, passare col passaverdure,

filtrare con il colino) ma lo fa anche l’industria alimentare che negli ultimi

anni propone con più frequenza farine di legumi o preparazioni come

chips di legumi, affettato di legumi, seitan, muscolo di grano etc…

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Per affrontare questo punto mi rifaccio ai Livelli di Assunzione di

Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana (LARN,

2014). I fabbisogni proteici per l’età adulta (18-59 anni) corrispondono ai

fabbisogni per il mantenimento del bilancio azotato e sono stati definiti

partendo da una meta-analisi del 2003 (di Rand et al.): in questo studio

l’apporto di proteine in grado di soddisfare i fabbisogni del 98% della

popolazione sana era di 0,83g/kg/die. Questo valore è stato poi

corretto per la qualità proteica della dieta tipo italiana e i LARN

concludono indicando un’assunzione di riferimento per la popolazione di

0,9g di proteine pro kg di peso corporeo al giorno. Questo valore non si

differenzia per sesso, ma viene ovviamente rimodellato per i lattanti, i

bambini, i ragazzi in età scolare, gli anziani, le donne in gravidanza e

allattamento. Le proteine della dieta coprono circa il 12-18% dell’energia

totale. Per i vegetariani si consiglia un incremento del 5-10%

dell’assunzione di riferimento, data la ridotta digeribilità dei vegetali.

Per esempio:

● uomo sano di 70kg: è consigliato un apporto di 63g di proteine al dì;

● donna sana di 60kg: è consigliato un apporto di 54g di proteine al

dì.

Ho consultato diverse fonti scientifiche: è difficile trovare delle indicazioni

universali, perché ovviamente – come abbiamo già detto anche nel

capitolo sui carboidrati – ognuno di noi fa storia a sé e dobbiamo

adattare le nostre ingesta ai segnali che il nostro corpo ci invia e alla

frequenza e vigore dei nostri allenamenti. Innanzitutto partiamo col dire

che per i ciclisti amatoriali (chi vive in bicicletta, chi fa brevi uscite 2-3

volte alla settimana) è ampiamente sufficiente attenersi ai dettami di una

dieta prudente, bilanciata e in linea con le linee guida attuali.

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Per i ciclisti che si sottopongono ad allenamenti ed uscite che superano

le due ore è documentato un incremento dell’apporto proteico

giornaliero pari a 1,2 – 1,4 g di proteine/kg di peso corporeo; per sforzi

molto più intensi o uscite che superano le tre ore si arriva fino a 1,6g di

proteine/ kg.

Le proteine e gli aminoacidi sono i mattoncini che aggiustano i nostri

muscoli. Le proteine, per svolgere la loro funzione plastica, hanno

bisogno di una sufficiente base glucidica. Apporti eccessivi di proteine

non migliorano la prestazione sportiva. Gli alimenti naturali possono

soddisfare da soli i fabbisogni proteici anche di ciclisti impegnati in

allenamenti e/o gare moderatamente impegnative.

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I sali minerali

Affrontiamo un argomento un po’ ostico: i sali minerali nel ciclismo. Inizio

come sempre con una digressione da sportiva diventata poi dietista:

appena le temperature si alzavano di mezzo grado la mamma ti metteva

accanto alla borsa dell’allenamento una bella bevanda energetico salina

dal colore innaturale, tanto piena di zucchero e sostanze di n.d.d. che

esaltavano la sete anziché toglierla e che, senza che tu te ne accorgessi,

sostenevano il tuo aumento ponderale.

Regolarmente l’adorato coach Paolo, che aveva molto da guadagnare

nell’avere pallavoliste leggere per saltare e non ipotese, se ne usciva con

la sua “bevanda fai da te” invitandoci a farla a casa con acqua del

rubinetto, un pochino di zucchero, una punta di sale e limone per

aromatizzare. Dopo i primi tentativi fallimentari, una volta trovata la

quantità giusta risparmiavamo soldi, calorie inutili e ci guadagnavamo in

integrazione e peso.

Con questo vorrei farvi ragionare sul solito punto: mi serve quello che sto

prendendo? Il prodotto che ho scelto è giusto per la mia attività?

Nell’esempio di prima era assolutamente inutile l’apporto

energetico-glucidico della bevanda perché l’attività svolta non lo

richiedeva; importante era invece il supporto salino per fronteggiare le

perdite col sudore. Mi capita spesso di vedere ragazze in palestra che,

anziché bere acqua, bevono prodotti del commercio specifici per altre

attività pensando che tanto male non fanno. Errore!

Capitolo 5

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La bevanda che scegliamo deve essere commisurata all’attività che

svolgiamo: l’apporto energetico della bevanda può contrastare con il

motivo che mi spinge ad andare in palestra (per es. mantenimento o

miglioramento del peso corporeo) e l’introito di sali minerali può

eccedere le perdite reali sudate.

Il primo concetto che vorrei faceste vostro è questo: ci sono bevande

che apportano solo sali minerali e altre che apportano anche energia.

Sul famoso scaffale degli integratori poi, di prodotti ce ne saranno

comunque mille con peculiarità differenti, ma in soldoni la grossa

discriminante è questa. Sappiamo benissimo che bere acqua prima dopo

e durante la pedalata è fondamentale per prevenire la disidratazione;

perdere più del 2% del peso corporeo durante una pedalata si traduce,

oltre che in un calo significativo di performance (fino a -45%), in un

pericolo reale per il ciclista. Ovviamente il buon senso ci dirà che ciò

acquista di significato quando le pedalate superano le 1-2 ore di attività,

ma il concetto è universalmente importante. Diverso è per le sostanze

che aggiungiamo alla borraccia. Abbiamo discusso le condizioni che

richiedono l’aggiunta di glucidi in borraccia nell’approfondimento

dedicato a cosa mangiare durante un’uscita in bici.

Concentriamoci sui sali minerali. Essi entrano in gioco per uscite più

lunghe di un’ora e in condizioni climatiche che provocano una sensibile

sudorazione. Non c’è modo per dare delle indicazioni precise su quanti

sali è necessario integrare durante un’uscita in quanto ciò dipende in

primis da quanto sudiamo (come abbiamo detto per l’acqua, è

necessario settare il proprio quantitativo sulla base di quanto osservato

in allenamento) e dalla composizione del sudore: essa è estremamente

variabile da un individuo all’altro e nell’arco della prestazione, e inoltre

dipende dal clima, dall’allenamento, dall’acclimatazione e da condizioni

intrinseche dello sportivo.

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In tabella 1 riportiamo un tentativo di stima della composizione media

del sudore pubblicato da Burke L.M. su Handbook of Sport Medicine

and Science – Sports Nutrition. I dati, che l’autore riferisce provenire da

diverse fonti, sono espressi come range e ciò ne dimostra l’ampia

variabilità.

Innanzitutto vediamo che i sali minerali più rappresentativi nel sudore

sono il sodio e il cloro, a cui si aggiungono in quantità ben più modeste il

potassio e il magnesio. Il sudore, nonostante la variabilità nella

concentrazione, risulta comunque ipotonico rispetto al plasma. Infatti il

liquido che viene immesso nella ghiandola sudoripara è inizialmente

isotonico rispetto al plasma, ma poi, lungo il dotto sudoriparo prima che

il sudore giunga in superficie, sodio e cloro possono essere riassorbiti

appunto per salvaguardare il più possibile l’osmolarità del plasma. Il

prodotto finale risulta per questo motivo ipotonico.

È per questo che una bevanda reidratante deve essere anch’essa

preferibilmente ipotonica. Il sodio in particolare è la sostanza che più di

tutte regola il bilancio idrico del corpo: aggiungerlo alle bevande stimola

il riassorbimento dei liquidi ed evita la riduzione del volume plasmatico

con aumento dell’osmolarità che, altrimenti, influirebbe negativamente

sul sistema cardiocircolatorio, sulla performance e sulla

termoregolazione.

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Quando sudiamo poco il sodio e il cloro vengono riassorbiti, quando

sudiamo molto invece perdiamo significative quote di questi elettroliti.

Di seguito analizziamo i quattro sali minerali più importanti per un ciclista

impegnato in lunghe uscite, scovando anche alimenti che più ne sono

ricchi e il Valore Nutritivo di Riferimento (VNR) che il Ministero della

Salute indica come adeguati per gli adulti.

Magnesio

Il magnesio è un minerale intracellulare, solo l’1% si trova nello spazio

extracellulare. Svolge diverse funzioni relative al metabolismo di glucidi,

proteine e lipidi oltre ad essere implicato nel funzionamento del sistema

nervoso centrale, neuromuscolare, cardiocircolatorio e osseo. È

fondamentale per la sintesi proteica e per la contrazione muscolare.

Condizioni di stress, come allenamenti impegnativi e prolungati, possono

aumentare le perdite di magnesio con comparsa di astenia, debolezza

muscolare, crampi e ridotta performance (sindrome da overtraining).

Potassio

Il potassio è uno ione intracellulare, protagonista insieme al sodio (Na+,

ione extracellulare) della regolazione della pressione tra i liquidi intra ed

extracellulari. La distribuzione e concentrazione dei due ioni è mantenuta

tale dal meccanismo di trasporto attivo (pompa sodio-potassio ATP

dipendente) che trasferisce costantemente potassio all’interno e sodio

all’esterno della cellula mantenendo la necessaria differenza di

potenziale elettrico tra l’interno e l’esterno della cellula (potenziale di

membrana).

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Sodio

Il sodio, come già anticipato, è uno ione extracellulare coprotagonista

della regolazione della pressione dei liquidi intra ed extracellulari. Il cloro,

fondamentale per l’equilibrio acido-base, è il principale componente del

succo gastrico dove è presente come acido cloridrico. Sodio e cloro

sono i principali componenti del sudore. Sodio e cloro, lo sappiamo,

formano il comune sale da cucina (1g NaCl = 0,4g Na + 0,6g Cl). Di sodio

la nostra alimentazione è decisamente troppo ricca sia come sale

aggiunto alle preparazioni che come sale nascosto negli alimenti

conservati.

Bevanda elettrolitica per ciclisti fai da te

Vediamo ora come realizzare in casa una bevanda per reintegrare le

riserve di elettroliti perse con un’attività intensa o per via di un’alta

temperatura ambientale.

Ingredienti

● Acqua: naturale (va benone quella del rubinetto, se quella del

vostro Comune è buona);

● Mezzo limone: il limone, oltre a dare sapore alla bevanda, ha un

effetto benefico sull’intestino. Inoltre favorisce l’azione di drenaggio

dei reni;

● 1/2 cucchiaino da caffè di sale: il sodio ha un effetto positivo

sull’intestino, poiché migliora l’assorbimento dei liquidi. Inoltre ha

una funzione di ritenzione idrica (infatti che mangia troppo salato

accusa questi problemi). Una bevanda in cui è presente sodio

favorisce il mantenimento di un’adeguata idratazione.

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Spremete il succo di limone.

Dopodiché riempite 3/4 della borraccia con l’acqua.

Versate il succo di limone e il 1/2 cucchiaino di sale e mescolate per

bene. Se il sapore è troppo forte o aspro, potete addolcirlo usando un

dolcificante naturale, come la stevia.

In previsione di un’uscita lunga e con tempo torrido, potete aggiungere

una bustina di potassio e magnesio, preferendo quelle senza aggiunta di

aromi.

Bevanda di reintegro carboidrati per ciclisti fai da te

Se invece volete realizzare una bevanda che oltre a reintegrare i minerali

dia all’organismo dei carboidrati semplici, come il glucosio e il fruttosio,

che sono dei monosaccaridi, cioè formati da una sola molecola. Questi

monosaccaridi sono la fonte di energia più facilmente assimilabile e

utilizzabile dall’organismo, che la “brucia” molto in fretta.

Ingredienti

● Acqua: naturale;

● Mezzo limone: per dare sapore;

● 1/2 cucchiaino da caffè di sale: per reintegrare il sodio;

● 1/2 cucchiaino di zucchero: lo zucchero è polisaccaride, formato da

due molecole di zuccheri semplici che sono il glucosio e il fruttosio.

Una volta disciolto nell’acqua questi due zuccheri si scindono.

Quando l’intestino assorbe la bevanda, gli zuccheri semplici

passano nel sangue e da qui ai muscoli (stiamo semplificando) e

vengono usati come fonte di energia per lo sforzo fisico. Dato che si

tratta pur sempre di un elemento raffinato, al posto dello zucchero

bianco da cucina si possono usare dolcificanti naturali come stevia,

melassa o zucchero di canna grezzo e non trattato.

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Spremete il succo di limone.

Dopodiché riempite 3/4 della borraccia con l’acqua, versate il succo di

limone, il 1/2 cucchiaino di zucchero e il 1/2 cucchiaino di sale e

mescolate per bene.

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Il ciclista vegetariano

Sempre più persone attualmente abbracciano la scelta vegetariana,

anche se la scintilla motrice non è la stessa per tutti. La scelta

vegetariana pura nasce da motivazioni prettamente etiche, ecologiste e

salutiste. Vegetariano è chi ha scelto di modificare la propria

alimentazione introducendo nuovi alimenti in sostituzione di carne,

pesce e loro derivati. Guardandoci attorno però troviamo anche tutta una

serie di comportamenti alimentari che vengono classificati nella famiglia

del vegetarianesimo, me che nulla hanno a che fare con le scelte di cui

sopra. Per esempio chi per gusto personale non consuma la carne, ma il

prosciutto si…chi non può sentire l’odore del pesce, ma accetta ben

volentieri un hot dog, chi si fa trascinare dalla moda del momento e dalla

percezione di benessere associato e decide di provare professandosi

“vegetariano ormai!”, ma te lo dice dentro il suo giubbino di pelle.

Nella letteratura scientifica con il termine alimentazione vegetariana si

intendono tutte le varianti dell’alimentazione a base vegetale: latto-ovo

vegetariana, latto-vegetariana, ovo-vegetariana e vegana. Nel gergo

comune invece, quando parliamo di alimentazione vegetariana

pensiamo soprattutto alle prime tre varianti; l’alimentazione vegana fa

storia a sé e vorrei lasciarle uno spazio dedicato. Questo perché dal

punto di vista nutrizionale le due scelte alimentari, nonostante siano

sovrapponibili in molti punti, necessitano di gradi di attenzione

nutrizionale un po’ diversi.

Capitolo 6

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Prima di addentrarci nell’argomento non vi nascondo che nella mia vita

da onnivora, ho passato un buon semestre della mia preadolescenza

dichiarandomi vegetariana, spinta palesemente da motivazioni poco

solide (in primis la ricerca del dimagrimento) e con un razionale di

applicazione del tutto fallimentare, infatti mi alimentavo a cereali, dolci,

verdura, frutta, yogurt e formaggio, decisamente vegetariano, ma del

tutto sbilanciato. Nel periodo universitario, capite le motivazioni

clinico-scientifiche che rendevano il mio razionale fallimentare (!), ha

iniziato ad incuriosirmi la ricerca di alimenti e preparazioni del commercio

intelligenti sotto il profilo proteico, lipidico e di micronutrienti idonei per

una dieta vegetariana.

Oggi le società scientifiche sono concordi nel dire che “le diete

vegetariane correttamente pianificate, comprese le diete totalmente

vegetariane o vegane, sono salutari, adeguate dal punto di vista

nutrizionale e possono apportare benefici per la salute nella prevenzione e

nel trattamento di alcune patologie. Queste diete sono adatte in tutti gli

stadi del ciclo vitale, inclusi gli atleti“ (position of the Academy of Nutrition

and Dietetics: Vegetarian Diets. 2016).

Correttamente pianificate. È questo il cardine fondamentale! La dieta

vegetariana non deve essere interpretata come una dieta che esclude

certi alimenti, ma come una dieta che ne inserisce altri in sostituzione.

Siamo abituati a pensare che una dieta vegetariana possa risultare

carente in qualcosa e pertanto rischiosa nel lungo termine, ma se

ragioniamo bene ricordando anche gli articoli precedenti, una dieta

onnivora può nascondere le stesse insidie, se impostata male e

sbilanciata.

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La dieta latto-ovo-vegetariana (LOV) prevede, come fonti alimentari di

origine animale, latte e uova. Carne, pesce e loro derivati sono

abbandonati. Dal punto di vista nutrizionale riduciamo le fonti di, per

esempio, proteine nobili ad elevato valore biologico, di w3 soprattutto

EPA e DHA, di ferro, ma nel contempo riduciamo anche parzialmente

l’assunzione di acidi grassi saturi e di sostanze nocive che, a causa

dell’intensività degli allevamenti, possono concentrarsi nelle carni.

Quindi, cosa dobbiamo introdurre/assicurare nella nostra dieta affinché

non risulti carente?

In linea di massima abbinando diverse fonti proteiche quali cereali e

legumi riusciamo a fornire al nostro organismo proteine di valore

biologico similare a quello della carne. Dovremo quindi rivedere la

frequenza settimanale di consumo dei legumi, non dimenticando anche

l’impatto che il latte e le uova continuano ad avere sull’apporto proteico

di una dieta LOV. Gli acidi grassi insaturi della serie w3 sono presenti

anche in alimenti di origine vegetale (quali le noci e i semi di lino) che

dovremo imparare ad introdurre nella dieta. Anche per il ferro non

dobbiamo preoccuparci, il nostro organismo sa già come fare. Da non

dimenticare che la dieta sarà più ricca di minerali e vitamine vive ed

assimilabili quanto più elevato sarà il consumo di vegetali freschi,

alimenti non lavorati e cereali integrali non raffinati.

Vediamo nel dettaglio i punti chiave che un ciclista vegetariano non deve

scordare per assicurare la copertura dei fabbisogni anche in

considerazione dell’attività ciclistica stessa.

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Per ottimizzare la quota proteica nel ciclista LOV è consigliabile sfruttare

le fonti animali accettate e assicurare 1-2 porzione di latticini al giorno per

esempio a colazione, una porzione di formaggio un paio di volte a

settimana e una porzione di uova anch’esse un paio di volte a settimana.

Per il resto è sufficiente abituarsi ad abbinare almeno una volta al giorno

una porzione di legumi ad una fonte di cereali sbizzarrendo la fantasia

culinaria. È bene sapere anche che la soia ed alcuni pseudocereali come

l’amaranto, la quinoa e il grano saraceno hanno un profilo aminoacidico

completo: inseriti nella dieta settimanale supportano sia la quantità che

la qualità delle proteine ingerite. Anche la frutta secca contiene una

notevole quantità di proteine, tuttavia la porzione raccomandata è

limitata (30g) in virtù del suo apporto energetico.

Abbiamo già sottolineato l’importanza fisiologica dell’assunzione di acidi

grassi essenziali per la popolazione generale; in particolare per gli

sportivi in generale e i ciclisti in particolare assicurare un adeguato

apporto di w3 sembra aiutare a ridurre lo stress ossidativo e

l’infiammazione indotta dall’allenamento. Per introdurre una buona

quantità di acido α-linolenico (ALA) è consigliabile assumere ogni giorno

almeno due porzioni tra le seguenti:

● un cucchiaino di olio di semi di lino

● tre cucchiaini di semi di lino macinati

● tre cucchiaini di semi di chia

● una porzione (30g) di noci sgusciate

Affinché gli w3 si conservino integri, l’olio di semi di lino deve essere

acquistato e conservato solo a freddo.

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Se scegliamo di usare i semi di lino, molto piccoli e quindi difficili da

frantumare con la masticazione, è necessario tritarli prima del consumo.

Le uniche fonti vegetali, peraltro molto povere e mediamente

consumabili in quantità non significativa, di EPA e DHA sono le alghe.

EPA e DHA possono essere sintetizzati dal corpo a partire dall’ALA, per

allungamento della catena carboniosa degli acidi grassi, ma questo

processo risulta di entità ridotta e dipende dalla composizione della

dieta. Per supportare ciò è bene, oltre che assicurare un buon apporto di

ALA, non sbilanciare il delicato rapporto w3:w6. Attualmente la

letteratura non dà indicazioni chiare in merito. Sono disponibili integratori

veg di EPA e DHA, ottenuti dalle microalghe, per casi di aumentato

fabbisogno o ridotta capacità di sintesi.

Il ferro è coinvolto nella formazione dei globuli rossi. In letteratura non

emerge un aumentata incidenza di anemia tra i vegetariani rispetto agli

onnivori. È noto però il frequente riscontro di anemia nei ciclisti

professionisti, soprattutto nelle donne che per natura sono esposte ad un

rischio più elevato.

L’alimentazione vegetariana offre diversi spunti per assicurare un

adeguato apporto di ferro, tuttavia per un ciclista (sia maschio che

femmina) impegnato in un periodo di sforzo intenso o con fabbisogni da

accrescimento (adolescenza, eventuale gravidanza) è bene

programmare col proprio medico un monitoraggio dei valori ematici.

Il ferro è contenuto in quantità significative nei legumi, in molte verdure

(rucola, cime di rapa, indivia, broccoletti, cicoria, radicchio verde), frutta

secca (pistacchi e anacardi), alcuni frutti essiccati Le erbe aromatiche

sono ricchissime di ferro: ovviamente non possono essere la fonte

primaria a cui ci affidiamo, ma questa loro caratteristica avvalora il loro

uso in cucina.

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Il ferro contenuto nei vegetali è in forma non-eme (a differenza di quello

contenuto per il 40% nella carne che è in forma eme, ovvero più

assorbibile a livello intestinale) e perciò è necessario stimolarne

l’assorbimento assumendo in contemporanea cibi ricchi di vitamina C

(come la banale spruzzatina di limone per condimento). Cosa ostacola

l’assorbimento di ferro? Principalmente la presenza di fitati, sostanze anti

nutrizionali di cui vegetali e prodotti integrali sono ricchi. In secondo

luogo i tannini contenuti nel vino rosso, cioccolato, caffè e tè che si

consiglia quindi di assumere lontano dai pasti. Inoltre anche i latticini

possono ridurre l’assorbimento di ferro, per il loro spiccato contenuto in

calcio: un consiglio potrebbe essere non consumare fonti di ferro

significative a colazione con il latte. Alcuni consigli per ridurre i fitati:

● mettere in ammollo i legumi;

● far germogliare legumi, cereali e semi;

● lievitazione acida del pane;

● fermentazione (es. miso e tempeh);

● consumo eventuale di alimenti fortificati;

Sulla vitamina B12 mi sono dannata l’anima per anni! Questa vitamina,

coinvolta con il funzionamento del sistema nervoso, viene assorbita dal

nostro organismo nella sua forma attiva legata ad un fattore intrinseco

gastrico. È stoccata nel fegato umano con riserve a lunga durata; uniche

fonti alimentari sono quelle animali; non esiste un alimento di origine

vegetale che contenga vitamina B12.

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Il ciclista LOV non è a rischio di carenze nutrizionali se pianifica

correttamente la sua alimentazione, in allenamento e fuori allenamento.

A tale scopo è bene che nella lista della spesa non manchino mai, oltre

cereali integrali, frutta e verdura di stagione, uova e latticini

(eventualmente fortificati), almeno 3-4 varietà di legumi, olio di semi di

lino o semi di lino, noci, limone ed erbe aromatiche per arricchire i piatti

di gusto, colore e nutrimento di facile assorbimento.

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Il ciclista vegano

Nel capitolo precedente ci siamo concentrati a trovare una quadra tra

l’alimentazione vegetariana e il ciclismo. Cosa cambia se parliamo invece

di dieta vegana (VEG)? La dieta VEG è 100% vegetale, tutte le fonti

animali vengono rimpiazzate da alternative vegetali. Abbiamo già

evidenziato come dietro queste scelte vi siano motivazioni profonde che

vanno oltre la semplice ricerca di benessere, scelte che si riflettono non

solo sull’alimentazione, ma anche sullo stile di vita complessivo,

sull’atteggiamento verso l’ambiente.

La dieta VEG rientra per definizione nelle diete vegetariane restrittive,

gruppo al quale afferiscono anche i fruttariani, ad esempio: scelgo di non

trattare questo argomento essendo questa una modalità di

alimentazione molto delicata e più a rischio di carenza nutrizionale per

motivi comprensibili, quindi ogni caso è proprio da valutare a sè.

Se dalla dieta LOV sono sempre stata incuriosita, dalla dieta VEG, come

dietista onnivora, io sono affascinata per due motivi. Il primo è quello

puramente nutrizionale che mi spinge a studiare, cercare, valutare

alimenti e abbinamenti funzionali ai fini di una corretta e non carente

alimentazione. Il secondo motivo è culinario ed è simile a quello che tutti

ci siamo chiesti una volta: ma che ci metti dentro? Se non c’è questo,

quello, quell’altro…e ho scoperto una miriade di ingredienti che non

conoscevo e non avevo mai usato (“per fortuna” direbbe chi mi conosce,

perché ecco, io cucino proprio male, è da dire!).

Capitolo 7

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Come abbiamo già detto le società scientifiche concludono che le diete

vegetariane correttamente pianificate, comprese le diete totalmente

vegetariane o vegane, sono salutari, adeguate dal punto di vista

nutrizionale e sono adatte in tutti gli stadi del ciclo vitale, inclusi gli atleti

(position of the Academy of Nutrition and Dietetics: Vegetarian Diets.

2016). Un ciclista vegano dovrà però fare un briciolo in più di attenzione

per assicurare la buona pianificazione della sua alimentazione.

Ve lo ricordate MyPlate? Ne abbiamo parlato per definire le basi di una

corretta alimentazione. Ho trovato questa rivisitazione in chiave vegana

che mostra bene uno dei punti chiave: cereali e legumi coprono lo stesso

spazio percentuale appunto perché questi due gruppo alimentari, una

volta abbinati tra loro, forniscono proteine di valore biologico

sovrapponibile a quelle ad alto valore biologico della carne. Il ciclista

vegano sceglie di non consumare nemmeno latticini e uova e deve

contare al 100% su fonti vegetali. Come si modificano i fabbisogni?

La letteratura raccomanda agli sportivi vegani di incrementare

l’assunzione di proteine del 10% rispetto ai fabbisogni. Questo non perché

i vegani abbiano bisogno di più proteine in assoluto, ma per la ridotta

digeribilità complessiva di una dieta 100% vegetale.

Il fabbisogno proteico raccomandato per un vegano è di circa 1g di

proteine pro kg, fabbisogno che cresce con l’intensità e la durata delle

uscite. L’abbinamento di cereali e legumi assicura un pool di aminoacidi

ottimale: i legumi diventano non solo parte integrante, ma base

fondamentale per il ciclista vegan. I legumi sono estremamente versatili

in cucina e, oltre che tal quali, possono essere usati per ottenere creme,

mousse spalmabili, frittate vegan, vellutate, snack tostati, farine, prodotti

da forno,…etc.

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In commercio ultimamente si trovano dei formati di pasta fatti con farina

di legumi con valori nutrizionali interessanti. Sono tutte idee per arricchire

l’alimentazione, non sostituti obbligatori ai cari vecchi cereali comuni.

Non dimentichiamoci anche l’importanza di inserire nella dieta la soia e

alcuni pseudo cereali quali il grano saraceno, la quinoa e l’amaranto che

di base hanno un profilo di aminoacidi completo. Anche il muscolo di

grano è interessante dal punti di vista proteico in quanto si ottiene

mixando farina di frumento e farina di legumi.

Una considerazione sulla colazione VEG bilanciata: può essere utile

inserire delle bevande vegetali simili al latte o degli yogurt vegetali

per bilanciare l’apporto in nutrienti della colazione che, come ci esce

dalle orecchie, è il pasto forse più importante della giornata. Queste

bevande/yogurt sostituiscono il latte che è una fonte di proteine e calcio.

Un consiglio potrebbe essere quello di scegliere un prodotto che si

avvicini al latte come apporto di macro e micronutrienti. Premetto che

molti di questi prodotti sono fortificati in calcio e arricchiti in vitamine, ma

sono tutti uguali?

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Salta all’occhio come non tutte le alternative vegetali abbiano lo stesso

contenuto proteico: è bene tenerlo presente nella programmazione di

una colazione o merenda bilanciata o in uno spuntino post allenamento.

Notiamo altresì che questo campione di bevande vegetali è stato

fortificato in calcio e arricchito in vitamine in quantità tali da renderlo

simile all’alimento di partenza.

Non ci sono sostanziali differenze tra la dieta di un ciclista LOV e quella di

un ciclista vegan in termini di assunzione di w3. Anche in questo caso le

strategie migliori per assicurare un buon introito di acido α-linolenico

sono:

● un cucchiaino di olio di semi di lino;

● tre cucchiaini di semi di lino macinati;

● tre cucchiaini di semi di chia;

● una porzione (30g) di noci sgusciate

Ricordo che l’assumere queste fonti di w3, insieme con il controllare il

famoso rapporto w3:w6 favorisce la sintesi di EPA e DHA di cui la dieta

VEG risulta priva.

I semi di lino prima di essere consumati devono essere macinati in

quanto il tegumento esterno è indigeribile per il nostro intestino e i semi

sono così piccoli che è difficile riuscire a masticarli. Macinarli permette al

nostro intestino di assorbire i grassi buoni in essi contenuti. Sono molto

versatili e possono essere aggiunti alle bevande, alla colazione dolce,

alle preparazioni salate, sulle insalate. Hanno anche un effetto benefico

sull’intestino: in questo caso si consiglia di lasciarli in ammollo in poca

acqua per una notte e di consumare la mucillagine formatasi o

bevendola tal quale o aggiungendola ad una bevanda vegetale o ad uno

yogurt vegetale con muesli

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I semi di chia, non hanno bisogno di essere macinati e possono essere

utilizzati in modo analogo. Se lasciati in ammollo in una bevanda

vegetale tendono ad addensarla creando un pudding ricco di nutrienti.

Per beneficiare del contenuto in w3 questi semi non devono essere cotti.

Il ciclista VEG non deve sottovalutare, al pari del ciclista onnivoro, il

rischio di anemia. La dieta VEG presenta due problemi relativamente al

ferro: il ferro presente nella dieta VEG è ferro non-eme, più difficile da

assorbire per il nostro organismo; la dieta 100% vegetale è ricca di fitati

che ostacolano il già difficile assorbimento.

Per i ciclisti VEG, soprattutto se in periodo di allenamenti e gare, è bene

considerare un fabbisogno giornaliero maggiorato dell’80% rispetto alla

popolazione generale: come per le proteine ciò è raccomandato in virtù

di un più difficile assorbimento. Per i ciclisti VEG impegnati in lunghe

distanze ed allenamenti intensi è sicuramente bene programmare con il

proprio medico dei controlli ematici dedicati. Le strategie per favorire

l’assorbimento del ferro sono: abbinare una fonte di vitamina C, ammollo,

cotture lunghe, germinazione e fermentazione, lievitazione.

Quali cibi sono buone fonti di ferro? Soprattutto i legumi (fagioli e

lenticchie prima della soia), la crusca di frumento, poche verdure quali il

radicchio verde, gli spinaci e la rucola, la frutta secca e la frutta

disidratata (pistacchi e anacardi; pesche e albicocche disidratate) delle

quali però non è da sottovalutare il valore energetico. Il ciclista VEG può

abituarsi ad usare in cucina il germe di grano (secco in scaglie, non come

olio) in quanto ottimo integratore di ferro: anche questo ingrediente, dal

sapore delicato, è molto versatile e può essere aggiunto ad alimenti caldi

o freddi, cotti o crudi, senza modificarne sostanzialmente il sapore.

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“Non esistono fonti vegetali di vitamina B12. Chi segue una dieta VEG è

sempre a rischio di carenza e deve assumere integratori specifici”: questa è

la legge con cui sono uscita da un corso tenuta da una dietista della

Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana. La carenza di vitamina B12

può danneggiare irreversibilmente il sistema nervoso. Il ciclista VEG può

scegliere prodotti arricchiti artificialmente di B12, oltre a programmare

con il proprio medico dei controlli ematici dedicati e predisporre per

un’integrazione adeguata in tempi e dosi.

Un ultima considerazione è per lo Iodio, minerale coinvolto nella sintesi

degli ormoni tiroidei e presente soprattutto in alimenti di origine marina.

Le alghe tuttavia non sono una fonte affidabile di iodio, perché il loro

contenuto varia molto, perciò per il ciclista VEG così come per la

popolazione onnivora generale è raccomandato l’uso di sale iodato.

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Cosa mangiare prima di un’uscita in bici

Mi è capitato diverse volte di assistere a relazioni anche ben fatte

sull’alimentazione rivolta all’allenamento. Ascoltavo come “addetta ai

lavori” e dentro di me, a volte con facilità altre volte meno, capivo i

meccanismi che stavano dietro alle scelte dietetiche proposte e li

commentavo con occhio critico. Alcuni mi parevano più azzeccati, altri

meno, altri li ho approfonditi per capirci di più. Alla fine portavo sempre a

casa qualcosa. Ma la cosa più bella che portavo a casa erano le

domande finali, le domande fatte dai “non addetti ai lavori”, da quegli

appassionati ai quali in fin dei conti importa poco del perché e per come,

vogliono sapere COSA DIAVOLO DEVO MANGIARE. Punto.

Prima di un allenamento fondamentalmente servono carboidrati,

energia di facile digeribilità e facile utilizzo. In soldoni mi serve avere a

disposizione più energia possibile. Il che significa alimentarsi in modo

corretto sempre, facendo il possibile affinché le scorte di glicogeno

epatico e muscolari siano sempre ben rifornite. Abbiamo visto che le

scorte di glicogeno sono esigue: 300-500g nei muscoli scheletrici e

80-100g nel fegato.

Una buona abitudine alimentare è il sunto di quanto detto sino ad ora:

scelte alimentari variate nell’arco della settimana, pasti bilanciati, calorie

ben distribuite nella giornata avvalendosi anche di spuntini, ripartizione

calorica dei nutrienti che – rispetto all’energia totale assunta con la dieta

– devono apportare rispettivamente le seguenti percentuali di energia:

carboidrati 55-60%, lipidi 25-30%, proteine 15-20%.

Capitolo 8

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Credo sia il primo concetto che abbiamo affrontato: una buona abitudine

alimentare mi facilita nell’individuare i miei bisogni in allenamento. Già,

perché come per ogni cosa siamo noi stessi che testiamo le soluzioni

ottimali che ci supportano di più in allenamento. Per l’alimentazione, così

come per il set up della bici, è giusto dare delle

raccomandazioni/indicazioni di massima, ma ricordiamoci che non

esistono soluzioni univoche e che queste vanno testate in allenamento e

aggiustate sulle nostre sensazioni e sui risultati ottenuti. Ciò per arrivare il

giorno della gara con dei rifornimenti sicuri che non nascondano insidie

contro prestazione, per esempio gastro intestinali.

Facciamo un esempio di come una giornata alimentare ben costruita

possa essere implementata in funzione dell’allenamento. Si tratta di un

esempio che non vuole essere in alcun modo una linea di indirizzo

univoca.

Se l’allenamento dura circa 2 ore o poco più, il rifornimento della

colazione potrebbe bastare.

Se invece l’allenamento supera le due ore è generalmente consigliabile

assumere una piccola quota aggiuntiva 30-60 minuti prima di partire,

come per esempio due fette tostate con miele o marmellata, un

pezzetto di crostata o un gel di maltodestrine codificato. Inoltre sarà

necessario valutare, in base alla durata, anche un piccolo rifornimento

durante l’uscita. Il supporto post allenamento sarà il pranzo.

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Anche qui la durata dell’allenamento gioca la carta maggiore sull’entità

del rifornimento da fare prima così come sul se predisporre o meno un

rifornimento intra allenamento e post. Il tempo che trascorre però tra il

pranzo e l’uscita verosimilmente sarà maggiore rispetto al tempo tra la

colazione e l’allenamento al mattino perciò è sicuramente utile

predisporre una merenda adeguata prima di partire. Ci sono ciclisti che

sfruttano le prime luci dell’alba per allenarsi. Difficilmente hanno un lasso

di tempo per fare e digerire la colazione. Qui entra in scena l’importanza

della cena precedente che si consiglia essere bilanciata in nutrienti e

con una buona quota di carboidrati. Se sapete che vi allenerete al

mattino presto, magari caricate leggermente la porzione di primo piatto

o pane o suoi sostituti che consumate a cena.

Comunque sia il consiglio è quello di non uscire mai a stomaco vuoto:

almeno un goccio di tè o acqua con un paio di biscotti secchi credo siano

davvero alla portata di tutti. Rimane valido il concetto della durata: se

pedalerete per più di 2 ore o se sapete che al mattino non reggete più di

un’oretta, predisponete per dei rifornimenti glucidici da consumare

mentre pedalate. Al rientro dovete però fare un buon carico di energia

per reintegrare le riserve di glicogeno deplete e supportare l’anabolismo

del muscolo.

Negli anni passati è stata rivolta molta attenzione all’Indice Glicemico (IG)

degli alimenti, ovvero il loro effetto sulla glicemia

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Per IG si intende il rapporto percentuale tra il picco glicemico provocato

dall’ingestione di un alimento rispetto al picco glicemico provocato da un

alimento standard. Semplificando si può dire che più un alimento

contiene carboidrati, più questi sono semplici e più alto è l’IG. Ma è più

complicato di così perché molte variabili incidono su questo indice come

per esempio la varietà botanica, il grado di maturazione, la presenza di

fibra, la temperatura, la macinatura, la maturazione, il tipo e la durata

della cottura, e la presenza di altri nutrienti: un alimento ad elevato IG

inserito in un pasto bilanciato con proteine, grassi e fibre incide molto

meno sulla velocità di innalzamento della glicemia.

Prima dell’allenamento, dovendo dare spazio ai carboidrati, si consiglia di

evitare le fonti con IG più elevato che potrebbero far impennare la

glicemia velocemente e tanto velocemente potrebbero farla scendere

portando a sensazioni di ipoglicemia. Al ciclista conviene valutare gli

spuntini pre allenamento affinché essi consentano un rilascio di energia

più costante nel tempo.

Meglio evitare scorpacciate di zucchero bianco o di canna e preferire

magari frutti come arance, mele, albicocche abbinati a cracker oppure

biscotti secchi o un prodotto del commercio solido tipo barrette o gel a

base di maltodestrine. È vero che mediamente gli alimenti integrali

hanno un indice glicemico più basso rispetto a quelli raffinati, ma prima di

un’uscita la letteratura raccomanda uno spuntino privo di fibra per evitare

eventuali effetti gastro intestinali. Non siamo tutti uguali, quindi per alcuni

consumare una quota di fibra prima di partire può non dare problemi, per

altri sì: gli spuntini vanno sempre testati su noi stessi per modularli sulle

nostre esigenze e arrivare preparati su come affrontare il giorno della

gara.

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Anni fa veniva proposto un protocollo chiamato “regime scandinavo

dissociato di supercompensazione glucidica”, protocollo che prevedeva

una drastica diminuzione dell’apporto di carboidrati (fino al 10%

dell’energia totale della dieta) nella settimana prima della gara per poi

risalire bruscamente (fino al 80-90% dell’energia totale della dieta) nei 3

giorni precedenti la gara.

Con questo protocollo si otteneva la più elevata concentrazione di

glicogeno muscolare (3,7g/100g di tessuto fresco) e le migliori

prestazioni (fino a 190 min di lavoro al 75% Vo2max), ma con significativi

disconfort degli atleti: malessere generale, disturbi digestivi,

irrequietezza, aumento ponderale, pesantezza muscolare e perdita di

elasticità. Attualmente si stressa il concetto che l’alimentazione del

ciclista deve rientrare in certi dogmi sempre, e si consiglia di

incrementare leggermente la quota calorica da carboidrati nella

settimana precedente alla gara fino al 60-70%. Con questo metodo è

documentato un buon incremento della concentrazione di glicogeno

muscolare (2,5g/100g di tessuto fresco) senza effetti negativi.

È evidente quindi che se io sono abituato a mangiare bene e bilanciato

d’abitudine, qualora dovessi modificare l’alimentazione in funzione della

gara sarei avvantaggiato. Lo stesso discorso vale per gli spuntini o i

prodotti del commercio (barrette o gel) che devo assolutamente testare

in allenamento prima di assumerli in gara. Questo mi serve per capire

quanta energia io effettivamente ho bisogno di assumere prima di partire

o di implementare durante la prestazione e soprattutto mi da la certezza

che quello che consumo il giorno della gara sia ben tollerato (digestione,

assorbimento, senso di sete,..) dal mio organismo.

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Sarebbe facile dire: “prima dell’allenamento mangiate 150kcal”, avremo

10 persone che si trovano bene, 20 persone che a metà allenamento

cedono, e altre per cui quell’apporto è eccessivo. Ci sono dei processi

biologici imprescindibili, ma la conoscenza della persona va oltre la

scienza dell’alimentazione.

Nell’ambito di una gara la razione d’attesa (ovvero quello spuntino 30-60

minuti prima di partire) assume forse più importanza che in allenamento

anche perché in gara la tensione può ridurre la disponibilità personale ad

assumere cibo. In questi casi i gel che troviamo in commercio ci vengono

in aiuto perché sono piccoli, concentrati nelle sostanze che mi servono e

pratici. Attenzione però: oltre a provarli prima è bene anche leggere le

etichette del prodotto. Il primo ingrediente del gel dovrebbero essere

le maltodestrine, altrimenti il rilascio di energia sarà rapido e breve,

anziché dilazionato nel tempo. Visto che è bene partire anche ben

idratati un’altra soluzione potrebbe essere quella di sciogliere

maltodestrine in polvere in un quantitativo di acqua così da prendere due

piccioni con una fava.

Prima di metterci in sella dobbiamo essere certi di aver l’energia giusta

per allenarci bene senza intoppi e per tutta la durata dell’allenamento

previsto. Gli alimenti contenenti carboidrati sono la fonte a cui dobbiamo

puntare, testandoli sempre in allenamento prima che in gara.

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Cosa mangiare durante l’uscita in bici

Quando il tempo che ci aspetta in sella si aggira e/o supera le due ore è

necessario programmare uno o più rifornimenti di energia. Anche qui, lo

abbiamo già capito, sono i carboidrati i protagonisti dello show. Rifornirsi

durante un’uscita lunga sostiene la prestazione contrastando i fattori che

la possono ostacolare. Quali sono questi fattori? Fondamentalmente la

deplezione delle scorte di glicogeno e le perdite idriche (e saline, in caso

di temperature calde). Per alcuni può essere più facile mangiare in sella e

introdurre la giusta quantità di energia, per altri può essere uno scoglio

immane dovuto allo scarso stimolo della fame, alla scarsa tolleranza

gastrica ed intestinale.

Anche idratarsi in modo corretto per alcuni può essere difficile.

Ricordiamoci che quando percepiamo la sete il nostro corpo è già

disidratato, è quindi necessario sforzarsi di bere anche se non abbiamo

sete.

Non percepire la fame e la sete non è un vantaggio, anzi! Ci espone al

rischio di posticipare troppo i rifornimenti di energia e incappare in una

crisi di fame o farci bere quando ormai siamo già secchi come un

baccalà, la performance sicuramente ne risentirà. È fondamentale quindi

organizzare bene la nostra uscita per non farci trovare impreparati:

dobbiamo avere ben chiaro in mente quanto pedaleremo, che tipo di

percorso ci aspetta e che temperatura ci sarà così da pianificare un

adeguato rifornimento idro-energetico ed eventualmente salino.

Capitolo 9

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È dimostrato in letteratura che, per le attività di endurance, ingerire

carboidrati di facile digeribilità ed assorbimento durante l’esercizio

favorisce il risparmio del glicogeno muscolare e allunga il tempo di

buona performance. È bene sapere che il rifornimento in gara non

induce una resintesi speedy di glicogeno muscolare né evita del tutto

l’insorgere della fatica, bensì favorisce il risparmio del glicogeno già

immagazzinato nelle cellule muscolari e ritarda l’arrivo della fatica,

consentendo all’atleta di disporre di un’ulteriore scorta energetica da

usare nelle fasi finali o per accelerazioni tattiche lungo il percorso.

Ricordiamoci sempre che è praticamente impossibile fornire delle

indicazioni univoche che siano adeguate per tutti, l’unico modo che

abbiamo per capire come ottimizzare la nostra performance in sella è

capire i meccanismi di base e provarli su di noi. Questo è fondamentale

per adeguare a noi stessi la “prescrizione” del quanto, quando e come. In

linea generale si considera che il limite massimo di carboidrati che il

nostro organismo riesce ad utilizzare è di 1g/min e si consiglia di

assumere 30-60g di carboidrati per ogni ora di lavoro.

In temperature fresche e miti, quando la sudorazione e la perdita di

liquidi e sali è controllata, è possibile tradurre questo rifornimento in cibi

solidi da consumarsi ogni 30-45 minuti; cibi che apportino una quota di

30-60g di carboidrati prevalentemente complessi, poveri di grassi e di

fibre. Questi cibi devono necessariamente essere, oltre che facili da

maneggiare-masticare-umettare-deglutire, facili da digerire. Per favorire

il processo digestivo è sicuramente utile associare un po’ di acqua.

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In condizioni climatiche calde, quando oltre a rifornirci di energia

dobbiamo sopperire alle forti perdite di liquidi e sodio, è utile preparare

una bevanda glucidica al 5-7% e sorseggiarne 100-150ml ogni 10-15

minuti; a questa bevanda è necessario aggiungere anche un pizzico di

sale (cloruro di sodio). Con una bevanda così non si riesce però a coprire

lo stimato fabbisogno glucidico!

È bene però non incrementare il contenuto di polvere in quanto la

concentrazione sopra citata è quella che favorisce l’assorbimento di

acqua a livello intestinale. Mi spiego meglio: il glucosio e il sale

favoriscono l’assorbimento dell’acqua a livello intestinale, ma quando

aumentiamo la concentrazione di queste sostanze la bevanda diventa

ipertonica, il tempo di transito gastrico è rallentato e c’è un richiamo di

acqua nel lume intestinale. Quindi in sostanza rischio di peggiorare lo

stato di disidratazione e farmi venire un bel mal di pancia. Potrei

abbinare ai miei 500-600ml ora di bevanda, un piccolo rifornimento

glucidico.

Parlando di alimenti naturali i più classici esempi sono i famosi panini al

latte con la marmellata: una porzione fornisce circa 30g di carboidrati,

un mix tra complessi e semplici. Questa è la soluzione più classica che

incarna tutte le caratteristiche di facile maneggevolezza, fruizione e

digestione di cui sopra. Possiamo prevedere anche delle varianti in base

al gusto personale, per esempio un toast con purea di frutta, delle mini

gallette più un fruttino di mela cotogna, o delle mini gallette di mais con

cioccolato, perché no?

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Anche la frutta è un ottimo supporto: soprattutto quando fa caldo, un

rifornimento che incorpora sia zuccheri che acqua è manna dal cielo e

può compensare la quota glucidica della bevanda. Durante un’uscita

possiamo tenere con noi sempre una piccola scorta di frutta disidratata

non glassata come per esempio albicocche secche, uvetta, datteri o

scaglie di cocco per una marcia in più nei momenti più critici.

Nella mia pratica clinica ho a che fare tutti i giorni con pazienti che di

fame non ne hanno proprio: per loro il cibo diventa una medicina da

consumare – modulata sulle loro esigenze – in modo perentorio,

frazionato nella giornata, che piaccia o meno, per raggiungere l’obiettivo

desiderato del rimettersi in piedi. Ecco. Non me ne vogliano i pazienti,

ma un ciclista durante un’uscita deve fare più o meno lo stesso:

nonostante non senta la fame o la sete, deve programmare e assicurare

i rifornimenti (nel rispetto ovviamente dei propri gusti, della tolleranza

personale, dei fabbisogni e delle necessità metaboliche) evitando di

ricordarsene troppo tardi quando ormai la crisi di fame, la fatica

peggiorata dalla disidratazione bussano alla porta.

Oltre agli alimenti naturali, l’industria ha sviluppato delle preparazioni ad

hoc per il ciclismo che ci possono aiutare tanto durante la gara, grazie

alla loro praticità (anche di trasporto) e alla composizione in nutrienti

studiata per le necessità specifiche. È inutile ripetere che ognuno dovrà

settare la propria ricetta per la gara: anche il grado di allenamento

influisce sui rifornimenti necessari, infatti atleti più allenati possono

riuscire a sostenere gare lunghe solo con pochi rifornimenti.

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È il momento di fare un break e raccontarvi di quella volta che io e

Stefania abbiamo assistito ad una conferenza sull’alimentazione vegana

e il podismo in cui un runner pro ci raccontava di come riuscisse a

sostenere un’intera maratona mangiando un po’ di verdura cruda a

colazione e succhiando dell’uvetta durante la corsa. Ecco, io ancora non

me ne capacito, ma ciò dimostra come possiamo stare qui a parlare di

numeri per pagine e pagine, ma poi in soldoni è l’individualità che

conta.

Entrando in un qualsiasi negozio di sport è possibile ammirare la parete

degli integratori, con packaging accattivanti e formati disparati. Alcuni

marchi hanno scelto di indicare sulla confezione lo sport per cui il

prodotto è indicato, cercando di aiutare l’acquirente nella scelta. Tra gli

integratori compaiono polveri, gel, barrette, fialette, capsule, tablets,

orosoluzioni, energia, potenza, forza, scatto, recupero, reintegro,

supporto, controllo del peso.

Nella mia mente ordinata, quando ho iniziato a studiare incuriosita le

composizioni nutrizionali, mi aspettavo una certa uniformità di contenuto

almeno per gli ingredienti base ma non è stato proprio sempre così. Mi è

capitato di paragonare integratori per il prima e per il durante e vedere la

stessa composizione, paragonarne due per il durante e trovare

ingredienti concettualmente troppo diversi. Come si fa al supermercato

quindi, è sempre bene leggere l’etichetta del prodotto che andiamo ad

acquistare per scegliere con la maggior consapevolezza possibile:

● Sto acquistando il prodotto ad hoc per l’attività che farò?

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● È questo il supporto che mi serve in gara?

● Il packaging è tanto bello quanto è valido il prodotto?

● Dietro a questo marchio c’è più nome che validità di prodotto, o

no?

Gli scaffali degli integratori diventano sempre più ampi, la difficoltà di

scelta per i neofiti è alta. Cerchiamo di fare un po’ di ordine sui principali

componenti dei prodotti del commercio percompetitivi rivolti al ciclismo.

Acqua

La semplice acqua è il primo integratore che dobbiamo considerare:

essa potrà essere addizionata di carboidrati e/ o sodio, che ne

favoriscono l’assorbimento intestinale, se la durata della prestazione o il

clima caldo lo rendono necessario. In questo caso può essere utile

mettere nella borraccia già un’acqua medio minerale, con sodio >40

mg/l così da renderla più funzionale all’attività.

Elettroliti

Gli elettroliti in considerazione sono il sodio, il magnesio, il potassio e il

cloro. Le formulazioni in commercio hanno una composizione

favorevole per il reintegro di queste sostanze e sulle confezioni troviamo

le preziose indicazioni precise sulle quantità da sciogliere in acqua per

assicurare un’osmolarità non fastidiosa per l’intestino.

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Questi prodotti hanno senso sulle lunghe distanze e in condizioni

climatiche estreme in cui si arriva a perdere fino a 2 litri di sudore all’ora

(si consideri che per 1 litro di sudore è stimabile un contenuto di sali di

1,5g); altrimenti perdono di significato. Spesso sono associati ad una

quota di maltodestrine e/o destrosio per favorire il riassorbimento

intestinale di acqua.

Maltodestrine

Le maltodestrine provengono dall’idrolisi enzimatica dell’amido. In base

alla lunghezza della catena, le maltodestrine si comportano in modo più

o mono simile al glucosio (ovvero destrosio). Si parla infatti di Destrosio

Equivalenza (D.E.): maltodestrine a catena corta hanno un’elevata D.E.

(destrosio =100), più la catena è lunga e più il valore di D.E. si abbassa.

Le maltodestrine usate nei prodotti per sportivi hanno D.E. di circa 20.

Esse hanno un Indice Glicemico più basso e assicurano un rilascio di

energia più dilatato nel tempo, efficace per coprire tempi più lunghi di

prestazione. Le maltodestrine sono ingredienti di gel e barrette, ma sono

disponibili anche pure in polvere da sciogliere in acqua. La

concentrazione consigliata di maltodestrine in acqua è di circa l’8-10%

assunta in modo graduale, per esempio 200ml ogni 20 minuti: ciò

favorisce l’ottima assimilazione sia idrica che glucidica. Le maltodestrine

sono molto versatili grazie al loro gusto pressoché neutro e sono

generalmente ben tollerate dal punto di vista gastro intestinale.

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Destrosio

È più conosciuto come glucosio, il monosaccaride ad elevato indice

glicemico alla base del metabolismo energetico.

Fruttosio

È un monosaccaride che segue una via metabolica un po’ diversa

rispetto al destrosio. È il monosaccaride con il più alto potere

dolcificante. Ha un indice glicemico più basso del destrosio e più alto

rispetto alle maltodestrine; può provocare facilmente del disconfort

intestinale.

Isomaltulosio

È un disaccaride formato da glucosio e fruttosio come il saccarosio,

ovvero il comune zucchero da cucina. A differenza di quest ultimo, nel

caso dell’isomaltulosio il legame tra le due molecole è di tipo α 1-6

glicosidico (anziché α 1-4 glicosidico) che è un legame più stabile e più

lento da scindere. Ciò dona all’isomaltulosio un basso indice glicemico.

BCAA

Gli aminoacidi ramificati L-leucina, L-isoleucina e L-valina vengono

inseriti in integratori a base di carboidrati a differente rilascio per

contrastare il catabolismo muscolare durante le uscite più lunghe e

faticose.

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Relativamente ai carboidrati citati, essi hanno osmolarità, tempi di

svuotamento gastrico, Indice Glicemico e modalità di assorbimento

intestinale differenti quindi mixarli tra di loro ne massimizza

l’assorbimento e l’utilizzo. La formulazione di un prodotto con

percentuali diverse di carboidrati a lento, medio o rapido rilascio

determina proprio la destinazione d’uso del prodotto. Quindi davanti al

mega scaffale di integratori io devo avere bene in mente di cosa ho

bisogno.

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Cosa mangiare dopo un’uscita in bici

Alla fine di un lungo sforzo di solito siamo ricchi di emozioni variegate,

dalla soddisfazione di un percorso nuovo portato a casa, la felicità per

una gara andata come l’avevo preparata, il benessere percepito dopo

un’uscita faticosa ma piacevole coi compagni di sempre, oppure la

delusione per il risultato non arrivato, le energie che non mi sono bastate,

la rabbia per qualcosa, pieni di tante emozioni, sì! Ma decisamente

scarichi di energie ed affamati!

Si presuppone che, se abbiamo gestito bene i rifornimenti durante lo

sforzo la fame con cui arrivo al traguardo non sarà predominante, ma

diciamocelo, appena l’adrenalina scende nella maggior parte dei casi

arriva una gran bella fame. E ci mancherebbe, con tutto quello che

abbiamo chiesto al nostro corpo, la cosa più saggia che possiamo fare è

nutrirlo ed idratarlo nella maniera più funzionale possibile sia per

ripristinare le perdite, sia per prepararlo alla prossima prestazione!

Prima di un breve excursus di teoria e numeri, mi piacerebbe

approfondire il punto secondo me più importante, punto su cui possiamo

trovare cenni in tutte le Linee Guida e Position Paper sul tema. Il gusto

personale. Dopo una lunga pedalata più o meno agonistica, la cosa più

funzionale è mangiare qualcosa che abbia sì un senso dal punto di vista

metabolico – nutrizionale, ma che ci faccia venire l’acquolina in bocca e

soddisfi il palato! Il cibo, lo leggiamo spesso, ha una connotazione

psicologica importante per ciascuno di noi.

Capitolo 10

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Ci diciamo spesso che quello che spinge a portare a casa un

allenamento duro o a dare il massimo negli ultimi km di gara sia più la

testa delle gambe. Forse sapere che dopo l’arrivo ci aspetta uno

spuntino gustoso, una bevanda fresca, un pranzo ben bilanciato ma con

i cibi che più mi piacciono, può dare un pizzico di motivazione in più per

arrivare al traguardo. Magari non a tutti capita o magari solo i più golosi

possono capire di cosa sto parlando e condividere questo pensiero.

Quando mi sono affacciata a questa avventura con Bikeitalia ho rotto le

scatole a diversi amici malati di bici, che di gare e di lunghe distanze ne

avevano pedalate molte più di me. Roberto, in particolare, durante le

lunghe chiacchierate ha stressato l’importanza del “quel che piace”

svariate volte. Mi sono subito ritrovata in quello che lui diceva pensando

ad un’occasione in particolare: al termine di una corsa organizzata in

città era stato organizzato un rinfresco post gara al quale approcciavi

desiderosa di una bevanda fresca e uno spuntino sfizioso e invece

trovavi energy drink zuccheratissimi e caldi e formelle di cereali che, per

quanto deliziose, erano quanto di più impastante possibile. Bene, quindi

cari ciclisti, dopo lo sforzo è quasi obbligatorio mangiare qualcosa che ci

piace davvero tanto, perché ce la siamo più che guadagnati!

Perché è importante nutrirsi bene dopo un’attività lunga ed intensa? Per

non stramazzare al suolo? Certo! Ma più in particolare per raggiungere

tre obiettivi:

● Ripristinare (il prima e il meglio possibile) le scorte di glicogeno

muscolare ed epatico;

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● Ripristinare i liquidi e gli elettroliti persi con il sudore;

● Rigenerare e riparare i tessuti danneggiati durante l’esercizio.

Questi tre obiettivi sono importanti per tutti, tanto per chi pedala per

agonismo quanto per chi lo fa solo per passione. Per gli agonisti, che

magari devono sostenere prestazioni importanti ravvicinate tra loro (tipo

corse a tappe o allenamenti serrati) il timing per raggiungere questi

obiettivi è decisamente più stretto e necessita di una scaletta ben

pianificata, quasi terapeutica, al fine di ottimizzare sia il recupero che la

prestazione successiva; chi invece non deve sostenere prestazioni nel

breve periodo, può concedersi anche tempi meno serrati.

Vogliamo tirare ad indovinare? In un’epoca in cui i carboidrati sono il

male e le proteine vanno ingerite a quintalate non ci dobbiamo stupire

se, per attività di resistenza di medio-lunga durata, il substrato

fondamentale per il recupero post esercizio, sono i carboidrati. Ancora

loro! La sintesi del glicogeno, l’abbiamo più volte detto, dipende

dall’ingestione di carboidrati. Con il giusto intake di glucidi nelle prime

ore post esercizio si assiste ad una sintesi di glicogeno muscolare rapida

e significativa, che poi decresce tornando ai livelli standard di

immagazzinamento. In condizioni di normalità sono necessarie circa 20

ore affinché le scorte di glicogeno muscolare siano completamente

ripristinate.

E il glicogeno epatico? Le riserve epatiche sono molto più labili rispetto

a quelle muscolari, tanto che possono esaurirsi con il solo digiuno

notturno.

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Non sono state indagate strategie per incentivare la resintesi di

glicogeno epatico, in quanto pare che basti un solo pasto ricco in glucidi

per riportare le scorte al massimo. Le prime due ore post esercizio sono

quelle più favorevoli la gluconeogenesi muscolare e questo sia perché

l’attività dell’enzima preposto è spiccata, ma anche perché le cellule del

muscolo, per effetto dell’esercizio stesso, risultano più permeabili al

glucosio e più sensibili all’insulina. Se non si sfrutta questo lasso di

tempo, si perde la possibilità di immagazzinamento rapido.

Questa è di certo un’occasione da non perdere per chi deve sostenere

un’ulteriore prestazione a meno di un giorno di distanza: iniziare il prima

possibile l’intake di carboidrati aiuta a trarre il massimo da quel lasso di

tempo positivo. Quando si ha più tempo per il recupero, il ciclista può

scegliere un timing più morbido suddividendo i carboidrati come meglio

crede , basta che copra l’intera quota necessaria al recupero. Pare che

consumare carboidrati nelle prime duo ore, a intervalli di 15 minuti,

ottimizzi la resintesi di glicogeno: questo dato necessita di conferme e

può risultare sensato solo se stiamo parlando di agonisti con prestazioni

molto ravvicinate tra loro. Quando possiamo concederci un giorno intero

di recupero, si è visto che, ancora una volta, è la quota totale di

carboidrati consumati post esercizio a valere di più indipendentemente

dalla frequenza di assunzione.

Rimaniamo ancora un attimo sulla resintesi di glicogeno: che ruolo

hanno le proteine? Alcuni studi hanno dimostrato che aggiungere

proteine o aminoacidi allo spuntino/pasto post esercizio non incide sulla

quota di glicogeno immagazzinata.

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Bensì, come abbiamo approfondito anche nell’approfondimento sugli

integratori di aminoacidi, l’importanza del supporto aminoacidico e

proteico post esercizio si traduce nello stimolo alla sintesi proteica e al

ripristino delle fibre danneggiate durante l’esercizio stesso.

Quindi in sintesi, se non abbiamo tempi di recupero serrati è necessario

ricaricare le riserve di energia rapida del nostro corpo e aggiustare i

muscoli affaticati dall’esercizio puntando, subito dopo la fine

dell’allenamento, su uno spuntino ricco in carboidrati e con una

sufficiente quota proteica. Una volta a casa, un buon pasto bilanciato e in

linea con le percentuali di distribuzione calorica dei nutrienti come da

dieta mediterranea è la migliore integrazione che possiamo regalare al

nostro corpo.

Parlando dei carboidrati abbiamo abbozzato un discorso di fabbisogno

glucidico per livello di attività fisica, stimando per un ciclista

mediamente attivo un fabbisogno teorico di carboidrati pari a ca

6-7g/kg p.c ideale al dì.

Citando altri autori, Negro et al in MEMO Nutrizione e Sport del 2007

raccomandano di introdurre nella prima mezz’ora post esercizio da 1g

fino a 1,5 g di carboidrati abbinati a 10-20g di proteine (sfruttando

prodotti del commercio codificati, per la loro elevata praticità nonché

digeribilità) e successivamente ogni 1-2 ore fino a raggiungere un totale

di carboidrati pari a circa 6-10g/kg pc o quote di poco superiori per

attività di ultraendurance (puntando su alimenti naturali).

Queste raccomandazioni, nonostante le differenze, sono

complessivamente concordi sulla quota totale di carboidrati

raccomandata e sul timing preferenziale.

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Questo ci rimanda a un concetto stressato più e più volte: la teoria e i

libri ci danno un’indicazione di massima, ma solo la personalizzazione

ottenuta a tentativi su noi stessi si rivelerà davvero efficace.

Il post allenamento è il momento giusto per dare spazio anche a

carboidrati con Indice Glicemico più elevato che, per il loro impatto

glicemico, facilitano la resintesi di glicogeno. Un vecchio studio di Coyle

del 1991 mostrava che l’ingestione di glucosio e saccarosio determinava

una resintesi di glicogeno pari al 5-6% all’ora contro il 2% all’ora ottenuto

mediante ingestione di fruttosio. Il buon senso, ricordiamocelo, deve

sempre essere con noi: ciò non significa che finita la gara o

l’allenamento è bene nutrirsi a palate di zucchero, ma che se consumo

un prodotto un po’ più zuccherato (cereali glassati, biscotti, barrette…) o

aggiungo un po’ di zucchero in quel che bevo ho un razionale scientifico

oltre che metabolico a supportarmi. Per curiosità possiamo leggere gli

ingredienti dei prodotti del commercio specifici per il post allenamento:

ogni marca avrà la propria composizione, ma possiamo notare come il

primo ingrediente sia più facilmente una dicitura quale zucchero o

saccarosio o destrosio o…guardate voi!

Credo ci esca dagli occhi il messaggio che il ripristino dei fluidi e dei sali

persi durante la pedalata sia fondamentale sia per il recupero del

benessere generale dell’organismo che per la bontà delle prestazioni

successive. Già nel 1940 alcuni studiosi descrivevano il fenomeno della

“disidratazione volontaria” (più recentemente stata rinominata

“disidratazione involontaria). Sarebbe? Sarebbe che lo sportivo in

generale tende a bere meno del dovuto anche quando le bevande gli

sono offerte e sono disponibili e facili da reperire.

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Solitamente si consiglia di idratarsi con un volume pari al 150% del peso

perso (per perdita di liquidi) durante l’attività in quanto si è visto che

ingerire un quantitativo di fluidi pari al peso perso portava al ripristino di

solo il 50-70% dei liquidi persi. Dopo una lunga pedalata bere sola acqua

può peggiorare la disidratazione, mediante riduzione dell’osmolarità del

plasma e del suo contenuto di sodio ed incremento del volume urinario.

Fondamentale, sicuro lo sappiamo già, è addizionare l’acqua con del

sale da cucina per migliorare la quota di liquidi trattenuti riducendo il

volume urinario. Aggiungere sale alla bevanda o prevedere uno snack

salato. Importante è la palatabilità della bevanda che prepariamo: le

bevande del commercio contengono decisamente meno sodio di una

soluzione reidratante ospedaliera (circa la metà), ma se così non fosse

sarebbero forse imbevibili.

Gli studi dimostrano che bevande palatabili ma con un apporto di sodio

non spiccato sono comunque utili per la reidratazione post gara. Pare

scontato, ma proporre nel post gara (o anche durante la gara) bevande

addolcite senza esagerare favorisce il rispristino di liquidi (perché

piacciono di più o perché il cervello ci spinge verso lo zucchero di cui

necessita?), così come il variare il gusto della bevanda che viene

proposta.

Chi non supporta invece la reidratazione sono le bevande contenenti

caffeina e le bevande alcoliche. Le prime possono avere un effetto

diuretico che, seppur blando, può ostacolare la reidratazione; le

bevande alcoliche hanno invece un effetto diuretico significativo e

andrebbero evitate nell’immediato post esercizio.

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In commercio troviamo diverse soluzioni per la reidratazione post

esercizio: polveri da sciogliere in acqua o bevande ready to drink con

caratteristiche nel complesso simili ma con peculiarità nel contenuto in

particolare di sodio ed elettroliti. Di seguito il paragone tra 5 prodotti di

uso comune, con lo scopo unico di stimolarvi a leggere le etichette e

scegliere il prodotto adatto alle vostre esigenze.

Ipotizziamo di farci a casa una bevanda energetico-salina da bere alla

fine del nostro allenamento, che si avvicini a quanto proposto dal

commercio. Per 500ml: acqua 450ml, zucchero 30g, succo di limone o

spremuta d’arancia 20ml, sale 1,5g. Questa potrebbe essere una base

alla quale, se il caldo lo rende necessario, posso scegliere di aggiungere

magnesio e potassio oppure, se volessi renderla rigenerante anche per

le fibre muscolari, degli aminoacidi in polvere.

Giochiamo a fare un esempio, traducendo le raccomandazioni

nutrizionali numeriche dette sopra con cibo e bevande. Si tratta solo di

un esempio, non di una prescrizione univoca per tutti visto che la

personalizzazione sul singolo è la prassi più corretta e vista anche

l’ampia scelta in rapida crescita di prodotti sul mercato.

Riprendiamo il nostro solito ometto sano di 70kg che ha programmato

due uscite ravvicinate nel tempo e che ha bisogno di recuperare il

meglio possibile in un lasso di tempo stretto. Presupponiamo un

allenamento di circa 3 ore in una mattinata non particolarmente calda

con perdita di circa 1kg di liquidi tra l’inizio e la fine dell’allenamento.

Dopo una lunga pedalata non va sottovalutato il reintegro di nutrienti,

liquidi ed elettroliti. Ancor di più quando abbiamo un planning di

allenamento con tempi ristretti.

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L’autore

Classe 1985, sono cresciuta nella provincia varesotta dove ho frequentato il Liceo Linguistico Europeo presso il Collegio Bentivoglio di Tradate, mentre mi allenavo intensamente emulando la più grande pallavolista di tutti i tempi: Mila Hazuki.

L’interesse per l’alimentazione e la dietetica mi ha spinto a tentare l’ingresso al Corso di Laurea in Dietistica, laurea triennale sotto Medicina e Chirurgia abilitante alla professione sanitaria di Dietista, presso l’Università degli Studi di Milano. Mi sono laureata nel 2007 e nel 2008 ho conseguito il Master in Disturbi Alimentari in Età Evolutiva presso l’Università degli studi di Firenze. Subito dopo ho avuto la fortuna di essere inserita nell’équipe del Servizio di Dietologia e Nutrizione Clinica del Pio Albergo Trivulzio di Milano, lasciando finalmente l’oblio della provincia per la scintillante città.

Dopo anni di amore incondizionato per la nutrizione clinica, Bikeitalia ha bussato alla mia porta e mi ha stimolato a riprendere parallelamente in mano il mio secondo amore: lo sport e la nutrizione sportiva. Sono tornata sui banchi di scuola frequentando a Pavia l’anno accademico 2017/18 della Scuola di Alimentazione e Integrazione nello Sport (SANIS), conseguendo il Certificato di Esperto in Nutrizione Sportiva con elaborato finale dal titolo “Il ruolo dei carboidrati nello sport di endurance: counselling dietistico in un ciclista amatoriale esperto”, sfruttando proprio un’atleta di Bikeitalia come caso clinico. I miei piani prevedono ulteriori studi, lo scopriremo al prossimo E-book!

Sono socia dell’Associazione Nazionale Dietisti (ANDID) e dal 2017 ricopro il ruolo associativo di Responsabile Regionale per la Lombardia. Iscritta all’Ordine TSRM e PSTRP - Albo dei Dietisti da Luglio 2018.

Attualmente ho abbandonato lo sport di squadra per sposare il fitness in palestra (oltre che il Personal Trainer , cliché!), la bicicletta è il mio mezzo di trasporto e di benessere cittadino preferito.

Miranda Valtorta

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Chi è Bikeitalia

Bikeitalia.it (con un milione di visite/mese)

è il sito di ciclismo più letto in Italia.

Trattiamo ciclismo urbano, cicloturismo e

tecnica della bicicletta.

Il team di ricerca che fa capo all’attività di

formazione è composto da professionisti

qualificati nel campo della biomeccanica,

fisioterapia, scienze motorie, podologia,

nutrizione, meccanica, chinesiologia.

Realizziamo corsi di formazione sulla

biomeccanica del ciclismo di livello base,

avanzato, specialistico e privato.

Il nostro obiettivo è creare la nuova

generazione di professionisti della bicicletta.

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Cosa mangiare prima, durante e

dopo un’uscita in bici? Quali

nutrienti preferire? E se sono

vegetariano? Un ciclista può essere

vegano? Gli integratori servono

davvero?

Tutte queste domande trovano

risposta nel presente ebook, che

vuole essere una guida pratica ed

esaustiva per capire come

alimentarsi e integrare al meglio nel

ciclismo.

“La conoscenza non diminuisce se condivisa”